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Guida alla lettura della traduzione italiana del Saggio sul principio della popolazione, basata sulla 6° edizione originale del 1826. FRANCESCO TESTA UNIVERSITÀ DI PISA PISA TESTA.FR@HOTMAIL.COM INDICE 1. Introduzione 2. Biografia 3. Contesto storico 4. L’opera: Essay on the Principle of Population as it Affects the Future Improvement of Society with Remarks on the Speculations of Mr. Godwin, M. Condorcet, and Other Writers 5. Passi dall’opera 6. Malthusianesimo 7. Le edizioni 7.1 Edizioni tradotte in altre lingue 7.2 Biblioteca dell’Economista 8. Sociologi ed Economisti 8.1 Attilio Cabiati 8.2 Giuseppe Prato 9. Riferimenti 1. INTRODUZIONE Questa guida si concentra sull'analisi di una delle traduzioni italiane dell’opera di Malthus, pubblicata nel 1946, facente parte della collana Sociologi ed Economisti. 2. BIOGRAFIA Economista e demografo inglese, Thomas Robert Malthus nacque a Dorking, un luogo a sud di Londra il 13 febbraio 1766. Figlio di una famiglia benestante, suo padre Daniel, era un amico personale del filosofo David Hume e profondamente influenzato da Jean-Jacques Rousseau, il cui Emile (1762) potrebbe essere la causa di idee liberali che si nutre l'educazione di suo figlio. Il giovane Thomas Malthus fu infatti essenzialmente affidato a un tutore fino all’età di diciotto anni, anno in cui venneo ammesso al Jesus College
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Guida alla lettura della traduzione italiana del Saggio sul principio

della popolazione, basata sulla 6° edizione originale del 1826.

FRANCESCO TESTA

UNIVERSITÀ DI PISA PISA

[email protected]

INDICE

1. Introduzione 2. Biografia 3. Contesto storico 4. L’opera: Essay on the Principle of Population as it Affects the Future Improvement of Society with

Remarks on the Speculations of Mr. Godwin, M. Condorcet, and Other Writers 5. Passi dall’opera 6. Malthusianesimo 7. Le edizioni

7.1 Edizioni tradotte in altre lingue 7.2 Biblioteca dell’Economista

8. Sociologi ed Economisti 8.1 Attilio Cabiati 8.2 Giuseppe Prato

9. Riferimenti

1. INTRODUZIONE

Questa guida si concentra sull'analisi di una delle traduzioni italiane dell’opera di Malthus, pubblicata nel

1946, facente parte della collana Sociologi ed Economisti.

2. BIOGRAFIA

Economista e demografo inglese, Thomas Robert Malthus nacque a Dorking, un luogo a sud di Londra il 13 febbraio 1766. Figlio di una famiglia benestante, suo padre Daniel, era un amico personale del filosofo David Hume e profondamente influenzato da Jean-Jacques Rousseau, il cui Emile (1762) potrebbe essere la causa di idee liberali che si nutre l'educazione di suo figlio. Il giovane Thomas Malthus fu infatti essenzialmente affidato a un tutore fino all’età di diciotto anni, anno in cui venneo ammesso al Jesus College

di Cambridge. Lì studiò molte materie e vinse premi in declamazione inglese, latino e greco prima di laurearsi nel 1788. Circa dieci anni dopo fu ordinato pastore anglicano ad Albury. All’età di 38 anni si sposò, un evento che lo portò a lasciare la borsa di studio a Cambridge. Il suo matrimonio risultò essere felice ed ebbe tre figli. L’anno dopo, nel 1805, fu nominato professore di economia politica presso il collegio di Haileybury, un collegio gestito da e per la formazione generale dei dipendenti della East India Company Fu seppellito nella abbazia di Bath in Nel 1834

(Fig.1.Malthus, Thomas Robert)

3. CONTESTO STORICO

La crescente tensione tra la Francia rivoluzionaria e le potenze monarchiche d’Europa sfocia nelle cosiddette “guerre rivoluzionarie francesi”. Esse furono combattute dal 1792 al 1802 dalla Francia rivoluzionaria contro gran parte delle potenze europee, ostili alla Rivoluzione e decise a frenare l'espansionismo ideologico e territoriale francese e restaurare l'Antico regime. Cronologicamente vengono anche suddivise in guerra della prima coalizione (1792 - 1797), che terminò con il trattato di Campoformio, e in guerra della seconda coalizione (1798 - 1802); in realtà la Francia fu costantemente in guerra con la Gran Bretagna dal 1793 fino al 1802, anno in cui le ostilità cessarono ufficialmente col Trattato di Amiens. Secondo l’accordo, la Gran Bretagna avrebbe riconosciuto come legittima la Repubblica francese, oltre a confermare la "pace, la fratellanza e la comprensione" tra le parti, stabilì anche la reciproca restituzione dei prigionieri e degli ostaggi. La pace di compromesso sancita ad Amiens lasciava scontenti entrambi i contendenti, che ben presto si rinfacciarono reciprocamente violazioni del trattato: da un lato, Napoleone influenzò pesantemente le elezioni tenutesi nella Repubblica Batava; dall'altro lato, il Regno Unito era riluttante a cedere la strategica isola di Malta per restituirla ai suoi precedenti proprietari, i Cavalieri Ospitalieri. La situazione si fece progressivamente insostenibile, ed il 18 maggio 1803 il Regno Unito dichiarò formalmente guerra alla Francia, dando così inizio alle "guerre napoleoniche" vere e proprie. Il conflitto tra Francia e Inghilterra termina 1815, anno in cui fu combattuta la battaglia di Waterloo, la più sanguinosa delle guerre napoleoniche. Fu l’ultima battaglia di Napoleone e sancì la sua definitiva sconfitta.

