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INTERVISTA A UN SANTO. FRANCESCO SAVERIO MARIA … · contravo sul mio cammino, indicando-mi...

Date post: 17-Feb-2019
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SPIRITUALITÀ BARNABITICA Eco dei Barnabiti 1/2015 17 Intervistatore: Carissimo Santo… posso chiamarla così? Francesco Saverio Maria Bianchi: Carissimo, in Dio siamo tutti santi! Se amiamo Cristo e cerchiamo di vivere con tutto noi stessi nella sua volontà, siamo santi! Lo siamo per chiamata, perché lui stesso vuole che diventiamo santi e, come diceva il fondatore dei barnabiti, s. Antonio Maria Zaccaria, «non santi piccoli… ma grandi!» I: Comunque tu sei santo, la Chie- sa ti ha dato il titolo di santo. Ti ha iscritto nel libro dei santi! FSMB: Sì, è vero. La Chiesa mi ha riconosciuto questo titolo, ma lo ha fatto perché i fedeli possano intravve- dere la possibilità di arrivare anch’es- si alla santità, ossia alla pienezza della vita, della felicità, della pace, dell’amore! Se ci sono riuscito io, che sono ben poca cosa, perché non dovrebbero riuscirci loro? I: Ma in questa vita terrena tu sei stato un religioso e dunque hai scelto di percorrere una strada “più facile”! O almeno così sembra agli occhi dei più! FSMB: Lo pensi realmente? Pensi davvero che la via della vita religiosa sia la più facile? Innanzitutto la vita re- ligiosa è una chiamata, una vocazio- ne: non io ho scelto di seguire Cristo più da vicino, ma lui ha scelto me. Mi ha chiesto di lasciare tutto, anche chi e ciò che amavo di più per seguirlo sen- za riserve, senza se, senza ma e senza forse. Credi che sia una cosa facile? Per rispondere sì ho dovuto combat- tere anche contro gli affetti più cari, soprattutto con mia madre, che non voleva. Superato questo ostacolo ed entrato tra i barnabiti ho dovuto com- battere contro l’amore per gli studi. Pensa, mi avevano proposto anche la carriera dell’insegnamento all’universi- tà, ma il Signore mi ha fatto capire che quell’amore mi distraeva e mi disto- glieva dall’amore per lui e, attraverso di lui, per i miei fratelli vicini e lontani, per i miei confratelli e per quanti in- contravo sul mio cammino, indicando- mi soprattutto coloro che erano attana- gliati dalla solitudine, dalla sofferenza, dalla stanchezza di vivere. Ma è stato solo l’inizio; e tuttavia solo a questo punto ho potuto camminare più spedi- tamente nel fare la volontà di Dio. Il Signore, però non si è accontentato e ha voluto che mi perfezionassi, che purificassi ancor di più il mio amore per lui e per i miei fratelli e, come è INTERVISTA A UN SANTO. FRANCESCO SAVERIO MARIA BIANCHI Nel centenario della morte di Francesco Saverio Maria Bianchi vogliamo incontrarlo e interrogarlo su quella “fama di santità” che molti gli hanno riconosciuto in vita e dopo la sua morte. In una ideale intervista ripercorreremo il suo cammino di santità attraverso l’esercizio di quelle virtù che sono i punti di forza della vita cristiana e che i fedeli prima e la Chiesa poi gli hanno riconosciuto in grado eroico. S. Francesco Saverio Maria Bianchi panorama di Arpino, città natale di s. Francesco Saverio Maria Bianchi
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SPIRITUALITÀ BARNABITICA

Eco dei Barnabiti 1/2015 17

Intervistatore: Carissimo Santo…posso chiamarla così?

Francesco Saverio Maria Bianchi:Carissimo, in Dio siamo tutti santi!Se amiamo Cristo e cerchiamo divivere con tutto noi stessi nella suavolontà, siamo santi! Lo siamo perchiamata, perché lui stesso vuole chediventiamo santi e, come diceva ilfondatore dei barnabiti, s. AntonioMaria Zaccaria, «non santi piccoli…ma grandi!»

