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IO CAINO - ristretti.it · pullman più vicina. Insomma, tanto vicina non è perché arrivo fino...

Date post: 18-Feb-2019
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Quando il piatto piange IO e CAINO “Gjini, prepara la roba!”. “Credevo fosse un miracolo, invece era tutto vero: finalmente potevo uscire”. Aldo torna a casa. Rifornimenti: è sempre emergenza. Ma la società civile ci lancia un appiglio. La proposta di Daniele Mariani. E il primo invito in redazione. Natale in carcere. ”Il nostro albero? Un mobile arredato messo lì nel lunghissimo corridoio e che nessuno vuol guardare quando ci passa di fronte”. A corso di training autogeno con la dottoressa Barletta, la psicologa del Marino: ecco le lezioni che insegnano a migliorare la qualità della vita a pag. 3 a pag. 4 a pag. 8 a pag. 10 Registro stampa del Tribunale di Ascoli Piceno - Registrazione N. 495 - Del 04/08/2011 Anno I . Numero 2 - Dicembre 2011 - Trimestrale Periodico d’informazione del Carcere di Ascoli Piceno © Foto Sara Inchiesta sui prezzi del sopravvitto: lo Stato paga 3,80 euro al giorno per colazione, pranzo e cena, ma spesso i pasti offerti dall’amministrazione non bastano a sfamare i detenuti. Allora si “deve” accedere allo spaccio interno dove un litro d’olio costa sei euro. La nostra proposta e la risposta dell’Istituto (a pag. 5). Giornate ecologiche: si moltiplicano i Comuni che invitano i detenuti a ripulire strade e parchi gratuitamente (a pag. 9). L’artista Annunzia Fumagalli trasforma Il Meleto in un dipinto (alle pagg. 11 e 12).
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Page 1: IO CAINO - ristretti.it · pullman più vicina. Insomma, tanto vicina non è perché arrivo fino all’ospedale a piedi per prendere il pullman. Corro. Corro solo. Con lo scatolone

Quando il piatto piange

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“Gjini, prepara la roba!”.“Credevo fosse un miracolo,invece era tutto vero:finalmente potevo uscire”.Aldo torna a casa.

Rifornimenti:è sempre emergenza.Ma la società civileci lancia un appiglio.La proposta di Daniele Mariani.E il primo invito in redazione.

Natale in carcere.”Il nostro albero? Un mobilearredato messo lì nel lunghissimocorridoio e che nessuno vuolguardare quando ci passa difronte”.

A corso di training autogenocon la dottoressa Barletta,la psicologa del Marino:ecco le lezioni che insegnanoa migliorare la qualità della vita

a pag. 3 a pag. 4 a pag. 8 a pag. 10

Registro stampa del Tribunale di Ascoli Piceno - Registrazione N. 495 - Del 04/08/2011 Anno I . Numero 2 - Dicembre 2011 - Trimestrale

Periodico d’informazione del Carcere di Ascoli Piceno

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Inchiesta sui prezzi del sopravvitto: lo Stato paga 3,80 euro al giorno per colazione, pranzo e cena, ma spesso i pasti offerti dall’amministrazione nonbastano a sfamare i detenuti. Allora si “deve” accedere allo spaccio interno dove un litro d’olio costa sei euro. La nostra proposta e la risposta dell’Istituto(a pag. 5). Giornate ecologiche: si moltiplicano i Comuni che invitano i detenuti a ripulire strade e parchi gratuitamente (a pag. 9). L’artista AnnunziaFumagalli trasforma Il Meleto in un dipinto (alle pagg. 11 e 12).

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leMarino allo specchio

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Questa riflessione parte da una databen precisa: il 13 gennaio 2010. Intale data il governo ha decretato lostato di emergenza delle carceriitaliane. Si è trattato di unprovvedimento straordinario e uniconella storia della Repubblica, cheprendeva atto di un dato di realtà, diuna situazione difficilissima vissutain tutti gli istituti penitenziari italiani.Lo stato di emergenza era dato dalsovraffollamento (67.510 detenuti afronte di una capienza di 43.000, conl’Italia già condannata dalla CorteEuropea per trattamento degradanteper il mancato rispetto degli standardminimi di vivibilità) e dalla carenzadi risorse umane, economiche estrutturali.Il decreto del 13 gennaio scadeva adicembre 2010 ed è stato prorogatodi un anno, fino al 31 dicembre 2011:siamo quindi prossimi alla nuovascadenza.In un contesto tanto eccezionale cisaremmo aspettati provvedimenticonsequenziali, ma in realtà nulla ècambiato, tanto che recentemente ilPresidente della Repubblica, GiorgioNapolitano, ha parlato di “realtà checi umilia in Europa”.Osservo da un punto di vistaprivilegiato questa realtà. Dal 13gennaio dello scorso anno ho vistoridursi ulteriormente le risorseumane ed economiche disponibili.Non ritengo però che il realismodebba cedere il posto al pessimismo.La carenza di organico di poliziapenitenziaria e personale educativo ècompensata da una professionalitànon comune, da un grande senso diresponsabilità e dallaconsapevolezza di svolgere un lavoroimpegnativo e di volerlo fare nelmigliore dei modi.Vedo detenuti che con grande dignitàpagano gli errori commessi, senzalamentarsi troppo neanche per iridotti spazi poco vivibili ma

cogliendo le opportunitàtrattamentali offerte, impegnandosiin progetti riparativi per la società,proiettati verso scelte di vita diverseper il futuro.Vedo volontari infaticabili, non incerca di visibilità o tornaconto, dallepoche parole e molti fatti.Il nuovo Ministro della Giustizia,Paola Severino, ha affermato: “Inmateria di giustizia penale laquestione carcere è per me unaquestione assolutamente prioritaria”.Anche questa affermazione mi fa bensperare, non solo perché evidenziache l’emergenza carceri è il portatodi un sistema della giustizia che nonfunziona, nei suoi aspetti processualie sostanziali, ma anche perché, comeè stato detto, la civiltà di un Paese simisura dallo stato delle sue carceri.

*Direttore del carceredi Ascoli Piceno

Lucia Di Feliciantonio*

Il carceretra emergenzae riformadel sistema penale

Periodico di informazionedel Carcere di Ascoli Piceno

Registro stampa del Tribunale di Ascoli PicenoRegistrazione N. 495 - Del 04/08/2011 AANNNNOO II -- NN.. 22 -- 22001111

chiuso in tipografia il 5 dicembre 2011

Redazione CCaassaa CCiirrccoonnddaarriiaallee MMaarriinnoo ddeell TTrroonnttoo,,via dei Meli, 218 - 63100 Ascoli [email protected]

Stampa:FFaassttEditVia Gramsci 11 - Acquaviva Picena (AP)[email protected]

RedazioneAlessandro CavalieriAlessioAltin DemiriAntonioBruno MonzoniDaniele Kleves HajdiniElisFrancoGianluca MigliaccioLorenzoSergio RaccichiniStefan BajanRaduTeresa Valiani

Hanno collaboratodall’esterno:Aldo GjiniClaudio SiepiMarcoMario

Direttore responsabile:Teresa Valiani

EditoreLucia Di Feliciantonio

Progetto grafico:Luisa Stipa

Impaginazione:Teresa Valiani

UUnn rriinnggrraazziiaammeennttoo ppaarrttiiccoollaarree aa::

Nel primo numero del giornale ildirettore dell’istituto, Lucia DiFeliciantonio, ha spiegato perché ènato un periodico d’informazioneal Marino. In questa seconda uscitavi diciamo perché l’abbiamochiamato così.Abbiamo discusso molto prima discegliere il nome che sarebbe stato ilnostro biglietto da visita all’esterno,quello che ci avrebbe rappresentati.Abbiamo pensato a diversi titoli mamolti ci sembravano scontati. Tantialtri esistevano già. Poi una mattina,tra le proposte di Kleves (il titolistadel gruppo), Altin ha detto una fraseche ha subito attirato l’attenzione ditutti: “Io in confronto a Caino… io inconfronto a quello che sono stato e almale che ho fatto… per dire che oggi

sono una persona diversa ma proprioper questo non dimentico il doloreche ho provocato”.“Bello! – aveva risposto Teresa – Mipiace! Ma “Io in confronto a Caino” ètroppo lungo. La testata deve avere almassimo tre parole. Due è anchemeglio. Cercate di sintetizzare…”.“Io e Caino” aveva ribattuto seraficoGianluca. Come fosse la cosa piùsemplice del mondo.“Io e Caino” avevamo ripetuto tuttiun paio di volte per sentire comesuonava. E poi lo avevamoimmaginato scritto sul giornale. Loabbiamo messo subito in cima allaclassifica degli altri titoli e abbiamocontinuato a pensare e a cercare. Ma“Io e Caino” restava sempre la testatamigliore. Sì, poteva funzionare. Era il

messaggio che volevamo lanciare.Io e Caino rappresenta il confrontoperenne tra ciò che siamo oggi e ciòche siamo stati. Il rapporto con i nostrierrori e il dolore che abbiamoprovocato: quella parte della nostravita adesso appartiene a un periodo chevogliamo concludere ma questo nonsignifica cancellare dalle nostrecoscienze il male che abbiamo fattoalle persone che hanno subito leconseguenze dei nostri errori, piccoli ograndi che siano stati. Siano essevittime di reati o i nostri stessi familiariche stanno pagando con noi il pesoenorme della reclusione.