(Fig. 2, Battaglia di Waterloo)

Negli stessi anni, avveniva in Inghilterra la prima rivoluzione industriale. Questo processo permise il passaggio da un sistema produttivo artigianale, basato su strumenti manuali, ad un sistema industriale basato sulla macchina attraverso l’invenzione di nuove tecniche, di nuovi macchinari e l’applicazione di nuove fonti energetiche. Dapprima i settori interessati dalla rivoluzione tecnologica furono quello tessile e siderurgico, ma ben presto le nuove tecniche interessarono tutti gli altri settori produttivi. La prima rivoluzione industriale ebbe notevoli ripercussioni sociali in quanto accompagnò tutta una serie di profonde trasformazioni nell'economia e nella vita sociale.

La popolazione inglese ha iniziato attorno al 1750 a crescere sempre più rapidamente. Da 5.9 milioni all'inizio del secolo, passerà a 9.1 milioni nel 1800 fino a superare i 40 milioni. I tassi di crescita demografica superano facilmente il 5% con periodi a tassi superiori anche al 10-15%. Le cause di questo sviluppo vennero inizialmente attribuite alla riduzione della mortalità e al progresso in campo medico. Tuttavia, l'aumento demografico registrato a partire dal 1750 è dato dall'effetto forbice: riduzione del tasso di mortalità e aumento del tasso di natalità determinati da fattori economici, primi fra tutti il miglioramento alimentare apportato dalla rivoluzione agricola. L'aumento del tasso di fecondità va però anche ascritto ai matrimoni più precoci e alle nascite illegittime che hanno accompagnato lo sviluppo urbano e la vita di fabbrica. Lo sviluppo

demografico non è però un fattore sufficiente per dare avvio all'industrializzazione. Al contrario, potrebbe essere causa di povertà se la produzione economica non riesce a progredire con lo stesso ritmo.

Proprio per questo motivo, l’Inghilterra elisabettiana, introdusse le Poor laws, un sistema assistenziale rivolto alle fasce più povere della popolazione. Queste leggi prevedevano una forma di sostegno per individui che, a causa dell'età o di malattia, non erano in grado di svolgere attività lavorativa e mancavano di mezzi propri di sostentamento. Coloro che, invece, erano fisicamente in grado di svolgere un lavoro, venivano obbligatoriamente occupati nelle work-houses. Alla fine del XVIII secolo fu poi introdotto il sistema detto di

Speenhamland, che provvedeva al sostentamento dei lavoratori che percepivano un salario ritenuto al di sotto del limite minimo di sussistenza.

Il «principio malthusiano» ebbe un ruolo centrale nel dibattito sulle leggi sui poveri. Se il salario era destinato a ruotare attorno al livello di sussistenza, qualsiasi tentativo di migliorare il benessere economico dei gruppi a basso reddito sarebbe stato vanificato da un aumento della popolazione. Il ragionamento economico mostrava, dunque, che le speranze di miglioramento non andavano riposte nei cambiamenti istituzionali o in politiche sociali a favore dei poveri, ma solo dal «freno preventivo» alla crescita della popolazione.

Malthus esorta tutti gli uomini e soprattutto i poveri, in una limitazione volontaria delle nascite attraverso l’astensione dal matrimonio.

(Fig. 3, Immagine raffigurante la prima rivoluzione industriale)

4. L’OPERA: ESSAY ON THE PRINCIPLE OF POPULATION AS IT AFFECTS THE FUTURE

IMPROVEMENT OF SOCIETY WITH REMARKS ON THE SPECULATIONS OF MR. GODWIN, M. CONDORCET, AND OTHER WRITERS

La fama di Malthus è legata all’Essay on the Principle of Population as it Affects the Future Improvement of Society with Remarks on the Speculations of Mr. Godwin, M. Condorcet, and Other Writers,(1798 – Saggio sul principio di popolazione e sui suoi effetti sul futuro miglioramento della società) un testo di demografia pubblicato anonimamente nel 1798 sotto il nome fittizio di J.Johnson, in seguito identificato nel reverendo Thomas Robert Malthus. Le altre sue opere fra cui Ricerca sulla natura e sul progresso della rendita (1815), Principi di economia politica considerati dal punto di vista della loro applicazione pratica (1820), La misura del valore (1823) e Definizioni di economia politica (1827) sono meno famose del Saggio, ma non meno importanti. Nel suo testo, Malthus, sostenne che l’incremento demografico avrebbe spinto a coltivare terre sempre meno fertili con conseguente penuria di generi di sussistenza per giungere all’arresto dello sviluppo

economico, poiché la popolazione tenderebbe a crescere in progressione geometrica, quindi più velocemente della disponibilità di alimenti, che crescono invece in progressione aritmetica (teoria questa che sarà poi ripresa da altri economisti per teorizzare l’esaurimento del carbone prima, e del petrolio dopo) e ne segue che l’aumento delle risorse non riesce a tenere il passo con la crescita della popolazione; vi saranno sempre più esseri umani e, proporzionalmente, sempre meno risorse sufficienti a sfamarli .Le sue osservazioni partono dallo studio delle colonie inglesi del New England, dove la disponibilità “illimitata” di nuova terra fertile ha permesso uno sviluppo “naturale” della popolazione con una progressione quadratica mentre, dove ciò non è possibile, si verificano periodiche carestie con conseguenti epidemie. La teoria demografica di Malthus ispirò la corrente del malthusianesimo che sostiene il ricorso al controllo delle nascite per impedire l’impoverimento dell’umanità. L’incremento demografico può tuttavia essere ritardato da freni repressivi come guerre, epidemie, carestie o da freni preventivi come la restrizione morale.

