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Gli studenti con Deficit di Attenzione e Iperattività ... · quale prevede che le presentazioni...

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Imparare – 4/2007 http://www.ledonline.it/imparare/ 65 Enrico Gatti - Elisa Paganini - Arianna Guarnieri Gli studenti con Deficit di Attenzione e Iperattività beneficiano della multimedialità e/o dell’ipertestualità? [email protected] 1. INTRODUZIONE Il termine «ipermedialità» è un neologismo che indica la fusione di conte- nuti multimediali in una struttura ipertestuale, l’unione di multimedialità e ipertestualità. «Multimedialità», secondo la definizione proposta da Richard Mayer (2001), indica la presentazione di materiale in forma verbale, ossia tramite parole, e in forma iconica, ovvero mediante immagini. «Ipertestua- lità» si riferisce a un tipo di struttura testuale che non deve essere obbligato- riamente considerata secondo un ordine prestabilito – come avviene nel te- sto tradizionale – in quanto è possibile scegliere la sequenza con cui accede- re ai contenuti. Varie ricerche hanno dimostrato l’efficacia sia della multimedialità che dell’ipertestualità nel garantire un migliore apprendimento. Per quanto con- cerne la multimedialità diversi contributi hanno posto in evidenza ciò che Mayer (2001) definisce «effetto multimediale»: gli studenti apprendono me- glio (ossia ricordano e comprendono di più) a partire da una presentazione che associa testo e immagini (sotto forma di illustrazioni o animazioni), ri- spetto a una presentazione che utilizza solamente il testo. Tale effetto risul- ta coerente con l’ipotesi della doppia codifica formulata da Paivio (1991), la quale prevede che le presentazioni multimediali, sfruttando un doppio co- dice, garantiscono un miglior ricordo. Esso, tuttavia, è spiegabile conside- rando, oltre al processo di codifica, i processi di elaborazione delle infor- mazioni. In tal senso la teoria cognitiva dell’apprendimento multimediale di Mayer (2001) sostiene che il materiale in formato multimediale, consenten- do il contemporaneo mantenimento nella memoria di lavoro delle rappre- sentazioni verbali e figurali corrispondenti, funge da supporto nella costru-
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Enrico Gatti - Elisa Paganini - Arianna Guarnieri

Gli studenti con Deficit di Attenzione e Iperattività beneficiano della multimedialità e/o dell’ipertestualità?

[email protected]

1. INTRODUZIONE

Il termine «ipermedialità» è un neologismo che indica la fusione di conte-nuti multimediali in una struttura ipertestuale, l’unione di multimedialità e ipertestualità. «Multimedialità», secondo la definizione proposta da Richard Mayer (2001), indica la presentazione di materiale in forma verbale, ossia tramite parole, e in forma iconica, ovvero mediante immagini. «Ipertestua-lità» si riferisce a un tipo di struttura testuale che non deve essere obbligato-riamente considerata secondo un ordine prestabilito – come avviene nel te-sto tradizionale – in quanto è possibile scegliere la sequenza con cui accede-re ai contenuti.

Varie ricerche hanno dimostrato l’efficacia sia della multimedialità che dell’ipertestualità nel garantire un migliore apprendimento. Per quanto con-cerne la multimedialità diversi contributi hanno posto in evidenza ciò che Mayer (2001) definisce «effetto multimediale»: gli studenti apprendono me-glio (ossia ricordano e comprendono di più) a partire da una presentazione che associa testo e immagini (sotto forma di illustrazioni o animazioni), ri-spetto a una presentazione che utilizza solamente il testo. Tale effetto risul-ta coerente con l’ipotesi della doppia codifica formulata da Paivio (1991), la quale prevede che le presentazioni multimediali, sfruttando un doppio co-dice, garantiscono un miglior ricordo. Esso, tuttavia, è spiegabile conside-rando, oltre al processo di codifica, i processi di elaborazione delle infor-mazioni. In tal senso la teoria cognitiva dell’apprendimento multimediale di Mayer (2001) sostiene che il materiale in formato multimediale, consenten-do il contemporaneo mantenimento nella memoria di lavoro delle rappre-sentazioni verbali e figurali corrispondenti, funge da supporto nella costru-

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zione di un modello verbale, di un modello figurale e delle connessioni tra i due. Poiché la costruzione di connessioni è un passaggio fondamentale nel-la comprensione dei concetti, l’allievo ha maggiori probabilità di giungere a una comprensione più profonda e, disponendo di un modello integrato più ricco, a una maggiore capacità di rievocazione.

