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ffmagazine n° 11

Date post: 31-Mar-2016
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rivista online di pesca a mosca
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Rivista di Pesca a Mosca n°11 Rivista bimestrale a pubblicazione online registrata presso il Tribunale di Modena il 09/07/2009 prot. n°1963 Luglio - Agosto 2011 LA PRIMA RIVISTA ITALIANA DI PESCA A MOSCA ONLINE GRATUITA
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Rivista di Pesca a Mosca

n°11

Rivista bim

estrale a pubblicazione online registrata presso il Tribunale di Modena il 09/07/2009 prot. n°1963

Luglio - Agosto 2011

LA PRIMA RIVISTA ITALIANA DI PESCA A MOSCA ONLINE GRATUITA

Bobbio – Trebbia 21 – 22 – 23 Ottobre Ascoli - Tronto 25 – 26 – 27 NovembreLa FFM organizza un corso di base e perfezionamento. E' il corso che più di tutti ti consente di apprendere la tecnica di lancio, ma senza che questa vengavista in maniera accademica o fine a se stessa.In tre giorni gli allievi apprendono non solo la tecnica di lancio base della coda di topo ma anche queilanci che sono piu strettamente legati alla pesca.Se sei già sufficientemente bravo nel lancio ma hai difficoltà ad applicare le nozioni che conosci inpesca, se di fronte ad una situazione di acque “complicate” non sai come comportarti, quale strategiaadottare, questo percorso ti consente una vera e propria uscita di pesca finalizzata ad apprendere letecniche da usare in fiumi e torrenti. contatta la nostra segreteria. www.flyfishingmasters.it

DirettoreResponsabileBaroni Franco

Direttore EditorialeMondini Alberto

GraficiMondini AlbertoBagagli DanieleGammelli Luca

CoordinatoreRedazionaleMagliocco Massimo

CollaboratoriCastellani LucaBorriero MorenoBailey Philip

Distribuzione WEB Pubblicazione Bimestrale Registrazione Presso il Tribunale di Modena n° 1963 del 09/07/2009

Rivista Gratuita Pubblicità Alberto Mondini Tel. 3318626216 e-mai: [email protected]

Alberto MondiniSan Bernardino

Franco-MarcoLa Tenkara

Massimo MaglioccoLa pesca a mosca secca

Moreno BorrieroSalone della pesca Parigi

Massimo maglioccoCome provare una canna da

mosca

Antonio NapolitanoAlaska

SCUOLE DA MARINARE ?In Italia ci sono diverse scuole di pesca a mosca e almeno tre sono quelle che vanno per la mag-

giore. Perché in questi ultimi 10 anni c’è stato questo proliferare di scuole ?I motivi a mio avviso sono tanti, a partire dal volersi sempre più mettere in discussione da parte di alcu-ni istruttori che spesso non trovando più stimoli nelle loro vecchie scuole sentono la necessità di rimet-tersi in gioco.Una delle domande che di frequente si sentono in giro dai pam è:“ma i corsi di pesca a mosca servono ?”.Questa è una domanda alla quale è molto facile rispondere e cioè: “dipende da chi si va a fare il corso!!!!”.Mio spiego meglio. Le scuole in Italia che possono fregiarsi di tale titolo sono meno delle dita di unamano e tutte hanno una loro didattica, risultato di anni e anni di studi. Queste sono le strutture di cuifidarsi, per gli altri non posso dare giudizi.Quindi quello che voglio dire è che se vogliamo migliorarci è meglio “affogarci nel mare grosso”.Proprio per questi motivi c’è spesso molta diffidenza data dalla poca informazione in ambito scuole.Spesso si sente in giro ma molto di più si leggono in “giro” frasi del genere:- Le scuole dovrebbero non far pagare nulla ai corsisti, tutto dovrebbe essere gratis.- Le scuole fanno i corsi e spesso ci fanno la cresta.- Le scuole fanno i corsi per vendere canne e video.- Le scuole fanno i corsi ma è meglio non perderci tempo, tanto l’unica scuola è il fiume.Invece le realtà sono altre:- I corsi devono essere pagati per coprire le spese degli istruttori.- Gli istruttori dedicano alcuni dei loro fine settimana ai corsi a scapito dei loro cari e diqualche bella pescata.

- Le scuole di pesca a mosca sono organizzazioni che si mettono a disposizione dei pamcercando di migliorarli sia nel lancio sia nella pesca.- Spesso ci rimettono di tasca loro.- Le scuole non vendono canne e video ma sicuramente ti consigliano quale tipo dicanna comprare perché nelle scuole c’è gente competente che spesso non scrive sui forume che non si riempie la bocca con termini per sentito dire.Un’altra cattiva informazione è quella che dice che all’estero pur essendoci più pescatori a mosca lescuole o chi fa i corsi sono di meno, dicendo quindi chiaramente che questo è un fenomeno tutto ita-liano.Ma stiamo scherzando ? Prima di parlare bisogna informarsi ed in maniera approfondita. Noi, la FFM,stiamo lavorando con l’estero in Europa e quindi stiamo conoscendo moltissime realtà estere. Voi nonci crederete ma ci sono in giro scuole, scuolette ed una infinità di istruttori e vi garantisco che la qua-lità didattica di costoro non si avvicina neanche lontanamente alla nostra, per non parlare della quali-tà del lancio vera e propria.C’è da noi un vizietto che a me da tanto fastidio e che può essere riassunto con un vecchi proverbio“Il Santo che non poteva avere donava”, nel senso che chi non riesce a mettere una mosca in manie-ra decente sull’acqua spesso dice che non serve migliorarsi, tanto le trote le pesco ugualmente, salvotrovarsi insieme a qualcuno che la coda la sa gestire bene per essere messo in difficoltà.Per concludere con le scuole di pesca a mosca si lavora non per catturare di più ma migliorare la “qua-lità” della cattura. Come vedete non sto parlando solo della mia scuola la FFM di cui sono il DT e di cui do le più ampiegaranzie di qualità ed esperienza, ma di quelle tre/quattro strutture che ci sono oggi in Italia. Quindi signori miei, per dare giudizi sulle scuole una sola cosa è necessaria: esserci prima andati edaver frequentato un corso.Massimo Magliocco

Fondate negli anni '40 le nostre cantine sono a Rivergaro, il centro della ridente Val Trebbia. Siamo aperti alle visite e alledegustazioni sia nei giorni feriali, quando è possibile seguire il ciclo di lavorazione, sia per appuntamento in quelli festivi.

Organizziamo eventi culturali tra cui l'incontro di studio "la TERRA è Madre del vino".

Cantine F.lli Bonelli s.r.l.Via Roma, 86 - 29029 Rivergaro, Val Trebbia (Piacenza) Italia

Tel.: 0523.95.86.21 - Fax: 0523.95.61.26www.cantinebonelli.it - [email protected]

orari di apertura:giorni feriali dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 17

sabato dalle 9 alle 12 e pomeriggio su appuntamentodomenica solo su appuntamento

AKTIV HOTEL, in collaborazione con

FLYFISHINGMASTERS SCUOLA DI

PESCA A MOSCA, organizza nei mesi di Luglio e

Settembre corsi di lancio con attrezzature leggere,

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Il San Bernardino nasce dalle montagne dell’incontaminata e selvaggia Valgrande, un enormeParco Naturale privo completamente di insediamenti umani. Il torrente, scendendo verso valle,crea forre, pozze e cascate con panorami di rara bellezza fino ad allargarsi ed aprirsi verso la focenel Lago Maggiore. In questo contesto da sogno una parte del fiume è stata destinata a riservadi pesca per la protezione e la tutela dell'ambiente e dei suoi pesci.

Alberto MondiniFly Melegnano

In settimana ci eravamotrovati per decidere la no-stra prossima uscita dipesca, volevamo peròcambiare zona ed acque evisitare posti diversi,anche perché fino ad orasiamo stati in Val Brem-bana, Val Seriana ed ValTrebbia così abbiamoscelto di spostarci in Pie-monte, esattamente a SanBernardino Verbano e pe-scare nell’ononimo tor-rente, il San Bernardino.Partenza di lunedì 20 Giu-gno alle 7,00 de mattinoda Melegnano con gliAmici del May FLY Giorgio,Maurizio, Maurizio L, Gian-carlo, Gianni, ed io.Una breve sosta per cap-puccio e brioche peressere pronti all’appunta-mento verso le 9,30 conDavide che ci aspettavaall’imbarcadero di Pallanzaper i permessi. Il tempo cisembra perfetto, dopo al-

cuni giorni di pioggia continua, non una nuvola ed un bel sole caldo ci dava il benvenuto. Un saluto e quattro chiac-chiere, la formalità dei permessi e poi via verso il Fiume fino al paese di San Bernardino scegliendo come punto di par-tenza per la nostra uscita l’inizio del tratto NO-KILL.Qui Davide, dopo averci fatto qualche raccomandazione e dato qualche consiglio, si allontana per non disturbarci epraticare la sua pesca preferita, lo streamer, noi invece abbiamo deciso di affrontare questo fiume pescando con lamosca secca.Ci dividiamo come sempre in coppie per poterci fotografare reciprocamente, due su e due a metà e due in basso. Io

e Giorgio dopo avere fatto qualche cattura all’inizio decidiamo di risalire pescando in caccia,. La prima cosa che no-tiamo è la stupenda conformazione di questo torrente, lame buche e correnti si alternano, l’acqua è splendida, tra-sparente, il luogo sembra incontaminato. Bellissime lame color verde smeraldo, e le rive con abbondante vegetazione formata da alberi e da arbusti che spor-gono sull’acqua formano una zona d’ombra, rifugio di molti grossi esemplari di Fario e non, rendono un ambiente de-cisamente invitante per la pesca a secca.