Quest’ultima, a cui Malthus esorta tutti gli uomini e soprattutto i poveri, consiste in una limitazione volontaria delle nascite attraverso l’astensione dal matrimonio.

Malthus propone quindi di adottare ogni misura atta a scoraggiare la natalità e di abolire la “legge sui poveri”, poiché la carità è un incentivo all’incremento di popolazione. In questa maniera, dopo aver sostenuto il crescente divario in atto tra la crescita demografica e quella delle risorse per la sussistenza, Malthus si fa portavoce di un liberalismo radicale e sfrenato, secondo cui ogni singolo individuo è e deve essere libero e privo di assistenza sociale e solidarietà, in modo tale che a prevalere siano i più forti, a soccombere i più deboli.

(Fig. 5, Differenza fra progressione geometrica e progressione lineare)

Online original edition (vol 1): http://archive.org/stream/anessayonprinci07maltgoog#page/n6/mode/2up

Online original edition (vol 2): http://archive.org/stream/anessayonprinci12maltgoog#page/n6/mode/2up

5. PASSI DALL’OPERA

In una indagine sui futuri progressi della società, il modo naturale di condursi sarebbe quello d’investigare:

1° – le cause che hanno finora impedito i progressi del genere umano verso il suo benessere;

2° – le probabilità di rimuovere, in tutto o in parte, queste cause.

Entrare pienamente in questo esame, ed enumerare tutte le cause che hanno finora ostacolato i progressi umani, sarebbe cosa superiore alle forze di un solo uomo. Lo scopo principale del presente saggio è di esaminare gli effetti di una sola gran causa, intimamente legata alla natura dell’uomo, la quale, quantunque abbia costantemente ed energicamente operato fin dalle origini sociali, pure ha attirato poco l’attenzione degli autori che si sono occupati di questa materia […] La causa a cui alludo è la costante tendenza, che hanno tutti gli esseri viventi a moltiplicarsi più di quanto permettano i mezzi di sussistenza di cui possano disporre […] Nel regno animale e vegetale, la natura ha profuso i germi della vita, ma è stata comparativamente avara dello spazio e degli alimenti necessari al loro moltiplicarsi. I germi esistenti in un piccolo angolo di terra, se avessero con loro abbondanza di cibo e di spazio, nel corso di poche migliaia d’anni avrebbero occupato milioni di mondi. La necessità, legge universale e prepotente in natura, li reprime entro i limiti prescritti. Le piante e gli animali son costretti a piegare sotto l’impero di questa legge; e la razza umana, qualunque sforzo facesse, sarebbe sempre, come ogni altra, costretta ad ubbidirle. Per le piante e per gli animali, la cosa procede in modo ben semplice. Sono tutti portati da un poderoso istinto a moltiplicare la loro specie; istinto che non viene frenato da alcun ragionamento o dubbio sul modo di provvedere all’esistenza delle loro generazioni. Perciò spiegano la loro forza di procreazione dovunque possono, e tutto

