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La missione si avvicinerà Galileodownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1995...fittare...

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Galileo si avvicinerà a lo, il satellite vulcanico di Giove, ill 7 dicembre 1995. L'azione combiiipta dei propulsori della - sonda e della spinta gravitazionale del satellite collocherà il veicolo in orbita intorno a Giove. A causa del cattivo fun- zionamento del registratore a nastro. però, Galileo non po- trà osservare Io in questo primo e più ravvicinato incontro. I n. 328, dicembre 1995 49 La missione Galileo Orbitando intorno a Giove, la sonda Galileo effettuerà osservazioni ravvicinate del pianeta gigante e dei suoi satelliti di Torrence V. Johnson I - l 7 dicembre 1995 una stella cadente di tipo del tutto nuovo splen- derà per breve tempo nel cielo di Giove. Non sarà una meteorite o una cometa, ma una macchina costruita sulla Terra, che piom- berà tra i gas rarefatti dell'alta atmosfera gioviana alla velocità di qua- si 50 chilometri al secondo. In pochi minuti, un paracadute si spiegherà per rallentarne la caduta, e i resti dello scudo termico si staccheranno. Per poco più di un'ora lo strumento continuerà a scendere, inviando dati su composizione, temperatura, pressione e struttura delle nubi alla sonda principale, Guide°, orbitante 200 000 chilometri più in alto. Galileo immagazzinerà i dati per trasmetterli agli scienziati in attesa a terra; poi, quando i segnali del modulo di discesa svaniranno, un razzo a bordo della sonda si attiverà per quasi un'ora, ponendo Gali- leo in un'ampia orbita intorno al pianeta. Dopo aver visitato altri due jtianeti e due asteroidi nel suo viaggio di sei anni - e aver compiuto du- rante il tragitto alcune scoperte inattese - la sonda arriverà infine alla destinazione prevista: Giove. Trecentottantacinque anni dopo la sco- perta dei satelliti di Giove da parte di Calde() Galilei, un satellite artifi- ciale che porta il suo nome si unirà alle loro rivoluzioni senza fine. Il progetto Calde° nacque a metà degli anni settanta, dopo l'incon- tro ravvicinato con Giove di Pioneer IO e Pioneer Il e l'inizio delle am- biziose missioni Voyager verso i confini estremi del sistema solare. Era chiaro che Giove e i suoi peculiari satelliti - una sorta di sistema solare in miniatura - meritavano qualcosa di più di un'occhiata passeggera. Nel 1976 un gruppo guidato da James Van Allen dell'Università dello lowa presentò alla National Aeronautics and Space Administration un progetto di missione che prevedeva un modulo di discesa per studiare l'atmosfera gioviana nonché una sonda sofisticata capace di compiere circa 12 orbite intorno al pianeta nel giro di due anni, trasmettendo informazioni su Giove stesso, sui suoi satelliti e sul suo immane campo magnetico (si veda la finestra alle pagine 52-53). La missione fu approvata dal Congresso, e si decise che Galileo sa- rebbe stata, nel gennaio 1982, la prima sonda planetaria lanciata da uno shuttle. Purtroppo sia il programma shuttle sia il razzo a tre stadi a combustibile solido che avrebbe dovuto portare Galileo fino a Giove in- contrarono ostacoli tecnici. Dopo che parecchie altre soluzioni furono considerate e scartate, il sistema di propulsione della sonda fu sostituito con un semplice e potente razzo alimentato a idrogeno liquido, e il lan- cio fu messo in programma per il mese di maggio 1986. Nel gennaio 1986, poco dopo Che la sonda era stata trasportata su un autocarro dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena in Ca- lifornia fino al Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida, avvenne il tragico incidente di Challenger in cui persero la vita i sette membri dell'equipaggio. Tutti i successivi lanci degli shuttle furono sospesi a tempo indefinito. Oltre a ciò, il razzo a idrogeno liquido di Galileo fu ritenuto troppo pericoloso per essere trasportato nella stiva di uno shuttle e si decise di eliminarlo. Il solo sistema di propulsione ora conseptito per la sonda, un razzo a due stadi a combustibile soli- do, non poteva fornire abbastanza energia per arrivare tino a Giove. Fortunatamente un gruppo di progettisti del :IN, escogitò una solu- 48 i i m n. 328, diceinhrs„1995
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  • Galileo si avvicinerà a lo, il satellite vulcanico di Giove, ill 7dicembre 1995. L'azione combiiipta dei propulsori della

