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Gabriele Guarnieri - units.it · Si potrebbe pensare che una buona fotografia riproduca la realtà...

Date post: 17-Feb-2019
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Mappature non lineari nella fotografia G G 1 Introduzione Si potrebbe pensare che una buona fotografia riproduca la realtà in modo fedele; più precisamente, che i valori XYZ della fotografia siano direttamente proporzionali ai valori XYZ della scena reale. Nella fotografia su pellicola questo non è possibile, perché tutte le pellicole hanno una risposta non lineare del tipo a “sigmoide”. Nella fotografia digitale, invece, questo obiettivo è facilmente realizzabile. Tuttavia, si scopre che un’immagine elaborata in questo modo non è gradevole all’occhio: i colori appaiono meno saturi e la scena sembra avere meno contrasto, come se ci fosse della foschia. Invece, le fotocamere digitali e i software per la conversione di immagini raw producono immagini che appaiono naturali e gradevoli all’occhio. Un confronto fra una fotografia riprodotta in modo lineare e la stessa fotografia come viene elaborata dalla fotocamera digitale è visibile in Figura 1. Figura 1 – Confronto fra una fotografia riprodotta in modo lineare (sinistra) e la stessa fotografia come viene elaborata dalla fotocamera digitale (destra). Il motivo non è un errore nei calcoli, bensì una combinazione di effetti percettivi e fisici. L’immagine riprodotta (ad esempio su un monitor o stampata) ha una luminanza di gran lunga inferiore alla scena reale: una scena reale può raggiungere decine di migliaia di cd/m 2 , mentre un monitor ne raggiunge al massimo poche centinaia. Questo altera la percezione dell’immagine, principalmente in seguito a due effetti dell’occhio: Effetto di Hunt: Il colore percepito (colorfulness) in un’immagine aumenta con la luminanza Effetto di Stevens: Il contrasto percepito in un’immagine aumenta con la luminanza 1 1 Da non confondersi con la Legge di Stevens 1
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Page 1: Gabriele Guarnieri - units.it · Si potrebbe pensare che una buona fotografia riproduca la realtà in modo fedele; più precisamente, che i valori XYZ ... Per poterla studiare, è

Mappature non lineari nella fotografia

G G

1 Introduzione

Si potrebbe pensare che una buona fotografia riproduca la realtà in modo fedele; più precisamente, che i valori XYZdella fotografia siano direttamente proporzionali ai valori XYZ della scena reale. Nella fotografia su pellicola questonon è possibile, perché tutte le pellicole hanno una risposta non lineare del tipo a “sigmoide”. Nella fotografia digitale,invece, questo obiettivo è facilmente realizzabile. Tuttavia, si scopre che un’immagine elaborata in questo modonon è gradevole all’occhio: i colori appaiono meno saturi e la scena sembra avere meno contrasto, come se ci fossedella foschia. Invece, le fotocamere digitali e i software per la conversione di immagini raw producono immaginiche appaiono naturali e gradevoli all’occhio. Un confronto fra una fotografia riprodotta in modo lineare e la stessafotografia come viene elaborata dalla fotocamera digitale è visibile in Figura 1.

Figura 1 – Confronto fra una fotografia riprodotta in modo lineare (sinistra) e la stessa fotografia come vieneelaborata dalla fotocamera digitale (destra).

Il motivo non è un errore nei calcoli, bensì una combinazione di effetti percettivi e fisici. L’immagine riprodotta (adesempio su un monitor o stampata) ha una luminanza di gran lunga inferiore alla scena reale: una scena reale puòraggiungere decine di migliaia di cd/m2, mentre un monitor ne raggiunge al massimo poche centinaia. Questo alterala percezione dell’immagine, principalmente in seguito a due effetti dell’occhio:

• Effetto di Hunt: Il colore percepito (colorfulness) in un’immagine aumenta con la luminanza

• Effetto di Stevens: Il contrasto percepito in un’immagine aumenta con la luminanza1

1Da non confondersi con la Legge di Stevens

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Dunque, anche un’immagine riprodotta in modo fedele o “lineare”, calibrando attentamente la fotocamera e il mo-nitor, sembra avere meno colore e meno contrasto a causa dei due effetti citati. Se l’immagine viene riprodotta in unambiente buio, come nel caso di diapositive proiettate o di film al cinema, vi è un terzo effetto:

• Effetto di Bartleson-Breneman: Il contrasto percepito in un’immagine aumenta con la luminanza dello sfondo(surround).

