+ All Categories
Home > Documents > GIORNALE DI BRESCIA VENERDÌ 3 DICEMBRE 2010 …

GIORNALE DI BRESCIA VENERDÌ 3 DICEMBRE 2010 …

Date post: 16-Oct-2021
Category:
Upload: others
View: 1 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
1
A rnaldo Pomodoro è stato negli ultimi decenni lo scultore italia- no più celebrato nel mondo (dai Gran Premi alle Biennali di San Paolo del ’63 e Venezia del ’64 fino al Premium Imperiale - il Nobel giapponese - del ’90) per grandi interventi ambientali: piramidi, stele istoriate, obelischi, cubi, ci- lindri, dischi e sfere che sembrano strap- pati al segreto di grandi civiltà della terra e dei metalli. Solidi perfetti, «magici», che si fendono come voragini nella terra e rivela- no il brulicare delle proprie energie segre- te, o misteriose corrispondenze, come straordinarie macchine insieme archeo- logiche e fantascientifiche. Una sua lan- cia di luce alta 7 metri da qualche giorno svetta in piazza Zanardelli a Chiari, da do- ve s’irradia tutta l’antica struttura urba- na, annunciando il desiderio di sfidare lo spazio condensato nella scultura di Po- modoro, che torna alla Galleria l’Incontro di Chiari (via XXVI Aprile 38) con la quale avviò una collaborazione già nel 2006. Domani, sabato, alle 17.30, il famoso scul- tore sarà presente alla vernice della mo- stra - poi aperta fino al 27 febbraio - che concentra in 22 opere, anche di notevoli dimensioni, le sue idee ed i suoi grandi sti- lemi. Costituisce anzi l’anteprima presti- giosa d’una rassegna nel 2011 alla Malbo- rough di New York, una delle più impor- tanti allerie del mondo. Pomodoro è scul- tore che intende l’arte come istituzione umana e sociale, che coinvolge e modifi- ca la forma urbana e il paesaggio. Come nella lancia clarense, i bronzi dorati spec- chianti, gli scorrimenti della luce nelle va- rie ore del giorno, i ristagni sui piombi cu- pi permettono di rinnovare continua- mente il punto di vista, così come inserzio- ni o giustapposizioni di alfabeti cifrati, enigmatici, danno architettura segnica al divenire continuo dell’esistenza. Pomo- doro è nato nel 1926 in Romagna ma ha trascorso l’infanzia nel Montefeltro. Ha sempre richiamato in quel Montefeltro il modello primario del suo fare scultura: il contrasto tra l’ordine rinascimentale, la dolcezza delle colline e l’improvvisa scheggiatura della rupe di San Leo. Dopo una prima esperienza di oreficeria, è maturato alla scultura a Milano negli an- ni ’50, raccogliendo due istanze apparen- temente antitetiche dell’epoca: l’inquie- tudine dell’informale, tesa a sondare la psiche affondando nella materia, e la fidu- cia in forme simboliche come strutture eterne della conoscenza, capaci di richia- mare al dialogo con un deposito mitico, arcaico, stratificato nel fondo della co- scienza di ogni uomo. È il segno brulican- te che muove lo spazio, lo rende «instabi- le», lo proietta dalla quotidianità «ordina- ta» in regioni remote, prossime al sogno ed alla grande utopia. Come il «continuum» parietale di sei pan- nelli (160 x 450 cm) che innalza per la pri- ma volta a Chiari, tra scrittura simbolica nella materia e sviluppo tendenzialmen- te infinito, a scandire la corrispondenza tra strutture umane e cosmiche. Il ritmo musicale sta alla base della sua scultura, perché il peso della materia scompaia. Dal cuore spaccato dei solidi di Pomodo- ro si sprigionano energie che vogliono es- sere coinvolgenti: recano messaggi che paiono magari indecifrabili, ma sono se- gni d’un passaggio d’antenati o di vite fu- turibili su pianeti lontani. C’è chi sottoli- nea come «La colonna del viaggiatore» po- trebbe aver ispirato lo Stanley Kubrick di «2001, Odissea nello spazio», film epocale del 1968. L’artista ha fatto convivere la funzione dinamica e ritmica del segno fit- tamente ripetuto, che evoca anche remo- te grafie arcaiche (specie la cuneiforme delle tavolette d’argilla mesopotamiche), con i grandi modelli formali che da inizia- li bassorilievi sono evoluti in volumi rego- lari primari, legati alla grande utopia co- struttivista nella tensione all’esattezza di rapporti (anche dell’uomo integrale, in un mondo più giusto). Ma a Pomodoro si deve pure un magnifi- co spazio per l’arte contemporanea con la sua Fondazione a Milano, in via Solari. Cinque anni fa l’avviò con «La scultura ita- liana del XX secolo»; ora, fino al 30 genna- io, propone «La scultura italiana del XXI secolo», con opere di artisti tutti nati nel Secondo ’900, da Nunzio e Dessì a Catte- lan, Bartolini, Dynys, Arienti, Moro, Bee- croft, Cecchini, Sissi, Demetz, Cuoghi, fi- no ai giovani Sassolino, Simeti, Previdi, Gennari. Una scultura che mette in crisi il fondamento plastico, talora persino la for- ma concreta delle cose, ma si propone an- cora come il linguaggio capace di «motiva- re» lo spazio a luogo di senso e di riflessio- ne. Perché noi stiamo perdendo il senso dello spazio e del mondo intero, nella