il sovrappiù viene eliminato in un secondo momento per mancanza di spazio e di viveri; e fra gli animali, inoltre, per la voracità che li fa preda gli uni degli altri. Nell’uomo, gli effetti di questa legge sono molto più complicati. Mosso dal medesimo istinto di procreazione, la ragione lo arresta, e gli propone il quesito se gli sia lecito far sorgere esseri nuovi nel mondo, per i quali egli non possa provvedere sufficienti mezzi di sussistenza. Se egli cede a questo ragionevole dubbio, il suo astenersi si converte spesso in causa di vizi. Se non vi bada, la razza umana si vedrà di continuo tendente ad accrescersi al di là dei suoi mezzi di sussistenza. Ma siccome, per quella legge della nostra natura che fa dipendere la vita dal cibo, la popolazione non può moltiplicarsi più di quanto permetta il più limitato nutrimento capace di sostenerla, così s’incontra sempre un forte ostacolo al suo incremento nella difficoltà di nutrirsi; difficoltà che di tanto in tanto deve necessariamente apparire, e deve risentirsi nella maggior parte del genere umano, sotto l’una o l’altra fra le varie forme della miseria, o della paura della miseria […] Si può con tutta franchezza asserire che la popolazione, quando non è arrestata da alcun ostacolo, si raddoppia ad ogni periodo di 25 anni, crescendo così in progressione geometrica. La ragione secondo cui si possa credere che aumentino le produzioni della terra non è altrettanto agevole a determinarsi. D’una cosa, tuttavia, siamo ben certi, che questa ragione dev’essere affatto diversa da quella secondo cui procede l’aumento della popolazione […] L’Europa non è di certo popolata quanto potrebbe. È in Europa che esistono le migliori speranze di vedere ben diretta l’industria. La scienza agraria si è molto studiata nell’Inghilterra e nella Scozia; e nondimeno vi sono ancora molte terre incolte. Esaminiamo con quale progressione il prodotto di quest’isola potrebbe accrescersi sotto le più propizie circostanze. Se supponiamo che, con il miglior governo e i migliori incoraggiamenti all’agricoltura, il prodotto medio dell’isola si raddoppi nei primi 25 anni, faremo la piú generosa ipotesi che si possa. Nel periodo seguente, è impossibile immaginare che il prodotto si troverà quadruplicato. Ciò sarebbe in opposizione con quanto conosciamo sulle attitudini produttive del suolo. Il miglioramento delle terre sterili è opera che richiede tempo e lavoro; ed è evidente per chiunque abbia le minime nozioni agricole che, quanto più la coltivazione si estende, tanto più diminuisce l’aumento possibile del prodotto […] Immaginiamo che l’incremento annuo di prodotto, invece di decrescere, come certo fa, rimanga sempre costante; e la produzione dell’isola si accresca, ad ogni periodo di 25 anni, di una quantità eguale a quella del prodotto attuale: il più esagerato speculatore non potrebbe immaginare di più. In pochi secoli, ogni palmo di terreno in questo paese sarebbe divenuto un giardino. Se la medesima ipotesi si applicasse a tutta la terra, e se si ammettesse che la sussistenza agli uomini fornita dalla terra si potesse aumentare ad ogni 25 anni di tanto quanto se ne produce oggi, ciò sarebbe un supporre una progressione molto superiore a quanto sia dato sperare da qualsiasi sforzo dell’industria umana. Perciò possiamo dire che, considerando lo stato presente della terra, i mezzi di sussistenza, nelle circostanze più favorevoli all’industria umana, non potrebbero crescere che in proporzione aritmetica. La conseguenza inevitabile di codeste differenti progressioni è palpabile […] Posto che la popolazione attuale ascenda a 1000 milioni, la razza umana crescerebbe secondo i numeri 1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, e i viveri secondo i numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9. In due secoli la popolazione si troverebbe, rispetto ai viveri, come 256 a 9; in tre secoli, come 4096 a 13; in duemila anni la differenza sarebbe quasi impossibile a calcolarsi. In questa ipotesi non si suppone alcun ostacolo all’incremento dei prodotti della terra. Possono sempre aumentarsi indefinitamente; e, tuttavia, la forza generativa supera talmente la produzione dei viveri che, per mantenerla ad uno stesso livello in modo che la popolazione esistente trovi sempre gli alimenti indispensabili, è necessario che ad ogni momento una legge superiore formi ostacolo ai suoi progressi; che la dura necessità la soggioghi; in una parola, che quello, fra i due principi contrari, la cui azione è preponderante, sia contenuto entro certi confini.

5. MALTHUSIANESIMO

Si intende comunemente con questo termine non tanto la teoria economica elaborata da T.R. Malthus quanto l’orientamento favorevole a frenare l’aumento naturale della popolazione con mezzi anticoncezionali, che peraltro Malthus condannava. Viene invece definito antimalthusiano chi è contrario al controllo della crescita demografica. Al di fuori delle politiche demografiche, si parla di malthusianesimo o neomalthusianesimo anche a proposito dell’influenza esercitata sulla ricerca storiografica dal modello di Malthus. Esso presupponeva che molte volte si fossero verificate in passato delle crisi di sovrappopolazione

e a tali crisi “Maltusiane” sono state spesso ricondotte le crisi generali del XIV e del XVII secolo. Più in generale le spiegazioni appartenenti a questa categoria sostengono che accanto ai fenomeni di sovrappopolazione anche quelli di sottopopolazione, in seguito a una sensibile contrazione demografica, influiscono fortemente su molti parametri storicamente rilevanti (non solo economici come prezzi e produzione, ma anche geografici, sociali, culturali). Tradizionale e tenace oppositore del malthusianesimo è il marxismo, che nega il ruolo di variabile indipendente del fattore popolazione, considera insignificante l’idea di una sovrappopolazione assoluta e ritiene che i regimi demografici siano invece una variabile dipendente, determinata dalle strutture sociali

6. LE EDIZIONI

La prima edizione dell’opera dal titolo “Essay on the Principle of Population as it Affects the Future Improvement of Society with Remarks on the Speculations of Mr. Godwin, M. Condorcet, and Other Writers” fu pubblicata nel 1798, sotto il nome fittizio di di J. Johnson. L’opera è composta da una prefazione e 19 capitoli:

Preface1 I. Question stated II. The different ratios in which population and food increase III. The savage or hunter state shortly reviewed IV. State of civilized nations V. The second, or positive check to population examined VI. New colonies VII. A probable cause of epidemics VIII. Mr. Wallace IX. Mr. Condorcet's conjecture concerning the organic perfectibility of man X. Mr. Godwin's system of equality XI. Mr. Godwin's conjecture concerning the future extinction of the passions between the

sexes XII. Mr. Godwin's conjecture concerning the indefinite prolongation of human life XIII. Error of Mr. Godwin in considering man too much in the light of a being merely rational XIV. Mr. Godwin's five propositions respecting political truth XV. Models too perfect may sometimes rather impede than promote improvement XVI. Probable error of Dr. Adam Smith XVII. Question of the proper definition of the wealth of a state XVIII. The constant pressure of distress on man XIX. The sorrows of life necessary to soften and humanize the heart Footnotes

Il gran rumore suscitato della prima edizione indusse Malthus a una profonda rielaborazione della sua opera, ricca di un vasto materiale documentale, dando alla luce la seconda edizione, pubblicata nel 1803, a cui diede lo stesso titolo. Malthus aveva catturato l'attenzione del pubblico in Inghilterra, ed era ansioso di mostrare come il suo principio di popolazione fosse valido non solo in Inghilterra, ai suoi tempi, ma in tutte le società e in tutti i periodi. L’opera risulta molto ampliata rispetto alla prima edizione, più di tre volte la

