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Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione Politecnico di Milano - Facoltà di Disegno Industriale - Laurea Magistrale in Design della Comunicazione - a.a. 2007/2008 autore: Roberta Tassi relatore: Paolo Ciuccarelli correlatore: Elena Pacenti PRIMA PARTE. DEFINIZIONE DI UN MODELLO
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Page 1: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

Politecnico di Milano - Facoltà di Disegno Industriale - Laurea Magistrale in Design della Comunicazione - a.a. 2007/2008

autore: Roberta Tassirelatore: Paolo Ciuccarellicorrelatore: Elena Pacenti

PRIMA PARTE. DEFINIZIONE DI UN MODELLO

Page 2: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione
Page 3: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

Politecnico di MilanoFacoltà di Disegno IndustrialeLaurea Magistrale in Design della Comunicazione

DESIGN DELLA COMUNICAZIONE E DESIGN DEI SERVIZIIl progetto della comunicazione per l’implementazione

relatore: Paolo Ciuccarellicorrelatore: Elena Pacentiautore: Roberta Tassi matricola 207094

a.a. 2007/2008

Tesi stampata in luglio 2008

Font: Minion

The sans

Colori:

C15 M0 Y0 K80

C35 M0 Y100 Ko

C0 M100 Y50 Ko

a Lorenzo

Page 4: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

Il tema: COMUNICAZIONE E DESIGN DEI SERVIZI p. 20

QUAL È LA RELAZIONE TRA DESIGN DELLA COMUNICAZIONE E DESIGN DEI SERVIZI? p. 28

Analisi: GLI STRUMENTI NEL DESIGN DEI SERVIZI p. 40

DEFINIZIONE DI UN MODELLO PER IL PROGETTO DELLA COMUNICAZIONE NEL DESIGN DEI SERVIZI p. 64

Cinque focus: ANALISI DEGLI STRUMENTI COMUNICATIVI E INDICAZIONI PER IL PROGETTO p. 82

Estendibilità: POTENZIALITÀ E LIMITI DEL MODELLO INDIVIDUATO p. 146

Page 5: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

INDICECONTENUTI

Il tema:COMUNICAZIONEE DESIGN DEI SERVIZI

22 23

ELEMENTI DI COMPLESSITÀIL SISTEMA DI ATTORI

24 25

ELEMENTI DI COMPLESSITÀUNA REALTÀ IMMATERIALE

26 27

COMUNICAZIONE E SERVIZILA MANCANZA DI RIFERIMENTI

16 1714 15

INTRODUZIONESERVIZI, DESIGN E DESIGNER

30 31

POLITECNICO DI MILANOEZIO MANZINI

34 35

AALBORG UNIVERSITYNICOLA MORELLI

38 39

RADARSTATIONTOKE BARTER

36 37

LIVE|WORKSEAN MILLER

AEGIS MEDIASTEFAN MORITZ

QUAL É LARELAZIONE TRA DESIGN DELLA COMUNICAZIONE EDESIGN DEI SERVIZI?

32 33

DOMUS ACADEMYELENA PACENTI

Analisi:GLI STRUMENTI NEL DESIGN DEI SERVIZI

42 43

COME ORIENTARSIUN UNIVERSO DI STRUMENTI

44 45

STRUMENTIGENESI

48 49

STRUMENTIPOTENZIALITÀ COMUNICATIVE

50 51

STRUMENTITASSONOMIA

52 53

STRUMENTIGLOSSARIO

46 47

54 55 56 57 58 59 60 61

62 63DEFINIZIONE DI UN MODELLO PER IL PROGETTO DELLACOMUNICAZIONE NELDESIGN DEI SERVIZI

66 67

PREMESSACOMUNICAZIONE COMECONDIVISIONE

68 69

A CHI COMUNICAREGLI INTERLOCUTORI

70 71

QUANDO COMUNICARELE FASI DEL PROCESSO

72 73

COSA COMUNICAREI CONTENUTI

74 75

PERCHÈ COMUNICAREGLI EFFETTI DESIDERATI

76 77

COME COMUNICARELE MODALITÀ ESPRESSIVE

78 79 80 81

IL MODELLOLA COMUNICAZIONENEL DESIGN DEI SERVIZI

Cinque focus: ANALISI DEGLISTRUMENTICOMUNICATIVI EINDICAZIONI PER IL PROGETTO

84 85

GUIDA ALLA LETTURAI FOCUS SUL MODELLO

86 87

01COMUNICARE AL CAMPIONE DI VERIFICA

88 89 90 91

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02COMUNICARE AI COMMITTENTI

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102 103 104 105 106 107 108 109 110 111

03COMUNICARE AI TECNICI

112 113 114 115 116 117 118 119 120 121

04COMUNICARE AGLIOPERATORI

122 123 124 125 126 127 128 129 130 131

132 133 134 135

05COMUNICARE AGLIUTENTI

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Estendibilità:POTENZIALITÀ E LIMITI DEL MODELLOINDIVIDUATO

148 149

L’APPROCCIOASTRAZIONE vs.SPECIFICITÀ

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I POSSIBILI UTILIZZIUNO STRUMENTO ANALI-TICO E PROGETTUALE

152 153

VARIAZIONI NEL MODELLOLE DIVERSE TIPOLOGIEDI SERVIZI

154 155

UN APPROFONDIMENTOPUBBLICO E PRIVATO

158 159

BIBLIOGRAFIA

160 161

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INDICESTRUMENTI

Il tema:COMUNICAZIONEE DESIGN DEI SERVIZI

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16 1714 15

30 31

34 35 38 3936 37

QUAL É LARELAZIONE TRA DESIGN DELLA COMUNICAZIONE EDESIGN DEI SERVIZI?

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Analisi:GLI STRUMENTI NEL DESIGN DEI SERVIZI

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54 55 56 57 58 59 60 61

62 63DEFINIZIONE DI UN MODELLO PER IL PROGETTO DELLACOMUNICAZIONE NELDESIGN DEI SERVIZI

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Cinque focus: ANALISI DEGLISTRUMENTICOMUNICATIVI EINDICAZIONI PER IL PROGETTO

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Estendibilità:POTENZIALITÀ E LIMITI DEL MODELLOINDIVIDUATO

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Page 7: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

TITOLO DELLA SEZIONE

NUMERO DI PAGINA

TITOLO DEL CAPITOLO

SOTTOTITOLO

TESTO

NOTE

INDICATORE DI CONTENUTI

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI

NUMERO DI PAGINA

LAYOUTGRIGLIA

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Introduzione. Servizi, design e designer text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 0 tools 0 notes 3

INTRODUZIONESERVIZI, DESIGN E DESIGNER

1. S. Parker, J. Hoepy (2006)2. E. Pacenti (1998)

15

sul mercato, ora, con la service revolution, si assiste al sopravvento di un tipo di economia basata sui servizi, più che sull’industria e sull’agricoltura. Ciò è dovuto allo spostamento dell’attenzione dalle logiche di produzione verso i bisogni e i desideri del consumatore finale, non perchè le industrie abbiano iniziato a pensare più agli individui che a sé stesse, ma per una questione di necessità, dovuta al fatto che la crescita ingente del mercato del prodotto ha portato ad una saturazione tale per cui, per sopravvivere o per avere maggiore successo, i produttori si sono orientati verso nuove forme di differenziazione rispetto ai concorrenti. In un momento in cui alzare e abbassare il prezzo della merce non ha nessun riscontro sul mercato, la soluzione è stata individuata nella possibilità di associare alla merce un servizio, dotando così il prodotto di un valore aggiunto fondamentale per essere competitivo.

Da un lato abbiamo assistito ad un capovolgimento del focus della produzione per rispondere alle nuove esigenze del mercato. Dall’altro lato lo sviluppo dei servizi è stato sollecitato dalla proliferazione dell’interactive media e dalla crescita ingente di questo tipo di tecnologie a supporto delle attività umane.

Le nuove generazioni di prodotti tecnologici, soprattutto nel settore delle tele-comunicazioni, sono così legate al servizio che offrono e alla rete di cui fanno parte da andare a costituire un tutt’uno con questi elementi ed aspetti immateriali

I prodotti diventano così piattaforme per servizi, rappresentando fisicamente la possibilità di consumare il servizio stesso: un telefono cellulare non è da considerarsi esclusivamente un prodotto, ma la piattaforma per accedere ad un servizio che consente di comunicare con altre persone.

L’obiettivo di questa tesi è quello di esplorare la relazione esistente tra il design della comunicazione e il design dei servizi nell’intento di fornire ai progettisti un modello per analizzare e ideare strumenti di comunicazione del servizio.

L’idea di sviluppare questo tema è nata nel corso della mia esperienza lavorativa presso Domus Academy, dove ho partecipato ad attività di ricerca trasversali rispetto a questi due ambiti. La collaborazione con Domus Academy è stata l’occasione, l’input iniziale da cui ha preso il via questo percorso dedicato all’osservazione del mondo dei servizi dal punto di vista della comunicazione. Non sarebbe stato possibile affrontare questo tema senza però prima approfondire anche solo rapidamente cosa s’intende per servizi e qual è la storia del design ad essi relativo.

Services are activities performed by people for the utility, the satisfaction and the support of other people

Siamo in effetti circondati da servizi, che si presentano a noi ogni giorno in decine e decine di forme diverse; fanno così parte della nostra vita che diamo per scontata la loro esistenza e ci arrabbiamo quando questo supporto non c’è o non è come vorremmo. I servizi non sono di certo una novità, anche se oggi se ne parla molto di più che in passato perchè il servizio è diventato un tema di discussione nel mondo dei consumatori e in quello delle organizzazioni, nel mondo della politica e dell’economia. E il servizio ha fatto il suo ingresso nel mondo del design. Ma cos’è successo negli ultimi vent’anni?

In termini economici la fase in cui ci troviamo è stata denominata proprio service revolution, in contrapposizione con il concetto di industrial revolution proprio del Novecento: il focus si è gradualmente spostato dal prodotto verso il servizio. Mentre alla fine del Diciannovesimo secolo le grandi industrie e le importanti invenzioni portarono all’immissione di una grande quantità di beni economici

Oltre alla trasformazione avvenuta nel mondo del prodotto e alla disponibilità di nuove piattaforme tecnologiche, non possiamo non considerare l’esplosione del numero di aziende che offrono esclusivamente servizi. L’aumento vertiginoso delle organizzazioni attive in questo settore ha dato vita ad una forte concorrenza e quindi alla necessità per le singole organizzazioni di un continuo miglioramento della propria offerta ed ampliamento delle proprie prestazioni. Ma chi si occupa di tutto ciò? Chi progetta questi servizi?

Sarebbe molto bello rispondere che è il designer a progettare i servizi, così come ci suggerisce la nascita della disciplina omonima. Purtroppo, nella maggioranza dei casi, non è così.

Nonostante il design dei servizi abbia una storia ventennale, ancora oggi pochi ritengono di avere bisogno del supporto di un progettista per erogare determinate prestazioni.

Per molto tempo nessuno ha sentito o mostrato l’esigenza di una figura in grado di progettare il sistema complessivo che supporta il servizio. L’ingente crescita del mondo dei servizi ha portato però con sé la necessità di nuovi professionisti, in grado di gestire questo tipo di progettazione; figure caratterizzate da competenze ibride che spaziano dalla strategia al marketing e al design stesso.

Il design dei servizi prende forma agli inizi degli anni Novanta come disciplina che integra diverse competenze per supportare la progettazione di questi sistemi complessi, formando figure in grado di comprendere i desideri e i bisogni degli individui, delle organizzazioni e del mercato, di sviluppare idee innovative, di tradurle in soluzioni sostenibili, di guidare la loro implementazione e la loro erogazione.

It’s only recently been recognised that services as much as products have to be designed.

Riflettendo su questo cambiamento, emerge come il design abbia radicalmente modificato il proprio scopo, stravolgendo l’idea di essere un contributo utile solamente nel momento finale di messa a punto dei prodotti. Il design ora estende le proprie aree di competenza e di intervento, fino ad includere da un lato la progettazione dell’esperienza che gli individui hanno del prodotto, del servizio, di un luogo o, come spesso accade, di un mix di tutto questi elementi, e dall’altro lato la progettazione di tutto il sistema e di tutti i processi che consentono la creazione di tale esperienza. Se allarghiamo ancora di un livello la prospettiva, ci rendiamo conto che il design viene addirittura coinvolto nella creazione di strategie e di filosofie: da che costituiva il momento finale di messa a punto di un prodotto, viene ora riconosciuto nel mondo del business come una guida da integrare in un progetto fin dalle sue fasi iniziali.

I servizi devono essere progettati per essere al tempo stesso efficaci per gli individui e generatori di profitto per gli enti erogatori.

È importante che sia sorta questa consapevolezza all’interno del mondo del progetto da un lato e delle organizzazioni dall’altro, e molto si sta facendo attraverso esperienze concrete e approfondimenti teorici per sedimentare questa nuova disciplina. Nonostante tutto ciò e il fatto che il progetto sia ampiamente riconosciuto come un fattore di successo, molte imprese tendono ancora a non utilizzare le potenzialità del design dei servizi, escludendolo dalle loro abituali prassi di gestione delle attività.

3. B. Hollins (2006)

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14

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16 Premessa. Servizi, design e designer text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 4 17

La domanda che emerge spontaneamente è come un designer possa sviluppare queste competenze trasversali. Indagando la storia di questa disciplina dal punto di vista della comunicazione, ho infatti cercato di capire che tipo di percorsi formativi attualmente esistono e come essi integrano le diverse aree disciplinari. Mentre ad esempio il design dell’interazione si colloca a metà strada tra l’ambito della comunicazione e quello del prodotto con dei percorsi formativi così strutturati sull’intersezione tra le due aree, il design dei servizi ancora non ha raggiunto il necessario equilibrio tra i diversi aspetti, privilegiando molto spesso il legame con il mondo del prodotto o dell’economia.

Considerando quindi i primi passi incerti che sono stati compiuti nell’ambito formativo e lo scarso coinvolgimento dei designer di servizi da parte delle organizzazioni, emerge come il passaggio ad un’economia basata sui servizi non ha ancora in realtà comportato la cosiddetta service revolution, e questo è evidente se si abbandonano i panni del progettista e si assume il punto di vista dell’utente.

Troppo spesso abbiamo avuto la sensazione che gli interessi del promotore fossero più importanti del nostro stato d’animo.

Evidentemente, questi non sono solo problemi di progettazione. Mi sembra molto più forte la componente legata alle relazioni che si instaurano in un sistema come quello del servizio. Ecco quindi che già in questa prima rapida ricognizione nel mondo dei servizi è possibile individuare l’importanza della componente comunicativa, proprio come elemento necessario per orchestrare l’intero progetto, coinvolgendo tutte le figure necessarie, e migliorando così tanto le dinamiche interne quanto l’esperienza finale offerta all’utente.

I think that what this new industry has in common is that there are complex problems out there. And clients don’t know who they should call to get them solved. Normally they would call their advertising agency, market researcher, design house or what have you, and today a lot of these people are handed complex problems by clients because it’s not quite clear who should be doing them.

La nascita di una nuova disciplina e l’esigenza di queste nuove figure professionali -ricordiamo accanto al designer di servizi anche le aree rappresentate dal design dell’interazione, design dell’esperienza, design management e design strategico- richiedono un adattamento dei percorsi formativi esistenti o una definizione di nuovi percorsi, per supportare questa richiesta del mercato e per dotare i progettisti delle conoscenze necessarie.

ere is an urgent need for professional exchange in order to better and faster develop the field of Service Design.

Un contributo importante nella definizione di quale sia il ruolo che questo designer deve avere è quello offerto da Elena Pacenti, che non intende il designer come quella figura marginale addetta al progetto delle evidenze fisiche, ma come un vero e proprio regista della progettazione del servizio.

Una figura in grado di gestire il progetto integrato e coerente di tutti gli aspetti che determinano la qualità dell’interazione.

Al designer viene quindi attribuita la capacità di orchestrare gli elementi disomogenei che compongono l’interfaccia del servizio (ambienti, prodotti, supporti fisici, informazioni e persone) e di gestire il dialogo tra la varietà di figure professionali coinvolte. Un ruolo che ha una forte ed evidente componente comunicativa.

Il percorso che qui ha inizio, la mia tesi, si occupa proprio di indagare il confine tra questi due mondi per cercare di individuare come la comunicazione, ed in particolare il progetto di strumenti comunicativi, può supportare l’ideazione e la costruzione del servizio, assicurando da un lato una gestione adeguata dei flussi di informazioni e degli scambi di conoscenze, dall’altro la realizzazione ed erogazione di un servizio che sia effettivamente di supporto per gli utenti.

Un tema, quello della relazione tra comunicazione e servizi, indispensabile per formare figure professionali capaci di gestire la progettazione di servizi complessi e le nuove tecniche di co-produzione.

4. c. Hogenhaven, P. Johansen, T. Lau, J. Rosted (2007)5. B. Mager (2004)6. E. Pacenti (1998)

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7. S. Parker, J. Hoepy (2006)

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INDEX

22 23 24 25 26 27

ELEMENTI DI COMPLESSITÀIL SISTEMA DI ATTORI

ELEMENTI DI COMPLESSITÀUNA REALTÀ IMMATERIALE

COMUNICAZIONE E SERVIZILA MANCANZA DI RIFERIMENTI

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22 Il tema. Comunicazione e design dei servizi text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 2 23

Designers need innovation in techinques to manages those communication aspects, especially in relation to the substantial role played by new actors, including final users. New languages need to be introduced in order to com-municate new contents to such new actors.

Per capire come il designer affronta questa necessità, è importante distinguere le due diverse situazioni comunicative che si possono presentare in relazione a questo sistema di attori.

Possiamo avere una comunicazione nel servizio, che comprende tutte quelle situazioni di scambio interno funzionale al progetto e alle attività di co-produzione, estendendo la possibilità di intervento anche verso figure estranee al mondo del design e del servizio. In questo caso comunicare è necessario al fine di creare questo dialogo trasversale tra i soggetti coinvolti con caratteristiche cognitive e background differenti. Gli strumenti e le tecniche di comunicazione visiva rivestono un ruolo fondamentale proprio per la capacità di esplicitare i concetti e di renderli visibili e condivisibili all’interno di un gruppo di persone.

Un altro tema è invece quello della comunicazione del servizio, che interviene nel momento in cui il progetto o il servizio stesso devono essere comunicati alle figure che sono parte del sistema e che partecipano alla fase di erogazione. In questo caso la sfida è quella di riuscire ad esprimere e a trasmettere il funzionamento del sistema, il tipo di offerta e le modalità d’interazione previste.

Normalmente questo tipo di comunicazione prevede una logica non più trasversale, ma top down, per cui si crea un rapporto uni-direzionale tra emittente e ricevente; la co-produzione del servizio si schiera invece su un versante opposto, per cui anche nel momento finale, di erogazione, sono previsiti strumenti di scambio bidirezionale o bottom up. In entrambi i casi la necessità di un progetto consapevole dal punto di vista comunicativo è indiscutibile.

Il servizio esiste grazie ad un sistema di attori che comprende tutte le figure coinvolte nella progettazione e nella realizzazione del servizio, a partire dai promotori stessi fino ad arrivare agli utenti finali.

Riprendendo la definizione che attribuisce al designer di servizi il ruolo di regista della progettazione, possiamo affermare che egli è regista di questa rete di relazioni e di comunicazione.

Il designer è colui che stabilisce le connessioni tra gli elementi del sistema, tra i desideri e le motivazioni dell’utente e i desideri e le motivazioni del promotore, passando attraverso quelli di tutte le altre figure comprese nel contesto che separa queste due entità.

La complessità insita nella gestione delle interazioni con questa eterogenea molteplicità di interlocutori è evidente. Così come è evidente la necessità di comunicare con tutte queste figure, essendo la conversazione strategica alla base delle attività di progettazione e realizzazione di un servizio.

A questo punto ci chiediamo se il designer sia in grado di affrontare tale complessità, molto diversa dalle problematiche che ermergono ad esempio nel mondo di design del prodotto.

Dialogare con questi attori significa conoscere e possedere una sensibilità specifica rispetto al tema dei linguaggi, delle tecniche, degli strumenti e delle modalità di comunicazione. Consapevolezza che può essere sviluppata mediante adeguati percorsi formativi e che sicuramente può essere incentivata o supportata dalla nascita di nuovi modelli di comunicazione, conformi alle esigenze sollevate da questa nuova disciplina.

Comunicazione nel servizioAbbiamo definito il design dei servizi una piattaforma multi-

disciplinare, per questo motivo richiede l’integrazione nel team di nuovi attori. Oltre alle figure che solitamente partecipano a fianco ai designer, quali i produttori, i costruttori e i manager, nel caso dei servizi è spesso richiesta la presenza di figure specializzate provenienti dal mondo delle scienze sociali o dal mondo delle tecnologie, che contribuiscano attivamente allo sviluppo del progetto: sociologi, psicologi, etnologi da un lato e esperti dell’interazione, sviluppatori di soware e ingegneri informatici dall’altro.

Oltre a queste figure, che possiamo considerare tecniche, non dimentichiamo l’importanza degli altri attori che appartengono allo specifico sistema in cui il progetto si colloca, tra cui i promotori, gli operatori e gli utenti finali stessi. Tutti questi attori da entità esterne e passive rispetto all’ideazione e all’erogazione del servizio, stanno diventando sempre di più parte del processo di progettazione e di produzione del valore.

A questo esteso sistema di attori ciò che viene richiesto è di capire e lavorare unitamente, tra di loro e con i designer, per costruire visioni e idee, per concettualizzare possibili soluzioni, per individuare qualità da attribuire all’esperienza del servizio, per concepire la generale preposizione del valore, per costruire, istallare e gestire le infrastrutture necessarie, per definire e implementare l’architettura del brand lungo l’intera organizzazione, per progettare ogni oggetto coinvolto nell’esperienza del servizio, a qualsiasi scala e legato a qualsiasi contesto, fino ai dispositivi per l’interazione e alle interfacce, infine, ma non ultimo, per gestire e definire i modelli per il mantenimento delle reti create.

Affinchè ciò avvenga è indispensabile che la comunicazione abiliti questi individui alla collaborazione: il designer non solo dovrà comunicare loro quali sono gli specifici task da risolvere, ma anche fornire gli strumenti adeguati per poterlo fare, esprimendo le proprie intenzioni. Questo aspetto della co-progettazione pone quindi un primo accento sull’esigenza di trovare un modo, degli strumenti, dei linguaggi che rendano queste persone dei progettisti, integrati nella costruzione del servizio tanto quanto gli operai in un sistema produttivo.

Comunicazione del servizioAnche se consideriamo il servizio non come oggetto da progettare,

ma come oggetto da comunicare, emerge il tema della pluralità di attori a cui deve essere trasmesso. Fondamentale è che tutti arrivino alla comprensione di qual è il proprio ruolo all’interno del sistema e tutti si costruiscano il proprio modello mentale del servizio, per poter veramente sviluppare e generare il valore richiesto. In particolare questo è indispensabile se pensiamo all’utente.

Ciò che spesso avviene, è che gli strumenti comunicativi non vengano progettati su misura a seconda del singolo destinatario. Si verifica viceversa la tendenza alla creazione di artefatti ibridi, di cui non è chiaro quale sia l’interlocutore e quale l’intento, utilizzandoli indistintamente per comunicare all’uno o all’altro. Oppure ancora, assistiamo alla trasposizione di uno strumento che nasce rivolgendosi ad uno specifico interlocutore, verso forme di comunicazione aperte ad altri attori del sistema, con altre caratteristiche e altri background.

Il problema che qui emerge non è solamente quello relativo al tipo di destinatario di fronte a cui ci troviamo, ma anche alle forme di comunicazione interessate. Quando si parla di comunicazione del servizio non si fa infatti riferimento esclusivamente agli artefatti comunicativi progettati per rappresentare, informare, far conoscere, promuovere. C’è un altro livello, altrettanto importante, rappresentato da tutti quegli aspetti che compongono l’interfaccia del servizio, che svolgono un ruolo fondamentale dal punto di vista comunicativo e che vanno progettati pensando all’esperienza e alla percezione complessiva che si desidera fornire all’utente.

Mentre la comunicazione nel servizio si trova quindi ad affrontare le problematiche legate alla rappresentazione di un processo complesso, rappresentazione finalizzata all’individuazione di territori comuni su cui dialogare, la comunicazione del servizio si pone maggiormente il problema di riuscire a conferire visibilità a degli aspetti prettamente intangibili, come quello di esperienza e di performance.

Riconosciamo come elementi comuni la necessità di calibrare gli strumenti utilizzati rispetto allo specifico destinatario a cui sono rivolti e la necessità di individuare forme di comunicazione adatte a questo nuovo tipo di contenuto, che è il servizio. Vedremo quindi nei paragrafi successivi come la complessità che caratterizza la comunicazione del servizio non sia legata solo al sistema di persone a cui va comunicato, ma anche alla natura sistemica stessa dell’oggetto trattato.

2. S. Kyffin in c. Hogenhaven, P. Johansen, T. Lau, J. Rosted (2007)1. N. Morelli (2007)

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ELEMENTI DI COMPLESSITÀIL SISTEMA DI ATTORI

Page 14: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

p.51,53, 86-93, 98-105, 110-117

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24 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 4 25

La presenza di queste evidenze del servizio è quindi utile per comunicarlo, trasferendo in parte il problema dalla comunicazione di un concetto immateriale alla comunicazione, più facile, di un prodotto. Questa però non è una soluzione al tema nel suo complesso:

Furthermore the nature of the solution is much more complex, as immaterial components, such as uncodified and codified knowledge, cultural values and organisational settings are oen more relevant than the material components (products).

I progettisti sono dotati di buoni strumenti comunicativi per gestire la rappresentazione delle componenti materiali della soluzione, ma non sono sempre necessariamente capaci di visualizzare e trasmettere in modo efficace questo tipo di qualità così immateriali, che richiedono uno sforzo comunicativo particolare, che tenga conto anche del destinatario a cui ci si sta di volta in volta rivolgendo.

Distinguiamo a questo proposito diversi punti di vista riguardanti lo stesso oggetto (il servizio), che illustrano meglio in che senso la sua natura sia intangibile e quali sono le implicazioni dal punto di vista comunicativo.

Il servizio può essere comunicato in quanto sistema, inteso come insieme di attori e di interconnessioni, oppure in quanto esperienza, intesa come momento di interazione tra utente e servizio, oppure ancora in quanto valore, inteso come insieme di benefici derivati dalla sua fruizione.

Services do not qualify as property. ey are immaterial and intangibles. ey are performed, not produced. ey exist only in the moment they are rendered. ey cannot be held, accumulated, or inherited. While products are bought, services are made available. In a service economy, it is human time that is being commodified, not places or things. Services always invoke a relationship between human beings as opposed to a relationship between a human being and a thing.

Definire cosa sia un servizio non è certo un facile compito, la maggior parte dei riferimenti letterari esistenti sul tema hanno risolto la questione focalizzandosi sulle differenze tra il concetto di prodotto e il concetto di servizio, svelando così le caratteristiche del servizio.

Tanto Bill Hollins, in Total Design, quanto Birgit Mager, in Service Design Review, insistono sul fatto che i servizi non hanno una forma fisica. Essi possono essere utilizzati, ma non posseduti: non possiamo portarli a casa con noi dopo il momento dell’esperienza, perché non hanno fisicità e non sono trasportabili o tanto meno esportabili.

Un aspetto caratterizzante dei servizi è la loro mancanza di “icogenia”, cioè la loro parvenza di immaterialità, il fatto che i servizi non possono essere visti, toccati, assaggiati e sperimentati prima del loro utilizzo.

Nessuno può possedere un messaggio ad esempio, ma tutti possiamo dire di essere i proprietari, di toccare e di interagire con l’apparecchio telefonico attraverso cui comunichiamo con il resto del mondo. A questo proposito emerge un tema fondamentale, quello dei touchpoint: è vero che il servizio è immateriale, ma i suoi punti di contatto hanno una natura fisica che sancisce la presenza del servizio, rendendolo tangibile e consentendo di interagire con esso.

Un primo punto di vista è quello che considera il servizio come sistema e come sistema vuole comunicarlo. Si tratta di un’esigenza che si presenta rispetto a tutte le figure che lavorano dietro le quinte per mettere a punto la prestazione, sia nel momento del progetto che nel momento della sua implementazione.

La comunicazione non può che riflettere la complessità del servizio, cercando di individuare degli strumenti utili per descrivere il funzionamento della sua realtà dinamica, immateriale ed eterogenea.Un altro punto di vista, che invece guarda più al servizio dalla prospettiva dell’utente e dell’offerta finale, è quello che considera il servizio come esperienza, quindi di nuovo un qualcosa di intangibile, che prende forma attraverso un’interazione nel tempo con una serie di punti di contatto.

Il concetto di esperienza si presenta come l’interazione che l’utente ha con il servizio attraverso una serie di touchpoints distribuiti nel tempo.

Il design si estende quindi fino alla progettazione dell’esperienza, dopo aver definito tutto il sistema e tutti i processi che stanno dietro le quinte, e anche questa esperienza deve essere in qualche modo rappresentata e comunicata, tanto nelle fasi progettuali quanto in quelle realizzative.

Se allarghiamo ancora di un livello la prospettiva, ci rendiamo conto che il servizio, l’oggetto di cui stiamo parlando, non è solo un sistema e non è nemmeno solo un’esperienza, ma molto di più. Proprio per la sua natura intrinseca di supporto all’attività umana, facendo

4. B. Moggridge (2007)1. J. Riin (2000)2. E. Pacenti (1998)3. N. Morelli (2002)

Il tema. Comunicazione e design dei servizi

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degli aspetti materici semplicemente il mezzo per raggiungere una prestazione, la comunicazione del servizio non può non considerare l’importanza dell’aspetto valoriale.

I valori del servizio risiedono nel mondonon tangibile delle cose che supportano le attività umane, che rispondono a esigenze, bisogni, desideri degli individui.

Non dobbiamo più pensare al servizio come una merce e cercare di comunicarlo come tale. Questo modello mentale ha le sue radici profonde nel tipo di mercato in cui siamo cresciuti, un mercato in cui l’esplosione dei servizi non è stata ancora accompagnata da una rivoluzione concreta nel modo di percepirli e nel modo di comunicarli. Molto probabilmente le logiche e le strategie della co-produzione sono ciò che più avvicina, fino a questo momento, all’idea di una trasmissione di valori, informazioni e conoscenze, indipensabile per la creazione di un servizio e della sua esperienza, che può con difficoltà sfruttare gli stessi canali della comunicazione tradizionale, anche e soprattutto nei confronti dell’utente finale.

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ELEMENTI DI COMPLESSITÀUNA REALTÀ IMMATERIALE

Page 15: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

p.49, 51, 53, 71, 98-105, 110-117

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26 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 2 27

Una delle prime agenzie ad occuparsi di Service Design è stata sicuramente Live|work, nata a Londra nel 2001, che ha fondato il proprio lavoro su una competenza iniziale derivante dal mondo dell’interaction design, per poi estendere il proprio territorio di competenza agli ambiti della ricerca e della strategia.

Poi è sorto l’Interaction Design Institute di Ivrea, in Italia, che fondava la propria formazione sulla ricerca di un’innovazione continua, soprattutto rispetto al tema dell’interazione con i servizi. L’istituto è stato poi spostato all’interno di Domus Academy, a Milano, che ha continuato a fare del design dei servizi uno dei suoi ambiti di formazione e di ricerca.

A partire dal 2002, IDEO ha incluso il design dei servizi all’interno delle proprie offerte in termini di consulenza. Proprio nel caso di IDEO lo spostamento verso il design dei servizi è sorto dalla volontà di non concentrarsi tanto più sui prodotti, quanto sull’idea di creare delle esperienze, ed ecco emergere la consapevolezza dell’importanza di questo concetto.

L’idea, che stava alla base delle prime riflessioni teoriche e che ancora non è stata smentita del tutto, è che lo sviluppo di un servizio possa essere supportato dagli stessi principi del progetto che stanno alla base dello sviluppo di un prodotto.

In realtà non è così. Questa disciplina ha bisogno di strumenti e modelli propri; il prodotto è solo una componente materica che può essere d’aiuto, ma è difficile pensare che il concetto molto più ampio e complesso di servizio possa essere ricondotto o trattato in questo modo.

ere’s been a lot of focus on product innovation over the years, but very little discussion or thought on innovation in the service sector – despite the vast growth of that part of our economy.

Il design dei servizi è una disciplina relativamente giovane: sebbene essi esistano da tempi memorabili, il mondo della progettazione del servizio affonda le sue radici agli inizi degli anni Novanta. Una premessa fondamentale per spiegare ciò che è avvenuto e come la situazione si è evoluta nel corso degli anni è legata al fatto che questa disciplina è sorta a stretto contatto con le pratiche del marketing e dell’economia, più che all’interno del mondo del design, quindi gran parte della letteratura esistente sul tema, soprattutto passata, è legata al settore del business e delle organizzazioni più che a quello del progetto.

Il primo importante punto di riferimento, a livello di letteratura nel mondo dei servizi, è considerato Designing Services at Deliver di G.Lynn Shostack, un intervento pubblicato sulla Hardvard Business Review nel 1984. Anni dopo, nel 1991, compare la pubblicazione di Bill Hollins, Total design, in cui viene adottato un punto di vista incentrato sul design management. Nello stesso anno, Birgit Mager stabilisce il design dei servizi come uno dei campi di ricerca e di formazione alla Köln International School of Design (KIDS), la prima al mondo ad offrire questo tipo di formazione.

Queste sono le esperienze che hanno posto le basi per la nascita del dibattito sul design dei servizi e per l’avvio di una ricerca e di una produzione letteraria più significativa. Il mondo dei servizi rimane tuttavia ancora ricco di aspetti da esplorare: pensiamo che il design del prodotto ha centinaia -o forse più- anni alle spalle di ragionamenti sul progetto e sulla comunicazione stessa, mentre questa disciplina può fare affidamento sulle esperienze e sulle idee raccolte in appena una ventina di anni, che è già molto ma evidentemente è più un punto di partenza che un punto di arrivo.

Immaginare un maggiore dialogo tra questi due ambiti non significa necessariamente ipotizzare la nascita di una figura professionale a cavallo tra i due mondi, ma ad esempio integrare maggiormente le didattiche laddove esiste una formazione protesa verso il mondo dei servizi. Un esempio è quello relativo al Politecnico di Milano, dove il corso di laurea in design dei servizi è una diretta prosecuzione dell’orientamento in prodotto. Ci siamo chiesti, perché non dell’orientamento in comunicazione? E soprattutto perché non aumentare i corsi interdisciplinari in modo da fornire a questi studenti, futuri designer di servizi, le basi per poter gestire anche gli aspetti comunicativi con maggior consapevolezza?

In questa situazione ancora lacunosa dal punto di vista della ricerca in ambitoaccademico, sono le grandi agenzie private, come IDEO, Live|Work, Radarstation e Engine a dettare le regole, sviluppando metodi e modelli direttamente dalle proprie esperienze progettuali a diretto contatto con i clienti.

E molto del sapere che viene prodotto in questi luoghi, privati, rimane una conoscenza di proprietà del mittente.

2. Gorb &Dumas (1989) in L.Kimbell, V.P. Seidel (2008)1. John A. Byrne, editore di Fast Company magazine, 21 gennaio 2005, http://blog.fastcompany.com

Se già abbiamo pochi riferimenti sulla progettazione dei servizi, quelli relativi alla sua comunicazione sono ancora più ridotti, nonostante sia una problematica riconosciuta, con cui si imbattono tutte le figure che fanno parte di questo mondo. Spesso nei testi o nei paper si trova il riferimento alla difficoltà che i progettisti incontrano a livello comunicativo, attribuendola alla scarsa icogenia del servizio e alla necessità di estendere la comunicazione a più attori. Molti auspicano la nascita e lo sviluppo di nuovi modelli che siano realmente di supporto all’attività del progettista, ma di fatto oltre a queste riflessioni e ad alcune esperienze esemplificative, che svolgono il ruolo di guida, non ci sono altre fonti utili rispetto a questo tema di grande complessità.

L’aggravante, in tutto ciò, è rappresentata dal fatto che molto spesso le persone che se ne occupano non hanno le competenze necessarie per farlo, ma sono gruppi eterogenei che si trovano a creare ed erogare servizi senza la necessaria cultura del progetto.

L’università di Westminster di Londra ha avviato un progetto di ricerca per capire come i servizi vengono progettati e gestiti in Gran Bretagna. Sorprendentemente, ciò che si è scoperto è che più della metà dei servizi osservati è promosso da persone che non conoscono nemmeno il significato della parola design. Pochissimi all’interno di questo campione di persone hanno un processo di erogazione definito ed esplicitato in un documento di controllo come il service specification. Nessuno si è mai posto interrogativi riguardo alla qualità dell’esperienza offerta all’utente e all’influenza dell’aspetto comunicativo.

Un’altra ricerca, condotta invece da Design Council, porta alla luce dati ancora più sconfortanti mostrando come, mentre nel mondo dei prodotti, il design e la creatività vengono considerati importanti variabili di successo, nel mondo dei servizi, al design non viene quasi mai attribuito un ruolo fondamentale. Solo in una piccola minoranza tra i casi analizzati era stato richiesto l’intervento del designer, proprio perché la sua componente viene in genere considerata irrilevante.

Silent design, the undertaking of design activities by those not trained as or recognized to be designers, appears to be the dominant approach to design in service firms in the UK.

In realtà lo sviluppo del design dei servizi potrebbe dare una notevole svolta positiva verso la creazione e l’offerta di servizi che siano davvero efficaci ed efficienti, e la comunicazione potrebbe aggiungere valore e qualità al servizio, oltre che renderlo comprensibile, accessibile ed usabile a tutti gli effetti.

Anche a livello accademico non abbiamo ancora assistito ad una vera e propria svolta in questa direzione, tanto a livello europeo quanto in Italia. Aspetto ancora più sconcertante è che la comunicazione, che, come abbiamo accennato, è un fattore progettuale determinante, non è uno dei focus su cui è incentrata la formazione di un designer dei servizi.

Il tema. Comunicazione e design dei servizi

COMUNICAZIONE E SERVIZILA MANCANZA DI RIFERIMENTI

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INDEX

30 31 32 33 34 35 36 37

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POLITECNICO DI MILANOEZIO MANZINI

DOMUS ACADEMYELENA PACENTI

AALBORG UNIVERSITYNICOLA MORELLI

LIVE|WORKSEAN MILLER

RADARSTATIONTOKE BARTER

AEGIS MEDIASTEFAN MORITZ

Page 17: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 0Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi? 3130

POLITECNICO DI MILANO / ITEZIO MANZINI

R.T.Qual è la relazione tra il design della comunicazione e il design dei servizi?

E.M.Il tema del design dei servizi, e di conseguenza della comunicazione come sua parte integrante, ha una storia ormai decennale. Una storia che sicuramente ha le sue radici in giro per il mondo ma che ha anche una componente all’interno del Politecnico. Volendo ripercorrere le tappe cha hanno segnato questa storia nella nostra università, dobbiamo risalire

alle riflessioni di Pietro Montefusco e di Giovanni Anceschi sul progetto dell’interazione, che all’epoca era una disciplina già più consolidata.

Dalle loro riflessioni ha preso vita il lavoro di Elena Pacenti, che con la sua intuizione ha fissato un primo importante tassello per la nascita del design dei servizi qui, formulando delle linee guida legate all’interazione, che è una componente fondamentale del servizio stesso.

A partire da quel momento, stiamo parlando ormai di una decina di anni fa, si sono susseguite nel corso degli anni una serie di esperienze, sia a livello progettuale che a livello di ricerca, che hanno contribuito allo sviluppo di questa disciplina. In particolare, se pensiamo all’evoluzione anche dell’aspetto comunicativo, non possiamo non menzionare il lavoro di Francois Jegou, che è professore nel nostro corso e spero continui ad esserlo in futuro.

Lui ha iniziato una significativa esplorazione della comunicazione in funzione del progetto e del dialogo strategico tra i diversi attori e molti degli strumenti da lui concepiti sono stati poi testati ed utilizzati nell’ambito di progetti a cui abbiamo lavorato o all’interno degli stessi laboratori universitari.

R.T.Quindi nel corso di questi anni è cambiato il mondo del design dei servizi e di conseguenza anche la sua componente comunicativa?

E.M.Dal momento in cui il design dei servizi è nato ad ora sono passati dieci anni e nel corso di questi dieci anni le cose si sono certamente evolute.

Se all’inizio, quando si è iniziato a parlare di design dei servizi, non esistevano strumenti di comunicazione codificati, per cui di volta in volta ognuno si trovava di fronte alla necessità di inventarsi dei modelli per comunicare il progetto, ora non è più così. Basta frequentare delle conferenze sul tema del design dei servizi per rendersi conto del fatto che ora ci sono degli strumenti in qualche modo divenuti standard, come il blueprint o lo storyboard.

Certamente rimangono ancora aperte una serie di questioni. Immaginiamo per esemprio di voler descrivere l’esperienza piacevole che abbiamo avuto la scorsa mattina facendo colazione al bar con un cameriere bellissimo che ci ha servito il caffè al tavolo. Emerge un elemento di qualità in questa esperienza che è difficile da rappresentare.

R.T.Quali sono gli elementi di complessità nella comunicazione del servizio?

E.M.Ci sono due aspetti che concorrono nel rendere il tema della comunicazione dei servizi un tema difficile. Il primo è dovuto al fatto che, mentre la comunicazione e la rappresentazione di un prodotto hanno alle spalle un centinaio di anni di storia e forse anche di più, che hanno portato all’utilizzo di una serie di strumenti consolidati, come le tavole tecniche o il rendering, non si può dire lo stesso della comunicazione e rappresentazione dei servizi.

Il secondo punto è che il servizio per sua natura ha delle caratteristiche intrinseche che riguardano aspetti come l’interazione e il tempo, aspetti che rendono molto più complessa la rappresentazione.

Il servizio, infatti, a differenza del prodotto, ha sia delle componenti materiali che immateriali, come ad esempio appunto la linea temporale. Il servizio ha la necessità di essere rappresentato nel tempo per poter essere raccontato, ecco perché i principali strumenti di rappresentazione del servizio sono contraddistinti dalla presenza di questa linea temporale, pensiamo ancora una volta al blueprint o allo storyboard.

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2 3Se all’inizio, quando si è iniziato a parlare di design dei servizi, non esistevano strumenti di rappresentazione codificati e ognuno doveva di volta in volta inventarsi dei modelli per comunicare il progetto, ora non è più cosìOra ci sono alcuni strumenti, come il blueprint e lo storyboard, che sono divenuti veri e propri standard di comunicazione.

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tt text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 0Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi? 3332

DOMUS ACADEMY, MILANO / ITELENA PACENTI

E.P.Ragiono su questi temi dai tempi della tesi di laurea sul design dei servizi svolta nel 1993 grazie all’intuizione di Ezio Manzini e in seguito nella tesi di dottorato che studiava le connessioni tra gli strumenti concettuali e operativi del design dell’interazione e la progettazione dei servizi.

Il tema della notazione è emerso da subito come tema centrale nel tentativo di fondare una disciplina progettuale legata ai servizi. Parlo di notazione ancor prima che di comunicazione perchè i servizi, per dirla come direbbe Giovanni Anceschi, presentano una “carenza di iconogenia” cioè sono difficilmente rappresentabili con gli strumenti di notazione tradizionali del progetto.

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2Fondamentale la comunicazione agli operatori del servizio, soprattutto a quelli di front-line, che rappresentano il nodo centrale della qualità della prestazione erogata.

Nella progettazione di un nuovo servizio, molto spesso noi progettisti siamo chiamati a fornire strumenti di notazione e comunicazione del progetto da utilizzare nelle sessioni di formazione dei manager e del personale di contatto. Si tratta di elaborazioni ad hoc, in grado di rappresentare i caratteri salienti del progetto in forma di guideline.

Diverso è comunicare l’identità del servizio all’esterno e ai potenziali utenti, in fase di implementazione del progetto. Disegnare gli aspetti di visibilità e di identità del servizio è un tema di design della comunicazione fondamentale. Le interfacce dei servizi, cioè gli aspetti visibili, i touchpoint, sono gli unici media permanenti dell’identità visiva del servizio. Ciò comporta il fatto che sulle evidenze che compongono l’interfaccia del servizio confluiscano aspetti simbolico-comunicativi, che veicolano l’identità del servizio, e aspetti funzionali-informativi, che supportano l’interazione.

R.T.Qual è la relazione tra il design della comunicazione e il design dei servizi?

E.P.Innanzitutto è necessario distinguere tra la comunicazione del progetto dei servizi, ovvero il tema della notazione progettuale, dal tema della comunicazione del servizio una volta implementato, ovvero la sua rappresentazione e promozione verso l’esterno. Sul primo tema, quello della notazione dell’idea del servizio durante lo sviluppo del progetto, esiste ormai una sorta di knowledge condivisa, e una pur limitata gamma di strumenti e tecniche che vengono utilizzati, in modi diversi e personali, da tutti i centri che sviluppano il design dei servizi.

Pensiamo alle tecniche di visualizzazione dell’idea e del sistema (mappe, schemi, concept scenario..), dell’interazione tra utente e servizio (dallo storyboarding al blueprinting) degli elementi di visibilità (fisici e digitali).

Le tecniche di rappresentazione e di simulazione del servizio vengono utilizzate in modo diverso a seconda del tipo di comunicazione che si instaura durante il processo di progettazione, sia con gli stakeholders, che con gli utenti e al livello di co-progettazione che si mette in campo.

Il supporto fisico del servizio funge così da “vetrina” e da “officina”, nel senso che deve essere buon veicolo di comunicazione del servizio e buon supporto per l’azione. In questo senso, ogni singola interazione dell’utente con il servizio contribuisce anche alla costruzione dell’immagine e dell’identità del servizio nella percezione dell’utente.

L’interfaccia del servizio è dunque anche un complesso sistema comunicativo che ha il ruolo di trasferire i codici su cui si fonda la percezione e l’immagine del servizio da parte dell’utente e, al tempo stesso, di trasferire i codici su cui si fonda il modello mentale per la fruizione dell’utente all’atto dell’interazione.

Dobbiamo riconoscere che si tratta di un mestiere, di un ambito professionale, che riguarda aspetti di marchio, ma anche di segnaletica e orientamento visivo-simbolico, su cui interi studi di visual, branding e graphic design si stanno specializzando.

È necessario distinguere la comunicazione intesa come notazione progettuale, che comprende tutte le tecniche di visualizzazione dell’idea e del sistema, dalla comunicazione intesa come rappresentazione e promozione del servizio verso l’esterno, legata alle evidenze che compongono l’interfaccia.

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text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 0 3534 Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?

AALBORG UNIVERSITY / DKNICOLA MORELLI

R.T.Qual è la relazione tra il design della comunicazione e il design dei servizi?

N.M.Per rispondere alla tua domanda voglio parlarti della teoria a cui io mi sono rifatto come punto di partenza per una serie di riflessioni sul design dei servizi. Si tratta della teoria di Arbnor e Bjerke, i due ricercatori svedesi autori di Methodology to Create Business Knowledge.

Loro, parlando del mondo del business (non dei servizi), sostengono che le nostre ultimate presumption vengono tradotte in paradigmi, ovvero ragionamenti indispensabili per la creazione di approcci metodologici utili alla risoluzione di problemi. Dall’altro lato rispetto agli approcci metodologici si trovano, nel loro trattato, i business cases reali.

Esiste quindi un divario che separa l’approccio metodologico dal caso reale e che può essere superato solamente

attraverso una serie di paradigmi operativi, che derivano dal mondo delle metodologie esistenti. È proprio questo settore, la ricerca di paradigmi operativi, quello in cui si colloca il mio lavoro.

Nel caso del design dei servizi questo paradigma operativo è come una vera e propria scatola degli attrezzi, che invece di contenere il martello e il cacciavite, ha al suo interno una serie di strumenti necessari per far sì che questo collegamento tra approcci metodologici e casi reali avvenga.

All’interno di questa scatola, un service designer può riconoscere una quantità veramente numerosa di strumenti, che io ho cercato di classificare in tre categorie: strumenti per analizzare, strumenti per progettare, strumenti per rappresentare e comunicare.

Nel primo ambito rientrano tutti quei metodi derivati dalle scienze sociali e dalle tecniche di ricerca etnografica.

Nel secondo troviamo invece tutti gli strumenti provenienti dal mondo del design e le tecniche di notazione sviluppate per supportare in particolare il progetto di servizi. Già in questo secondo ambito emerge il tema della comunicazione, perché nel momento in cui per progettare decido ad esempio di costruire uno storyboard sto già facendo un tentativo di rappresentazione del servizio.

Il terzo mondo è quello che ti interessa e che come vedi è assolutamente parte del design dei servizi, la comunicazione. A mio avviso è anche l’ambito più inesplorato, che richiede la creazione di nuovi strumenti che sappiano rispondere alle esigenze comunicative poste da un oggetto complesso come lo è il servizio.

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2 3R.T.Quali sono le aspettative per il futuro dal punto di vista della ricerca?

N.M.Se penso al concetto di co-produzione e alla comunicazione che interessa gli utenti finali e il personale di erogazione del servizio, allora mi sembra interessante invece che esplorare le modalità di comunicazione top down, ovvero quelle della comunicazione imposta, le modalità bottom up, o comunque trasversali tra le persone. Questo è fondamentale soprattutto nell’ottica della co-produzione e della predisposizione di strumenti da parte del designer che facilitino lo scambio di informazioni continuo tra le persone.Una mia studentessa ha fatto quest’anno un progetto per gli operatori del Seven Eleven, la nota catena di supermercati che rimangono aperti 24 ore su 24. Il problema di questi supermercati è che il personale è composto totalmente da ragazzi molto giovani che in media prestano lavoro presso la catena per periodi non superiori ai 3 mesi. In questa situazione è impensabile che l’impresa investa in continui corsi formativi, sono quindi necessarie delle forme di comunicazione differenti per istruire il personale. Questa studentessa ha lavorato proprio su questo livello di comunicazione trasversale, ipotizzando di dotare queste persone di palmari che agevolassero lo svolgimento di alcune attività operative e allo stesso tempo incentivassero il contatto tra il personale di punti diversi della catena per lo scambio di informazioni utili allo svolgimento del servizio.

R.T.Cosa succede se invece parliamo di comunicazione finalizzata alla co-produzione?

N.M.La distinzione così netta tra queste aree, ovviamente, scompare nel momento in cui si parla di co-produzione del servizio, perché in questi casi può avvenire che strumenti di rappresentazione mi servano invece per analizzare o progettare il servizio, perché sono necessari al fine di creare uno scambio comunicativo tra le diverse figure coinvolte. In questi casi emerge ancora di più la necessità di strumenti che creino piattaforme comunicative in grado di far dialogare figure con background culturali anche molto diversi.

La co-produzione del servizio è un concetto che si sta diffondendo sempre di più e un concetto nel quale comunicazione e servizio si fondono completamente.

Assumere questo punto di vista porta ad un cambiamento radicale della prospettiva, perché porta a considerare tutte le figure coinvolte, utente compreso, come degli “operai” inseriti all’interno del sistema servizio. E allora anche la comunicazione gli verrà fornita considerandoli come tali e fornendogli tutti gli elementi necessari per poter apportare il loro contributo, un pò come avviene nel mondo IKEA.

Forse in questi casi, più che di comunicazione, si potrebbe addirittura parlare di knowledge management, ovvero di gestione dello scambio di informazioni o di conoscenze tra due o più attori appartenenti al sistema.

Quando si parla di co-produzione, emerge la necessità di nuovi strumenti comunicativi che creino piattaforme in grado di far dialogare figure con background culturali anche molto diversi, piattaforme adatte ad uno scambio bi-direzionale di informazioni e conoscenze.

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text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 0 3736 Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?

R.T.Which is the relation between service and communication?

