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epoca

Date post: 29-Feb-2016
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rivista fotografica
20
INTERVISTE Steve McCurry Elio Leonardo Carchidi Olivo Barbieri MOSTRE L’Arte della Fotografia Ritratti L’Albo dell’Avventura Canon PowerShot A800 Febbraio 2011 10 megapixel e DIGIC III TEST Canon 550D TECNICA Profondità di campo Settembre 2011 4 Euro Provata per voi
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INTERVISTESteve McCurryElio Leonardo CarchidiOlivo Barbieri

MOSTREL’Arte della FotografiaRitrattiL’Albo dell’Avventura

Canon PowerShot A800Febbraio 201110 megapixel

e DIGIC IIITEST Canon 550D

TECNICAProfondità di campo

Settembre 2011

4 Euro

Provata per voi

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E

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ditoriale

di Sandro Iovinesandroiovine.blogspot.com

«La rivoluzione digitale è davvero epocale in termini di cultura umana. Le sue conseguenze sulla fotografia sono enormi, ma non sono nulla se paragonate alle conseguenze sulla nostra cultura in generale. Ciò di cui sono certo è che chi dice di essere sicuro di sapere dove la rivoluzione digitale ci sta portando, può solo essere sicuro di sbagliarsi. È un fenomeno molto grande, si sta sviluppando molto velocemente, e non possiamo sapere dove ci porterà.»* Così scriveva nel 1998, Peter Galassi, conservatore al Dipartimento di fotografia del Museum of Modern Art di New York. Ma tredici anni sono tanti considerata la velocità dell’evoluzione delle tecnologie nella nostra epoca. Possiamo dire che ora sappiamo dove ci porterà la fantomatica rivoluzione digitale? Di sicuro forse non ancora, ma qualche certezza in più rispetto alla fine del secolo scorso decisamnte l’abbiamo, non foss’altro perché suffragata da dati di fatto. In fotografia ad esempio è realtà consolidata l’adozione dei processi digitali per la produzione di immagini. Difficile infatti prevedere per i procedimenti di acquisizione analogici, nell’arco di un decennio o due, un seguito troppo diverso da quello che attualmente riscuote il dagherrotipo.

Senza andare a ricercare lontano da casa nostra, la pratica analitica della fotografia messa in atto ne Le verifiche, realizzate tra il 1969 e il 1972 da Ugo Mulas, altro non è se non una ricerca sui dati costitutivi fondamentali del messaggio trasmesso attraverso il medium fotografico. In tempi più recenti autori come Andreas Müller-Pohle o Gianni Comunale hanno ripreso a interrogarsi con i loro lavori sulla natura dell’immagine digitale.

Possiamo capire la natura digitale dell’immagine?

E

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Sommario

Editoriale

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pag.13

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pag.18

pag.21

pag.27

Intervista a Steve McCurry

Canon Eos 550D

Profondità di campo

Intervista a Olivo Barbieri

Galleria Fotografica

Canon PowerShot A800

L’arte della fotografia

Nel prossimonumero

I segreti del più grande e

discusso fotografo di tutti

i tempi, Olivieto Toscani.

e-mail: [email protected] le tue foto e le tue domande

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Intervista

STEVE McCURRY

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Provato per voi

CANON EOS 550D

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Tecnica

pag.13

Profondità di campo

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Intervista

STEVE McCURRY

di Rosa Pugliese

Chi può dimenticare i profondi occhi verdi della ragazza afga-na immortalati per due volte a distanza di dieci anni da Steve McCurry? Sebbene più di cinque secoli separino quel volto dalla Gioconda di Leonardo, qualcuno ha paragonato l’intensità dei due sguardi. Steve McCurry ci sorprende per la cordialità con la quale rispon-de al telefono, lo abbiamo rag-giunto nel cuore della notte nel lontano Vietnam. Non ama le definizioni e si dichiara sempli-cemente “fotoreporter”, sposa la filosofia del digitale, la fotografia sperimentale e l’uso di software per il fotoritocco. C’e solo una cosa a cui non rinuncia mai: i co-lori, ciò che egli stesso definisce “anima del mondo”.

