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Imprenditori Del Web con Amazon · Que-sto libro ti condurrà ad esplorare l'esperienza ... ra aver...

Date post: 16-Feb-2019
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Transcript

IMPRENDITORI DEL WEB

CON AMAZON

di

MAXX MEREGHETTI

Indice generale

Una premessa di tutto rispetto. ........................................................................................... 1

24 Ottobre 1975. Nato sotto il segno dello scorpione. ........................................................ 2

7 aprile 2016. Fuori piove con il sole. ................................................................................. 3

17 Aprile 2016. Sognando la California. .............................................................................. 4

Non sono matto. Sono un sognatore. ................................................................................. 7

La morte dei business tradizionali e la rivincita del web. ................................................... 11

Perché il web è “Meglio?” ................................................................................................. 13

La piramide al contrario. ................................................................................................... 15

Mettici la faccia e ricordati che ne hai una sola. ................................................................ 16

Amazing Amazon! ............................................................................................................ 17

Other People's Money: la Banca Social dell’impresa 2.0 .................................................. 18

Il marketing nel tempo dei Social. ..................................................................................... 22

E se domani Facebook fallisse?! ...................................................................................... 24

L’unione fa la forza. .......................................................................................................... 25

Cosa ne pensa Warren Buffett di Amazon. ....................................................................... 27

No line, no checkout with AmazonGo. .............................................................................. 29

Trading online. .................................................................................................................. 30

Cosa cerco in un business online. .................................................................................... 31

Cerca le competenze e impara a stare in panchina. ......................................................... 32

Non cercare i tuoi clienti. .................................................................................................. 33

Internet delle Cose ........................................................................................................... 34

Investi su Amazon: diventa un Buyer. ............................................................................... 36

I cacciatori di teste. ........................................................................................................... 38

L’uomo giusto, al posto giusto. ......................................................................................... 40

Rivoluzione industriale e rivoluzione del Web. .................................................................. 42

Due strategie per vendere su Amazon. ............................................................................. 44

Fatti furbo, non stronzo. .................................................................................................... 47

Crea la tua filiera. ............................................................................................................. 49

Vendere tutto. ................................................................................................................... 50

Adesso basta! ................................................................................................................... 53

Sinossi.............................................................................................................................. 54

Biografia ........................................................................................................................... 55

Copyright

Il testo è di proprietà dell’autore Maxx Mereghetti.

Il testo non può essere né copiato né diffuso.

Brani dello stesso possono essere usati come “citazione”

solo citando autore e riferimento del sito web.

Per semplicità ne diamo un esempio:

Imprenditori del web con Amazon

di Maxx Mereghetti www.imprenditoridelweb.com

La copertina è opera di Silvio Griffini di Orange ID

1

Una premessa di tutto rispetto.

Vuoi creare la tua rendita o il tuo stipendio o persino la tua impresa nel web?! Questo libro ti offri-

rà “il mind set” giusto per farlo. Ma soprattutto ti offre un’opportunità chiara, certificata e replicabile

per ottenere il risultato. Gli strumenti da soli non servono a nulla. "Imparare ed applicare" è la for-

mula che ti proponiamo.

Ma come nasce Imprenditori del Web?

Nessuno si improvvisa nel business. Ci sono persone che hanno ottenuto risultati straordinari par-

tendo da zero, ma tutto si può dire tranne che sia stato un caso o un grosso colpo di fortuna. Que-

sto libro ti condurrà ad esplorare l'esperienza di chi ha fatto impresa nel web ottenendo risultati

comprovati ed una reputazione verificabile. Seguendo le orme di questi imprenditori anche tu po-

trai fare impresa con successo nel web.

Perché abbiamo scelto Amazon?

Perché sei subito operativo senza bisogno di un sito web o un e-commerce.

Perché è uno strumento completo.

Perché ogni giorno vi si riversano milioni di clienti.

Perché non devi gestire un magazzino, se ne occupa Amazon.

Perché puoi vendere in tutto il mondo dal tuo PC senza toccare un solo oggetto.

Siamo i primi a voler lavorare con te!

Cosa significa?

Siamo così sicuri di ciò che insegniamo che siamo i primi a voler lavorare con te! Stiamo creando

la prima rete di Imprenditori nel Web.

Vogliamo formare e lavorare con le persone che sono motivate a farlo. In questo modo sarà e-

stremamente semplice selezionare prodotti di successo da vendere nel web e metterti a disposi-

zione il denaro per le tue operazioni di acquisto/vendita. Siamo noi i primi a voler investire su di te

perché sarai in grado di individuare business profittevoli. E se i business sono profittevoli, per noi i

soldi non sono un problema e vedrai che mano a mano, non lo saranno nemmeno per te.

Lo stesso vale se hai un'idea di business online che a noi interessa o che hai già testato con suc-

cesso sul mercato e che funziona.

Non siamo "matti", preferiamo definirci dei "sognatori"… Sappiamo fare quello che insegniamo e

disponiamo di liquidità.

Cosa aspetti? Entra nella nostra squadra!

2

24 Ottobre 1975.

Nato sotto il segno dello scorpione.

Io sono nato il 24 Ottobre del 1975. A Magenta. Una cittadina in provincia di Milano. Famosa per

il colorante Magenta, che fu messo a punto nel 1859 da François-Emmanuel Verguin, ossidando

l'anilina grezza, con cloruro stannico. Così si legge su Wikipedia. Il nome deriva appunto dalla bat-

taglia di Magenta, con esplicita allusione al sangue che vi fu sparso.

La mia era una normalissima famiglia, lavoro, sacrifici e senso del dovere.

Nessuno dei miei familiari aveva mai avuto grilli per la testa, tipo idee in grado di cambiare il mon-

do, invenzioni da brevettare per fare un sacco di quattrini, o fabbriche di successo con centinaia di

migliaia di operai.

Mio padre ha sempre onorato il suo posto di lavoro diligentemente e dignitosamente. Mia madre

ha smesso di lavorare per iniziare a prendersi cura di me che, tra raffreddori e malanni, trascorrevo

più tempo a casa che all’asilo.

E poi c’era mio nonno, e chi se lo dimentica. La mente creativa della famiglia, l’artista o l’inventore

che per diletto passava da una diavoleria all’altra, dando vita ad opere di dubbio gusto barocco o

strumenti di utilità spiccia, come strani carretti, costruiti mettendo insieme parti di biciclette e assi di

legno, sapientemente inchiodate tra loro.

Per mio nonno, le conchiglie sulla spiaggia, non erano qualcosa da raccogliere e conservare, in

ricordo di un’estate trascorsa al mare. Erano piuttosto un prezioso materiale di rivestimento, di una

grotta in cemento costruita con le sue mani, che avrebbe ospitato i miei soldatini e altri oggetti tra-

sformati nei protagonisti di una storia misteriosa, tutti abitanti della sua grotta.

Per mio nonno, non era importante vedere nelle cose quello che avrebbero visto tutti, quan-

to piuttosto scorgere ciò che nessuno sarebbe mai riuscito a vedere.

Sì. Ecco a chi assomiglio. A mio nonno. Che deve avermi trasferito la sua profonda saggezza, at-

traverso una serie eterogenea ed interminabile di proverbi e massime dialettali milanesi che anco-

ra oggi ricordo. Qualcosa del tipo: “Che fanno male, sono i calci nel culo”, tradotto letteralmente dal

dialetto all’italiano.

Che li avesse inventati lui o facessero parte di una sorta di Bibbia di saggezze popolari, non lo so,

ma ricordo come fosse ieri che era un continuo recitare detti milanesi.

3

7 aprile 2016.

Fuori piove con il sole.

Fuori piove forte, con insistenza e continua, continua, continua. Poi d'un tratto fa capolino il sole

che irradia di luce la stanza e tu sai, dentro di te, che puoi essere grato a te stesso, per aver resi-

stito alla pioggia ed aver atteso il sole.

Sì. Essere grati a se stessi è il vero principio della felicità. Possiamo fare tante cose nella vita, per-

sino arricchirci, diventare famosi o possedere qualsiasi cosa sia desiderabile, ma alla fine, solo se

saremo grati a noi stessi, per ciò che abbiamo e, prima di tutto per chi siamo, potremo dirci felici.

Quante volte hai preferito aspettare la fine della pioggia per uscire in strada?

Perché non sei uscito mentre pioveva, senza ombrello e con gli occhi al cielo, cercando di bere le

gocce, una ad una, come un bambino?

Perché dover aspettare sempre e per forza qualcosa o qualcuno, per “permetterci” di essere felic i.

Perché non farlo subito e basta. Senza estenuanti attese. Futili speranze. Grigie inquietudini.

È tutto qui? Sì, è tutto qui.

Rimandare sempre, ciò per cui dopo, dovremmo essere felici. Sembra un Tapis roulant che scorre

nella direzione opposta alla nostra; e più noi acceleriamo per contrastare la sua velocità, più lui

aumenta la sua.

Che palle. Spegnete questo tappeto, altrimenti mi butto di sotto. Io ora sono felice. Sì, perché in-

travedo il sole, mentre ancora piove, più forte di prima. Non ho bisogno che smetta di piovere. Mi

basta il sole e posso uscire in strada sotto la pioggia, ingannando le mie “logiche” ragioni, secondo

le quali sarebbe meglio aspettare che smetta o portare un ombrello.

Quel giorno, il 7 aprile 2016, uscii dalla lezione di Yoga e percorsi le vie del centro di Como, sotto

la pioggia, senza preoccuparmi del fatto che mi sarei bagnato, ma pensando al miracolo che la

pioggia compie quando ti bagna.

4

17 Aprile 2016.

Sognando la California.

Oggi ti racconto un episodio accaduto nel Giugno del 2007. Pochi giorni prima che accadesse un

evento “nefasto”, un vero e proprio “tsunami” che avrebbe cambiato per sempre la mia vita e di cui,

forse, ti parlerò in un’altra parte di questo libro.

Uno “strano personaggio”, infatti, avrebbe cercato di “farmi fuori”, dopo pochi giorni. Ma se non

fosse accaduto quel fattaccio, oggi non sarei la persona che sono e che non avrei mai immaginato

di essere. Per questo, anche se ti posso sembrare cinico, debbo ringraziare ancora oggi quella

persona, perché in qualche modo, senza esserne conscio, ha provocato in me, un forte e positivo

cambiamento.

Hotel Marriott. Santa Clara. Nel cuore della Silicon Valley. Ore 06:00

Il telefono fisso dell’hotel sta suonando all’impazzata nella mia camera. Ho ancora gli occhi chiusi.

Mi giro sul lato sinistro ed annaspo nel vuoto, cercando di capire se riuscirò a raggiungerlo in qual-

che modo per farlo smettere.

Ci riesco. Lo afferro con una mano, alzo il ricevitore e lo avvicino al mio orecchio, facendo cadere il

resto del telefono. La chiamata è ancora attiva “Hello”, dico con la voce impastata dal sonno. “He l-

lo”, ripeto con voce fioca e senza enfasi. Dall’altra parte non sta rispondendo nessuno. Poco male.

Non ne ho proprio voglia di mettermi a fare un discorso in inglese, con un americano, senza anco-

ra aver ben capito da quale parte del mondo mi trovo e soprattutto se mi trovo lì per mia scelta,

oppure se mi hanno rapito nel sonno.

Sto iniziando a riprendermi. Ho capito. Il telefono fisso ha squillato perché ieri sera, ho chiesto io

alla reception, di impostare la sveglia.

Mi trovo negli Stati Uniti per il mio appuntamento preferito dell’anno. Oasis. Un corso di trading che

si tiene ogni anno negli USA. Che goduria. Che gioia. Ora sono già in piedi con rinnovata motiva-

zione. Afferro l’asciugamano sulla poltrona di fronte a me e mi infilo in doccia. L’acqua sta sgor-

gando come le Cascate del Niagara, tanto per rimanere in tema con il Paese a Stelle e Strisce.

Ho poco tempo per prepararmi ed uscire. In men che non si dica, sono già fuori dalla doccia e,

mentre mi infilo i jeans, afferro il pass di accesso all’evento ed esco dalla camera. Mi occuperò di

allacciare le scarpe in ascensore.

Ho deciso di non fare colazione in hotel. Andrò direttamente nella location del corso: il Santa Clara

Convention Center. Voglio vedere il volto dei partecipanti. Sentire le loro voci esprimersi nelle lin-

gue di tutti, o quasi, i Paesi del mondo. Il colore che accomuna le migliaia di pass indossati dai par-

tecipanti.

Il sole sta entrando dal soffitto a vetri dell’area di registrazione. Quel giorno, sono stato fra le prime

persone a calcare il pavimento del Santa Clara Convention Center. Sono attese oltre 2.000 perso-

ne. Sono in programma diversi interventi, tenuti dai vari trader di Optionetics, la società di forma-

zione più famosa degli USA, per il trading sulle opzioni. Fondata dal famoso George A. Fontanills

George.

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Oramai ne so una più del diavolo sul trading in opzioni. Posso dire di essermi fatto da me. Infor-

mazione dopo informazione, trade dopo trade sui mercati finanziari.

Ma essere qui oggi, è qualcosa di grande. Amo gli USA. Amo il trading in opzioni. Amo questo

momento. Sono grato a me stesso per aver deciso di partecipare a questo evento e di essere ve-

nuto sin qui. Da solo. Fattore che amplifica le mie emozioni a mille.

La mattinata è volata fra una presentazione e l’altra, anche se devo dire che non è stato facile se-

guire le lezioni in “quell’inglese masticato a bocca aperta” dagli americani.

Sono alla disperata ricerca di uno dei trader a cui voglio fare una domanda che mi sono portato sin

qui dall’Italia.

Il corso scorre via veloce come il vento, fischiando nelle mie orecchie colme di passione per la ma-

teria come il mio cuore.

Sono a bordo di una fiammante Ford Mustang di colore rosso. Amo questa macchina e desideravo

ardentemente guidarla. Ho già inserito le chiavi nel quadro di accensione e sto pensando al mo-

mento in cui ho deciso di noleggiarla: ero sul sito della Alamo, una delle compagnie più note in

America, ed ero sicuro che stavo facendo la cosa giusta.

Credo di avere speso bene i miei soldi. Oggi non sono andato ad Oasis, il corso è finito. Oggi ini-

zierò il mio tour selvaggio attraverso gli Stati Uniti, senza una meta precisa, senza nessun orario,

senza nessun impegno da rispettare.

Sento il rumore del motore dal finestrino abbassato. Ho un sorriso stampato in faccia da fare invi-

dia persino a Ben Affleck, nel film a “1 Km da Wall Street”.

Sono orgoglioso e fiero di poter stare con me stesso, da solo, percorrendo le highway degli Usa.

Ho in mano la mappa e sto per decidere dove mi dirigerò per la prima tappa. Chiudo gli occhi, gio-

co un po’ con la mappa, facendola girare fra le mani, mi fermo e ci appoggio l’indice della mano

destra. Riapro gli occhi.

Il dito indica un punto ben preciso: Yosemite Park. Ci siamo, è il momento di partire. Mi metto in

marcia. 161 miglia mi separano dalla meta. Amo la montagna. Sono ansioso di vedere, per la pri-

ma volta nella mia vita, uno dei parchi nazionali degli Stati Uniti.

La musica del CD di Ligabue si diffonde in auto, portando con sé i miei ricordi. “Tutti vogliono viag-

giare in prima e che il viaggio non finisca mai”, sono le parole della canzone che scandiscono que-

sto momento; mentre fuori il cielo è azzurro e striato dall’avorio delle nubi che percorrono i loro

sentieri.