La redazione

CCaarrllaa CChhiiaappppiinnii,,direttore di“Sosta Forzata”,giornale del carceredi Piacenza

OOrrnneellllaa FFaavveerroo,,direttore di“Ristretti Orizzonti”,giornale del carceredi Padova

AAnnnnuunnzziiaa FFuummaaggaallllii,,pittrice de“L’Arca dei Folli”

AAlleessssaannddrroo MMaallppiieeddii,,Ufficio StampaProvinciadi Ascoli Piceno

IIttaalloo TTaannoonnii,,OmbudsmanMarche

PPiinnaa VVeennttuurraa,,Ufficio StampaComunedi Grottammare

Perché IOeCAINO

Il Direttore del carcere, Lucia Di Feliciantonio

La nostra redazione nel carcere di Marino

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Vite al bivio - “Ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare”

21 Settembre 2011. E’ un pomeriggiouguale a tanti altri che da sei mesi passonel carcere di Ascoli. Dopo unamattinata al lavoro e un pranzo leggeromi sdraio sulla branda a risposare unpo’. Passa qualche minuto e sentol’agente che mi chiama. Sono stanco enon rispondo, faccio finta di dormire perguadagnare qualche istante in più. Masubito dopo lo sento di nuovo. “Gjini! –dice adesso - Prepara la roba!”.Sul momento non riesco a crederci: è lafrase che aspetto da sei mesi. Chiedo adAltin: “Ma che ha detto? Mi staprendendo in giro? Possono scherzarecosì su queste cose??”.“Macché! – risponde lui dandomi unapacca sulla spalla – Sbrigati, fai il saccoche esci!”.Per un attimo lunghissimo non riescoquasi a respirare, poi mi sentoimprovvisamente leggero, moltoleggero. Non mi pesa più niente. Misento come una foglia d’autunno che ilvento tira via. La sensazione è fortissimae difficile da spiegare. Solo chi havissuto il carcere può capire cosa hoprovato in quel momento e cosasignifica sentirti dire che puoi uscire.Preparo tutte le mie cose in fretta.Cinque minuti prima non volevonemmeno alzarmi dal letto dallastanchezza e adesso sto volando. Salutoi ragazzi della cella e gli altri detenuti edesco dalla sezione. Sono felicissimo manello stesso tempo dispiaciutoguardando i volti delle persone cherestano dentro e che hanno vissuto conme per tutti questi mesi. Eravamodiventati come una grande famigliadietro a quelle sbarre.Mi portano in Matricola e mi tornano inmente le immagini del primo giorno inquell’ufficio: il giorno del mio arresto.Sono passati sei mesi. E’ tantissimotempo. Eppure adesso tutte quelle oresembrano volate via. E sono di nuovoqui, solo che adesso sto per uscire!Oltrepasso pure l’ultimo cancello efinalmente mi sentoLIBEROOOOOOO!!!“Ora devo ritrovare la mia vita” è ilprimo pensiero. Sento che la vita mi siapre davanti, come fossi nato un’altravolta. Ho mille sogni da realizzare: unacasa, un lavoro, una famiglia, voglioriprendere gli studi… Ma la vita fuori è diversa, non come

quella che mi aspettavo. Afferro le bustee lo scatolone con i vestiti e comincio lacorsa per arrivare alla stazione deipullman più vicina. Insomma, tantovicina non è perché arrivo finoall’ospedale a piedi per prendere ilpullman. Corro. Corro solo. Con loscatolone che alla fine si rompe pure,rovesciando tutti i vestiti in mezzo allastrada. E le scarpe che mi fannomalissimo. Ma non sento niente. Il cieloè diventato scuro e si è alzato il vento.Mentre cammino il grosso ramo di unalbero completamente secco mi cadeproprio sui piedi. Non può andarepeggio! Ma non fa niente. Penso a tuttoquello che mi sto lasciando dietro: alcarcere che ormai era diventato partedella mia vita, anche se l’ho vissuto perpoco tempo.Prendo al volo l’autobus che mi porteràa casa e penso con curiosità a cosa puòessere successo fuori durante questoperiodo di assenza.Arrivo a casa e capisco subito che ècambiato tutto. Nemmeno il mio canemi riconosce più nonostantel’attaccamento che c’è sempre stato.

Trovo solo la mia ragazza che mi staaspettando con le lacrime agli occhi.Sono solito pensare che tutto serve nellavita. Pure le esperienze negative. Masono stanco di esperienze negative.Desidero cose positive, belle, cheabbiano un senso. Senza ansia, senzapaura. Ho voglia di pace, di tranquillitàe di tanta, tanta normalità. Ormai èinutile girare la testa indietro. E’ ora diandare avanti. Ho preso una lezione perquel poco che sono stato in carcere. Lavia della legalità è l’unica via che d’orain poi voglio seguire. La libertà èbellissima e la difenderò con tutte le mieforze. Ho 21 anni, qualunque vita dalibero mi attenda, vale la pena di esserevissuta.

Aldo continua a collaborare colgiornale anche da casa, dov’è rinchiusoagli arresti domiciliari in attesa delprocesso d’appello, così come fannoanche Mario e Marco, rispettando lapromessa di continuare a “occuparsi”dei compagni rimasti dentro.

• Blindo: tra il corridoio e le nostre celle ci sono due porte. La primaè un cancello. La seconda è il blindo. Il blindo è in ferro massiccio,dotato solo di una piccola finestra attraverso la quale passa lagavetta con i pasti. Quando fa molto caldo, in estate, ci chiudonosolo col cancello.• Molletta: nel linguaggio criminale, la molletta è un coltello ascatto.• Pacco: si usa anche nel linguaggio comune. Comunque in carcereper pacco si intende una truffa o un inganno. Può essere riferito aoggetti o a persone: nel primo caso ti viene rifilato qualcosa che noncorrisponde a quello che tu pensavi di comprare. Nel secondo, unapersona si spaccia per quello che non è.• Rapporto: quando in carcere si parla di rapporto, si intende ilrapporto disciplinare che viene applicato per una qualsiasiinfrazione delle regole dell’Ordinamento Penitenziario (O.P.), cioèdi quell’insieme di norme che regolano la vita dentro le mura. Sipuò avere un rapporto anche per atteggiamenti (o anche solo per unlinguaggio) poco rispettosi nei confronti degli assistenti o di altridetenuti. Il rapporto disciplinare ha conseguenze sul processotrattamentale e sull’ammissione ai benefici. Può comportare laperdita dei 45 giorni di liberazione anticipata che spettano a ognidetenuto ogni sei mesi di carcerazione in caso di buona condotta.

Kleves

Il percorso per arrivarci èstato molto lungo etravagliato, ma alla fine latanto attesa fermata del busnella zona est del quartieredi Marino del Tronto èstata attivata. Dopotantissimi anni, la “paletta”piantata in fondo al grandeparcheggio della casacircondariale torna arappresentare il capolineaper l’autobus che da finesettembre collega ilsupercarcere alla città,arrivando a costeggiare icancelli dell’istituto. Lanovità rappresenta ungrande vantaggio per idetenuti, soprattutto perchi esce a lavorare e nonha mezzi propri permuoversi. Ma anche per ifamiliari che raggiungonoil carcere per i colloquisettimanali con bambini e

pacchi al seguito. Un ringraziamento all’assessore GiovanniSilvestri e ai dirigenti della Start che hanno contribuito ariattivare un servizio utilissimo al nostro istituto.

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Tanto per capirciIl linguaggio del carcere

“Per un attimo lunghissimo non riesco quasi a respirare,poi mi sento improvvisamente leggero, molto leggero.Come una foglia d’autunno che il vento tira via”.

di Aldo Gjini

Ci piace che…

Dopo anni di attesatorna la fermata del bus

La storia di Aldo

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Liberi di parlarne

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Non potete immaginare la sorpresa e lostupore che ho provato quando mi sonoinoltrato nella lettura di questo periodico perla prima volta. La mia amica Pina (addettostampa del Comune di Grottammare) miaveva parlato del progetto e diverseassociazioni che operano sul territoriogrottammarese (Sergio di Blow Up piuttostoche Claudio di Radio Incredibile)continuavano ad aggiornarmi sulle tantissimeattività che si svolgono all’interno della casacircondariale di Marino del Tronto, ma perrendermi conto in maniera concretadell’atmosfera stimolante e di come gliIstituti in questi anni si siano evoluti in talsenso ho senz’altro avuto bisogno di ascoltarele vostre voci.Mi sembra di percepire che sensazionicontrastanti percorrano le vostre schiene: seda un lato riuscite ad entusiasmarvi per ilnotevole numero di possibilità di espressioneche si materializzano in quella che voi stessidefinite l’isola felice di Marino, dall’altro ladenuncia più forte che emerge dalle pagine di“Io e Caino” è il mancato rispetto di alcunidiritti assolutamente imprescindibili. Lamancanza di posate, sapone e carta igienica, ilsovraffollamento delle carceri (leggo adesempio della cella di Altin, dovesoggiornano 9 reclusi, anziché 4 in uno spaziodi 5 metri per 6), l’arretratezza dei nostriistituti e la mancanza di spazi comuni dedicatidenunciate da Amnesty International,rappresentano condizioni fondamentali peruna dignitosa permanenza in un carcere. Unconto è limitare un individuotemporaneamente della propria libertà, unaltro è privarlo della propria dignità e deipropri diritti.Allora cosa fare? Beh, credo che lo sforzo più

importante da parte della politica sia quello didare eco ed unirsi alle vostre denunce (comeha fatto, ad esempio, la Regione Marcheattraverso l’istituzione dell’ombudsman e lamozione sull’emergenza carceri dello scorsoluglio) nonché trovare soluzioni nel brevetermine che possano tamponare alcuneesigenze nell’immediato (come hanno fatto laProvincia ed il Comune di Ascoli Piceno perle stoviglie), ma non ci si può fermare qui. Credo che l’opportunità di reintegrazionesociale per chi deve ancora scontare la suapena offerta dall’articolo 21 della legge 354del 1975 vada assolutamente implementata evada offerto un maggior numero diopportunità in tale ambito. Pertanto, colgo l’occasione concessami dal“Io e Caino” per formalizzare alla DirettriceLucia Di Feliciantonio la mia disponibilità equella del Comune di Grottammare a studiaree concertare insieme formule dicollaborazione con il vostro Istituto, inaggiunta a quanto già in essere grazie alleconvenzioni stipulate recentemente con ilTribunale di Ascoli Piceno e quello di Fermo,per lo svolgimento di lavori socialmente utili.Nel salutarvi e augurarvi un grande “In boccaal lupo” faccio i miei complimenti alladirettrice per l’appoggio che dedica a questainiziativa e alla coordinatrice del laboratoriodi giornalismo per la professionalità e ildinamismo trascinante.

Daniele MarianiAssessore ai Servizi sociali e scolastici,

Cooperazione internazionale, Politiche per la pace e Politiche giovanili.

A maggio ci era stato comunicato che il Ministero avevatagliato i fondi per i rifornimenti. E così da un giorno all’altro,qui al Marino, ci eravamo ritrovati senza carta igienica, posatein plastica per mangiare, saponi per lavarci e detergenti perpulire e disinfettare le celle e gli ambienti comuni.Dopo uno sciopero della fame di diversi giorni, un appello allacittà e l’intervento del commissario Pio Mancini che avevaallertato la Caritas, l’emergenza era stata tamponata.Sono passati sei mesi ma la situazione è ancora bloccata. Lacarta igienica viene razionata al minimo e la stessa cosa accadeper saponi e detersivi, quando ci sono. Tanto che per lavare lestoviglie della cucina (in cui quotidianamente si preparano trepasti per oltre cento persone), usiamo lo stesso detersivo in

polvere adoperato per i bagni perché non abbiamo quello per ipiatti.Per tutta l’estate i rifornimenti sono stati garantiti, se pur alminimo, grazie al volontariato e all’ottimo lavoro di DonDante, il direttore della Caritas di Ascoli. Ma ora la situazionerischia in ogni momento di tornare al collasso. Lamentarsi èinutile. Tutto quello che possiamo fare è aiutarci l’un l’altro:chi può acquista qualche prodotto in più anche per i compagnidi cella.“Io ho quattro figli fuori e tre qua dentro!” ha commentatoridendo Antonio qualche settimana fa, riferendosi al fatto che ildenaro che guadagna con il lavoro interno lo spende sia per lasua famiglia vera che per quella “acquisita” in carcere e

formata dai compagni di cella che non posso permettersi dicomprare niente.Per fortuna tra tante difficoltà ogni tanto arrivano anche notizieconfortanti. Tra quelle che ci hanno colpito di più c’è la letteradell’assessore ai servizi sociali del Comune di Grottammare,Daniele Mariani, che ci tende una mano oltre ogni aspettativa.A questo intervento abbiamo voluto dedicare uno spazioprivilegiato perché per noi rappresenta il primo, importante,mattoncino nell’impegnativa costruzione di quel ponte idealetra carcere e società civile di cui si parla tanto, tanto facile daprogettare ma così difficile da realizzare.