1 Gli hyperlink qui attivati rinviano all’edizione online della Library of Economics and Liberty:

http://www.econlib.org/library/Malthus/malPop1.html

lunghezza del suo saggio originale. Ulteriori ritocchi e lievi modifiche subirono le edizioni successive del 1806,1807,1817 giungendo all’ultima e definiva del 1826.Quest’ultima risulta suddivisa in quattro libri e tre appendici:

Book I - Of the checks to Population in the Less Civilized Parts of the World and in Past Times. Book II - Of the Checks to Population in the Different States of Modern Europe. Book III - Of the different Systems or Expedients which have been proposed or have prevailed in Society, as they affect the Evils arising from the Principle of Population. Book IV - Of our future Prospects respecting the Removal or Mitigation of the Evils arising from the Principle of Population. Appendix I

Appendix II Appendix III

6.1 EDIZIONI TRADOTTE IN ALTRE LINGUE

L’opera di Malthus ha avuto presto molto successo in tutta Europa.

La prima traduzione francese risale al 1809,

dal titolo Essai sur le principe de population, ou Exposé des effets passés et présens de l'action de cette cause sur le bonheur du genre humain, suivi de quelques recherches relatives à l'espérance de guérir ou d'adoucir les maux qu'elle entraîne, tradotta dall’inglese Pierre Prévost.

Qui il link in database del portale EE-T:

http://eet.pixel-online.org/database_scheda.php?art_id=233&tim=&aao=M&tit=&trf=&tri=&typ=

L’opera fu tradotta in lingua spagnola nel 1846,

dal il titolo Ensayo sobre el principio de la población, tradotto da José María Noguera e Joaquín Miquel a cura di Eusebio María del Valle.

Qui il link in database del portale EE-T:

http://eet.pixel-online.org/database_scheda.php?art_id=81&tim=&aao=M&tit=&trf=&tri=&typ=

L’opera fu tradotta anche in russo, nel 1868,

dal titolo [tradotto in italiano] Saggio sul principio della popolazione, o la presentazione del passato e del presente di questa legge sul benessere della razza umana, con l'applicazione di diversi studi della speranza di rimozione o mitigazione causato loro del male. San Pietroburgo: Tipografia II Glazunov, 1868.

Successivamente venne tradotta anche in lingua tedesca, nel 1977.

dal titolo [tradotto in italiano] La legge della popolazione, tradotto da Christian M. Barth, Monaco di Baviera: Biblioteca dtv 6021, 1977.

La traduzione in lingua portoghese risale al 1982:

Ensaio sobre o princípio da população, trad. Eduardo Saló, Mem Martins: Europa-América, 1982. Successivamente fu pubblicata un’edizione aggiornata nel 1999.

6.2 LA PRIMA TRADUZIONE ITALIANA NELLA “BIBLIOTECA DELL’ECONOMISTA”

La “Biblioteca dell’economista” una collana editoriale che, con i suoi 71 tomi contenenti più di 150 classici della scienza economica, divenne uno strumento unico di aggiornamento e di divulgazione delle idee economiche nel panorama internazionale. Lo scopo della Biblioteca dell’Economista era quello di rendere disponibile al pubblico italiano le principali opere straniere e potevano trarre profitto da una struttura aziendale, quella della Utet, capace di sviluppare innovative strategie commerciali: dapprima la vendita a fascicoli per sottoscrizione, e più tardi la vendita a rate attraverso una propria rete di librerie specializzate e la produzione di continue ristampe per mantenere aperto l’intero catalogo.

La prima traduzione italiana dell’opera di Malthus risale al 1868, pubblicata dalla collana “Biblioteca dell’Economista” a cura di Francesco Ferrara, qui il link in database del portale EE-T:

http://eet.pixel-online.org/database_scheda.php?art_id=819&tim=&aao=M&tit=&trf=&tri=&typ

(Fig. 1, Saggio sul principio di popolazione pubblicato dalla collana “Biblioteca dell’Economista”)

7. SOCIOLOGI ED ECONOMISTI

La traduzione italiana dell’opera di Malthus che qui consideriamo è stata pubblicata nel 1946 come vol. 2

della collana “Sociologi ed Economisti”, e pubblicata da UTET, con una premessa di Attilio Cabiati e una

introduzione di Giuseppe Prato.

(Fig. 2, pagina tratta da Saggio sul principio di popolazione, Sociologi ed Economisti)

(Fig.3, Collana Sociologi ed Economisti, Università di Pisa Biblioteca di economia, Sc Economiche – G 8 )

L’opera tradotta come Saggio sul principio di popolazione, pubblicata nel 1946, è una traduzione fedele della

6a edizione, quella del 1826.

L’edizione tradotta, presenta la suddetta divisione:

Libro Primo – Degli ostacoli alla popolazione nei meno inciviliti paesi del mondo e nei tempi passati.

Libro Secondo – Ostacoli alla popolazione nei vari stati dell’Europa moderna.

Libro Terzo – Dei vari sistemi o espedienti che si sono proposti, o che hanno ottenuto favore nella società, in

quanto alla loro azione sui mali prodotti dal principio della popolazione.

Libro Quarto – Delle speranze di potere in futuro guarire o attenuare i mali che il principio della popolazione

trascina.

Libro Quinto – Appendice contenente la confutazione delle principali obbiezioni contro quest’opera.