S.MO.First of all we have to consider that the service design itself is a young multi-disciplinary field that researchers recognised and started to observe not so many years ago. The communication of the service is something complex. The problems are due to the lack of literature on that theme and of course to the fact that the service is a difficult object to be communicated because of its intangible nature.The most important aspect is the experience, but how can we communicate the experience?

Trying to answer that question is more complex again if we keep the discussion on a generic level, because the notion of service is so wide and embodies so many different situations and experiences. Otherwise it could be very helpful approaching that theme with the right degree of abstraction necessary to understand deeply the dynamics that affect the service communication.

1 2R.T.Another element we have to consider is represented by the different actors that are involved in the service project. Maybe their presence affects the communication strategy and tools, what do you think about?

S.MO.There are so many actors involved in a service design process that it could become difficult speaking with everybody in the appropriate way. First of all we have to consider that each one of them has is own specific language and cultural background. Moreover every actor is involved in a different way, with a specific role in the development of the solution.

We can define designing a service as building an experience: each person involved contributes in a different way to the creation of this experience as if we were talking about a value chain creation.

In this fact I identify an opportunity to understand how we can communicate to all those figures.

We could try to define exactly what each actor adds in the creation of the experience and this could become the object of the communication. This means assuming a specific point of view and shifting the focus from the generic vision of the service to the value that each one of our different interlocutors brings in the service itself.

One more thing. Certainly we have to consider the cognitive and cultural features of the people we are talking to, certainly we have to comprehend the values they bring in the creation of the service experience, but there’s another relevant point. We have to know which effects we’d like to obtain with the communication, establishing the desired reaction of the interlocutors and planning the communication in order to reach that specific aim. Let’s think for example at the presentation of the concept to the promoters that finance the project. One thing is describing the idea and another thing is exciting them: the aim affects of course the communication strategy.

AEGIS MEDIA, LONDON / UKSTEFAN MORITZ

S.MI.Hi, I’m Sean Miller from Live|Work. Live|Work is one of the first agencies focused on the service design.

It is formed by a multi-disciplinary team of designers, technologists, social anthropologists, marketers, management consultants,… all the professional figures that are required in order to develop new breakthrough service propositions. We are internally divided in six different areas and our projects are the result of the dialogue between all those disciplines in order to create services completely centred on the customer needs and desires.

We are also located in three different cities. The headquarters is set in London, then we have other two offices, one in New Castle and the other one in Oslo. Our strength resides in the network of collaboration that we have built during the years, that is one of our point of success because every time we have to start with the design of a new service, we set up an appropriate team very quickly with all the figures we consider essential to fulfil the project.

1 2R.T.I am working on the communication of a service so I’d like to ask you how do you face in Live|Work the problems linked to the service communication?

S.MI.Talking about the communication of the service, we can’t forget the presence of touchpoints. Touchpoints are all the objects the customer meet while experiencing a service, they are very useful because of their ability in making the service visible, tangible, material.

So if our problem is how communicating the service, my answer will be through its touchpoints.

And how can we plan this kind of communication? A very useful tool is the service blueprint, because it is a structured method based on the customer journey that allows us to identify the position and the function of every different touchpoint and then going on with the specific design of each one of them.

LIVE|WORK, LONDON / UKSEAN MILLER

3R.T.How can we manage the communication with the front line staff?

S.MI.There could be two opportunities in order to guarantee that these persons comprehend their role and behave adequately. One, the most suitable if possible, is to involve these persons or a selected group of them in the design of the service itself. In this way they learn gradually how to manage their activities and they contribute with some suggestions that could be very helpful in building a service that is satisfying for the users but also usable for the staff that has to deliver it. If the operators are involved as co-designers of the service, at the end of the process they will certainly have developed a deep understanding of the context in which they are going to work and of the qualities their activities must have and so on.

The other opportunity is to communicate them the service at the end of the process of design. It could be extremely difficult because in these cases we’re trying to communicate something that somehow affects the human behaviour. And in many situations this becomes a huge problem because if the front-line staff is not adequately formed and the service is not adequately delivered, the result will be a critical damage in the perception and experience of the user.

e communication has to support each actor in the comprehension of his specific role and value in the creation of the service experience.

Touchpoints give the opportunity to make the service visible, tangible, material.

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text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 0 3938

T.B.Hi, I’m Toke from Radarstation, a small design agency set in London, composed just by me and my partner, whose name is Ré Dubhthaigh. We met when we were students at the Royal Collage of Art and then we started working together some years ago; the fusion of our backgrounds is quite significant because I come from the educational field of Interaction Design, while Ré is specialised in Visual Communication. This connection is very important: it’s what is required to work on the service innovation. Of course that’s not enough to face the whole complexity of the design of a

service, this is why we almost never work alone: we are part of a bigger association with other two partners. We can imagine our organization as a simple triangle, whose corners are innovation, strategy and research. We are located in the innovation point, while the other two partners are one in the strategy and the other in the research. Between us there is a continuous dialogue.The opportunity coming from this structure is that our activity is quite balanced between these three segments without having one part that overlaps the others.

There are some other agencies in London that are focused on the service design, one of them is Engine, whose activity is quite similar to our. Another important agency, of course, is Live|Work. There is no doubt on the high quality of Live|Work projects, even if they work in a very different way. If we think again at the triangle innovation-strategy-research, maybe I can say that they’re more concentrated in the innovation and strategy areas, because they focus a lot on the companies they work for.

R.T.Which is the relation between service and communication? Why communicating a service appears so difficult and what do you think about tools used by designers now?

T.B.What makes difficult communicating a service is that the service is basically intangible. We can solve this complexity by identifying its touchpoints and communicating the service through them (with touchpoints I mean everything that gives evidence of the service existance).

In order to understand which these touchpoints are and how we can use them to communicate, what we generally do at Radarstation is drawing the customer journey map. This tool allows us to define the objects the user come in contact with and then the features that these objects might have. And this is very important, because it’s not enough telling “I communicate through that object”, we have also to understand HOW this object might be realised in terms of materials, visual aspects, shapes,...we have to manage at a strategic level all the elements that can affect the perception of the user.

Suppose that we have two objects that are the same but with different appearances: our perception changes a lot even though the object is actually the same in its substance. I’ll give you an example. We have two small blisters with sugar inside, the content is the same but one is white with a stylish typography on it and the other is made up with a recycled paper and has a graphical illustration reminding to a natural environment. We perceive two atmospheres, two ideas, two objects at least that are completely different one from each other.

R.T.Of course the design of a service includes the need to communicate with many actors, not just with the final users. I’m thinking about the communication of the service to the staff responsible for the supply, about the communication to the experts involved in the service realization, or also about the communication to the promoters who have to approve and finance the idea. These are just some different examples, but the point is: what do you think about this kind of internal communications of the service and about the tools that are used for?

T.B.So we have identified in the touchpoints an important mean of communication of the service. Another key point is the simplicity. If we consider, as you said, that we have to talk with a lot of stakeholders and that everyone has his own values, his own language, his own background,… simplicity assumes an essential role. The more we shift from a specific interlocutor to a generic one, the more we have to manage the communication and to pursue the simplicity.

The other point is clarity, because everyone in a system tents to do exactly what he wants. The designer in this sense as to say: “no, you have to do this, just this”. And of course the communication has an important role also in this aspect; we have to control and manage its effects in order to reach specific fixed aims.

R.T.Maybe controlling the effects of the touchpoints is more difficult when a touchpoint is a person, like a front-line staff operator. I’m particoularly interested in that kind of internal communication because it affect human behaviour.

T.B.Yes, of course. When we have the presence of a front line staff, an essential requirement is to not put those persons in front of the final result of the project and tell them “do that”. The operators need to be gradually guided through the understanding of each aspect that forms the service and specially their activity.

They need to understand the reasons of each action they do, from the most important to the simplest ones. For example, if they have to press a button, we don’t have to tell them just “press the button” but we have to explain them the reason: why we ask them to press the button? This makes the operators more conscious of their role and more motivated in performing their activities in the right way.

An other important thing I’d like to tell you is that we have to remember the difference between a strategical conversation, like the presentation of the service to the promoters, and an operational conversation, like the communication of the service to specialists or staff agents. The first is more evocative and emotional while the second needs to be more and more detailed.

This is also why when we talk with the promoters we don’t need to deeply describe the components of the service, while when we talk with the people that have to build it we must be extremly precise.

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2 3Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?

RADARSTATION, LONDON / UKTOKE BARTER

One key-point is simplicity, because we are talking with different figures, with their own values, language and background. e other one is clarity, because everyone in the system tents to do what he wants, but the designer has the opportunity to manage these behaviours through communicational aspects.

Page 22: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

40 Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?

Alcune considerazioniIl primo pensiero, dovendo commentare queste brevi testimonianze

raccolte, è rivolto alla grande disponibilità mostrata da ciascuno dei soggetti intervistati, a conferma dell’interesse da parte degli addetti ai lavori nell’approfondire il discorso della comunicazione nel mondo dei servizi.

L’obiettivo era quello di raccogliere una serie di punti di vista, fotografando la conoscenza e le aspettative attuali rispetto al tema. Rileggendo ora i contenuti raccolti, posso notare quanto ciascuno sia davvero rappresentativo della realtà e della prospettiva in cui la singola persona opera. È evidente, ad esempio, il diverso approccio tra chi si è occupato o si occupa di ricerca e chi invece lavora ogni giorno a diretto contatto con aziende e progetti reali. Da un lato vengono sollevati interrogativi riguardo alla necessità di individuare delle categorie, delle modalità, delle indicazioni che diano una risposta ad alcuni aspetti ancora irrisolti, dall’altro si parla invece di strumenti esistenti, facendo riferimento all’effettivo supporto da essi fornito. Risulta evidente inoltre la differente percezione del problema da parte di chi si occupa proprio di interazione e di comunicazione del servizio, e chi invece vive più il progetto dal lato del sistema e del prodotto e paradossalmente nel secondo caso si ha una percezione molto più positiva dello stato di fatto. Tutti riconoscono negli aspetti legati all’intangibilità del servizio e alla pluralità di attori degli elementi che determinano la complessità comunicativa.

Ezio Manzini, la testimonianza storica tra queste, mi ha raccontato l’evoluzione del design dei servizi mostrandomi i traguardi raggiunti dalla comunicazione nel corso degli anni. Elena Pacenti e Nicola Morelli rappresentano le prospettive che sento molto più vicine, critiche rispetto ai risultati raggiunti e allo stesso tempo propositive, entrambi mi hanno aperto molte possibili strade da percorrere per offrire un contributo utile e innovativo. Utilissimo è stato anche il dialogo telefonico con Stefan Moritz, che ha cercato di spostare le mia attenzione sul concetto di esperienza e sulle potenzialità della comunicazione in un processo di co-produzione dell’esperienza stessa. Sean Miller e Toke Barter hanno rappresentato infine il contatto con il mondo delle agenzie londinesi che primeggiano nel settore del design dei servizi. Dal racconto delle loro esperienze lavorative emergono subito gli strumenti che popolano la loro attività e i suggerimenti derivati direttamente dal loro utilizzo.

Queste testimonianze completano il quadro complessivo fin qui costruito e stabiliscono i punti di partenza sulla base dei quali indagare più da vicino cosa succede quando si progetta un servizio.

INDEX

44 45 48 49 50 51

52 53

STRUMENTIGLOSSARIO

42 43

COME ORIENTARSIUN UNIVERSO DI STRUMENTI

STRUMENTIGENESI

STRUMENTIPOTENZIALITÀ COMUNICATIVE

STRUMENTITASSONOMIA

Page 23: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

42 Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 2 43

Fare ordine all’interno di questo universo è stato il primo passo per cercare di capire quali sono gli strumenti che il designer abitualmente usa e in quali di questi emerge la componente comunicativa.

L’obiettivo di questo capitolo è proprio quello di indagare questo mondo, da cui sono stati estrapolati 67 strumenti, per individuare dove e come interviene la comunicazione, con che caratteristiche e con che effetti. Questo passaggio è una tappa fondamentale per arrivare ad osservare le problematiche più da vicino e a sviluppare riflessioni significative rispetto al tema della comunicazione del servizio.

Negli ultimi anni diversi progettisti e ricercatori si sono cimentati nell’osservazione dello stato di fatto nell’ambito degli strumenti per il design dei servizi. Alcune classificazioni sono legate a specifici progetti, che sono diventati occasioni per sedimentare alcune conoscenze sviluppate nel corso del progetto stesso.

In altri casi si tratta invece di interventi provenienti dal mondo della ricerca accademica. Tra questi vorrei ricordare il contributo di Stefan Moritz, che ha raccolto i risultati delle sue ricerche di dottorato in Service Design, Practical Access to an Evolving Field. testo in cui egli ripercorre tutti gli strumenti utilizzati per progettare un servizio in modo da creare una base di conoscenze condivisibili ed estendibili a tutti quegli specialisti che si trovano coinvolti nel design di un servizio senza di fatto essere progettisti. Significativa è la sua analisi delle tendenze e delle figure che popolano questo mondo, e la sua classificazione degli strumenti, suddivisi in base alle specifiche fasi di progetto in cui intervengono.

Un’altro contributo molto interessante è quello offerto da Nicola Morelli, che ha avuto occasione di spiegarmi in prima persona il suo paradigma operativo (vedi a questo proposito la sua intervista contenuta nel capitolo precedente). Nicola Morelli manifesta ampiamente la necessità di supportare la nascente disciplina con nuovi modelli.

Nel primo capitolo è stato introdotto l’ambito di ricerca attraverso alcune riflessioni sugli aspetti problematici che dominano la relazione tra comunicazione e servizi. Le esperienze raccolte e riportate nel secondo capitolo rappresentano un ulteriore avvicinamento al tema, descrivendo lo stato di fatto e gli orientamenti nascenti. Partendo da queste considerazioni complessive, è quindi iniziata una fase di indagine più approfondita del rapporto tra il progetto dei servizi e il progetto della comunicazione ed in particolare degli strumenti che rappresentano l’intersezione tra questi due mondi.

Nel momento stesso in cui ho iniziato a muovere i primi passi nel design dei servizi, mi sono imbattuta in quantità enorme di strumenti, molti dei quali sconosciuti. Con il passare del tempo la quantità di strumenti che incontravo cresceva continuamente, senza che io riuscissi a costruirmi una visione d’insieme chiara. Mano a mano notavo inoltre come molti strumenti si ripetevano assumendo nomi diversi, oppure come uno stesso strumento venisse utilizzato con caratteristiche e funzionalità diverse a seconda dei casi. La percezione era quella di trovarsi di fronte ad un universo vasto e caotico.

Una prima spiegazione di tutto ciò è dovuta al fatto che nel momento in cui il design dei servizi è nato sono confluiti in esso una serie di tecniche e di modelli provenienti da altri mondi, nel tentativo di applicare gli stessi metodi al nuovo contenuto. Il servizio però è un tema complesso, molto più complesso: pensiamo anche solo alla differenza tra la rappresentazione visiva di un prodotto e quella di un servizio. Così i progettisti hanno iniziato a riadattare questi strumenti o a crearne di nuovi, affinchè fossero più adatti allo scopo specifico. Alcuni sono stati riconosciuti in un panorama più ampio, internazionale, altri invece hanno avuto una diffusione più ristretta, per esempio all’interno dell’istituto in cui sono nati. Alcuni sono metodi aperti, che possono essere riadattati a seconda delle esigenze, altri sono strumenti invece codificati, con un preciso format per l’utilizzo.

Il design dei servizi necessita la costituzione e la sedimentazione di una serie di strumenti e metodi operativi che supportino realmente la generazione di soluzioni innovative.

A suo avviso queste tecniche possono essere prese in prestito da altri mondi e adattate all’oggetto in questione, come di fatto è accaduto, ma ciò non è sufficiente. In particolare egli identifica tre ambiti di progettazione.

Sono necessari nuovi strumenti per le attività di analisi e interpretazione del contesto, per lo sviluppo del sistema, per la rappresentazione e comunicazione della soluzione.

Molti progettisti hanno cercato di esplorare i primi due ambiti e sono così comparse numerose tecniche di ricerca e numerosi strumenti di notazione. Viceversa la terza area, relativa alla rappresentazione e comunicazione della soluzione, è rimasta piuttosto inesplorata con l’idea che le tecniche di rappresentazione già esistenti potessero comunicare altrettanto efficacemente anche gli aspetti legati ai sistemi di servizi.

È proprio questo il punto di maggior interesse se consideriamo il rapporto comunicazione/servizio, ed è proprio questo l’ambito più problematico.

Il pensiero diffuso che il progettista possa adattare le proprie conoscenze in ambito di tecniche grafiche e di comunicazione a questo nuovo tipo di contenuti è errato, tenendo in considerazione qual è la natura dell’oggetto in questione, il numero di attori partecipanti e le numerose componenti comunicative e culturali coinvolte nella soluzione.

L’errore spesso commesso, come vedremo in seguito, non è solo legato al tentativo di utilizzare modelli di comunicazione estrapolati da altri ambiti, ma anche quello di usufruire delle tecniche di notazione per supportare altri tipi di racconti non più destinati ai progettisti, ovvero lo slittamento di medesimi strumenti da un punto all’altro del processo per sopperire alla mancanza di modelli adeguati.

L’approccio utilizzato cerca di fare un passo in avanti rispetto alle classificazioni fino ad ora condotte all’interno di questo mondo, mettendo in risalto alcuni aspetti in altri casi trascurati. Più che proporre una classificazione, l’indagine qui presentata cerca di analizzare la natura di questi strumenti, le loro caratteristiche e funzioni.

Prima di tutto la mappa della genesi degli strumenti, una rappresentazione tesa ad individuare da quali mondi sono stati estrapolati gli strumenti che fanno parte del design del servizio e come tutto ciò si sia evoluto nel corso del tempo, portando infine negli utlimi anni alla progettazione di strumenti ad hoc per supportare questa disciplina.

Sono stati poi analizzati gli strumenti nel processo di design per capire dove essi si collocano e quali potenzialità comunicative hanno rispetto agli attori coinvolti. Questa mappatura rivela inoltre come gli strumenti si ripetono nel corso del processo richiedendo di volta in volta un “adattamento” rispetto ad interlocutore e momento.

Una mappa tassonomica infine classifica gli strumenti in base a diverse tipologie, che identificano le diverse modalità con cui essi comunicano.

Il capitolo si conclude infine con un glossario, una raccolta di tutti gli strumenti che compaiono in questa analisi, con l’obiettivo di costituire un vocabolario condiviso e di sedimentare i contenuti della ricerca.

2. N. Morelli (2007)

COME ORIENTARSIUN UNIVERSO DI STRUMENTI

1

1. è il caso ad esempio della classificazione effettuata al termine del progetto PRESENCE ad opera di una serie di partner provenienti da diversi istituti di ricerca nel mondo del design, classificazione contenuta nel book di presentazione del progetto, Presence. New Media for Elderly People, pupplicato dal Netherlands Design Institute.

2

Page 24: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

p.49, 51, 53, 71, 98-105, 110-117

1

26 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 2 27

Una delle prime agenzie ad occuparsi di Service Design è stata sicuramente Live|work, nata a Londra nel 2001, che ha fondato il proprio lavoro su una competenza iniziale derivante dal mondo dell’interaction design, per poi estendere il proprio territorio di competenza agli ambiti della ricerca e della strategia.

Poi è sorto l’Interaction Design Institute di Ivrea, in Italia, che fondava la propria formazione sulla ricerca di un’innovazione continua, soprattutto rispetto al tema dell’interazione con i servizi. L’istituto è stato poi spostato all’interno di Domus Academy, a Milano, che ha continuato a fare del design dei servizi uno dei suoi ambiti di formazione e di ricerca.

A partire dal 2002, IDEO ha incluso il design dei servizi all’interno delle proprie offerte in termini di consulenza. Proprio nel caso di IDEO lo spostamento verso il design dei servizi è sorto dalla volontà di non concentrarsi tanto più sui prodotti, quanto sull’idea di creare delle esperienze, ed ecco emergere la consapevolezza dell’importanza di questo concetto.

L’idea, che stava alla base delle prime riflessioni teoriche e che ancora non è stata smentita del tutto, è che lo sviluppo di un servizio possa essere supportato dagli stessi principi del progetto che stanno alla base dello sviluppo di un prodotto.

In realtà non è così. Questa disciplina ha bisogno di strumenti e modelli propri; il prodotto è solo una componente materica che può essere d’aiuto, ma è difficile pensare che il concetto molto più ampio e complesso di servizio possa essere ricondotto o trattato in questo modo.

ere’s been a lot of focus on product innovation over the years, but very little discussion or thought on innovation in the service sector – despite the vast growth of that part of our economy.

Il design dei servizi è una disciplina relativamente giovane: sebbene essi esistano da tempi memorabili, il mondo della progettazione del servizio affonda le sue radici agli inizi degli anni Novanta. Una premessa fondamentale per spiegare ciò che è avvenuto e come la situazione si è evoluta nel corso degli anni è legata al fatto che questa disciplina è sorta a stretto contatto con le pratiche del marketing e dell’economia, più che all’interno del mondo del design, quindi gran parte della letteratura esistente sul tema, soprattutto passata, è legata al settore del business e delle organizzazioni più che a quello del progetto.

Il primo importante punto di riferimento, a livello di letteratura nel mondo dei servizi, è considerato Designing Services at Deliver di G.Lynn Shostack, un intervento pubblicato sulla Hardvard Business Review nel 1984. Anni dopo, nel 1991, compare la pubblicazione di Bill Hollins, Total design, in cui viene adottato un punto di vista incentrato sul design management. Nello stesso anno, Birgit Mager stabilisce il design dei servizi come uno dei campi di ricerca e di formazione alla Köln International School of Design (KIDS), la prima al mondo ad offrire questo tipo di formazione.

Queste sono le esperienze che hanno posto le basi per la nascita del dibattito sul design dei servizi e per l’avvio di una ricerca e di una produzione letteraria più significativa. Il mondo dei servizi rimane tuttavia ancora ricco di aspetti da esplorare: pensiamo che il design del prodotto ha centinaia -o forse più- anni alle spalle di ragionamenti sul progetto e sulla comunicazione stessa, mentre questa disciplina può fare affidamento sulle esperienze e sulle idee raccolte in appena una ventina di anni, che è già molto ma evidentemente è più un punto di partenza che un punto di arrivo.

Immaginare un maggiore dialogo tra questi due ambiti non significa necessariamente ipotizzare la nascita di una figura professionale a cavallo tra i due mondi, ma ad esempio integrare maggiormente le didattiche laddove esiste una formazione protesa verso il mondo dei servizi. Un esempio è quello relativo al Politecnico di Milano, dove il corso di laurea in design dei servizi è una diretta prosecuzione dell’orientamento in prodotto. Ci siamo chiesti, perché non dell’orientamento in comunicazione? E soprattutto perché non aumentare i corsi interdisciplinari in modo da fornire a questi studenti, futuri designer di servizi, le basi per poter gestire anche gli aspetti comunicativi con maggior consapevolezza?

In questa situazione ancora lacunosa dal punto di vista della ricerca in ambitoaccademico, sono le grandi agenzie private, come IDEO, Live|Work, Radarstation e Engine a dettare le regole, sviluppando metodi e modelli direttamente dalle proprie esperienze progettuali a diretto contatto con i clienti.

E molto del sapere che viene prodotto in questi luoghi, privati, rimane una conoscenza di proprietà del mittente.

2. Gorb &Dumas (1989) in L.Kimbell, V.P. Seidel (2008)1. John A. Byrne, editore di Fast Company magazine, 21 gennaio 2005, http://blog.fastcompany.com

Se già abbiamo pochi riferimenti sulla progettazione dei servizi, quelli relativi alla sua comunicazione sono ancora più ridotti, nonostante sia una problematica riconosciuta, con cui si imbattono tutte le figure che fanno parte di questo mondo. Spesso nei testi o nei paper si trova il riferimento alla difficoltà che i progettisti incontrano a livello comunicativo, attribuendola alla scarsa icogenia del servizio e alla necessità di estendere la comunicazione a più attori. Molti auspicano la nascita e lo sviluppo di nuovi modelli che siano realmente di supporto all’attività del progettista, ma di fatto oltre a queste riflessioni e ad alcune esperienze esemplificative, che svolgono il ruolo di guida, non ci sono altre fonti utili rispetto a questo tema di grande complessità.

L’aggravante, in tutto ciò, è rappresentata dal fatto che molto spesso le persone che se ne occupano non hanno le competenze necessarie per farlo, ma sono gruppi eterogenei che si trovano a creare ed erogare servizi senza la necessaria cultura del progetto.

L’università di Westminster di Londra ha avviato un progetto di ricerca per capire come i servizi vengono progettati e gestiti in Gran Bretagna. Sorprendentemente, ciò che si è scoperto è che più della metà dei servizi osservati è promosso da persone che non conoscono nemmeno il significato della parola design. Pochissimi all’interno di questo campione di persone hanno un processo di erogazione definito ed esplicitato in un documento di controllo come il service specification. Nessuno si è mai posto interrogativi riguardo alla qualità dell’esperienza offerta all’utente e all’influenza dell’aspetto comunicativo.

Un’altra ricerca, condotta invece da Design Council, porta alla luce dati ancora più sconfortanti mostrando come, mentre nel mondo dei prodotti, il design e la creatività vengono considerati importanti variabili di successo, nel mondo dei servizi, al design non viene quasi mai attribuito un ruolo fondamentale. Solo in una piccola minoranza tra i casi analizzati era stato richiesto l’intervento del designer, proprio perché la sua componente viene in genere considerata irrilevante.

Silent design, the undertaking of design activities by those not trained as or recognized to be designers, appears to be the dominant approach to design in service firms in the UK.

In realtà lo sviluppo del design dei servizi potrebbe dare una notevole svolta positiva verso la creazione e l’offerta di servizi che siano davvero efficaci ed efficienti, e la comunicazione potrebbe aggiungere valore e qualità al servizio, oltre che renderlo comprensibile, accessibile ed usabile a tutti gli effetti.

Anche a livello accademico non abbiamo ancora assistito ad una vera e propria svolta in questa direzione, tanto a livello europeo quanto in Italia. Aspetto ancora più sconcertante è che la comunicazione, che, come abbiamo accennato, è un fattore progettuale determinante, non è uno dei focus su cui è incentrata la formazione di un designer dei servizi.

Il tema. Comunicazione e design dei servizi

COMUNICAZIONE E SERVIZILA MANCANZA DI RIFERIMENTI

2

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text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 0 3938

T.B.Hi, I’m Toke from Radarstation, a small design agency set in London, composed just by me and my partner, whose name is Ré Dubhthaigh. We met when we were students at the Royal Collage of Art and then we started working together some years ago; the fusion of our backgrounds is quite significant because I come from the educational field of Interaction Design, while Ré is specialised in Visual Communication. This connection is very important: it’s what is required to work on the service innovation. Of course that’s not enough to face the whole complexity of the design of a

service, this is why we almost never work alone: we are part of a bigger association with other two partners. We can imagine our organization as a simple triangle, whose corners are innovation, strategy and research. We are located in the innovation point, while the other two partners are one in the strategy and the other in the research. Between us there is a continuous dialogue.The opportunity coming from this structure is that our activity is quite balanced between these three segments without having one part that overlaps the others.

There are some other agencies in London that are focused on the service design, one of them is Engine, whose activity is quite similar to our. Another important agency, of course, is Live|Work. There is no doubt on the high quality of Live|Work projects, even if they work in a very different way. If we think again at the triangle innovation-strategy-research, maybe I can say that they’re more concentrated in the innovation and strategy areas, because they focus a lot on the companies they work for.

R.T.Which is the relation between service and communication? Why communicating a service appears so difficult and what do you think about tools used by designers now?

T.B.What makes difficult communicating a service is that the service is basically intangible. We can solve this complexity by identifying its touchpoints and communicating the service through them (with touchpoints I mean everything that gives evidence of the service existance).

In order to understand which these touchpoints are and how we can use them to communicate, what we generally do at Radarstation is drawing the customer journey map. This tool allows us to define the objects the user come in contact with and then the features that these objects might have. And this is very important, because it’s not enough telling “I communicate through that object”, we have also to understand HOW this object might be realised in terms of materials, visual aspects, shapes,...we have to manage at a strategic level all the elements that can affect the perception of the user.

Suppose that we have two objects that are the same but with different appearances: our perception changes a lot even though the object is actually the same in its substance. I’ll give you an example. We have two small blisters with sugar inside, the content is the same but one is white with a stylish typography on it and the other is made up with a recycled paper and has a graphical illustration reminding to a natural environment. We perceive two atmospheres, two ideas, two objects at least that are completely different one from each other.

R.T.Of course the design of a service includes the need to communicate with many actors, not just with the final users. I’m thinking about the communication of the service to the staff responsible for the supply, about the communication to the experts involved in the service realization, or also about the communication to the promoters who have to approve and finance the idea. These are just some different examples, but the point is: what do you think about this kind of internal communications of the service and about the tools that are used for?

T.B.So we have identified in the touchpoints an important mean of communication of the service. Another key point is the simplicity. If we consider, as you said, that we have to talk with a lot of stakeholders and that everyone has his own values, his own language, his own background,… simplicity assumes an essential role. The more we shift from a specific interlocutor to a generic one, the more we have to manage the communication and to pursue the simplicity.

The other point is clarity, because everyone in a system tents to do exactly what he wants. The designer in this sense as to say: “no, you have to do this, just this”. And of course the communication has an important role also in this aspect; we have to control and manage its effects in order to reach specific fixed aims.

R.T.Maybe controlling the effects of the touchpoints is more difficult when a touchpoint is a person, like a front-line staff operator. I’m particoularly interested in that kind of internal communication because it affect human behaviour.

T.B.Yes, of course. When we have the presence of a front line staff, an essential requirement is to not put those persons in front of the final result of the project and tell them “do that”. The operators need to be gradually guided through the understanding of each aspect that forms the service and specially their activity.

They need to understand the reasons of each action they do, from the most important to the simplest ones. For example, if they have to press a button, we don’t have to tell them just “press the button” but we have to explain them the reason: why we ask them to press the button? This makes the operators more conscious of their role and more motivated in performing their activities in the right way.

An other important thing I’d like to tell you is that we have to remember the difference between a strategical conversation, like the presentation of the service to the promoters, and an operational conversation, like the communication of the service to specialists or staff agents. The first is more evocative and emotional while the second needs to be more and more detailed.

This is also why when we talk with the promoters we don’t need to deeply describe the components of the service, while when we talk with the people that have to build it we must be extremly precise.

1

2 3Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?

RADARSTATION, LONDON / UKTOKE BARTER

One key-point is simplicity, because we are talking with different figures, with their own values, language and background. e other one is clarity, because everyone in the system tents to do what he wants, but the designer has the opportunity to manage these behaviours through communicational aspects.

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40 Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?

Alcune considerazioniIl primo pensiero, dovendo commentare queste brevi testimonianze

raccolte, è rivolto alla grande disponibilità mostrata da ciascuno dei soggetti intervistati, a conferma dell’interesse da parte degli addetti ai lavori nell’approfondire il discorso della comunicazione nel mondo dei servizi.

L’obiettivo era quello di raccogliere una serie di punti di vista, fotografando la conoscenza e le aspettative attuali rispetto al tema. Rileggendo ora i contenuti raccolti, posso notare quanto ciascuno sia davvero rappresentativo della realtà e della prospettiva in cui la singola persona opera. È evidente, ad esempio, il diverso approccio tra chi si è occupato o si occupa di ricerca e chi invece lavora ogni giorno a diretto contatto con aziende e progetti reali. Da un lato vengono sollevati interrogativi riguardo alla necessità di individuare delle categorie, delle modalità, delle indicazioni che diano una risposta ad alcuni aspetti ancora irrisolti, dall’altro si parla invece di strumenti esistenti, facendo riferimento all’effettivo supporto da essi fornito. Risulta evidente inoltre la differente percezione del problema da parte di chi si occupa proprio di interazione e di comunicazione del servizio, e chi invece vive più il progetto dal lato del sistema e del prodotto e paradossalmente nel secondo caso si ha una percezione molto più positiva dello stato di fatto. Tutti riconoscono negli aspetti legati all’intangibilità del servizio e alla pluralità di attori degli elementi che determinano la complessità comunicativa.

Ezio Manzini, la testimonianza storica tra queste, mi ha raccontato l’evoluzione del design dei servizi mostrandomi i traguardi raggiunti dalla comunicazione nel corso degli anni. Elena Pacenti e Nicola Morelli rappresentano le prospettive che sento molto più vicine, critiche rispetto ai risultati raggiunti e allo stesso tempo propositive, entrambi mi hanno aperto molte possibili strade da percorrere per offrire un contributo utile e innovativo. Utilissimo è stato anche il dialogo telefonico con Stefan Moritz, che ha cercato di spostare le mia attenzione sul concetto di esperienza e sulle potenzialità della comunicazione in un processo di co-produzione dell’esperienza stessa. Sean Miller e Toke Barter hanno rappresentato infine il contatto con il mondo delle agenzie londinesi che primeggiano nel settore del design dei servizi. Dal racconto delle loro esperienze lavorative emergono subito gli strumenti che popolano la loro attività e i suggerimenti derivati direttamente dal loro utilizzo.

Queste testimonianze completano il quadro complessivo fin qui costruito e stabiliscono i punti di partenza sulla base dei quali indagare più da vicino cosa succede quando si progetta un servizio.

INDEX

44 45 48 49 50 51

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STRUMENTIGLOSSARIO

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COME ORIENTARSIUN UNIVERSO DI STRUMENTI

STRUMENTIGENESI

STRUMENTIPOTENZIALITÀ COMUNICATIVE

STRUMENTITASSONOMIA

Page 27: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

42 Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 2 43

Fare ordine all’interno di questo universo è stato il primo passo per cercare di capire quali sono gli strumenti che il designer abitualmente usa e in quali di questi emerge la componente comunicativa.

L’obiettivo di questo capitolo è proprio quello di indagare questo mondo, da cui sono stati estrapolati 67 strumenti, per individuare dove e come interviene la comunicazione, con che caratteristiche e con che effetti. Questo passaggio è una tappa fondamentale per arrivare ad osservare le problematiche più da vicino e a sviluppare riflessioni significative rispetto al tema della comunicazione del servizio.

Negli ultimi anni diversi progettisti e ricercatori si sono cimentati nell’osservazione dello stato di fatto nell’ambito degli strumenti per il design dei servizi. Alcune classificazioni sono legate a specifici progetti, che sono diventati occasioni per sedimentare alcune conoscenze sviluppate nel corso del progetto stesso.

In altri casi si tratta invece di interventi provenienti dal mondo della ricerca accademica. Tra questi vorrei ricordare il contributo di Stefan Moritz, che ha raccolto i risultati delle sue ricerche di dottorato in Service Design, Practical Access to an Evolving Field. testo in cui egli ripercorre tutti gli strumenti utilizzati per progettare un servizio in modo da creare una base di conoscenze condivisibili ed estendibili a tutti quegli specialisti che si trovano coinvolti nel design di un servizio senza di fatto essere progettisti. Significativa è la sua analisi delle tendenze e delle figure che popolano questo mondo, e la sua classificazione degli strumenti, suddivisi in base alle specifiche fasi di progetto in cui intervengono.

Un’altro contributo molto interessante è quello offerto da Nicola Morelli, che ha avuto occasione di spiegarmi in prima persona il suo paradigma operativo (vedi a questo proposito la sua intervista contenuta nel capitolo precedente). Nicola Morelli manifesta ampiamente la necessità di supportare la nascente disciplina con nuovi modelli.

Nel primo capitolo è stato introdotto l’ambito di ricerca attraverso alcune riflessioni sugli aspetti problematici che dominano la relazione tra comunicazione e servizi. Le esperienze raccolte e riportate nel secondo capitolo rappresentano un ulteriore avvicinamento al tema, descrivendo lo stato di fatto e gli orientamenti nascenti. Partendo da queste considerazioni complessive, è quindi iniziata una fase di indagine più approfondita del rapporto tra il progetto dei servizi e il progetto della comunicazione ed in particolare degli strumenti che rappresentano l’intersezione tra questi due mondi.

Nel momento stesso in cui ho iniziato a muovere i primi passi nel design dei servizi, mi sono imbattuta in quantità enorme di strumenti, molti dei quali sconosciuti. Con il passare del tempo la quantità di strumenti che incontravo cresceva continuamente, senza che io riuscissi a costruirmi una visione d’insieme chiara. Mano a mano notavo inoltre come molti strumenti si ripetevano assumendo nomi diversi, oppure come uno stesso strumento venisse utilizzato con caratteristiche e funzionalità diverse a seconda dei casi. La percezione era quella di trovarsi di fronte ad un universo vasto e caotico.

Una prima spiegazione di tutto ciò è dovuta al fatto che nel momento in cui il design dei servizi è nato sono confluiti in esso una serie di tecniche e di modelli provenienti da altri mondi, nel tentativo di applicare gli stessi metodi al nuovo contenuto. Il servizio però è un tema complesso, molto più complesso: pensiamo anche solo alla differenza tra la rappresentazione visiva di un prodotto e quella di un servizio. Così i progettisti hanno iniziato a riadattare questi strumenti o a crearne di nuovi, affinchè fossero più adatti allo scopo specifico. Alcuni sono stati riconosciuti in un panorama più ampio, internazionale, altri invece hanno avuto una diffusione più ristretta, per esempio all’interno dell’istituto in cui sono nati. Alcuni sono metodi aperti, che possono essere riadattati a seconda delle esigenze, altri sono strumenti invece codificati, con un preciso format per l’utilizzo.

Il design dei servizi necessita la costituzione e la sedimentazione di una serie di strumenti e metodi operativi che supportino realmente la generazione di soluzioni innovative.

A suo avviso queste tecniche possono essere prese in prestito da altri mondi e adattate all’oggetto in questione, come di fatto è accaduto, ma ciò non è sufficiente. In particolare egli identifica tre ambiti di progettazione.

Sono necessari nuovi strumenti per le attività di analisi e interpretazione del contesto, per lo sviluppo del sistema, per la rappresentazione e comunicazione della soluzione.

Molti progettisti hanno cercato di esplorare i primi due ambiti e sono così comparse numerose tecniche di ricerca e numerosi strumenti di notazione. Viceversa la terza area, relativa alla rappresentazione e comunicazione della soluzione, è rimasta piuttosto inesplorata con l’idea che le tecniche di rappresentazione già esistenti potessero comunicare altrettanto efficacemente anche gli aspetti legati ai sistemi di servizi.

È proprio questo il punto di maggior interesse se consideriamo il rapporto comunicazione/servizio, ed è proprio questo l’ambito più problematico.

Il pensiero diffuso che il progettista possa adattare le proprie conoscenze in ambito di tecniche grafiche e di comunicazione a questo nuovo tipo di contenuti è errato, tenendo in considerazione qual è la natura dell’oggetto in questione, il numero di attori partecipanti e le numerose componenti comunicative e culturali coinvolte nella soluzione.

L’errore spesso commesso, come vedremo in seguito, non è solo legato al tentativo di utilizzare modelli di comunicazione estrapolati da altri ambiti, ma anche quello di usufruire delle tecniche di notazione per supportare altri tipi di racconti non più destinati ai progettisti, ovvero lo slittamento di medesimi strumenti da un punto all’altro del processo per sopperire alla mancanza di modelli adeguati.

L’approccio utilizzato cerca di fare un passo in avanti rispetto alle classificazioni fino ad ora condotte all’interno di questo mondo, mettendo in risalto alcuni aspetti in altri casi trascurati. Più che proporre una classificazione, l’indagine qui presentata cerca di analizzare la natura di questi strumenti, le loro caratteristiche e funzioni.

Prima di tutto la mappa della genesi degli strumenti, una rappresentazione tesa ad individuare da quali mondi sono stati estrapolati gli strumenti che fanno parte del design del servizio e come tutto ciò si sia evoluto nel corso del tempo, portando infine negli utlimi anni alla progettazione di strumenti ad hoc per supportare questa disciplina.

Sono stati poi analizzati gli strumenti nel processo di design per capire dove essi si collocano e quali potenzialità comunicative hanno rispetto agli attori coinvolti. Questa mappatura rivela inoltre come gli strumenti si ripetono nel corso del processo richiedendo di volta in volta un “adattamento” rispetto ad interlocutore e momento.

Una mappa tassonomica infine classifica gli strumenti in base a diverse tipologie, che identificano le diverse modalità con cui essi comunicano.

Il capitolo si conclude infine con un glossario, una raccolta di tutti gli strumenti che compaiono in questa analisi, con l’obiettivo di costituire un vocabolario condiviso e di sedimentare i contenuti della ricerca.

2. N. Morelli (2007)

COME ORIENTARSIUN UNIVERSO DI STRUMENTI

1

1. è il caso ad esempio della classificazione effettuata al termine del progetto PRESENCE ad opera di una serie di partner provenienti da diversi istituti di ricerca nel mondo del design, classificazione contenuta nel book di presentazione del progetto, Presence. New Media for Elderly People, pupplicato dal Netherlands Design Institute.

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avvenuta nel mondo del progetto di servizi, fin dall’inizio consapevole che già questo poteva diventare un oggetto di ricerca infinita. Più che mirare ad un risultato esaustivo, mi interessava riuscire a farmi un’idea di ciò che era successo e a raccontarla.

È nata così la decisione di costruire una mappa di questa genesi degli strumenti, per rendere visibili i risultati della ricerca e fornire una dimostrazione evidente di come il mondo dei servizi si sia prima popolato di strumenti derivanti da altri settori e poi abbia individuato una propria strada, attraverso la progettazione di strumenti specifici.

La mappatura è stata quindi costruita utilizzando come variabile principale quella cronologica, in modo da distribuire gli strumenti nel tempo in base ai relativi filoni di appartenenza, andando a comporre così una visione complessiva delle origini di tutto ciò che oggi è contenuto nel design dei servizi. La rappresentazione che ne è scaturita mette in evidenza alcuni aspetti molto interessanti.

Se concentriamo la nostra attenzione su tutto ciò che non fa parte, almeno in origine, del mondo del design, è evidente lo stretto rapporto con il business, ed in particolare con le sue aree di ricerca e di marketing.

Dalle scienze sociali provengono invece una serie di strumenti che fanno parte della storia e della cultura dell’uomo fin dalle sue origini più antiche e che sono tuttora mezzi efficaci di espressione o comunicazione, pensiamo ad esempio all’invenzione di personaggi immaginari, al racconto di storie, all’uso delle metafore, alle tecniche di insegnamento e così via. Importante ed evidente il contributo di questa disciplina, in epoca questa volta contemporanea, attraverso lo sviluppo di strumenti per l’osservazione etnografica che il mondo dei servizi utilizza per rispondere alla necessità di comprendere a fondo utenti e contesti.

Il mondo della tecnologia, di nascita più recente, contribuisce fornendo una serie di strumenti provenienti in particolare dal settore

Il design dei servizi nasce come processo multi-disciplinare che unisce e connette diversi segmenti di competenze.

Queste aree di competenza si sono portate con sé i propri strumenti all’interno del mondo dei servizi, con il risultato che oggi il designer si trova spesso ad operare, lavorare, comunicare utilizzando dei metodi che provengono da altri settori. La conseguenza è l’utilizzo di strumenti molte volte non appropriati rispetto alle esigenze specifiche, strumenti che spesso richiedono di essere riadattati, strumenti che diventano vincoli più che risorse. Ecco una efficace esemplificazione di quello che è successo trasportando nel mondo dei servizi le tecniche di rappresentazione proprie del design di prodotto:

Mentre il design del prodotto ha sviluppato una serie di metodi e strumenti per controllare e svolgere il processo, a causa delle specifiche caratteristiche del servizio quegli stessi metodi non possono essere automaticamente trasportati all’interno del mondo dei servizi. È difficile infatti utilizzare quegli strumenti del mondo del design focalizzati sulla rappresentazione e la comunicazione di aspetti materici per rappresentare e comunicare gli attributi spesso immateriali dei servizi, legati maggiormente a valori quali il tempo e le relazioni sociali o culturali.

Andando alla ricerca delle origini dei singoli strumenti, sono emersi quattro mondi di provenienza, che corrispondo in modo coerente alle discipline integrate all’interno della progettazione dei servizi: design, business, technology e social science.

Mi sono cimentata in questa ricerca delle origini degli strumenti perchè mi sembrava molto interessante per mettere in luce l’evoluzione

1. N. Morelli (2007)

dell’interazione, qui definito human computer interaction. Si tratta di tecniche di racconto e soprattutto di tecniche di osservazione, dedotte dall’ambito dell’interazione proprio per il fatto che anche il mondo dei servizi si trova a dover analizzare e testare delle interazioni, indipendentemente dal fatto che siano basati o meno su dispositivi tecnologici.

La rappresentazione del mondo del design mostra come nel tempo siano sorte nuove discipline al suo interno, partendo dal mondo della comunicazione e del design di prodotto, passando per il design thinking e il design delle interfacce, molto vicino al concetto di servizio, per giungere infine negli anni Novanta alla nascita di questa disciplina. È proprio da questa ramificazione che vediamo svilupparsi in tempi recenti una numerosa serie di strumenti che nascono proprio all’interno del mondo del design dei servizi.

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STRUMENTIGENESI

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Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi

Page 29: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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ATTORI

FASI DEL PROCESSO

STRUMENTO

TRANSIZIONE

POTENZIALITÀ

Questa mappa è stata realizzata partendo dall’esigenza di capire quali funzioni avessero tutti questi strumenti e quale fosse il loro ruolo nella progettazione, implementazione ed erogazione del servizio. Variabile fondamentale di questa indagine è quindi rappresentata dalla disposizione di questi strumenti lungo un ipotetico processo di design. Vorrei a tal proposito precisare che la disposizione è avvenuta lungo un processo lineare per facilitare l’individuazione delle funzioni dei singoli strumenti, consapevoli che in realtà la linearità non è una caratteristica reale del processo, ma una forzatura che in questo caso è risultata idonea rispetto allo scopo perseguito.

Il passo successivo è stato quello di valutare la potenzialità comunicativa di ciascun strumento, individuando quali fossero gli oggetti di utilizzo interno al gruppo di progettisti e quali invece gli oggetti protagonisti di uno scambio o un dialogo con figure esterne. Nel caso in cui lo strumento prenda parte ad un processo comunicativo, andiamo quindi a definire a chi si rivolge, in quale momento del processo e che direzionalità assume il flusso di comunicazione.

Mediante la mappa è quindi possibile individuare i momenti di apertura e di chiusura del processo di design, osservando fin da una rapida visualizzazione come l’intero processo sia continuamente soggetto a scambi comunicativi attraverso gli strumenti citati, scambi che coinvolgono di volta in volta figure diverse.

Leggendo il grafico si comprende come il campione di verifica, ad esempio, sia molto importante nelle prime fasi di indagine ed esplorazione del tema e poi nel successivo momento di prototipazione e test della soluzione. I tecnici sono coinvolti in flussi comunicativi soprattutto nel momento in cui il servizio deve passare da una fase concettuale ad una realizzativa. Gli operatori prima e gli utenti poi compaiono nel momento finale, con una serie di strumenti destinati al contatto con questi interlocutori, fino a quel momento rappresentati dal campione di verifica.

Un altro aspetto interessante che emerge dalla rappresentazione riguarda la presenza di strumenti che svolgono all’incirca la stessa funzione, magari attraverso tecniche o metodi differenti. Oppure ancora strumenti in stretta relazione l’uno con l’altro poichè lo sviluppo del primo è indispensabile per lo sviluppo del secondo. Questo tipo di relazioni, o di alternativa o di dipendenza, sono mostrate attraverso gli “agglomerati” di strumenti nella mappa.

L’ultima considerazione presente nella mappa riguarda la frequenza di strumenti che compaiono in un punto del processo per poi tornare nei momenti successivi. Questo rimbalzare da una parte all’altra può essere manifestazione di due aspetti. Il primo è che uno stesso strumento si muove perché è di supporto in più fasi del processo, mediante un aggiornamento graduale dei suoi contenuti. Un esempio in questo senso può essere il service specification, che viene appunto rielaborato e aggiornato man mano che il progetto si evolve. Un altro caso è quello invece in cui sia ho uno strumento più generico che poi viene applicato di volta in volta, anche diversamente, a seconda delle situazioni. Gli use cases ad esempio possono trasformarsi da semplici storie con un linguaggio sintetico nella fase di prima esplorazione

delle idee, a rappresentazioni grafiche dettagliate del sistema nel momento dello sviluppo e utilizzate quindi come base per la successiva implementazione del servizio.

Questo utilizzo dei medesimi strumenti in più punti può essere rischioso da un punto di vista comunicativo se nel frattempo cambia l’interlocutore, perciò nella maggior parte dei casi in cui questo avviene è opportuno verificare che il metodo sia valido per rivolgersi al nuovo interlocutore in questione ed eventualmente riadattare il linguaggio utilizzato ed il tipo di comunicazione, verificandone l’accessibilità e l’efficacia nel nuovo contesto. Prendiamo come esempio i character profiles: lo stesso strumento, che inzialmente viene utilizzato dai progettisti per elaborazioni interne, poi diventa un modo per presentare il progetto ai committenti; lo strumento è il medesimo ma l’aspetto comunicativo sarà stato riadattato in base alla nuova situazione. Lo stesso vale per la mappa dell’offerta, che da strumento di racconto del servizio al committente, può diventare documento interno di discussione con i tecnici, può diventare espediente per comunicare quali sono le prestazioni al personale e può diventare infine strumento informativo per l’utente.

Come si può osservare nella mappa, questi collegamenti sono molto più intensi nella fase progettuale, fase in cui il concept viene definito gradualmente e sempre più nel dettaglio, perciò gli stessi strumenti che all’inizio servivano ad immaginare vengono poi utilizzati per raccontare, specificare e costruire. Sono pochi gli strumenti di questa fase progettuale che passano oltre, giungendo a comunicare a personale del servizio e utenza finale.

Questo permette di aprire una riflessione riguardo alla possibilità di tradurre alcuni dei numerosi strumenti che consentono la comunicazione durante la fase di progetto in modelli utili per la rappresentazione del servizio quando esso viene implementato ed erogato. Nella situazione lacunosa precedemente descritta, in cui mancano strumenti di rappresentazione e comunicazione del servizio, una strada può essere quella di creare nuovi strumenti ad hoc, ma forse un’altra strada può essere quella di catturare alcune caratteristiche e alcuni elementi interessanti degli strumenti già esistenti ed utilizzati nelle fasi precedenti.

Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi

STRUMENTIPOTENZIALITÀ COMUNICATIVE

Page 31: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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text 0 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 67 notes 0 5150 Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi

STRUMENTITASSONOMIA

testo, dal termine latino textus, con significato originario di tessuto o trama, un insieme di parole, correlate tra loro per costituire un’unità logico-concettuale.

tabella, un insieme di dati che sono organizzati in un modello logico a due dimensioni, righe e colonne.

descrizione, una forma di rappresentazione, che può essere particolareggiata o caratterizzante, a diversi fini: orientativi, informativi, dichiarativi.

narrazione, esposizione ordinata sulla base di determinate istanze di ordine stilistico o storico.

gioco, attività ricreativa che coinvolge una o più persone, basata su un obiettivo da raggiungere attraverso l’attività del gioco e un insieme di regole che determinano ciò che i giocatori possono o non possono fare.

evento, fatto o avvenimento che accade in un dato punto a un dato momento.

modello, rappresentazione di un oggetto o di un fenomeno reale che riproduce caratteristiche o comportamenti ritenuti fondamentali sulla base dell’obiettivo della rappresentazione stessa.

artefatto, oggetto la cui forma è giustificata dalla prestazione a cui è destinato, ancora prima della sua effettiva realizzazione. Gli artefatti presuppongono un progetto, uno scopo e di conseguenza un’intelligenza capace di attività creativa.

struttura, insieme di elementi di vario tipo posti in relazione tra di loro seguendo una logica, così da formare un sistema funzionale e funzionante.