    -sonda e della spinta gravitazionale del satellite collocherà ilveicolo in orbita intorno a Giove. A causa del cattivo fun-zionamento del registratore a nastro. però, Galileo non po-trà osservare Io in questo primo e più ravvicinato incontro.

    I n. 328, dicembre 1995 49

    La missioneGalileo

    Orbitando intorno a Giove, la sonda Galileoeffettuerà osservazioni ravvicinate

    del pianeta gigante e dei suoi satelliti

    di Torrence V. Johnson

    I- l 7 dicembre 1995 una stella cadente di tipo del tutto nuovo splen-

    derà per breve tempo nel cielo di Giove. Non sarà una meteoriteo una cometa, ma una macchina costruita sulla Terra, che piom-

    berà tra i gas rarefatti dell'alta atmosfera gioviana alla velocità di qua-si 50 chilometri al secondo. In pochi minuti, un paracadute si spiegheràper rallentarne la caduta, e i resti dello scudo termico si staccheranno.Per poco più di un'ora lo strumento continuerà a scendere, inviandodati su composizione, temperatura, pressione e struttura delle nubi allasonda principale, Guide°, orbitante 200 000 chilometri più in alto.

    Galileo immagazzinerà i dati per trasmetterli agli scienziati in attesaa terra; poi, quando i segnali del modulo di discesa svaniranno, unrazzo a bordo della sonda si attiverà per quasi un'ora, ponendo Gali-leo in un'ampia orbita intorno al pianeta. Dopo aver visitato altri duejtianeti e due asteroidi nel suo viaggio di sei anni - e aver compiuto du-rante il tragitto alcune scoperte inattese - la sonda arriverà infine alladestinazione prevista: Giove. Trecentottantacinque anni dopo la sco-perta dei satelliti di Giove da parte di Calde() Galilei, un satellite artifi-ciale che porta il suo nome si unirà alle loro rivoluzioni senza fine.

    Il progetto Calde° nacque a metà degli anni settanta, dopo l'incon-tro ravvicinato con Giove di Pioneer IO e Pioneer Il e l'inizio delle am-biziose missioni Voyager verso i confini estremi del sistema solare. Erachiaro che Giove e i suoi peculiari satelliti - una sorta di sistema solarein miniatura - meritavano qualcosa di più di un'occhiata passeggera.Nel 1976 un gruppo guidato da James Van Allen dell'Università dellolowa presentò alla National Aeronautics and Space Administration unprogetto di missione che prevedeva un modulo di discesa per studiarel'atmosfera gioviana nonché una sonda sofisticata capace di compierecirca 12 orbite intorno al pianeta nel giro di due anni, trasmettendoinformazioni su Giove stesso, sui suoi satelliti e sul suo immane campomagnetico (si veda la finestra alle pagine 52-53).

    La missione fu approvata dal Congresso, e si decise che Galileo sa-rebbe stata, nel gennaio 1982, la prima sonda planetaria lanciata dauno shuttle. Purtroppo sia il programma shuttle sia il razzo a tre stadi acombustibile solido che avrebbe dovuto portare Galileo fino a Giove in-contrarono ostacoli tecnici. Dopo che parecchie altre soluzioni furonoconsiderate e scartate, il sistema di propulsione della sonda fu sostituitocon un semplice e potente razzo alimentato a idrogeno liquido, e il lan-cio fu messo in programma per il mese di maggio 1986.