L’icona La gente ti conosce come “il

fotografo di Sharbat Gula”, la ra-gazza dagli occhi verdi che hai fotografato a Peshawar, in Paki-stan. Hai scattato quella foto nel 1984 quando eri in un campo di rifugiati in Afganistan. Ti senti un

po’ prigioniero di questa icona?No, per niente. Anzi, forse proprio il contrario. Voglio dire che percepisco tutto questo quasi come fosse una sorta di regalo. È un onore essere le-gato a una foto che piace così tanto, io personalmente la trovo bellissima e sono molto felice di averla scattata.

È vero, la foto è decisamente bellis-sima e di forte impatto. Perché poi ha deciso di tornare a Peshawar?Torno spesso negli stessi posti, non è qualcosa che ho fatto in maniera esclusiva. E quando mi sono trovato di nuovo a Peshawar non ho proprio potuto fare a meno di cercare la ra-gazza dagli occhi verdi che aveva tan-to fatto parlare di sé. Forse perché la foto che la ritrae è stata così improvvi-sa per lei che le regala quello sguardo spaventato, ma bello, fiero nella sua povertà e timidezza.

L’inizio Steve, tu sei nato con la voca-

zione di fare il fotografo? No, ho cominciato a studiare fotogra-fia soltanto all’università, dopo aver lavorato addirittura come cuoco nel-le cucine d’Europa per mantenermi. I viaggi mi hanno fatto cambiare idea sulla mia voglia iniziale di fare il re-gista. Così ho cominciato ad appas-sionarmi e a lavorare nel campo della fotografia soltanto al College, collabo-ravo con il quotidiano studentesco.

RosaPugliese natus error sit voluptatem ac-cusantium do-loremque lau-dantium, totam rem aperiam eaque ipsa, quae ab illo inventore veritatis et qua-si architecto be-atae vitae dicta sunt, explicabo. Nemo enim ip-sam voluptatem, quia voluptas sit, aspernatur aut odit aut fugit, sed quia conse-quuntur magni dolores eos, qui ratione volup-tatem sequi ne-sciunt, neque porro quisquam est, qui dolorem ipsum, quia do-lor sit, amet, con-sectetur, adipisci v’elit, sed quia non numquam eius modi tem-pora incidunt, ut labore et do-lore magnam aliquam quaerat voluptatem. Ut enim ad mini-

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E come sei arrivato poi alla Magnum Agency?Sono molto riconoscente a Eve Arnold, Bruno Barbey e Philip Jones Griffins, dopo averli incontrati mi hanno subito preso a la-vorare per la Magnum.

C’è differenza tra un fotografo freelance e uno che lavora per un’Agenzia? No, nessuna differenza. È semplicemente la stessa cosa.

La vocazione Possiamo dire che Steve McCurry è

un fotogiornalista con una speciale vo-cazione per il ritratto? Io penso che mi si possa chiamare sem-plicemente “fotografo”, magari “fotografo-documentarista”. Certo mi piace molto fare dei ritratti alle persone, questo è vero. Ma la fotografia non è solo il ritratto e a me piace qualsiasi inquadratura.

Sei stato in molte zone del mondo, posti segnati da conflitti e guerre. Ma qualche volta sembra quasi che tu sia più inte-ressato alle persone e alla loro umanità piuttosto che agli eventi storici. È vero? Si, è vero. Penso che sia proprio così. Spes-so cerco di capire la gente, come vive, come sopravvive nelle situazioni di incertezza create dalla guerra, nel disastrastro disar-mante. Mi piace pensare di poter in qualche modo aiutare queste persone a rendere vi-sibile al mondo la situazione di precarietà e di dolore in cui si trovano.

Quanto è difficile fotografare in luoghi

come l’Afganistan, l’Iran o l’Iraq? Penso che sia invece molto facile, spesso basta semplicemente chiedere, soprattutto per fotografare gli uomini o i bambini. Ma, come si può intuire, è meno semplice foto-grafare le donne. Le donne in questi luoghi vivono spesso in condizioni di sottomissio-ne.

