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7/31/2019 Fotografia Di Architettura
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Alcune nozioni tecniche per la fotografia darchitettura
Per una fotografia tecnicamente perfetta, occorre un nega-
tivo o una diapositiva tecnicamente perfetti, un negativotecnicamente perfetto deve essere nitido ed esposto corret-
tamente.1 Data questa premessa, bisogna prendere atto
che non sempre possibile raggiungere la perfezione, ogni
situazione di ripresa diversa da unaltra (illuminazione non
uniforme, presenza di elevati contrasti fra zone in ombra e
zone in forte luce, impossibilit di disporsi nella posizione
pi idonea per effettuare la ripresa fotografica, ecc) bisogna
comunque scegliere il miglior compromesso possibile. Per
giungere ai migliori risultati, dobbiamo conoscere alcune re-
gole fondamentali e gli strumenti necessari per controllare
ed evitare la maggior parte dei difetti che si presentano in
una fotografia.
La luce lelemento fondamentale che rende possibile lese-
cuzione di ogni fotografia, infatti proprio la luce (bianca nel
suo insieme), che rende visibile ogni oggetto, nelle sue sfu-
mature di colore, in base al maggiore o minore assorbimento
e riflessione delle radiazioni luminose che compongono il suo
spettro (un oggetto appare nero se la sua superficie assorbe
tutto lo spettro, colorato o bianco in base alla parziale o totale
riflessione). La conoscenza delle propriet della luce compo-
sta (riflessione, rifrazione, diffrazione) e delle sue caratteristi-
che cromatiche (temperatura colore espressa in gradi Kelvin,
differenze di lunghezza donda per i vari colori), insieme alla
conoscenza delle leggi ottiche e delle sue aberrazioni, sono
alla base del procedimento fotografico.2
La fotografia si fonda suI principio della camera oscura: un
soggetto illuminato riflette la luce e proietta la sua immagi-
ne attraverso lobiettivo sulla pellicola, dove si forma
unimmagine latente che verr chimicamente rivelata col
processo di sviluppo.
I componenti essenziali di una fotocamera, dalla pi sempli-
ce ed economica (tipo usa e getta), a quella pi complessa,
sono costituiti da un obiettivo, una camera oscura e da un
supporto pellicola; la precisione costruttiva e la qualit ot-tico-meccanica dei congegni e strumenti di controllo (miri-
no, otturatore, esposimetro, ecc.) che la compongono a far-
ne la differenza (anche nel prezzo) e a renderla pi o meno
idonea per lutilizzo che ne dobbiamo fare.
Massimo Battista
Un raggio di luce bianca scomposto con un prisma, produce uno spettro con
tutti i colori originariamente presenti nella luce bianca (sopra).
Di un raggio di luce bianca che arriva su un corpo azzurro, viene riflessa soltanto
la componente azzurra, mentre tutti i colori residui vengono assorbiti dal corpo.
(Ernst A. Weber, La foto, Roma1989)
Camera oscura a foro stenopeico
(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)
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Fondamentale conoscere la propria attrezzatura e capire
se idonea per il genere di fotografia che vogliamo fare.
La fotocamera che usiamo adatta alla fotografia di archi-
tettura? Pi grandi sono le dimensioni dellimmagine mag-
giori saranno i dettagli che la pellicola riuscir a registrare e
riprodurre sulla fotografia.
Le fotocamere si possono dividere in tre gruppi in base al
formato di pellicola: fotocamere di piccolo, medio e grande
formato.
Le fotocamere di piccolo formato, comunemente utilizzano
pellicola 35 mm e la dimensione immagine di mm 24X36;
in questo gruppo si possono collocare le fotocamere digita-
li, che al posto della pellicola utilizzano un supporto digitale
(CCD) di dimensioni generalmente pi piccole del 35 mm
(ad esempio il CCD della fotocamera professionale Nikon
D1 misura 15,6X23,7 mm), costituito da tanti sensori (pixel)
che reagiscono alla luce con impulsi elettrici formando lim-
magine elettronica.
Le fotocamere di medio formato, utilizzano pellicola in rulli
120 o pi raramente 220, con una dimensione immagine chesecondo il modello di cm 4,5X6, cm 6X6, cm 6X7, cm 6X9.
Le fotocamere di grande formato, utilizzano pellicola in lastre
(cio in singoli fogli di pellicola da inserire al buio in appositi
contenitori chassis) con una dimensione immagine che se-
condo il modello di cm 10X13, cm 13X18, cm 20X25.
Le fotocamere si possono suddividere ulteriormente in base
al sistema di mira che utilizzano per inquadrare (delimitare il
campo di ripresa effettivo) e regolare la messa a fuoco del-
lobiettivo sul piano della pellicola: fotocamere con mirino
separato, reflex monobiettivo e a visione diretta.Unulteriore distinzione si pu fare tra le fotocamere con ot-
tiche intercambiabili, chiamate anche a sistema, e quelle ad
ottica fissa, in questultimo gruppo rientrano le fotocamere
cosiddette compatte, considerate le meno adatte per la fo-
tografia darchitettura.