I: Comunque tu sei santo, la Chie-sa ti ha dato il titolo di santo. Ti haiscritto nel libro dei santi!

FSMB: Sì, è vero. La Chiesa mi hariconosciuto questo titolo, ma lo hafatto perché i fedeli possano intravve-dere la possibilità di arrivare anch’es-si alla santità, ossia alla pienezza

della vita, della felicità, della pace,dell’amore! Se ci sono riuscito io,che sono ben poca cosa, perché nondovrebbero riuscirci loro?

I: Ma in questa vita terrena tu seistato un religioso e dunque hai sceltodi percorrere una strada “più facile”! Oalmeno così sembra agli occhi dei più!

FSMB: Lo pensi realmente? Pensidavvero che la via della vita religiosasia la più facile? Innanzitutto la vita re-ligiosa è una chiamata, una vocazio-ne: non io ho scelto di seguire Cristopiù da vicino, ma lui ha scelto me. Miha chiesto di lasciare tutto, anche chi eciò che amavo di più per seguirlo sen-za riserve, senza se, senza ma e senzaforse. Credi che sia una cosa facile?Per rispondere sì ho dovuto combat-tere anche contro gli affetti più cari,soprattutto con mia madre, che non

voleva. Superato questo ostacolo edentrato tra i barnabiti ho dovuto com-battere contro l’amore per gli studi.Pensa, mi avevano proposto anche lacarriera dell’insegnamento all’universi-tà, ma il Signore mi ha fatto capire chequell’amore mi distraeva e mi disto-glieva dall’amore per lui e, attraversodi lui, per i miei fratelli vicini e lontani,per i miei confratelli e per quanti in-contravo sul mio cammino, indicando-mi soprattutto coloro che erano attana-gliati dalla solitudine, dalla sofferenza,dalla stanchezza di vivere. Ma è statosolo l’inizio; e tuttavia solo a questopunto ho potuto camminare più spedi-tamente nel fare la volontà di Dio. IlSignore, però non si è accontentato eha voluto che mi perfezionassi, chepurificassi ancor di più il mio amoreper lui e per i miei fratelli e, come è

INTERVISTA A UN SANTO.FRANCESCO SAVERIO MARIA BIANCHINel centenario della morte di Francesco Saverio Maria Bianchi vogliamo incontrarlo einterrogarlo su quella “fama di santità” che molti gli hanno riconosciuto in vita e dopo la suamorte. In una ideale intervista ripercorreremo il suo cammino di santità attraverso l’esercizio diquelle virtù che sono i punti di forza della vita cristiana e che i fedeli prima e la Chiesa poi glihanno riconosciuto in grado eroico.

S. Francesco Saverio Maria Bianchi

panorama di Arpino, città natale di s. Francesco Saverio Maria Bianchi

successo a Giobbe, sono stato toccatonella carne: dolori alle gambe, chenon ti dico! Fuoco e spine! Fuoco espine! Un supplizio, un vero supplizio,che il Signore mi ha insegnato a sop-portare per amore del prossimo e per

amore suo! Per la conversione e la sal-vezza dei peccatori! Solo quando ce-lebravo il santo sacrificio, avevo unpoco di respiro, potevo alzarmi e cele-brare con devozione la santa messa.Poi, tutto riprendeva: dolori, immobili-tà… a volte anche l’esperienza dell’ab-bandono da parte di Cristo!

I: Non c’è che dire! Un bell’eserci-zio di virtù!

FSMB: Sì, un bell’esercizio di virtù!Pensa! Mi ha fatto fare un cammi-

no nella vita dello spirito che mi haportato a sperimentare una profondae intima comunione con lui: mi hatrafitto il cuore con un suo dardod’amore! Mi ha fatto sperimentarequella che i teologi chiamano la“transverberazione” e poi… mi ha

voluto accanto a sé, facendomi pro-vare l’esperienza della croce! Ma al-la fine mi ha sciolto da ogni angustiae ora sono nella sua pace!Ma veniamo a noi. Toglimi una cu-

riosità. So che c’è stato un processo

nel quale hanno passato al “setac-cio” la mia vita, dalla nascita fino al-la morte; e anche dopo la mia morte.

