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I Cordai 6/2014

Date post: 02-Apr-2016
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I Cordai, Numero 6, Anno IX, 2014
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mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Nono n• sei Giugno 2014 A che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare Giuseppe Fava Marcella Giammusso M aurizio ha solamente quindici anni, è un ragazzino esile ma molto agile e vivace. Non va più a scuola perché è riuscito a prendersi la terza media grazie alla benevolenza dei suoi insegnanti, non ha più voluto continuare perché non è portato per lo studio. A scuola si sentiva emarginato e spesso si assentava per lunghi perio- di. Non riusciva a seguire le lezioni come i suoi compagni, allora faceva di tutto per mettersi in mostra, per attira- re l'attenzione su di sé. Ma questo suo atteggiamento aggravava la sua situa- zione perché spesso tornava a casa con delle note o sospensioni. Dopo la licenza media ha cercato qualche lavoro, ma si sa di questi tempi non c'è lavoro per nessuno. Figuriamoci, per lui che non ha un mestiere cosa ci può essere? La situazione economica della sua famiglia è molto precaria. Suo padre è disoccupato e solo sua madre riesce a lavorare saltuariamente lavando le scale di qualche condominio. Spesso non sanno come fare la spesa ed a stento riescono a pagare l'affitto della casa. Maurizio invece ha tanti desideri, come è normale averli a questa età. Gli piacerebbe avere dei vestiti griffati, uno scooter per farsi guardare dalle ragazze. Andare a prendere un panino dal "paninaro" e divertirsi con i suoi amici. Ma non ha soldi per fare tutto ciò. Così trascorre le sue giornate sbri- gando qualche commissione per la sua famiglia, poi sta tutto il giorno a giro- vagare per le strade del quartiere, magari con qualche amico. La strada è il suo mondo. Ed è lì sulla strada che corre il rischio di perdersi in storie di illegalità. Quanti ragazzi nei nostri quartieri hanno una storia simile a quella di Maurizio! Molti riescono in qualche modo ad uscirne fuori, per altri invece è l'inizio di una lunga carriera. Purtroppo per quanto riguarda la prevenzione si fa ben poco. Eppure l'ex Presidente del Tribunale dei mino- ri Gianbattista Scidà già negli anni ottanta aveva fatto giungere grida di allarme denunciando l'alta percentuale di criminalità minorile nella nostra città, facendo emergere così il "caso Catania", raccontando il disagio dei ceti svantaggiati e facendo emergere le responsabilità dello Stato nell'aver abbandonato i quartieri periferici. Da allora sono trascorsi trent'anni, poco è cambiato. Il grido del Presidente Scidà è caduto nel silenzio delle istituzioni. I quartieri periferici sono ancora trascurati, il disagio mino- rile è quanto mai presente ed in più c'è la crisi socio-economica che attanaglia tutte le famiglie. *** Cosa fa oggi lo Stato per affrontare il problema della devianza minorile? Per quanto riguarda i reati dei mino- renni interviene attraverso il Tribunale dei Minori le cui competenze sono in campo civile, amministrativo e penale. Per saperne di più ne abbiamo par- lato con il Dottor Francesco Monaco, giudice del Tribunale dei Minori. Intervista in seconda pagina Ragazzi di strada Civita: il mare rubato 3 Intervista Dott. Monaco 2 Quando le immagini ci raccontano 6 Salvaguardiamo la nostra terra 5 fofoto archivio Giovanni Caruso
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Page 1: I Cordai 6/2014

mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolareDirettore Responsabile: Riccardo Orioles Anno Nono n• sei Giugno 2014