La redazione

Rifornimenti, è ancora piena emergenza

“Pronti a fare la nostra parte”Gentile assessore Daniele Mariani, conpiacere abbiamo ricevuto la sua letteranella quale si complimenta con laredazione del nostro giornale. Per noinon è stato facile credere in questoprogetto che oggi muove i primi passi.Ma quando la volontà e il cuorepercorrono le medesime strade, tuttodiventa possibile, anche i traguardi chea prima vista sembravanoirraggiungibili.Io e Caino è un progetto ambizioso nelquale la direttrice, Lucia DiFeliciantonio, ha creduto subitomettendoci a disposizione il locale incui ci riuniamo ogni giovedì insiemealla giornalista che coordina illaboratorio e che prima di tutto ci hafatto capire che siamo persone e nonreati. Persone capaci di ripensare inmodo critico sé stessi e la propria vita.Il progetto è ambizioso anche perché laredazione è eterogenea, ne fanno partedetenuti di varie nazionalità e culturediverse e mettere insieme tutti questiingredienti, apparentemente cosìsemplici, in carcere non è stato facile.Nella lettera ha avuto l’attenzione di

sottolineare l’importanza della reintegrazione sociale per chi deve ancora terminare di scontare lapena, offerta dall’art. 21 della legge 354 del 1975 “Lavori all’esterno” che regolamenta i lavorisocialmente utili. Lei sottolinea che deve essere assolutamente implementata e che debba essereofferto un maggior numero di opportunità in tale ambito. Naturalmente condividiamo in pieno e,anzi, suggeriamo di prendere in considerazione anche l’articolo 47 dell’OrdinamentoPenitenziario, sull’affidamento in prova ai servizi sociali, che costituisce per noi un’ottimaopportunità per riprenderci in mano il nostro destino.Nella sua lettera vediamo uno spiraglio nei nostri confronti proprio sui temi che più ci stanno acuore. Pertanto ci farebbe molto piacere avere un incontro con lei qui in redazione per elaborareinsieme nuove, possibili, iniziative sia nell’ambito del volontariato che lavorativo.

La redazione

L’intervento dell’assessore Daniele Mariani Il primo invito ufficiale

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Il carcere non solo non paga, ma costamolto caro. In tutti questi anni di personeche possono permettersi di spendere lacifra consentita (550 euro al mese,aumentati recentemente a circa 800) ne hoviste davvero poche. La maggior parte deidetenuti si affida al pasto che offrel’amministrazione ma questo spesso non èsufficiente a sfamare le persone. Holavorato per tanti anni nelle cucine dellecarceri e vi assicuro che è sempre unostress preparare e distribuire il vitto perchénon è facile accontentare tutti. Lo Statospende poco più di 3 euro al giorno per ilvitto (colazione, pranzo e cena) di ognidetenuto e la cifra non è bassa, come sipotrebbe credere in un primo momento.Prima di tutto perché quella somma copreil costo dei generi alimentari crudi (illavoro dei detenuti addetti alla cucina edegli assistenti non è compreso). E poiperché tante altre mense statali hanno costivicini al nostro. Fatto sta che i pasti cheescono dalle nostre cucine non sono,spesso, sufficientiné per quantità néper qualità. Tuttoquesto “costringe”chi può adacquistare prodottialimentari alsopravvitto perprepararsi il pastoin cella. Ilsopravvitto è unasorta di negoziointerno al carceregestito dallastessa ditta chefornisce i generialimentari all’amministrazione. Ilproblema più volte sollevato dai detenutiriguarda i prezzi di questo negozio che nonsono quelli di uno spaccio ma sono prezzipieni, senza sconti, offerte speciali osottomarche. L’ordinamento penitenziariorecita: “I prezzi non possono esseresuperiori a quelli comunemente praticatinel luogo in cui è sito l’istituto”. Ma a ogniprotesta, la risposta è che i prezzi vengonosempre confrontati con quelli del piùvicino supermercato. Una risposta chesarebbe andata bene 30 anni fa quandoandare al supermercato significavarisparmiare. Ma non oggi perché nelfrattempo sono nati i 3x2, le offertespeciali, gli sconti e i discount che hannosubito catturato una certa fascia di clienti:quelli più in difficoltà, ma anche quelliche, pur avendo possibilità economiche,vogliono risparmiare . Mentre fuoriaccadeva tutto questo nelle carceri,paradossalmente, si continuava a fingeredi avere clienti ricchi. E questo propriomentre si riduceva sempre più lapercentuale di “delinquenti veri”, quellicioè che avevano fatto i soldi in manieraillecita e in galera potevano permettersi

qualche lusso. Oggi tutti si affrettano adefinire il carcere “discarica sociale”, ilcarcere dei poveracci. Eppure qualcuno vaa pescare in quella discarica i suoi clienti

“ricchi”, quelliche i prezzi nonli possonomettere indiscussione. Unesempio, percapirci meglio:in un carcerecome la casacircondariale diAscoli sivendono ognianno migliaia dibombolette delgas (quelle chealimentano il

fornelletto con cui scaldiamo i cibi nellecelle) mentre in un normale negozio se nevendono generalmente solo poche decine.Si potrebbe pensare che chi ha volumi divendita così alti riesca a ottenere prezziconvenienti. Invece le bombolette hannolo stesso prezzo, qui al Marino 1,50 euro(in qualche carcere 1,19 miracolo!), deinegozi con smercio vicino allo zero.Mentre fuori ci sono altre marche checostano molto meno: da 0,90 a 1 euro.Protestare per i prezzi alti della spesa nonserve perché effettivamente il prezzo èuguale anche fuori. Ad esempio, il caffèproposto nel listino costa 3,39 euro, 250grammi. Esattamente come alsupermercato ed esattamente come alsupermercato subisce rincari odiminuzioni. Il problema è che qui nonabbiamo altra scelta: o compriamo quelloo niente. Mentre sappiamo che fuori unaltro tipo della stessa marca costa 1,80.Quindi quello che chiediamo, come stannofacendo i detenuti di molte altre carceri, èdi introdurre una seconda scelta almenoper gli alimenti che incidono di più e chehanno un maggiore consumo. Comerecitano le circolari Dap: “Il tariffario

mod.72 della spesa del sopravvittodev’essere il più ampio possibilecompatibilmente con le esigenze di ordinee sicurezza dell’istituto”.Ad Ascoli, tutto sommato, abbiamo unlistino molto più ampio di tanti altri istitutiche ospitano un numero di detenuti anchesuperiori al nostro. Ma la scelta tra i prezzi,spesso riguarda prodotti che non incidonopiù di tanto sula spesa come, ad esempio, ildentifricio. Comunque è già qualcosa:pensiamo sia una buona base da cui partireper cercare di migliorare la situazione.Anche perché in tanti altri istituti lasituazione è decisamente peggiore.

Il percorso è ancora lungo ma sonoconvinto che, un passo alla volta, siriuscirà a rendere la nostra condizionemeno drammatica. Comprare il necessarioper preparare una cena decente, oppureprendersi cura della propria igienepersonale ti permette di acquistare un po’di quella identità umana di cui veniamospogliati sin dal primo momento in cuimettiamo piede in un carcere.

Dati Dossier “Ristretti Orizzonti”www.ristretti.it

di Altin Demiri

La propostaLa questione prezzi del sopravvittocontinua a raccogliere le lamentelepiù diffuse. In redazione abbiamodedicato diversi incontri a questoargomento. In particolare glialimenti “incriminati” sono l’olio (1litro di extravergine di olivaimbottigliato in plastica: 6 euro), ilcaffè (3,39 euro per 250 grammi) e iricambi del gas (1,50 euro a pezzo).Alcune circolari diffusequest’estate, di cui si è parlato anchenella tavola rotonda sulla giustizia aLoreto, indicano la possibilità diallargare a più marche lo stessoprodotto: ciò consentirà già unprimo discreto risparmio a tuttiquelli che non sono nelle condizionidi permettersi l’acquisto piùcostoso.Portare poi a conoscenza la societàcivile di questo tipo di difficoltà,sconosciute alla stragrandemaggioranza delle persone, puòampliare la possibilità di risolvere ilproblema consentendo che privati,ditte e associazioni possano

impegnarsi con gesti di solidarietà,donazioni o, se possibile, ancheaccordi con agevolazioni chevadano incontro a una categoriaindubbiamente svantaggiata comequella dei detenuti.

Franco

La rispostaLa risposta non si è fatta attendere.Nemmeno il tempo di pubblicare lenostre richieste che già ilcomandante Pio Mancini si eramosso. Listino dei prezzi alla mano,ha chiesto alla ditta che gestisce irifornimenti se si potevano inserirealcuni prodotti di marche con prezziinferiori a quelli dello spaccio.Tra questi, naturalmente, anchel’olio.Da notizie arrivate dal carcere diPadova abbiamo appreso chenell’istituto veneto dopo unosciopero della spesa durato oltredue settimane, i detenuti sonoriusciti a far inserire nel loro listinoqualche prodotto in più e,soprattutto, che hanno risolto ilproblema dell’olio: a Padova,infatti, è in vendita un extravergineche costa poco meno di 3 euro allitro. Contro i sei di quelloattualmente in commercio alMarino e in tantissimi altri istitutiitaliani.Il comandante ha chiesto che siainserita anche ad Ascoli la secondascelta per l’olio proponendo dicommercializzare quello in uso aPadova.Il problema dell’olio non è di facilesoluzione a causadell’imbottigliamento. Al Marino,come nella maggior parte degli altriistituti, per motivi di sicurezza èproibito tenere in cella contenitoriin vetro. Per questa ragione tutti glialimenti devono essere conservatinella plastica. L’unica eccezione sifa per l’aceto che, non essendo inalcun caso imbottigliato in plastica,deve essere travasato di volta involta nei piccoli contenitori indotazione nelle celle.Per quanto riguarda l’olio èdifficilissimo trovare unextravergine d’oliva imbottigliatoin plastica ed è anche per questoche non si è potuto, finora,introdurre una marca alternativa epiù economica.Ringraziamo il comandante per ilsuo tempestivo intervento erestiamo in attesa della decisionefinale.