    Nel gennaio 1986, poco dopo Che la sonda era stata trasportata suun autocarro dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena in Ca-lifornia fino al Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida,avvenne il tragico incidente di Challenger in cui persero la vita i settemembri dell'equipaggio. Tutti i successivi lanci degli shuttle furonosospesi a tempo indefinito. Oltre a ciò, il razzo a idrogeno liquido diGalileo fu ritenuto troppo pericoloso per essere trasportato nella stivadi uno shuttle e si decise di eliminarlo. Il solo sistema di propulsioneora conseptito per la sonda, un razzo a due stadi a combustibile soli-do, non poteva fornire abbastanza energia per arrivare tino a Giove.

    Fortunatamente un gruppo di progettisti del :IN, escogitò una solu-

    48 i i m n. 328, diceinhrs„1995

  • INCONTRICON LA TERRA

    8112/19908/1211992

    LANCIO18/10/1989

    FASCIADEGLIASTEROIDI

    INCONTROCON VENERE

    \ 1012/1990

    MISSIONE PRIMARIAULTIMATA;

    INVIO DEI DATI le7/1211997 É

    —GALLE()—VENERE

    TERRAGIOVE

    • l0GANIMEDE

    • CALLISTO• EUROPA

    ARRIVOIG:13,131.19».

    Galileo ha seguito una traiettoria estremamente tortuosa per raggiungere Gio-ve, passando accanto a Venere, due volte presso la Terra e due volte attraver-so la fascia degli asteroidi. Una volta entrata in orbita intorno a Giove, la sondaavrà 11 incontri ravvicinati con i quattro maggiori satelliti del pianeta gigante.

    L'ANTENNA A BASSOGUADAGNO è usataper le comunicazioni

    e per3, esperimenti radio.

    Il futuro satellite artificiale di Giove

    Ga lile o ha una struttura insolita, essendo forma-ta da due sezioni, una in rotazione e l'altra

    stazionaria. Il movimento rotatorio impartisce stabi-lità alla sonda e permette all'antenna per le comuni-

    cazioni, che giace sull'asse di rotazione, di puntarecostantemente verso la Terra. Gli strumenti per l'os-

    servazione dell'intera volta celeste sono montatisulla sezione rotante, mentre quelli che devo-

    no essere puntati a lungo su un certo ogget-

    to si trovano sulla piattaforma «di, scansione» staziona-ria. La missione si avvale della cooperazione della Ger-mania, che ha fornito il propulsore e vari strumenti.

    Il modulo di discesa entrerà nell'atmosfera di Giovenon appena Galileo raggiungerà il pianeta, il 7 dicem-bre 1995. Nello stesso giorno la gravità di lo, combi-nata con l'azione dei propulsori a razzo, collocherà lasonda in orbita intorno a Giove. Da quella posizionetrasmetterà dati per due anni.

    IL MAGNETOMETRO misura l'intensitàe la direzione del campo magnetico.

    L'ANTENNA PER ONDEDI PLASMA rilevale onde elettromagnetichedella magnetosfera di Giove.

    IL RIVELATORE DI PARTICELLEENERGETICHE misura

    le particelle cariche di altaenergia nella magnetosfera.

    IL RIVELATORE DI PLASMAmisura le particelle carichedi bassa energia intrappolatenella magnetosfera di Giove.

    IL RIVELATORE DI POLVERE conta i granuli microscopicie ne misura l'energia.

    LA PIATTAFORMA DI SCANSIONEcontiene lo spettrometro ultravioletto,lo spettrometro per l'infrarosso vicino,

    / la fotocamera a stato solidoe il fotopolarimetro per analizzareradiazione di diverse frequenze.

    LO SPETTROMETRO PER L'ULTRAVIOLETTO ESTREMOrileva la radiazione di alta energia

    emessa dal toro di lo o da aurore su Giove.I GENERATORI TERMOELETTRICIA RADIOISOTOPI forniscono energiaper la sonda e gli strumenti.

    IL CONTATORE DI IONIPESANTI misura le particellecariche di altissima energia,

    simili ai raggi cosmici.

