LA CONTRATTAZIONE
DI SECONDOLIVELLO
P.O.R. CAMPANIA FSE 2007-2013 - ASSE II OCCUPABILITÀ Obiettivo Specifico f) Migliorare l’accesso delle donne all’occupazione e ridurre le disparità di genere Obiettivo Operativo f2) Promuovere azioni di supporto, analisi, predisposizione e sperimentazione di modelli che migliorino la condizione femminile nel mercato del lavoro “Conciliazione e condivisione per il benessere sociale, familiare ed aziendale: sperimentazione e diffusione di buone prassi sulla contrattazione di II livello” CUP B39G13001000007
Comune di NuscoComune di Montefredane
Associazione per la formazione e l’inserimento lavorativo
Per info: PRONTO DONNA 80019438AS.FOR.IN. 0825 22711
via F.lli Bisogno, 27www.conciliazionecondivisione.wordpress.com
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LA CONTRATTAZIONE DI II LIVELLO: UNA BREVE GUIDA
A cura di AS.FOR.IN., CISL, CGIL, UGL e UIL di Avellino
Progetto: “Conciliazione e condivisione per il benessere sociale, familiare ed aziendale: sperimentazione e diffusione di buone prassi
sulla contrattazione di II livello” CUP B39G13001000007
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Prefazione di
Lorenzo Corona AS.FOR.IN.
Introduzione di
Raffaella Monia Calia AS.FOR.IN.
Hanno collaborato alla redazione:
Mario Melchionna CISL
Stefania De Mattia CISL
Gerardina Picardi UGL
Irma Genovese UGL
Vincenza Preziosi UIL
Giovanna Sfera UIL
Adele Giro CGIL
Mara Vitale CGIL
Progetto grafico di
Paola Liloia “Cooperativa ECO”
Michele Policano AS.FOR.IN.
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P.O.R. CAMPANIA FSE 2007-2013 - ASSE II OCCUPABILITÀ Obiettivo Specifico f) Migliorare l’accesso delle donne all’occupazione e
ridurre le disparità di genere - Obiettivo Operativo f2) Promuovere azioni di supporto, analisi, predisposizione e sperimentazione di
modelli che migliorino la condizione femminile nel mercato del lavoro
La presente Guida è l’esito di uno dei lavori dell’ “Osservatorio Provinciale sulla contrattazione di II
livello” e ha la finalità di diffondere la contrattazione di II livello, sperando che ciò possa
contribuire ad agevolare e incentivare percorsi di contrattazione per il miglioramento della vita
professionale e familiare.
Ci auguriamo che questo possa essere uno dei primi segnali, oltre a costituire uno stimolo a
proseguire, per sostenere la contrattazione di II livello soprattutto declinata in una prospettiva di
genere. Supportare le donne nei loro delicati e impegnativi ruoli significa, a nostro avviso,
facilitare il processo di crescita e di sviluppo di una società più equa e solidale, ma vuol dire anche
contribuire fattivamente alla parità di genere.
In tal senso la contrattazione di secondo livello è un elemento che accorcia le distanze tra uomini e
donne, e che agisce anche sul piano culturale introducendo l’elemento della “condivisione” tra i
sessi, superando la logica della “conciliazione” per le sole donne.
Lorenzo Corona
Presidente AS.FOR.IN.
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Introduzione (a cura di AS.FOR.IN.) 4
1. La contrattazione di II livello aziendale e territoriale (a cura della CISL) 5
2. Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità (a cura della UGL) 10
3. Contrattazione di secondo livello dal punto di vista di genere (a cura della CGIL) 12
4. Normativa di riferimento della Contrattazione di II livello (a cura della UIL) 14
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Introduzione
a cura di AS.FOR.IN.
Le politiche di genere, e in particolar modo, la contrattazione di secondo livello, rappresentano
temi centrali del progetto “Conciliazione e condivisione per il benessere sociale, familiare ed
aziendale: sperimentazione e diffusione di buone prassi sulla contrattazione di II livello”,
realizzato dall’Accordo Territoriale di Genere stipulato tra AS.FOR.IN. di Avellino, soggetto
capofila e i partner: CGIL di Avellino, UST Cisl di Avellino, CSP UIL di Avellino, UGL di Avellino,
Comune di Montefredane (AV), Comune di Nusco (AV), Consorzio dei Servizi Sociali “Alta Irpinia”
di Lioni (AV), Consorzio dei Servizi Sociali A6 di Atripalda (AV), C.N.A. di Avellino, ASI - Consorzio
per l’Area di Sviluppo Industriale di Avellino, API Irpinia di Avellino, Cooperativa Sociale Ambra
Onlus di Montemiletto (AV), Cooperativa Sociale La Girella Onlus di Avellino.