(contenente Appendix I, Appendix II, Appendix III)

7.1 ATTILIO CABIATI

Attilio Cabiati nacque a Roma, da genitori lombardi, il 18 agosto 1872. Compiuti gli studi secondari a

Bergamo, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell'università di Pavia, dove si laureò a pieni voti nel

luglio 1894, guadagnandosi una borsa di perfezionamento a Roma. A Roma partecipò a tre concorsi in

Ministeri, riuscendo sempre primo. Scelse il Ministero dell’agricoltura e del commercio, dove rimase per

quasi sette anni come vice-segretario. Nello stesso tempo divenne collaboratore del «Giornale degli

Economisti». Nel 1901 si trasferì a Torino, diventando collaboratore de «La Stampa», di cui entrò a far parte

della redazione, e della «Riforma Sociale» di Luigi Einaudi, di cui divenne uno dei più importanti

collaboratori. La collaborazione con «La Stampa» subì qualche interruzione. Prima tra il 1902 e il 1904,

quando si spostò a Milano, prima per progettare l'organizzazione dell'Ufficio del lavoro e poi per dirigere la

Società Umanitaria; poi nel settembre del 1904, quando si dimise per divergenze con il direttore Frassati, in

seguito per due anni diresse la Cassa pensioni di Torino. Nel 1904 iniziò la carriera di insegnante: fu prima

professore di economia politica presso l'Istituto tecnico Sommeiller di Torino, poi, dal 1913, professore

straordinario di politica commerciale e legislazione doganale all'Istituto superiore di Scienze economiche e

commerciali di Torino. Divenuto ordinario ricoprì la cattedra di politica commerciale e legislazione doganale

all'Università di Genova. Il primo dopoguerra fu un periodo di intensissima attività: l'insegnamento, oltre che

a Genova anche alla Bocconi di Milano; la collaborazione con la Banca Commerciale e l'Associazione

bancaria italiana per cui diresse la parte finanziaria della «Rivista Bancaria»; la collaborazione a Roma

all'inizio degli anni venti con i ministri Tedesco e Schanzer per la riforma tributaria; la ripresa della

collaborazione giornalistica con «La Stampa» dopo un intermezzo con «Il Secolo». Nel 1925 e 1926 fu

chiamato a insegnare all'Università di Milano, ma fu obbligato a rinunciarvi, come anche all'insegnamento in

Bocconi, a causa dell'ostilità delle autorità fasciste. Nel maggio del 1939 venne dimesso dal governo fascista

dalla cattedra all'università di Genova per la sua critica alle leggi razziali - vi sarà riammesso nel 1945. Nel

1940 fu colpito da una grave malattia che lo accompagnò negli anni successivi fino alla morte avvenuta il 13

ottobre 1950 a Torino.

Nella sua premessa, Cabiati, descrive come nel Saggio sul principio di popolazione, Malthus analizza

profondamente le abitudini, la vita materiale e morale di tutti i popoli del mondo, le cause delle loro indigenze

e della loro sterilità nei paesi scarsi di viveri, l’aumento rapido delle popolazioni nei paesi fertili, le leggi e gli

aiuti ai meno abbienti e le proposte per migliorare la loro sorte; ed osserva che le cause prime di tutte le

guerre si devono ricercare nella sovrabbondanza relativa di popolazione rispetto ai mezzi di sussistenza,

concludendo, dopo molte altre osservazioni, considerazioni e proposte, con l’affermare il diritto dei poveri ad

essere nutriti, sostenuti moralmente e aiutati a migliorare le loro condizioni.

Il libro del Malthus ha sollevato a suo tempo numerose critiche, polemiche ed interpretazioni erronee, sul suo

pensiero e sulla dottrina da esso svoltavi, obbligando l’autore a confutare le asserzioni ingiuste. Ed è ciò che

con grande interesse si legge nel libro quinto di questa sua celebre opera. Ma oltre a chiarire che la sua

analisi non contraddice alle leggi della natura, ma essa tende ad ottenere una popolazione sana e vigorosa

ed un aumento che non generi il vizio ed il malessere, ha fatto sì che questo dibattito, destando l’attenzione

degli Stati, degli studiosi e delle classi superiori, abbia fatto loro comprendere il dovere che ad esse incombe

di provvedere al miglioramento delle classi diseredate. Anche le condizioni materiali e morali dei lavoratori,

con lo sviluppo industriale, si sono elevate ad un tale livello, da permettere di assicurare alle loro famiglie un

certo benessere e di potere allevare la prole, curandone l'igiene e lo sviluppo intellettuale e morale, in modo

da migliorare sempre maggiormente la loro prosperità. Ma ciò che più di tutto si avvicina al pensiero del

Malthus è la concezione ormai invalsa, che il matrimonio, anziché compiersi nell’adolescenza, come era

usanza nei tempi passati, deve celebrarsi nella virilità dei coniugi, quando cioè il capo della famiglia ha

raggiunto una posizione sociale tale da assicurare ad essa il benessere ed una sicurezza duratura.

Naturalmente questa concezione ha diminuito gli anni di procreazione della donna, e ciò fa sì che le famiglie

siano meno numerose, dando in tal guisa un benessere maggiore ai figli e ai genitori. In ultimo, Cabiati,

conclude dicendo che Malthus non fu che un pioniere profondo e acuto del pensiero nel porre in luce la

necessità di elevare la razza umana e di farle comprendere la bellezza e l’utilità di essere previdenti e

morali, avvantaggiando così anche la società di cui essi fanno parte.