Nelle buche bellissime trote Fario, Fario Mediterranee e Salmerini si possono insidiare pescando in caccia, “a vista”,con imitazioni di grosse effimere e di terrestrial ed il divertimento è assicurato.Sono le 17,30, il nostro tempo per il San Bernardino è terminato, purtroppo alcuni di noi hanno degli impegni indero-gabili.Ci scambiamo ancora qualche impressione fino ad arrivare ad una conclusione: Le uscite di pesca si possono definire, una volta trascorse, con aggettivi più o meno belli, che riescono a dare un’ideadel ricordo che abbiamo di quella giornata: Com’è andata quel lunedì 6 giugno 2011 al San Bernardino ??E’ stata una giornata perfetta sotto tutti i punti di vista.Compagnia perfetta, fiume splendido, pesci volenterosi e l’ospitalità da parte di Davide impeccabile, cosa pretenderedi più!!

il fiume san bernardino è statoper secoli il vero e proprio mo-tore di verbania. questa città,prima in Italia ad avere cotonifici"moderni", ha sempre fattoampio uso (ed abuso) delleacque del fiume.Per decenni il torrente è stato ul-tizzato per produrre vapore, raf-freddare i macchinari, pulirli e,ovviamente come condotta discarico.Le morie di pesci sul fiume eranoall'ordine del giorno e non face-vano neanche più notizia. fortunatamente (dal punto divista) le fabbriche hanno via viachiuso i battenti, un pò si sonotrasferite, altre sono fallite. l'ul-tima in ordine di tempo è stataAcetati spa (industria chimica)che fino a qualche anno fa scari-cava formaldeide nel fiume.Oggi il san bernardino è tornatoquello di un tempo. l'acqua cor-rente e qualche provvidenzialegrossa buzza hanno spazzato viatutto quello sporco e degrado. leacque cristalline non sono più un

ricordo dei vecchi ma una bellis-sima realtà. Il problema è chefino all'anno scorso nel fiumec'era solo l'acqua. di pesci ne-anche l'ombra.. anni di abban-dono e degrado avevanocompletamente svuotato il fiumeda tutta la fauna ittica pregiata.Chiusa la breve parentesi storicapasso ora alla recentissima sto-ria del comitato pescatori delverbano. il gruppo che gestiscela novella riserva.L'idea nasce nel 2010 quandodue ragazzi, alessio turconi e da-vide capogno, girovaghi appas-sionati di pesca, iniziarono aparlare di un progetto impossi-bile, creare un qualcosa a verba-nia, una piccola riserva di pesca,per i verbanesi (e anche per evi-tare tutte le volte di fare centi-naia di kilomentri per duetrotelle).Inutile dire che tutte le volte cheaccennavamo la cosa ai nostriamici, la risposta era sempre lastessa: "non vi lasceranno maifare niente"... e allora, quasi per

scherzo e grazie alla nostra "giovane incoscenza" contattiamo altri amici pescatori, che a loro volta ci presentano altripescatori interessati al progetto.. una parola tira l'altra e contatto il sindaco della città Marco Zacchera (grande ap-passionato di pesca). salta fuori che anche lui aveva pensato a fare una riserva di pesca ma di non essere mai ap-prodato a nulla.Questo gruppo di amici pescatori nel frattempo era diventato qualcosa di più. Contattavamo le associazioni di pesca-tori del luogo e, arginando i vari campanilismi, al grido di "noi ci proviamo..", creavamo questo consorzio tra le 5 as-sociazioni (la riva, ossola fly team, pescatori valgrande, enalcaccia pesca e tiro e Ass. Volontari Pescatori Mottarone)sorto proprio per chiedere la gestione del tratto di fiume san bernardino. Da li il passo è stato breve, anche se molto,molto tortuoso. Abbiamo inviato (quasi obbligato) Regione Piemonte, Provincia del VCO e Comune di Verbania a sedersi intorno ad

un tavolo e parlare di questo progetto. dopo mille lettere/istanze/richieste/studi la Regione dava il proprio benestarealla Provincia.in provincia abbiamo dovuto lottare contro chi non credeva nel progetto (molti) e chi, sapendo le potenzialità delfiume e del gruppo, ne aveva paura. stavamo minando il monopolio della FIPSAS nella gestione delle acque.dopo innumerevoli riunioni, accordi e grazie all'impegno di tantissime persone, avvocati, commercialisti, commercianti,professionisti ma anche semplici operai e pensionati, il 5 gennaio 2011 la Provincia, con delibera, ci affida formalmentela gestione del fiume per tre anni.Avevamo il permesso ma zero soldi ed ancor meno esperienza.. ed allora, in fretta e furia, lavorando nei weekend edi notte e nei (pochi) ritagli di tempo abbiamo messo su i cartelli, pulito il fiume, trovato gli allevatori di trote fario,fatto le prime semine, coinvolto pescatori, raccolto fondi tramite tessere annuali e sponsorizzazioni.

(sottolineo che gran parte del merito per la riuscita del piano va a quei pescatori -i soci sostenitori- che, sulla fiducia,senza avere nulla di certo in mano, si sono associati e ci hanno dato i primi soldi per iniziare..)pian pianino, grazie alla collaborazione di decine di persone, ognuna disposta a fare la sua parte, a seconda delle pro-prie possibilità, siamo arrivati al mese di marzo, all'apertura. Ricordo ancora l'emozione quando ho visto il primo pescatore arrivato da varese allamare la prima trota della gior-nata. Poi, passo dopo passo, imparando strada facendo, aggiustando i vari errori dati dall'inesperienza, siamo arrivatia oggi, una riserva di oltre 5 km, che in soli 3 mesi ha fatto conoscere verbania persone che qui non erano mai stati,dando una mano, in questo periodo di crisi, a bar, negozi, ristoranti e alberghi.. il tutto, come sempre, gratuitamente..

Il futuro prevede- l'ampliamento della zona di ge-stione, probabilmente pren-dendo anche il torrente paralleloal San Bernardino, il rio San Gio-vanni, per dedicarlo al no killanche a spinning- la presa in carico di nuoveguardie ittiche- coinvolgere ancor di più i variesercenti del luogo, e far loro ca-pire quanto possono ricavare dauna semplice riserva di pesca- finanziare gli incubatoi delluogo, in modo da creare una fi-liera della pesca- aumentare il nostro contributonel sociale. oggi finanziamo solola ricerca sulla fibrosi cistica. do-mani forse potremmo aiutareanche altri.etc. etc. etc.

Dr. Davide CapognoVia alla Bergamina, 1728925 Verbania (VB)cell: 392-0731476e-mail: [email protected]

La TenkaraFranco Baroni Marco Terzani

La prima volta che ho visto pescare con la mosca fu alcunianni fa con una canna fissa una lenza e una moschina chegalleggiava sulla superficie……un attimo e phoff un pescecon molti pallini rossi l’aggredì rimanendo agganciato,fuuna folgorazione!!!!Subito cominciai a cercare sul web maggiori informazioniscoprendo che si trattava di una tecnica chiamata Valse-siana. Poi un lampo…riscoprendomi bambino,mi ricordodi un cartone animato:SAMPEI e di un paio di puntate incui il protagonista pescava in quel modo.Cavolo!! forse igiapponesi pescano così, ed ecco che mi appare la TEN-

Tutto ebbe inizio lo scorso Novembre, al termine di uncorso di lancio in Toscana in compagnia del mio collegaistruttore FFM Marco Terzani, che mostrandomi il suonuovo acquisto mi dice con la sua simpatica cadenza to-scana: “...E codesta la conosci?”. Lo guardo un po’ smar-rito e allora lui continua: “ L’è la Tenkara!” La che? “LaTenkara, la Valsesiana giapponese che fanno in USA…” Abeh, allora è tutto chiaro! La guardo un pochino ma nonrealizzo subito la sua utilità. Passano i giorni e quell’attrezzo molto semplice inizia a ri-proporsi nei miei pensieri. Sapete benissimo cosa succede

LA TENKARA……..UNA FILOSOFIA GIAPPONESEMarco Terzani

Perchè no…proviamo a pescare in Trebbia conla Tenkara! Franco Baroni

KARA e la possibilità di com-prare l’attrezzatura.Dopo poco tempo mi ritrovotra le mani una canna tele-scopica fantastica con tantodi manico in sughero,untrecciato in nyilon, mosche etanta voglia di provarla.Nelfrattempo la passione per illancio aveva preso il soprav-vento tanto che la mia ten-kara è rimasta sempre inmacchina pronta per ognioccasione ma ancora maiusata.Casualmente ebbi modo difarla vedere al mio amicononché collega istruttoreFFM Franco Baroni il quale sidimostrò subito incuriosito.Dopo qualche mese,era in-verno,mi disse: “o’ciccio hocomprato una tenkara” ri-sposi che avrammo dovutoprovarla insieme.!! Le occa-sioni non mancarono, ma inostri incontri erano semprein concomitanza dei corsiFFM rendendoci titubanti

quando entra il tarlo nellatesta di un appassionato dipesca! Inizio ad informarmie finalmente il 10 Gennaio2011 la Tenkara arriva acasa mia.La tengo in disparte, non homodo di provarla vista lastagione fredda e ricca diimpegni tra fiere e riunionivarie della scuola... ma conla coda dell’occhio vedo chemiguarda e faccio finta diniente, ripromettendomiperò che prima o poi le avreifatto vederela luce del sole. Il tarlo nelfrattempo continua a lavo-rare ed allora... idea! La canna è come una Valse-siana, no? E se la Valsesianala si usava con una coda dicrine...perchè non inaugu-rare la mia nuova attrezza-tura con una coda di seta,visto che il crine non è poicosì di largo uso?Detto, fatto. Telefono al mio

Marco Terzani Franco Baroni

alla prova. Nell’ultimo corso fatto insieme ci siamo detti di andare a pesca, “dove?” “vieni da me sul TREBBIA” mi disseFranco…”ok, ma peschiamo con la tenkara….ok aggiudicato”.Ecco che il fine settimana dopo ,confortato da previsioni meteo ottimali, lo raggiungo a casa sua nella serata del ve-nerdì.Ad aspettarmi c’era un’ottima cena preparata dalla Cianfri,che,consapevole del mio essere una buona forchetta,mi pre-senta dei tortelli piacentini burro e salvia a cui non potevo esimermi di pronunciare la mia ormai famosa,parola in fio-rentino “BOONI”!!! Finito di mangiare “a due mani” sotto gli occhi un po’ stupiti,ma conpiaciuti,dei miei amicipiacentini,fissiamo la sveglia e gasati per quello che ci aspetta all’indomani ce ne andiamo a letto.La mattina seguente ci svegliamo presto e in un batter d’occhio siamo sul fiume.Il Trebbia ci aspetta con un coloreverde smeraldo,incastonato in una gola fantastica,siamo soli è nostro!! Allunghiamo la canna e colleghiamo la coda.