Anche l’ipertestualità presenta numerosi vantaggi di tipo cognitivo. Per Calvani (1997) in un ipertesto elettronico i link, cioè i comandi che permet-tono di passare da un nodo (blocco di testo) all’altro, oltre a servire da con-nessione fra i nodi, forniscono informazioni circa le relazioni (subordinate, sovraordinate, associative ecc.) esistenti fra di essi. Queste relazioni possono essere anche sintetizzate in una sorta di mappa che guida l’utente ad accede-re al testo in modo più chiaro e funzionale. La ricerca psicologica mostra, in-fatti, che l’apprendimento è migliore e più duraturo se il soggetto riesce con chiarezza a individuare i legami che sussistono tra le informazioni che incon-tra, per poi poterle integrare con quelle già presenti in memoria. In questa prospettiva l’ipertesto simulerebbe i percorsi della nostra attività di pensie-ro, facilitando la possibilità di associazione non sequenziale delle informazio-ni, aiutandoci quindi a imparare in un modo più funzionale (Granic e La-mey, 2000).

L’ipermedialità, pertanto, grazie sia alla componente multimediale che a quella ipertestuale, sembra favorire un miglior apprendimento nella misura in cui consente la costruzione di una rappresentazione mentale del materia-le da apprendere più ricca e comprensiva delle relazioni tra i concetti. L’iper-medialità, inoltre, favorisce un miglior apprendimento agendo anche sul pia-no motivazionale. Una presentazione ipermediale, infatti, si mostra più at-traente rispetto a un libro di testo perché può contenere molte immagini, anche animate; inoltre i discenti hanno la possibilità di diventare essi stessi i «piloti» del proprio apprendimento in quanto possono lasciarsi guidare dalla loro curiosità e in base a questa scegliere l’ordine con cui esplorare il materia-le ipermediale (Landow, 1998). In particolare, un interesse più alto favorisce una maggiore attenzione e un maggior impegno nel comprendere il materia-le con una conseguente attivazione non solo dei processi basilari mediante i quali le informazioni vengono immagazzinate in memoria ma anche dei pro-cessi necessari per una comprensione più profonda.

Tuttavia non mancano studi che pongono in evidenza, accanto ai van-taggi, gli aspetti problematici dell’ipermedialità, connessi sia alla dimensio-ne multimediale che a quella ipertestuale. Come afferma Bruschi (1998-99), «alcune ricerche stanno dimostrando che, per quanto riguarda l’apprendi-mento, non sempre la grafica rappresenta il corretto supporto al testo. Pare anzi che, in alcuni casi, la presenza delle immagini costituisca un fattore di disturbo per la memorizzazione delle informazioni». Tale posizione sembra

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trovare sostegno in diversi tipi di considerazioni. Mayer (2001) mette in luce come una presentazione multimediale costruita in maniera difforme rispet-to ad alcuni «principi dell’apprendimento multimediale» (Mayer 2001), da lui empiricamente dimostrati, può essere d’ostacolo all’apprendimento. Inol-tre l’efficacia di una presentazione multimediale non è indipendente da alcu-ne caratteristiche individuali, quali lo stile verbalizzatore o visualizzatore (Ri-ding, 2001; Cornoldi, De Beni, Gruppo MT, 2001) e la disponibilità di buo-ne o scarse abilità visuospaziali (Mayer, 2001). Pertanto anche una multime-dialità ben strutturata non sempre favorisce l’apprendimento ma funge piut-tosto da prezioso supporto solamente per coloro che dispongono delle risorse necessarie per potersene servire.

Anche la componente ipertestuale non è esente dal suscitare problemi. L’assenza di una sequenzialità predefinita, infatti, può condurre l’utente al di-sorientamento, ossia a una difficoltà a comprendere l’organizzazione generale del materiale, connessa a una perdita del senso della posizione in cui ci si tro-va e a una difficoltà ad approdare in qualche altro punto che si sa (o si pen-sa) esistere nella rete (Shin, Schallert, Savenye, 1994; Hanhwe e Hirtle, 1995; Calvani, 1997; Dias e Sousa, 1997; Landow, 1998; Van Nimwegen, Pouw, Van Oostendorp, 1999; Mariani, 2002; Muller-Kalthoff e Moller, 2003; Lee e Tedder, 2003).