7.2 GIUSEPPE PRATO

Giuseppe Prato nacque a Torino il 19 marzo 1873. Dopo gli studi classici si iscrisse alla Facoltà di

Giurisprudenza dell'ateneo torinese. La professione forense non appariva tuttavia in grado di soddisfare le

sue propensioni intellettuali e nel 1897-98, su incoraggiamento di Luigi Einaudi, entrò a far parte, in qualità di

socio residente, del Laboratorio di economia politica e qualche anno dopo divenne redattore capo della

Riforma Sociale, la rivista diretta da Einaudi. Nel 1908 conseguì la libera docenza in economia politica e, a

partire dal novembre dello stesso anno, assunse l'incarico di legislazione doganale presso l'Istituto Superiore

di Studi Commerciali di Torino. Nel 1910 risultò vincitore in un concorso a cattedra bandito dall'Università di

Genova; già l'anno successivo, tuttavia, venne richiamato presso l'Istituto torinese, dove assunse la titolarità

del corso di Economia politica e, fino al 1925, di quello di Scienza delle finanze e Diritto finanziario, che

tenne fino alla prematura scomparsa. A partire dal 1921 fu incaricato di Politica economica presso

l'Università Bocconi di Milano e, dall'anno accademico 1924-25, di Storia delle dottrine economiche presso la

Facoltà di Giurisprudenza dell'ateneo torinese. Morì a Torino il 18 agosto 1928.

All’inizio della sua premessa, Prato, spiega come il compendio della teoria malthusiana che, per

semplificazione didattica, viene esposto comunemente agli scolari, in forma schematica, è adatto ad

indicarne più i punti deboli che a metterne in evidenza gli aspetti geniali. Si tratta, in sostanza, del solo

contenuto delle prime venti pagine del Saggio sul principio di popolazione, nell’edizione completa del 1803.

E potrebbe formularsi, schematicamente, cosi « Quali cause hanno limitato finora il progresso della civiltà e

del benessere? Una delle più possenti, perché legata a forze fisiologiche primordiali, consiste nella tendenza

genetica, che spinge gli uomini a moltiplicare la loro specie oltre il limite delle sussistenze e dello spazio

disponibili. Ne nasce automaticamente una perenne rottura di equilibrio, che, a intervallo, con mezzi

repressivi brutali (guerre, epidemie, insalubrità del vivere agglomerato, mortalità infantile) restaura il turbato

rapporto, a meno che l’ostacolo non agisca psicologicamente col terrore preventivo che ispira, divenendo

freno prudenziale alla violenza dell'istinto. Osservando il fenomeno, si può stabilire statisticamente che

l’accrescimento naturale della popolazione procederebbe in ragion geometrica ogni venticinque anni. Nella

migliore ipotesi l’incremento delle sussistenze non può invece superare una ragion aritmetica, per la

produttività decrescente del suolo. Il contrasto tragico fra i due termini incombe come indeprecabile destino

di privazione e di dolore sull’avvenire dell’umanità» .L’autore di queste formule apocalittiche aveva

un’imperterrita fede nel loro valore dogmatico. « Il principio che ho posto — scriveva nella prefazione alla

seconda edizione — è così matematico, che, se io mi fossi limitato ad esporlo astrattamente presentando

alcune vedute rapide e nulla più, mi sarei trincerato in una cittadella inespugnabile». Prato con una

affermazione ironica, dice che ben amara sarebbe la delusione di quella compiacenza paterna se,

sollevando il capo dalla tomba, Malthus dovesse oggi constatare lo scempio che del suo postulato centrale

ha fatto, durante l’intero secolo, una molteplice critica, da cui nulla parve salvarsi fuorché un nucleo di verità

generica, questa stessa riferita in maggior parte a influenza di pensiero altrui. Non tutti a dir vero, i censori di

Malthus concorsero con ugual successo a tale demolizione. Dai filosofi, che, come Carlyle o Ruskin, lo

assunsero a prototipo della insensibilità imputata alla scienza che Romagnosi chiamava la filosofia

dell’avarizia ; ai naturalisti, che, con Doubleday e Spencer, tentaron di contrapporgli leggi biologiche

immaginarie (e perfino schiettamente umoristiche, come la gastrosofia di Fourier); da certi economisti (Say,

Bastiat, Carey), i quali credettero di scorgere la confutazione nella possibilità di miglior divisione del lavoro, e

quindi di maggior prodotto, inerente ad una aumentata popolazione, trascurando il fatto fondamentale

dell’efficienza decrescente dei fattori naturali impiegati; agli statistici (Ketfeler, Sadler, Guillard), che si

illusero di aver scoperto un principio contrastante, quando non avevano che dato un nome diverso ai freni

repressivi della teoria censurata; giù fino ai socialisti, pei quali la verità della tesi si subordina all’esistenza

del sistema capitalistico, e svanirebbe per incanto col benessere generale diffuso dal collettivismo, è tutta

una variopinta schiera di avversari, il cui dissenso superficiale, sentimentale o tendenzioso sfiora senza

intaccarla la combattuta dottrina, che per lo più anzi ne esce rinvigorita. Non così può dirsi però dell’esame

sereno di altri critici, che, senza preconcetti di simpatia o di scuola, ne sottoposero ad analisi i presupposti e

le illazioni, confrontandoli rigorosamente ai fatti. Trattata a questa stregua la rigidità delle due progressioni —

che il Garnier definiva incrollabili — è stata la prima a cadere. La geometrica riassumerebbe evidentemente

la legge fisiologica di incremento della popolazione soltanto nella ipotesi che la forza riproduttiva fosse

costante ed uniforme, nello spazio e nel tempo; ma ciò è contradetto dalla più superficiale osservazione degli