Questo può sembrare contro-intuitivo, perché tipicamente la luce ambiente si somma alla luce dell’immagine e nediminuisce il contrasto. Tuttavia, se si fa in modo che la luce ambiente illumini soltanto le zone intorno all’imma-gine, senza colpire l’immagine stessa, le zone scure dell’immagine appariranno più scure in confronto allo sfondo, edunque il contrasto percepito risulterà maggiore.

In molti casi invece, alla luce dell’immagine si somma della luce indesiderata detta viewing flare, che provoca effet-tivamente una riduzione di contrasto. La causa più comune è luce ambiente riflessa dalla superficie dell’immagine(monitor, schermo per proiezione). Nel §7 vedremo come compensare questo problema.

Un’immagine digitale che contiene valori ricavati dalla scena reale si dice “input referred” o “scene referred” (l’esem-pio più tipico è una fotografia raw), mentre un’immagine che contiene valori pronti per la visualizzazione si dice“output referred”. Il passaggio dalla prima alla seconda deve compensare i fenomeni descritti sopra se si vuole chel’immagine appaia fedele all’originale. Questa trasformazione, detta tone reproduction, è l’argomento di questa di-spensa. Per poterla studiare, è necessario definire prima alcuni concetti. Per approfondimenti, segnaliamo i libri [1] e[2].

2 Il punto di bianco

Il punto di bianco di un monitor è il colore che si ottiene accendendo i 3 primari alla massima intensità. Il punto dibianco della stampa è il colore della carta senza inchiostro. Invece, in punto di bianco di una scena reale è più difficileda definire, in quanto spesso non esiste un massimo “fisico” e la scena può contenere oggetti illuminati in mododiverso o con diverse caratteristiche (riflessione diffusa, speculare, ecc.). Se la scena contiene un soggetto principale,si può definire come punto di bianco la luminanza di un cartoncino che riflette il 90% della luce in modo diffuso2,illuminato come il soggetto principale della scena e parallelo al piano della pellicola o del sensore. Spesso, il valoremisurato in questo modo non è il massimo nella scena, che può contenere superfici chiare orientate nella direzionedella sorgente luminosa (un esempio tipico è un abito da sposa), oggetti speculari o aree illuminate più del soggettoprincipale (ad esempio, nuvole). Per questo motivo, le macchine fotografiche devono poter acquisire valori superiorial bianco. In molte macchine fotografiche digitali, questo margine (in inglese headroom) consente di acquisire finoa 2 volte il livello del bianco stimato dall’esposimetro. Lo stesso valore era utilizzato dal PhotoCD, ed è usato nellospazio colore scene-referred RIMM RGB. In una pellicola (in particolare in un negativo), il margine è ancora maggiore.

I sistemi di riproduzione devono tenere conto del headroom. Se il bianco della scena reale fosse mappato al biancodel monitor o della stampa, le zone più luminose verrebbero saturate. Se invece si mappasse il massimo della scenareale al bianco della riproduzione, si otterrebbero immagini troppo scure. Per questo motivo, è necessario utilizzareuna mappatura non lineare che introduce una saturazione graduale (soft clip). L’ampiezza del soft clip dipende dalmezzo usato per la riproduzione, e vedremo alcuni esempi nel successivo §3.

