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LA GALLINA PADOVANA DAL GRAN CIUFFO razza della …Le dita sono quattro. La pelle è bianca, sottile...

Date post: 09-Feb-2020
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15 16 razza della “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo”. Di questa razza si sa relativamente ancora molto poco sulla sua pro- venienza, anche se ci è giunta integra, mantenendo i suoi caratteri morfologici originari. Il capo Il ciuffo di penne sul capo è sostenuto da un’ernia cra- niale che il Ghigi sostiene essere una mutazione teratolo- gica, ovvero mostruosa. Per i meno informati l’ernia è una specie di chierica, come quella che portavano i frati dopo la tonsura. Nella zona dell’ernia non crescono piume. Nel suo trattato di Avicoltura il Ghigi si sofferma in particolare sulla conformazione degli emisferi cerebrali posti più an- teriormente che in altri polli e ricoperti da tessuto osseo. Fin dallo sviluppo embrionale questo carattere si svilup- pa e si differenzia, conferendo al pulcino appena schiuso dall’uovo un curioso profilo, come se portasse un piccolo turbante sul capo. L’ernia craniale si accompagna alla mu- tazione dei processi nasali dei premascellari che, non fon- dendosi sul lato dorsale, lasciano uno spazio libero privo di penne o piume. Le narici vanno ad occupare tale varco assumendo una struttura elastica, revoluta e sopraelevata sul profilo del becco. La contemporanea presenza dell’er- nia e delle narici riduce lo spazio destinato alla cresta dan- do vita a una sua forma residuale o all’assenza completa. Il tegumento che circonda l’ernia è ricco di follicoli cutanei che originano nella femmina penne brevi con apice arro- tondato, il cui insieme è un ciuffo pieno, sostenuto come una “nappa di ortensia”, che va a coprire l’ernia. LA GALLINA PADOVANA DAL GRAN CIUFFO L a razza della “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo” è presente nella letteratura scientifica ufficiale solo da alcuni anni, anche se è conosciuta a memoria d’uomo da secoli. Quando, specie all’estero, si parla di “Gallina Pa- dovana” si intende indicare scientificamente proprio quel- la “dal gran Ciuffo”. In Italia e specialmente nel padovano, invece, fino a tutto il secolo scorso, si è inteso quasi sem- pre indicare col nome di “Gallina Padovana” il pennuto che non appartiene ad una razza specifica, ma quel bipede, spesso frutto di incroci di razze locali, che divenuto adulto è capace di produrre uova e che al termine della sua esi- stenza deve finire in pentola per dare un buon brodo. In pratica, un tempo, i villici delle campagne padovane non si preoccupavano di allevare in libertà dei polli di una razza ben precisata, quanto piuttosto dei soggetti che fossero in grado di produrre inizialmente almeno un discreto nume- ro di uova per l’alimentazione domestica. Spesso le uova erano nel contado anche elemento di baratto da scambiare con altri generi alimentari o di vestiario nel “bottegon” del paese. Studi relativamente recenti condotti da Alessandro Ghigi nel 1932 hanno interessato solo alcuni veri incroci interrazziali, effettuati per verificare la trasmissione di ca- ratteri specifici. Pertanto va subito detto che quando oggi si parla scientificamente di “Gallina Padovana” si deve intendere, come suggerito dallo zoologo Carlo Lodovico Fracanzani, allievo del Ghigi, il pennuto appartenente alla
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razza della “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo”. Di questa razza si sa relativamente ancora molto poco sulla sua pro-venienza, anche se ci è giunta integra, mantenendo i suoi caratteri morfologici originari.