Marco Terzani

Io uso il trecciato in nyilon tipico della tenkara,Franco,conmia invidia,si presenta con una codina in seta fatta dallesapienti mani dell’amico Terenzio Zandri,la voglio anch’io!!Pochi istanti due foto di rito e con un po’ di imbarazzosiamo in pesca.Grazie alla nostra esperienza,dopo pochi minuti,siamo giàpadroni dell’attrezzatura e riusciamo a lanciare con disin-voltura.Non solo,sollevando la canna dopo la posa dellamosca,questa,come si suol dire,fa una passata perfetta eudite udite non draga.”E’una GODURIA”!!!! Non ci sembravero stiamo pescando con la tenkara.Da malati di lancio come siamo cominciamo a fare deicurvi,mending e persino lanci in angolazione e rovesci. In-credibile sono un tutt’uno con la mia tenkara.Ben presto ciaccorgiamo di un solo limite: avendo una canna di 4 mt.Siamo costretti a pescare molto vicini alla visuale deipesci,cosa che in una situazione come quella di oggi,conacqua limpidissima,rende le catture molto complicate.Il primo a testare la tenuta della canna è Franco,che in-

amico Terenzio Zandri, che di code di seta è maestro (nonchèsuperbo costruttore di mosche fatte al telaio) e mi sono fatto fare una coda di seta dedicata per questa canna. Anchela coda arriva e la metto in disparte, la guardo e la ammiro tutte le volte che le passo accanto, pensando che primao poi arriverà il momento magico in cui sia la coda che la canna pescheranno assieme.A maggio (non so chi l’ha deciso) è finalmente arrivato il loro momento di gloria, è il mese in cui avrò la dimostrazionedi quello che sanno fare.Per mettere in pratica il mio programma ho bisogno di un fiume, e quello non manca, visto che il Trebbia scorre a pochimetri da casa mia; e ho bisogno di un amico per condividere questo momento... e chi meglio di Marco? Una telefo-nata e creo l’occasione tanto attesa…Marco, dopo aver chiuso l’ufficio a Firenze, varca il cancello di casa mia alle 20.30, e data l’ora, sembra gradire la cena

Franco Baroni

che la Cianfri ha amorevolmente cucinato per tutti noi: dabuongustaio affamato brandisce la forchetta e infiocinauna serie di tortelli piacentini con burro e salvia. Dopocenaun po’ di relax sul divano a guardare Caccia&Pesca, maahimè l’ora si è fatta tarda e andiamo a riposare.La mattina con calma ci si alza e dopo una bella colazioneda Andrea con cappuccio e brioche si va in piazza per dareun morso anche alla focaccia appena sfornata: ora che lapanza è piena, possiamo partire per il fiume.Arrivati sul posto parcheggiamo, ci cambiamo, ci vestiamo,brandiamo la canna e il mulinello (ah, no! con questa ilmulinello non serve!), prendiamo la lenza e scendiamoverso il greto. Il fiume è lì che ci aspetta con il suo rumorecontinuo e rilassante, i colori verde smeraldo mi attrag-gono e mi incantano….ma che bel posto!!!Ok, estratti i segmenti della canna non resta che attaccarcila coda in seta. Fin qui tutto ok (con l’ausilio degli occhialida vista, però…).Maneggiare un attrezzo di due metri e mezzo è tutt’altra

ganna una bella fario autoctona,il combattimento èbreve ma intenso,Franco con la sua esperienza,te-nendo la tenkara perfettamente in verticale sfruttatutte le caratteristiche di flessibilità e resistenza dellacanna riusciendo a salpare il suo avversario.E’ incredi-bile vedere di quanto si pieghi la nostra tenkara e dicome sia emozionante vivere il combattimento come inun tutt’uno con la canna.Finalmente dopo alcuni piccolicavedani che cadono nell’inganno del mio artificialevedo una bollata.Collego una piccola emergente coloroliva su un amo del 18,un lancio curvo la mosca è inpassata,non appena supera il salmonide,questo conuna virata sale sulla mia imitazione,un brevissimoistante e ferro.La canna si piega quasi a toccarsi,men-tre il salmonide sfrutta la corrente per liberarsi,ho ilcuore in gola,quando finalmente con la mano sinistraafferro il trecciato,è fatta!!!,in breve tempo ho una bel-lissima fario tra le mie mani,che subito,dopo la foto dirito,viene rilasciata.Entrambi siamo stati battezzati,ab-biamo pescato per la prima volta con la tenkara.Ci siamo alternati nella pesca anche nel pomeriggio ele catture non sono mancate,sembravamo due bam-bini il giorno di natale,lanciavamo in continuazionesenza fatica,ormai sembriamo due maestri giapponesi.La tecnica per noi era nuova,ma alcune regole sono lestesse,per esempio il finale lungo,1,5 mt circa, ha datoi risultati migliori e un ottimo avvicinamento è fonda-mentale.Non è stato facile decidere di smettere,ma dovevo tor-

Marco Terzani

cosa che farlo con una di quattro metri, mi sento un poco strano, quasi buffo, è la prima volta per me.Il finale è annodato, la mosca anche, quindi...lanciamo! Si, ma come? Ci guardiamo in volto e dopo un attimo di si-lenzio e di pausa scoppiamo a riderci addosso.Tutto sommato ci sono bastati 2/3 minuti per capire la diversa dinamica e tempistica ma poi è andato tutto liscio. Ladifferenza sostanziale è la semplicità di lanciare solo 4m di filo, di non usare la mano sinistra e il fatto che più in làdi 4m non puoi andare a pescare.Io pesco con la coda di Terenzio in seta e Marco col trecciato che consiglia la Tenkara e fin da subito notiamo che ioottengo un lancio più potente e preciso rispetto a Marco che stenta un pochino, nonostante la sua capacità di lanciareuna coda tradizionale sia notevole, quindi gli propongo di provare la mia canna e subito anche lui mi conferma la

Franco Baroni

nare a casa e dopo una sana bevuta in un bar del caratteristico Bobbio mi sono diretto verso Firenze.Comunque ci siamo ripromessi di bissare la giornata magari dal prossimo corso FFM…addio doppia trazione!!!!Durante il ritorno la mia mente era ancora immersa nello splendido scenario del Trebbia.Tutto sommato è una pesca entusiasmante,senza alcuna fatica,con un attrezzo leggerissimo,maneggevole,pensate chechiuso è lungo meno di 50cm,che mi ha fatto sentire molto vicino alla cultura giapponese,pescando elegante-mente,serenamente e perfettamente a mio agio.

Marco Terzani

grande potenza e la delicatezza di posa della seta(grazie ancora Terenzio, anche da parte di Marco!).Passano i minuti e inizio un correntino interessante edopo qualche lancio di adattamento provo ad alzarela canna in modo tale che solo la mosca tocchi lasuperficie dell’acqua:Eureka! la mosca fa una passata impeccabile senzauna ben che minima dragata. Al che, pluffff !!!!! eccoche la canna inizia a piegarsi in un modo incredibilepur avendo allamato una trotella: ragazzi che bellasensazione! La slamo senza toccarla con le mani e ledò la felicità di ritornare da dove era venuta.La giornata continua e dopo qualche cattura ci ritro-viamo stremati all’ “Osteria del Sasso” permangiareun’insalata di riso che la Cianfri ci ha preparato: civoleva proprio.Terminata la pausa ci rimettiamo in pesca e risaliamoil fiume stando attenti a posare la mosca nei postimigliori, ma probabilmente i pesci sono un pochinosvogliati e passiamo un’oretta a lanciare senza pren-dere nulla.Cambiamo posto, risaliamo il fiume e oltrepassiamouna lunga lama formatasi dall’abbassamento del li-vello che venti giorni prima era più alto e passataun’ansa del fiume iniziamo a pescare in un raschio unpò turbolento con dei massi grossi ben piantati checreano degli occhi d’acqua alquanto interessanti trale varie schiume. Proprio lì ho lanciato la mia mosca,che appena tocca l’acqua viene presa da una bella

Franco Baroni

trota che mi dà qualche problemino, visto che con la canna non posso cedere più del filo che ho...Ma la Tenkara sipiega in modo incredibile e assolve al suo compito egregiamente permettendomi di salpare questo bellissimo pesce acui, dopo una foto ricordo, consento con molto piacere di tornarsene in acqua a recuperare le sue forze e a continuarea fare quello che stava facendo in santa pace.La giornata continua tra lanci e catture fino a che Marco mi fa notare che è l’ora di risalire, visto che tra il tornare allamacchina, cambiarsi e riprendere la strada del ritorno non sarebbe stato a casa che per l’ora di cena.Mentre camminiamo sul greto del fiume stando attenti a dove posare i piedi ci si scambiano le rispettive sensazioniche questo attrezzo ci ha trasmesso: per quanto mi riguarda sono state molto positive, sia per la semplicità di azionedi pesca che questa canna sa dare, sia per la morbidezza della canna stessa che sembra si debba spezzare quanto èesile ma col pesce allamato forma una curva progressiva e sopporta benissimo le trazioni in acqua che da il pesce. Inpiù, una volta smontata, la canna è un aggeggio di un paio di spanne. Voto 9. Riaccompagnatomi a casa Marco ri-prende la via verso Firenze e con gratitudine per la bella giornata trascorsa assieme lo saluto…Ciao Ciccio!!!!!!!!!!!