3 La pellicola e le curve sensitometriche

È interessante studiare il comportamento della pellicola fotografica. Il motivo è che la pellicola è stata ottimizzata,per 150 anni, in modo da produrre fotografie che soddisfino l’acquirente. Dunque, si può dire che una fotografia supellicola risulta gradevole all’osservatore, e per la maggior parte delle persone questo significa che appare fedele allascena reale, o più spesso al ricordo della scena reale. La fotografia digitale cerca di raggiungere lo stesso obiettivo,per cui i risultati ottenuti sono spesso molto simili nonostante la fotografia digitale abbia meno limitazioni fisiche (equesto dimostra quanto spinta fosse l’ottimizzazione delle pellicole). Per questo motivo, talvolta si sente dire che lafotografia digitale “imita la pellicola”.

Una pellicola tipica contiene 3 strati, sensibili alle lunghezze d’onda lunghe, medie e corte, oltre a vari strati di suppor-to e filtri. Durante lo sviluppo, nei 3 strati fotosensibili si formano pigmenti rispettivamente di colore ciano, magenta

2Riflettanze superiori al 90% sono difficili da ottenere

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e giallo, che assorbono la luce rossa, verde e blu. La quantità di pigmento prodotta è una funzione non lineare del-la quantità di luce alla quale la pellicola è stata esposta. Nel 1876, Ferdinand Hurter e Vero Charles Driffield hannoproposto di descrivere la risposta di una pellicola fotografica disegnando un grafico della densità (log10 del reciprocodella riflettanza o trasmittanza) in funzione del logaritmo dell’esposizione (prodotto dell’illuminazione in lux per iltempo di esposizione). Queste curve, dette curve sensitometriche o curve caratteristiche, si trovano tuttora nelle sche-de tecniche delle principali pellicole. Una tipica curva sensitometrica ha una forma a “sigmoide”, con una pendenzapiù o meno alta nelle zone intermedie (a seconda del tipo di pellicola: negativo, diapositiva, stampa su carta, stampacinematografica, ecc.) e una saturazione graduale delle zone chiare e scure.

6.0

CAMERA STOPS

7.0

0.0

4.0

DE

NS

ITY

1.0

2.0

3.0

1.0 2.0

Densitometry:

Exposure:Process: ECN-2

3200 K Tungsten 1/50 sec

Status M

B

G

R

5.05.06.0 2.03.0 0.0 1.0 3.0 4.0

4.0 3.0 2.0 1.0

LOG EXPOSURE (lux-seconds)

0.0 Exposure:1/500 sec Tungsten plus KODAKHeat Absorbing Glass, No. 2043 (plus Series 1700 Filter);Process: ECP-2D; Status A Densitometry

0.0

1.0

2.0

3.0

4.0

5.0

6.0

-3.0 -2.0 -1.0 0.0 1.0 2.0 3.0

LOG EXPOSURE (lux-seconds)

DE

NS

ITY B

G

R

Figura 2 – Curve sensitometriche di un negativo cinematografico (sinistra) e di una pellicola da proiezione(destra).

Ad esempio, in Figura 2 sono riportate le curve sensitometriche di un negativo cinematografico e di una pellicola daproiezione, tratti dalle rispettive schede tecniche. Nel caso più semplice, il negativo si trova nella macchina da presae, dopo il montaggio e la regolazione di esposizione e colori, viene stampato sulla pellicola da proiezione che vienepoi distribuita nelle sale. Procedimenti più complessi ma versatili comprendono la stampa su pellicole intermedie epassaggi in digitale. Le curve sensitometriche del negativo (una per ogni strato, che dopo lo sviluppo assorbe rispet-tivamente luce rossa, verde e blu) hanno un ampio tratto approssimativamente lineare con una pendenza di circa0.6; questo significa che un ampio intervallo di luminanza (pari ad almeno 3 ordini di grandezza) può essere acqui-sito senza saturare e vi è un margine per correggere l’esposizione. Lo sfasamento verticale delle curve implica che ilnegativo ha una dominante arancione; questo effetto è voluto in quanto consente di compensare alcune interazioniindesiderate fra gli strati. La pellicola da proiezione viene impressionata dal negativo e ha un comportamento oppo-sto: le tre curve sono sfasate orizzontalmente per eliminare la dominante arancione e la pendenza è molto alta (circa4). Questo produce una “gamma” tra ingresso e uscita di circa 2.4, adatta a compensare la bassa luminanza dell’im-magine proiettata (il punto di bianco di un tipico proiettore cinematografico è 48 cd/m2) e lo sfondo scuro. Le curvecaratteristiche della pellicola da proiezione sono descritte molto bene dalla seguente equazione, proposta da Green eSaunders:

D =Dmin+Dmax−Dmin

1+10β (log H0−log H ) , (1)

dove H è l’esposizione, H0 è un parametro che regola la posizione orizzontale della curva (più precisamente, coincidecon l’ascissa del punto di flesso) e D è la densità.