Il capoIl ciuffo di penne sul capo è sostenuto da un’ernia cra-

niale che il Ghigi sostiene essere una mutazione teratolo-gica, ovvero mostruosa. Per i meno informati l’ernia è una specie di chierica, come quella che portavano i frati dopo la tonsura. Nella zona dell’ernia non crescono piume. Nel suo trattato di Avicoltura il Ghigi si sofferma in particolare sulla conformazione degli emisferi cerebrali posti più an-teriormente che in altri polli e ricoperti da tessuto osseo. Fin dallo sviluppo embrionale questo carattere si svilup-pa e si differenzia, conferendo al pulcino appena schiuso dall’uovo un curioso profilo, come se portasse un piccolo turbante sul capo. L’ernia craniale si accompagna alla mu-tazione dei processi nasali dei premascellari che, non fon-dendosi sul lato dorsale, lasciano uno spazio libero privo di penne o piume. Le narici vanno ad occupare tale varco assumendo una struttura elastica, revoluta e sopraelevata sul profilo del becco. La contemporanea presenza dell’er-nia e delle narici riduce lo spazio destinato alla cresta dan-do vita a una sua forma residuale o all’assenza completa. Il tegumento che circonda l’ernia è ricco di follicoli cutanei che originano nella femmina penne brevi con apice arro-tondato, il cui insieme è un ciuffo pieno, sostenuto come una “nappa di ortensia”, che va a coprire l’ernia.

LA GALLINA PADOVANA DAL GRAN CIUFFO

La razza della “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo” è presente nella letteratura scientifica ufficiale solo da

alcuni anni, anche se è conosciuta a memoria d’uomo da secoli. Quando, specie all’estero, si parla di “Gallina Pa-dovana” si intende indicare scientificamente proprio quel-la “dal gran Ciuffo”. In Italia e specialmente nel padovano, invece, fino a tutto il secolo scorso, si è inteso quasi sem-pre indicare col nome di “Gallina Padovana” il pennuto che non appartiene ad una razza specifica, ma quel bipede, spesso frutto di incroci di razze locali, che divenuto adulto è capace di produrre uova e che al termine della sua esi-stenza deve finire in pentola per dare un buon brodo. In pratica, un tempo, i villici delle campagne padovane non si preoccupavano di allevare in libertà dei polli di una razza ben precisata, quanto piuttosto dei soggetti che fossero in grado di produrre inizialmente almeno un discreto nume-ro di uova per l’alimentazione domestica. Spesso le uova erano nel contado anche elemento di baratto da scambiare con altri generi alimentari o di vestiario nel “bottegon” del paese. Studi relativamente recenti condotti da Alessandro Ghigi nel 1932 hanno interessato solo alcuni veri incroci interrazziali, effettuati per verificare la trasmissione di ca-ratteri specifici. Pertanto va subito detto che quando oggi si parla scientificamente di “Gallina Padovana” si deve intendere, come suggerito dallo zoologo Carlo Lodovico Fracanzani, allievo del Ghigi, il pennuto appartenente alla

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Nei maschi le penne sono invece più allungate e de-cisamente appuntite tali da ricadere tutto intorno al capo, formando un ciuffo dalle sembianze di un cappuccio di saio monacale. Sotto la gola e sotto gli orecchioni bianchi piccole penne si conformano a “barba” e a “favoriti”. Il volume del ciuffo limita la visuale posteriore e superio-re del pennuto, mentre i favoriti riducono quella inferiore. L’animale vede quindi attraverso uno squarcio anteriore che a volte può essere molto ridotto e ne condiziona l’an-datura, che si rivela a dir poco bizzarra, se confrontata con quella dei polli non ciuffati. Una visione schematica della sezione dei crani di pollo locale e di pollo di razza “Pado-vana dal Gran Ciuffo” mette in evidenza la loro diversità di conformazione ossea specialmente in corrispondenza dell’ernia e delle narici, dando l’impressione che la pado-vana abbia due cervelli.

Sezione dei crani

I tarsi, le dita e la pelleLa colorazione dei tarsi non è gialla, ma grigio-ar-

desia, particolarità che condivide in Italia solo con la raz-za toscana della “Valdarno” nera, della “Siciliana” e della “Polverara”. Tutte le altre razze italiane hanno i tarsi gialli. Le dita sono quattro. La pelle è bianca, sottile e senza de-positi di grasso sottocutaneo, assenza che rende la carne asciutta, delicata e sapida.