A che serve viverese non c’è il coraggiodi lottare

Giuseppe Fava

Marcella Giammusso

Maurizio ha solamente quindicianni, è un ragazzino esile ma

molto agile e vivace. Non va più ascuola perché è riuscito a prendersi laterza media grazie alla benevolenzadei suoi insegnanti, non ha più volutocontinuare perché non è portato per lostudio. A scuola si sentiva emarginatoe spesso si assentava per lunghi perio-di. Non riusciva a seguire le lezionicome i suoi compagni, allora faceva ditutto per mettersi in mostra, per attira-re l'attenzione su di sé. Ma questo suoatteggiamento aggravava la sua situa-zione perché spesso tornava a casa condelle note o sospensioni. Dopo la licenza media ha cercato

qualche lavoro, ma si sa di questitempi non c'è lavoro per nessuno.Figuriamoci, per lui che non ha unmestiere cosa ci può essere?La situazione economica della sua

famiglia è molto precaria. Suo padre èdisoccupato e solo sua madre riesce alavorare saltuariamente lavando lescale di qualche condominio. Spessonon sanno come fare la spesa ed astento riescono a pagare l'affitto dellacasa.Maurizio invece ha tanti desideri,

come è normale averli a questa età. Glipiacerebbe avere dei vestiti griffati,uno scooter per farsi guardare dalleragazze. Andare a prendere un paninodal "paninaro" e divertirsi con i suoiamici. Ma non ha soldi per fare tuttociò.Così trascorre le sue giornate sbri-

gando qualche commissione per la suafamiglia, poi sta tutto il giorno a giro-vagare per le strade del quartiere,

magari con qualche amico. La strada èil suo mondo. Ed è lì sulla strada checorre il rischio di perdersi in storie diillegalità.Quanti ragazzi nei nostri quartieri

hanno una storia simile a quella diMaurizio! Molti riescono in qualchemodo ad uscirne fuori, per altri inveceè l'inizio di una lunga carriera.Purtroppo per quanto riguarda la

prevenzione si fa ben poco. Eppurel'ex Presidente del Tribunale dei mino-ri Gianbattista Scidà già negli anniottanta aveva fatto giungere grida diallarme denunciando l'alta percentualedi criminalità minorile nella nostracittà, facendo emergere così il "casoCatania", raccontando il disagio deiceti svantaggiati e facendo emergere leresponsabilità dello Stato nell'averabbandonato i quartieri periferici.Da allora sono trascorsi trent'anni,

poco è cambiato. Il grido delPresidente Scidà è caduto nel silenziodelle istituzioni. I quartieri perifericisono ancora trascurati, il disagio mino-rile è quanto mai presente ed in più c'èla crisi socio-economica che attanagliatutte le famiglie.

***

Cosa fa oggi lo Stato per affrontareil problema della devianza minorile?Per quanto riguarda i reati dei mino-renni interviene attraverso il Tribunaledei Minori le cui competenze sono incampo civile, amministrativo e penale.Per saperne di più ne abbiamo par-

lato con il Dottor Francesco Monaco,giudice del Tribunale dei Minori.

Intervista in seconda pagina

Ragazzi di strada

Civita: il mare rubato 3Intervista Dott. Monaco 2 Quando le immagini ci raccontano 6Salvaguardiamo la nostra terra 5

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Marcella Giammusso

A che età il minore è imputabile?Per quanto riguarda il penale il

Tribunale dei Minori si occupa deiragazzi dai 14 ai 18 anni, mentre per ilCivile dalla nascita fino ai 18 anni.L'età dai 14 ai 18 anni si riferisce alperiodo in cui è stato commesso ilreato, per cui anche se il minore verràprocessato a 22 o 23 anni, del caso sene occuperà lo stesso Tribunale deiMinori. Quando il reato viene com-messo da ragazzi che hanno meno di14 anni inoltriamo procedimenti civi-li.