La redazione

Liberi di parlarne

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Galera, ma quanto mi costi!Gli alimenti nel mirino

La nostra inchiesta sui prezzi del sopravvitto

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Mass media, nuove norme a tutela dei detenuti

La notizia è che il 10 settembre inComune a Milano eravamo proprio intanti alla presentazione della Carta sulcarcere e sulla pena. Tanti che il caldoera quasi insopportabile. Tanti che ilsindaco si è dispiaciuto di non averscelto una stanza più grande.Ha aperto i lavori Valerio Onida,presidente emerito della Cortecostituzionale, seguito dallo stessoPisapia e da numerosi ospiti. Al centrodella mattinata gli interventi deidirettori delle tre testate ristrette diPadova, Milano–Bollate e Piacenzaper ricordare il senso della nuova cartadeontologica che, a breve, saràsottoposta al voto del Consiglionazionale dell’Ordine dei giornalisti.Con Ornella Favero e SusannaRipamonti abbiamo sottolineatol’urgenza e l’importanza diun’informazione corretta nel momentodelicato dell’esecuzione della pena edel rientro nella società civile. Inparticolare dalle carceri sale unarichiesta di serietà e di rigore rivolta almondo dell’informazione; non è,infatti, tollerabile che ancora oggi siconfondano le misure alternative conla libertà e che si susciti unirresponsabile allarme socialefornendo notizie incomplete, se nondel tutto scorrette.La “Carta di Milano – del carcere edella pena” è stata presentata esostenuta dai tre Ordini dei giornalistidi Lombardia, Veneto ed EmiliaRomagna i cui rappresentanti sonointervenuti alla presentazione pubblicamanifestando il proprio sostegno altesto frutto di un lavoro di sintesi tra leproposte delle redazioni di “RistrettiOrizzonti” e “Carte Bollate”. Il percorso di avvicinamento tra icolleghi e i volontari impegnati ascrivere da dentro il carcere e il mondodei media è iniziato nel 2005 con unincontro organizzato a Bolognadall’Ordine emiliano - romagnolo cheaveva visto una folta partecipazione digruppi di lavoro provenienti dallecarceri del centro-nord. L’esperienzadi confronto tra le diverse redazioni siè poi ripetuto l’anno seguente ancoranel capoluogo emiliano e più voltenella redazione di “Ristretti” a Padova.Da questi incontri è nata laFederazione dell’informazione delcarcere e dal carcere che conta, ormai,un numero considerevole di testate dalnord al sud della penisola; singolare

esperienza di comunicazione dalmondo ristretto che rappresenta,all’interno dell’Europa, una peculiaritàdel nostro Paese. Una prova di civiltàche ci caratterizza in modo positivo.Dalle discussioni tra di noi, dalle variecollaborazioni nasce ora questa “Cartadi Milano” che sembra essere partitabene, nel caldo afoso di PalazzoMarino, in una sala stipata digiornalisti, ospiti e testimoni.

*Direttore di ”Sosta Forzata”Periodico d’informazione

del carcere di Piacenza(nella foto)

IInnvviittaa ii ggiioorrnnaalliissttiia) Osservare la massima attenzione nel trattamento delleinformazioni concernenti i cittadini privati della libertà inquella fase estremamente difficile e problematica direinserimento nella società. b) Tenere presente che il reinserimento sociale è unpassaggio complesso che può avvenire a fine penaoppure gradualmente, come previsto dalle leggi checonsentono l’accesso al lavoro esterno, i permessiordinari, i permessi - premio, la semi-libertà, la liberazioneanticipata e l’affidamento in prova ai servizi sociali. c) Usare termini appropriati in tutti i casi in cui un detenutousufruisce di misure alternative al carcere o di beneficipenitenziari evitando di sollevare un ingiustificato allarmesociale e di rendere più difficile un percorso direinserimento sociale che avviene sotto strettasorveglianza. Le misure alternative non sono equivalentialla libertà, ma sono una modalità di esecuzione dellapena. d) Tenere conto dell’interesse collettivo, ricordando,quando è possibile, dati statistici che confermano lavalidità delle misure alternative e il loro basso margine dirischio e) Fornire, laddove è possibile, dati attendibili eaggiornati che permettano una corretta lettura delcontesto carcerario. f) Considerare sempre che il cittadino privato della libertàè un interlocutore in grado di esprimersi e raccontarsi, mapuò non conoscere le dinamiche mediatiche e non esserequindi in grado di valutare tutte le conseguenze e glieventuali rischi dell’esposizione attraverso i media.g) Tutelare il condannato che sceglie di parlare con igiornalisti, adoperandosi perché non sia identificato con ilreato commesso, ma con il percorso che sta facendo. h) Garantire al cittadino privato della libertà di cui si sonooccupate le cronache, la stessa completezza diinformazione qualora sia prosciolto.i) Usare termini appropriati quando si parla del personalein divisa delle carceri italiane: poliziotti, agenti di poliziapenitenziaria o personale in divisa.l) Riconoscere il diritto dell’individuo privato della libertà oex-detenuto tornato in libertà a non restareindeterminatamente esposto ai danni ulteriori che lareiterata pubblicazione di una notizia può arrecareall’onore e alla reputazione: il diritto all’oblio rientra tra idiritti inviolabili di cui parla l’art. 2 della Costituzione e puòessere ricondotto anche all’art. 27, comma 3°, Cost.,secondo cui “Le pene […] devono tendere allarieducazione del condannato”. Sono ammesse ovvie eccezioni per quei fatti talmentegravi per i quali l’interesse pubblico alla loro

riproposizione non viene mai meno. Si pensi ai criminicontro l’umanità, per i quali riconoscere ai lororesponsabili un diritto all’oblio sarebbe addiritturadiseducativo. O ad altri gravi fatti che si può dire abbianomodificato il corso degli eventi diventando Storia. E’ evidente che nessun problema di riservatezza si ponequando i soggetti potenzialmente tutelati dal dirittoall’oblio forniscono il proprio consenso alla rievocazionedel fatto.

DDiirreettttiivveeTutte le norme elencate riguardano anche il giornalismoon-line, multimediale e altre forme di comunicazionegiornalistica che utilizzino innovativi strumenti tecnologiciper i quali dovrà essere tenuta in considerazione la loroprolungata disponibilità nel tempo;Tutti i giornalisti sono tenuti all’osservanza di tali regoleper non incorrere nelle sanzioni previste dalla leggeistitutiva dell’Ordine.L’Ordine dei Giornalisti della Lombardia raccomanda aidirettori e a tutti i redattori di aprire con i lettori undialogo capace di andare al di là della sempliceinformazione per far maturare una nuova cultura delcarcere che coinvolga la società civile. Sottolineal’opportunità che l’informazione sia il più possibileapprofondita e corredata da dati, in modo da assicurareun approccio alla “questione criminale” che non si limitiall’eccezionalità dei casi che fanno clamore, ma cheapprofondisca - con inchieste, speciali, dibattiti - lacondizione del detenuto e le sue possibilità direinserimento sociale.Raccomanda inoltre di promuovere la diffusione diracconti di esperienze positive di reinserimento sociale,che diano il senso della possibilità, per un ex detenuto, diriprogettare la propria vita, nella legalità.

LL’’OOrrddiinnee ddeeii ggiioorrnnaalliissttii ddeellllaa LLoommbbaarrddiiaa ssii iimmppeeggnnaa aa::Individuare strumenti e occasioni formative chepromuovano una migliore cultura professionale;Proporre negli argomenti dell’esame di Stato perl’iscrizione all’Albo professionale un capitolo relativo alcarcere e all’esecuzione penale;Promuovere seminari di studio sulla rappresentazionemediatica del carcere;Richiamare i responsabili delle reti radiotelevisive, iprovider, gli operatori di ogni forma di multimedialità auna particolare attenzione ai temi della carcerazioneanche nelle trasmissioni di intrattenimento, pubblicitarie enei contenuti dei siti Internet;Promuovere l’istituzione di un osservatoriosull’informazione relativa al carcere;Istituire un premio annuale per i giornalisti che si sonodistinti nel trattare notizie relative a persone detenute o alcarcere in generale.

LA CARTA

• Parola d’ordine: decongestionareLe carceri che scoppiano, la situazionedisastrosa degli ospedali psichiatricigiudiziari, dei quali si chiede a gran vocela chiusura, le difficoltà nell’applicare lenorme del trattamento in istituti concarenze di organico a 360 gradi. Ildelicato passaggio tra il ministero dellaGiustizia a quello della Sanità in materiadi sanità penitenziaria. Se ne è parlato aLoreto, il 7 e l’8 settembre scorsi, nelladue-giorni nazionale organizzata dalGarante dei detenuti delle Marche, ItaloTanoni. “Abbiamo in attuazione unpiano carceri nel quale siamo staticompresi con la costruzione del nuovocarcere di Camerino. Ma ancora siamo aipreliminari e tutto lascia supporre che cisarà uno slittamento rispetto ai tempiindicati” ha detto Tanoni.Tra le soluzione proposte per ildecongestionamento:1 - Il ricorso alla custodia cautelare solo

quando è indispensabile: in carcere sifinisce troppo facilmente e troppofacilmente se ne esce. Il fenomeno èconosciuto come quello della portagirevole: un alto numero di casi vedepersone condotte in carcere perrimanervi solo qualche giorno.

2 - Risposta sanzionatoria sollecita eprocesso veloce.

3 - Ricorso a misure alternative alcarcere e ai lavori di pubblica utilità.

4 - Assegnazione di soggetti conproblemi di tossicodipendenza opsichici a strutture specializzate.

Lo stesso Garante, il 28 novembre hainviato una lettera al ministro dellaGiustizia, Paola Severino, perdenunciare il caso “Montacuto”: 236detenuti ogni 100 posti, al quarto postoin Italia nella graduatoria delsovraffollamento insieme a Catania.“Eppure sono tante le proposte concreteper decongestionare la struttura –sostiene Tanoni – come quella di renderepiù funzionali le 90 nuove celle delcarcere di Barcaglione, rafforzandol’organico di polizia penitenziaria”.

• Antigone Marche presenta“Giustizia relativa e pena assoluta”

Venerdì 4 novembre è stato presentatoalla Feltrinelli di Ancona il libro“Giustizia relativa pena assoluta”, editoda Liberilibri (pp.184, euro 16,00) alla

presenza dell’autrice, il magistratopesarese Silvia Cecchi. La scelta diquesto libro per la prima uscita diAntigone Marche, rappresentata dalpresidente, Samuele Animali, è motivatadal forte legame fra il sovraffollamentodelle carceri italiane e la necessità diaprire a pene alternative che vieneevidenziata nel testo e da molte scuole dipensiero. Nelle Marche 1.163 detenuti,di cui 35 donne, si “stringono”all’interno di 750 posti in 8 istituti.“Le prigioni italiane – è stato detto -scoppiano per un buon 40% diimmigrati, di cui molti per reatiamministrativi dovuti alle leggi Bossi-Fini, e per un 35 % di detenuti per reatialla proprietà privata legati anche allatossicodipendenza a causadell’inasprimento delle pene della Fini-Giovanardi e per la mancanza di struttureper applicare le misure alternative”.