Nelle fotocamere con mirino separato il sistema di osserva-
zione ed inquadratura del soggetto indipendente e diverso
dallobiettivo che realizza limmagine fotografica, il mirino,
per, pu essere collegato col sistema di messa a fuoco
utilizzando un telemetro che misura la distanza del soggetto
principale. Le fotocamere con mirino separato non offrono
la precisione dinquadratura degli altri sistemi, lasse del-
lobiettivo e quello del mirino non coincidono (difetto di pa-
rallasse), ma le migliori fotocamere di questo tipo, sono
adatte alla fotografia darchitettura (ad esempio le fotoca-
mere a sistema Leica M), perch offrono unelevata lumino-
sit del mirino, la correzione della parallasse ed unesattez-
za di messa a fuoco telemetrica, soprattutto con le ottiche
grandangolari, difficilmente raggiungibile dagli altri sistemi.
Queste fotocamere possono utilizzare obiettivi di elevata
qualit con schemi ottici pi semplici e pi corretti (per
esempio i grandangolari con schema ottico simmetrico, non
retrofocus, perch in queste fotocamere, a differenza delle
reflex, che devono lasciare spazio allo specchio ribaltabile,la parte posteriore dellottica pu essere posta allinterno
del corpo macchina anche molto vicino al piano pellicola,
rispettando leffettiva lunghezza focale dellobiettivo).
LHasselblad SWCM 6X6, per esempio, una fotocamera
Sezioni trasversali e schemi ottici: di una reflex monobiettivo 35 mm, di una
reflex monobiettivo 6X6 cm, di una fotocamera reflex biottica 6X6 cm e di
una fotocamera a corpi mobili a visione diretta di grande formato. Lo schema
ottico, nelle reflex monobiettivo, generalmente di tipo retrofocus per
lasciare spazio allo specchio ribaltabile, nelle altre di tipo simmetrico
(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)
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progettata per lutilizzo dellobiettivo grandangolare Zeiss
Biogon di 38 mm, molto corretto e privo di distorsioni, stu-
diato proprio per la fotografia architettonica ed industriale.
Un discorso a parte meritano le fotocamere digitali a mirino
separato dove linquadratura pu essere controllata a po-
steriori, cio dopo lo scatto, sullo schermo LCD.
Nelle fotocamere reflex monobiettivo, il soggetto inquadra-
to osservato attraverso lo stesso obiettivo che registra
limmagine sulla pellicola, con un sistema composto da uno
specchio ribaltabile, inclinato di 45, e da un prisma che ri-
flette limmagine sullo schermo di messa a fuoco posiziona-
to nel mirino. Le fotocamere reflex monobiettivo di elevata
qualit, meglio se meccaniche e manuali non autofocus,
che permettono il controllo di tutti i parametri necessari per
una corretta esposizione, sono ritenute molto adatte alla fo-
tografia darchitettura. Queste fotocamere che di solito
sono parte di un sistema (obiettivi, schermi di messa a fuo-
co, accessori ecc.) consentono linquadratura precisa del
soggetto, la visualizzazione dellangolo di campo, delle di-
mensioni dellimmagine, della prospettiva, di mettere a fuo-
co con precisione lobiettivo, di avere una visione approssi-mativa della profondit di campo nitido, di regolare il dia-
framma e il tempo di posa, e con alcuni obiettivi
espressamente progettati, di correggere la convergenza
delle linee col decentramento ottico (ad esempio, nel siste-
ma Nikon, gli obiettivi decentrabili PC Nikkor 35 e 28 mm
consentono con lo spostamento di 11 mm dellasse ottico
in tutte le direzioni, ma sempre perpendicolare al piano pel-
licola, di mantenere la fotocamera in bolla e inquadrare ad
esempio il tetto di un edificio senza inclinare la fotocamera,
con la possibilit di visualizzare leffetto sullapposito vetri-
no reticolato, che nelle Nikon della serie F pu essere sosti-
tuito a quello standard).
Le fotocamere con visione e messa a fuoco diretta sul vetro
smerigliato, posto sullo stesso piano del portapellicola,
sono di solito di grande formato. Queste fotocamere chia-
mate a corpi mobili, a banco ottico ed anche universali, sa-
rebbero e sono le pi adatte per la fotografia darchitettura.
Sono costruite in modo tale che i supporti (corpi) porta
obiettivo e porta lastra, collegati tramite un soffietto estensi-
bile, si possano muovere e regolare indipendentemente tra
loro. Con queste fotocamere abbiamo il controllo assoluto
di tutte le funzioni e la pi ampia possibilit di regolazioni,
come il decentramento ottico anteriore e del supporto pelli-
cola posteriore per controllare la geometria e la convergen-
za dellinquadratura, o il basculaggio anteriore e posteriore
sullasse ottico e sulla base, per consentire con linclinazio-
ne dei piani sui quali sono posti lobiettivo e la lastra, di con-
trollare ed estendere la profondit di campo nitido. Questo
tipo di fotocamere pi ingombranti (anche se pieghevoli) e
pi pesanti richiedono luso del cavalletto, sono pi difficili
da utilizzare, sia per i movimenti e regolazioni di cui sono
capaci, che per la corretta inquadratura e messa a fuoco
dellobiettivo. Limmagine sul vetro smerigliato appare esat-
tamente uguale, invertita alto-basso e destra-sinistra, di
quella che impressioner la pellicola o lastra fotografica.