Sono nell’Olimpo degli dei. Le montagne che vedo di fronte a me, mi ricordano l’etichetta della Pa-

ramount Pictures. Mi fermo e mi dirigo verso il ciglio della strada. Mi siedo su uno dei massi e fisso

l’orizzonte. Il mio sguardo si sta appannando e sento che non posso trattenere le lacrime che han-

no iniziato a scendere piano piano sul mio viso, ricordandomi che sono un uomo, con la mia storia

e le mie debolezze. Sono questi i momenti che ti rimangono per sempre. Indelebili. Potresti scatta-

re 1000 foto, fare 100 video, ma nulla potrebbe sostituire il ricordo che pervade la memoria di quei

momenti.

Sento che sono vivo e percepisco il richiamo di quelle montagne, risalenti all’era glaciale, che rac-

chiudono milioni di anni di storia. Provo nostalgia di quando ero bambino e giocavo con mio padre

in montagna. In Valle d’Aosta dove trascorrevo le mie estati. I prati verdi e le cascate, le passeg-

giate su sentieri pieni di farfalle, sempre al fianco di mio padre.

Mio padre mi ha lasciato una grande eredità: la capacità di osservare. A lui bastava vedere qual-

cuno che faceva qualcosa, per essere in grado di replicarla e farla persino meglio. Lui era un abile

6

lavoratore tuttofare. Non c’era alcun lavoro manuale che non fosse in grado di svolgere. Io devo a

lui la mia sete di curiosità. Di vedere e capire i meccanismi che mi circondano. In modo istintivo.

Assorbendo come una spugna dall’ambiente circostante. Questo è il mio modo di imparare. Quello

che mi stimola. La mia scuola. Credo fermamente che sia il mondo che mi circonda a contenere

molto più di tutto il sapere che si può imparare sui libri o in classe. Sarò eternamente grato a lui per

questo dono.

Dalla roccia su cui sono seduto, si vede in lontananza una struttura ricettiva. Forse sarà il caso di

andarci a fare un giro. La sera si avvicina e da queste parti, non mi pare sia pieno di posti per pas-

sare la notte.

Riprendo a guidare e dopo circa 20 minuti, sono dentro lo Yosemite Park. Superato il cartello dove

classicamente le coppie o i gruppi di turisti fanno la foto di rito, mi dirigo verso il mio giaciglio not-

turno. O così almeno credo.

Spunta un cartello con scritto Camp Curry. Ci siamo. Vedo la reception ricavata in una casetta di

legno, in perfetto stile Orso Yoghi.

Parcheggio. Chiudo la macchina e sono dentro.

La prima cosa che vedo, entrando, sono dei monitor disposti sopra la reception a distanza ravvici-

nata. Proiettano un video con alcune raccomandazioni sul comportamento da tenere nel parco.

L’aria si ferma nei polmoni. Sono in apnea. Sto soffocando.

Il video sta mostrando una serie deliberata di incursioni da parte degli orsi. Orsi che entrano nelle

auto, nelle tende, mangiano il cibo dei turisti come se fossero invitati a pranzo. Il video sta ammo-

nendo i turisti a non lasciare il cibo abbandonato in tenda. Ricorda loro di chiuderlo in apposite

casse a chiave, lontane dalle tende e di non lasciare cibo in macchina per nessuna ragione.

Non credo ai miei occhi.

Se digiti su Google “camp curry video bear”, troverai un’infinità di video di turisti che hanno ripreso

i loro incontri ravvicinati con gli orsi, in questo posto.

Io francamente non riesco a farmene una ragione. Ma non ho altro tempo per andare altrove a

cercare un rifugio, a meno di non dormire nel bosco da solo, disperso nel nulla. Pago e trascino la

mia valigia tra le foglie ed il terriccio del sottobosco che impedisce alle rotelle della valigia di girare

e disegna un solco sul terreno dietro le mie spalle. Sono davanti all’ingresso del mio Lodge. O me-

glio, una tenda gigante di stoffa bianca. Perfettamente inutile in caso di attacco da parte di un orso

inferocito. Apro la cerniera della tenda ed entro. In mezzo un letto di fortuna e basta. Nient’altro.

Butto il mio bagaglio ai piedi del letto. Esco dalla tenda e la chiudo, per modo di dire. Alzo il mio

sguardo verso l’alto. Vedo i pini Ponderosa del parco slanciarsi verso il cielo. È uno spettacolo. Il

mio umore sta girando al meglio. Sono solo. E mi sento un’energia che sta salendo dalla terra nei

miei piedi, su su verso le gambe e poi nello stomaco e fino alla gola, lasciando dietro il suo pas-

saggio i brividi.

Sento vibrare il mio corpo in ogni sua cellula. Sono in un punto sperduto del mondo, in una nazio-

ne immensa, isolato, in mezzo a un bosco, a dormire in una tenda insieme agli orsi. Sì. È proprio

quello che desidero di più in questo momento.

Il giorno sta volgendo al termine, lasciando spazio alla notte, i colori stanno cambiando. Le luci del

camping mescolano il loro giallo al blu elettrico del cielo. Sopra di me le stelle. Punti luminosi fitti e

lontanissimi. Le cime delle montagne affiorano all’orizzonte mostrando la loro superficie chiara e

riflettente come uno specchio. Le tende sembrano lanterne luminose pronte a lasciare la terra ver-

so lo spazio. Dentro le tende, le sagome si muovono lente per preparare le loro anime a sognare e

dimenticare i loro ricordi lontani, di una vita normale.

7

Non sono matto.

Sono un sognatore.

Non sono matto. Preferisco definirmi sognatore. Sì. Capisco che agli occhi di molti potrei comun-

que sembrare matto. Anche ai miei. Ed a quelli di mio padre. Che ha sempre preferito sostenere

l’idea che la concretezza sia la via migliore da seguire, per spendere la propria vita.

Non fa per me. Mi spiace. Anche se questo ha sempre rappresentato il conflitto con mio padre. E

ancora adesso, che lo guardo attraverso una semplice foto del cazzo, non capisco perché lui non

riesca a farsene una ragione ed accettare il mio essere diverso da lui.

Io l’ho voluto e desidero riabbracciarlo un giorno. Non sul desolato pianeta terra. Ma un giorno fu-

turo, molto futuro, in cielo.

Vivo con i desideri appiccicati sulla punta delle dita che trascino sulle lettere di un libro, di

una nuova frase che scrivo su Facebook, o su un messaggio da dedicare ad una persona

speciale.

Tutto questo non si spegne in romanticismo e basta. Diventa una nuova idea. Diventa concretezza.

Diventa denaro.

Fu così che contattai la prima volta Alessandro Zedda.

Lui era uno dei clienti storici della compagnia.

Gli proposi di aderire al progetto MaxxiRendita, per ottenere una rendita chiavi in mano attraverso

un business rodato.

Lui mi rispose che non era interessato. Il progetto gli piaceva molto. Ma si stava dedicando anima

e corpo ad un altro progetto e non voleva distrarsi per 1 solo secondo.

“Di cosa ti occupi?” Gli chiedo, curioso come una donna in preda ad isteria.

“Vendo su Amazon.” Risponde con semplicità.

“Cosa vendi?” Lo incalzo in modo banale.

“Tutto ciò che mi fa guadagnare.”

“Tipo?” Domando, sempre più incuriosito.

“Ricerco i prodotti più venduti su Amazon e su cui individuo meno concorrenza, attraverso dei sof-

tware. Cerco il produttore e li vendo anche io.”

“E come gestisci il magazzino?”

“Semplice, fa tutto Amazon. Io mi preoccupo di individuare il prodotto promettente. Faccio un test

e, se vende bene, mi ci butto dentro a capofitto.”

La mia mandibola è caduta sulla scrivania e mi sto preoccupando di raccoglierla senza fare rumo-

re, non voglio interrompere l’interessante conversazione su skype con Alessandro.

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“Ti va di mostrarmi un esempio di questo processo? Sai che io mi occupo di individuare prometten-

ti idee nel web su cui investire, e la tua “a naso” mi sembra una di queste”.

Alessandro non perde tempo e condivide il monitor. Apre un software e mi mostra una serie di gra-

fici. I grafici identificano un prodotto specifico. Serve per fare i rotolini di sushi a casa. I famosi “u-

ramaki” che mi piace tanto mangiare al ristorante sushi più buono di Como, il “Tokyo”.

Dai grafici è possibile vedere le vendite giornaliere stimate nei diversi periodi dell’anno ed i margini

di profitto realizzati.

Sembra la stessa cosa dell’analisi di un titolo di borsa. Solo che in questo caso le probabilità di

successo sono altissime. La previsione che un determinato evento accada sono supportate da una

statistica precisa e puntuale.

“Che dici Maxx, ti può interessare?” Chiede lui in punta di piedi, senza mai essere arrogante.

“Certo che mi interessa.” Rispondo io.

Sono galvanizzato: “Da sempre mi piacerebbe vendere prodotti online nel web ma sono sempre

rimasto fuori dal giro per la paura di dover gestire le merci ed il magazzino. Tu mi stai dimostrando

che fare Trading Online di oggetti è uguale a fare Trading Online di strumenti finanziari.”

“Esatto Maxx.”

La voce di Alessandro risuonava nella mia mente come un mantra in grado di scovare i miei dubbi

e dissiparli per sempre, come le onde del mare quando si infrangono sugli scogli ruvidi e rimane

solo la schiuma.

“Maxx voglio mostrarti una cosa. Si tratta di un report di vendite. Il rettangolo rosso a sinistra indica

il prodotto di cui ti sto parlando. Quello che a te piace chiamare ‘il rotolino per fare i sushi’. A de-

stra, in verde, puoi vedere le vendite che ho realizzato.” Ridacchia mentre pronuncia queste paro-

le.

“Alessandro, da quello che leggo, mi pare tu abbia fatto 1531 dollari più 258 dollari per un totale di

1798 dollari. Per quanto riguarda le vendite del rotolino del sushi, è corretto?”

“Esatto.”

“In quanto tempo?” Chiedo a me e a lui.

“Come vedi nell’immagine, che ti ho mandato adesso su skype, in evidenza nel rettangolo in aran-

cio del report, in 4 giorni. Dal 9 Dicembre al 12 Dicembre. Tieni presente che le date sono espres-

se in formato americano. Mese. Giorno. Anno.”

“E quanto hai investito per comprare e spedire il materiale?”

“Ho speso 465 dollari in tutto. Per 100 pezzi. Realizzando un ROI del 386% in 4 giorni. Devi consi-

derare però i tempi di spedizione della merce. In questo caso dal produttore in Cina fino ad Ama-

zon in USA. 17 giorni circa.”

Mi sembrava incredibile che Alessandro avesse potuto fare un’operazione di trading del genere

senza nemmeno spendere un dollaro in marketing. Semplicemente usando abilmente la piattafor-

ma di Amazon. Senza toccare un solo pezzo del magazzino e facendo gestire tutto alla società di

Jeff Bezos.

“Alessandro, scusa la franchezza, ma debbo essere sicuro di avere delle informazioni precise e

corrette. Tu sei una persona squisitamente sensibile, buona e gentile, ma il denaro è fatto sem-

plicemente di numeri scritti su un maledetto pezzo di carta stropicciato. Puoi mandarmi una

email con le fatture di acquisto e spedizione degli oggetti?”

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“Certo Maxx. Non ci sono problemi. Capisco che, per valutare un business, tu debba avere traspa-

renza assoluta sul processo. Ti mando la fattura per email. Così vedi anche un esempio di uno dei

miei acquisti. Ti mando anche il caso delle vendite di Donald Trump”.

“Ti sei venduto Donald Trump?”

Alessandro scoppia a ridere e mi spiega: “Ma no Maxx. Intendo le statuette di Donald Trump con il

cappellino con la scritta MAKE AMERICA GREAT AGAIN. In questo caso ho speso 452 dollari, per

48 pezzi, ti mando anche questa fattura.

“Perché mi parli sempre di dollari Alessandro?”

“Perché io mi sono specializzato nella vendita in USA. Ovviamente con Amazon si può vendere in

11 Paesi differenti, tra cui l’Italia. Diciamo che il bacino di utenti e le vendite in USA sono decisa-

mente più elevate che in Italia.”

“E come te la cavi con l’inglese?”

“Ma sai non serve essere madrelingua per gestire degli ordini. E poi con Google Translate, anche

se non sei un fenomeno in inglese, te la puoi cavare benissimo. In ogni caso ho viaggiato per anni

in tutto il mondo, facendo il cameriere.”

“E quanto ci hai fatto con le statuette di Donald Trump?”

“1100 dollari in 4 giorni. Come vedi dal report che ti ho inviato. Sono andate via come il pane

Maxx.”

“Incredibile.”

“Sì, Maxx. Solo che poi ho ricevuto una diffida per violazione del copyright dal produttore, attraver-

so il suo avvocato.”

“Cosa hai combinato?” Chiedo, un po’ preoccupato per il mio amico.

“Ho acquistato le statuette da un fornitore non autorizzato per errore e mi sono trovato alle calca-

gne il produttore che si è incazzato di brutto. Ma io non l’ho fatto apposta. Ho sospeso le vendite e

dato ordine ad Amazon di demolire il magazzino rimasto.”

“Demolirlo?”

“Quando spedisci la merce presso i magazzini di Amazon, la società si preoccupa di spedirla pres-

so i clienti che acquistano. Ti gestisce i resi attraverso un servizio dedicato e, se non riesci a ven-

dere la merce, su tua richiesta, si occupa di distruggere fisicamente il magazzino.”

“Voglio farti un’altra domanda se posso. Qual è l’affare più grande che hai fatto sino ad oggi?”

“Bella domanda Maxx. Ricordo il Natale del 2015. Avevo individuato un prodotto nella categoria

Sport che tratto ancora oggi, ma preferisco non citarlo per evitare di crearmi concorrenza.” Sorriso

sincero e gentile di Alessandro.

“Stavo già ottenendo delle buone vendite. Avevo un buon magazzino e si avvicinava Natale. Pen-

savo che avrei potuto incrementare le vendite, in quanto era un articolo che ben si prestava anche

come regalo. Ti posso dire che, nel giro di 30 giorni, ho venduto quasi 20.000 dollari di prodotti.”

“Wow. E quanto ci hai fatto?”

“Considerando un investimento di 4000 dollari e tolti i costi di Amazon e della pubblicità, mi sono

avanzati più di 10.000 dollari.”

“Che colpo.”

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“Sì. È stato il Natale più ricco della mia vita.”

“Chissà quanti regali sotto l’albero.”

“Sì, e poi considera che allora ero alle prime armi con Amazon, per cui è stato un vero e proprio

successone per me.”

“Cazzo che figata. Noi dobbiamo iniziare a fare questa cosa insieme.”

“Ok Maxx. Io ci sto.”

11

La morte dei business tradizionali

e la rivincita del web.

Inizia sulle strade, dalle vetrine dei negozi che chiudono ogni giorno e non riaprono più.

Inizia dalla guerra dei prezzi di chi possiede le aziende produttive che combattono con i cinesi e

con chi fa dello sfruttamento, unica arma contro il fallimento della sua attività o peggio ancora, di

chi i propri dipendenti non li paga proprio, cercando di resistere e di rimanere sul mercato il più a

lungo possibile.

E allora Benvenuto nel Web!

Una vera e propria rivoluzione. Iniziata in silenzio e che ora è divenuta inarrestabile e trascinerà

con sé tutto quello che incontrerà sulla sua strada portandolo a valle. Nulla resisterà a questo mo-

vimento.

Forse ti chiederai: “ma il pane lo compreremo sempre dal panettiere o solo al supermercato?”

Chiedilo ad Amazon!

Che con i suoi cazzo di Droni vuole consegnare la spesa, anche un pezzo alla volta, in qualsiasi

punto della città, identificando la tua posizione attraverso il tuo smartphone.

