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LA GESTIONE DEL PAZIENTE CRONICO NEL SETTING DELLA · Modalità di integrazione con il Medico di...

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1 CORSO DI AGGIORNAMENTO MEDICI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE ANNO 2012 LA GESTIONE DEL PAZIENTE CRONICO NEL SETTING DELLA CONTINUITA’ ASSISTENZIALE A cura di: Dott. Gabriella Ianiro Dott. Luigi Barassi Docente di Medicina Generale Medico di Continuità Assistenziale
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CORSO DI AGGIORNAMENTO

MEDICI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE

ANNO 2012

LA GESTIONE DEL PAZIENTE CRONICO

NEL SETTING DELLA

CONTINUITA’ ASSISTENZIALE

A cura di:

Dott. Gabriella Ianiro Dott. Luigi Barassi

Docente di Medicina Generale Medico di Continuità Assistenziale

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L’attuale assetto delle cure primarie prevede nuovi modelli organizzativi per la presa in

carico e la continuità delle cure dei pazienti cronici nell’assistenza territoriale.

Obiettivi generali: il presente progetto formativo prevede l’acquisizione di competenze in

grado di favorire l’integrazione dei Medici di CA con le altre figure professionali

nell’assistenza territoriale integrata, nell’ambito delle Cure Primarie.

Obiettivi specifici:

analizzare le novità professionali per il Medico di CA previste dai nuovi modelli

organizzativi delle cure primarie;

identificare le “criticità” nella presa in carico del paziente cronico da parte del

Medico di CA;

individuare strumenti e modalità di comunicazione con le altre figure professionali

atti a garantire la continuità delle cure.

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INDICE

Gestione delle malattie croniche :…………………………………………….pagina……........4

Disease management, Chronic Care Model, Gestione Integrata della malattia,

PA (Percorsi Assistenziali)

Assetto delle Cure Primarie nell’assistenza territoriale ai pazienti affetti da malattie

croniche: Modelli organizzativi delle cure primarie………………………………………………..10

Significato del Servizio di Continuità Assistenziale nella rete dei servizi sanitari………….13

Modalità di integrazione con il Medico di Medicina Generale

“Criticità” nella presa in carico del paziente cronico da parte del medico della CA……….19

Strumenti e modalità di comunicazione con le altre figure professionali per garantire

continuità delle cure ……………………………………………………………………………...21

Bibliografia…………………………………………………………………………………………23

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GESTIONE DELLE MALATTIE CRONICHE

Le malattie croniche causano nel mondo il 60% (circa 35 milioni) di tutti i decessi.

Tale situazione epidemiologica ha evidentemente pesanti ricadute in termini di quantità di

vita e di qualità della stessa, nonché rappresenta un grosso fardello economico per i

singoli individui, le loro famiglie, i sistemi sanitari e le società.

Inoltre le cure di lungo termine in comuni patologie croniche (cardiovascolari, diabete) non

sempre sono erogate secondo le raccomandazioni basate sull’evidenza. Esiste la

necessità di identificare con maggiore specificità, responsabilità e sinergie all’interno dei

protocolli.

Dalla metà degli anni ’90 diversi gruppi di ricercatori (Katon et al., 199513; Wagner et al,

199614, Von Korff et al, 199715), hanno ridefinito l’approccio alle malattie croniche

spostando i modelli di cura da un approccio reattivo, basato sul paradigma “dell’attesa”

dell’evento acuto, ad un approccio “proattivo”, improntato al paradigma preventivo, mirato

ad evitare o rinviare nel tempo la progressione della malattia; a promuovere

l’empowerment del paziente (e della comunità ) e la qualificazione del team assistenziale

(sanitario e sociale).

Gli strumenti di “governo clinico” individuati per tali obiettivi sono:

Disease management : approccio sistemico e integrato che implica un’azione

coordinata tra tutte le componenti e tra tutti gli attori del sistema assistenziale,

che, seppur con responsabilità diverse, sono chiamati a sviluppare interventi

mirati verso comuni obiettivi;

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Chronic Care Model : Il CCM ha un focus più ampio del DM.

