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Elettronica organica: funzionamento e applicazionitesi.cab.unipd.it/44201/1/Template.pdf ·...

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Universit ´ a degli studi di Padova Dipartimento di Ingegneria Tesi di Laurea Triennale in INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE Elettronica organica: funzionamento e applicazioni Relatore Candidato Prof. Gaudenzio Meneghesso Fabio Boscolo Correlatore Prof. Andrea Cester Anno Accademico 2012/2013
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Universita degli studi di Padova

Dipartimento di Ingegneria

Tesi di Laurea Triennale in

INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE

Elettronica organica:

funzionamento e applicazioni

Relatore Candidato

Prof. Gaudenzio Meneghesso Fabio Boscolo

Correlatore

Prof. Andrea Cester

Anno Accademico 2012/2013

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Indice

1 Introduzione alla chimica organica 7

1.1 Il carbonio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.2 Semiconduttori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.3 Mobilita nei semiconduttori organici . . . . . . . . . . . . . . 11

1.3.1 Multiple Traps and Release model MTR . . . . . . . . 12

1.3.2 Hopping model . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

1.3.3 Variable Range Hopping model VHR . . . . . . . . . . 15

1.4 Principali tipi di trappole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2 Realizzazione di semiconduttori organici 17

2.1 OVPD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.1.1 Sublimazione e raccoglimento . . . . . . . . . . . . . . 19

2.1.2 Trasporto e miscelazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2.1.3 Deposizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.2 Inkjet printing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2.2.1 Stampa a getto d’inchiostro continuo . . . . . . . . . . 26

2.2.2 Stampa a getto d’inchiostro Drop-On-Demand DOD . 27

3 Transistor organici 31

3.1 Struttura del transistor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3.2 Funzionamento del transistor . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

3.2.1 Resistenza di contatto e mobilita . . . . . . . . . . . . 34

3.2.2 Modello analitico della RC . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.2.3 Transfer Line Method TLM . . . . . . . . . . . . . . . 39

3.2.4 Dipendenza della mobilita dalla VG . . . . . . . . . . . 41

3

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4 Applicazioni 43

4.0.5 E-textiles . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

4.0.6 E-Skin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

4.0.7 Tatuaggi elettronici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

4.0.8 ORFID . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

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Introduzione

Lo sviluppo dell’elettronica e la reale possibilita di sfruttare le sue potenzia-

lita e strettamente legata a due caratteristiche fondamentali, ovvero: l’ap-

plicabilita della tecnologia a determinati scopi e l’accessibilita economica dei

dispositivi realizzati. Questi due aspetti non sempre vengono soddisfatti in

quanto l’elettronica basata su semiconduttori inorganici come il silicio presen-

ta alcuni limiti. Per questo motivo negli ultimi decenni l’elettronica organica

sta riscontrando un crescente successo.

Un dispositivo elettronico viene definito organico nel momento in cui il

suo funzionamento dipende da materiali semiconduttori organici, vale a di-

re polimeri conduttori o piccole molecole che hanno come elemento base il

carbonio.

La diversita dei materiali organici utilizzabili e la possibilita di produrli

con tecniche diverse fa in modo che si possano ottenere dispositivi di vario ge-

nere che pero devono essere studiati con modelli appropriati. Questo aspetto

se da un lato risulta positivo in termini di versatilita, dall’altro ne complica

lo studio.

Lo scopo di questo elaborato e dare una panoramica generale degli aspetti

fondamentali che differenziano l’elettronica organica da quella inorganica,

partendo dal principio di funzionamento e dalle tecnologie implementative,

arrivando alle possibili applicazioni.

5

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Capitolo 1

Introduzione alla chimica

organica

1.1 Il carbonio

L’atomo di carbonio presenta una configurazione elettronica 1s2 2s2 2p2, con

quattro elettroni in orbitali di valenza che possono dar luogo ad altrettanti

legami. Al fine di raggiungere la configurazione piu stabile possibile, esso

ha la facolta di ibridare gli orbitali 2s e 2p ottenendo, a seconda dei casi,

degli orbitali sp3, sp2 ed sp. Il caso di maggior interesse, che descriviamo nel

seguito, e l’ibridazione sp2.

Figura 1.1: Rappresentazione degli orbitali piu esterni dell’atomo di carbonionei casi di ibridazione sp1, sp2 e sp3. In giallo sono indicati gli orbitali puried in viola quelli ibridi.

Come si puo osservare dalla Figura 1.1 l’atomo assume una forma in cui i tre

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lobi sp2, formati in seguito all’ibridazione, si trovano in un piano ortogonale

all’asse dell’orbitale pz non ibridato. Questa struttura permette la formazione

di un reticolo tra atomi di carbonio le cui caratteristiche verranno spiegate

in seguito. Gli orbitali ibridati formano legami di tipo σ in quanto l’asse

di simmetria e sovrapposto a quello internucleare. Questo tipo di legame,

essendo molto forte, crea una zona ad alta densita elettronica lungo il piano

della molecola. Al contrario gli orbitali pz formano un legame covalente di

tipo π che, essendo molto piu debole, fa in modo che si crei una regione a

bassa densita elettronica sopra e sotto il piano della molecola, come si puo

vedere in figura 1.2. Questo tipo di legame viene detto legame coniugato

ed e comune a tutte le molecole che formano i dispositivi organici in quanto

conferisce loro proprieta di semiconduttori.

Figura 1.2: Legame coniugato: in blu il piano formato dai legami σ. In rossovengono evidenziati gli orbitali p che danno luogo ad un legame π. In giallo,a destra, viene evidenziata la zona a bassa densita elettronica.

A differenza dei legami forti, che si instaurano tra atomi per formare la

molecola, quelli che legano tra loro le varie molecole sono molto deboli. Essi

consistono sostanzialmente nelle forze di Van Der Waals, grazie alle quali

il materiale risultante possiede proprieta elastiche, come e rappresentato in

figura 1.3.

1.2 Semiconduttori

Inizialmente i semiconduttori furono definiti come tutti quei solidi non me-

tallici che hanno una conducibilita elettrica intermedia tra i conduttori e gli

isolanti. Questa definizione, tuttavia, non chiarisce molti comportamenti che

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Figura 1.3: Rappresentazione grafica delle forze di Van Der Waals cheagiscono tra le varie molecole.

assumono i semiconduttori rispetto ai conduttori, tra i quali l’aumento della

conducibilita all’aumentare della temperatura. Per ovviare a questa mancan-

za, con l’avvento della meccanica quantistica venne introdotto il modello a

bande per la conduzione, e i semiconduttori vennero definiti come: materiali

isolanti a basse temperature, che tuttavia presentano un notevole incremen-

to della conducibilita con l’aumentare della temperatura. Di conseguenza i

semiconduttori sono isolanti aventi una piccola distanza tra banda di valen-

za e banda di conduzione, la quale a temperatura ambiente viene in parte

raggiunta da portatori di carica presenti nella banda di valenza. Questo mo-

dello presuppone che gli elettroni all’interno del semiconduttore godano di

un elevato grado di liberta, in particolare si possano muovere all’interno del

reticolo in ogni direzione. Come si vedra in seguito questo modello non potra

rappresentare al meglio i semiconduttori organici.