Franco Baroni

Disegnata espressamente da Massimo Magliocco per La Tecnica di Lancio Moderna La Magliocco 7.6 esprime in sètutte le qualità che necessitano a chi desidera esprimere il massimo nei suoi lanci.Sviluppata dalla Atomsix di Steve Parkes questa canna utilizza per il blank un Carbonio di ultima generazione e l'in-novativa tecnologia di "cottura in Autoclave" (utilizzata in fomula 1 e nell'ingegneria aerospaziale) che esclude rischidi rottura del grezzo derivanti da un'errata compressione del nastro termorestringente, normalmente utilizzato nelleproduzioni classiche.La cottura del carbonio risulta cosi' omogenea e senza interruzioni, priva di difetti tipici delle prouzione tradizionale.Estremamente rapida e progressiva, l'azione della canna somma un pedone di buona potenza ed una vetta in gradodi esprimersi anche sui lanci a breve distanza.Le finiture sono completamente personalizzabili contattando il produttore: www.atomsix.co.uk Caratteristiche:• Espressamente progettata per il lancio veloce• Sugheri di prima qualità• Anelli a ponte singolo in fuji alconite• Finitura nero satinato antiriflesso• Azione progressiva, pedone potente e vetta sensibile• Vibrazioni del tip pressochè assenti.Costruite interamente a mano e corredate di tubo portacanna in alluminioPrezzo: £390.00 (la canna viene venduta direttamente da atomsix www.atomsix.co.uk

LA PESCA A MOSCA SECCA terza parte

Massimo MaglioccoFoto: Alberto Mondini

Saper lanciare.L'evoluzione che il lancio ha avuto in questi ultimi 25/30 anni, è da attribuire in massima parte alle acque mosse e inparticolare al torrente. I motivi di questo sviluppo sono da ricercare nel fatto che in queste acque le difficoltà di lan-cio, conseguenza di molti fattori quali le costrizioni ambientali, l'uso di attrezzature non idonee, ma in particolar modol'approccio che si aveva con queste acque derivante da una filosofia che metteva al primo posto le risorgive e poi tutte

le altre fino ad avere come ultimoil torrente, facevano si che inevita-bilmente si era succubi del tor-rente. Quindi non era il pescatore a“comandare” e pertanto a deciderela cosa che meglio si addiceva a ri-solvere una situazione, ma era l'ac-qua che regnava incontrastata equindi dettava le regole. Di fronte aqueste si era costretti ad alzare lemani e di conseguenza si assistevaa situazioni in cui i pescatori, inca-paci di trovare soluzioni idonee,erano costretti a superarle a pièpari senza avere nemmeno il gustodi sapere se in quel posto ci fosseo meno la trota. Due degli elementiche probabilmente rallentarono losviluppo del lancio in torrente,erano da attribuire al fatto che inqueste acque, non essendo neces-sario lanciare lungo, si dovevanogestire solo pochi metri di coda equindi la poca lenza in pesca, noncreava l'esigenza di dover “stu-diare” qualche novità in funzione diun lancio più proficuo, limitatezzaperaltro obbligata per l'incapacitàdi poterne gestire di più e in modo

Alberto Modini

efficace e poi, elemento forse de-terminante, che la pesca a seccagravitava tutta intorno all’artificialeche possedeva prepotentemente ilprimato come importanza. In virtùdi quest'ultimo elemento e vistoche in torrente tutti i discorsi legatiall'imitatività, in relazione alleschiuse, erano circoscritti a pocotempo in rapporto alla limitata du-rata di queste ultime e che comun-que tutto si rifaceva alle regoledettate dalle acque lente come lerisorgive, la mosca-esca anche quitrovava uno spazio forse eccessivoma di limitata durata che, quindi,ne circoscriveva enormementel'importanza strategica, contri-buendo negativamente, insieme alcontenuto sviluppo del lancio, a farsi che la secca in acque mosse eraconsiderata come tecnica di serie“B”. Si andò avanti finché si capìche il torrente per questa tecnica,aveva delle enormi potenzialità epoteva regalare delle grosse soddi-sfazioni. Si iniziò ad analizzare sein posti simili era giustificato spen-dere energie per ingannare trote

che comunque erano presenti e che erano potenzialmente idonee ad essere insidiate con più cognizione. Fu anche,diciamocelo, una scommessa nel senso che se forse era fattibile affrontare il torrente in un modo meno uguale allerisorgive e più idoneo a quel tipo di acque, era comunque tutto da mettere in pratica e quindi da verificare. Allora cisi mise al lavoro e si iniziò a contrapporre il lancio alle più svariate situazioni, utilizzando canne sempre più corte ecode sempre più leggere contribuendo, successo dopo successo, a far evolvere la parte dinamica della pesca arrivandofinalmente ad oggi in cui non è più il torrente a comandare ma è il pescatore che in mezzo a quello che dovrebbe es-sere il suo elemento cioè l'acqua, decide al meglio come intervenire. Questo è in linea di massima il discorso, ma pur-

Alberto Mondini

sia vero, da autodidatti. Secondo me esistono tre catego-rie di pescatori a mosca, e cioè il cosiddetto lanciatore daprato, il pescatore esperto, e, chiamiamolo così, il pesca-tore-esperto lanciatore. La prima categoria è quella di chidopo aver frequentato corsi di lancio avanzati, andandopoco a pesca, si limita a lanciare solo o quasi sul pratomettendosi in bella mostra e auto-qualificandosi come“grosso” PAM, ma quando poi va in torrente quelle pochevolte, ha paura anche a muoversi per non cadere, re-stando quindi solo un teorico. Poi c'è il pescatore esperto,colui che ha passato anni e anni sui fiumi e che conosce iltorrente come le sue tasche, sa come muoversi, riconoscesubito i posti migliori, insomma è quello che quando va suun torrente mai frequentato prima, gli basta dare unosguardo per capire tutta la situazione. Però, un po’ per

troppo ancora oggi non tutti sono in grado di gestire il tor-rente con disinvoltura traendone il massimo del gusto edel divertimento. Ancora oggi molti si ostinano ad andarein acque mosse a secca, limitandosi a mandare avanti e in-dietro la coda, incontrando grosse difficoltà in punti in cuile acque richiedono molto di più. Se vogliamo analizzarequesto argomento, e fare una sorta di radiografia dei pe-scatori a mosca, va detto che di costoro che affrontano iltorrente a secca in questo modo, in tanti non lo frequen-tano molto, altri per lo più pescano a ninfa e saltuaria-mente a secca e quindi abituati ad altri approcci e adifficoltà diverse, molti sono invece degli assidui frequen-tatori di acque lente le quali possiedono anche loro delledifficoltà ma diverse altri invece pensano che il lancio sial'ultima delle componenti della pesca a mosca e quindi ledanno l'importanza che secondo loro merita, mentre altriancora affrontano imperterriti il torrente con attrezzaturenon molto idonee. Se qualcuno monta su una formula unoe la guida come se fosse un'utilitaria, sicuramente non puòapprezzarne le qualità ma in particolar modo non nesfrutta le peculiarità e le possibilità che questa offre. Allorabisogna imparare a guidare la formula uno, non basta lasemplice patente di guida. Al di la del paragone ormai siè visto che il torrente regala delle enormi soddisfazioniquindi con le grosse opportunità che oggi ci si offrono permigliorarsi nel lancio non vedo perché ci si deve limitare asolo quello che si sa fare Penso che sia limitativo accon-tentarsi del solo corso di lancio base che i club organizzanoo peggio ancora di quello che si è imparato, ammesso che

mancanza di tempo, un po’ per indifferenza, un po’ per scetticismo il suo lancio è rimasto a quello che ha imparato alcorso del Club e quindi non riesce a sfruttare appieno le sue potenzialità poiché gli basta una situazione un po’ piùdifficile da gestire che si trova in grosse difficoltà e spesso è costretto a desistere. Per ultimo metto il pescatore-esperto lanciatore. Costui possiede tutte le potenzialità del pescatore esperto ma in più ha la padronanza del lancio esa quindi superare con disinvoltura e con successo anche quelle situazioni in cui altri sono costretti a desistere. Pensoche questo è un discorso che si può condividere e nello stesso momento penso che chi ama veramente la pesca amosca secca e in particolare il torrente, non può far altro che cercare, nei limiti, di affinare la tecnica di lancio. In piùposso affermare, che arrivati a certi livelli, non si cerca più la cattura in maniera esasperata come fine assoluto del-l'uscita di pesca, ma anche se quel giorno non è stato particolarmente positivo ci si diverte solamente a lanciare. Con-divido il pensiero di chi afferma che è più soddisfacente ingannare una trotella "difficile" che una trota più grande"facile". Oggi, devo dire che le possibilità esistenti per migliorare sia nel lancio che nella pesca intesa nel senso strettosono alla portata di tutti. Oggi si è in grado con pochi anni, se lo si vuole, di diventare dei discreti "pescatore-esperto

lanciatore", quindi completo in ogni parte. Da quando ho iniziato io più di venticinque anni fa, si sono fatti grandi passiavanti. Ricordo che allora non era molto facile potersi migliorare se non cercare di mettersi in fila aspettando di poterfrequentare un corso con coloro che erano i nomi che stavano tracciando le strade in relazione al lancio. Prendere piùpesci significa da una parte dare per scontato l'importanza della mosca-esca, dall'altra cercare una posa migliore, es-sere precisi, essere silenziosi, nascondere il lancio alla vista del pesce, combattere il dragaggio, in una parola saper

lanciare..