Page 32: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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STRUMENTIGLOSSARIO

67 piccole schede per comporre un glossario di tutti gli strumenti citati in questa tesi, cogliendo l’occasione per creare una sorta di vocabolario condiviso e per sedimentare le conoscenze allo stato attuale. Tutti gli strumenti citati sono accompagnati da un’illustrazione, dall’indicazione della tipologia e da una brevissima definzione, con l’esplicitazione del principale autore di riferimento.

La scelta di questi strumenti, protagonisti dell’intera analisi, è principalmente legata al contesto progettuale europeo. Anche qualora fossero state rintracciate diverse denominazioni dello stesso strumento, è stata privilegiata quella più diffusa nel nostro panorama progettuale.

TESTO DESCRITTIVO

TIPOLOGIA

FONTE BIBLIOGRAFICA

NOME

IMMAGINE

Page 33: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

benchmarking

Processo di identificazione, osservazione e studio delle attività di altre organizzazioni al fine di migliorare la propria performance. Possono essere oggetto dell’indagine sia organizzazioni che offrono servizi simili a quello progettato nello stesso contesto, che organizzazioni che offrono servizi simili ma in altri contesti.

DESCRIZIONE

character profiles

Questo strumento è utile al fine di sedimentare una conoscenza condivisa all’interno del team su chi siano gli utenti di un particolare servizio. Il character profile è solitamente un’immagine accompagnata da una descrizione breve e significativa di un personaggio immaginario; in genere per ogni progetto vengono creati più profili che rappresentano diverse tipologie significative di utenti.

DESCRIZIONE

ADD poster

Una finta promozione del servizio costruita cercando di immaginare come la nuova offerta potrebbe essere lanciata sul mercato quando il servizio sarà effettivamente disponibile al pubblico. Fondamentale è riuscire a bilanciare il collegamento con la realtà esistente e nota da un lato e la potenzialità dell’immaginazione dall’altro, così come è fondamentale identificare un destinatario a cui rivolgersi.

context panorama

Visualizzazione di un’idea iniziale per favorire lo sviluppo e l’orientamento delle successive attività di design. L’idea viene visualizzata mediante l’utilizzo di una semplice immagine, o più di una se è necessario; alle immagini vengono accostate delle parole chiave che indicano all’interlocutore il senso di lettura dell’immagine stessa.

NARRAZIONENARRAZIONE

advertising

Forma di comunicazione che ha tipicamente lo scopo di persuadere un potenziale consumatore a richiedere o consumare un prodotto o servizio. Nel caso specifico della promozione del servizio, oltre che un modo per richiamare eventuali utenti, è un modo per dare visibilità al servizio stesso e attribuirgli delle caratteristiche più tangibili e meglio memorizzabili da parte degli utenti stessi.

NARRAZIONE

architecture

L’organizzazione e la progettazione dello spazio in cui ha luogo il servizio. L’architettura, intesa come organizzazione sia spaziale che virtuale, costituisce uno degli elementi principali che compongono l’interfaccia del servizio; l’architettura diventa quindi uno strumento che permette di distirbuire funzioni e informazioni, di orientare l’utente, di rendere visibile l’offerta del servizio, di comunicare l’esperienza,...

STRUTTURA

activity map

Rappresentazione ad albero che traduce e articola le funzioni del servizio in attività da svolgere per la loro fruizione/erogazione, partendo da una descrizione generale del servizio da cui si diramano le attività scendendo progressivamente nei diversi livelli di dettaglio. La definizione dei vari passaggi avviene chiedendosi di volta in volta come un’attività può essere erogata e perché quell’attività viene realizzata

GRAFO AD ALBERO

design direction

Format per comunicare con una descrizione sintetica un’ipotesi di tipologia di soluzioni progettuali, utile per orientare il processo di ideazione e di sviluppo della soluzione, favorendo la conversazione strategica tra gli attori implicati. La visualizzazione è basata su una serie di referenze visive commentate, i segni grafici indicano semplicemente cosa guardare e come guardarlo.

NARRAZIONE

actors map

Rappresentazione del sistema di attori e delle relazioni esistenti tra di loro al fine di stabilire una visione sistemica del servizio e del contesto in cui esso si colloca. La mappa richiede l’assunzione di un punto di vista da cui osservare il sistema, ad esempio se decidiamo di osservare il servizio dal punto di vista dell’utente, sarà lui l’entità centrale attorno a cui si sviluppa tutta la rappresentazione.

GRAFO AD ALBERO

affinity diagram

Raccolta e raggruppamento di vaste quantità di dati, idee e opinioni organizzandoli in base alle loro naturali correlazioni gli uni con gli altri. Dopo la dichiarazione dell’obiettivo, prevede una sessione di lavoro in cui ogni partecipante scrive le proprie idee su una serie di post-it; i post-it vengono poi utilizzati per ragionare sui contenuti organizzandoli e riorganizzandoli in gruppi di senso.

customer events

Eventi speciali destinati agli utenti o a potenziali utenti del servizio nell’intento di fornire un occasione per avvicinare queste persone al servizio stesso, oppure nell’intento di creare una sorta di community o di gruppo raccolto attorno al servizio perchè caratterizzato da esigenze e desideri simili. Gli eventi aperti agli utenti sono quindi prima di tutto uno strumento promozionale.

EVENTO

GIOCO

cognitive walkthrough

cultural probes

Tecnica per raccogliere informazioni ed ispi-razioni direttamente dall’esperienza dell’utente; ciò avviene distribuendo pacchetti di materiale con cui gli utenti possono testimoniare, attraverso diversi formati e supporti, la loro vita quotidiana e il loro ambiente. Implica l’accettazione di una verità filtrata in quanto mediata dall’utente, che è allo stesso tempo osservatore e soggetto osservato.

GIOCO

Uno o più valutatori ispezionano un servizio percorrendo i vari passaggi come se fossero degli utenti. L’input per queste indagini è rappresentato dai character profiles in modo che il valutatore possa immedesimarsi nei panni di questi utenti e muoversi nel servizio tenendo conto del loro ipotetico livello di conoscenze e delle loro specifiche esigenze.

MODELLO

business plan

Rapporto finanziario ed economico necessario per verificare la fattibilità del concept di servizio e prevedere investimenti, guadagni e rischi. Partendo da una descrizione del mercato di riferimento, il business plan, chiarisce quali siano i processi e i sistemi necessari, le figure professionali coinvolte, i luoghi fisici e virtuali richiesti, il modello economico e come esso si evolverà nel tempo.

TESTO

blueprint

constructive interaction

Ad un utente viene chiesto di utilizzare il servizio ed in particolare di raggiungere un determinato task, mentre avviene l’interazione egli esprime ad alta voce i propri pensieri, che vengono così registrati dal valutatore. Se questo strumento viene adottato con due utenti per sessione invece che solamente uno, l’enunciazione dei propri pensieri ad alta voce diventa più naturale per entrambi i partecipanti.

MODELLO

Diagramma di flusso che esplora l’interazione con il servizio rappresentando simultaneamente i processi di erogazione del servizio, i punti di contatto tra servizio e utente, i ruoli delle figure coinvolte, i processi di supporto e gli elementi visibili del servizio. Il suo livello di dettaglio è tale da consentire la successiva implementazione della soluzione descritta.

GRAFO ORIENTATO

customer journey map

Rappresentazione che descrive il percorso di un ipotetico utente attraverso i diversi touchpoints che egli incontra durante un processo di interazione con il servizio. L’interazione viene quindi ripresa passaggio per passaggio su modello del classico blueprint, enfatizzando però l’aspetto dei flussi di comunicazione e di contatto con ogni strumento e dispositivo dell’interfaccia del servizio.

GRAFO ORIENTATO

D. Sangiorgi (2004) N. Morelli (2002)

Adaptive Path (2008) S. Moritz (2005)F. Jègou (2003)

R. Camp (1989) Zeithmal &t Bitter (2000)

H. Parrish (2006) Presence (1996)

E. Manzini, N. Morelli (2005) B. Gaver (1999)J. Nielsen (1990)

Engine (2008) F. Jègou (2004)

S. Moritz (2005)

Page 34: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

group sketching

La tecnica dello schizzo è un modo veloce ed economico per sviluppare le idee e la loro spiegazione nello stesso momento. Risulta utilissima nei casi di co-design che prevedono la partecipazione di gruppi eterogenei composti da persone con diversi background culturali alle spalle. Importante è l’utilizzo di disegni molto semplici che incoraggino l’intervento diretto delle persone coinvolte.

GIOCO

informance

Messa in scena delle informazioni: rappresentare ciò che vogliamo dire inscenandolo per spiegare, raccontare e condividere l’idea di servizio.Indipendentemente dall’utilizzo di attori professionisti o non professionisti, l’importante è che il modo in cui la storia viene rappresentata sia rilevante rispetto ai contenuti e sia davvero di supporto alla trasmissione del messaggio e non un fattore di distrazione.

GIOCO

issue cards

market research

Processo di raccolta, registrazione ed analisi di dati e informazioni riguardo a consumatori, concorrenti e mercato di riferimento allo scopo di favorire lo sviluppo di un’adeguata strategia progettuale. Tale ricerca può avvenire quindi sia mediante la consultazione di materiale appropriato sia mediante l’osservazione e l’indagine direttamente a contatto con gli utenti del servizio.

DESCRIZIONE

Supporto materiale e pretesto per stimolare ed alimen-tare le dinamiche interattive in uno scambio di gruppo. Ogni carta può contenere un suggerimento, un disegno, una foto, una descrizione, qualcosa che aiuti a trovare nuovi spunti e a leggere una serie di criticità o di opportunità nel contesto di riferimento. Eterogeneità e semplicità dei contenuti garantiscono il successo di questo strumento.

mind map

Metodo per documentare ed esplicitare visiva-mente i propri pensieri e le loro connessioni: si parte da un problema o da un’idea posta al centro della rappresentazione e poi si utilizzano linee, simboli, parole e immagini per comporre un sistema di concetti connessi tra loro, lavorando parallelamente alla naturale attività cerebrale.

GRAFO AD ALBERO

metaphors

Le metafore risultano permettono di spiegare un concetto o un’idea rintracciando esempi provenienti da altri mondi. Oltre a dare maggiore visibilità e tangibilità ai concetti astratti, le metafore hanno il vantaggio di imprimersi maggiormente nella mente dell’interlocutore sfruttando la creazione di un legame tra il concetto proposto e le nozioni già familiari.

NARRAZIONE

GIOCO

interaction table

Strumento di supporto alla discussione strategica tra gli attori: il punto di partenza per la sua costruzione è il classico storyboard d’interazione, estendendolo fi no a farlo diventare una descrizione sistematica del servizio, che illustra passaggio per passaggio i ruoli delle fi gure coinvolte e l’insieme delle risorse e delle competenze necessarie per l’implementazione della soluzione.

GRAFO ORIENTATO

evaluation matrix

Matrice utilizzata per confrontare diversi concept emersi durante la fase di ideazione a livello sia di performance off erte che di costi legati a tutte le attività necessarie per l’implementazione prima e l’erogazione poi del servizio. Lo scopo è quello di favorire la selezione di un’idea di servizio realmente vantaggiosa e capire come alcune caratteristiche possono essere fuse per arrivare ad una resa ottimale.

MATRICE

guide lines

Documento che specifi ca i dettagli, le carat-teristiche e i comportamenti. Esso rappresenta il mezzo di comunicazione principale tra il team di progettisti e il gruppo di operatori addetti alla messa in atto del servizio. È essenziale perché è lo strumento attraverso cui assicurare che l’erogazione sia consistente rispetto alle scelte e alle decisioni prese nella fase di progetto

TESTO

feasibility check

Per identifi care le possibilità e le implicazioni relative ai concept o alle idee di servizio e per poter così avanzare nel progetto, esperti interni ed esterni vengono interpellati rispetto al tema della fattibilità del servizio. L’analisi della fattibilità può portare all’esigenza di riconsiderare delle componenti o dei dettagli del progetto, in modo che tutto il sistema funzioni meglio.

identity mock-up

Modello, illustrazione, collage che descrive un concept o un’idea; spesso si tratta inizialmente di montaggi fotografi ci, creati mediante immagini di situazioni o contesti esistenti in cui vengono montati e combinati altri elementi necessari a mostrare l’idea di servizio e in seguito di veri e propri prototipi che rappresentano concretamente gli aspetti principali che contraddistinguono il progetto.

MODELLO

Attività fortemente strategica, integrata con il marketing e la comunicazione aziendale, che si occupa di costruire attraverso i segni una visibilità e una riconoscibilità distintiva per aziende, enti, eventi, prodotti e servizi. Nel caso dei servizi, l’identià è un elemento fondamentale per dare evidenza al servizio stesso, che non può sempre fare affi damento sull’esistenza di un prodotto o di un luogo visibile e tangibile.

moodboard

Collage composto con immagini e materiali e utilizzato per raccontare un’atmosfera restituendone la percezione d’insieme. La moodboard aiuta ad esplicitare dei valori altrimenti diffi cilmente esprimibili e a fi ssare in modo univoco la percezione del servizio all’interno del gruppo.

NARRAZIONE

motivation matrix

Tecnica per visualizzare le relazioni tra gli attori che prendono parte al sistema, evidenziando così la motivazione di ciascun attore nel partecipare al sistema stesso e le aspettative reciproche. La matrice motivazionale è uno strumento interessante per indagare e mostrare la soluzione dal punto di vista degli interessi che gli stakeholders mettono in gioco.

MATRICEARTEFATTO/STRUTTURA

TESTO

evidences

Quando un servizio presenta delle componenti materiali, esse diventano un importante strumento comunicativo del servizio stesso, uno strumento per renderlo visibile e per trasmettere alcune informazioni. Tanto più la soluzione è immateriale, tanto più questi elementi assumono importanza, fi no a diventare il canale attraverso cui visualizzare l’intera prestazione.

ARTEFATTO

experience prototype

Simulazione dell’esperienza che ha l’obiettivo di anticipare le performance del servizio attraverso l’uso di tutti i touchpoints previsti. L’experience prototype permette al team di verfi care la soluzione attraverso il coinvolgimento attivo dell’utente consentito dall’utilizzo dei prototipi.

MODELLO

focus group

Metodo di osservazione qualitativo che prevede il coinvolgimento di un gruppo di persone selezionate in una discussione guidata, al fi ne di catturarne i pensieri e gli atteggiamenti, oppure nel caso specifi co del servizio, per comprendere quali sono gli aspetti che infl uiscono sull’eperienza e sulla percezione dell’utente. È necessaria la presenza di un moderatore o facilitatore che guidi la discussione.

EVENTO

heuristic evaluation

Forma di ispezione dell’usabilità di un servizio in cui alcuni specialisti valutano gli elementi che concorrono nel determinare l’usabilità seguendo delle liste di prestabilite euristiche. Si tratta di una forma di expert evaluation che però si poggia sull’uso di queste euristiche come guida all’analisi e che fornisce un rapido feedback unito a dei buoni suggerimenti per il miglioramento del progetto.

MODELLO

R. Ramaswamy (1996) IDEO (2003)

Presence (1996) F. Jègou (2004)S. Moritz (2005)

J. Nielsen (1990) G. Anceschi (1988)S. Moritz (2005)

F. Jègou (2005) C. Cautela (2007)

S. Moritz (2005) A. Collins (1960)C. Cautela (2007)

S. Moritz (2005) F. Jègou (2003)C. Cautela (2007)

S. Moritz (2005)F. Jègou (2004)

Page 35: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

service prototype

Osservazione dell’interazione dell’utente con il prototipo del servizio immergendoli direttamente nel contesto in cui l’erogazione del servizio avrà luogo, per testare cosa accade quando subentrano anche quei fattori esterni che non sono presenti in una situazione di test in laboratorio, ma che incidono sulla percezione e sull’esperienza dell’utente.

MODELLO

rough prototyping

Metodo veloce per creare prototipi utilizzando tutto ciò che è disponibile al momento per assemblare le componenti di un prodotto o servizio e rappresentare così un’idea. Il rough prototyping è uno strumento a supporto della visualizzazione delle idee e un modo per assicurarsi che tutti i componenti del gruppo stiano parlando della stessa cosa, rendendo il processo il più interattivo e tangibile possibile.

MODELLO

situated interview

Colloqui faccia a faccia che avvengono direttamente sul luogo con l’intenzione di catturare le reazioni e lo stato d’animo spontaneo dell’intervistato nel momento stesso in cui esse vengono sviluppate. Il vantaggio di questa tecnica è quello di giungere ad informazioni che riguardano le azioni e le motivazioni individuali, dati che non emergerebbero durante una discussione di gruppo.

EVENTO

role play

Alcuni attori o i membri del team di designer mettono in scena il funzionamento del servizio: per fare questo si prende per assunto che il servizio esista e si percorre un ipotetico percorso attraverso alcune sue funzioni. Un’evoluzione di questo strumento ha luogo recitando la stessa scena più volte cambiando i character profi les protagonisti per capire come agiscono i diversi utenti.

GIOCO

promotional sales

Le vendite promozionali sono uno strumento che deriva dalle tecniche di marketing del prodotto. Le off erte da sempre sono una grande attrattiva per il consumatore e quindi anche per l’utente del servizio: possono essere utilizzate per comunicare il servizio stes-so e attrarre nuovo pubblico incentivandone l’utilizzo.

EVENTO

observation

La tecnica più effi cace per osservare quello che le persona fanno e raccogliere dati utili per svolgere un progetto incentrato sull’utente è l’osservazione. che può avvenire sia mediante la presenza di una persona, che posizionando delle apposite videocamere. L’aspetto da non sottovalutare è che l’osservazione infl uenza ciò che i soggetti fanno e questo può provocare la raccolta di dati leggermente falsati.

EVENTO

on line information

Il web off re un’ottima possibilità per rendere disponibili all’utente tutte quelle informazioni indispensabili per poter usufruire del servizio e conoscerne le potenzialità. Qui, attraverso la propria interfaccia web, il servizio può mostrare la propria off erta, i propri impegni, il proprio mondo all’utente, il vantaggio è rappresentato dal fatto che in questa circostanza l’utente è un soggetto attivo alla ricerca di informazioni.

ARTEFATTO

scenario

Descrizione e prefi gurazione di ciò che l’utente potrà fare attraverso il servizio, illustrando l’idea o il concept inserito all’interno del normale contesto in cui l’utente vive o vivrà. Inizialmente l’utilizzo dello scenario è legato alla creazione di una serie di character profi les e alla comprensione di come questi agiscono nel mondo, in seguito va ad illustrare l’inserimento dell’idea nel contesto, fornendone una visione più dettagliata.

NARRAZIONE

personas

Archetipi basati su una precedente osservazione approfondita, che diventano rappresentativi di ipotetici gruppi di utenti del servizio. Questi profi li, basati su profonde analisi, sono descri-zioni di personaggi immaginari che riuniscono in sé le caratteristiche di gruppi sociali reali, rappresentandoli sia a livello di attributi socio-demografi ci che di aspetti qualitativi, come le motivazioni e i desideri.

DESCRIZIONE

staff

Il personale rappresenta un aspetto fondamentale soprattutto qualora lavori a diretto contatto con l’utente, perchè diventa in questi casi l’interfaccia del servizio stesso. Il ruolo e il comportamento dello staff devono quindi essere il più possibile progettati e gestiti in funzione dell’esperienza che si desidera proporre all’utente.

STEP analysis

Strumento derivato dalla SWOT analysis ma di origine sconosciuta, utile per l’osservazione e la descrizione degli elementi relativi al contesto in cui viene sviluppato un servizio, tra cui in particolare i fattori legati al contesto sociale, al contesto economico, al contesto politico e al contesto tecnologico, fattori che è importante conoscere perchè esercitano un’infl uenza signifi cativa sul successo della soluzione fi nale.

TESTOSTRUTTURA

press release

Comunicazione scritta o registrata diretta al mondo dell’informazione nell’intento di parlare di un prodotto o di un servizio sottoforma di articoli e di notizie. La cartella stampa viene redatta e inviata ai giornalisti con tutto ciò che è necessario affi nché questi ultimi sviluppino articoli sul prodotto o sul servizio in questione.

DESCRIZIONE

naming

shadowing

Il ricercatore segue gli utenti all’interno del loro ambiente naturale. È molto importante che lo shadowing non sia intrusivo, per non condizionare il comportamento del soggetto osservato. É un’ottima opportunità per approfondire il tema dell’interazione delle persone con un servizio. L’effi cacia del risultato aumenta se l’osservazione viene portata avanti per più giorni.

EVENTO

service specifi cation

Un documento scritto, che cresce nel tempo, descrivendo in modo dettagliato l’obiettivo del progetto e l’evoluzione delle idee durante il suo processo. Questo strumento risulta importante quando si ha a che fare con progetti a lungo termine e su ampia scala. Aiuta il team di progettisti a condividere la traccia su cui lavorare. Può fare riferimento a o includere anche disegni, immagini o altri documenti rilevanti.

TESTO

Seguendo lo stesso principio che determina l’esigenza di attribuire un’identità visiva al servizio, compare la necessità di attribuirgli un nome, che diventa il primo elemento di comunicazione del servizio stesso nei confronti di tutti gli attori coinvolti. Importante è quindi che il naming sia il più possibile rappresentativo dell’off erta, del mondo e dei valori a cui il servizio fa riferimento.

ARTEFATTO/STRUTTURA

off ering map

Rappresentazione grafi ca più o meno dettagliata delle funzioni del servizio utile per supportare in modo progressivo lo sviluppo dell’off erta. A partire dalla performance centrale, di cui vengono visualizzate le funzionalità principali e quelle a valore aggiunto, si procede fi no ad articolare ogni singola funzionalità in termini di sub-funzionalità ed evidenze fi siche che le rendono possibili.

GRAFO AD ALBERO

real time information

Una delle componenti dell’interfaccia del servizio è proprio quella rappresentata dalle informazioni, che possono essere fornite all’utente attraverso diversi stru-menti, tra cui aspetti segnaletici sul luogo, materiale informativo cartaceo o digitale, ecc. L’informazione è spesso indispensabile per poter accedere al servizio e quindi deve essere progettata in modo da raggiungere l’utente e risultare a lui comprensibile.

ARTEFATTO

role script

Strumento messo a punto in fase di implementazione per indirizzare e supportare la performance dello specifi co operatore, fornendogli degli script che chiariscono le diverse possibili situazioni che egli si troverà ad aff rontare. Nello script vengono indicate come in una partitura scenica, tutte le operazioni da compiere a contatto con l’utente affi ancate da raccomandazioni e consigli.

TESTO

Presence (1996) D. Sangiorgi (2004)

A. Cooper (1998)

IDEO (2003)

S. Moritz (2005) IDEO (2003)

B. Hollins (1990) Presence (1996) S. Moritz (2005)

S. Moritz (2005)Presence (1996)

S. Moritz (2005)

Page 36: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

user surveys

Questionari rivolti agli utenti utili per raccogliere rapidamente le opinioni rispetto ad una serie di servizi esistenti oppure rispetto al servizio progettato. Il vantaggio è quello di raccogliere un gran numero di dati di tipo prevalentemente quantitativo, rispetto ad altri strumenti che invece richiedono tempistiche più lunghe e riescono a coinvolgere un campione di utenti numericamente inferiore.

TESTO

templates wayfi nding

I sistemi informativi e simbolici che supportano l’orientamento dell’individuo all’interno di un luogo, tanto nel caso di spazi fi sici quanto in quello di spazi virtuali. La segnaletica è ciò che determina l’interazione della persona con quel luogo, coinvolgendo i temi di accessibilità al servizio e di usabilità dello stesso. La segnaletica ha un impatto fondamentale sul modo di agire dell’utente.

use casesusability testing

Testare l’usabilità di un servizio signifi ca osservare e interrogare un campione di utenti rispetto all’utilizzo di prodotti esistenti o futuri in una situazione di quotidiana normalità. Agli utenti viene chiesto di raggiungere determinati task e l’interazione è seguita dalla raccolta immediata delle reazioni mediante brevi questionari somministrati nel momento immediatamente successivo al raggiungimento del task.

MODELLO

Brevi storie di ipotetici comportamenti degli utenti, caratterizzate dalla presenza di attori, sequenze di eventi, pre-condizioni, post-condizioni e percorsi alternativi utili per la costruzione di rappresentazioni grafi che e diagrammi di fl usso o perfi no di stroyboard che ricalcano specifi che situazioni d’uso del servizio, visualizzandole singolarmente una ad una.

NARRAZIONE

ARTEFATTO

wizard of Oz

Metodo il cui nome deriva dal celebre racconto Il Mago di Oz, ed in particolare dalla fi gura del personaggio dietro la tenda. Si tratta di una tecnica di derivazione dal mondo dell’information technology utilizzata per testare in modo dettagliato un prodotto o un servizio osservando l’interazione di un ipotetico utente con l’oggetto in questione senza rivelare la propria presenza.

MODELLO

I templates favoriscono un’implementazione consistente del concept fornendo delle istruzioni che non sono semplici linee guida, ma che contengono le indicazioni direttamente nel modo in cui sono scritte. I templates sono più facili da utilizzare per il personale a cui sono rivolti, ma sono in realtà anche meno fl essibili e attribuiscono in un certo senso meno capacità d’azione individuale alle persone a cui sono rivolti.

system map

Strumento codifi cato e progressivo di rappresen-tazione del sistema di attori di un prodotto-servizio, strutturato come se fosse l’equivalente di un disegno tecnico, quindi riproducibile utilizzando sempre gli stessi segni e confrontabile. La mappa del sistema così concepita si appoggia quindi ad una libreria di segni grafi ci esistenti e ad un set di regole per la sintassi e il layout disponibili mediante un template di Power Point.

GRAFO ORIENTATO TESTO

storytelling

La costruzione di un narrativo è un sistema effi cace per esplorare l’idea di servizio: attraverso l’uso di semplici parole si racconta la soluzione come se fosse una storia, permettendone la comunicazione ma anche la rielaborazione per la preparazione di storyboard illustrati. Le storie narrate lasciano volontariamente spazio a dei vuoti che possono essere colmati attraverso i suggerimenti di stakeholders e utenti.

system of activity map

Visualizzazione degli elementi che descrivono l’attività del soggetto erogatore e degli attori confi nanti che partecipando in maniera diretta o indiretta all’erogazione o fruizione del servizio. Ciò avviene riprendendo gli elementi di descrizione dell’attività umana suggeriti dalla teoria dell’attività di Engestrom (1987) con lo scopo però di supportare il designer in una rappresentazione sintetica del sistema.

tomorrow headlines

Finti articoli pubblicati su riviste e quotidiani vengono immaginati proiettandosi nel futuro e cercando di capire quale impatto la comparsa di un servizio potrebbe avere, ovvero come potrebbe essere presentato e recepito dagli utenti. Questo strumento è inoltre un modo per rendere il concetto più tangibile, a supporto della condivisione dell’idea di servizio all’interno del team o tra gli stakeholders.

NARRAZIONE

touchpoints

Singoli elementi tangibili o d’interazione che danno forma all’esperienza complessiva del servizio, dalla promozione pubblicitaria alle personal cards, dalle interfacce dei telefoni cellulari ai luoghi di vendita e così via. Nel design dei servizi tutti i touchpoints richiedono di essere considerati nella loro totalità con lo scopo di creare un’esperienza consistente per l’utente.

NARRAZIONE

Live|Work (2003) Live|Work (2003)

GRAFO AD ALBERO

storyboard

Tecnica di derivazione cinematografi ca che consiste nella rappresentazione attraverso una serie di disegni o immagini della situazione d’uso che si vuole narrare, mostrando come i diversi punti di contatto si manifestano e come sono collegati gli uni agli altri nella creazione dell’esperienza globale del servizio.

training

L’acquisizione di conoscenze o competenze come risulato di un attività di insegnamento o di apprendimento. La formazione è sicuramente il mezzo più effi cace per trasmettere delle conoscenze nel caso in cui queste debbano tramutarsi in specifi che azioni e comportamenti da parte dell’interlocutore, come nel caso del personale del servizio.

EVENTO

NARRAZIONE TESTO

SWOT analysis

Strumento strategico di progettazione utile per identifi care quali sono i punti di forza e di debolezza di un’organizzazione o di un servizio e quali sono invece le opportunità e i rischi che esso aff ronta all’interno del contesto in cui è inserito.

MATRICE

IDEO (2003) S. Moritz (2005)

D. Sangiorgi (2004) S. Moritz (2005)F. Jègou (2003)

N. Morelli S. Moritz (2005)

S. Moritz (2005)

J. Nielsen (1990)F. Jègou (2004)

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Page 38: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

INDEX

66 67 68 69 70 71 72 73

74 75

PERCHÈ COMUNICAREGLI EFFETTI DESIDERATI

PREMESSACOMUNICAZIONE COMECONDIVISIONE

A CHI COMUNICAREGLI INTERLOCUTORI

76 77 80 81

COME COMUNICARELE MODALITÀ ESPRESSIVE

IL MODELLOLA COMUNICAZIONENEL DESIGN DEI SERVIZI

QUANDO COMUNICARELE FASI DEL PROCESSO

COSA COMUNICAREI CONTENUTI

Page 39: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

1

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a distinguere il discorso relativo alla comunicazione nel servizio da quello invece relativo alla comunicazione del servizio, distinzione che ho illustrato nel primo capitolo. In questo caso invece tutte le forme di comunicazione che si presentano nel corso del progetto e della realizzazione del servizio stesso vengono poste sul medesimo piano, indipendentemente dal fatto che siano forme di scambio utili allo sviluppo del servizio o forme di racconto dei suoi aspetti. Quando parlo di comunicazione, mi riferisco alla sua accezione originale.

Comunicazione, dal latino communis, mettere qualcosa in comune, con-dividere. Trasmissione, partecipazione, diffusione di qualcosa ad altri.

In questo senso entrambe le forme di comunicazione rappresentano una condivisione o una trasmissione, ciò che le distingue sono le finalità in gioco e le modalità con cui questo scambio avviene.

Questo approccio, che considera l’aspetto comunicativo in una prospettiva così totalizzante, segue in un certo senso la strada indicata dalle nuove esperienze di co-produzione del servizio, che investono ogni momento della sua esistenza, dalle fasi progettuali a quelle di erogazione/fruizione. La co-produzione ha già probabilmente abbattuto la distinzione di cui parlavamo in precedenza, rendendo la comunicazione una componente assolutamente integrata e protagonista tanto nello sviluppo dei servizi quanto nel loro utilizzo, una comunicazione che non è più in prevalenza uni-direzionale, ma che si sposta sempre e sempre di più verso l’aspetto di bi-direzionalità del rapporto.

comunicare, che ha un’importanza fondamentale e che deve essere coerente con tutte le altre variabili individuate.

Nei capitoli che seguono, tutti questi aspetti vengono gradualmente approfonditi, individuando le relazioni reciproche, fino a comporre un modello globale del funzionamento della comunicazione nel design dei servizi.

Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi

PREMESSACOMUNICAZIONE COME CONDIVISIONE

Considerare la comunicazione come un momento di condivisione tra i diversi attori coinvolti, significa inoltre spostare l’attenzione dall’accezione comune del termine all’idea di comunicazione come scambio di conoscenze. Quindi apprendere gli aspetti che influenzano la comunicazione significa anche individuare le opportunità legate ad una migliore gestione delle conoscenze e delle informazioni all’interno di un servizio, sia in fase progettuale che in fase realizzativa. In effetti, in questo mondo, la finalità comune a tutte le situazioni comunicative che si creano è proprio quella di trasmettere dei contenuti ad una pluralità di attori coinvolti e in questo senso la comunicazione fornisce le piattaforme su cui può avvenire questo passaggio di conoscenze o informazioni.

Come è stato quindi rintracciato e costruito questo modello? Ho deciso di partire dagli aspetti più elementari, ma in realtà più efficaci per arrivare ad una comprensione profonda di ciò che caratterizza e determina il progetto comunicativo. Più che una scelta razionale, il tutto è iniziato da un ragionamento spontaneo, chiedendomi che cosa influisce sulle nostre scelte progettuali. Sicuramente il tipo di destinatario a cui ci rivolgiamo ha un’importanza enorme e quindi è bene conoscere le sue caratteristiche e le relative implicazioni. Ma anche il momento all’interno di un ipotetico processo di sviluppo del servizio ha il suo peso sulle scelte comunicative, perchè corrisponde ad un preciso livello di avanzamento del progetto e a delle specifiche esigenze. Non a tutti poi interessa conoscere ogni aspetto del servizio, quindi il progettista dovrà definire, sulla base dell’interlocutore e del momento, che cosa comunicare, quali contenuti, e anche questo incide sulla comunicazione. In realtà ogni volta che comunichiamo lo facciamo con una specifica finalità, che determina proprio gli obiettivi del progetto comunicativo. Sapere quindi perchè stiamo comunicando a quel particolare destinatario, in quel preciso momento, quegli specifici contenuti è la chiave per capire il come. E quindi l’ultimo elemento, a concludere il modello, la modalità che scegliamo per

Fino a questo momento il mio percorso è stato un percorso di osservazione: osservazione di quali sono gli evidenti aspetti di complessità, osservazione dei principali punti di vista nel mondo della progetto, osservazione, infine, di un campione di strumenti e del loro comportamento in un ipotetico processo.

Una volta in possesso di tutti questi riferimenti, mi è parso utile fissare dei punti per focalizzare l’attenzione sui principali elementi che determinano le scelte comunicative nel mondo dei servizi, con l’obiettivo di definire meglio questi aspetti e come essi influenzano il progetto della comunicazione. Il risultato finale, rappresentato dalla somma e dall’interesezione proprio di questi elementi, coincide con la definizione di un modello, in grado di orientare nel mondo della comunicazione dei servizi e di fornire precise indicazioni rispetto all’utilizzo degli strumenti esistenti e alla progettazione di nuovi strumenti. Indipendentemente dall’applicazione del modello a dei casi reali, ripercorrere gli elementi che lo compongono è già di per sè un’occasione utile per riflettere su alcuni aspetti della comunicazione che fino a questo momento sono stati trascurati, oppure, al contrario, che sono comunemente utilizzati ma in modo inconsapevole, e quindi con il rischio di compiere delle scelte non appropriate.

È un modello quindi questo che trae origine da una forte esigenza, espressa dalla situazione attuale, di stabilire un ordine in tutto quello che è stato fatto e delle direzioni lungo cui sviluppare le strategie future. Il modello non ha la pretesa di compiere questo passo di per sè, ma piuttosto la volontà di offrire le conoscenze basilari ai progettisti per affrontare le proprie scelte consapevolmente.

Prima di addentrarmi nel racconto di come questo obiettivo si è concretizzato, descrivendo il modello che è nato, vorrei compiere una premessa che riguarda più in generale l’approccio adottato, consapevole di aver compiuto una scelta in apparenza insolita e forse pretenziosa, ma dal mio punto di vista assolutamente coerente. In genere si tende

Page 40: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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committentil’ente, l’azienda o il gruppo di imprenditori che investono nello sviluppo di un servizio.

tecnicispecialisti che contribuiscono allo sviluppo del progetto mettendo a disposizione le proprie conoscenze.

campione di verificaindividui selezionati tra gli utenti e gli operatori per essere coinvolti nelle attività di analisi, co-progettazione e verifica.

operatoripersonale addetto all’erogazione del servizio, sia a contatto con l’utente, che coinvolto nelle attività di back-office.

utenticoloro che usufruiscono delle prestazioni offerte dal servizio.

Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi

A CHI COMUNICAREGLI INTERLOCUTORI

Ciò implica che di volta in volta sarà richiesto uno sforzo diverso a chi comunica per superare il divario e rendere il messaggio accessibile e comprensibile. Ovviamente tutto può variare a seconda del tipo di servizio progettato, ma possiamo osservare come generalmente la distanza cognitiva cresca spostandosi dai tecnici, che hanno delle conoscenze molto specifiche, ai committenti, che hanno anch’essi un linguaggio e delle conoscenze specifiche, ma non così tecniche rispetto al servizio, fino agli operatori e ancora di più agli utenti, che si muovono su un altro livello cognitivo ancora.

La difficoltà aumenta se si pensa che non sempre il destinatario è un soggetto chiaramente identificabile: passando dai committenti agli utenti spesso il rischio è proprio quello di avere a che fare con dei gruppi di interlocutori sempre più indefiniti ed eterogenei. Tale aspetto risulta problematico in quanto il trasmittente dovrebbe conoscere nel modo più completo possibile il sistema semantico al quale si riferisce il suo destinatario, ma questo è appunto più difficile quando il soggetto ricevente presenta notevoli differenziazioni culturali al suo interno. Molto probabilmente riusciremo a definire nel dettaglio le caratteristiche dei committenti e dei tecnici, potremo identificare abbastanza facilmente i tratti che contraddistinguono gli operatori, ma faremo fatica a descrivere con altrettanta precisione gli utenti. Questo diventa tanto più vero quanto più si passa da un servizio specializzato in un preciso settore verso un servizio di grande estensione destinato ad un utenza indifferenziata.

Un’ultima precisazione riguarda il carattere diretto o mediato che può assumere la comunicazione a seconda dei diversi interlocutori: il designer avrà sicuramente un contatto diretto con i committenti, i tecnici e il campione di verifica, mentre ciò non accade quasi mai con gli operatori e con gli utenti. In questi ultimi due casi parleremo quindi di una comunicazione indiretta, in cui la figura del designer scompare, progettando degli artefatti a cui è interamente affidato il compito di comunicare il servizio o di diventare piattaforme per lo scambio tra i soggetti.

Quando si parla di comunicazione di un servizio, così come di un prodotto, il primo pensiero è quello rivolto all’utente, considerato l’anello fondamentale della catena, il tanto ambito consumatore da conquistare. La sua importanza è indiscussa, ma ci sono una serie di altri attori coinvolti che esprimono a loro volta la necessità di ricevere una comunicazione adeguata, poiché ognuno di essi concorre in qualche modo ad apportare un valore nella creazione del servizio.

Una comunicazione appropriata a tutte le figure coinvolte può migliorare il processo stesso, ma soprattutto incrementare il valore del servizio che giungerà nelle mani dell’utente.

Per raggiungere l’obiettivo finale, ovvero l’utente e il suo soddisfacimento, è quindi importante che non si investa solamente nella comunicazione a lui destinata, ma che il servizio venga comunicato in modo altrettanto adeguato agli operatori che lo erogano, e ancora prima ai tecnici che lo realizzano, e ancora prima ai committenti che lo finanziano e ancora prima al campione che partecipa all’ideazione. E un’inefficienza in uno di questi passaggi può compromettere o comunque danneggiare ampiamente il risultato finale. A maggior ragione se si considera che tutte queste figure, da entità esterne e passive rispetto all’erogazione del servizio, stanno diventando sempre di più parte del processo secondo una logica di co-produzione.

In un sistema di questo tipo, è fondamentale verificare le caratteristiche della comunicazione in rapporto all’interlocutore a cui ci si rivolge: non è infatti possibile né opportuno comunicare a tutti nello stesso modo. Ciascun interlocutore è dotato di determinate conoscenze e di un determinato linguaggio, fattori che lo pongono ad una distanza cognitiva maggiore o minore rispetto al designer.

Page 41: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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analisiLa fase di analisi è finalizzata alla definizione degli obiettivi e della strategia su cui costruire il concept.

L’analisi prevede un momento iniziale di analisi della situazione in cui vengono esaminati gli attori che possono essere coinvolti e influenzare l’azione di servizio esistente o futura, i punti di forza o di debolezza dell’organizzazione e le opportunità e minacce esterne, i competitori o i casi similari, i fattori politici, economici, sociali e tecnologici che caratterizzano l’ambiente esterno, i servizi esistenti e il comportamento degli utenti. Segue una fase di inter-pretazione strategica di questi dati con l’identificazione delle problematiche e delle aree di opportunità per lo sviluppo di nuovi servizi o il miglioramento di quelli esistenti e con l’identificazione degli attributi di design su cui intervenire.

ideazioneLa fase di ideazione è un momento orientato alla generazione e selezione di idee di servizio per giungere alla definizione e valutazione del concept che verrà poi sviluppato.

Le azioni che caratterizzano questa fase riguardano quindi la generazione di idee di servizio, la valutazione delle idee emerse, la descrizione dell’idea più promettente sotto-forma di concept e infine la valutazione della sua fattibilità e della sua sostenibilità. Il concept sviluppato dovrebbe definire l’offerta potenziale del servizio, le persone a cui si rivolge, il sistema che lo supporta, il valore aggiunto generabile sia per i promotori che per i beneficiari e il sistema di attori coinvolti. Tutto ciò deve essere poi comunicato ai promotori per ottenere l’autorizzazione a proseguire con lo sviluppo del progetto.

sviluppoLa fase di sviluppo è finalizzata alla progettazione dettagliata del servizio fino alla definizione delle specifiche necessarie alla sua implementazione.

Lo sviluppo è la fase che comporta la ripartizione dei processi di servizio in unità progettuali più piccole e maneggevoli, che possano essere dettagliate nel modo adeguato e su cui sia possibile effettuare i relativi test. Dalla progettazione della performance nel suo complesso si passa così alla definizione delle singole azioni del servizio, dalla visione dell’offerta globale si passa all’articolazione delle funzionalità, dalla descrizione dell’interazione si passa al progetto delle singole evidenze del servizio.Vengono inzialmente previste una serie di alternative di design per poi selezionare la soluzione più efficace.

implementazioneLa fase di implementazione ha l’obiettivo di condurre alla costruzione del servizio, la soluzione deve essere quindi specificata al punto da poter diventare operativa.

Il primo passo per procedere con la fase di implementazione è quello di stendere una service specification aggiornata da utilizzare come traccia per capire cosa deve essere fatto ed in che modo. In genere questa fase si compone di momenti di costruzione delle componenti del servizio e di momenti in cui queste componenti vengono testate, coinvolgendo quindi le figure dei tecnici e del gruppo di verifica. Nel caso il servizio preveda la presenza di personale, è questo il momento in cui provvedere alla sua formazione, soprattutto se si tratta di personale a contatto con l’utente.

erogazioneLa fase di erogazione è il momento in cui il servizio viene reso attivo e utilizzabile da parte degli utenti.

L’erogazione è il momento del consumo, che nel caso del servizio possiamo definire come momento dell’esperienza. Tutto il sistema deve funzionare al fine di rendere disponibile all’utente il sistema di prestazioni progettato. Fondamentale in questa fase è l’aspetto comunicativo, che investe sia i canali tipici della promozione sia quelli specifici dell’interfaccia del servizio, diventando il principale supporto all’interazione stessa. L’erogazione non deve essere vista come la fase conclusiva del processo di design, poiché il servizio deve essere sempre e costantemente monitorato e migliorato, essendo una realtà complessa inserita in un contesto in continua evoluzione.

PROGETTO

Parlando di comunicazione del servizio non possiamo prescindere dal considerare i diversi momenti che compongono il processo progettuale e che danno luogo a differenti esigenze e situazioni.

Quella che vediamo qui mostrata è certamente una semplificazione rispetto alla complessità del processo reale, una forzatura della sua non-linearità in una rappresentazione sequenziale. Ma in quest’occasione non ci interessa riflettere sull’andamento dell’attività progettuale, semplicemente l’intento è quello di distinguere quali sono i momenti più significativi che emergono sempre, indipendemente dalla metodologia o dalla sequenzialità adottata. Probabilmente modificando le dinamiche e coinvolgendo gli attori nella co-produzione saranno meno scanditi, ad esempio, i passaggi da un momento all’altro, oppure si arriverà, per assurdo, alla situazione in cui l’utente progetta alcune componenti del servizio nello stesso momento della fruizione. Conoscere però quali sono gli aspetti che compongono la progettazione del servizio, anche se racchiusi in un processo del tutto ideale, aiuta a comprendere quali possono essere le diverse

Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi

QUANDO COMUNICARELE FASI DEL PROCESSO

esigenze che si presentano al designer. A tal proposito, notiamo come, a seconda delle diverse fasi, la presenza di attori esterni può essere più o meno rilevante, andando a determinare le caratteristiche diverse che assume la comunicazione.

Ad esempio, indipendentemente dal coinvolgimento o meno dei promotori in tutti i passaggi, in ogni progetto la loro incidenza è fondamentale nel momento in cui devono decidere se approvare e finanziare la soluzione proposta o meno. I tecnici possono intervenire, se necessario, già nelle fasi iniziali, ma occupano un ruolo fondamentale soprattutto nel momento in cui la soluzione deve essere sviluppata e implementata. Operatori e utenti sono sempre più spesso coinvolti nell’ideazione sotto forma di quello che abbiamo qui definito campione di verifica, ma il loro ruolo diventa essenziale nel momento in cui il servizio deve essere implementato (mi riferisco agli operatori) e quindi erogato. Il momento finale, in particolare, vede l’assoluto protagonismo dell’utente e dello staff -se presente-, uniti nel dare vita all’esperienza del servizio.

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Page 42: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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Il servizio, per sua natura, è un sistema complesso. Ciò comporta che nel momento in cui si presenta la necessità di comunicarlo, in base ai diversi momenti e ai diversi interlocutori, il designer non deve raccontare tutto, ma piuttosto selezionare dei contenuti che diventano oggetto della comunicazione.

Ogni situazione richiede l’identificazione di una serie di contenuti da trasmettere, contenuti che possono essere relativi al contesto del servizio, al sistema di attori, all’offerta proposta, alle modalità di interazione e alla fattibilità economica.

Tutti questi aspetti compongono il servizio nella sua totalità e, se osservati tutti insieme, creano un alto livello di complessità, ma non sarà mai o quasi mai necessario raggiungere una visione così ampia nel dialogo con i nostri interlocutori.

Non si tratta solamente di stabilire quali saranno gli oggetti da trasmettere, ma anche il livello di dettaglio con cui essi vengono comunicati. Questo è un altro fattore fondamentale e sicuramente rappresenta una variabile legata allo specifico interlocutore e alla specifica fase considerata. A tal proposito, è importante distinguere, come ci ha ricordato Toke Barter, tra i contenuti di una comunicazione strategica, come quella che si può avere con i committenti, e quelli invece di una comunicazione operativa, come quella che si instaura con tecnici e operatori: nel primo caso non sarà necessario raggiungere il livello di

dettaglio nella descrizione dei vari elementi che è invece indispensabile in una conversazione del secondo tipo.

Ho quindi provato ad identificare una serie di livelli di dettaglio che i vari contenuti possono assumere, per poter poi formulare un ragionamento più concreto sugli oggetti che devono essere trasmessi e su come gli strumenti supportino queste esigenze. Questi livelli di dettaglio, procedendo in modo graduale, passano da un punto nullo, che corrisponde alla non-comunicazione di un oggetto, ad un livello generico e quindi ad uno specifico e infine ad uno ultra-dettagliato. Sono state quindi definite sulla mappa qui a lato le caratteristiche associate a ciascun livello di dettaglio per ogni singolo contenuto. Volendo introdurre già ora alcune riflessioni riguardo a come la scelta dei contenuti e del loro livello di profondità varia rispetto agli interlocutori e alle fasi del processo, possiamo rapidamente accennare alcuni esempi.

Se pensiamo alla comunicazione nelle fasi iniziali con il campione di verifica, mantenere un livello generico su tutti i fronti è indispensabile per non deviare o indirizzare il percorso creativo e collaborativo di questi soggetti.

I committenti rappresentano in genere l’unico interlocutore che necessita di essere informato riguardo a tutti i temi, in modo specifico ma senza entrare in dettagli che non interessano chi non partecipa alla costruzione vera e propria del servizio.

l caso opposto è quello della comunicazione ai tecnici, prendiamo come esempio il dialogo con lo sviluppatore di un soware nel momento appunto di sviluppo del concept: la comunicazione dovrà scendere nei minimi dettagli, ma riguardare solo i temi di interazione e di offerta, che sono quelli indispensabili al tecnico per portare a termine il proprio compito.

Rivolgendo infine la nostra attenzione agli operatori, notiamo la necessità di comunicare l’offerta e l’interazione in modo specifico,

contestoil mondo a cui appartiene il servizio progettato

sistemai soggetti che partecipano all’erogazione, con i loro ruoli e le loro risorse

offertal’insieme di beni espliciti e impliciti di cui l’utente può usufruire

interazionemodalità con cui l’utente interagisce con il servizio

fattibilitàle caratteristiche del servizio in termini economici

il mondo di riferimento in cui si colloca il servizio

elementi che incidono in modo significativo sul progetto

comprensione quantitativa e qualitativa di ogni fattore

identificazione dei principali attori coinvolti nel sistema

descrizione degli attori e delle relazioni esistenti tra di loro

relazioni, attività e motivazioni di ogni attore del sistema

unità di attività che compongono ogni singola offerta prevista

macro-categorie in cui si colloca l’ offerta del servizio

elencazione o descrizione delle prestazioni offerte

individuazione della tipologia d’interazione e dei touchpoints

descrizione dell’interazione con gli elementi dell’interfaccia

dettaglio di ogni singola azione o meccanismo di interazione

indicazioni sulla sostenibilità o non sostenibilità per l’impresa

valutazione dell’aspetto economico di alcune scelte

descrizione in un piano economico delle voci di uscita ed entrata

Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi

COSA COMUNICAREI CONTENUTI

supportate da informazioni più generiche sul sistema, in modo da fornire all’operatore tutte le informazioni di cui ha bisogno per poter erogare il servizio.

Ultimo esempio, il caso degli utenti finali. Loro non necessitano di sviluppare conoscenze ultra dettagliate e soprattutto non necessitano di essere informati su tutto ciò che avviene alle loro spalle, a livello di sistema e di contesto. Per questo gruppo di interlocutori è invece fondamentale che la comunicazione rivolga attenzione agli aspetti relativi all’offerta e all’interazione in modo da rendere il servizio accessibile ed usabile.

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2

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Proveremo di seguito a illustrare quali sono questi livelli sui cui è possibile agire mediante la comunicazione e come risultano significativi nell’ambito del progetto di servizi.

L’aspetto emotivo pone l’accento sul fatto che la comunicazione agisce sullo stato d’animo dell’interlocutore. Ci sono delle situazioni in cui la reazione emotiva è fondamentale e viceversa delle situazioni in cui, pur non avendo un ruolo di primaria importanza, il livello emotivo può supportare il raggiungimento dell’effetto finale. Una di queste è rintracciabile nel momento della presentazione del concept: una cosa è voler informare i committenti riguardo al lavoro eseguito, una cosa ben diversa è volerli entusiasmare affinchè finanzino immediatamente la soluzione proposta. In questo caso l’aspetto emotivo diventa funzionale al raggiungimento di una specifica decisione. Un esempio differente è quello relativo al momento in cui ha luogo l’esperienza del servizio da parte dell’utente: se l’individuo non sviluppa una sensazione emotivamente positiva durante l’interazione con il servizio, crollano vertiginosamente le possibilità che torni ad usufruirne in seguito e ne risulta compromessa proprio la percezione stessa dei benefici procurati. Tradotto a livello pratico questo può voler dire, ad esempio, assicurarsi che l’ambiente fornisca quelle condizioni di agio e di comfort indispensabili perchè l’individuo abbia un’esperienza prima di tutto piacevole. Controllare le reazioni a livello emotivo significa infatti cercare di gestire tutti i fattori comunicativi che si ripercuotono sullo stato d’animo del ricettore, condizionandone l’atteggiamento, la disponibilità, l’attesa e la predisposizione nei confronti del messaggio.

Il livello comportamentale è quello dell’ipotesi, nel senso che è il piano che riguarda il sentirsi in grado di prendere delle decisioni. Nel caso dei servizi è un aspetto fondamentale perchè pone l’attenzione

La comunicazione ha una grossa potenzialità -e quindi anche responsabilità-, che è quella di essere in grado di produrre delle reazioni nei soggetti destinatari.