L’anima di un luogo Sappiamo del tuo amore per l’Asia e

ci chiediamo da dove abbia origine… Dici bene, il mio amore per l’Asia penso sia nato la prima volta che ci sono andato. Era il 1978, mi sono semplicemente innamora-to di quei luoghi, della cultura diversa che li attraversa, la terra e i suoi colori, la storia e la gente. E il sincretismo lo trovo davvero affascinate, molto interessante. L’insieme di tutte le religioni, dall’Induismo all’Islami-smo, dal Cristianesimo al Sikhismo fino al Buddismo, tantissime posizioni diverse che coesistono.

Come si può catturare l’anima di un luo-go?Questa è una bella domanda perché non ho proprio idea di quale possa essere la rispo-sta. Non lo so, non so come si possa cattu-rare l’anima di un posto (ride).

Pensi che il fotogiornalismo possa giu-stificare anche mettere a rischio la pro-pria vita?Se devo esser sincero non lo penso, direi che la risposta è no.

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Noi sappiamo che tu hai rischiato la vita in certe occasioni, come quella volta che in Slovenia l’aereo su cui viaggiavi si è capovolto in acqua…Si, ci sono stati diversi momenti difficili, quel-lo è stato di certo il peggiore. Forse è anche per questo che non vorrei mai trovarmi di nuovo nella condizione di mettere a rischio la mia vita.

Fotogiornalismo Qualcuno dice: “una foto può dire

più di mille parole. Prova a dire questo senza!” Forse questa frase provocatoria è proprio l’anima del fotogiornalismo. Tu pensi che una singola foto senza paro-le possa esser considerata fotogiornali-smo?Assolutamente si.

Generalmente, quando noi pensiamo alla storia del fotogiornalismo immaginiamo le fotografie in bianco e nero, e ancora suscitano un certo fascino. Tu usi sem-pre i colori. Perché sono così importanti per te? È molto semplice, perché la vita non è in bianco e nero. La realtà è colorata e a me piace rappresentarla così come la vedo. Non so voi, ma io la vedo a colori (ride), le cose hanno un’anima colorata.

E non hai mai sentito la tentazione di convertire una delle tue foto in bianco e nero? No, mai. Non ancora almeno.

A cosa stai lavorando adesso?Sto lavorando and un progetto sull’AIDS in Vietnam e anche su una storia in India per il National Geographic.

Vuoi aggiungere qualcosa a quello che ci siamo detti?Si, ci tengo a segnalare anche ai lettori ita-liani di Witness Journal il mio ultimo libro che racconta l’Afganistan. Il libro si intitola “In the Shadow of Mountains” ed è pubblica-to da Phaidon Press.

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“La Canon EOS 550D possiede un display da 3″ come la 500D ma, per la prima volta su una reflex digitale Canon, con un rapporto fra i lati di 3:2 invece che il tradizionale 4:3, quindi pro-porzionale a quello del sensore digitale. Niente più bande nere sopra od al lato delle immagini durante il playback o il Live View che ora possono riempire interamente lo schermo. Cresce an-che la risoluzione del display LCD, ora di 1040k punti, che grazie al nuovo formato garantisce una riproduzione dei dettagli di almeno il 15% superiore a prima, 720×480 pixel contro 640×427 sfruttabili per la visione del fotogramma.

Lo schermo in sè è oltremodo nitido e luminoso ma non immune dai soliti problemi di difficoltà di visione sotto la luce diretta del sole in specialmodo se sporcato da ditate e macchie. L’angolo di visione è sufficiente per consentire una buona visione anche da posizioni leggermente an-golate ma cercando sempre di evitare il pieno sole. Molto più avvantaggiate da questo punto di vista le fotocamere digitali che dispongono di schermi orientabili come la Sony Alpha A550, la Nikon D5000 o la Olympus E-620 utili per effettuare inquadrature angolate rispetto all’asse del

display o per evitare che i raggi del sole colpiscano lo schermo direttamente.