Il progetto, realizzato nel periodo dicembre 2013 - luglio 2015, ha avuto l’obiettivo di avviare
azioni di diffusione delle enormi possibilità e potenzialità, offerte dalle politiche regionali,
nazionali e comunitarie, di miglioramento della condizione lavorativa femminile e maschile,
spesso poco conosciute ma anche difficili da applicare concretamente.
In questo percorso, messo in piedi dal Tavolo Provinciale e facilitato dall’ “Istituzione di un
Osservatorio sulla contrattazione di II livello” è venuta fuori, chiara e imprescindibile, la difficoltà
di come, soprattutto in periodi di crisi, sia complicato contrattare nelle imprese condizioni di
parità tra donne e uomini, in relazione soprattutto ai “percorsi di carriera”, al riconoscimento di
premi di risultato, all’introduzione di strumenti e forme di condivisione familiare, innovativi e
creativi.
Ma cos’è, in parole semplici, la contrattazione di secondo livello e come se ne può facilitare
l’applicazione?
Questa è una delle domande a cui proviamo a rispondere con questa breve guida, che, lungi dal
pretendere di essere esaustiva, vuole rappresentare uno strumento di diffusione e di
orientamento alla pratica ed alla normativa di riferimento.
L’idea è quella di diffondere la contrattazione tra gli attori del sistema imprenditoriale, gli enti
pubblici, le associazioni di categoria, i soggetti sindacali, ma anche tra le famiglie, le donne, gli
uomini e soprattutto i giovani, al fine di restituire ad essa un ruolo centrale, soprattutto in un
periodo di crisi, come quello attuale, che la vede, per certi versi, una pratica marginale, sia perché
non viene interpretata come un mezzo di miglioramento del benessere lavorativo, anche in
termini di aumento della produttività, sia perché spesso non si ha di essa conoscenza. La
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circolazione delle informazioni e la conoscenza dei propri diritti rappresentano sicuramente fattori
di crescita e di benessere sociale, di cui abbiamo bisogno, forse, oggi più che mai.
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1. La Contrattazione di II Livello Aziendale e Territoriale
a cura della CISL
La Contrattazione di secondo livello, definita anche Contrattazione decentrata o contrattazione di
prossimità, integra il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro con ulteriori acquisizioni,
declinazioni e dettagli delle relazioni tra datori di lavoro (pubblici e privati) e prestatori d’opera.
Si distingue in contrattazione aziendale o di luogo di lavoro (si pensi alla Pubblica Amministrazione
con particolare riferimento alla Sanità ed agli Enti Locali) e contrattazione territoriale.
La prima avviene a livello di singole imprese, uffici, banche, esercizi, tra direzione aziendale,
Sindacato interno (RSU, RSA, ecc) con o senza l’assistenza e l’ausilio del Sindacato territoriale. Le
voci possibili, normalmente enucleate dai singoli CCNL con apposite “clausole di rinvio”,
riguardano voci aggiuntive in materia di retribuzioni, come la produttività, orario, condizioni di
lavoro, ambiente e sicurezza, formazione. La contrattazione territoriale scatta invece tra le parti
sociali presenti in un determinato territorio.
In altre parole, il Contratto nazionale è frutto di un accordo, appunto nazionale, tra Sindacati ed
Associazioni datoriali e la sua funzione è quella di determinare il contenuto essenziale della
relazione lavorativa, sia sotto l’aspetto economico (retribuzione, trattamenti di anzianità), sia
sotto quello normativo (orario, qualifiche e mansioni, ferie, ecc.). Il suo vantaggio storico e, a
giudizio della CISL difficilmente sostituibile, è che l'azienda pubblica o privata non può
unilateralmente usare armi come l'abbassamento dei salari o altri peggioramenti delle condizioni
di lavoro (orario, straordinari, ecc.) per essere più competitiva sul mercato.
Il contratto aziendale di secondo livello, invece, è fatto su misura per l’azienda e/o per l’ufficio o
per la realtà territoriale nella quale esso si colloca. Quindi risponde meglio alle esigenze specifiche
del luogo e del momento. È possibile, ad esempio, aumentare la parte della retribuzione che varia
a seconda dei risultati, così da incentivare l’impegno dei lavoratori rendendoli compartecipi degli
obiettivi aziendali. In generale, la contrattazione spostata a livello di territorio o di singolo posto di
lavoro, può servire alle aziende a rispondere in modo più rapido e flessibile alle sollecitazioni dei
mercati (o delle utenze nel caso della P.A.) che sono sempre più globali, cioè ad essere più
competitive.