Occorre, pertanto, tener presente che la ricchezza di elementi informati-vi e strategici se da un lato costituisce il punto di forza dell’ipermedia, dall’al-tro può esserne anche il punto di debolezza nella misura in cui provoca nel di-scente un sovraccarico cognitivo dovuto al dover fronteggiare molteplici com-piti e percorsi (Schnotz, 1990). In conclusione è possibile affermare che l’iper-medialità presenta delle risorse che le consentono di favorire un migliore ap-prendimento, tuttavia può suscitare anche delle difficoltà, specialmente qualo-ra non risulti costruita in modo coerente rispetto al funzionamento cognitivo del discente (Chandler e Sweller, 1991; Mayer, 2001; Schnotz e Lowe, 2003).

In questo contributo ci si propone di analizzare gli effetti dell’iper-media sull’apprendimento nei ragazzi con Deficit di Attenzione e Iperattivi-tà (DDAI), ossia quel disturbo evolutivo dell’autocontrollo, che si manifesta mediante i sintomi di disattenzione, iperattività e impulsività (APA, 2000; Marzocchi, 2003). Si tratta di un ambito ancora poco indagato; esigue, infat-ti, sono le ricerche empiriche al riguardo e praticamente inesistenti i tentativi di inquadramento teorico. I pochissimi contributi presenti in letteratura sem-brano segnalare l’esistenza di effetti positivi dell’apprendimento ipermediale nei soggetti con DDAI. Fabio, Antonietti e Tiezzi (2003) mostrano che bam-bini con DDAI di età compresa tra 8 e 10 anni, esposti a una presentazione in formato sia visivo che uditivo anziché soltanto uditivo, riescono a ottene-re una prestazione simile a quella dei bambini «normali». Solomonidou, Ga-

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ragouni-Areou e Zafiropoulou (2004) rilevano che sia la multimedialità che l’ipertestualità favoriscono una diminuzione dei sintomi del DDAI, negli al-lievi che ne sono affetti, durante la navigazione dell’ipermedia. Infine Fabio e Antonietti (2005), mediante una ricerca condotta su ragazzi di età compre-sa tra i 12 e i 14 anni, dimostrano che gli effetti positivi dell’ipermedialità sull’apprendimento degli allievi con DDAI non si riscontrano tanto al livel-lo dell’acquisizione (testato mediante una prova di apprendimento al termine della navigazione), quanto piuttosto a livello di ritenzione (testato mediante una prova somministrata a distanza di un mese) e ciò sia per quanto riguarda la conoscenza dichiarativa, che quella condizionale e procedurale.

In questa sede non soltanto ci proponiamo di capire in che misura l’iper-medialità facilita l’apprendimento nei ragazzi con DDAI ma anche di scin-dere gli effetti della componente multimediale da quelli della componente ipertestuale, cercando di comprendere se, e a quali condizioni, possono costi-tuire una risorsa per compensare le carenze legate alla disattenzione e all’iper-attività.

2. METODO

2.1. Individuazione del campione

Al fine di costituire un campione iniziale sono stati presi contatti con alcu-ni dirigenti scolastici delle scuole secondarie di primo grado della Provincia di Milano. Grazie alla loro disponibilità si è avuta la possibilità di consegna-re la richiesta di consenso informato ai genitori di 846 allievi, dei quali, han-no dato il consenso alla ricerca in 509 (60,2%), 251 maschi e 258 femmine. Successivamente per ciascuno dei 509 allievi sono stati compilati i seguenti strumenti:1. Scala SDAI (Scala Disturbo di Attenzione e Iperattività – versione Inse-

gnanti) (Marzocchi e Cornoldi, 2001): si tratta di un questionario costitui-to da 18 items, corrispondenti ai sintomi del DDAI indicati dal DSM-IV,

e composto da due subscale, una relativa alla disattenzione (i 9 items di-spari), l’altra all’iperattività-impulsività (i 9 items pari). Se il soggetto ot-tiene almeno 14 punti in almeno una delle due subscale, con buone pro-babilità è possibile formulare una diagnosi di DDAI.

2. Scala SDAG (Scala Disturbo di Attenzione e Iperattività – versione Ge-nitori) (Marzocchi e Cornoldi, 2001): è costruita in modo parallelo alla SDAI e viene compilata dai genitori del ragazzo.

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3. Scala SCOD (Scala di Valutazione dei Comportamenti Dirompen-ti) (Marzocchi, 2000): è un questionario composto da due subscale. La prima consente di comprendere se il ragazzo presenta un Disturbo del-la Condotta o un Disturbo Oppositivo/Provocatorio, la seconda rileva la presenza di Deficit di Apprendimento, in particolare in ambito linguisti-co e aritmetico. La SCOD, inoltre, consente di raccogliere alcune infor-mazioni generali, relativamente alla presenza di segnali di ritardo menta-le, psicosi, ansia e depressione, mediante quattro quesiti ai quali il docen-te risponde in maniera affermativa o negativa.