Queste fotocamere richiedono di solito un periodo pi omeno lungo di apprendistato, che una volta terminato, dar
la possibilit di realizzare fotografie tecnicamente perfette e
cos ricche di dettagli, difficilmente paragonabili con quelle
prodotte con altri sistemi fotografici.
Schema del sistema di messa a fuoco con telemetro
(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)
Linquadratura dei primi piani nelle fotocamere a mirino separato risente del
difetto di parallasse tra mirino e ob iettivo
(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)
Schema ottico di un obiettivo grandangolare di tipo retrofocus, il complesso
progetto ottico consente di allontanare il punto focale F pur mantenendo
invariata la lunghezza focale del piano principale H. Ricorrendo a questo tipo
di disegno viene lasciato lo spazio sufficiente al ribaltamento dello specchionelle fotocamere reflex monobiettivo
(Maurizio Capobussi, Giuliana Scim, Fotografo, Milano 1984)
Spaccato di una fotocamera a mirino separato 35 mm di elevata qualit tecnica
(Gnter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991)
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Qualsiasi obiettivo, semplice o composto, proietta unim-
magine circolare sul piano di messa a fuoco, la dimensione
di questo cerchio immagine ne determina lutilizzo. Gli
obiettivi progettati per il piccolo formato non possono esse-
re utilizzati per un formato pi grande proprio perch il loro
cerchio immagine copre poco pi del formato della pellicola
35 mm, mentre al contrario, obiettivi progettati per i formati
pi grandi possono essere adoperati, con eventuali adatta-
tori, per i formati pi piccoli. La dimensione del cerchio im-
magine, o angolo di copertura, negli obiettivi progettati per
le fotocamere a banco ottico, importante perch rende
possibili quei movimenti di decentramento e basculaggio
che caratterizzano tali fotocamere.
La lunghezza focale di un obiettivo, tecnicamente la di-
stanza dal punto nodale posteriore, situato in prossimit del
diaframma e il piano sul quale sono messi a fuoco i soggetti
posti allinfinito, determina il rapporto di riproduzione che il
soggetto inquadrato avr sulla pellicola. Ad esempio un
obiettivo di focale 100 mm forma un immagine alta 3 cm di
un dato soggetto posto ad una certa distanza sia sul forma-
to 24X36 mm che sul 10X13 cm, ma il soggetto nel 24X36
occuper quasi tutta laltezza, mentre nel formato 10X13
una piccola porzione. Nel formato piccolo Limmagine sar
riprodotta come dettaglio isolato mentre in quello pi gran-de sar riprodotta con lambiente circostante; nel piccolo
formato lobiettivo di focale 100 mm si comporter come un
obiettivo tele (lunga focale) mentre nel formato pi grande
risulter come un grandangolo (corta focale).
Tutti gli obiettivi proiettano sul piano pellicola un immagine circolare,
nellesempio limmagine circolare prodotta da un obiettivo progettato per il
35 mm che copre un p piu del formato pellicola, perch la zona vicina ai
bordi risulta progressivamente meno luminosa e nitida
(Gnter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991)
Esempi dimostrativi dellutilizzo del decentramento ottico per correggere
linquadratura e la convergenza delle immagini e del basculaggio dellobiettivo
per estendere la profondit di campo nitido
(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)
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Langolo di campo dipende dalla lunghezza focale rapportata al formato pellicola
nello schema: dallalto focale normale, grandangolare e tele riferita al 35 mm
(Alexander Spoerl, Tutti i segreti della fotografia, Milano 1974)
Rapporto tra lunghezza focale di un obiettivo e grandezza dellimmagine
(Andreas Feininger, Il libro della fotografia, Milano 1970)
La focale di un obiettivo direttamente proporzionale alla mi-
sura dellimmagine riprodotta, se lo stesso soggetto del-
lesempio precedente, viene fotografato con un obiettivo di fo-
cale doppia, 200 mm, anche laltezza dellimmagine riprodotta
sar doppia cio 6 cm; con un obiettivo di focale dimezzata
cio di 50 mm, laltezza risulter dimezzata cio di cm 1,5.
In ogni fotocamera il relativo obiettivo di focale normale
determinato dalle dimensioni del formato di pellicola che
usa. Per obiettivo normale si intende un obiettivo con ango-
lo di campo di circa 45, la cui lunghezza focale allincirca
uguale alla misura della diagonale del formato pellicola uti-
lizzato: ad esempio per il 24X36 mm, la cui diagonale di
circa 42 mm, lobiettivo normale di solito un 50 mm, per il
6X6 cm la diagonale di circa 85 mm lobiettivo normale di
solito un 80 mm, per il 6X9 cm la diagonale di circa 108
mm lobiettivo normale di solito un 105 mm, per il 10X13
cm la diagonale di circa 150 mm lobiettivo normale di so-
lito di 150 mm, per il 13X18 cm la diagonale di circa 225
mm lobiettivo normale di solito di 200-250 mm, per il
20X25 cm la diagonale di circa 320 mm lobiettivo normale
di solito di 300 mm.
Se un dato soggetto viene fotografato con fotocamere di
diverso formato, equipaggiate col relativo obiettivo norma-le, il campo inquadrato cio langolo di visuale e la prospet-
tiva saranno pi o meno equivalenti. Il soggetto sar ripro-
dotto in grandezze proporzionalmente pi grandi rispetto al
formato utilizzato e quindi pi ricco di dettagli.
