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“Impara da ieri, · meditazione ne fa parte, e quali sono i limiti della ricerca contemporanea....

Date post: 15-Feb-2019
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“Impara da ieri,

vivi per oggi,

spera per domani.

La cosa importante è

non smettere mai di domandare.”

Albert Einstein

Prefazione

In questi ultimi anni lo yoga ha preso una posizione di rilievo nel campo del fitness, delbenessere e della terapia. C'è un accordo unanime sul fatto che lo yoga faccia bene,ma spesso si da per scontata quest'idea senza farsi troppe domande. Così si sa che èsalutare, ma non si sa bene per che cosa e soprattutto perché. Molti neofiti hannoun'idea vaga di cosa sia lo yoga e di quale sia il suo proposito.

Lo yoga appartiene ad una lunga e variegata tradizione e scuole diverse hannodefinizioni molto diverse di cosa sia, pur avendo dei tratti fondamentali in comune.

Il mio obiettivo non è quello di definire in maniera univoca cosa sia lo yoga, ma divedere cosa la scienza ha da dire su quest'argomento. Chi ha sperimentato su di sé ibenefici dello yoga non ha bisogno di ricerche scientifiche che confermino la validità diquesta pratica. Cionondimeno può avere la curiosità di saperne di più.

Con questo piccolo libro mi sono proposto di raccogliere le informazioni più interessantiche ho trovato riguardo alle pubblicazioni scientifiche sullo yoga e sulla meditazione inquesti anni. Mi sono preoccupato di dare tutti i riferimenti degli studi citati perpermettere al lettore interessato di accedere alle fonti primarie. Nel setacciare questomateriale ho voluto anche dare un ordine cronologico per dare l'idea dell'evoluzione diquesti studi e concentrarmi su alcune ricerche in particolare per dare rilievo alleriflessioni più interessanti e utili che ne sono emerse.

Da anni sono affascinato da questo tema e spesso mi capita di parlare di questiargomenti con i miei allievi, con amici e insegnanti e con appassionati di yoga e discienza. Il tema è affascinante, ma il campo è vasto e perciò difficile da ordinare in unachiacchierata o sintetizzare in un post di un blog. Questo libro si propone di continuarequesto dialogo e condividere alcune delle informazioni, a volte strabilianti, che hannocambiato la mia visione del mondo e delle nostre potenzialità e mi hanno fatto amareancora di più questa pratica.

Ho cercato di bilanciare il rigore scientifico con la facilità di lettura. Di sicuro qualchelettore troverà quanto ho scritto poco puntuale, mentre altri troppo accademico. Speroche tu abbia la pazienza di leggere del materiale non sempre immediato e che questostimoli la tua curiosità di approfondire per conto tuo o con la bibliografia che ho messo adisposizione.

Grazie, Christian

Introduzione

Yoga is like music: the rhythm of the body, the melody fo the mind and harmony of the soul create thesymphony of life”.

B.K.S: Iyengar

Lo yoga è un sapere ampio, stratificato e di enorme complessità. Ha a che fare con unacultura millenaria e mira a coinvolgere molti piani dell'esistenza.

Esaminare le ricerche scientifiche sullo yoga, per quanto si tratti di materiale molto piùrecente e limitato, è, anche se in misura minore, di una considerevole complessità. Disicuro non è mia intenzione fare una trattazione esaustiva, in poco più di cinquantapagine, di quello che la scienza ha da dire in questo campo.

Durante la mia formazione da insegnante ho scelto questo tema ostico quantoaffascinante come argomento per la mia tesi e in questo piccolo libro ho volutoraccogliere ciò che di più interessante ho trovato tra le ricerche e gli articoli che hoindagato.

In queste pagine non mi soffermerò su una trattazione di cosa è lo yoga, quali sono lesue origini e quali le tecniche, se non lo stretto necessario per inquadrare gli studi chehanno fatto su di esse i ricercatori. Invito il lettore interessato, ad approfondire questiargomenti consultando i numerosi testi facilmente reperibili sull'argomento.

Tra le varie pratiche che lo yoga comprende, la meditazione è spesso considerata la piùimportante, anche se, generalmente, per il neofita, yoga è diventato sinonimo di asanain palestra. La meditazione costituisce in un certo senso l'essenza dello yoga. Tutte lepratiche cosiddette esterne sono state in origine concepite per preparare il terrenoall'esplorazione interiore che porta alla “liberazione”, vero obiettivo della pratica.L'asana più rappresentativa dello yoga, non a caso è il loto: la posizione regina per lameditazione.

L'ambito della meditazione è anche quello in cui sono stati compiuti studi più rigorosi adoggi. Pur col problema delle metodologie molto diverse utilizzate, e della diversità dellepratiche studiate, questo è il campo nel quale la scienza è arrivata a conclusioni piùomogenee e generalizzabili.

Per questi motivi buona parte di questo lavoro si è focalizzata sulla pratica dellameditazione.

La ricerca sullo yoga, allo stato attuale, è ancora controversa, approssimativa e lungidal fornire dati certi, chiari e soddisfacenti. D'altra parte è anche ricca di risultatipromettenti che fanno ben sperare di poter avere presto a disposizione prove importanti

e inequivocabili sulla sua validità e parametri utili per un suo utilizzo efficace e mirato insede di terapia.

Lo scopo di questo lavoro è raccogliere le validazioni scientifiche che sono state datenegli ultimi anni a queste pratiche, cercare di fare il punto della situazione dei principalirisultati ottenuti, e delineare un quadro complessivo per dare senso alle informazionispesso frammentarie e scollegate che emergono dalle ricerche.

Questo libro è diviso in tre parti:

La prima parte è una trattazione più generale che delinea che cos'è lo yoga, come lameditazione ne fa parte, e quali sono i limiti della ricerca contemporanea.

La seconda parte, che si concentra maggiormente sulla meditazione, si propone diripercorrere le principali tappe della ricerca su questo tema e riportare i risultati piùconsolidati e le nuove sfide della ricerca.

Nella terza parte si riprende in esame la pratica dello yoga tout court, vista in un quadrodi riferimento che dia un senso più compiuto ai risultati già ottenuti nei vari ambiti dellescienze mediche, psicologiche e sociali. Si parlerà della rivoluzione che ha portato allosviluppo della Pnei (Psico-neuro-endocrino-immunologia) e di come questa abbia a chefare con lo yoga e si introdurrà un modello di riferimento efficace proposto da unrecente lavoro di revisione sulle ricerche attuali sullo yoga. Tutt'altro che compiuto,questo modello è piuttosto una proposta d'indagine integrata e un tentativo di renderepiù organico un ambito di ricerca ancora giovane, caotico e controverso.

Indice generale

Prefazione.................................................................................................................3

Introduzione...............................................................................................................4

PRIMA PARTE: considerazioni generali..........................................................................10

1 Comprendere e inquadrare lo yoga: la filosofia yoga vista da un occhio occidentale.....................................................................................................................................10

1.2 Ashtanga yoga...................................................................................................12

1.3 la meditazione e lo yoga...................................................................................13

2 Yoga e ricerca scientifica..........................................................................................13

3 Come inquadrare gli studi di ricerca sullo yoga: considerazioni preliminari............17

SECONDA PARTE: le ricerche scientifiche.....................................................................21

4 Le prime ricerche pionieristiche su yoga e meditazione(anni 30 - anni 60).............21

5 Le ricerche più sistematiche (dagli anni 70 in poi)...................................................24

6 Una definizione di meditazione................................................................................26

7 Principali risultati fisiologici attualmente consolidati.................................................27

7.1 Per sintetizzare:.................................................................................................29

8 Meditazione e depressione......................................................................................29

9 Neuroplasticità......................................................................................................30

10 Misure e coscienza, ipotesi................................................................................36

TERZA PARTE: un nuovo paradigma scientifico.............................................................38

11 Epigenetica e PNEI............................................................................................38

11.1 Genetica ed epigenetica.................................................................................38

11.2 PNEI: Psiconeuroendocrinoimmunologia.......................................................40

12 Scienza e yoga: alla ricerca di un quadro teorico adeguato..................................40

12.1 L'autoregolazione............................................................................................41

12.2 Meccanismi top-down e bottom up.................................................................42

12.3 Strumenti yoga top-down e bottom-up............................................................42

13 Un modello teorico di autoregolazione attraverso la pratica yoga.........................43

13.1 Precetti etici (yama e niyama).........................................................................44

13.2 Posture............................................................................................................44

13.3 Controllo del respiro........................................................................................45

13.4 Meditazione (pratiyahara, dharana, dhyana, samadhi)..................................45

14 Il modello................................................................................................................46

15 Alcune evidenze empiriche.....................................................................................49

15.1 Evidenze a livello cognitivo.............................................................................49

15.2 Evidenze a livello emozionale.........................................................................50

15.3 Evidenze a livello comportamentale...............................................................51

16 Conclusioni.............................................................................................................52

Risorse web.....................................................................................................................55

Bibliografia.......................................................................................................................55

PRIMA PARTE: considerazioni generali

"The ultimate goal of yoga is to always observe things accurately, and therefore never act in a way thatwill make us regret our actions later."

TKV Desikachar

1 Comprendere e inquadrare lo yoga: la filosofia yoga vista da un occhio occidentale

Cerchiamo di capire il mondo che sta dietro una classe di yoga osservandolo conl'occhio di uno studioso occidentale. Lo yoga racchiude concetti esoterici difficili dacomprendere anche per un iniziato, per i quali sono stati scritti chilometri di commentari- vedi anche solo le Upanishad o i commenti agli Yoga Sutra - e che danno adito afraintendimenti e dibattiti. Tutti questi concetti presuppongono prima di tutto l'esperienzadiretta di ciò che viene spiegato, che altrimenti risulta criptico e inafferrabile. Quiproveremo a dare dello yoga un'immagine più essoterica e perciò comprensibile anchead un “non addetto ai lavori”.

Lo yoga ha origine in India ed è un'antica pratica che risale a più di 3500 anni fa. Le sueorigini sono radicate nella cultura vedica e nello sciamanesimo (tantrico) i quali a lorovolta hanno origini che si perdono nella notte dei tempi. Il suo proposito è alleviare lesofferenze e promuovere uno stato di benessere fisico e mentale che lasci la mentelibera da distorsioni che alterino la visione “pura” della realtà e permetta di entrare in unprofondo stato contemplativo. La mente, disidentificandosi dalle immagini che produce,può così riconoscere la sua reale natura (che per la tradizione yoga è lo stato di unitàcol divino, mentre per il buddismo diventerà una sorta di vuoto carico di potenzialità).Questo sistema di pratiche, anche se mescolato a diverse credenze, non è un credo,ma vuole portarci alla consapevolezza di chi siamo attraverso l'osservazione el'esperienza concreta. In una visione pragmatica lo yoga può essere preso come unsistema di pensiero per permettere la piena fioritura fisica, mentale e spiritualedell'essere umano.

Nei contesti occidentali contemporanei lo yoga tende ad essere sinonimo di posture,respiro e alcune pratiche di meditazione. Storicamente, d'altra parte, la pratica delloyoga era considerata molto più articolata e comprendeva un ampio ventaglio ditecniche che favorivano il benessere e il bilanciamento tra mente ed emozioni, funzionicerebrali e funzioni fisiologiche. Queste tecniche includevano percorsi orientati alservizio, alla devozione, allo studio e al discernimento intellettuale e alla meditazione,ognuno dei quali offriva pratiche per alleviare la sofferenza e portare ad un più altolivello di consapevolezza.1

1 (Feuerstein, 2011)

Storicamente si sono sviluppate molte correnti di yoga. Noi ci focalizzaremospecificamente sul Raja yoga e sull'Hata yoga, sia per la loro storia, sia per la loroprevalenza nella pratica contemporanea sia per il fatto che sono quelle che più di tuttesi avvicinano al nostro spirito scientifico.

Il Raja yoga è chiamato anche lo yoga classico, perché risale agli Yoga Sutra diPatanjali: il primo testo scritto esplicitamente sullo yoga, datato tra il IV e il II secoloprima di cristo, nel quale si parla delle modalità della pratica, dei suoi scopi e degli statidi coscienza che si incontrano nel percorso. Vi è illustrato un sistema di meditazionemolto dettagliato, ma criptico, perché è scritto per aforismi e non sono menzionate letecniche e le asana.

L'Hata Yoga Pradipika (come anche la Gheranda Samitha) è invece un testosuccessivo che descrive più nel dettaglio posture e tecniche respiratorie che avevanola funzione di preparare alla meditazione. In accordo con quest'idea, i praticanti“moderni” che praticano per scopi al di là della salute fisica, solitamente studiano l'hatayoga nel contesto del raja yoga.

Un altro motivo per cui focalizzarsi sul Raja yoga è che, come si vedrà nella terza parte,molti dei suoi concetti possono essere collegati ai processi di autoregolazione descrittidal cognitivismo contemporaneo, come il darsi degli obiettivi, l'osservazione dei propricomportamenti in relazione a questi obiettivi (e quindi processi bottom-up e top-down –vedi terza parte), o la capacità di disattivare risposte automatiche per andare indirezione dei propri obiettivi, ad esempio per motivazioni etiche.2 La psicologia cognitivaè oggi una scienza fortemente multidisciplinare, che si avvale dei metodi, degli apparatiteorici e dei dati empirici di numerose altre discipline, tra le quali: la psicologia, lalinguistica, le neuroscienze, le scienze sociali e della comunicazione, la biologia,l'intelligenza artificiale e l'informatica, la matematica, la filosofia e la fisica. Essa puòessere perciò uno degli approcci più adeguati per avvicinarsi allo studio di un'altrascienza multidisciplinare come lo yoga.

Il focus primario del Raja yoga era prima di tutto cognitivo. Come scrive Patanjali nelsecondo dei suoi aforismi: “Yogash Chitta Vritti Nirodhah” ( ययगगवव नरयधध॥२॥ ): loYoga è la cessazione delle modificazioni della mente (le vritti), o meglio “la cessazionedell'identificazione della Coscienza con le modificazioni della mente”, secondo latraduzione che ne ha dato Swarupatma. Questo è lo scopo primario, per il quale tutte letecniche sono dei corollari. Per Patanjali tutte le forme di sofferenza ed ignoranza sonoconseguenza di queste distorte fluttuazioni della mente (vritti) che dobbiamo impararead addomesticare. Tutto il complesso processo del Raja yoga è mirato all'allenamentodella mente ad essere senza sforzo, quieta, focalizzata e consapevole.

