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La lettera settimanale di Don A.M.Fanucci - ilgibbo.it · Prodotta da grandi centrali (in genere a...

Date post: 21-Feb-2019
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ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO - GUBBIO C/O SANTA MARIA AL CORSO La lettera settimanale di Don A.M.Fanucci 10 settembre 2017” www.ilgibbo.it CHIESA E POVERI, UN AMORE LUNGO E PROBLEMATICO (A. M. FANUCCI, PRO MANUSCRIPTO. LEZIONI ALLA LUMSA-GUBBIO, ANNO 1999 ) CAP. 8 NELL’ULTIMA PARTE DEL SECOLO LUNGO UNA CHIESA CHE FA DUE PASSI AVANTI E UNO INDIETRO (1870 – 1914) S.PIO X 8.40 La Chiesa di Pio X e il colonialismo moderno (3) EXCURSUS: CHIESA, SCHIAVITÙ, COLONIALISMO (3) L’INCONCEPIBILE SILENZIO DELLA CHIESA SULLA TRAGICA IMMORALITÀ DEL COLONIALISMO IMPERIALISTA A CAVALLO TRA 800 E 900 (1) Ancora più incomprensibile di quello nei confronti del colonialismo moderno, soprattutto inglese, è il silenzio della Chiesa a proposito della pazzesca bagarre colonialista che l’imperialismo della seconda metà dell’800 scatenò con una veemenza mai vista, e che fatalmente avrebbe portato alla prima delle grandi mattanze del ‘900, la prima guerra mondiale.Nel periodo compreso tra l'ultimo ventennio dell'Ottocento e la «grande guerra» del 1914-18, sul proscenio di quella che un povero di spirito chamò la Belle Èpoque, danzano coloratissime le fatue donnine dal vitino di vespa e dal cervello di gallina; ma sulla lugubre scena reale danza un mostro che non s’era mai visto: l’imperialismo capitalista. I nomi: imperialismo “Imperialismo” vuol dire POLITICA DI POTENZA PURA. Sono forte e questo è sufficiente per piegarti ai miei voleri. Ti tonfo perché ho muscoli sufficienti per farlo. Hitler non aveva altra ragione per giustificare l’invasione della Francia o l’ Anscluss dell’Austria e se le avesse avute non avrebbe avvertito la necessità di esibrle.
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ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO - GUBBIO C/O SANTA MARIA AL CORSO

La lettera settimanale di Don A.M.Fanucci “10 settembre 2017” www.ilgibbo.it

CHIESA E POVERI, UN AMORE LUNGO E PROBLEMATICO

(A. M. FANUCCI, PRO MANUSCRIPTO. LEZIONI ALLA LUMSA-GUBBIO, ANNO 1999 )

CAP. 8

NELL’ULTIMA PARTE DEL SECOLO LUNGO

UNA CHIESA CHE FA DUE PASSI AVANTI E UNO INDIETRO

(1870 – 1914)

S.PIO X

8.40 La Chiesa di Pio X e il colonialismo moderno (3)

EXCURSUS: CHIESA, SCHIAVITÙ, COLONIALISMO (3)

L’INCONCEPIBILE SILENZIO DELLA CHIESA SULLA TRAGICA IMMORALITÀ

DEL COLONIALISMO IMPERIALISTA A CAVALLO TRA 800 E 900 (1)

Ancora più incomprensibile di quello nei confronti del colonialismo moderno, soprattutto inglese, è il

silenzio della Chiesa a proposito della pazzesca bagarre colonialista che l’imperialismo della seconda

metà dell’800 scatenò con una veemenza mai vista, e che fatalmente avrebbe portato alla prima delle

grandi mattanze del ‘900, la prima guerra mondiale.Nel periodo compreso tra l'ultimo ventennio

dell'Ottocento e la «grande guerra» del 1914-18, sul proscenio di quella che un povero di spirito

chamò la Belle Èpoque, danzano coloratissime le fatue donnine dal vitino di vespa e dal cervello di

gallina; ma sulla lugubre scena reale danza un mostro che non s’era mai visto: l’imperialismo

capitalista.

I nomi: imperialismo

“Imperialismo” vuol dire POLITICA DI POTENZA PURA. Sono forte e questo è sufficiente per

piegarti ai miei voleri. Ti tonfo perché ho muscoli sufficienti per farlo. Hitler non aveva altra ragione

per giustificare l’invasione della Francia o l’Anscluss dell’Austria e se le avesse avute non avrebbe

avvertito la necessità di esibrle.

Ovviamente da che mondo è mondo tutti i prepotenti hanno avuto accanto a sé chi offriva loro la

dovuta copertura ideologica: vai avanti, perché lo fai per il bene loro, per la crescita della civiltà, per la

grandezzz del genere umano, per …

Politica imperialista.“Fare politica” vuol dire prendersi cura dalla polis.Le varie dottrine politiche si

differenziano in base alle diverse modalità con cui ci si prende cura della polis. Per Dante ci si prende

cura della polis mettendo a punto la duplice via che conduce alla duplice felicità, quella terrena e quella

celeste, sotto la guida dell’Imperatore e del Papa. Secondo Machiavelli ci si prende cura della polis

individuando, senza posizioni ideologiche preconcette di nessun tipo, cosa chiede in un certo tempo e

in un certo territorio il bene comune per essere realizzato. Secondo Marx ci si prende cura della polis

realizzando l’uguaglianza di opportunità per tutti suoi cittadini, e questo lo si farà prima abolendo la

proprietà privata dei mezzi di produzione, poi instaurando la dittatura del proletariato, infine creando

le strutture di una società senza classi. La politica imperialista si prende cura della polis attribuendo a se

stessa il diritto/dovere di potenziare senza limiti le possibilità espansive della propria polis, anche

entrando in gara selvaggia contro le altre nazioni che la pensano allo stesso modo.