• Detenuti nei campiTra Regione Marche e Dap è statofirmato in Regione un protocollod’intesa per la formazione e losvolgimento di attività lavorative nelsettore agricolo da parte di detenuti o exdetenuti.“Obiettivo della Regione – ha dettol’assessore all’Agricoltura, Paolo Petrini– è l’inclusione e la coesione sociale.Mettiamo a disposizione l’esperienzadell’Assam e del servizio regionaleagricoltura per la formazione e ilrecupero di chi si trova in esecuzione odi quanti hanno già scontato la pena. Unmodo per dare opportunità direinserimento sociale in un settore checonsente di stare a contatto con la naturae toccare con mano il prodotto delproprio lavoro”.“Il settore agricolo marchigiano habisogno di manodopera e spesso fatica atrovarla. Professionalizzando i detenuti oex, si dà un’opportunità di riscatto aqueste persone e un supporto alcomparto” commenta il provveditoreregionale del Dap, Raffaele Iannace.Il protocollo consolida l’esperienzaavviata a Barcaglione, Montacuto eMacerata Feltria dove sono giàimprontati strumenti e attrezzature per laformazione e il lavoro nel settoreagricolo.

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Carceri che scoppiano:il triste primato marchigiano

Numeri e proposte

di Carla Chiappini*

Dagli Ordini dei giornalisti di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto

Punti di vista

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Il cancello si chiude, la carta d’identità è rimasta in portineria; ilmetal detector che suona impudentemente avvertendo dellapresenza di microfoni e cavi. Saluto al poliziotto penitenziarioche mi apostrofa amichevolmente urlando “Oh ecco è arrivatoRadiofreccia!”.Ancora un cancello e ancora un altro, un controllo e ancora unaltro. Fino ad arrivare nella piccola aula dove la lavagna diardesia ci racconta i corsi di alfabetizzazione alla lingua italiana.

Ma poi qualche inconfondibile schiamazzo… eccoli arrivare: laclasse di 15 futuri Dj. Chi fuma una sigaretta, chi domanda comevanno le cose fuori, chi chiede il giornale che gli avevi promessola settimana prima, chi vuole un parere sull’attualità politica.I miei 15 colleghi, non alunni, mi regalano emozioniinspiegabili: la dignità di vivere, l’educazione e la sopportazione,il sorriso innato. E diamo il via alla lezione: ogni argomentofinisce inesorabilmente per convergere sul tema del carcere, èdavvero difficile riuscire a cambiare discorso. Finte telefonate dacasa, le curiosità della settimana, la cucina, gli sport nel mondo:ogni tema trova riflessi nel vissuto di ciascuno dei partecipanti.La poesia, il rapporto con Dio, la salvezza, la durezza dellefestività dentro: ogni riflessione è vissuta, condivisa, partecipata.Da ogni lacrima può nascere un sorriso. Da ogni spunto puònascere un sorriso, un momento comico. Cosa vuol dire sognare,cosa comporta il senso dello Stato, cosa ci piace e cosa non ci

piace dell’Italia, cosa conta davvero nella vita.L’ora di riunione di redazione vola via, mentre in due o tre sicontendono la scelta dei pezzi. Una sigaretta e si va inregistrazione, nonostante la paura del microfono e le discussionisulla scelta musicale. Le gaffes, gli scontri accesi, momenti maibanali e, molto spesso, emotivamente impegnativi e difficili. Dueore sono già passate: l’agente viene a riprendere i miei Dj, misalutano con una malinconica allegria e con una sigarettafumante. Fra una settimana saremo ancora insieme con tanto daraccontarci, nonostante tutto…”.

*Responsabile del corso di Radio Incredibile.E’ possibile ascoltare il programma

registato in carcere attraverso il sitowww.radioincredibile.com

Con le spalle al muro

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C’è chi dice NOIl nostro viaggio nel mondo della droga con la testimonianza di Mirko

Emozioni e storie dai microfoni di Radio Incredibile

La voce del Marinocorre sul web

Una volta, durante un incontro del corsodi Radio Incredibile, ci hanno chiesto diraccontare un po’ di noi. Prima di mehanno parlato quattro ragazzi con unpassato da tossicodipendenti. Le loroparole mi hanno fatto riflettere molto.Intanto ho appreso che in una realtàcome quella di Ascoli ci sono quasi 4mila iscritti al Sert: cioètossicodipendenti dichiarati. Ma quantisono quelli che fanno uso di drogaregolarmente nascondendo la propriadipendenza?In questo istituto ci sono diversi ragazziche hanno problemi ditossicodipendenza. Nella mia cella ce nesono due. Ho raccolto la lorotestimonianza che spero legganosoprattutto i più giovani.Ascoltando le parole dei miei compagnidi cella ho capito che il problema delladroga non ha sempre a che fare con lapoca intelligenza o con l’ambiente da cuisi proviene. Conta tanto, invece, l’età,spesso giovanissima, e le relative scelte.Per questo non ci si deve stupire se ancheun bravo ragazzo finisce per andare alladeriva lasciandosi risucchiare da giri di

amicizie poco raccomandabili.Da queste testimonianze ho capito cheesistono circostanze della vita in cui ètremendamente difficile mantenere ilcontrollo di sé stessi e valutare il valoredelle proprie azioni. Durante tutti questianni di carcere ho sempre avuto pocaconsiderazione dei ragazzi con problemidi droga. Li consideravo deboli e nonavrei mai scelto di dividere la cella conuno di loro. Ma ancora una volta hoavuto una lezione di vita che mi ha fattocrescere e capire. Affrontavo il problemadroga dall’esterno, senza saperne niente.Ignoravo tutto il loro mondo. Letestimonianze di questi due compagni mihanno insegnato moltissimo, comenessun libero avrebbe mai potuto fare.Ho capito che i ragazzi con problemi didroga sono persone sensibili, intelligenti,con una voglia di vivere incredibile. Eche meritano di avere la possibilità dimettere la loro esperienza al serviziodegli altri.

Altin Demiri

Mi chiamo Mirko e sonotossicodipendente. Ho iniziato a 14 annicol fumo come tutti i miei compagni. Poia 17 ho cambiato compagnia e hoprovato l’eroina. Da lì è cominciato ilcalvario.All’inizio era tutto bello. Non pensavoa quello che facevo e a quello a cuistavo andando incontro. L’eroina èpeggio di un cancro: ti divora pianopiano. Ti porta a delinquere. Fa soffriretutte le persone che ti amano.Io sono un ragazzo con forti valori, mala droga me li ha fatti calpestare tutti.Sono riuscito a stare sei anni senzaeroina. Ma in questi sei anni era spessonei miei pensieri. Una lotta continua.L’eroina o la cocaina non ti fannoguardare in faccia a nessuno: padre,madre, moglie, figli.Io ero riuscito a realizzarmi. Avevo unlavoro. Mi ero sposato e ho avuto unbimbo meraviglioso. Eppure è bastatoun periodo di depressione per ricadere edistruggere tutto. Forse, se non fossiricaduto, oggi avrei una bellissimafamiglia. Avrei potuto far sentire a miofiglio il calore di due genitore che si

amano. Questo per me è un grandefallimento.Quando inizi non sei minimamente ingrado di capire dove ti porterà la droga.L’eroina cattura la tua vita e la tiene inostaggio. Per venirne fuori non basta lasola forza di volontà: bisogna fareappello a risorse profonde e aggrapparsialla vita come non mai. C’è bisogno diun grande amore vicino che ti supportinei momenti difficili. E c’è bisogno ditanto amore dentro di te da poter donarealle persone che ami.I miei genitori, mio figlio e la miacompagna sono il mio punto di forza perrisollevarmi da questa vita insipida fattadi bugie. Perché la roba è questo: unarealtà oscura che ti manda in astinenza eti porta a rubare in casa e fuori, a farescippi, rapine.Il carcere secondo me non serve per untossicodipendente. Qui non ti possonocurare come in una comunità dove seiseguito 24 ore su 24 da psicologi che tisupportano, ti ascoltano. Il carcere non èuna struttura adatta per persone comeme. Anche se qui ho modo di rifletteresulle stronzate fatte.

Il mio ingresso a Marino è statotraumatico. L’ansia andava da sola. Dipari passo con lo sconforto. Mentre lapaura aumentava. Mi sono trovato conpersone di altri paesi che, dopo un po’ didiffidenza, per fortuna mi hanno accoltobene. Il carcere non è terapeutico anchese da una esperienza così negativaqualcosa può scattare dentro, inprofondità, per risollevarsi e cambiarevita.Le mie prospettive per un rientro nellasocietà non sono rosee. Ma intravvedo ilmio futuro: finire il percorso incomunità, nella quale credo molto. Poirifarmi una famiglia, trovare un lavoro,riprendere la patente. Stare bene è unabattaglia che voglio vincere. L’impegnonon mancherà di sicuro.Un consiglio: affidatevi alle persone piùcare che avete. I vostri genitori, i vostrifratelli. La felicità apparente, il benessereiniziale, cari ragazzi, diventerà la vostracroce. Vi troverete a 36 anni ancora conil problema non risolto.E per di più in carcere.

Mirko

La sala di registrazione di Radio Ascoli, che spesso ospita programmi sul carcere

Ci piace che…

di Claudio Siepi*

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Quello che verrà sarà il mio terzo Natalein carcere. Non è certo una bellaprospettiva ma se si guarda da un puntodi vista più ottimistico me ne mancasoltanto uno poi finalmente tutti gli altrili passerò a casa mia con la mia adoratafamiglia. Il Natale in cella èparticolarissimo perché mentre fuori è ungiorno decisamente diverso, per noidetenuti è identico a tutti gli altri giorniche si trascorrono “dentro”. Quello chelo distingue leggermente è l’albero chealcuni volenterosi compagni di sventurasi adoperano ad allestire. Ma è un alberofreddo, fatto per nessuno, sotto non cisono i regali. E’ un mobile arredatomesso lì in un angolo del lunghissimocorridoio, ma che nessuno vuol guardarequando ci passa di fronte.Durante i due precedenti Natale trascorsicon i miei compagni di cella li osservavocercando di cogliere nei loro sguardi unatristezza meno intensa di quella cheinevitabilmente si legge nei nostri occhi,tutti i giorni così detti normali. Abbiamosbagliato, ne siamo consapevoli, edobbiamo pagare per i nostri errori.