Sono stati i ricercatori del MacColl Institute for Healthcare Innovation, guidati da

E.H.Wagner, a sviluppare il Chronic Care Model con il supporto della Robert Wood

Johnson Foundation e la rivisitazione di un panel nazionale di esperti. Il modello fu testato

in vari setting assistenziali e venne quindi sviluppato attraverso un programma nazionale:

"Improving Chronic Illness Care" (ICIC).

Il Chronic Care Model individua in modo puntuale le variabili fondamentali che rendono

possibile un approccio “sistemico” alle malattie croniche; “sistemico” in quanto muove tutte

le leve organizzative ed operative per promuovere un approccio appropriato da parte degli

operatori.

Il presupposto di questo modello è che, per essere efficaci, efficienti e attenti ai bisogni

globali dei pazienti, è necessario anche l’impegno di tutto il sistema organizzativo.

Infatti, il disegno del CCM pone, in un unico quadro d’insieme, tutti quei fattori organizzativi

ed operativi del sistema sanitario e della comunità che risultano predisponenti per l’azione

efficace delle “persone” (gli operatori ed i pazienti) dalle cui attività scaturiscono i risultati

attesi.

Il Chronic Care Model, collocato nella rete assistenziale italiana, riconosce nel setting delle

Cure Primarie (Medicina Generale, Pediatria di libera scelta, Medici di Continuità

Assistenziale) una delle componenti fondamentali nella erogazione dei servizi sul territorio.

Le Cure Primarie hanno in affido in modo peculiare la cura delle cronicità, perché esse

rappresentano il segmento del SSN più vicino ( non solo concettualmente ma soprattutto

fisicamente) al paziente e perché ad esse in maniera prioritaria è affidata la continuità

della cura tra i diversi livelli di assistenza.

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Modello di gestione delle patologie croniche

Gli strumenti di traduzione organizzativa ed operativa del Chronic Care Model e del

Disease Management sono:

PA (Percorsi Assistenziali)

Gestione Integrata della malattia

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PERCORSI ASSISTENZIALI (PA)

Il percorso assistenziale (PA) è un metodo innovativo utilizzato per la revisione critica ed il

ridisegno degli iter assistenziali di specifici target di pazienti. Può essere definito un

macroprocesso che corrisponde alla intera gestione di un problema di salute.

Rispetto al percorso diagnostico terapeutico (PDT) il percorso assistenziale (PA) include

anche l’assistenza alla persona per la cura di sé e per eventuali disabilità e il sostegno

psicologico e sociale.

La costruzione di un PA si basa sull’uso dell’iter del paziente come un tracciante che,

attraversando i servizi, ne mette in evidenza il funzionamento ed i prodotti, intermedi e

finali, clinici e non, erogati durante la filiera dell’iter assistenziale.

L’analisi del processo assistenziale, che sta alla base della costruzione di un PA, permette

di individuare gli snodi critici che hanno effetti significativi sui “prodotti” finali e di

identificare le cause e le eventuali pratiche erronee o da migliorare (malpractice) che

stanno alla base delle criticità rilevate. Questa tecnica analitica permette di intraprendere

azioni mirate di miglioramento.

I PA rappresentano strumenti utili per il concretizzarsi della gestione integrata e allo stesso

tempo risultano indispensabili per costruire un disegno assistenziale adatto alle

potenzialità ed ai limiti dei contesti locali, permettendo di inserire, nelle diverse tappe

assistenziali, indicatori di verifica , specificamente correlati ai contributi dei diversi servizi e

delle differenti figure professionali.

La definizione di PA condivisi tra ospedale e territorio risulta particolarmente

indicata per la gestione delle malattie croniche ad elevata prevalenza.

Le patologie più frequentemente oggetto dei PA risultano essere il diabete,

l’ostruzione bronchiale cronica (BPCO), l’ipertensione arteriosa, lo scompenso

cardiaco.

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GESTIONE INTEGRATA DELLA MALATTIA

E’ una formula organizzativa dell’assistenza costruita sulla scorta di percorsi assistenziali

condivisi che mettano in luce e valorizzino i contributi delle varie componenti e dei vari

attori assistenziali lungo il continuum di cura del paziente.