Le uova, i pulcini e gli adulti La “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo” è un’ ovaiola

e depone le uova sempre a guscio bianco, indipendente-mente dal colore del piumaggio. Il loro peso medio è di 55 grammi, mentre i pulcini quando nascono ne pesano circa 32. In genere la femmina non cova le proprie uova e quindi è necessario servirsi di una chioccia o di una incu-batrice. Allo stato brado, però, ho potuto rilevare anche il Gallina Normale Padovana dal Gran Ciuffo

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contrario. Da una covata sono nati vivi 12 pulcini. Dopo circa tre mesi di vita i polli mostrano le penne appuntite sul capo, consentendo di individuare i galletti. Il colore del piumaggio in età adulta fa distinguere la razza in Bianca, Nera, Dorata, Camosciata, Argentata, Blu, Grigio-perla e Sparviero. Oggi, però, sono reperibili in Italia solamente le prime cinque, tenendo presente che le piume della Dorata e della Camosciata sono fulve orlate di nero, mentre quelle della Argentata sono bianche orlate di nero. Il colore nel piumaggio non varia da maschio a femmina come può ac-cadere in altre razze di uccelli. Il peso nella gallina oscilla tra 1,5-1,6 Kg. e nel gallo tra 2,0 e 2,2 Kg.

La grande confusione nata nel distinguere con un nome ben preciso la “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo” dalle altre comunemente e volgarmente chiamate “Pado-vana” ha una spiegazione. A cavallo del 1900, quindi in un’epoca più vicina alla nostra, si è inteso chiamare con l’appellativo di “Gallina Padovana” tutti quei soggetti che venivano allevati nel territorio padovano, senza mai preoc-cuparsi della loro razza più o meno pura. Alcuni allevatori amatoriali, però, sentirono il bisogno di denominare con un nome specifico di “Padovana” dei particolari incroci da loro operati. Così Luigi Mazzon nel 1857 chiamò con il nome di “Padovana Gigante” un pennuto derivato da un incrocio tra una “Cocincina” e un pollo locale (non si sa di che razza fosse o di quale incrocio).

Con il nome di “Padovana Comune” lo Squadroni, nel 1937, chiamò l’incrocio tra la razza “Livornese” e un esemplare locale. Anche in questo caso non si conosce an-cor oggi cosa intendesse per pollo locale. In mancanza di precisazioni, dobbiamo constatare che volgarmente ancora oggi viene chiamata “Gallina Padovana” quella gallina quasi sempre meticcia adatta al “Gran Bollito alla Pado-vana”. Non a caso la “mascotte” della squadra di calcio del Padova è una gallina dalle penne e piume bianche con cresta e bargigli rossi. In pratica una gallina con caratte-ristiche decisamente diverse da quelle della “Gallina Pa-dovana dal Gran Ciuffo”, ma molto simili piuttosto alla “Livornese” bianca o alla “Barese”.

Si capisce dunque quanta sia tuttora la confusione fra i non esperti e anche fra coloro che operano nel settore gastronomico e nel commercio al minuto, nell’attribuire il nome di “Padovana” ad una razza ben precisa. Errori, o meglio leggerezze, in passato sono state poi compiute anche per puro spirito di campanilismo, confondendo la razza della “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo” con un’al-tra razza ciuffata in via di estinzione, ovvero la “Gallina di Polverara”. Ci si misero anche di mezzo nomi importanti di allevatori o conservatori di razze avicole nel confondere i nomi in virtù anche della superficiale lettura di scritti re-lativi ad un passato più o meno recente. Tutta questa con-fusione nacque in realtà anche da una esigenza pratica av-vertita nel secolo scorso. L’avicoltura era praticata da gen-te del mondo agricolo che spesso accettava passivamente

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le indicazioni degli ispettori agrari che indirizzavano le massaie-contadine a far covare uova di soggetti di volta in volta di diverse razze più o meno adatte a valorizzare o la produzione di carne o di uova. I giovani galletti venivano scartati e cucinati “in tocio con la polenta”, mentre le pol-lastre venivano avviate a diventare galline. Tutto questo avveniva fino a qualche decina d’anni or sono.

Per facilitare il lettore meno esperto, riporto una bre-ve cronistoria, anche se incompleta, delle origini dei polli ciuffati, progenitori sia della “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo”, sia della “Polverara”, che andrò successivamen-te a descrivere sommariamente. Si sa per certo che i Ro-mani allevavano, fin dall’antichità, dei polli con ciuffo. Nel Sommerset (Inghilterra) è stato ritrovato un teschio di pollo ciuffato in quanto presenta un’espansione dell’osso frontale, chiaro indizio di un’ernia frontale che di solito è associata alla presenza di un ciuffo di penne. Questo re-perto è stato fatto risalire all’anno 350 d.C. Ancor prima, nel secondo secolo d.C., Claudio Eliano descrive i polli ciuffati nel suo trattato sugli animali. Ai Musei Vaticani esiste una scultura di epoca romana di polli ciuffati. Hans L. Schippers asserisce che nel XI e XII secolo in Siberia fosse presente la razza ciuffata denominata appunto Sibe-riana, che differisce dalla razza “Padovana dal Gran Ciuf-fo” dai tarsi piumati.