Dai punteggi emersi dalla somministrazione degli strumenti sopra de-scritti, congiuntamente a una considerazione della valutazione conseguita da ciascun ragazzo in Italiano e Matematica nel primo quadrimestre, sono state individuate tre categorie di soggetti:1. Soggetti con DDAI: sono stati individuati ponendo attenzione alla con-

cordanza tra la valutazione espressa dall’insegnante e quella indicata dal genitore. In particolare sono stati selezionati coloro che almeno in una subscala della SDAI hanno conseguito un punteggio pari o superiore a 14 e almeno in una subscala della SDAG un punteggio superiore a quel-lo medio, calcolato sulla base dei valori che i 509 genitori hanno attribui-to alle manifestazioni comportamentali dei propri figli (il punteggio me-dio della subscala «Disattenzione» è pari a 8, quello relativo alla subscala «Iperattività-impulsività» pari a 6). Inoltre sono stati esclusi coloro che, a partire dalle valutazioni ottenute nella scala SCOD, presentano disturbi comportamentali o psicopatologie associabili ad ansia, depressione, psico-si e ritardo mentale.

2. Soggetti di controllo con basso rendimento scolastico: si tratta di ragazzi che in Italiano e Matematica hanno conseguito valutazioni basse (insuffi-cienti), non presentano né DDAI, né disturbi di comportamento o psico-patologie.

3. Soggetti di controllo con alto rendimento scolastico: si tratta di allievi che in Italiano e in Matematica hanno riportato un giudizio di valutazione alto/medioalto e non presentano nessuno dei disturbi rilevati dalle scale SDAI, SDAG e SCOD.

Sulla base delle tre tipologie di soggetti individuate si è costituito un campione di ricerca composto da 164 allievi di età compresa tra 11 e 15 anni, dei quali 108 maschi (65,8%) e 56 femmine (34,1%), così suddivisi:• 58 allievi con DDAI, di cui 38 maschi e 20 femmine;• 49 allievi con basso rendimento scolastico, di cui 33 maschi e 16 fem-

mine;• 57 allievi con alto rendimento scolastico, di cui 37 maschi e 20 femmine

(vedi Tabelle 1 e 2).

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Tab. 1 – Composizione del campione per genere e tipologia di soggetto(Percentuali tra parentesi)

TIPOLOGIADI

SOGGETTO

GENERE TOTALE

Maschio Femmina

DDAI 38(65,5%)

20(34,5%)

58(35,3%)

Controllo basso 33(67,3%)

16(32,7%)

49(29,9%)

Controllo alto 37(64,9%)

20(35,1%)

57(34,8%)

Totale 108(65,8%)

56(34,2%)

164(100,0%)

Tab. 2 – Composizione del campione per età e tipologia di soggetto(Percentuali tra parentesi)

TIPOLOGIADI

SOGGETTO

ETÀ TOTALE

12 13 14 15

DDAI 15(9,1%)

23(14%)

19(11,6%)

1(0,6%)

58

Controllo basso

16(9,8%)

20(12,2%)

13(7,9%)

0(0%)

49

Controlloalto

16(9,8%)

21(12,8%)

19(11,6%)

1(0,6%)

57

Totale 47(28,7%)

64(39%)

51(31,1%)

2(1,2%)

164

2.2. Descrizione dell’unità di apprendimento

Ai fini della conduzione della ricerca è stata appositamente progettata un’uni-tà di apprendimento. Affinché l’effetto delle conoscenze preesistenti potesse essere eliminato, si è scelto di considerare, quale tematica oggetto di studio, le teorie dell’apprendimento, un argomento di cui sicuramente gli studenti non hanno mai sentito parlare.

Sono state create quattro versioni della medesima unità:1) multimediale e ipertestuale (MM IP): i concetti sono espressi sia in modo

verbale, mediante testo scritto, sia in modo figurale, mediante immagini, la struttura di navigazione, inoltre, è ipertestuale gerarchica;

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2) non multimediale e ipertestuale (nMM IP): i concetti sono presentati sol-tanto in forma testuale; la struttura di navigazione è ipertestuale gerarchica;

3) multimediale e non ipertestuale (MM nIP): i concetti sono espressi sia in modo verbale, mediante testo scritto, sia in modo figurale, mediante im-magini; il soggetto può esaminare il materiale solamente in maniera se-quenziale, cioè seguendo un ordine prestabilito;

4) non multimediale e non ipertestuale (nMM nIP): i concetti sono presen-tati soltanto in forma testuale e la struttura di navigazione è sequenziale e prestabilita.