L’obiettivo principale della gestione integrata è quello “di ottenere un miglioramento dello

stato di salute del paziente (…) di contenere/ottimizzare l’utilizzo delle risorse umane ed

economiche (…) utilizzando strategie per modificare i comportamenti di pazienti e medici,

da parte dei quali è spesso difficile ottenere rispettivamente un’adesione ai piani di cura e

la condivisione e l’utilizzo di linee guida per la pratica clinica”

Essa è, quindi, definibile come un processo assistenziale mirato al progressivo

consolidarsi di una prassi di gestione condivisa tra il MMG, che è il riferimento primario del

singolo paziente, e la rete di professionisti territoriali ed ospedalieri (specialisti, infermieri,

medici di CA ed altre figure professionali) che entrano in gioco nell’erogazione

dell’assistenza.

Essa è la risposta organica a:

frammentazione della cura

trattamento inappropriato

deviazione dalle linee guida

e permette:

continuità assistenziale

integrazione e coordinamento tra i livelli di assistenza

coinvolgimento attivo del paziente nei percorsi di cura

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La GI implica la necessità dello sviluppo di strumenti di comunicazione stabile all’interno

della rete di professionisti che assiste il paziente, sfruttando, ove possibile, le potenzialità

informatiche, senza disdegnare altri strumenti e vie di comunicazione a minore impatto

economico . Lo sviluppo della GI, però, impone la necessità di una comunicazione

sistematica tra i diversi attori di cura e, pertanto, è necessaria l’individuazione di formule

specifiche di condivisione dei dati (scheda unica, posta elettronica certificata,

estrazione ed invio di dati su query, ecc.) secondo modalità e strumenti definiti a livello

degli accordi regionali.

Si rende necessaria, quindi, una struttura di sistema informativo adeguata, che sia

effettivamente in grado di fornire i dati e le informazioni necessarie e di far circolare gli

elementi di conoscenza tra le varie componenti del sistema assistenziale, rispettando i

differenti bisogni informativi dei diversi attori assistenziali.

La prospettiva della GI, del follow-up attivo e del “patto di cura” che da questo deriva, i cui

risultati devono essere resi misurabili attraverso specifici indicatori di processo e di esito, è

quella di migliorare gli out come e la qualità di vita dei pazienti, di ridurre i ricoveri

impropri, di evitare il follow-up specialistico immotivato, di promuovere l’approccio

multidimensionale, multi professionale e multidisciplinare, di dare centralità al paziente

valorizzando pienamente le sue potenzialità.

Inoltre, l’implementazione di ciascuna nuova modalità di lavoro o di integrazione tra diversi

servizi/professioni va sostenuta oltre che da appositi protocolli tecnico-professionali, da

un’ azione di informazione – formazione, tale da consentire a ciascun operatore di

appropriarsi dei contenuti e tradurli nella pratica quotidiana.

Risulta conveniente prevedere piani di formazione annuali mirati e contestualizzati ai

processi di miglioramento avviati.

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MODELLI ORGANIZZATIVI DELLE CURE PRIMARIE

La necessità di potenziare la rete dell’assistenza territoriale, il governo clinico dei percorsi

assistenziali, dell’integrazione (multiprofessionale, multidisciplinare e sociosanitaria),

sono i temi fondanti per migliorare la qualità complessiva dell’assistenza sanitaria nel

nostro paese. Nel corso degli anni, a questo proposito, si sono evolute diverse strategie di

integrazione, sia di tipo informatico sia a carattere organizzativo: i modelli associativi per

medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e le forme più complesse/evolute di

integrazione ne sono la dimostrazione.

EVOLUZIONE DELLE FORME ASSOCIATIVE DELL’ASSISTENZA PRIMARIA

Nel quadro dei riferimenti normativi, va citata la legge 833/78 istitutiva del Servizio

Sanitario Nazionale che, all’art. 48, comma 1, punto 12 stabilisce: “Gli accordi collettivi

nazionali devono prevedere le forme di collaborazione fra i medici, il lavoro medico di

gruppo e integrato nelle strutture sanitarie”.