Chiedilo a Facebook che si fa i cazzi tuoi tutto il giorno e ne sa più di te e delle tue abitudini di chi-

unque altro e può permettersi di raccomandarti gli acquisti più interessanti per te, meglio della tua

ragazza, ed è in grado di suggerirti anche il negozio più vicino per acquistare.

È venuto il momento di chiederti se sia il caso di collegare il tuo business tradizionale al web, pri-

ma di rimanere con un fiammifero spento in mano e prima di vedere tutti i tuoi competitor farlo pri-

ma di te, lasciandoti a bocca asciutta.

Non dico di essere d’accordo con questo processo. Per me saremmo potuti anche rimanere nei

fantastici anni ‘80, quelli che cantano a squarciagola gli 883, quando c’erano i roy rogers come je-

ans e si chiamava casa dalle cabine telefoniche.

Ma non sono io che ho deciso e realizzato tutti i cambiamenti.

Io mi permetto semplicemente di viverci in questo mondo e di captare i messaggi un secondo pri-

ma della massa, per non finire travolto a mia volta.

Nei prossimi 10 o 20 anni finiremo tutti a lavorare per 10 società che operano online nel mondo.

Secondo molti analisti, Amazon e Alibaba venderanno le merci fisiche realizzate dall’80% dei pro-

duttori mondiali. Gli altri saranno già falliti o venderanno beni molto specifici.

Facebook ci suggerirà i prodotti ed i servizi da acquistare online senza nemmeno andare sul sito

del venditore a meno che non sia un marketplace come Amazon o Alibaba.

Google non lo conosceremo più come il motore di ricerca in assoluto ma come colui che ci guiderà

e parcheggerà la macchina in automatico e come l’ideatore di migliaia di brevetti che controlleran-

no la nostra vita.

Apple - e pochi altri produttori - ci metteranno in grado di telefonare e di controllare a distanza tutti i

nostri dispositivi come gli elettrodomestici, l’auto e tutto il resto.

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I soldi dei privati e degli imprenditori non finiranno più nelle banche tradizionali ma nelle banche

fondate dai colossi del web, i soliti nomi che abbiamo appena citato.

E per finire, i soldi che spenderemo non avranno più la filigrana ma saranno digitali e criptati. E-

messi anch’essi dai soliti nomi di cui abbiamo appena parlato.

Siamo nella merda? Non ancora, aspetta di vedere cosa succederà nei prossimi 20 anni.

E allora cosa possiamo fare?

Sicuramente non restare immobili, rimboccarci le maniche come al solito ed iniziare a far parte de-

gli Imprenditori del Web, altrimenti non ci resterà che piangere.

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Perché il web è “Meglio?”

Anni fa i soldi li faceva chi apriva catene di negozi su strada. Di tipo diverso nella stessa città o

dello stesso tipo in città differenti.

Oggi i soldi li fa chi apre diversi siti web e vende servizi o merce fisica dallo stesso punto in tutto il

mondo ottimizzando personale, centri di costo, strutture e magazzini.

Una persona ci mette il know how rispetto ad un prodotto, un’altra ci mette le competenze di mar-

keting e un’altra ancora ci mette gli strumenti web tipo il sito, l’e-commerce e compagnia bella.

Tre persone possono sostituire il lavoro di cento.

I centri di costo del web possono essere ottimizzati da 10 a 100 volte meglio rispetto ad un busi-

ness tradizionale.

E ancora ti chiedi perché: “Io lo faccio sul web”?

Non serve dedicare più di qualche riga per spiegarlo. Sarebbe un sacrilegio dedicarci un intero ca-

pitolo.

Ma veniamo a noi.

Come faccio l’Imprenditore nel Web?

Identifico una persona che abbia delle competenze specifiche in un determinato settore. Gli metto

a disposizione tutti gli strumenti web che ci sono sul mercato e che ho ideato per risolvere problemi

specifici del web. Investo soldi nella visibilità dell’idea.

La compagnia che dirigo non è Apple, non è Amazon, non è Facebook ma lavora con dedizione

nel web e cresce di anno in anno in modo sano.

Il 20% del fatturato viene investito ogni anno per il marketing nel web.

E poi qualcuno si chiede come facciamo ad essere leader nel nostro settore finance.

Perché investiamo soldi in visibilità e perché le persone che lavorano con noi non sono assoluta-

mente sostituibili, contrariamente a quanto pensavano i vecchi imprenditori che assumevano le

persone e le pagavano con uno stipendio fisso.

Il posto fisso è morto ma anche gli imprenditori che la pensavano in questo modo.

Ma non finisce qui. Dopo avere utilizzato le nostre competenze e gli strumenti nel settore finanzia-

rio, siamo pronti a scalare in altri settori, iniziando ovviamente da quelli più vicini al nostro.

Per questo una task force di investitori si è interessata di recente a quello che stiamo facendo. Si

sono messi sulle nostre tracce. Vogliono vedere come ce la caveremo in questa nuova fase di e-

spansione.

La maggior parte delle persone credono che basti avere una grande idea per fare i soldi.

E poi dimmi quale sarebbe questa grande idea in grado di scardinare Facebook.

Lacrime e sangue. Questo ci vuole. Prima di poter dire che la tua azienda può fatturare, anche se

tu te ne stai a letto a dormire o ti occupi solo, e dico solo, della cosa più eccitante: creare e sele-

zionare nuove idee.

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Quando capisci il segreto e l’essenza dell’online, sai che la cosa importante è impostare il proces-

so e fare in modo che altre persone se ne possano occupare.

Ma io non voglio che ad occuparsene siano dei dipendenti. Io voglio che siano i “Key Man” a farlo.

Coloro che hanno avuto l’idea. Che lavorano per se stessi e per sviluppare la propria idea.

Io non voglio che le persone lavorino per me. Nemmeno chi fa le pulizie. I nostri uffici sono in affitto

e tutti i servizi sono inclusi.

Per me è una filosofia di vita. Io non pago dei mercenari e non costringo le persone per necessità

a diventarlo.

Io non credo nel ruolo del dipendente, proprio perché lo sono stato.

Se il progetto funziona ad arricchirsi devono essere prima di tutto coloro che hanno messo l’idea

ed il sudore per realizzarla.

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La piramide al contrario.

Io sono un sostenitore del concetto di “piramide al contrario”.

Non faccio beneficenza. Non sfrutto le persone. Ma sono consapevole che anch’io sono solo di

passaggio in questa vita, come ognuno di noi del resto.

Lo so che sia nei business tradizionali sia nel business online il vertice della piramide è sempre

nelle mani di pochi.

Ma io non sono fatto così.

E non lo sono mai stato.

Grazie a persone che ho conosciuto e che mi hanno riempito il culo di calci, ora posso dire che il

mio culo è diventato di marmo.

Non permetterò più a nessuno di farlo a me, né consentirò mai a me stesso di farlo nei confronti

degli altri.

Io scelgo le persone in cui riporre la mia fiducia. Poi do fiducia e basta. Senza ripensamenti.

Io credo che la vera ed unica risorsa che abbiamo siano le persone ed il rapporto che instauriamo

con loro.

Pensaci un attimo. Chi ha vinto le più grandi guerre?

Spesso non gli eserciti più preparati o armati ma gli uomini più valorosi e fedeli alla causa.

Le persone non sono stupide. Capiscono se dici cazzate.

Quindi fai a meno di dirle. Il resto verrà da sé.

Solo in questo modo potremo resistere ai continui attacchi delle imprese della Silicon Valley.

Solo in questo modo potremo sempre avere un posto nel mondo del business, rimanendo un pas-

so sempre avanti rispetto ai nostri competitor.

Questo almeno è il mio segreto.

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Mettici la faccia e ricordati

che ne hai una sola.

Sarà difficile che uno di noi sfidi i colossi Facebook, Google e Amazon. Per questo motivo il Per-

sonal Branding oggi è l’unica arma contro l’egemonia della Silicon Valley.

Il concetto indica in soldoni il fatto di metterci la faccia. Questo è il solo modo di rendere unico un

prodotto, anche in un regime di concorrenza, perché ognuno di noi è unico nel suo genere.

I giganti del web non possono che affidare la loro identità a dei Brand, noi che non siamo giganti

come loro, possiamo affidare il ruolo del nostro brand a noi stessi, ovvero alla nostra faccia.

Per questo, ogni giorno spuntano nuove facce e guru del web, che cercano di “accaparrarsi” un

pubblico che li segua, per proporre i loro prodotti e servizi.

In molti lo hanno capito. È nato un nuovo settore, potremmo chiamarlo: “Il settore del Personal

Branding”. Perché qualsiasi cosa tu voglia proporre, prima ci metti la tua faccia. Quando io ho in i-

ziato a farlo non eravamo in molti, oggi c’è più gente in fila per fare Personal Branding che alle po-

ste.

Sono nate persino agenzie di marketing specializzate in questo settore.

I Social hanno amplificato il fenomeno, offrendo strumenti come foto e video che permettono di

creare contenuti che possono facilmente diventare virali nel web.

Però è bene ricordare che “di faccia ognuno di noi ne ha una sola”.

Per cui, una cazzata fatta una volta sul web rimane per sempre. Non è possibile cambiare

l’insegna e voltare pagina facendo finta di niente.

Ogni persona, che voglia percorrere questo sentiero, deve crearsi la sua reputazione e la sua im-

magine.

Non si cambia bandiera da un giorno all’altro, schioccando le dita.

Ma non fasciarti la testa. Come ogni cosa, si impara.

Conosco blogger che hanno fatto numeri pazzeschi. Influencer che hanno collezionato milioni di

visualizzazioni su youtube ed i social, crescendo giorno dopo giorno e imparando la loro professio-

ne semplicemente sperimentando e sbagliando. Anch’io l’ho fatto.

Del resto come puoi partecipare ad un corso di marketing che ti insegni quello che ancora deve

accadere nel mondo del marketing?

Tutto quello che ho scritto ha un forte significato per te, se vuoi considerare seriamente l’ipotesi di

diventare un Imprenditore del Web.

Ed ora ti faccio una domanda.

Sei sicuro che il brand di Apple sia la mela morsicata e non la faccia di Steve Jobs?

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Amazing Amazon!

“Sto inserendo il giveaway per i boomerang… dando solo 2 pezzi gratis mi esporranno a un pub-

blico che può andare dai 3000 ai 6000 follower. Oggi mi sa che sarà una grande giornata.”

Leggo questa sparata su Skype dal profilo di Alessandro e mi incuriosisco. Sono le 8:00 di mattina.

Sono a casa e mi sto preparando una vera colazione.

La mia colazione? Caffè e spremuta da consumarsi preferibilmente davanti al PC.

“Sei libero?”

Rispondo “Sì”, clicco sul pulsante della cornetta telefonica di skype e faccio partire la chiamata.

“Cosa stai facendo Ale? Giveaway per i boomerang…ma ti sei fumato il cervello?”

Alessandro ride mentre mi spiega: “No Maxx. Una novità incredibile. Non sto nella pelle. Sto spe-

rimentando un nuovo servizio di Amazon. Si chiama giveaway. Puoi creare una specie di concorso

regalando dei prodotti. Ad esempio, io ho messo in palio 2 boomerang. Gli utenti per poterseli ag-

giudicare devono postare una frase su Twitter che tu hai scelto per promuovere il tuo prodotto.”

“Dimmi che non è vero. Ma che figata è?! Praticamente Amazon guadagna spedendo i prodotti

gratuiti che regala, ti procura un sistema per farti pubblicità gratuitamente e poi guadagna dalle tue

vendite. Ma che roba pazzesca è?”

“Sono geniali.”

“Ma si può fare anche in Italia o solamente negli Stati Uniti?”

“Non lo so è una cosa nuova. Ieri non ero nemmeno riuscito a farlo funzionare. Oggi ho abilitato il

servizio sul mio nuovo prodotto. È anche un ottimo modo per ricevere dei feedback dai clienti.”

“Questa roba la inseriamo subito nel corso. E poi la dobbiamo usare assolutamente per la promo-

zione del nuovo prodotto delle MUG artistiche di Mr Save The Wall.”

“Assolutamente.”

“Sei troppo forte Ale. Poi fammi sapere come va. Sono troppo curioso.”

“Ok Maxx. In giornata faccio il bonifico per l’acquisto e la spedizione delle prime 100 MUG di Test

dal produttore ad Amazon.”

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Other People's Money:

la Banca Social dell’impresa 2.0

Il titolo di uno dei libri di Robert Kiyosaki è proprio questo: ”Other People's Money”, ma in realtà,

anche un famoso film con Danny De Vito ha lo stesso titolo.

È superfluo precisare che senza soldi non ti vuole neanche tua madre, come ho scritto in un post

sulla mia pagina Facebook che ha riscosso un enorme successo.

Fare business senza soldi è un vero guaio. Da qualche tempo, si dice in giro che se hai l’idea i

soldi arrivano.

Sì, ma come?

Semplice. Sono sempre due i clienti che devi cercare. Il secondo cliente è colui che acquista il tuo

prodotto, il primo cliente è colui che finanzia la tua impresa.

Per finanziare le tue idee ci sono diversi modi.

Puoi chiedere alla banca.

Ma lei ti pretenderà un sacco di garanzie e siccome tu sei all’inizio e magari sei pure squattrinato,

la vedo difficile. La banca ha molte difficoltà a finanziare le imprese, non valuta il business in sé ma

la garanzia di riavere i suoi soldi. E per finire, potrebbe decidere di toglierti i soldi da un momento

all’altro. A tutto questo bisogna aggiungere che ti chiederà un tasso di interesse più o meno elevato

ma che sicuramente non è legato ai tuoi risultati. Se guadagni lo devi pagare e se perdi lo devi pa-

gare. Devi pagare e basta.

Puoi chiedere ai Business Angels o ai fondi di Venture Capital.

Una bella strada, indubbiamente. Preparati a consumare tante paia di scarpe, ad una bellissima

presentazione in power point, ad avere 1 minuto di tempo per mostrare la tua idea a qualche

contest di startupper e roba del genere. Può essere interessante quando la mia idea già funziona,

mi paga da mangiare ed io ho del tempo da perdere da mettere a budget.

Se la tua idea è destinata a “bruciare soldi” ed entra almeno nel novero delle idee innovative,

l’unica via da seguire è quella che ti ho appena descritto, perché dovrai ottenere via via dei finan-

ziamenti sempre crescenti per giustificare i tuoi costi e gli stipendi del tuo team che sviluppa

un’impresa non profittevole. In pratica un “buco gigantesco” dentro cui finiranno i tuoi investitori. In

questi casi 1 su 1 milione ce la fa, in quanto l’azienda inizia a fatturare, pur non producendo magari

utili, ed il materasso finale su cui atterrare tutti quanti, sani e salvi, sarà la borsa. Una sorta di

schema Ponzi che si svolge nella più totale legalità.

Io ti propongo la Banca Social dell’impresa 2.0.

Cosa significa?

Molto semplice.

Fino a qualche anno fa la TV ed i giornali lanciavano e poi creavano le persone famose.

Oggi ci sono tonnellate di blogger e influencer nel web che non sono mai andati in TV e sono più

seguiti di Maria De Filippi.

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Questo è l’effetto del web amplificato maggiormente da quello dei Social.

Se la rete ti vota, il tuo share è indiscusso. Non ti serve più la Tv perché il tuo pubblico ti segue

dallo smartphone.

Il mondo si è capovolto. Forse è per questo che ultimamente nevica a Lecce e non più a Milano.

Per questo motivo, anche i soldi per finanziare la tua idea o impresa non dovrebbero più arrivare

da una istituzione che decide se la tua cazzo di idea sia buona o cattiva o, peggio ancora, se tu

abbia requisiti per essere finanziabile o meno.

Ma qui devi stare molto attento.