In Figura 3 sono riportate le curve sensitometriche di una pellicola per diapositive e di una carta fotografica. Si vedechiaramente che la pellicola per diapositive non è affatto lineare: la pendenza massima è di circa 2.1 e aumenta nellezone scure (in alto) per compensare il flare. La saturazione delle zone chiare (in basso) è molto graduale. Questo èpossibile perché la diapositiva viene proiettata in un ambiente buio, dove l’osservatore non ha punti di riferimento,per cui è possibile aumentare la densità del punto di bianco (e quindi creare un margine) senza che con ciò l’imma-gine appaia scura. Infine, la carta fotografica ha un contrasto nettamente più basso perché la carta riflette comunqueuna certa quantità di luce. Inoltre, il margine disponibile per la saturazione è minore perché l’osservatore ha punti diriferimento (la carta stessa e gli oggetti circostanti), per cui se si aumentasse troppo la densità del bianco l’immagine

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Figura 3 – Curve sensitometriche di una pellicola per diapositive (sinistra) e di una carta fotografica (destra).

stampata apparirebbe scura e sgradevole. Una conseguenza di queste diverse caratteristiche è che, se si vuole stam-pare un’immagine presa da una diapositiva, è necessario elaborarla in modo da passare da una mappatura all’altra.La stampa viene visualizzata in un ambiente luminoso, per cui non deve compensare l’effetto di Bartleson-Breneman,ma la curva caratteristica ha comunque una pendenza maggiore di 1 perché deve compensare la bassa pendenza delnegativo (dal quale la carta viene stampata) e gli effetti di Hunt e Stevens.

4 I concetti di lightness e brightness

Figura 4 – Esperimento per la stima della lightness

La luminosità percepita, detta in inglese lightness (se normalizzata rispetto al bianco) o brightness (se assoluta), èuna funzione non lineare della luminanza fisica. Un modo per verificarlo è di condurre un esperimento come quelloraffigurato in Figura 4. Un osservatore regola la luminanza del rettangolo centrale finché non appare “a metà” fra idue rettangoli a lato. In questo modo, la lightness del rettangolo centrale è, per definizione, la media aritmetica frale lightness dei due rettangoli laterali. Tuttavia, dagli esperimenti risulta che la luminanza scelta dall’osservatore èdiversa dalla media aritmetica. Ad esempio, il “grigio medio” (con lightness a metà fra il bianco e il nero) ha unaluminanza (o riflettanza) pari a circa il 18% di quella del bianco; per questo motivo, i fotografi usano talvolta uncartoncino grigio con riflettanza del 18% per regolare l’esposizione dei mezzitoni nelle fotografie.

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Va sottolineato che l’esperimento in Figura 4 non ha nulla a che fare con le JND e con le mappature ricavate in basead esse (es. correzione gamma, curva DICOM), perché le differenze di luminanza sono sopra soglia.

La brightness non dipende soltanto dalla luminanza del rettangolo, ma anche dal livello di adattamento dell’occhio,che a sua volta dipende dalla luminanza del punto di bianco e dello sfondo. Per confrontare la brightness di rettangolisu sfondi diversi, si può utilizzare la tecnica detta haploscopic matching, in cui i due occhi dell’osservatore vengonofatti adattare a due condizioni di visione diverse. Una formula per stimare la brightness è stata proposta nel 1967 daBartleson e Breneman, dopo lunghi esperimenti con le tecniche descritte [3]. La formula tiene conto della luminanzaassoluta L w del punto di bianco e del luminance factor f dello sfondo:

log B = 1.967+0.1401 log L−γ�

L

3.183

�d

. (2)