In seguito, il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 all’art. 8, comma 1 (in questo

punto mai modificato dalle norme successive), prevede “…Detti accordi devono tener

conto dei seguenti principi:…

e) garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della

settimana attraverso il coordinamento operativo e l’integrazione professionale, nel rispetto

degli obblighi individuali derivanti dalle specifiche convenzioni, fra l’attività dei medici di

medicina generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica e della medicina dei

servizi, attraverso lo sviluppo di forme di associazionismo professionale e l’organizzazione

distrettuale del servizio…”.

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Un particolare rilevo assumono gli Accordi collettivi nazionali della Medicina Generale (di

seguito sinteticamente riportati come ACN), che hanno aperto nuovi spazi per

sperimentare modelli organizzativi innovativi per la gestione delle cure primarie, talora

riprendendo e valorizzando esperienze di associazionismo o di budget realizzate in ambito

locale già dagli anni ’90.

Nell’ACN degli anni ‘80 (D.P.R. 8 giugno 1987, n. 289) e fino a quello approvato nel 1996

si è prevista un’unica forma associativa fra medici di medicina generale: la medicina di

gruppo.

L’ACN del 1996 ha individuato due forme: associazione e medicina di gruppo. Lo

stesso accordo del 1996 ha previsto anche " gli accordi Collettivi regionali disciplinano la

sperimentazione di forme associative ...." (DPR 314/96: capo VI articolo 71).

E’ solo nell’anno 2000 che gli ACN (D.P.R. n. 270 per i medici di medicina generale;

D.P.R. n. 271 per gli specialisti ambulatoriali interni; DPR n. 272 per i Pediatri di Libera

Scelta) sembrano orientarsi più decisamente sulle forme associative come leve per il

cambiamento, prevedendo diversi obiettivi per lo sviluppo associativo della medicina

primaria.

Ancora più esplicitamente, l’ACN del 23.3.2005 indica “l’esercizio della medicina

generale sta superando progressivamente la caratteristica di pratica professionale

individuale isolata e richiede sempre più livelli organizzativi crescenti che consentano la

collaborazione fra medici di medicina generale, il supporto di professionisti non medici,

l’impiego di tecnologie.

Nella fase attuale, la Preintesa per gli ACN della medicina generale del 22 dicembre 2008

e gli ACN stipulati il 27 maggio 2009 (ACN 29 luglio 2009 artt.27 e 27 – bis; ACN 8 luglio

2010 art. 5, con il suo recepimento da parte della Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le

Regioni e le Province Autonome) , indicano esplicitamente che i medici devono operare in

aggregazioni funzionali territoriali (AFT) e, nell’ambito degli accordi regionali, anche in

unità complesse delle cure primarie(UCCP).

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Si supera, pertanto, l’associazionismo come fattore eventuale e volontario, per divenire un

aspetto integrante e strutturale del rapporto contrattuale tra il Medico di Cure Primarie e il

Servizio sanitario nazionale.

In particolare l’Art. 26 bis prevede la partecipazione obbligatoria ad una “aggregazione

funzionale territoriale” della medicina generale, quale condizione irrinunciabili per

l’accesso e il mantenimento della convenzione.

L’art. 26 ter (requisiti e funzioni minime dell’unità complessa delle cure primarie -

UCCP) definisce l’obbligo, per MMG, PLS, MCA e specialisti convenzionati, a svolgere la

loro attività all’interno delle UCCP.

L’UCCP “opera, nell’ambito dell’organizzazione distrettuale, in sede unica o con una sede

di riferimento” ed espleta le seguenti funzioni:

– assicurare l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza

– assistenza sanitaria di base e diagnostica di 1° livello, anche per ridurre ricorso al

PS

– continuità h 24, 7 giorni su 7

– impiegare strumenti di gestione che garantiscano trasparenza e responsabilità

– medicina d’iniziativa e promozione della salute

– integrazione sociosanitaria.

L’art. 45 (compiti del medico di assistenza primaria) prevede “la tenuta e l’aggiornamento

di una scheda sanitaria individuale su supporto informatico… ad uso del medico e ad

utilità dell’assistito e del SSN”.