    L'ANTENNA PRINCIPALE,che doveva essere

    il dispositivo primariodi comunicazione, è solo

    parzialmente apertae non funziona.

    IL MODULO DI DISCESA(Jupiter Atmospheric Probe)è dotato di sette strumentiper misurare le caratteristichedell'atmosfera di Giove.

    L'ANTENNA DI SERVIZIODEL MODULO DI DISCESAriceve dati da quest'ultimo.

    I PROPULSORI A RAZZOservono a cambiarela velocità del veicolo.

    roA

    egj rAlb II 4

    Immagini nell'infrarosso di Venere sono state ottenu-te da Galileo durante il suo incontro ravvicinato. Laradiazione infrarossa è in grado di penetrare in pro-fondità nell'atmosfera, e ha quindi permesso di osser-vare per la prima volta gli strati più bassi delle nubi.

    zione innovativa. Galileo poteva appro-fittare dell'«effetto fionda» di Venere edella Terra, che avrebbero trasferito alveicolo l'energia cinetica del loro motointorno al Sole, supplendo all'inadegua-tezza del propulsore. In definitiva, lasonda sarebbe riuscita non solo a rag-giungere Giove, ma anche a compiere,lungo il percorso, più osservazioni diquanto fosse previsto in origine.

    La sonda lasciò la Terra il 18 ottobre

    1989, chiusa nella stiva di Atlantis.Dopo l'uscita dallo shuttle, alcuni deirazzi a combustibile solido della sondasi accesero, avviandola paradossalmen-te verso il centro del sistema solare. Lanuova traiettoria, denominata VEEGA

    (acronimo di Venus Earth Earth GravityAssist), doveva far passare la sonda ac-canto a Venere e per due volte presso laTerra prima della definitiva partenza perGiove. A parte gli incontri con i pianeti,questo tortuoso cammino prevedeva dueattraversamenti della fascia asteroidale eincontri ravvicinati con due asteroidi chenon erano mai stati osservati da vicino.

    Nel viaggio verso Venere, così comedurante tutta la lunga crociera, alcunidegli strumenti di Galileo sono rimastiin attività per studiare lo spazio interpla-netario. Il magnetometro ha analizzatoil campo magnetico interplanetario e ilvento solare (il flusso di particelle cari-che che dal Sole si propaga fino a enor-mi distanze). Lo spettrometro per l'ul-

    travioletto estremo si è rivelato anch'es-so di utilità immediata. Le misurazionidi Galileo sono state impiegate per cal-colare come la radiazione solare vari aseconda della latitudine alla quale vieneemessa e hanno consentito di aggiornarei modelli della dinamica del Sole.

    I trasmettitori radio, usati principal-mente per le comunicazioni, hanno con-sentito anch'essi di compiere osservazio-ni interessanti. Mentre passava sul latoopposto del Sole, Galileo ha inviato alJPL onde radio in modo che sfiorasserola superficie solare. Si sono così potuti ri-levare i processi turbolenti del Sole e ilmodo in cui la materia viene espulsa nelvento solare tramite gli effetti prodotti daquesti fenomeni sulle onde radio.

    Galdeo ha dovu-to compiere la pri-ma fase della mis-sione con l'antennaprincipale ripiegatae coperta da unoschermo che la pro-teggeva dai raggidel Sole. Una si-mile configurazio-ne rendeva inutiliz-zabile lo strumento,progettato per tra-smettere dati ad al-ta velocità. La son-da è dotata anche didue piccole anten-ne, una a ciascunadelle sue estremità,ma esse non sonoin grado di inviareuna grande quantitàdi informazioni sulunghe distanze.

    Di conseguenzail registratore a na-stro di Galileo èstato programmato per conservare i datiraccolti su Venere durante le ore di mas-simo avvicinamento. Le informazionisono state poi trasmesse a terra median-te una delle due antenne a basso gua-dagno - quella puntata verso il nostropianeta - mentre Galileo tornava indie-tro per il suo primo rendez-vous nel di-cembre 1990. La vicinanza della sondagarantiva che i segnali venisseroricevuti chiaramente e intensa-mente a dispetto della bassa po-tenza di trasmissione. Le imma-gini nell'infrarosso di Galileorivelano regioni profonde del-l'atmosfera di Venere, fornendoquello che finora è il quadro mi-gliore della struttura e della di-namica dello strato più basso dinubi.