Se tu vai nel web e sui social a chiedere denaro per realizzare la tua idea ad un pubblico definito

“indistinto”, rischi pesantemente.

Il fenomeno ha un nome, si chiama “sollecitazione al pubblico risparmio”.

Ti consiglio di informarti bene sul sito delle Consob, in merito al suo significato, nei termini giuridici.

Io mi limiterò ad andare dritto al cuore del problema.

Le banche possono promuovere strumenti finanziati. Ad esempio, possono dire che la prossima

settimana “Enel” si quoterà in borsa e che tu potrai acquistare le sue azioni.

Ti sarà capitato di vedere degli spot pubblicitari, che definirei “quasi romantici”, che descrivono

l’azienda in fase di quotazione e che dicono tutto il bene che fa per il mondo ed i suoi dipendenti.

Alla fine dello spot ti sarai stupito anche tu, come me, del fatto che non viene proposto nessun

prodotto.

La settimana dopo sicuramente vedrai lo spot della quotazione in borsa di quell’azienda.

Questa promozione è riservata a soggetti autorizzati come le banche.

Lo stesso concetto si applica per quella che viene definita “raccolta di denaro” che riguarda il f i-

nanziamento della propria idea, attraverso il coinvolgimento del pubblico.

In questo caso però ci sono delle opportunità.

Ad esempio, nessuno mi impedisce di trovare 10-20 soci che siano interessati ad entrare nella mia

azienda come finanziatori, lasciando a me il compito di dirigerla.

La cosa importante è che questa ricerca non avvenga in modo pubblico.

Se vai su Facebook e scrivi “datemi i soldi e diventate soci della mia impresa che vi faccio guada-

gnare il 20% al mese” sei un coglione. In primis perché fai una promessa che non hai la sicurezza

di poter mantenere, in secundis perché in questo modo solleciti il pubblico risparmio in modo “indi-

stinto”. Se invece parli della tua idea e poi privatamente discuti le modalità per diventare soci della

tua compagnia, la musica cambia.

La mia idea di Banca Social dell’impresa 2.0 contempla il fatto che sono le persone a decidere

se la tua proposta vale o meno. Le persone che finanzieranno il tuo progetto saranno i tuoi primi

clienti.

Io sostengo che il futuro percorrerà questa strada.

La Consob che vigila sui mercati finanziari ha infatti concesso a delle semplici srl di raccogliere il

denaro per finanziare le startup innovative. Questi sono i primi passi inevitabili per cercare di con-

tenere una crisi senza precedenti che ha coinvolto il Paese e le imprese.

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Io ritengo che sia una vera cazzata quella di offrire questa opportunità solamente alle aziende in-

novative in fase di startup, con dei rischi di fallimento enormi per i soci finanziatori. Escludendo da

questa opportunità quelle imprese che hanno uno storico di bilanci in attivo alle loro spalle, ma che

non sono più in fase di startup e non vengono definite innovative.

Ma il mio pensiero non fa legge.

Per questo, attraverso la mia creatività posso sempre trovare delle soluzioni legali per farlo caso

per caso.

Voglio farti un esempio fra tutti.

Io ho lanciato la Business Academy. Le persone possono imparare a vendere su Amazon in tutto il

mondo. Durante il percorso formativo, io offro la possibilità a chi identifica un prodotto che vende

su Amazon, di ricevere denaro per ampliare il suo business.

Se io dessi del denaro direttamente alla persona in oggetto, potrei imbattermi in qualche errore

formale.

Come risolvo il problema?

Io acquisto la merce che lui identifica, la rivendo su Amazon attraverso lo shop della compagnia

che dirigo, e gli riconosco una percentuale dei profitti attraverso un contratto fra le parti.

Ma non finisce qui.

Supponiamo che tu non sia interessato a imparare come si vende su Amazon e supponiamo che

tu sia interessato ad ottenere dei profitti da queste vendite finanziando l’idea.

Come si può fare?

In questo caso, ti farei acquistare la merce direttamente dal produttore e, pagando le spese di

spedizione, te la farei inviare presso il magazzino di Amazon. Mi preoccuperei di vendere la tua

merce attraverso il mio team e ti chiederei una percentuale sul profitto che ti ho fatto realizzare.

Sostanzialmente una consulenza a risultato.

E se tu fossi un’azienda produttrice ed avessi la merce in magazzino? Potresti fare la stessa cosa.

Tu ci metti la merce e le spese di spedizione e noi la consulenza per la vendita.

Secondo te faccio qualcosa che non va?

Faccio qualcosa che viola la legge?

Assolutamente No!

Ecco perché ti dico che se segui il nostro percorso formativo, ottieni risultati e se ti impegni, noi ti

mettiamo a disposizione il denaro; inoltre anche tu potrai trovare il denaro per le tue operazioni di

trading su Amazon in modo autonomo.

In questo caso si configura una consulenza per vendere su Amazon. Una consulenza completa-

mente gratuita, in quanto viene retribuita solamente a risultato ottenuto.

Io non dico cazzate. Ma se tu lo pensi, sappi che questa notte dormirò ugualmente nel mio letto,

come un bambino.

Questo sistema rivoluzionerà completamente il mercato delle consulenze degli e-commerce.

Fino ad oggi, i miei prodotti online li avrei venduti solo direttamente oppure pagando un consulente

o un dipendente senza alcuna certezza del risultato.

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È come se il tuo agente immobiliare venisse pagato a percentuale, solo dopo avere identificato,

acquistato e venduto un immobile per te ed esclusivamente se ti garantisce un buon profitto. Ci

sarebbe la fila!

E noi ci aspettiamo la fila fuori dai nostri uffici dopo aver raccontato al mondo questo progetto.

Io ti propongo la Banca Social dell’impresa 2.0.

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Il marketing nel tempo dei Social.

La lead generation è morta, il seo è morto, i database aziendali ora si sono spostati sui social.

L’unico modo per fare marketing è quello di raggiungere i tuoi clienti senza disturbarli con messag-

gi commerciali inutili.

Ti pare facile?

Quando io ho iniziato a fare impresa nel web, il metodo migliore di fare marketing era quello di

produrre un messaggio di testo da dare a Google associandolo a delle parole chiave che i miei po-

tenziali clienti avrebbero potuto cercare attraverso i motori di ricerca.

Allora le persone partivano da Google per fare qualsiasi cosa.

Oggi le persone stanno su Facebook un po’ a cazzeggiare, un po’ a leggere le news, un po’ per

essere i protagonisti della scena postando frammenti della loro vita.

Non gliene frega più un fava di Google.

Salvo per specifiche ricerche.

Quindi la massa dei tuoi clienti la raggiungi in modo differente.

Per questo motivo anche il seo è morto. Cosa spendi a fare cifre importanti per posizionare il tuo

sito su Google, se poi il tuo cliente passa la maggior parte del suo tempo su Facebook?

Non ti sembra più sensato investire il tuo budget di marketing là dove sono i tuoi clienti?

Lo sai che una persona su due in Italia è su Facebook?

E allora mi spieghi come mai ancora ci sono persone che sostengono che il marketing su Facebo-

ok non funziona, perché su Facebook si va solo per “cazzeggiare”?

Non mi interessa cosa vanno a fare le persone su Facebook, a me l’unica cosa che importa è che

sono su Facebook e ci stanno delle ore sia attraverso il PC che da Smartphone, mentre svolgono

un sacco di altre cose.

E mentre le stesse persone cancellano, senza nemmeno aprirli, i messaggi pubblicitari provenienti

dalle email, sempre che Google non le abbia già classificate come spam, su Facebook le stesse

persone vedono i contenuti e, se gli piacciono, gli mettono un bel “like” e se sei fortunato, li cond i-

vidono pure, facendo un atto di “raccomandazione” nei confronti della loro cerchia di amici.

Non puoi più permetterti di raggiungere i tuoi clienti attraverso messaggi commerciali inutili e fasti-

diosi. Servono dei contenuti.

Ecco perché ci sono video che diventano virali e conquistano centinaia di migliaia di follower in po-

co tempo.

Guarda ad esempio il “caso Montemagno”. Nel giro di 12-18 mesi è diventato il più popolare del

web nel suo settore, sbaragliando i competitor che erano sullo stesso mercato da oltre 10 anni.

E non è il solo. Nei prossimi anni ne vedremo a decine, grazie all’importanza dei video sui Social.

In passato lo stesso fenomeno accadeva su YouTube. Solo che attraverso YouTube è molto più

difficile rendere virale un contenuto.

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Perché?

Perché YouTube non è un vero Social per quanto i suoi proprietari, che sono gli stessi di Google,

amino definirlo tale.

Le persone non sempre hanno un account su YouTube e poi si limitano a guardare i video, i like ed

i commenti valgono il tempo che trovano rispetto a ciò che accade su Facebook.

Non esiste un muro su cui postare i propri contenuti paragonabile a quello di Mr. Mark Elliot Zu-

ckerberg.

Inoltre, su Facebook tutti coltivano il proprio muro ed il proprio profilo, postando contenuti e solleci-

tano le altre persone a interagire con essi.

Questo ha reso in poco tempo Facebook un agguerrito competitor di YouTube, strappandogli dalle

mani il primato e tagliandogli letteralmente la testa, lasciandolo esanime in una pozza di sangue.

Esagerato? No, realistico. Visto il tempo ed il modo in cui è riuscito a farlo.

Io lo definirei “un piano perfetto”.

Step 1. Facebook ha iniziato a premiare i video pubblicati sulla sua piattaforma rispetto a quelli

condivisi da YouTube. Se pubblichi un video direttamente su Facebook, lo stesso Facebook ti offre

una visibilità 5 volte superiore. In questo modo Facebook ha convinto chi produce contenuti a pub-

blicare direttamente sulla sua piattaforma.

Step 2. La diretta Facebook ha permesso agli utenti di avere un aiuto da parte di Facebook che

avvisa la tua audience quando sei live. Offrendo fra l’altro uno strumento molto più accattivante

rispetto alla diretta YouTube.

Step 3. Realizzare e pubblicare un video su Facebook, attraverso uno smartphone, è un vero gio-

co da ragazzi, prova a farlo con YouTube.

Step 4. Facebook ha realizzato un sistema di promozione a pagamento dei contenuti video, decine

di volte più efficace rispetto allo stesso modello proposto da YouTube e decine di volte più sempli-

ce da implementare rispetto a YouTube.

Step 5. Oggi come oggi, un Social Network come Facebook ottiene risultati in modo più veloce ri-

spetto a YouTube, in quanto dalla sua parte ha sempre la partecipazione attiva di milioni di utenti.

Per questo motivo, il nostro budget pubblicitario è migrato al 100% da Google a favore di Facebo-

ok negli ultimi 3 anni.

Forse ti starai chiedendo cosa ti serve sapere tutto questo?

Primo, perché se non sai fare marketing non andrai mai da nessuna parte con la tua impresa sul

web. Secondo, perché per vendere su Amazon, puoi avvalerti in modo molto efficace del marketing

sui Social Network.

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E se domani Facebook fallisse?!

E se domani Facebook falisse?! Ci hai mai pensato?

Io ci penso ogni volta che affido il successo di un’iniziativa web, principalmente al marketing di una

sola piattaforma.

Prima lo pensavo di Google, quando ogni mese la compagnia investiva migliaia di euro per la pro-

mozione dei suoi servizi. Ora lo penso di Facebook.

Ma perché non diversifichi? Potrebbe obiettare qualcuno.

Lo faccio. Ma il 90% dei risultati lo ottieni andando a prendere il tuo cliente là dove sta.

Dai, se fallisse Facebook i clienti li andrei a prenderli sul nuovo portale del momento.

Ma il problema è altrove.

Se fallisse Facebook ed i miei follower hanno messo “like” sulla mia pagina fan, io immediatamen-

te perderei tutti i miei contatti.

Ci hai mai pensato?

Anche per questo motivo cerco di avere almeno il loro indirizzo email sui siti web della compagnia.

Ma avere l’indirizzo email, come abbiamo visto nel capitolo precedente, non facilita il raggiung i-

mento dei miei clienti. Ciò nonostante è sempre meglio averlo che non averlo.

Ma non finisce qui. Cosa succederebbe se Facebook fallisse domani mattina?

Sai quanta gente ci sarebbe in fila dallo psicologo per dipendenza da notifiche Facebook?

Sai quante gente dovrebbe iniziare a disintossicarsi dai suoi 15 minuti di fama promessi da Andy

Warhol?

Sai quante gente finirebbe in depressione per aver perso irrimediabilmente gli affetti più preziosi

della propria vita?

Le persone cambiano il mondo quando inventano idee in grado di farlo e da quel momento non è

più possibile regredire.

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L’unione fa la forza.

“Piacere Maxx”.

“Piacere Daniele Rutigliano”.

“Sono contento che hai accettato il mio invito. Puoi seguirmi. Ci accomodiamo in sala riunioni. Da

questa parte”.

Fuori il sole splende e si può vedere la statua che svetta davanti all’edificio del Movenpick di

Chiasso in Svizzera.

“Sono tutt’orecchi, spiegami pure”.

“Io amministro una società che si chiama Ideas Incubator. Lo scopo dell’azienda è identificare op-

portunità di business che possano diventare profittevoli in breve tempo. Siamo specializzati nel

settore Finance o Fintech, come si ama dire oggi. Ma da qualche anno ci stiamo guardando in giro

per iniziare a cogliere opportunità al di fuori del settore in cui siamo leader. A Novembre 2016 ho

preso contatto con una persona che conosco da diversi anni e che mi ha detto di essersi specializ-

zato nella vendita su Amazon, attraverso una strategia specifica. Sono rimasto davvero colpito e

per questo ho deciso di affiancarlo per un periodo di tempo e valutare se trasformare questa sua

attività, in una nuova opportunità da lanciare attraverso Ideas Incubator. Io sono sicuro che questa

iniziativa avrà un successo incredibile. Per questo motivo ho voluto contattarti”.

“Bene. Sono contento. Spiegami un po’ in cosa consiste l’idea”.

“Da un lato, creeremo un percorso formativo che preparerà le persone che partono da zero a ven-

dere in modo autonomo e professionale su Amazon. Già in questa prima parte, vedrei un tuo coin-

volgimento, in quanto intervieni spesso come un relatore ad incontri sul tema e partecipi a fiere del

settore, oltre ad aver pubblicato con Hoepli il libro “E-commerce vincente”. In secondo luogo, do-

vremo assistere tutti i partecipanti del percorso formativo qualora vogliano vendere su Amazon o

realizzare il loro e-commerce”.

“Io sono disponibile in questa veste in quanto ho un’agenzia che si chiama Aproweb e si occupa

proprio di questo.”

“Benissimo. Ma la cosa fantastica è che noi saremo in grado di finanziare i nostri corsisti, qualora

identificassero prodotti vincenti che vendono su Amazon. Valuteremo anche idee di impresa nel

web ed e-commerce, sempre nell’ottica di finanziarli.”

“Bellissima questa idea.”

“Grazie. Considera che forniremo la nostra consulenza a chi vuole usare Amazon per imparare a

vendere in modo autonomo. A chi vuole usare Amazon come investimento ma non vuole occuparsi

della fase di vendita del prodotto. Ai produttori e negozianti che vogliono vendere sul web ma non

sanno come fare e si trovano costretti a rivolgersi ad agenzie del web che per farlo iniziano a ven-

dergli piattaforme di e-commerce, marketing online, seo e posizionamento sui motori di ricerca e

consulenze di ogni tipo, svuotando i loro portafogli senza portare spesso a nessun risultato concre-

to. Io voglio fare tutto questo sia attraverso consulenze a pagamento sia ricevendo un compenso a

performance sul risultato raggiunto. Ovviamente, il cliente sceglie me ed io scelgo il cliente.”