L’art. 56 (collegamento con i servizi di continuità assistenziale) definisce l’opportunità di

lasciare brevi note esplicative presso assistiti in particolari condizioni fisiopatologiche,

affermando che “nel caso di attività in forma associativa o UCP o UTAP, i medici di

continuità assistenziale hanno accesso a tutte le informazioni inerenti gli assistiti di tutta

l’unità, utili al loro operato, a partire dalle schede sanitarie individuali. … Tale accesso è

passivo e attivo nei limiti delle relative responsabilità professionali”. Inoltre, “tutti i medici

della forma associativa hanno il dovere di tracciare il proprio intervento professionale sulla

scheda sanitaria dell’assistito

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SIGNIFICATO DEL SERVIZIO DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE

NELLA RETE DEI SERVIZI SANITARI

(STORIA)

TIMELINE

1945 Inizio della fase mutualistica repubblicana della Medicina Generale

1969 L’INAM istituisce il servizio di Guardia Medica festiva su tutto il Territorio Nazionale

1978 Istituzione del SSN ed estensione della Guardia Medica ai notturni feriali

1981 Stilato il 1° A.C.N. per la Medicina Generale

1983 Recepimento ed organizzazione della Guardia Medica Attiva in Abruzzo

1991 Istituzione del Servizio di Emergenza Sanitaria Territoriale – 118

1996 A.C.N. del 25/01/96 per la Medicina Generale (dopo un iter burocratico durato

quattro anni) sancisce la trasformazione della Guardia Medica in Continuità

Assistenziale

2005 Nuovo A.C.N. per la Medicina Generale ( atto di intesa n° 2272 siglato il

23/03/2005 ) ridefinisce il ruolo del Medico di Continuità Assistenziale

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Nell’arco degli anni che vanno dal 70’ ad oggi, a dispetto delle fonti normative si è venuta

a creare una sorta di dicotomia evolutiva del sistema emergenza-urgenza.

Infatti se da un lato il sistema di Emergenza 118 ha subito significativi e continui impulsi

innovativi, dall’altro per la Continuità Assistenziale c’è stata una vera e propria situazione

di stallo e pertanto i compiti sono rimasti in definitiva gli stessi: assicurare prestazioni non

differibili, vale a dire prestazioni di particolare esigenza clinica, psicologica, sociale e

organizzativa che richiedono un intervento medico finalizzato ad una soluzione del caso

contingente entro l’arco temporale del turno di servizio.

Il Medico di Continuità Assistenziale rimaneva dunque responsabile di una copertura

assistenziale non ben definita nell’ambito dell’ Emergenza-Urgenza e quindi legato ad un

concetto assistenziale di Guardia Medica piuttosto che alla ricerca di un ruolo riferito alla

Continuità Assistenziale nei confronti dei cittadini-pazienti in carico alle cure primarie.

Tale situazione ha determinato nell’arco di questi ultimi anni, molte difficoltà operative ed

organizzative nel Servizio di Continuità Assistenziale come emerso dalle risultanze delle

indagini della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria in Italia che hanno mostrato

l’esistenza di differenti organizzazioni nell’ambito del servizio di emergenza-urgenza nelle

varie realtà territoriali del nostro Paese. Poco infatti si è prodotto nella definizione di

protocolli operativi per l’attivazione della Continuità Assistenziale da parte delle Centrali

Operative del 118 e nulla, o quasi , sulla definizione di processi di triage, anche telefonico,

del Medico di Continuità Assistenziale rispetto alle richieste dell’utenza riferibili alla

suddetta area emergenza-urgenza e dei consequenziali meccanismi di attivazione del

Sistema 118.

Ciò nonostante il Ministero della Salute ha commentato positivamente alcuni dati da essa

pubblicati:

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nel 2003 i medici di continuità assistenziale erano 14.383 ed assistevano una

popolazione di 57.321.070 cittadini effettuando 8.939.795 visite domiciliari con

un tasso di ricoveri pari al 2,4% delle visite effettuate

nel 2009 i medici di continuità assistenziale erano 12.359 ed assistevano una

popolazione di 60.045.068 cittadini effettuando 10.345.165 visite domiciliari con

un tasso di ricoveri pari al 1,8% delle visite effettuate

Il nuovo A.C.N. per la Medicina Generale nei limiti imposti dalle leggi sul decentramento

amministrativo ed organizzativo della Pubblica Amministrazione (Direttiva generale del