Le funzioni Live View della EOS 550D sono state potenziate rispetto alla precedente EOS 500D; ora un pulsante dedicato sul dorso della reflex consente l’accesso immediato alla sud-detta funzione ed in più l’autofocus viene adesso attivato dalla pressione sul pulsante di scatto, così come normalmente avviene per la fotografia, e non con il pulsante di blocco AE/AF come avveniva prima in maniera meno intuitiva. Un piccolo ma molto significativo cambiamento che semplificherà di molto l’utilizzo da parte dei principianti.Come la EOS 500D e gran parte delle concorrenti la modalità AF di base in Live View è quella a detezione di contrasto, la più lenta fra quelle disponibili ma allo stesso tempo la meno fastidiosa da utilizzare. Durante la visione Live View la EOS 550D consente di visualizzare sullo schermo il 100% del campo inquadrato garantendo una visione fluida e sfruttandone appieno la risolu-zione. Gli effetti dell’apertura del diaframma ai fini della profondità di campo possono essere verificati premendo il pulsante di previsualizzazione della stessa profondità di campo, la foto-

Provato per voi

CANON EOS 550D

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camera provvederà intelligentemente a schiarire le immagini a valori di diaframma alti per consentirne un agevole visione sul display.Sempre durante la visione è possibile visualizza-re l’istogramma “live” della scena inquadrata, una possibilità che riteniamo molto importante e che stranamente manca sulle reflex digitali Nikon di pari livello. I dettagli relativi al bilanciamento del bianco, stili di ripresa, ottimizzazione automatica della luce, qualità di ripresa, modalità di scatto ed autofocus sono ora visualizzati sul lato sinistro dello schermo e tutti regolati direttamente premendo il pulsante Q. La sensibilità ISO viene modificata sempre attra-verso il suo pulsante dedicato. Due griglie di alli-neamento possono essere visualizzate sullo scher-mo come ausilio alla composizione; la funzione di orizzonte virtuale presente sulla EOS 7D non è qui disponibile.

Le modalità di messa a fuoco automatica in Live View sono tre (come nella 500D): quella di base a detezione di contrasto già ricordata prima, il ricono-scimento facciale e la più rapida a detezione di fase che utilizza lo stesso sistema AF usato per la foto-grafia. Ricordiamo ancora che l’avvio della messa a fuoco in Live View avviene ora con la semplice pressione sul pulsante di scatto a metà corsa.

Settando la modalità AF base un rettangolo bianco diviene visibile al centro dell’immagine e può esse-re mosso a piacimento usando la tastiera a croce sul dorso; la pressione sul pulsante di scatto a metà corsa blocca la messa a fuoco su quanto inqua-drato dal rettangolo in quel punto. Come le altre fotocamere digitali che utilizzano lo stesso siste-ma, l’AF a detezione di contrasto è relativamente lento ma opera silenziosamente e senza la noiosa interruzione d’immagine dovuta al movimento dello specchio reflex. L’operazione di messa a fuoco in questa modalità richiede un paio di secondi, a volte anche qualcosa in più, di contro si rivela piuttosto precisa in quanto effettuata direttamente sull’imma-gine del sensore.

Nel modo Live con riconoscimento facciale la foto-camera utilizza sempre la modalità AF a detezio-ne di contrasto vista prima ma se il sistema rico-nosce un volto lo “aggancia” riquadrandolo in un box e mettendolo a fuoco. Se più volti sono presen-ti nell’immagine sarà possibile selezionarne uno a

Video FullHd

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FUNZIONI

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piacimento con il tastierino a croce. Il tempo richie-sto è all’incirca quello già misurato per la modalità base.La terza possibilità infine è quella del rapido autofo-cus a detezione di fase che utilizza i nove punti AF disponibili nel mirino, con quello attivo illuminato in rosso. Per consentire ciò è necessario che lo spec-chio reflex possa abbassarsi per un attimo, inter-rompendo dunque la visione Live View e generan-do un certo rumore, per poi risollevarsi a messa a fuoco ultimata; un processo in verità generalmente rapido che può durare anche meno di un secondo rendendo questa modalità la più rapida in assoluto.