Il fenomeno della criminalitàminorile è occasionale oppure c'èl'inserimento dei minori in organiz-zazioni criminali?Dipende dai reati. Se il reato è pre-

datorio, cioè scippi rapine etc., i mino-ri agiscono in modo autonomo. Perquanto riguarda invece reati di drogasono giovani inseriti in organizzazionicriminali. Il fatto di essere minorenni per alcu-

ni reati è un vantaggio perché la penasi riduce di un terzo. E spesso per ilminore entrare in carcere è un salto diqualità. È un'iniziazione, un modo persalire la loro scala sociale.Anche le ricettazioni sono da inseri-

re nell'associazione e organizzazionecriminale, ma il reato maggiore è lospaccio di droga.

Quali sono principalmente i reaticommessi?I reati predatori sono i più eclatanti,

sono quelli che colpiscono maggior-mente la popolazione e che sono piùavvertiti. È più facile che la gente siindigni per lo scippo di una borsa piut-

tosto che dei miliardi di euro che ven-gono sottratti alla comunità, cioè a noi,da politici, corrotti e corruttori.Il furto, lo scippo o il borseggio si

verificano maggiormente quando c'ècrisi economico-sociale. Quando i ser-vizi sociali non funzionano, quandoc'è meno lavoro, c'è un aumento diquesti reati.

La Legge prevede delle modalitàdi recupero per i minori che nonhanno precedenti penali?Si, nel Processo Minorile è possibi-

le che l'udienza non si concluda conuna condanna. Se si ritiene che si trat-ta di un reato occasionale e di pococonto, in questo caso c'è "l'irrilevanzadel fatto" e quindi non c'è condanna. Ilprocesso si può concludere anche conil "perdono giudiziale". Anche in que-sto caso, se è un reato irrilevante e se ilragazzo può fare un risarcimento allapersona lesa, allora viene applicato il"perdono giudiziale". Infine c'è la "messa alla prova", che

adesso si sta applicando anche ai mag-giorenni. Quando il ragazzo confessail reato, non ha precedenti penali e si èpentito, si chiedono informazioni aiServizi Sociali sulla persona che hacommesso il reato. Si fa un program-ma di intervento elaborato dai Servizidell'Amministrazione della Giustiziain collaborazione con i Servizi Socialiche preveda le modalità di coinvolgi-mento del minore nel volontariato,impegno scolastico, frequenza di corsidi lavoro. Viene sospeso il procedi-mento ed il ragazzo viene affidato adun Giudice Onorario. L'Istituto della"messa alla prova" presuppone l'ade-sione del minore al progetto che consi-ste implicitamente in un'ammissione

di responsabilità. Sull'attività svoltadurante il progetto di "messa allaprova" e sull'evoluzione del caso i ser-vizi minorili informano il giudiceperiodicamente. Se il minore nonsegue il programma viene ripreso ilprocesso penale. Se i Servizi Socialifunzionano bene abbiamo grosse pos-sibilità di recupero del Minore. IlTribunale dei Minori funziona bene segli altri enti come i Servizi Sociali,USSM, Neuropsichiatria Infantile fun-zionano bene.Spesso ci capitano casi di minori

analfabeti. È assurdo, ma molte fami-glie pensano che sia superfluo manda-re il bambino a scuola e quindi gli per-mettono di assentarsi continuamente.Lasciare il bambino a casa vuol diredestinarlo ad essere analfabeta e quin-di destinarlo ad una vita di subalterno.Lo Stato non può permettere che cisiano analfabeti e quindi in questocaso è più severo, arrivando a procedi-menti di adottabilità o comunità se lefamiglie non regolarizzano la situazio-ne dei figli.

I minori che scontano le pene nelcarcere minorile svolgono delle atti-vità? Hanno la possibilità di studia-re?Nell'I.P.M. (Istituto Penitenziario

Minorile) i minori sono seguiti abba-stanza bene dall'U.S.S.M. (Ufficio diServizio Sociale per i Minorenni), fre-quentano la scuola e non sono abban-donati a se stessi. Un'alternativa al car-cere è il collocamento in comunitàdove c'è una forma di recupero e spes-so abbiamo buoni risultati.