I: Sì, è stato istruito quello chechiamano un “Processo di beatifica-zione e canonizzazione”: un vero eproprio tribunale composto da unpresidente, dai giudici, da un promo-tore della fede (l’avvocato del diavo-lo) e da un avvocato difensore, dai te-stimoni e dai notai; e devo dire cheha lavorato a lungo e bene. Ho vistogli atti. Hanno esaminato le virtù date esercitate, per vedere se lo hai fattoin grado eroico. Poi hanno esaminatoi miracoli compiuti da Dio per tua in-tercessione e li hanno riconosciuti co-me tali. Solo dopo tutto questo laChiesa ti ha iscritto nell’albo dei santi.

FSMB: Ma pensa un po’! E cosahanno chiesto ai testimoni? Che cosahanno detto di me? Sono proprio cu-rioso di saperlo!.... Non per me, maper la maggior gloria e lode di Dio!

I: L’unico modo per saperlo è leg-gere i processi. Ma sono tante le pa-gine scritte, raccolte in diversi volu-mi, e non è facile farne una sintesi.Sappi che le testimonianze provengo-no da sacerdoti e da laici, uomini edonne, anziani e giovani, da chi ti haconosciuto direttamente, da chi hasentito parlare di te da chi ti ha in-contrato, ma anche da chi ha solosentito parlare di te. Sono state posteloro tante domande. Pensa: 234! Masono state necessarie per ripercorrerela tua vita, la fama di santità che ti hacircondato durante la vita e dopo lamorte e le grazie ottenute da Dio pertua intercessione.

FSBM: Capisco. E allora come fac-ciamo?

I: Ho un’idea. Faremo come fa ilcuoco che passa davanti alle portateprima che siano trasferite su una ta-vola ben apparecchiata, per vederese tutto è pronto e a posto prima cheentrino gli invitati: assaggeremo quae là! Sei pronto?

FSMB: Sono un poco perplesso perquesti assaggi! Non vorrei che… Spe-riamo bene! So che è per la lode e lagloria di Dio e se può essere utile amigliorare la vita del lettore non possotirarmi indietro! Coraggio, partiamo!

I: Prima di dare la parola ai testi-moni, devo aggiungere che il percor-so è lungo e pertanto credo sia op-portuno fare delle tappe. Come pri-ma tappa ti posso dire che tuttihanno colto in te un uomo di orazio-ne e di contemplazione. Non poten-do richiamare tutte le testimonianze,te ne offro tre.

Michele Cuggia (sacerdote): Perme era un uomo di orazione, e nellemie angustie mi affidavo moltissimoalle sue orazioni; ho preso parte unavolta alla messa da lui celebrata nel-la cappella del suo convento e restaisommamente edificato dalla sommadevozione e fervore con cui celebra-va: cosa veramente ammirabile, giac-ché, soffrendo egli di indicibili doloriper gl’incommodi alle gambe, lequali erano straordinariamente gon-fie, nell’atto del sacrificio pareva chenon le sentisse, per cui ho pensatoche in quell’atto fosse assistito daDio. Io so per esperienza che il servo