In questo senso, la comunicazione e i suoi effetti diventano un tema fondamentale: ribaltando il punto di vista, le reazioni dell’interlocutore non sono semplicemente i risultati di un’azione comunicativa, ma diventano le finalità da raggiungere attraverso il progetto stesso della comunicazione.

È quindi importante conoscere quali sono queste re-azioni e come strutturare il progetto in funzione degli effetti desiderati.

Non possiamo non ricordare a questo proposito il contributo di Donald A. Norman contenuto nel suo capolavoro Emotional Design. Egli fa riferimento a tre diversi livelli di design, che riguardano il modo in cui un soggetto si relaziona con un oggetto (nel suo caso si parlava appunto di oggetti di design).

livello emotivoNorman lo definiva viscarale- automatico, biologico e interculturale- ed è tutto ciò che coinvolge gli stati d’animo e le loro mutazioni.

su tutti quegli elementi della comunicazione che abilitano il soggetto all’azione e che dominano il mondo della co-produzione. Affinchè lo scambio bi-direzionale avvenga è infatti indispensabile che gli strumenti predisposti facciano sentire i soggetti coinvolti in grado di esprimersi e di partecipare alla progettazione o costruzione del servizio.

L’ultimo piano è quello riflessivo, o cognitivo. Se il livello comporta-mentale è quello dell’ipotesi, questo è sicuramente quello della decisione, perchè grazie alle conoscenze formatesi nella mente del soggetto, egli è in grado di agire e agisce avendo in mente un modello ben definito di sè e del mondo che lo circonda. Immediatamente pensiamo a tutte quelle situazioni in cui l’atto comunicativo si deve tradurre in un’azione da parte dell’interlocutore, sia esso l’operatore che deve erogare il servizio, l’utente che lo utilizza o il committente che lo finanzia.

Definiti quali sono questi livelli, possiamo quindi comprendere quanto è importante per il progettista riflettere sulle specifiche finalità in ogni situazione di comunicazione, in modo da progettare più consapevolmente gli strumenti. In ogni caso ricordiamo che questi livelli sono sempre e comunque presenti e si rivelano sempre nell’ordine con cui sono stati presentati. Avremo quindi prima una reazione di tipo emotivo, poi una di tipo comportamentale e infine una di tipo riflessivo. Nelle diverse situazioni può essere però identificato un elemento, tra questi tre, particolarmente rilevante, che diventa una sorta di hub che richiama gli altri livelli in sua funzione.

Questo elemento, che abbiamo definito come una sorta di hub, influisce in modo molto significativo sulle modalità: come vedremo poi c’è una stretta relazione tra gli effetti desiderati e i modi d’espressione adottati, in particolare possiamo anticipare come il livello emotivo sia legato all’aspetto iconico della comunicazione, quello comportamentale all’elemento indicale e infine quello cognitivo alla componente simbolica. Questi livelli non rimangono quindi concetti astratti, ma diventano punti di riferimento presenti nella mente del progettista e utili all’individuazione della strada da percorrere nella scelta delle strategie comunicative.

Chi comunica è interessato a conseguire un certo fine e quindi è interessato a controllare tutte le componenti dello scambio.

Risulta interessante e in qualche modo innovativo questo approccio, che propone di tenere in considerazione le reazioni causate dall’atto comunicativo non solamente in relazione all’utente finale, ma anche e soprattutto in relazione allo scambio di conoscenze che supporta l’intera attività progettuale, coinvolgendo figure sempre diverse.

livello comportamentaleDetto anche energetico, è il livello operativo, quello in cui il soggetto si sente in grado di prendere delle decisioni e quindi di agire.

livello riflessivoIl piano cognitivo-logico, quello che porta alla creazione del modello mentale che permette al soggetto di procedere all’azione

Le teiere illustrano altresì tre diversi aspetti del design: viscerale, comportamentale e riflessivo. Il design viscerale riguarda l’aspetto esterno. È qui che trionfa la teiera Nanna - ne apprezzo molto la forma, specialmente quando riflette le sfumature color ambra del tè, illuminata da dietro dalla fiamma della candela che mantiene calda la bevanda. Il design comportamentale ha a che fare con il piacere e l’efficacia dell’uso. Qui risultano vincitori sia la teiera inclinata sia la piccola palla di metallo. Infine, il design riflessivo affronta la razionalizzazione e l’intellettualizzazione di un prodotto. Posso raccontare una storia che lo riguardi? Posso lusingare l’immagine che ho di me stesso, il mio orgoglio? Mi piace mostrare alla gente come funziona la teiera inclinata, spiegare in che modo la sua posizione rifletta lo stato d’infusione del tè. E, naturalmente, la “teiera per masochisti” è assolutamente riflessiva. Non sembra particolarmente bella, e certo non è utile, ma racconta una storia davvero stupenda! Al di là del design, un oggetto possiede anche una componente personale che nessun designer o produttore può fornire.

Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi

PERCHÉ COMUNICAREGLI EFFETTI DESIDERATI

1. D. A. Norman (2004)2. G. Bettetini (2003)

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Sulla base delle considerazioni effettuate, il designer sceglie quali modalità comunicative adottare.

Siamo giunti quindi alla riflessione finale, che inaugura la discus-sione sulle caratteristiche che gli strumenti comunicativi possono avere, dando inizio alla formulazione di una serie di indicazioni per utilizzare questi strumenti o progettarne di nuovi. A questo proposito sono state effettuate due riflessioni distinte, la prima relativa al ruolo che la comunicazione attribuisce al destinatario, che incide sul livello di coinvolgimento dello stesso nel processo comunicativo. La seconda osservazione riguarda invece i modi d’espressione, individuando i diversi tipi di comprensione a cui sono finalizzati.

Il ruolo del destinatarioIniziare questo percorso sulle modalità comunicative proprio

partendo dal ruolo che la comunicazione attribuisce all’interlocutore vuole prima di tutto essere un chiaro segnale rispetto all’importanza di questo fattore, che i progettisti tendono spesso a non considerare così rilevante, soprattutto nelle tradizionali prassi di comunicazione top down.

Nel caso del trasferimento di un valore ad un Destinatario da un Destinante, la comunicazione si fa spesso asimmetrica, perdendo la reciprocità del rapporto: questa è quella che possiamo definire una comunicazione unilaterale -diversa dalla comunicazione partecipativa- in cui si ha l’intervento del solo soggetto Destinante.

La comunicazione può infatti caratterizzarsi per uno scambio chiuso e unilaterale, come quello descritto, oppure per uno scambio aperto e bi-direzionale, che prevede la possibile inversione dei ruoli di emittente e destinatario e che valorizza l’attività partecipativa del destinatario stesso (anche qualora esso ricopra il ruolo di semplice ricettore dell’informazione).

La comunicazione unilaterale vede il destinatario come soggetto paziente, nel senso di soggetto che subisce passivamente, mentre la comunicazione partecipativa vede il destinatario come soggetto agente, nel senso di soggetto che compie a sua volta delle azioni.

Un esempio molto efficace in tal senso emerge pensando proprio agli strumenti propri del co-design, che permettono questo scambio comunicativo bi-direzionale, attribuendo ai soggetti interessati un ruolo fortemente attivo. La co-produzione fonda proprio le sue basi sulla possibilità di avere strumenti facilitatori dello scambio tra le parti coinvolte.

Al di là delle pratiche di co-progettazione, può essere piuttosto significativo riflettere su come, in alcune situazioni, si potrebbe sfruttare meglio l’opportunità di una comunicazione che renda il destinatario agente al fine di accrescerne il livello di coinvolgimento, con effetti positivi rispetto alle finalità prefissate. Il coinvolgimento è infatti in grado di aumentare la partecipazione emotiva, di accrescere il livello di reazione comportamentale e di agevolare il raggiungimento del livello riflessivo necessario per prendere decisioni.

Se pensiamo quindi a come questo tipo di comunicazione può essere declinato al di fuori della co-produzione, emergono una serie di possibilità interessanti da esplorare che applicano lo stesso principio a delle situazioni normalmente caratterizzate da un totale passività

dell’interlocutore. Non è detto ad esempio che il committente debba essere sempre soggetto paziente durante l’esposizione dell’idea di servizio: si potrebbero prevedere delle modalità di presentazione che attribuiscano al committente un ruolo agente proprio alla luce delle finalità precedentemente evidenziate. Questo potrebbe aumentare infatti l’impatto emotivo della presentazione e favorire la comprensione e l’approvazione del progetto.

Lo stesso discorso è certamente valido anche per il tecnico, immaginiamo infatti quanto può crescere il contributo di uno specialista se il dialogo è supportato da strumenti che prevedono un doppio ingresso per l’immissione dei messaggi e uno scambio di ruolo tra emittente e ricevente.

Se poi pensiamo all’operatore, riconosciamo come un maggiore coinvolgimento possa essere fondamentale nel momento in cui la comunicazione ha lo scopo di fare apprendere dei comportamenti, di formare gli individui. Cosa possiamo dire a questo proposito di tutti gli opuscoli e i materiali informativi che passano nelle mani di questi operatori? Sono davvero utili per spiegare loro come svolgere un’attività?

Queste riflessioni suggeriscono un nuovo approccio al progetto di strumenti comunicativi, che parte dalla messa in discussione dei canali tradizionali attraverso cui avviene la comunicazione, volgendo lo sguardo a tutti quegli strumenti che permettono uno scambio trasversale e attivo tra i soggetti.

Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi

COME COMUNICARELE MODALITÀ COMUNICATIVE

“Al progetto comunicativo dell’emittente si aggiunge sempre e comunque la libertà del ricettore, che può scegliere personali percorsi di senso, per errore interpretativo o per consapevolezza critica. Nessun tipo di predeterminazione, nessun accorgimento retorico, nessuna costruzione simbolica [...] può conseguire con sicurezza il fine intenzionalmente previsto.”

1. G. Bettetini (2003)2. F. Marsciani, A. Zinna (1991)

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1

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indicalità, ovvero un segno che individua chiaramente la posizione del soggetto rispetto all’oggetto e quindi stabilisce in modo chiaro il suo comportamento, oppure implicita, e in questo caso avremo sì la presenza di una relazione, ma secondaria rispetto al processo di semiosi.

Può essere estremamente utile riflettere sull’aspetto indicale per arrivare a definire delle chiare relazioni tra l’interlocutore e gli strumenti di comunicazione; a maggior ragione questo è fondamentale quando desideriamo che il soggetto diventi a sua volta agente all’interno del processo comunicativo o quando desideriamo che egli apprenda e assuma un comportamento.

L’aspetto indicale può contribuire in modo significativo quando il soggetto deve costruirsi un modello mentale del servizio o del sistema e di come lui si colloca al suo interno.

La simbolicità, presupponendo l’esistenza di una base comune di saperi, di un codice noto ad entrambi, è un modo d’espressione che dobbiamo gestire con estrema attenzione, perchè il rischio è quello di

far vedere

far capire

far fare

dar vita ad una comunicazione assolutamente inaccessibile.

Tanto più i nostri interlocutori sono gruppi indefiniti e generici, tanto più sarà necessario assicurarsi che la simbolicità utilizzata sia effettivamente condivisa. Ciò non significa tuttavia che la comunicazione debba perdere di specificità, ma semplicemente che non bisogna mai trascurare la soglia cognitiva del nostro interlocutore ed eventualmente prevedere degli accorgimenti comunicativi che siano di supporto alla comprensione del messaggio.

Viceversa se consideriamo l’aspetto simbolico al servizio di una comunicazione che già utilizza dei codici di riferimento condivisi, noteremo come esso risulti estremamente efficace per conferire una maggiore velocità di comunicazione ed assicurare l’inequivocabilità distintiva delle informazioni trasmesse.

Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi

3. M. Bonfantini (2000)4. U. Eco (1967)

Il simbolo significa e comunica per convenzione, esplicitamente fissata e riconosciuta e apparentemente arbitraria. I simboli sono i segni linguistici, come le lingue nazionali o i linguaggi matematici; essi non comunicano, non si esprimono, non si fanno intendere né per somiglianza né per connessione fisica con l’oggetto o la classe di oggetti a cui rinviano, ma semplicemente per la presenza a priori di un codice.

Ma che senso ha parlare di icona, indice e simbolo a proposito della comunicazione del servizio? Cosa significa conoscere la differenza tra ciò che comunica facendo vedere, ciò che comunica facendo fare e ciò che comunica facendo capire?

Ripartiamo dalla definizione del termine comunicazione, che prima abbiamo definito come una condivisione. Umberto Eco parla di comunicazione come il mettere in comune beni simbolici:

Essi sono i segni, strutturati in messaggi, che non valgono tanto di per sé, quanto perché rinviano ad altro, generalmente assente dal luogo dello scambio, in virtù di una relazione iscritta in una normativa più o meno convenzionalizzata o istituzionalizzata.

Questo ci porta a capire come per comunicare sia indispensabile saper gestire, utilizzare, organizzare questi segni e per farlo sia quindi necessario conoscerli e sapere come essi agiscono.

L’iconicità, e quindi il far vedere, è un elemento importante in tutti quei casi in cui c’è una distanza cognitiva tale per cui è difficile trovare un terreno comune su cui dialogare, per cui si predilige il ricorso a delle forme di rappresentazione che in qualche modo riescono ad interagire più facilmente con il destinatario ed il suo bagaglio di conoscenze. Questo avviene soprattutto quando si utilizza un’iconicità figurativa.

Viceversa le forme di iconicità più astratta possono risultare molto utili quando si ha la necessità di esprimere in modo sintetico un concetto altrimenti molto complesso, per cui, supportati da una serie di elementi già noti, è possibile trasmettere in modo efficace e puntuale l’informazione, semplificandola.

Tornando alla rappresentazione iconica figurativa, dobbiamo inoltre considerare che essa, avendo la capacità di dialogare in modo estremamente diretto con l’interlocutore e il suo immaginario, è un elemento interessante quando si ha a che fare con il livello emotivo.

L’indicalità, e quindi nel nostro caso il far fare, si rivela ogni qualvolta la comunicazione presuppone e delinea un collegamento tra l’interlocutore e il sistema, l’oggetto o l’ambiente che lo circonda. La relazione può essere esplicita, e in questo caso avremo una forte

3

4

L’iconicità, e quindi il far vedere, fa riferimento a tutte le forme di comunicazione che mirano ad una comprensione sintetica, improntata sul concetto di somiglianza, e quindi sul mostrare.

Alla simbolicità, e quindi al far capire, appartengono

i modi d’espressione finalizzati all’istruzione, in

cui il soggetto attribuisce un significato all’oggetto

sulla base della conoscenza di un codice condiviso.

L’indicalità, e quindi il far fare, è propria di tutte

le forme di comunicazione orientate alle decisioni,

il cui processo di semiosi avviene attraverso la

relazione.

I modi d’espressioneArriviamo infine a parlare di modi d’espressione, considerando

questo un tema fondamentale per comprendere nel profondo come avviene il processo di comunicazione.

In che modo gli strumenti comunicano?

Rispondere a questa domanda non è stata una facile impresa. I primi ragionamenti, basati sull’esperienza e sull’intuizione, mi portavano a riconoscere delle differenze evidenti tra la modalità con cui comunica un testo e la modalità con cui comunica un’immagine o ancora un diagramma, ma per arrivare a comprendere cosa si nascondeva dietro a questa semplice osservazione e a rintracciare i legami tra queste modalità e tutti gli elementi fino ad ora descritti è stato necessario ricorrere ad un nuovo punto di vista, quello semiotico. Sostanzialmente rispondere al mio interrogativo riguardo a come gli strumenti comunicano, significa rispondere chiedersi come avviene il processo di semiosi.

Distinguiamo quindi modi d’espressione finalizzati all’istruzione, modi d’espressione finalizzati alle decisioni e modi d’espressione finalizzati alla comprensione sintetica: strumenti per far capire, strumenti per far fare e strumenti per far vedere.

Per capire di cosa si tratta è però necessario fare un passo indietro, perchè alle spalle div queste tre categorie si celano i concetti rispettivamente di simbolo (l’istruzione, il far sapere o capire), di indice (la decisione, il far fare) e di icona (la sintesi, il far vedere). Partiamo quindi da questi tre elementi per definire le caratteristiche singole di queste modalità espressive.

L’icona significa e comunica per somiglianza. Essa esprime il suo significato in sé stessa, per come è formata e per come appare, e attraverso questo può richiamare tutti gli oggetti a sé somiglianti per la loro fenomenologia, cioè oggetti con un qualsiasi carattere o un qualsiasi tratto pertinente. (es: un dipinto, un diagramma, un suono,...)

L’ indice significa e comunica per orientamento, contiguità, connessione. Esso stabilisce un rapporto fisico tra due oggetti: significa solo se è presente e riscontrabile il rinvio da significante a significato. Il dito indice puntato in alto significa la luna, solo se io effettivamente posso riscontrare, seguendo l’orientamento del dito, la presenza della luna. (es: i sintomi, il termometro, le impronte,...)

Page 46: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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INTERLOCUTORI

FASI

OGGETTI

MODALITÀ

EFFETTI

Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi

LA COMUNICAZIONENEL DESIGN DEI SERVIZI

Page 47: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

progetto

analisi ideazione sviluppo

implementazione erogazione

contesto

sistema

offerta

interazione

contesto

sistema

fattibilità

LA COMUNICAZIONE NEL DESIGN DEI SERVIZI

fattibilità

contesto

sistema

fattibilità

offerta

interazione

offerta

interazione

contesto

sistema

offerta

interazione

contesto

sistema

offerta

interazione

DESIGNER

COMMITTENTI

TECNICI

CAMPIONE DI VERIFICA

OPERATORI

UTENTI

comunicazione diretta

comunicazione indiretta

coin

volg

imen

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invo

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coin

volg

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to

PERSONE

PERSONE

INFORMAZIONI

LUOGHI

INFORMAZIONI

LUOGHI

DISPOSITIVI

coin

volg

imen

to

Page 48: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

INDEX

84 85 86 87 98 99 110 111

120 121

GUIDA ALLA LETTURAI FOCUS SUL MODELLO

01COMUNICARE AL CAMPIONE DI VERIFICA

134 135

02COMUNICARE AI COMMITTENTI

03COMUNICARE AI TECNICI

04COMUNICARE AGLIOPERATORI

05COMUNICARE AGLIUTENTI

Page 49: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

84 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 0 notes 0 85Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Quello che la rappresentazione del modello così strutturato -con evidenziati i cinque focus di cui ci occuperemo- comunica è la necessità di interpretare l’intero processo come un processo di creazione di valore, in cui ciascuno degli attori che interviene ricopre un ruolo specifico. La comunicazione in tutto questo ha un compito fondamentale, perché ciascun passaggio all’interno di questa catena risulta cruciale ai fini del risultato conclusivo. Per cui per avere un servizio ben progettato e ben comunicato all’utente, è indispensabile che esso sia stato in precedenze ben comunicato all’operatore che si interfaccia con l’utente stesso, e ancora prima al tecnico che si è occupato di costruirne le evidenze fisiche e ancora prima al committente che ha predisposto le strutture necessarie e ancora prima agli individui del campione di verifica che hanno partecipato alle attività di ideazione e progettazione.

Ciò significa che le organizzazioni e i progettisti non devono guardare solo verso l’esterno, ma anche, a priori, verso l’interno, per migliorare tutti quegli aspetti comunicativi che concorrono nella definizione del risultato finale.

I cinque casi emblematici. emersi dalla descrizione degli elementi che intervengono nella comunicazione del servizio, ci sono d’aiuto per scendere ad un ulteriore livello di dettaglio, concentrandoci sulle situazioni più significative che si presentano al designer.

Attraverso questi cinque focus è quindi possibile analizzare gli strumenti che il progettista ha a disposizione ed individuare una serie di riflessioni e suggerimenti utili per il loro utilizzo e per il progetto di nuovi modelli di comunicazione.

Molte considerazioni significative sono già state introdotte nel capitolo precedente, essendo emerse strada facendo, mano a mano

che i diversi fattori venivano individuati e descritti. Nel passare all’analisi approfondita di ciascuno di questi cinque focus, ho deciso di partire proprio da quegli elementi. Ogni caso è quindi strutturato secondo la stessa griglia, che riprende i punti individuati nel modello complessivo.

Partendo da una definizione degli interlocutori e della situazione di riferimento, si procede con una descrizione dei contenuti da comunicare, individuando la posizione assunta da ciascuno strumento disponibile rispetto a quei medesimi contenuti. Successivamente si procede con la dichiarazione delle finalità coinvolte, che incidono nel determinare il livello di coinvolgimento e le modalità comunicative ottimali. Infine vengono collocati gli strumenti rispetto alle modalità comunicative, andando a definire qual è la situazione attuale per ognuno dei cinque focus, quali le lacune e quali le possibili direzioni da percorrere per apportare dei miglioramenti alle strategie comunicative.

Fondamentale è quest’ultimo passaggio, poiché collocando gli strumenti all’interno della struttura modellata è possibile capire dove e come essi agiscono, quali caratteristiche hanno e quali potrebbero avere, quali sono i loro limiti e quali le loro potenzialità non sfruttate. Emergeranno tanto i comportamenti corretti quanto quelli scorretti, con le relative prospettive di miglioramento, ma soprattutto, emergeranno i comportamenti che non esistono, ovvero le aree inesplorate che necessitano di nuovi modelli comunicativi.

A conclusione di ogni percorso di analisi verranno infine mostrati uno o più esempi estratti dalla realtà, degni di nota per l’appropriatezza del progetto comunicativo, che aiutano a porre l’accento su alcuni aspetti fondamentali del ragionamento svolto.

01 COMUNICARE AL CAMPIONE DI VERIFICA

02 COMUNICARE AI COMMITTENTI 03

COMUNICARE AI TECNICI

04COMUNICARE AGLI OPERATORI

05COMUNICARE AGLI UTENTI

GUIDA ALLA LETTURAI FOCUS SUL MODELLO

Page 50: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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Co-progettare significa coinvolgere un gruppo di utenti e/o operatori nelle fasidi analisi e ideazione del concept di servizio.

Il ruolo dell’utente è cambiato moltissimo nel corso dell’evoluzione del processo di design: dal momento in cui il progettista osservava gli individui da lontano, concentrandosi su un punto di vista incentrato attorno al design stesso, al momento in cui il designer ha iniziato a porsi nei panni dell’utente per immaginare quali fossero le sue esigenze e i suoi desideri, fino al momento in cui il progettista ha finalmente creato un contatto con l’utente stesso. In questo modo il design ha incluso l’utente all’interno del processo: la progettazione partecipativa trasforma gli individui, tipicamente consumatori, in protagonisti del progetto, coinvolgendoli in una serie di attività di co-design.

Questo coinvolgimento nel processo è una pratica sempre più diffusa in particolare nella progettazione di servizi, i quali nascono proprio come strumento di supporto all’attività umana, collocandosi in una sfera molto vicina all’individuo e alle sue abitudini. Aspetti questi che risultano difficili da prevedere, non essendo facilmente misurabili o quantificabili. Ci troviamo perciò di fronte ad una situazione in cui non si hanno dati così certi su cui progettare, una situazione in cui, allo stesso tempo, anche un minimo fattore non considerato può diventare fatale, perchè si sta agendo proprio sul comportamento umano.

Il campione di verifica è formato da una serie di utenti, attuali o potenziali, a seconda che il servizio esista o non esista ancora, che vengono interpellati durante il processo di design per risolvere queste criticità. Possono essere coinvolti anche individui selezionati tra il personale che si occuperà dell’erogazione del servizio, se presente infatti esso ha un ruolo di grandissima importanza perché partecipa tanto quanto l’utente al momento di creazione dell’esperienza. Per

migliorare il più possibile il progetto di servizio è opportuno infatti non tenere conto solamente delle esigenze di coloro che ne usufruiranno, ma anche di quelle di coloro che lo dovranno rendere disponibile.

Le attività di co-design prevedono che i soggetti coinvolti siano posti nella condizione di esprimersi rispetto al tema progettuale, svolgendo delle specifiche attività stabilite dal team di designer. Affinché questo accada è indispensabile che essi ricevano le informazioni necessarie e gli strumenti adeguati.

Questi individui, non essendo in realtà progettisti, si troverebbero in difficoltà se dovessero esprimere le proprie idee attraverso gli strumenti generalmente utilizzati dai designer, non essendo familiari a quelle tecniche e soprattutto non condividendone il linguaggio. È necessario quindi un ripensamento di questi strumenti in modo da estendere il loro livello di accessibilità cognitiva e renderli effettivamente dei mezzi di comunicazione bi-direzionali.

Questa è la direzione in cui si sono evolute le esperienze di co-design: l’ideazione di nuovi strumenti che rendessero l’espressione creativa e progettuale semplice e possibile anche per i non addetti ai lavori. E questo ha costretto a rivedere le modalità di comunicazione ed in particolare il linguaggio utilizzato; tutto ciò a testimonianza del fatto che, all’interno del processo di design, un ripensamento degli strumenti, in base alle caratteristiche degli attori coinvolti, è possibile.

In questo senso il co-design è una recente esperienza rappresentativa di come possano essere sviluppati e sperimentati nuovi strumenti che rispondano a precise esigenze di comunicazione e di scambio tra gli attori.

analisi/ideazione

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

le attività di co-progettazione

Page 51: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

storyboard affinity diagram design direction

metaphor

=issue cards group sketchingrole play

touchpoints

rough prototyping

mind map

context panorama

storytelling

88 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 12 notes 1 89

contesto

sistema

offerta

interazione

fattibilità

Co-progettazione: contenutiLa co-progettazione è quindi un tema molto interessante perchè

mette in evidenza la capacità sviluppata dai progettisti negli ultimi anni di adattare strumenti e linguaggi per estenderli alle nuove figure coinvolte. Consapevoli quindi, sulla base delle recenti esperienze, che questo modo di ripensare gli strumenti è assolutamente possibile, sarebbe interessante prevedere tale possibilità e flessibilità anche in altre situazioni di comunicazione nel servizio.

Progettare gli strumenti di co-design non è certamente un facile compito, poichè richiede una gestione molto attenta di tutti gli elementi comunicativi per assicurare che il contributo dei soggetti partecipanti non risulti in qualche modo falsato o incompleto. Così come è importante progettare i momenti di osservazione e i momenti di test sull’utente allo scopo di evitare eccessivi condizionamenti, allo stesso modo è fondamentale progettare i momenti di co-design. Ciò che si vuole evitare è proprio la raccolta di informazioni e di risultati condizionati o parziali. Nella peggiore delle ipotesi questo condurrebbe alla costruzione del servizio su basi sbagliate, ma in ogni caso ciò vorrebbe dire non aver sfruttato nel modo migliore le grandi potenzialità fornite dalla progettazione partecipativa.

Nel definire quali strumenti utilizzare e con quali caratteristiche è necessario partire dal soggetto coinvolto. In primo luogo questo soggetto non è un progettista, la sfida è quindi quella di mettere a sua disposizione degli strumenti che lo abilitino alla pratica progettuale e allo scambio di idee con altri soggetti.

Consumer do not know and cannot express thir needs or dreams, consumer cannot imagine or envision how their future could be different from the present, consumer cannot come up with ideas for new products or service to improve their lives, consumer cannot even recognize good ideas that are put in front of them in the forms of concepts and prototypes.

Trovandoci in un momento iniziale del processo, è importante che la comunicazione con i co-progettisti includa tutti gli aspetti possibili, da elementi sul contesto ad elementi su sistema, offerta ed interazione, in modo da abbracciare tutto ciò che ruota attorno al servizio da progettare. Allo stesso tempo questi oggetti saranno trattati in termini generici proprio perchè ci troviamo in un momento iniziale ed è sempre indispensabile bilanciare la modalità e il livello di definizione

del racconto con lo stato di avanzamento del concept a cui si è giunti. Un dislivello appunto tra la definzione della rappresentazione, ad esempio, e la definizione dell’idea, è problematico perchè significa includere nella comunicazione una serie di aspetti che in realtà non sono ancora stati definiti.

Nel caso del co-design, un eccessivo livello di dettaglio diventa ancora più pericoloso, perchè oltre a fornire informazioni in più, non certe, offre agli individui coinvolti degli spunti progettuali troppo specifici e troppo orientati. Il rischio è proprio quello di inidirizzare inconsapevolmente i co-designer verso determinate prefigurazioni e determinate soluzioni, deviando in un certo senso il loro percorso creativo. Questo può annullare quasi completamente il valore della esperienza di co-progettazione.

Per favorire la creatività e la partecipazione delle persone è importante lasciare spazio ai loro sogni, stati d’animo e ricordi, alla libera associazione di idee e alla loro espressione.

Proviamo quindi a spiegare con un esempio ciò che è finora emerso per capire come questa esigenza di non-specificità investa anche successivamente la scelta delle modalità comunicative. Possiamo immaginare di avere una serie di issue cards che illustrano diverse tipologie di attività; gli individui utilizzano queste carte tematiche in discussioni tese ad immaginare delle soluzioni di servizio. Mantenere un livello generico di racconto significa che le cards non avranno ad esempio delle immagini contestualizzate, perchè i dettagli che una fotografia è in grado di fornire potrebbero suggerire già determinate soluzioni. Si prediligeranno delle modalità di rappresentazione delle attività che lasciano più spazio all’immaginazione e che non distolgono l’attenzione sovraccaricando il racconto di messaggi, in questo senso un illustrazione molto sintetica può essere un buon metodo per suggerire un concetto senza esplicitarlo in tutto e per tutto. Questo non è un concetto che riguarda solamente l’aspetto visivo di uno strumento, ma anche ad esempio la componente verbale. Se le cards presentano un testo descrittivo dell’attività, non si tratterà di una descrizione dettagliata ma di semplici parole chiave o brevi frasi che introducono il concetto.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

1. E. Sanders, C. William (2001)

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Co-progettazione: effettie audience itself must understand the power it has to shape, develop, and share in our society’s creation.

Nel momento in cui ci si pone il problema della progettazione di strumenti per il co-design, la finalità principale del designer è quella di predisporre una situazione in cui il soggetto sia capace di agire, sviluppando un comportamento che lo guidi nel processo di interpretazione e generazione di idee. Ciò avviene attraverso gli strumenti comunicativi predisposti.

All’individuo viene quindi prima di ogni altra cosa chiesto di compiere delle azioni, ciò significa che il punto principale su cui si agisce, la reazione primaria, è quella a livello comportamentale. Il soggetto deve poter esprimere le proprie idee, discuterle con gli altri partecipanti, rielaborarle, proporne di nuove, rappresentarle, metterle in scena,... e così via. Ciò a sottolineare ancora una volta come sia indispensabile la creazione di strumenti ad hoc per questo genere di situazioni e come sia importante che essi abbiano una modalità d’espressione basata sull’indicalità, e quindi sul far fare.

Come vedremo meglio nel paragrafo successivo, per raggiungere questo effetto sarà proprio necessario agire su modalità che presentano un alto livello di coinvolgimento dell’interlocutore, mediante strumenti e tecniche che prevedano sempre la possibilità di una comunicazione bi-direzionale (lo scambio è essenziale) e che stimolino l’azione da parte delle persone, strumenti che attraverso i comportamenti attivano processi di elaborazione di idee e concetti.

Per comprendere come questo sia possibile non possiamo non considerare, accanto al livello comportamentale, l’aspetto emotivo e la necessità quindi che l’individuo si senta affine agli strumenti proposti, che essi siano vicini al suo modo di esprimersi e assolutamente accessibili da un punto di vista cognitivo. Tutto questo per evitare situazioni di disagio e indaguatezza, in cui la persona non si senta capace di partecipare al tipo di attività proposta. Al di là della capacità di interazione con gli strumenti, il livello emotivo è influenzato

dall’ambiente e dalle persone che lo popolano: indispensabile è che sia garantita una situazione di agio e di comfort, condizione necessaria affinchè il soggetto sia incentivato alla partecipazione attiva all’interno delle sessioni di lavoro.

Nel progettare gli strumenti necessari risulta fondamentale la riflessione sul linguaggio adottato, che dovrà privarsi di tutti i termini specialistici propri dei tradizionali processi progettuali, aperti solo a professionisti e tecnici.

Creative thinking in all fields occurs preverbally, before logic or linguistics comes into play, manifesting itslef through emotions, intuitions, images and bodily feelings. e resulting ideas can be traslated into one or more formal systems of communication such as words, equations, pictures or music or dance only aer they are sufficiently developed in thei prelogical forms.

Non dimentichiamo infine l’ultimo effetto, quello riflessivo, che vede tradurre tutte queste azioni in una serie di ragionamenti che aprono all’individuo nuove prospettive e una nuova consapevolezza rispetto al tema in questione.

Questo aspetto non è forse così significativo nel momento della co-progettazione fine a sè stessa, in quanto in questo caso si tratta di arrivare a catturare degli atteggiamenti, dei pensieri, dei ragionamenti utili al progetto, che poi vengono gradualmente elaborati, sviluppati e forse anche sperimentati all’interno del gruppo di progetto. Pensiamo però all’utilità e all’efficacia che può avere un coinvolgimento di questo tipo quando l’obiettivo non è più semplicemente quello di attivare dei comportamenti momentanei, ma di condurre alla comprensione approfondita del servizio o di un suot aspetto. Appare quindi utile evidenziare il riscontro che una comunicazione di questo tipo ha a livello riflessivo, di comprensione cognitiva e logica, perchè potrebbe essere utile in altre situazioni ipotizzare di agire su questo canale, poco esplorato nella comunicazione, per arrivare ad avere significative re-azioni riflessive.

People can’t always tell you in words about their unmet needs. If they could, they would probably no longer be unmet. e new tools are an emerging visual language that people can use to express feelings and ideas that are oen so difficult to express in words.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

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2. S. Parker, J. Heapy (2006) 3. E. Schlossberg (1998)4. R. Root Bernstein (1999)

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Co-progettazione: modalitàDefinita come finalità primaria quella comportamentale, risulta

evidente la necessità che gli strumenti di comunicazione creino un alto livello di coinvolgimento dell’interlocutore, strumenti che attivino uno specifico comportamento e che permettano uno scambio bi-direzionale, indispensabile per dar vita al dialogo tra i componenti del gruppo e tra il gruppo e i designer.

In questo senso sono necessari degli strumenti che realmente facciano fare, strumenti che abilitino le persone ad un processo creativo fornendo loro stimoli prevalentemente visivi e indefiniti su cui lavorare.

È molto importante che il livello di questi stimoli visivi si conservi ad uno stato generico, proprio come abbiamo in precedenza sottolienato, per poter meglio attivare i ricordi e l’immaginazione di soggetti diversi senza indirizzarli verso una precisa soluzione. La natura visiva inoltre libera la creatività delle persone, riuscendo a vincere i limiti legati all’espressività verbale del singolo, è quindi un elemento indispensabile per aprire il più possibile questi momenti di condivisione di idee tra figure estranee alle pratiche di progettazione.

La modalità d’espressione più coinvolta è quindi quella finalizzata alla comprensione indicale, ovvero al far fare, e proprio in quest’area troviamo la maggior parte degli strumenti utilizzati per co-progettare. La loro prerogativa è quella di essere attivatori di un’azione e di un processo creativo, suggerendo all’interlocutore come e dove intervenire e incentivando il comportamento richiesto.

Progettare questi strumenti significa progettare un nuovo linguaggio per la creatività e il design, concepito come piattaforma per il dialogo e la condivisione.

Tutto ciò si traduce in strumenti come l’affinity diagram o le issue cards, che forniscono la possibilità di manipolare una serie di oggetti per incentivare il ragionamento, trasformando i concetti e le idee in elementi tangibili e continuamente organizzabili e riorganizzabili a supporto del dialogo. Ci sono poi strumenti che prevedono un coinvolgimento ancora più alto, come il role play, che chiede alle persone di mettere in scena delle situazioni, il group sketching e la mind map, in cui le idee vengono condivise mediante la creazione simultanea di semplici disegni e schemi, oppure ancora il rough prototyping, che chiede ai partecipanti di assemblare rapidamente con gli oggetti che si hanno a disposizione degli “oggetti” che rappresentino le idea.

Questi sono tutti strumenti che agiscono proprio facendo fare qualcosa all’interlocutore; in molti casi l’idea sottesa, che sta alla base della loro costruzione, è però quella di trasformare idee, concetti e processi in elementi che siano il più possibile visualizzabili e quindi condivisibili e successivamente manovrabili. Proprio per questo, risulta molto importante anche la componente legate al far vedere, indispensabile per trasformare i concetti astratti in oggetti tangibili.

Sempre nel mondo della comprensione sintetica, troviamo inoltre tutti quegli strumenti utilizzati per stimolare l’immaginazione e

storyboard

affinity diagram

design direction

rough prototyping

group sketching

touchpoints

metaphor

=

role play

issue cards

mind map

context panorama

storytelling

far vedere

far capire

far fare

la generazione di idee. Strumenti dominati da un alto grado di non-definizione, per essere aperti alla libera interpretazione e alla rielaborazione.

In questo senso agiscono varie tecniche di rappresentazione, principalmente relative al contesto, come le tavole di context panorama e di design direction e al tentativo di stimolare la creatività, come le metafore visive.

Ci sono infine strumenti che fanno già abitualmente parte del processo creativo e che possono essere utilizzati anche in queste sessioni di lavoro congiunto. Si tratta ad esempio dello storytelling

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

e dello storyboard, modelli efficaci sia per comunicare alcuni temi su cui lavorare sia come mezzi espressivi per illustrare le ipotesi di soluzione e le idee generate. Lo stesso vale per i touchpioints, che aiutano a mostrare le proprie ipotesi, visualizzando gli elementi tangibili del servizio.

Evidenziamo infine come, affinchè tutto ciò sia possibile, non è necessario solamente uno sforzo nella progettazione della componente visiva degli strumenti. L’intera comunicazione, quindi anche le sue forme verbali e testuali, dovranno essere ripensate in funzione di un linguaggio condiviso da tutti i soggetti partecipanti.

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DIS, DIPARTIMENTO DI INNOVAZIONESOCIALE, POLITECNICO DI MILANOCO-HOUSING ALLA BOVISA

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2-3. Momenti di discussione sul posizionamento delle attività negli spazi della casa4. Gli strumenti in gioco: le activity card e gli oggetti necessari per appuntarsi note, osservazioni e suggerimenti da discutere

casi l’esperienza è più utile di qualsiasi discorso teorico).

I designer hanno quindi dovuto assumere il ruolo di comunicatori per capire come progettare questo strumento in modo che fosse funzionale allo scopo. Voglio ora ripercorrere rapidamente come queste cards sono state utilizzate, per mostrare meglio le potenzialità delle carte tematiche come strumento di supporto e facilitazione del dialogo.

In un primo momento i co-houser, divisi in tre differenti gruppi, hanno scelto le attività che ritenevano opportuno prevedere all’interno della casa, scegliendo tra tutte le carte ad essi proposte. Queste attività sono state così ri-organizzate, sulla base dei risultati di questa fase, in una graduatoria di importanza, distinguendo quelle che sicuramente ci sarebbero dovute essere da una serie di attività di riserva, a cui si sommano delle attività non presenti nelle cards ma proposte dai co-houser sulla base delle loro aspettative ed esigenze.

Il momento successivo è rappresentato nuovamente da una discussione divisa per gruppi, finalizzata alla collocazione delle arrività all’interno dello spazio architettonico della casa. Questa è sicuramente l’occasione più interessante di utilizzo delle carte, che venivano posizionate e spostate dai co-progettisti sopra la pianta della casa, diventando un modo per stimolare e visualizzare il dialogo.

La collocazione delle attività nella casa si è rivelato un momento fondamentale per i soggetti coinvolti, le carte sono state molto utili per abilitarli a questa sorta di progettazione degli spazio e hanno dato vita a delle discussioni anche molto animate . (Roberta ricordava sorridendo grandi litigate per il posizionamento della lavatrice a gettoni).

Infine, sempre grazie alle carte e alle piante architettoniche utilizzate, ciscun gruppo ha presentato l’esito della propria discussione agli altri co-houser, dando vita ad un momento successivo di riflessione sui risultati raggiunti.

Sulla base di queste decisioni e proposte, sono quindi stati interpellati gli architetti che hanno fornito i loro suggerimenti e aiutato i co-houser ad approdare ad una definizione precisa degli spazi. Da quel momento sono iniziate una serie di attività successive, tra cui anche dei giochi di ruolo, per aiutare i co-houser ad immaginare che tipo di esperienze avrebbero avuto luogo in quegli stessi spazi, sulla base delle decisioni prese.

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Proprio pochi mesi fa il progetto, di co-housing in Bovisa è divenuto realtà. Per i co-houser questo è l’inizio della esperienza co-abitativa vera e propria, ma è sicuramente anche un traguardo raggiunto dopo anni di lavoro, da parte loro e da parte dei progettisti del DIS che hanno seguito e guidato questo percorso.

Roberta Conditi, dottorata in questo giugno 2008, mi ha raccontato come lei e il gruppo di designer coinvolti abbiano organizzato un lungo percorso di attività di co-progettazione per coinvolgere i futuri residenti nella costruzione del luogo, e insieme a loro anche gli altri attori del sistema, tra cui gli architetti e i rappresentanti della pubblica amministrazione. Coinvolgere i co-houser significava farli conoscere, renderli i primi decisori rispetto alla loro futura casa e accompagnarli in un avvicinamento graduale all’esperienza di co-abitazione.

Per rendere questa co-progettazione possibile, i designer hanno proposto diversi strumenti per la facilitazione del dialogo, strumenti differenti a seconda dei temi affrontati nelle diverse sessioni di lavoro congiunto.

Qui vediamo un esempio, quello delle issue cards, o più nello specifico activity cards, che sono state costruite ad hoc per il momento di discussione relativo alla scelta delle attività da includere nel co-housing e alla collocazione delle attività all’interno dello spazio architettonico. Perchè il ricorso all’utilizzo di queste carte tematiche? Esse supportano la discussione visualizzando i concetti in gioco e soprattutto possono essere prese, spostate e maneggiate sul tavolo di progetto (che in questo caso è proprio la pianta della casa) accompagnando visivamente e fisicamente il ragionamento.

L’aspetto significativo, che ha fatto soffermare qui la mia attenzione tra tutti gli strumenti coinvolti in questo specifico caso di co-progettazione, è l’evidente necessità di progettare questi artefatti -le carte- in funzione del loro utilizzo.

Costruire questi strumenti di dialogo comporta l’esecuzione di precise scelte progettuali da un punto di vista comunicativo, ad esempio l’illustrazione in parte fotografica e in parte illustrata risponde al desiderio di non fornire uno stimolo visivo troppo forte e restrittivo. Questa è stata una scelta che si è rivelata molto efficace, viceversa i progettisti si sono resi conto della quasi totale inutilità del testo descrittivo, troppo lungo in riferimento ai concetti elementari presentati nelle cards. Probabilmente, in un progetto futuro, essi avrebbero scelto di utilizzare delle semplici parole chiave (in questi

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

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1. Le activity card presentate ai co-houser

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Il caso qui presentato è tratto dal lavoro dello studio inglese Engine, che fa della co-progettazione e del coinvolgimento degli attori del sistama il suo punto di forza nello sviluppo di ogni progetto di servizio.

Il loro punto di partenza è proprio rappresentato dal contatto con i soggetti esterni, riconoscendone le specifiche caratteristiche ed esigenze e traducendole con grande flessibilità in strumenti e metodi adatti al dialogo con essi.

Introduco brevemente il contesto di progettazione: Green Taxis è una piccola compagnia sitata a Cardiff che ha pensato di dar vita al primo servizio di eco-taxi nella città utilizzando dei veicoli alimentati in parte dal petrolio e in parte dall’elettricità. Il target di questo servizio è stato identificato in una serie di aziende presenti sul territorio e interessate a mostrare il loro senso di responsabilità sociale attraverso l’utilizzo di servizi eco-compatibili e attenti alla salvaguardia dell’ambiente. La compagnia non aveva però nessuna certezza riguardo all’esistenza di questa richiesta e allo stesso tempo aveva non poteva intraprendere l’impresa senza la sicurezza di una risposta effettiva all’elevato investimento economico necessatio.

I punti di debolezza evidenti fin dalla prima ideazione del servizio risidevano nella necessità di “prenotare” i passeggeri, per rispondere all’enorme costo della licenza obbligatoria per eseguire il servizio presso stazioni e aeroporti. Inoltre Green Taxi è l’unica compagnia di taxi sostenibili a Cardiff, e questo può essere un vantaggio ma anche un rischio, perchè non esisteva alcuna dimostrazione dell’esistenza di una richieste reale di questo tipo di servizio. Il primo problema da risolvere è proprio questo relativo all’esigenza di “prenotare” in un certo senso dei clienti per poter mettere in piedi il servizio e far fronte all’enorme costo da sostenere, per l’acquisto delle licenze oltre che delle automobili necessarie.

L’approccio adottato da Engine, in collaborazione con la stessa organizzazione, è diventato un modello per una serie di progetti simili intrapresi in tutta Europa, basati sull’offerta di uno stile di vita più che di una risposta ad una reale e tangibile richiesta. Progetti che hanno fatto della co-produzione il loro punto di forza.

Il primo momento di co-progettazione ha visto operare insieme designer e committenti nel tentativo di individuare i segmenti di mercato a cui rivolgersi e sviluppare una serie di proposte di offerta del servizio. Gli strumenti coinvolti sono nuovamente le carte tematiche e i post-it utilizzati per la costruzione di raggruppamenti di idee e soluzioni. Il risultato è stato l’individuzione di diverse tipologie di

offerta: alcune organizzazioni avrebbero richiesto un taxi personale da utilizzare nel momento del bisogno, altre avrebbero desiderato avere un taxi sempre a disposizione al di fuori della propria sede, altre ancora avrebbero prenotato dei taxi in modo stabile per tutto il gruppo di agenti coinvolti nelle relazioni esterne. Proponendo in seguito queste offerte, è stato possibile rintracciare dei clienti e assicurarsi il finanziamento necessario per l’acquisto di nuovi veicoli.

L’aspetto più significativo è però rappresentato dal momento di coinvolgimento di questi clienti, che è avvenuto attravero un sito web, progettato per essere uno strumento di scambio d’informazioni e di dialogo fin dal momento dell’ideazione del servizio. Il sito ha avuto quindi una duplice funzione, da un lato quella di fornire indicazioni per il perfezionamento del progetto provenienti direttamente dai destinatari, e dall’altro lato quello di creare una comunità di persone interessate al servizio e pronte ad utilizzarlo nel momento in cui sarebbe divenuto realtà, assicurando quindi l’esistenza di una richiesta.

Questo strumento sposta il focus dal concetto di co-progettazione a quello di co-produzione del servizio: più che progettisti questi clienti sono coinvolti come produttori di valore, ponendoli sullo stesso piano degli stessi erogatori. Il coinvolgimento viene utilizzato in parte per dare risposte a problemi progettuali concreti e in parte per creare questo senso di appartenenza ad un gruppo e questa vicinanza tra utenti e promotori del servizio.

Co-progettare non significa solamente radunare un gruppo di persone attorno ad un tavolo e abiliarle al dialogo, ma anche fornire strumenti di comunicazione bi-direzionale, come un sito web, che permettano agli utenti di esprimere spontaneamente il loro punto di vista e di contribuire così facendo al progetto stesso.

Inoltre, il contatto diretto così stabilito con alcuni di questi potenziali clienti ha contribuito a scoprire quali erano le barriere che ostacolavano viceversa l’utilizzo del taxi non da parte delle aziende ma da parte dei privati. Anche in questo caso sono stati così rilevati dati molto utili e precisi, ad esempio che gli individui, qualora avessero preferito un Green Taxi ad un taxi normale, non avrebbero comunque tollerato tempi di attesa molto diversi. Questo è stato il punto di partenza per lo sviluppo di un dispositivo di comunicazione via sms per permettere alle persone di segnalare la loro locazione all’interno della città e al servizio di rispondere rassicurando sul fatto che il taxi sarebbe arrivato nel giro di cinque minuti, fornendo quindi una risposta precisa all’esigenza sottesa dell’utente.

ENGINE, LONDONGREEN TAXIS

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

1-2. La compilazione delle card viene utilizzata per ipotizzare una serie di possibili utenti del servizio e ragionare sulle relative prestazioni offerte

1 2

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la presentazione dell’idea

La presentazione del concept è il momento in cui l’idea selezionata viene raccontata ai committenti per ottenere la loro approvazione e proseguire nello sviluppo del progetto.

Nonostante sia arduo definire le loro caratteristiche a prescindere dai singoli casi specifici, possiamo genericamente identificare i committenti come figure che ben conoscono il contesto di riferimento, perché già operano in quel settore oppure perché operano in settori simili.

I committenti, o promotori del servizio, hanno quindi una serie di competenze tecniche già consolidate che possono agevolare il dialogo sul tema progettuale. La distanza cognitiva in parte c’è ed è causata dalla provenienza da mondi differenti, ma spesso non costituisce un divario così rilevante da richiedere uno sforzo comunicativo da parte dei progettisti, soprattutto nel caso dei servizi, che richiedono competenze da parte dei designer piuttosto vicine al mondo del business. Ciò non significa che la comunicazione possa sfruttare gli stessi strumenti e le stesse modalità che contraddistinguono il dialogo interno, non per un problema di condivisione del linguaggio, quanto per un tema di modalità di racconto. Presentare il concept non è infatti solo una questione descrittiva o informativa, ma significa dare forma alle idee affinchè siano convincenti oltre che comprensibili.

L’obiettivo è quello di rendere visibile l’idea, di rappresentare il sistema e l’esperienza e di descriverne i valoriper immaginare il servizio.

La difficoltà risiede proprio nella necessità di raccontare l’idea, tema questo affrontato in tutti gli ambiti di progetto, nel nostro caso però l’idea è l’idea di un servizio e quindi comprende tutti quegli aspetti dalla natura complessa e immateriale che abbiamo illustrato all’inizio del nostro percorso.

Per far immaginare tutto ciò, gli strumenti di notazione e di rappresentazione utilizzati durante il processo creativo possono essere un punto di partenza ma non sicuramente il modo con cui trasmettere il concept al committente. Questo punto ci risulta ancora più chiaro se pensiamo all’obiettivo finale di questo confronto, che consiste nell’approvazione e nel finanziamento delle fasi successive. È tanto più importante che emergano anche altri aspetti oltre a quelli di carattere informativo, aspetti in grado di affascinare l’interlocutore, di entusiasmarlo, di guidarlo nella comprensione di ciò che gli stiamo dicendo, di avvicinarlo al concetto dell’esperienza progettata.

Molti sono gli strumenti sviluppati al fine di raccontare l’idea di servizio, forse proprio per la necessità di riuscire in qualche modo a descrivere il progetto, cosa che non può essere fatta con delle tavole o dei rendering come nel caso di un prodotto. Alcuni di questi strumenti provengono direttamente da altri ambiti, altri invece sono più recenti e sono nati proprio nel corso degli ultimi anni proprio per supportare la discussione strategica tra le figure coinvolte. Ne risulta un quadro complessivo ricco di possibilità tra cui individuare le tecniche e i modelli che meglio mettano in risalto il concept a seconda dei casi specifici. Ciò che forse non è stato ancora esplorato a fondo e che invece potrebbe rappresentare una strada interessante per la creazione di un maggiore coinvolgimento e di una maggiore comprensione del concetto di esperienza è l’aspetto interattivo che questa presentazione può avere. Con il termine interattivo mi riferisco in questo caso alla capacità di coinvolgere in modo attivo il committente e di agire su diverse modalità di avvicinamento al tema, che vadano oltre le tradizionali tecniche di presentazione.ideazione/sviluppo

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scenario

offering map

actors’ map

SWOT analysis

S WO T

use cases

business plan

3423+34243394,0-34924

evaluation matrix

personas

ADD poster moodboard

storyboard experience prototype

service specifications metaphor

=role playinformance

character profile

tomorrow headline

title

mock-up

touchpointscustomer journey map

system map

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contesto

sistema

offerta

interazione

fattibilità

Presentazione dell’idea: contenuti

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Al termine dal momento di presentazione del concept, il promotore deve avere un quadro chiaro di tutto ciò che compone il servizio in una sorta di visione d’insieme complessiva.