Ci sono delle azioni correttive perrecuperare il minore?C'è un protocollo. Il primo passo è

"l'affidamento ai Servizi Sociali" e"l'educativa domiciliare". Il secondo livello d'intervento è "il

collocamento in comunità", quandodopo il primo intervento i genitori nonsono in grado di riprendere la situazio-ne in mano. Il terzo livello d' interven-to è "la dichiarazione della decadenzadella podestà dei genitori," il quarto è"la dichiarazione dello stato di abban-dono" e quindi segue l'ultimo livello diintervento che è "lo stato di adottabi-lità".

Ci sono degli allarmi che fannocapire che il minore sta per devia-re?Allarmi ambientali e familiari.

Spesso sono figli di genitori separati evivono in quartieri degradati. Ladisgregazione familiare, la frequenta-zione ambientale e vivere in certiambienti devianti favorisce la devian-za del minore.Un altro elemento determinante è la

crisi economico sociale. Quando unpadre è disoccupato e non ci sonosoldi in casa, vedere il ragazzinoaccanto che spaccia, ha lo scooter, ilvestito griffato etc. è una forte tenta-zione. Alcuni ragazzi sono disponibilia farsi aiutare, altri no. Il disagio eco-nomico è molto determinante per ladevianza minorile, aumenta l'indice dicriminalità. I segnali dovrebbero arrivare dalla

scuola e dai Servizi Sociali. Purtroppospesso la scuola ha delle perplessità afare le segnalazioni, per mantenere ilbuon nome dell'istituto. I ServiziSociali, quando funzionano bene, cisegnalano delle situazioni di disagioed allora subito si interviene.Da un lato c'è lo Stato che ha l'inte-

resse a migliorare la vita del Minore,dall'altro c'è la famiglia che ama i pro-pri figli e magari dice "i figli sonomiei e faccio quello che voglio". Daparte loro c'è l'affetto, il voler bene,ma c'è l'incapacità di crescere bene ipropri figli, nonostante gli sforzi.

INTERVISTA DOTTOR FRANCESCO MONACO

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testo e foto Daniela Calcaterra

"U trenu a stamatina Passau supra l'archi d'a marina;fu chistu 'n gran successu,Catania camina ccu progressu"

Questo breve inno al progresso,cantato per l'inaugurazione della lineaferroviaria, 1° luglio 1869, mi ha subi-to colpito, non per la sua bellezza, maper la nota di speranza, "Catania segueil progresso", ma a quale prezzo? Il viadotto ferroviario assurge a

cicatrice e barriera fra la città e il mare,una cicatrice che rievoca alla memorialo storico legame tra centro urbano el'originaria rada naturale che fu laporta di antiche civiltà.Camminare lungo il viadotto equi-

vale a camminare sul filo di un rasoio,da una parte il porto e dall'altro unquartiere la "Civita", in mezzo il traffi-co automobilistico.Spinti forse dall'orrenda visione di

un porto che non c'è, si è attratti istin-tivamente verso il quartiere, subito sipercepisce la perdita di qualcosa, e sicammina in cerca di questo qualcosache si è perso e non bastano gli odorie i colori a colmare il senso di vuoto,la nostalgia diventa sempre più forteman mano che ci si addentra tra picco-li vicoli, case terrane e sontuosi palaz-zi, ed è tra gli squarci di luce e di buioche si percepisce il dolore inferto dallaferita. Così gli antichi palazzi sonoormai deturpati e violentati, le piccolecase dei pescatori spariscono sottol'influsso di quell'anarchico senso delbrutto che le trasforma in piccole baitedi montagna, concrezioni di condizio-natori si accavallavano a fili di pannistesi, sarà che alla Civita farà più caldorispetto a tutto il resto della città? Ma cosa è rimasto dell'operoso

borgo di pescatori e di commercianti? Poco o niente, qualche pescatore c'è,

qualcuno che ancora intreccia le retidella memoria, come ombra di un lon-

tano ricordo. Resta dentro l'amara consapevolez-

za che il prezzo pagato in nome delprogresso sia stato troppo alto, l'ombradel mare è lì ma non puoi vederne l'az-zurro… si può impazzire! La città haeroso il mare. Ma ci chiediamo del perché di que-