Il ruolo del lancio Prendendo in esame i cinque gruppi di lancio che sono finalizzati a combattere il dragaggio e cioè gli angolati, anchese il loro primo scopo è un altro, i curvi, gli ondulati, i ribaltati parzialmente, i ribaltati totali, va detto che ognuno essiva eseguito in situazioni a loro congeniali cioè ogni tipo di acqua avrà il suo gruppo di lancio che andrà a contrastareil dragaggio. Uno dei principi fondamentali dei lanci anti-dragaggio, è quello di far entrare la coda di topo in contatto

con la corrente il più tardi possibile, poichéin caso contrario questa, trascinata dall'ac-qua per prima farebbe dragare più presto lamosca. In effetti se il lancio avviene perlinee parallele e quindi con la coda che siadagerà insieme a parte del finale contem-poraneamente per tutta la sua lunghezzasull'acqua o peggio ancora con una pancia,il fenomeno sarà senz'altro più evidente.Lanciare con una coda angolata quindi è ilgiusto veicolo per ritardare questo inconve-niente. Parlare di coda angolata è molto ge-nerico poiché può avere un'angolazione dapochi gradi rispetto al piano dell'acqua amolti e in funzione del dragaggio, si puòdire che più l'angolo è grande e più l'effica-cia è maggiore poiché per prima cosa si ri-tarderà il contatto della coda con l'acqua, epoi, elemento di non minore importanza, siraggrupperà una buona parte del finale inuno spazio molto esiguo il che vale a direun lungo tempo a disposizione della moscasenza dragare. Le pose curve tanto amateda chi le sa eseguire e tanto odiate da co-loro che non le sanno realizzare, sono deilanci molto efficaci finalizzati a far compierealla coda un curva verso monte. E' evidenteche la curva che si viene a creare è l'es-senza del lancio lo scopo primario finaliz-

zato a contrapporre la coda alle forze con-trarie della corrente. Anche qui è necessa-rio capire quale sia tra esse quella correntepiù forte verso la quale modellare la coda.In altre parole non basta creare una curvaa monte, ma andrà studiata in funzionedelle varie velocità cercando di creare unacurva che non sia circolare e che contrap-ponga l'apice dell'arco alla corrente piùforte. Anche in questo caso il più delle voltesi interverrà solo sulla coda, anche sespesso è necessario curvare il solo finale.Anche i lanci ondulati avranno un loro im-piego ben preciso e quindi utilizzati in certesituazioni. Quella che si presta di più al casoè quando si lancia parallelamente alla rivaverso monte facendo si che la coda sia de-positata sull'acqua a serpentina. Pure que-sto avrà come parte interessata solo lacoda. I ribaltati parziali, come ad esempio ilmending, seguono pari pari il discorso dellaserpentina in relazione all'elemento modifi-cato e cioè la coda. In effetti più che un lan-cio questo è un intervento post-lancio, cioèun'operazione che si esegue successiva-mente alla deposizione della coda in acquae che andrà a modificare lo stato dellastessa la quale verrà mantenuta, tramite deipiccoli movimenti, il più possibile in zona

con la finalità di conservare le duevelocità quella della mosca equella della coda molto vicine inmodo da evitare il dragaggio.Anche qui, non si interviene sul fi-nale ma solamente sulla coda. In-fine i ribaltati totali, quelli cioèche finalizzano la loro esecuzionein un rovesciamento verso montedella coda di topo e, a secondadelle circostanze, anche del fi-nale. Anche qui se eseguito benesi cerca di operare in modo taleche il ribaltamento della coda av-venga in una fase in cui la stessanon sia ancora a contatto conl'acqua sempre per il discorsofatto prima. Se al ruolo svolto dalfinale, aggiungiamo quello svoltodal lancio, si è in grado di avere“mano” tutte le situazioni che sitrovano lungo il torrente. Com-battere il dragaggio in fondo nonè più una chimera ma sommandoquesti due elementi che sonostati oggetto di studio approfon-dito in questi ultimi trenta anni eai quali si è loro cambiato deltutto o quasi ruolo o meglio

gliene sono stati aggiunti degli altri forse più importanti, è ormai diventato un fattore tranquillamente aggirabile, unostacolo superabile da tutti. L'importante è, prima di lanciare, riuscire a capire le correnti e immaginare le forze chel'acqua andrà ad esercitare sulla nostra coda. Per concludere credo che pescare a mosca secca dove l’acqua è veloce e dove ogni millimetro di fiume è diverso daglialtri, sia il massimo per un pam poiché non c’è da confrontarsi con un solo avversario cioè la trota, ma anche con quelleinsidie che la natura ha regalato al salmonide per dargli una mano per potersi difendere in un ambiente così piccoloe cioè le veloci e turbolente acque del torrente.

Le Salone de la Pêche Sportive quest’anno si è svolto nei giorni 4, 5 e 6 Febbraio al VIPARIS a Porte de Versailles Pa-rigi. Dopo qualche anno di “crisi” dovuti forse all’inserimento di tutte le tecniche di pesca, i gestori Charles e ChantalParachini hanno deciso di riportare la fiera nei suoi binari originali e di fare esporre soltanto espositori che trattano ma-teriale da pesca a mosca e da spinning. In controtendenza rispetto alle nostre fiere italiane, dove lo spinning fa da pa-drone, in Francia c’è una tendenza opposta. Gli stand dedicati alla PAM sono effettivamente molto più numerosi rispettoa quelli dedicati agli spinningofili.

Tra gli espositori di rilievo, c’erano Petitjean, Le Moulin des Gemages che tratta articoli da pesca a mosca di alto li-vello, la JMC Diffusion, Loomis, Sage, Thebault, Nydegger, Au ver a soie e molti altri – in totale gli espositori erano102 in totale. Oltre ai fabbricanti e commercianti, la fiera apre le sue porte alle società di guide e turismo piscatorio,oltre ad una miriade di associazioni e club di pesca francesi. La fiera si svolge in locali fieristici bellissimi a Porte deVersailles presso il centro fieristico moderno ed attrezzato. Il salone espositivo è enorme - lo deve essere per acco-gliere così tanti espositori!! Come ogni anno nel mezzo del salone, cìè una bellissima vasca per il lancio e trovarvi unmomento libero è davvero un’impresa. Come ormai è tradizione, è stato allestito un podio per i flytyers internazio-nali e a rappresentare l’Italia, oltre al sottoscritto, c’era il mio mentore Federico Renzi, il fantastico Terenzio Zandri.Federico Renzi come sempre ha riscosso un ottimo successo con i suoi artificiali da mare, da luccio e da bass oltre alle

sue magnifiche imitazioni esatte.Terenzio come sempre ha spopo-lato con le sue mosche al telaio. Siformavano capannelli di 10 – 15persone per volta, è stato fotogra-fato, filmato e recentemente hovisto un suo filmato su un sito dicostruzione francese. Nel mio pic-colo ho come sempre presentato lemie imitazioni in CDC, CDC e foam,ninfe con il Bugbody in latex chehanno riscosso un discreto suc-cesso con i Francesi. Per l’occa-sione ho ceduto ti tanto in tanto lamia postazione a Istvan Virag dinazionalità ungherese che una fu-tura new entry nel mondo dei bigdella pesca alla ninfa nonché dellaloro costruzione. Ne sentiremo par-lare! La cosa mi fa oltremodo pia-cere perché Istvan o Ish per gliamici ha mosso i suoi primi passida pescatore a mosca proprio conme!Oltre a noi Italiani, c’era una foltaschiera di nome noti tra i flytyercome Peter Joest con le sue mo-sche da Mare, André Espen Eiler-tsen con le sue mosche da trote e

temoli nell acque Norvegesi, Joerg Schuft con le mosche da salmone, Bruno Pimpanini con le mosche da salmone, Ed-ward Berg con le sue parachute rigorosamente con tre code in fibbet, David Gourong con le mosche da luccio e bass,Gert –Peter Wieditz con le mosche da trote e temolo, Kristján Ævar Gunnarsson con le tube fly e il Igor Stancev – ilfamoso fly tyer macedone con le sue bellissime mosche.Alla vasca si alternavano lanciatori con varie tecniche – dalle due mani alle canne leggere. Devo dire che ho visto deibei lanciatori ma come ormai è noto, in Francia hanno condizioni difficili di pesca molto simili alle nostre e quindi illancio assume una importanza fondamentale anche presso i nostri cugini transalpini. Per quanto riguarda invece la curadell’ambiente, ho avuto diverse discussioni sia con pescatori locali che con associazioni attive nella gestione e salva-guardia dell’ambiente è con grande sorpresa, ho scoperto che in Francia guardano a noi in Italia come esempio daportare in materia di salvaguardia ambientale. Noi in Italia ci lamentiamo ma se andiamo a stringere, è facile costa-tare che siamo all’avanguardia in questo settore. Una bella sorpresa che mi ha portato a rivalutare le nostre oppor-tunità di pesca.La fiera ha una ottima affluenza di pubblico specie nelle giornate di venerdì e sabato mentre la domenica è da sem-pre una giornata giù di tono. A mio avviso merita di essere annoverata tra le grandi fiere europee e spero di averenuovamente l’onore di essere tra gli invitati per l’edizione 2012.