    Galileo ha inoltre avuto l'oc-casione di osservare la Terra dalpunto di vista di un esploratoreinterplanetario, e ha inviato im-magini straordinarie del nostropianeta. La sonda ha analizzatole regioni più esterne del campomagnetico terrestre e compiutole prime osservazioni del latonascosto della Luna dall'epocadel programma Apollo. Questeimmagini hanno rivelato antichiprocessi vulcanici in regioni chenon erano state viste dagli astro-nauti, e hanno dato una confer-ma dell'esistenza di un antico edenorme bacino da impatto, chia-mato bacino Polo Sud-Aitken,sul lato nascosto della Luna.

    Dopo essere transitata accanto

    alla Terra, la sonda si è im-battuta in un grave ostacolo tec-nico. Quando è giunta a una di-stanza sufficiente dal Sole, ilcentro di controllo ha tentato di

    aprire l'antenna nonhanno dato risultati.La diagnosi tecnicaè che i raggi sianobloccati senza rime-dio, probabilmente acausa di una perditadi lubrificante duran-te i lunghi trasportiche la sonda dovet-te subire, prima dallacosta pacifica a quel-la atlantica nel 1986,poi in senso inversoquando il lancio fu ri-mandato, e infine dinuovo fino a CapeCanaveral nel 1989.

    Per diversi mesiil gruppo responsa-bile della missionetemette che tutto, oquasi, fosse perduto.I dati del modulo didiscesa potevano es-sere trasmessi a terradalla piccola antenna

    che aveva assicurato le comunicazionifin dal momento del lancio, ma per leosservazioni effettuate dal modulo orbi-tante si era previsto di affidarsi soprat-tutto all'antenna principale, progettataper trasmettere 134 chilobit di informa-zione al secondo. Dopo una serie di fre-netiche riunioni, però, ci si convinse chemolte delle osservazioni programmate

    potevano essere ugualmente ef-fettuate sfruttando l'antenna piùpiccola, a dispetto della velocitàdi trasmissione di soli 10 bit alsecondo alla distanza di Giove.

    Una preoccupazione più im-mediata riguardava l'imminen-te rendez-vous con Gaspra, chedoveva essere il primo incontrodi una sonda spaziale con unasteroide. I preparativi per l'os-servazione di Gaspra erano giàmolto avanzati, e si basavano ingran parte su comunicazioni ve-loci attraverso l'antenna princi-pale, sia per portare Galileo vi-cino all'asteroide sia per inviarele informazioni a terra.

    Lavorando freneticamente, itecnici della missione escogita-rono un modo per manovrare lasonda usando come riferimentosolo cinque immagini del cie-lo al posto delle 20 previste.(L'otturatore della fotocamerafu lasciato aperto in modo chele stelle apparissero come lun-ghe tracce, e che una immaginepotesse sostituirne parecchie.)C'era appena il tempo suffi-ciente per ricevere queste im-magini, essenziali per stabilirela posizione esatta di Galileo,dall'antenna a basso guadagno.La comunità astronomica inter-nazionale diede il suo contribu-to con una campagna di osser-

    dispiegare l'antenna principale, ma do-po meno di 10 secondi di funzionamen-to i motori si sono bloccati. Un'anali-si successiva ha indicato che probabil-mente tre dei «raggi» dell'antenna nonsi sono distesi, riducendo lo strumento aun inutile sacco aggrovigliato di magliametallica.