“Maxx, se parti con questa iniziativa non ti ferma più nessuno. Ci sarà la fila di gente qua fuori, sot-

to il tuo ufficio. A me interessa. Ci sto.”

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“Sono contento che anche tu la pensi come me.”

“Certo. Mi piacerebbe regalare una copia del mio libro a tutti gli iscritti al percorso formativo”.

“Ottima idea.”

“Io potrei occuparmi di alcune parti del corso e poi rendermi disponibile per l’assistenza e la consu-

lenza successiva.”

“Molto bene. Mi hai letto nel pensiero. Nei prossimi giorni ti invierò il programma del corso in modo

che tu possa segnalarmi dove ti senti di integrarlo con la tua partecipazione. A giorni saremo online

con il sito web per cui ti chiederò la tua foto e la tua biografia da inserire.”

“Direi che ci siamo capiti in fretta. Del resto parliamo la stessa lingua..

Sorrido: “Sono d’accordo. Propongo un caffè al Movenpick, il nostro secondo ufficio”

“Ci sto.”

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Cosa ne pensa

Warren Buffett di Amazon.

“Ciao Marco, come stai?” “Bene Maxx. Che mi racconti?” “Il sito Imprenditori del Web è quasi pronto per andare online. Alessandro Zedda mi ha segnalato un articolo molto interessante attraverso il sito Businessinsider. Mi piacerebbe che tu lo traducessi ed inserissi nel blog prima del lancio del sito. Che ne dici?” “Certo mandami pure il link.” “Ti ringrazio. Ti chiedo anche di inviarmi una tua foto e biografia da inserire sul sito.” “Ok Maxx. Lo faccio entro domani.” Marco Bazzan - Giovedì 23 Febbraio 2017 - 03:40:38

Warren Buffett ha appena scaricato Walmart, segnalando la morte della vendita al dettaglio come l’abbiamo sempre concepita.

La Berkshire Hathaway di Warren Buffett ha venduto 900 milioni di dollari in quote Walmart, il gigante Americano che come principale attività possiede una catena di centri commerciali, scegliendo invece di investire miliardi in compagnie aeree.

Questa vendita, che lascia Buffett praticamente senza quote di Walmart, avviene proprio mentre il più grande nome di vendita al dettaglio Americano fa grandi sforzi per rincorrere Amazon e il resto della competizione online.

Il valore di mercato di Amazon attualmente equivale a 356 miliardi di dollari, in con-fronto ai 298 miliardi di dollari di Walmart. L'anno scorso Buffett ammise che i tradi-zionali negozi "in mattone" ormai stavano faticando contro i giganti dell'e-commerce.

"È una grandissima forza, e ha già scosso la vita di tantissime persone, e ne rivolu-zionerà tante altre" disse Buffett alla riunione annuale 2016 degli azionisti, secondo un articolo di Bloomberg.

Buffett iniziò a limare le sue quote di Walmart subito. Aveva acquistato le prime quo-te Walmart nel 2005.

Ha affermato che la competizione di Walmart, "inclusi noi stessi in alcuni campi, non ha ancora capito come prendervi parte o contrastarla."

Dalla fine del 2014 le quote di Walmart sono crollate del 21%, mentre quelle di Ama-zon hanno fatto un salto positivo del 119%.

L'ex CEO di Walmart Mike Duke, disse nel 2012 che il suo più grande rimpianto da CEO è stato proprio quello di non investire maggiormente sull'e-commerce per com-petere meglio con Amazon.

"Ci saremmo dovuti muovere più velocemente. Abbiamo dimostrato il nostro succes-so in molti campi, quindi non riesco a capire perché non ci siamo mossi più veloce-mente. Specialmente per l'e-commerce," disse Duke ai tempi. "Adesso stiamo fa-cendo grandissimi passi avanti, e il business sta crescendo, ma ci saremmo dovuti muovere più velocemente per espandere questo campo."

Walmart ha speso miliardi in e-commerce nel frattempo, ma detiene una piccolissima fetta del mercato in confronto ad Amazon.

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Le vendite di Walmart online sono arrivate a 13,7 miliardi di dollari nel 2015, mentre Amazon raggiunse i 107 miliardi di dollari. Walmart rimane ancora avanti per quel che riguarda le vendite in generale, con un totale di 482 miliardi di dollari, che equi-vale a più di quattro volte il totale fatturato di Amazon.

Le sensazioni di Buffett si erano dimostrate corrette in passato - aveva previsto il crollo di Sears e Kmart nel 2005 (ai tempi altri giganti americani della vendita al det-taglio).

"La vendita al dettaglio è come sparare a un oggetto in movimento," disse Buffett ai tempi. "Recuperare uno di questi giganti che scivola già da tanto tempo sarebbe molto difficile. Può pensare a un esempio di un gigante della vendita al dettaglio che si è ripreso?"

Sears nel frattempo ha chiuso centinaia di punti vendita e sembra destinata alla ban-carotta. Anche Macy e JCPenney stanno chiudendo ormai centinaia di punti vendita in tutti gli Stati Uniti.

Anche se il marchio di Walmart non è ancora diminuito, molti analisti esperti reputa-no che gli Stati Uniti abbiano un eccesso di negozi.

Negli Stati Uniti attualmente ci sono quasi 2,2 metri quadri destinati alla vendita al dettaglio pro capite, in confronto agli 1,5 in Canada ed 1 in Australia - rispettivamen-te la seconda e la terza nazione ad avere la più alta quantità di metri quadrati per persona destinati alla vendita al dettaglio, secondo uno studio di Morningstar.

Fonte: articolo del 14/02/2017 su Businessinsider.com

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No line, no checkout

with AmazonGo.

Io ho i brividi di freddo. Ho appena visto il video del lancio di Amazon Go. Ho dovuto pubblicarlo

nel blog del sito Imprenditori del Web, ma solo dopo averlo visto 5 volte di fila ed essermi ripreso

almeno in parte.

Amazon Go. Il primo supermercato dove non ci sono le cassiere. Prendi i prodotti dagli scaffali e

se ci ripensi li rimetti dov’erano e se ci ripensi ancora li riprendi. Riponi i prodotti nella tua borsa e

quando esci dal supermercato il conto è fatto e pagato all’istante. Senza fare la fila.

Amazon surclassa le vendite dei negozi tradizionali attraverso l’online e poi prepara la mossa fina-

le con il “cavallo di troia”. Creando una catena di negozi off-line in grado di accerchiare e distrug-

gere le vendite mondiali dei negozi e dei supermercati.

Il mondo sta per incendiarsi. Fai attenzione a non scottarti.

Una volta il rischio erano i centri commerciali. Ora l’egemonia di Amazon sta per creare l’oligopolio,

ma quale oligopolio, diciamo pure la prima monarchia globale della vendita.

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Trading online.

Faccio trading online dal 1997. Da un po’ di anni insomma. Ma il mio strumento sono sempre sta-

ti i mercati finanziari. Opzioni, Forex, Azioni. Non ho mai fatto trading di oggetti e merce fisica.

Lo vuoi sapere perché?

Perché al solo pensiero di dover gestire le merci ed il magazzino divento verde in faccia.

Ma cosa scopro ad un certo punto? Che il magazzino lo gestisce Amazon. Non devo fare nulla di

tutto questo. Devo solo occuparmi di trovare prodotti che vendono e fare trading come se fosse

Forex, Opzioni oppure Azioni.

Incredibile. Allora ci sto.

Ovviamente non mi compete neppure questo ruolo in quanto ho identificato persone competenti

nel settore e felici di farlo. Meglio ancora. Un team di Top Traders.

E il mio ruolo quindi quale sarà? Il mio ruolo sarà un altro. Finanziare l’iniziativa. Trovare investitori.

Mettere insieme il Team. Lanciare il progetto formativo e professionale.

Ma che figata è questa.

È proprio la frase che mi sono detto quando sono entrato in contatto con Alessandro e che mi ripe-

to ogni volta che aggiungo un nuovo elemento qualificante all’iniziativa, unica nel suo genere.

I mercati finanziari sono insidiosi. Io lo so. Ho partecipato a tutte le crisi dal 1997 ad oggi e me le

ricordo una ad una.

Sono davvero affascinanti e vedi passare quantità di denaro, profitti e perdite davanti ai tuoi occhi

in modo impressionante.

Il trading online affascina perché lo puoi fare da qualsiasi parte del mondo, è democratico e puoi

mandare a cagare il tuo capo.

Solo che da oggi puoi farlo sia attraverso gli strumenti finanziari sia attraverso i beni fisici e gli og-

getti.

Che te ne pare?

Da oggi potrai diventare un Top Trader di Borsa o un Top Trader di Amazon.

E non me ne frega un cazzo se quando lanceremo questo progetto ci copieranno in 10, 100 oppu-

re 1000, a me interessa che noi saremo stati i primi indiscussi a farlo!

"Make Italy Great Again."

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Cosa cerco in un business online.

Cosa cerco in un business online? Che sia lui a vomitare denaro per me e non io a lavorare per

lui!

No al tempo uomo, sì al business scalabile. Se per ogni euro guadagnato, devo dedicare anche

solo un minuto del mio tempo non va bene.

Il business deve essere scalabile e automatico.

Attraverso la collaborazione di un partner o come mi piace chiamarlo “Key Man”, il business deve

andare avanti in automatico.

Io voglio mettere insieme un team di persone invincibili.

Da cosa capisco che un team è invincibile?

Competenze specifiche, prodotto, test del prodotto riuscito sul mercato, piano di marketing, test del

piano di marketing riuscito sul mercato, soldi soldi soldi a volontà da investire per il lancio del pro-

getto.

Il resto viene da sé.

Il progetto deve fatturare subito e produrre utili, non realizzare perdite e solo belle prospettive del

cazzo.

Forse tutto questo ti sembrerà molto difficile.

E infatti lo è, se non lo hai mai fatto con successo prima per decine e decine di volte.

Sì perché mentre tutti sono a caccia della nuova idea rivoluzionaria ed innovativa, io vado a caccia

di processi che funzionano.

Non mi interessa se sono innovativi o meno.

Sono io che devo trovare il modo di renderli unici e performanti come una Ferrari F12 o GTC4 al-

trimenti il mio ruolo a che serve?

Io non sono uno startupper, ho 41 anni e non mi interessa andare in giro a piedi o dormire sul d i-

vano di mia madre.

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Cerca le competenze e impara

a stare in panchina.

Anni fa io mi occupavo di fare corsi di trading in aula. Quando, per la prima volta, ho pensato di

condividere il mio pubblico con un trader sconosciuto, ho sentito dentro il mio stomaco che era la

cosa giusta da fare.

Condividere visibilità e fatturato con una persona che avrebbe potuto lasciarti in qualsiasi momen-

to?

Ma sei matto Maxx?

No. Non sono matto. Si chiama Arduino Schenato e lavoriamo fianco a fianco come fratelli.

È un Top Trader e tutti lo rispettano.

Da quel momento ho continuato a farlo e non mi fermerò mai più.

Fabrizio Ferrero, Andrea Carosi, Roberto Pandolfi, Davide De Carli, Alessandro Zedda, e non è

finita, persone che sono state lanciate dalle persone che io ho scelto in prima persona come

Gianmarco Goldin, Eugenio Gerosa, Assunta D'Elia, una lista che non finirà mai.

Il mio mantra è condividere i risultati con persone di valore.

Sì, persone!

Prima di tutto io scelgo le persone, non il denaro o le idee.

Se non sento il feeling con la persona in questione non mi interessa fare nulla.

Deve essere “Amore a prima vista”, esattamente come ho scoperto che fanno anche gli arabi.

Se non si sentono in sintonia con una persona, non fanno un affare.

E allora io sono un arabo, un romantico o semplicemente come mi hanno definito una volta, un

“venditore di coriandoli”, ma sempre con il cuore in mano e la passione che pulsa nelle vene, come

la grancassa del batterista del primissimo LP dei Led Zeppelin, John Bonham che cambiò per

sempre il modo di suonare la batteria nel rock.

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Non cercare i tuoi clienti.

Basta con il porta a porta. Smettila di suonare i campanelli dei citofoni per andare alla ricerca dei

tuoi clienti.

Non ti sei ancora rotto le scatole?

E allora smettila e manda a quel paese chi ti chiede di farlo.

Siamo nel 2017.

Devi usare il marketing per creare inbound.

Cosa significa inbound?

Se non lo sai, sei proprio messo male.

Si chiama inbound tutto quello che genera interessamento da parte di un cliente verso un tuo pro-

dotto.

Si chiama outbound tutto quello che devi fare tu per entrare in contatto con lui, fra cui chiamarlo al

telefono. Cosa assai noiosa e pericolosa di questi tempi. Dato che l’ingente numero di chiamate

che ricevo ogni giorno, mi predispone a spaccare la cornetta del telefono in faccia a chi mi chiama.

Esagero? No dai, diciamo la verità.

Siamo onesti e sinceri. Quante volte ti chiamano per proporti roba di cui non te ne frega niente. Per

non parlare dell’ingente numero di truffe che si perfeziona attraverso le telefonate.

Per cui basta fare chiamate.

Inizia a riceverle tu dai tuoi clienti che ti stressano per acquistare il tuo prodotto.

Ti sembra incredibile?

Sai qual è il segreto?

Non cercare il tuo cliente: lasciagli credere di averti trovato.

Dai che lo sai. È così anche con le donne. Ti pare che loro ti scrivano per chiederti di uscire?

Ma non penso proprio. Sei tu che ti devi sbattere.

Pensa per un momento di poter stare dalla parte di una donna e di ricevere inbound come se non

ci fosse un domani.

Ti piacerebbe?

Inizia a farlo. Oggi stesso. Perché nel business non esiste il sesso, esiste il ruolo.

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Internet delle Cose

“Ciao Marinella come stai?”

“Bene e tu? Ti sei ripreso? Hai trovato la tua armonia?”

“Sì, grazie. Ho trovato il mio equilibrio ed ora la mia energia è altissima.”

“Sono contenta.”

“Marinella, voglio chiederti una cortesia.”

“Dimmi.”

“Sai quel libro di Amazon che sto scrivendo e del quale ti ho chiesto di fare l’editing?”

“Certamente.”

“Mi piacerebbe ti occupassi di scrivere qualche capitolo.”

“Con molto piacere Maxx. Di quali argomenti dovrei occuparmi?”

“Il primo che viene in mente è IoT, l’internet delle Cose. Che te ne pare?”

“Mi rendi felice Maxx, sono stata tra le prime donne in Italia a scrivere di ICT-Information and

communications technology ed oggi ho un blog in Il Fatto Quotidiano dedicato all’editoria digitale.”

Marinella Zetti è una giornalista. Si è occupata dell’editing del mio libro “Il mercato del tempo” e da

allora è come se quel libro fosse diventato nostro figlio. Una persona adorabile, di grandi valori.

Dedita al sociale e con un enorme bagaglio culturale e umano.

Quando le ho chiesto di fare l’editing del mio libro, sentivo dentro di me che stavo scegliendo una

persona di grande sensibilità, oltre che una grande professionista.

“Maxx ho scritto il capitolo. È in condivisione sul file di Google Drive del libro. Buona lettura.”

“Grazie. Chiudo whatsapp e mi precipito a leggerlo.”

IoT-Internet of Things o Internet delle Cose, in italiano.

Cosa vuol dire? Cosa sono? Qualcosa che toccate e usate ogni giorno, magari inconsapevolmen-

te.

Qualche esempio? Il navigatore installato in auto o sul vostro smartphone. Il termostato che avete

in casa e potete accendere tramite il cellulare.

E ancora, qualcosa di cui avete sicuramente letto: il frigorifero che verifica cosa manca e ordina

automaticamente al supermercato.