Quel giorno il dubbio era se portarsi dietro la canna da pesca o la videoca-mera.Ero in compagnia di Alessandro Sgrani e Sandro Soldarini che si appre-stavano a montare le canne da ninfa per un pomeriggio di pesca a czech nymphin un torrente di fondovalle del centro Italia. Decisi per la videocamera, perchériprendere all’opera due membri della nazionale italiana di pesca a mosca era unevento raro, che meritava di essere immortalato nel nastro magnetico. Ancoraoggi rimpiango di non aver portato con me anche la canna da pesca, ma ri-mango orgoglioso di aver filmato una delle più entusiasmanti pescate a cui ioabbia mai assistito, con catture spettacolari, che fino ad allora avevo visto soloin filmati americani, patagonici e neozelandesi. Alla luce di quella magica espe-rienza, insieme ad Alessandro, decidemmo di immortalare il tutto in un DVD ecogliere l’occasione per spiegare la tecnica della czech nymph applicata alleacque italiane. Coadiuvati dall’esperienza nel settore dell’amico pescatore Gra-ziano D’Onofrio, siamo riusciti a produrre questo nostro progetto.Il DVD si può dividere in due parti fondamentali: dopo una breve introduzione storica sulla nascita della czech nymph, Alessan-dro spiega i fondamenti di questa tecnica in compagnia di Graziano, illustrandole peculiarità di questa pesca, che ben si addicono alle diverse conformazionidei nostri corsi d’acqua. Anche se la czech nymph può sembrare una tecnicasemplice nel suo complesso, nel dvd Alessandro cercherà di insegnare gli aspettiprincipali della czech che, se trascurati, ne compromettono l’efficacia. La czechrisulterà quindi micidiale in fiumi avari di attività in superficie come la Sieve inestate e la Rienza ad inizio stagione. La seconda parte del DVD è pura pesca incompagnia dei due campioni italiani, intervallata da scene dell’amico Grazianoche, in giorni e condizioni diverse, mette in pratica il loro insegnamento e devodire con ottimi risultati. Come in tutte le pescate tra amici, sfottò, strappate e un pò di sana competizione, faranno da cornicea uno dei più bei giorni di pesca che io abbia mai filmato, ed è mio grande piacere condividere questa mia esperienza in que-sto DVD.Nella speranza che questo nostro progetto possa essere di gradimento per molti PAM, vi auguro la mia più sincera buona vi-sione.Max Sodino

Uno degli elementi che spesso fanno “impazzire” il neofita e anchel’esperto pescatore, specialmente quello a secca, è capire se una cannaè valida o meno per pescare e/o lanciare in un certo modo. Domandedel tipo “sto comprando una 9’ per pescare in torrente, quale caratte-ristiche deve avere ? Oppure quale è la migliore ?” si sentono e si leg-gono in ogni dove. Chi mi conosce sa che ho avuto la fortuna di avere due maestri che mihanno insegnato tanto sull’argomento canne, uno è Aldo Silva che amio avviso è il maggiore conoscitore italiano di canne sotto l’aspettostrutturale e l’altro è un grosso nome della pesca a mosca italiana,forse il più importante, ed è il maggiore conoscitore in Italia di cannesotto l’aspetto tecnico inteso come qualità in funzione del lancio, mapreferisco non farne il nome ….

COME PROVARE UNACANNA DA MOSCA

Massimo Magliocco

Avendo avuto in questi ultimi quindici anni questi due bigdelle fly rods come amici con i quali ho passato diversotempo a disquisire di canne, mi sono comportato come unaspugna assorbendo tutto ciò che entrambi, in separatesedi, mi spiegavano e ne ho fatto tesoro affinchè potessiun giorno sapere meglio come si capisce se una canna perun certo tipo di uso è migliore di un’altra, se quel carboniousato è idoneo o meno per avere certe risposte e come te-stare una canna e, sempre a mio avviso, darle una vota-zione che è poi l’argomento di cui stiamo parlando inquesto momento. Credo che attraverso le schede tecniche redatte dai nostriistruttori con la mia supervisione, si possa dare un grandeaiuto a tutti coloro i quali hanno dei dubbi sull’acquisto diuna canna. Inoltre, attraverso questo scritto, si può avereun ulteriore contributo di quegli importanti elementi valu-tativi attraverso i quali si riuscirà a non avere più dubbi.Andiamo quindi a vedere come si può capire una canna damosca.I primi elementi da valutare sono:1) Dove e che tipo di pesca dobbiamo fare2) Che peso di coda dobbiamo abbinare3) Scelta della lunghezzaLe prove andrebbero fatte presso un negozio ben fornito dimodelli e marchi diversi.Questi primi elementi selezionano già una precisa tipologiadi canne. Qui molti si orientano sulle marche che più co-noscono o individuano quelle che più piacciono esterior-mente. Qui spesso si commette un primo errore perché le

scelte vengono fatte emotivamente e non analizzando lequalità dell’attrezzo.Personalmente farei una scelta in funzione del costo, ele-mento questo che spesso e purtroppo condiziona l’acqui-sto, senza preoccuparmi troppo dei marchi. Comunque siala preferenza, emotiva o razionale, si dovvanno sceglieredelle canne da testare e a questo punto entra in campol’altra serie di elementi che sono poi quelli tecnici, che fa-ranno pendere l’ago più verso una canna od un’altra e chepotremmo sintetizzare e nei tre elementi che dovrebberoconoscere tutti e che sono:1) Rapidità2) Potenza3) AzioneQuesti come elementi in generale. Poi bisogna scenderenello specifico in relazione alle varie sezioni della canna ov-vero il pedone, l’intermedio o gli intermedi e la vetta. Partendo da questa seconda fase diciamo subito che il pe-done è l’elemento più importante, quello che condizionatutti gli altri e che farà una canna rapida oppure potente,morbida oppure lenta, insomma l’elemento attorno alquale ruotano tutti gli altri.Personalmente dico sempre che se una canna ha un buonpedone ed una vetta “così così”, è sicuramente accettabilementre l’inverso darà come risultato una canna scarsa.Detto questo analizziamo come si prova una canna.

PROVA PEDONE1) Stringere saldamente con una mano il su-ghero2) Con il palmo dell’altra mano, partendo davicino il sughero, iniziare a spingere verso il bassomentre si procede in avanti per 25/30 cm.3) Verificare come il pedone flette. Se cede de-cisamente anche con una energia non eccessiva,significa che è troppo morbido, se incontreretedifficoltà poiché non riuscite a fletterlo, significache il pedone è rigido. In questi due casi le duetipologie di pedone sono da scartare.4) Se il pedone invece cede però reagendo nelsenso che si flette con un po’ di impegno da partenostra, allora significa che stiamo sulla buonastrada.

L’intermedio o gli intermedi di solito è una con-seguenza del pedone nel senso che il costruttorelo adatta ad esso. Altro discorso invece va fatto per la vetta. Ricor-diamoci che se abbiamo un buon pedone ed unavetta non proprio eccellente, la canna nel suocomplesso può andare, l’inverso darebbe qualcheproblema. Quindi una buona vetta dovrà essere comunquela naturale conseguenza degli altri due elementi.Immaginate una vetta troppo morbida. Il risul-tato sarà di una parte finale della canna estre-

mamente “oscillante” edun erronea sensazione diun pedone e un intermediotroppo rigidi.

PROVA DI LANCIO.Questa prova va effettuatadopo aver “sentito” gli ele-menti della canna. Per pro-vare il pedone di dovràusare un lancio che lo cari-chi come ad esempio un

radente od un sovrapposto, ma so che non tutti sono in grado di po-terlo eseguire.La vetta invece va provata con un sottovetta totale, stesso discorsodegli altri due lanci mentre la completezza della canna va provatacon un lancio in angolazione.Se non siete in grado di effettuare bene questi lanci fatevi aiutareda chi li sa fare per farvi poi dire le loro opinioni.

Quindi provate sempre le vostre canne e non date retta a chi spessone sa meno di voi. Affidatevi sempre a qualche buon istruttore o achi comunque ha una certa esperienza nel lancio.

Andatevi a vedere le nostre prove sulle varie canne di cui trovate leschede di volta in volta.P.S. nelle schede troverete delle diciture come “RAPPORTO”,“VETTA TERRA” e “SCARICO”.

Simone RepettiSimone Repetti

Per rapporto si intende la differenza tra scarico e vettaterra, cioè di quanto la vetta della canna si abbassa sol-lecitata da un peso di 20 gr.Quindi se il rapporto di una canna ha un valore inferioredi un’altra di pari segmento, vorrà dire che questa, in teo-ria, è più rapida in quanto si fletterà di meno.Ho scritto in teoria perché non basta solo questo datoper conferire ad una canna l’appellativo di rapida poichéquesto potrebbe anche dipendere da una struttura ge-nerale della canna più rigida.Quindi il valore di rapporto è solo indicativo.

Modello Dream cast Misura e pezzi 7’,6’’ # 3/4 4 pezzi

Rapporto qualità

Rapidità Potenza Azione Finiture Prezzo prezzo Aspettative OOO OOO Progressiva OOOO 385,00 OOO

Scheda canna CASA PRODUTTRICE/DISTRIBUTRICE = POZO’

X = scarso XX = insufficiente O = sufficiente OO = buono OOO = ottimo OOOO = eccellentePOZÒ FLY FISHING PRODUCTS SRL Via Trento, 2/A25014 Castenedolo (BS) Italy Tel. +39 030/2732027 Fax. +39 030/2732415 E-mail: [email protected]

Rapporto qualità prezzo Aspettative Voto Altro

OO 9

X = scarso XX = insufficiente O = sufficiente OO = buono OOO = ottimo OOOO = eccellente

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Tipografia Maserati nasce nel 1950 , daprima come cartoleria e tipografia consede in Corso Vittorio Emanuele, poi con ilcambiamento delle esigenze del mercatosi è via via evoluta, acquisendo nuove tec-nologie e nuovi metodi produttivi, sempreal fine di soddisfare le esigenze di unaClientela più esigente e competente.Oggi, la Tipografia Maserati si propone allapropria Clientela in una veste totalmenterinnovata con al suo interno uno studiografico capace di sviluppare e proporreidee, macchinari per la stampa off-set di-gitale di ultima generazione, personale ca-pace di affiancare e consigliare il clientenel pre e post vendita;servizi di consegne effettuate direttamentee dunque in tempi più solleciti; personale addetto alla stampa sicuro e competente capace di utilizzare sia tecniche tipografiche per la-vori particolari come oro a caldo o stampa a rilievo, sia tecniche off-set e digitale per stampa commerciale.Tipografia Maserati annovera tra i propri clienti nomi illustri dell'economia piacentina e non solo come CONFINDUSTRIA PIACENZA,STEP spa, RDB spa, CONFAPI, BIFFI TYCO, PIACENZA EXPO e molte altre, non disdegnando il piccolo artigiano o commerciante.

Ma che cifaccio io qui ?

Ma che ci faccio io qui ?Lo so e' strano iniziare un racconto in questo modo specie sesi parla di un un viaggio pianificato nei minimi particolari econ largo anticipo, ma e' realmente quello che ho pensatoappena siamo arrivati all aeroporto di Yakutat.A dir la verità durante le ore interminabili di volo , mentredal finestrino si poteva osservare a tratti in maniera nitida laGroenlandia , Le montegne innevate in British Columbia e ilfuso orario che ci rendeva sempre meno consapevoli di ciòche stava accadendo, ho pensato la stessa cosa : "'ma checi faccio io qui "???