I parametri γ e d dipendono dalle condizioni di visualizzazione. In particolare, dipendono dal prodotto di L w ed f , equindi dalla luminanza dello sfondo:

γ= 0.99+0.318 (L w f )0.25 d =−0.0521−0.0427 (L w f )0.093,

Le luminanze sono misurate in cd/m2, mentre B è in unità arbitrarie. Per vedere l’effetto della formula, si può di-segnare dei grafici di brightness in funzione della luminanza, per diversi valori di L w e f . Il risultato è visibile nellaFigura 5. Nel grafico a sinistra si vede che, aumentando L w (cioè spostandosi verso destra), la pendenza delle curveaumenta; dunque una uguale variazione relativa di luminanza produce una risposta percettiva maggiore. Questo èl’effetto di Stevens citato prima. Nel grafico a destra si vede che, se si diminuisce la luminanza dello sfondo, la bright-ness aumenta (l’immagine appare più chiara in confronto allo sfondo) e la pendenza delle curve diminuisce. Questosignifica che un’immagine visualizzata in un ambiente buio (ad esempio una diapositiva proiettata o un film al cine-ma) ha un contrasto percepito più basso. Questo è l’effetto di Bartleson-Breneman, e per compensarlo le diapositive ele pellicole cinematografiche sono tarate in modo da aumentare il contrasto delle immagini (in altri termini, le curvesensitometriche hanno una pendenza alta).

10−210−1

10−1 100 101 102 103 104

100

101

102

Luminanza [cd/m2]

Bri

ghtn

ess

10−110−2

100 101 102

10−1

100

101

102

Luminanza [cd/m2]

Bri

ghtn

ess

Figura 5 – Brightness in funzione della luminanza per diversi valori di L w (sinistra) e f (destra).

5 Costruzione di una mappatura

Il problema della riproduzione delle immagini è di fondamentale importanza nell’industria fotografica e cinemato-grafica. È noto fin dalle origini che una riproduzione lineare non dà risultati gradevoli all’occhio. Inoltre, gli interessidi mercato spingono i costruttori a produrre pellicole e processi di sviluppo che diano risultati gradevoli all’occhio eche “appaiano” fedeli alla scena reale (più spesso, al ricordo che l’utente ha della scena reale), in quanto il consumato-re medio giudica il prodotto in base a questi criteri, e non alla fedeltà “oggettiva” o “colorimetrica”. Ad esempio, alcuniimportanti esperimenti per valutare la qualità di fotografie sono stati condotti da Simonds per stampe e da Clark perdiapositive. Negli esperimenti, una stessa immagine è stata riprodotta in modi diversi variando la pellicola o la carta, i

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reagenti e il tempo di sviluppo; alcuni osservatori hanno valutato la qualità e dal loro giudizio si è individuata la curvaottimale per quell’immagine in quelle condizioni di visualizzazione.

101100

102 103 104 105

101

102

Luminanza in ingresso [cd/m2]

Lum

inan

zain

usc

ita[c

d/m

2]

Figura 6 – Mappature che conservano la brightness relativa, calcolate con l’equazione (2).

In seguito, con il progresso della tecnologia, è diventato possibile studiare il funzionamento dell’occhio umano e ri-cavarne modelli matematici. Si è visto [4] che le mappature che hanno ricevuto valutazioni alte dagli osservatoririproducevano fedelmente, nelle zone intermedie, la brightness relativa dell’immagine. Vediamo dunque che map-patura si ottiene con questo criterio. È sufficiente calcolare la brightness in ingresso, con i parametri L w e f relativialla scena reale, moltiplicare la brightness per una costante minore di 1 e calcolare la luminanza corrispondente in-vertendo (numericamente) l’equazione (2) con i parametri relativi all’immagine riprodotta. Tipicamente, il fattoremoltiplicativo usato per scalare la brightness si calcola in modo da lasciare inalterato il luminance factor (o la riflet-tanza) del grigio medio (più raramente, del bianco). Il risultato è visibile nella Figura 6. Si vede che, nonostante lecurve in Figura 5 fossero non lineari, la mappatura che preserva la brightness relativa è, con ottima approssimazione,una retta in scala logaritmica, cioè una potenza in scala lineare. La pendenza della retta (e quindi l’esponente dellapotenza) sono maggiori di 1 perché la mappatura deve compensare la perdita di contrasto percepito causata daglieffetti di Stevens e Bartleson-Breneman. Le tone reproduction curves (TRC) vengono tipicamente disegnate in scalalog-log sia per analogia con le curve sensitometriche (density vs log exposure), sia per il motivo appena visto.