Conduzione della corrente

Com’e stato accennato in precedenza, cio che permette la conduzione di cor-

rente all’interno dei semiconduttori organici e la presenza del legame coniu-

gato. La presenza di legami π sopra e sotto il piano molecolare permette di

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accedere con piu facilita agli elettroni presenti in tali zone a bassa densita

elettronica. Cio vuol dire che fornendo agli atomi di carbonio un’energia

maggiore o uguale all’energia di ionizzazione, e possibile strappargli un elet-

trone e provocare un moto di cariche. Ovviamente questo moto di cariche

si traduce in una corrente elettrica nel momento in cui viene applicato un

campo elettrico, che le impone una determinata direzione e verso.

E importate osservare pero che a differenza dei semiconduttori inorganici,

i portatori di carica non possiedono tre gradi di liberta. Essi sono vincolati

in primo luogo dalla struttura della molecola e poi anche dalla struttura del-

la catena di molecole che costituiscono il semiconduttore organico. Questo

fattore e determinante nello studio delle caratteristiche di questi materiali in

quanto inevitabilmente presenteranno delle malformazioni. Queste imperfe-

zioni, che verranno elencate in seguito, prendono il nome di trappole. Infatti

esse si comportano come degli ostacoli per i portatori di carica e in questo

modo alcuni percorsi all’interno del semiconduttore saranno bloccati, vale a

dire che anche se i portatori di carica possiedono un’energia che in generale

gli permette di saltare da un atomo all’altro, si trovano imprigionati.

Da queste considerazioni e chiaro che non sarebbe opportuno trattare allo

stesso modo semiconduttori organici e inorganici. Quello che viene fatto e

associare agli orbitali piu esterni che vanno a formare i legami π attraver-

so la condivisione dei loro elettroni, uno stato: Highest Occupied Molecular

Orbitals, mentre vengono denominati Lowest Unoccupied Molecular Orbital

LUMO gli orbitali π di antilegame che rappresentano il primo livello energe-

tico non occupato da elettroni. Al fine di ricondursi al modello a bande usato

nei semiconduttori inorganici viene associato allo stato HOMO la funzione

di banda di valenza mentre allo stato LUMO quello di banda conduzione.

Come e stato spiegato il semiconduttore organico e caratterizzato al suo

interno da numerosi percorsi dettati dalla struttura della catena di moleco-

le. Ad ogni percorso e possibile associare una certa energia determinata da

diversi fattori interni ed esterni, quello che e interessante notare e che se si

rappresenta graficamente la distribuzione dell’energia di questi percorsi (vedi

figura 1.4) si nota che si vengono a formare due livelli ben distinti come se

fossero delle bande. Come e stato appena spiegato, non essendo propriamen-

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te delle bande gli vengono assegnati i nomi di stati. In conclusione si puo

affermare che il modello a bande usato per i semiconduttori inorganici vale

per quelli organici solo a livello statistico.

Figura 1.4: a) Rappresenta i vari percorsi che le cariche possono effettuareall’interno del reticolo che talvolta sono interrotti. b) Grafico che rappresentala funzione di densita di probabilita per l’energia associata ai vari percorsi.

1.3 Mobilita nei semiconduttori organici

I semiconduttori organici potendo essere costituiti da diversi tipi di molecole

di diversa grandezza e forma, presentano alcune caratteristiche comuni tra

loro ed altre inevitabilmente diverse. Uno dei parametri fondamentali e la

mobilita, in particolare come essa puo variare. Di seguito vengono proposti

alcuni modelli che, in base alle varie applicazioni, sono piu o meno adatti a

prevedere il comportamento del semiconduttore organico.

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1.3.1 Multiple Traps and Release model MTR

Il modello MTR utile per materiali amorfi dove i portatori di carica sono

omogeneamente distribuiti, distingue in due classi i vari tipi di trappole.

Tutte le trappole che possiedo un’energia superiore di kBT , come si vede dalla

figura 1.5, vengono considerate inaccessibili, cioe le cariche che vi si trovano

non possono essere rilasciate attraverso eccitazione termica. Al contrario le

trappole con energia intermedia tra quel valore e lo stato HOMO possono

essere liberate.

Figura 1.5: Rappresentazione dell’energia delle trappole confrontata conl’energia degli stati LUMO e HOMO.

Nel modello si assume che tutte le cariche gia presenti nel materiale o even-

tualmente quelle iniettate si trovino con probabilita circa uguale a uno in

qualche trappola e che vengano successivamente rilasciate attraverso l’ec-

citazione termica. In questo modo la mobilita viene espressa attraverso

l’equazione:

µD = µ0α exp

[− ETkBT

](1.1)

Dove µ0 e la mobilita di bordo banda, α e il rapporto tra la densita

effettiva degli stati di trasporto e la densita delle trappole, ET l’energia degli

stati trappola. E stato inoltre dimostrato che il trasporto di carica dipende

dall’energia degli stati trappola, dalla temperatura e dalla tensione elettrica

eventualmente applicata.

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1.3.2 Hopping model

Lo hopping model fa riferimento a dei semiconduttori organici dove il flusso

di cariche e ostacolato dalle vibrazioni del reticolo e dalle sue malformazioni

chimiche e fisiche. Per tener conto di questi aspetti viene usato il modello

Polaron, ovvero un modello che fornisce il valore dell’energia necessaria ad

un elettrone per spostarsi tra due livelli energetici. Questo si traduce nella

somma dell’energia elastica ed elettrostatica che deve possedere un elettrone

per spostarsi da uno stato i ad uno stato j:

νi→j ∝1√ErT

exp

[−(Ej − Ei + Er)

2

4ErkT

](1.2)

dove Er rappresenta l’energia di riorganizzazione intramolecolare.

In questo modello i due parametri principali sono l’hopping rate tra i vari

stati e la densita di tali stati (DOS). Per quanto riguarda il primo parametro

esistono due espressioni valide in contesti diversi, entrambe ricavate mediante

il metodo Monte Carlo. La prima, di Miller- Abrahms, originariamente usata

per semiconduttori inorganici dopati, e valida solo a basse temperature e in

condizioni di minima vibrazione del reticolo. Si esprime tramite:

κij = ν exp (−2γRij)

{exp

(−εj − εi

kBT

)εj > εi

1 εj < εi

(1.3)

dove ν rappresenta il tentativo di hopping frequency, Rij la separazione tra i

siti i e j, γ e il fattore di sovrapposizione, εi e εj e l’energia dei siti i e j.