    Tutti gli sforzi compiuti da allora per

    50 LE SCIENZE n. 328, dicembre 1995 LE SCIENZE n. 328, dicembre 1995 51

  • ERUZIONE VULCANICA SU 10CORRENTI ATMOSFERICHE DI GIOVEGIOVE CON DUE SATELLITI GALILEIANI, 10 (a sinistra) ED EUROPA (a destra)

    EUROPA

    GANIMEDE

    IL VENTO SOLARE INTERAGISCE CON LA MAGNETOSFERA

    VENTO

    111111~.-~ i'

    MAGNETOSFERA -

    * I

    GIOVE

    MAGNETOSFERA INTERNA CON IL TORO DI PLASMA DI IO

    TORO DI 10

    -

    /

    Afe,à,„

    REITE-.DEI SATELUTI

    o

    CALLISTO

    vazioni dell'orbita di Gaspra, un ele-mento prezioso per calcolare le posizio-ni relative della sonda e dell'asteroide.

    Il registratore che era stato utilizzatonell'incontro con Venere, dotato di unnastro magnetico che poteva immagaz-zinare un gigabit di_ informazioni, funuovamente reclutato per conservare leimmagini di Gaspra. Dato che Galileo

    doveva avvicinarsi ancora una volta al-la Terra, la registrazione poteva esseretrasmessa dall'antenna a basso guada-gno mentre la sonda era nelle vicinanzedel nostro pianeta. Questa strategia con-sentiva di effettuare gli esperimenti piùimportanti nonostante l'impossibilità ditrasmettere immediatamente i risultaticon l'antenna principale.

    Tuttavia recuperammo alcune imma-gini subito dopo l'incontro per ve-

    dere quale era stato l'esito dei nostrisforzi. La sonda era stata manovratacon precisione straordinaria. Le imma-gini offrivano per la prima volta la vi-sione ravvicinata di un asteroide, mo-strandolo come una roccia di forma irre-golare con molti piccoli crateri da im-

    patto, ma un numero di grandi crateri in-feriore al previsto. Molti dei frammentiche popolano la fascia degli asteroidisono evidentemente più piccoli di quan-to indicassero le stime. Oltre a ciò sem-bra che Gaspra si sia staccato in epo-ca piuttosto recente (300-500 milioni dianni fa circa) da un corpo roccioso piùgrande.

    Altri dati furono trasmessi quandoGalileo passò per l'ultima volta accantoalla Terra, nel dicembre 1992. Un risul-tato interessante era che il campo ma-gnetico interplanetario aveva cambiatodirezione nei pressi di Gaspra, come seavesse incontrato un ostacolo magnetico.Se Gaspra avesse un campo magneticointenso, potrebbe influenzare in questo

    modo il campo associato al vento solare.Evidentemente le proprietà magnetichedegli asteroidi sono più interessanti diquanto si presumesse.

    Il secondo incontro con la Terra ha of-ferto l'opportunità di compiere alcunecalibrazioni e ha fornito eccellenti im-magini di regioni quasi sconosciute vi-cine al Polo Nord lunare e, come «dono

    Perché Giove?

    I e osservazioni di Voyager 1, effettuate nel1979, convinsero gli astronomi che Giove e i

    suoi satelliti sono molto più interessanti di quan-to si sarebbe immaginato. Con quattro satelliti didimensioni planetarie in orbite circolari copiane-ri, il sistema gioviano appare notevolmente simi-le a un sistema solare in miniatura.

    Contenendo il 70 per cento della massa com-binata di tutti i pianeti del sistema solare ed es-sendo composto prevalentemente da idrogenoed elio, Giove assomiglia per molti versi a unastella. L'energia gravitazionale liberata nel mo-mento della sua formazione, 4,5 miliardi di annifa, è ancora intrappolata nel suo interno e vieneemessa lentamente, sicché Giove irradia un'e-nergia quasi doppia di quella ricevuta dal Sole.