pro- gressiva sostituzione dell’idea di durata con quella di istantaneità. Gli artisti rac- colgono le energie stesse che strutturano le forme, accettano anche il senso dell’as- senza (quel che non si vede, ma c’è). Fausto Lorenzi Romero, il vescovo che udì il grido del suo popolo Presentato il libro di Anselmo Palini sul prelato ucciso in Salvador. «Un montinianoin America Latina» Arnaldo Pomodoro nelsuostudio Un’anteprima della mostra alla Malborough di New York ARNALDO POMODORO Anselmo Palini autoredellibro suOscarRomero CULTURA&SPETTACOLI Sfida allo spazio, arcaica e futuribile Alla Galleria L’Incontro di Chiari si apre una mostra con opere, anche di grande impatto, dello scultore italiano forse più celebrato nel mondo negli ultimi decenni. I grandi interventi ambientali Nella sua Fondazione a Milano ora è in mostra la scultura del XXI secolo I l 24 marzo 1980 Oscar Romero vie- ne ucciso da un colpo di fucile du- rante la Messa che sta celebrando nell’ospedale della Divina Provvi- denza. Sono trascorsi 30 anni dall’assas- sinio di questo «martire e testimone del- la fede e della nonviolenza»: così l’ha defi- nito ieri Anselmo Palini, alla libreria del- l’Università Cattolica, presentando il suo libro «Oscar Romero. Ho udito il gri- do del mio popolo» (Ave edizioni, prefa- zione di Maurizio Chierici) nel quale rico- struisce la biografia dell’arcivescovo di San Salvador. All’incontro - organizzato da Pax Christi, Ccdc, Azione Cattolica, Acli, Società di San Vincenzo de’ Paoli - hanno partecipato Gianni Borsa, diretto- re editoriale di Ave, e Fulvio De Giorgi, docente di Storia dell’educazione al- l’Università di Modena-Reggio Emilia. De Giorgi ha riletto il libro di Palini evi- denziando il drammatico contesto in cui operò: «La repubblica a regime militare» del Salvador, governata da un’oligarchia violenta e segnata dalla «violenza struttu- rale» della miseria in cui era costretta a vivere la maggior parte della popolazio- ne. Romero si confrontava con «due li- nee pastorali estreme: da una parte la spinta rivoluzionaria della teologia della liberazione, che non rifiutava la lotta ar- mata; dall’altra la forte presenza nel Pae- se di un tradizionalismo cattolico conser- vatore e filo oligarchico». Quando divenne arcivescovo, all’inizio del 1977, era ritenuto un cauto conserva- tore. Ma egli fu, secondo De Giorgi, «un montiniano incarnato nella situazione pastorale dell’America Latina». Ispirato in gioventù dalle encicliche di Pio XI che nel 1937 «affermò la fermezza della Chie- sa contro le violenze della politica e la ne- cessità di essere fedeli a Dio prima che agli uomini», Romero cercò una «bene in- tesa teologia della liberazione, operan- do un discernimento che rifiutasse la vio- lenza». Fu però un atto violento a cam- biare la sua vita: l’assassinio, il 12 marzo 1977, del padre gesuita Rutilio Grande, che esercitava l’attività pastorale in una parrocchia rurale condividendo le condi- zioni di vita dei contadini. Da questo evento scaturisce «il vero e an- che l’unico Romero». Nell’omelia che pronuncia al funerale di Grande «è conte- nuto il suo programma pastorale», che si richiama a Paolo VI: la Chiesa partecipa alla lotta di liberazione dei poveri e degli emarginati, prestando ad essa «uomini liberatori, ai quali però dà un’ispirazio- ne di fede e, soprattutto, una motivazio- ne di amore, di amore fraterno». Il 21 giugno 1978 incontra il Papa che gli conferma il proprio sostegno, mentre cresce contro di lui l’ostilità dei militari; ma anche dalla Conferenza episcopale salvadoregna si levano non poche voci critiche. «Romero - ricorda Palini - ha prestato la propria voce al suo popolo: lo faceva soprattutto nelle omelie del pri- mo mattino, quando non aveva scrupoli nel denunciare con nomi e cognomi le responsabilità». Il libro contiene molte, emozionanti citazioni dai suoi discorsi: «Si deve mettere bene in chiaro - afferma- va - che il conflitto è tra il governo e il popolo. Vi è conflitto con la Chiesa per- ché noi ci poniamo dalla parte del popo- lo». Pure, l’arcivescovo cercava il dialogo con tutti: dopo la sua morte il Paese cad- de in una guerra civile durata 12 anni. Giovanni Paolo II - col quale Romero eb- be inizialmente un rapporto controver- so - nel maggio 2000 l’ha annoverato tra i martiri del XX secolo. Accanto al suo no- me Palini invita a porre anche quello di un bresciano: don Pierluigi Murgioni, dal 1972 per 5 anni imprigionato e tortu- rato in Uruguay. È morto nel 1993. Fu lui a tradurre in italiano il Diario di Romero. Nicola Rocchi Continuum elancia diluce Sculture di Arnaldo Pomodoro a Chiari: a sinistra, un pannello del «Continuum» parietale che innalza per la prima volta a L’Incontro; sopra la Lancia di luce alta 7 metri collocata in piazza Zanardelli e una colonna-icona GIORNALEDIBRESCIA VENERDÌ 3 DICEMBRE 2010 51
Transcript
Page 1: GIORNALE DI BRESCIA VENERDÌ 3 DICEMBRE 2010 …