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SCHEDA BIOGRAFICA DIFRANCESCO SAVERIO FILIPPO GIUSTINIANO BIANCHI

Francesco Saverio Filippo Giustiniano Bianchi nacque ad Arpino il 2 dicem-bre 1743 da Carlo Antonio e da Faustina Morelli e il 3 dicembre fu battez-zato. Ricevette il sacramento della confermazione nell’ottobre del 1748.Sin da piccolo si dimostrò di indole docile e umile, obbediente ai genitori,composto e serio nel rapporto con i coetanei. Orientatosi per i gesuiti, igenitori vollero distoglierlo dal proposito e orientarlo per il sacerdoziosecolare, inviandolo nel 1758 al seminario di Nola. Nel 1761 rientrò adArpino e, dopo il tentativo dei genitori di proporgli la via del matrimonio,passò a Napoli per lo studio del diritto canonico e civile. Rientrato nelsettembre 1762 ad Arpino, nell’ottobre del 1762 accettò di entrare tra ibarnabiti, facendo la prima domanda nel collegio dei SS. Carlo e Filippo Neridi Arpino. Dopo aver fatto la seconda domanda, fu accettato il 6 novembre1762. Inviato a Zagarolo per il noviziato, vestì l’abito religioso il 28 dicem-bre e, mutato il proprio nome di battesimo in quello di Francesco SaverioMaria, fece la professione solenne dei voti religiosi il 28 dicembre 1763.Destinato a Macerata per lo studio della filosofia, vi rimase fino al 16 otto-bre 1765, per trasferirsi a Roma per lo studio della teologia. Per problemidi salute fu trasferito a Napoli in S. Carlo alle Mortelle e fu ordinato sacer-dote il 25 gennaio 1767. Destinato ad Arpino come insegnante di lettere,nel 1769 ritornò a Napoli come professore di filosofia. Nel 1773 fu elettopreposto di S. Maria in Cosmedin o di Portanuova. Gli si prospettò dap-prima la nomina a professore straordinario di teologia all’università diNapoli, l’aggregazione alle due Accademie reale ed ecclesiastica, oltrealla possibile nomina per due diocesi, ma il Bianchi scelse sempre di piùla via della preghiera, della penitenza e del nascondimento. Tra il 1801 e il1815 esercitò il mirabile apostolato della direzione spirituale e del confes-sionale, accompagnato da quello della carità, sopportando anche la sop-pressione della congregazione nel 1805. Morì a Napoli il 31 gennaio 1815.

di Dio si prestava per quello che ri-guardava il bene delle anime instan-cabilmente.

Domenico Ceraso (barnabita): Soche era amantissimo dell’orazione atal punto che da noi stava sempre nelcoro e mi dicevano le monache diSan Marcellino, contigue al nostrocollegio di Portanuova, che lo aveva-no veduto pregare per molte ore nel-la loro chiesa, dove egli quasi ognigiorno si portava a fare la visita alSantissimo Sacramento in occasionedi novene che si facevano in dettachiesa, e lo faceva con il massimofervore, tanto da sembrare una sta-tua; così pure in S. Gregorio Armeno.Ho osservato la sua grande devozio-ne nel celebrare la santa messa. Ioconoscevo nel Servo di Dio uno zeloardente per la Gloria di Dio e l’amo-re per la salute delle anime, che ri-splendeva in lui più che chiaramentee nella predicazione della Parola diDio e negli avvertimenti privati datiai peccatori.

Pasquale Altamura: Conobbi perla prima volta il padre Bianchi nellacasa della venerabile serva di Diosuor Maria Francesca delle Piaghe diGesù Cristo e per mezzo di suor Ma-ria Felice, compagna della serva diDio, seppi del gran rispetto del qua-le godeva il detto padre presso lavenerabile, tanto che vi era una se-dia riservata solamente per lui, chesi teneva nella cappella, coperta conuna tovaglia, e che si prendeva primache il padre arrivasse in casa e la simetteva nella stanza nella quale vierano gli altri, senza mai far saperequesto al detto padre. La stessa suorMaria Felice mi ha detto che grandeera la comunicazione di spirito chepassava tra il padre Bianchi e la servadi Dio, tanto che questa avvisavasuor Maria Felice di preparare la se-dia, avvertendola del suo prossimoarrivo: «Il padre Bianchi adesso èuscito di Portanuova» e poco dopomi diceva: «Affacciati alla finestra,perché adesso comincia a compariredal vicolo» e così avveniva. In segui-to, essendo cresciuto negli anni, ungiorno lo incontrai per strada, corsi abaciargli la mano ed egli mi disse:«Vieni a trovarmi nella mia stanza diPortanuova e nel bussare alla portaindica il tuo nome, perché così io tiaprirò, non essendo mia abitudine ri-cevere gente in stanza». Così feci enel bussare alla porta dal rumore che