L’assegnazione dei soggetti alle quattro condizioni sperimentali non è stata completamente casuale, ma è stata effettuata facendo in modo che l’età, il genere e la categoria di appartenenza fossero equiripartiti (vedi Tabella 3).

Tab. 3 – Tipologia di soggetto e condizione sperimentale(Percentuali tra parentesi)

TIPOLOGIADI

SOGGETTO

CONDIZIONE TOTALE

MM 1

IPMMnIP

nMMIP

nMMnIP

DDAI 16(9,8%)

13(7,8%)

10(6,1%)

19(11,6%)

58(35,3%)

Controllo basso

15(9,1%)

10(6,1%)

9(5,5%)

15(9,2%)

49(29,9%)

Controllo alto

16(9,8%)

12(7,3%)

9(5,5%)

20(12,2%)

57(34,8%)

Totale 47(28,7%)

35(21,3%)

28(17,1%)

54(32,9%)

164(100,0%)

2.3. Procedura sperimentale

La ricerca è stata condotta nell’aula di informatica della scuola frequentata da ciascun soggetto, dove i ragazzi facenti parte del campione sono stati convo-cati a gruppi di quattro. In primo luogo si è detto loro che erano stati prescel-ti per partecipare a una ricerca sull’apprendimento al computer e che l’attivi-tà da svolgere avrebbe previsto la visione di un’unità di studio, lo svolgimen-

1 MM = multimediale; IP = ipertestuale; nMM = non multimediale; nIP = non ipertestuale.

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to di una prova di logica e, infine, la compilazione di una prova di apprendi-mento relativa alla presentazione precedentemente esaminata; in particolare si è sottolineata l’importanza di esaminare attentamente il materiale in vista della successiva verifica di apprendimento.

La prima fase ha riguardato la visione della forma assegnata dell’unità di apprendimento da parte di ciascun ragazzo, il quale era affiancato da un operatore, che, in caso di necessità, forniva indicazioni sulla modalità con cui passare da una sezione alla successiva e su di una scheda riportava il tempo impiegato dall’allievo a esaminare la prima e la seconda parte della presenta-zione, nonché il tempo totale (l’allievo non aveva limitazioni di tempo) ed eventuali annotazioni.

Nella seconda fase, al termine della visione dell’unità di apprendimen-to, l’allievo è stato sottoposto alle Matrici Progressive di Raven, un test in-tellettivo che consente la misurazione dell’intelligenza non verbale. La som-ministrazione delle Matrici Progressive di Raven ha consentito di verificare l’omogeneità del campione sotto il profilo intellettivo, in quanto differenze significative nel livello intellettivo si sarebbero potute riflettere nei punteggi conseguiti nella prova di apprendimento.

Infine nella terza fase l’allievo è stato sottoposto a una prova di verifica dell’apprendimento, la quale consisteva in una serie di dieci domande aper-te, delle quali 3 verificavano le conoscenze dichiarative, 3 le conoscenze pro-cedurali e 4 le conoscenze condizionali. La durata della prova non ha previ-sto limitazioni di tempo; la valutazione è stata effettuata assegnando un pun-to per ogni risposta esatta e mezzo punto per ogni risposta corretta, ma in-completa.

3. RISULTATI

Nella presente ricerca è stato utilizzato un disegno fattoriale tra soggetti del tipo 4 × 3. Le variabili indipendenti, infatti, sono due: la «condizione speri-mentale» e la «tipologia di soggetto», la prima a quattro livelli (MM IP versus MM nIP versus nMM IP versus nMM nIP), la seconda a tre (DDAI versus Controlli alti versus Controlli bassi). Le variabili dipendenti, invece, consisto-no nel numero totale di risposte corrette nella prova di apprendimento, non-ché nel numero di risposte esatte conseguite separatamente nelle domande concernenti, rispettivamente, le conoscenze dichiarative, condizionali e pro-cedurali.

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3.1. Analisi dei dati

3.1.1. Risultati relativi al punteggio totale

Inizialmente è stata compiuta un’analisi univariata della varianza (ANOVA) sui punteggi totali riportati da tutti i soggetti nella prova di apprendimen-to. Da questa analisi emergono come significativi gli effetti dovuti al fatto-re «tipologia di soggetto» [F (3,160) = 27,59; p < 0,001]. A prescindere dal-la condizione sperimentale a cui i soggetti sono stati assegnati, gli allievi con alto rendimento scolastico ottengono punteggi più elevati dei soggetti con DDAI, i quali, a loro volta conseguono risultati migliori rispetto ai soggetti con basso rendimento (vedi Figura 1).