2 (McCullough and Willoughby, 2009; Zell and Baumeister, 2013)

Questi obiettivi del Raja yoga si sovrappongono con alcuni di altre tradizioni meditativecome quella buddista,3 da cui è nato il concetto moderno e occidentale di mindfullness.Buddha è di un epoca succesiva a Patanjali e, anche se non se ne sa molto, è più cheprobabile che nel suo processo di evoluzione abbia studiato a fondo le tecniche yogadelle Upanishad (Yogatattva) e che i suoi insegnamenti ne siano stati profondamenteinfluenzati.4 Questa influenza è maggiormente evidente nelle similitudini tra il buddismotibetano vajrayana e l'hata yoga.

1.2 Ashtanga yoga

Il Raja yoga di Patanjali propone otto differenti gruppi di pratiche. Negli yoga sutra diPatanjali questi differenti gruppi di pratiche sono chiamati anga (che può essere tradottocome rami o branche), e includono

le osservanze morali – yama - (un codice etico che riguarda l'interazione con gli

altri),

l'autodisciplina – niyama - (un codice etico verso se stessi),

esercizi e posture fisiche – asana - ,

esercizi di controllo del respiro – pranayama -,

ritrazione dei sensi – pratiyahara - (disconnettere l'attenzione dagli input dei

nostri sensi fisici),

concentrazione – dharana - (attenzione focalizzata volontaria, che prevede uno

sforzo),

contemplazione – dhyana - (flusso ininterrotto di attenzione senza sforzo) e

trascendenza dal senso del sé, descritta come estasi – samadhi -

(l'identificazione con l'oggetto della contemplazione in cui si perde il sensodell'io).

Collettivamente, ai fini di un inquadramento scientifico, questi otto rami possono essereconcepiti come metodi per regolare le emozioni, i pensieri e i comportamenti peraumentare il benessere.5 Nel contesto occidentale la diversità di questi ambiti permetteallo studente di cominciare a lavorare con le pratiche che per lui sono più allettanti ed

3 (Feuerstein, 2011)4 (Feuerstein, 2008; Gombrich, 2009; Gethin, 2011)5 (Cope, 2006).

accessibili. Diverso era il contesto tradizionale nel quale erano proposti in un ordinepreciso, a seguito di un'iniziazione, e a discrezione del maestro.

1.3 la meditazione e lo yoga

Di questi otto ambiti di pratica, la meditazione di solito è identificata con Dhyana, lacontemplazione senza sforzo in cui ci si fonde con l'oggetto della contemplazione. Taledefinizione si riferisce all'obiettivo della meditazione, che è raggiungere quello stato, mapuò dare adito a fraintendimenti e frustrazioni. Nella pratica, meditazione, si riferisce atutte quelle tecniche che permettono di arrivare a quello stato e poi a trascenderlo persperimentare i vari livelli di samadhi, o estasi mistica. Queste tecniche possono essereraggruppate negli antaranga, cioè i secondi quattro degli otto anga, detti anga interni.Gli otto anga infatti si suddividono in bahiranga, o anga esterni, che riguardano lepratiche in relazione al proprio corpo e agli altri, le pratiche, cioè, di quando la propriaattenzione è focalizzata sul mondo esterno, e gli antaranga, o anga interni, cheriguardano tutte le pratiche di yoganidra, ovvero rilassamento, ritrazione dei sensi dalmondo esterno e concentrazione per accedere al nostro mondo interiore. Le varietecniche di meditazione si focalizzano su elementi diversi di questo mondo e seguonostrade diverse, ma sono tutte accomunate da questo aspetto.

2 Yoga e ricerca scientifica

“Yoga is a mirror to look at oueselves from within”

B.K.s. Iyengar

La società occidentale è stata permeata, dal 700 in poi, in maniera sempre piùpervasiva, da un mentalità di stampo scientifico. Questa caratteristica ci rende tutti inqualche modo scettici di fronte a qualcosa che non abbia solide basi scientifiche, ovveroche non sia dimostrabile con esperimenti generalizzabili e replicabili.

Lo scetticismo, esercitato nella gusta misura, è sano. Significa avere un certo grado diconsapevolezza discriminativa, in modo particolare quando ci troviamo di fronte a coseche conosciamo poco. In un mondo dominato dalla pubblicità, dalla propaganda e dallavendita, è naturale sentire una connaturata diffidenza verso ragionamenti facili che pernoi hanno più il sentore della superstizione e dell'atto di fede acritico. Senza una sanacapacità di discernimento si scivola facilmente nel fanatismo e nella creduloneria.

Anche se però così non fosse, per noi è veramente difficile convertirsi ad un sistema dipensiero in cui non siamo cresciuti e di cui non faremo mai parte completamente. È ildilemma che vive chi, volendo integrarsi con una cultura diversa, si trova a fare unaspecie di salto mortale tra due culture finendo per rimanere a mezz'aria senza poteratterrare dall'altra parte né tornare indietro.

È invece possibile, e, anche se a volte difficile, sempre altamente proficuo, gettare unponte che permetta di avvicinare due modi di pensare lontani tra di loro, per farli entraresempre di più in contatto, farli comunicare, e riuscire ad integrarli insieme. Questasinergia permette ad entrambi i sistemi di evolvere ed espandersi e, a pensarci bene, èil modo col quale si evolve non solo la coscienza, ma anche la vita.

Praticando e insegnando yoga ho raccolto molte esperienze aneddotiche di prima manosui suoi benefici. E molte di queste esperienze sono vissute come piccoli e grandimiracoli. Questo tipo di testimonianze però non possono servire come comedimostrazione della validità della pratica, perché rimangono esperienze soggettive eopinabili, non hanno il valore di “prove”. Ascoltandole, chi è ben predisposto non faràche confermare idee che già aveva, mentre chi è più scettico avrà sempre modo diinvalidarle. Dal canto mio, preferisco sempre invitare alla pratica per sperimentare su disé.

Considero lo yoga, come del resto anche il buddismo, una sorta di scienza. Unascienza particolare in cui il soggetto studia se stesso, in un modo un po' diverso dalnostro. Vediamo come..

Nel paradigma scientifico occidentale abbiamo un soggetto che studia un oggettoesterno a sé, virtualmente senza modificarne le caratteristiche con la sua osservazione.Questo assunto si è incrinato già nel secolo scorso, ma, nonostante l'osservatore nonpossa non alterare le condizioni dell'oggetto con la sua osservazione, noi continuamocome se idealmente avessimo uno sguardo oggettivo da un punto di vista assolutoesterno all'universo. E lo scopo di quest'occhio osservatore, nell'ambito della ricercapura, è puramente speculativo. Il ricercatore cerca una verità oggettiva.

Per quelle che si potrebbero chiamare le scienze orientali è diverso l'ambito di ricerca:qui il soggetto studia se stesso (una mossa paradossale per il nostro paradigma) e lofa con strumenti di studio diversi dai nostri.

Anche lo scopo è diverso. Non è solo speculativo, ma pratico. Si cerca la liberazionedallo stato di costrizione della nostra coscienza. Non è solo la liberazione dall'ignoranza(o dalla falsa conoscenza - l'obiettivo del nostro tipo di sapere) ma una liberazione delnostro essere percettivo.

Noi occidentali ci consideriamo esseri razionali e affidiamo la conoscenza del mondoalla nostra capacità intellettuale, loro si considerano esseri percettivi e cercano prima ditutto l'espansione della coscienza per poter accedere alla conoscenza diretta dellapropria natura e della natura delle cose.

Patanjali negli Yoga Sutra parla di un percorso per ottenere la liberazione dellacoscienza dalla prigione dell'individualità e potersi riconnettere con Brahman (la

totalità). Per lui yoga significa integrazione: integrazione dei nostri diversi lati dellapersonalità, integrazione delle funzioni del nostro corpo, integrazione col tutto che staintorno a noi, in un processo che porta con sé la cessazione delle afflizioni e laconoscenza vera.

Anche Buddha ne parlava, in termini più simili ai nostri, quando parlava delle quattronobili verità che permettono di superare gli otto dolori e ottenere l'illuminazione. Buddhaè stato considerato da molti psicologi e sociologi uno psicologo ante litteram e il suoinsegnamento si può ben leggere in questa chiave non religiosa. A differenza di Freud,però, il suo intento non era solamente speculativo, ma la sua ricerca nascevadall'intento pratico di liberarsi dalla condizione di sofferenza e aiutare i suoi allievi a farealtrettanto.

La conoscenza che si acquisisce è data dall'esperienza individuale, e può esserecondivisa come esperienza.

Quando portiamo questo tipo di ricerca e di sapere “soggettivo” nel nostro paradigma, ecerchiamo di conoscere lo yoga dal nostro punto di vista “oggettivo”, nascono gli attritie le difficoltà.

Le spiegazioni fisiologiche degli effetti dello yoga sono spesso riduttive eapprossimative. Inoltre un insegnate di yoga, il più delle volte non ha le competenze perimprovvisarsi medico, fare diagnosi e dare ricette. Di fatto, spesso si reclamizzanoesageratamente gli effetti di una particolare postura o pratica senza solide basiscientifiche.

Il problema però è un altro. La ricerca sta aumentando sia in termini di volume che diqualità, ma ci sono ancora tante cose che semplicemente non sappiamo. Dallesperimentazioni emerge la sua efficacia e si parla di yoga terapia, ma molteaffermazioni sulle sue virtù terapeutiche sono, spesso inconsistenti. Anche se la ricercasullo yoga sta proliferando, è ancora nella sua infanzia.

Molti studi sull'efficacia dello yoga hanno forti limitazioni metodologiche ed è importanteesserne consapevoli. Non tutti possono avere una formazione scientifica e la maggiorparte delle persone non ha il tempo e spesso neppure l'inclinazione per leggere unsacco di arido materiale scientifico sui metodi e le statistiche della ricerca. E così moltadella letteratura scientifica sullo yoga può risultare fuorviante e ingannevole senza unadeguato bagaglio di conoscenze per interpretarne i dati e le affermazioni.

In ambito scientifico bisogna far fronte ai considerevoli limiti metodologici, teorici esperimentali che si hanno quando si studiano soggetti complessi come ilcomportamento di un individuo o di un gruppo. È difficile separare le variabili daanalizzare dall'influenza di fattori collaterali che finirebbero per stravolgere i risultati

sperimentali, e mantenere allo stesso tempo un campione di studio sufficientementeampio da poter generalizzare questi risultati; e ancora di più elaborare un modello chedia senso ai risultati ottenuti traducendoli in un pensiero coerente, validato ed efficace.

Queste difficoltà sono già rilevanti per le così dette scienze esatte come la fisica. Tantopiù per le scienze mediche, psicologiche o sociali e in un caso come questo, in cui sistudia un approccio “olistico” che ha lo scopo dichiarato di portare cambiamenti ecrescita sul piano fisico, emotivo, mentale e spirituale. È comprensibile come si facciapresto a sforare in ambiti che scientifici non lo sono più, o per i quali la nostra scienzanon è ancora pronta.

Un'alternativa è quella di chi, dandosi alle pratiche esoteriche, si oppone al punto divista scientifico ritenendolo inadeguato, esageratamente limitato e fuorviante, nelmomento in cui mette in discussione le proprie credenze. Ma questo comportamentoricorda quello dei prelati che rifiutavano di vedere nel cannocchiale di Galileo per tenerein piedi la teoria aristotelica.

L'approccio scientifico al mondo che ci circonda ci ha permesso di fare miracoli (volare,comunicare a distanza, vedere ciò che prima era invisibile agli occhi..) e di setacciare lenostre conoscenze ed emanciparci da credenze fuorvianti e inutili, se non dannose.

Ora che questa forma mentis si sta rivolgendo verso se stessa e si sta integrando conqueste pratiche millenarie (confermandone spesso sia il valore che gli assunti), potràforse farci fare altrettanti passi avanti anche nella scoperta del mondo dentro di noi.

Si sta assistendo forse finalmente ad una convergenza tra scienza e spiritualità,ambiti tra i quali nella storia occidentale è avvenuta una scissione e spesso anche unacontrapposizione che li ha fatti diventare due “separati in casa” nella nostra coscienza.

Lo stesso Dalai Lama, considerato un'autorità religiosa, da molti anni spinge a favore diquest'integrazione e si è prodigato a favore della ricerca sperimentale chiedendo ai suoimonaci di offrire la loro disponibilità alla comunità scientifica. Favorevole a questomodello d'indagine e dimostrando grande apertura mentale si è spinto addirittura adaffermare:

“Se l'analisi scientifica dimostrasse definitivamente che certe affermazioni delbuddismo sono false, allora dovremmo accettare le scoperte della scienza eabbandonare quelle affermazioni” (Dalai Lama XIV, 2005).

Ma, tornando a noi, per un insegnante o terapista di yoga ben intenzionato, come èmeglio porsi di fronte a queste considerazioni? Innanzitutto, come è nello spirito dellapratica yoga, è utile un'osservazione più accurata.

3 Come inquadrare gli studi di ricerca sullo yoga: considerazioni preliminari

Da poco è stata pubblicata una revisione esplorativa sistematica sui componenti dellepratiche yoga presi in esame in genere dalle ricerche ha molto da dirci sulla qualitàdegli studi effettuati finora.6 Essa, infatti “ha identificato le lacune e ha offertoraccomandazioni per la ricerca futura”. Di seguito quello che è stato rilevato.

Gli autori hanno riesaminato tutti gli studi pubblicati in inglese nei quali era presente unapratica di yoga per individui sopra i diciott'anni e per i quali era reperibile l'intero testodell'articolo.

Di oltre 3000 presi in esame, sono stati identificati 465 studi provenienti da 30 stati (perlo più India e USA). Gli autori hanno sottolineato un numero di fattori essenziali perchéuna ricerca fosse empiricamente rigorosa, e hanno notato dove questo campo avevafatto progressi e quali potevano essere gli obiettivi di miglioramento.

Prima di tutto c'è da sottolineare che l'obiettivo primario del pubblicare uno studio èdescrivere la procedura sufficientemente nel dettaglio, cosicché i metoditerapeutici e il protocollo di ricerca possano essere replicati. Senza quel livello didettaglio è difficile per la ricerca e le comunità cliniche valutare accuratamente ecomparare i risultati di uno studio.

Condizioni: i vari studi sullo yoga sono stati condotti in un'ampia gamma di condizioni,inclusi studi in laboratorio (20%), centri residenziali di ritiro di yoga (15%), ospedali estrutture sanitarie (13%), studi di yoga (10%) e campus universitari (8%). Il luogo nonera descritto in 103 studi (23%).

La tradizione e lo stile di yoga che si è preso in esame. Quello dello yoga, come si èdetto è un mondo vastissimo e, come si poteva imaginare una vasta gamma ditradizioni erano rappresentate in questi studi. La più comune era quella dell'hata yoga(28%), seguita da Iyengar (9%), interventi con tecniche di respiro yogico (8%),Sudarshan Kriya Yoga (5%), kapalabhati (2%), e kundalini(2%). Lo stile di yoga non eradescritto nel 15 % degli studi.