In qualsiasi momento ed in una qualunque delle modalità citate, è possibile ingrandire la schermata a 5x ed a 10x in corrispondenza dell’area inqua-drata dal solito rettangolo bianco movibile e pre-mendo il pulsante d’ingrandimento. Considerata la risoluzione dello schermo, la visione a 10x dovreb-be rappresentare un ingrandimento addirittura su-periore all’1:1, favorevolmente privo di scalettature o offuscamenti; anche a questo elevato rapporto d’ingrandimento l’immagine risulta nitida e precisa e consente un sicuro controllo della messa a fuoco o eventuali aggiustamenti in manuale, senza dub-bio migliore della Nikon da questo punto di vista, D90 inclusa. La Canon EOS 550D può infine esse-re connessa ad una HDTV (o PC o Mac) usando la connessione HDMI, con il Live View visualizzabile sugli schermi ad alta risoluzione. L’unica mancan-za ancora presente nelle fotocamere che utilizza-no l’autofocus a detezione di contrasto, lentezza a parte, è l’impossibilità di seguire con la messa a fuoco soggetti in movimento; se ritenete importante tale possibilità dovete rivolgervi a modelli come la Sony A550 che invece la consentono.

Ottiche

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STRUMENTI

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Tecnica

Profondità di campoLa profondità di campo è uno dei principi di base della fotografia. Quando si mette a fuoco un’immagine, sono un determinato piano (distanza) sarà realmente a fuoco. Qualsiasi cosa che sia davanti o dietro il piano sarà gradualmente fuori fuoco; le aree più vicine al piano di fuoco che mantengono una nitidezza accettabile costituiscono la profondità di campo.

1. Fattori che influenzano la profondità di campo

Ci sono tre fattori che influenzano la profon-dità di campo:

1.1 Diaframma

La quantità di luce che raggiunge il sensore è determinata dal diaframma ed è indicata con un valore “f” (es. f2.8, f16, f32...). Valori alti (es. f16, f32) corri-spondono a diaframmi chiusi e quindi tempi di scatto più lunghi e maggiore profondità di campo. Valori bassi (es. f2.8, f4) corri-spondono a diaframmi aperti e quindi tempi di scatto più brevi e minore profondità di campo.Le immagini qui sopra mostrano chiaramente la differenza. Nella prima immagine (scattata a f2.8) sia il primo piano che lo sfondo sono sfocati; invece nella secon-da immagine (f32) tutto è in fuo-co. Chiudere il diaframma per otte-nere una grande profondità di campo ha però due svantaggi: 1) la quantità di luce che raggiunge il sensore è diminuita, e quindi sono necessari tempi di scatto lunghi 2) la qualità d’immagine è peggiorata dalla diffrazione, un fenomeno che diventa evidente ai diaframmi più chiusi.

1.2 Lunghezza focale

Se si aumente la lunghezza focale, mantenen-do costante la distanza fotocamera-soggetto, la profondità di campo diventa più limitata. In entrambe le foto qui sopra la distanza foto-camera-soggetto era 1.5 metri. La foto scat-tata a 50mm ha molta più profondità di campo di quella scattata a 200. Ovviamente, questi obiettivi hanno angoli di ripresa molto diversi, quindi anche la composizione e le dimensioni

del soggetto sono molto differen-ti. Invece, se le dimensioni del sog-getto fossero state le stesse, cioè se avessi spostato la fotocamera per ottenere la stessa composi-zione, la profondità di campo sa-rebbe stata la stessa.In queste foto la distanza fotoca-mera-soggetto è stata cambiata per ottenere un soggetto delle stesse dimensioni. Quella scat-tata a 200 mm ha uno sfondo molto più sfocato, ma la differen-za è dovuta al diverso angolo di visuale dei due obiettivi, non alla profondità di campo.