Fig. 1 – Punteggi totali ottenuti dalle tre tipologie di soggetti nelle quattro condizioni sperimentali

L’analisi della varianza mette inoltre in evidenza che il punteggio totale otte-nuto dagli studenti varia significativamente a seconda che la condizione sia ipertestuale o meno [F (3,160) = 3,77; p < 0,05]. Osservando la Figura 1 e la Tabella 4, infatti, è possibile notare che l’ipertestualità produce un migliora-mento nella prestazione di tutte e tre le tipologie di soggetti. Invece il pun-

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teggio totale ottenuto dagli studenti non varia significativamente in relazione alla presenza o assenza di immagini [F (3,160) = 0,001; p = 0,97].

Anche l’interazione tra tipologia di soggetto e condizione sperimenta-le, sia ipertestuale [F (3,160) = 0,82; p = 0,44] che multimediale [F (3,160) = 2,10; p = 0,13], non risulta statisticamente significativa. Tuttavia è possi-bile notare un trend: nei soggetti con basso rendimento scolastico e in quel-li con DDAI la prestazione nella condizione ipertestuale e multimediale tende a peggiorare rispetto a quella ipertestuale non multimediale, mentre negli studenti con alto rendimento scolastico si verifica una tendenza op-posta.

Si rileva infine che anche l’interazione multimedialità/ipertestualità-tipologia di soggetti non risulta significativa [F (3,160) = 0,138; p = 0,87].

Tab. 4 – Medie (d.s. tra parentesi) dei punteggi totali per tipologia di soggetto e condizione sperimentale

TIPOLOGIADI

SOGGETTO

CONDIZIONE TOTALE

MMIP

MMnIP

nMMIP

nMMnIP

DDAI 3,4(2,3)

2,3(2)

4,6(3,6)

2,8(2)

3,2(2,5)

Controllo basso

2,4(1,7)

2,2(2)

2,8(1,7)

2,1(2,1)

2,3(1,8)

Controllo alto

6,6(2,7)

6(2,7)

5,4(2,9)

5,1(2,7)

5,8(2,7)

Totale 4,2(2,9)

3,5(2,8)

4,3(3)

3,5(2,6)

3,8(2,8)

3.1.2. Risultati per tipologia di conoscenza

Rispetto a quanto considerato fino ad ora, ulteriori aspetti possono essere po-sti in luce considerando, quale variabile dipendente, il punteggio conseguito nelle domande relative ai tre diversi tipi di conoscenze (dichiarative, condi-zionali e procedurali).

Le medie e le deviazioni standard relative ai punteggi che gli allievi han-no ottenuto nelle domande concernenti le conoscenze dichiarative sono ri-portate in Tabella 5. Risultano statisticamente significativi gli effetti dovuti alla tipologia di soggetto [F (3,160) = 12,96; p < 0,001]. Non emergono al-tri effetti significativi.

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Tab. 5 – Medie (d.s. tra parentesi) dei punteggi nelle domande dichiarativeper tipologia di soggetto e condizione sperimentale

TIPOLOGIADI

SOGGETTO

CONDIZIONE TOTALE

MMIP

MMnIP

nMMIP

nMMnIP

DDAI 0,9(1,1)

0,4(1)

1,8(2,7)

0,8(0,9)

0,9(1,5)

Controllobasso

0,6(1)

0,6(1,1)

0,9(1,1)

0,6(1,2)

0,7(1,1)

Controlloalto

2,9(2)

2(1,7)

1,7(1,6)

1,8(1,9)

2,2(1,9)

Totale 1,5(1,8)

1(1,5)

1,5(1,9)

1,1(1,5)

1,3(1,6)

Fig. 2 – Punteggio nelle conoscenze dichiarative per tipologia di soggetto e condizione sperimentale

Ciononostante, come mostra la Figura 2, si nota un andamento similare a quello riscontrato per quanto riguarda i punteggi totali: i soggetti con bas-so rendimento scolastico e quelli con DDAI nella condizione ipertestuale e multimediale tendono a peggiorare la loro prestazione rispetto a quando si trovano in una condizione ipertestuale non multimediale; gli studenti con al-to rendimento scolastico, invece, mostrano una tendenza opposta.