La seconda, di Marcus, valida al contrario della precedente in situazioni

di alte temperature e vibrazioni del reticolo si esprime mediante

κij =t2

h

kBTλreorg

]1/2

exp

[−(λreorg + εi − εj)2

4λreorgkBT

](1.4)

Per quanto riguarda il secondo parametro ad ogni percorso all’interno del

reticolo e associata una certa energia (la quale va a definire gli stati LUMO

e HOMO). Tenendo presente che i portatori di carica si spostano a salti da

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un sito ad un altro all’interno del reticolo, l’energia che possiedono questi

siti dipende dall’energia degli stati a cui appartengono. In questo modello la

distribuzione dell’energia ε segue un andamento gaussiano:

Q(ε) =1√

2πσ2exp− ε2

2σ2(1.5)

Dipendenza dalla temperatura e da un campo elettrico esterno

nello hopping model

Prendendo in considerazione quanto appena detto e possibile constatare spe-

rimentalmente che: in assenza di campi elettrici esterni la mobilita dipende

dalla temperatura secondo l’equazione:

µ(T ) = µ0 exp

[−(

3kBT

)2]

= µ0 exp

[−(T0

T

)2]

(1.6)

dove σ rappresenta il parametro che tiene conto del disordine energetico in-

terno. Come si puo vedere dall’equazione all’aumentare della temperatura

aumenta anche la mobilita, questo perche un aumento di temperatura corri-

sponde ad un aumento dell’energia interna che facilita ai portatori di carica

il superamento degli ostacoli dovuti al disordine del reticolo.

Piu complicata e invece la trattazione della dipendenza della mobilita da

un campo elettrico esterno. Infatti, mentre per la dipendenza dalla tempera-

tura si teneva conto solo del disordine energetico, l’applicazione di un campo

elettrico esterno puo avere riscontri positivi e negativi. Esso puo facilitare

l’estrazione dei portatori di carica dagli atomi, ma avendo una ben deter-

minata direzione e verso li costringe a seguire dei percorsi obbligati che non

sempre sono ottimali. Come conclusione, il modello sperimentale si traduce

nella seguente equazione:

µ(σ,Σ, F ) = µ0 exp

[−(

2

)2]{

exp[C(σ2 − Σ2)F 1/2

]Σ > 1.5

exp[C(σ2 − 2.25)F 1/2

]Σ < 1.5

(1.7)

dove Σ tiene conto del disordine geometrico del reticolo.

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Una cosa da non sottovalutare nell’utilizzo di questo modello e che non viene

tenuto conto della densita di portatori di carica all’interno del materiale, la

quale e sperimentalmente provato influisce sulla mobilita in modo considere-

vole. Basti pensare che se c’e un’alta concentrazione di portatori di carica la

maggior parte delle trappole sono gia riempite permettendo alle altre di non

risentire della presenza.

1.3.3 Variable Range Hopping model VHR

Un’estensione del modello Hopping e rappresentato da VHR model (Variable

Range Hopping). Quest’ultimo vuole modellizzare il caso in cui si abbia a

che fare con semiconduttori organici amorfi, dove i portatori di carica sono

fortemente localizzati. Il modello trova fondamento nella teoria sviluppata

da Vissenberg and Matters nel 1998, dove si dice che una carica puo com-

piere un salto tanto piu grande quanto e minore la sua energia di attivazione

(Variable Range Hopping). Applicando un campo elettrico esterno al semi-

conduttore, si ottiene in alcune regioni un incremento di portatori di carica

i quali andranno a riempire man mano tutti gli stati energetici. In questo

modo le cariche che si trovano ad un’energia piu elevata richiedono in media

minor energia di attivazione per spostarsi da un sito ad un altro. Tenendo

in considerazione il percolation crioterion nel caso in cui vi sia applicato un

campo elettrico esterno:

Bc =NB

Ns

' πNtT30

(2α)3 T 2F (2TF − T )

exp

(EF +KBTF sc

kBT0

)(1.8)

dove: Bc rappresenta un parametro che tiene conto di quanti legami sono pre-

senti in un sito, NB e Ns la densita dei legami e la densita dei siti. Da questa

equazione si puo ricavare quella della mobilita in funzione della temperatura,

del campo elettrico e della densita di carica:

µ =σ0

e

T 40 sin

(π TT0

)Bc (2α)3 T 2

F (2TF − T )T

(1.9)

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Questo modello e molto utile in quanto sintetizza in un unica equazione la

dipendenza della mobilita dai tre parametri principali. Cio che sara utile in

seguito sara la mobilita nel caso in cui si stia studiando un transistor:

µFE =σ0

e

(π(T0T

)3

(2α)3BcΓ(1− T0

T

)Γ(1 + T0

T

)) (1.10)

1.4 Principali tipi di trappole

I difetti di natura fisica o chimica che si possono trovare all’interno delle ca-

tene possono essere localizzati in un singolo punto o estendersi per esempio

lungo la sovrapposizione di due catene o nelle zone di confine. Generalmente

il risultato si traduce in una diminuzione dell’energia disponibile nei dintorni

del difetto. Se l’impurita si trova all’interno del reticolo, essa puo fungere

da trappola di lacune nel caso in cui possieda minore energia di ionizzazio-

ne, mentre se possiede una piu elevata affinita elettronica tendera a com-

portarsi come una trappola per elettroni. Di conseguenza l’effetto negativo

dell’impurita dipende da quali sono i portatori maggioritari.

Gli atomi di carbonio non ibridati sp2 sono da considerare allo stesso

modo. Se le impurita si trova tra due molecole, anche se quest’ultima non

presenta le caratteristiche descritte prima, contribuisce lo stesso a diminuire

la densita molecolare e quindi aumentare l’energia di polarizzazione (seppur

la molecola o l’atomo che costituisce l’impurita e molto piu piccola di quelle

che ha intorno a se).

Anche deformazioni del reticolo possono contribuire negativamente, per

esempio compressioni possono comportare un aumento dell’energia di po-

larizzazione e quindi di fatto costituire delle trappole per le cariche. Gli

allungamenti del reticolo hanno come effetto quello di diminuire l’energia

di polarizzazione, essi permettono la creazione di zone vuote all’interno del

reticolo che influiscono negativamente sul passaggio degli elettroni. Il para-

metro che tiene conto di questi aspetti negativi e la mobilita. Ovviamente le

impurita o le deformazioni del reticolo contribuiranno a diminuirlo.

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Capitolo 2

Realizzazione di semiconduttori

organici

Negli ultimi decenni si sono susseguite numerose tecnologie atte alla realizza-

zione di dispositivi elettronici organici. Cio che spinge il continuo migliora-

mento di queste tecniche e la possibilita di produrre a basso costo dispositivi

elettronici con un ragionevole investimento iniziale. Si possono distinguere

due principali tecniche di deposizione del materiale organico: senza contatto

o con contatto. Nel primo caso il materiale organico entra in contatto so-

lamente con il supporto su cui e depositato, mentre nel secondo anche con

altre parti meccaniche della strumentazione. In seguito verranno trattati

unicamente due casi di deposizione senza contatto. Il vantaggio di questa

tecnologia sussiste soprattutto nel fatto che viene abbassato il rischio di dan-

neggiamento e contaminazione del prodotto e permette di creare diversi strati

di materiale con maggiore precisione di sovrapposizione.

2.1 OVPD

Ad oggi, una delle principali tecnologie per la realizzazione di semicondutto-

ri organici e la Organic Vapor Phase Deposition OVPD. Questa tecnologia

e destinata a soppiantare la precedente VTE in quanto presenta numerosi

aspetti positivi che verranno descritti in seguito.