    Oltre a ciò, l'atmosfera di Giove rappresentaprobabilmente il miglior campione restante dellanebulosa primordiale dalla quale si formò il si-stema solare. Questa conteneva molti elementileggeri, soprattutto idrogeno ed elio, che i piane-ti rocciosi come la Terra non hanno mai avuto ohanno perduto da lungo tempo; nel Sole invece igas sono stati modificati dalla combustione ter-monucleare. Dato che nessuno di questi fattoriha modificato l'atmosfera di Giove, la composi-zione del gas e della polvere rivelata dal modulodi discesa di Galileo potrà approfondire le nostreconoscenze sulla genesi del sistema solare.

    Giove non ha una superficie nel senso usualedel termine. L'idrogeno diventa più denso proce-dendo verso l'interno e si condensa in un liquidobollente a una profondità relativamente scar-sa; in questo oceano di idrogeno cade perpetua-mente una pioggia di elio. Più in profondità, l'i-drogeno diventa metallico, e in questo stato lasua conducibilità elettrica è molto probabilmentesufficiente per generare il potente campo ma-gnetico di Giove.

    Il pianeta gigante è anche un immenso la-boratorio naturale. Un modello atmosferico glo-bale dovrebbe essere applicabile non solo allaTerra ma anche ad altri pianeti; Giove, con lasua intensa gravità, la rotazione veloce e l'inso-lita composizione chimica, costituisce un campodi prova che non potrebbe essere più diversodalla Terra. Molte delle misurazioni del modulodi discesa hanno lo scopo di fornire un nucleo didati per calibrare i modelli atmosferici, che in ul-tima analisi ci aiuteranno a comprendere megliola Terra.

    I satelliti di Giove

    Si ritiene che i 14 satelliti di Giove abbiano a-vuto origine da una nube di gas, ghiaccio e pol-vere che aveva il suo centro nel pianeta, proprio

    come i pianeti del sistema solare si sono forma-ti intorno al Sole. I grandi satelliti rocciosi, lo edEuropa, sono i più vicini a Giove, così come ipianeti di tipo terrestre quali Mercurio e Martesono i più interni del sistema solare. Più all'e-sterno, Ganimede e Callisto possiedono unaquantità assai maggiore di elementi leggeri co-me l'idrogeno (in forma di ghiaccio).

    Ciascuno di questi grandi satelliti è un ogget-to di per sé affascinante. lo, che ha circa le di-mensioni della Luna, è il corpo don l'attività vul-canica più intensa di tutto il sistema solare, datoche la sua superficie viene completamente ri-modellata dalla lava ogni 100 anni circa. Al con-trario della Terra, i cui vulcani sono in ultima a-nalisi alimentati dal calore prodotto dal decadi-mento di radioisotopi, lo è riscaldato dalle defor-mazioni mareali dovute a Giove e agli altri satel-liti. Le nubi vulcaniche creano un'atmosfera irre-golare di biossido di zolfo che in parte sfuggenello spazio; il resto congela sulla superficie.

    Europa, che ha pure dimensioni simili alla Lu-na, ha una strana superficie ghiacciata e coper-ta di fratture che ne aumenta di 10 volte la lumi-nosità in luce riflessa. Ganimede e Callisto sonosatelliti antichi e fortemente craterizzati, entram-bi delle dimensioni di Mercurio, che contengonograndi quantità di ghiaccio. Gli 11 incontri ravvi-cinati di Galileo con i satelliti maggiori riveleran-no dettagli quali la composizione della lava di loe delle rocce di Callisto e lo spessore della cro-sta ghiacciata di Europa.

    Un intenso magnetismo

    La regione circostante un pianeta che è do-minata dal suo campo magnetico si chiama ma-gnetosfera. Giove ha la magnetosfera più este-sa di tutto il sistema solare: se il volume di spa-zio compreso al suo interno potesse in qualchemodo essere reso visibile all'occhio umano, ap-parirebbe più grande della Luna piena.

    La magnetosfera fa da barriera alle particellecariche del vento solare e le costringe a devia-re per evitare l'invisibile ostacolo. Al suo bordoanteriore - volto verso il Sole - si forma un'ondad'urto; dalla parte opposta il campo magneticosi allunga a formare una «coda magnetica». Lamagnetosfera è sede di particelle cariche di altaenergia, dicorrenti intensissime e di una varietàstupefacente di onde elettromagnetiche.