facevano i mattoni malfermi sul pavi-mento, seppi che era in stanza; aprìla porta e mi fece entrare e in seguitocontinuai a visitarlo più volte du-rante la settimana. I discorsi che era-no soliti farsi tra noi era-no sempre spirituali. Miconsta che era amantedell’orazione e che pas-sava in essa molta partedella giornata, sempre inginocchio, con gli occhichiusi e con una mode-stia che raccoglieva; conpalpiti frequenti del cuo-re, che in certi momentierano percepibili e visi-bili a tutti: moti e palpitiche bastava nominare ilnome di Gesù per ac-cendersi in lui, a tal pun-to che, volendo qualchevolta farne la prova, no-minavo il nome di Gesùe lo vedevo tutto com-mosso; ed egli mi dice-va: «Sta zitto!», tanto erail tumulto che sentiva nelcuore.Ancora, ho osservato

che, trovandosi in qual-che chiesa dove eraesposto il santissimo Sa-cramento, si vedeva inlui un sensibile moto,che dimostrava l’accen-sione del suo cuore: ac-censione di cuore verso

Dio, che si rilevava dallo stringereche faceva la mano al suo cuore, perfermarne i palpiti, per lui facili a su-scitarsi o parlandosi di Dio, o guar-dando Gesù nel Sacramento.

FSMB: È vero, è vero! Ma avevouna grandissima devozione ancheper la Madre di Gesù e per altri santi.

I: Sì, sì. Risulta anche questo! Sta asentire.

Pasquale Altamura: Era straordina-ria la devozione verso Maria Santissi-ma, a tal punto che sempre diceva:«Non vi è santo che non sia stato de-voto di Maria Santissima»; per questol’inculcava sempre in quelli che lofrequentavano. Portava devozionegrande ai santi e io lo sapevo – peraverlo accompagnato più volte –,perché nei giorni dedicati alla lorofesta egli andava a visitare le chiesededicate in loro onore, dicendo chein quel giorno dal Signore venivanodispensate grazie per intercessione diquel santo; e nell’andare in dettechiese era solito raccontare qualcheparticolare azione di quel santo.Mi ricordo che spesso il padre Bian-

chi aveva una grande devozione alla

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immagine di s. Maria Francesca dellePiaghe di Gesù

Napoli: facciata della chiesa di S. Maria inCosmedin o di Portanuova. Chiusa al culto dopoil terremoto del 1980, l’edificio non ha retto aicolpi dell’incuria e dell’abbandono

passione del Redentore eaveva la Via Crucis affissaalle pareti della sua stan-za e insinuava a tutti difar le visite ad essa, cosache era solito fare eglistesso. Inoltre passava lasettimana santa in un per-fetto silenzio, per atten-dere alla meditazionedella Passione di GesùCristo, cosa che si prati-cava anche da lui, percui non riceveva alcunonella sua stanza. Avevagrande rispetto per lacroce e si inchinava ognivolta che ne incontravauna per strada e in casa;così come aveva grandedevozione per il Cristomorto, tanto da averneuna immagine in stanza.Aveva una particolare

devozione per i Doloridella Vergine e l’insegna-va a tutti e anche a me,dandomi l’ufficio dell’Ad-dolorata e chiedendomidi recitarlo spesso.Qualche mese prima

della morte volle che gliinsegnassi questa giacu-latoria: «Signore, io sononelle vostre mani come

un corpo morto. Fate di me quelloche vi pare e piace: la vita e la mortestanno nelle vostre mani, sono con-tento di fare la vostra volontà». Lavolle scrivere e ciò dimostra la suaumiltà e conformità alla volontà diDio. L’umiltà, perché essendo eglisanto e dotto, voleva da me misera-bile tali devoti sentimenti; l’uniformi-tà al Divin Volere, perché si conten-tava di vivere e morire a norma dellavolontà del Signore.