sto. Ci chiediamo quali responsabilità le

vecchie e nuove amministrazioni chehanno governato la città hanno fatto siche questa erodesse il mare, e nonsolo, anche oggi c'è un dibattito "poli-tico speculativo" nel far diventare ilporto una cozzaglia di cemento arma-to che distruggerà la nostra cultura e labrezza di mare che ci ha sempre carat-terizzato.

continua a pagina 4

CIVITA: IL MARE RUBATO

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[…]"A Maurilia, il viaggiatore èinvitato a visitare la città e nello stessotempo ad osservare certe vecchie car-toline illustrate che la rappresentanocom'era prima: la stessa identica piaz-za con una gallina al posto del caval-cavia, due signorine col parasole bian-co al posto della fabbrica di esplosi-vi… riconoscendo che la magnificen-za e prosperità di Maurilia diventata

metropoli, se confrontate con la vec-chia Maurilia, provinciale, non ripaga-no d'una certa grazia perduta, la qualepuò tuttavia essere goduta soltantoadesso nelle vecchie cartoline… e chela metropoli ha questa attrattiva in più,che attraverso ciò che è diventata sipuò ripensare con nostalgia a quellache era".

Le città invisibili di Italo Calvino

CIVITA: IL MARE RUBATO

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5iCordai / Numero Sei

Creiamo prospettiveper il futuro...

Miriana Squillaci

Che rabbia! Punta Bianca, decreta-ta zona di interesse naturalistico

dal decreto n° 37 del 13 Aprile 2011,22 km circa dalla magnifica Valle deiTempli, è utilizzata da 58 anni comepoligono da tiro dall'esercito italiano edalla Nato.Vedo i video realizzati dai volontari

dell'associazione MareAmico chemostrano le esercitazioni militari enon posso credere ai miei occhi! Unodei mari più belli ed azzurri dellaSicilia è contaminato da chi, secondolo Stato italiano, dovrebbe protegger-ci: l'esercito!Ma l'Italia non ripudiava la guerra ?

E soprattutto, non tutelava il patrimo-nio storico, artistico e paesaggistico?

Art. 9 della Costituzione Italiana"La Repubblica promuove lo sviluppodella cultura e la ricerca scientifica etecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio

storico e artistico della Nazione."Art 11 " L'Italia ripudia la guerra

come strumento di offesa alla libertàdegli altri popoli e come mezzo dirisoluzione delle controversie interna-zionali; consente, in condizioni diparità con gli altri Stati, alle limitazio-ni di sovranità necessarie ad un ordi-namento che assicuri pace e la giusti-zia fra le Nazioni; promuove e favo-risce le organizzazioni internazionalirivolte a tale scopo".

Mi sembra chiaro che in questoPaese le parole restino appiccicatealla carta, molto lontane dall'essereapplicate. Basta guardarsi intorno: ilnostro patrimonio storico artisticocade a pezzi, le nostre spiagge, lenostre riserve marine, le nostre riser-

ve naturali sono abbandonate all'in-curia di chi non capisce che se spor-ca e distrugge il primo ad essernedanneggiato sarà lui, la nostra terra ècostellata da basi ed armi americaneche non vogliamo.Potremmo vivere di turismo, inve-

ce moriamo disoccupati e malati di

tumori! È incredibile come nel paese con

più siti UNESCO, ben 44 (molti deiquali proprio in Sicilia), gli archeolo-gi e i restauratori non trovino lavoro.È incredibile che in Sicilia 46% deigiovani tra i 15-29 anni siano disoc-cupati quando potrebbero lavorarenel settore turistico se solo si inve-stisse un po' più in questa direzione. Diciamo ai bambini che non biso-