La tradizione orale e i fraintendimenti riportati da autori poco preparati hanno fatto sbizzarrire la mente e la

fantasia della gente comune che ha ampliato e divulgato credenze errate. Queste stesse leggende sono state poi ri-portate anche in tesi di laurea e da enciclopedie autorevo-li che le hanno divulgate come vere. L’errore di diversi studiosi e storici spesso è stato anche quello di non fissa-re date certificate di certi avvenimenti, collegandole alla situazione politica della zona interessata. Quando oggi si parla di una regione europea, il lettore preparato non deve pensare ai suoi confini attuali, bensì a quelli dell’epoca in questione. Per intendersi quando si accenna alla Polonia, in particolare, bisogna controllare l’atlante storico del pe-riodo in esame.

Ulisse Aldrovandi (1522 – 1605) filosofo e natura-lista, professore dello Studio di Bologna, scrisse diversi trattati scientifici tra essi la “Historia Animalium” in 13 volumi. Nel XIV volume, al capitolo IV dell’ “Ornitholo-giae”, servendosi dei disegni del Bellagamba, così riporta:

“Tra i nostri gallinacei più grandi ne esistono alcuni che il popolo chiama Padovani, ma si tratta comunque di galline nostrane… Il gallo è bellissimo orlato di ben cin-que colori, decisamente nero, bianco, verde, rosso, giallo. In tutto il corpo prevale il nero. La testa è coperta di penne bianchissime mentre le ali ed il tronco sono in parte nere con riflessi verdi. Anche la coda ha gli stessi colori, ma la base delle penne è di colore biancastro. Alcune remiganti sono bianche nella parte superiore. La testa è ornata di un bellissimo ciuffo con piume bianche alla base”.

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Gallina ciuffata dell’Aldrovandi secondo un disegno del Bellagamba

Una macchia rossa circonda gli occhi. La cresta è pic-cola, il becco e le zampe sono gialli. La gallina, a parte l’e-vidente membrana bianca vicino ai fori auricolari, non ha niente di bianco, ma tutto il piumaggio è nero iridescente. Le zampe sono giallastre, la cresta pure è piccola di colore rosso pallido”. Nel ‘700 G.L.L. Buffon nella “Storia Na-turale”, parlando del pollo di Caux (Bretagna) lo descrive così: “pollo nero a lento impiumamento, chiamato anche Padovano”.

Nel 1830 il Ferrario scrive di una razza Padovana a lento impiumamento di grossa taglia poco prolifica. Per quanto riguarda la razza “Polverara” Ermolao Barbaro (1454 – 1493) patriarca di Aquileia, cita galline chiama-te Padovane-Polverara dal nome del borgo padovano. Nel 1560 Bernardino Scardeone nella sua Historia de urbis Patavii antiquitate scrive “Il territorio (Piove di Sacco) è ricchissimo di frumento e di lino. E’ oltremodo famoso per l’abbondanza di galline di straordinaria grandezza: in particolare nella zona di Polverara vicina alla stessa città”.

Nel 1622 Alessandro Tassoni ne “La Secchia rapita” scrive: “e quei di Polverara dov’è il regno dei galli e la se-menta famosa in ogni parte…” Angelo Portenari in “Del-la Felicità di Padova” scrive “Nascono galli e galline di tale grandezza che paiono grue…”. Carlo Dottori nel 1652 nell’ ”Asino” parla: ”Di più di dieci capponi di Polverara che parean oche, trentasette ricotte…”.