In Svizzera esistono semafori che diventano verdi quando “vedono” una macchina avvicinarsi e

hanno verificato che dall’altra parte non c’è niente in arrivo.

Fantascienza? No, solo IoT.

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In realtà, tutto quello che a che fare con la casa si chiamerebbe domotica, ma non complichiamoci

inutilmente la vita e vediamo quando e dove è nato IoT.

L’acronimo IoT è stato utilizzato per la prima volta nel 1999 da Kevin Ashton durante una presenta-

zione alla Procter & Gamble’s, l’azienda dove lavorava. Ashton aveva fondato un gruppo di ricerca

presso il famoso Mit-Massachussets Institute of Technology di Boston con l’obiettivo di migliorare

la gestione della catena delle forniture. Da cosa nasce cosa e alla fine ha coniato Internet of

Things.

Però posso assicurarvi che, anche senza acronimo, in California si parlava di connessione tra og-

getti già a metà degli anni 90 del secolo scorso. A Santa Cruz, una cittadina di 55.000 abitanti, dal

1987 a cavallo di Ferragosto, si teneva un Forum che coinvolgeva i più importanti guru del mondo

ICT-Information and Communications Technology. Io ho avuto la fortuna di parteciparvi proprio ne-

gli anni ‘90 e di sentire “visionari” annunciare che un giorno il telefono avrebbe parlato con la no-

stra auto e con i nostri elettrodomestici e che saremmo stati tutti interconnessi grazie alla Rete.

Una piccola curiosità: anche Roberto Casaleggio, prima di dedicarsi alla politica con il M5s, era

considerato uno dei più promettenti “visionari” italiani in ambito Web.

Ma torniamo ai giorni nostri.

Secondo importanti società di ricerca, entro il 2020 vi saranno oltre 25 miliardi di apparecchi IoT

nel mondo. Altri istituti addirittura sostengono che questo numero sarà ampiamente superato.

E in tutto ciò, cosa c’entra Amazon?

La società di Jeff Bezos è la regina dello IoT, ogni giorno con i suoi pacchetti entra in milioni di ca-

se in tutto il mondo, o quasi, e tutto ciò avviene tramite il Web.

Ed è stata proprio Amazon a stilare la classifica delle province italiane in cui le tecnologie per la

casa intelligente, la sopracitata domotica, sono più diffuse. La graduatoria vede sul podio Milano,

Roma e Trieste. Si tratta delle tre province in cui si vende il maggior numero di dispositivi per le

smart home. Tra le regioni, la Lombardia è protagonista assoluta, con 6 province nelle prime 10

posizioni. Appena fuori dal podio Bologna che si classifica quarta, seguita da Cremona e Aosta.

Tra le altre grandi città, Torino si piazza al 12esimo posto, Firenze è 21esima, fanalino di coda Na-

poli al 78esimo posto.

Ora comprendete perché questa idea di Alessandro e di Maxx di “usare” Amazon come centro di

sviluppo per Imprenditori del Web è a dir poco geniale.

Indubbiamente non c’è migliore alleato per fare profitto della regina mondiale delle vendite online.

E allora, non perdiamo tempo. Diamoci da fare.

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Investi su Amazon:

diventa un Buyer.

In un mondo dove tutti vorrebbero vendere, noi vogliamo comprare!

Matti?

Direi piuttosto visionari.

Andare controcorrente paga, ma solo se sai come fare.

Ci sono un sacco di produttori e negozianti che, pur avendo merce invenduta, non sono in grado di

vendere online.

Noi sforniamo ogni giorno decine di consulenti in grado di farlo attraverso la nostra Business Aca-

demy.

Dopo avere frequentato la nostra Business Academy, i consulenti che formiamo collaborano con

noi, selezionando prodotti da vendere attraverso i nostri e-commerce e Marketplace.

Sia i consulenti che la compagnia che li forma, mettono a disposizione il loro denaro per acquistare

la merce e rifornire i magazzini.

Ma come facciamo a disporre di tutta questa liquidità?

Semplice.

Creiamo opportunità e pertanto entriamo in contatto con quelli che io definisco Buyer.

Chi sono i Buyer?

Sono degli investitori che non sono interessati ad imparare a vendere su Amazon. Non sono dei

produttori e non sono affatto dei commercianti.

Si occupano di tutt’altro nella loro vita professionale e vogliono semplicemente investire, ottenendo

un ritorno sul loro denaro.

Io li chiamo Buyer. Sono quelli che si sono stufati di prendere bastonate investendo il loro denaro

in prodotti bancari ad alto rischio sui mercati finanziari. Si sono stancati di ricevere le briciole dei

mercati obbligazionari o dei tassi negativi dei titoli di stato.

Sono disponibili a rischiare ma vogliono conoscere bene il rischio che corrono ed esigono che sia

decisamente in linea con i rendimenti.

I Buyer mettono a disposizione il denaro per coprire gli acquisti del magazzino. In questo modo i

consulenti, che noi formiamo ogni giorno, possono acquistare la merce dai produttori e venderla

online senza alcun problema di liquidità.

In questa tavola rotonda guadagnano tutti.

Il produttore, il consulente, il Buyer e noi.

Un’idea semplice che crea opportunità per tutti e mette tutti d’accordo: siamo seduti ad un’unica

tavola rotonda senza concorrenza e con l’unico obiettivo di creare profitto in modo efficace.

Tutto questo è Imprenditori del Web.

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Diventa anche tu un Buyer con un investimento minimo che ti permette di avere una rendita chiavi

in mano, comprando la merce che è stata selezionata dai nostri consulenti ed ha superato i test di

vendita online.

Noi selezioniamo i prodotti, li testiamo sul mercato e tu acquisti il magazzino rendendo scalabile il

processo.

I prodotti vengono venduti e, mano a mano che le scorte si esauriscono ed i profitti crescono, tu

ottieni la tua percentuale in cambio di guadagno.

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I cacciatori di teste.

In un mondo pieno di prodotti, cosa ci sarà ancora di così straordinario da vendere nel web?

Ecco la classica domanda sbagliata.

Per vendere online non serve necessariamente il prodotto del secolo, che in realtà non ha nessu-

no.

Il primo passo è l’identificazione di un produttore che abbia un prodotto interessante e particolare

che si rivolge ad una specifica nicchia di mercato.

Il secondo è la ricerca di un margine di profitto interessante sulla vendita, se possibile superiore al

100%.

Qualche mese fa ho incontrato Pierpaolo Perretta, noto come Mr. Save The Wall. Le sue opere di

street art sono vendutissime. Ho visto i suoi quadri in uno dei miei ristoranti preferiti di Como. Ho

deciso di acquistare i poster di alcune delle sue opere e poi di commissionargli due quadri originali

che rappresentassero il trading online.

Ho avuto il piacere di conoscerlo e di frequentarlo in diverse occasioni e come è noto, da cosa na-

sce cosa.

“Ciao Pierpaolo come stai?”

“Bene Maxxxxx. E tu come stai?” a lui piace aumentare notevolmente il numero delle mie “X”,

quando ci incontriamo e mi saluta.

“Bene, grazie. Ho visto la foto che mi hai mandato su whatsapp, dell’anteprima del quadro che stai

facendo per me. Eccezionale. Quando pensi che sarà ultimato?”

“Direi sicuramente entro fine mese. Hai pensato alla traccia del video che volevi fare per parlare di

questo progetto?”

“Ci sto lavorando. Ti devo dire che ieri ti ho pensato Pierpaolo.”

“Come mai?”

“Stiamo avviando un progetto che ha brillantemente superato la fase di test. Abbiamo individuato

degli specialisti che vendono su Amazon ed ho pensato a te. Io ho acquistato le tue MUG e le tue

fantastiche felpe, mi chiedevo se tu le vendessi già online?”

“In realtà no, anche se ho un progetto a cui sto lavorando.”

“Ti andrebbe se io mi occupassi di venderle per te negli Stati Uniti?”

“Spiegati meglio.”

“È molto semplice. Io acquisterei un numero di MUG negli Stati Uniti attraverso un produttore e vi

apporrei la stampa di una delle tue opere a tua scelta. Poi mi occuperei di mettere in vendita le

MUG attraverso uno dei nostri consulenti Amazon e tu otterresti una percentuale sui profitti.”

“Quanto mi costerebbe questa operazione?”

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“Zero. Nel tuo caso sarebbe sufficiente che mi mandassi il file dell’opera da apporre sulla tazza o

MUG, come la chiamano gli americani. Il test di vendita è completamente a carico nostro, non do-

vresti sostenere alcuna spesa. Qualora il business dovesse funzionare, incrementeremo le quanti-

tà del magazzino grazie all’intervento dei nostri Buyer.”

“Chi sono i Buyer?”

“Sono degli investitori che acquistano i prodotti che noi segnaliamo, dopo che questi prodotti han-

no superato positivamente la fase di test affidata ai nostri consulenti di vendita Amazon.”

“Scusami, e perché dovrei dirti di no?”

“In effetti non c’è una ragione. Allora non ci resta che procedere.”

Ovviamente non sempre propongo un test gratuito del prodotto. Con Pierpaolo c’è un ottimo rap-

porto di stima e fiducia reciproco.

In alcuni casi, l’investimento per il test lo fa Imprenditori del web. In altri, se ne occupano i suoi

consulenti, dopo avere terminato la Business Academy ed essere diventati dei professionisti.

Durante le sessioni operative della Business Academy, ci occupiamo di mostrare i risultati dei test

sui prodotti in esame o di proporre prodotti da testare ai membri della Business Academy.

I consulenti che hanno partecipato all’Academy, infatti, continuano a partecipare alle sessioni ope-

rative entrando a far parte del nostro team di lavoro.

D’altro canto sappiamo cosa facciamo ed insegniamo e quindi i primi con cui vogliamo lavorare

sono le persone che formiamo.

Non è uno spot pubblicitario è un’opportunità concreta che si valuta insieme caso per caso, alla

fine dell’Academy, compatibilmente con le intenzioni di entrambi.

In questo modo la squadra dei consulenti cresce e, supportata dal denaro messo a disposizione da

Imprenditori del web e dai Buyer, testa innumerevoli prodotti ed acquisisce quote di mercato su

Amazon, espandendosi a macchia d’olio.

Il lavoro della ricerca del prodotto da vendere, compete ovviamente anche ai consulenti che colla-

borano con Imprenditori del Web.

Se un consulente individua un’opportunità può effettuare una segnalazione, in modo che sia ana-

lizzata attraverso le sessioni operative dell’Academy ed affinché si possa iniziare un progetto ope-

rativo di analisi e test del prodotto, prima di metterlo in vendita in grandi quantità.

Se il prodotto non supera i test di vendita ovviamente viene accantonato.

Sono sicuro che avremo la fila di gente fuori dai nostri uffici, non appena il sito sarà online e tutto il

programma di sviluppo verrà presentato attraverso questo libro.

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L’uomo giusto, al posto giusto.

Per mettere in piedi la Business Academy non avrei dovuto cercare solo dei trainer, ma dei veri e

propri cavalli purosangue.

C’era un nome in cima alla lista che mi veniva alla mente, facendomi pulsare la vena sulla tempia

sinistra.

48 anni. Commerciale per eccellenza. Esperienza nell’ambito della consulenza e vendita di prodotti

finanziari come promotore. Attualmente impiegato come strategist per la consulenza e l’ideazione

di progetti di e-commerce e marketing web.

Nome in codice: “Diego Strano”.

“Ciao Diego.”

“Ciao Maxx.”

“Benvenuto nel nostro secondo ufficio, il Mövenpick”. Il nostro posto per discutere di progetti a

gamba accavallata.”

Risata ipnotica alla Al Pacino di Diego.

“Di cosa mi vuoi parlare Maxx? Perché mi hai convocato questa volta?”

“Ho in mano un progetto che ti ribalta dalla sedia Diego.”

“No. Maxx. Non iniziare così, dai.” Di nuovo la risata ipnotica alla Al Pacino.

“Diego, per favore. Stai lì seduto e sorseggia il drink, senza interruzioni fino alla fine.”

“Maxx. Ho già l’ansia.” Ancora la risata ipnotica alla Al Pacino.

“Inizio con una sola parola: Amazon.”

“E già hai detto tutto. Per vendere online, oggi bisogna passare di là.”

“E siamo solo all’inizio Diego. Quanti sanno come vendere oggi su Amazon? Quanti hanno i soldi

per acquistare i prodotti da vendere su Amazon? Quanti sanno come scegliere il prodotto giusto?

Quanti hanno merce ferma in magazzino di cui non riescono a liberarsi? Quante sono le agenzie

che continuano a venderti siti di e-commerce e consulenze di marketing per vendere online, senza

preoccuparsi minimamente che il cliente ottenga uno straccio di risultato in termini di vendite?”

“Ne è pieno il mondo Maxx.”

“Noi metteremo in piedi una scuola online che formerà professionisti esperti in grado di vendere su

Amazon. Un’intera flotta di portaerei militari. Un gruppo di lavoro con le conoscenze per vendere, il

denaro per acquistare la merce, gli investitori in grado di finanziare l’iniziativa, i produttori da cui

acquistare la merce da vendere su Amazon.”

“Maxx. Se lo fai, prendo la sedia e vengo nel tuo ufficio domani mattina.” Ed eccola la risata ipnoti-

ca alla Al Pacino.

“L’ho già fatto Diego.”

“Perché mi hai chiamato? Quale sarebbe il mio ruolo in tutto questo?”

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“Io voglio che tu sia lo strategist del progetto. Hai la giusta esperienza, le giuste conoscenze, il giu-

sto feeling con il mercato. Sei l’uomo che può far decollare il business. Accanto a te tutti gli uomini

del progetto, quelli che io amo chiamare i Key Man. Alessandro Zedda che formerà i nuovi consu-

lenti attraverso la Business Academy e dirigerà il gruppo dei consulenti. Marco Bazzan, lo speciali-

sta di campagne marketing che gestisce da oltre tre anni tutti i siti web di Ideas Incubator. Daniele

Rutigliano, formatore e consulente in ambito e-commerce, ha pubblicato un libro con Hoepli, scrive

su Millionaire e ha fondato una web agency di nome Aproweb.

Io vorrei che tu prendessi in mano le redini di questo business gigantesco e, insieme a me, portas-

si in porto la nave. Cosa ne dici?”

“Anzitutto mi sento onorato del fatto che tu abbia pensato proprio a me. Sarò felice di far parte di

questo progetto. Sicuramente, in primo luogo, creerei una linea di contatto diretta sia con i clienti

diretti che con le agenzie web che vorranno collaborare offrendo i nostri servizi ai loro clienti, chiavi

in mano.”

“Questo è certamente un punto importante. Inoltre, vorrei lavorare molto su di te, attraverso il per-

sonal branding, in modo che tu possa arrivare il più possibile al nostro pubblico di riferimento attra-

verso il web. E sicuramente vorrei che tu avessi un ruolo importante nel programma formativo della

Business Academy.”

“Ok Maxx.”

“Considera che ogni prodotto ed azienda che porteremo su Amazon, rappresenterà per noi oltre

che un partner, un potenziale socio in affari. Le aziende con cui otterremo i migliori risultati, po-

trebbero decidere di averci come soci per lo sviluppo delle vendite online.

In questo modo ci troveremo con una serie di business importanti, in differenti rami di mercato.”

“Mi fai venire in mente una cosa Maxx. Che anche tutti i consulenti che si formeranno attraverso la

Business Academy potrebbero, a loro volta, sviluppare il nostro stesso tipo di business, creando

una vera e propria rete di business online e mettendola a rendita nel tempo e potrebbero decidere

di avere noi al loro fianco. Ce n’è per tutti Maxx.” E ovviamente non poteva mancare la risata ipno-

tica alla Al Pacino.