Il Natale in cella è molto più interiore chefuori (qui non ci sono distrazioni; nonpuoi provare il piacere di fare un regaloalla tua donna, a tuo figlio, ai tuoi nipoti)e rimani più triste, sempre che esista unatristezza peggiore della consapevolezzadi essere stato l’artefice di questa tuasituazione. In questo giorno si sta peggio.Questa atmosfera di silenziosa tristezza èperò rotta dal grande cuore di Don Dantee di tutti i suoi “seguaci” che sacrificanoqualche ora di questa giornata particolareper portarci la Santa Messa e regalarcisentimenti che fuori non puoi provare

perché troppo preso da frivolezze efronzoli. E’ in questo festoso stareinsieme, vedere queste splendide personeche ti danno il loro Segno di Pace conamore veramente Cristiano, che non tigiudicano, che non chiedono se non “dicosa hai bisogno”, è in questimeravigliosi momenti che capisci il verosignificato del Natale e lo godiinteriormente. Se in quel convivioosservi i nostri volti vedi che lo sguardosi rasserena, le rughe si stendono, gliocchi tornano sereni. Passate quelle oresi deve tornare alla dura realtà delcarcere. Si torna in cella un po’ tristiperché Natale è finito, ma interiormentepiù sereni. E’ passato un altro Natale. Orasono in cella e non mi rimane chericordare quello che qualcuno prima dime, probabilmente nelle mie stessecondizioni, ha scritto:Mo’ vene Natale, nun tenghe dinare,m’accatte o’ giornale e me vade a cucca’!Un sereno e Cristiano Natale a tutti!

Mario

La vita a volte devia verso l’inferno.Altre volte, invece, torna a pulsareprepotentemente, senza preavviso, perurlarci che niente è ancora perduto.Nel momento in cui andiamo in stampa,Mario è tornato a casa.La sua disavventura col carcere èterminata da un giorno all’altro. E noi

siamo molto felici di poter scrivere perlui la parola FINE.Auguri Mario, per la tua vita che pianopiano ricomincia, per il tuo Natale e pertutti i regali che adesso potrai fare ai tuoicari: il più bello sarà stato di sicuro iltuo ritorno a casa. Un abbraccio forte datutta la redazione.

Sono le 8.30 del mattino quando si apreil primo cancello. Io e altri duecompagni, Sergio e Daniele, abbiamoavuto l’autorizzazione per uscire.Destinazione: la bancarella organizzataper vendere i prodotti che da annirealizziamo in carcere nel corso dibricolage diretto dai volontari legati allaPapa Giovanni XXIII con a capo lasuper Claudia Zappasodi. Il ricavatodella vendita è usato per l’adozione adistanza della piccola Elinah che vive inUganda.Fuori dalle mura ci aspettano NonnaOrlanda e Rita, due delle tre “befane”, lechiamo così in modo scherzoso dalmomento in cui vennero in carcere ilgiorno successivo all’Epifania. Insiemeci dirigiamo verso la Chiesa di SanGiacomo della Marca, a Porto d’Ascoli,che è gestita da Don Alfonso Rosati,detto Obelix (per la sua… esilecorporatura). Arrivati a destinazione labancarella è già allestita: ci hannolavorato alcune delle ragazze che sistanno preparando per la Cresima (ilcatechismo lo cura Enza, un’altravolontaria della stessa comunità). Anchele cresimanti hanno realizzato alcunioggetti da mettere in vendita.Nell’attesa che Don Alfonso inizi acelebrare la Santa Messa, spazziamo epuliamo il piazzale davanti alla Chiesa.Poi ci prepariamo ad accogliere i“clienti”. Al termine della Messa DonAlfonso lancia un breve annuncio aiparrocchiani invitandoli ad acquistare iprodotti. E infatti, terminata la funzione,molte persone si avvicinano alla nostra

bancarella, un po’per acquistare e un po’per curiosità. A fine giornata incassiamola cifra necessaria per mandare i soldi aElinah e per acquistare il materialenecessario per continuare il corso dibricolage in carcere.Terminata la prima parte della mattinatapranziamo con il cibo preparato daglistessi volontari e ci divertiamoraccontando episodi esilaranti. Durantela giornata conosciamo molte altrepersone perché in quei giorni è in corsouna festa di quartiere e in giro c’è tantagente. La persona che mi è rimasta piùsimpatica è Tonino, un amico di Enza,

che ci ha fatto divertire con alcuni giochidi prestigio con le carte. Spero tanto cheTonino si unirà presto al gruppo divolontari che viene in carcere perché èdavvero una persona squisita.Nel pomeriggio giochiamo a Scarabeodivisi in coppie e poi continuiamo avendere i prodotti. Durante la venditavengono a controllarci i carabinieri. Levolontarie inizialmente si preoccupanoun po’ perché alla bancarella non eranomai venuti, comunque siamo tutti inregola e non c’è alcun problema. Piùtardi facciamo merenda con le oliveall’ascolana e le frittelle offerte da alcuni

abitanti del quartiere. Purtroppo il tempopassa in fretta e dobbiamo tornare inIstituto. Ci accompagna Andrea (un altrovolontario) ma questa giornata rimarràun bellissimo ricordo.Spero che molti miei compagni abbianopresto la possibilità di usufruire di questipermessi premio perché sono esperienzeche ti rimangono impresse nella mente e

nel cuore per tutta la vita. Unringraziamento sincero e un augurio atutti i volontari legati alla Papa GiovanniXXIII: che possano continuare sempre laloro attività di volontariato con la qualeci aiutano a capire che non siamo soli.

Gianluca Migliaccio

“In questo giorno si sta peggio.Non puoi provare il piacere

di fare un regalo alla tua donnao a tuo figlio

e rimani più triste, sempre cheesista una tristezza peggioredella consapevolezza di esserestato l’artefice di tutto questo”

Il mio Natale dietro alle sbarre

Sono ormai diversi anni che comegruppo di volontari, legato allaComunità Papa Giovanni XXIII,svolgiamo con i detenuti del Marinovarie attività tra cui il laboratorio dibricolage. Il carcere, mondo chiuso esconosciuto, è diventato per noi luogofamiliare e occasione di incontro conpersone che hanno le nostre stessepaure e i nostri stessi sogni. Durante leore di bricolage vengono creati dalnulla piccoli capolavori, utilizzandomateriali vari: semplici scatole discarpe diventano contenitori decorati,tavolette di legno bei quadretti, perlinecolorate braccialetti e collanine, foglidi carta divertenti tovagliette dacolazione. Negli ultimi anni illaboratorio si è arricchito con lacreazione di manufatti in cuoio comeportafogli, porta cd, cornici e dioggetti in ceramica artistici edecorativi. Ognuno valorizza leproprie abilità in un clima di serenità eamicizia, con l’entusiasmo e la vogliadi chi sa che sta lavorando per unabuona causa. La realizzazione di

questi lavori permette, infatti,l’allestimento all’esterno dellebancarelle grazie alle quali si creanomomenti di incontro e scambio con lerealtà locali attraverso lapresentazione e la vendita deglioggetti esposti. Di particolareimportanza è il fatto che, in occasionedi queste bancarelle, noi volontaridiamo la possibilità ad alcuni detenutidi trascorrere una giornata fuori dalcarcere creando occasioni di dialogo econfronto che rivelano come, in molticasi, paura e discriminazione sonocausati da disinformazione epregiudizio. Le nostre bancarellehanno per noi qualcosa di unico eirripetibile: dietro a ogni oggettopresentato e messo in bella vista perattirare l’attenzione dei visitatori c’è ilvolto di una persona conosciuta, di unnuovo amico che con umiltà, pazienzae dedizione ha messo le proprie manial servizio di piccoli lavori e oggettidal significato immenso e indefinibile.

I volontari

Piccoli capolavori dal corso di bricolage

L’ora d’aria

Le mani, per regalare a una bimba una nuova vitaSi rinnova l’appuntamento promosso dai volontari legati alla Comunità Papa Giovanni XXIII

Insieme ai volontari anche la direttrice e Don Dante, responsabile della Caritas di Ascoli

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8 ottobre 2011. E’ freddo a Nereto alle8 e mezzo del mattino. Un freddo chenon ti aspetti dopo i 29 gradi del giornoprima. I ragazzi del Marino sono già allavoro: scope e rastrelli alla manostanno raccogliendo in grandi mucchile foglie che nella notte hanno invaso lapiazza del municipio e gli spazi verdi.La giornata ecologica è appena iniziatama già c’è movimento nel centrostorico: mezzi della nettezza urbanache seguono il lavoro dei detenuti,operai comunali che vanno e vengono.Comuni cittadini che guardanoincuriositi i ragazzi con la divisaarancione e i “volontari” vestiti daagenti penitenziari che a trattipuliscono con la stessa energia le stradedel loro paese.Sergio, Daniele e Gianluca sonoconcentrati sul compito che gli è statoassegnato e non si concedononemmeno un minuto di pausa. Gliagenti della scorta li seguono adistanza, tra battute e condivisione, inun clima disteso.Dopo qualche minuto raggiunge ilgruppo anche il sindaco, StefanoMinora, che esce dal municipioinsieme al comandante della poliziapenitenziaria, Pio Mancini (nella foto).“E’ una iniziativa molto positiva –commenta Minora guardando la suapiazza – utile ai detenuti che in questomodo hanno la possibilità diriprendere, piano piano, i contatti conl’esterno. E utile anche al nostro paese.Domani a quest’ora la piazza sarà dinuovo coperta di foglie, ma nonimporta. Ciò che conta davvero è cheattraverso questa giornata ecologicaabbiamo aperto un canale importantecon il carcere. Ora la speranza è cheincontri come questo si possanoripetere sempre più spesso, avviandouna collaborazione utilissima sia a noiche a loro. Per quanto ci riguarda

presenteremo subito un’altra richiestaalla direzione e al magistrato disorveglianza”.Detto fatto perché il 13 novembre iragazzi sono di nuovo a Nereto per laseconda giornata ecologica.

Dal diario di Daniele:“Siamo in tre a prepararci per l’ecoday a Nereto, felici di partecipare eimpazienti di varcare la soglia delprimo cancello per uno scopostrettamente sociale e per vivere unagiornata di libertà. Usciamo alle 8. Lagiornata è appena iniziativa. L’aria èfrizzante e fresca ma il sole si apprestaa tenerci compagnia per l’interagiornata. Il viaggio col blindato èbreve. A bordo scambiamo qualcheparola e qualche impressione e appenaarrivati sul posto ci mettiamo subito allavoro.Nessuno di noi è mai stato a Nereto erimaniamo stupiti dalla bellezza delposto e dalla tranquillità che si respira.Incontriamo subito il sindaco che cimostra i luoghi in cui dovremo

intervenire. Poi ci armiamo di scope epaletta e iniziamo a raccogliere letante foglie secche cadute dagli alberisulla piazzetta del piccolo paesino, perpoi passare alle vie adiacenti, comeuna vera squadra di operatoriecologici.Lavoriamo fino alle 13.00, quando congli assistenti penitenziari, chepazientemente staranno con noi pertutta la giornata, andiamo a mangiareal ristorante insieme al sindaco che ciaccoglie come persone normali.Mangiamo con tutta calma,assaporando pietanze che a causadella detenzione non mangiavamo datempo. Il clima è disteso, quasiamichevole, come non accadeva divivere da molto.Verso le 15 riprendiamo i lavori cheriusciamo a portare a termine, conentusiasmo, in poche ore.E’una bella esperienza per noi. Questeiniziative ci danno modo di apprezzareil lavoro che svolgiamo. Anche se perun solo giorno o per poche ore,contribuiamo a riportare al loro verosplendore i piccoli borghidell’entroterra e questo ci rendeorgogliosi.Oggi, in particolar modo, abbiamoriportato alla luce la Vecchia Fontanadi Nereto: una struttura composta datre fontane a bocca centrali con ai lati,al coperto, il lavatoio e di frontel’abbeveratoio. Tutto completamentefunzionante ma in uno stato di forteabbandono, ricoperto di vegetazioneaggressiva e invasiva. Ci impegniamomolto per ripulire ogni angolo ed è unasoddisfazione guardare il risultatoottenuto. E’ bello sapere che quel sitoha riacquistato il suo splendore anchegrazie a noi.Siamo felici di partecipare a questegiornate ecologiche attraverso ipermessi premio: sono esperienzeeducative che tendono a reinserircicorrettamente nella società, facendociapprezzare il valore e il risultato dellavoro che svolgiamo”.