Perché tutte queste cose sono importanti? Lo yoga è un concetto ombrello che rimandaa molte pratiche. C'è un'enorme variabilità nella filosofia e nell'approccio ai corsi e negliapprocci terapeutici a seconda della tradizione. Perciò comparare i risultati di questediverse pratiche è come comparare le mele con le arance. È un'impresa arrivare a delleconclusioni definitive.

6 (Elwy et al. 2014)

Enfasi sul dettaglio della procedura di yoga: le asana sono state la componente piùprominente, usata nell'81% degli interventi analizzati. La natura e la forma delle asanaera descritta solo nel 54% degli studi e solamente un risicato 12% menzionava la duratadella pratica delle asana o di altre forme di yoga.

Diversi altri strumenti di yoga sono stati rilevati in questa ricerca, incluso il pranayama(42%), meditazione (dharana e dhyana) 23%, esercizi di rilassamento (15%), di cui un37% riportato senza dettagli.

Perché anche questo è importante? È impossibile valutare una ricerca di yoga senzasapere cosa è stato fatto e come. Le asana e la sadhana di una tradizione spessohanno veramente poche somiglianze con quelle di un'altra e anche l'uso di altri esercizipuò variare tremendamente tra le due tradizioni, portando a differenze consistenti neirisultati sui partecipanti.

Non solo le posture possono essere molto differenti, ma anche l'ordine delle varieattività e le filosofie e le intenzioni sottostanti possono variare considerevolmente. Diregola, la tradizione dalla quale la pratica emerge, come ogni altro dettaglio, dovrebbeessere specificata esplicitamente in ogni ricerca in modo da poter impiegare e testareun identico programma (replicabilità dell'esperimento)

Dosaggio: si riferisce alla durata e alla frequenza delle sessioni e alla duratadell'intervento, inclusi i criteri che riguardano la pratica a casa. Per poter valutareadeguatamente e replicare uno studio di yoga, altri ricercatori devono sapereesplicitamente che cosa è stato fatto, a chi, da chi, e in quali condizioni. È incoraggianteche il 75% degli studi pubblicati in questa raccolta riportavano la frequenza dellesessioni di yoga (quanto spesso), e l'83% descriveva la durata (lunghezza di ognisessione). Quello che è degno di nota è l'estrema variabilità per ciascuno di questifattori. La frequenza delle sedute variava da una sessione in totale (14%) a 6 sessioniper settimana (4%).

Le sessioni erano solitamente di 60 minuti (24%), 75 minuti (5%) o 90 minuti (13%).alcune delle sessioni di laboratorio duravano meno di 5 minuti. La lunghezza di questiinterventi variava da un'unica sessione a due anni.

Il 72% degli interventi non riportava una componente di pratica a casa. Questo nonsignifica che non ci fosse. In molti degli interventi in cui era richiesta la pratica a casamancavano dati che esaminassero l'aderenza a questo impegno. In queste condizioninon c'è modo di determinare la frequenza o la durata della pratica yoga dei partecipantiin questi studi.

Perché questo è importante? Questi dati indicano che c'è ancora una considerevolemancanza di coordinazione e di comunicazione nel campo della ricerca sullo yoga.

Suggeriscono che, in generale, la maggior parte dei programmi di ricerca cheriguardano interventi di yoga non sono correlati e che quasi tutti gli studi hanno unaconsiderazione quasi nulla delle altre scoperte fatte dalla ricerca nel campo dello yogaterapia.

Da una prospettiva più ampia di salute pubblica, le ricerche sulla yoga terapiadovrebbero includere una valutazione più sistematica di quale e quanta pratica yoga sianecessaria per ottenere un apprezzabile effetto positivo sui partecipanti e i praticanti. Aquesto punto si sa ancora veramente poco o niente di cosa funzioni meglio, per chi e inche condizioni.

Valutazione degli effetti: la valutazione sugli effetti includeva un ampio raggio di effettitra cui fisiologici (battito cardiaco, pressione sanguigna, livelli ormonali.. - 26%),funzionamento fisico (dolore cronico e artrite – 25%), salute mentale ed emozionale(8%), effetti cognitivo-percettivi (attenzione, concentrazione e memoria – 6%), ebenessere generale (3%).

Perché questo è importante? Questi dati suggeriscono che gli interventi di yogavengono usati per un'ampia varietà di condizioni fisiche, psicologiche e fisiologiche, ilche implica che lo yoga ha il potenziale di avere un impatto sulla condizione umana inmiriadi di modi, il che è piuttosto entusiasmante.

L'eterogeneità di questi studi suggerisce anche la necessità di ricerche in condizionispecifiche, elaborate con cura, che aderiscano a specifici criteri riguardo al tipo di yoga,il “dosaggio”, valutazione dei risultati, ecc.. In assenza di una coordinazione, il campo diricerca dello yoga continuerà a generare risultati frammentari con i quali non può esseretracciato un quadro coerente e chiaro sui suoi benefici e risultati.

Le qualificazioni degli istruttori di yoga non erano riportate nel 60% degli studiesaminati in questa sistematica indagine esplorativa. Negli studi che prendevano notadelle qualifiche degli istruttori venivano usati termini come “certificato in yoga” (11%),trained (8%), e “con esperienza”. Solo nell'1% degli studi gli istruttori erano descritticome insegnanti yoga registrati.

Perché questo è importante? Il campo dello yoga terapia non ha ancora unaregolamentazione. Non c'è ancora un meccanismo attraverso il quale i professionistiricevano una qualche forma di certificazione che verifichi la loro partecipazione ad unprogramma di training rigoroso. Associazioni private come yoga alliance si stannomuovendo in questo senso, ma rimane difficile accertare se coloro che hanno propostogli interventi di yoga in questi studi avevano ricevuto il training adeguato per farlo.

In conclusione: anche uno studio ben elaborato ed eseguito rimane comunque unsingolo studio. Per poter determinare se un programma di yoga è effettivo, c'è bisogno

che questo sia replicato in maniera identica su differenti popolazioni e da differentigruppi di ricercatori. Questo raramente è stato fatto nel campo dello yoga: sebbene cisiano già una quantità di ricerche promettenti e questo campo sia in continua crescita,si sa ancora molto poco su come lavora lo yoga e perché.

La cosa più importante che gli insegnanti yoga e i terapisti possono fare è esercitarecautela, continuare a farsi delle domande, evitare facili diagnosi, stare informati emantenere una certa umiltà quando si tratta di discutere delle ricerche sullo yoga.Sempre più ricercatori stanno cominciando a interessarsi a questi argomenti e quindiprobabilmente è solo una questione di tempo prima di riuscire a comprendere le basiscientifiche dei miracoli piccoli e grandi che lo yoga produce e di cui possiamo esseretestimoni.

SECONDA PARTE: le ricerche scientifiche

“Yoga is an internal practice. The rest is just circus.”

Sri Pattabhi Jois

In questa seconda parte, che riguarda più da vicino i dati effettivi acquisiti dalla ricercascientifica sullo yoga, concentreremo l'attenzione soprattutto sulla meditazione, ambitoper il quale la storia della letteratura scientifica, ancorché breve, è un po' più lunga esedimentata: abbiamo, già dagli anni settanta e ottanta, ricerche più sistematiche e unmaggior numero di studi comparativi. Questo ha permesso di arrivare a datimaggiormente condivisi, confermati da studi successivi, e ormai accertati dallacomunità scientifica.

Tracceremo a grandi linee la storia di questo ambito di ricerca per sottolinearne imomenti più salienti e i risultati più consolidati, per poi accennare anche agli straordinarisviluppi di questi ultimi anni. Questo quadro dà l'idea dei passaggi che le ricerche sulloyoga tout court devono ancora attraversare nella loro maturazione.

4 Le prime ricerche pionieristiche su yoga e meditazione(anni 30 - anni 60)

L'interesse scientifico del mondo occidentale verso lo yoga e la meditazione iniziòintorno agli anni Trenta. Fu in quegli anni che la cardiologa francese Therèse Brossedecise di studiare le manifestazioni psicosomatiche della pratica dello yoga e dellameditazione e portò il suo elettrocardiografo in India nel 1935 per verificare se certi yogierano effettivamente in grado di controllare il loro sistema nervoso autonomo.

Con i sui studi ha potuto stabilire gli effetti reali di alcune pratiche di yoga e dellameditazione sulla base di registrazioni simultanee del polso, della respirazione edell'elettrocardiogramma. I risultati dei suoi test sulle reazioni del sistema cardio-vascolare parvero autenticare la possibilità del controllo volontario di svariatefunzioni autonome.7 Purtroppo dovette interrompere le sue ricerche a causa delloscoppio della seconda guerra mondiale che la vide prima lottare con la resistenzafrancese e poi prigioniera della Gestapo. È solo nel 51, dopo aver collaborato conl'Unesco e l'Università di Harvard, che ha ancora l'occasione di riprendere i suoi studisulla meditazione, questa volta per cercare di differenziare qualitativamente gli stati dicoscienza. Da questi studi prendono forma alcune pubblicazioni pionieristiche tra cui“L'educazione di domani” che tratta della psico-fisio-pedagogia, integrando due piani diricerca, quello psicologico e quello fisiologico, all'interno del piano della coscienza

7 Therèse Brosse (1946)

individuale, e “Etudes instrumentales des techniques du yoga” sulla relazione tratecniche yoga e manifestazioni psicosomatiche.

Una successiva indagine, condotta con un'attrezzatura più elaborata dai neurofisiologiindiani Wenger, Bagchi e Anand (1961), negò che coloro che praticavano lo yogapotessero determinare del tutto le funzioni quali, ad esempio, il ritmo cardiaco. D'altraparte, nel corso di un'altra indagine, gli stessi Wenger e Bagchi (1961) trovarono unsoggetto il quale, a comando, dimostrava il diretto controllo volontario sulla sudorazionedella fronte. Uno yogi da loro osservato riuscì addirittura ad abbassare per qualchesecondo la sua frequenza cardiaca a 20-25 pulsazioni al minuto. Le loro ricerche,assieme a quelle di J.G. Henrotte (1969), sembravano indicare un'azione delle posturesull'attività cortico-surrenale. Si è pensato quindi che le compressioni di alcuni puntiprecisi del corpo, realizzati con le asana, potrebbero avere degli effetti paragonabili aquelli provocati dall'agopuntura. Queste ultime osservazioni hanno fatto perdere l'alonedi mistero che circondava alcuni fenomeni reputati miracolosi, come l'arresto cardiacovolontario o la sopravvivenza dei “sepolti vivi”.

Bagchi e Wenger erano i primi fisiologi a studiare degli individui in meditazione, essiriferirono che era difficile trovare persone veramente esperte nei problemi dellameditazione. Si erano portati un elettroencefalografo portatile per 4.000 miglia di stradeindiane e potevano riferire su tredici soggetti soltanto. Sulla base dei loro dati, anche selimitati, Bagchi e Wenger conclusero che la meditazione può rappresentare un singolarestato di riposo profondo, in particolare per il sistema nervoso autonomo.

In studi successivi si mostrò che lo stato meditativo abbassa l'indice metabolico. Ifisiologi giapponesi Sugi e Akutsu (1964) trovarono in alcuni meditatori esperti unostato di riposo molto profondo. Nei loro studi, rilevavano le variabili del sistemarespiratorio. Tra le variazioni più interessanti c'erano un aumento del volume dellaventilazione per respiro e una diminuzione della ventilazione per minuto e un calo delmetabolismo basale del 20-25%. Tali soggetti, nel corso della meditazione, diminuivanodi circa il 20% il loro consumo di ossigeno e l'eliminazione di anidride carbonica.

I fisiologi indiani Anand, China e Singh (1961) studiarono un meditatore indiano, SriRamanand Yogi, che per dieci ore stette chiuso in una cabina a tenuta d'aria del lorolaboratorio. I ricercatori analizzavano un campione dell'aria all' interno della cabina aintervalli di mezz'ora. Sri Ramanand diminuiva il consumo di ossigeno durante il sonno.Nelle dieci ore dell'esperimento, Ramanand consumò soltanto il 70% di quello che siriteneva essere il minimo di ossigeno necessario per tenersi in vita e a un certo puntoconsumò soltanto il 50% di questa quantità minima proposta. I ricercatori giudicaronosignificativi questi risultati perché inficiavano l'idea secondo cui le funzioni vitali

all'interno del corpo non sono alla portata del controllo volontario. Poiché ricerchepiù recenti, in linea con l'idea di Bagchi e Wenger per gli effetti delle asana, indicanoche gli effetti fisiologici della meditazione sono naturali e spontanei, ci si potrebbedomandare se Sri Ramanand avesse davvero il controllo volontario delle funzioniinvolontarie del suo corpo. Ma lo studio di Anand del 61 è importante perchériferisce di uno stato di riposo senza precedenti, una sorta di sonno profondo instato di veglia.

Altri studi sulla meditazione hanno riportato modelli di onde cerebrali non riscontrati inaltri stati di coscienza. Anand (1969) studiò quattro meditatori indiani che mostravanouna prominente attività di onde alfa nei loro normali periodi di riposo e un marcatoaumento dell'ampiezza delle stesse onde durante la meditazione. I neuropsichiatrigiapponesi Kasamatsu e Hirai (1969) mostrarono che anche un neofita dello zazenpoteva emettere qualche onda alfa, mentre I monaci anziani riuscivano ad entrare inuno stato in cui predominano le onde alfa già dopo meno di un minuto di meditazione. Imonaci più esperti erano in grado di emettere anche onde theta, fisiologicamentediverse dalle onde theta di una persona addormentata. Chi era in meditazione, sebbeneemettesse onde tranquille e stabili tipiche di una persona addormentata, rimaneva alcontempo sensibile a ciò che accadeva intorno a lui. Risultava allo stesso tempo in unostato di sonno e in uno di veglia.(per maggiori informazioni sulla differenza tra sonno eveglia vedi nota8).

Kasamatsu e Hirai rilevarono che le onde alfa generalmente aumentavano di ampiezzaanche se i monaci meditavano ad occhi aperti. In alcuni monaci il ritmo alfa rallentava sialternava ritmicamente con onde theta a frequenza dimezzata rispetto a quelladell'attività alfa. Classificarono queste variazioni EEG in quattro stadi: la comparsa delleonde alfa (I), l'aumento dell'ampiezza alfa (II), la diminuzione della frequenza alfa (III) ela comparsa delle successioni ritmiche theta (IV). Ulteriori ricerche dimostrarono che piùsono gli anni che un soggetto ha passato praticando lo Zen, più sono probabili dellepronunciate variazioni EEG nel corso della sua meditazione. I soggetti con meno dicinque anni di pratica meditativa mostrano una predominanza dello stadio I; in quelliinvece che hanno praticato lo Zen per più di vent'anni prevalgono gli stadi III e IV.