Focale breve = immagine piccola
Focale pi lunga = immagine pi grande
lunghezza focale
50 mm
lunghezza focale
150 mm
distanza tra oggetto e apparecchio =
distanzatraoggettoeapparecchio=
breve
lunghezza focale
maggiorelunghezzafocale
immagine
piccola
immaginepigrande
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Rapporto tra formati pellicola ed area inquadrata con obiettivo di uguale
lunghezza focale e con lo stesso rapporto di riproduzione: formato digitale
15,6X23,7 mm, 24X36 mm, 4,5X6 cm, 6X9 cm, 10X13 cm, 13X18 cm.La riduzione dellimmagine, a parit di campo coperto, al variare dei formati.
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La pellicola fotografica, costituita, da un supporto traspa-
rente (pellicola) e da uno (pellicola B/N) o pi strati (pellicola a
colori) di gelatina (emulsione fotografica), allinterno della qua-
le, sono presenti i sali di argento sensibili alla luce; la quantit
di questi sali dipende dalla dimensione, pi piccoli sono pi
fitti sono, pi grandi sono pi radi ma pi sensibili sono.Per quanto riguarda la scelta della pellicola, bisogna tener
presente, che allincrementare della sua sensibilit alla luce
(valore oggi espresso in ISO International Standard Organisa-
tion che riunisce le precedenti scale ASA American Standard
Association e DIN Deutsches Institut fuer Normung) cio, al
valore ISO pi alto, corrisponde in genere una maggiore di-
mensione della grana (i cristalli di bromuro dargento che col-
piti dalla luce, reagiscono e dopo lo sviluppo si trasformano
in argento metallico, determinando il chiaro-scuro del negati-
vo) quindi una minor capacit di riprodurre i particolari pifini; chiaro che con le pellicole di sensibilit pi bassa che
hanno la grana pi piccola e pi fitta, avviene il contrario, cio
dopo lo sviluppo limmagini risultano pi definite.
Differenze di granularit (particolare ingrandito) nelle fotografie riprese con pellicola di bassa (ISO 32/16), media (ISO 125/22) e alta sensibilit (ISO 400/27)
(Gnter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991)
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La corretta esposizione alla luce di una pellicola, che ne de-
termina il giusto grado di densit e contrasto, dipende dallaquantit (intensit di luce) e dalla durata del tempo (tempo
di esposizione), in cui la luce impressiona la pellicola in base
alla sua sensibilit.
Lo strumento che misura lintensit della luce lesposimetro
fotoelettrico, che pu essere interno alla fotocamera o sepa-
rato, a luce riflessa nel primo caso, a luce riflessa e o inciden-
te nel secondo, in generale composto da una o pi celle
sensibili alla luce che reagendo alla sua intensit producono
energia elettrica misurabile (fotocellule al selenio) oppure ne
oppongono una certa resistenza sempre misurabile (fotoresi-
stori al solfuro di cadmio CDS, o fotodiodi al Silicio).
I sistemi di misura della luce adottati dagli esposimetri,
sono di due tipi: a luce riflessa e a luce incidente. Nel primo
tipo, la fotocellula dellesposimetro, che di norma tarata
sul potere riflettente di una superficie uniforme (cartoncino
grigio al 18%), misura lintensit della luce riflessa dal sog-
getto, in funzione della propriet riflettente del soggetto
stesso e quindi influenzata dal suo colore; nel secondo tipo,
la fotocellula coperta con un diffusore semisferico opalino,
misura direttamente lintensit luminosa della luce, questa
misurazione risulta pi sicura e pi precisa perch non in-
fluenzata dal soggetto, ma la fotocellula deve essere posi-
zionata in prossimit del soggetto stesso e puntata verso
lobiettivo, cosa non sempre possibile.Nelle fotocamere dotate di esposimetro interno, che pu es-
sere spot, semispot o a lettura media secondo langolo di
misura, in genere sono visibili direttamente nel mirino dei
simboli, che danno i valori di corretta o sovra o sottoesposi-
zione, calcolati dallesposimetro in funzione dellintensit lu-
minosa e della coppia di valori tempo-diaframma impostati.
Gli esposimetri esterni generalmente indicano lintensit del-
la luce in valori di esposizione EV, che riportati su un quadran-
te calcolatore, indicano tutta la serie di accoppiamenti corret-
ti tra i valori di diaframma e relativo tempo di esposizione.