Rispetto al nostro modello questo si traduce in una comunicazione che abbraccia tutti gli aspetti che compongono il servizio in modo da assicurarne la visione globale, senza superare un livello di definizione specifico di ogni elemento. Questo è un aspetto fondamentale: riuscire ad individuare il giusto bilanciamento tra le informazioni generiche relative ai vari aspetti e le rispettive descrizioni dettagliate.

Da un lato compare un’esigenza di specificità legata all’aspetto etico e professionale, per cui il committente deve avere la percezione di un’idea solida, risolta in modo consapevole sotto ogni punto di vista. E l’unico modo per garantire questo tipo di fiducia è quello di non lasciare il discorso ad un livello superficiale ma di approfondire i temi, soprattutto quelli più critici e rilevanti.

Dall’altro lato il racconto deve rispettare i vincoli dovuti allo stato di avanzamento del progetto: non è possibile in questo momento di passaggio dalla fase di ideazione a quella di sviluppo avere delle rappresentazioni che forniscano ulteriori livelli di dettaglio, rappresentazioni che risulterebbero premature, dando l’idea di essere delle proposte definitive e non delle ipotesi in via di definizione e soprattutto distogliendo l’attenzione dai principali contenuti che sono oggetto di discussione.

Risulta quindi necessario impostare un racconto che ripercorra tutti gli elementi, ma ad un livello ancora non così dettagliato. Per fare questo è possibile individuare una serie di strumenti a seconda di quelli che ci sembrano più adatti per mostrare i punti significativi dello specifico progetto, l’importante è che così facendo si arrivi a fornire una visione s’insieme, indipendemente da quanti e quali strumenti vengano impiegati per farlo.

Osservando la mappa degli strumenti disponibili rispetto ai contenuti da comunicare è appunto evidente la quantità di modelli a disposizione. Alcuni sono presenti anche in altre discipline progettuali, mentre altri, quelli più legati alla notazione e alla rappresentazione del processo, sono il frutto di ricerche più specifiche sul servizio.

A tal proposito possiamo riconoscere due diversi livelli di racconto, distinzione che ci aiuta a comprendere come utilizzare i diversi strumenti in relazione ai contenuti e che anticipa alcune riflessioni sui loro effetti e sulle loro modalità comunicative.

Gli strumenti collocati nella sfera del racconto generico sono quelli legati alla narrazione dell’esperienza e degli aspetti valoriali, essi sono tutti o quasi tutti orientati su un certo tipo di modalità espressiva, che permetta di far vedere questi elementi immateriali, fornendo delle delle macro-suggestioni del servizio.

È importante sfruttare il potenziale evocativo della comunicazione, per prefigurare una cosa che ancora non esiste.

Mostrando è possibile catturare l’attenzione dell’interlocutore, coinvolgerlo nel racconto e avvicinarlo alla visualizzazione della soluzione finale. Il fatto poi di orientare la narrazione su aspetti più immateriali oppure di focalizzarla sugli elementi tangibili del servizio per arrivare a parlare dei valori è una duplice possibilità che spetta ai singoli casi e progettisti valutare.

Dall’altro lato c’è la necessità di spiegare come tutto ciò può essere possibile, perciò è necessario entrare nel merito dei vari aspetti in modo più specifico, mostrando l’impatto del servizio sul contesto di riferimento, il funzionamento del sistema che supporta la sua erogazione, l’elenco delle prestazioni possibili, i principali dispositivi e modelli d’interazione necessari, il prospetto economico a testimonianza della fattibilità realizzativa del progetto.

Il progetto della comunicazione agevola la discussione su questi temi fornendo degli strumenti che traducono tali fenomeni complessi in rappresentazioni più comprensibili, utili al dialogo.

Tutto ciò favorisce il passaggio rapido di informazioni e concetti da una parte all’altra e la sedimentazione degli elementi condivisi.

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L’obiettivo di questo momento di comunicazione è quello di far comprendere al nostro committente il concept emerso nella fase di ideazione. Affinchè ciò avvenga è necessario costruire una visione d’insieme del servizio utilizzando diverse modalità comunicative in base ai contenuti presi di volta in volta in considerazione e ai rispettivi livelli di dettaglio, come esplicitato nel precedente paragrafo.

L’indicazione principale riguardo al come gestire questo momento molto importante di comunicazione ci viene data ancora una volta dalla riflessione sui possibili livelli di reazione dell’interlocutore.

Lo scopo principale rigurda sicuramente l’aspetto riflessivo.

Al committente devono essere forniti tutti gli elementi utili per costruirsi un’immagine del servizio: egli deve capire, per poter giungere ad una decisione, positiva o negativa, rispetto al progetto.

Non dimentichiamoci però dell’esistenza di un livello emotivo e di un livello comportamentale. Essi risultano secondari rispetto alla funzione principale, anche perchè l’interesse esibito dal nostro interlocutore è già molto elevato e non richiede incentivi o chiarimenti in questo senso. Quello che vogliamo evidenziare è che però questi aspetti possono supportare la comprensione e l’acquisizione delle conoscenze e che incidono sulla creazione di un atteggiamento positivo o negativo nei confronti della proposta di servizio.

Quindi sicuramente questa trasmissione di contenuti deve avvenire e richiede l’utilizzo di tutta una serie di tecniche di notazione e rappresentazione del progetto, se però spostiamo la nostra attenzione sull’aspetto emotivo, emergono altri fattori e altri punti di vista. Proprio ciò di cui parla Stefan Moritz facendo riferimento al concetto

di sensualisation, ovvero di visualizzazione attraverso tutti i sensi.

Non si tratta solo di descrivere, ma di coinvolgere ed entusiasmare il promotore, incentivandolo ad apportare il valore richiesto all’interno di quel servizio.

Riconosciamo perciò anche al coinvolgimento emotivo un ruolo importante. Diversi designer hanno iniziato a lavorare in questo senso, soprattutto nel mondo proprio del progetto del servizio e dell’esperienza, tra cui vorrei ricordare il contributo offerto da David Armano. Le sue presentazioni agli stakeholder, rese visibili attravero il suo ricchissimo blog -Logic+Emotion-, sono incentrate proprio sul tentativo di mettere in scena le informazioni nel tentativo di dare vita a situazioni molto più coinvolgenti per gli interlocutori presenti. E ciò avviene senza l’utilizzo di rivoluzionarie tecniche comunicative, ma facendo semplicemente leva sugli aspetti della retorica legati all’arte del parlare in pubblico.

Nel momento in cui progettiamo la nostra stretegia comunicativa ricordiamoci quindi che per arrivare alla decisione finale, il promotore prima svilupperà un’atteggiamento nei confronti della soluzione presentata per poi giungere alla presa di coscienza e alla capacità decisionale sulla base delle informazioni ricevute.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Presentazione dell’idea: effettiExplaining: the sensualisation (visualisation for all senses) of ideas and concepts, mapping of processes and illustration of the potential scenarios. Giving overview and showing future possibilities.1

1. S. Moritz (2005) 2. http://darmano.typepad.com/

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La prima riflessione relativa alle modalità di comunicazione è direttamente legata al precedente discorso sugli effetti e sulle finalità in gioco. Le abituali prassi di presentazione del progetti ai committenti prevedono quasi totalmente l’attribuzione di un ruolo passivo al destinatario: l’interlocutore è il soggetto che ascolta, osserva, valuta e poi esprime la propria opinione. In una situazione di questo tipo il coinvolgimento dell’interlocutore è unicamente affidato al tipo di racconto proposto.

Ciò non è in alcun modo errato, ma potrebbe essere interessante aumentare il livello di coinvolgimento del committente in funzione di un maggior impatto a livello emotivo e di conseguenza anche comportamentale e riflessivo. Possibilità questa non molto esplorata fino ad ora, ma grazie alle nuove esigenze portate proprio dal design di sistemi complessi, sono sorti una serie di strumenti e di strategie di presentazione che prevedono la creazione di esperienze in cui il promotore è spettatore e protagonista allo stesso tempo.

Questo può avvenire abbandonando il modello della presentazione classica attraverso slide o tavole illustrate e passando alla messa in scena di alcuni aspetti significativi del servizio stesso. Dalla tecniche di role play che permettono attraverso attori professionisti o improvvisati la rappresentazione quasi teatrale dei momenti chiave dell’interazione, all’utilizzo dell’informance per inscenare le informazioni anzichè descriverle semplicemente, fino alle tecniche di experience prototype e di mock-up per mostrare le ipotesi in modo tangibile.

Partendo da questi esempi specifici si può in realtà passare ad immaginare la trasformazione in artefatti più tangibili, espressivi e interattivi anche di altri strumenti tipici del tradizionale racconto del concept. Lo scenario stesso, lo storyboard, i character profiles possono diventare strumenti che coinvolgono l’interlocutore in modo attivo nella presentazione. Il come questo può avvenire apre le porte all’inventiva del designer, essendo poi legato alle specifiche situazioni di progetto e diventando la modalità stessa di presentazione un modo per esprimere dei valori.

Al di là del ruolo del destinatario nel processo comunicativo, l’esigenza principale a questo livello è quella di mostrare, tant’è che la maggior parte degli strumenti si collocano proprio nella sfera del far vedere.

Qui si riscontra quella duplice esigenza per cui da un lato abbiamo strumenti molto forti da un punto di vista espressivo ed evocativo, che cercano di dare visibilità all’atmosfera del servizio, all’esperienza e al contesto, mentre dall’altro lato abbiamo strumenti di notazione e rappresentazione della complessità. Fanno parte del primo gruppo lo scenario, lo storyboard, le metafore, le moodboard, a cui si aggiungono una serie di tecniche nate proprio per supportare il racconto di servizi visualizzando i touchpoints e le evidenze (tomorrow headlines e ADD poster ne sono un esempio).

Sono invece esempi di strumenti orientati alla visualizzazione delle informazioni e quindi alla rappresentazione della complessità

del sistema la customer jouney map, la mappa degli attori, la mappa dell’offerta e gli use cases.

I modi d’espressione finalizzati a far capire prevedono infine una serie di strumenti atti ad una descrizione più dettagliata della soluzione. Si tratta di strumenti specifici che adottano un linguaggio tecnico e che vanno a definire tutte le caratteristiche del servizio -service specifications- e tutti gli aspetti relativi alla valutazione della fattibilità -business plan, evaluation matrix, SWOT analysis-.

I character profiles e le personas sono invece strumenti efficaci per

Presentazione dell’idea: modalità

SWOT analysis

S WO T

business plan

3423+34243394,0-34924

evaluation matrix

storyboard

customer journey mapmetaphor

=

use cases

tomorrow headline

title

ADD poster

scenario

moodboard

mock-up

touchpoints

actors’ map

role play

experience prototype

offering map

service specifications

character profile

personas

informance

far fare

far capire

far vedere

dare un volto e attribuire delle caratteristiche ad un ipoteitco utente o gruppo di utenti del servizio. Questo pone la base per il racconto delle storie, che caratterizzano molti degli strumenti fino a questo momento citati. Il racconto di storie può essere un punto chiave significativo per riuscire a raccontare il servizio:

Stories tend to have a greater emotional connection and are more memorable then other forms of communication.

Many political and business leaders say that their most important skill is the ability to tell a good story.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

3

3. P. Hanna (2006)

Page 60: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

text 1 pictures 6 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 1

1-2-3-4-5-6. Immagini tratte dal report di presentazione del progetto

107106

RED - DESIGN COUNCILAGEING

Vorrei mostrare in queste pagine alcuni aspetti che ritengo spunti signifi cativi da cui partire nel formulare strategie effi caci per la presentazione di un concept ai committenti. Ho cercato di concentrarmi su dei casi che non implicassero il ricorso a competenze troppo specifi che o all’utilizzo di budget particolarmente elevati, in modo da evidenziare dei concetti utili, indipendentemente dai contesti progettuali.

In particolare ho selezionato tre casi. Il primo, di Design Council, mi sembra importante per il modo in cui lavora sull’aspetto emotivo mediante semplici strumenti di comunicazione che creano un forte collegamento tra l’attività progettuale e l’idea concepita, incentrando tutto il discorso sul racconto di storie. Il secondo caso, Orange di Live|Work, rappresenta un’occasione per rifl ettere sulle modalità comunicative che permettono di superare il divario tra l’immaterialità dell’idea e la concretezza della soluzione. Infi ne il terzo caso è un esempio estremo, in cui Hp sperimenta con la presentazione degli scenari ai propri fi nanziatori, un esempio utile per intravedere nuove possibilità di messa in scena dei contenuti e delle informazioni che agiscono sul livello di coinvolgimento del destinatario.

Design Council investe molte energie nella produzione di strumenti che diano visibilità all’ampia documentazione di volta in volta raccolta e all’impegno sociale su cui sono fondate le proposte progettuali. Ciò avviene attraverso dei video e dei report stampati, che si fanno portatori di una serie di informazioni quantitative, ma soprattutto dei valori coinvolti, calando perfettamente il discorso nel contesto reale a cui appartiene.

Le immagini qui mostrate sono esemplifi cative di uno di questi report realizzati da Design Council per illustrare i propri progetti, e sono un esempio signifi cativo di come il punto di partenza per il racconto del servizio non siano teorie o ipotesi astratte, ma proprio le persone direttamente interessate, in questo caso gli anziani.

Questo lavoro sui servizi per le persone anziane è un work in progress, di cui questo report fi ssa dei punti per la formulazione di nuovi paradigmi di servizi destinati a questa parte sempre più numerosa della popolazione. Sulla base dei contenuti di questa ricerca, delle idee formulate e delle proposizioni per il futuro, Red propone il proprio lavoro ad eventuali partner e promotori interessati nella realizzazione di servizi per gli anziani. Le caratteristiche, le modalità, le tipologie di servizi auspicati per il futuro vengono descritte partendo dalle parole degli stessi utenti e dai loro desideri. Il risultato è una descrizione complessiva del paradigma dei nuovi servizi, una

descrizione in cui siamo guidati direttamente dalle persone e dalle loro esigenze.

Da un punto di vista comunicativo, l’utilizzo di questi personaggi assolutamente reali nel racconto è un modo per creare delle storie coinvolgenti e dei riferimenti concreti rispetto alle idee esposte, riferimenti utili per dar vita a rifl essioni e discussioni successive.

Si tratta di una tecnica utile per la comprensione ma anche e soprattutto dotata di una grande potenzialità dal punto di vista emotivo. Il racconto qui presentato assume in questo senso un tono molto coinvolgente, attraverso queste immagini fotografi che così dense di signifi cato, utilizzando il nome delle persone e alcuni dati per renderle delle fi gure reali e non solo dei personaggi, utilizzando le scritte a mano e i post it per enfatizzare l’espressione del loro pensiero.

Questi momenti emotivamente elevati sono scanditi, all’interno del report, da una serie di pagine più descrittive, in cui vengono esplicitati e sedimentati i punti prima individuati e raccontati dalle persone, che si traducono così in indicazioni e caratteristiche precise per futuri servizi nel mondo degli anziani.

Tutto risulta formare un’immagine molto chiara nella mente del pubblico senza mai arrivare a mostrare concretamente modelli di servizio, ma lasciando completamente aperto l’interrogativo progettuale su come tradurre quelle indicazioni in servizi reali. Questo è fondamentale perchè signifi ca essere riusciti a raccontare e fi ssare dei valori e delle caratteristiche qualitative, senza però aver posto dei limiti alla quantità e tipologia di soluzioni che si possono immaginare per rispondere a quelle esigenze.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

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3 4

5 6

Page 61: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

text 2 pictures 5 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 5

4. La parete dello stand HP a Comdex 2000, completamente ricoperta dalla card colorate illustranti gli scenari futuri5. Un dettaglio sul tipo di illustrazione e di linguaggio utilizzato nel rappresentare i prodotti-servizi

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Accade spesso che l’innovazione tecnologica sia l’input per la formulazione di nuove strategie di business, accade invece molto più raramente che le esperienze degli utenti riescano ad innescare il medesimo meccanismo.

Quello che è stato fatto da Live|Work per Orange Innovation è significativo in questo senso, perchè frutto del tentativo di sviluppare nuove strategie basate sulle esperienze degli utenti e il modo in cui queste idee sono state presentate rivela proprio questo tipo di approccio al progetto. Live|Work ha quindi prima di tutto cercato di immaginare l’impatto diretto delle nuove strategie di business attivate da Orange Innovation sulle esperienze future degli utenti.

Sono stati sviluppati una serie di artefatti proprio con l’obiettivo di immaginare e discutere questo impatto del progetto sull’esperienza futura dei singoli individui, evidenziando il divario tra il concetto e la realtà e cercando di capire come gestirlo e colmarlo.

Questo è stato possibile proprio grazie alla creazione di questi artefatti, sviluppati come se il servizio fosse già pronto ad essere lanciato sul mercato ed immaginando quindi come comunicarlo e che tipo di reazioni possono essere associate al lancio di quello specifico servizio. Gli artefatti sviluppati dal team includevano finti articoli di giornali, packaging, siti web, pubblicità su quotidiani, lettere e notizie televisive. Tutto ciò ha la grande potenzialità di agire come elemento tangibile dei futuri touchpoints ed è stato utilizzato come punto di partenza per la discussione e come elemento di provocazione nei confronti dell’Innovation Team di Orange, tanto concentrato sullo sviluppo dell’innovazione a prescindere dalle esperienze finali degli utenti.

LIVE|WORKORANGE

IDEOHP - COMDEX

Il concetto su cui si fonda questa presentazione di scenari progettata da IDEO per HP è la convinzione, estremamente interessante, che l’esperienza sia il punto di passaggio verso la comprensione.

Questa visione delle esperienze come momenti chiave in un racconto per agevolare la comprensione dei contenuti e per favorire un ulteriore coinvolgimento dell’interlocutore, anche emotivo, è proprio ciò che si è cercato di mettere in evidenza sottolineando, nei paragrafi precedenti, la possibilità di attribuire un ruolo attivo al pubblico nel processo comunicativo.

Questo progetto nascce nel contesto della fiera Comdex 2000 (Las Vegas, Nevada), fiera che Hewlett-Packard ha usato come luogo per comunicare ai suoi commitments. A prescindere dalla location fieristica, la strategia adottata può essere uno spunto positivo rispetto al tema della comunicazione delle idee alla committenza.

Il messaggio che HP voleva trasmettere era sostanzialmente quello di essere un’azienda impegnata nello sviluppo di prodotti e servizi costruiti per le persone: HP, inventing for common goods. L’obiettivo era in particolare quello di mostrare al pubblico la proiezione verso un futuro collettivo popolato da prodotti, servizi ed ambienti erogati attraverso le tecnologie web. Come è stato comunicato tutto ciò?

IDEO ha collaborato allo sviluppo di esperienze all’interno dello stand, esperienze incentrate sul coinvolgimento dei visitatori nella creazione di storie personali riguardo al futuro. Ciò avveniva in parte attraverso l’interazione con dispositivi tecnologici altamente innovativi, e non è questo di certo quello su cui vogliamo porre l’accento, e in parte attraverso una sorta di installazione incentrata sulle cards che vediamo in queste immagini. Queste schede, appese lungo la parete dello stand, sono la rappresentazione di 40 possibili servizi, ambienti e prodotti, ovvero scenari, erogabili via web. La parete invitava i visitatori ad avvicinarsi e a scegliere le immagini che più li colpivano per creare la loro brochure personale dei servizi futuri, la loro storia.

Interessante è appunto la modalità di racconto di questi scenari, che, oltre ad essere un’esperienza interattiva, si distaccano completamente dalle rappresentazioni tipiche dei servizi legati alla componente tecnologica, assumendo una connotazione più vicina alla persona e creando un maggior senso di familiarità e di contatto con le situazioni rappresentate, nonostante esse coinvolgano degli strumenti tecnologici, abitualmente percepiti come dispositivi lontani da lato umano.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

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1. Descrizione dei touchpoint che determinano l’interazione con l’ipotetico servizio2. Rappresentazione di una finta campagna promozionale 3. Esemplificazione dell’interfaccia del servizio sul web

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5

Page 62: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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Lo sviluppo del servizio richiede l’intervento di altri progettisti, definiti tecnici, che supportano il designer nella trasformazione dell’idea in una soluzione concreta.

Il progetto del servizio va spesso ad intersecare aree di conoscenze specializzate. In questi casi il designer sente la necessità di essere affiancato da persone che già appartengono a quei mondi e che possono mettere il proprio sapere a sua disposizione. Possiamo a tal proposito fare alcuni esempi, senza ovviamente avere la pretesa di arrivare ad un’elencazione esaustiva delle possibili professionalità coinvolte, ma semplicemente per mostrare la varietà assoluta di figure che può essere necessario interpellare nel corso del processo di design.

Supponiamo di progettare un servizio per malati di diabete. Molto probabilmente per poterlo ideare non saranno sufficienti le nostre conoscenze di progettisti, ma sarà indispensabile coinvolgere medici e psicologi, figure che conoscono bene la malattia e i suoi effetti. Se decidiamo che tale servizio preveda un sistema di monitoraggio digitale dell’alimentazione, allora sarà importante coinvolgere degli sviluppatori in grado di costruire il soware ad hoc e degli esperti d’interazione che sviluppino l’aspetto dell’interfaccia. Se decidiamo che sarà necessaria una struttura fisicamente presente sul territorio, allora dovremo rivolgerci a dei designer di interni e a degli architetti. E così via potremmo continuare con un’infinità di casistiche.

Come si può dedurre dagli esempi mostrati, l’intervento di queste figure può essere richiesto in diversi momenti del processo di design: da una consulenza iniziale utile alla raccolta di informazioni, al

coinvolgimento nelle attività di progettazione, fino ad un intervento più operativo in fase di sviluppo e di implementazione del servizio.

In particolare, quest’ultimo è un passaggio fondamentale a livello comunicativo, soprattutto se vengono coinvolti tecnici fino ad ora non inseriti nel progetto. Il designer ha definito un concept nelle fasi precedenti e deve trasmettere quest’idea di servizio ai tecnici che si occuperanno di sviluppare le singole componenti.

Tutto ciò che è stato definito deve essere in qualche modo rappresentato, descritto, sedimentato e quindi comunicato.

Questa è una situazione che si presenta in tutti i campi progettuali, nel momento in cui subentrano gli implementatori o costruttori. Nel caso del progetto di un prodotto o di un edificio, il designer o l’architetto utilizzeranno dei disegni tecnici per dialogare rispettivamente con l’impresa produttrice o con l’impresa edile.

Qual è lo strumento corrispondente ai disegni tecnici nel caso del servizio?

Esistono strumenti condivisi che consentono il passaggio del concept nelle mani del tecnico? Esistono strumenti di comunicazione bi-direzionale che permettono al tecnico di contribuire al progetto avviando una discussione con il designer?

Analizzare ciò che accade in questi casi può essere utile per capire come funzionano gli strumenti più ingenieristici di descrizione del servizio e che modalità di comunicazione utilizzano, verificando così, oltre alla loro appropriatezza, anche l’eventuale possibilità di traslare alcune di queste caratteristiche in altri modelli di comunicazione.

sviluppo

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

la notazione del servizio

Page 63: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

activity map

service specifications

moodboard

offering map

system of activity map actors’ map

touchpointscustomer journey map

use cases storyboard experience prototypemock-up

interaction table blueprint

system map

112 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 15 notes 0 113

L’esigenza qui descritta è quella di comunicare ai tecnici tutto ciò che è necessario affinché possano procedere con la progettazione delle componenti e degli aspetti in cui sono competenti e per cui è stato richiesto il loro intervento.

Il designer deve quindi assicurarsi prima di tutto che vengano trasmesse loro quelle specifiche informazioni, e in secondo luogo che essi si possano costruire una visione d’insieme di tutto il concept, affinchè il loro intervento sia coerente rispetto ai valori di fondo e in linea con gli altri aspetti che compongono il servizio.

Gli strumenti specifici per la comunicazione ai tecnici sono descrizioni estremamente dettagliate dei contenuti, descrizioni che riguardano in particolare le prestazioni offerte e le modalità di interazione, ovvero i due aspetti maggiormente coinvolti nella costruzione dell’esperienza vera e propria del servizio, e quindi di tutti gli strumenti, i dispositivi, i processi che la rendono possibile.

Accanto alla trasmissione dettagliata di questi oggetti, può essere necessaria una comunicazione specifica del funzionamento del sistema, se esso impatta sulla costruzione dell’esperienza in modo significativo, e una descrizione generica degli aspetti relativi al contesto e alla fattibilità per stabilire, a grandi linee, i confini entro cui i progettisti stanno operando.

A differenza di altri ambiti progettuali in cui è possibile individuare uno o più strumenti univoci di condivisione del progetto (una tavola tecnica, un prospetto architettonico, un modello tridimensionale, un manuale d’identità) è difficile nel caso del servizio identificare degli strumenti di rappresentazione o notazione che permettano una condivisione di questo tipo.

Questo è un tema su cui sono state fatte diverse ricerche e diverse sperimentazioni, soprattutto nell’ottica di individuare degli strumenti per un dialogo strategico che riuscissero in qualche modo a rappresentare uno o più aspetti del servizio in una struttura visiva o

contesto

sistema

offerta

interazione

fattibilità

testuale univoca, valida per ogni progetto indipendentemente dalle sue specifiche caratteristiche.

Il metodo utilizzato è sempre quello della suddivisione degli oggetti da comunicare in una serie di pacchetti di informazioni sempre più ridotti e quindi sempre più dettagliati in ogni minima componente. A fianco del noto blueprint, che ora come ora è l’unico caso di strumento proprio di questa disciplina che è diventato standard (nel senso che viene utilizzato in modo univoco tanto dai designer quanto dai tecnici esterni), sono sorti tutta una serie di strumenti di notazione e rappresentazione del processo. L’interaction table e la system map proposti da François Jégou, il sistema di attività e la mappa dei sistemi di attività di Daniela Sangiorgi, la customer journey map, la mappa dell’offerta, e così via.

Oltre a quelli citati, nella mappa compaiono anche gli strumenti che derivano dalle fasi precedenti, in particolare dal momento di racconto del servizio ai promotori, e che rappresentano esempi del materiale che può essere utile condividere con il tecnico, almeno in parte, per fornirgli un quadro più ampio della situazione. Una visione globale che è utile per tracciare la direzione del percorso da seguire anche nel momento in cui si procede verso la fase realizzativa. Una visione globale che risulta indispensabile fornire soprattutto nel caso in cui al tecnico viene richiesto un contributo che va oltre l’aspetto strettamente operativo. Pensiamo ad esempio al coinvolgimento di un interface designer, probabilmente vorremo utilizzare il suo contributo e le sue conoscenze per migliorare il concept stesso di partenza per lo sviluppo della specifica interfaccia. Ecco che nuovemente emerge il problema di avere delle adatte piattaforme per co-progettare.

Qualcosa che in termini di rappresentazione faccia un passo avanti rispetto al livello di complessità introdotto dal blueprint, che ha sicuramente il merito di definire ogni singolo passaggio, ma che comporta l’adozione di un livello di dettaglio così elevato da rendere poi difficile il ragionamento sul modello.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Notazione: contenuti

Page 64: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

114 text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 0 tools 0 notes 1 115

Questo focus sulla comunicazione ai tecnici vede indirizzarsi completamente l’attenzione verso un’unica finalità, quella che ha a che fare con il livello riflessivo o cognitivo.

Il designer comunica per trasmettere delle conoscenze, che il tecnico deve fare proprie per poterle riutilizzare nel portare a termine il compito che gli è stato assegnato.

Questa enfasi sull’aspetto cognitivo ha un risvolto sulle modalità prescelte per comunicare, che come vedremo in seguito sono orientate verso un linguaggio simbolico e una comprensione finalizzata al far capire. Compaiono a questo proposito tutti gli strumenti di notazione del processo e del sistema, costruiti con l’intento di fornire una descrizione il più possibile tecnica e oggettiva, anche se questo molto spesso porta ad una rappresentazione solo parziale di quello che è il servizio. Sicuramente questi metodi sono validi, ma dovrebbero essere affiancati da strumenti in grado di rappresentare anche gli aspetti più legati all’individuo, al suo comportamento e alla sua esperienza. Aspetti che nel momento in cui il servizio deve essere sviluppato e realizzato sono importanti tanto quanto il processo e il sistema di supporto.

Tornando però al discorso relativo alle finalià, la comunicazione si libera con i tecnici di tutti gli aspetti legati ad a temi quali la persuasione (vedi committenti) o il coinvolgimento e l’incentivo (vedi campione di verifica) poichè tra i due soggetti vige un rapporto professionale per cui il tecnico stesso è interessato alla ricezione del maggior numero di informazioni possibili per poter svolgere la propria attività nelle migliori condizioni.

In un certo senso, in questa situazione, è come se gli aspetti relativi al livello emotivo che comportamentale siano definiti a

priori dalla relazione instaurata tra il designer e questi interlocutori, scomparendo quindi a livello di effetti ricercati nella comunicazione, che investe il suo sforzo completamente nella direzione informativa e di trasmissione di conoscenze.

In generale possiamo riconoscere un effetto positivo, rispetto all’adesione totale di queste figure al progetto, nelle tecniche di co-produzione, che anche in questo caso possono diventare un’occasione per coinvolgere ulteriormente il destinatario interessato, dandogli la sensazione e soprattutto l’opportunità di poter apportare un maggiore valore nel servizio. In questo senso gli strumenti di notazione utilizzati devono diventare piattaforme conosciute o usabili da entrambe le parti coinvolte e devono avere una flessibilità tale da poter accogliere i nuovi suggerimenti e indacazioni. Ma questa, ancora una volta, è una scelta a metà strada tra gli aspetti comunicativi e gli aspetti strategici di gestione del progetto.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Notazione: effettiExisting mechanistic methods can still be used, as far as they are complemented with further methods that capture individual customers’ behaviour and attitudes and organise them appropriately.1

1. N. Morelli (2006)

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t116 text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 1 tools 15 notes 1 117

Il tecnico è prima di tutto un ricettore passivo delle informazioni che gli consentono di svolgere al meglio il proprio compito. Egli diventa agente della comunicazione solo nel momento in cui il designer prevede delle sessioni di attività congiunte e proprio per queste sessioni sarà opportuno creare degli strumenti o delle piattaforme di lavoro per lo scambio e la condivisione di dati, informazioni, idee. Si tratta quindi di una scelta svincolata da esigenze di tipo comunicativo, ma che riguarda più che altro la gestione del progetto.

Come è già stato accennato, in questa situazione la modalità espressiva che emerge sulle altre è squella del far capire. Questo tipo di comunicazione richiede l’esistenza di una serie di strumenti e di elementi -definiti come strumenti di notazione- codificati in un linguaggio conosciuto da entrambi gli attori comunicanti. Il fatto di avvalersi di questi strumenti agevola il dialogo, costruendolo su delle basi già note e velocizzando così il ragionamento. Ciò avviene proprio grazie alle presenza di codici condivisi che portano ad una inequivocabilità distintiva delle informazioni trasmesse, che agevola lo scambio.

La notazione richiede quindi strumenti in grado di descrivere la complessità del servizio.

Si tratta di forme di comunicazione difficilmente accessibili per i non addetti ai lavori; probabilmente non serve nemmeno sottolinearlo, ma ricordiamo che questi non sono strumenti estendibili ad altri interlocutori, a meno che non vengano riprogettati con un altro linguaggio visivo e verbale, meno notazionale e più espressivo. Mi riferisco in particolare al blueprint, strumento che nasce proprio dall’esigenza di rappresentare il processo e manipolarlo.

Esistevano già diversi strumenti prima dell’avvento del blueprint che si preoccupavano di risolvere questo tema. Il lato operativo del service management utilizzava già diagrammi di flusso e altri strumenti per visualizzare i processi. Quello che mancava a questi strumenti era il lato dell’utente, le relazioni che egli instaura con il sistema e le sue interazioni con esso. L’approccio rimaneva molto ingenieristico, senza considerare l’aspetto umano. È stata così sviluppato un nuovo modello che partendo da quegli stessi strumenti operativi, li rendess più comprensibili e più utilizzabili dai progettisti, pensando in particolare alle esigenze poste dallo sviluppo di un servizio. Questo modello è proprio il blueprint.

Esso permette di inquadrare tutto il sistema di funzionamento del servizio, evidenziando da un lato gli aspetti visibili all’utente e dall’altro tutto ciò che invece avviene dietro la linea di visibilità, come ad esempio le attività di fornitura e di back-office.

I vantaggi per la comunicazione tra progettisti e tra progettisti e tecnici apparivano evidenti:

A blueprint is more precise than verbal definitions and less subject to misinterpretation.

Su questa linea, che probabilmente è la corretta direzione per individuare degli strumenti che riescano a tradurre la complessità del processo in una visualizzazione o descrizione condivisibile, si auspica l’indiduazione di nuovi modelli, che compiano un ulteriore passo in avanti.

Il problema di strumenti come il blueprint è in primo luogo legato all’impossibilità di estenderli così come sono verso altre figure coinvolte nel progetto, ad eccezione di designer e tecnici. Inoltre, arrivare ad avere una rappresentazione così esauriente può portare ad un livello di dettaglio forse troppo elevato e macchinoso, che allo

stesso tempo esclude altri aspetti altrettanto importanti, che non si possono tradurre in passaggi e relazioni.

In questa direzione si collocano tutti i progetti e le prosposte di nuovi sistemi di notazione che siano maggiormente utilizzabili durante i momenti di conversazione progettuale, ma probabilmente ancora molto può essere fatto per superare l’approccio ingenieristico dello stesso blueprint.

François Jégou si è cimentato nel tentativo di creare una descrizione standard del sistema e del processo, racchiudendoli in una system map costruita attraverso un set di icone e pittogrammi. La mia sensazione è però quella che, ancora prima di individuare un linguaggio visivo codificato, sia necessario ragionare in modo più strutturale, sull’architettura delle informazioni, per cercare nuove strade verso forme di notazione che siano in grado di trasferire in modo trasversale i concetti di sistema e di esperienza.

use cases

blueprint

interaction table

activity map

system of activity map

service specifications

moodboard

touchpoints

offering map

actors’ map

customer journey map

mock-up

experience prototype

system map

storyboard far fare

far capire

far vedere

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Notazione: modalità

2

2. G. L. Shostack (1983)

Page 66: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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1. Visualizzazione estesa del blueprint del servizio realizzato da Live|Work

119118

LIVE|WORKBLUEPRINT

Parlando di comunicazione con i tecnici, sicuramente non si può prescindere dall’unico strumento attualmente divenuto una forma standard per la notazione del servizio, il blueprint.

Il blueprint nasce con una forma piuttosto diversa da quella che vediamo qui illustrata, poichè nasce come strumento ingienieristico di descrizione del processo su modello dei diagrammi di flusso utilizzati per descrivere l’interazione nell’ambito delle tecnologie digitali.

La caratteristica principale, fin dalle origini dello strumento, è quella di rappresentare l’intero processo di erogazione del servizio con un doppio flusso di attivitià, quello dell’utente, al di sopra della linea di visibilità, e quello dell’operatore o dell’ente erogatore, in parte al di sopra ma prevalentemente al di sotto della linea di visibilità . Dalla parte dell’utente vengono così illustrate le singole azioni che fanno

parte del processo di interazione con il servizio e con i suoi strumenti. Da parte dell’operatore vengono invece mostrate tutte le corrispondenti attività necessarie per far sì che l’utente compia il suo percorso.

Il blueprint presenta il vantaggio quindi di riprodurre in modo completo il flusso di attività che contraddistingue il servizio, mettendo in risalto i momenti di contatto, e quindi di maggior interazione, tra un attore e l’altro.

Dal modello di partenza, la struttura è stata poi utilizzata come base per arrivare a delle forme di notazione più espressive, che riuscissero a completare il racconto con elementi relativi agli aspetti più qualitativi dell’interazione, come in questo caso sopra illustrato eseguito ad opera dello studio inglese Live|Work. Notiamo infatti come lo strumento proposto sia una sorta di incrocio tra un blueprint schematico

e uno storyboard: ogni passaggio chiave che contraddistingue l’interazione tra utente e operatore è in questo caso rappresentato da un’illustrazione.

Il tentativo di rendere il blueprint uno strumento di notazione più espressivo è in realtà un tentativo molto diffuso ed è legato all’esigenza di creare un’apertura di questo strumento verso altri progettisti o altre figure coinvolte nel processo.

Anche immaginando di utilizzare questo strumento per il dialogo con i tecnici, che quindi sono più familiari probabilmente ad un certo tipo di comunicazione, è utile fornire maggiori stimoli visivi che rendano più immediata la lettura stessa della rappresentazione e integrino ulteriori aspetti altrimenti esclusi dalla descrizione.

Da molto tempo i progettisti cercano uno strumento “oggettivo” di

rappresentazione del servizio, un pò come se fosse la tavola tecnica di un prodotto. In questo momento, a livello di notazione, il designer può fare affidamento su questo strumento -il blueprint- e pochi altri. La prima aspettativa per il futuro riguarda la possibilità di inventare nuovi strumenti che siano in grado di estendere la notazione del processo alle figure coinvolte nella co-produzione, seguendo le direzioni indicate da François Jégou e da Nicola Morelli. In questo senso può essere utile ragionare sulla possibilità aperta dalla ricerca nell’ambito delle forme di rappresentazione di sistemi complessi, inaugurata nella nostra Facoltà dal gruppo di Density Design. In questo modo potrebbero essere individuati nuovi criteri di rappresentazione che riescano ad esempio a superare la rigida struttura consequenziale delle tecniche fino ad ora utilizzate, che forse in alcuni casi diventa limitante.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

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120 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 0 notes 0 121

implementazione

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

la formazione del personale

La fase di implementazione è il momento in cui lo staff viene addestrato a servire in modo efficace l’utente.

La comunicazione rivolta agli operatori è una tappa fondamentale, proprio per l’importante ruolo che questi soggetti rivestono all’interno del servizio. Allo stesso tempo questa è una situazione molto diversa da quelle approfondite in precedenza poichè non si ha più un contatto diretto tra progettisti e interlocutori, ma semplicemente degli artefatti o altri strumenti di mediazione che diventano portatori del messaggio. Gli strumenti comunicativi non sono più quindi elementi di supporto al dialogo o all’interazione tra gli attori, ma diventano mezzi autonomi di trasmissione di informazioni e concetti.

Un ulteriore fattore critico è rappresentato dal fatto che la comunicazione, oltre a non essere diretta ma mediata, avviene rivolgendosi a gruppi di persone non più noti e circoscritti come lo erano il campione di verifica, i committenti e i tecnici. Soprattutto con il crescere delle dimensioni di un servizio diventa difficile identificare chiaramente questi soggetti, conoscerli e progettare una comunicazione appropriata. A tal proposito ricordiamo che in questa situazione la distanza cognitiva tra le parti coinvolte aumenta e diventa ancora più importante calibrare il linguaggio della comunicazione, per assicurare l’accessibilità e la comprensibilità dei messaggi.

Nel design dei servizi le organizzazioni tendono ad investire molto nella comunicazione agli utenti, considerati e “coccolati” come i consumatori di un prodotto, trascurando viceversa la comunicazione agli operatori, nonostante essi contribuiscano tanto quanto gli utenti alla creazione dell’esperienza, soprattutto se il personale è a diretto contatto con gli utenti stessi.

Gli operatori sono l’interfaccia con cui dialoga l’utente.

Ci sono due possibilità per risolvere questo passaggio fondamentale della comunicazione agli operatori. La prima, attuabile soprattutto

quando si ha a che fare con un servizio di dimensioni ridotte, prevede il coinvolgimento degli stessi operatori all’interno del processo di design, inserendoli nel cosiddetto campione di verifica. Così facendo è possibile, oltre che co-progettare sulla base delle loro esigenze e indicazioni, accompagnare questi operatori in una conoscenza approfondita del servizio passaggio per passaggio, elemento per elemento. In tal modo, essi arrivano ad acquisire automaticamente coscienza della struttura in cui sono inseriti, delle prestazioni offerte e delle modalità di azione e di comportamento previste.

Questo meccanismo di coinvolgimento nel processo è la soluzione migliore per assicurarsi che il servizio sia costruito attorno agli operatori oltre che agli utenti e che esso venga in seguito erogato nel modo più corretto, ma purtroppo questa strada non è sempre perseguibile. Ci sono moltissime situazioni, direi la maggior parte, in cui o per questioni di budget o per questioni di estensione del servizio (pensiamo ad esempio ad un servizio nel settore pubblico), l’operatore viene informato al termine del processo, nel momento dell’implementazione. È quindi questa la fase in cui è determinante agire da un punto di vista comunicativo per ottenere un comportamento adeguato nel successivo momento di erogazione.

Una possibilità è quella addestrare gli operatori attraverso dei corsi formativi. Indipendentemente però dal fatto che ci sia questo impegno formativo o meno, il designer può progettare degli strumenti che supportino queste persone nel comprendere quale sia il loro compito e come svolgerlo.

Questi stessi strumenti diventano indispensabili in una situazione in cui una vera e propria formazione degli operatori non esiste. Pensiamo all’eventualità che venga apportata una modifica sostanziale ad un servizio già esistente e funzionante: prima di procedere con la messa in atto della modifica prevista, sarà necessario comunicare il cambiamento agli operatori, e questo, nella maggior parte dei casi, potrà essere fatto solamente attraverso degli appropriati artefatti comunicativi.

Page 68: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

offering map

actors’ map

evidences

use cases templatesguide-lines role script

a<<

b<<>>

>>

storyboard

training

metaphor

=

122 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 10 notes 0 123

contesto

sistema

offerta

interazione

fattibilità

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Formazione del personale: contenutiMa cosa deve essere comunicato all’operatore? Se pensiamo da un

lato alla complessità del servizio nella sua totalità e dall’altro al ruolo degli operatori, appare evidente come non sia necessario e nemmeno opportuno che essi conoscano ogni aspetto nel dettaglio.

Le persone che formano il cosiddetto front-line staff sono la faccia dell’organizzazione: allo scopo di offrire esperienze piacevoli e soddisfacenti all’utente, è fondamentale assicurarsi che il personale che si interfaccia con lui sia ben preparato e selezionato.

Detto ciò, gli strumenti progettati devono porre l’operatore nelle condizioni di sapere cosa deve fare e di riuscire a svolgere quelle attività nel migliore dei modi. Questo significa che essi devono conoscere e apprendere in modo specifico quali sono le modalità d’interazione, qual è l’offerta del servizio e come è strutturato il sistema. La comunicazione affronterà quindi questi tre temi con un livello di dettaglio sufficientemente approfondito, come specificato nel modello a lato.

Nel caso l’addestramento del personale venga risolto attraverso dei percorsi formativi, i vantaggi sono moltissimi. In questo caso infatti si ha un controllo immediato delle singole persone e di come apprendono le informazioni trasmesse. La formazione è inoltre in grado di abbracciare tutti i contenuti necessari per fornire un quadro completo del mondo in cui queste persone si troveranno ad operare. La formazione è infine uno strumento basato sull’interazione e sul contatto tra individui, elemento identificato come il metodo migliore per apprendere e assumere dei comportamenti.

Qualora non vi sia questa possibilità, l’impresa diventa ardua, proprio perchè si ha a che fare con il comportamento umano. Però, allo stesso tempo, il ruolo di questi operatori è così centrale nel determinare l’esperienza dell’utente, che il progettista non può trascurare in alcun modo nessun aspetto della comunicazione ad essi rivolta; assicurandosi innanzi tutto che il passaggio delle informazioni necessarie avvenga.

Al contrario, come emerge dalla ricognizione eseguita nel mondo degli strumenti esistenti, il tema della comunicazione agli operatori è un aspetto poco trattato e sicuramente poco progettato. Esistono dei tentativi in questo senso rappresentati dalla costruzione di storyboard, di templates, di role script e di linee guida.

Gli strumenti esistenti riescono ad indicare all’individuo un comportamento?

Prima ancora di parlare di modalità comunicative, ci chiediamo se questi strumenti siano in grado di trasmetterre, di raccontare, di rappresentare i contenuti qui illustrati. Probabilmente il progettista, proprio come nel caso della comunicazione all’utente, non deve affidarsi unicamente agli artefatti comunicativi in quanto tali, ma il discorso può essere esteso verso tutti quei dispostivi e quelle strutture che permettono all’operatore di svolgere la propria attività. A maggior ragione, ancora una volta, se si desidera che queste informazioni o conoscenze non siano un qualcosa che giunge dall’alto, ma che nascano da forme di co-produzione e qundi di comunicazione trasversale.

Page 69: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

124 text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 1 tools 0 notes 1 125Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

1. P. Simpson in S. Parker, J. Heapy (2006)

Formazione del personale: effettiPeople are people, the only difference between a person working here and a person not working here is that we’re paing for them.

1

Partendo dal presupposto che la qualità dell’interazione è fondamentale e che in questo senso le relazioni che si formano tra il personale e gli utenti sono di primaria importanza, procediamo con l’analisi delle finalità che il designer deve avere in mente progettando gli strumenti rivolti all’operatore. Il controllo degli effetti della comunicazione sul personale è essenziale perchè queste reazioni vanno a determinare l’atteggiamento e il comportamento stesso assunto da questi individui.

L’obiettivo principale è riuscire a supportare queste persone nello svolgere al meglio il loro ruolo professionale, ciò significa che l’hub -se vogliamo così definirlo- di richiamo è il livello comportamentale. L’operatore viene messo nelle condizioni di prendere delle decisioni, questo appunto come elemento di base nel determinare gli altri effetti della comunicazione, non di secondaria importanza.

Per agire sul livello energetico è indispensabile a priori un controllo sugli effetti emotivi teso ad evitare che il personale sia oggetto di frustrazioni legate al proprio ruolo o al tipo di comunicazione a lui destinata. Un esempio in questo senso è offerto dal caso di Starbuck’s, il cui personale viene addestrato e monitorato così assiduamente nello svolgimento della propria attività da provocare una sensazione negativa di controllo sull’individuo da parte dell’organizzazione. Quindi è opportuno supportare e dialogare con il personale, ma nel rispetto e nella valorizzazione delle capacità individuali, al fine di evitare di evitare questo senso di frustrazione controproducente rispetto all’interazione con l’utente. Non stiamo più parlando di una forma di comunicazione puramente informativa, ma di qualcosa che entra a diretto contatto con l’emotività della persona e con le sue capacità operative.

Quindi ricapitolando l’operatore deve essere messo nelle condizioni di assumere uno specifico comportamento; per farlo è necessaria una determinata predisposizione emotiva; il risultato finale è l’approdare ad un livello riflessivo tale per cui l’operatore sa come prendere queste decisioni, ha fatto propri quegli elementi e li ha trasformati in solide conoscenze.

Pensiamo ad un semplice artefatto come può essere un template che descrive all’operatore come interagire con l’utente: grazie ad esso l’operatore saprà quali sono le parole esatte che dovrà utilizzare, ma potrebbe sentirsi piuttosto sminuito per la mancanza di fiducia dell’azienda nelle proprie capacità; utilizzerà infine questo strumento come supporto all’azione ogni volta che si presenterà la situazione descritta nel template, nella speranza che il rischio di una situazione imprevista sia minimo. È questo ciò che desideriamo o possiamo progettare di meglio?

Sulla base di queste osservazioni, possiamo riconoscere che fornire all’operatore le adeguate informazioni e l’adeguato supporto ha immediatamente un risvolto positivo anche sul suo livello emotivo.

Quanto più gli operatori sono informati e formati, tanto più si sentono parte del sistema e motivati nello svolgere bene il loro compito per apportare qualità nell’esperienza dell’utente.

Un elemento fondamentale su cui agire è proprio quello della motivazione:

Non è tanto significativo dire alle persone cosa devono fare, quanto spiegare loro perchè è importante che lo facciano.

Solo una comprensione delle ragioni profonde può infatti spingere questi operatori a modificare il proprio comportamento in modo permanente: così come è emerso durante l’incontro con Toke, è più importante spiegare loro il perchè di ciò che devono fare rispetto a il che cosa. Come il designer può quindi rispondere a queste nuove esigenze?

Page 70: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

126 text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 1 tools 10 notes 0 127

L’operatore è in genere il destinatario di una quantità incredibile di materiale informativo, a cui si affida lo scopo di raccontargli qual è l’offerta del servizio e come egli deve svolgere la propria attività.

Vediamo questi strumenti anche all’interno della mappa: guidelines, templates, role script fanno parte di questa mole di materiale informativo atto a far capire all’operatore com’è strutturato il servizio e come interagire con l’utente. Tutti strumenti incentrati sulla comprensione simbolica e oltretutto spesso composti con un linguaggio tutt’altro che accessibile.

Bisogna evitare che le indicazioni date all’operatore rimangano dei valori astratti, sentenze sulla mission dell’organizzazione che queste persone dovrebbero fare proprie o lunghe descrizioni testuali dell’attività, tutto materiale che si accumula inutilizzato nelle cartelle personali.

Una prima ipotesi per capire come può essere migliorato questo processo comunicativo è quindi quella di attribuire all’operatore un ruolo attivo nella comunicazione, per accentuare il coinvolgimento e riproporre delle situazioni simili a quelle formative in senso tradizionale. Strumenti comunicativi capaci di differenziarsi, per la loro funzionalità, dalla baraonda di materiali in cui gli operatori sono sommersi, strumenti che diventino, ad esempio, veri e propri supporti nel momento di erogazione, integrando la comunicazione nei dispositivi utilizzati per l’ interazione con l’utente o per lo svolgimento delle attività.

Ma questa è solo un’indicazione, in realtà il problema è ancora più radicato e coinvolge le modalità espressive utilizzate per comunicare. In effetti se pensiamo al personale di servizi dall’estensione enorme, come un servizio pubblico, è difficile immaginare che questi individui siano così intenzionati ad assumere un atteggiamento attivo nei confronti della comunicazione proposta. E questo non vale certamente solo per i servizi pubblici.

D’altronde, anche gli strumenti che agiscono attraverso il far vedere, stentano ad assumere un’importanza decisiva. Essi hanno il vantaggio di mostrare, e quindi di attivare dei meccanismi più immediati di ricezione del messaggio, ma cosa mostrano? E come?

Rimane la formazione, strumento dall’efficacica indiscussa, ma come può essere “sostituito” quando non è possibile per ragioni di estensione e di budget?

Mi sembra necessario procedere individuando nuovi strumenti, da un lato innovativi per il tipo di relazione che riescono a stabilire con l’interlocutore e dall’altro lato innovativi per le modalità con cui mostrano, raccontano, descrivono il servizio. Nel cercare quali siano queste nuove opportunità, mi sembra utile considerare l’importanza dell’aspetto motivazionale, perchè la conoscenza delle ragioni che stanno alle spalle delle singole azioni, è fondamentale affinchè queste persone si creino un modello mentale del servizio.

Ma cosa significa costruire il modello mentale del servizio?

Forse più che una rappresentazione o un racconto per casi, che è il metodo più diffuso, dovrebbero essere concepiti nuovi strumenti in grado di trasmettere questo modello senza vincolarlo alle singole situazioni. In questo senso tutte le evidenze e i punti di contatto con il servizio possono fornire un importante appiglio anche nella comunicazione all’operatore, perchè sono gli strumenti e i mezzi che lui stesso utilizza per interagire con l’utente e che danno visibilità al processo, alle sue azioni e alle loro dirette conseguenze.

training

use cases

storyboard

evidencesoffering map

guide-lines

role script

a<<

b<<>>

>>

templates

metaphor

=

actors’ map

far fare

far capire

far vedere

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Formazione del personale: modalità

Page 71: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

text 1 pictures 3 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 2

3. Il menù di navigazione attraverso cui è possibile accedere ai diversi contenuti

129128

DOMUS ACADEMYLA PERLA

Proprio per queste ragioni è apparso fondamentale riuscire a tradurre in un’esperienza le qualità distintive riconosciute come valori del mondo LaPerla.