Antonio Napolitano

Arrivare in questo luogo e respirare la natura davvero selvaggia, osservare questi splendidi pesci che ignorano quelloche fai e sopratutto ignorano la tua tecnica e gli artificiali che utilizzi , ti fa sentire piccolo e tutti gli anni passati cer-cando di migliorare la tecnica qui vengono totalmente azzerati,Si, si riparte da zero!(Poi torneremo sulle attrezzature e sulla tecnica).Molti amici Italiani sono stati qui e prima di me avranno provato le mie stesse emozioni , dai loro racconti, filmati ,foto ecc. mi hanno trasmesso molto ma,secondo me, tutto poi diventa diverso e col passare della permanenza cre-sce la consapevolezza di una cosa sola, grazie a Dio ,la natura, i cicli faunistici che essa scatena, sono la cosa piùbella al mondo , bella da togliere il fiato, bella da emozionarsi come un bambino a disneyland , avvertire costante-mente l'atomosfera selvatica, avere la sensazione nitida di vivere in un contesto incontaminato mi ha rigenerato fisi-camente e mentalmente .Ho fatto tanti viaggi e pare che ogni volta il vero scopo di partire e' avere una scusa per evadere o semplicementetrovare un pò di tempo per stare in pace e ritrovare l equilibrio che permette di tenere uniti gli affetti , gli hobby e illavoro.

Ma ora vi racconto quello che abbiamo fatto.Partenza da Ascoli Piceno, ci ritroviamo alle 5:00 a Fiumicino e dopo il check-in siamo pronti per pil decollo, dopo unveloce scalo ad Amsterdam ci imbarchiamo per il volo di 10 ore diretto a Seattle dove abbiamo pernottato in un hotelnei pressi dell'aeroporto , altro cambio con scalo a juneau e arrivo dopo 4 ore a Yakutat.

Ritiriamo l'auto a noleggio , un fuoristrada spartano ma adattissimo al nostro scopo, prendiamo possesso anche diquella che sara' la nostra abitazione per i dieci giorni seguenti e come tutti noi avevamo previsto dopo neanche 2 oredal nostro arrivo ci ritroviamo con i waders indossati e gli occhi spalancati ad ammirare il tappeto di steelhead che sicela nei pressi del Nine Mile Bridge ovviamente sul mitico SITUK RIVER.Vorrei tanto trasmettervi l'emozione , il silenzio e la sensazione di meraviglia che dopo un attimo si trasforma in fre-nesia per la voglia di pescare!

Allora scendiamo verso il fiume , proviamo timidamente a lanciare scegliendo le imitazioni canoniche , quelle copiatedai libri, riviste o consigliate da qualcuno eccCi disponiamo a dieci- quindici metri di distanza l'uno dall' altro e con la coda dell occhio ci osserviamo in attesa delgrande colpo.

il ponte del Nine Mine Bridge

All'improvviso si vedono alcune ombre sfiorare i nostri scarponi passando in velocita' e allora capimmo realmente conavremmo avuto a che fare !Osservazione, scelta della preda , lancio e presentazione dinamica dell' artificiale era tutto quello che potevamo fare, ma risultava praticamente inutile e solo dopo un paio d'ore ho sentito le urla di Massimo che richiamando l'atten-zione da inizio a quella che sarebbe poi divenuta un avventura indimenticabile.Io ho tirato fuori la videocamera mente Graziano indossando i guanti cercava di braccare la "nostra" prima Steelheadfino a prenderla per la potente coda e lasciarla poi a Massimo per le meritate foto.Era in quel momento che nasceva qualcosa di unico , era lo spirito di squadra , sembra strano perché spesso nei no-stri fiumi capita che una volta in acqua il compagno di pesca diventa il competitor più agguerrito e nei confronti delquale puntiamo a catturare di più con tanta sana e buona competizione , invece in quel preciso momento con un in-

tesa naturale capimmo che ogni cattura sarebbe stata di tutti e che solo grazie alla partecipazione di tutti si potevanoavere buone probabilità di allamare, fotografare e ammirare il rilascio delle grosse steelhead .Tornammo a casa la sera per cercare di riposare ma l'adrenalina unita al fuso a favore ci ha portato a stare svegliper preparare canne ,code mosche per il giorno dopo. Sono iniziati i discorsi ambiziosi legati alle taglie , le probabili

fughe e i combattimenti duri che avremmo affrontato fino a cadere in sonno e dormire qualche ora.Ormai ci sentiamo Americani e anche la colazione diventa abbondante e calorica fino a non capire più se trattasi dicena al Mc Donald o appunto prima colazione ! Dalle info locali abbiamo appreso che c'erano buone probabilità di cat-tura all ' Alba nei pressi della foce per via dell'alta marea, quindi abbiamo voluto provare e alle 7:30 eravamo li ad aspet-tare quella risalita che in realtà aveva già prodotto ed esaurito il primo massiccio passaggio, infatti non abbiamocalcolato che l' Alba non era alle 7:00 na alle 3:45 circa e dopo aver pescato l'acqua e ammirato qualche foca in cac-cia decidemmo di spostarci a monte del Nine Mile Bridge.Da quelle parti la storia cambia , si vedono molti pesci e lo si capisce anche dalle tante macchine dei pescatori chesi trovavano li.

Costeggiando il fiume si cerca il primo varco con una pool libera e pescabile e si scende, questa volta bastano pochilanci e a turni effettuiamo uno strike dopo l'altro , ma questo non sempre finisce con una cattura e spesso si rimanea bacca asciutta per diversi motivi, amo piegato o addirittura spezzato, filo ( anche 0,35-0,40) rotto , giunzioni coda-finale spezzate o semplicemente slamate.Anche per questo la cattura che di completa con la l'abbraccio con la steelhead ha un sapore particolare proprio per-ché sofferto e impegnativo .

Sono passati quasi 5 giorni e arriva quello che forse e' ilmomento più delicato del nostro viaggio , non eravamo piùdei turisti italiani ansiosi di pescare la Big Steelhead da 110cm ma ci stavamo trasformando in sognatori , stavamo as-saporando tutto con un attegiamento diverso , avevamoiniziato a vedere tutto con un altra ottica , i tempi erano piùlenti , non si avvertiva più quella fretta di uscire di casa almattino presto per allamare un pesce in più, eravamo cam-biati, l'appagamento ricevuto dalle tante catture effettuateha spostato la nostra attenzione sul contorno dello spot di

pesca, ci si emozionava al passaggio di un aquila che constrategia volteggiava sulla preda, personalmente ho avutoun incontro molto ravvicinato con un alce che mi ha fattosentire un intruso che disturbava il silenzio quasi privato diqull'area sperduta. Tutto questo ci ha permesso di acqui-sire il rispetto nei confronti di tutto quello che intirno a noiaccadeva compreso le persone del luogo e pescatori checome noi magari vivevano un avventura di pesca. Adesso vorrei provare a descrivere la tecnica dipesca:

Canna: a mio avviso le canne ideali sono 9 piedi per coda 9-10 o addirittura 10-11 , questo per combattere la forzadella steelhead che inizialmente alla ferrata non reagisce ma dopo qualche secondo si rende conto di essere stata presae sprigiona una potenza esplosiva portando via tutta la coda in pochi secondi.Le fughe mostruose ricordano quelle dei carangidi e allo stesso tempo la delicatezza con cui afferra il tuo artificialeti fa pensare ad una trota che ninfa sui piccole ninfe in torrente.Spesso durante le fughe cambia improvvisamente direzione da monte a valle passando tra le gambe dei pescatori oinfilandosi sotto i tantirami degli alberi caduti ,questo mette a duraprova la canna e perquesto è meglio nonscendere sotto la coda 9pur lasciando inteso cheuna buona tecnica du-rante il compattimentotanta concentrazioneunite alla collaborazionedei compagni di pescarestano il giusto mix perla riuscita della cattura ,fino alla fine e senzastressare o rovinare ilpesce.Mulinello: in questocaso non lo chiamereisemplice recuperatoreperchè anche se ci tro-viamo in un fiume nongrandissimo e dalla

scarsa portata , abbiamo comunque a che fare con un pesce speciale che come detto prima diventa imprevedibile ecambia atteggiamento proprio durante il combattimento, a volte mentre lo si recupera e ci sembra averlo spiaggiatolui riparte a 200 kmh facendo picchiare violentemente il manichetto di recupero contro le nostre dita ghiacciate ed èqui che la frizione del mulinello entra in gioco, deve essere sempre ben tarata in modo da non bloccare le fughe, penarottura immediata del finale, e permettere di dosare le ripartenze controllandole con i giri giusti.Qui non si effettuano le famose pompate ma tutto si svolge con estrema violenza e molto velocemente. Un buon mu-

linello deve avere la bo-bina larga per non rovi-nare la coda , deve es-sere leggero e avere unabuona friizione. Finale:collegando tramite la cal-zina o direttamente conun semplice nail knot unospezzone di filo dello0,60 lungo circa 150 cmabbiamo già quello chesarà il nostro pre-tip.Il tip dello 0,40 lungocirca 60-80 Cm verrà col-legato tramite nodo disangue o nodo del chi-lurgo con il terminaledove legare l'artificiale, inrealtà non è un finale aregola d'arte ma dopo di-verse prove lo abbiamomodificato adattandolunghezze e diametri fino

a trovare il giusto assetto.Mosche: qui si aprondo due mondi, quello di chi va in Alaska portando con sè decine di scatole di artificiali comprateappositamente in negozi specializzati o magari su internet seguendo tutti le regole per la giusta riuscita della pescaall steelhead senza in realtà avere grande riscontro sul fiume e il mondo di chi parte per un viaggio in Alaska senzaniente cercando di capire sul posto, osservando i pescatori locali e chiedendo informazioni al fly shop più vicino.Diciamo che noi apparteniamo a tutti e due i mondi, infatti dopo aver acquistato e portato in valigia l'impossibile, cisiamo resi conto che le imitazioni che funzionavano erano in realta le poche che non avevamo o che scarseggiavanonelle nostre scatole per cui ci siamo organizzati sul posto acquistando e costruendo al morsetto quello chefunzionavadi più. Gli ovetti di colore arancio e qualche macchia o bianca o viola costruiti con semplice yarn erano micidiali in certecondizioni, gli streamer di color viola-rosa- bianco o tutti neri hanno regalato parecchie catture improvvise e inaspet-tate e per finire le soft egg arricchite di filamenti di poli o marabou bianco facevano svegliare anche quelle che dor-

mivano.L'AZIONE DI PESCA: di solito arrivavamo in mattinata nei pressi del Nine Mile Bridge dove lasciavamo la nostra auto,ci immettiamo sul sentiero ben marcato che costeggia per un tratto di circa 1000 mt abbastanza comodo il fiumeSITUK fino ad arrivare al guado che porta ad attraversare il fiume e proseguire per altri 1000-1500 mt , da quì il sen-tiero diventa solo intuibile e e tra rami, spine, fango e ghiaccio si arriva nel tratto dove la presenza dei pesci aumen-tava e quella dei pescatori diminuiva !