Convinte della necessità di allargare i loro domini allo scopo di assicurarsi fonti di materie prime e

aprire nuovi mercati per rafforzare l'industria e il commercio internazionale, le potenze imperialiste

europee della seconda metà dell’800 trasferirono nelle colonie le tensioni createsi al loro interno.

I nomi: imperialismo, volto nuovo del nuovo colonialismo

Il colonialismo cui accennavamo, quello che si scatena dalla seconda metà dell’800 alla prima guerra

mondiale, si coniuga strettamente da una parte (sul piano teorico) con l’imperialismo, dall’altra (sul

piano concreto) con la seconda rivoluzione industriale,

La seconda rivoluzione industriale (con la crescita impetuosa soprattutto del settore agricolo, di quello

manifatturiero e di quello alimentare) si differenzia dalla prima

perché occupa un arco di tempo molto più breve di quello che era stato necessario all’affermarsi e al diffondersi, un secolo prima, della prima rivoluzione industriale;

perché come protagonisti non ha più dei singoli individui, geniali e intraprendenti, ma dei laboratori scientifici dediti a ricerche specializzate, sostenute dalle università e finanziate da singoli imprenditori e/o dai governi nazionali.

Quanto alla qualità dei nuovi prodotti, la seconda rivoluzione industriale ha quattro protagonisti:

l'acciaio, l'elettricità, la chimica. il petrolio.

L’acciaio.

Nel settore metallurgico l’innovazione più importante venne dall’uso di ferro con alta percentuale di

fosforo: le acciaierie tedesche, grazie all’abbondanza dei “fosforizzanti” in Germania, ben presto

superarono la produzione delle famose acciaierie inglesi. E l’acciaio rinnovò in molte sue parti non

solo il settore meccanico, ma anche quello delle costruzioni (cemento armato).Giganteggia prima la

tedesca Krupp, poi la statunitense U.S.Steel. Nascono le macchine per cucire e per scrivere, le

biciclette, il motore a scoppio, i primi aerei.

L’elettricità.

Prodotta da grandi centrali (in genere a carbone, in Italia idroelettriche), ebbe un’infinità di

applicazioni, a cominciare dall’illuminazione, e vide giganteggiare l’olandese Philips, la tedesca Aeg e le

statunitensi General Elctric e Westinghouse. Successive applicazioni la resero fondamentale per le

attività più diverse.

La chimica

La rabbiosa competitività che si sviluppò in questo settore portò alla scoperta di nuovi prodotti: soda,

fertilizzanti, coloranti, ammoniaca, dinamite; e prodotti farmaceutici quali cloroformio, disinfettanti e

analgesici. Numerose e importantissime scoperte in campo medico/scientifico, sulla scia degli studi di

Darwin e di Mendel: i balzi in avanti dell’anatomia comparata, della fisiologia, della genetica,

dell’epidemiologia (Pasteur, Hansen, Koch, …) dettero agli occidentali la possibilità di sconfiggere

peste, tubercolosi, difterite, lebbra, rabbia, malaria. Comparve la prima anestesia.Compravero i raggi

X.

Il petrolio

Grazie soprattutto al petrolio la mobilità, sia umana che commerciale, lievitò: in alcuni paesi le

ferrovie ebbero un incremento del 900%: e questo sfociò in un potente elemento di accelerazione

dello sviluppo economico e umano degli insediamenti umani raggiunti dal servizio.

Le automobili sulla terra e i piroscafi sul mare divennero protagonisti: fra l’altro proprio i bassi prezzi

del grano importato dagli Stati Uniti causarono la grande crisi agraria degli anni ‘70. Venne costruito il

canale di Suez (1869). Telefono (1860) e telegrafo annullarono le distanze.

Un risultato negativo inatteso

Le economie dei vari stati nazionali divennero sempre più interdipendenti, ma il sogno degli

illuministi (“l’espansione del mercato porterà con sé il superamento delle barriere nazionali e la

realizzazione del cosmopolitismo”) si rovesciò nel più feroce scontro tra nazionalismi che la storia

abbia conosciuto. Il fatto è che venne infranta la santissima legge di mercato secondo la quale nei

rapporti commerciali domanda e offerta debbono equivalersi: qui invece l’offerta fu di gran lunga

superiore alla domanda, gli imprenditori si ritrovarono i portafogli gonfi, bisognava trovare nuovi

mercati o comunque nuove e redditizie forme di investimento dei capitali.

E fu così che il colonialismo divenne il nuovo nome dell’imperialismo; solo per la coscienza della

propria forza economica, politica e militare che quel progresso aveva loro procurato le grandi

potenze, ritenevano di poter e di dovere puntare al potere più assoluto e più esteso sulle nazioni meno

sviluppate: un potere non solo economico- politico- militare, ma anche culturale.