Arnaldo Pomodoro è stato negliultimidecenniloscultoreitalia-no più celebrato nel mondo(dai Gran Premi alle Biennali di

San Paolo del ’63 e Venezia del ’64 fino alPremiumImperiale- ilNobel giapponese-del ’90)per grandiinterventiambientali:piramidi,steleistoriate,obelischi,cubi,ci-lindri, dischi e sfere che sembrano strap-patial segretodigrandiciviltàdellaterraedeimetalli. Solidi perfetti, «magici», che sifendonocomevoragininellaterraerivela-noilbrulicare delleproprieenergiesegre-te, o misteriose corrispondenze, comestraordinarie macchine insieme archeo-logiche e fantascientifiche. Una sua lan-cia di luce alta 7 metri da qualche giornosvettainpiazzaZanardelli aChiari,dado-ve s’irradia tutta l’antica struttura urba-na, annunciando il desiderio di sfidare lospazio condensato nella scultura di Po-modoro,chetorna allaGalleria l’Incontrodi Chiari (via XXVI Aprile 38) con la qualeavviò una collaborazione già nel 2006.Domani,sabato,alle17.30,il famososcul-tore sarà presente alla vernice della mo-stra - poi aperta fino al 27 febbraio - checoncentra in 22 opere, anche di notevolidimensioni, lesueideeedisuoigrandisti-lemi. Costituisce anzi l’anteprima presti-giosa d’una rassegna nel 2011 alla Malbo-rough di New York, una delle più impor-tanti allerie del mondo. Pomodoro è scul-tore che intende l’arte come istituzioneumana e sociale, che coinvolge e modifi-ca la forma urbana e il paesaggio. Comenella lancia clarense, i bronzi dorati spec-chianti, gli scorrimenti della luce nelleva-rie ore del giorno, i ristagni sui piombi cu-pi permettono di rinnovare continua-