Infatti la contrattazione di secondo livello, che normalmente arricchisce di dettagli il Contratto
nazionale con ulteriori regole, di solito è più vantaggiosa per i lavoratori, tanto che è in vigore, da
molti anni, uno sgravio per le aziende e per i dipendenti (purtroppo solo nei settori privati) sulle
erogazioni previste dai contratti di secondo livello e destinate all’aumento della produttività: la
cosiddetta detassazione dei salari di produttività.
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Tutto questo fino al 2011 era – in gran parte – definito dalla libera scelta tra le parti che
decidevano di demandare ad un livello più specifico la trattazione di argomenti la cui specifica
andava fatta adeguandola alle singole peculiarità dei singoli territori e dei luoghi di lavoro.
Poi, proprio nel 2011 vi fu una svolta significativa a mezzo di una Legge che, però, recepì uno dei
più importanti accordi interconfederali sottoscritti sull’argomento: quello del 28 giugno del 2011,
al contrario di ciò che attiene alla P.A., ove poiché quasi tutto va regolamentato per via legislativa,
i livelli della contrattazione erano – di fatto – già stati normati.
Ma, nei settori privati, la Legge 148 del 17 settembre 2011, che prese le mosse dall’Accordo
interconfederale del 28 giugno dello stesso anno, fu un vero punto fermo sulla materia. Ad onor
del vero già l’Accordo interconfederale del 15 aprile 2009, sottoscritto dal Governo di allora con le
Organizzazioni Sindacali dei lavoratori e delle Imprese, aveva introdotto un modello di
contrattazione con elementi più di continuità che di rottura rispetto al precedente (23 luglio 1993)
immettendo un diverso sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva ai vari
livelli e molto “timidamente” trattando la contrattazione di 2° livello.
La CISL, a suo tempo, dopo qualche perplessità metodologica, sostenne l’emanazione della Legge
a condizione che (come poi avvenne) la funzione normativa, che abilitasse a derogare a
disposizioni altrimenti inderogabili, svolgendo un ruolo solo “strumentale” rispetto all’obiettivo
prestabilito che l’accordo di giugno 2011 voleva perseguire. La citata disposizione di legge, infatti,
prevede un articolo dal significativo titolo di: “Sostegno alla contrattazione collettiva di
prossimità” laddove prevede che i Contratti di secondo livello siano “... finalizzati alla maggiore
occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all'adozione di forme di partecipazione dei
lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla
gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività…”.
I principali argomenti, importantissimi e difficilmente regolabili se non per “via contrattuale”, che
la Legge demanda alla contrattazione sono, in via esemplificativa:
- la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione;
- l’introduzione di nuove tecnologie;
- le mansioni del lavoratore, la classificazione e l’inquadramento del personale;
- i contratti a termine, i contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della
solidarietà e disciplina dell'orario di lavoro;
- le modalità di assunzione e la disciplina del rapporto di lavoro.
Ciononostante, restano di massima importanza – per la CISL – gli Accordi interconfederali unitari
sulle regole della contrattazione e sulla rappresentanza che, negli ultimi 4-5 anni, hanno
riaffermato la centralità della contrattazione di secondo livello come fattore strategico per
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migliorare la competitività delle imprese e per dare maggiori opportunità salariali ai lavoratori
attraverso il raggiungimento di obiettivi individuati di comune accordo, condivisi e controllabili.
E’ una vecchia intuizione della CISL che, fin dagli albori della sua nascita – all'inizio degli anni ‘50 –
aveva colto la valenza della contrattazione articolata come strada privilegiata per dare risposte ai
bisogni dei lavoratori e delle imprese e per tenere sempre alto il potere contrattuale ed il ruolo
stesso del Sindacato-organizzazione.
Da sempre, ma ancor più al tempo della crisi, la CISL mette continuamente a disposizione dei
propri quadri, operatori e delegati nuove occasioni e strumenti per qualificare maggiormente un
approccio consapevole e professionale alla contrattazione di secondo livello, sia nell’ambito
aziendale/industriale sia in quello della dimensione di territorio.