I fatti

Tra il 1800 e il 1878, i territori colonizzati dalle nazioni europee, con in testa l’Inghilterra, che aveva

cominciato a sviluppare politiche colonialiste fin dal XVI° secolo comprendevano un totale di

16.385.000 km², Ma a partire dalla seconda metà del XIX° secolo si scatenò tra le potenze europee

una gara frenetica a procurarsi rapidamente sempre nuove colonie.

L'Inghilterra

L'Inghilterra fu il paese più impegnato nell'estensione e nel consolidamento del suo impero coloniale.

Nel corso dell'Ottocento le colonie inglesi «di popolamento» con prevalenza di bianchi (Canada, Sud

Africa, Australia e Nuova Zelanda) si avviarono a diventare dominions, paesi dotati di ampie autonomie

politiche e amministrative interne, pur rimanendo subordinati alla madrepatria quanto alla politica

estera. Diversa invece la gestione dell'India: essa, dopo lo scioglimento della Compagnia delle Indie,

tramite la nomina di un Vicerè venne posta sotto l'amministrazione diretta della Gran Bìretagna, che

si impegnò a fondo e con buon successo alla modernizzazione del paese, ma fallì del tutto nel

tentativo di occidentalizzare la grande nazione: essa, dopo la seconda guerra mondiale, avrebbe trovato

la sua strada, con il Mahatma Ghandi e il Pandit Nehru.

La Francia

Secolo XVII: il grande Impero coloniale francese comprende America settentrionale, Caraibi,

subcontinente indiano (la parte che gli rimane dopo che l’Inghilterra ha battuto la Francia nella

Guerra dei Sette Anni).Dopo l'età napoleonica la Francia accrebbe ancora i propri possedimenti

coloniali in Africa e in Asia (Indocina). Ma fra la fine del XIX° e l’inizio del XX° secolo esso si è

talmente accresciuto in Asia, Africa e Oceania che intorno al 1930 si estenderà su di una superficie di

ben 12 347 000 km².

La crisi arriverà dopo la seconda guerra mondiale e la Francia non riuscì ad evitare la disgregazione

del suo impero negli anni cinquanta e sessanta. In due casi, Indocina eAlgeria, la Francia combatté e

perse vere e proprie guerre sanguinose.

La Germania

L'Impero coloniale tedesco si formò quasi per intero nelle seconda metà dell’800 (prima di quel

tempo la Germania governò piccole reltà in Venezuela e in Mauritania), fu ufficializzato nel 1884 e

venne cancellato nel 1919 dal Trattato di Versailles.

Colonie in Africa: Camerun, Africa del Sud-Ovest, Africa Orientale. In Polinesia: Nuova Guinea,

Arcipelago di Bismarck, Isole Salomone, Marianne, Caroline, Marshall, Bouganville, Samoa

occidentali.Colonie in Asia: Levante tedesco, Tsingtao (1897), Kiaochow (1898).

L’Africa indifesa

Negli ultimi venticinque anni dell'Ottocento tra le potenze europee fu rapidamente portata a termine

una brutale spartizione dell'Africa sahariana e sub shariana (restarono fuori dal banchetto solo la

Russia e l'Austria-Ungheria). La spartizione dell'Africa fu spesso motivo di profondi contrasti tra le

potenze e a volte sembrò mettere in crisi i precari equilibri internazionali. Poi però la posta economica

in gioco (c’era grascia abbondante per tutti) suggerì di risolvere pacificamente quei conflitti, tramite

diverse conferenze internazionali e diversi trattati bilaterali

Gli europei dettero vita soprattutto a grandi colonie di sfruttamento sia della manodopera che della

terra, attività fortamente redditizia soprattutto nelle grandi piantagioni. sahariane dell'Africa

Occidentale.

Allo scoppio della prima guerra mondiale tutta l'Africa era divisa in colonie create dalle varie nazioni

europee, ad eccezione dell'Etiopia e della Liberia (Stato proclamato indipendente nel 1839 e destinato

a ospitare gli schiavi negri liberati).

Per il «continente nero» fu un disastro: erano quasi ovunque società rurali, prive di apparati statali

d’una qualche consistenza, dominate da capi tribù o da caste di sacerdoti che praticavano l’animismo e

il feticismo. Non ci fu resistenza di sorta: i vincitori, oltretutto, grarantivano a quelle primitive “classi

emergenti” i benefici di cui da sempre avevano goduto.

L’unica legge divenne l’interesse degli europei, che il più delle volte brutalmente misero le mani su

tutto ciò che poteva incrementare la loro ricchezza e a volte ridussero i lavoratori a schiavi, più spesso

imposero tasse abnormi.

Gli effetti furono assolutamente distruttivi sulle società africane, sia sulla produzione agricola che sul

corpo sociale.

L’Asia che si difende

In Asia l'imperialismo francese in Indocina e quello inglese in India, Malesia, Borneo e Nuova

Guinea, si sovrapposero a culture di grandi tradizioni, che gli occidentali riuscirono a modificare solo

in minima parte e che, riacquistata coscienza di se stesse, liquidarono rapidamente gli occidentali, non

senza conflitti anche sanguinosi. La Persia, la Cina e l'India subirono considerevoli restrizioni

nell'ambito della loro sovranità e una spiccata dipendenza, nei riguardi delle potenze colonialiste.