2008 ) che trovano al massima espressione proprio in quello che concerne la sanità, cerca

di dare una nuova svolta e prova a definire un L.E.A. per la Continuità Assistenziale

partendo proprio dalle suddette considerazioni e ricerca i possibili meccanismi per definire

un ruolo del Medico di Continuità Assistenziale tracciando i seguenti capisaldi :

Responsabilità di uno specifico livello assistenziale

Percorsi organizzativi con l’Assistenza Primaria

Risposta Assistenziale riferita a prestazioni non differibili

Appropriatezza degli interventi

Linee guida nazionali e regionali sui protocolli operativi

Partecipazione a processi assistenziali tipici delle cure primarie

Funzioni assimilabili all’assistenza primaria nell’ambito delle forme assistenziali

funzionali e/o strutturate delle cure primarie

Sinergie operative di complementarietà tra Emergenza Sanitaria e l’Assistenza

Primaria

Appare chiaro come, nell’ambito del Territorio, venga rivalutata la figura del Medico di

Continuità Assistenziale non solo per le specifiche competenze in quanto erogatore di

Assistenza di Base nel periodo notturno-prefestivo-festivo, ma soprattutto come chiave di

lettura di possibili sviluppi organizzativi di cui l’adesione alle forme associative nell’ambito

delle Cure Primarie sono un esempio lampante.

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PERTANTO SI RICONOSCE AL MEDICO DI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE UN

COMPITO PROPRIO DELLE CURE PRIMARIE E CIOE’ UN PROCESSO DI

ASSISTENZA CHE RIGUARDI LA PERSONA E NON IL SINTOMO O LA PATOLOGIA

REALIZZANDO COSI’ UN SISTEMA SANITARIO TERRITORIALE DI REALE

CONTINUITA’ ASSISTENZIALE.

L’evoluzione dei nuovi scenari sociali e demografici del nostro paese ed i nuovi bisogni

assistenziali accompagnata peraltro ad una diminuzione progressiva del numero dei

medici di medicina generale in servizio, impongono che il medico di continuità

assistenziale esca definitivamente dal modello di assistenza “ occasionale “ su pazienti

sconosciuti per passare ad un modello di assistenza programmata che porti, attraverso

processi di integrazione funzionale, organizzativa e relazionale con gli altri professionisti

dell’ Assistenza Primaria (nell’ambito delle AFT e delle UCCP) alla presa in carico di

“pazienti noti “ in piena e paritaria integrazione con i medici di assistenza che operano

nelle ore diurne.

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MODALITA’ DI INTEGRAZIONE CON IL MMG

L’opportunità di una piena integrazione tra Medico di Continuità Assistenziale e

MMG è sancita dall’ACN art. 56, che demanda all’ambito degli Accordi Regionali la

definizione di Linee Guida che identifichino le tipologie di assistiti presso il domicilio, dei

quali si ritenga di dover rendere disponibile la documentazione sanitaria necessaria per

garantire una corretta assistenza da parte del MCA.

L’ACN individua inoltre ulteriori aspetti:

• articolo 67, comma 16: “Sono inoltre obblighi e compiti del Medico.... la segnalazione

personale diretta al Medico di Assistenza Primaria che ha in carico l’assistito, dei casi di

particolare complessità rilevati nel corso degli interventi di competenza...”

• articolo 69, comma 3: “Il Sanitario in servizio, al fine di assicurare la continuità

dell’assistenza ed un’ efficace integrazione delle professionalità operanti nel territorio,

interagisce con il Medico di fiducia e con le strutture aziendali, secondo

modalità da defi nirsi nell’ambito degli Accordi Aziendali”.

• articolo 69, comma 4: “...il Sanitario in servizio, al fine di assicurare la continuità

assistenziale in capo al Medico di libera scelta, è tenuto a compilare, in duplice

copia, il modulario informativo, di cui una copia è destinata al Medico di fiducia

o alla struttura sanitaria, in caso di ricovero, da consegnare all’assistito e l’altra

viene acquisita agli atti del Servizio.”