A quel punto dopo aver camminato per circa 2 ore e no-nostante gli indumenti tecnici e traspiranti ci cambiavamorapidamente quello che era bagnato dal sudore e face-vamo una pausa pranzo con quello che avevamo trovatoal negozio la mattina, solitamente carne secca, ciambelleo muffin al cioccolato :-) Nell'acqua limpida e bassa si vedevano nitide le sagomedelle steelhead che a pochi metri compivano il rito dellafrega,motivo principale della risalita e questo dava a noilo spunto per una cattura ragionata e sopratutto non in-vasiva ne per i letti di frega chiaramente individuabili e neper il contesto selvatico in cui ci trovavamo.Su questo punto voglio ricordare l'importanza di non in-

vadere o calpestare le zone di frega , il rispetto per questi pesci e per la loro riproduttività è la cosa più importanteper questo abbiamo sempre lanciato sui pesci che erano lontani dalla zona interessata dalla frega. In sostanza la fem-mina creava una depressione scavando con il solito movimento di coda verso il fondo e intorno 5-6 esemplari maschiiniziavano la guerra fatta di inseguimenti morsi e attacchi per dimostrare chi in quel momento e in quella buca era do-minante e quindi meritava di fecondare le uova della femmina.Dopo che la selezione aveva prodotto il vincitore, tutti gli altri si schieravano in linea a valle di circa 3-4 mt rispettoalla zona di accoppiamento per fare sostanzialmente una cosa, aspettare e mangiare le uova che in la corrente facevarotolare a valle o scacciare eventuali piccoli pesci che in quel momento erano di troppo, li entrava in gioco l'avvista-mento , l ' avvicinamento e la scelta del pesce che secondo noi poteva prendere l'artificiale. Abbiamo utilizzato duemodi per effettuare questa pesca, con lo strike indicator e senza ,inserendo un pezzo di filo ad alta visibilità, questoperchè nelle acque più profonde lo strike ci aiutava a vedere le mangiate al contrario nelle correntine con 30 cm diacqua accadeva che nel momento in cui lo strike segnalava la mangiata , il pesce aveva già mollato e si ferrava a vuotorovinando la buca e l'opportunità di cattura.Le imitazioni appunto erano piccole uova o streamer di medie dimensioni.Vi racconto la mia prima steelhead :Il lancio avveniva di fronte a me verso l'altra sponda e dopo un mending a valle e un paio a monte si riportava la

canna alta e verso monte per effettuare una leggera econtrollata trattenuta.In questo modo la mosca scendeva subito rotolandosul fondo finendo appunto in trattenuta davanti allabocca del pesce, in quel momento il respiro era fermoe l'unico rumore percepibile era quello del cuore chebatteva forte, si distingueva bene sia la sagoma delpesce lungo circa un metro che il color arancio del-l'ovetto montato su amo del 6 fermo a 5 cm dalla suabocca , dopo pochi secondi si vede la grande boccabianca aprirsi e con uno scatto deciso e preciso la ste-elhead afferra la mia mosca !La ferrata è di coda con la sinistra e la destra alza conforza la canna verso l'alto, BOOOM ! LA canna è im-

puntata e niente si muove , non essendo uno che bestemmia mi sono soloarrabbiato per aver agganciato il fondo e come molti pescatori che impi-gliano la mosca sul fondo , arrotolo la coda intorno al palmo della mano econ la canna bassa e rivolta dritta davanti a me provo a tirare per recupe-rare il salvabile,ma una cosa strana accade, quello che sembrava il fondo oancor peggio un tronco, improvvisamente inizia a muoversi e dalla scia d'ac-qua che effettua la coda ho subito capito che non era un tronco ma la miaprima steelhead che con un esplosione di forza e potenza inizia una delletante fughe che solo dopo 10 minuti si conclude con la cattura, il mio amicograziano mi aiuta afferrandola per la coda e Massimo si prepara per la foto, ricordo bene di non riuscire a sollevare bene il pesce per via del peso e dellastanchezza, mi sentivo come se avessi fatto a braccio di ferro con uno piùgrande di me , ero stanco ed emozionato.Il rilascio è bellissimo, tenere per la coda un pesce cosi forte e sentirlo ti-

rare per poi vederlo ripartire sfug-gendo tra le mani è qualcosa diunico , qualcosa che va oltre lapesca. Qualcosa per cui vale lapena venire fino a qui.Abbiamo effettuato questa pescaa scendere e dopo 9-10 ore ci ri-trovavamo nei pressi del Nine MileBridge in pessimo stato fisico macon grande gratificazione.La notte arrvava alle 22:30 –23:00 e spesso tornavamo a casaaccompagnati dal tramonto , arri-vare stanchi ,con i waders e gliscarponi bagnati a quell'ora della

sera e dover preparare la cena ci metteva a dura prova ma dopo una doccia calda ci mettevamo all'opera ai fornellie tra una battuta e qualche pentola bruciata si arrivava a dormire. Le temperature, il clima e le lunghe camminate ob-bligano l'utilizzo di abbigliamento altamente tecnico, il tutto deve essere rigorosamente traspirante, la stratigrafia dautilizzata era la seguente : intimo ( maglia e tutina aderenti e traspiranti )Micro pile con zip Tutina in Pile pesanteCalzettone in merinos Pile pesante WindstopperWaders Traspiranti + calzare in neo-prene + scarponi con suola in gommae chiodiWading jacket in goretex Altra cosa molto importante è lo zainoimpermeabile , fondamentale vistoche le probabilità di pioggia sono al-tissime i guanti più che per il freddoservivano per la presa del pesce altri-menti impossibile per via forza e delmuco che lo rende scivoloso.

FINE PRIMA PARTE

Si arricchisce di un interessante volume la libreria dei pescatori a mosca del centro Ita-lia.“La fauna ittica e i corsi d’acqua dell’Umbria” è un recente contributo indirizzato agli stu-diosi di acque e fauna ittica, ma anche agli appassionati di pesca sportiva che possonotrarre dalla lettura del testo interessanti spunti di riflessione sulla loro più profondapassione. In anni di siccità idrica, dibattiti sulle specie di pesci infestanti e di vulnera-bilità dell’ecosistema, fà sicuramente piacere agli amanti del genere sfogliare un testoaggiornato sui contenuti e ricco di pregevoli scatti fotografici, che lo rendono anche utilealla promozione in forma turistica del territorio che intende illustrare: l’Umbria.Il libro, che è stato pubblicato dalla Regione Umbria realizzato dall’assessorato al-l’Agricoltura ed alle politiche faunistiche in collaborazione con le Province di Perugia eTerni, unitamente all’Università degli studi, è definito dagli addetti ai lavori come “os-servatorio sui pesci”. Un lavoro divulgativo per diffondere la conoscenza anche dei corsid’acqua e dunque dell’ambiente. Il volume raccoglie, sintetizza e rielabora i dati otte-nuti nell’arco di sei anni di studi della Carta Ittica dell’Umbria. Infatti, fin dal 1989, la

Regione dell’Umbria ha prodotto una carta ittica su flora e faunadell’intera rete fluvio-lacustre. Negli anni si sono susseguite pub-blicazioni sempre più dettagliate dei bacini del Tevere e dei suoiprincipali affluenti. Nel 2010 l’indagine si è compiuta includendoil monitoraggio dei laghi presenti in Umbria. Dal testo emerge chiaramente la convinzione che le carte ittichecostituiscono un valido strumento per la salvaguardia della bio di-versità (è noto come in Italia e in particolare in Umbria è presenteil maggior numero di specie endemiche d’Europa, ma anche amaggior rischio di estinzione) e che la divulgazione di una co-scienza ambientalista e rispettosa del territorio passa anche dauna formazione scientifica del pescatore amatoriale. In “La faunaittica e i corsi d’acqua dell’Umbria”, infatti, vengono trattati temicome pregi e rischi dei ripopolamenti; origine e tendenze dell’in-

troduzione delle specie esotiche; i tanti punti di vista sull’evoluzione normativa della pesca professionale e amatoriale.Per questo il volume si divide in 5 parti:1. ecologia degli ambienti acquatici2. la gestione della fauna ittica3. i fiumi dell’Umbria4. i risultati della carta ittica dell’Umbria5. specie ittiche presenti nei corsi d’acqua umbriIn conclusione un semplice un dato numerico: 47 specie ittiche sono presenti in Umbria di cui 14 indigene e 33 eso-tiche. Il libro non è in ven-dita ma in distribuzione gra-tuita. Buona lettura a tutti. Fabio BocciAgonista di pesca al colpofin dalla giovinezza, si avvi-cina per caso alla pesca amosca nel giugno 2008. L’in-contro, quindi, con la tec-nica di lancio della FFM locoinvolge a tal punto dafarlo desistere nel conti-nuare a praticare le altretecniche di pesca. Pesca elavora in provincia di Peru-gia.


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