Fu in Asia che il colonialismo si arroventò; la paventata eventualità che la Gran Bretagna, la prima

potenza coloniale (1815: Canada, India britannica, Australia, colonia del Capo e Ceylon),

monopolizzasse i mercati internazionali indusse le altre potenze europee a una sfrenata rincorsa per la

conquista delle fonti di materie prime e di nuovi mercati per i loro prodotti. L'intensa epoca

imperialista condussero spesso a rapidi e sanguinosi conflitti armati tra le potenze.

Nell'America latina

Nell'America latina con la guerra ispano-americana (1898) ha definitivamente fine l'impero coloniale

spagnolo al di là dell'Atlantico.

D’ora in avanti governa la diplomazia del dollaro: con questa forma di litote viene chiamato il tipico

imperialismo statunitense, che col suo schiacciante predominio economico schiavizza gradatamente

l'intero subcontinente.

Due congressi

Al Congresso di Parigi (1856), convocato per sanare le ferite della Guerra di Crimea (quella grazie alla

quale Cavour era riuscito a porre per la prima volta, su di un tavolo internazionale, la “Questione

Italia”) si trasformò in una furiosa gara per la supremazia in Europa: la Francia vinse e divenne la

potenza più forte in Europa, a scapito della Russia.

Tutta diversa fu la musica del Congresso di Berlino (1878), dominato dalla prorompente figura del

Cancelliere Otto von Bismarck, Primo Ministro della Prussia dal 1862, Primo Cancellliere della

Confederazione Tedesca del Nord dal 1867, Cancelliere dell’Impero Tedesco dal 1871. Tra il giugno e

il luglio del 1878 Bismark, presentandosene come l’arbitro e il moderatore, convocò a Berlino il

Congresso delle Potenze, dove vennero “concordati” alcuni ritocchi ai confini di alcune nazioni europee,

ma soprattutto vennero ufficialmente ratificate le decisioni assunte dalla Conferenza Internazionale di

Berlino (1884-1885) che, definendo l’assetto dell’Africa Centrale, aveva delineato la spartizione del

continente nero tra le grandi potenze.

Bene:di fronte a tutto questo sconquasso, a queste prepotenze, a queste sofferenze la Chiesa

sostanzialmente tacque. Perché?

Gubbio, 5 /9/ 2017 don Angelo M. Fanucci,

Canonico Penitenziere e Rettore di Santa Maria al Corso

Comunità di Cpodarco dell’Umbria.Residenza per disabili “Pierfrancesco”, Via Elba 47, 06024 Gubbio (Pg)

075 922 11 50

DON MILANI, UN PROFETA 50 ANNI DOPO LA MORTE, 13

② I CONTENUTI DI LETTERA A UNA PROFESSORESSA

(Continua la PRIMA PARTE: LA SCUOLA DELL'OBBLIGO NON PUÒ BOCCIARE)

② I CONTENUTI DI LETTERA A UNA PROFESSORESSA

PARTE PRIMA

LA SCUOLA DELL'OBBLIGO NON PUÒ BOCCIARE

Gli esami

le regole dello scrivere - il coltello nelle vostre mani - il complesso del trabocchetto - gufi, ciottoli e ventagli - il fine - i

mezzi - i castelli della Loira - arrivisti a 12 anni - l’inglese - matematica e sadismo - etichette nuove - una classe di

cretini - il sindacato dei babbi - il giornale - la Costituzione - il Monti - gerarchia delle urgenze - ragazzi infelici -

latino in Mugello

Gli esami

le regole dello scrivere

A giugno del terzo anno di Barbiana mi presentai alla licenza media come privatista.

il coltello nelle vostre mani

il complesso del trabocchetto

gufi, ciottoli e

ventagli

Il tema fu: «Parlano le carrozze ferroviarie».

A Barbiana avevo imparato che le regole dello scrivere sono: Aver qualcosa di importante da dire e

che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che serve. Trovare una

logica su cui ordinarlo. Eliminare ogni parola che non serve. Eliminare ogni parola che non usiamo

parlando. Non porsi limiti di tempo.

Così scrivo coi miei compagni questa lettera. Così spero che scriveranno i miei scolari quando sarò

maestro.

il coltello nella vostre mani

Ma davanti a quel tema che me ne facevo delle regole umili e sane dell'arte di tutti i tempi? Se volevo

essere onesto dovevo lasciare la pagina in bianco. Oppure criticare il tema e chi me l'aveva dato.

Ma avevo quattordici anni e venivo dai monti. Per andare alle magistrali mi ci voleva la licenza. Quel

fogliuccio era in mano a cinque o sei persone estranee alla mia vita e a quasi tutto ciò che amavo e

sapevo. Gente disattenta che teneva il coltello dalla parte del manico.

Mi provai dunque a scrivere come volete voi. Posso ben credere che non ci riuscii. Certo scorrevano

meglio gli scritti dei vostri signorini esperti nel frigger aria e nel rifrigger luoghi comuni.

il complesso del trabocchetto

Il compito di francese era un concentrato di eccezioni.

Gli esami vanno aboliti. Ma se li fate, siate almeno leali. Le difficoltà vanno messe in percentuale di

quelle della vita. Se le mettete più frequenti avete la mania del trabocchetto. Come se foste in guerra

coi ragazzi.