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Pulcini subito dopo la schiusa delle uova

Gallina “nera”

Gallo “argentato”

Gallina “bianca”

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Galli “bianchi”

Gallina e Gallo “camosciati” Scultura di pollo ciuffato di epoca romana conservata in Vaticano

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Il Salomonio, nel 1696, in “Iscriptiones Agri Patavi-ni” scrive parlando di Polverara: “Famosa per la razza dei galli e delle galline di smisurata grandezza che in tutto il mondo si nominano e si pregiano”. Nel corso degli anni molti degli autori citati, famosi ma poco preparati nella materia, hanno voluto attribuire il nome di “Padovana” e di “Polverara” a soggetti che erano solamente nati e svi-luppati in quei luoghi da loro citati, dal momento che non hanno mai descritto le caratteristiche delle razze nomina-te. La forza della natura, comunque, ce le ha tramandate pure, anche se ci sono giunte da luoghi che non sono quel-li dei toponimi di attribuzione. Solamente dopo il 1900, con l’evolversi delle scienze naturali, le razze ciuffate e quindi anche la “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo” e la “Gallina di Polverara” verranno descritte dagli storici che ne indicheranno i caratteri fondamentali per differenziarle inconfondibilmente.

Gallina “dorata” con piume orlate di nero

Nello Standard di razza redatto dalla FIAV nel 1996, la “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo” è denominata sem-plicemente col nome di “Padovana”. La tradizione e fonti a volte poco attendibili parlano di origini polacche della razza, all’estero è diffusamente indicata con il nome di Pa-duan fowls, in Francia è chiamata Race de Padoue, mentre in Germania la chiamano Paduaner. Nei paesi anglosasso-ni è indicata col nome di Polish, ovvero Polacca, come del resto viene chiamata in Polonia. In effetti come vedremo nelle vene della “Gallina Padovana dal Gran Ciuffo” scor-re poco sangue padovano. Come i padovani sono riusciti a far diventare padovano Sant’Antonio, pur essendo porto-ghese, così si sono impossessati della paternità della razza polacca.

Con la relazione presentata al Primo Congresso Inter-nazionale di Avicoltura di Hague Scheveningen dal 5 al 9 settembre 1921, l’ispettore polacco, Joseph Victorini, della società Farmer di Lwow ( Polonia, oggi Leopoli in Ucrai-na ), voleva far cambiare in letteratura la denominazione di “Padovana” con quella di “Polacca”. Senza saperlo con quella prolusione fornì utili notizie a far conoscere la sto-ria del pennuto, che ancora ai giorni nostri appare alquan-to nebulosa. Riporto di seguito alcuni stralci significativi della relazione del Victorini che possono far chiarezza sul pensiero del tempo sulle varie razze ciuffate:

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…“Oggi ci sono sette razze pure di galline dal ciuffo suddivise in due gruppi: 1) galline con ciuffi piccoli: Breda e La Fleche. 2) galline con ciuffi grandi: Polacche. Olandesi nere con ciuffi bianchi, Houdan, “Creve” e Turche”….

…”Prendendo in considerazione la storia delle Galline dal ciuffo Polacche si può affermare che in Polonia le galline venissero allevate da secoli. Già nel XIV secolo nello statuto del re Casimiro III detto il Grande, ma anche re contadino, che regnò dal 1333 al 1370, c’erano paragrafi che riguardavano il pollame. Che si tenessero generalmente galline, e in grande quantità, è provato nell’inventario di parecchi villaggi polacchi, scritto nel 1399, ( anche dopo la sua morte). Esso recita come segue: “Ciascun contadino paga il suo affitto con 30 uova e due galline”…

…”Duringer considera i progenitori degli attuali volatili dal ciuffo, galline con zampe piumate il cui paese di origine si suppone sia la Siberia, stabilendo che, come risultato di un acclimatamento, quei volatili avessero barbe piumate e ciuffi sul capo per difendersi dal freddo e stabilendo anche che parecchie galline dal ciuffo erano già conosciute nel XVII secolo in Olanda e Italia (Repubblica di Venezia ndr) e che nel XVIII secolo Pallas aveva descritto avendole incontrate in Russia”…

…”Duringer aggiunse che costantemente le galline dal ciuffo vennero importate in Germania dalla Polonia come doni dei principi della Russia. Come esempio l’autore cita un dono dello Zar di Russia a Federico Guglielmo III di galline polacche che furono piazzate sull’isola del Pavone vicino a Potsdam. Da allora si data il loro nome “Polacche”.