Era interessante che il livello di sviluppo spirituale dei monaci, valutato da un maestroZen, era strettamente correlato al grado della variazione EEG. I ricercatori hanno perciò

8 Per rimarcare la differenza di questi due stati di rilassamento, successivamente si è misurata anche la resistenzaelettrica della pelle. Una bassa resistenza elettrica, misurata tramite il test di reazione galvanica della pelle, èconsiderata un indicatore attendibile di stress, perché causata dalla traspirazione indotta dall'ansia. Il principio è lostesso su cui si basa la macchina della verità per misurare l'agitazione e la tensione dell'interrogato. È interessanteche la reazione galvanica non avviene durante il sonno, mentre durante la meditazione il soggetto mostra reazionianche senza stimoli forti, mostrando come si possa rimanere tranquilli e stabili pur essendo svegli, coscienti e ricettivinei confronti del mondo esterno

ipotizzato che "i gradi di variazioni EEG nel corso della meditazione Zen sono parallelial profitto dei discepoli nella pratica dello Zen. I quattro stadi delle variazioni EEGriflettono sul piano fisiologico lo stato mentale durante la meditazione Zen."

5 Le ricerche più sistematiche (dagli anni 70 in poi)

A questi primi studi si aggiunsero negli anni 70 anche quelli sulla meditazionetrascendentale da parte di studiosi americani che, a partire dagli anni settanta,contribuirono alla diffusione di questa tecnica e all'aumento dell'interesse del mondoaccademico e non, sugli effetti e benefici della meditazione in generale.

Robert Keith Wallace fu il primo scienziato americano a intraprendere l'indaginescientifica dello stato di coscienza nella pratica della Meditazione Trascendentale. Lasua tesi di Ph. D., sostenuta nel 1970 alla scuola di Medicina dell'Università dellaCalifornia a Los Angeles, sugli effetti fisiologici della Meditazione Trascendentale,costituisce una pietra miliare. In seguito, alla scuola di Medicina di Harvard, assieme aHerbert Benson, cardiologo e professore aggiunto di medicina, proseguì le sueindagini sulla potenziale applicazione della MT al campo della salute. Egli scelse laMeditazione Trascendentale come tecnica orientale di meditazione perché era praticatada molti americani che costituivano un gruppo abbastanza ampio, eterogeneo efacilmente raggiungibile e avevano appreso la tecnica in maniera omogenea. Inoltre, adifferenza dei meditatori indiani e giapponesi, precedentemente osservati, coloro chepraticavano la meditazione Trascendentale erano esenti da speciali osservanzereligiose, dietetiche o ritualistiche che potevano in parte essere delle variabili in sede distudio.

Wallace, nonostante da alcuni studiosi sia discusso e considerato parziale edinteressato nelle sue ricerche (si è unito al movimento di Maharishi ed è stato fondatoree presidente della Maharishi International University) è considerato l'iniziatore dei lavoridi studio sistematici sulle tecniche meditative.

Le tecniche meditative sono classificate dalla moderna psicofisiologia tra le strategie dirilassamento e accostate al Training Autogeno, al Rilassamento Progressivo e alBiofeedback.

In questa classificazione è chiaro che per la scienza occidentale le tecniche meditativesono viste più come una tecnica di rilassamento che una forma di autoconoscenza.Tecniche occidentali di rilassamento come Training Autogeno, RilassamentoProgressivo ecc. sono utilizzate come forma di riposo soprattutto quando si è stressati.L'uomo occidentale è propenso verso l'azione e se questa diventa continua può portaread un esaurimento delle proprie energie (malattie da stress). Per l'occidentale le

tecniche di rilassamento sono una sorta di forma concentrata di riposo. Questodiscorso, fino a qualche tempo fa, non poteva esser fatto per l'Oriente dove il concettodi stress non era molto diffuso e di conseguenza nemmeno l'idea delle tecnicherilassamento antistress.

Qual'è quindi la funzione originaria delle tecniche meditative? Le tecniche dimeditazione da noi conosciute provengono da scuole di discepolato i cui membri eranoe sono persone che hanno scelto un determinato stile di vita; così la meditazioneBuddhista proviene dai monasteri e la Meditazione Trascendentale, divulgata inOccidente da Maharishi, proviene dalle scuole Shankaracharya dell'India. In questiambienti la pratica della meditazione era ed è una tecnica pratica verso il cammino diautoconsapevolezza (illuminazione o autorealizzazione per gli orientali).

Qualcosa di molto simile ma in forma ridotta viene riportato anche tra gli occidentali chepraticano delle tecniche di rilassamento: le persone che fanno Training Autogenoriportano di essere più soddisfatte perché l'allenamento quotidiano rappresenta unrapporto con se stesse in un'atmosfera di completo silenzio dei propri pensieri. Questopotrebbe rappresentare un primo passo verso l'autoconsapevolezza: il silenzio con sestessi.

Benson sostenne che l'obiettivo di questi esercizi di concentrazione è “l'interruzionedell'abituale decorso del pensiero e dell'associazione, come conseguenza di uno statodi rilassamento psicofisico”.9 Negli individui che praticavano MeditazioneTrascendentale si osservò un aumento della tendenza alla sincronizzazioneelettroencefalografica nelle regioni centrali e frontali della corteccia cerebrale.10 Questasincronizzazione, come per la meditazione zen, compariva con maggiore frequenza edurata nei soggetti esperti di meditazione che nei principianti .11 Banquet (1973)condusse ricerche comparative per determinare le variazioni elettroencefalografiche nelcorso della meditazione, durante un semplice rilassamento e nella fase diaddormentamento. Tutti i soggetti che praticavano mostrarono, all'inizio e alla fine dellameditazione, periodi alfa di ampiezza elevata e frequenza ridotta (quindi lunghezzad'onda più lunga e maggiore rilassamento). Nei soggetti con avanzate esperienze dimeditazione la stimolazione sonora e luminosa non provocava la reazione di arresto delritmo alfa dell'EEG, sebbene i soggetti fossero in grado di rispondere prontamente aogni domanda e di eseguire movimenti volontari.

9(Benson 1975)10( Wallace 1970)11(Brown 1971)

I periodi theta si differenziavano dalle forme miste osservabili durante la fase diaddormentamento, come nelle osservazioni fatte sui monaci che praticavanomeditazione zen.

Comune a entrambe le tecniche, quella della Meditazione Trascendentale e quellabuddhista zen, è il metodo dell'orientamento dell'attenzione verso un'unica e immutabilefonte di stimoli (come l'ascolto del respiro o l'uso di un mantra). Nei confronti deglistimoli che distraggono da questo focus si consiglia, e si apprende nel corso dellameditazione, un atteggiamento di attesa e disinteresse. Le differenze consistono nelfatto che la meditazione Zen osservata dai due studiosi giapponesi si effettuava adocchi aperti, quella Trascendentale invece ad occhi chiusi. Ciò può influire sulletrasformazioni dei processi nervosi centrali durante la meditazione. Le variazioniosservate nell'EEG dei monaci Zen12 indicano che, come per gli altri procedimenti diinduzione del rilassamento, si ottiene un abbassamento del livello eccitatorio dellacorteccia (aumento delle ampiezze alfa, presenza delle onde teta).

Quanto al così detto fenomeno dell'abituazione(per una definizione di abituazione vedinota13), per la reazione di arresto alfa in seguito ad una ripetuta presentazione di stimoliacustici, sembra esserci una differenza dei modelli di reazione corticali tra soggetti chenon praticano la meditazione Zen e soggetti che la praticano. L'assenza di abituazionealla reazione di orientamento nei soggetti dediti alla meditazione Zen potrebbe indicareun livello di attenzione costante e stabilizzato. Come nel gruppo di controllo di questostudio anche nella Meditazione Trascendentale, in seguito a una ripetizione di stimoli,cessò la risposta di orientamento, il che sembra indicare una normale disponibilitàall'abituazione. La prontezza della reattività corticale diminuisce in questo caso conintensità maggiore che dopo una lunga meditazione Zen. La meditazione zen sembraquindi coltivare un'interazione maggiore tra lo stato di veglia e lo stato di rilassamentoprofondo.

6 Una definizione di meditazione

Wallace (1970) ha definito "stato ipometabolico" l'insieme dei modelli di variazionevegetative durante la Meditazione Trascendentale. Accordandosi alle ricerche svoltefino a quel momento, tale stato è caratterizzato da un abbassamento del tonomuscolare, una diminuzione della frequenza cardiaca, del volume-minuto cardiaco edella frequenza respiratoria, una riduzione del consumo d'ossigeno, sotto un limite oltre

12 (Kasamatsu e Hirai, 1969)

13 abituazione Processo inibitorio che sopprime progressivamente la risposta dell'organismo al ripresentarsi dello stimolo.[...] Le reazioni fisiologiche derivanti dal destarsi dei processi attentivi (riflessi d'orientamento) si manifestano attraverso un movimento somatopsichico che comporta il volgersi degli organi recettori e del corpo verso la sorgente dello stimolo: si ha abituazione quando i neuroni dell'attenzione cessano di funzionare anche quando lo stimolo rimane invariato. (Treccani.it)

il quale non si scende neppure durante il sonno, una diminuzione del pH del sangue euna riduzione del contenuto di lattato nel sangue. Anche Orme-Johnson (1973) rilevòche la meditazione eleva la resistenza cutanea e ne riduce le oscillazioni spontanee.Tale osservazione lo condusse alla conclusione che la Meditazione Trascendentalefavorisse la stabilizzazione delle funzioni autonome (Orme-Johnson 1973). In base allericerche psicofisiologiche pubblicate all'inizio degli anni settanta, egli trovò ulterioreconferma all'ipotesi che le tecniche meditative siano in complesso adatte alla profilassidello stress.

Studi successivi indussero a mettere in dubbio che le variazioni psicofiologicheprovocate siano da attribuire a una specifica tecnica. Venne anche messa indiscussione la genuinità delle ricerche da cui risultava che la meditazionetrascendentale avesse risultati con differenze apprezzabili rispetto ad altre tecniche.Non si poté così stabilire alcuna differenza nelle variazioni della frequenza respiratoria,14

della frequenza cardiaca,15 o dell'attività elettrodermica.16 Travis, Kondo e Knott, in uncelebre studio sulle differenze di frequenza cardiaca, tensione muscolare e produzionedi onde alpha tra meditazione trascendentale e controllo con altre tecniche dirilassamento, osservarono persino che il gruppo di controllo riusciva a ridurre tanto lafrequenza cardiaca che l'attività elettromiografica meglio del gruppo dei soggetti che acui era stata data da praticare la meditazione (Travis, Kondo e Knott 1976).

7 Principali risultati fisiologici attualmente consolidati

Gli studi pionieristici citati hanno aperto la strada ad un ampio ventaglio di ricerchefiorite negli ultimi anni che, grazie ad una convergenza multidisciplinare e alle nuovestrumentazioni di analisi, hanno ormai ampiamente confermato un insieme di effetti chela meditazione ha su alcuni dei principali parametri fisiologici dell’organismo. Vediamoquali.

Tra i risultati consolidati troviamo in generale una stabilizzazione dell’attività del SNA(Sistema Nervoso Autonomo) con una riduzione dell’attività del sistema simpatico afavore di un aumento del sistema parasimpatico che indica una migliore risposta allostress giornaliero.17

Anche L’attività endocrina risulta influenzata attraverso un abbassamento dei livelli dicortisolo, ormone collegato allo stress , un aumento del rilascio della dopamina, chea livello comportamentale porta ad un calo del “bisogno d’azione” e ad un aumento

14 (Cauthen e Prymack 1977)15 (Puente e Beiman 1980)16 (Morse, Martin 1977)17(Murata, Takahashi et al., 2004)

dell’attenzione sensoriale, e della serotonina, l’ormone del benessere e del piaceredello stare nel corpo.18

Altri parametri come la frequenza del battito cardiaco (HRV) e del respiro vannoincontro ad una significativa diminuzione (anche come effetto a lungo termine al di fuoridella meditazione) così come i valori che indicano tensione muscolare (EMG); il GSRtonico, che misura la resistenza della pelle come indice di rilassamento, risultaaumentato mentre il GSR fasico, sensibile allo stato di allerta e alle stimolazionid’allarme, risulta più stabile, indicando una maggiore tranquillità del soggetto.19

Importante è anche l’effetto che la meditazione produce sul sistema immunitario dove èstato ampiamente dimostrato un significativo incremento nelle capacità di rispostadi difesa dell’organismo dagli agenti patogeni esterni 20

A livello psicologico si assiste nei meditatori a lungo termine ad una maggiorefunzionalità e flessibilità cognitiva che corrisponde a un miglioramento dellatrasmissione dei segnali nel sistema nervoso e che si traduce in una maggiore velocitàdi percezione, una maggiore velocità di decisione, in un bilanciamento ed unaumento dell’efficienza delle risorse attentive e in un generale miglioramento delleprestazioni a livello mentale.21 A tal proposito, attraverso alcuni protocolli sperimentalivolti a testare le risposte dei soggetti in alcuni compiti cognitivi in condizione di allarme,si è potuto constatare che i meditatori tollerano in maniera significativamente piùelevata gli eventi stressogeni e, più in generale, rispondono agli stimoli in maniera piùadeguata (nei tempi e nei modi) ad indicare un utilizzo più efficiente delle proprierisorse intellettive.22 Questi risultati sono specchio dello stato di presenza che si vienea sviluppare con la pratica costante della meditazione. Anche sul piano emozionale ecomportamentale si assiste ad una stabilizzazione dell’umore, ad uno stato dibenessere psicofisico, di tranquillità e relax; i soggetti riferiscono di esperire la“sensazione di esistere” e manifestano una presenza e un forte senso del Sé .23

Importanti risultati giungono dagli studi elettroencefalografici (EEG): infatti, tra i puntiprincipali che ormai numerose ricerche hanno confermato, ritroviamo una maggiorecoerenza EEG interemisferica soprattutto frontale ed in particolare rispetto alleonde alpha, e una maggiore ampiezza delle onde EEG, in particolare delle bandealpha e theta.24 Di fondamentale importanza è il fatto che queste particolarità

18(Jones, 2001; Kjaer, Bertelsen et al., 2002)19 (Golosheykin e Aftanas, 2005; F. Travis e Wallace, 1999)20 (Davidson, Kabat-Zinn et al., 2003; Golosheykin e Aftanas, 2005) 21 (Travis e Arenander, 2006)22 (Travis, Tecce et al., 2002)23(Golosheykin e Aftanas, 2005)24 (Murata, Takahashi et al., 2004; Travis e Arenander, 2006)

riscontrate nei quadri EEG dei meditatori si mantengono costanti nel tempo,anche, e oltretutto in maniera ancora più evidente, al di fuori della pratica in sé,dimostrando l’instaurarsi di cambiamenti a lungo termine;25 in particolare si è visto chela coerenza soprattutto frontale e l’ampiezza delle onde alpha si mantengonocostantemente elevate sia in diverse condizioni relative allo stato di veglia, sia durante ilsonno non-REM. 26

7.1 Per sintetizzare:

Gli effetti della pratica della meditazione sono riscontrabili e misurabili su diversi piani:

Fisico

Emozionale

Psicologico

Le caratteristiche principali di qualsiasi tecnica sono riconducibili essenzialmente a trepunti (Manzoni, Pagnini et al. 2008):

Efficacia su numerosi disturbi

Assenza di effetti collaterali

Importanza di durata e continuità della pratica

8 Meditazione e depressione

“Yoga allows you to rediscover a sense of wholness in your life, where you do not fell like you areconstantly trying to fit broken pieces together”. B.K.S. Iyengar

È interessante notare come incrociando i risultati di varia natura appena esposti con lericerche internazionali sulla depressione e sulle sue manifetstazioni fisiologiche,psicologiche, emotive e cognitive si arriva a evidenziare effetti diametralmente opposti

tra le due.