17

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In linea di principio il processo per ottenere il semiconduttore organico e

diviso in tre fasi:

� Sublimazione e raccoglimento

� Trasporto e miscelazione

� Deposizione

Figura 2.1: Sezione di una macchina che attua la tecnologia OVPD.

La prima fase avviene in celle separate contenenti materiali organici diversi

che in seguito formeranno il semiconduttore. La seconda consiste nel tra-

sporto e miscelazione dei vari materiali organici tramite un gas inerte. Il

trasporto avviene dalle celle attraverso quella che viene definita la camera

di deposizione fino ad un supporto sopra il quale avviene la deposizione. In

figura 2.1 e rappresentata la fotografia in sezione di una macchina OVPD e

sotto in figura 2.2 il suo principio di funzionamento.

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Figura 2.2: Principio di funzionamento di OVPD.

2.1.1 Sublimazione e raccoglimento

Nella figura 2.3 e rappresentato il principio di funzionamento di una cella.

Come si puo notare i parametri fondamentali per lo studio del suo funzio-

namento sono la temperatura, la pressione, il flusso di gas inerte iniettato e

quello uscente.

Figura 2.3: Principio di funzionamento di una cella.

Aumentando la temperatura della cella parte del materiale organico sulla

superficie sublima e si miscela con il gas iniettato per poi essere trasportato

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all’esterno della cella attraverso l’apertura di una valvola. Come si puo vedere

dai grafici sottostanti di figura 2.4 esiste una forte dipendenza tra le varie

grandezze caratterizzanti il funzionamento della cella.

Figura 2.4: (a) Grafico in cui si nota che a temperatura costante se vi e unbasso flusso di gas inerte l’ambiente della cella tende a saturarsi di moleco-le organiche, mentre la concentrazione tende a diminuire all’aumentare delflusso. (b) Grafico in cui si vede che mantenendo costante il flusso, se si au-menta la temperatura aumenta inevitabilmente il rate di sublimazione dellemolecole e quindi aumenta la concentrazione di molecole organiche nel gasall’interno della cella. (c) E’ rappresentata la dipendenza della quantita dimateriale organico uscente dalla cella dal flusso di gas e dalla temperatura.

Cio che interessa calcolare per quanto riguarda questa fase e la quantita di

materiale organico uscente dalla cella e come questo puo essere regolato. E

lecito affermare che il rate di materiale organico in uscita rout e:

rout = revap − rcond (2.1)

dove revap e il rate di evaporazione e rcond e quello di condensazione all’interno

della cella come e schematizzato in figura 2.3. Per quanto riguarda rcond,

esso dipende dal parametro α che quantifica la probabilita che le molecole

scontrandosi tra loro o con la superficie si ricombinino e quindi si ridepositino

sul fondo:

rcond = PorgAe1√

2πMorgkbTα (2.2)

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Dove: Ae e l’area effettiva della parete della cella e del materiale organico,

Morg e la massa molecolare, il termine a denominatore rappresenta la fre-

quenza delle collisioni con la parete, kb e la costante di Boltzman e T la

temperatura. In modo simile Revap:

revap = PeqAe1√

2πMorgkBT(2.3)

All’equilibrio Peq = Porg, in altre condizioni invece αPorg = Peq di conseguen-

za inserendo nell’equazione iniziale si trova:

rout = (Peq − Porg)αAe1√

2πMorgkBT(2.4)

L’equazione di Clausius–Clapeyron, relativa al punto di equilibrio della cella

e:

Peq = P0 exp

(−∆Hvap

RTcell

)(2.5)

Dove ∆Hvap e l’entalpia di vaporizzazione del materiale organico, R la co-

stante universale dei gas. Se ipotizziamo che il gas e il materiale organico si

mescolino perfettamente all’interno della cella si ottiene che:

rout = VPorgRTcell

(2.6)

dalle equazioni precedenti di conseguenza si ottiene:

Porg =P0 exp

(−∆Hvap

RTcell

)V

RTcell+

√2πMorgkBT

αAe

(2.7)

rout =P0 exp

(−∆Hvap

i

RTcell

)RTcellV

+

√2πMorgkBT

αAe

(2.8)

Usando come unita di misura del flusso di gas il centimetro cubo per minuto

sccm (Standard Cubic Centimeters per Minute)si ottiene:

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V =TcellTstd

PstdPcell

Vsccm (2.9)

Dove Vsccm e V espresso in sccm Tstd = 298 K e Pstd = 760 tor sono costanti

standard.

Di conseguenza la 2.8 diventa:

rout =P0 exp

(−∆Hvap

RTcell

)RTstdVsccm

Pcell

Pstd+√

2πMikBTαAe

(2.10)

Ritrovando in questo modo il comportamento descritto nella figura 2.4c.

∆Hvap, α e Ae sono ricavabili sperimentalmente e attraverso gli ultimi due e

possibile ottenere facilmente un unico parametro che permette di regolare il

flusso della cella.

2.1.2 Trasporto e miscelazione

Dopo essere uscito dalla cella il gas viene diluito ed eventualmente miscelato

con quelli uscenti dalle altre celle. Il flusso di gas e fondamentale non solo per

il trasporto ma anche perche regola la concentrazione di materiale organico,

la temperatura, e altri aspetti che determinano le caratteristiche finali del

semiconduttore. Se si assume che i vapori uscenti dalle celle si mescolino

perfettamente con il gas trasportatore, si ottiene che la concentrazione totale

di materiale organico nella camera e:

c =rout

˙Vtot(2.11)

dove Vtot e il gas totale che si trova nella zona di deposizione cioe: Vtot =

Vcam + Vcel dove questa volta Vcel e il flusso proveniente dalle celle ricco di

materiale organico e Vdil e il flusso adibito al trasporto e alla diluizione. Come

risultato importante si trova che la concentrazione di materiale organico nella

camera proveniente dalla i-esima cella e:

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ci =P0,i exp

(−∆Hvap

i

RTcell

)[RTstdVsccm

Pcell

Pstd+

√2πMikBTcell,i

αAe

] [∑Vi + Vdil

] (2.12)

Quest’equazione e fondamentale in quanto determina la concentrazione dell’i-

esimo componente organico che si depositera per formare il semiconduttore.

2.1.3 Deposizione

Il materiale organico trasportato dal gas scontrandosi con la superficie fred-

da del supporto si condensa depositandosi sopra. Il rapporto tra il rate di

deposizione e l’area in cui si deposita e dato da:

jorg =rdepAsub

= Dorg∇Corg = Dorg

P gasorg

RT

P surforg

RTsurf

δ(2.13)

dove Dorg e la diffusivita del gas contenente il materiale organico nel gas

trasportatore P gasorg e P gas

surf sono rispettivamente le pressioni del gas organi-

co distante e vicino al supporto, T temperatura della camera di deposizione

e Tsurf la quella della superficie del supporto. Se il supporto ha una tem-

peratura molto inferiore a quella della camera di deposizione allora anche

P surorg << P gas

org e quindi l’equazione 2.13 diventa:

jorg = Dorgcorgδ

(2.14)

Combinando le equazioni precedenti si ottiene che per l’i-esimo componente

organico:

ji = ηdep ·Di

δ

P0,i exp(−∆Hvap

i

RTcell

)[RTstdVsccm

Pcell

Pstd+√

2πm$RTcell,iαAe

] [∑Vi + Vdil

] (2.15)

Dove ηdep e l’efficienza della deposizione.