effetti del clima, della razza, della massa, della composizione demografica, del grado di civiltà sulla fecondità

dei gruppi etnici. La aritmetica, come espressione dell'incremento delle sussistenze, è a sua volta totalmente

arbitraria; nulla di simile risultando dallo studio delle capacità riproduttive delle piante e degli animali. Anche

poi accettandole entrambe, ne risulterebbe tutt’al più la tendenza continua della popolazione a superare le

sussistenze; non già l’energia indefinitamente crescente di tale tendenza. Poiché il calcolo di Malthus, notò

acutamente il Messedaglia, dipende da un vero abbaglio aritmetico; il raddoppiamento periodico della

popolazione non potendo riferirsi che alla cifra già ridotta dalla precedente limitazione delle sussistenze;

onde, nella migliore ipotesi, invece di due progressioni di specie diversa ne abbiamo due aritmetiche, la

seconda a intervalli doppi della prima. Scosso il presupposto, ne cadono senza sforzo i corollari razionali.

Sorge per un lato l’osservazione storico-statistica a documentare il fallimento della visione catastrofica

durante l’ultimo secolo, e particolarmente ad illustrare con mille esempi il rapporto fra rata di nuzialità e

natalità spontaneamente decrescente e progressivo elevarsi del benessere; ciò che insegna che il

coefficiente di procreazione, lungi dall’essere un dato biologico semplice, è il prodotto delle condizioni

ambientali dell’individuo e sta spesso in ragione inversa con la sua agiatezza. Viene a rincalzo l’analisi più

particolarmente economica, ad osservare che la miseria infierisce anche dove esiste un forte esubero delle

sussistenze sulla popolazione; ed a sviluppare, per altro verso, il rilievo già suggerito da Mc-Culloch,

secondo il quale il vaticinio malthusiano contempla soltanto l’aspetto dannoso dell’aumento di popolazione

trascurandone il lato utile, quello di potente propulsore del progresso umano attraverso il processo formativo

della rendita descritta da Ricardo.

Prato, chiude la sua introduzione, indicando come un inesorabile bivio sta d’innanzi a noi.

Se il sospeso decorso di ciò che fu la civiltà europea dovrà riprendere la marcia ascensionale verso più

degni destini, questo non potrà avvenire fuorché a patto che l’aspirazione individuale ad un crescente tenor

di esistenza, non soltanto materiale, traducendosi in vigile senso di previdenza, di responsabilità, di dominio

di se stesso, renda normale il fenomeno di equilibrazione della popolazione alla ricchezza che da mezzo

secolo, fra i popoli guidatori del progresso, è, secondo il Pareto, comune carattere e indice di evolvente

psicologia; essendo manifestamente contrario a ragione che, mentre la civiltà riduce i rischi a cui è soggetta

la vita umana e ne prolunga il corso, essa possa consentire alla potenza genetica di operare con intensità

proporzionata ai pericoli dei tempi primitivi; che cioè la scienza debba limitare le cause di morte, lasciando

agire senza controllo le forze creatrici di vita.

Ma se invece avessero malauguratamente ad accentuarsi i sintomi di ritorno alle ignoranze ed alle

superstizioni che, dopo Adamo Smith, alcune fortunate generazioni poteron ritenere dissipate per sempre

dalla luminosa evidenza scientifica; se, in un’umanità ricondotta alla più ombrosa gelosia di nemiche stirpi, la

demagogia nazionalistica ed il culto della violenza rendessero a lungo impossibile la rivalutazione delle forze

morali come base di civile consorzio; se, per un altro verso, la fisima dell’autarchia economica precludesse il

ritorno alla feconda divisione mondiale del lavoro, spingendo sempre più in alto i costi di produzione, già

esasperati dalla volontaria riduzione del rendimento medio del lavoratore, e così dilatando l’esercito

minaccioso dei disoccupati; se infine l’esclusionismo demografico dei popoli primi arrivati insistesse ad

usurpare diritti di assurdo monopolio sulle plaghe del globo meglio suscettibili di intenso sfruttamento,

congestionando su spazi insufficienti fameliche moltitudini, ed interrompendo il processo fisiologico livellatore

per virtù del quale soltanto la fatalità malthusiana potè parer relegata fra gli eventi incerti e lontani, tale

fatalità noi vedremmo allora risorgere in una tragica luce di miseria e di morte, nell’azione incoercibile di

forze sterminatrici, di cui le guerre e le morie del passato non potrebbero darci che una pallida idea.

Nell’un caso come nell’altro, dalla logica spietata delle cose, il principio di cui il pastore inglese divinò, non

l’esistenza, ma la portata, riuscirà confermato ineluttabilmente. E la odierna, tremenda crisi del mondo, nella

quale anticipatori frettolosi preconizzarono il fallimento delle leggi economiche essenziali, non avrà, anche in

questo campo, che riproclamata la verità indelebile del monito baconiano, rinnovatore coi fisiocrati e con

Smith della nostra scienza, e da Malthus inciso a eterni caratteri sul capitolo della popolazione:

Naturae non imperatur nisi parendo.

(la natura non si domina, se non ubbidendole)

L’introduzione di Prato, facente parte del volume, è stata pubblicata la prima volta, col titolo La fortuna di

Malthus, negli Annali di Economia (vol II, n. 1, 1925, pp. 65-81) dell’Università Bocconi di Milano.

8. RIFERIMENTI

http://www.filosofico.net/malthus.htm

http://www.pbmstoria.it/dizionari/storiografia/lemmi/248.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Robert_Malthus


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