menteilpuntodivista,cosìcomeinserzio-ni o giustapposizioni di alfabeti cifrati,enigmatici, danno architettura segnica aldivenire continuo dell’esistenza. Pomo-doro è nato nel 1926 in Romagna ma hatrascorso l’infanzia nel Montefeltro. Hasempre richiamato in quel Montefeltro ilmodello primario del suo fare scultura: ilcontrasto tra l’ordine rinascimentale, ladolcezza delle colline e l’improvvisascheggiatura della rupe di San Leo.Dopo una prima esperienza di oreficeria,èmaturatoallasculturaaMilanoneglian-ni ’50, raccogliendo due istanze apparen-temente antitetiche dell’epoca: l’inquie-tudine dell’informale, tesa a sondare la

psicheaffondandonellamateria,elafidu-cia in forme simboliche come struttureeterne della conoscenza, capaci di richia-mare al dialogo con un deposito mitico,arcaico, stratificato nel fondo della co-scienzadi ogni uomo. È il segno brulican-te che muove lo spazio, lo rende «instabi-le», lo proietta dalla quotidianità «ordina-ta» in regioni remote, prossime al sognoed alla grande utopia.Comeil«continuum»parietale diseipan-nelli (160 x 450 cm) che innalza per la pri-ma volta a Chiari, tra scrittura simbolicanella materia e sviluppo tendenzialmen-te infinito, a scandire la corrispondenzatra strutture umane e cosmiche. Il ritmomusicale sta alla base della sua scultura,perché il peso della materia scompaia.Dal cuore spaccato dei solidi di Pomodo-rosi sprigionano energie che vogliono es-sere coinvolgenti: recano messaggi chepaiono magari indecifrabili, ma sono se-gni d’un passaggio d’antenati o di vite fu-

turibili su pianeti lontani. C’è chi sottoli-neacome«Lacolonnadelviaggiatore»po-trebbe aver ispirato lo Stanley Kubrick di«2001,Odissea nello spazio», film epocaledel 1968. L’artista ha fatto convivere lafunzionedinamica eritmicadel segnofit-tamente ripetuto, che evoca anche remo-te grafie arcaiche (specie la cuneiforme

delle tavolette d’argilla mesopotamiche),conigrandi modelli formali che da inizia-libassorilievi sono evoluti in volumirego-lari primari, legati alla grande utopia co-struttivista nella tensione all’esattezza dirapporti (anche dell’uomo integrale, inun mondo più giusto).Ma a Pomodoro si deve pure un magnifi-

co spazio per l’arte contemporanea conla sua Fondazione a Milano, in via Solari.Cinqueannifal’avviòcon«Lasculturaita-liana del XX secolo»; ora, fino al 30 genna-io, propone «La scultura italiana del XXIsecolo», con opere di artisti tutti nati nelSecondo ’900, da Nunzio e Dessì a Catte-lan, Bartolini, Dynys, Arienti, Moro, Bee-croft, Cecchini, Sissi, Demetz, Cuoghi, fi-no ai giovani Sassolino, Simeti, Previdi,Gennari. Una scultura che mette in crisi ilfondamentoplastico,talorapersinolafor-maconcretadellecose,masiproponean-coracomeillinguaggiocapacedi«motiva-re» lo spazio a luogo di senso e di riflessio-ne. Perché noi stiamo perdendo il sensodellospazioedelmondointero,nellapro-gressiva sostituzione dell’idea di duratacon quella di istantaneità. Gli artisti rac-colgono le energie stesse che strutturanole forme, accettano anche il senso dell’as-senza (quel che non si vede, ma c’è).

Fausto Lorenzi

Romero, il vescovo che udì il grido del suo popoloPresentato il libro di Anselmo Palini sul prelato ucciso in Salvador. «Un montiniano in America Latina»

ArnaldoPomodoronel suo studio

Un’anteprima della mostraalla Malborough di New York

ARNALDO POMODORO

Anselmo Paliniautore del librosu Oscar Romero

CULTURA&SPETTACOLI

Sfida allo spazio, arcaica e futuribileAlla Galleria L’Incontro di Chiari si apre una mostra con opere, anche di grande impatto, delloscultore italiano forse più celebrato nel mondo negli ultimi decenni. I grandi interventi ambientali