Variando alcuni parametri all’interno della camera di deposizione, per

esempio la temperatura del supporto, la pressione della camera e la concentra-

zione di molecole organiche nel gas e possibile ottenere dei semiconduttori con

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caratteristiche diverse. Se per esempio la temperatura del substrato e relati-

vamente alta e il rate di deposizione abbastanza basso, le molecole organiche

hanno il tempo e l’energia di formare un reticolo cristallino tridimensionale

ordinato.

In questo modo e possibile ottenere semiconduttori planari estesi con alta

precisione, adatti a formare larghe aree di interfaccia e reti compenetranti,

essenziali per ottenere un’alta efficienza nei pannelli fotovoltaici. Se invece

le condizioni di deposizione sono: bassa temperatura del supporto, bassa

pressione all’interno della camera di deposizione e alto rate di deposizione,

definito rate cinetico, il risultato sara molto diverso. In quest’ultimo caso

infatti non avendo il tempo di formare un reticolo cristallino le molecole

condensano velocemente formando un materiale amorfo o formato da tanti

piccoli cristalli, che prende la forma del supporto sopra cui si deposita.

Con questi due modi di far avvenire la deposizione e quindi possibile otte-

nere materiali con struttura amorfa, policristallina o cristallina che permette

la creazione di diversi tipi di dispositivi. E’ dimostrato sperimentalmente che

e possibile depositare uno strato di molecole alla volta e susseguire strati di

diverso materiale organico con altissima precisione. Il fatto che il processo

sia facilmente regolabile e quindi permetta di ottenere superfici relativamente

ampie con le stesse proprieta, struttura e grado di purezza lo rende adatto

per la produzione di massa di dispositivi organici.

2.2 Inkjet printing

Ora viene posta attenzione ad un’altra tecnologia utilizzata per la produ-

zione di dispositivi elettronici denominata stampa a getto d’inchiostro. Per

inchiostro si intende il materiale organico disciolto in uno o piu solventi (in

media dai cinque agli otto) il quale inizialmente e posto in un serbatoio. Il

serbatoio e collegato ad uno spruzzatore che in modalita diverse, in base al-

la tecnologia usata, attraverso un ugello spruzza l’inchiostro sotto forma di

minuscole gocce sul supporto, dove dopo un breve tempo si asciuga. Queste

gocce vengono depositate seguendo uno schema ben preciso regolato oppor-

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tunamente via software in base al materiale organico che si vuole produrre

come si vede per esempio in figura 2.5.

Figura 2.5: Rappresentazione di possibili spaziature tra i punti sopra i qualisi depositeranno le gocce.

In questo modo e possibile realizzare forme diverse, anche complicate,

in supporti di diversa forma senza aver bisogno di maschere, abbattendo

notevolmente i costi di produzione. La notevole precisione che si riesce ad

ottenere consente inoltre di minimizzare gli sprechi di materiale organico. In

linea teorica non sarebbe difficile raccogliere il materiale organico inutilizza-

to, ma risulta molto difficile riottenere l’inchiostro con le caratteristiche di

partenza, dato che molti solventi sono alquanto volatili. Un altro aspetto

positivo di questo metodo di deposizione sta nel fatto che avviene a bassa

temperatura e cio permette di utilizzare supporti di vario tipo come: vetro,

silicio, metalli, gomme, plastica e altri materiali sensibili.

Com’e stato detto in precedenza l’inchiostro viene depositato nel supporto

sotto forma di gocce che formeranno i vari strati del semiconduttore. Si riesce

quindi ad ottenere un prodotto finale in 3D, che in base all’applicazione puo

presentare strati di materiale organico diverso. Affinche la deposizione di

uno strato di diverso tipo dal precedente avvenga con successo occorre che

i materiali organici e i solventi utilizzati non si influenzino negativamente

danneggiando la struttura del dispositivo che si vuole ottenere.

In generale una volta che l’inchiostro si e asciugato sopra il substrato, e

quindi vi e rimasto solo il materiale organico privo dei solventi, lo spessore

dello strato organico risulta:

d = NdVdc

ρ(2.16)

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doveNd e il numero di gocce per area, Vd il loro volume ec

ρe la concentrazione

di materiale organico nell’inchiostro.

Uno degli aspetti limitanti di questa tecnologia consiste nella presenza

di innumerevoli parametri che determinano la morfologia e l’omogeneita del

prodotto. Studi approfonditi hanno individuato i seguenti parametri princi-

pali: concentrazione di materiale organico nel solvente, sistema dei solventi,

rapporto di miscela, distanza tra i punti, e temperatura del supporto. Ad

ogni modo in alcuni casi la combinazione di questi non e sufficiente anche

a causa di alcuni parametri ancora sconosciuti o poco prevedibili. Un altro

aspetto che chiaramente limita questa tecnologia e il fatto che e possibile

usare solo dei materiali organici che si prestano a formare delle soluzioni con

dei solventi o che per lo meno restano in sospensione.

In base ai requisiti che deve avere il prodotto finale e possibile modifi-

care alcuni (parametri per esempio la velocita di deposizione) aumentando

il numero di spruzzatori, oppure modificare la forma delle gocce che hanno

diametro pari a quello dell’ugello.

In seguito vengono riportati due principali metodi di deposizione.

2.2.1 Stampa a getto d’inchiostro continuo

In figura 2.6 e rappresentato il principio di funzionamento della stampa a get-

to d’inchiostro continuo. L’inchiostro che arriva allo spruzzatore viene espulso

in modo continuo (da qui il nome) e l’oscillazione di un cristallo piezoelettrico

genera delle onde acustiche che scindono il getto in gocce. L’utilizzo di que-

sto dispositivo e da considerarsi come precauzione, infatti il getto d’inchiostro

tende da solo a scomporsi in gocce grazie alla tensione superficiale.

Una volta uscite dall’ugello le gocce vengono caricate elettrostaticamente

con l’ausilio di un capo elettrico. In seguito la traiettoria delle gocce che

effettivamente sono state caricate viene modificata da un ulteriore campo

che da loro la direzione desiderata verso il supporto. Il supporto muovendosi

crea il pattern desiderato. Le gocce che non subiscono il cambio di direzione

perche non caricate a sufficienza vengono raccolte e ricondotte allo spruzzato-

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re. Questo tipo di stampa permette di eseguire la deposizione dell’inchiostro

velocemente, con una limitata precisione

Figura 2.6: Principio di funzionamento di sistema di stampa a getto continuod’inchiostro.

2.2.2 Stampa a getto d’inchiostro Drop-On-Demand

DOD

Figura 2.7: Principio di funzionamento di un sistema DOD.