“La Vecchia Fontana rivive anche grazie a noi”

L’ora d’aria

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Giornata ecologicaa Nereto

“E’ stata una giornata davvero unica. Vedere tre detenuti che armati di rastrelli, scope edecespugliatori, pulivano la scalinata dell’Annunziata è stata una bella esperienza”. C’eraanche il sindaco di Ascoli, Guido Castelli, ad assistere alle varie fasi della giornata ecologicaorganizzata in città il 6 novembre scorso con la collaborazione di Riccardo, volontario dellaCaritas, e del consigliere comunale Francesco Ciabattoni. “Un’occasione di reinserimentonella vita sociale e, al contempo, di tutela di un bene comune” commenta Castelli. (Nellafoto il sindaco e la “squadra speciale di volontari”). Sul campo, l’ormai collaudato gruppo: Daniele, Sergio e Gianluca. “E’ stato così - proseguela nota del sindaco - che, grazie anche alla disponibilità della dott.ssa Di Feliciantonio, unavolta ottenuto il parere favorevole del magistrato di sorveglianza, tre detenuti sono usciti dalcarcere di Marino del Tronto per trascorrere una giornata lavorativa all’aperto. Il carcere nonpuò essere la solita risposta alla pena anche perché il risultato è quello di avere migliaia didetenuti in più rispetto a quanti ne potrebbero accogliere le strutture penitenziarie e alloraecco che si stanno moltiplicando le iniziative a forte valenza sociale che vedono i detenutiimpegnati in attività volte ad un futuro reinserimento sociale. Con questa iniziativa non solosi è offerto ai detenuti un riconoscimento della loro buona condotta ma è stato anche unmodo per mantenere pulito uno spazio verde nella città”.

Giardinieri per un giorno all’AnnunziataL’eco-day “contagia” anche Ascoli

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Sono da pochi mesi nella casacircondariale del Marino ma mai primad’ora avevo sentito parlare del trainingautogeno. Appena ho sentito il nomesono stato attratto e ho iniziato afrequentare questo corso che mi parevadiverso dagli altri che già frequentavo.Ero molto curioso di vedere a cosaserviva e mi incuriosiva ancora di più ilfatto che a condurlo fosse la psicologa: ladottoressa Maria Barletta. Lei ci haspiegato che con il training autogeno sipossono risolvere tanti disturbi organici epsichici. Infatti la pratica influenza variefunzioni dipendenti dal sistema nervosovegetativo come la respirazione, lacircolazione del sangue e il metabolismo.Inoltre consente di mutare il tonodell’umore e attenuare gli stati emotivi el’ansia portando a un sempre maggioregrado di distensione, benessere edequilibrio psicosomatico. Permetteinfatti di combattere lo stress, le tensionimuscolari e psichiche, la mancanza dienergia, l’ansia e le sue somatizzazioniorganiche come tremori, insonnia,tachicardia, gastrite ecc. Tutti disturbi dicui soffre la maggior parte dellapopolazione detenuta.

Attraverso il corso abbiamo appreso cheil training autogeno è stato ideato dallopsichiatra tedesco J.H. Schultz negli anni’30. L’obiettivo di Schultz era quello direndere il paziente meno dipendente dalterapeuta e divenire lui stesso autore delproprio cambiamento e del propriobenessere. Il termine “autogeno” vuolemettere in risalto come le modificazionipsichiche e somatiche vengonoprovocate autonomamente dal praticante,

adattando il metodo alle proprieesigenze. Lo psichiatra tedesco hagenialmente intuito che se è vero che lapsiche può influenzare negativamente ilsomatico è altrettanto vero che lo stessomeccanismo può agire in senso inverso e,con un adeguato addestramento, produrrerisultati positivi. Non solo: se lo psichicopuò influenzare il somatico, anche ilsomatico può influenzare lo psichico. Inquesto modo possiamo imparare aprodurre nel nostro corpo quegli stati chepossono influenzare positivamente lapsiche, interrompendo quel circolovizioso negativo. Praticamente la stessadinamica che ci fa ammalare può essereutilizzata per farci stare bene.Ecco perché invito tutti i detenuti afrequentare il corso di training autogeno:fa bene a tutti ed è utilissimo nellecondizioni in cui ci troviamo a vivere.Una esercitazione non supera i dieciminuti e va praticata due, tre volte algiorno per le prime settimane. A voi lascelta.

Kleves Hajdini

Lunedì: Matematica - Scuola media (8.30/11.30)Informatica (8.30/11.30)Cucina (1° lunedì del mese) (13.00-14.00) Bricolage (15.00-17.00)

Martedì: Italiano - Scuola media (8.30-10.30)Ginnastica (sez. Circondariale) (9.00-11.00)Italiano - Alfabetizzazione (10.30-11.30)Ginnastica (sez. Circondariale) (13.00-15.00)Training Autogeno (sez. Circondariale) (13.00-14.00)Musica (15.00-17.00)Cineforum (3°martedì del mese) (15.00-17.00)

Mercoledì: Ginnastica (sez. Filtro) (9.00-11.00)Italiano - Alfabetizzazione (14.00-16.00)Italiano - Scuola media (16.00-17.00)

Giovedì: Laboratoratorio di GiornalismoPeriodico “Io e Caino” (9.30-11.30)Training Autogeno (sez. Filtro) (13.00-14.00)Alfabetizzazione - Inglese (14.00-15.00)Scuola media - Inglese (15.00-17.00)

Venerdì: Francese - Scuola media (8.30-10.00)Italiano - Scuola media (10.00-11.30)Inglese (8.30-11.30)

Sabato: Giornalino interno (10.00-12.00)Laboratorio Radio Incredibile (14.30-16.30)

Ricomincio da qui

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Sono Gianluca e riprendo quello che ha scritto il giudice RaffaeleAgostini nel primo numero del nostro giornale: “La pena diventapiù o meno dura e più o meno rigorosa a seconda di dove la sisconti. Una cosa è essere detenuti a Poggioreale o all’Ucciardone,una cosa è esserlo a Macerata Feltria o Camerino”. E’ esattamentecosì. Sono nel carcere di Ascoli da quasi tre anni e in passato sonostato a Poggioreale e posso dire che sono due mondi completamentediversi. Già durante il primo ingresso a Poggioreale ho sentito chetirava un’aria diversa. Dopo il rito delle impronte digitali, foto ecc.aspetti ore in una cella prima che ti portino in sezione. Quandofinalmente ti portano dentro noti un silenzio di tomba, come se nonci fosse nessuno. Invece in una sezione come quella ci sono almeno150 persone. Arrivati davanti alla cella trovi 8 o 9 ragazzi in menodi 25 metri quadrati che parlano a bassa voce. Pensi che qualcunostia male e che loro bisbigliano per non dare fastidio. Invece no. Siparla a bassa voce perché quella è la regola e se alzi di poco il tonoarriva subito un agente che ti chiede se c’è qualche problema.La mattina alle 8, come in tutte le carceri, c’è la conta e la battituradelle inferriate. A Napoli quando arriva il controllo devi avere iltelevisore spento, finestre aperte e devi stare in piedi davanti al lettorifatto, vestito e dritto come al militare.

Si fanno le pulizie della cella e alle 9 si va all’aria: esci dalla cella,ti metti in fila indiana camminando sotto al muro a testa bassa, maniincrociate dietro alla schiena e senza oltrepassare nemmeno di uncentimetro la linea disegnata sul pavimento. In estate, nonostante ilcaldo infernale, non puoi assolutamente andare al passeggio concanottiera, pantofole e pantaloncini. Al massimo puoi indossare ilpinocchietto. E non puoi portare nulla con te, asciugamani o acquacompresi. Se per caso volessi uscire qualche minuto prima perqualunque motivo, non è consentito.Tornato in cella aspetti che arrivi il pranzo, se così si può chiamare,perché dal carrello al massimo prendi un’insalata. Il resto èimmangiabile: con 4 cucine per duemila detenuti è già un miracolose arriva qualcosa. Dopo pranzo, verso le 13, c’è di nuovo l’aria,dopodiché resti in cella per tutto il giorno senza fare nulla. Questala situazione del periodo in cui sono stato in quell’istituto. Non eraconsentito nemmeno giocare a carte, non esisteva un mazzo di cartevere e allora ce le costruivamo con i pacchetti di sigaretta egiocavamo con la paura dei controlli.Non esistevano corsi di nessuno genere. Prima di essere ammessi allavoro passavano mesi, a volte anche un anno. E lo stesso valevaper avere un colloquio con un educatore o uno psicologo. Non

parliamo poi dell’attesa per una visita medica. Per quella dovevimetterti d’accordo con i compagni di cella perché al massimopoteva andare in visita uno alla volta. Le docce erano consentitesolo una volta a settimana e dovevi riuscire a insaponarti e lavartiin 5 minuti altrimenti restavi insaponato.I colloqui erano un altro trauma. Venivi chiamato e portato in unacella piccolissima dove trovavi ammassate 10 o 15 persone. Ognivolta aspettavi anche ore, senza nemmeno poter fumare unasigaretta, prima di essere portato in sala colloqui. Ai familiari nonpotevi offrire nemmeno una caramella. Gli stessi familiari prima diriuscire a vederti avevano passato ore fuori dall’istituto, spesso infila già all’alba.In questa situazione diventa impossibile recuperarsi perché quandoesci sei più incarognito di prima. Racconto la mia esperienza persottolineare la differenza tra questi istituti e il carcere di Marino. Iosinceramente il carcere di Ascoli lo definisco un collegio. Certo sipotrebbe avere di più, ma credetemi, se passate solo una settimanain un altro istituto di quelli in cui sono stato io, vi rendete conto chequi si vive nel superlusso. In tutti i sensi.