1.3 Dimensioni del soggetto

Se si scatta una foto di un sog-getto di grandi dimensioni si avrà

proporzionalmente più profondità di campo. Per esempio, se si fotografa una montagna a f5.6 si avrà un’estesa profondità, ma se si fo-

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tografa una farfalla con quello stesso diaframma la profondità di campo sarà molto ridotta.

2. Circle of confusion (Cerchio di confusione)

L’immagine create da un obiettivo è composta da una miriade di punti. I punti sono “infinitamente” piccoli nel piano di fuo-co, e diventano proporzionalmente più larghi via via che ci si allontana da questo piano, sovrapponendosi e sfocando l’im-magine. Inoltre, essi hanno la stessa forma del diaframma e dimensioni proporzionali. Se comprendete questo concetto, capire-te anche perché diaframmi più aperti (es. f2,8) hanno meno profondità di campo di diaframmi chiusi (es. f32): i punti creati da un obiettivo a f2.8 sono proporzionalmente più larghi di quelli creati a f32. Il piano di fuoco sarà nitido in ogni caso, ma la zona di nitidezza apparente (la profondità di campo) sarà molto più ristretta usando un diafram-ma aperto.

3. Distribuzione della profondità

L’area di nitidezza apparente non è distribuita omogeneamen-te davanti e dietro il piano di fuoco.Come si può vedere, l’area nitida dietro il piano di fuoco (B) è più larga dell’area di fronte al piano (A). La distanza iperfocale è influenzata di questa distribuzione asim-metrica.

4. Iperfocale

La distanza iperfocale è il piano di fuoco che dà la maggior profondità di campo a un de-terminato diaframma.Se si mette a fuoco in “H”, qualunque cosa sarà nitida dall’infinito fino a H/2. Esempio : un 24mm a f16 ha una distanza iperfocale di 1.2 metri. Se si mette a fuoco a 1.2 metri, tutto apparirà nitido da infinito a 0.6m.

La distanza iperfocale è diversa per ogni lunghezza focale e varia con il diaframma; la si può calcolare sul campo o si può usare tabelle pre-calcolate. Personalmente, preferisco usare il bottone per la previsualizzazione della profondità di campo invece di calcolare la distanza iperfocale; è più veloce e più semplice.

5. Profondità di campo e dimensioni del sensore

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Le fotocamere compatte, che usano piccoli sen-sori, hanno una profondità molto estesa (molto più delle fotocamere 35mm). Perché?Gli obiettivi progettati per queste fotocamere hanno lunghezze focali molto ridotte (in certi casi anche 2-3mm in posizione grandangolo); come già detto, le focali più corte hanno una profondità di campo più estesa. Per esempio, un 70mm su una fotocamera compatta può avere lo stesso angolo di ripresa di un 350mm su una fotocamera 35mm, ma mantiene la stessa profondità di un 70mm. Come si può im-maginare, una foto scattata a 70mm ha molta più profondità di campo si una scattata con un 350mm. Sperando di esservi stato utile con tutta la sin-tesi utilizzata per un argomento di così difficile comprensione vi rimando al sito della rivista.www.EPOCA.com

Angolo dello specialista

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CONCORSO PER I LETTORIunde omnis iste natus error sit voluptatem accusantium doloremque laudantium, totam rem

aperiam eaque ipsa, quae ab illo inventore veritatis et quasi architecto beatae vitae dicta sunt,

explicabo. Nemo enim ipsam voluptatem, quia voluptas sit, aspernatur aut odit aut fugit, sed quia consequuntur magni dolores eos, qui ratione voluptatem sequi nesciunt, neque porro quisquam est, qui dolorem ipsum, quia dolor sit, amet, consectetur, adipisci v’elit, sed quia non numquam eius modi tempora incidunt, ut labore et dolore magnam aliquam quaerat voluptatem. Ut enim ad minima veniam, quis nostrum exercitationem ullam corporis suscipit laboriosam, nisi ut aliquid ex ea commodi conse-

quatur? Quis autem vel eum iure reprehenderit, qui in ea voluptate velit esse, quam nihil mole-

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PREMIOStrange photo

the winner is....

giorgio palmarabari

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galleria del mesele vostre migliori foto

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