Chi ve lo fa fare? Il loro bene?

gufi, ciottoli e ventagli

Il loro bene no. Passò con nove un ragazzino che in Francia non saprebbe chiedere nemmeno del

gabinetto.

Sapeva solo chiedere gufi, ciottoli e ventagli sia al plurale che al singolare (gufi, ciottoli e ventagli = queste

tre parole in francese sono più difficili delle altre. I professori all'antica le fanno imparare a mente fin

dai primi giorni). Avrà saputo in tutto duecento vocaboli e scelti col metro di essere eccezioni, non

d'essere frequenti. Il risultato è che odiava anche il francese come si potrebbe odiare la matematica.

il fine

Io le lingue le ho imparate coi dischi. Senza neanche accorgermene ho imparato prima le cose più utili

e frequenti. Esattamente come s'impara l'italiano.

Quell'estate ero stato a Grenoble (una città della Francia) a lavar piatti in una trattoria. M'ero trovato

subito a mio agio. Negli ostelli (alberghi per la gioventù) avevo comunicato con ragazzi d'Europa e

d'Africa.

Ero tornato deciso a imparare lingue a tutto spiano. Molte lingue male piuttosto che una bene. Pur di

poter comunicare con tutti, conoscere uomini e problemi nuovi, ridere dei sacri confini delle patrie.

i mezzi

Nei tre anni delle medie noi avevamo fatto due lingue invece di una: francese e inglese. Avevamo un

vocabolario sufficiente a reggere qualsiasi discussione.

Pur di non farla lunga su qualche sbaglio di grammatica. Ma la grammatica appare quasi solo

scrivendo. Per leggere e parlare si può fare senza. Poi pian piano s'orecchia. Più tardi chi ci tiene può

studiarla.

Del resto con la nostra lingua si fa così. Si riceve la prima lezione di grammatica dopo otto anni che si

parla. Dopo tre che si legge e che si scrive.

Nei programmi nuovi son consigliati i dischi anche per voi. Ma i dischi vanno bene in una scuola a

pieno tempo, dove le lingue si imparano per svago nelle ore di stanchezza. Un par d'ore al giorno sette

giorni la settimana. Non tre ore la settimana come da voi.

Nelle vostre condizioni è meglio non adoprarli.

i castelli della Loira (fiume della Francia)

Agli orali s'ebbe una sorpresa. I vostri ragazzi parevano pozzi di cultura francese. Per esempio

parlavano con sicurezza dei castelli della Loira.

Più tardi si seppe che avevano fatto soltanto quello in tutto l'anno. Poi avevano in programma alcuni

brani e li sapevano leggere e tradurre.

Se fosse capitato un ispettore avrebbero fatto più figura loro di noi. L'ispettore non esce dal

programma. Eppure lo sapete voi e lui che quel francese non può servire a nulla. E allora per chi lo

fate? Voi per l'ispettore. Lui per il provveditore. E lui per il ministro.

È l’aspetto più sconcertante della vostra scuola: vive fine a se stessa.

arrivisti a 12 anni

Anche il fine dei vostri ragazzi è un mistero. Forse non esiste, forse è volgare.

Giorno per giorno studiano per il registro, per la pagella, per il diploma. E intanto si distraggono dalle

cose belle che studiano. Lingue, storia, scienze, tutto diventa voto e null'altro. Dietro a quei fogli di

carta c'è solo l'interesse individuale. Il diploma è quattrini. Nessuno di voi lo dice. Ma stringi stringi il

succo è quello.

Per studiare volentieri nelle vostre scuole bisognerebbe essere già arrivisti a 12 anni.

A 12 anni gli arrivisti son pochi. Tant'è vero che la maggioranza dei vostri ragazzi odia la scuola. Il

vostro invito volgare non meritava altra risposta.

ínglese

Nella classe accanto c'era una sezione d'inglese. Più ingannati che mai.

i castelli

della Loira

Lo so anch'io che l'inglese fa più comodo. Ma a saperlo. Non a cominciarlo appena come fate voi.

Altro che gufi e ciottoli. Non sapevano dire neanche buonasera. E scoraggiati per sempre.

La prima lingua straniera è un avvenimento nella vita del ragazzo. Deve essere un successo, sennò

guai.

Noi s'è visto che in pratica è possibile soltanto col francese. Ogni volta che capitava un ospite

straniero che parlava francese c'era qualche ragazzo che scopriva la gioia di intendere. La sera stessa lo

si vedeva prendere in mano i dischi di una terza lingua.

In più l'aveva in mano: voglia, certezza che è possibile sfondare, mente già avviata nei problemi

linguistici.

matematica e sadismo

Il problema di geometria faceva pensare a una scultura della Biennale: «Un solido è formato da una

semisfera sovrapposta a un cilindro la cui superficie è tre settimi di quella... ». Non esiste uno

strumento che misuri le superfici. Dunque nella vita non può accadere mai di conoscere le superfici e

non le dimensioni. Un problema così può nascere solo nella mente di un malato.

etichette nuove

Nella Nuova Media queste cose non si vedranno più. I problemi partiranno «da considerazioni di

carattere concreto».

Difatti la Carla quest'anno alla licenza ha avuto un problema moderno a base di caldaie: Una caldaia ha

la forma di una semisfera sovrapposta... E di nuovo si parte dalle superfici.