Nella sua Fondazione a Milano oraè in mostra la scultura del XXI secolo

Il 24 marzo 1980 Oscar Romero vie-ne ucciso da un colpo di fucile du-rante la Messa che sta celebrandonell’ospedale della Divina Provvi-

denza. Sono trascorsi 30 anni dall’assas-sinio di questo «martire e testimone del-lafede edella nonviolenza»:così l’ha defi-nito ieri Anselmo Palini, alla libreria del-l’Università Cattolica, presentando ilsuo libro «Oscar Romero. Ho udito il gri-do del mio popolo» (Ave edizioni, prefa-zionedi MaurizioChierici) nelquale rico-struisce la biografia dell’arcivescovo diSan Salvador. All’incontro - organizzatoda Pax Christi, Ccdc, Azione Cattolica,Acli, Società di San Vincenzo de’ Paoli -hanno partecipato Gianni Borsa,diretto-re editoriale di Ave, e Fulvio De Giorgi,docente di Storia dell’educazione al-l’Università di Modena-Reggio Emilia.De Giorgi ha riletto il libro di Palini evi-denziando il drammatico contesto in cuioperò: «La repubblica a regime militare»del Salvador, governata da un’oligarchiaviolentae segnatadalla «violenzastruttu-rale» della miseria in cui era costretta avivere la maggior parte della popolazio-ne. Romero si confrontava con «due li-nee pastorali estreme: da una parte laspinta rivoluzionaria della teologia della

liberazione, che non rifiutava la lotta ar-mata; dall’altra la forte presenza nel Pae-sedi un tradizionalismocattolico conser-vatore e filo oligarchico».Quando divenne arcivescovo, all’iniziodel 1977, eraritenuto un cauto conserva-tore. Ma egli fu, secondo De Giorgi, «unmontiniano incarnato nella situazionepastorale dell’America Latina». Ispiratoin gioventù dalle encicliche di Pio XI chenel 1937«affermò la fermezza della Chie-sacontro le violenzedella politicae la ne-cessità di essere fedeli a Dio prima cheagliuomini», Romerocercòuna«benein-tesa teologia della liberazione, operan-doun discernimento che rifiutasselavio-lenza». Fu però un atto violento a cam-biare la sua vita: l’assassinio, il 12 marzo1977, del padre gesuita Rutilio Grande,che esercitava l’attività pastorale in unaparrocchiarurale condividendo le condi-zioni di vita dei contadini.Daquesto evento scaturisce «il vero e an-che l’unico Romero». Nell’omelia chepronunciaal funeralediGrande «èconte-nuto il suo programma pastorale», che sirichiama a Paolo VI: la Chiesa partecipaalla lotta di liberazione dei poveri e degliemarginati, prestando ad essa «uominiliberatori, ai quali però dà un’ispirazio-

ne di fede e, soprattutto, una motivazio-ne di amore, di amore fraterno».Il 21 giugno 1978 incontra il Papa che gliconferma il proprio sostegno, mentrecresce contro di lui l’ostilità dei militari;ma anche dalla Conferenza episcopalesalvadoregna si levano non poche vocicritiche. «Romero - ricorda Palini - haprestato la propria voce al suo popolo: lofaceva soprattutto nelle omelie del pri-mo mattino, quando non aveva scrupolinel denunciare con nomi e cognomi leresponsabilità». Il libro contiene molte,emozionanti citazioni dai suoi discorsi:«Sideve metterebene inchiaro - afferma-va - che il conflitto è tra il governo e ilpopolo. Vi è conflitto con la Chiesa per-ché noi ci poniamo dalla parte del popo-lo». Pure, l’arcivescovo cercava il dialogocon tutti: dopo la sua morte il Paese cad-de in una guerra civile durata 12 anni.Giovanni Paolo II - col quale Romero eb-be inizialmente un rapporto controver-so - nel maggio 2000 l’ha annoverato tra imartiri del XX secolo. Accanto al suo no-me Palini invita a porre anche quello diun bresciano: don Pierluigi Murgioni,dal 1972 per 5 anni imprigionato e tortu-rato in Uruguay. È morto nel 1993. Fu luia tradurre in italiano il Diario di Romero.

Nicola Rocchi

Continuum e lancia di luce■ Sculture di Arnaldo Pomodoro a Chiari: asinistra, un pannello del «Continuum» parietaleche innalza per la prima volta a L’Incontro;sopra la Lancia di luce alta 7 metri collocata inpiazza Zanardelli e una colonna-icona

GIORNALE DIBRESCIA VENERDÌ 3 DICEMBRE 2010 51

Recommended