Peraltro non è un caso che, ad oggi, la CISL è l’unica grande centrale confederale che, oltre alla
formazione per creare specialisti della contrattazione di secondo livello, ha istituito e aperto alla
consultazione da parte di tutta l’organizzazione un vero e proprio “Osservatorio nazionale sulla
contrattazione di secondo livello”, organizzato come una banca dati dettagliata, comparata,
suddivisa per argomenti, per territori e per tematiche: si tratta di un utilissimo strumento di
condivisione e di consultazione di accordi sottoscritti in tutt’Italia; un vero e proprio network di
conoscenza, di analisi, di ricerca e di comparazione di esperienze e di soluzioni contrattuali
adottate nei luoghi di lavoro e sui territori avendo a disposizione l'intero panorama nazionale
della contrattazione di secondo livello o di “prossimità”.
L’attuazione e la realizzazione del progetto è il frutto di un lavoro sinergico svolto da tutti i livelli
della CISL: sia nelle Federazioni di Categoria sia sul territoriale; sia al Centro romano che in
periferia delle singole Province; il tutto con il coordinamento statistico di esperti di
contrattazione, di ricerca e di informatica, capaci di effettuare l’analisi e realizzare il caricamento
e la successiva diffusione degli accordi aziendali e territoriali.
A cadenza periodica, infatti, vengono redatti dei dossier sulla contrattazione di secondo livello
contenenti una serie di letture statistiche e politiche sull’andamento della contrattazione che
risultano insostituibili per attuare una seria verifica degli effetti dei modelli contrattuali e delle
loro regole. I dati più recenti, rilevati dal nostro Osservatorio ma con sempre maggiore interesse
seguiti da tutti gli stakeholders, rappresentano una contrattazione decentrata che sempre meno
affronta temi salariali (spesso essendo costretta ad intervenire con misure cosiddette “difensive”)
ed affrontando – invece – attraverso la sperimentazione, tematiche riguardanti la conciliazione
vita-lavoro, la flessibilità organizzativa e degli orari, il welfare aziendale, la formazione e la
qualificazione del lavoro, la produttività anche in prospettiva di genere. Una contrattazione
“schiacciata” dalla crisi: questa la considerazione immediata che si può trarre nel periodo
corrente. Ma, specie su questi temi, la pratica negoziale incontra e attraversa anche terreni diversi
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da quelli della contrattazione di secondo livello in senso industriale/aziendale; un esempio, anche
questo, molto radicato nella cultura sindacale della nostra Organizzazione, risiede nella
promozione istituzionale di contrattazione e concertazione sociale che il Sindacato deve svolgere
con le Amministrazioni Locali, le Regioni o il Governo nazionale su tutti gli aspetti di difesa del
potere di acquisto di pensioni e salari (tasse, tariffe, politiche sociali, sanità, assistenza, trasporti
ecc.). E’ proprio in questa prospettiva che la CISL ha rilanciato la sua azione nella concertazione
delle politiche di welfare, fiscali e tariffarie, i bilanci locali, della fiscalità, dei servizi e delle tariffe
sociali, nella convinzione che sono proprio le micro soluzioni territoriali quelle più efficaci in
termini di visibilità di risultati e di benefici apportati a pensionati, lavoratori e le proprie famiglie.
La sommatoria dei molti accordi territoriali, infatti, produce un deciso miglioramento delle
condizioni di vita delle persone; molto più di quanto potrebbe fare un unico intervento di
carattere nazionale. In caso contrario, il rischio è che i benefici eventualmente generati da una
possibile azione sindacale tutta “centralizzata”, vengano negativamente compensati a livello
periferico. In questo contesto le politiche contrattuali di secondo livello diventano fattori rilevanti
e non “residuali” rispetto all’azione sindacale per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle
donne e degli uomini inseriti nelle nostre comunità locali.
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2. Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità
a cura della UGL
La contrattazione di secondo livello aziendale o territoriale, ha in genere la funzione di integrare il
CCNL (contratto collettivo nazionale del lavoro) per meglio rispondere ai bisogni della singola
azienda o delle aziende di una determinata area territoriale. Questi contratti sono disciplinati
dall’art 8 “Sostegno alla Contrattazione Collettiva di Prossimità” del D.L. n. 138/2011 volto a
regolamentare la materia della contrattazione aziendale/territoriale. I Contratti collettivi
sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori (rappresentanze
sindacali) operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e dagli accordi vigenti, compreso
l’accordo del 28/06/2011, possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i
lavoratori interessati, a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario
rispetto alle predette rappresentanze sindacali finalizzate alla maggiore occupazione ai contratti
di lavoro, all’emersione del lavoro irregolare, alla gestione delle crisi aziendali, agli investimenti e
all’avvio di nuove attività. Le specifiche intese possono riguardare la regolazione delle materie
inerenti all’organizzazione del lavoro come l’introduzione di nuove tecnologie; alle mansioni dei
lavoratori ai contratti a termine; alla somministrazione del lavoro e disciplina dell’orario del
lavoro; alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e conseguenze del recesso del
rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di
gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro; il licenziamento causato dalla
domanda del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice.