DEPRESSIONE MEDITAZIONE

COERENZA - +

ALPHA - +

25 (Travis e Arenander, 2006)26(Travis,Tecce et al., 2002)

DOPAMINA/SEROTONINA - +

SNA Anormalità stabilità

CORTISOLO + -

RISPOSTA IMMUNITARIA - +

STABILITÀ EMOTIVA - +

FUNZIONALITÀCOGNITIVA

- +

SENSO DI SÉ - +

Questo rende plausibile ipotizzare la possibilità di utilizzo della meditazione comestrumento di prevenzione, se non addirittura di cura per disturbi depressivi.

9 Neuroplasticità

“Il fatto che il sistema nervoso centrale determini il comportamento è un concetto universalmenteaccettato; il contrario, ovvero la capacità del comportamento di influenzare la struttura e la funzione

cerebrale, è invece un’idea che ancora oggi, sebbene ampiamente provata, è poco diffusa”Branchi e Alleva 2005,

Il termine “neuroplasticità” (o plasticità cerebrale), di recente introduzione nelleneuroscienze, si riferisce alla capacità del cervello di cambiare nel corso della vita diuna persona, nel bene o nel male. È un processo estremamente importante: definisce ilnostro sviluppo cognitivo e forma le nostre diverse personalità. Questo concetto sidiffonde, viene validato e acquista un nuovo significato grazie alle scoperte scientifichedell'ultimo decennio e si contrappone alla credenza, accettata per tutto il Novecento,che la struttura cerebrale non possa cambiare in età adulta. Se è vero che il cervello deibambini è estremamente plastico, è altrettanto provato che, nelle giuste condizioni, uncervello adulto può ristrutturarsi in modo considerevole. Non solo: il cervello puòanche formare nuove cellule. Potremmo quindi definire la neuroplasticità come il nostro“superpotere” e quindi sta a noi decidere se e come usarlo, perché a seconda di comeci muoviamo e agiamo, delle nostre convinzioni, anche subconsce, delle abitudini edello stile di vita, noi modelliamo costantemente il nostro cervello e quindi la nostra vita.Le connessioni neuronali infatti possono essere formate oppure cancellate (secondo ilprocesso di potatura sinaptica).

Il concetto di plasticità cerebrale è allo stesso tempo molto semplice da capire, maanche incredibilmente complesso. Riusciamo ad immaginarci senza problemi il fatto cheil cervello non sia mai uguale, e che si adatti alle circostanze, all’apprendimento. Comee perché cambia sono aspetti decisamente più complicati.

Si tratta di un processo fisico. La sostanza grigia può ridursi o aumentare, sipossono creare e perfezionare connessioni neurali, o al contrario indebolire edanneggiare. Questi cambiamenti fisici nel cervello si manifestano poi comecambiamenti nelle nostre capacità. Ad esempio, ogni volta che impariamo un nuovopasso di danza il nostro cervello si modifica: nuovi “collegamenti” neurali danno alnostro corpo delle istruzioni su come eseguire quel passo. Ogni volta chedimentichiamo il nome di una persona, i “collegamenti” che si connettevano allamemoria sono stati danneggiati.

Quello che sappiamo dalle neuroscienze è che quando si ingaggia un comportamentopiù e più volte questo può portare a cambiamenti nel cervello. I neuroni possonomodificare, con l'esperienza, il modo in cui comunicano tra di loro. Ci sono diversi studiche dimostrano che si possono effettivamente vedere questi cambiamenti, usandomacchinari come la risonanza magnetica. In uno studio sugli effetti della giocoleriahanno preso un gruppo persone che non avevano mai fatto giocoleria prima, a cuihanno fatto una risonanza, poi gli hanno insegnato a giocolare, e gli hanno detto:“continuate ad allenarvi per tre mesi.” Li hanno riportati a fare le analisi dopo tre mesiesi è riscontrato che effettivamente era possibile individuare con la risonanza deicambiamenti nella quantità di materia grigia nel cervello di queste persone in areeimportanti per la motricità visiva. Quindi alcuni scienziati si sono domandati se anche lameditazione possa cambiare la struttura del cervello? Una cosa semplice come lagiocoleria lo fa. E la meditazione? Si è visto che riduce lo stress ed ha una serie dibenefici fisiologici, ma che possa letteralmente ristrutturare e riprogrammare il nostrocervello è una considerazione che si spinge un po' più in là.

Così diversi studiosi hanno cominciato a porre l'attenzione a come la materia grigia e lamateria bianca del nostro cervello possa essere “modellata” dalla meditazione. Sonoesperimenti molto recenti e questo tipo di ricerche sono ancora lontane dal trovareun'integrazione. Così non è ancora possibile rispondere con dati certi alle due domandefondamentali che si stanno ponendo i ricercatori: la meditazione è associata conun'alterazione della struttura del cervello? E, se sì, quanto sono significative e di cheordine di grandezza sono queste differenze? Un recente studio che ha analizzato unaventina di queste ricerche e incrociato i loro dati27 ha trovato otto regioni del cervelloconsiderevolmente alterate nei meditatori, tra cui le aree chiave della meta-consapevolezza (corteccia frontopolare/BA10), l'area della consapevolezza

27 (Fox et al., 2014)

esterocettiva e interocettiva del proprio corpo (corteccia somatosensitiva e insula),l'area del consolidamento della memoria (ippocampo), l'area che corrisponde allaregolazione delle proprie emozioni (cingolo anteriore e medio e corteccia orbito-frontale), e l'area che presiede alla comunicazione intra- e interemisferica ( fascicololongitudinale superiore e corpo calloso), che registrano un aumento del loro volume.Per collegare definitivamente la pratica della meditazione all'alterazione apprezzabiledella morfologia del cervello c'è bisogno di usare metodi di ricerca più rigorosi di questemeta-analisi.

Alcuni studi pionieristici ci possono però dare l'idea del tipo di conferme cheprobabilmente la scienza potrà fornirci sui benefici della meditazione. Lo studio di SaraLazar è uno dei più degni di nota: Sara Lazar si è imbattuta nei benefici dello yoga nel1994, quando il suo medico l'ha incoraggiata a provare per riabilitare il ginocchio e laschiena che aveva danneggiato allenandosi per la maratona di Boston. Dopo soloqualche settimana di pratica ha cominciato a sentire un miglioramento significativo per isuoi dolori, insieme ad un effetto più generale sul suo senso di benessere. Ed hacominciato a domandarsi: “Come può una postura di yoga o un esercizio di respirazioneprodurre tutti questi cambiamenti?” La sua curiosità scientifica l'ha portata a dirottare lasua carriera all'università di Harvard dalla microbiologia alle neuroscienze, per poterindagare in qualche modo gli effetti dello yoga e soprattutto della meditazione. E neglianni ha fatto alcune scoperte che hanno segnato una svolta in questo campo.

Nel suo primo studio, ha assoldato un gruppo di persone nella zona di Boston. Questi,volutamente, non erano monaci o insegnanti di meditazione, erano il tipico Mario Rossicon un'esperienza comune di meditazione di circa 30-40 minuti al giorno. Ha fatto lorouna risonanza, e li ha paragonati a un gruppo di persone che dal punto di vistademografico erano loro pari, ma che non meditavano. E ha trovato che c'eranoeffettivamente parecchie regioni del cervello che avevano più materia grigia neimeditatori rispetto al gruppo di controllo. Una di queste regioni è nella parte anterioredel cervello, è l'area importante per la memoria lavorativa e per prendere decisioniesecutive.

L'aspetto interessante è stato mettere a confronto le loro età. I quadretti rossi delcontrollo nell'immagine confermano quanto già era stato ben documentato, e cioè chequando si invecchia, non solo questa zona, ma la maggior parte della corteccia sirestringe. E questa è in parte la ragione per cui quando invecchiamo, è più difficilecapire le cose e ricordarsele. La cosa interessante era che in questa regione, quelli di50 anni che facevano meditazione avevano la stessa quantità di corteccia dei 25enni,cosa che suggerisce che la pratica della meditazione può effettivamente rallentare oprevenire il declino naturale collegato all'età nella struttura corticale.28

La ricercatrice ha presentato i suoi risultati nello stesso anno in cui il Dalai Lamapartecipava alla “Conferenza sugli studi della mente: la scienza e le applicazionicliniche della meditazione” a Washington D.C. dove per tre giorni migliaia di medici estudenti di meditazione apprendevano i risultati delle ultime ricerche presentati da varioperatori, e dove si mostrava in che modo la meditazione influenza positivamente,attraverso un’azione sul cervello, la salute mentale e fisica dell’uomo. Nonostante irisultati promettenti c'era anche chi era piuttosto critico sull'argomento (addirittura ungruppo di ricercatori che ha firmato una petizione perché riteneva inopportuno che ilDalai Lama, un'autorità religiosa, partecipasse e avesse voce in capitolo ad unconvegno scientifico).

Anche alla presentazione della Lazar i critici delle sue ricerche hanno mosso una seriedi obiezioni: ”beh, sai, chi fa meditazione è un po' strano.. Forse erano già così prima diiniziare a praticare..”. Molti dei partecipanti all'esperimento ad esempio eranovegetariani, e allora forse i risultati potevano avere qualcosa a che fare con la dieta, o

28(Lazar, 2005).

con qualcos'altro nel loro stile di vita. Non doveva essere necessariamente lameditazione, poteva essere qualcos'altro.. E, ad essere corretti, in effetti poteva esserevero, erano critiche plausibili. Il primo studio non considerava queste variabili e nonpoteva dare una risposta soddisfacente. Così Lazar ha fatto un secondo studio. Inquesto studio ha deciso di prendere persone che non avevano mai meditato prima, gliha fatto la risonanza, e poi li ha inseriti in un programma di riduzione dello stress di 8settimane basato sulla meditazione (meditazione sul respiro stile vipassana) dove gliveniva detto di meditare ogni giorno per 30 o 40 minuti. Poi gli ha fatto un'altrarisonanza al termine delle 8 setttimane, ha trovato che parecchie aree erano diventatepiù grandi.

In questa immagine possiamo vedere l'ippocampo e nel grafico il gruppo di controllo,in blu, e i soggetti che fanno meditazione, in rosso. L'ippocampo, che è l'areaimportante per l'apprendimento e per la memoria, è anche importante per la regolazionedelle emozioni. È interessante che c'è meno materia grigia in questa regione in personeche soffrono di depressione o disordini da stress postraumatico.

Un'altra regione che Lazar ha identificato nel suo studio era la giunzione temporo-parietale, sopra l'orecchio, che è importante per l'assunzione di prospettiva e perl'empatia e la compassione.

Le persone riferivano di sentire cambiare entrambe queste funzioni quandocominciavano a praticare meditazione e yoga.

Un'altra regione ancora che ha identificato era l'amigdala. L'amigdala è la parte delnostro cervello “combatti o fuggi”. E qui in realtà Lazar ha trovato una diminuzione dellamateria grigia.

La cosa interessante era che questo cambiamento della materia grigia era correlato allostress. Quindi, maggiore era la riduzione dello stress che le persone riferivano, piùpiccola diventava l'amigdala.

Questo risultato era veramente interessante, perché è una specie di parallelismo alcontrario rispetto a quello che hanno mostrato gli studi sugli animali. Alcuni studiosiusavano i roditori per monitorare l'amigdala: prendevano roditori normali, tranquilli, e limettevano in una gabbia e misuravano la loro amigdala. Poi, dopo dieci giorni di regimedi stress, misuravano nuovamente la loro amigdala e questa parte del cervello dei rattiera aumentata. Quindi, lo studio di Lazar ha riscontrato una diminuzione nella variabilestress, mentre coi topi avevano trovato un aumento di stress.

La cosa interessante è che gli sperimentatori dei topi poi lasciavano gli animali in pace,e tre settimane dopo tornavano e li testavano di nuovo: quella stessa partedell'amigdala era ancora grande. Gli animali, anche se erano nelle loro gabbie originalidove erano tranquilli, si comportavano da stressati, per esempio si rintanavano in unangolo, e non esploravano più lo spazio come avevano fatto prima. L'evento stressanteambientale aveva lasciato un segno a lungo termine nella loro struttura cognitiva ecomportamentale. Questo è l'esatto contrario di quello che Lazar ha visto negli “umani”,perché per i suoi soggetti non era cambiato nulla nel loro ambiente; avevano ancora iloro lavori stressanti, tutti i problemi difficili erano ancora difficili, avevano più o meno glistessi impegni e responsabilità, ma l'amigdala era diventata più piccola e loro riferivanomeno stress. Questi risultati insieme rivelano come la variazione delle dimensionidell'amigdala non è correlata al mutare delle condizioni dell'ambiente, mapiuttosto al cambiamento nel modo di reagire e di rapportarsi con l'ambiente.

Un'altra cosa che lo studio mostra è che non solo le persone dicevano di sentirsi meglioper una sorta di effetto placebo, o che stessero cercando di compiacere gli studiosi(fenomeno già riscontrato più volte nell'ambito delle scienze sociali da considerare perl'attendibilità dei risultati), ma c'era veramente una ragione neurobiologica per cuidicevano di sentirsi meno stressati.