Meglio un professore all'antica d'uno che crede d'essere moderno perché ha mutato le etichette.

una classe di cretini

Il nostro era all'antica. Fra l'altro gli successe che nessuno dei suoi ragazzi riuscì a risolvere il

problema. Dei nostri se la cavarono due su quattro. Risultato: ventisei bocciati su ventotto.

Lui raccontava in giro che gli era toccata una classe di cretini!

il sindacato dei babbi

A chi toccava tenerlo a freno?

Poteva farlo il preside o il consiglio dei professori. Non lo fecero.

Potevano farlo i genitori. Ma finché avrete il coltello dalla parte del manico i genitori staranno zitti. E

allora o levarvi di mano ogni coltello (voti, pagelle, esami) o organizzare i genitori.

Un bel sindacato di babbi e mamme capace di ricordarvi che vi paghiamo noi e vi paghiamo per

servirci, non per buttarci fuori.

In fondo sarebbe il vostro bene. Quelli che non ricevono critiche, invecchiano male. S'estraniano alla

storia che vive e progredisce. Diventano quelle povere creature che siete voi.

matematica e

sadismo

etichette nuove

il giornale

La storia di questo mezzo secolo era quella che sapevo meglio. Rivoluzione russa, fascismo, guerra,

resistenza, liberazione dell'Africa e dell'Asia. È la storia in cui sono vissuti il nonno e il babbo.

Poi sapevo bene la storia in cui vivo io. Cioè il giornale che a Barbiana leggevamo ogni giorno, a alta

voce, da cima a fondo.

Sotto gli esami due ore di scuola spese sul giornale ognuno se le strappa dalla sua avarizia. Perché non

c'è nulla sul giornale che serva ai vostri esami. È la riprova che c'è poco nella vostra scuola che serva

nella vita.

Proprio per questo bisogna leggerlo. È come gridarvi in faccia che un lurido certificato non è riuscito

a trasformarci in bestie. Lo vogliamo solo per i nostri genitori. Ma politica e cronaca cioè le

sofferenze degli altri valgono più di voi e di noi stessi.

la Costituzione

Quella professoressa s'era fermata alla prima guerra mondiale. Esattamente al punto dove la scuola

poteva riallacciarsi con la vita. E in tutto l'anno non aveva mai letto un giornale in classe.

Dovevano esserle rimasti negli occhi i cartelli fascisti: ”Qui non si parla di politica”.

Una volta la mamma di Giampiero le disse: «Eppure mi pare che il bambino da che va al doposcuola

comunale sia migliorato tanto. La sera a casa lo vedo leggere». «Leggere? Sa cosa legge? La

COSTITUZIONE! L'anno scorso aveva per il capo le ragazzine, quest'anno la Costituzione».

Quella povera donna pensò che fosse un libro sporco. La sera voleva far cazzottare Giampiero dal suo

babbo.

il Monti

Quella stessa professoressa a italiano voleva a tutti i costi le strane fiabe d'Omero (antico poeta greco

autore dell'Iliade). Ma almeno fosse stato Omero. Era il Monti (Vincenzo Monti = poeta del 1800. Ha

tradotto l'Iliade in italiano.

A Barbiana non s'era letto. Solo una volta, per ridere, si prese il testo greco e si contò le parole d'un

canto. Centoquarantuno per cento! Ogni tre parole due son d'Omero, una è parto della testolina del

Monti.

E il Monti chi è? Uno che ha qualcosa da dirci? Uno che parla la lingua che occorre a noi? Peggio

ancora: è uno che scriveva una lingua che non era parlata neppure al tempo suo.

Un giorno insegnavo geografia a un ragazzetto cacciato fresco fresco dalla vostra media. Non sapeva

nulla di nulla, ma per dire Gibilterra diceva Colonne d'Ercole poeti antichi chiamavano così lo stretto

di Gibilterra (è il passaggio tra il Mare Mediterraneo e l'Oceano Atlantico).

Se lo immagina in Spagna a chiedere il biglietto a uno sportello ferroviario?

gerarchia delle urgenze

Quando la scuola è poca il programma va fatto badando solo alle urgenze.

laCostituzione

Pierino del dottore ha tempo di leggere anche le novelle. Gianni no. Vi è scappato di mano a 15 anni.

È in officina. Non ha bisogno di sapere se è stato Giove a partorire Minerva o viceversa (i greci

antichi credevano o facevano finta di credere negli dei. Fra l'altro raccontavano che un maschio, di

nome Giove, aveva partorito una bambina, di nome Minerva).

Nel suo programma d'italiano ci stava meglio il contratto dei metalmeccanici. Lei signora l'ha letto?

Non si vergogna? È la vita di mezzo milione di famiglie.

Che siete colti ve lo dite da voi. Avete letto tutti gli stessi libri. Non c'è nessuno che vi chieda qualcosa

di diverso.

ragazzi infelici

Agli esami di ginnastica il professore ci buttò un pallone e ci disse:”Giocate a pallacanestro”. Noi non

si sapeva. Il professore ci guardò con disprezzo: “Ragazzi infelici”.

Anche lui come voi. L'abilità in un rito convenzionale gli pareva importante. Disse al preside che non

avevamo «educazione fisica» e voleva rimandarci a settembre.