A livello aziendale devono partecipare alla sottoscrizione uno o più sindacati che rappresentino la
maggioranza dei lavoratori dell’azienda; a livello territoriale, perché il contratto abbia efficacia
occorre che, nella singola azienda, la maggioranza dei lavoratori sia iscritta all’organizzazione
sindacale stipulante e abbia conferito specifico mandato per la sottoscrizione del contratto di
prossimità. La durata del contratto è normalmente di 3 anni o diversamente indicata in sede di
stipulazione dai sindacati e dall’azienda. Le parti per favorire la contrattazione di secondo livello
concorderanno linee guida utili a definire modelli di “premio variabile” o di “premio produzione”
o di “premio presenza” i quali dovranno tener conto delle compatibilità aziendali in funzione:
1. Degli aumenti retributivi previsti dal CCNL;
2. Dalle eventuali retribuzioni già previste nella contrattazione regionale o provinciale di
secondo livello. La contrattazione di secondo livello territoriale/aziendale è ammessa sulle
seguenti materie espressamente individuate:
- Qualifiche a livelli esistenti in azienda correlati a mansioni non equiparabili a quelli
compresi nella classificazione del presente contratto;
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- Costituzione e funzionamento dell’organismo regionale o provinciale bilaterale per la
prevenzione di infortuni, per l’attivazione delle norme dell’igiene e l’ambiente di
lavoro, come quanto previsto dal D.lgs. 81/2008.
3. Premi produttività, premi presenza, indennità sostitutiva trasporto e buoni pasto;
4. Casi d’ammissibilità e modalità di pagamento della tredicesima mensilità in ratei mensili;
5. Adozione di regimi di flessibilità e ripartizione dell’orario giornaliero di lavoro;
6. Deroghe al normale orario di lavoro settimanale; articolazione dei turni di lavoro con
eventuali riposi a conguaglio; modi di godimento dei permessi conseguenti alla riduzione
dell’orario di lavoro per particolari esigenze produttive aziendali;
7. Ampliamento della Banca Ora;
8. Determinazione dei turni feriali;
9. Modi di applicazione del lavoro a tempo parziale e a tempo indeterminato;
10. Eventuale ricorso al lavoro somministrato, alle collaborazioni coordinate e continuative o
a progetto o di stage;
11. Attivazione della disciplina aziendale della formazione professionale da attuarsi per il
tramite degli organismi regionali o provinciali;
12. Durata e modi di svolgimento della formazione nell’apprendistato;
13. Casi di superamento di ore supplementari previste per il lavoro a tempo parziale;
14. Definizione di accordi in materia di mercato di lavoro;
15. Organizzazione di incontri fra le parti stipulanti in presente CCNL;
16. Impianti audiovisivi e installazione nuove tecnologie;
17. Eventuali materie demandate dalla contrattazione di secondo livello dalla legge o dal
CCNL.
La contrattazione di secondo livello resiste anche nei tempi di crisi ed aiuta a gestire meglio le
difficoltà sia dell’azienda sia dei lavoratori.
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3. Contrattazione di secondo livello dal punto di vista di genere
a cura della CGIL
La segregazione occupazionale di genere è ancora un fenomeno ampiamente diffuso nel mercato
del lavoro italiano. Vista la sua complessità esso va affrontato con una molteplicità di interventi e
con il coinvolgimento di una pluralità di attori sociali.
Di sicuro il sindacato e la contrattazione sindacale possono svolgere un ruolo importante per la
diffusione e la promozione di nuove pratiche di genere nei contesti lavorativi.
L’equità di trattamento e il benessere di lavoratori e lavoratrici sono i principali obiettivi
dell’azione sindacale e però è importante che all’interno delle OO.SS. si sviluppi la consapevolezza
nei confronti di questioni quali la valorizzazione delle differenze, e la conciliazione tra vita
lavorativa e vita personale.
Importante la questione del tema delle politiche di genere ed in particolare delle politiche
conciliative: Su questa questione non necessariamente sindacato e azienda devono posizionarsi
come controparti, è possibile trovare delle convergenze che corrispondano sia agli interessi delle
lavoratrici e dei lavoratori sia a quelli dell’azienda. Altra questione fortemente collegata a prima
riguarda da parte delle OO.SS. il riconoscimento dell’universalità dei diritti legati alla
contrattazione collettiva. Molto spesso, per esempio, in materia di orari si tende a personalizzare i
trattamenti che sono importanti in materia di conciliazione ma che tuttavia sembrano svilire il
ruolo sindacale indebolendone la figura di garanzia.