gna litigare e rispettare la natura, daadolescenti insegniamo loro quantosangue è stato versato per ottenere lanostra Carta costituzionale e poi,fuori dalle mura di casa, fuori daquelle aule, nei palazzi di potere, lon-tano dagli occhi indiscreti dellanostra coscienza, scegliamo quoti-dianamente di fare il contrario: spen-diamo 26,46 miliardi (dati 2012) inspese militari, utilizziamo le riservenaturali come poligono da tiro, ven-diamo le spiaggia ai privati e spor-chiamo le pubbliche, lasciamo che ibeni culturali crollino; la storia e l'ar-te, in fondo, sono solo materie da stu-diare sui libri e niente di più....L'Italia non sta affondando per

colpa dell'Euro o della crisi, il lavoronon ce lo rubano gli immigrati, nonvotare non ci aiuterà a liberarci dauna classe politica corrotta e priva dicontatti con la realtà che la maggiorparte degli italiani vivono.La responsabilità è prima di tutto

nostra! Smettiamola di girarci dall'al-

tra parte, smettiamola di giustificareil nostro disimpegno con un "tantonon cambierà niente!" e riaffermia-mo, al contrario, la nostra sovranità.Iniziamo a rivalutare il nostro terri-

torio, a scoprirlo, ad amarlo e tutelar-lo. Proteggiamolo prima da noi stes-si e dopo uniamoci ed agiamo insie-me, in rete, per proteggerlo dai meriinteressi di potere. Organizziamogiornate di recupero dei territori e deibeni culturali, chiediamo l'affido deibeni abbandonati o confiscati, inve-stiamo sulla conoscenza del nostroterritorio, formiamo le nuove genera-zioni affinché possano vivere dellaricchezza della nostra terra, affinchécome dice Renzo Piano, i giovanivadano via per curiosità e non pernecessità.Liberiamo la nostra terra dall'op-

pressione militare e mafiosa, e fac-ciamo si che i visitatori la ricordinoper la Valle dei Templi (i cui templigreci sono conservati meglio che inGrecia stessa), per la Villa Romanadel Casale, per le sue città barocche,per i suoi colori , sapori, odori, spiag-ge e campi e non per la sporciziadelle sue strade e spiagge, per la dif-ficoltà di muoversi da una città all'al-tra, perché "grazie" al Muos ilDipartimento della Difesa degli StatiUniti potrà aiutare i propri militari acomunicare meglio, a rischi dellasalute dei siciliani...

SALVAGUARDIAMO LE RICCHEZZE DELLA NOSTRA TERRA

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Redazione “i Cordai”Direttore Responsabile: Riccardo OriolesReg. Trib. Catania 6/10/2006 nº26Via Cordai 47, [email protected] - www.associazionegapa.orgtel: 348 1223253

Stampato dalla Tipografia Paolo Millauro,Via Montenero 30, CataniaGrafica: Massimo Guglielmino

Foto: Archivio Giovanni Caruso, Ivana Sciacca,Francesco Nicosia, Raúl Catalán

Hanno collaborato a questo numero:Giovanni Caruso, Toti Domina, MarcellaGiammusso, Paolo Parisi, Ivana Sciacca, MirianaSquillaci, Daniela Calcaterra

QUANDO LE IMMAGINI CI RACCONTANO

DATECI UNA MANO A DARE UNA MANO!“per un agire concreto e libero, di resistenza e di riconquista”

Avete la possibilità di destinare il 5 x mille nella dichiarazione dei redditi anche ad associazioni di volontariato (ONLUS).

Se conoscete il GAPA e ne condividete gli obiettivi ed il modo di agire potete inserire il CF dell’Associazione 93025770871.