…”Propriamente, al Convegno della Società per l’Acclimatamento nel 1885 M.me Passy ha letto un lavoro nel quale lei ha provato che la presenza delle galline dal ciuffo in Francia si data sin dall’arrivo del re polacco Stanislao Lecquincsky in Lotharingia nel 1720, che dopo aver perso la corona polacca fu posto a governare questo ducato da suo genero, il re francese Luigi XV. Evidentemente le galline dal ciuffo vennero considerate degli uccelli pregiati perché persino i re viaggiavano con essi, considerandoli uccelli belli e rari. Quei volatili piacevano moltissimo all’allora viscontessa di Pompadour, che li chiamò anche con il nome di “Pompadour”, che più tardi venne accorciato in “Padour” e alla fine fu ridotto e usato come “Padoue” .”…

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Ecco spiegato, secondo lo studioso polacco Joseph Victorini, il motivo per il quale le galline dal ciuffo ve-nissero allora erroneamente chiamate “Padovane”, invece che “Polacche”. Secondo lui la causa fu puramente una de-vianza fonetica e non una motivazione storica. Tutto que-sto a riprova che spesso la manìa del campanilismo può far storpiare anche la verità.

Secondo gli ultimi studi e rinvenimenti da me effet-tuati, ritengo che la questione sia ben diversa. Sicuramente le origini delle ciuffate sono siberiane proprio per il fatto che nel corso della evoluzione genetica dal loro capo sono scomparsi la cresta e i bargigli a causa del freddo. In data da appurare, forse nel XIV secolo, la razza dal gran ciuffo fu esportata nella Repubblica di Venezia, in Germania e in Francia, non per motivi ornamentali quanto per la so-pravvivenza dei polacchi durante i lunghi viaggi di trasfe-rimento. Essendo il pennuto un animale destinato alla forte produzione di uova, veniva ad essere un valido compagno di viaggio per chi voleva raggiungere le Università di Pa-dova e di Parigi nei secoli XIV e XV. Un uovo al giorno poteva aiutare a completare l’alimentazione del viaggia-tore. Una mia ipotesi, alquanto azzardata, mi fa supporre che, successivamente, durante il XVI - XVII secolo, può essere accaduto che la razza pura polacca andò perduta o, se vogliamo, si estinse in Polonia per incuria o mancan-za di interesse, mentre sopravvisse a Padova prendendo il nome di Padovana. Quando la Padovana ritornò in Polonia a causa della numerosa presenza di cittadini della Serenis-

sima che, nel XVI secolo, vi giunsero come maestranze al seguito di artisti e architetti, i polacchi non la riconobbero come loro antica razza e la chiamarono “Padovana” perché proveniva da Padova.

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Olio su tela di Gallo e Gallina Padovani dal Gran Ciuffo, opera della pittrice polacca Emilia Kaczanowska

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La “GALLINA DI POLVERARA” possiede solo due livree: Bianca e Nera, tanto nel maschio che nella femmina, anche se nel 1893 erano pure note la Screziata, la Tortora, la Fulva, la Camoscio e l’Argentata. La cresta è costituita da due piccoli cornetti a forma di V. I bargigli sono rudimentali, piccoli e rossi. Gli orecchioni sono di media grandezza, ovali, bianco candido. Possiede un ciuffo relativamente piccolo, portato diritto senza coprire gli occhi con assenza di ernia cerebrale. Barba e favoriti sono accennati e non troppo sviluppati. Gli occhi hanno l’iride rossa. Il becco è forte e leggermente ricurvo, bianco grigiastro nella varietà bianca, nero bluastro in quella nera. I tarsi sono di color verde ardesia. Il peso oscilla nel gallo tra i 2,5 e i 3 Kg., nella gallina tra 1,8-2 Kg.. Sono meno ovaiole delle “Padovane”, ma più adatte al “Gran Bollito alla Padovana”. La pelle è bianca, le carni sono morate. La buccia delle uova biancastra oltre i 40 grammi di peso.

L’ allevatore Fernando Trivellato con esemplari di “Polverara”

L’ allevatore Bruno Rossetto con esemplari di “Polverara”

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Ibrido di Gallina Padovana con Gallina dal Collo nudo Ibridi di polli di Gallina Polverara


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