In una situazione diffusa in cui si tende a non riconoscere la dovuta importanza all’operatore a contatto con l’utente e in cui gli strumenti di comunicazione a lui destinati sono privati di qualsiasi elemento progettuale e considerati oggetti di scambio interno, questo video, costruito appositamente per raccontare all’operatore dei valori e delle azioni, diventa un esempio assolutamente interessante.

Nell’ambito della ricerca sui temi della progettazione e della comunicazione del servizio, i punti di riferimento in Italia sono sicuramente rappresentati dal Politecnico di Milano e da Domus Academy. Il Politecnico, in quanto ente universitario, è totalmente o quasi totalmente orientato verso l’aspetto accademico, viceversa Domus Academy pone le sue competenze a disposizione delle aziende esterne, fornendo un’attività di ricerca e consulenza mirata.

In questo panorama, molte sono state le occasioni per Domus Academy di affrontare la progettazione e l’innovazione nel mondo dei servizi e diversi sono stati i casi in cui si è affrontato il tema della comunicazione verso gli operatori.

Tra le diverse esperienze, quella qui illustrata è piuttosto rilvante perchè esemplificativa di come il momento della comunicazione agli

operatori non sia solo un’occasione per trasmettere indicazioni rispetto alle attività da svolgere o ai comportamenti da assumere, ma anche un’opportunità per raccontare i valori legati al servizio.

La consulenza di Domus Academy è stata richiesta dal gruppo LaPerla con lo scopo di migliorare l’esperienza d’acquisto all’interno dei propri punti vendita. Questo obiettivo è stato raggiunto mediante un duplice intervento, composto da un aspetto di riorganizzazione dello spazio all’interno del punto vendita e da un aspetto di formazione del personale al servizio della clientela.

Un intervento quindi teso a riprogettare i principali elementi coinvolti nella percezione del servizio da parte dell’utente, quello strutturale e quello di interazione con il personale stesso. Il filo condurre è da rintracciare nella codifica iniziale dei valori del marchio

e nel tentativo di trasfromarli in opportuni prinicipi di organizzazione del luogo e in opportune regole di comportamento per le commesse.

I nuovi spazi progettati per la vendita sono luoghi che con-tribuiscono maggiormente al processo stesso di vendita, attraverso la loro capacità di comunicare mediante il visual merchandising, mediante le strutture e il sistema organizzativo e soprattutto mediante il personale.

Riconosciuto questo ruolo centrale dello staff che lavora a diretto contatto con i clienti, proprio come in ogni servizio basato sull’interazione faccia a faccia, è stato progettato questo video per la formazione delle commesse in conformità con i valori individuati. Questo strumento, suddiviso in sezioni che definiscono le diverse tematiche che devono essere illustrate ed assimilate dal personale, ha sicuramente il merito di raccontare attraverso un percorso visivo una serie di comportamenti, di attività e di valori.

La scelta di una modalità di rappresentazione così figurativa e di un racconto altrettanto dettagliato nelle descrizioni è emblematica dello scopo formativo di questo strumento. Formare, quindi, facendo vedere.

Nel momento dell’acquisto, a tutti gli aspetti che caratterizzano il luogo e il personale, si sommano gli elementi di comunicazione promozionale e informativa, come i cataloghi o i poster. Tutti questi elementi nel loro complesso concorrono nel trasmettere alla clientela le caratteristiche ed i valori su cui è fondato il marchio e tutti questi elementi rappresentano simultaneamente, all’interno del punto vendita, il maggiore contatto del consumatore con il marchio stesso.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

21 3

1-2. Frames estratti dal cd rom

Page 72: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

text 1 pictures 2 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 1

1-2. Immagini che ritraggono un’infermiera del BUPA Hospital di Birmingham durante due diversi momenti di contatto con i pazienti, diretto e telefonico

131130

STAFF TRAININGBUPA HOSPITALS

La formazione del personale diventa un tema rilevante proprio nelle situazioni in cui il servizio è incentrato totalmente sulla relazione tra le persone dello staff e gli utenti.

Tra tutti i contesti possibili, probabilmente l’ospedale è uno di quelli che richiedono un’attenzione maggiore nella gestione di questo contatto, a causa degli elevatissimi interessi messi in gioco da parte degli utenti stessi. I membri del personale sono l’unico vero punto di riferimento all’interno della struttura ed è indispensabile che si crei un senso di fiducia assoluta nei loro confronti.

La percezione e il senso di fiducia del singolo individuo non dipendono unicamente dal personale; sono stati fatti moltissimi studi che mettono in evidenza come anche le strutture e gli strumenti utilizzati svolgano un ruolo fondamentale in questo senso. La stessa IDEO ha intrapreso con il progetto per il De Paul Health Center un ripensamento della disposizione degli elementi architettonici e delle informazioni in modo funzionale rispetto al paziente, per aumentare il suo senso di orientamento e la comprensione di ciò che succede attorno a lui. Sicuramente è utile lavorare sulla struttura del luogo e su una maggiore trasparenza del sistema, ma non solo.

Il gruppo ospedaliero inglese BUPA si è sempre mostrato molto attento a questo aspetto e all’utilizzo di strumenti comunicativi per creare un maggiore contatto con l’utente. Basta visitare il sito internet degli ospedali BUPA o vedere gli spot promozionali per rendersene conto: con un linguaggio semplice e non caratterizzato, BUPA ha creato dei personaggi immaginari davvero originali (costruiti attraverso le forme geometriche, quindi assolutamente astratti), e li ha utilizzati per raccontare alcuni aspetti del servizio, mostrando l’ospedale non come il luogo dove si va perchè si è malati ma come il luogo dove si possono trovare le soluzioni ai problemi quotidiani per vivere meglio.

Gli ospedali BUPA hanno lavorato moltissimo anche sulla formazione del personale, in particolare è stato chiesto a ciascun membro dello staff di rispondere alla domanda:

“If you were doing your job brilliantly, what would it look like?”

Sono stati così raccolti risultati molto interessanti e ci si è posti quindi il problema di come comunicare questo modello di comportamento senza ricorrere ad un rigido e inadatto set di indicazioni. Un elenco di descrizioni si sarebbe rilevato infatti di scarsa efficacia (vedi a questo proposito le osservazioni compiute rispetto alle modalità di comunicazione nei paragrafi precedenti).

I risultati di questa osservazione sul campo sono stati quindi trasformati in una serie di profili d’eccellenza, che ricoprono tutti i principali ruoli previsti dal personale, dai responsabili del servizio catering fino ai medici. Questi profili mettono in evidenza una serie di valori condivisi all’interno del gruppo e a cui le persone possono fare riferimento nello svolgere le proprie attività.

A ciascun membro dello staff è stata data la possibilità di accedere al profilo di eccellenza desiderato attraverso un sistema centrale in cui sono stati raccolti questi stessi profili. Più che definire delle liste specifiche di attività, questi profili sono dei soggetti a cui ispirarsi, rendendo molto più vicini e tangibili determinati valori che non possono essere insegnati attraverso un set di regole.

L’aspetto interessante contenuto in questa scelta è proprio quello di cercare di dare un volto a questi aseptti intangibili e di renderli veramente un punto di riferimento per le figure del personale, superando quelle forme di comunicazione tradizionalmente utilizzate con scarsa efficacia.

Tutti questi personaggi sono l’espressione, sotto forme diverse, di come, attraverso il proprio comportamento e le proprie attività, si lavori per un unico obiettivo, che è la mission dell’ospedale stesso: prendersi cura delle vite che si hanno tra le mani.

La stessa tecnica, basata su un’indagine presso il personale e l’individuazione di modelli d’eccellenza, è stata adottata anche da Tesco, la nota catena di supermercati. In questo caso è stato fatto uno sforzo enorme per raggiungere tutti i componenti dello staff e dall’analisi sono state estratte “four things we do for customers and six things we do for each other”. Al contrario in questo caso si è arrivati ad una lista corta e semplice da memorizzare, che si è subito diffusa tra tutto il personale di Tesco. Probabilmente in un contesto come quello dell’ospedale una lista veloce di aspetti sarebbe risultata una semplificazione poco credibile e troppo astratta, mentre risultava perfetta per i commessi dei supermercati. Non dimentichiamoci infatti che il progetto dello strumento comunicativo è strettamente legato al contesto e ai valori stessi su cui si fonda l’erogazione dello specifico servizio.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

21

Page 73: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

132 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 0 notes 1 133

erogazione

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

mettere in scena l’esperienza

Arriviamo infine a parlare di comunicazione all’utente.

Tutto ciò che è stato pensato, ideato, progettato e costruito rappresenta un valore che deve essere acquisito dall’utente.Uno dei temi da cui siamo partiti ragionando sulla comunicazione del servizio riguarda la sua componente intangibile, criticità questa che investe in modo rilevante il momento finale di messa in scenza dell’esperienza. La scarsa icogenia del servizio rende infatti complessa l’individuazione di strategie comunicative adeguate: come lo si può rappresentare? Come si può spiegare all’utente cos’è il servizio e quali prestazioni mette a sua disposizione?

Sperimentiamo ogni giorno in prima persona quanto i servizi siano spesso, molto spesso, mal comunicati, vivendo situazioni di disagio che condizionano profondamente la nostra percezione del servizio stesso; situazioni che potrebbero essere risolte attraverso un progetto adeguato degli aspetti comunicativi.

Questo accade con più frequenza nel servizio pubblico, ovvero quando l’utente non è più un individuo parte di un gruppo ristretto e noto a cui il servizio si rivolge, ma un’entità singola in una massa estesa e indeterminata di utenti. Per renderci conto di come cresca la difficoltà di fronte ad un pubblico indifferenziato, immaginiamo ad esempio quali diversi problemi incontreremmo nel comunicare un servizio di re-inserimento lavorativo per dirigenti altamente qualificati e nel comunicare viceversa un generico servizio per l’impiego.

Rispetto ai focus precedentemente descritti, questo è il caso in cui si presenta la maggiore difficoltà nell’identificare con precisione gli interlocutori, i quali sono spesso posti ad una significativa distanza cognitiva rispetto a progettisti ed ente erogatore, distanza che la comunicazione deve considerare e in qualche modo colmare.

Un primo aspetto rilevante è che questa fase di erogazione del servizio vede, più di ogni altra, la sovrapposizione tra il progetto del

servizio stesso e il progetto della comunicazione.

La comunicazione non si rivela solamente negli artefatti promozionali e informativi, ma le componenti stesse del servizio -gli elementi dell’interfaccia- diventano il canale attraverso cui esso comunica la propria esistenza, rendendo visibile l’esperienza offerta.

È quindi necessario distinguere, come ci ricorda Anceschi, tra la comunicazione promozionale del servizio, che passa attraverso i canali standard della promozione, quelli utilizzati per la comunicazione, ad esempio, di un prodotto ai consumatori, e la comunicazione legata invece alle fisicità del servizio, appunto l’interfaccia.

Iterface, zone, area, scene where interactions take place.Gli elementi che costituiscono l’interfaccia sono il luogo, inteso

come ambiente fisico e sensoriale che circonda l’utente, gli strumenti, ovvero gli oggetti e i dispositivi con cui egli entra in contatto, le informazioni, sia funzionali che simboliche, e le persone, gli operatori, contraddistinti da un preciso aspetto e comportamento.

Dal punto di vista dell’utilizzatore, l’immagine e l’identità del servizio, ciò che esso offre e come funziona, si concretizzano nell’interfaccia: ciò che egli sperimenta, vede e sente. L’utente è in grado di interagire con esso solo se tramite l’interfaccia si forma un modello mentale corretto del funzionamento del sistema.

1

1. G. Anceschi (1992)

Page 74: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

wayfinding

staff

metaphor

=

press release promotional sales on line - real time information

architecture

offering map

evidences

customer events advertising

identitynaming

133 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 13 notes 1 134

Considerando questo concetto della sovrapposizione tra strumenti legati alla fisicità del servizio e strumenti legati alla comunicazione in senso tradizionale, andiamo a definire quali sono i contenuti coinvolti nella messa in scena dell’esperienza.

Come abbiamo già visto in altri casi, all’utente non interessa conoscere tutto ciò che è il servizio, tanto meno in modo dettagliato.

Le lunghe catene che l’utilizzatore non vede sono presenti nella macchina e nella situazione, ma vi sono ripiegate, si fanno piccine perché tutto funzioni, non c’è dunque bisogno che vengano esplicitate.

Il sistema che opera dietro le quinte per garantire che sia possibile l’erogazione non è quindi un oggetto che rientra nella comunicazione all’utente, se non come indicazione generale riguardo all’esistenza di un ente erogatore con determinate caratteristiche.

Ad esempio se Regione Lombardia eroga delle borse di studio, è importante che l’utente identifichi la struttura che sta alle spalle del beneficio che riceve, in un’ottica di trasparenza del servizio, nulla di più. In altri casi l’esigenza di comunicare il sistema che supporta l’erogazione può invece essere legata alla volontà di creare un universo di valori attorno all’esperienza stessa, diventando una scelta strategica consapevole.

La comunicazione verterà principalmente attorno a due assi, quello dell’offerta, affinché l’utente si faccia un’idea chiara delle prestazioni messe a sua disposizione, e quello dell’interazione, affinché l’utente capisca come accedere a queste prestazioni. Offerta ed interazione saranno quindi gli oggetti della comunicazione trattati ad un livello specifico e sono proprio questi gli elementi che concorrono alla costruzione del modello mentale di funzionamento del servizio.

Osservando la mappa, notiamo due strumenti fondamentali che risultano trasversali rispetto ai contenuti, il naming e l’identità del servizio.

Non potendo sempre fare affidamento sull’esistenza di un prodotto fisico di riferimento, attribuire al servizio un nome e conferirgli un’identità visiva diventa fondamentale per assicurarne la visibilità e la riconoscibilità da parte del pubblico. L’identità aziendale nasce proprio nel mondo dei servizi, per supportare la loro comunicazione: uno dei primi casi di progetti di immagine coordinata è proprio quello di Agip, che ha utilizzato una forte caratterizzazione visiva per assumere riconoscibilità agli occhi del pubblico.

contesto

sistema

offerta

interazione

fattibilità

Esistono poi una serie di strumenti, prettamente legati all’interfaccia del servizio, che sono un importante canale per la trasmissione di contenuti relativi alle modalità di interazione, pensiamo ad esempio al potenziale comunicativo proprio dei sistemi di segnaletica, delle architetture (sia fisiche che virtuali), oltre che delle evidenze del servizio e dello staff che lo eroga. Tutti elementi che parlano all’utente, dicendogli sia come relazionarsi con il servizio che quali sono le prestazioni offerte.

Spostandoci sul versante dell’offerta, compaiono una serie di artefatti di tipo informativo, tra cui ricordiamo la mappa dell’offerta, e artefatti promozionali, siano essi comunicati stampa, inserzioni pubblicitarie, occasioni promozionali, eventi aperti al pubblico.

Mentre l’interazione si avvale di strumenti molto efficaci dal punto di vista comunicativo, perchè, se ben progettati, intervengono in modo puntuale nel momento in cui l’utente ha la necessità di entrare in contatto con il servizio, per quanto la comunicazione delle prestazioni, è evidente la difficoltà nel raccontare questi contenuti così poco iconici.

A testimonianza di tutto ciò, l’utilizzo di una grande quantità di materiale informativo nel tentativo di raggiungere l’utente e di spiegargli opportunità, offerte, prestazioni, impegni, e così via. Pensiamo a tutti i materiali di questo tipo che vediamo entrando in una banca: bacheche che straripano di volantini, brochures, locandine e quant’altro possa descrivere offerte e promozioni di ogni genere. Non possiamo non interrogarci rispetto all’effettiva efficacia di questo genere di artefatti a cui però è affidato un importante compito.

Il materiale informativo che sommerge ogni bacheca di qualsiasi servizio difficilmente stabilisce un contatto con il pubblico a cui è rivolto.

Non pensiamo quindi di risolvere i problemi di comunicazione del servizio continuando a produrre altro materiale informativo di questo tipo; disegnare la comunicazione del servizio è molto di più, significa saper utilizzare in modo coerente ed integrato gli strumenti tradizionali da un lato e tutte le componenti messe a disposizione dall’interfaccia dall’altro per trasferire i valori e il modello di fruizione all’utente.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Mettere in scena l’esperienza: contenuti

2

2. D. Boullier in A. Semprini (1992)

Page 75: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

136 text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 1 tools 0 notes 1 137

PERSON

E

PERSON

E

INFORMAZIONI

LUOGHI

INFORMAZIONI

LUOGHI

DISPOSITIVI

We are tired of being treated as nobodies with no personalty by monolithic insitutions, we want to be recognised and understood.

Al progettista spetta il compito di tutelare il benessere dell’utente controllando i risvolti comunicativi di tutti gli elementi che compongono l’interfaccia.

Un secondo livello è rappresentato dal tentativo di controllare attraverso la comunicazione lo sviluppo di specifici stati emotivi, ritenuti significativi per vivere in un determinato modo l’esperienza. Le scelte comunicative possono infatti produrre una serie infinita di sfumature emotive, ed è importante individuare qual è quella desiderata e su quella strutturare la comunicazione. Cambia totalmente la prospettiva, ad esempio, se desideriamo che gli utenti del nostro albergo si sentano dei divi holliwoodiani o i membri di una comune. Il livello emotivo risulta quindi fondamentale come primo effetto che pone le basi per la costruzione del modello mentale del servizio da parte dell’utilizzatore, condizionando quindi anche i successivi momenti che riguardano l’aspetto comportamentale e quello cognitivo.

Nel caso di servizi simili ad altri già noti il processo di costruzione del modello mentale avviene molto più agevolmente perchè l’utente ha dei punti di riferimento che guidano la costruzione del modello stesso. Non si può dire lo stesso per i casi invece che vedono coinvolti servizi innovativi. In questi casi la costruzione del modello mentale avviene gradualmente ed è legata alla reazione emotiva scaturita dall’interazione, alla possibilità di comprendere qual è il proprio ruolo e come è strutturato il sistema, ovvero come agire a livello comportamentale e infine, si arriva ad avere un modello mentale vero e proprio quando l’utente ha fatto proprie queste conoscenze, ha compreso il servizio ed è assolutamente in grado di agire al suo interno.

Quante volte ci siamo lamentati di un servizio. Quante volte siamo diventati irascibili dopo aver parlato con un operatore che non comprendeva affatto le nostre ragioni, quante volte abbiamo sbagliato direzione in un luogo pubblico o fatto la fila sbagliata.

La percezione dell’esperienza vissuta è determinata dall’impatto emotivo che essa ha sull’individuo.

Come ci suggerisce il termine stesso utente, derivato dal latino uti, servirsi, ciò che ci aspettiamo dal servizio è proprio questo, che ci offra un supporto costruito attorno a noi utilizzatori. Sempre di più, nel corso dell’evoluzione di questa disciplina è stato attribuito all’individuo un ruolo centrale, sempre più è stato considerato la persona di cui assicurarsi il benessere e la soddisfazione. Francesco Marsciani ne Il Senso delle Cose, illustra molto bene questo orientamento verso la centralità dell’utente, descrivendo la transizione attraverso la metafora dell’evoluzione della poltrona del dentista: da semplice paziente, l’individuo diventa una persona a tutto tondo, con i suoi sentimenti, i suoi timori e i suoi stress.

La comunicazione deve orientare i suoi sforzi prima di tutto verso l’aspetto emotivo, per garantire questa percezione del servizio costruito attorno all’individuo ed evitare qualsiasi tipo di situazione di disagio che possa condizionarne negativamente l’esperienza. Un primo livello, che riguarda le reazioni emotive, è quello relativo alla predisposizione di situazioni in cui l’utente si sente a proprio agio, condizione indispensabile per consentire l’accesso al servizio e lo sviluppo di un’immagine positiva di esso. Immaginiamo che una mamma porti suo figlio nel nuovo centro per l’infanzia della città, in questo caso non sono tanto importanti le informazioni che vengono fornite quando giunge sul luogo per la prima volta, quanto il senso di accoglienza, di sicurezza e di comfort percepibile attraverso l’ambiente e le persone che lo gestiscono.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

3

3. S. Parker, J.Heapy (2006)

Mettere in scena l’esperienza: effetti

Page 76: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

on line information

architecture

wayfindingevidences

staff

real time information

offering map

promotional sales

customer events

press release

advertising

metaphor

=

naming

p.27-33

138 text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 1 tools 13 notes 0 139

PERSON

E

PERSON

E

INFORMAZIONI

LUOGHI

INFORMAZIONI

LUOGHI

DISPOSITIVI

A causa della sovrapposizione tra elementi di comunicazione tradizionale ed elementi di comunicazione attraverso l’interfaccia, l’utente passa continuamente da un livello di coinvolgimento all’altro. Da situazioni in cui è soggetto passivo, a situazioni in cui è assoluto protagonista dello scambio comunicativo, attraverso tutto ciò che stabilisce l’interazione con il servizio.

Questa prima osservazione ci porta a capire come il designer abbia a disposizione un grande potenziale comunicativo, rappresentato da tutti gli strumenti, i dispositivi, le strutture con cui l’utente entra in contatto per poter accedere ed usufruire del servizio. Sono proprio questi elementi dell’interfaccia, questi punti di contatto e queste evidenze, i mezzi più interessanti attraverso cui progettare la comunicazione.

Una tendenza sempre più sviluppata è inoltre quella che considera il momento dell’erogazione come il momento in cui ha veramente luogo la co-produzione del servizio: produzione e consumo avvengono simultaneamente e avvengono perché viene data la possibilità all’utente di comunicare con il sistema, attraverso strumenti di dialogo.

Il modello della co-produzione del valore fa riferimento proprio alla possibilità di prevedere gradi diversi di mobilitazione da parte dell’utente, che corrispondono al riconoscimento di nuovi valori in gioco nella relazione.

L’opportunità è quella di formulare delle offerte e progettare delle modalità di interazione che siano in grado di attivare la partecipazione dell’utente attraverso la valorizzazione delle sue risorse.

E quando si ha a che fare con queste situazioni di co-produzione, la comunicazione diventa un perno attorno a cui strutturare il servizio stesso. Ma procediamo con ordine, partendo dall’idea di comunicazione del servizio come un progetto totale che coinvolge artefatti e interfacce, per poi andare a vedere in seguito cosa succede quando, oltre a tutto ciò, la comunicazione diventa elemento trasversale per consentire questa co-produzione.

far fare

far capire

far vedere

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

Mettere in scena l’esperienza: modalità

Page 77: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

Entrando nel merito delle modalità espressive utilizzate nel momento dell’erogazione per comunicare all’utente e costruire il suo modello mentale, emergono diverse questioni critiche.

Innanzitutto, come è possibile osservare nella rappresentazione degli strumenti nella precedente mappa relativa alle modalità espressive, si assiste ad una sovrapposizione tra le diverse aree. Tale distinzione non è più così chiara proprio perchè questi strumenti sono collocati in una situazione molto più immersiva, che è quella della messa in scena dell’esperienza. I diversi livelli si sovrappongono quindi e si fondono in strumenti che sono contemporaneamente elementi di visibilità del servizio, strumenti di interazione e canali per la comprensione.

Prendiamo ad esempio in considerazione il luogo, fondamentale dal punto di vista della percezione da parte dell’utente, intendendo per luogo l’ambiente fisico o virtuale dove avviene l’esperienza del servizio. All’interno del luogo agiscono una serie di strumenti -l’architettura, gli oggetti, i supporti, la segnaletica- elementi che diventano canali attraverso cui mostrare il servizio e allo stesso tempo strumenti per direzionare le azioni degli individui e infine, tutti insieme, si rivelano indispensabili per far capire quali sono le possibilità offerte dal servizio stesso e come esso funziona.

Il nostro comportamento viene influenzato e modellato dall’ambiente in cui ci troviamo.

Tutti gli aspetti che compongono questi luoghi andranno quindi gestiti nel migliore dei modi per direzionare gli effetti emotivi che guidano la percezione degli individui:

People get psychologically managed by rooms and corridors to adopt behaviour that suit the organisations and support its systems.

Come dicevamo si intrecciano tecniche e modelli che utilizzano la modalità del far vedere, con quelli che utilizzano la modalità del far capire e quelli che agiscono attraverso il far fare. Prendiamo come esempio l’aspetto segnaletico: la modalità utilizzata per comunicare è senz’altro quella far fare, la segnaletica ci dà delle indicazioni che orientano il nostro movimento. La segnaletica è anche un modo che agisce attraverso il far capire, perchè ci dà dei riferimenti rispetto al sistema con cui siamo entrati in contatto e ci aiuta a costruire un modello mentale di come esso è organizzato. La segnaletica è infine qualcosa che mostra, dando visibilità alle funzioni e alle prestazioni offerte dal servizio.

Il far vedere, e quindi la componente iconica, ha sicuramente una grande importanza nel dialogo con l’utente, per la necessità di dare tangibilità e visibilità al servizio. In questo senso agiscono sia gli strumenti più legati all’aspetto promozionale, come le campagne pubblicitarie, i comunicati stampa, gli eventi e le promozioni, sia gli strumenti come le evidenze che trasformano i concetti e le performance su cui è basata l’erogazione del servizio in oggetti tangibili, per aiutare proprio l’utente a visualizzare meglio quali sono queste performance e a sentire il servizio più vicino, più a diretto contatto con l’individuo.

L’aspetto indicale, rintracciabile in tutto ciò che si colloca nell’area del far fare, è fondamentale perchè l’utente non fa già parte del servizio, come ad esempio l’operatore, e quindi è solo attraverso i fattori comunicativi che può riconoscere il suo ruolo e scoprire come relazionarsi con il mondo che lo circonda. L’indicalità può emergere in forme anche molto diverse tra loro; possiamo ritrovarla in un pannello segnaletico, così come nella configurazione di uno spazio, così come nel look identificativo dell’operatore, tutto ciò che stabilisce una relazione tra utente e servizio.

Parlando infine di come la comunicazione possa essere finalizzata ad un far capire, non possiamo non porre l’accento sul fatto che l’utente ha un proprio universo semantico e cognitivo che deve essere rispettato per garantire l’accessibilità alle informazioni e al servizio stesso.

Il potenziale significante di un messaggio è tanto più facilmente individuabile e socialmente ripetibile nelle diverse occasioni d’uso, quanto più convenzionali e socializzati sono i codici che ne governano i segni.

Queste osservazioni non risultano affatto scontate nel panorama che attualmente ci circonda. Sembra che manchi da parte di chi progetta i servizi e la loro comunicazione il possesso di queste conoscenze e che la comunicazione rivolta all’utente venga affidata più alle regole ereditate dal mercato dei beni commerciali che ai nuovi concetti di esperienza e di servizio. Il risultato è la produzione di una grande quantità di materiale comunicativo che esiste senza aver individuato un destinatario a cui rivolgersi, materiale in cui il linguaggio specialistico dell’organizzazione si mescola al linguaggio comune degli utenti dando vita a messaggi indecifrabili.

Ma la comunicazione del servizio è una chiave fondamentale per dar vita ad un’esperienza che sia realmente soddisfacente per l’individuo. Non possiamo trattarla con tale superficalità.

In questo senso la comunicazione verso l’utente deve ancora individuare e perfezionare dei mezzi propri, che sappiano rispondere alle specifiche esigenze legate alla comunicazione del servizio.

Si apre un mondo, che molti studi e agenzie di comunicazione stanno iniziando ad esplorare, che coinvolge aspetti di orientamento visivo-simbolici e aspetti di identità, integrati e finalizzati alla comunicazione dell’esperienza.

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1. Moodboard di presentazione del progetto di immagine coordinata che mostra l’utilizzo del colore come elemento che conferisce identità e visibilità del servizio.

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IDENTITÀ E SERVIZIOPOSTE ITALIANE

Poste Italiane risulta sicuramente un caso significativo per mostrare alcuni aspetti rilevanti che coinvolgono la sfera della comunicazione all’utente e per dimostrare quanto l’aspetto comunicativo sia integrato nel servizio e sopratutto nell’esperienza di interazione con esso.

Parlare di Poste Italiane è interessante anche perchè il caso è a tutti noto: ognuno di noi ha sperimentato il servizio, non una, ma più e più volte, e soprattutto ognuno di noi ne ha sperimentato il rinnovamento. E infatti il racconto di questo caso non può che partire dal momento in cui, qualche anno fa, il servizio è passato da pubblico a privato e ha rilanciato quasi completamente la propria offerta, accostando al servizio postale un vero e proprio sistema bancario.

Il cambiamento a livello di organizzazione del servizio è stato accompagnato da un rinnovamento totale dell’aspetto comunicativo,

necessario per dare evidenza alla trasformazione avvenuta e per supportare nel modo migliore le esigenze legate alle nuove prestazioni offerte.

Interessante è poter valutare come agiscono le diverse forme di comunicazione in un caso, come questo, che porta ad una innovazione rispetto al modello precedente, perchè l’obiettivo è quello di riuscire a trasmettere al pubblico un vero e proprio modello mentale.

Il primo passo in questa direzione è rappresentato dal rifacimento dell’immagine coordinata di Poste Italiane, con un progetto che mira alla creazione di una forte identità per rendere molto più visibile la sua presenza capillare sul territorio e per esprimere il salto di qualità del servizio, lasciandosi il più possibile alle spalle l’immagine del vecchio e inefficente servizio postale italiano.

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

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4. S. Parker, J.Heapy (2006)5. G. Bettetini (2003)

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2. Le immagini, proposte nei luoghi di erogazione del servizio e declinate sui diversi materiali informativi, contribuiscono alla comunicazione dei nuovi valori e della nuova immagine del servizio postale, incentrata sul concetto di solidità del sistema.3. I luoghi hanno rivoluzionato completamente il loro aspetto visivo e strutturale per migliorare sia la loro funzionalità sia il tipo di esperienza proposta all’utente

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Gli elementi dell’immagine coordinata hanno investito ogni luogo, strumento, dispositivo coinvolto nell’erogazione del servizio, creando un sistema d’identificazione estremamente omogeneo e riconoscibile.

L’identità visiva non è basata solamente sull’uso dei colori e del logotipo, ma anche sul tipo di immagini proposte. Si alternano in particolare immagini che raffigurano ambienti naturali perfetti, che conferiscono quest’idea positiva di solidità del sistema, ad immagini che ritraggono le persone (sia operatori che utenti) nel tentativo di trasmettere l’idea di un servizio costruito attorno ai singoli individui.

Osserviamo inoltre come, nel progettare gli elementi comunicativi che caratterizzano l’interazione con il luogo e con le persone, sia stata garantita l’accessibilità del servizio, attraverso l’abolizione di ogni tipo di barriera fisica, psicologica o cognitiva. Ecco come sono comparse

queste ampie vetrate, che rendono visibile l’interno dalla strada e invitano all’ingresso. Ecco perchè sono scomparsi invece i vecchi sportelli, in cui utente e operatore dialogavano attraverso la fessura di un vetro.

Ed ecco ancora perchè è comparsa la segnaletica, che adottando un linguaggio in parte verbale e in parte simbolico, cerca di posizionare le diverse funzioni all’interno del luogo e di orientare il movimento dell’utente.

La necessità, in particolare, a cui ha risposto il progetto di segnaletica, è quella di comunicare la presenza di nuove prestazioni offerte dal servizio, distinguendo le aree destinate all’erogazione dei servizi bancari dalle aree destinate all’erogazione dei servizi postali.

Sicuramente in termini di orientamento spaziale e di organiz-zazione del luogo, sono stati fatti enormi passi in avanti rispetto al modello precedente, apportando un miglioramento nell’esperienza stessa da parte dell’utente e nella percezione del servizio. Questo non significa aver raggiunto un risultato perfetto, anzi, possiamo mettere in evidenza alcune problematiche sollevate proprio dal nuovo progetto comunicativo, fissando una serie di punti per una riflessione futura. A conferma di tutto ciò, l’esperienza di ognuno di noi può testimonare che orientarsi nelle nuove Poste non è un’impresa così semplice.

Dal punto di vista della comunicazione sul luogo, evidenziamo il problema legato alla denominazione dei servizi, che è fondata su una terminologia ricca di possibili fraintendimenti e pericolose sovrapposizioni di concetti, uno tra tutti l’esempio della distinzione tra Prodotti Postali e Prodotti BancoPosta.

Il secondo punto che vorrei sottolineare è che ancora una volta la comunicazione destinata ad informare l’utente sull’offerta del servizio e ad orientarlo nel sistema è improntata sulla produzione e distribuzione di un enorme quantitativo di materiale cartaceo (opuscoli, piccoli depliant, locandine). Tutti strumenti la cui efficacia risulta poi compromessa dalla quantità e dalla incapacità di stabilire un contatto conl’utente stesso. In questo senso potrebbe essere fatto molto, e soprattutto nell’ottica di dare al singolo cittadino la possibilità di formare un modello mentale proprio del servizio in questione (essendo un caso, quella di Poste Italiane, in cui proprio l’offerta ha subito un radicale rinnovamento e una nuova articolazione).

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

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4. L’abolizione degli sportelli e la predisposizione di una segnaletica rendono il servizio più accessibile e usabile da parte dell’utente.

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RED - DESIGN COUNCILHEALTH

essere definiti forse meglio come piattaforme per lo scambio di informazioni e conoscenze, più che come artefatti comunicativi in senso stretto.

Questo è un ambito di progettazione emergente. Le riflessioni sulle modalità precedentemente effettuate rappresentano un possibile punto di partenza per una ricerca molto più approfondita sui meccanismi che si attivano in situazioni di co-produzione del servizio e di comunicazione trasversale. Quali sono gli elementi che rendono lo scambio bi-direzionale? Quali sono gli strumenti che incentivano e rendono possibile questi processi? Cosa significa co-produrre il servizio? Quest’ultimo caso apre quindi un capitolo che ancora non è stato scritto e di cui ora non ci occuperemo, ma che sarebbe interessantissimo approfondire per scoprire cosa accade quando la comunicazione è puro scambio di conoscenze tra soggetti e come il designer può gestire questi scambi.

Vorrei concludere questo lungo percorso tra riflessioni teoriche e casi reali con un questo esempio tratto ancora una volta dal lavoro di Design Council, anche se, almeno in apparenza, con la comunicazione ha ben poco a che vedere. In realtà è solo una sensazione, perchè questo ultimo tassello vuole mostrare proprio come la comunicazione, e gli strumenti comunicativi in particolare, possono veramente essere integrati nel progetto del servizio.

Se consideriamo le nuove teorie sulla co-produzione del valore nel momento dell’esperienza finale, la comunicazione del servizio non è più quella delle forme tradizionali provenienti dall’alto e nemmeno unicamente quella dei meccanismi dell’interfaccia che governano l’aspetto di interazione. Nella logica della co-produzione, progettare la comunicazione significa predisporre tutti quegli strumenti che

consentono il dialogo e il passaggio di informazioni a livello trasversale o addirittura bottom-up. Ed ecco che il discorso si ricollega con il tema della co-progettazione, anche lì infatti il designer si trovava di fronte all’esigenza di predisporre degli strumenti, strumenti attraverso cui il soggetto o il gruppo di soggetti partecipanti potesse esprimere la propria idea e intervenire nel progetto. Ora si tratta di strumenti che sfruttando logiche simili permettono all’utente di partecipare in prima persona alla costruzione del servizio nel momento in cui il servizio ha luogo, e di essere così una parte attiva, estremamente attiva, nella generazione dell’esperienza.

Il caso che è qui raccontato è un’ottimo esempio di co-produzione applicata ad un servizio che ha una forte esigenza di flessibilità e personalizzazione, un servizio a supporto ai malati di diabete per

il miglioramento della loro esistenza quotidiana. Tutto il percorso progettato è improntato su un sistema composto da una serie di oggetti comunicativi che rendono possibile il dialogo del soggetto malato con una serie di figure che intervengono nel fornire il proprio supporto.

Inizialmente questo strumento è rappresentato da delle carte tematiche, molto simili alle issue cards utilizzate nella co-progettazione. Grazie a queste carte, l’utente individua dei temi cruciali per la sua malattia su cui focalizzare la propria attenzione e le utilizza per riflettere su questi stessi temi con i medici e con i familiari. Le card selezionate sono anche un modo per attivare una ricerca sul sito web del servizio, dove si possono condividere informazioni con altri utenti che hanno riconosciuto in quei temi dei problemi di particolare importanza. Nel corso del tempo, attraverso il dialogo con figure esterne o con altri pazienti, il soggetto può scoprire altre carte tematiche importanti, rivoluzionando l’ordine di priorità e concentrandosi su nuovi problemi da risolvere.

Un ulteriore servizio prevede un supporto per la risoluzione di problemi nella scelta delle nuove abitudini alimentari. In questo caso, attraverso dei profili, il soggetto può scegliere un coach a cui affidarsi. Nuovamente può discutere con questa persona dei propri problemi utilizzando le card come supporto al dialogo, fino arrivare a definire con questo coach un piano di azione condiviso. Ed ecco un nuovo strumento di comunicazione, in questo caso votato alla rappresentazione e descrizione sintetica del processo.

E così via potremmo proseguire il racconto di questo sistema di servizi o di altri servizi di questo tipo, mettendo di volta in volta in evidenza questo tipo di supporti alla comunicazione, che possono

Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto

1. Le card vengono utilizzate dal paziente per individuare i principali problemi che lo affliggono e condividerli con altre persone. 2. Il percorso per il miglioramento delle abitudini alimentari viene definito dal paziente e dal proprio tutor attraverso il dialogo, supportato da uno strumento di visualizzazione del percorso stesso che facilita la condivisione dei diversi passaggi e la conversazione tra i due soggetti.

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INDEX

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L’APPROCCIOASTRAZIONE vs.SPECIFICITÀ

I POSSIBILI UTILIZZIUNO STRUMENTO ANALI-TICO E PROGETTUALE

VARIAZIONI NEL MODELLOLE DIVERSE TIPOLOGIEDI SERVIZI

UN APPROFONDIMENTOPUBBLICO E PRIVATO

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148 text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 0 149Estendibilità. Potenzialità e limiti del modello individuato

L’intero ragionamento cerca di conservare, nella enunciazione dei singoli concetti, un’astrazione tale da consentire l’adattamento successivo ai casi progettuali.

Non è stata un’impresa facile, considerando soprattutto la varietà di enti, organizzazioni ed attività che popolano il mondo dei servizi.

Allo stesso tempo inoltre, volevo assolutamente evitare che queste rimanessero indicazioni fluttuanti, fini a sè stesse, senza un saldo contatto con la realtà. Per questo motivo ho cercato di arricchire il discorso con una serie di rimandi a situazioni esemplificative e di supportare la descrizione dei focus attraverso l’utilizzo di precise case histories.

Approffitterò quindi di questo ultimo capitolo per completare il modello attraverso una serie di riflessioni su come esso possa essere utilizzato e su come alcuni aspetti propri della natura del servizio incidono in modo significativo rispetto alle indicazioni individuate.

Ricordiamo, prima di tutto, che il ragionamento eseguito analizza la comunicazione rispetto al tema del progetto, e quindi affrontando tutti quei problemi che si possono incontrare nel momento in cui il servizio deve essere sviluppato e fatto conoscere per la prima volta. Comunicare un servizio, al contrario, già conosciuto, presenta sicuramente dei meccanismi e degli aspetti differenti. Quindi, un primo elemento da non dimenticare, è che qui ci si è occupati esclusivamente delle situazioni in cui l’idea o il servizio stesso vengono comunicati ad un interlocutore che non conosce l’oggetto della conversazione.

Per capire quanto questo aspetto sia rilevante, pensiamo al caso dell’utente e al modello del servizio fast-food, noto a chiunque. In questo caso, se riflettiamo su come comunicare il servizio, appare evidente che non è necessario esplicitare tutta una serie di aspetti che stanno già nella mente dell’utente e che risulterebbero fastidiosi o ridondanti qualora si presentassero.

Giunti al termine di questo lungo percorso è il momento di riflettere sul senso di ciò che è stato fatto e su come questo lavoro può rappresentare un punto di partenza per ulteriori approfondimenti.

L’approccio è senz’altro un primo elemento rilevante, perchè il tema della comunicazione del servizio viene affrontato nella sua globalità, proprio nel tentativo di costituire un ordine delle cose.

Indagare le ragioni profonde che influiscono sulle scelte comunicative per creare una sorta di sensibilità, utile all’analisi critica degli strumenti esistenti e alla progettazione di nuovi.

Ripercorrendo rapidamente le diverse tappe, emergono gli aspetti di innovazione contenuti in questo percorso, nella speranza che tutto ciò diventi davvero uno spunto e un’occasione di miglioramento delle attuali pratiche di comunicazione nel mondo dei servizi.

Questo percorso ha avuto inizio con l’osservazione dell’operato di chi progetta servizi e con la lettura dei contributi letterari sul tema, alla ricerca di ogni possibile traccia dell’aspetto comunicativo, sia nei casi reali sia nelle teorie elaborate nel corso della recente storia del design dei servizi. Sono emerse così le criticità legate all’esigenza di comunicare un sistema intangibile, il servizio, a una pluralità di attori, circostanze che rendono il tema estremamente complesso.

Partendo da queste riflessioni, ho incontrato alcune figure che rappresentano importanti punti di riferimento nel mondo dei servizi, per scoprire quale fosse il loro punto di vista sul tema e quali le loro aspettative nei confronti del futuro. Una serie di interviste che sono state molto utili perchè mi hanno guidato in una prima comprensione relativa allo stato di fatto nella progettazione di strumenti per la

comunicazione del servizio.

Questa fase di analisi è poi sfociata in una ricognizione all’interno dell’universo degli strumenti esistenti, selezionandone alcuni e analizzando il loro comportamento, senza la pretesa di voler arrivare ad una catalogazione esaustiva, ma cercando di evidenziare alcuni aspetti interessanti. Ho indagato le origini di questi strumenti, dimostrando che nel design dei servizi sono finiti tutta una serie di modelli tratti da altre discipline e che solo in questi ultimi anni si è cercato di individuare nuove tecniche appropriate al nuovo oggetto. Ho rintracciato le potenzialità comunicative di ciascuno strumento, mettendo in evidenza come la comunicazione sia un aspetto fondamentale in tutte le fasi di progetto, dal momento dell’ideazione a quello dell’erogazione. Una volta sedimentata la conoscenza di questi stumenti attraverso l’abaco tassonomico e il glossario, mi sono quindi chiesta come in realtà essi comunichino e quale sia la loro efficacia.

Per scoprirlo sono ripartita dal concetto base di comunicazione, andando a definire alcuni elementi che incidono sulla comunicazione stessa nell’ambito considerato, elementi che hanno portato alla formulazione di un modello, utile per l’analisi e il progetto di nuovi strumenti.

All’interno di questo modello ho quindi identificato cinque momenti significativi, rappresentativi delle principali situazioni comunicative che il designer si trova ad affrontare nel corso della progettazione e realizzazione del servizio. I cinque focus mi hanno permesso di approfondire queste particolari situazioni, analizzando gli specifici strumenti esistenti e delineando le caratteristiche di un modello ideale di comunicazione.

L’obiettivo non è quello di dichiarare dei parametri per la comunicazione del servizio, poichè ogni singolo caso presenta delle specificità tali da non permettere l’individuazione di prescrizioni univoche.

Anche la comunicazione, come il servizio, è soggetta ad un’evoluzione nel corso del tempo. Probabilmente dopo essere riuscita a trasmettere il famoso modello mentale, di cui tanto si è parlato, essa potrà orientarsi verso altri livelli, aggiungendo valori e sfumature, un pò come è avvenuto nel mondo della comunicazione dei prodotti, in cui si è passati alla costruzione di mondi e di stili di vita.

L’APPROCCIOASTRAZIONE vs. SPECIFICITÀ

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Proprio nel formulare questo modello e quindi nel definire gli elementi che incidono sulla comunicazione nel servizio e del servizio, prendevo gradualmente coscienza del fatto che quelle considerazioni erano un ottimo punto di partenza per analizzare gli strumenti esistenti e allo stesso tempo ipotizzare nuovi strumenti.

Il procedimento è piuttosto semplice, proverò quindi a descriverlo per condividerlo e per permettere ai lettori di applicarlo ad altri casi e altre situazioni.

Individuando chi sono gli interlocutori a cui ci rivolgiamo, in che momento del processo, cosa vogliamo comunicare loro e soprattutto con quale finalità, si delineano una serie di requisiti che gli strumenti comunicativi dovranno soddisfare. Conoscere questi primi quattro elementi descrive una sorta di visione d’insieme della situazione a cui il progetto comunicativo fornisce una risposta. Questi punti, in particolare quello relativo agli effetti desiderati e quindi alle finalità da raggiungere, permettono di definire l’importanza reciproca delle modalità espressive adottate in un modello ideale di comunicazione. Proprio l’inserimento degli strumenti in questo modello ideale permette di formulare l’analisi del loro comportamento e della loro efficacia.

Il primo passo è quindi quello di stabilire in quali aree ciascuno di essi rientra, identificando, per ogni focus o per ogni caso, dove

business plan, e trasformarlo in un nuovo strumento che comunica facendo vedere (sto chiaramente ipotizzando una situazione totalmente inventata) perchè si è riconosciuta la necessità di avere una condivisione del piano economico all’interno del gruppo di progetto che non può essere garantita dal business plan nella sua forma tradizionale, perchè solo una parte del gruppo sarebbe così in grado di decifrarlo. Partendo quindi da un’esigenza reale a cui gli strumenti in questione non forniscono una risposta appropriata, è possibile modificare le caratteristiche di tali strumenti, con interventi più o meno ingenti, per conferirgli le nuove caratteristiche o requisiti a noi necessari. In questo caso si compie una transizione da una modalità comunicativa all’altra.

Un secondo atteggiamento progettuale è invece quello di chi, non riconoscendo all’interno del modello degli strumenti adatti alla situazione o allo scopo prefissato, decide di inventare un nuovo paradigma di comunicazione.

L’idea per il progetto del nuovo strumento può scaturire da quelli noti o da altri mondi, l’importante è che risponda ai requisiti individuati ed esplicitati dal modello.

In questo caso il modello non suggerisce solo una modalità comunicativa, ma diventa espressione di tutti gli aspetti che lo compongono, che possono rappresentare un vero e proprio brief progettuale.

Come accennavo poco fa, tutto ciò viene esemplificato attraverso l’applicazione del modello ad un caso concreto nella seconda parte

Estendibilità. Potenzialità e limiti del modello individuato

I POSSIBILI UTILIZZIUNO STRUMENTO ANALITICOE PROGETTUALE

si concentrano maggiormente gli sforzi comunicativi. Ecco che ad esempio applicando questo procedimento al focus sugli operatori, abbiamo individuato un forte sbilanciamento verso l’area del far capire, mentre in realtà nel formulare il modello avevamo attribuito una grande importanza agli strumenti finalizzati al far fare, per poi scoprire che quest’area risulta in realtà scoperta. Questo è quindi un esempio in cui la conseguente ideazione di nuovi strumenti andrebbe a colmare le evidenti lacune.

Qui abbiamo trattato situazioni ipotetiche, in cui per assurdo sono posizionati tutti gli strumenti probabili e possibili in ogni singolo focus. In realtà, come vedremo direttamente nella seconda parte della tesi, l’aspetto analitico risulta ancora più interessante quando applichiamo il modello all’analisi di specifiche strategie.

La sperimentazione contenuta in seguito si spinge però oltre. Dall’analisi nel modello è infatti possibile derivare, proprio come già accade in questa parte teorica, una serie di considerazioni utili al miglioramento di quella specifica strategia o di quello specifico strumento. Si passa così alle prime elaborazioni progettuali.

Progettare sul modello può voler dire in particolare assumere due possibili atteggiamenti.

Il primo è quello in cui, avendo uno strumento comunicativo già esistente e in qualche modo codificato, si decide di modificare il suo assetto, spostandolo all’interno del modello stesso.

Questo può voler dire ad esempio prendere uno strumento che comunica attraverso la modalità del far capire, come ad esempio un

della tesi. Verrà quindi proposto sia un suo uso analitico, rispetto alla strategia progettuale adottata in quello specifico caso, sia un suo uso progettuale, prima con un piccolo intervento di transizione di uno strumento all’interno del modello e in seguito con la progettazione di un nuovo artefatto comunicativo, partendo da diversi spunti forniti dal mondo esistente, ma di fatto progettando ex novo, appositamente per quella specifica situazione.

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Il modello è stato concepito in modo da tracciare delle indicazioni che risultino valide indipendentemente dalla specifica natura del servizio trattato. Non si può però dimenticare l’impatto che la tipologia di servizio ha sull’aspetto comunicativo e quindi anche sul modello. Cercheremo quindi in questo capitolo di individuare quali sono gli aspetti maggiormente rilevanti e di capire come essi incidono sulle scelte comunicative.

Distinguiamo quindi i servizi basati su un meccanismo automatizzato e i servizi basati sull’interazione umana, e ancora i servizi che avvengono in remoto e i servizi che avvengono al contrario sul luogo.

Elena Pacenti ha sistematizzato questi concetti nella sua matrice automatismo-delocalizzazione, che individua nei quattro quadranti le quattro rispettive tipologie di servizio ottenute dalla combinazione di questi aspetti. Vediamo quali sono queste tipologie nello specifico e come esse condizionano l’aspetto comunicativo.

Nel caso in cui la prestazione del servizio sia locale e completamente automatizzata, pensiamo ad esempio al bancomat per il prelievo di denaro dalla banca, la sua interfaccia ha una componente dominante di prodotto e il progetto dell’interazione tra utente e servizio si riduce al progetto dell’interazione uomo-macchina. La predominanza del prodotto determina uno slittamento di tutti gli aspetti comunicativi verso gli strumenti adottati nel mondo della comunicazione degli oggetti materiali, riducendo in modo significativo l’esigenza di nuovi paradigmi di rappresentazione e comunicazione.

Lo stesso vale nel caso in cui l’interfaccia sia automatizzata e remota, come nel caso dei servizi di home banking, in cui l’utente accede a determinate operazioni bancarie tramite il proprio personal computer: l’interfaccia del servizio coincide ancora una volta con il dispositivo e tutta la comunicazione può essere incentrata su questa componente tangibile.

Nel caso in cui la prestazione venga erogata tramite accesso remoto ad operatori umani, il medium di comunicazione utilizzato influenza il progetto di interazione. È il caso dello sportello telefonico (ad esempio un numero verde informativo): se consideriamo il lato utente, in assenza di elementi di evidenza visiva, il progetto dell’interfaccia del servizio si riduce alla sceneggiatura e la qualità dell’interfaccia risiede interamente nel progetto delle modalità di accesso, nel tono utilizzato dall’operatore, nel modo in cui viene impostata la conversazione e così via. Anche a livello di comunicazione nel servizio inizia a manifestarsi una maggiore esigenza di adeguati strumenti di notazione, in grado di rappresentare il processo senza fare affidamento su aspetti tangibili.

L’area storica del servizio è però quella che prevede un luogo fisico, che è teatro dell’interazione, e degli operatori umani, che guidano l’interazione stessa. In questo caso l’evidenza fisica del servizio è costituita da tutti gli elementi che compongono lo spazio e le sue strumentazioni, nonché dall’aspetto del personale. Mentre però le componenti di evidenza fisica del servizio “materializzano” e contengono in una forma che potremmo definire statica il programma dei gesti e delle istruzioni che guidano l’agire dell’utente, il comportamento del personale è un aspetto che non può essere né codificato né pre-programmato, essendo un elemento umano. É questa la situazione che ci pone di fronte alle più grandi problematiche dal punto di vista della comunicazione, soprattutto nei confronti del personale stesso e dell’utenza finale.