• articolo 69, comma 5: “La copia destinata al Servizio deve specificare, ove

possibile, se l’utente proviene da altra Regione o da Stato straniero”

• articolo 69, comma 6: “Nel modulo dovranno essere indicate succintamente: la

sintomatologia presentata dal soggetto, l’eventuale diagnosi sospetta o accertata,

la terapia prescritta o effettuata e, se del caso, la motivazione che ha indotto

il Medico a proporre il ricovero ed ogni altra notizia ed osservazione che egli

ritenga utile evidenziare”.

•articolo 69, comma 7: “Saranno altresì segnalati gli interventi che non presentano

caratteristiche d’urgenza”.

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Al di là di quanto espressamente previsto dalla normativa, è indispensabile che

MMG e MCA mettano in atto idonei strumenti di comunicazione finalizzati a consentire la

continuità terapeutica dell’assistito.

A maggior ragione, nel caso di paziente in condizioni critiche, l’interazione tra le

due figure mediche è indispensabile e deve essere attuata preventivamente, per

consentire al MCA di operare in modo integrato con MMG e gli altri operatori, così

da poter diventare una risorsa importante per raggiungere l’obiettivo di assistenza

domiciliare.

L’integrazione è oltremodo necessaria e dovrebbe essere attuata preventivamente,

al fine di evitare che l’intervento del MCA si traduca in una ospedalizzazione altrimenti

evitabile, nel caso di pazienti con bisogni assistenziali complessi (ad esempio portatori di

catetere, di sondini, di PEG, in alimentazione artificiale, con respiratore automatico, con

lesioni da decubito, con esiti recenti di interventi chirurgici/ortopedici) o addirittura di

pazienti in cure palliative.

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CRITICITA’ NELLA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE CRONICO

DA PARTE DEL M.C.A.

CRITICITA’ STORICHE

Nella nostra esperienza territoriale locale, maturata nell’ arco degli anni, riteniamo che

l’approccio comportamentale del medico di continuità assistenziale sia stato condizionato

dai seguenti fattori:

1. La mancanza di un vero e proprio rapporto fiduciario nella relazione medico -

paziente

2. L’essere considerati ancora come medici d’ urgenza e pertanto pronti a dover

intervenire in un brevissimo tempo a domicilio

3. L’accesso alla documentazione sanitaria pressoché indisponibile

4. L’impossibilità di poter prescrivere esami diagnostico - strumentali o visite

specialistiche

Altri fattori che influenzano ed sovraccaricano il servizio e che molto spesso vengono

dimenticati e/o volutamente omessi, sono correlati alla contemporanea necessità di

intervento del MCA su:

popolazione in regime di R.S.A.

popolazione psichiatrica

popolazione pediatrica

popolazione tossicodipendente

popolazione in regime di restrizione

popolazione non residente ( universitari, turisti, lavoratori temporanei,ecc. )

richieste delle forze dell’ordine ( nei casi di arresti ,di risse, di disagi sociali, ecc.)

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CRITICITA’ NUOVE DA SUPERARE

Nelle forme organizzative da noi approcciate, ed i Nuclei di Cure Primarie ne sono

l’esempio, pur mantenendo un collegamento di tipo professionale ( tracciando le varie

prestazioni ) non si è mai venuto a creare questa sorta di vero feeling con il Medico di

Cure Primarie e questo perché :

La molteplicità dei software utilizzati dai singoli medici di MG e la conseguente

creazione di server per l’interfaccia tra loro, genera la necessità di oneri aggiuntivi

per i medici di Continuità Assistenziale che vi devono accedere.

Ogni prestazione va effettuata dopo debito consenso scritto da parte del paziente

La formazione non è stata sempre capillare e puntuale per poter permettere al

Medico di Continuità Assistenziale di poter approcciare congiuntamente alle altre

figure e con protocolli sempre aggiornati le principali patologie croniche, le cure

palliative, l’appropriatezza prescrittiva; ciò anche in relazione alla disponibilità

limitatissima di linee guida nazionali relative alla tipologia dei casi clinici gestiti dalla

CA. La non disponibilità di idonei supporti informatici per la registrazione di

performance in tale servizio è un’ulteriore importante barriera allo sviluppo di

percorsi di verifica e miglioramento.