Un tratto comune a tutti questi studi sulla meditazione è che le persone riferiscono diessere più soddisfatte della propria vita, di avere una qualità della vita superiore.Questo sembra uno degli aspetti più degni di nota.

10 Misure e coscienza, ipotesi

Questi risultati mettono in luce come la meditazione presenti numerosi effettiscientificamente dimostrabili su diversi piani dell’esperienza umana (fisico, emozionale,cognitivo) e ci rimandano alle considerazioni relative alla coscienza, all'idea del Sé, cheviene coinvolta attraverso la pratica della meditazione. Questa dimensione, chesoggettivamente viene riferita come “sensazione di esistere”, come stato di presenzaglobale, consapevole e silenziosa, che fa maturare nell’individuo un senso di identitàprofondo, integro ed unitario, sembra essere correlata, in alcuni suoi aspetti, aparticolari pattern di onde EEG: quelli caratterizzati da un’elevata coerenza ed elevataampiezza alpha frontali.

La coerenza EEG in particolare sembra essere manifestazione dell’integrità funzionaledell’attività cerebrale e specchio dei cambiamenti negli stati di coscienza dei meditatori,che si mantengono stabili nel tempo: a diversi stati di consapevolezza corrispondonodifferenti pattern EEG.29

Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che questi pattern di coerenza EEG siano lamanifestazione visibile e misurabile del primo di una sequenza di stati diconsapevolezza raggiungibili attraverso la meditazione. Anche gli stessi effetti diincremento della funzionalità del sistema immunitario, deputato alla difesadell’organismo, e quindi al riconoscimento di tutto ciò che è parte dell'organismo rispettoal corpo estraneo o minaccia, vengono letti spesso, anche se in maniera più analogicaed intuitiva piuttosto che strettamente scientifica, come una forma di coscienzadell’essere che distingue il “sé” dal “non-sé”. Allo stesso modo i risultati relativiall’efficienza, alla flessibilità e alla performance cognitiva spesso vengono interpretaticome indicativi di una parte di quegli aspetti dell’esperienza che si realizzano in unostato di presenza globale nel qui e ora.

29 (Rusalova, 2005; Dunn, Hartigan e. Mikulas, 1999)

TERZA PARTE: un nuovo paradigma scientifico

The study of asana is not about mastering posture. It's about using posture to understand and transformyourself” B:K.S.Iyengar

11 Epigenetica e PNEI

“Studiare la Pnei, incontrare vitamine che si comportano da immunomodulatori, citochine che modificanol’umore, alimenti che spengono l’infiammazione, ormoni che influenzano capacità cognitive è

un’esperienza felice e stimolante....." (Marina Risi in PNEI News n. 1 2007)”

Negli ultimi 30 anni, come si è detto, l'interesse nei confronti della meditazione èaumentato considerevolmente. E non solo in ambito medico: già nei primi anni novantacominciò ad emergere l'interesse per questa pratica anche in ambito aziendale percoadiuvare il lavoro manageriale e oggi giorno la meditazione fa parte di diversi trainingaziendali e sta entrando a far parte anche di diversi programmi pedagogici.

Al di là degli utilizzi e delle ricerche specifiche già prese in esame nella seconda parte,si sta assistendo negli ultimi anni ad uno spostamento di paradigma epocale, che a suavolta ha influenzato non poco la direzione presa dalla ricerca contemporanea. Si staassistendo infatti alla progressiva affermazione di un nuovo approccio interdisciplinare:la PNEI, psico-neuro-endocrino-immunologia (per una definizione di PNEI vedi nota30).Si tratta di un modello scientifico, in ampia espansione ed evoluzione, che cerca diosservare il funzionamento di un organismo nella sua totalità.

Per molto tempo la medicina ha studiato il corpo umano operando raffinate dissezioni disistemi, organi e tessuti, mettendoci a disposizione una quantità straordinaria diinformazioni, ma perdendo di vista l'insieme. Gli studi della PNEI invece ci dannoconferma che siamo organismi integrati e gettano le basi per evidenziare la strettacorrelazione che c'è tra corpo e mente.

11.1 Genetica ed epigenetica

Per buona parte del novecento il paradigma meccanicistico è stato dominante nellescienze mediche e ha trovato la sua massima espressione nel tentativo di spiegare i“fenomeni biologici in termini fisico-chimici”31 per poi svilupparsi nel “cellulismo”, una

30“Psiconeuroendocrinoimmunologia. Disciplina che studia le relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici.Nella p. convergono, all’interno di un unico modello, conoscenze acquisite, a partire dagli anni Trenta del 20° sec.,dall’endocrinologia, dall’immunologia e dalle neuroscienze.[...]fornisce la base per prospettare nuovi approcciintegrati alla prevenzione e alla terapia delle più comuni malattie, soprattutto di tipo cronico e, al tempo stesso,configura la possibilità di andare oltre la storica contrapposizione filosofica tra mente e corpo nonché quellascientifica, novecentesca, tra medicina e psicologia, superandone i rispettivi riduzionismi, che assegnano il corpo allaprima e la psiche alla seconda”. Francesco Bottaccioli (voce di Treccani Medicina, vol 3, Cervello Mente Psiche ,Roma 2010)

31 (Mayr, 2005)

forma di riduzionismo più morbida che vede la cellula come centro unitario e autonomoall'interno dell'organismo. Quando, con le scoperte di Pauling, si introdusse il concettodi malattia molecolare e venne scoperta la struttura del DNA, questo paradigma siimpose. Per la quasi totalità dei ricercatori, studiare le mutazioni molecolari responsabilidelle malattie, e quindi le loro basi genetiche, significava trovarne le cause secondoun'idea di determinismo genetico.

Nel paradigma della genetica classica, ciò che conta per la vita dell'organismo sta nellasequenza del DNA: il comportamento dell'idividuo e le caratteristiche dell'ambientehanno valore solo in quanto possono entrare in conflitto o meno con questo programmagià scritto, ma non possono avere una retroazione su di esso e quindi sono secondari.

I cambiamenti del genoma non riguardano però solo mutazioni nella sequenza dellebasi, ma anche l'espresione di questa sequenza (epigenesi). In sostanza, percambiare le informazioni che circolano nel nostro corpo, non è necessariocambiare il materiale genetico che abbiamo ereditato, ma basta cambiare ilprogramma con cui si esprime. In particolare, come abbiamo visto nella parte II, cisono numerose evidenze che la psiche e i comportamenti sono in grado di modellare ilcervello, il cui programma genico, quindi, è potentemente influenzato dallaretroazione della coscienza, delle emozioni e dei comportamenti.

Anche la differenziazione cellulare nel nostro corpo è sotto il controllo epigenetico, chemodifica l'espressione genica senza modificare la sequenza del DNA. Oggi diversiricercatori pensano che l'obiettivo della ricerca non debba essere il genoma, che ha unelevato grado di stabilità, ma l'epigenoma, che rappresenta l'interfaccia biologica delleinterazioni tra indivuduo e ambiente. É stata anche dimostrata un'eredità epigeneticameiotica (in fase di duplicazione cellulare). Così non solo si riproduce il DNA, ma ancheil “software” (o il modello comportamentale) attivo al momento della duplicazionecellulare.

I cambiamenti epigenetici non sono circoscritti alle prime fasi dello sviluppopembrionale, sono attivi anche nell'adulto, rappresentando la risposta adattiva delgenoma all'ambiente e alle sue modificazioni.

Il genoma è quindi un'insieme di possibilità di adattamento all'ambiente in potenza cheha bisogno di un programma per esprimersi: l'epigenoma. Questo nuovo modello dibiologia molecolare si sposa perfettamente con la PNEI

11.2 PNEI: Psiconeuroendocrinoimmunologia

La psiconeuroendocrinoimmunologia (vedi appendice A) si occupa delle relazioni esistenti tra la psiche e i grandi sistemi di regolazione fisiologica dell'organismo umano:il sistema endocrino, quello nervoso e quello immunitario.

Pur fondandosi nella ricerca scientifica più avanzata, la PNEI trova alimento culturalenello studio della medicina antica occidentale e orientale. In queste medicine il mediconon è il protagonista. I protagonisti sono il malato e la scienza medica a cui il malatopuò accedere tramite un esperto. Serve perciò un'azione in prima persona da parte delmalato. Il medico si occupa di conoscere non solo le caratteristiche della malattia, maanche del malato e del suo ambiente.

Oggi questo sguardo “olistico” si può colorare dell'autorevolezza della scienza tramite laPNEI, che integra nello stesso paradigma le conoscenze più raffinate della biologiamolecolare con le teorie più innovative delle neuroscienze e delle scienze umane.Questa disciplina consente una valida integrazione anche di quelle terapie, antiche edeterodosse, che, come lo yoga, presentano una crescente evidenza scientifica. Si puòcominciare a parlare di una “medicina integrata quindi come una nuova superioresintesi, scientifica e operativa, che va ancora largamente realizzata, e che ha al suocentro la cura di sé, i comportamenti individuali e sociali”. (bottaccioli). La PNEI cambial'idea di prevenzione e i rapporti tra prevenzione e cura. Adottando una visionesistemica scientificamente fondata, rimette al centro della cura l'essere umano einsegna che molte sono le vie per influenzare positivamente la sua salute, dal cibo, alleparole, alle tecniche per la regolazione delle emozioni, ai farmaci, al contesto sociale..32

12 Scienza e yoga: alla ricerca di un quadro teorico adeguato

Grazie alla diffusione di questo nuovo paradigma, le ricerche che mostrano gli effettibenefici dello yoga su una miriade di aspetti di salute fisica e psicologica sono spuntatecome funghi negli ultimi anni: la letteratura esistente, come si è detto, mostra che loyoga può migliorare i sintomi di depressione, ansietà, stress, disordini da stress post

32“[...]cogliere l'individuo in una rete di relazioni: la rete delle relazioni conoscitive è oggi data dallaBiologia sistemica. La rete delle azioni terapeutiche è data dalla Medicina integrata.[...]Biologiasistemica vuol dire studiare il particolare nel contesto delle relazioni all’interno del sistema in cui operae nel contesto delle relazioni tra sistemi […] Ovviamente, passando dalle molecole all’individuo labiologia sistemica diventa ecobiosistemica e cioè inserisce nel campo dell’indagine le relazioni traindividuo e ambiente fisico e sociale [...] Medicina Integrata non è mettere insieme più terapie “nonconvenzionali”, giustapponendo saperi e strumenti, ma è vedere la persona nella sua interezza. Èquindi un modo di guardare l’essere umano innanzitutto nelle relazioni bidirezionali psiche-sistemibiologici”.(Bottaccioli)

traumatico e altri disordini psicologici, così come promuovere benessere, soddisfazionee felicità.33

Nell'ultimo decennio il campo si è allargato e sono stati condotti studi sull'impatto delloyoga sul cancro, sulla gravidanza o sul rendimento scolastico, per citarne alcuni, chehanno permesso allo yoga di godere di sempre maggiore rispetto e considerazione inambito medico e psicologico.

Sono state proposte molte differenti spiegazioni dell'efficacia dello yoga, ma non c'èancora un quadro teorico globale nel quale comprenderla, un quadro che riesca arendere conto del perché lo yoga sia un così forte agente di cambiamento.

Un modello che può risultare utile per questo scopo è quello dell'autoregolazione.

12.1 L'autoregolazione

“Every time you are tempted to react in the same old way, ask if you want to be a prisoner of the past or apioneer of the future.”

Deepak Chopra

L'auto-regolazione si riferisce all'abilità di gestire i propri pensieri, emozioni ecomportamenti in maniera tale da mantenersi aderenti ai propri obiettivi generali alleproprie intenzioni. È la differenza tra urlare improperi al tuo partner quando seiarrabbiato o sviscerare i problemi, tra ingozzarsi di dolci quando stai tentando dimantenere una dieta sana o prendersi cura di se stessi. L'auto-regolazione è qualcosache ognuno di noi fa con più o meno successo tutti i giorni. Una mancanza diautoregolazione porta a depressione, ansietà, obesità ed anche comportamenticriminali. L'autoregolazione è quella che gli americani chiamerebbero una life-skillessenziale.

Le teorie dell'autoregolazione stanno assumendo un ruolo sempre più centrale in variesottodiscipline della scienza cognitiva, della psicologia e della medicina.34

Generalmente parlando l'autoregolazione si riferisce agli sforzi di monitorare, alla forzadi volontà e alla motivazione ingaggiati, nel gestire o alterare le reazioni immediate e gliimpulsi per perseguire e mantenere espliciti obiettivi e standard.35

Uno dei temi su cui si focalizza la psicologia contemporanea è lo sviluppo di strumentidi autoregolazione che riducano lo stress psicologico e aumentino il benessere (per unapprofondimento sulle terapie vedi nota36).

33 (Kuntsevich et al., 2010; Field, 2011; Balasubramaniam et al., 2012; Li and Goldsmith, 2012; Woodyard, 2011)

34 (Eisenberg, 2000; Watts, 2000; Gross and Thompson, 2007; McCullough and Willoughby, 2009; Hagger, 2010;Hofmann et al., 2012)35 (Luszczynska et al., 2004; Baumeister et al., 2007; Zell and Baumeister, 2013)

12.2 Meccanismi top-down e bottom up

I processi top-down riguardano i nostri ragionamenti e le nostre decisioni coscienti etutto ciò che è mediato dalla nostra componente razionale. Le strategie top-down sipensa intervengano nei meditatori novizi, quando l'enfasi è sul controllo attentivo equindi su meccanismi esecutivi top-down. Man mano che la pratica meditativa siapprofondisce, l'enfasi sull'enterocezione (sensibilità agli stimoli provenienti dall'internodel corpo) aumenta, la valutazione dei processi diminuisce e le strategie bottom-uppossono essere più preminenti. Le strategie di autoregolazione bottom-up sono statedescritte come una modulazione delle regioni del cervello che generano emozioni,come ad esempio il sistema limbico, senza l'attivazione di regioni cerebrali “più alte”,come la corteccia frontale che sono responsabili per le forme cognitive di regolazione,quali possono essere la riconsiderazione o la soppressione.37 In sostanza, i processibottom-up riguardano l'influenza degli input della sensibilità periferica, del sistemacardiovascolare, immunitario e del nervoso autonomo sull'elaborazione neuronale e leattività mentali, attraverso le vie afferenti e cioè dal sistema sensorio al sistema nervosocentrale.38 Lo yoga, in questa prospettiva risulterebbe un metodo complesso, piuttostoadattabile e ampiamente applicabile per l'allenamento sia mentale che fisico, con unaserie di strumenti utili per migliorare l'autoregolazione attraverso meccanismi sia top-down che bottom-up.