Lesposizione di una pellicola, di cui conosciamo la sensibili-
t (perch espressa in ISO dal fabbricante), controllata
quindi da due strumenti correlati tra loro: il diaframma del-lobiettivo e lotturatore. Il diaframma costituito in generale
da un gruppo di lamelle incernierate tra loro, il cui movimento,
in maniera analoga alliride dellocchio umano, regola la mag-
giore o minore apertura, quindi la quantit di luce che attra-
Esempi di esoposimetri fotoelettrici in alto a sinistra esposimetro con possibilit di lettura sia a luce riflessa che incidente, in basso esposimetro a luce rilflessa di
tipo spot, a destra schema di esposimetro con lettura a luce riflessa (sopra) e a luce incidente (sotto)
(Guglielmo Izzi, Francesco Mezzatesta, La natura, Milano, 1979)
Tavola esemplificativa delle combinazioni tra diaframma e tempo di posa per
una data sensibilit (32 ASA) con condizioni d i luminosit media
(Andreas Feininger, Il libro della fotografia, Milano 1970)
Aperture didiaframma
Corrispondentitempi di posa
Messa a fuoco
Profonditdi campo
Resa degli oggettiin movimento
Conclusioni
f:1,4 f:2 f:2,8 f:4 f:5,6 f:8 f:11 f:16 f:22 f:32
1/1000 1/500 1/250 1/125 1/60 1/30 1/15 1/8 1/4 1/2
La sempre minore profonditdi campo richiede una semprepi accurata messa a fuoco
La sempre maggiore profondi-t di campo compensa unameno accurata messa a fuoco
Limitatissima - limitata - media - sempre pi estesa
Nitidissima - nitida - leggermente mossa - sempre pi mossa
Quanto pi azione o movi-mento del soggetto sono rapi-di, tanto pi brevi sono i tempidi posa necessari per ottenerefotografie nitide
Quanto maggiore la profondi-t del soggetto, tanto pi pic-cola deve essere lapertura deldiaframma per ottenere suffi-ciente profondit di campo
Tempi di posa brevi perch lefotografie siano fatte a mano
Bisogna usare il treppiede
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versa lobiettivo. Lotturatore che pu essere di tipo centrale,
posto al centro dellobiettivo, o a tendina, posto in prossimit
del piano pellicola, regola la durata cio il periodo di tempo
durante il quale la pellicola esposta alla luce. Lotturatore
centrale pu essere a semplice ghigliottina o a pi lamelle
che aprono e chiudono il flusso luminoso, quello a tendina
costituito da tendine metalliche o di tela gommata che scor-
rendo una dietro laltra, in prossimit del piano focale, lascia-
no una fessura, lampiezza di questa fessura e il suo movi-
mento scopre e ricopre per un certo tempo la pellicola.
Ad una data sensibilit e a pari condizioni di luce corrispon-
dono una serie di coppie di valori diaframma-tempo, che
daranno la stessa esposizione; allaumentare della quantit
di luce, cio alla maggiore apertura del diaframma, dovr
corrispondere una minore durata del tempo e viceversa; la
scelta quindi di un dato valore di apertura del diaframma
implica la scelta del corrispettivo tempo di esposizione. I
valori di diaframma, secondo la scala internazionale stan-
dard, sono espressi in frazioni f/D cio la lunghezza focale
divisa per il diametro del foro efficace dellobiettivo: f:1-1,4-
2-2,8-4-5,6-8-11-16-22-32, e sono in sequenza geometri-
ca, ogni valore di diaframma (f-stop) trasmette il doppio o la
met della quantit di luce rispetto al valore adiacente.3 Gli
otturatori, sempre secondo la scala stardard, sono tarati in
frazioni di secondo 1-1/2-1/4-1/8-1/15-1/30-1/60-1/125-1/250-1/500-1/1000-1/2000 pi la posa a tempo (B o T), in
maniera tale che ad ogni valore successivo corrisponda un
tempo che la met rispetto al precedente e viceversa. In
teoria quindi, esponendo una pellicola, di una data sensibi-
lit e in presenza di un dato valore di intensit luminosa, in
successione, secondo le coppie di tempo-diaframma cor-
rette, dovremmo avere sempre risultati equivalenti, in gene-
rale proprio cos, ma in presenza di bassa intensit lumi-
nosa, quando per la corretta esposizione richiesto luso di
un tempo pi lungo di un minuto, questa equivalenza non
pi rispettata per effetto della non reciprocit della pellicola
alla luce, perci per avere effettivamente lo stesso grado di
densit sul negativo, lesposizione deve essere incrementa-
ta di un certo valore che dipende dal tipo di pellicola in uso
(alcune pellicole professionali, riportano scritto nel foglietto
illustrativo, lincremento in f-stop da utilizzare per compen-
sare lesposizione a causa delleffetto di non reciprocit).4
Nelle fotocamere a controllo manuale questa scelta la-
sciata al fotografo, che in base al tipo di fotografia potr
scegliere il pi opportuno valore di diaframma per estendere
la profondit di campo nitido oppure usare un tempo di
esposizione molto rapido per fermare un soggetto in movi-
mento, rispettare la corretta esposizione data dallesposi-
metro, oppure volutamente sottoesporre o sovraesporre per
rendere nella fotografia alcune parti pi scure o pi chiare,
secondo il gusto e linterpretazione personale della realt.
Nelle fotocamere automatiche e/o a programma (quasi
esclusivamente di piccolo formato), questa scelta fatta di-
rettamente dal computer interno alla fotocamera che gesti-sce in maniera elettronica, in base appunto ad un program-
ma che privilegia la rapidit oppure la qualit, il giusto valore
di tempo e di diaframma.