La mappatura appena vista è stata ricavata per la sola luminanza. Tuttavia, in pratica viene applicata ai 3 canalidi colore. Si è visto che questa tecnica, pur nella sua semplicità, produce risultati apprezzabili, e inoltre riprodu-ce il funzionamento della pellicola fotografica. Per questo scopo sono stati proposti gli spazi colore RIMM RGB eROMM RGB [5], che usano dei primari studiati appositamente per minimizzare eventuali alterazioni di tonalità cau-sate da una mappatura non lineare applicata ai 3 canali. Il RIMM RGB (Reference Input Medium Metric) è uno spazio“scene-referred”, in grado di rappresentare valori fino a 2 volte il punto di bianco. Il ROMM RGB (Reference OutputMedium Metric), detto anche ProPhoto RGB, è uno spazio “output-referred” che usa gli stessi primari ma una diversacorrezione gamma. Va detto, tuttavia, che la scelta dello spazio colore ha un effetto quasi impercettibile.

6 Riproduzione delle zone chiare e scure

Una mappatura lineare in scala log-log, con pendenza > 1 e intercetta tale da preservare il grigio medio, riproducebene i mezzitoni ma provoca una saturazione delle zone chiare e scure, perché i monitor da PC e la stampa nonriescono a riprodurre luminance factor maggiori di 1 o inferiori al livello del nero (la pellicola cinematografica, lediapositive e la televisione analogica invece hanno un margine nelle zone chiare). Una saturazione brusca non ègradevole all’occhio e provoca una perdita di informazione. La soluzione comunemente adottata è di modificare lamappatura introducendo una saturazione graduale nelle zone chiare e, talvolta, anche nelle zone scure. Ad esempiosi può utilizzare la funzione (1), calcolando i parametri in modo che la curva e la derivata prima siano continue nelpunto di raccordo. In questo modo, la curva assume una forma a “sigmoide”, che imita la curva sensitometrica di una

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pellicola. In alternativa si possono usare delle spline, calcolando i nodi in modo da ottenere determinate proprietà(pendenza del tratto lineare, invarianza del grigio medio, ecc.).

La saturazione graduale è più gradevole all’occhio, ma causa comunque un’attenuazione dei dettagli. Nella fotogra-fia tradizionale, questo è un compromesso inevitabile. La tecnica della fotografia ad alta dinamica (HDR), invece,consente di riprodurre una scena su un mezzo a basso contrasto preservando i dettagli. Nella Figura 7 si possonoconfrontare i 4 tipi di riproduzione: lineare, potenza, potenza con soft clip e HDR.

Figura 7 – In ordine di lettura: riproduzione lineare, potenza, potenza con soft clip e HDR.

7 Sottrazione del viewing flare

Come anticipato, in quasi tutte le tecnologie per la riproduzione delle immagini, la luminanza vista dall’osservatore èsuperiore a quella desiderata. Tipicamente, si tratta di luce ambiente riflessa dallo schermo. Anche in un’immagineproiettata in un ambiente buio, parte della luce del proiettore può subire riflessioni indesiderate all’interno dellalente (Figura 8; un fenomeno simile può avvenire all’interno dell’obiettivo della fotocamera). Nella stampa, partedella luce si riflette dalla superficie dell’inchiostro, rimanendo bianca, invece di entrare in profondità e acquisire ilcolore. Questa luce addizionale (in inglese viewing flare) riduce il contrasto percepito nelle immagini, e deve esserecompensata se si desidera ottenere immagini ottimali. In generale non è possibile prevedere quale sarà la quantità diflare, tuttavia le normative danno dei valori di riferimento. Tipicamente, la luminanza del flare viene espressa comepercentuale del punto di bianco (ad esempio, 1% nello standard sRGB). Supponendo che l’immagine abbia valorinormalizzati tra 0 e 1, indicando con L(x , y ) la luminanza originale e con f la luminanza di flare (che supponiamo persemplicità costante su tutta l’immagine), la luce vista dall’osservatore è