Ognuno di noi era capace di arrampicarsi su una quercia. Lassù lasciare andare le mani e a colpi

d'accetta buttar giù un ramo d'un quintale. Poi trascinarlo sulla neve fin sulla soglia di casa ai piedi

della mamma.

M'hanno raccontato d'un signore a Firenze che sale in casa sua con l'ascensore. Poi s'è comprato un

altro aggeggio costoso e fa finta di remare. Voi in educazione fisica gli dareste dieci.

latino in Mugello

Di latino naturalmente ne sapevamo poco. La Camera l'aveva già seppellito da due anni, la legge che

istituisce la nuova scuola media è del 1962. Proprio in quell'anno avevano smesso di pretenderlo

Cambridge e Oxford, antiche università inglesi riservate ai signori; fino a poco tempo fa non poteva

entrarci chi non sapeva il latino15.

Ma i contadini del Mugello dovevano saperlo tutto. Passavano tra i banchi i professori solenni come sacerdoti. Custodi del lucignolo spento.

Io sgranavo gli occhi su quella gente strana. Non avevo mai incontrato nulla di simile.

13.a continua

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DAL CONFLITTO ALLA COMUNIONE Alla vigilia dell’anno 2017, cinquecentesimo anniversario dell’esplosione della Riforma, con

l’affissione delle famose 95 tesi, da parte di Lutero, sulla porta della Cattedrale di Wittenberg,

IL TESTO PRODOTTO dalla

COMMISSIONE LUTERANA-CATTOLICA SULL’UNITÀ

in preparazione alla commemorazione del

500.mo ANNIVERSARIO DELL’INIZIO DELLA RIFORMA

***

LA FEDE E LE BUONE OPERE

130. È importante che luterani e cattolici abbiano una visione comune del modo d’intendere la

coerenza tra fede e opere: il credente «nella fede giustificante che racchiude in sé la speranza in Dio e

l’amore per lui, confida nella sua promessa misericordiosa. Questa fede è attiva nell’amore e per

questo motivo il cristiano non può e non deve restare inoperoso» (Dichiarazione congiunta,

n.25; EO 7/1855). I luterani, quindi, confessano anche la potenza creatrice della grazia di Dio che

«riguarda tutte le dimensioni della persona e conduce a una vita nella speranza e nell’amore»

(Dichiarazione congiunta, n.26; EO 7/1856). La «giustificazione soltanto per mezzo della fede» e «il

rinnovamento della vita» devono essere distinti ma non scissi.

131. Nel contempo, «la giustificazione non si fonda né si guadagna con tutto ciò che precede e segue

nell’uomo il libero dono della fede» (Dichiarazione congiunta, n.25; EO 7/1855). Questo è il motivo per

cui l’effetto creativo che i cattolici attribuiscono alla grazia giustificante non è inteso come una qualità

senza alcuna relazione con Dio, né come un bene di cui l’uomo può impossessarsi: «L’uomo non

potrà mai appropriarsi della grazia giustificante né appellarsi a essa davanti a Dio» (Dichiarazione

congiunta, n.27; EO 7/1857). Piuttosto questa concezione tiene conto del fatto che nella nuova

relazione con Dio i giusti vengono trasformati e resi figli di Dio, vivendo in tal modo in una nuova

comunione con Cristo: «Questa nuova relazione personale con Dio si fonda interamente sulla sua

misericordia e permane dipendente dall’azione salvifica e creatrice di Dio misericordioso, il quale

rimane fedele a se stesso e nel quale l’uomo può quindi riporre la propria fiducia» (Dichiarazione

congiunta, n.27; EO 7/1857).

132. Riguardo alla questione delle buone opere, cattolici e luterani insieme affermano: «Parimenti

confessiamo che i comandamenti di Dio rimangono in vigore per il giustificato» (Dichiarazione

congiunta, n.31; EO 7/1861).«Gesù e gli scritti apostolici esortano i cristiani a compiere opere d’amore»

(Dichiarazione congiunta, n.37; EO 7/1867). Affinché il valore vincolante dei comandamenti non possa

essere frainteso, viene specificato: «Sottolineando che il giustificato è tenuto all’osservanza dei

comandamenti di Dio, i cattolici non negano che la grazia della vita eterna è stata

misericordiosamente promessa ai figli di Dio mediante Gesù Cristo» (Dichiarazione congiunta,

n.33; EO 7/1863).

133. Sia i luterani sia i cattolici possono riconoscere il valore delle buone opere al fine di un

approfondimento della comunione con Cristo (cf. Dichiarazione congiunta, n.38s), anche se i luterani

sottolineano che la giustizia, in quanto accettazione da parte di Dio e partecipazione alla giustizia di

Cristo, è sempre perfetta. Il controverso concetto di merito viene spiegato così: «Quando i cattolici

affermano il “carattere meritorio” delle buone opere, essi intendono con ciò che, secondo la

testimonianza biblica, a queste opere è promesso un salario in cielo. La loro intenzione è di

sottolineare la responsabilità dell’uomo nei confronti delle sue azioni, senza contestare con ciò il

carattere di dono delle buone opere, e tanto meno negare che la giustificazione stessa resta un dono

immeritato della grazia» (Dichiarazione congiunta, n.38; EO 7/1868).