Per cui, trovare nuovi modi che consentano di perseguire strategie di personalizzazione senza
indebolire il ruolo sindacale, anzi rafforzandone il compito negoziale diventa di vitale importanza
nella cultura delle politiche di genere.
La situazione italiana si colloca per quanto riguarda l’occupazione femminile agli ultimi posti tra i
paesi membri, restando lontana dagli obiettivi fissati dalla conferenza di Lisbona: che erano un
tasso di occupazione femminile del 55% a medio termine nel 2005 e del 60% nel 2010.
La segregazione occupazionale di genere ed i modelli di conciliazione tra vita privata e lavorativa
vanno inoltre, ridefinendosi con la progressiva diffusione del lavoro flessibile. Da un lato si osserva
che le donne, quando dispongono di un basso livello di scolarità hanno maggiori difficoltà rispetto
agli uomini, di ottenere posti di lavoro garantiti e pienamente retribuiti e dunque più degli uomini
sono costrette ad accettare contratti non standard. Di contro la scarsa presenza tra i lavoratori
atipici di lavoratrici con elevata formazione mostra che le donne incontrano maggiori ostacoli nel
cogliere anche gli aspetti positivi di alcune tipologie di lavoro flessibile. Per cui la flessibilità spinta
nel mercato del lavoro produce ritardi di inserimento nelle occupazioni stabili o una opportunità
di autonomia lavorativa per gli uomini, mentre per le donne si rivela una forma di esclusione
permanente dalle garanzie.
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Per questo le OO.SS. hanno iniziato ad integrare le competenze sulle politiche di genere con il
livello di contrattazione aziendale.
Si ricorda che questo ha portato anche a cambiamenti nel mondo sindacale. La CGIL, ad esempio,
ha inserito nel proprio statuto una specifica norma che prevede che “nessuno dei sessi può essere
rappresentato al di sotto del 40%”.
Il riconoscimento del bisogno di conciliare il tempo tra vita privata e vita lavorativa è la condizione
indispensabile per creare un modello socialmente compatibile, dove le diverse parti sociali
possano concertare, nel rispetto dei legittimi interessi, il raggiungimento di obiettivi condivisi.
Trovare il punto d’incontro, compito della contrattazione di secondo livello, deve essere il punto
principale di negoziazione nelle piattaforme sindacali. Spesso una distribuzione flessibile del
tempo di lavoro risponde prevalentemente alle crescenti esigenze di flessibilità produttiva
dell’azienda piuttosto che alle esigenze di personalizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici. In
questo il ruolo importante della contrattazione di secondo livello è la intermediazione dei due poli
per promuovere l’introduzione di modelli organizzativi innovativi che favorendo la conciliazione
facciano abbandonare l’organizzazione rigida del flusso produttivo basato su orario giornaliero o
settimanale.
Tuttavia non è facile. Ad oggi non ci sono esperienze significative da portare a sostegno del lavoro
che le OO.SS. faticosamente svolgono. I responsabili aziendali non sempre sono disposti e parlare
di politiche di conciliazione. Spesso non sono formati a farlo non ne vedono ‘utilità e non ne
sentono il bisogno innovativo. L’integrazione delle politiche di genere all’interno della
contrattazione aziendale potrebbe tradursi, invece, in collaborazione attiva fra direzione aziendale
e RSU promuovendo la conoscenza di misure utilizzabili come congedi, permessi aspettative;
potremmo avere la verifica di criteri di valutazione equi sia per le carriere professionali sia per la
erogazione di premi ed incentivi, si potrebbe avere la garanzia della reale libertà di scelta della
maternità, e si potrebbe rafforzare sul territorio l’offerta dei servizi pubblici e privati,
intervenendo sui regolamenti degli standard qualitativi e quantitativi, sulla gestione delle liste di
attesa, sul costo delle rette e sull’accesso ai nidi aziendali. Il tutto partendo da un concetto di
condivisione e non di contrapposizione.
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4. Normativa di riferimento della Contrattazione di II livello
a cura della UIL
Con l’accordo interconfederale sulla politica dei redditi e sugli assetti contrattuali del 23 luglio
1993 si gettano le basi per una nuova struttura del sistema contrattuale, che può essere definita
di “decentramento centralizzato”.