Tipi di otturatore: a ghigliottina, centrale a cinque lamelle e a tendina sul piano focale
(Alfredo Ornano, Il libro della foto, Milano 1952)
Il diaframma si ottiene dividendo la lunghezza focale (f) per il diametro efficace dellobiettivo(D); diaframma totalmente aperto, parzialmente chiuso e chiuso
(Alexander Spoerl, Tutti i segreti della fotografia, Milano 1974)
f/D = diaframma
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Esempi di messa a fuoco a distanze diverse, relativa profondit di campo nitido ed estensione della nitidezza con la chiusura del diaframma, dallalto:
messa a fuoco del primo piano 5 m, diaframma f:2 profondit di campo da ca. 4,80 m a 5,20 m;
messa a fuoco dello sfondo 15 m, diaframma f:2 profondit di campo da ca. 13,5 m a 17 m;
messa a fuoco del piano intermedio 7,5 m, diaframma f:2 profondit di campo da ca. 7,10 m a 7,95 m;
messa a fuoco del piano intermedio 7,5 m, diaframma f:16 profondit di campo da ca. 5 m a 15 m.
(Gnter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991)
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Il diaframma regola la quantit di luce trasmessa, ma an-
che uno strumento determinante per migliorare la resa otti-
ca dellobiettivo e lestensione della profondit di campo ni-
tido. Un obiettivo regolato ai diaframmi intermedi rende al
meglio, la chiusura ulteriore del diaframma, aumenta pro-
gressivamente la profondit di campo ma per effetto della
diffrazione della luce porta ad un decadimento generale del-
limmagine.
Un obiettivo proietta, su un piano posto ad una distanza
equivalente alla sua focale, unimmagine nitida di un ogget-
to posto allinfinito, tutto ci che posto ad una distanza
minore dellinfinito per essere nitido necessita di una regola-
zione, un incremento della distanza obiettivo-pellicola, la
cos detta messa a fuoco. Aumentando progressivamente
questa distanza, metteremo a fuoco oggetti sempre pi vi-
cini, se la messa a fuoco dellobiettivo regolata su una
distanza doppia rispetto alla sua lunghezza focale, il rappor-
to di riproduzione di 1:1 cio il soggetto riprodotto nelle
sue dimensioni reali, oltre questo limite si entra nel campo
della macro o micro fotografia.
La messa a fuoco avviene per piani, se lobiettivo regolato
su una certa distanza, tutti i soggetti posti a quella distanza,
cio sul quel piano, saranno nitidi, i soggetti pi vicini o pi
lontani saranno progressivamente meno nitidi. Se fotografia-
mo perpendicolarmente un soggetto bidimensionale ad
esempio un quadro o un disegno, basta regolare lobiettivo
sulla distanza che intercorre tra il piano pellicola e il piano del
disegno per avere tutto perfettamente nitido. Se invece foto-
grafiamo un soggetto tridimensionale (la maggioranza delle
riprese fotografiche) questo non sar posto su di un unico
piano, ma su tanti piani in relazione alla sua estensione in
profondit. Nellimmagine proiettata sul piano pellicola,lobiettivo disegner un insieme di punti nitidi per il piano
messo a fuoco, ed un insieme di cerchi pi o meno grandi
(cerchi di diffusione o confusione), per i piani posti pi vicini
o pi lontani da quello della messa a fuoco. La profondit di
La profondit di campo nitido aumenta con la chiusura del diaframma perch la
dimensione dei cerchi di confusione prodotti dai punti fuori fuoco, diminuisce
progressivamente con la riduzione dellapertura relativa dellobiettivo
(Andreas Feininger, Il libro della fotografia, Milano 1970)
campo nitido dipende principalmente da tre fattori: dalla di-
stanza del soggetto, dalla lunghezza focale e dalla chiusura
del diaframma dellobiettivo. I cerchi di diffusione (prodotti
dai punti del soggetto che si trovano su piani diversi da quel-
lo su cui regolata la messa a fuoco), saranno riprodotti pi
piccoli e saranno visti dallocchio umano come punti, perci
nitidi, pi sar distante il soggetto, pi sar corta la focale,
pi chiuso sar il diaframma e viceversa.
La nitidezza, altro elemento fondamentale per la riuscitadella fotografia, determinata oltre che dalla corretta messa
a fuoco dellimmagine del soggetto inquadrato sul piano
pellicola (con la regolazione dellelicoide dellobiettivo o con
lo spostamento micrometrico dei corpi mobili nei banchi ot-
Schema illustrativo dellinfluenza del diaframma e della lunghezza focale di un obiettivo sulla profondit di campo nitido a parit di distanza di messa a fuoco.
(Maurizio Capobussi, Giuliana Scim, Fotografo, Milano 1984)
f:2 f:8 f:22 grandangolo normale lungo fuoco
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Variando la distanza di ripresa cambia la prospettiva. La scultura viene riprodotta nella stessa grandezza pur variando la distanza di ripresa, ma lo sfondo sembra
avvicinarsi man mano che viene aumentata la focale degli obiettivi da 50, 120, 250, 500 mm. In questo caso non cambia solo la prospettiva, ma anche il rapporto
delle grandezze fra il primo piano e lo sfondo. (Ernst A. Weber, La foto, Roma 1989)
tici), da altri fattori: la profondit di campo nitido che viene
incrementata con la chiusura del diaframma; la sfocatura da
movimento provocata dal movimento del soggetto e/o da
quello della fotocamera; la risolvenza dellobiettivo e della
pellicola cio la capacit di riprodurre i particolari pi fini.