L f(x , y ) =L(x , y )+ f

1+ f, (3)

dove il denominatore rinormalizza il massimo ad 1. Per compensare il flare, bisognerebbe invertire l’equazione (3), edunque fare una sottrazione:

L c(x , y ) = (1+ f )L(x , y )− f . (4)

Tuttavia, questo produce valori negativi se L < f /(1+ f ). Per evitare questo problema, è necessario aggiungere unasaturazione graduale anche nelle zone scure. Una possibile tecnica consiste nel modificare la correzione gamma. Allacurva di risposta del monitor si somma la luce ambiente con l’Equazione (3), e si sostituisce la parte inferiore con unsegmento tangente che passa per l’origine. Quindi, si usa l’inversa di questa curva per calcolare la correzione gamma.

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Figura 8 – Riflessioni indesiderate all’interno di un obiettivo possono causare flare.

Nella successiva Figura 9 si potrà vedere che la sottrazione del flare provoca un aumento di pendenza della TRC nellezone scure.

8 Esempio: le immagini televisive

La televisione usa una correzione gamma che non è l’inversa della risposta di un tubo catodico, proprio per aumentareil contrasto e sottrarre il flare. La risposta di un tipico televisore a tubo catodico è

L(V )∝ 0.999 V 2.22+0.001. (5)

La correzione gamma usata dallo standard ITU-R BT.709 è invece [6]

V (L) =

(

1.099L0.45−0.099 L ≥ 0.018

4.500L L < 0.018. (6)

Un grafico in scala log-log della funzione ottenuta componendo la (6) e la (5) è mostrato in figura 9. Si vede chela curva approssima bene una potenza con esponente 1.15, seguita da una sottrazione di flare pari allo 0,75% delbianco. La curva presenta inoltre una saturazione graduale delle zone scure, grazie al tratto lineare della funzione (6).La mappatura conserva il punto di bianco e non prevede una saturazione graduale delle zone chiare. In figura 10 sipuò confrontare un’immagine riprodotta in modo lineare e secondo lo standard televisivo. La mappatura è applicataai 3 canali RGB dell’immagine.

10−3 10−2 10−1 10010−3

10−2

10−1

100

Input luminance factor

Ou

tpu

tlu

min

ance

fact

or

Figura 9 – Blu: mappatura realizzata dal sistema televisivo (la parte tratteggiata corrisponde al segmentolineare). Nero: mappatura lineare. Grigio: potenza con esponente 1.15. Verde: potenza e sottrazione del flare0.75%.

8

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Figura 10 – Fotografia con mappatura lineare (colonne dispari) e televisiva (colonne pari)