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Dall’analisi della varianza condotta sui punteggi relativi alle conoscenze condizionali è risultato significativo soltanto l’effetto della tipologia di sog-getto [F (3,160) = 26,25; p < 0,001]. Gli altri effetti non sono significativi.

Nella Tabella 6 sono riportate le medie dei punteggi ottenuti dai tre gruppi di soggetti nelle domande condizionali. Osservando la Figura 3 si no-ta che i soggetti con DDAI mostrano un andamento sovrapponibile a quello emerso nelle altre tipologie di conoscenza.

Tab. 6 – Medie (d.s. tra parentesi) dei punteggi nelle domande condizionali per tipologia di soggetto e condizione sperimentale

TIPOLOGIADI

SOGGETTO

CONDIZIONE TOTALE

MMIP

MMnIP

nMMIP

nMMnIP

DDAI 2,1(1,2)

1,8(1,5)

2,2(0,7)

1,9(1)

2(1,1)

Controllobasso

1,4(1)

1,5(1,3)

1,5(1)

1,3(1,1)

1,4(1)

Controlloalto

3(0,6)

3,1(0,6)

2,8(0,9)

2,7(1,1)

2,9(0,9)

Totale 2,2(1,1)

2,2(1,3)

2,2(1)

2(1,2)

2,1(1,2)

Fig. 3 – Punteggio nelle conoscenze condizionali per tipologia di soggetto e condizione sperimentale

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Tab. 7 – Medie (d.s. tra parentesi) dei punteggi nelle domande procedurali per tipologia di soggetto e condizione sperimentale

TIPOLOGIADI

SOGGETTO

CONDIZIONE TOTALE

MMIP

MMnIP

nMMIP

nMMnIP

DDAI 0,4(0,8)

0,1(0,3)

0,7(0,9)

0,2(0,5)

0,3(0,7)

Controllobasso

0,3(0,7)

0,1(0,3)

0,4(0,6)

0,2(0,4)

0,2(0,5)

Controlloalto

0,6(0,9)

0,8(1)

0,9(0,8)

0,6(0,8)

0,7(0,9)

Totale 0,4(0,8)

0,3(0,7)

0,7(0,8)

0,3(0,6)

0,4(0,7)

Fig. 4 – Punteggio nelle conoscenze procedurali per tipologia di soggetto e condizione sperimentale

Anche nell’analisi sui punteggi relativi alle conoscenze procedurali è risulta-to significativo soltanto l’effetto della tipologia di soggetto [F (3,160) = 7,76; p < 0,005].

La Tabella 7 mostra le medie e le deviazioni standard dei punteggi ot-tenuti dai tre gruppi di soggetti nelle domande procedurali. Come mostra la

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Figura 4 anche nelle conoscenze procedurali gli allievi con DDAI mostrano prestazioni più elevate nelle condizioni ipertestuali.

4. DISCUSSIONE

A seguito della descrizione dei risultati è possibile avanzare alcune considera-zioni interpretative. Un primo dato degno di nota è relativo all’effetto bene-fico della componente ipertestuale: tutti gli allievi, in modo particolare quel-li con DDAI, quando navigano una presentazione ipertestuale apprendono meglio rispetto a quando la presentazione non offre libertà di scelta. Ciò ri-sulta in linea con quanto detto in precedenza sulle potenzialità cognitive con-nesse all’uso dell’ipertestualità e indica l’efficacia della modalità ipertestuale nei soggetti con DDAI. È lecito supporre che tali soggetti, essendo caratteriz-zati da un deficit motivazionale – come gli studi di Douglas (1983), Barkley (1997) e Van der Meere (1998) consentono di supporre – in presenza della possibilità di pilotare il loro percorso di apprendimento risultino più interes-sati e in tal modo riescano maggiormente a orientare le proprie risorse cogni-tive e comportamentali sul compito richiesto. In tal senso l’ipertestualità, ol-tre a consentire una modalità di apprendimento più coerente rispetto al fun-zionamento cognitivo favorendo la creazione di associazioni tra i concetti, consentirebbe una compensazione del deficit motivazionale di cui i soggetti con DDAI sono affetti.