Tale accordo, oltre a confermare l’esistenza di due livelli contrattuali – quello nazionale di
categoria e quello aziendale, ridefinisce le competenze ed i rapporti fra gli stessi. La relazione tra i
due livelli è di tipo gerarchico, caratterizzata dal ruolo primario del contratto nazionale di
categoria, ma la vera novità introdotta dal sistema generato dal protocollo del 23 luglio del 1993 è
l’introduzione di un criterio funzionale, che cerca di realizzare un “decentramento controllato e
coordinato delle funzioni”, il cui effetto è che anche il livello nazionale di contrattazione vede la
circoscrizione dei propri compiti all’individuazione dei minimi retributivi e di trattamento.
Ma il sistema previsto dal Protocollo del 1993 presenta alcune lacune: i contratti non vengono
rinnovati secondo le scadenze e molto spesso il tasso di inflazione programmata risulta molto
distante dalla reale inflazione; la contrattazione decentrata risulta essere limitata alle grandi o al
massimo medie imprese, mentre è assente o impotente nelle piccole imprese, comportando
un'assenza anche del premio di risultato e, conseguentemente, un mancato adeguamento delle
retribuzioni. Questi motivi hanno condotto ad un nuovo negoziato sulle regole di contrattazione
collettiva, costituito dall'Accordo quadro del 22 gennaio 2009, inerente la riforma degli assetti
contrattuali e non firmato dalla Cgil (si tratta di un accordo separato): con tale accordo si
sperimenterà, per un periodo di 4 anni, un nuovo modello contrattuale comune al settore privato
ed a quello pubblico, sebbene con qualche differenza. La durata dei contratti è riportata a 3 anni,
ma permangono i due livelli di contrattazione, quella nazionale di categoria e quella
aziendale/territoriale, con la previsione da parte del contratto nazionale delle competenze di
quelli territoriali. Tra l'altro la clausola di ripetibilità viene estesa alla totalità degli istituti e non
solo a quelli retributivi, come avveniva in precedenza.
Per quanto riguarda le retribuzioni, si abbandona il "tasso di inflazione programmata" come
indicatore di crescita dei prezzi al consumo, e si prende in considerazione un nuovo indice
previsionale, stabilito da un soggetto terzo ed estraneo alle parti sociali, costruito sulla base
dell'IPCA (indice prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l'Italia). Tale IPCA, per le
amministrazioni pubbliche, assume il ruolo di mero parametro di riferimento.
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Vengono confermati i premi di risultato o per obiettivi, previsti dai contratti decentrati, ma viene
previsto che la contrattazione nazionale definisca "l'elemento economico di garanzia", una
somma che le aziende devono erogare in mancanza della previsione di un premio di risultato.
Alla contrattazione decentrata viene concesso il potere di derogare in pejus la disciplina
economica e normativa prevista dai contratti nazionali, qualora ciò sia necessario per fronteggiare
situazioni di crisi territoriali o aziendali (clausole di uscita o di apertura).
L'Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, sottoscritto in via definitiva il 21 settembre
da Confindustria, CGIL, CISL, UIL e dai sindacati di categoria metalmeccanici, eccetto la FIOM,
introduce alcune novità in merito alla rappresentanza-rappresentatività sindacale, all'efficacia del
contratto aziendale e al suo rapporto con gli altri contratti collettivi. Innanzitutto stabilisce una
relazione gerarchica tra fonte collettiva nazionale e la fonte aziendale: il CCNL ha la funzione di
garantire trattamenti economici e normativi uguali per tutti i lavoratori di un settore ovunque
impiegati e la contrattazione aziendale si esercita per le materie delegate dal contratto collettivo
nazionale. In situazione di crisi o per nuovi investimenti, gli accordi aziendali possono derogare il
contratto nazionale per la disciplina della prestazione lavorativa, gli orari o l'organizzazione del
lavoro, senza un limite temporale di validità. Tuttavia il contratto aziendale può derogare quello
nazionale soltanto con la firma dei sindacati territoriali, che più direttamente rispondono alle
rappresentanze nazionali; inoltre si rinvia al rinnovo dei contratti collettivi nazionali, che può
introdurre altre limitazioni alla derogabilità. È esclusa la derogabilità della parte economica. I
contratti collettivi aziendali possono prevedere il divieto di sciopero, valido per tutta la durata fino
al successivo rinnovo. La clausola di tregua sindacale vincola i sindacati aziendali (RSA ed RSU) a
non indire scioperi, non per i lavoratori che conservano il diritto a partecipare a scioperi indetti
dalle rappresentanze sindacali nazionali e territoriali.