12.3 Strumenti yoga top-down e bottom-up

“Yoga is a process of replacing old patterns with new and more appropriate patterns”

Sri Krishnamacharya

Gli strumenti top-down hanno un'azione diretta sulla mente e da lì un effetto a cascata(trickle down - letteralmente effetto a sgocciolamento) sul corpo e il comportamento. Lameditazione, per esempio, può aiutarci a rimanere presenti alle diverse sensazioni ed

36 Molte terapie cognitivo-comportamentali si focalizzano sull'utilizzo di cosiddetti strumenti cognitivi“top-down” (che hanno a che fare con valutazioni consapevoli) come la rivalutazione cognitiva, ilreframing e lo stabilire obiettivi (goal-setting) e.g., Berking et al., 2008). Anche la recente cosiddetta “terzaondata” di terapie cognitive e comportamentali, come la terapia dell'accettazione e dell'impegno (ACTacceptance and commitment therapy Hayes and Wilson, 1994), la terapia del comportamento dialettico(DTB dialectical behavior therapy Hayes et al., 1999), e la terapia cognitiva basata sulla mindfullness(MBCT mindfullness-based cognitive therapy Segal et al., 2002), si focalizza sull'autoregolazioneattraverso lo sviluppo di capacità legate alla consapevolezza. (Baer, 2005). Ci sono evidenze, nellaletteratura recente, che questi approcci basati sulla consapevolezza potrebbero funzionare attraversomeccanismi di autoregolazione “top-down” e “bottom-up” (Chambers et al., 2009; Taylor et al., 2010; vanden Hurk et al., 2010; Hölzel et al., 2011b; Vago and Silbersweig, 2012; Chiesa et al., 2013; Westbrook etal., 2013)

37 (Taylor et al., 2010; van den Hurk et al., 2010; Gard et al., 2012b; Vago and Silbersweig, 2012; Chiesa et al.,2013)

38 (Taylor et al., 2010; McRae et al., 2012)

esperienze e migliorare la nostra abilità di gestire emozioni e aumentare la nostra auto-compassione. La pratica dei principi etici riduce la quantità di tensione fisica e mentaleman mano che cominciamo ad imparare quali comportamenti ci fanno sentire meglio.Lavorando sulla mente, noi stimoliamo comportamenti rinvigorenti e ci proteggiamodallo stress.

Lo yoga offre anche strumenti bottom-up, quelli che si trovano più spesso in una tipicaclasse di yoga, come le posture e gli esercizi di respirazione. Questi strumenti hannoun'azione diretta sul corpo, che a sua volta manda messaggi alla mente (tipo “è tutto ok,ora ti puoi rilassare”). Praticando il respiro e il movimento consapevole qualcosa cambiamentalmente, anche se non si sta tentando di cambiare consapevolmente i pensieri o leemozioni. Questi strumenti bottom-up agiscono direttamente sulla fisiologia: miglioranole funzioni del nervo vago, che ci aiuta a calmarci e a rilassarci ed hanno, come si èvisto un impatto positivo sulla variabilità del ritmo cardiaco, che è una misura diresistenza allo stress. Il risultato? Semplicemente stando sul materassino, muovendo ilcorpo e respirando consapevolmente, noi miglioriamo la nostra capacità di risponderealla vita con meno stress e più discernimento. Cambiando il corpo, cambiamo la mente.

13 Un modello teorico di autoregolazione attraverso la pratica yoga

Recentemente, un gruppo di ricercatori interdisciplinari si è riunito con lo scopo dielaborare un modello teorico che potesse rendere conto di questi processi39 e spiegareperché e come lo yoga è in grado di portare i benefici mostrati dalla scienza. Essi hannovisto nell'autoregolazione uno dei benefici primari che la pratica dello yoga integrale hada offrire, in quanto risulta essere una varietà di strumenti che supportano laregolazione di pensieri, emozioni e comportamenti. Nel loro modello, che integra piùsistemi, considerano che specifici aspetti della pratica influenzano l'autoregolazioneattraverso circuiti di feedback tra diversi sistemi e cercano di descrivere come lo yogapotrebbe funzionare, attraverso questi meccanismi top-down e bottom-up, sullaregolazione di pensieri, emozioni, comportamenti e fisiologia periferica migliorandol'efficienza e l'integrazione dei processi che servono per l'autoregolazione. La lorointenzione è di fornire un quadro teorico che possa guidare future ricerche e lo sviluppodi terapie curative e preventive per i disordini da stress.

Per costruire il loro modello hanno suddiviso la pratica degli 8 anga dello yoga (vediparte I) in un'insieme di competenze di 4 categorie:

1 precetti etici (yama e miyama)

2 posizioni sostenute nel tempo (asana)

39 (Gard T. et al., 2014)

3 regolazione del respiro (pranayama)

4 tecniche di meditazione (pratiyahara, dharana, dhyana, samadhi)

13.1 Precetti etici (yama e niyama)

Uno dei fondamenti del cammino dello yoga sta nei precetti etici e morali, che sonodelle linee guida di comportamento che contribuiscono all'auto-controllo. Questi precettietici fanno parte dei primi due anga del raja yoga di Patanjali e sono conosciuti comeyama e niyama.

Yama si riferisce alla condotta etica nei confronti del mondo esterno, e perciò èparticolarmente importante nei contesti sociali. Riguarda ciò che va limitato ecomprende la non violenza (ahimsa), l'attenersi alla verità, il non rubare, la moderazionedei sensi, e l'astensione dal superfluo.

Niyama si riferisce alla condotta nel rapporto con noi stessi e con il nostro mondointeriore. Comprende l'igiene, fisica e mentale, l'atteggiamento sereno di accontentarsi,l'austerità e l'impegno nella sadhana (le pratiche quotidiane e propri impegni), lo studio,e l'abbandono e la devozione verso qualcosa più grande di se stessi.

Così come sono proposti, essi sono svincolati da una connessione religiosa e non sononemmeno basati su un giudizio di valore morale su cosa sia giusto o sbagliato. Piuttostosono da interpretare come azioni che aiutano a calmare una mente iperattiva, regolarele emozioni e stimolrare comportamenti prosociali e più efficaci.40

13.2 Posture

Negli yoga sutra il concetto di asana corretta è descritto come un postura mantenutastabilmente e confortevolmente. Le posture sono le pratiche più comunemente utilizzatenelle moderne interpretazioni dello yoga. Storicamente le posture erano utilizzate peracquisire il controllo fisico del corpo nella preparazione per controllare poi anche lamente in meditazioni per lunghi periodi ti tempo.41 Un presupposto comune di tutte leclassi di yoga oggi giorno è che praticare le varie posture aiuti a ridurre lo stress fisico ementale. Una tipica classe di yoga include posizioni che hanno un effetto su differentiparti del corpo, come ad esempio piegamenti in avanti, indierto, torsioni, posizioni inpiedi e di equilibrio. Sia i manuali più antichi che più moderni, come il classico Light onYoga,42 spesso propongono una connessione tra stati emotivi, salute fisica e posture.

40 (Cope, 2006)

41 (Feuerstein, 2011)42 (Iyengar, 1995)

Sebbene non sia stato stabilito scientificamente un legame specifico tra una posizione,o una sequenza, e un effetto particolare, è stata comunque riscontrata l'evidenza di unlegame tra la pratica delle asana, le emozioni, e la salute mentale.43

13.3 Controllo del respiro

In sanscrito la parola pranayama è composta da prana, che può essere tradotto comerespiro, ma in senso più ampio riguarda l'energia vitale che circola nel nostro corpo, eyama, che significa controllo. Pranayama sono una serie di tecniche per controllare ilflusso del respiro e perciò di riflesso il flusso dell'energia che scorre nel nostro corpo enella nostra mente.

Tradizionalmente tra i benefici del pranayama viene sottolineata la capacità di regolaregli stati di eccitazione del sistema nervoso ed aumentare la consapevolezzadell'interazione tra corpo e mente.44 Come le asana preparano il corpo per lameditazione, il pranayama prepara la mente.

Nel pranayama si agisce su elementi del respiro come la durata dell'inspirazione edell'espirazione, la ritenzione a polmoni pieni e vuoti e la proporzione tra questielementi. I pranayama classici sono 8 e includono tecniche come il respiro a naricialternate (suryabheda, chandrabheda e anuloma violoma), respirazioni diaframmatichelente (o forzate – bastrika) e la parziale chiusura della gola (ujjayi)

13.4 Meditazione (pratiyahara, dharana, dhyana, samadhi)

Nella tradizione yoga, le pratiche di meditazione aiutano il praticante a osservare lecondizioni che portano alla sofferenza mentale ed emotiva (le fluttuazioni mentali, ovritti) e le condizioni per guarire da questo stato (la quiete della mente). La sofferenza ècomunemente descritta come uno stato in cui la mente o si aggrappa ad un'esperienzache non vuole lasciare andare, o cerca con ostinazione di evitare qualcosa di sgradito.L'origine della sofferenza risiede non nell'esperienza, ma nel modo di relazionarsi adessa. Questo tema è ben approfondito nell'ambito del buddismo, nel concetto diequanimità, la capacità di osservare la realtà in maniera lucida, senza che la mente sipolarizzi emotivamente.

Abbiamo già visto (vedi parte I) come le tecniche di meditazione riguardino una serie dipratiche di concentrazione: pratiche per minimizzare le distrazioni esterne e per portarel'attenzione alla propria esperienza interiore (pratiyahara), per cercare di focalizzarel'attenzione (dharana) su di un singolo oggetto di meditazione, che può essere il respiro,un'immagine, un mantra, o un oggetto più complesso, minimizzando le distrazioni

43 (Michalak et al., 2009, 2011, 2014)

44 (Sovik, 1999)

mentali.45 Col tempo le distrazioni mentali diminuiscono e la mente può rimanereconcentrata senza sforzo sull'oggetto della meditazione per periodi sempre più lunghi esperimentare il dhyana. Questo stato ha delle forti similitudini fisiologiche con lo stato di“flusso” provato da musicisti e atleti avanzati nella loro pratica.46 Quest'esperienza portaal samadhi, un'esperienza al di là della concettualizzazione, una sensazione diinterconnessione col tutto, e ad un profondo riposo della mente. Solitamente dhyana esamahdi non vengono proposte come pratiche esplicite ma come risultato delleprecedenti.

14 Il modello

Una volta identificate queste quattro categorie di competenze, i ricercatori hannoelaborato un modello che descrive come esse possano facilitare l'autoregolazione eportare al benessere fisico e fisiologico.47

L'intento di questo modello è delineare come lo yoga possa facilitare un feedbackbidirezionale e migliorare l'efficienza e l'integrazione di reti cerebrali “alte” ( come la retecentrale esecutiva, la rete di controllo fronto-parietale) e “basse” (sistema nervosoautonomo, complesso del vago, rete talamocorticale) con le informazioniviscerosomatiche, muscoloscheletriche, cardiache, respiratorie.

45 (Lutz et al., 2008; Hasenkamp et al., 2012)

46 (Csikszentmihalyi, 1997; Khalsa et al., 2009)

47 (Zell and Baumeister 2013)

Come si vede in figura, le risposte maladattive di tipo cognitivo, emozionale ocomportamentale (valutazione negativa, reattività emozionale o ruminazione), comeanche quelle di tipo fisiologico innescate dalle reti cerebrali “basse” (vasocostrizione,infiammazione, dolore e tensione muscolare) che vanno a turbare l'omeostasi dei varisistemi (inclusi cardiovascolare, endocrino e muscoloscheletrico) sono inibite. Essevengono rimpiazzate da risposte più adattive alle richieste impegnative delle condizionidi stress sia nel contesto della pratica che, poi, in situazioni più generali.

I ricercatori propongono anche che l'integrazione tra i meccanismi top down e bottom-up migliori l'accuratezza dei meccanismi di predizione e correzione dell'errore associaticon la risposta allo stress in diversi ambiti, col risultato di migliorare la capacità ditrovare risposte adeguate ed efficienti e ridurre così le conseguenze di una prolungataesposizione allo stress.48

In sintesi, basandosi sulle ricerche esistenti sulla modulazione dello stress e sullacomprensione concettuale di come funziona lo yoga, questo studio propone un modello

48 Sostengono inoltre che la pratica regolare è parzialmente motivata da un particolare insieme di credo etici chefavoriscono benefici per se stessi e gli altri, inclusa la ricompensa diretta, fisiologica e psicologica, che risulta dallapratica. Così, si ipotizza che l'aumento dell'attivazione della rete cognitiva “alta”, legata alla morale, sia associato adun miglioramento delle competenze etiche e relazionali. È possibile in effetti che intervengano meccanismi placebo,e che perciò non sia la pratica in sé responsabile di questi risultati. D'altra parte, la motivazione può comunquesostenere intenzioni adeguate per il comportamento e la pratica fissare questi schemi di pensiero.

integrato dell'influenza che lo yoga ha sui sistemi di autoregolazione in contesti distress fisico ed emotivo che coinvolge reti “alte” e “basse”, e ne evidenzia nel dettagliole basi teoriche e le evidenze scientifiche. Questo modello iclude tutti i rami dello yoga,rappresentati come un insieme di competenze.

Come evidenziato dalla figura, la risposta cognitiva, emotiva, comportamentale efisiologica, a una condizione di stress, è modulata da una serie di processi regolatori (ibox gialli) che sono influenzati a loro volta dagli strumenti dello yoga. La risposta allostress è spesso accompagnata da reattività emozionale, valutazione negativa edelucubrazioni mentali.49 Inoltre si associa anche ad una risposta del sistema nervosoautonomo che porta a vasocostrizione, dolore e/o infiammazione. In forme cronichequesto tipo di risposta allo stress porta a conseguenze negative a lungo termine sullasalute di sistemi e organi.

Questo modello propone che lo yoga faciliti le risposte adattive (linee tratteggiate),stimolando al contempo il benessere fisico e psicologico a lungo termine, ilrafforzamento del sistema muscolo scheletrico ed un comportamento prosociale (peruna dfinizione vedi nota50). E sostiene che lo faccia attraverso quattro fattori primari nelcontesto dello stress:

(1) l'enfasi verso la propriocezione e gli input bottom-up,

(2) un feedback bidirezionale più efficiente e l'integrazione coi processi top-down,

(3) un aumento della capacità di inibizione (linee rosse) delle forme maladattive dirisposta cognitiva, emotiva, comportamentale (reattività, negativismo..) eneurovegetativa (vasocostrizione, infiammazione, dolore e tensione), e

(4) inferenza percettiva anziché inferenza attiva, che aiuta a migliorare i processidi predizione e correzione dell'errore.