I: Vi è anche chi si ricorda di comeimpiegavi la tua giornata.

FSMB: Probabilmente si tratta diGiuseppe Bonocore. Sono stato ospi-te per tre anni in una sua casa a Por-tici durante la soppressione dellacongregazione…

I: È proprio lui. Ascolta.Giuseppe Bonocore: Durante la

soppressione, mentre il padre Bian-chi abitava a Portici nel mio casino,dimostrò grande amore per l’orazio-ne e la meditazione. La maggior par-te della notte la passava sveglio equesto lo so perché dormendo nellastanza accanto, per quanto il servodi Dio si fosse impegnato a non daresegni delle sue veglie, pure mi ac-corgevo che egli era fuori dal letto:fattosi giorno gli si portava il neces-sario per lavarsi e poi usciva per direla messa nello stesso mio apparta-mento. Terminata la messa, restavanel mio oratorio privato a fare il suoringraziamento per lo spazio diun’ora circa e a volte anche più alungo. Terminato il ringraziamentogli si dava un poco di caffè, senzache lui lo avesse richiesto (era unsuo modo di fare quello di mai do-mandare qualcosa, anzi: per quantogli venisse offerta, sempre l’accetta-va per condiscendenza e mai pervolontà). Preso il caffè, si chiudevain stanza e riprendeva la lettura, o larecita dell’ufficio; e se qualcuno ve-niva per incontrarlo, al termine ri-prendeva le sue letture spirituali; av-visato dell’ora di pranzo, mangiavacon la mia famiglia, condendo i cibicon discorsi spirituali, e poi si ritira-va nella sua stanza. Passata unamezz’ora, si svegliava e riprendevale sue devozioni e ciò lo so perchévedevo il lume che usciva da sottola sua porta, per aver riaperto le fi-nestre, che egli chiudeva prima dimettersi a riposare. Svegliatosi, ri-prendeva l’esercizio, o la lettura dilibri di devozione, o si metteva a

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l’esercito francese in ritirata nel mezzo dell’inverno russo

Napoli: chiesa di San Carlo alle Mortelle. Erettaa partire dal 1616 su progetti del barnabitaGiovanni Ambrogio Mazenta, San Carlo alleMortelle è una delle chiese monumentali diNapoli e rappresenta uno dei principali puntidi riferimento dell’arte barocca in città

scrivere, o dava udienza a quantidesideravano un suo consiglio neiloro dubbi e angustie. Arrivato iltempo delle nostre devozioni seroti-ne, si univa a noi e, quelle disimpe-gnate, prendeva un ristoro e poi an-dava a dormire. La sua vita era sem-pre applicata, non sapendo cosamai volesse dire ozio; e la sua ap-plicazione continua riguardava ol’orazione, o le devozioni, o l’uffi-cio divino, o il prestarsi per il benedelle anime, sia a voce, sia permezzo di lettere. Tanta era la suadevozione e fervore, che io rimane-vo commosso.

FSMB: Anch’io sono commosso…dalla memoria di questi testi.

I: E che mi dici dei doni mistici ri-cevuti?

FSMB: Che vuoi che ti dica. Hafatto tutto Lui. Di mio c’è stata solo ladisponibilità a lasciarlo agire attraver-so di me… a mia confusione, perchésono nulla e Lui è tutto!

I: Stai a sentire.Pasquale Altamura: Devo racconta-

re ciò che disse il padre Bianchi da-vanti a me e a D. Giuseppe CapeceMinutolo: cioè che aveva fatto al Si-gnore delle fervorose preghiere perottenere i lumi necessari per il benedelle anime e, quasi fuori di se stessodisse: «Iddio mi aprì la mente e midiede tale cognizione di se stesso edelle cose create, che restai estati-co»; e domandatogli quanto fossedurata questa visione di Dio, mi ri-spose: «Non molto».