Per ovviare alla sfocatura provocata dal movimento del sog-
getto, si ricorre alla scelta di un tempo di otturazione rapido;
per evitare la sfocatura provocata dal movimento della foto-
camera, chiamato anche micromosso, si ricorre alluso di un
supporto stabile e robusto come il cavalletto o treppiede alquale fissare saldamente la fotocamera, in modo tale da
renderla statica e con luso dello scatto flessibile o dellau-
toscatto evitare la pi piccola vibrazione.
Dopo alcune informazioni tecniche qualche suggerimento
pratico, la fotografia di un soggetto architettonico quasi
esclusivamente quella di un soggetto statico, perci non
sono giustificati errori, nella ripresa fotografica, dovuti alla
fretta, non si deve cogliere lattimo fuggente. La fotografia
deve essere posata, valutare e ragionare con calma, utile
anche prendere appunti sui vari parametri e regolazioni usa-
te per fare la fotografia, una volta sviluppata e o stampata
potremo, appunti alla mano, capire se e dove abbiamo sba-
gliato, fare esperienza, gli errori se correttamente valutatiinsegnano. Bisogna valutare la luce, la sua direzione, latera-
le, frontale o controluce, la sua intensit, per capire quanto
profonde saranno le ombrre sul soggetto, se possibile sce-
gliere lora pi adatta per eseguire la ripresa, sapendo che
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per riprodurre i dettagli pi fini del soggetto e i particolaridellornato, una luce non diretta ma velata, morbida, con
ombre deboli, come quella data da un cielo velato o poco
nuvoloso, la migliore, al contrario una luce forte, laterale o
radente, amplificher leffetto rilievo anche delle superfici
pi uniformi e lisce come quelle del cemento armato o del-
lintonaco. Inoltre se adoperiamo pellicola a colori dobbia-
mo anche valutare le caratteristiche cromatiche della luce:
al variare delle ore durante la giornata e delle condizioni at-
mosferiche, varia anche la risposta cromatica della pellico-
la, ad esempio col cielo coperto avremo una luce pi fredda
e al tramonto pi calda rispetto a quella delle ore centrali col
cielo sereno. Le pellicole a colori per luce diurna sono tarateintorno ai 5400 Kelvin, che corrispondono alla luce del sole
nelle ore centrali della giornata e alla luce del flash elettroni-
co, quelle per luce artificiale sono tarate sui 3200-3400
che corrispondono alla luce delle lampade survoltate tipo
nitraphot o alogene. Se la temperatura della luce che illumi-
na il soggetto non corrisponde a quella della pellicola in
uso, saranno evidenti sulla pellicola delle dominanti di colo-
re tendenti o al blu o al rosso, che possono essere corrette
ricorrendo ai filtri di conversione e/o di correzione. La pelli-
cola B/N risente in minima parte di questi effetti cromatici, le
fotocamere digitali in genere hanno la possibilit di bilancia-
re il bianco. Ricorrere allutilizzo del flash sempre sconsi-
gliato, anche per le fotografie di interni poco illumiinati, per-
ch la luce del flash poco controllabile, di scarsa portata
3-5 m e non uniforme, meglio utilizzare la luce ambiente o
lilluminazione delle lampade.
Bisognerebbe sempre scegliere, per ogni soggetto, lobiet-
tivo di maggior lunghezza focale, il cui angolo di campo
consenta la sua inquadratura totale, per poter sfruttare al
massimo il formato pellicola. Gli obiettivi a focale variabile
(zoom), molto usati nel 35 mm, sarebbero utili ma la loro
complessa costruzione ottica, implica spesso una minore
correzione della distorsione, che in alcuni modelli varia da
quella a barile a quella a cuscino, o viceversa, al variare del-
la focale, rendendo questo tipo di obiettivo poco utilizzabileper la fotografia di architettura, dove la riproduzione corret-
ta delle linee verticali e orizzontali fondamentale.5
Valutare le caratteristiche del soggetto e le sue dimensioni,
lintensit e la direzione della luce che lo illumina, individua-
Luso del paraluce consente di eliminare i raggi di luce che danneggerebbero
limmagine con la loro riflessione sulle lenti
(Alexander Spoerl, Tutti i segreti della fotografia, Milano 1974)
Esempi dimostrativi di distorsione
(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)
Temperatura del colore espressa in Kelvin della luce diurna e artificiale
(Guglielmo Izzi, Francesco Mezzatesta, La natura, Milano 1986)
luce naturale temperatura del colore k luce artificiale
10000
8500cielo azzurro luce al nord
7500cielo nuvoloso
6200cielo sereno sole intenso
4600
alba e tramonto
3750luna
5400flash elettronico
3200lampada alogena
1900candela
9000
8000
7000
6000
5000
4000
3000
2000
1000
2900lampada
100-200W
Soggetto Distorsione Distorsione
originale a barilotto a cuscinetto
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re la miglior posizione di ripresa sapendo che il rapporto
prospettico dei volumi determinato dalla distanza.
Posizionare il treppiede, che deve essere il pi solido e pi
robusto possibile, in modo tale che appoggi bene sul terre-
no o sul pavimento, metterlo a livella con la regolazione del-
lestensione delle gambe cos che la testa possa ruotare in
piano, fissare la fotocamera sulla testa del treppiede e con-
trollare linquadratura nel mirino.