9 Esempio: Lo standard ISO/TS 22028-3:2006

Abbiamo ora gli elementi per analizzare un esempio di TRC proposto dalla Kodak e riportato nella normativa [7]. LaTRC viene applicata ai 3 canali di colore dello spazio RIMM RGB e li trasforma in ROMM RGB. Entrambi gli spazi han-no gli stessi primari ma diverse non-linearità [5]. In particolare, il RIMM utilizza una curva identica alla (6), scalatain modo che un luminance factor pari a 2 produca un’uscita pari a 255 (se rappresentata a 8 bit); una variante dellospazio chiamata ERIMM usa una non-linearità di tipo logaritmico che consente un headroom di alcune centinaia.Il ROMM RGB, invece, usa una potenza con esponente 1.8, sostituita da un tratto lineare non tangente all’origine3.La TRC da RIMM RGB a ROMM RGB (entrambi codificati con le rispettive non linearità) è raffigurata in Figura 11 asinistra. Nel grafico a destra, le non-linearità degli spazi RIMM e ROMM sono state eliminate e la curva è raffiguratain scala log-log. Si vede che la curva presenta un tratto approssimativamente lineare nei mezzitoni con una pendenzadi circa 1.75, superiore al valore che deriverebbe dall’equazione di Bartleson-Breneman; un probabile motivo è chegli utenti preferiscono (o tendono a ricordare) immagini con un contrasto e una saturazione dei colori superiori allarealtà. La mappatura preserva la luminanza relativa del grigio medio (18%), indicato con un cerchio rosso. La curvapresenta una saturazione graduale nelle zone chiare come si è visto; in particolare, un luminance factor di 2 (il massi-mo rappresentabile dallo spazio RIMM RGB, e il massimo acquisibile da molte fotocamere) viene mappato al biancodella riproduzione, mentre il bianco della scena reale viene riprodotto con un luminance factor di circa 0.93. Dun-que il headroom dopo la mappatura è piuttosto ristretto, e il motivo è che questa mappatura è pensata per produrreimmagini da stampare o visualizzare su un monitor, che quindi apparirebbero sgradevolmente scure se il headroomfosse maggiore. La pendenza della curva aumenta nelle zone scure per sottrarre il flare.

In Figura 12 si può vedere il risultato ottenuto applicando la mappatura appena vista sui 3 canali dell’immagine ne-gli spazi RIMM/ROMM RGB. Va detto tuttavia che la scelta dello spazio colore è quasi ininfluente; ad esempio, siottengono risultati quasi indistinguibili operando nello spazio LMS della fotocamera.

Riferimenti bibliografici

[1] Edward J. Giorgianni and Thomas E. Madden. Digital Color Management: Encoding Solutions, Second Edition.John Wiley & Sons, Ltd., 2008.

3Questo comportamento è stato scelto per compatibilità con il software Photoshop, che originariamente poneva un limite di pendenza allecurve.

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0 255

RIMM RGB input

0

255R

OM

MR

GB

ou

tpu

t

10−3 10−2 10−1 100 101

Input luminance factor

10−4

10−3

10−2

10−1

100

Ou

tpu

tlu

min

ance

fact

or

Figura 11 – Esempio di mappatura riportato nello standard ISO/TS 22028-3:2006. Sinistra: mappatura daRIMM RGB a ROMM RGM, codificati con le rispettive non linearità. Destra: mappatura in scala log-log. Ilgrigio medio (18%) è indicato con un cerchio rosso.

Figura 12 – Immagine elaborata con la mappatura descritta nello standard ISO/TS 22028-3:2006.

[2] Hsien-Che Lee. Introduction to Color Imaging Science. Cambridge University Press, 2005.

[3] C. J. Bartleson and E. J. Breneman. Brightness perception in complex fields. Journal of the Optical Society ofAmerica, 57(7), July 1967.

[4] C. J. Bartleson. Criterion for tone reproduction. Journal of the Optical Society of America, 58(7), July 1968.

[5] Kevin E. Spaulding, Geoffrey J. Woolfe, and Edward J. Giorgianni. Reference input/output medium metric RGBcolor encodings (RIMM/ROMM RGB). In IS AND TS PICS CONFERENCE, pages 155–163, 2000.

[6] International Telecommunication Union. Recommendation ITU-R BT.709-4: Parameter Values for the HDTVStandards for Production and International Programme Exchange, 2000.

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Page 11: Gabriele Guarnieri - units.it · Si potrebbe pensare che una buona fotografia riproduca la realtà in modo fedele; più precisamente, che i valori XYZ ... Per poterla studiare, è

[7] International Organization for Standardization. ISO Technical Specification ISO/TS 22028-3:2006 “Photographyand graphic technology – Extended colour encodings for digital image storage, manipulation and interchange –Part 3: Reference input medium metric RGB colour image encoding (RIMM RGB).”, 2006.

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