Estendibilità. Potenzialità e limiti del modello individuato

VARIAZIONI NEL MODELLOLE DIVERSE TIPOLOGIE DI SERVIZI

Emerge in questa particolare tipologia quindi tutto il tema, trattato parlando di comunicazione agli operatori, della predisposizione di una serie di performance possibili tradotte in strumenti di supporto alla relazione, come i role-script. Anche una segnaletica e delle informazioni chiare però possono essere importanti perché oltre a facilitare il comportamento dell’utente, alleviano il lavoro dell’operatore e favoriscono la relazione.

Il caso dei servizi erogati a livello locale e face2face è quello più cruciale dal punto di vista della rappresentazione prima e della comunicazione poi.

Questo tipo di servizi sono infatti quelli che presentano la necessità di una messa in scena nel momento dell’erogazione e quindi della creazione di un modello mentale da parte delle figure coinvolte per poter dar vita all’esperienza stessa, così come è stata concepita.

Tutto diventa ancora più complesso quando il servizio è innovativo.

L’innovazione può riguardare l’aspetto tecnologico oppure l’aspetto “sociale” del servizio, ovvero le relazioni e le prassi delle persone coinvolte.

Quando si tratta di un servizio face2face, quanto più il servizio è innovativo, tanto più esso si allontana dalle prassi consolidate, necessitando di uno sforzo comunicativo sempre maggiore. Ciò avviene perché sia le persone che lo erogano, sia le persone che viceversa ne usufruiscono, devono essere poste nelle condizioni di formare il proprio modello mentale del servizio stesso e del suo

funzionamento, per poter dare vita alla messa in scena, e questo risulta tanto più un processo lento e difficile quanto più il servizio è distante da ciò con cui l’utente o l’operatore è abituato ad interagire.

A questo proposito ricordiamo le parole di Bonsiepe riguardo al paradigma della costruzione di modelli mentali:

L’obiettivo centrale del progetto dell’interfaccia consiste nell’aiutare l’utente a costruirsi un modello mentale che riproduce le conoscenze del programmatore, il quale possiede una visione approfondita dei particolari operativi del programma. L’utente quindi apprenderebbe l’uso di un programma grazie alla costruzione di una copia personale del modello del programmatore. Le difficoltà nell’apprendimento e nell’uso di un programma vengono attribuite sia alla mancanza di un modello, sia all’adesione dell’utente a un modello errato. La qualità di un design di interfaccia, quindi, si rivelerebbe nella rapidità e nella correttezza della costruzione di una sua replica da parte dell’utente. Il paradigma della costruzione dei modelli mentali si fonda su assunti relativi alle modalità secondo le quali si realizza l’apprendimento, assunti che non vanno dati per scontati. 1

1. G. Bonsiepe (1992)

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Questa breve divagazione riguardo alle tipologie di servizio e alle loro implicazioni nel modello comunicativo, non può che concludersi con un breve approfondimento sul tema del servizio pubblico e privato, utile anche per introdurre il progetto di cui si parlerà nella seconda parte, perfettamente calato nell’ambito pubblico.

Notiamo questa distinzione soprattutto rispetto alla comunicazione del servizio rivolta all’utente: la differenza tra i due mondi è perfettamente visibile a tutti noi, soprattutto in Italia, dove l’immagine del servizio pubblico, a parte alcuni casi eccezionali, è tuttora dominata da quell’atmosfera vecchia, polverosa e soprattutto confusa.

Non dobbiamo pensare che i servizi pubblici debbano tendere sempre di più ad assumere le caratteristiche di quelli privati, soprattutto a livello di comunicazione.

Ricordiamo infatti che la prerogativa del servizio pubblico è proprio data dall’apertura verso qualsiasi tipo di utente, in questo senso la comunicazione adottata deve mantenere i toni di una comunicazione che scompare, senza assumere linguaggi o altri aspetti troppo caratterizzati e orientati verso precise tipologie di utenza.

Se ci rechiamo in un ospedale, non ci aspettiamo che il luogo sia connotato, ma sicuramente ci aspettiamo di ricevere le segnalazioni di cui abbiamo bisogno per orientarci.Quindi più che agire sull’aspetto della promozione e sugli elementi propri dell’dentità, è fondamentale che i servizi pubblici migliorino

la propria capacità comunicativa sviluppando nuovi modi per relazionarsi con gli utenti, per riuscire ad ascoltarli e a rispondere in un modo che assicuri loro di essere stati capiti.

Il pubblico, a differenza del privato, deve impegnarsi nel progettare esperienze che mettono al primo posto il concetto di persone e di scambio, e non quelli di target e di indicatori di performance.

Affinchè le persone credano in questa visione, è assolutamente necessario che ci sia una rinascita e un’innovazione considerevole nel modo in cui si affronta la progettazione e la comunicazione del servizio pubblico.

Al primo posto si colloca la necessità proprio di individuare forme più adeguate di soddisfacimento e di piacevolezza nell’esperienza del servizio, focalizzandosi su come progettare le organizzazioni e le strutture intorno al momento dell’interazione con l’utente.

Se già di per sè la richiesta rivolta al mondo della progettazione e comunicazione dei servizi è quella di staccarsi dai modelli proposti dal mercato di massa, ancora di più questo vale per i servizi pubblici, che si devono orientare proprio per loro natura verso forme di assistenza alle persone e di dialogo.

Estendibilità. Potenzialità e limiti del modello individuato

UN APPROFONDIMENTOPUBBLICO E PRIVATO

e self is now something we seek to understand and express, not something we simply accept. is raises difficult issues for individuals as well as our companies and public services who are still struggling to escape the historical legacy of mass provision

1. M. Willmott, W. Nelson (2003)

1

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a Paolo, per la sua presenza, e per la sua passione per le cose complesse. Grazie.

a Elena, per aver condiviso con me tanti pensieri, con il suo sguardo critico e il suo entusiasmo,

a Chiara Diana, per essere un importante punto di riferimento, per avermi sempre trasmesso la sua fiducia e il suo supporto

al professor Zingale, per avermi aiutato a trovare le risposte che cercavo,

a tutte le persone che ho conosciuto grazie a questa tesi e che hanno contribuito raccontandomi le loro esperienze, in particolare ringrazio Nicola Morelli, Roberta Conditi, Toke Barter e Stefan Moritz.

grazie...

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a mamma, papà e nonna, per il loro amore,

a Federica, per aver sopportato una tesi lunga un anno e una sorella antipatica,

a Chiara, amica e compagna di sempre, indispensabile esistenza parallela

a Paola, pensando a questi anni insieme e soprattutto al futuro, e ai sogni che si realizzano

alla dolce Elena, a Giada, a Francesco, ad Andrea, Cecilia, Angy e tutte le persone che mi sono state vicine,

ai miei colleghi del DARC...ora, giuro, di tesi non si parlerà più!

grazie...

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Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

Politecnico di Milano - Facoltà di Disegno Industriale - Laurea Magistrale in Design della Comunicazione - a.a. 2007/2008

autore: Roberta Tassirelatore: Paolo Ciuccarellicorrelatore: Elena Pacenti

SECONDA PARTE. APPLICAZIONE PROGETTUALE

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Politecnico di MilanoFacoltà di Disegno IndustrialeLaurea Magistrale in Design della Comunicazione

DESIGN DELLA COMUNICAZIONE E DESIGN DEI SERVIZIIl progetto della comunicazione per l’implementazione

relatore: Paolo Ciuccarellicorrelatore: Elena Pacentiautore: Roberta Tassi matricola 207094

a.a. 2007/2008

Tesi stampata in luglio 2008

Font: Minion

The sans

Colori:

C15 M0 Y0 K80

C35 M0 Y100 Ko

C0 M100 Y50 Ko

Il caso: LA RIFORMA DEI SERVIZI PER IL LAVORO IN REGIONE LOMBARDIA p. 12

ELEMENTI DI COMPLESSITÀ NELLA COMUNICAZIONE DEL SERVIZIO REGIONALE p. 22

COME È STATO COMUNICATO IL SISTEMA DI SERVIZI REGIONALI p. 32

Il vademecum: DIVERSE MODALITÀ PER RACCONTARE IL PROCESSO p.40

COSTRUIRE UN MODELLO DI COMUNICAZIONE DEL SERVIZIO p. 52

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INDICECONTENUTI

Il caso:LA RIFORMA DEI SERVIZI PER IL LAVOROIN REGIONELOMBARDIA

16 17

IL CONTESTOLE POLITICHE ATTIVE PER IL LAVORO

18 19 20 21

8 9

INTRODUZIONEDAL METODO AL PROGETTO

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28 29 30 31

ELEMENTI DI COMPLESSITÀ NELLACOMUNICAZIONE DELSERVIZIO REGIONALE

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36 37 38 39 42 43 44 45

46 47 48 49 54 55

56 57 60 61 62 63

66 67 70 71

14 15

PREMESSACIRCOSTANZE E FIGURE

IL SISTEMALA RETE DI OPERATORIPUBBLICI E PRIVATI

OFFERTA/INTERAZIONEUN NUOVO PROCESSODI EROGAZIONE

I SOPRALLUOGHILA DISTANZA TRA PROGETTO E REALTÀ

TIPOLOGIAIL RUOLO CENTRALEDEGLI OPERATORI

STRATEGIAUNA PROGETTAZIONETOP-DOWN

LABORLABUN SERVIZIO NEL SERVIZIO

COME È STATO COMUNICATOIL SISTEMA DI SERVIZIREGIONALI

34 35

STRATEGIAGLI STRUMENTI

PROMOZIONE vs.INFORMAZIONEIL KIT LABORLAB

Il vademecum: DIVERSE MODALITÀPER RACCONTAREIL PROCESSO

UN NUOVO STRUMENTOIL VADEMECUM

INTERVENTOPROGETTUALE. DALLADESCRIZIONE TESTUALE AL RACCONTO VISIVO

TRA BLUEPRINT ESTORYBOARDLA MAPPA DEL PROCESSO

COSTRUIRE UN MODELLO DI COMUNICAZIONE DEL SERVIZIO

IL PUNTO DI PARTENZAREQUISITI PROGETTUALI

58 59

BIBLIOGRAFIA

PROMOZIONE vs.INFORMAZIONEUN USO IMPROPRIO

64 65

VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOLA STRUTTURA DELRACCONTO

VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOZOOM SUGLI STRUMENTI

50 51

PROTOTIPO. LA MAPPA COME STRUMENTOD’INTERAZIONE

IL LINGUAGGIO DELLANOTAZIONE PROGETTUALENELLA COMUNICAZIONEAGLI OPERATORI

ELABORAZIONE DEL MODELLOLE LINEE GUIDA PER L’INTERAZIONE

ELABORAZIONE DEL MODELLOGLI STRUMENTI

VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOGLI STRUMENTI

VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOLA MODALITÀ ESPRESSIVA

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Introduzione. Dal metodo al progetto text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 0 tools 0 notes 0

INTRODUZIONEDAL METODO AL PROGETTO

aspetti e teorie con un alto livello di astrazione. La mia paura era proprio quella di allontanarmi troppo dai fattori e dalle problematiche legate ai casi reali: l’ultima cosa che desideravo era proprio quella di approdare ad una tesi che rimanesse una divagazione teorica senza legami con le esigenze concrete. Questo progetto è quindi la dimostrazione fondamentale e non scontata che le linee guida individuate hanno senso nel momento in cui vengono applicate ad un caso specifico.

Un metodo, un modello o delle linee guida rappresentano una situazione costruita e ideale. Esse ci dicono come il servizio dovrebbe essere comunicato, proponendo una serie di possibili strumenti e modalità espressive. Ma poi, quando si passa ad un progetto reale, ci sono una serie di vincoli che emergono e impediscono la perfetta ricostruzione della situazione ideale. Di certo il designer non si trova da solo a compiere una scelta libera rispetto alle indicazioni date, soprattutto nel caso dei servizi. Un progetto ha dei costi da rispettare, dei tempi entro cui deve essere portato a termine, delle strategie e delle politiche che dipendono dai committenti e che non possono essere trascurate. Più che limitazioni, questi sono i confini entro cui il designer si muove; diventa quindi ancora più interessante capire qual è la flessibilità del modello rispetto a delle specifiche variabili.

Ciò che possiamo osservare è il fatto che fino al momento in cui anche le organizzazioni non si renderanno conto dell’importanza di progettare i servizi e la loro comunicazione a 360 gradi, le attività dei progettisti stessi saranno sempre o spesso oggetto di restrizioni, perchè subordinate ad altri processi decisionali e ritenute di secondaria importanza.

Nei capitoli successivi è contenuto il racconto di questo caso progettuale, partendo da una descrizione del servizio, che illustra gli aspetti principali della riforma dei centri per l’impiego lombardi. Si passa quindi ad una riflessione sugli aspetti che rendono questo un caso critico dal punto di vista comunicativo. Viene analizzata la strategia messa in atto per riuscire a comunicare questi servizi regionali e infine vengono proposti due strumenti per il migliormento della comunicazione nei confronti dell’operatore e di conseguenza anche dell’interazione tra operatore e utente: il vademecum di visualizzazione del processo e un video che racconta agli operatori come comunicare il proprio servizio.

L’elaborazione del modello e la sua applicazione progettuale si sono svolti come due percorsi paralleli e complementari: senza il modello -e quindi la ricerca- non avrei avuto i riferimenti teorici necessari per affrontare il caso progettuale, viceversa senza il caso non avrei avuto la possibilità di sperimentare e verficare i ragionamenti.

Il percorso di indagine metodologica e quello di sperimentazione progettuale si sono intrecciati supportandosi a vicenda.

È stato proprio questo progetto lo spunto originale a partire da cui mi sono interessata della relazione tra design della comunicazione e design dei servizi. Ripercorriamo quindi le tappe di questo percorso.

Un anno fa, nel mese di aprile, è cominciata la mia collaborazione con DARC, il Centro di Ricerca e Consulenza di Domus Academy. Fin dal primo colloquio mi è stata anticipata la possibilità di lavorare su questo progetto trasversale rispetto al mondo della comunicazione e al mondo dei servizi.

L’idea ha catturato fin da subito la mia attenzione, soprattutto perchè mi dava l’opportunità di osservare da vicino il progetto di un servizio pubblico. Il tema è infatti quello della riforma dei centri per l’impiego ad opera di Regione Lombardia, che sta sperimentando un significativo cambiamento nella strutturazione del sistema e nella modalità di erogazione dei servizi regionali.

Elena Pacenti e Chiara Diana, rispettivamente direttrice e art director del Centro Ricerche, mi hanno subito suggerito la possibilità di approfittare di questa occasione per occuparmi del tema della comunicazione del servizio in modo più ampio, andando ad esplorare questo territorio e a comprenderne i meccanismi.

Una volta presa la decisione, le due strade, quella mia di ricerca e quella condivisa con loro di progetto, si sono spesso intrecciate, supportandosi a vicenda. Da una parte la ricerca, coordinata da Paolo Ciuccarelli, mi forniva una quantità di materiali e di stimoli continui, spingendomi verso l’esigenza di trovare un sistema di organizzazione di tutti questi elementi. Dall’altro lato le attività progettuali all’interno di Domus Academy erano sia momenti di spunto, che occasioni per testare le configurazioni e le riflessioni elaborate. Questo doppio volume vuole quindi prima di tutto sottolineare i due filoni entro cui si è mossa ed è nata la tesi, attribuendo il dovuto spazio non solo all’apparato metodologico, ma anche al caso progettuale che ha accompagnato la sua costruzione.

Il caso è qui utilizzato come pretesto per sperimentare l’utilizzo del modello stesso, sia come strumento di analisi di una strategia comunicativa esistente, che come strumento di progettazione di nuovi artefatti comunicativi. Ho potuto così vedere in azione le linee guida individuate, ottendendo in risposta un’importante conferma rispetto a che quello che era stato pensato e sedimentato nella prima parte della tesi. Il mio timore in questo senso derivava dal fatto che, nel tentativo di comprendere in profondità tutti gli elementi che determinano la comunicazione del servizio, il ragionamento aveva spesso toccato

8 9

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INDEX

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PREMESSACIRCOSTANZE E FIGURE

IL CONTESTOLE POLITICHE ATTIVEPER IL LAVORO

IL SISTEMALA RETE DI OPERATORIPUBBLICI E PRIVATI

OFFERTA/INTERAZIONEUN NUOVO PROCESSODI EROGAZIONE

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Il caso. La riforma dei servizi per l’impiego in Regione Lombardia text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 0 tools 0 notes 0

PREMESSACIRCOSTANZE E FIGURE

dei nuovi servizi, di una riorganizzazione del sistema a sostegno dell’impiego, di una sperimentazione di dispositivi di politica attiva previsti dal programma e dalla legge regionale. In secondo luogo, si richiedeva un accompagnamento e un supporto nelle decisioni strategiche relative alle azioni di comunicazione, con l’obiettivo e la necessità di sperimentare e valutare nuovi strumenti per aumentare l’efficacia e l’accessibilità delle informazioni relative al programma regionale.

Da parte di Domus Academy, il primo passo è stato quello di costituire un gruppo di persone che seguisse l’intero processo. Per necessità legate al tema, sono state coinvolte figure esperte nel mondo dei servizi e figure esperte in quello della comunicazione, in modo da incrociare le competenze interne. In particolare Elena Pacenti e Michela Marini (inizialmente, poi sostituita da Daria Cantù), entrambe di provenienza dal mondo dei servizi, si sarebbero occupate con più attenzione degli aspetti relativi alle prestazioni e all’interazione, mentre Chiara Diana ed io avremmo seguito con maggior riguardo la componente comunicativa vera e propria. Le attività di progetto sono state condotte in modo trasversale, coinvolgendo quindi tutte noi in ogni fase, così da condividere i diversi aspetti osservati e da assicurare un aggiornamento costante rispetto ai temi. Elena e Michela si sono in particolare occupate anche delle relazioni con i committenti, partecipando a riunioni in modo continuativo per una verifica costante delle attività dall’una e dall’altra parte.

Inizialmente la difficoltà è stata quella di comprendere a fondo il tema e l’oggetto di questa Riforma, cosa di fatto sarebbe cambiato nel mondo dei servizi e nei processi di erogazione e interazione. Uno dei principali ostacoli era rappresentato dal linguaggio burocratico che caratterizzava ogni forma di comunicazione proveniente dall’ente regionale. Un grande aiuto in questo senso è stato offerto dalla possibilità di partecipare ad una fase di analisi dei centri per l’impiego attraverso dei sopralluoghi che ci hanno permesso di osservare direttamente il servizio. I sopralluighi ci hanno inoltre posto di fronte

Il caso presentato è quello della Riforma dei centri per l’impiego, promossa da Regione Lombardia, tesa alla valorizzazione del capitale umano e alla promozione delle nuove forme di politica attiva. Vedremo tutto ciò in modo più approfondito in seguito, ma è utile introdurre alcuni elementi. Innanzitutto l’importanza di questa Riforma, che ha come obiettivo quello di creare un nuovo sistema di erogazione dei servizi promossi da Regione Lomabardia per far sì che il cittadino sia posto al centro del processo e sia per davvero il beneficiario delle azioni politiche a lui destinate. I valori che stanno alla base di questo rinnovamento sono quelli della sussidiarietà e della centralità della persona: il cittadino, grazie alle politiche, assume degli strumenti e delle abilità che gli permettono di cercare attivamente le opportunità promosse dalla Regione per lui e di usufruirne.

Questo programma regionale rappresenta un’innovazione nel mondo dei servizi per l’impiego in Italia: l’idea è quella di testarlo in Lombardia per poi individuare un modello standard da applicare anche nelle altre regioni. Proprio in funzione di questo sviluppo del programma sono necessarie una serie di riflessioni e di indicazioni che migliorino la qualità delle prestazioni erogate e definiscano qual è questo standard.

ARIFL, l’Agenzia Regionale per l’Istruzione, la Formazione e il Lavoro -l’ente che si occupa della promozione e gestione del programma- ha chiesto a Domus Academy una consulenza rispetto al tema della comunicazione del nuovo sistema dei servizi per il lavoro, dando vita ad una collaborazione tra l’istituzione regionale e il Centro Ricerche. La richiesta si orientava verso due aspetti. In primo luogo l’elaborazione di un modello di comunicazione dei servizi al lavoro, nell’ottica di un coordinamento tra soggetti diversi nell’erogazione

alle differenze esistenti tra centri pubblici e privati e tra la situazione reale e quella ideale descritta nel programma.

Successivamente è stato il momento, sia per noi del centro ricerche che per ARIFL, di fare una sorta di bilancio di ciò che era stato osservato, identificando una serie di indicazioni utili per il miglioramento dell’erogazione dei servizi al cittadino.

ARIFL ha incentrato la propria analisi e il proprio output di ricerca sui livelli essenziali delle prestazioni, andando ad identificare e verificare una serie di requisiti minimi che sono richiesti ai centri per poter svolgere il processo previsto dalle misure regionali. La nostra analisi risulta complementare, essendo più orientata verso i requisiti minimi e di qualità non tanto legati alla prestazione, quanto alla comunicazione del servizio e all’interazione operatore-utente.

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alla consultazione dei risultati e delle esperienze di altri.

Il principio delle pari opportunità, infine, si traduce nella promozione dei principi e delle reali condizioni di parità tra uomini e donne nell’accesso e nella fruizione dei percorsi occupazionali.

Per rendere possibile tutto questo, la riforma prevede una sostanziale rivoluzione del sistema di erogazione dei servizi promossi dalla Regione e dei finanziamenti destinati ai cittadini, sfruttando la creazione di una rete di centri accreditati e coniando il concetto di dote. Sono due quindi gli elementi cardine di questa Riforma: la rete, di cui parleremo nel capitolo successivo, e la dote, che invece proveremo a spiegare qui di seguito, avvalendoci del confronto con quanto avveniva in passato.

La dote lavoro è una declinazione di risorse messe in capo alla persona che rientra in un insieme più ampio di “doti”, quali il buono scuola, il buono famiglia,... che accompagnano l’individuo in tutto il suo percorso di vita.

La dote rappresenta un “patrimonio” che ciascun cittadino ha e che può utilizzare usufruendo delle opportunità speciali promosse da Regione nell’ambito dei servizi per l’impiego. Grazie alla dote regionale l’individuo può accedere ad una serie di servizi quali l’accoglienza, la costruzione di un piano di intervento personalizzato, l’orientamento, la formazione, il sostegno al reddito e l’inserimento lavorativo.

Il Programma che ha dato vita alla riforma dei centri per l’impiego nasce nell’ambito della legge regionale 22/2006 sul mercato del lavoro in Lombardia.

La legge include all’interno del sistema normativo una serie di principi, che diventano fondamentali nel determinare il modo in cui i servizi saranno d’ora in poi erogati dai singoli centri per l’impiego.

I principi promossi dalla legge sono quelli di centralità della persona, libertà di scelta, valorizzazione del capitale umano e pari opportunità.

Promuovere la centralità della persona significa strutturare un sistema in cui non è più il soggetto ad adattarsi ai servizi disponibili bensì questi ultimi devono modularsi attorno ai fabbisogni del singolo individuo, sviluppando per ciascuno un piano d’azione personalizzato finalizzato all’occupazione.

La libertà di scelta si manifesta nell’esistenza di una rete dei servizi composta dagli operatori pubblici e privati accreditati, una rete che consente al beneficiario di accedere ai servizi regionali scegliendo una delle possibilità tra quelle proposte ed esercitando in questo modo un proprio diritto fondamentale.

La valorizzazione del capitale umano si concretizza mediante la creazione di un panorama competitivo, legato

Prima della Riforma, Regione Lombardia erogava una serie di finanziamenti assegnando ai centri per l’impiego pubblici delle quote, in termini economici, che ciascun centro poteva utilizzare per attività di formazione o inserimento lavorativo a vantaggio dei singoli cittadini. In un sistema di questo tipo, l’utente era l’anello finale della catena e soprattutto era privato della libertà di scelta, non avendo consapevolezza riguardo alla presenza di fondi regionali a sua disposizione per migliorare la propria posizione occupazionale. In tal senso l’operatore pubblico rappresentava un vero e proprio filtro, ricevendo questi fondi e avendo il potere di decidere quanti e quali cittadini formare attraverso il finanziamento giunto dalla Regione.

I principi di sussidiarietà e di centralità della persona che la Riforma vuole promuovere pongono invece l’utente al centro del sistema, prevedendo una serie di strumenti e di processi che lo rendono parte attiva nel rintracciare il finanziamento a lui destinato, ovvero la dote, per poterla utilizzare.

Ora Regione Lombardia non fornisce più un pacchetto di soldi ai centri, ma eroga delle doti destinate ai singoli cittadini, doti che possono essere utilizzate nall’ambito di specifici programmi o per attività formative, o per attività di ricerca, o per attività di apprendimento e inserimento lavorativo.

Il cittadino, in base a questo sistema, va a procurarsi la dote a cui è interessato, potendovi accedere da uno qualsiasi dei punti che fanno parte della rete di servizi creata.

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IL CONTESTOLE POLITICHE ATTIVE PER IL LAVORO

Il caso. La riforma dei servizi per l’impiego in Regione Lombardia

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IL SISTEMA LA RETE DI OPERATORI PUBBLICI E PRIVATI

Questo nel disegno ideale del servizio, spostando invece l’attenzione sulla situazione reale emergono i problemi che ostacolano la formazione e il funzionamento di questa rete. Il tentativo arduo è innanzi tutto quello di unire pubblico e privato in un sistema unico di erogazione dei servizi, nonostante i centri pubblici e quelli privati vivano due concezioni opposte del servizio stesso. Paradossalmente il progetto regionale della rete e dell’erogazione di doti, si avvicina molto allla vocazione del servizio pubblico, ma funziona meglio come modello per i privati, che fino a questo momento ne hanno sicuramente tratto più vantaggi.

Per capire meglio quale sia stato l’impatto dovuto alla nascita di questa rete non possiamo non parlare dell’attuale situazione dei centri pubblici per l’impiego, che non sono altro che i vecchi uffici di collocamento.

La tipica atmosfera caotica da ente pubblico italiano è ancora radicata in questi centri, che si trovano a lavorare con la parte più svantaggiata della popolazione. Se attualmente l’agenzia di lavoro interinale Adecco è popolata da persone disoccupate a basso profilo, nei centri pubblici finiscono quelle persone ancora meno occupabili, che attraverso le agenzie come Adecco non hanno speranza di trovare lavoro.

Lo svantaggio per i centri pubblici non è dato solo dal fatto di avere a che fare con casi ultra problematici, ma anche dal sistema stesso sulla base di cui erogano servizi: nel centro privato il punto di partenza è l’azienda, che manifesta la necessità di trovare nuovi dipendenti e di conseguenza l’agenzia cerca tra i propri utenti delle persone da collocare; il matching funziona molto bene perchè, guadagnando dall’azienda, l’agenzia ha convenienza a cercare il maggior numero di offerte lavorative possibili, trasformandole in opportunità per i

Nodo centrale della Riforma è la costituzione della rete di operatori pubblici e privati attraverso cui vengono erogati i servizi speciali promossi da Regione. La rete è un aspetto fondamentale per consentire quindi l’accesso dei cittadini alle doti finanziate e per assicurare l’attuazione dei principi enunciati dalla legge 22/2006.

La rete, promuovendo l’interconnessione e la complemen-tarietà tra i diversi attori che ne fanno parte, favorisce l’integrazione tra le funzioni da essi svolte, in un sistema che diventa di reale supporto al cittadino.

Attraverso la rete viene quindi assicurato il principio di libertà di scelta dell’individuo, che può accedere allo stesso servizio, quello regionale, da più punti. La rete assicura inoltre la centralità della persona nel sistema: unendo le risorse, i singoli centri per l’impiego sono in grado di offrire prestazioni personalizzate, appoggiandosi ad altri centri o enti che sono parte della rete e moltiplicando quindi le opportunità per l’individuo.

La rete degli operatori, pubblici e privati, dovrà essere in grado di rispondere con flessibilità alle diverse esigenze dei cittadini e delle imprese, dovrà creare una molteplicità di punti di accesso ai servizi promossi da Regione, dovrà costituire una piattaforma di integrazione tra domanda e offerta visibile all’utente.

diventare competitivo e non soccombere.

In tutto ciò, sono due gli aspetti fondamentali che ancora mancano per poter valutare l’effetiva efficacia della rete e il suo funzionamento, uno è questa piattaforma unica a cui ho fatto riferimento, che probabilmente presto verrà realizzata. Alla sua esistenza, fondamentale, è legato un utilizzo più attivo della rete da parte degli operatori per ricercare al suo interno risorse utili per l’erogazione di servizi in modo trasversale. Questo aspetto può essere risolto mediante la creazione di un catalogo della rete, che non sia una semplice lista, ma che classifichi gli operatori accreditati in base alle diverse tipologie di prestazioni offerte in modo da rendere possibile l’integrazione de servizi tra l’uno e l’altro.

Il secondo problema è un tema di comunicazione: la rete deve essere in qualche modo comunicata al cittadino, proprio perchè se la rete non acquisisce una propria identità e visibilità, come di fatto è in questo momento, l’individuo non percepisce la sua esistenza e quindi non sa come rintracciarla o come utilizzarla. La creazione di un’identità di rete è quindi un requisito essenziale per consentire il suo effettivo funzionamento.

18 19Il caso. La riforma dei servizi per l’impiego in Regione Lombardia

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singoli individui. Il centro per l’impiego pubblico presenta invece un funzionamento opposto: l’operatore si prende in carico il caso del cittadino che a lui si rivolge e sfruttando una serie di contatti si impegna nella ricerca di un’occupazione a lui adatta. Il problema è che per fare questo, l’operatore del centro pubblico non ha a disposizione le numerose possibilità in termini di offerte, sia lavorative che formative, che invece possiede un centro privato.

Alla luce di tutto questo, il modello della rete è funzionale nel senso che, per come è stato progettato, dovrebbe favorire il centro pubblico nello svolgere l’incontro domanda/offerta sfruttando la condivisione delle offerte in una piattaforma informatica unica valida per tutta la rete. Allo stesso tempo dovrebbe incentivare la competitività degli enti coinvolti permettendo anche ai privati, non più solo ai pubblici, di erogare le misure speciali regionali.

Questo secondo aspetto è quello che fino a questo momento ha più messo in crisi il servizio pubblico, perchè l’erogazione di servizi sulla base dei fondi regionali era la sua prerogativa e la sua principale fonte di sostentamento: ora che anche i privati possono erogare la stessa offerta, il pubblico si trova di fronte alla necessità di migliorarsi per

1. Presentazione interna del programma LaborLab, maggio 2007

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OFFERTA/INTERAZIONEUN NUOVO PROCESSODI EROGAZIONE

Questo aspetto non ha un grande impatto sui centri pubblici, che già operavano seguendo prassi molto simili, ma lo ha sui privati, a cui viene chiesto di far convivere duplici servizi all’interno della medesima struttura. I privati da un lato continuano a svolgere come sempre le loro attività, ma dall’altro devono adottare il modello di erogazione e interazione previsto nel momento in cui forniscono i servizi di Regione.

In entrambi i casi -pubblico e privato- è comunque indispensabile comunicare all’operatore questo processo di erogazione delle doti affinchè venga applicato correttamente. Ciò non significa solo apprenderne le tappe e i momenti più significativi, ma comporta una comprensione e un’assunzione ad un livello più profondo dei valori proposti, che guidano le nuove pratiche di relazione con i beneficiari stessi.

Il primo impegno che l’operatore si assume è quello di porre il cittadino al centro della propria offerta.

All’atto pratico tutto ciò si traduce in un sistema di strumenti, di cui fanno parte la rete stessa e la dote, che sono mezzi predisposti da Regione per riuscire a costruire dei servizi speciali attorno ai singoli cittadini. La rete e la dote sono però solo le due punte dell’iceberg di questo sistema: in realtà è necessario che gli operatori assumano nuovi modelli di comportamento e di interazione con gli utenti per essere conformi ai valori di centralità della persona promossi dalla Regione.

Il nuovo processo prevede l’articolazione del momento dell’offerta in una serie predefinita di passaggi successivi: il tutto ha inizio con un primo momento di accoglienza e informazione, che si conclude con

L’erogazione della dote, ovvero dei servizi promossi e finanziati da Regione Lombardia, avviene seguendo un particolare processo, stabilito come modello standard valido per tutti i centri accreditati.

Tutti gli operatori che entrano a far parte di questo sistema regionale devono essere in grado di costruire un’interazione con l’utente basata sul processo stabilito, è quindi indispensabile che essi lo conoscano nel dettaglio e lo implementino nel modo corretto. Ogni dote ha in realtà alcune specificità che richiedono delle piccole variazioni all’interno del processo di erogazione, ma sostanzialmente il modello di base rimane sempre lo stesso ed è quello sancito da LaborLab, il primo servizio speciale lanciato de Regione lo scorso anno, che è diventato un programma pilota per la costruzione e la comunicazione di tutte le misure speciali successive.

Ma come si relaziona il modello concepito con le abituali prassi degli operatori accreditati? Per rispondere a questo interrogativo non possiamo che ricorrere ancora una volta alla distinzione tra centri pubblici e centri privati.

Mentre nel caso dei pubblici, il processo-dote diventa il modello con cui erogare servizi, nel caso dei privati si crea una sorta di doppio processo, quello abituale e quello previsto dalle misure regionali.

il Patto di Servizio se il cittadino decide di prendere parte ad uno dei programmi regionali. Avviene quindi l’assegnazione di un tutor e un colloquio di analisi dei bisogni e orientamento, al termine del quale inizia la stesura del Piano di Intervento Personalizzato, strumento cruciale per l’erogazione delle doti, che esplicita tutto ciò che verrà fatto per e con il beneficiario nei mesi successivi. In seguito si ha il momento di erogazione vera e propria delle prestazioni, attraverso una fase formativa o di apprendistato, momento in cui il tutor mantiene un costante rapporto con l’utente in modo da monitorarne le attività. Infine si procede con la stesura di una relazione finale e l’accompagnamento del beneficiario nel mondo del lavoro.

All’interno di questo processo riconosciamo due aspetti significativi e innovativi. Il primo è relativo all’assegnazione di un tutor, ovvero di una figura all’interno del centro per l’impiego che si prende in carico i beneficiari, seguendoli in ogni fase del processo dote. Il tutor diventa proprio il punto di riferimento per il singolo individuo, l’elemento che garantisce lo sviluppo di un rapporto più personalizzato con i sistemi messi a disposizione dalla Regione o dal centro stesso. Il secondo elemento di valore rispetto alla centralità dell’utente è invece quello relativo alla costruzione di un Piano di Intervento Personalizzato, costruzione che avviene mediante il dialogo tra operatore e beneficiario e che conduce all’individuazione di una serie di misure e di attività personalizzate in base delle caratteristiche e delle esigenze esibite dal singolo individuo.

L’utente non è più così il destinatario finale di una serie di servizi, ma viene integrato nel sistema molto prima, fin dal momento della costruzione delle misure d’intervento più adatte alle sue specifiche necessità.

20 21Il caso. La riforma dei servizi per l’impiego in Regione Lombardia

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TIPOLOGIAIL RUOLO CENTRALEDEGLI OPERATORI

STRATEGIAUNA PROGETTAZIONETOP-DOWN

LABORLABUN SERVIZIO NEL SERVIZIO

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I SOPRALLUOGHILA DISTANZA TRA PROGETTO E REALTÀ

INDEX

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Elementi di complessità nella comunicazione del servizio regionale text 1 pictures 0 illustrations 1 infographics 0 tools 0 notes 0

TIPOLOGIAIL RUOLO CENTRALE DEGLI OPERATORI

La loro centralità è indiscussa: essi devono prendersi in carico gli individui e supportarli con dei servizi che siano davvero strutturati attorno ad essi. Per trasformare i valori della Riforma in realtà, gli operatori hanno a disposizione un processo a cui attenersi e una serie di strumenti di supporto, che devono diventare parte delle loro prassi di erogazione.

Al di là degli specifici impegni che gli operatori si assumono nei confronti del cittadino nel processo dote, se consideriamo l’attività di un centro per l’impiego sulla base della matrice automatismo-delocalizzazione, essa si colloca tra quelle tipologie di servizio basate su un’interazione face2face che avviene sul luogo. Ciò significa che il servizio prevede un’interazione diretta tra il singolo individuo e l’operatore del centro, il quale deve possedere gli strumenti e le capacità necessarie per gestire un dialogo di questo tipo.

Nel capitolo precedente ho cercato di ripercorrere in breve cos’è questa Riforma dei centri per l’impiego e quali cambiamenti ha portato nell’erogazione dei servizi per il lavoro. Vorrei ora porre l’attenzione sugli elementi che rendono questo caso interessante dal punto di vista della comunicazione.

Gli operatori rivestono un ruolo centrale essendo il mezzo attraverso cui ha luogo l’interazione con i servizi promossi dalla Regione.

Per capire come il servizio deve essere erogato e comunicato è quindi fondamentale spostare la nostra attenzione sull’attività degli operatori e sulla comunicazione a loro rivolta.

In questo caso non si tratta solamente di gestire adeguatamente l’interazione, ma anche di farlo mettendo in pratica i principi d’innovazione su cui si fonda la Riforma.

È necessario predisporre tutti gli strumenti che consentono al cittadino di individuare e usufruire delle opportunità promosse dalla Regione, come è previsto dalle nuove politiche attive. L’operatore è uno di questi strumenti.

A questo proposito ricordiamo i ragionamenti contenuti nella prima parte della tesi e inclusi nel modello presentato relativo alla comunicazione nel design dei servizi.

Per dare vita ad un servizio efficace e ben comunicato nel momento della sua erogazione all’utente finale, che è il punto di maggior interesse perchè è il momento del contatto con i consumatori del servizio, è necessario gestire in modo adeguato tutte le forme di comunicazione che precedono quel momento, in particolare anche la comunicazione agli operatori che lo erogano, in quanto essi stessi sono una componente dell’interfaccia con cui interagisce l’utente finale.

Cerchiamo di entrare più nello specifico delle attività richieste all’operatore per comprendere meglio il suo ruolo centrale.

Il processo sancito non prevede che ricadano su di essi solamente nuove attività di tipo operativo, ma anche una serie di aspetti che hanno direttamente a che fare con la comunicazione del servizio all’utente finale e l’interazione con esso.

Tuttò ciò che l’operatore fa è in primo luogo fondamentale per dare visibilità al servizio e in un secondo momento per renderlo accessibile e usabile dal punto di vista dell’utente. Questo significa che ogni operatore deve rispettare una serie di requisiti affinchè il servizio risulti appunto visibile, accessibile, usabile, ecc. Requisiti che coinvolgono sia aspetti strutturali e organizzativi, sia aspetti di comunicazione e interazione.

Pensiamo ad esempio alla necessità che il servizio sia riconoscibile sul territorio, che non ci siano barriere fisiche, psicologiche o cognitive che ne impediscono l’accesso, che ci siano degli spazi per l’attesa e degli spazi per i colloqui individuali a tutela della privacy,... queste sono tutte misure che l’operatore deve prendere a prescindere dal processo-dote e dall’erogazione delle misure speciali, perchè rientrano in un insieme di parametri atti a garantire il “buon servizio”.

Ci sono poi tutta una serie di attività e di requisiti che al contrario sono indispensabili per consentire il contatto tra le attività di Regione e i cittadini e l’erogazione di questi servizi. L’operatore dovrà quindi promuovere queste opportunità nel centro, dargli una visibilità all’interno della propria offerta, essere in grado di spiegare all’ipotetico utente che cos’è il processo-dote e di metterlo in atto, passaggio per passaggio, assegnando un tutor all’individuo e monitorando ogni fase

lungo tutta la durata del processo stesso. Non stiamo più parlando di requisiti per un generico “buon servizio” ma di requisiti specifici per l’erogazione ed in particolare la comunicazione dei servizi offerti da Regione attraverso i singoli centri.

La centralità degli operatori e la conseguente importanza della comunicazione ad essi rivolta è qui presentata come una criticità proprio alla luce dell’esito della precedente fase di analisi. Nella prima parte della tesi ho infatti mostrato come questo tipo di comunicazione, rivolta al personale, sia spesso un punto trascurato e soggetto ai meccanismi comunicativi propri delle relazioni interne alle organizzazioni, meccanismi in genere non progettati.

Mancano strumenti efficaci a supporto di questa fase di implementazione del servizio attraverso il personale. Eppure è evidente l’esigenza di comunicare ai soggetti erogatori attraverso degli strumenti progettati, in grado di avere un effetto formativo sull’interlocutore a cui si rivolgono.

Si presenta quindi la situazione di difficoltà preannunciata in cui si ha la presenza del personale, esso riveste un ruolo fondamentale, ma non ci sono gli strumenti che riescano a comunicare adeguatamente con questi interlocutori.

Agli operatori viene destinata una comunicazione burocratica, in linea con le consuete forme di comunicazione interna, nonostante essi siano i soggetti che devono costruire l’esperienza del servizio con l’utente e che quindi devono trasformare quelle indicazioni in una serie di comportamenti effettivi.

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STRATEGIAUNA PROGETTAZIONE TOP-DOWN

Regione Lombardia non solo non ha coinvolto gli operatori nella fase progettuale, ma non si è nemmeno dotata in seguito di forme di comunicazione utili per trasmettere loro il processo stabilito.

Nel momento in cui i progettisti iniziano a parlare sempre di più di co-produzione e di strategie bottom-up per la generazione, la comunicazione e lo sviluppo di servizi, ci troviamo ancora di fronte a situazioni di questo tipo, in cui il progetto è enormemente messo a rischio dal fatto di essere stato concepito al di fuori della realtà di cui è parte. Situazione questa in cui anche la comunicazione proveniente dall’alto diventa decisiva, essendo l’unico mezzo in grado di supportare l’implementazione.

Indipendentemente dalle condizioni in cui operano i centri per l’impiego pubblici e indipendemente dagli interessi che governano le logiche dei centri privati, l’ente regionale ha messo a punto “a tavolino” questa strategia, basata sui concetti di rete e di dote, per rivoluzionare il sistema a favore del cittadino, creando una nuova concorrenza tra pubblico e privato e quindi degli incentivi da entrambe le parti per il miglioramento delle prestazioni erogate.

Il servizio pubblico si trovava infatti in una situazione stagnante:essendo l’unico ad usufruire dei fondi regionali, non si preoccupava del funzionamento eff ettivo di questi servizi. Ora non è più così, ora il cittadino può accedere ai fi nanziamenti e alle misure speciali anche attraverso i privati, e questo ha l’obiettivo di incentivare il servizio

La richiesta che viene fatta agli operatori non è di certo una richiesta poco impegnativa. Si tratta di un cambiamento più o meno sostanziale, a seconda dei casi, dei propri impegni verso l’utente e di un’evoluzione nelle attività svolte e nel modo di svolgerle in funzione del processo-dote stabilito dalla Regione.

Nel momento in cui un operatore decide di procedere con l’accreditamento, entrando a far parte della Rete dei servizi regionali, dovrà quindi uniformarsi a determinati requisiti che regolano l’erogazione di quei servizi.

Data la centralità del suo ruolo all’interno del processo e rispetto all’utente fi nale e data la necessità che egli modifi chi le proprie abituali prassi, si presenta un evidente tema di comunicazione. Come spiegare agli operatori tutto questo? Come colmare questo divario tra il progetto e la realtà?

Forse ancora prima di rispondere a questi quesiti ci dobbiamo chiedere se esiste e perchè esiste questo divario.

Ricordo le parole di Sean Miller, di Live|Work, perchè durante la nostra conversazione io gli chiesi come loro gestivano la comunicazione con il personale del servizio in fase di implementazione, sapendo che anche Live|Work si stava occupando di progettazione nell’ambito di servizi pubblici. Lui mi parlò di co-progettazione, dell’importanza e della necessità di coinvolgere queste persone nel progetto per poter da un lato sviluppare un servizio che fosse in linea anche con le loro aspettative ed esigenze e dall’altro lato infondere in loro la conoscenza e la consapevolezza delle motivazioni di ogni decisione presa, per agevolare la successiva messa in pratica ed erogazione del servizio. In base alle sue parole, l’unico metodo effi cace per la formazione del personale è proprio il suo coinvolgimento nella progettazione stessa del servizio.

pubblico a migliorare le propria attività per allinearsi al privato ed essere competitivo. Sicuramente la direzione è corretta -è così che funziona in molti stati della Comunità europea- ma si è tradotta in un sistema che fi no a questo momento ha creato più diffi coltà che vantaggi al centro pubblico.

Il servizio pubblico, che opera con un’utenza più disagiata di quella dei privati, in strutture che spesso non rispondono nemmeno a delle norme basilari di accessibilità e usabilità degli spazi e soprattutto che non ha a disposizione un grande database di aziende (che è invece la base dell’attività di un privato) fatica a sostenere la conocorrenza creata dal modello regionale.

Dall’altro lato, la Riforma impone ai privati un processo che dal punto di vista pratico si inserisce bene nelle attività normalmente svolte, ma che ne ribalta l’approccio. Gli interessi in gioco sono ben altri rispetto alla centralità dell’utente e alla costruzione delle misure personalizzate promosse dalla Regione. La logica di base su cui si fonda l’attività di un privato non è di certo quella di supportare le persone: le agenzie per l’impiego non lavorano per i cittadini, ma lavorano per le imprese, sono le aziende i loro clienti e sono le aziende che pagano la loro attività.

Tutti i processi che si innescano all’interno di un centro privato nascono dalla necessità di trovare persone da collocare nelle aziende che esibiscono richieste specifi che, mentre, come sappiamo, le misure regionali proclamano un percorso esattamente inverso, in cui il punto di partenza non sono le richieste delle aziende ma i bisogni del cittadino.

Cosa è successo quindi dal momento in cui è stato inaugurato LaborLab, il primo programma regionale basato sul meccanismo della dote, ad ora? I centri pubblici faticano ad allinearsi in termini di qualità del servizio off erto ai centri privati, soff rendo una perdita

delle entrate legate a questi fi nanziamenti regionali. I centri privati hanno continuato sostanzialmente ad erogare i loro servizi, ricevendo fondi dalla Regione qualora i casi trattati rientravano nei requisiti del programma regionale. L’eff ettivo utilizzo delle doti a supporto del cittadino e di una personalizzazione dell’off erta grava completamente sul buon senso del singolo operatore.

Ho ritenuto opportuno accennare a questi temi che riguardano il modo in cui la Riforma è stata formulata e messa in atto perchè hanno inciso molto sul tipo di servizio proposto e sulla sua erogazione. In realtà questi problemi riguardano politiche e strategie decisionali che qui non verranno approfondite, mentre ci occuperemo in seguito esclusivamente della comunicazione di questo modello e di come, in una situazione di questo tipo, gli strumenti comunicativi siano l’unico mezzo attraverso cui è possibile trasformare le decisioni provenienti dall’alto in un concetto o un processo reale.

26 27Elementi di complessità nella comunicazione del servizio regionale

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LABORLABUN SERVIZIO NEL SERVIZIO

visibili e riconoscibili all’interno dei singoli centri.

Alla luce di tutto ciò è fondamentale progettare questa identità della rete, che ancora non esiste, e far sì che gli operatori accreditati la esibiscano, così come esibiscono e utilizzano tutti gli strumenti che Regione mette loro a disposizione per l’erogazione dei propri servizi.

Questo è un tema delicato proprio perchè la nuova identità della rete va ad inserirsi in contesti già caratterizzati da una propria identità specifica non modificabile, soprattutto nel caso dei centri privati.Viceversa i centri pubblici, dominati dalla confusione e dalla non-identità tipica delle istituzioni italiane, potrebbero cogliere l’occasione per essere uniformati, aderendo in modo significativo all’identità della rete. Questo non sarebbe affatto scorretto, perchè la rete e la dote diventano i meccanismi con cui il servizio pubblico eroga tutti i propri servizi, e inoltre perchè darebbe una maggiore identità e visibilità a questi centri la cui esistenza è scarsamente percepita sul territorio.

Cosa significa costruire un’identità dentro l’identità e quindi comunicare il servizio nel servizio?

Ci occuperemo poi dell’aspetto progettuale vero e proprio, ma possiamo già immaginare quali siano i requisiti necessari per questa doppia comunicazione. Il sistema regionale dovrà essere nominato in modo univoco e contraddistinto da un segno di riconoscimento che lo renda visibile e identificabile dall’utente. Questo segno di riconoscimento dovrà quindi essere applicato all’esterno di ogni singolo centro, per identificare i luoghi accreditati e distinguerli da quelli non accreditati, e su tutto il materiale informativo prodotto dalla Regione. L’operatore ha un compito importantissimo, che è quello di dare visibilità a questo segno e a questo materiale informativo all’interno del centro e di diventare egli stesso un canale, attraverso il dialogo, per divulgare informazioni riguardo alle doti e agli impegni assunti da Regione. L’obiettivo è quello di strutturare la comunicazione in modo che le informazioni giungano al cittadino, che egli riconosca la rete e il sistema e che sia in grado di accedere ai servizi da esso proposti.

Comunicare i programmi regionali, di cui LaborLab è un esempio, ed il loro processo di erogazione, richiede il confronto con un’ulteriore problematica, tanto considerando il lato operatore quanto quello utente.

LaborLab e le misure speciali promosse da Regione attraverso la dote sono infatti una sorta di servizio nel servizio, ovvero utilizzano come canale di erogazione, e quindi come canale per arrivare al cittadino, un sistema composto da centri che già erogano altri servizi. In particolare i centri per l’impiego, ma anche gli enti formativi e le scuole, sono i soggetti coinvolti che si trovano a sovrapporre i servizi relativi alla dote alle loro abituali attività.

La sovrapposizione tra servizi grava a livello operativo sulle prestazioni svolte, ma grava ancora di più sull’aspetto comunicativo, soprattutto se si considerano gli operatori come uno dei principali veicoli attraverso cui rendere il servizio visibile e riconoscibile agli utenti finali.

Aderendo al programma regionale, gli operatori entrano a far parte di una rete che eroga i servizi-dote, pur mantenendo la propria identità individuale. Ma come è possibile per il cittadino riconoscere la rete e i centri accreditati attraverso cui accedere alle doti se ognuno mantiene la propria identità singola? La comunicazione del sistema è un problema che sicuramente ci dobbiamo porre e che ha un impatto sulla comunicazione stessa dei singoli centri partecipanti. Se ognuno mantiene, come si è detto e come è giusto che sia, la propria identità, dovrà comunque essere costruita un’altra identità parallela che accompagni la comunicazione dei servizi offerti dalla rete, rendendoli

28 29Elementi di complessità nella comunicazione del servizio regionale

“Alla luce del nuovo quadro normativo, il Programma LaborLab rappresenta la prima attuazione della legge regionale 22/06 e lo schema di riferimento per sviluppare un modello di governance per la gestione delle politiche attive del lavoro.”

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I SOPRALLUOGHILA DISTANZA TRA PROGETTO E REALTÀ

Abbiamo osservato gli aspetti di identità e visibilità del servizio sul territorio e di identità e visibilità dei servizi regionali al suo interno; elementi di accessibilità che coinvolgono tanto la sfera fisica, quanto quella psicologica e infine quella cognitiva; aspetti di usabilità del servizio da parte dell’individuo ed in particolare di usabilità del processo LaborLab; fattori di trasparenza rispetto alle attività del singolo centro ma anche rispetto alle offerte regionali e infine elementi di personalizzazione dell’offerta, nell’ottica di una maggiore centralità dell’individuo.

La rilevazione ci ha consegnato una grande quantità di informazioni e soprattutto la consapevolezza che c’era ancora molto da fare affinchè il modello di LaborLab diventasse una prassi consolidata all’interno dei centri.

I casi positivi che abbiamo incontrato, ricordo in particolare Adecco di Brescia e il centro pubblico per l’impiego di Leno (BS), erano casi in cui era evidente come la personalità e la capacità dell’operatore responsabile erano i principali fattori nel determinare il funzionamento e l’efficienza del centro. Questi sono anche i casi in cui il processo LaborLab veniva erogato nel modo corretto.