Giuseppe Bonocore: Io debbo de-porre che il servo di Dio era statodal Signore decorato del dono dellaprofezia. Mi ricordo che, essendogiunta a Napoli l’infausta notiziadell’occupazione di Mosca da partedell’Armata Francese, io dissi alservo di Dio: «Avete saputo la presadi Mosca?» Il Padre Bianchi rispo-se: «Meglio che i Francesi cantasse-ro un salmo di lutto invece del TeDeum che fanno cantare, giacchéS. Michele ha distrutto l’ArmataFrancese». Ciò mi parve un’affer-mazione avventata, per cui dissi:«Padre lo dite voi da voi questo, o èper notizia ricevuta?». Egli mi ri-spose: «Un’anima nell’orazione haveduto quanto ti ho detto, per cuiprestaci ogni credenza, notate ilgiorno, affinché sapendosi quelloche io vi ho annunciato, possiatevenire in cognizione di quanto vi

ho detto». Poco tempo dopo arrivòla notizia della disfatta miracolosadell’Armata di Napoleone ed io miconfermai nell’idea che il servo diDio era stato dal Signore decorato deldono della profezia, essendo impossi-bile ai mezzi umani conoscere un fat-to successo in un Paese così remoto.Credetti che quell’animadi cui parlò il servo diDio era la sua, giacchétrovandosi obbligato amanifestare qualche gra-zia accordatagli dal Si-gnore, usava queste pa-role: «Un’anima…».Un giorno, mentre

uscimmo dalla chiesa diSanta Lucia del Monte, il padre Bianchi ed io, ilservo di Dio mi disse:«Dalle Spagne comin -ceranno le rovine dellaFrancia». Era quello iltempo in cui GiuseppeBonaparte da Napoli siportava nelle Spagne,perché eletto re di queiregni da suo fratello: ele-zione ignota al pubblico.All’affermazione del ser-vo di Dio risposi: «Padreio non posso intenderecome le Spagne, divenu-te le più deboli potenze,possano essere il flagellodella Francia, quando al-tre monarchie rispettabilihanno ceduto alla forzadi Napoleone». Il servodi Dio rispose: «Iddio sivuol servire di questomezzo debole, per di-mostrare la sua Potenza,quando ché se le altremonarchie potenti aves-sero distrutto Napoleo-ne, si sarebbe attribuitala vittoria alla forza uma-na». Poiché le Spagnepresentavano un quadrodi desolazione, impos-sibilitate a rimettersi –l’Armata Francese avevaoccupato Madrid, i forti erano nellemani dei nemici, i quali si erano im-possessati anche dell’Armata Navale,la famiglia reale in Francia –, veden-do verificarsi le parole del Servo diDio mi sono confermato nell’ideache dal Signore gli era giunta una ta-le notizia.

I: Che cosa te ne pare?FSMB: Ripeto. Sono commosso.

Ma sono anche grato a Dio per ciòche ha fatto in me e attraverso di me.Tuttavia non sono stato solo un uomodi preghiera….

I: Lo so. Ma credo che per orapossa bastare. Ci aspettano altre

tappe nel nostro cammino per co-noscerti meglio; e sugli altri aspettiritorneremo più avanti, al prossimoincontro.

FSMB: Va bene. A presto. Intantopregherò per voi.

Mauro Regazzoni

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facciata della chiesa di Santa Maria diCaravaggio

dettaglio dell’urna contenente il corpo di s. Francesco Saverio Maria Bianchi, conservato nella chiesa napoletana di SantaMaria di Caravaggio

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Servizio a tempo pieno

Il Bianchi usciva poco dalla sua camera; negli ultimi anni non usciva più, perché completamente immobile; eppure esercitavauna profonda influenza nell’ambiente napoletano. La sua camera divenne meta di un incessante pellegrinaggio, al punto che glirimaneva pochissimo tempo per sé. Disse una volta: «Carità vuole che io serva nel giorno al bisogno altrui, a me penso la notte».