Imparare a coglierela poesia che ci cir-conda…

Ivana Sciacca

Al GAPA si sta per concludere ilprimo corso di fotoreportage che

ha avuto un buon esito sia per chi vi hapartecipato che per i risultati ottenuti.Ma cosa spinge un gruppo di ragazzi eragazze a frequentare un corso di foto-grafia sociale? Chiunque, nell'era della fotografia a

portata di clic grazie a tablet, smarpho-ne e pc, potrebbe porsi questa doman-da e dare per scontato che dietro unoscatto non vi sia nulla di che.Il paradosso è questo: in un'epoca

predominata dalle immagini, dovesiamo continuamente bombardati dainformazioni più o meno inutili, è dif-ficile prendere atto del fatto che scatta-re una fotografia equivale a fermarsiun istante per cogliere ciò che l'abitu-dine alla quotidianità nasconde.

In questo corso ci si è ritrovati a darealla luce, attraverso la luce, ciò chealtrimenti sarebbe rimasto celato alnostro sguardo intorpidito dalla routi-ne.Essendo a sfondo sociale il corso di

fotografia organizzato dal GAPA, si ècercato di disseppellire quegli innu-merevoli volti di Catania che ci hannoricondotto alle sue origini di "città par-torita dal mare". Infatti sono stati"foto-raccontati" diversi angoli, un po'come se si vedessero per la primavolta.Così si è scoperto che la Pescheria

non è solo il luogo pittoresco doveandare a comprare il pesce ma ancheun ritrovo sociale per gli anziani,un'attrazione per i turisti incuriositi, unposto dove la ruvidezza delle mani deipescatori racconta la fatica di un durolavoro che in qualche caso sarà tra-mandato ai più piccoli che trovi già lì,annoiati tra i banconi, a sbirciare illoro futuro.

Il quartiere della Civita invece èapparso come un figlio separato dallamadre che ancora invoca la sua pre-senza, che ancora soffre per la suaassenza: i pochi pescatori che ram-mendano le reti, le case terrane con lesfumature verdi e azzurre, persino inomi delle vie, tutto richiama il mare,mentre i bambini giocano nei vicolicome rincorrendo un ricordo di ciòche è stato e non sarà più…E infine esplorando il quartiere di

Ognina il sudore dei pescatori è unitoa quello di chi va lì per abbronzarsi erilassarsi; le imbarcazioni di legno,semplici e colorate, si confondono conle barche cabinate di chi interpreta laparte del Briatore in miniatura… LaChiesa di Santa Maria di Ognina bene-dice dal fondo ciò che le scorre davan-ti e nello stesso tempo sembra distantee sovrana.In tutti questi posti la parola che

viene sempre a mancare è VALORIZ-ZAZIONE: infatti tutto sembra trascu-rato, come se il tempo si fosse ferma-to, scaraventando luoghi e persone neldimenticatoio e impoverendoli nellaloro naturale bellezza.Se in altri posti del mondo si è in

grado di valorizzare anche un casso-

netto della spazzatura, da noi continuaa sembrare complicato saper conferiredignità ai luoghi artistici che ci circon-dano.Gli scatti fotografici di ogni parteci-

pante del corso sono stati visionati ediscussi collettivamente: guardareattraverso gli occhi degli altri è statoun modo per valicare le proprie barrie-re mentali e spalancare ulteriormentelo sguardo. E' stato come scattare unaseconda volta.Agli "aspiranti fotoreporter" è venu-

to il piacevole dubbio che per capirechi siamo stati, ma soprattutto per sco-prire chi vorremmo essere domani, èproprio di uno sguardo collettivo chec'è bisogno: confrontarsi per scoprire,confrontarsi per evolversi è stata lamorale di questa coinvolgente espe-rienza.E. Erwitt diceva che "tutti possono

scrivere ma pochi sono i poeti" perevidenziare la differenza tra chi foto-grafa col cuore, prima ancora che congli occhi, e tutti coloro che lo fannocome fosse solo un gesto meccanico.Questo corso probabilmente non hareso i partecipanti dei poeti ma li hamessi nelle condizioni di cogliere lapoesia in ciò che ci circonda.fo

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