L’altro lato della medaglia è rappresentato da tutti quegli operatori che invece sono totalmente disinteressati al servizio che svolgono nei confronti del singolo ed orientati alla logica aziendale; questi sono anche i casi in cui la dote viene usata in modo inappropriato per finanziare corsi e inserimenti lavorativi non in funzione delle esigenze del cittadino ma delle esigenze delle imprese.

Se avessimo dovuto immaginare un processo di progettazione del servizio, sicuramente avremmo previsto un coinvolgimento degli operatori nella fase di ideazione del programma e avremmo iniziato il ragionamento partendo da un’analisi approfondita delle dinamiche e dei meccanismi che governano il mondo dei servizi per il lavoro. Nella realtà invece il personale non è mai stato coinvolto ed il progetto non è di certo partito da un’osservazione dell’esistente.

Una fase di osservazione in realtà c’è stata, ma solo a posteriori, quando ormai il programma era stato definito e implementato. Solo dopo il lancio di LaborLab, sono stati condotti questi sopralluoghi con l’obiettivo di rilevare la situazione attuale e stabilire i requisiti necessari per l’erogazione del servizio, in linea con i principi promossi dalla Riforma.

L’osservazione è avvenuta selezionando un campione di centri pubblici e privati nelle varie province lombarde e svolgendo dei sopralluoghi presso questi centri per valutare il tipo di attività svolta e la coerenza rispetto al modello.

Durante le visite, ARIFL, attraverso un investigatore incaricato, osservava le attività svolte rispetto a dei livelli essenziali di prestazioni che l’operatore accreditato deve presentare nelle diverse fasi del processo di erogazione della dote. Contemporaneamente noi di Domus Academy assistevamo al sopralluogo cercando di catturare il maggior numero possibile di informazioni rispetto al tema dei requisiti minimi per la comunicazione del servizio e dell’interazione con l’utente. Per fare questo ci siamo costruiti una griglia di analisi basata sulle Linee Guida per l’Interazione individuate da Elena Pacenti nel corso della sua tesi di Dottorato e abbiamo utilizzato questa griglia sia per valutare gli aspetti relativi alla comunicazione del singolo centro, sia per valutare gli aspetti relativi alla comunicazione della rete e dei servizi di Regione all’interno dei centri.

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1-2-3-6. Agenzia Adecco di Brescia4-5-6. Centro per l’impiego di Leno (BS) 8. Centro per l’impiego di Pavia

31Elementi di complessità nella comunicazione del servizio regionale

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INDEX

PROMOZIONE vs.INFORMAZIONEIL KIT LABORLAB

STRATEGIAGLI STRUMENTI

PROMOZIONE vs.INFORMAZIONEUN USO IMPROPRIO

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Come è stato comunicato il sistema di servizi regionali text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 6 notes 0

STRATEGIAGLI STRUMENTI

Gli operatori hanno sopperito alla mancanza di strumenti e di canali di comunicazione utilizzando quegli stessi strumenti e canali di comunicazione destinati all’utente del servizio.

Ovviamente questo ha posto rimedio alla situazione, ma non è di certo la soluzione ottimale, proprio perchè utente e operatore sono due interlocutori completamente diversi. È prima di tutto diverso il ruolo che essi ricoprono e il valore che portano all’interno del servizio e dell’esperienza del servizio. Questo si traduce nella necessità di ricevere informazioni di tipo differente: da un lato l’operatore deve conoscere nel dettaglio le prestazioni offerte, il sistema che le supporta, e le modalità d’interazione, per poter assumere un corretto comportamento in fase di erogazione. Dall’altro lato l’utente ha la necessità di ricevere una comunicazione appropriata affinchè egli possa conoscere il servizio, in termini di offerta, e usufruirne dando vita ad un’esperiena di interazione piacevole e soddisfacente. La differenza tra i due interlocutori investe anche il tema del linguaggio e del livello cognitivo: l’operatore conosce un lessico e delle procedure che fanno parte del mondo dei servizi per l’impiego che sicuramente l’utente invece non conosce. La richiesta di sistemi comunicativi appropriati e differenti è quindi legata sia ai diversi ruoli ricoperti, e quindi alle diverse finalità, sia al divario cognitivo e di linguaggio presente tra i due soggetti.

Vediamo quindi quali sono state le misure di comunicazione prese nei confronti dell’utente che poi sono divenute fonti di informazione anche per gli stessi operatori, per poi analizzare in modo più appronfondito il contenuto di questo Kit LaborLab, che ha svolto il ruolo principale a tal proposito, unendo appunto funzione promozionale per l’utente e informativa per l’operatore.

Dopo aver ripercorso tutti gli aspetti innovativi che appartengono a questo nuovo sistema di erogazione dei servizi regionali e dopo aver illustrato come esso si colloca rispetto alle attuali prassi degli operatori, sia dal punto di vista delle prestazioni proposte che da quello dell’interazione messa in atto, passiamo ad analizzare come tutto questo è stato comunicato ai diretti interessati.

Non sono stati progettati strumenti di comunicazione per gli operatori.

L’attenzione si è concentrata interamente sulla comunicazione agli utenti finali, i destinatari delle misure speciali, scavalcando così un passaggio indispensabile per l’implementazione del servizio. L’adeguata formazione degli operatori è infatti condizione necessaria e indispensabile affinchè il servizio esista e sia pronto a soddisfare le esigenze dei cittadini.

Questo caso è esemplificativo di una situazione diffusa, soprattutto nel servizio pubblico e più in generale nel mondo dei servizi, per cui non viene rivolta attenzione alla comunicazione interna, al personale di erogazione, nonostante esso sia un anello fondamentale di comunicazione anche verso l’utente.

Venendo a mancare questi passaggio di comunicazione interna, viene a mancare il collegamento tra il modo in cui il servizio è stato concepito e il modo in cui il servizio viene erogato nella realtà.

Regione Lombardia non ha quindi previsto alcuna forma di comunicazione del cambiamento in atto, ma ha predisposto una serie di strumenti rivolti all’utente nel momento del lancio di LaborLab, il primo programma improntato sul nuovo sistema. Questi strumenti sono racchiusi in un kit LaborLab, distribuito ai vari centri per promuovere il programma al loro interno. Attraverso questi strumenti di promozione gli operatori stessi sono venuti a conoscenza del programma in modo più approfondito.

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far vedere

far capire

comunicazione agli utenti

far vedere

far capire

far fare

comunicazione agli operatori

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Non essendo stata progettata una vera e propria strategia di comunicazione rivolta all’operatore e concepita per illustrare il nuovo modello di erogazione dei servizi, è nata questa forma di utilizzo improprio degli strumenti comunicativi destinati all’utente, che sono divenuti il mezzo attraverso cui lo stesso operatore ha appreso il programma regionale.

Tutte le rifl essioni qui contenute prendono come punto di riferimento LaborLab perchè esso è stato il primo Programma avviato da Regione, quindi il primo momento in cui sia utenti che operatori sono entrati in contatto con questo nuovo sistema. Inoltre da quel momento, le doti erogate da Regione hanno continuato a sfruttare gli stessi canali di comunicazione, tant’è che esse vengono tutte in modo errato associate al nome LaborLab, ma questi sono altri problemi di gestione delle misure speciali e della loro erogazione che non sono ancora stati aff rontati e di cui per ora non ci occuperemo.

Prendendo LaborLab come caso rappresentativo e come modello sulle cui tracce sono stati comunicate le altre doti, analizziamo in particolare alcuni elementi che hanno contraddistinto la comunicazione all’utente e in modo improprio all’operatore: il naming, fondamentale per presentare al pubblico un oggetto sconosciuto, diventando il primo signifi cativo elemento di riconoscimento; il progetto di identità come strumento per costruire una visibilità del servizio offerto; il kit LaborLab, inviato ai diversi operatori per promuovere il servizio all’interno del centro e infi ne il sito web, utilizzato come strumento informativo per gli utenti e operativo per gli enti erogatori.

L’operatore si è costruito un modello del funzionamento del servizio attraverso gli strumenti di promozione destinati ai cittadini.

Un’impresa praticamente impossibile dal momento che nessuno di questi strumenti spiega all’operatore cosa egli debba fare, qual è il suo ruolo, quali sono i cambiamenti previsti dal suo punto di vista e qual è l’impegno assunto aderendo a questi programmi. Non solo abbiamo a che fare con una serie di strumenti destinati ad un altro interlocutore e con funzionalità diverse, ma per di più una serie di strumenti così mal progettati da risultare di dubbia effi cacia anche nell’ambito stesso della comunicazione all’utente per cui sono stati concepiti.

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PROMOZIONE vs. INFORMAZIONEUN USO IMPROPRIO

naming Il naming è sicuramente fondamentale nel mondo dei servizi e possiamo segnalarlo come un punto ancora irrisolto nel caso della comunicazione delle misure speciali promosse da Regione Lombardia.

LaborLab non individua infatti le misure di accompagnamento regionale ma solo uno dei programmi previsti, il primo, e risponde alla necessità di dare rilievo ai concetti di progettualità (Laboratorio) e di lavoro (Labor) propri di quella particolare misura di accompagnamento.

Indipendentemente dal fatto che i giochi sonori e i doppi sensi generati possono dare origine a delle incomprensioni più che fornire elementi di maggiore chiarezza, l’uso del termine LaborLab è andato oltre il concetto iniziale a testimoninanza della scarsa consapevolezza e della superfi cialità con cui è stata aff rontata questa scelta.

Quello che succede è che ora anche le altre doti vengono erroneamente denominate così da operatori e utenti. Una comunicazione iniziale, rivolta in particolare agli operatori, di supporto nella comprensione della riforma e dei singoli programmi, avrebbe sicuramente evitato questo tipo di inconvenienti.

identityLo stesso discorso con cui abbiamo presentato l’operazione di naming, vale anche per il progetto di un’identità visiva dei servizi speciali di Regione. Così come è accaduto per il nome, non esiste ancora un riconoscimento visivo per le doti erogate, ma è stato fatto questo progetto -molto forte, istituzionale e completo- di immagine coordinata per il programma LaborLab. Non è seguito però un medesimo progetto per le successive misure di accompagnamento, così che tutto è in questo momento caratterizzato da un’identià ibrida e non ben defi nita.

La comunicazione di LaborLab è invece stata supportata da questo progetto di identità che si è rilevato a suo modo effi cace per uniformare tutti i materiali comunicativi e per rendere in qualche modo riconoscibile l’intero programma regionale ad operatori e utenti.

Il tema è ora quello di capire se ha senso creare un’identità di rete a prescindere dal caso LaborLab e come far vivere i singoli programmi all’interno di un riconoscimento che contraddistingua in senso complessivo l’erogazione delle doti.

kit di comunicazioneLa creazione della rete è stata subito seguita da una campagna di comunicazione rivolta ai potenziali utenti in ambito regionale attraverso la distribuzione di materiale informativo (pieghevoli, locandine, fl yer, vetrofanie), materiale reperibile all’interno dei centri accreditati e in spazi comuni come lo Spazio Regione. Ancora una volta notiamo come tutto questo materiale non spiegava in alcun modo all’utente il sistema, ma direttamente il programma LaborLab.

Questo kit contiene quindi materiale promozionale e informativo rispetto ai contenuti e alle fi nalità del programma con l’obiettivo di aiutare il pubblico nell’individuare le opportunità a lui destinate e di introdurlo nel concetto di rete, da utilizzare per la libera scelta degli operatori a cui rivolgersi.

Rimane aperta la questione relativa alla reale effi cacia di tutto questo materiale informativo, chiedendosi se davvero è in grado di “incontrare” il pubblico e di comunicare ad esso. Inoltre, rispetto all’operatore, le informazioni qui fornite non sono così rilevanti, trattandosi di strumenti promozionali destinati all’utente generico.

web siteNel caso di LaborLab si è arrivati addirittura alla creazione di un sito di Programma e ancora una volta l’artefatto è stato realizzato senza nessun tipo di progetto, diventando uno strumento inutilizzabile.

Innanzitutto, come nel caso degli altri strumenti, non sono mai stati creati siti per i successivi Programmi-Dote, quindi tutto il materiale informativo necessario -anche quello relativo ad altri servizi regionali- è fi nito su LaborLab, che è diventato una specie di sito raccoglitore di tutte le doti. Ancora una volta uno strumento nato con un obiettivo, l’ha poi perso strada facendo.

Il sito è oltretutto inutilizzabile dal punto di vista dell’architettura delle informazioni: i contenuti rivolti all’utente e quelli rivolti all’operatore si intrecciano continuamente, senza riuscire ad indirizzare nè l’uno nè l’altro verso ciò che interessa loro. Oltre ad un problema di architettura del sito, emerge un problema di lebelling, per cui le diverse aree non sono nominate in modo comprensibile e tutto ciò rende la navigazione problematica e il sito stesso non usabile (senza parlare dell’aspetto grafi co che non supporta in alcun modo la fruizione stessa).

Come è stato comunicato il sistema di servizi regionali

Page 112: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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1. Il tangram contenuto nel kit LaborLab destinato agli operatori accreditati2. Un dettaglio dello storyboard che racconta il processo di erogazione della dote3. L’insime degli artefatti comunicativi contenuti nel kit LaborLab

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PROMOZIONE vs. INFORMAZIONEIL KIT LABORLAB

In ogni caso, se volessimo analizzare questi strumenti rispetto al modello proposto, vediamo come tutta l’azione comunicativa sia affidata ad artefatti finalizzati al far capire e al far vedere. Tutti strumenti che scelgono come canale di comunicazione quello del materiale informativo sotto forma di brochures o poster. Ma pensiamo alle miriadi di opuscoli e locandine normalmente presenti in un centro per l’impiego: i messaggi e le informazioni si sovrappongono a tal punto da comprometterne la ricezione stessa da parte del pubblico a cui sono destinate.

Un ulteriore problema è quello legato al linguaggio -parlo soprattutto di linguaggio verbale - su cui è costruita la comunicazione. Da un lato compare il tema dell’abolizione del linguaggio specialistico, che può compromettere la reale comprensione del messaggio da parte degli utenti finali. Dall’altro lato emerge invece il tema di identificare in modo univoco un interlocutore a cui rivolgersi nel progettare questo tipo di strumenti, onde evitare che si mescolino in un unico oggetto aspetti che interessano l’utente, aspetti che interessano l’operatore e aspetti che interessano l’ente regionale stesso

Una riflessione infine sullo storyboard, che è sicuramente una direzione corretta per tradurre in un racconto visivo il processo. La visualizzazione delle informazioni non deve però diventare sinonimo di un’eccessiva semplificazione dei concetti, anzi dovrebbe essere un’occasione per chiarire dei passaggi difficili da comprendere. Viceversa il risultato in questo caso è quello di approdare ad un racconto che non corrisponde più ad una rappresentazione dell’interazione reale perche è privato di ogni informazione che vada oltre il livello elementare descritto.

Ripercorriamo quanto è accaduto. Regione Lombardia, ed in particolare ARIFL -l’ente che promuove queste misure speciali- ha avviato un’azione comunicativa via e-mail per annuniciare la possibilità per i centri per l’impiego di accreditarsi al sistema regionale diventando parte della rete di enti erogatori dei servizi promossi dalla Regione stessa. Ai centri che si sono così accreditati, sono stati inviati questi kit LaborLab, che contengono tutto il materiale promozionale ritenuto necessario per comunicare agli utenti il nuovo Programma finanziato dalla Regione.

Il kit contiene degli strumenti in realtà totalmente indatti ad informare l’operatore, ma questo uso improprio è stato causato dall’assenza di altre forme di trasmissione delle informazioni, che allo stesso tempo avevano la necessità di conoscere il processo con cui erogare questi servizi speciali.

Dagli strumenti promozionali l’operatore non può apprendere nulla -o quasi- riguardo ad attività, valori, modalità d’interazione e procedure.

Nel kit troviamo: una vetrofania da applicare sulla facciata esterna del centro per rendere indentificabile al pubblico il centro stesso come un punto di erogazione dei servizi regionali, un espositore e delle brochure che spiegano all’utente interessato cos’è il programma LaborLab, a chi è rivolto e come fare a parteciaparvi, un poster di promozione del programma e uno storyboard che mette in mostra il tipo di interazione che si crea tra utente e operatore in un ipotetico percorso di erogazione della dote.

Non dimentichiamo infine il tangram inserito all’interno del kit, questa volta destinato per davvero agli operatori, riprendendo il simbolo su cui è stata costruita l’identità visiva del programma (qualsiasi commento risulterebbe inadatto).

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I materiali promozionali sono l’unico elemento di visibilità del programma regionale e della rete stessa di servizi.

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Come è stato comunicato il sistema di servizi regionali

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INDEX

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INTERVENTOPROGETTUALE. DALLADESCRIZIONE TESTUALE AL RACCONTO VISIVO

TRA BLUEPRINT ESTORYBOARDLA MAPPA DEL PROCESSO

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IL LINGUAGGIO DELLANOTAZIONE PROGETTUALENELLA COMUNICAZIONEAGLI OPERATORI

UN NUOVO STRUMENTOIL VADEMECUM

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PROTOTIPO. LA MAPPA COME STRUMENTOD’INTERAZIONE

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, Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo text 1 pictures 0 illustrations 0 infographics 1 tools 1 notes 0

UN NUOVO STRUMENTOIL VADEMECUM

Regione Lombardia ha esteso dunque all’operatore l’oggetto tipico delle comunicazioni interne che dominano l’istituzione pubblica. Un report lunghissimo, dettagliato e ridondante, che spiega all’operatore come funziona il processo di erogazione della dote.

La finalità comunicativa è quella di far comprendere all’operatore il processo, in modo che egli si costruisca un modello mentale del servizio che eroga e possa trasformare queste conoscenze in una serie di comportamenti, azioni e decisioni.

Ricordiamoci a tal proposito della finalità cognitiva e della finalità comportamentale di cui abbiamo parlato nella prima parte della tesi. Ci chiediamo quindi, rispetto a quello che dev’essere il risultato finale, come comunica questo vademecum. Ci troviamo nella sfera della comunicazione finalizzata ad una comprensione simbolica, la scelta effettuata è quella di descrivere attraverso i segni linguistici l’intero processo.

La prima riflessione a questo proposito riguarda proprio la modalità comunicativa scelta, perchè ciò che ne deriva è una descrizione sicuramente meticolosa e rispettosa di ogni elemento, ma allo stesso tempo impegnativa, poco scorrevole da leggere, piena di rimandi e di ripetizioni che creano più confusione che chiarezza.

Il vademecum così formulato richiede all’operatore un grande impegno per la sua lettura e comprensione, oltre che una quantità di tempo considerevole. Se volessimo conservare un racconto di questo tipo ma migliorare la sua fruizione potrebbe essere interessante progettare diversamente l’artefatto in modo da favorire proprio la sua

In questa situazione, si è presentata l’esigenza di uno strumento rivolto esclusivamente all’operatore che descrivesse in modo adeguato il processo di erogazione delle doti. Qualcosa che illustrasse nel dettaglio il tipo di attività e d’interazione richiesta, sia a livello pratico, indicando procedure, documenti e strumenti, sia a livello qualitativo, esplicitando i valori ed i principi coinvolti.

Le procedure, i documenti, gli strumenti, i valori, i principi e le modalità d’interazione hanno trovato spazio all’interno del vademecum.

Approdare a questo risultato non è stato un semplice compito per la Regione. La difficoltà principale, che ha dilatato i tempi di produzione del vademecum, è attribuibile alle continue variazioni e modifiche apportate al processo di erogazione della dote, che è tuttora una procedura in via di definizione. Questo ha appunto causato un prolungamento continuo dei tempi necessari per la sedimentazione delle varie componenti del processo all’interno di uno strumento comunicativo.

Ma cos’è questo vademecum? Quale è stato l’output finale di questo grande sforzo di descrizione del processo?

Il vademecum è un documento in versione pdf, scaricabile dal sito internet di LaborLab, con una lunghezza pari a circa 150 pagine.

La lunghezza del documento è variabile perchè in realtà per ogni dote è stato prodotto uno specifico vademecum, nonostante i processi siano sostanzialmente gli stessi con alcune minime variazioni.

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lettura, prevedendo ad esempio la possibilità che il lettore scelga più facilmente quali contenuti desidera approfondire e quali no.

Un altro aspetto che è utile valutare è quello relativo al mezzo di comunicazione scelto, ovvero il documento testuale; un mezzo largamente diffuso in questo genere di comunicazioni. Questo può essere un vantaggio per la familiarità che l’operatore ha con queste forme di comunicazione, ma dall’altro lato può avere un effetto negativo di dispersione nel vasto numero di documenti che circondano l’operatore stesso.

Se infine spostiamo l’attenzione sul tema del linguaggio, emergono le maggiori problematiche. Il vademecum si è portato al suo interno tutta una serie di termini specialistici derivati dalle comunicazioni regionali, termini che rendono la descrizione del processo molto più difficile da leggere e comprendere per chi non ha una buona familiarità con quel linguaggio.

far capire

comunicazione agli operatori

far vedere

far fare

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INTERVENTO PROGETTUALEDALLA DESCRIZIONE TESTUALE AL RACCONTO VISIVO

Visualizzare il processo aiuta l’operatore a comprendere in modo più immediato il sistema stesso, mettendo in evidenza le fasi, gli strumenti e i valori in gioco.

Consapevoli che una rappresentazione visiva non poteva contenere la quantità di informazioni raccontate nel vademecum, non abbiamo mai pensato di sostituire quello strumento, ma semplicemente di accostarvi un artefatto che ne facilitasse la comprensione e l’utilizzo da parte dell’operatore.

Nel progettare questo strumento abbiamo tenuto in considerazione un altro importante aspetto: il momento di interazione tra operatore e utente. In effetti durante il colloquio di orientamento l’operatore deve spiegare all’utente quale sarà questo percorso finanziato dalla dote regionale e di certo non è semplice descrivere verbalmente un iter così lungo e complesso.

Il linguaggio burocratico presente all’interno del vademecum si presenta come un ostacolo per la comprensione dei contenuti da parte degli operatori. La trasmissione del processo è allo stesso tempo un nodo cruciale da risolvere per permettere la corretta erogazione delle doti e lo sviluppo di adeguate strategie d’interazione con gli individui.

È nata così l’idea di tradurre il vademecum in un artefatto differente, che eliminasse il problema del linguaggio burocratico e che rendesse la comprensione del processo più immediata.

La costruzione di una versione schematica del percorso-dote diventa un’opportunità per raggiungere questo obiettivo e per fornire all’operatore una guida che agevoli la lettura del vademecum stesso.

Spostiamo quindi il focus della comunicazione da una modalità incentrata sul far capire, ad una incentrata sul far vedere: dalle centocinquanta pagine di testo scritto ad una rappresentazione visiva unica del processo; da un artefatto improntato sul linguaggio burocratico ad una forma di comunicazione più accessibile e comprensibile anche per i soggetti esterni all’ente regionale.

La comunicazione visiva presenta delle potenzialità enormi, legate al concetto di architettura delle informazioni e alle tecniche di rappresentazione dei processi complessi.

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Questo stesso strumento di rappresentazione schematica può diventare un supporto all’interazione tra operatore e utente, un supporto che supporta l’operatore nel descrivere al beneficiario il percorso dote, mostrandogli le tappe fondamentali e favorendo un suo orientamento all’interno del processo.

Il vademecum diventa così uno strumento di condivisione del processo tra operatore e beneficiario.

Questo spiega perchè nello spostare il vademecum all’interno della mappa esso va ad occupare una posizione intermedia tra il far vedere e il far fare: uno strumento di visualizzazione del percorso e allo stesso tempo un artefatto su cui costruire il dialogo.

Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo

far capire

far fare

comunicazione agli operatori

far vedere

Page 116: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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TRA BLUEPRINT E STORYBOARDLA MAPPA DEL PROCESSO

con l’altra. Ci sono poi attività svolte proprio in contemporanea che vengono individuate lungo lo schema come momenti di contatto tra le due fi gure, proprio come previsto in un blueprint.

L’altro modello riconoscibile nella rappresentazione è lo stoyboard, inteso come racconto per fasi successive.

In questo senso il tentativo di ottenere una visualizzazione iconica di alcuni elementi ha proprio l’obiettivo di attribuire una maggiore fi guratività al racconto e quindi una maggiore immediatezza interpretativa. In particolare sono stati rappresentati attraverso dei pittogrammi gli strumenti coinvolti, che contraddistinguono ogni singolo passaggio all’interno del percorso scandendo il processo e dando visibilità alle evidenze del servizio con cui utente e operatore stabiliscono un contatto diretto.

La visualizzazione del processo è stata costruita partendo dalla lettura del vademecum, da cui è iniziata una faticosa opera di schematizzazione delle fasi e delle procedure, una schematizzazione che si è snellita nel tempo, mano a mano che gli elementi venivano posizionati e defi niti con maggiore chiarezza.

Partendo dalla lettura del vademecum, uno dei primi risultati è stato una sorta di blueprint molto sintetico.

Questa, che vediamo qui sotto, e che poi è diventata la versione defi nitiva, è già un’evoluzione di quei primi grafi estrapolati dal testo del vademecum. In comune con il tradizionale blueprint del servizio è rimasta sicuramente la linea temporale lungo cui si snoda il racconto, che ripercorre cronologicamente le fasi di erogazione di un intero processo-dote. Inoltre anche qui abbiamo la presenza di un doppio canale di attività, quello dell’utente e quello dell’operatore, ognuno svolge specifi che azioni, spesso in diretta corrispondenza l’una

46 47Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo

La rappresentazione del processo riprende il modello dello storyboard, inteso come racconto dell’interazione nel tempo, e il modello del blueprint, caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di attori, di una linea di visibilità e dei touchpoint.

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IL LINGUAGGIO DELLANOTAZIONE PROGETTUALENELLA COMUNICAZIONE AGLIOPERATORI

48 49Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo

Page 118: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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PROTOTIPOLA MAPPA COME STRUMENTO D’INTERAZIONE

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Il percorso visualizzato è diventato una mappa pieghevole, da sfogliare o da utilizzare come piattaforma di dialogo.

La rappresentazione è inoltre completata e supportata da un livello didascalico che racconta i valori coinvolti nelle rispettive fasi, mettendo in evidenza i principi su cui l’operatore dovrebbe basare l’interazione.

Questo strumento è stato progettato ed approvato dall’ente regionale ma non è per ora stato realizzato. Approfi tterei di questo fatto per aprire una breve parentesi sui vincoli a cui è soggetto un progetto reale, che ha delle esigenze in termini di costi e di tempi che non possono non essere considerate. Queste restrizioni aumentano ancora di più quando il committente, come in questo caso, è un ente pubblico, governato da gerarchie che non possono mai essere scavalcate e che richiedono tortuosi passaggi di informazioni prima di giungere ad una decisione o una risposta di qualsiasi tipo. Il progetto reale è interessante proprio per tutti questi elementi che lo governano, perchè progettare signifi ca anche riuscire a produrre l’artefatto migliore muovendosi all’interno dei confi ni stabiliti. In questo senso vorrei che gli artefatti qui presentati non vengano considerati e valutati senza pensare al contesto in cui si collocano e ai limiti posti dall’ente istituzionale di riferimento.

I punti di accesso alla mappa sono i tre attori coinvolti nel processo di erogazione dei servizi: ARIFL, operatore e beneficiario.

Questi attori sono utili per identifi care fi n dall’inizio i ruoli all’interno del processo e scegliere il percorso di lettura in base al proprio ruolo. Questo tipo di confi gurazione è utile per l’operatore per comprendere le attività che dovrà svolgere, ma anche il tipo di relazione che dovrà instaurare con l’utente da un lato e con l’ente regionale dall’altro. Ribaltando il punto di vista e assumendo la prospettiva dell’utente, visualizzare il percorso dell’operatore a fi anco al proprio è un modo per percepire con trasparenza il sistema che supporta l’erogazione del servizio.

I percorsi rappresentano, attraverso il loro avvicinamento e allontanamento reciproco, l’andamento dell’interazione tra i diversi attori.

Essi non sono quindi fl ussi rigidi, ma percorsi fl essibili che si avvicinano e allontanano l’un l’altro a seconda della maggiore o minore interazione tra gli attori. I punti raffi gurati lungo le intersezioni tra i percorsi sono i nodi principali della relazione, i nodi che sanciscono il passaggio da una fase a quella successiva. La rappresentazione diventa in questo modo estremamente comunicativa rispetto alla natura del percorso e alla sua evoluzione nel tempo.

In realtà il nostro intervento non si è limitato alla costruzione dello storyboard o blueprint del percorso, ma è diventato il progetto di un artefatto comunicativo che contiene questa visualizzazione e che la rende visibile all’operatore e condivisibile dal medesimo con l’utente.

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1. Il prototipo creato in relazione con uno degli oggetti comunicativi prodotti da Regione per la promozione di LaborLab2-3. Immagini dell’apertura del pieghevole che presenta la mappa nella parte superiore e una didascalia con la descrizione degli elementi di qualità e degli strumenti coinvolti nella parte sottostante

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l’oggetto racchiude in un pieghevole la visualizzazione del processo e la spiegazione degli aspetti di qualità su cui si fonda la nuova idea di inte-razione operatore/utente.

Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo

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Page 119: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

INDEX

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VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOLA MODALITÀ ESPRESSIVA

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IL PUNTO DI PARTENZAREQUISITI PROGETTUALI

ELABORAZIONE DEL MODELLOLE LINEE GUIDA PER L’INTERAZIONE

ELABORAZIONE DEL MODELLOGLI STRUMENTI

VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOGLI STRUMENTI

VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOLA STRUTTURA DELRACCONTO

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VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOZOOM SUGLI STRUMENTI

Page 120: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

, Costruire un modello di comunicazione del servizio

IL PUNTO DI PARTENZAREQUISITI PROGETTUALI

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Al termine di questa fase di elaborazione del modello è stato necessario concentrarsi sull’individuazione di uno strumento adatto a raccontare questo stesso modello a Regione Lombardia e agli operatori interessati, cercando di evitare che queste indicazioni rimanessero un’elencazione di buone pratiche fine a sè stessa.

In questo secondo momento sono risultati maggiormente utili i ragionamenti contenuti nella parte iniziale della tesi, che mi hanno fornito una visione completa dello stato di fatto nel mondo della comunicazione agli operatori e una serie di indicazioni relative alle modalità con cui questo tipo di comunicazione può avvenire in relazione alle finalità stesse. Quello che era stato l’output della prima parte di indagine è ora divenuto al contrario il punto di partenza per la formulazione e la definizione di un progetto comunicativo.

La lunga fase di relazioni con i nostri interlocutori, ente regionale ed operatori dei centri per il lavoro, ha inoltre portato ad una conoscenza sempre maggiore del tipo di destinatari a cui questo strumento è dedicato. Il progetto è stato quindi soggetto ad una serie di cambiamenti e rifacimenti in corso, per diventare un mezzo di comunicazione comprensibile ed efficace. Questo ha portato più volte ad affrontare proprio il tema della comunicazione di un servizio volta alla sua implementazione, ponendo continuamente di fronte al problema di dare una visibilità a concetti ed aspetti prettamente immateriali e difficilmente rappresentabili.

Nelle pagine seguenti verrà quindi illustrato in primo luogo il metodo utilizzato per costruire il modello di servizio e in un secondo momento la soluzione comunicativa adottata per rappresentarlo.

Abbiamo raccontato il programma di Riforma dei servizi per il lavoro e il compito affidato a Domus Academy. Abbiamo evidenziato gli elementi di criticità di questo caso e analizzato la strategia con cui è stato comunicato. Abbiamo infine descritto lo strumento principale di comunicazione agli operatori attualmente utilizzato, il vademecum, ipotizzando un modo per renderlo più efficace.

Ripartiamo ora dalle ragioni per cui è stato richiesto l’intervento di Domus Academy per poter introdurre il progetto in corso di realizzazione, progetto che rappresenta un’occasione per vedere il modello teorizzato in azione e per sperimentare la costruzione di un nuovo strumento comunicativo. La richiesta da parte di Regione era quella di formulare un modello di comunicazione dei servizi al lavoro, nell’ottica di un coordinamento tra soggetti diversi nell’erogazione dei nuovi servizi, di una riorganizzazione del sistema a sostegno dell’impiego, di una sperimentazione dei dispositivi di politica attiva previsti dal programma e dalla legge regionale.

Sulla base di queste esigenze, è stato avviato un lungo processo teso alla formulazione di questo modello di comunicazione dei servizi, un processo durante il quale sono stati vagliati e selezionati una serie di requisiti e di strumenti, fino ad arrivare ad identificare gli aspetti essenziali. I punti di riferimento in questa fase di definizione dei contenuti sono stati da un lato i livelli minimi di prestazioni identificati da ARIFL e dall’altro ciò che noi ipotizzavamo essere il modello ideale di erogazione del servizio e di interazione operatore/utente sulla base dei principi promossi proprio dalla nuova legge regionale. Ulteriori elementi che hanno facilitato il nostro compito sono stati i risultati dei sopralluoghi, che mettevano in evidenza una serie di aspetti positivi e allo stesso tempo una serie di aspetti negativi all’interno delle realtà analizzate: gli aspetti positivi sono stati trasformati in indicazioni utili per la costruzione del modello. Non dimentichiamo infine le linee guida che hanno guidato la stesura di questo modello, ovvero le indicazioni per il progetto dell’interazione formulate da Elena Pacenti nel corso del suo Dottorato in Disegno Industriale (1998).

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1-2-3. Immagini del modello teorico per la comunicazione agli operatori in fase di implementazione (prima parte)

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Le riflessioni sul modello di comunicazione in fase di implementazione rappresentano il punto di partenza per capire quali effetti e contenuti devono essere privilegiati e soprattutto con quali strumenti e quindi modalità comunicare agli operatori.

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Page 121: Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

visibilità esterna del centro

comunicazione della rete

riconoscibilità della rete

assenza di barriere psicologiche

esposizione orari e contatti

assenza di barriere cognitive

multi-canalità

informazioni sulle attività

gestione dei tempi di attesa

autoconsultazione offerte

orientamento nel centro

spazi riservati per i colloqui

condivisione del processo

trasparenza sui servizi dote

indicazione pratiche di buon esito

identificazione dell’utente interazione con la rete

monitoraggio delle attività

personalizzazione deicanali di comunicazione tracciabilità del percorso

rilevazmento feedback

identità

visibilità

accessibilità

usabilità

trasparenza

personalizzazione

PERSONALIZZAZIONEDEL PERCORSO

MISURE DI ACCOMPAGNAMENTO

CONCLUSIONE DEL PROCESSO

PRE-REQUISITI INFORMAZIONE E PRIMA ACCOGLIENZA

ORIENTAMENTO

visibilità esterna del centro

comunicazione della rete

riconoscibilità della rete

assenza di barriere psicologiche

esposizione orari e contatti

assenza di barriere cognitive

multi-canalità

informazioni sulle attività

gestione dei tempi di attesa

autoconsultazione offerte

orientamento nel centro

spazi riservati per i colloqui

condivisione del processo

trasparenza sui servizi dote

indicazione pratiche di buon esito

identificazione dell’utente interazione con la rete

monitoraggio delle attività

personalizzazione deicanali di comunicazione tracciabilità del percorso

rilevazmento feedback

identità

visibilità

accessibilità

usabilità

trasparenza

personalizzazione

PERSONALIZZAZIONEDEL PERCORSO

MISURE DI ACCOMPAGNAMENTO

CONCLUSIONE DEL PROCESSO

PRE-REQUISITI INFORMAZIONE E PRIMA ACCOGLIENZA

ORIENTAMENTO

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ELABORAZIONE DEL MODELLOLE LINEE GUIDA PER L’INTERAZIONE

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visibile l’esistenza della rete ai cittadini, strumenti la cui realizzazione e distribuzione verte unicamente su Regione Lombardia. Parlando invece di accessibilità fisica e cognitiva del servizio si fa riferimento ad una serie di norme e di strumenti che ciascun operatore dovrebbe adottare per migliorare la propria prestazione indipendentemente dall’erogazione dei servizi regionali.

Inizialmente abbiamo pensato ad un racconto che contenesse entrambe le indicazioni, in modo da costruire un modello completo del servizio per l’impiego in Lombardia. Questo significava però mescolare aspetti di diversa natura e soprattutto perdere il punto di vista sul principale problema, ovvero la comunicazione della rete di servizi regionali. Da questa mappa sono stati quindi estrapolati i requisiti relativi al sistema dote ed utilizzati per identificare degli specifici strumenti adatti alla soluzione di quei singoli temi di interazione.

I requisiti di comunicazione del servizio sono stati individuati avendo in mente le Linee Guida per l’Interazione formulate da Elena Pacenti, i risultati dei sopralluoghi, i livelli minimi di prestazione richiesti da ARIFL e le diverse fasi che compongono il processo di erogazione del servizio.

Il primo passo è stato quindi quello di suddividere il processo di erogazione dei servizi regionali in specifiche fasi di interazione; successivamente sono stati individuati lungo il processo una serie requisiti di comunicazione riconducibili a sei diverse tematiche (identità, visibilità, accessibilità, usabilità, trasparenza e personalizzazione).

Sono emerse due diverse tipologie di requisiti, come è stato evidenziato nella seguente schematizzazione: requisiti che ricadono sul sistema regionale e sulla sua specifica comunicazione e requisiti invece di natura più generica che ricadono sul singolo operatore o centro per l’impiego. Quando si parla, ad esempio, di riconoscibilità della rete si fa riferimento alla necessità di una serie di strumenti che rendano

Costruire un modello di comunicazione del servizio

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ELABORAZIONE DEL MODELLOGLI STRUMENTI

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Sulla base della precedente fase di definizione dei requisiti, sono stati individuati alcuni specifici strumenti che vanno a comporre il modello di comunicazione del sistema dote rispetto a cinque diversi temi. Già a partire da questa fase di elaborazione concettuale sono state immaginate e descritte delle soluzioni comunicative nel modo più dettagliato possibile, in modo da fornire delle indicazioni specifiche rispetto agli strumenti e non dei concetti generici. Fin da questo momento è infatti emersa l’esigenza di attribuire una componente tangibile a questi concetti immateriali. Vediamo quindi in modo specifico il modello che è stato definito.

Identità e visibilità della rete degli operatori

La rete degli operatori pubblici e provati accreditati a fornire servizi offerti da Regione Lombardia (sistema dote) sono parte di un sistema unico, cui partecipano e aderiscono pur mantenendo le proprie identità individuali. Tale sistema deve essere visibile agli operatori e al cittadino attraverso un’identità specifica e dei segni/strumenti di riconoscimento, che esplicitino gli attori e gli strumenti facenti parte del servizio. Strumenti:

1. un marchio ombrello, come segno dell’appartenenza alla rete. E’ lo strumento che conferisce una identità della rete degli operatori, che accompagna tutti i materiali di comunicazione dei servizi che Regione Lombardia lancia all’interno del sistema dote, e che gli accreditati possono utilizzare come segno di riconoscimento della loro appartenenza alla rete.

2. un catalogo dei centri accreditati con sistema di localizzazione. Il catalogo degli operatori con un sistema di localizzazione e un sistema di filtri, permette sia agli operatori sia agli utenti di individuare i centri appartenenti alla rete, in base ai servizi offerti e alla loro posizione

geografia, fornendo i dati per potersi mettere in contatto tra loro.

3. una mappa che mostra i centri accreditati sul territorio. Per dare visibilità alla presenza della rete sul territorio si è pensato di realizzare delle mappe, divise per province, sulle quali posizionare i singoli centri in modo tale da appenderle all’interno delle agenzie e rendere così accessibile l’intera rete.

Visibilità dei servizi del sistema regionale lombardo

I servizi e le opportunità offerte all’interno del sistema regionale (sistema dote) devono essere riconoscibili presso tutti gli operatori accreditati e mostrati in parallelo rispetto alla normale offerta di servizi del Centro. Strumenti:

4. una mappa dell’offerta dei sistemi regionali. Una mappa dell’offerta è lo strumento che raccoglie e comunica i servizi offerti dal sistema regionale lombardo, con particolare evidenza sulle doti attive.

5. promozione del servizio su diversi canali. La presenza del riferimento alla pagina web e al numero verde come requisito da introdurre in tutti i messaggi promozionali e pubblicitari del sistema dote, sono utili a favorire l’accessibilità del servizio

Accessibilità e usabilità dei serviziE’ indispensabile che l’accesso ai servizi sia favorito sia a livello di

indicazioni pratiche sia a livello psicologico e che ci siano misure che ne facilitino la fruizione. Strumenti:

6. bedge identificativo degli operatori. I cartellini identificativi aiutano l’utente ad orientarsi nel centro facilitando l’individuazione

delle persone a cui rivolgersi.

7. mappa vademecum del processo. Elemento che racconta in modo sintetico tutto il percorso della dote, visualizzando i diversi ruoli (Regione Lombardia, Operatore, utente) con le relative competenze ed i momenti di incontro. E’ molto utile per capire la dinamica di svolgimento di un processo di per sé abbastanza complesso, in modo tal da non generare fraintendimenti tra utente e operatore.

TrasparenzaI servizi offerti e gli impegni reciproci devono essere chiari fin

dall’inizio del processo per stabilire un rapporto di fiducia e per eliminare possibili fraintendimenti durante le fasi di erogazione. Si dovrebbe inoltre prevedere una fase finale di valutazione dell’esperienza da parte dell’utente per poter implementare il servizio. Strumenti:

8. carta dei servizi dote. La carta dei servizi del sistema dote di Regione Lombardia mette in evidenza i principi e i valori alla base del sistema e chiarisce gli impegni che gli operatori si assumono a garanzia della qualità delle prestazioni e dei servizi per la persona.

9. diario di bordo per l’utente. Agenda di supporto al percorso dote che viene consegnata all’utente all’inizio del percorso, al momento della redazione del Piano di Intervento Personalizzato (PIP). Contiene una parte descrittiva della dote (con caratteristiche e mappa vademecum) e permette di segnarsi le date importanti (come scadenze o impegni) relative al proprio progetto. Dovrebbe diventare una sorta di diario di viaggio che raccoglie le impressioni e le riflessioni sulle esperienze vissute.

10. pratiche di buon esito. Le esperienze di successo di crescita ed inserimento lavorativo delle persone potrebbero essere comunicate sotto forma di storie, e offrire così un feed-back positivo sul lavoro

effettuato dagli operatori.

PersonalizzazioneLa personalizzazione del servizio rispetto all’utente è un elemento

che aggiunge qualità e migliora la funzionalità del servizio, riuscendo ad adattare le prestazioni in base alle reali esigenze che emergono nelle diverse fasi del percorso. Strumenti:

11. card di identificazione dell’utente. Uno strumento di riconoscimento delle persone che intraprendono il percorso dote potrebbe essere utile e facilitare gli utenti nel momento in cui dovessero entrare in contatto con diversi attori della rete, e in prospettiva diventare una card per accedere a funzioni evolute del sistema informatico (come la carta regionale dei servizi)

12. strumento di raccolta del materiale relativo al percorso dote appena realizzato. Una cartelletta personalizzata per la raccolta di tutti i documenti, report e valutazioni relative al proprio percorso potrebbe essere consegnata alle persone come una traccia tangibile ed una testimonianza del percorso realizzato.

Costruire un modello di comunicazione del servizio

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Dopo aver individuato i singoli strumenti che compongono il modello si è posto il problema di raccontarli. Questa esigenza si è presentata in particolare pensando a quegli strumenti che possiamo defi nire innovativi rispetto alle abituali prassi comunicative di Regione e dei servizi per l’impiego in genere. I nostri interlocutori avrebbero compreso immediatamente il concetto di promozione su più canali, ma forse per arrivare a comprendere cos’è un marchio ombrello, o una mappa dell’off erta, o una carta dei servizi non sarebbe stato suffi ciente illustrare il concetto.

Era quindi necessario visualizzare gli strumenti. Ma con quale livello di specifi cità? Quale linguaggio di rappresentazione scegliere per mostrarli?

Inizialmente ho sperimentato rappresentazioni più concettuali, utilizzando tecniche come quella del disegno in outline e dell’illustrazione, ma rimaneva sempre l’incognita relativa alla tangibilità di questi elementi. La scelta è stata quindi quella di costruire davvero gli strumenti, simulandone l’esistenza attraverso fotografi e e fotomontaggi realistici. Solo in questo modo abbiamo avuto la certezza di raccontare il modello concepito in un modo inequivocabile ed effi cace.

VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOGLI STRUMENTI

1. marchio ombrello 2. catalogo on line dei centri accreditati 3. mappa della rete 4. mappa dell’offerta

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5. promozione dei servizi 6. bedge identificativo dell’operatore 7. mappa vademecum del processo 8. carta dei servizi 9. diario di bordo 10. pratiche di buon esito 11. card d’identificazione degli utenti 12. report del percorso dote

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VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOLA MODALITÀ ESPRESSIVA

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Il set di indicazioni, in termini di requisiti e di strumenti, è stato trasformato in un racconto visivo del modello.

Questo tipo di intervento progettuale risulta interessante proprio perchè cerca di trasformare uno strumento tipico della fase di implementazione, quello delle linee guida, in un nuovo strumento che agisce su una comprensione iconica più che simbolica. Il tentativo è proprio quello di rendere visibile l’oggetto servizio e la sua comunicazione, che come abbiamo visto sono caratterizzati da un’ampia componente immateriale.

Le indicazioni individuate sono quindi state tradotte in una serie di strumenti e visualizzate attraverso di essi. Appare evidente come tutto ciò avesse infi ne bisogno di assumere una forma completa che diventasse il racconto del modello elaborato.

L’occasione in questo senso ci si è presentata quando Regione Lombardia ha deciso di avviare Agenda di Transizione, ovvero un programma di incontri per formare gli operatori accreditati dei servizi per l’impiego, radunandoli in sedute collettive di discussione. Agenda di Transizione ci off riva la possibilità di pensare ad uno strumento che fosse distribuito o utilizzato in queste occasioni, che erano già di per sè sei momenti adatti, trattandosi di momenti di formazione del personale.

Proprio nel ragionare su come trasformare le nostre indicazioni in uno strumento di racconto del modello è divenuto importante ripensare ai contenuti della mia ricerca e alle deduzioni estratte dal modello. Quello che avevamo erano delle vere e proprie linee guida, che normalmente vengono tramutate in artefatti stampati, i quali una volta consegnati all’operatore non fanno altro che andare ad accrescere la grande mole di materiale informativo che già lo sommerge.

Volevamo quindi partire dal concetto di linee guida, non tanto come strumento, quanto piuttosto come tipologia di contenuti, per elaborare un nuovo artefatto comunicativo. Un nuovo strumento che non fosse un’elencazione stampata facilmente disperdibile in mezzo a tanti altri materiali comunicativi.

Il fatto di collocarsi in un momento formativo, che prevede quindi un far fare, ha spinto verso la scelta di uno strumento che in qualche modo potesse essere di supporto mostrando. Il mostrare, il far vedere, può essere sicuramente un aspetto interessante per raccontare qualcosa ad un interlocutore cercando di coinvolgerlo il più possibile e allo stesso tempo di rendere più chiari, comprensibili, tangibili i contenuti di cui si sta parlando.

far capire

far vedere

far fare

comunicazione agli operatori

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VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOLA STRUTTURA DEL RACCONTO

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Il racconto nasce dall’idea di dare visibilità al modello stesso di servizio tramutando la sua struttura concettuale in una struttura tridimensionale vera e propria, con un chiaro riferimento alla creazione di un luogo ideale in cui avviene l’erogazione dei servizi per il lavoro regionali.

Per la costruzione del modello concettuale visibile a lato è risultato utile riprendere la mappatura iniziale che associava ogni strumento ad una specifica fase del processo di erogazione. Questo ha appunto consentito la riorganizzazione dei temi e degli strumenti lungo un ipotetico percorso all’interno del centro per l’impiego, creando un contesto utile alla loro spiegazione.

Ad ogni tema e ai suoi strumenti è stata dedicata una specifica porzione della struttura. Il percorso inizia dagli strumenti di identità e visibilità della rete, che sono collocati sulla parete esterna proprio perchè rappresentano gli elementi attraverso cui la rete rende visibile la sua presenza all’esterno. Procedendo oltre l’ingresso compare un’altra parete intermedia, che rappresenta invece la visibilità degli specifici servizi del sistema, visibilità fondamentale per potervi accedere. Il concetto di accessibilità al servizio è stato associato a quello di accoglienza e orientamento all’interno del modello, per cui l’operatore identificato da un bedge posto dietro al suo bancone da reception con la mappa vademecum del processo. A questo punto è possibile entrare nel servizio vero e proprio, simulato attraverso l’area dedicata ai colloqui individuali, in cui vengono messi in campo gli strumenti di trasparenza del servizio nei confronti del singolo individuo. Infine il beneficiario termina il suo percorso all’interno del centro e uscendone porta con sè gli strumenti personalizzati che testimoniano il fatto di essere stato beneficiario di un percorso dote.

La struttura concettuale diventa così un modello interattivo, in cui è possibile visualizzare l’approfondimento relativo alle specifiche tematiche e allo stesso tempo gli strumenti specifici, collocandoli nel loro esatto contesto di riferimento.

1. IDENTITÀ E VISIBILITÀ DELLA RETE DEGLI OPERATORI

2. VISIBILITÀ DEI SERVIZIDEL SISTEMA DOTE

3. ACCESSIBILITÀ E USABILITÀ DEI SERVIZI

4. TRASPARENZA

5. PERSONALIZZAZIONE

MODELLO DI COMUNICAZIONE DEL NUOVO SISTEMADEI SERVIZI PER IL LAVORO

1. IDENTITÀ E VISIBILITÀ DELLA RETE DEGLI OPERATORI

2. VISIBILITÀ DEI SERVIZIDEL SISTEMA DOTE

3. ACCESSIBILITÀ E USABILITÀ DEI SERVIZI

4. TRASPARENZA

5. PERSONALIZZAZIONE

MODELLO DI COMUNICAZIONE DEL NUOVO SISTEMADEI SERVIZI PER IL LAVORO

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MODELLO DI COMUNICAZIONE DEL NUOVO SISTEMADEI SERVIZI PER IL LAVORO

VISUALIZZAZIONE DEL MODELLOZOOM SUGLI STRUMENTI

1. IDENTITÀ E VISIBILITÀ DELLA RETE DEGLI OPERATORI

MAPPA DELLA RETE

Il modello contiene la rappresentazione sintetica di tutti gli strumenti, collocati nelle diverse porzioni della struttura in base ai temi a cui ciascuno di essi fa riferimento.

Il modello diventa un oggetto navigabile, attraverso cui esplorare i diversi strumenti progettati.

Selezionando attraverso il puntatore un’area o uno strumento all’interno della struttura tridimensionale, vengono aperte delle finestre pop up contenenti una rappresentazione frontale di quella medesima area. Tale rappresentazione permette di isolare gli specifici elementi, enfatizzando la loro appartenenza ad un unico tema e consentendone una visione più dettagliata.

Riproducendo la medesima modalità di navigazione, anche il contenuto della finestra è navigabile, permettendo di selezionare uno ad uno ciascuno strumento. A lato, per ogni strumento vengono visualizzate una o più immagini e una breve descrizione del suo funzionamento, introducendo quindi le visualizzazioni realistiche degli strumenti mostrate in precedenza.

La immagini fotografiche conservano la loro capacità di mostrare gli strumenti in modo chiaro ed esplicito, come se fossero oggetti realmente esistenti; il modello attraverso cui esse vengono mostrate favorisce viceversa la comprensione della loro funzione all’interno del sistema di servizi, supportandone la descrizione.

Tale strumento, posto a conclusione di questo processo di ricerca e di progetto, rappresenta un’ultima riflessione sui linguaggi e sulle potenzialità della comunicazione visiva, come mezzi attraverso cui raccontare il servizio o-in questo caso- le linee guida necessarie per implementarlo. Strumenti che sono a maggior ragione indispensabili nelle fasi precedenti l’erogazione delle prestazioni, ovvero nei momenti in cui l’aspetto immateriale è la componente predominante.

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