134. Riguardo alla questione assai discussa della cooperazione dell’uomo nella giustificazione,

nell’Appendice alla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione viene inserita una citazione

tratta dalle Confessioni luterane, al fine di sottolineare nella maniera più evidente la posizione comune

dei luterani e dei cattolici su questo punto: «L’opera della grazia di Dio non esclude l’azione umana:

Dio produce tutto, il volere e l’operare, pertanto noi siamo chiamati ad agire (cf. Fil 2,12ss).

“Immediatamente quando lo Spirito Santo ha iniziato in noi la sua opera di rigenerazione e di

rinnovamento, attraverso la Parola e i santi sacramenti, è certo che noi possiamo e dobbiamo

collaborare per mezzo della potenza dello Spirito Santo (…)”».

Simul iustus et peccator

135. Nel dibattito sulle differenze che emersero nell’affermare che il cristiano è «al tempo stesso

giusto e peccatore» apparve evidente che le due parti del dialogo non davano esattamente lo stesso

significato ai termini «peccato», «concupiscenza» e «giustizia». È necessario concentrare la nostra

attenzione non solo sull’enunciazione ma anche sul contenuto per arrivare a un consenso. Con

Romani 6,12 e 2 Corinzi 5,17, cattolici e luterani proclamano che nei cristiani il peccato non deve e

non dovrebbe regnare. Inoltre affermano con 1 Giovanni 1,8-10 che i cristiani non sono senza

peccato. Essi parlano dell’«opposizione a Dio che proviene dalla concupiscenza egoistica del vecchio

Adamo» anche in colui che è giustificato, il quale non «può esimersi dal combattimento di tutta una

vita» (Dichiarazione congiunta, n.28; EO 7/1858) contro tale opposizione.

136. Questa inclinazione «non corrisponde al disegno originario di Dio sull’uomo» e si pone

«oggettivamente in opposizione a Dio» (Dichiarazione congiunta, n.30; EO 7/1860), come affermano i

cattolici. Poiché infatti per essi il peccato ha il carattere di un atto, i cattolici qui non parlano di

peccato, mentre i luterani vedono in questa inclinazione a opporsi a Dio un rifiuto ad abbandonarsi

interamente a Dio e perciò chiamano questa inclinazione peccato. Tuttavia entrambi pongono

l’accento sul fatto che questa inclinazione a opporsi a Dio non separa il giustificato da Dio.

137. Sulla base dei presupposti del proprio sistema teologico e dopo aver studiato gli scritti di Lutero,

il card. Caietano giunse alla conclusione che l’interpretazione di Lutero riguardo alla garanzia assoluta

data dalla fede implicava l’istituzione di una nuova Chiesa.Il dialogo cattolico-luterano ha messo in

luce le divergenti forme di pensiero che causarono la reciproca incomprensione tra il card. Caietano e

Lutero. Oggi possiamo affermare che «i cattolici possono condividere l’orientamento dei riformatori

che consiste nel fondare la fede sulla realtà oggettiva della promessa di Cristo, a prescindere dalla

personale esperienza, e nel confidare unicamente nella promessa di Cristo (cf. Mt 16,19; 18,18)»

(Dichiarazione congiunta, n.36; EO 7/1866).

138. Luterani e cattolici hanno ciascuno condannato la dottrina dell’altra confessione, perciò il

consenso differenziante rappresentato nella Dichiarazione congiunta sulla dottrina della

giustificazione contiene un duplice aspetto. Da un lato nella Dichiarazione si afferma che le reciproche

condanne della dottrina cattolica e di quella luterana come descritte nella Dichiarazione non si

applicano all’altra confessione. Dall’altro lato la Dichiarazione afferma in senso positivo un consenso

nelle verità fondamentali della giustificazione: «La comprensione della dottrina della giustificazione

esposta in questa Dichiarazione mostra l’esistenza di un consenso tra luterani e cattolici su verità

fondamentali di tale dottrina della giustificazione» (Dichiarazione congiunta, n.40; EO 7/1870).

139. «Alla luce di detto consenso sono accettabili le differenze che sussistono per quanto riguarda il

linguaggio, gli sviluppi teologici e le accentuazioni particolari che ha assunto la comprensione della

giustificazione (…). Per questo motivo l’elaborazione luterana e l’elaborazione cattolica della fede

nella giustificazione sono, nelle loro differenze, aperte l’una all’altra e tali da non invalidare di nuovo il

consenso raggiunto su verità fondamentali» (Dichiarazione congiunta, n.40; EO 7/1870). «Con ciò, le

condanne dottrinali del XVI secolo, nella misura in cui esse si riferiscono all’insegnamento della

giustificazione, appaiono sotto una nuova luce: l’insegnamento delle Chiese luterane presentato in

questa Dichiarazione non cade sotto le condanne del concilio di Trento. Le condanne delle

Confessioni luterane non colpiscono l’insegnamento della Chiesa cattolica romana così come esso è

presentato in questa Dichiarazione» (Dichiarazione congiunta, n.41; EO 7/1871). Questa è una risposta di

grande rilievo ai conflitti sorti su questa dottrina e che si protrassero per quasi 500 anni.

Caro lettore, la mia Comunità di Capodarco dell’Umbria è in drammatica difficoltà economica, grazie alla mia collaudata insipienza gestionale, ma anche (anche) a comportamenti di natura vessatoria da parte di settori dell’Ente Pubblico.

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