L’approccio dovrà essere sempre più tendente alla prevenzione con una sorta di vero e

proprio contratto da stipulare con il paziente preso in carico con controlli obbligatori e

programmati da attuare nel tempo. Sicuramente l’approccio multidisciplinare delle

patologie croniche comporterà inevitabilmente l’evidenziarsi di nuove criticità non previste.

Con il nuovo assetto imposto dal Decreto del Ministro della Salute Balduzzi però, se da

una parte tutto questo potrebbe essere finalmente ed ampiamente superato, dall’ altro la

possibilità di poterla demandare alle nuove forme aggregative AFT e UCCP, di fatto

smantella un sistema di assistenza h24 ( medici di famiglia il giorno e medici di c.a di

notte e nei prefestivi – festivi ) già esistente. Pertanto, esprimendo una forte

preoccupazione anche sul futuro ricollocamento dei medici di C.A., non essendo chiaro chi

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potrebbe essere il nuovo datore di lavoro ( la regione, la asl, l’aggregazione stessa, una

eventuale cooperativa ), si intuisce che tutto questo potrebbe pregiudicare nuovamente la

modalità di erogazione delle prestazioni.

STRUMENTI E MODALITA’ DI COMUNICAZIONE CON LE ALTRE FIGURE

PROFESSIONALI PER GARANTIRE CONTINUITA’ DELLE CURE

In questo percorso assistenziale condiviso diventa essenziale il modo di comunicare.

Bisognerà superare sicuramente alcune difficoltà note :

Uniformare i software da utilizzare ( uno sforzo a tal riguardo potrebbe essere

attuato dalla regione oppure da parte di tutti medici dietro incentivi di essa).

Aggirare o perlomeno snellire con normative ad hoc, da parte del garante della

privacy, l’acquisizione dei dati sensibili.

Utilizzare o perfezionare l’utilizzo di siti web già esistenti ( Sanità Amica ) che può

permettere di seguire a distanza nel percorso diagnostico terapeutico tutti i pazienti

presi in carico ovvero possibilità di accesso al Patient Summary o Documento di

Sintesi Clinica del cittadino:questo strumento permette di aiutare gli interventi in

emergenza fornendo un quadro degli elementi essenziali che riguardano la salute

del cittadino; favorire la comunicazione, tra MMG/PdF/MCA e Medico Specialista, di

tutte le informazioni sanitarie utili per la corretta valutazione del caso in esame;

acquisire gli esiti di accertamenti diagnostici o strumentali, ove significativi, per una

veloce sintesi dello stato di salute del paziente. Il fascicolo dovrebbe contenere:

Informazioni generali relative al paziente (nome, età, …), una sintesi delle

informazioni sanitarie più importanti (allergie, cure precedenti, vaccinazioni, eventi

chirurgici, patologie in corso, dispositivi medicali …), una sintesi dei trattamenti in

corso, informazioni relative al patient Summary stesso (ad es. quando e chi lo ha

generato…).

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Realizzare una cartella clinica informatizzata con una PW personalizzata

consultabile anche direttamente in caso di urgenza.

Utilizzare tecnologie sempre più sofisticate come “ sistem Ipad app “ o “ sistem

android “ sempre in continuo e costante evoluzione.

Tutto questo è sicuramente auspicabile, ma per l’attuazione le tempistiche non saranno

sicuramente brevi. Gli oneri per la loro attuazione faranno sicuramente da ostacolo e

bisognerà essere partecipi di questo cambiamento senza elemosinare il proprio contributo.

Ognuno dovrà promuoversi anziché frenarsi.

Tuttavia, se il comparto delle cure primarie dovrà traghettare da un sistema a bassa

intensità/complessità ad uno a media complessità assistenziale o addirittura ad alta

intensità, solo il perseguire l’eccellenza delle cure nel rispetto della sostenibilità del

sistema permetterà di ribaltare la logica perversa che vuole prima definire i modelli

organizzativi e poi centrare questi sui bisogni dei cittadini.

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BIBLIOGRAFIA

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