Consiglio ai confessori

Nonostante il suo rigore, era estremamente umano verso i fedeli; fece questa raccomandazione ai confessori: «Badiamonoi confessori: quando Iddio batte un’anima, non abbiamo da consigliarle altre mortificazioni, che riuscirebbero importune eforse nocive. Quando poi Iddio smetterà di batterla, potremo sí consigliarle di battersi da sé stessa, ma non siamo mai due inun tempo a battere». Allo stesso tempo era però molto esigente con quanti si sottoponevano alla sua direzione. Diceva:«Anime tapine, non ne voglio vedere».

Il dono della profezia

L’esperienza mistica e apostolica non distolse il Bianchi dalla partecipazione alla vita sociale e politica del suo tempo. Non si trat-ta naturalmente di un intervento diretto: non è compito del religioso o del sacerdote immergersi nelle questioni temporali; ma nep-pure egli può rimanere neutrale, come spesso facciamo noi. Il Bianchi esprimeva un giudizio sulle vicende politiche del suo tempo.

Quando le case napoletane dei Barnabiti furono separate da Roma, nel 1789, egli non volle contribuire all’elezione disuperiori indipendenti; continuò sempre a sentirsi dipendente dai legittimi superiori della Congregazione.

Incontrò anche il duca Carlo Emanuele IV di Savoia e sua moglie Maria Clotilde, che erano stati spodestati al termine dellaprima campagna di Napoleone, nel 1798. Vennero a Napoli e si incontrarono col nostro Santo, il quale cercò di confortarli.

Si oppose alla Rivoluzione napoletana del 1799 e non permise ai suoi discepoli di arruolarsi nella Guardia nazionale,costituita per l’occasione. Anticipò anche le violenze che si sarebbero scatenate il 15 giugno di quell’anno, al terminedell’esperienza della Repubblica partenopea, quando l’Armata della Santa Fede entrò in Napoli. Previde pure la brevità dellarestaurazione borbonica (che infatti durò soltanto fino al 1806).

Rifiutò il giuramento di fedeltà, richiesto da Giuseppe Bonaparte e non lo permise ai suoi discepoli. Fece in modo chediversi suoi discepoli non facessero il servizio militare, quando fu disposta la leva militare obbligatoria: i giovani, che eranostati già arruolati, all’ultimo momento venivano inspiegabilmente rimandati a casa. Fu anche minacciato di arresto; ma, nellecondizioni in cui si trovava, fu impossibile procedere.

Alcune delle profezie politiche a cui abbiamo fatto cenno. Quando Giuseppe Bonaparte nel 1808 lasciò Napoli per andare inSpagna, sentite che cosa disse il Bianchi a un suo amico: «Hai veduto la partenza di Giuseppe Bonaparte? Egli va nella Spagnae di là comincerà la mano del Signore a umiliare i francesi . . . Iddio vuol mostrare l’opera sua. Vedrai che dalla Spagna avrà prin-cipio la depressione francese; se altri potentati l’avessero fatto, si sarebbe attribuito il trionfo alla forza umana». Si sta riferendoproprio alla grande insorgenza spagnola, in un momento nel quale nessuno avrebbe potuto sospettare il tramonto dell’astronapoleonico. Disse ancora: «La rovina dei francesi comincerà dalla Spagna, mentre Dio per abbatterli si servirà degli spagnoli».

Nel 1812, durante la campagna di Russia, fu fatto cantare nel Duomo di Napoli, come in tutte le città, un Te Deum di ringra-ziamento, per celebrare la vittoria. Come reagí il Bianchi? Disse: «Avrebbero fatto meglio a cantare il Miserere . . . San Michelecon la sua spada ha già distrutto quasi tutta l’armata francese entrata in Mosca. Un’anima – ovviamente è lui l’anima – haveduto questo nella sua orazione. Notate questo giorno; e a suo tempo saprete che cosa ha fatto la mano del Signore».

All’inizio del 1815 (il 31 gennaio di quell’anno sarebbe morto) disse: «Questo è l’anno felice, l’anno della misericordia delSignore, l’anno che, dissipato il governo francese, risalirà sul trono il re Ferdinando!». E cosí avvenne.

Spigolature


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