Per valutare la profondit di campo, mettere a fuoco il pianopi vicino del soggetto e controllare la distanza riportata sul-
lelicoide, poi mettere a fuoco il piano pi lontano e controllar-
ne la distanza, quindi posizionare lelicoide della messa a
fuoco sulla distanza intermedia e verificare sulla scala degli
indici di profondit a quale diaframma corrisponde lintervallo
tra le due misurazioni, oppure valutare visivamente sul vetro
smerigliato del mirino, se la fotocamera lo consente, lesten-
sione della profondit di campo chiudendo il diaframma.
Misurare con un esposimetro lintensit della luce e il rap-
porto tra le zone pi luminose e quelle in ombra con pi
misurazioni, quindi scegliere la coppia tempo-diaframma
pi idonea. In mancanza di un esposimetro fotoelettrico, si
pu valutare approssimativamente lesposizione basandosi
sul foglietto illustrativo allegato alla pellicola, che indica dei
valori tempo-diaframma per le principali situazioni di ripre-
sa, pieno sole, sole velato, cielo nuvoloso ecc.
Utilizzare il paraluce dellobiettivo e o uno schermo, per evitare
che raggi di luce indesiderata colpiscano le lenti producendo
riflessi e aloni sulla pellicola, scattare la fotografia col comando
flessibile ed annotare le regolazioni ed i parametri utilizzati.
Se con ununica ripresa non possibile riprendere lintero
soggetto, per lestensione delle sue dimensioni, si pu ese-
guire una serie di fotografie, cercando di mantenere sempre
la stessa distanza, cio spostandosi in linea parallela al sog-
getto stesso, e in modo tale da inquadrare, di volta in volta,circa un terzo dellimmagine precedente, per poter rimonta-
re in seguito, lintera sequenza, come se fosse una sola im-
magine. Unaltra possibilit quella di eseguire una serie
panoramica di riprese fotografiche, per esempio per foto-
Determinazione della distanza iperfocale usando la scala della profondit di
campo in un obiettivo per fotocamera Hasselblad,
e schema illustrativo della distanza iperfocale
(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)
grafare i prospetti degli edifici di una piazza, si deve posizio-
nare la fotocamera, possibilmente al centro della piazza
stessa, su di un solido treppiede messo perfettamente a li-
vella, quindi eseguire la serie di r iprese, ruotando in piano la
testa del treppiede, solidale con la fotocamera, secondo
langolo di copertura dellobiettivo in uso, o, come nel caso
descritto prima, sovrapponendo ogni volta una parte dellin-
quadratura precedente.
Se dovessi consigliare unattrezzatura fotografica, indichereicome pi pratica e versatile quella comprendente una fotoca-
mera reflex 35 mm manuale e meccanica, magari di tipo pro-
fessionale, facente parte di un sistema, (personalmente co-
nosco ed apprezzo il sistema Nikon della serie F, ma altre
attrezzature sono ugualmente valide), corredata da un obiet-
tivo normale 50 mm meglio se di tipo macro, utile per le ripro-
duzioni di disegni ed altro, un medio grandangolare 35 mm o
28 mm preferibilmente di tipo decentrabile, tutti muniti di pa-
raluce, un vetrino di messa a fuoco con reticolo ortogonale,
un esposimetro esterno con la possibilit di leggere la luce
incidente, un buon treppiede, una livella a bolla e uno scatto
flessibile. Purtroppo questo tipo di fotocamere sono sempre
pi rare nei cataloghi, ma nel mercato dellusato sono di faci-
le reperibilit con molti accessori ed obiettivi.6
1 Cfr. Andreas Feininger, Il libro della fotografia, Milano 1970.2 Cfr. Gnter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991.3 La quantit di luce trasmessa dallobiettivo proporzionale allarea della sua
apertura cio al quadrato del diametro (ad esempio un diaframma f:4 il doppio
di un diaframma f:8 ma la quantit di luce trasmessa il quadruplo), perci la
sequenza di valori f-stop suddivisa in valori intermedi che tengono conto del-
lincremento di fattore 1,414 che la radice quadrata di 2, poich la trasmissione
della luce dipende dallarea del diaframma. Cfr. Ansel Adams, La fotocamera,
Bologna 1989, Andreas Feininger, op. cit.4 Cfr. Ansel Adams, op. cit., Andreas Feininger, op. cit.5 Cfr. Alfredo Ornano, Il libro della foto, Milano 1952; Ansel Adams, op. cit.;
Gnter Osterloh, op. cit..6 Per un maggiore approfondimento sugli argomenti trattati pu essere utile la
consultazione, oltre a quelli gi citati, dei seguenti testi di tecnica fotografica: Mau-
rizio Capobussi, Giuliana Scim, Fotografo, Milano 1984; S. Guida, Il nuovo fotoli-
bro, Milano 1955; Guglielmo Izzi, Francesco Mezzatesta, La natura, Milano 1986;
Alexander Spoerl, Tutti i segreti della fotografia, Milano 1978; Andr Thvenet, N.
Bau, Il libro completo dei piccoli formati, Milano 1965; Ernst A. Weber, La foto.
Come si compongono e come si giudicano le fotografie, Roma 1989.
Scala distanze
Profondit di campo
Diaframmi
Tempi di otturazione
Profonditdi campo
Distanza Messa a fuoco
iperfocale allinfinitoProfonditdi campo
1/2 Messa a fuocodistanza sulla distanzaiperfocale iperfocale