Gianluca Migliaccio

Un salto a Poggioreale e poi di corsa in… collegio

I dieci minuti che ti migliorano la vitaA lezione di training autogenocon la psicologa del Marino

I CORSI ATTIVATI DALLA DIREZIONE

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Con grande piacere ho letto il primo numero di “Io e Caino”. Gliarticoli scritti con grande umanità ed entusiasmo dai detenuti li hotrovati veramente intensi ed interessanti. Certamente queste iniziativeaiutano a costruire quel ponte ideale tra mondo del carcere e societàesterna, troppo spesso isolati da barriere più che fisiche, culturali e direciproca diffidenza. Da sempre credo che il carcere costituisca anche e soprattutto unluogo di recupero e di riscatto, dove chi ha smarrito la strada dellalegalità possa riappropriarsi, con l’aiuto di operatori e volontari, dellapropria vita e ricominciare. Esprimo, dunque, a nomedell’Amministrazione provinciale vivo apprezzamento al direttore,Lucia Di Feliciantonio, che si è sempre dimostrata aperta verso leattività di aggregazione sociale e le azioni più innovative, nonostantele numerose difficoltà operative e logistiche. Un plauso anche allagiornalista Teresa Valiani che, con competenza e passione, staportando avanti questa avventura editoriale. Da sempre l’Amministrazione provinciale è vicina alle esigenze delcarcere piceno con iniziative di formazione, di socializzazione versogli ospiti della casa circondariale e su questa strada intendiamoproseguire anche per il futuro.Non ultimo intendo rivolgere un incoraggiamento ai detenuti chehanno partecipato alla stesura del giornale, contribuendo con le loro

capacità, il loro impegno e il bagaglio umano. Emerge infatti tutta laloro volontà di superare sofferenze, difficili storie personali persperare in un futuro più sereno all’insegna del pieno e soddisfacentereinserimento nella società. Credo sia un dovere delle istituzioni essere vicine alle categorie piùsensibili della comunità assicurando, secondo le rispettivecompetenze e le risorse possibilmente impiegabili, strumenti edopportunità anche e, soprattutto, per chi vive percorsi difficili comequello carcerario. Con questo impegno, rinnovo il mio compiacimento per questariuscita iniziativa e formulo i migliori auguri per traguardi sempre piùimportanti a vantaggio della crescita umana e sociale dei protagonisti.

Il Presidente della Provincia Piero Celani

Grazie Presidente, per il sostegno arrivato in passato e per tuttoquello che potrà fare per il futuro. Le sue parole ci incoraggiano aproseguire nel nostro progetto che, speriamo, troverà ancora il suoconsenso.

La redazione

Buongiorno a tutta la redazione.Ho avuto il piacere per mano della Dott. Di Feliciantonio di leggere il giornale chedefinirei “una vostra finestra aperta sul nostro mondo”. E’ stato emozionante. E’commovente leggere pensieri e parole come: errori, pentimento, libertà, famiglia, dopoogni notte esce il sole ecc.Parole che ormai escono comunemente dalla bocca di tutti, ma ad esse non viene dato ilgiusto valore, voi invece le accentuate, le fate vostre, come vorreste che fosse vostra unanuova vita.Bhe, ragazzi, forse avete trovato la strada giusta, una strada lastricata di buonipropositi, ma non fatta solo di parole, una strada che dovrete costruire “sì costruire voi”,ma dove ai bordi troverete tante persone che vi incitano ad andare avanti.Così è la vita vera, piena di entusiasmi, di voglia di fare, di sogni, ma anche di sogniinfranti, verniciata di rosa per non passare le notti in bianco. Con questa frasesimpaticamente ironica e sdrammatizzante, auguro a tutti voi, a chi lavora per voi e convoi, una vita piena forse sì di piccole cose belle, ma VERE .Tanta Felicità.

Marilena Di DonatoGentile Marilena,sapere che la nostra “finestra” si apre anche all’esterno e che addirittura suscita emozioni importanti,non può che farci sentire realizzati e soddisfatti. Un particolare ringraziamento va a lei che sicuramenteci appoggia e non ha pregiudizi nei confronti del carcere e di noi detenuti.

Ciao a tutti,sono Federica, la ragazza di Udine che ha scritto la lettera ad Altin pubblicata nelprimo numero del vostro periodico d’informazione dal carcere. Oggi ho ricevuto il vostrogiornale e devo confessarvi che l’ho divorato immediatamente!Vorrei farvi i complimenti perché in poche pagine siete riusciti a dare un’idea di cosasignifichi per voi essere in carcere, dando voce al vostro cuore e parlando di ciò che nonva per il verso giusto, cercando di far valere i vostri diritti. Per questo voglio farvi ungrande in bocca al lupo per il continuo impegno che questo periodico vi richiederà e, comedico sempre ad Altin, non bisogna mai mollare perché la vita riserva anche molte cosebelle. L’importante è crederci! Bravi, continuate così!

Federica

Cara Federicale tue parole ci danno la giusta spinta per continuare a credere nel nostro progetto, un grazie di cuore.

Quest’estate ho fatto leggere a un’amica ilbrano di Berger con il quale in redazioneavevamo deciso di chiudere il primo numerodel giornale. E poi le ho detto: “Senti, ti va dibuttare giù un disegno che rappresenti ilmeleto? Mi piacerebbe pubblicarlo insieme altesto”. Chiedere a un pittore di “buttare giù undisegno” è come chiedere a un architetto difare lo schizzo di un palazzo o a un autore discrivere la bozza di un libro: ci vogliono pochisecondi a dirlo ma tanto lavoro, esperienza eispirazione per farlo. Annunzia non ci hapensato un attimo e mi ha risposto “Sì, dammisolo un po’ di tempo”. Un po’ di tempo sonostati cinque mesi che l’artista ha rubato qua elà ai suoi allievi e alla sua famiglia perdedicarli al nostro giornale e al supercarcere.Il risultato del suo lavoro è pubblicato sullacopertina di “Io e Caino” e ci terràcompagnia per questo primo anno di edizione.L’autrice, Annunzia Fumagalli, pittriceinternazionale dell’Associazione culturale“L’Arca dei Folli” di Cupra Marittima, l’ha

chiamato come il soggetto del brano che l’haispirato: “Il Meleto”.“Il Meleto è un luogo felice, pieno di colori edi emozioni – racconta la pittrice – e lachiusura del cancello, che rappresenta lagabbia, la reclusione, viene impedita dallanatura che piano piano soffoca e rimangia lesbarre riappropriandosi dei suoi spazi perrestituire solo armonia. Il cancello, idealeperché poggia sul niente, è aperto: le melepossono entrare o uscire e rotolano comeavessero vita propria. Molte ce la faranno araggiungere la pianura, altre si perderannoper strada, com’è nel cammino dell’uomo. Matutte proveranno comunque ad arrivare allecolline tinte di rosa non da un tramonto madall’alba di nuovi giorni”.Grazie Nunzia, per il tempo che hai dedicatoal dipinto e a noi. E per le emozioni che ci hairegalato con questo bellissimo dono.

Teresa Valiani

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Le parole per dirloPiero Celani: “Continueremo a essere vicini al carcere”

“Ogni giorno mi metto davantialla porta della cellae aspetto di sapere

se c’è qualche lettera per me”

PPeerr ssccrriivveerrccii......È possibile scrivere alla nostra redazione, intervenire e commentare i diversi argomenti

trattati dal nostro giornale. Potete indirizzare le vostre lettere a:

Redazione Io e Caino, c/o Casa Circondariale, via dei Meli, 218, 63100 Ascoli Piceno

Oppure potete inviare la vostra e-mail a: [email protected]

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Indirizzi utili

“Monsieur Le Maire,mi è stato chiesto di scriverle mentre sogna…Signor sindaco, quale edificio direbbeche ospiti il maggior numero di sogni?La scuola? Il teatro? Il cinema? La biblioteca?Un albergo intercontinentale? La discoteca?Non potrebbe essere un carcere?Tanto per cominciare, il carcere è fondato su una seriedi sogni.Il sogno della Giustizia Civica, il sogno dellaCorrezione.Il sogno di una città fatta di Civica Virtù.Poi ci sono i sogni sognati adesso, ogni notte.I sogni includono, naturalmente,gli incubi e i terrori degli insonni…Dentro le mura… c’è il grande, perenne sogno dellaFuga.Tra le guardie c’è l’incubo della Rivolta dei Detenuti.Poi c’è una serie infinita di piccoli sogni.Il sogno del mare: il Rodano dista solo lo spaziodi un giardino e i piccioni che cacanosul reticolato di ferro volano sopra il fiume.Il sogno di prendere il TGV per Parigi.Parte ogni ora e i binari sono anche più vicinidel Rodano.Sogni di una vita privata.E questi riguardano sia il tempo che lo spazio.Il sogno di un tempo tutto per sé.Scegliere una data (sabato 6 maggio, diciamo)per fare qualcosa che si è scelto da soli!

Sabato vado a trovare mio cognato a Bapaue.O, sabato vado al cimitero di Clamart a prenderela bottiglia di vodka nascosta tra i fiori sulla tombadel mio amico per bere alla sua salute.(Anche lui è stato per ventisette anni in un altro tipo dicarcere).Il sogno delle donne. Il sogno delle porte aperte.Il sogno dei sabato sera.Il sogno rabbioso di mettere fine a tutto.Il sogno di niente più sbagli…Spero che stia ancora sognando, Monsieur Le Maire…Se ho capito bene, la prima fase del suo vasto piano diriassetto del centro di Lione…prevede la demolizione delle carceri…Cosa ne prenderà il posto?Mi permetto di darle un suggerimento.L’area occupata dalle due carceri è piccola.Meno di due ettari.Immagini di trasformala in un meletoda utilizzare come parco pubblico.Sarebbe la prima volta al mondoche nel cuore di una città si trova un meleto!E nei fiori primaverili e nei frutti d’ottobrerivivrebbe il ricordo di tutti i sogni sognati qui.Qui, mi permetto di insistere, signor sindaco qui.Secondo Zima, esperto forestale, gli alberiandrebbero piantati a intervalli di 6-8 metri.Le celle attuali misurano 3 metri x3,6”.

JOHN BERGER

ISTITUTI DI PENA DELLE MARCHE

• Casa CircondarialeANCONA - MONTACUTODirezione: Santa Lebboronitel. 071-897891 - 2 - 3 - 4fax: 071-85780tel. N.T.P.: 071 897893Via Montecavallo, 73/aCAP [email protected]

• Casa CircondarialeASCOLI PICENODirezione: Lucia Di Feliciantoniotel. 0736-402141 - 402145fax: 0736-306256tel. N.T.P.: 0736-403381Via Meli, 218CAP [email protected]

• Casa CircondarialeCAMERINODirezione: Reggente Lucia Di Feliciantoniotel. 0737-632378 - 632630fax: 0737-637196tel. N.T.P.: 0737 - 631000Via Sparapani, 8CAP [email protected]

• Casa CircondarialePESARODirezione: Claudia Clementitel. 0721-281986 - 282575fax: 0721-282451tel. N.T.P.: 0721-281829Strada Fontesecco, 88CAP [email protected]

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• Casa di ReclusioneANCONA - BARCAGLIONEDirezione: Maurizio Pennellitel. 071-2181980fax: 071-2181223Via Colle Ameno, 25CAP [email protected]

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OMBUDSMAN REGIONALE CON FUNZIONIDI GARANTE DEI DIRITTI DEI DETENUTI

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