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A differenza della precedente, la stampa a getto d’inchiostro definita

Drop-On-Demand non prevede nessun tipo di riutilizzo dell’inchiostro non

utilizzato, infatti esso deriva da un serbatoio isolato e viene spruzzato ogni

qual volta sia richiesto, vedi figura 2.7. Da qui il nome Drop-On-Demand.

Esistono due tipi di DOD a seconda del modo in cui viene espulso l’in-

chiostro dall’ugello: DOD termico, DOD piezoelettrico.

DOD temico

Come si puo vedere dalla figura 2.8 all’interno di ogni spruzzatore di un

DOD termico e situata una resistenza. Nel momento in cui e richiesto che

venga espulsa una goccia d’inchiostro, viene fatta passare corrente elettrica

all’interno della resistenza che si scalda per effetto Joule. Riscaldandosi la

resistenza fa aumentare la temperatura dell’inchiostro che vaporizzando fa

aumentare la pressione all’interno dello spruzzatore, finche viene espulsa la

goccia attraverso l’ugello.

Figura 2.8: Fasi dell’espulsione di una goccia d’inchiostro da un DODtermico.

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DOD piezoelettrico

Nel DOD piezoelettrico lo spruzzo d’inchiostro avviene grazie alla deforma-

zione di un materiale piezoelettrico in seguito all’applicazione di un campo

elettrico. Al fine di non far uscire inutilmente inchiostro dall’ugello, come

si vede dalla figura 2.9, non appena viene espulsa una goccia il materiale

piezoelettrico si porta in una posizione di riposo piu arretrata che crea un

piccola depressione.

Figura 2.9: Fasi dell’espulsione di una goccia d’inchiostro da un DODpiezoelettrico.

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Capitolo 3

Transistor organici

Come e stato spiegato nel capitolo precedente, la produzione di semicondut-

tori organici e molto piu conveniente di quella dei semiconduttori inorganici.

All’inizio della produzione di massa dei dispositivi elettronici questo van-

taggio non poteva essere sfruttato a causa delle bassissime prestazioni dei

materiali organici che si potevano ottenere con la strumentazione disponibi-

le. La causa principale della bassa efficienza di questi semiconduttori derivava

dalla loro scarsa purezza e disordine interno. Con il progredire della tecno-

logia pero, questi semiconduttori stanno assumendo un’importanza sempre

maggiore, tanto che nel 1970 venne scoperto che anche nei semiconduttori

organici era possibile ottenere un effetto di campo simile a quello dei se-

miconduttori inorganici. Questa scoperta porto alla realizzazione del primo

OFET (Organic Field Effect Transistor) nel 1983 che spalanco le porte ad

un nuovo sviluppo dell’elettronica.

3.1 Struttura del transistor

Il transistor e formato da tre parti principali: semiconduttore, isolante e tre

elettrodi chiamati surce, drain e gate. Come si puo vedere dalla figura 3.1

esistono piu configurazioni di OTFT possibili. La scelta tra quale transi-

stor utilizzare dipende oltre che dalla sua applicazione anche dalla tecnologia

usata per realizzarlo. In linea generale pero, la sua struttura consiste in

31

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due elettrodi: drain e surce collegati da un semiconduttore, il tutto separato

attraverso un isolante dall’elettrodo gate.

Figura 3.1: Quattro configurazioni base della struttura di un OFET, distin-te in base al posizionamento degli elettrodi del semiconduttore organico edell’isolante.

Convenzionalmente l’aggettivo organico puo essere attribuito al transistor

solo se almeno il semiconduttore e realizzato con materiale organico. Come

spesso accade infatti gli elettrodi sono costituiti da materiali metallici. A

differenza dei transistor inorganici, dove troviamo diverse famiglie in base

al principio di funzionamento e materiali utilizzati, in quelli organici e stata

realizzata prevalentemente la famiglia dei transistor che sfruttano l’effetto di

capo a film sottile OTFT (Organic Thin Film Transistor). Di conseguenza

parlare di OFET o di OTFT e equivalente.

3.2 Funzionamento del transistor

Come e stato detto nel primo capitolo, i semiconduttori organici hanno strut-

tura e proprieta fisico-chimiche molto differenti da quelli inorganici, comune-

mente vengono associate le caratteristiche che microscopicamente sono molto

diverse ma che macroscopicamente portano risultati simili. Una caratteristi-

ca che rispecchia questa filosofia e la classificazione dei semiconduttori come

“p” o “n”. Mentre un semiconduttore inorganico viene definito di tipo p o n

in base al fatto che i portatori di carica maggioritari siano rispettivamente

lacune o elettroni in seguito ad un opportuno drogaggio, per i semiconduttori

organici l’attribuzione segue principi diversi. Ricordando che la conduzione

dei portatori di carica e strettamente legata agli stati HOMO e LUMO. Quin-

di un semiconduttore organico viene definito di tipo p se risulta piu semplice

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iniettare lacune al suo interno, ovvero il livello di Fermi dell’elettrodo e piu

vicino allo stato HOMO. Analogamente un semiconduttore organico viene

definito di tipo n qualora sia piu semplice iniettare elettroni al suo inter-

no, perche il livello di Fermi dell’elettrodo e piu vicino allo stato LUMO.

Questa differenza, seppur fondamentale, permette lo stesso che possa verifi-

carsi all’interno del semiconduttore un effetto di campo simile ai transistor

inorganici.

Come per i transistor inorganici, non appena viene applicata una tensione

al gate, l’elettrodo si comporta come un condensatore a facce piane e parallele.

In particolare se gli viene applicata una tensione negativa, dall’altra parte

dell’isolante viene a crearsi un accumulo di carica positiva uguale in modulo.

Questo accumulo di carica si comporta come un canale tra l’elettrodo di drain

e quello di surce la cui grandezza dipende appunto dal valore della tensione

di gate. In pratica, come era stato detto nella descrizione del modello VRH,

l’accumulo di cariche nel semiconduttore in prossimita dell’isolante fa in modo

che la maggior parte delle trappole presenti in quel luogo vengano riempite

e quindi venga modificato il rapporto tra cariche libere e cariche totali.

Figura 3.2: Caratteristica d’uscita di un OTFT, le eventuali imperfezionidella caratteristica sono da attribuire alle imperfezioni del semiconduttore.

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Come per i transistor inorganici viene definita una tensione di soglia VT

della VG oltre la quale si puo affermare che il canale si e formato. Una volta

che il canale si e formato, se viene applicata una differenza di potenziale tra il

surce e il drain e possibile far scorrere corrente attraverso il canale. Come si

puo vedere dalla figura 3.2, analogamente ai transistor inorganici, si possono

distinguere due zone di funzionamento, lineare e di saturazione. La zona di

saturazione in particolare viene raggiunta non appena il canale si strozza a

causa della elevata corrente di drain ID e di conseguenza tale corrente non

dipende piu dalla tensione di drain VD.

IDlin =W

LµCi (VG − VT )VD (3.1)

IDsat =W

2LµCi (VG − VT )2 (3.2)

3.2.1 Resistenza di contatto e mobilita

La limitazione dei primi transistor organici consisteva prevalentemente nel-

l’elevata resistenza del canale. In seguito al miglioramento della struttura

dei semiconduttori organici, pero, ci furono notevoli miglioramenti, tanto da

far passare il problema in secondo piano rispetto alla resistenza di contatto.