Questi quattro fattori ottimizzano l'autoregolazione e migliorano la comunicazione e laflessibilità attraverso la quale i processi top-down e bottom-up vanno a formare lerisposte comportamentali nel contesto di stress fisico ed emotivo. Nello studio iricercatori propongono un grande numero di meccanismi che supportano questicambiamenti, tra cui, più in generale:

49 (Chrousos and Gold, 1992)

50 Prosocialità è l’insieme di quei comportamenti che, senza la ricerca di ricompense esterne, estrinseche o materiali, favoriscono altre persone o gruppi, secondo i criteri di questi, o mete sociali obiettivamente positive e che aumentano la probabilità di generare una reciprocità positiva di qualità e solidale nelle relazioni interpersonali o sociali conseguenti, salvaguardando l'identità, la creatività e l’iniziativa degli individui o gruppi implicati.” (Roche 1991)

“Una rete centrale esecutiva del cervello supporta i meccanismi top-down di controllodell'attenzione e della memoria lavorativa permettendo un impegno stabile, con gli inputinterni ed esterni adeguati per un comportamento finalizzato, seguito da un'auto-correzionedove necessario. La rete di controllo fronto-parietale supporta il monitoraggio esecutivo, lameta-consapevolezza, la rivalutazione e i meccanismi di inidizione delle risposteautomatiche. La rete della coscienza morale supporta forme positive di rivalutazione, comeanche la motivazione e l'intenzione associate alla cura per se stessi e al comportamentoprosociale. La rete dorsale dell'attenzione aiuta l'orientamento dell'attenzione e l'impegno. Lacomunicazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene con gli efferenti del tronco encefalico.supportano il controllo del parasimpatico, il rafforzamento del diaframma e l'omeostasi tra isistemi. La rete talamocorticale interviene per facilitare l'“extinction learning” (per unadefinizione vedi nota51)e la trasformazione di abitudini maladattive in un comportamentoallineato con le proprie intenzioni attuali e i propri obiettivi e quindi più adattive.” (gart et al. ,2014)

15 Alcune evidenze empiriche

Anche se questo modello è molto accurato a livello teorico e integra molte acquisizioniscientifiche e teorie contemporanee, gli studi di tutti i collegamenti che propone sonoancora scarsi.

Qui di seguito alcuni studi che hanno esaminato l'associazione tra la pratica yoga el'auto-ragolazione.

15.1 Evidenze a livello cognitivo

Alcuni studi hanno esaminato se lo yoga può migliorare l'attenzione in bambini e adulti.Dieci giorni di respiro a narici alternate hanno portato ad un miglioramento dellamemoria spaziale in ragazzi dai 10 ai 17 anni.52

Tra gli adulti si è riscontrato un miglioramento di performance nel test dellacancellazione delle lettere (un test largamente usato per misurare attenzione,concentrazione e abilità visuali di scanning spaziale), dopo esercizi di respirazione dallanarice destra e respiro alternato. Recentemente si è mostrato come il kapalabhati e ilrespiro consapevole riducano le illusioni ottiche.53

Un esperimento recente con un gruppo casuale di 14 bambini a cui era statodiagnosticato un disturbo di deficit dell'attenzione e iperattività (ADHD) e in fase dicura, ha trovato un miglioramento significativo nei test correlati all'ADHD. “Questi dati

51 (nota: extinction learning: extinction è la scomparsa di un comportamento precedentemente imparato quando questo comportamento non è più rinforzato, generalmente il rinforzo si riferisce all'acquisizione di qualcosa di positivoo all'allontanamento di qualcosa di negativo come risultato di quel comportamento. Il concetto di extinction learning risale a Pavlov e si riferisce alla graduale diminuzione nel grado di risposta ad uno stimolo condizionato che avviene ogni volta che lo stimolo è presentato senza rinforzo)

52 (Naveen et al., 1997)53 (Telles et al., 2007; Telles et al., 2011)

non sono un supporto abbastanza forte per proporre lo yoga come cura per l'ADHD, masuggeriscono che potrebbe avere valore come cura complementare” (. Anche altri studipiù recenti sull'ADHD hanno mostrato effetti positivi . In generale hanno mostrato cheaumentano memoria e capacità di concentrazione anche in altri gruppi senza ADHD.54

Uno studio ha mostrato miglioramenti della memoria per reclute militari brasiliane a cuihanno fatto praticare yoga, confrontate con reclute che facevano solo esercizio fisico.Gli effetti erano particolarmente evidenti in condizioni stressanti e il miglioramentopersisteva anche in un test sei mesi dopo.55

Uno studio sulla relazione tra performace accademica e stress condotto sugliadolescenti ha trovato che un programma di sette settimane di yoga ha migliorato laloro memoria e la loro concentrazione. Un altro ha dimostrato un acuto miglioramentonella velocità e nell'accuratezza dei calcoli matematici in un gruppo di trentotto adultiche avevano partecipato ad una classe di yoga combinato con tai chi; gli autori hannoattribuito questo miglioramento all'aumento del rilassamento del gruppo verificato dopola pratica.56

Un recente studio con adulti più anziani ha trovato che il declino della fluiditàdell'intelligenza e della rete funzionale del cervello era significativamente ridotto neipraticanti di yoga e meditazione mindfullness a lungo termine.57

Molti di questi studi preliminari dimostrano miglioramenti a livello cognitivo esuggeriscono un aumento dell'integrazione tra processi espliciti e impliciti che regolanole abilità cognitive e percettive. In generale, però, rimangono studi preliminari, congruppi piccoli e senza appropriati gruppi di controllo. D'altra parte questi studi inizialisono in accordo con la nozione che lo yoga aiuta una migliore regolazione cognitiva.

15.2 Evidenze a livello emozionale

La letteratura che dimostra gli effetti dello yoga sulla regolazione delle emozioni è moltolimitata, ma sta aumentando, sia per gli effetti acuti (immediatamente dopo la pratica),che per quelli a lungo termine.

Uno studio che esamina gli effetti di una singola sessione su alcune donne in salute hamostrato che, paragonate ad un gruppo di controllo che si era concentrato a leggeregiornali, le donne che avevano praticato yoga riportavano una minore labilità emotiva,minore eccitabilità e minore aggressività. Inoltre riportavano una minore tendenza a

54 (Jensen and Kenny, 2004; Harrison, 2004; Peck et al., 2005; Haffner et al., 2006)

55 (Rocha et al., 2012)

56(Kauts and Sharma, 2009; Joshi and Telles, 2009)

57 (Gard et al., 2014)

reagire allo stress con aggressione e autocommiserazione ed una più alta tendenza areagire minimizzando, quindi attraverso una rivalutazione della situazione.58

Un esperimento con studenti di college ha mostrato che lo yoga aumentava la loro auto-accettazione e le loro abilità di regolazione emotiva e migliorava la capacità diun'autoriflessione non giudicante 59

Lo yoga può migliorare la rivalutazione cognitiva,60 una forma di regolazione emotivache coinvolge l'abilità di cambiare la direzione di una risposta emotiva reinterpretando ilsignificato dello stimolo. In uno studio a dei praticanti di Sudarshan Kriya yoga sonostate presentate delle immagini repulsive e gli è stato chiesto di cambiarecognitivamente la loro valutazione sul significato affettivo di queste trovando delleinterpretazioni più positive. Rispetto ad un gruppo di controllo di non praticanti, ipraticanti di lungo periodo hanno mostrato un cambiamento a lungo terminedell'ampiezza del P30061, che indica una più alta regolazione emozionale nella loroconsiderazione cognitiva. Sudarshan Kriya è risultato benefico anche nel trattamento didepressione, ansietà, stress e disordini da stress post-traumatico. 62

Studi preliminari che osservano l'influenza di differenti asana sulla fisiologia perifericasuggeriscono che la postura base del corpo (flessione spinale, estensione o neutralità)possa influenzare la reattività psicofisiologica alla minaccia percepita interiormente.63

15.3 Evidenze a livello comportamentale

Cominciano ad esserci alcune ricerche pilota che suggeriscono che lo yoga può aiutareanche nella regolazione del comportamento. Un esperimento recente ha trovato che lapratica yoga per dieci settimane, due volte alla settimana, da parte di persone che nonfacevano attività fisica, ha aumentato la loro aderenza ad un regime di attività fisica. Unaltro recente studio su studenti di medicina del primo e secondo anno ha concluso chela regolazione del comportamento in funzione di un obiettivo è migliorata dopo un corsodi yoga e mindfulness.64

58 (Schell et al., 1993)

59 (Sauer-Zavala et al., 2012)

60 (Garland et al., 2011)

61 [...] La sua presenza, magnitudine, topografia e latenza sono spesso usati come misura delle funzioni cerebrali incompiti di decisione. Mentre i substrati neurali di questo ERP rimangono ancora non chiari, la riproducibilità di questo segnale la rende una scelta comune per test psicologici sia clinici che in laboratorio. (wikipedia)

62 (Gootjes et al., 2011; Brown and Gerbarg, 2005a)

63 (Wielgosz et al., 2012)

64 (Bryan et al., 2012; Bond et al., 2013)

Studi sulla dipendenza da nicotina hanno mostrato che lo yga potrebbe influenzare laregolazione del comportamento. Uno studio di donne in terapia cognitivo-comportamentale per smettere di fumare ha comparato la terapia con yoga con unprogramma di controllo normale. Le donne che hanno fatto yoga avevano piùpercentuale di astinenza dal fumo nei sette giorni del controllo alla fine dell'esperimentoe la percentuale di astinenza è rimasta più alta tra le partecipanti alle classi di yogaanche nei sei mesi successivi. Questo aumento del controllo comportamentale potrebbeessere almeno in parte dovuto alla diminuzione delle smanie. Un altro studio ha trovatoche fumatori abituali assegnati ad una classe di yoga e ad una di esercizio fisico,rispetto ad un altro gruppo di controllo, hanno riportato una riduzione della smania difumare. É interessante che, mentre il gruppo dell'esercizio fisico ha riportato una minoresmania rispetto allo stimolo della sigaretta, chi aveva fatto yoga ha riportato unadiminuzione della smania in generale. Anche se sono pochi in numero, questi studisono in accordo con la nozione che lo yoga può facilitare la regolazione a lungo terminedi comportamenti che richiedono una considerevole auto-regolazione, come l'attivitàfisica o l'astinenza dal fumo. 65

Anche quantità, frequenza e durata della pratica sono discriminanti per la regolazionedel comportamento. In un gruppo di praticanti la quantità di pratica è stata correlata inmaniera inversa con l'uso di reazioni disfunzionali allo stress come il disimpegno,sfoghi e uso di sostanze psicotrope. In un altro gruppo è stata correlata ad unmiglioramento della capacità dei partecipanti di riconoscere e rispondere agli statiemozionali e di ridurre l'instabilità dell'umore, l'impulsività, comportamenti irresponsabili,e comportamenti autolesionisti.66

16 Conclusioni

“Walk with those seeking truth... RUN FROM THOSE WHO THINK THEY'VE FOUND IT.” Deepak Chopra

Mi auguro, con questo lavoro, non solo di aver fornito dati interessanti sui risultati che lascienza ha ottenuto in questo campo, ma di aver trasmesso anche, almeno un po', ilfascino dello spirito indagatore meticoloso dell'approccio scientifico, molto simile, peralcuni versi a quello che ha portato gli yogi dell'antichità a sviluppare le loroconoscenze.

Sta emergendo con evidenza, dalla letteratura esistente il motivo di credere che imoderni adattamenti della pratica dello yoga sono di beneficio per la salute fisica e

65 (Bock et al., 2012; Elibero et al., 2011)

66 (Dale et al., 2011; Dale et al., 2009)

mentale. Ma gli ambiti di studio sono ancora troppo complessi o troppo specifici peraverne un quadro complessivo.

Lo spostamento di paradigma operato dall'epigenetica e dalla PNEI ha fatto datrampolino di lancio a questa presa di coscienza e ha contribuito al passaggio da unavisione “farmacocentrica” a una “biocomportamentale”, documentando l'efficacia deicomportamenti sulla biologia.

Nella ricerca presa in esame in quest'ultima parte, vengono delineati chiaramente deicomponenti molto specifici dello yoga, che sono radicati nel contesto storico originale incui si è sviluppato lo yoga e utilizzati nei contesti contemporanei, come elementi di unmodello per capire come lo yoga possa dare i suoi benefici, facilitando l'autoregolazionee dando benessere fisico e psicologico. Sebbene sia promettente riuscire a collegarecon questo modello molte scoperte della ricerca corrente, deve essere fatta ancoramolta ricerca. Questo modello si propone appunto di fare da mappa per ricerche future.

C'è già una vasta letteratura che collega lo yoga con la salute psicologica, ma pochistudi ne hanno esaminato il come. Inoltre alcuni ambiti dello yoga sono stati studiatidavvero poco (come yama e nyama ad esempio).

C'è da contare poi che gli effetti più potenti dello yoga sull'auto-regolazione con buonaprobabilità sono dovuti alla sinergia dei suoi strumenti. Questo fattore fa in modo che lericerche specifiche su alcune pratiche siano meno utili per capire il suo reale impattosull'auto-regolazione.

E ci sono anche da considerare le influenze sociali sull'autoregolazione. Dal momentoche la pratica moderna dello yoga avviene in situazioni di gruppo, segue che va valutataanche l'influenza dell'identità di gruppo sull'autoregolazione del comportamento (sivedano in proposito gli studi di Fraser and Spink, 2002; Emmons et al., 2007).

I piani di cui tener conto per avere delle risposte valide in questo ambito di ricerca comesi è visto sono tanti. Lo yoga è un sistema antico complesso e raffinato e perciò difficileda studiare e comprendere.

È chiaro e documentato che la pratica ha degli effetti importanti top-down e bottom-up.Una migliore comprensione di questi percorsi porterà ad importanti avanzamenti nellacomprensione di come siamo fatti e funzioniamo e la loro integrazione promuoveràinterventi più efficaci per migliorare la nostra salute e il nostro benessere.

La strada è lunga e abbiamo visto solo la punta dell'iceberg. Ma, anche secomprendiamo ancora poco di questo strumento meraviglioso affinato da secoli di uso estudio, la scienza di oggi ci dà già fin troppe evidenze per invitarci a farlo diventareparte integrante delle nostre vite, e sperimentare da noi ciò che la scienza ancora non cisa spiegare.. cominciando a praticare!

“Yoga is 99% practice, 1 % theory”

Guru Pattabhi Jois

Se vuoi curiosità e informazioni utili sulla pratica dello yoga visita il mio blog:www.yogapatchwork.wordpress.com

Christian

Risorse web

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