Per quanto riguarda rappresentanza e rappresentatività aziendale, l’accordo interconfederale del
28 giugno 2011 stabilisce che il contratto aziendale è valido se è firmato dalla maggioranza dei
componenti delle rappresentanze sindacali unitarie elette, se è firmato dalle rappresentanze
aziendali (RSA) che abbiano la maggioranza delle deleghe sindacali raccolte in azienda, se non è
sottoposto a referendum abrogativo di tutti i lavoratori, ovvero non è raggiunto il quorum del
50%+1 degli aventi diritto: il referendum può essere richiesto entro 10 giorni dall'accordo, da una
RSA non firmataria oppure con la firma del 30% dei lavoratori in forza.
Il testo "Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia",
recante la data del 16 novembre 2012, di 10 pagine, tocca numerosi temi: la produttività da
valorizzare nel secondo livello di contrattazione, il ruolo dell'Indice dei Prezzi al Consumo come
"tetto massimo", il patto di solidarietà intergenerazionale e la formazione, il mantenimento del
potere d'acquisto del contratto nazionale con le materie per il secondo livello che devono essere
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delegate in maniera esplicita, il tema del mutamento di mansioni che può essere oggetto di
autonomia contrattuale collettiva, l'attuazione dell'accordo del 28 giugno 2011 e l'esigibilità degli
accordi sottoscritti da far valere erga omnes.
Il testo, proposto alle organizzazioni sindacali dei lavoratori dalle organizzazioni imprenditoriali, è
stato firmato da CISL, UIL e UGL, mentre la CGIL non ha firmato l'intesa.
Se l’accordo del 28.6.2011 era focalizzato sulla struttura contrattuale e sulla contrattazione a
livello aziendale, il successivo Protocollo d’intesa del 31.5.2013 lo completa e lo integra, dettando
principi sulla contrattazione nazionale e sulla costituzione delle rappresentanze sindacali in
azienda, prefigurando una modifica dell’accordo interconfederale del 20.12.1993 sulle R.S.U.
Nella sua impostazione di fondo, il Protocollo d’intesa si salda al precedente accordo del
28.6.2011, incentrato sulla struttura della contrattazione e sulla contrattazione aziendale. Esso
completa innanzitutto l’accordo del 28.6.2011 in merito alla misurazione della rappresentatività
delle singole organizzazioni sindacali, al fine della legittimazione alla contrattazione collettiva
nazionale e dell’efficacia generalizzata (per tutti i lavoratori e tutte le organizzazioni sindacali) del
contratto collettivo.
Il Testo Unico sulla Rappresentanza, scaturito dall'applicazione degli accordi del 28 giugno 2011 e
del 31 maggio 2013, rappresenta un risultato di grande rilievo per tutto il movimento sindacale
confederale in quanto affronta alcune importanti questioni: dalla misurazione certificata della
rappresentanza, all'esigibilità degli accordi, al ruolo negoziale delle rappresentanze sindacali.
Gli spazi di democrazia e di partecipazione alle decisioni sono ampliati dalle nuove regole sulla
rappresentanza contenute nel Testo Unico poiché la rappresentanza di ogni organizzazione
sindacale deriverà dalla certificazione, da parte di soggetto terzo, degli iscritti e dei voti ottenuti
per le elezioni delle RSU; le RSU saranno elette da tutti i lavoratori e le lavoratrici col sistema
proporzionale puro ed avranno un potere di decisione sulla contrattazione di secondo livello così
come definito dal contratto nazionale; la partecipazione ai tavoli contrattuali sarà un diritto delle
singole organizzazioni sindacali derivanti dal peso della reale rappresentanza certificata e non
dalla preferenza delle controparti; i nuovi Contratti Nazionali di Lavoro saranno efficaci ed esigibili
solo se avranno il consenso del 50% + 1 della rappresentanza sindacale assieme al 50% +1 del voto
dei lavoratori e delle lavoratrici interessati; i diritti sindacali in capo ad ogni organizzazione non
saranno determinati dalla sottoscrizione dei contratti applicati, ma al raggiungimento del 5% di
rappresentanza e alla conseguente partecipazione alla trattativa.
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Letture di approfondimento
Testo Unico sulla Rappresentanza del 10.01.2014
Protocollo d’intesa sulla misurazione della rappresentatività e sulla titolarità ed efficacia della
contrattazione, 2013
Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia, 2012
L’Accordo interconfederale tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL e UGL del 28 giugno 2011
L’Accordo Quadro: Riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 – Analisi e valutazione
L'Accordo interconfederale sulla politica dei redditi e sugli assetti contrattuali del 23 Luglio 1993
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Per informazioni e contatti:
UST CISL di Avellino
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83100 Avellino
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