La resistenza di contatto e un fenomeno che si verifica nell’interfaccia tra

elettrodo di metallo e semiconduttore e in seguito verra approfondita la sua

origine.

Esistono diversi modelli che tengono conto di questa resistenza, che non

avendo un valore costante non e facile da determinare. Il primo modello

realizzato da Necliudov e ottenuto aggiungendo in serie al gate e al drain due

resistenze con valore costante e modificando la mobilita attraverso la formula

semi-empirica:

µ = k (VG − VT )γ (3.3)

dove k e γ sono parametri empirici.

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In questo modo si puo tener conto dell’effetto della resistenza di contatto

Rc aggiungendo alla (1) la caduta di potenziale su queste due resistenze e

tenendo presente anche che ora la mobilita dipende da VG

IDlin =

(1(

WL

)Ciµ (VG − VT )

+Rc

)(3.4)

Il modello di Street invece, prevede di inserire all’estremita del canale

due zone di lunghezza totale d ai capi delle quali cade una tensione Vc. Di

conseguenza il canale risultera di lunghezza L− d, mentre la mobilita avra il

valore del modello precedente. Integrando l’equazione:

ID = WCiµ [VG − VT − V (x)]dV

dx(3.5)

Dove V(x) e il potenziale alla distanza x dal surce, si ottiene:

ID = CiµW

L− d{(VG − VT )VD −

V 2D

2−[(VG − VT )Vc −

V 2c

2

]} (3.6)

In particolare si puo osservare che per resistenze di contatto con comporta-

mento resistivo, cioe Vc = RCID e d << L si riottiene la (3.4).

Con questi due modelli si e tenuto conto della dipendenza della Rc dalla

VG unicamente attraverso la mobilita. In seguito viene proposto un modello

per capire l’origine della Rc e un metodo per trovarne sperimentalmente il

valore

3.2.2 Modello analitico della RC

Il TLM (Transfer Line Method)e una tecnica utilizzata per calcolare spe-

rimentalmente la resistenza di contatto. Al fine di capirne la causa e di

conseguenza giustificare i risultati sperimentali occorre capire quale sia la

sua origine fisica. Il transistor a cui si fa riferimento e un OTFT planare che

si puo vedere in figura 3.1. Il sistema di riferimento utilizzato e riportato

in figura 3.3 assieme al grafico rappresentante la distribuzione di lacune nel

canale formato all’interno di un semiconduttore organico di tipo p e nell’e-

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lettrodo metallico di surce. In figura 3.4 sono inseriti invece due grafici che

rappresentano la densita di lacune all’interfaccia tra surce e il semiconduttore

organico di tipo p. Negli stessi grafici sono anche rappresentate due curve

tratteggiate Ys0 e Ysch che indicano rispettivamente l’estensione della zona

interessata dalla concentrazione di lacune lungo l’asse y.

Figura 3.3: Concentrazione di lacune nel canale e nel surce.

Figura 3.4: (a) Concentrazione di lacune e loro estensione a y=0 in funzione diEb nel surce (b) Concentrazione di lacune e loro estensione a y=0 in funzionedi VG nel semiconduttore di tipo p.

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Nel grafico Eb e la differenza di energia tra il livello di Fermi dell’elettrodo e

lo stato HOMO del semiconduttore organico.

Cio che risulta evidente dall’osservazione delle figura 3.3 e 3.4 e la notevole

differenza di concentrazione di lacune all’interfaccia tra canale e surce, la

quale e la causa della resistenza di contatto. Per ricavare l’estensione della

sovrapposizione tra la zona di surce a bassa concentrazione di lacune e quella

ad alta concentrazione del canale che avviene lungo l’asse x si parte dalle

relazioni:

xch =

√εskT

q2Pch(3.7)

xs =

√εskT

q2Ps(3.8)

siccome Pch >> Ps allora xch << xs, di conseguenza xch puo essere trascu-

rata.

Figura 3.5: Grafico in scala logaritmica che rappresenta la concentrazione dilacune nel surce nella zona di sovrapposizione e nel canale.

In figura 3.5 e rappresentata in scala logaritmica la crescita esponenziale

di lacune nella zona di sovrapposizione espressa dall’equazione:

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p(x) = ps exp

(x

xs

)(3.9)

Di conseguenza e possibile calcolare lo spessore t della sovrapposizione attra-

verso le equazioni:

p(t) = ps exp

(t

xs

)(3.10)

t = xs ln

(pchps

)(3.11)

Avendo ricavato t, e possibile calcolare la concentrazione media delle

lacune nella zona interessata:

pm =1

t

∫ t

0

p(x)dx =pst

∫ t

0

exp

(x

xs

)dx (3.12)

A questo punto e possibile ricavare la conduttanza infinitesimale dG del

canale di larghezza W:

dG = qµWpm(y)

t(y)dy (3.13)

Di conseguenza dal reciproco della conduttanza si ottiene la Rc

Rc =1

Gc

=

√εskT

q2µW

∫ d

0

pch(y)√ps(y)

ln(pch(y)ps(y)

)2 dy

−1

(3.14)

Da quest’ultima equazione, e facendo riferimento ai grafici di figura 3.4, si

capisce che i parametri principali che caratterizzano la resistenza di contatto

sono VG e Eb, in quanto le concentrazioni di lacune nel canale e nel surce

dipendono da essi.

Finora la mobilita e sempre stata considerata costante ma come si vedra

in seguito questo porta ad errori non trascurabili.

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Figura 3.6: Grafico che mostra la dipendenza della Rc dalla VG e Eb.

3.2.3 Transfer Line Method TLM

Il metodo transfer line TLM si basa sul fatto che a differenza della resistenza

di contatto, la resistenza opposta dal canale e proporzionale a L. Sfruttando

questo fatto si puo ricavare la ID in zona lineare nel modo seguente:

ID =VDRtot

=VD

Rc +Rch

=VD

RC +[WLµCi|VG − VT |

]− 1

(3.15)

Di conseguenza attraverso la misura della ID e della VD e possibile calcolare

il valore di Rtot:

Rtot =VDID

= Rc +L

WµCi|VG − VT |(3.16)

A questo punto e possibile applicare il criterio del TLM realizzando un

grafico in cui e rappresentata la variazione della RtotW misurata sperimental-

mente in funzione della lunghezza di canale L. Infatti, la regressione lineare

della caratteristica ottenuta fornisce il valore di Rc nel punto dove L sarebbe

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uguale a zero. Come si vede nel grafico di figura 3.7 la resistenza di contatto

decresce all’aumentare del modulo di VG come ci si aspettava.

Figura 3.7: Grafico che permette di ricavare la Rc attraverso il metodo TLM.

Se si confrontano i risultati ottenuti sperimentalmente con quelli calcolati

analiticamente con l’equazione (3.14) si ottengono dei risultati discordanti,

come si vede in figura 3.8. La causa di tale differenza e dovuta al fatto che

nella (3.14) la mobilita e stata considerata costante, ma come verra spiegato

nel seguente paragrafo questa approssimazione non si puo eseguire.