Da quanto emerso, invece, non appare altrettanto promettente negli al-lievi con DDAI il ricorso alla multimedialità. Tale risultato è suscettibile di varie considerazioni. In primo luogo è possibile valutare il ruolo giocato dal-l’organizzazione del materiale. In linea con il modello dell’apprendimento multimediale di Mayer (2001) possiamo affermare che la presentazione di in-formazioni mediante testo scritto e immagini potrebbe aver prodotto un so-vraccarico del canale visivo/figurale. Testo scritto e illustrazioni, infatti, ve-nendo entrambi percepiti mediante gli occhi, giungono nel canale visivo/figu-rale dove, a causa della limitatezza delle risorse disponibili, entrano in com-petizione, mentre il canale uditivo/verbale risulta praticamente inutilizzato. I soggetti con DDAI, i quali presentano deficit di autoregolazione cognitiva (Barkley, 1997), potrebbero aver risentito negativamente di tale condizione, faticando a elaborare contemporaneamente il testo e le immagini. In secondo luogo, l’allievo con DDAI, a causa della particolare sensibilità verso gli ele-menti percettivamente più salienti (Douglas, 1983), potrebbe essere stato in-dotto, risentendo di un effetto di dominanza percettiva, a privilegiare le im-magini rispetto al testo, con una conseguente difficoltà nella comprensione

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del materiale. In terzo luogo la multimedialità potrebbe aver provocato nei discenti con DDAI un sovraccarico cognitivo, in quanto, a fronte della scar-sità di risorse attentive, il ragazzo potrebbe aver disperso la sua attenzione su più frammenti informativi senza riuscire a integrarli in una rappresentazione mentale coerente.

Occorre, inoltre tener presente che la maggior parte delle ricerche con-dotte relativamente all’apprendimento multimediale e ipermediale nei sog-getti normododati e con DDAI si sono avvalse di argomenti legati a storie inventate, oppure al funzionamento di sistemi fisici o naturali (cfr. Mayer, 2001; Fabio, Antonietti, Tiezzi, 2003; Fabio e Antonietti, 2005); la presen-te ricerca, invece, si è avvalsa di una tematica di studio piuttosto «astratta» (le teorie dell’apprendimento). Probabilmente l’utilizzo di illustrazioni potrebbe essersi rivelato meno utile rispetto a presentazioni in cui l’argomento oggetto di studio si presta maggiormente a una rappresentazione di tipo visivo.

Infine, il fatto che la presenza delle immagini, diversamente da quanto emerge negli allievi con DDAI e quelli con basso rendimento, risulti tenden-zialmente benefica nei ragazzi con alto rendimento sembra confermare che per poter beneficiare della multimedialità occorre disporre di risorse attentive e cognitive di cui gli allievi più in difficoltà sono carenti.

In generale è possibile constatare come, mentre nei ragazzi con alto ren-dimento l’ipermedialità facilita l’apprendimento, nei ragazzi con DDAI e basso rendimento la combinazione di ipertestualità e multimedialità non si rivela proficua.

Considerando le prestazioni ottenute dalle differenti tipologie di sog-getti nelle diverse tipologie di conoscenza non sono emersi dati significati-vi, ciononostante è possibile constatare che i soggetti con DDAI mostrano lo stesso andamento, speculare a quello descritto poco sopra, in riferimento a tutte e tre le tipologie di conoscenza.

Alla luce di tali considerazioni è lecito ritenere che l’ipermedialità non produca effetti benefici generalizzati in tutti i soggetti poiché richiede risorse cognitive di cui particolari tipologie di allievi non dispongono a sufficienza. Inoltre sembra che, indipendentemente dalla tipologia di soggetto, la com-ponente ipertestuale sia quella che contribuisce maggiormente alla determi-nazione del valore dell’ipermedialità.

5. CONCLUSIONI

Quanto emerso ci consente di comprendere che l’ipermedialità, nelle sue componenti multimediale e ipertestuale, non può essere intesa come strate-

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gia per inviare una pluralità di stimoli con la speranza che l’allievo tanto più viene stimolato, tanto più si lasci attrarre dal materiale oggetto di studio. Es-sa va pensata in relazione alle caratteristiche del funzionamento cognitivo, il quale solo per alcuni aspetti è comune a tutti i discenti; per molti altri, infat-ti, presenta caratteristiche differenti, connesse alla variabilità interindividua-le. I ragazzi con DDAI costituiscono un’espressione di tale variabilità, presen-tando caratteristiche peculiari che occorre tenere in adeguata considerazione. Rispetto a tali soggetti, in particolare, si è potuto constatare come l’utilizzo di modalità di presentazione alternative rispetto al testo tradizionale possa co-stituire un valido aiuto nel momento in cui consente una compensazione dei deficit motivazionali e cognitivi caratterizzanti; tuttavia, può rivelarsi poco utile o addirittura svantaggiante laddove rischia di provocare un sovraccarico cognitivo o un effetto distraente.

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