“Eccellente deduzione Diego. La riprova che sei l’uomo giusto per il progetto.”

“Senti Maxx. Io ci sono. Resta solo da definire tempi e modi. Vediamoci nei prossimi giorni e met-

tiamo giù il piano.”

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Rivoluzione industriale

e rivoluzione del Web.

“Ciao Marinella come stai?”

“Bene grazie, e tu? È andato bene il viaggio? Hai fatto scorta di energia?”

“Sì, grazie. La mia energia è altissima.”

“Sono contenta.”

“Voglio chiederti una cortesia Marinella.”

“Dimmi.”

“Ho il secondo tema per te: Rivoluzione industriale e rivoluzione del Web. Cosa è cambiato? Che

te ne pare?”

“Decisamente più impegnativo, ma accetto la sfida.”

In questi giorni si festeggiano 28 anni Internet. Cosa è cambiato con quella che viene definita la

quarta rivoluzione o, semplicemente, la rivoluzione digitale? In sintesi, si può rispondere: la nostra

vita. Però, come ha evidenziato recentemente anche l’inventore della Rete Tim Berners-Lee, oc-

corre stare molto attenti. In primo luogo, quando diamo informazioni sulla nostra vita e sui nostri

dati sensibili, ma anche quando leggiamo le notizie, perché ci sono molte bufale che girano nel

Web.

Sicuramente questo non è il caso di Maxx Mereghetti, lui non distribuisce bufale ma solo ottime

occasioni per fare business.

Ed ora torniamo al punto di partenza, ovvero, alla Rivoluzione industriale. Non voglio certo an-

noiarvi con una lezione di storia e sociologia, però un accenno alle precedenti rivoluzioni è neces-

sario per capire l’impatto di quella digitale.

Tutti concordano nel posizionare la Prima Rivoluzione tra il 1780 e il 1850 principalmente nel setto-

re tessile e produttivo, grazie all’introduzione della macchina a vapore. Immaginate cosa ha signif i-

cato l’ingresso di questa nuova tecnologia nelle fabbriche e successivamente nella vita quotidiana.

È bene precisare che verso la metà del 1800 nacque il telegrafo. Invenzione che si contendono

inglesi e americani, ma nella nostra storia serve solo a mettere un punto fermo sul cambiamento

avvenuto nel modo di inviare le comunicazioni.

La seconda rivoluzione viene situata tra il 1856 e la fine del 1900 e corrisponde alla comparsa

dell’elettricità in primis, ma anche dall’introduzione di nuovi composti chimici derivati principalmen-

te dal petrolio. Superfluo evidenziare cosa hanno comportato per l’umanità queste due novità. Riu-

scite a immaginare una società senza energia elettrica? O senza derivati del petrolio?

Vi ricordate cosa è accaduto il 14 agosto 2003, quando c’è stato il famoso “black out” nel Nord

America che ha lasciato 50 milioni di persone senza energia elettrica? Il caos su tutti i fronti.

E così arriviamo alla terza rivoluzione che, secondo gli studiosi, è molto più complessa delle prime

due in quanto coinvolge le grandi trasformazioni economiche, sociali e politiche maturate nel corso

del 1900 fino agli anni ‘90 del secolo scorso. Parliamo di guerre e di rivoluzioni politiche, di totali

cambiamenti nella produzione industriale, della diffusione massiva dell’automobile e successiva-

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mente dell’introduzione dell’automazione nelle fabbriche e dei sistemi informativi che hanno sem-

plificato la gestione contabile e aziendale.

La rivoluzione del Web

Ma quella che realmente viene considerata una rivoluzione, con un impatto simile a quello provo-

cato dell’energia elettrica, è la diffusione su scala mondiale del Web.

Ancora una volta facciamo un passo indietro. Siamo nel 1960, il Ministero della Difesa degli Stati

Uniti dà vita al Progetto Darpa- Defense Advanced Research Projects Agency che nel corso degli

anni diventerà Internet. Ma bisogna attendere sino al 1982 all’introduzione del protocollo TCP-

Transmission Control Protocol/IP-Internet Protocol per poter parlare di Internet come la conoscia-

mo oggi. Nel 1995 nasce Il World Wide Web Consortium, anche conosciuto come W3C, un'orga-

nizzazione non governativa internazionale che ha come scopo quello di sviluppare tutte le poten-

zialità del World Wide Web.

Qualche numero chiarirà, più di tante parole, le varie evoluzioni: nel 1969 si connettono i primi

computer situati in quattro università americane; nel 1971 sono collegati 23 computer; nel 1986 a

Pisa viene creato il primo software per la gestione di una mailing list; nel 1987 i computer connessi

sono 10.000; nel 2015 gli utenti Web erano 600 milioni in tutto il mondo; nel 2016 sono diventati

3,42 miliardi, vale a dire il 46% della popolazione mondiale.

Qualche informazione relativa al 2016 ci fa comprendere ancora meglio l’importanza di questa r i-

voluzione e del progetto “Gli imprenditori del Web su Amazon” elaborato da Maxx.

Più della metà della popolazione mondiale usa uno smartphone; quasi due terzi possiede un tele-

fono cellulare; più della metà del traffico Internet è generato da telefoni; e, infine, più di una perso-

na su cinque della popolazione mondiale ha effettuato almeno un acquisto online negli ultimi 30

giorni.

Si stima che in Cina vi siano 640 milioni di utenti di Internet, considerando che la popolazione degli

Stati Uniti è di poco superiore a 325 milioni, si comprende bene la potenzialità del mercato cinese.

Per quanto riguarda il nostro Paese, lo shopping online vale 20 miliardi di euro con un incremento

del 18% rispetto al 2015. Nel 2016 gli italiani che hanno comprato in Rete, almeno una volta al

mese, sono saliti del 25%, raggiungendo i 16 milioni di acquirenti online.

A questo punto vi pongo una domanda: riuscite a immaginare la vostra vita senza Internet?

Io ho provato e vi assicuro che ormai vivere senza connessione per me sarebbe molto difficile,

quasi impossibile.

I cambiamenti introdotti da Internet sono immensi, esattamente come le opportunità offerte da

questa Rete che avvolge tutto il mondo. Non c’è niente che si possa paragonare al Web.

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Due strategie per vendere

su Amazon.

Ci sono due modi che Alessandro Zedda usa per vendere su Amazon. Il primo è molto speculati-

vo. Ricerca dei prodotti che abbiano dei buoni trend di vendita su Amazon, attraverso specifici tool,

compra gli stessi prodotti e li vende negli stessi negozi attraverso la formula del Buy Box.

Cosa significa vendere in Buy Box su Amazon?

Semplice. Immagina di essere a passeggio nella famosissima via Condotti a Roma, una delle più

celebri per lo shopping.

Immagina di vedere un bellissimo paio di scarpe in vetrina. Immagina che ci sia una fila di persone

lunga oltre cento metri davanti al negozio che attende di entrare per comprarle.

Immagina che tu conosca il fornitore da cui il negozio acquista le scarpe. Immagina che tu possa

comperare le stesse scarpe, dallo stesso fornitore, allo stesso prezzo e che tu possa venderle nel-

lo stesso negozio, senza pagare un solo centesimo di affitto, ai suoi stessi clienti.

Illegale? Non con Amazon.

Si chiama Buy Box. E ti permette di fare tutto questo. Scegli il prodotto che vende e che risulta ben

posizionato fra le ricerche di Amazon. Acquisti lo stesso identico prodotto e lo rivendi attraverso lo

stesso negozio online di un altro utente, senza doverti preoccupare di fare altro. Zero sbattimenti.

Il secondo modo è decisamente più complesso ma può dare enormi soddisfazioni. Si tratta di iden-

tificare un prodotto in una nicchia specifica di mercato. Attraverso una strategia consolidata.

Il prodotto viene messo in vendita su Amazon creando una nuova pagina, senza associarsi alla

pagina di un altro venditore, come nel caso del Buy Box. Fatto questo primo passo, ci si addentra

nei meandri del posizionamento della pagina fra i risultati di Amazon.

Per essere visibili su Amazon e realizzare un importante numero di vendite è necessario stare nel-

le prime posizioni. Ci sono due modi. Ottenere una posizione in modo naturale o pagare. Sono an-

ni che lo faccio con Google per posizionare i siti web ai primi posti delle ricerche e vendere i miei

prodotti. Oggi posso fare la stessa cosa con Amazon, rivolgendomi direttamente ai suoi clienti che

sono abituati ad acquistare su questa piattaforma, e che si fidano di Amazon. E questo rende

l’operazione decisamente più efficace e vantaggiosa.

Il programma di marketing si chiama Amazon Ads e consente di pagare per ogni click ricevuto sul

proprio annuncio pubblicitario che figura in vetta alle posizioni di ricerca di Amazon.

In questo caso potrai lanciare dei prodotti che hai solo tu. Su cui hai margini superiori al 100%-

200% e se qualcuno vorrà rivendere il tuo prodotto in Buy Box, potresti anche guadagnarci. Co-

me? Semplice, stipulando un accordo con il produttore. Ecco perché vogliamo diventare i referenti

o soci delle aziende più brillanti con cui collaboriamo. In questo modo, il loro successo sarà il no-

stro successo attraverso tutte le vendite online della compagnia e non solamente di quelle dirette.

Si può vendere di tutto su Amazon. Ma ricorda, il requisito principale affinché un cliente voglia ac-

quistare il tuo prodotto è la necessità. Devi ingenerare in lui la necessità per uno qualsiasi dei suoi

bisogni. E siccome sono sicuro di trovare un articolo nel web che parla di questo importantissimo

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tema, ho preferito cercarlo e riportarlo facendo affidamento su chi avrebbe potuto farlo meglio di

me… Buona lettura.

Conosci i 5 gradini dei bisogni e applicali alle tecniche di vendita.

Che cos’è un bisogno? E quali sono i bisogni dell’essere umano?

Sapere cos’è un bisogno è fondamentale per applicare in modo corretto le tecniche di vendita. La Piramide di Maslow ti aiuta a capire questo.

Il bisogno è una sensazione sgradevole che deriva dalla mancanza di qualcosa di necessario alla vita.

I bisogni del cliente nascono dalla sua esigenza di alleviare delle “tensioni” di ordine fisico (come la fame, la sete, il sonno, ecc.) e di ordine psichico (come il bisogno di sicurezza, di affermazione, di appartenenza ad un gruppo, ecc.).

Uno studio molto semplice e molto efficace è quello di Abraham Maslow, psicologo americano contemporaneo.

Una curiosità su Maslow: non si è mai interessato di tecniche di vendita!

Ha studiato per anni le motivazioni dell’essere umano e ha elaborato la teoria cono-sciuta come “la piramide dei bisogni”.

Questa teoria è piaciuta talmente agli uomini di marketing che oggi Maslow è cono-sciuto nel mondo del marketing e delle tecniche di vendite almeno quanto in quello della psicologia!

Maslow ha elaborato una classificazione dei bisogni dell’essere umano distinguen-doli in 5 categorie.

1. Bisogni elementari

Sono alla base della piramide di Maslow e sono quelli di ordine fisico che l’essere umano deve necessariamente soddisfare, altrimenti rischierebbe la sua stessa so-pravvivenza (bisogno di mangiare, di dormire, di bere, ecc.).

2. Bisogni di sicurezza

Occupano il secondo gradino della Piramide di Maslow, evidenziano la necessità di sentirsi protetti dai possibili pericoli della vita. Gran parte dei consumi attuali tende a soddisfare questo tipo di bisogno: le polizze assicurative, l’airbag e l’ABS, l’antifurto in casa e chi più ne ha più ne metta!

3. Bisogni sociali

A metà Piramide di Maslow, identificano la necessità dell’essere umano di avere re-lazioni, contatti con altri esseri umani. Ciò spinge l’uomo ad effettuare acquisti che lo fanno sentire appartenente ad un gruppo sociale definito, come ad esempio usare i social network, iscriversi a qualche club o associazione di volontariato, vestirsi alla moda, ecc.

4. Bisogni di stima

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Collocato al quarto livello della Piramide di Maslow, identifica la volontà dell’uomo di essere riconosciuto e stimato all’interno del gruppo di appartenenza. Nessun uomo ama essere disprezzato.

Per questo motivo si acquistano prodotti che, pur essendo superflui, garantiscono una certa considerazione da parte degli altri: macchina sportiva, gioielli vistosi, abiti griffati, ecc..

5. Bisogni di autorealizzazione

In cima alla Piramide di Maslow abbiamo il bisogno di autorealizzazione.

Sicuramente è il bisogno più difficile da soddisfare, quello che spinge l’uomo a com-prare oggetti o servizi che magari ha desiderato per anni, come quadri d’autore, fre-quenza a corsi universitari o master, ecc.

Secondo Maslow esiste una gerarchia dei bisogni dell’uomo: un individuo non è in grado di avvertire i bisogni più complessi se prima non ha soddisfatto quelli più ele-mentari.

È necessario soddisfare i bisogni che stanno alla base prima di avere e sentire l’esigenza di soddisfare quelli sovrastanti.

In pratica, una persona che ha un bisogno insoddisfatto di nutrirsi, non avverte quel-lo della sicurezza.

Maslow affermava che i bisogni dell’uomo non cambiano mai essendo legati alla stessa natura umana. Ciò che cambia è il modo in cui vengono soddisfatti.

Per esempio, un uomo dell’età della pietra soddisfa il suo bisogno di autoaffermazio-ne attraverso l’ostentazione agli altri di simboli del suo status, come collane di denti d’orso o di conchiglie… L’uomo metropolitano ha sostituito le conchiglie con un Ro-lex o una macchina sportiva!

Non cambia l’essenza del bisogno: stima e riconoscimento nel gruppo.

In conclusione, qualunque prodotto tu voglia proporre al tuo cliente, esso deve sod-disfare (…o meglio, il cliente deve essere convinto che soddisfi!) uno dei bisogni de-scritti nella teoria della Piramide dei bisogni.

Non si vende una merce, ma si vende l’idea che essa soddisfi un determinato biso-gno dell’essere umano.

Se possiedi fino in fondo questo concetto, hai in mano la chiave di lettura di tutte le tecniche di vendita!”

Ringrazio gli autori Fabiola Sacramati e Paolo Sciamanna per l’articolo preso dal web dal sito

www.comunicareconvincere.com

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Fatti furbo, non stronzo.

Per molti imprenditori o presunti tali è una convinzione assodata che, per fare business, fottere il

prossimo sia più semplice che aiutarlo.

Ti posso assicurare che fare una rapina in banca è molto più difficile che risolvere il problema di

qualcuno facendosi poi pagare.

In entrambi i casi devi essere bravo, forse nel primo caso un genio ma allora dovremmo dire che

anche Hitler è stato un genio?

Facciamo così, non parliamo di geni e di persone normali, parliamo di buono e di cattivo o di etica

se preferisci.

Tutti sanno che è più facile vendere due prodotti allo stesso cliente che due prodotti a due clienti

diversi, perché quando un cliente ripone in te la sua fiducia è disposto ad acquistare senza porsi

problemi.

Perché allora rovinare questo rapporto di fiducia deludendo il cliente o addirittura raggirandolo?

Spesso questo nasce dai motivi che abbiamo analizzato nel precedente capitolo, ovvero le neces-

sità dei clienti.

Il business della necessità è la via più facile per guadagnare attraverso le necessità delle perso-

ne. Soddisfare le necessità delle persone è nobile, promettere mari e monti è scorretto.

Fra le tecniche di vendita più efficaci io sostengo quella di: “Vendere attivi Vs vendere passivi”.

È ovvio che venderti qualcosa che costa è più difficile che venderti qualcosa che ti fa guadagnare.

Se ti propongo la Business Academy che ti permette di guadagnare soldi, il tuo diverrà immedia-

tamente un investimento.