Figura 3.8: Confronto tra i valori di RcW in funzione di |VG − VT | calcolatiattraverso la (3.14) con e senza la correzione della mobilita e ricavati con ilmetodo TLM.

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3.2.4 Dipendenza della mobilita dalla VG

Com’e stato detto nel primo capitolo, la mobilita dei semiconduttori organici

varia attraverso l’applicazione di un campo elettrico esterno. Nel caso dei

transistor questo si traduce nella formazione del canale tra surce e drain.

Basandosi sul modello MTR si ottiene la stessa equazione dei modelli esposti

precedentemente:

µ = k (VG − VT )γ (3.17)

Come si puo notare dal grafico di figura 3.9 All’aumentare della VG la

mobilita cresce linearmente fino ad un valore critico dove dopo il quale decre-

sce. Questo fenomeno e attribuito all’eccessivo disordine causato dall’elevato

campo elettrico. Siccome la maggior parte dei portatori di carica si trova

all’interfaccia tra isolante e semiconduttore la mobilita diminuisce. Di conse-

guenza la dipendenza della mobilita dal campo non puo essere trascurata se

si vuole stimare analiticamente il valore della RC . Come si vede dalla figura

3.8 se si usa la (3.17) nella (3.14) i dati sperimentali concordano con quelli

analitici.

Figura 3.9: Mobilita in funzione di |VG − VT |.

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Capitolo 4

Applicazioni

I dispositivi organici a differenza di quelli inorganici presentano delle presta-

zioni molto inferiori, per esempio la mobilita di un semiconduttore organico

risulta mediamente di tre ordini di grandezza inferiore rispetto ad uno inor-

ganico. Di conseguenza lo sviluppo dell’elettronica organica e strettamente

legato alla possibilita di realizzare dispositivi dove le sue caratteristiche vin-

centi sopperiscono alla bassa efficienza. Com’e stato gia accennato nel primo

e nel secondo capitolo, i suoi punti di forza consistono nella possibilita di

realizzare dispositivi che godono di un’elevata elasticita e che possono essere

realizzati con bassi costi di produzione.

Un grande vantaggio dell’elettronica organica rispetto all’inorganica e

quello di riuscire a produrre dispositivi flessibili e allungabili. Di conseguenza

viene aperta una nuova frontiera di applicazioni dell’elettronica che in passato

era impensabile.

Un’applicazione consiste nella possibilita di riprodurre o monitorare al-

cuni comportamenti umani come si potra vedere nel seguito.

4.0.5 E-textiles

Per E-textiles si intende parlare di dispositivi non invasivi in grado di monito-

rare parametri del corpo come postura, respirazione etc che vengono applicati

ai vestiti. Un primo esempio, come si vede dalla figura 4.1, consiste in stri-

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sce piezoresistive in grado di monitorare la postura di un soggetto e i suoi

movimenti.

Figura 4.1: Strisce piezoresistive in grado di monitorare la postura di unsoggetto e i suoi movimenti.

Figura 4.2: Sensore che rileva il movimento del dito.

Figura 4.3: Variazioni della ID in funzione del tempo in base ai movimentidel dito.

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In un altro caso, come si puo vedere dalla figura 4.2, un sensore e posto

nel dito indice di un paziente e in base alla posizione del dito si registra un

aumento o una diminuzione della ID come si vede dalla figura 4.3. Infatti, i

sensori di pressione sono di fatto degli OFET, dove una variazione di pressione

applicata su di essi genera una variazione della mobilita del canale.

4.0.6 E-Skin

Un’applicazione la si ritrova nell’ambito della robotica, si tratta della realiz-

zazione di pelle elettronica: E-Skin. La pelle umana e in grado di captare

attraverso il tatto molte piu informazioni contemporaneamente di quante sia

capace una E-Skin. in figura 4.4 e rappresentato lo schema di un sensore in

grado di misurare variazioni di temperatura e pressione. Questi sensori sono

distribuiti per tutta la superficie che si vuole rendere sensibile. Il fatto che nel

processo di fabbricazione la deposizione del materiale organico puo essere ef-

fettuata in molteplici supporti, e che i dispositivi possono subire deformazioni

senza essere danneggiati, e possibile ricoprire aree di diverse forme.

Figura 4.4: Modello di un sensore in grado di captare variazioni di pressionee di temperatura.

4.0.7 Tatuaggi elettronici

Come si puo vedere dalla figura 4.5, e possibile realizzare dei dispositivi in

grado di restare attaccati alla pelle umana come un tatuaggio. Questi sono

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in grado di effettuare in modo continuativo analisi mediche sul paziente in

cui sono applicati. Si puo notare che anche se i tempi di processazione dei

dati non sono brevi come per l’elettronica inorganica, il risultato e lo stesso

soddisfacente.

Figura 4.5: Tatuaggio elettronico capace di resistere ad allungamento ecompressione.

4.0.8 ORFID

Un’altra applicazione con scopi totalmente diversi e la realizzazione di OR-

FID organici ( Organic Radio frequency identification). Gli ORFID sono dei

dispositivi che possono essere visti come dei codici a barre leggibili a grande

distanza. Infatti essi sono in grado di memorizzare al loro interno delle infor-

mazioni che in genere identificano il prodotto a cui sono applicati. Un RFID

e composto da tre parti principali:

� 1- Un’antenna, che ricevendo un segnale a radio frequenza, riesce a for-

nire grazie all’induzione elettromagnetica una piccola corrente elettrica

al tag l’ORFID

� 2- Un chip, che converte la corrente elettrica proveniente dall’antenna

da AC in DC al fine di caricare un condensatore. Questo condensatore

e in grado di immagazzinare un’energia tale da essere in grado di inviare

i dati che identificano il tag dell’ORFID

� 3- Un lettore, che inizialmente aveva inviato il segnala di interrogazione

e fornito l’energia al tag dell’ORFID, ora attraverso la sua antenna

riceve la risposta contenuta del cip ovvero l’ID.

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Il grande vantaggio ottenuto realizzando questi dispositivi con materiali

organici, oltre al fatto di averli resi flessibili, e l’abbattimento notevole dei

costi di produzione.Un esempio di ORFID e riportato in figura 4.6.

Figura 4.6: ORFID.

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Conclusione

Il progressivo sviluppo dei materiali organici, soprattutto in termini di purez-

za, hanno permesso la realizzazione di semiconduttori sempre piu efficienti

e con maggiore stabilita rispetto alle degradazioni provocate dall’ambiente.

In ogni caso, l’elettronica organica non puo essere confrontata direttamente

con quella inorganica fino a che le sue prestazioni non raggiungono valori

confrontabili. Cio non toglie che sia possibile apprezzarne alcuni vantaggi

come: la produzione di dispositivi elettronici a basso costo, nei casi in cui

l’efficienza dei materiali inorganici non e indispensabile, la realizzazione di

dispositivi che hanno proprieta inconciliabili con i materiali inorganici, come

la flessibilita e l’elasticita.

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