Se ti vendo una campagna pubblicitaria che attirerà dei clienti per la tua impresa in modo misurabi-

le, sarà meno interessante ma costituirà pur sempre un investimento.

Se ti vendo il logo della tua impresa, non posso misurare e quantificare il risultato in termine di

vendite.

Se ti vendo una polizza assicurativa ti cedo un dovere ed una protezione ma non un profitto. Se ti

chiedo di pagare le tasse, ti ho venduto una sicura perdita.

Qualsiasi formula di vendita si può distinguere in uno di questi due insiemi: “Vendere attivi Vs ven-

dere passivi”.

È per questo motivo che esistono i guru. Persone che rappresentano il modello a cui tendi, ciò che

vorresti essere per poter risolvere i tuoi problemi. I guru esistono solo negli occhi di chi ne ha

bisogno. E chi non ha dei bisogni o necessità nella vita? Torniamo sempre allo stesso punto pre-

cedente. Le persone in grado di esercitare Leadership ci convincono di essere capaci di colmare le

nostre necessità o di non avere i nostri limiti che noi tanto detestiamo.

Per questo motivo siamo disposti a seguirli. Votarli. Eleggerli a modello. Loro sono come noi vor-

remmo essere. O almeno, così ci fanno credere.

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Tu pensi davvero che loro non abbiano dei problemi? Sì, ma sapranno sicuramente affrontarli. Sì,

certo. Ma alcuni di loro vogliono solamente farti credere che sono dei Leader e sono dei Guru per

ottenere i tuoi consensi ed il tuo denaro. Non sono affatto le persone che dicono o fanno sembrare

di essere. Come distinguerli? Non è facile distinguere un Leader da un truffatore o un guru da un

millantatore.

Mano a mano che sarai in grado di ascoltare il cuore di chi ti parla, ti accorgerai che non sarà diffi-

cile riconoscerli.

In ogni caso sii sempre padrone delle tue scelte importanti e non affidarle mai ad altri, vedrai che

non correrai più alcun rischio.

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Crea la tua filiera.

Amo gli Autogrill. Per due motivi. Il primo è che mi fanno sentire in viaggio. Il secondo è che na-

scono per venderti un caffè e finiscono per proporti, e convincerti ad acquistare, di tutto: colazioni

assortite, caramelle, sigarette, vino, CD, libri, se non addirittura un pranzo o una cena nel ristoran-

te al loro interno o l’ultimo regalo di Natale o i baci perugina per San Valentino. È grazie agli Auto-

grill che ho acquisito la mia più importante regola di marketing: “Paga una sola volta il tuo cliente

con il marketing e fatti pagare per sempre.”

Potrebbe sembrare banale ma non lo è affatto.

Acquisire un cliente attraverso il marketing è assai costoso. Tanto è vero che nella stragrande

maggioranza dei business, il primo acquisto di quel cliente non è in grado di ripagare le spese so-

stenute per scovarlo.

L’unico modo per farlo, è vendere nuovamente un prodotto allo stesso cliente.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario prevedere da subito una “filiera” di prodotti, come mi

piace definirla.

I prodotti debbono essere differenti per poter soddisfare le necessità del cliente, ma devono anche

avere prezzi diversificati per soddisfare anche le sue esigenze economiche.

Non si compra mai per bisogno quanto piuttosto per soddisfare una necessità, come abbiamo visto

nel corso del libro.

È chiaro che uno dei motivi di acquisto è costituito dal prezzo accessibile e, talvolta, dallo sconto

che rende attraente la possibilità di avvalersi di un vantaggio favorevole per il cliente e sfavorevole

per il negoziante.

Il concetto di “filiera” non riguarda solamente la tipologia di prodotto. È ovvio che se vendo scarpe

ne avrò di varie tipologie, modelli e prezzi. Inoltre, avrò anche le cinture da abbinare, ed altri ac-

cessori che possono aumentare il valore dello scontrino del cliente. Ma non finisce qui. In cassa

potrei tenere un pieghevole che illustra un ristorante che potrebbe essere in target per la tipologia

di cliente che ho appena servito e indovina un po’… Quel ristorante è sempre mio.

Questo significa per me avere una “filiera” lunga. Una volta era consuetudine fare questo off-line,

differenziando la tipologia di business. Oggi i negozi si fanno online e si procede allo stesso modo.

Se ho registrato il mio cliente su un sito di e-commerce che vende scarpe, non avrò difficoltà a

mandargli una comunicazione del mio nuovo e-commerce di sciarpe.

Questo significa onorare il primo principio del marketing:” Paga una sola volta il tuo cliente con

il marketing e fatti pagare per sempre.”

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Vendere tutto.

Che bello il rumore della pioggia, quando fuori piove. Copre il silenzio ed allo stesso tempo as-

sorda ogni cosa.

Sono seduto su una sedia di pelle grigia, di design moderno, davanti al tavolo del mio open space,

ricavato da un’unica tavola di legno che sembra ancora vivo.

La luce è fioca ma mi rifiuto di accendere quella artificiale.

Amo la penombra per scrivere. Accompagna i miei sentimenti e le mie idee verso il foglio di carta

bianco.

Diego Strano mi ha passato un libro da leggere: ”Vendere tutto. Jeff Bezos e l’era di Amazon.” di

Brand Stone. La storia del fondatore di Amazon, scritta da un giornalista che segue Amazon e la

tecnologia della Silicon Valley da quindici anni, per testate come Newsweek e il New York Times.

Attualmente è senior writer di Bloomberg Businessweek e vive a San Francisco.

Non avrei mai potuto terminare di scrivere il mio libro, senza prendere in dovuta considerazione

quello suggerito da Diego e proporvene qualche assaggio.

«Jeff Bezos è il fondatore di Amazon. Nel 1993 diresse il gruppo che si occupava di trading in opzioni e lavorava a Chicago per DESCO. Successivamente seguì l’ingresso dell’azienda nel terzo mercato. Il soggetto dominante in quel settore era un certo Bernard Madoff (ideatore di un gigantesco schema Ponzi che sarebbe collas-sato nel 2008).

Erano gli ambienti di Wall Street. Dove giravano stipendi di giada.

Nel 1994, Jeff Bezos aveva per le mani un grafico che mostrava lo sviluppo del World Wide Web, che a quel tempo aveva un anno di vita, e che mostrava una cre-scita di 2300 volte rispetto all’anno precedente.

Bezos giunse alla conclusione che un vero negozio online per vendere tutto sarebbe stata una via poco praticabile. La categoria che gli parve più promettente furono i l i-bri. Bezos pensava alla possibilità di avere un catalogo illimitato a cui nessun nego-zio fisico avrebbe potuto mai ambire. Nemmeno la gigantesca Barnes & Noble o Borders.

“Sapevo che a ottant’anni non mi sarei mai chiesto perché me ne fossi andato da Wall Street a metà del 1994, nel peggior momento possibile dell’anno, rinunciando al bonus. Quel tipo di cosa non ti turba, quando hai ottant’anni. Allo stesso tempo, sa-pevo che probabilmente mi sarei pentito di non aver partecipato a quella cosa chia-mata Internet, che prometteva di rivoluzionare il mondo. Quando iniziai a rifletterci in quei termini… fu semplicissimo prendere la decisione” *(Jeff Bezos, discorso al Commonwealth Club of California, 27 Luglio 1998).

E fu così che Bezos lasciò Wall Street per dedicarsi alla nascita della sua Amazon.

Bezos digitava proiezioni del fatturato su un foglio Excel, numeri che in seguito si sa-rebbero dimostrati molto lontani dalla realtà.

Bezos si mise a cercare finanziatori per il suo progetto. Dicendo esplicitamente che nel 70 percento dei casi avrebbe potuto fallire.

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Come spesso accade per le aziende della Silicon Valley anche Amazon conobbe le sue radici romantiche in un garage nel 1994.

Nella primavera del 1995 la versione beta fu inviata a qualche decina di amici in an-teprima.»

(Le citazioni sono tratte dal libro “Vendere tutto. Jeff Bezos e l’era di Amazon” di Brand Stone)

Io abbandonai il mio lavoro da dipendente per iniziare la mia carriera da trader indipendente nel 2005. E indovinate un po’ in cosa operavo sui mercati finanziari? Esattamente in Opzioni. Esatta-mente come il buon Jeff Bezos. Nel 1997 feci la mia prima operazione in Borsa. Quando Amazon aveva già 3 anni di vita. Poco prima del 2000, quando anche io partecipai in prima persona alla bolla speculativa delle Dot.Com. Acquistando a man bassa titoli come Yahoo sul Nasdaq. Tiscali e Fastweb sul mercato italiano e la famosissima Amazon. Ora, che a distanza di anni, ho avuto l’idea di lanciare Imprenditori del Web iniziando proprio da Amazon, non mi sembra vero. Mi sembra di avere avuto un déjà vu incredibile.

«Il 16 Luglio del 1995 il sito Amazon andò online e divenne visibile a tutti gli utenti del web. Man mano che si diffondeva il passaparola, il piccolo team di Amazon si ac-corse di aver aperto una strana finestra sul comportamento umano. Bezos disse: ”Noi non guadagniamo vendendo cose, guadagniamo quando aiutiamo i clienti a prendere decisioni d’acquisto”.

La prima settimana dopo il lancio ufficiale ricevettero ordini per 12.000 dollari e spe-dirono 846 dollari di libri, come racconta Eric Dillon, uno dei primi investitori. La set-timana successiva ricevettero ordini per 14.000 dollari e ne spedirono per 7000. In-somma, fin dall’inizio dovettero lottare contro il tempo.

Bezos indiceva riunioni per sollecitare finanziamenti a favore di Amazon.

Durante le riunioni Bezos presentò un’immagine quantomeno ambigua del futuro di Amazon. All’epoca l’azienda aveva un capitale di circa 139.000 dollari, 69.000 dei quali in liquidità. Aveva perso 52.000 dollari nel 1994 e ne avrebbe persi altri 300.000 quell’anno.

A fronte di quegli esordi poco promettenti, Bezos avrebbe detto agli investitori che prevedeva 74 milioni di dollari di fatturato entro il 2000 se le cose fossero andate moderatamente bene, e 114 milioni se fossero andate molto meglio del previsto. (Fatturato netto effettivo del 2000: 1,64 miliardi di dollari.) Bezos prevedeva inoltre che l’azienda sarebbe stata lievemente in attivo (perdite nette del 2000: 1,4 miliar-di).»

(Le citazioni sono tratte dal libro “Vendere tutto. Jeff Bezos e l’era di Amazon” di Brand Stone)

Amazon è solamente una delle migliaia di startup della Silicon Valley che ha sempre investito tutto

nella crescita, senza avere mezzi finanziari propri sufficienti per sostenerla e dovendo quindi ricor-

rere al finanziamento grazie ad un pubblico di investitori.

Ricorda sempre che il tuo primo cliente è colui che ti finanzia, il secondo è colui che ti per-

mette di fatturare.

Questo accade tutti i giorni per startup che poi terminano il loro business o la loro “benzina in ter-

mini finanziari” e collassano, bruciando i milioni di dollari dei loro sostenitori che hanno deciso di

credere in un’idea e nel suo leader.

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Amazon è fra quelle startup che oggi possiamo dire che ce l'hanno fatta e per farcela hanno dovu-

to semplicemente cambiare il mondo.

Amazon rappresenta oggi l’anello di congiunzione tra l’off-line e l’on-line.

Fra i business tradizionali e il mondo del web.

Fra i produttori delle merci e i loro diretti acquirenti.

Fra il mondo reale e quello virtuale.

Amazon oggi rappresenta il passaggio obbligato per le vendite online di merci.

La logistica, il numero dei clienti, l’efficienza che era stata messa in dubbio dagli esperti, quando

Amazon nasceva, ha permesso alla stessa Amazon di sbaragliare la concorrenza dei negozi tradi-

zionali, come Barnes & Noble nel mondo dei libri e Walmart nel mondo degli Store.

Io credo nella rivoluzione di Amazon. Per questo motivo ho deciso di parteciparvi lanciando il pro-

getto Imprenditori del web.

Tu cosa vuoi fare? Pensi sia meglio rimanerne fuori?

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Adesso basta!

“Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta. E siamo noi che dovremmo impara-

re a tenercela stretta.”

È così che canta Fiorella Mannoia nella canzone che rappresenta al meglio questa fase della mia

vita.

Amo la mia vita da quando ho iniziato ad amare me stesso. Così come sono ora e non per come

vorrei essere. Diverso. Migliore. Perfetto.

Ho abbracciato quel bambino che mi ha permesso di essere qui oggi.

Ho lasciato la mia testa stretta troppo spesso fra le mie mani per disperazione.

Mi sono finalmente guardato allo specchio con un sorriso che scaccia via tutte le tensioni, le incer-

tezze, le frustrazioni.

Io mi amo. Io mi accetto. Io sono quell’io bambino cresciuto.

Io mi amo. Io mi accetto. Io sono il bambino che si proietta in mio figlio quello che non ho mai avu-

to perché forse sono già io quel bambino.

La magia non finisce mai perché la vita lascia sempre il segno del suo passaggio. Siamo noi

che troppo spesso ci limitiamo a seguire le sue orme, come indiani nel deserto, invece di lasciare

le nostre orme e farci inseguire dalla vita.

Il prezzo da pagare per vivere non è mai troppo alto.

Quindi basta con le scuse. Basta con i “ci penserò domani”. Basta pensare con le mani in mano.

Basta diffidare degli altri per permettere di non fare un cazzo a noi stessi. La speranza è l’ultima

morire. Si. Ma io non ho tempo di sperare. Ho troppo voglia di vivere nel frattempo.

Questo è un inno alla vita. Per me. Per te. Per il mondo intero. Viviamo. Adesso.

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Sinossi

Nessuno si improvvisa nel business, per questo noi abbiamo creato la Business Academy. Per

formare le persone che, insieme a noi, daranno vita a Imprenditori del Web.

Una grande rete di imprenditori che lavorano nel web, identificando i prodotti con potenziale di pro-

fitto e utilizzando per venderli la più importante piattaforma di commerce online mondiale: Amazon.

E se non hai i soldi, niente paura, ci pensiamo noi.

Non ti interessa la vendita? E allora diventa un Buyer!

Imprenditori del Web è costruito in modo da offrire a tutti la migliore opportunità.

Sei curioso?

Leggi l’ebook, siamo sicuri che, appena avrai finito, entrerai anche tu nella nostra squadra.

Oltre all’ideatore Maxx Merghetti, ne fanno parte Alessandro Zedda, Daniele Rutigliano, Marco

Bazzan e Diego Strano.

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Biografia

Sono nato nel 1975 e rinato nel 1997, dopo aver compiuto la mia prima operazione di trading in

Borsa. Da quel momento, sono nato e rinato più volte, ben più di sette, come si sostiene possa

accadere ai gatti. E ad ogni rinascita, avevo una nuova consapevolezza. Dopo il diploma ho fatto

più di venti lavori diversi, prima di capire che nessuno di questi mi piaceva. Amo i mercati finanziari

e, proprio attraverso di essi, vivo la sfida continua con me stesso. Una sfida che non potrò mai sa-

pere di avere vinto, sino alla fine. Ma d’altro canto è così anche nella vita.

Fuori dai mercati finanziari, vivo la mia identità di uomo, di fratello, di amico.

Sono il CEO di Ideas Incubator dal 2013. Il mio ruolo è quello di identificare idee che siano in gra-

do di produrre fatturato ed utili in breve tempo, generando rendite passive interessanti e soggette

ad un rischio basso.

Felice di trovare ogni giorno qualcosa di nuovo, di diverso e stimolante che alimenti i miei sogni.

Quei sogni che voglio portare con me per sempre e che mi piace condividere con voi.


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