    Un enorme anello rotante, o toro, di ioni zol-fo e ossigeno circonda Giove e costituisce laparte interna della magnetosfera. Questa mate-ria proviene da lo, che in base ai calcoli ne deveperdere circa una tonnellata al secondo. Galileostudierà caratteristiche e processi del toro di loe della magnetosfera che non hanno potuto es-sere osservati dalle sonde precedenti.

    52 LE SCIENZE n. 328, dicembre 1995

    SOLARE

    LE SCIENZE n. 328, dicembre 1995 53

  • Solo «fette» delle immagini di Ida sono state in un primo tem-po trasmesse a terra, per poter localizzare le parti interessantisenza ricevere l'intera immagine. (Il guasto dell'antenna prin-cipale ha imposto di economizzare sulla trasmissione dei dati.)

    In una delle fette si è notata una macchiolina presso Ida (a si-nistra); l'immagine completa (a destra) ha rivelato che si trat-tava di un corpo roccioso di circa un chilometro in orbita in-torno a Ida; è il primo satellite di un asteroide che si conosca.

    Lir

    Il modulo di discesa (Jupiter Atmospheric Pro-be) entrerà nell'atmosfera il 7 dicembre 1995.Buona parte dello scudo termico (sotto) verràdistrutta dal calore; il resto si staccherà dopol'apertura del paracadute, esponendo gli stru-menti che misureranno la velocità del vento,la composizione delle nubi, la frequenza deifulmini e altre caratteristiche dell'atmosfera.

    d'addio», una splendida sequenza di im-magini della Terra e della Luna vicine.

    La spinta gravitazionale data dal no-stro pianeta ha avviato la sonda verso lasua meta 1'8 dicembre 1992. La traiet-toria è stata regolata in modo che Gali-leo raggiunga Giove il 7 dicembre 1995;lungo il cammino era previsto anche unincontro con l'asteroide Ida, il 28 agosto1993.

    Il rendez-vous con Ida presentò nuoviproblemi. Non si poteva usare l'antennaprincipale, e non erano più previsti pas-saggi vicino alla Terra che consentisse-ro di ovviare al «collo di bottiglia» nellecomunicazioni. La velocità di trasmis-sione dei dati non avrebbe potuto supera-re i 40 bit al secondo. Tuttavia gli scien-ziati contavano di fare osservazioni dauna distanza pari alla metà di quella daGaspra. Dato che Ida ha dimensioni cir-ca doppie di Gaspra, una sua immagi-ne completa copre un'area quadrupla. I-da avrebbe richiesto quasi 16 volte piùelementi di immagine per rappresentarel'intera superficie.

    Per ottenere dati ancora migliori diquelli che erano stati raccolti su Gasprasi misero a punto tecniche di analisi delleregistrazioni che eliminassero le inqua-drature di «cielo nero», permettendo al-l'antenna di trasmettere solo le immaginiimportanti. Per fortuna la natura ci diedeuna mano: Ida ha un periodo di rotazionedi 4,65 ore - circa due terzi di quello diGaspra - e quindi Galileo avrebbe potutoosservarlo da tutti i lati pur trovandosi auna distanza inferiore.

    Le prime immagini mostrarono Idacome un corpo irregolare lungo circa 56chilometri, con una superficie fortemen-te craterizzata. Ida fa parte di un grup-po di asteroidi, la «famiglia di Koronis»,che si ritiene siano i resti della frantuma-zione di un corpo più grande, del diame-tro di circa 100 chilometri. Alcuni teoricihanno proposto che questo evento risal-ga solo a qualche decina di milioni di an-ni fa, ma la superficie butterata, eviden-temente antica, di Ida fa pensare invece

    che la famiglia di Koronis possa averealmeno un miliardo di anni.

    C'era però una sopresa ad attenderegli osservatori. Nel febbraio 1994 si co-minciò a esaminare il resto dei dati suIda. Piccole parti di alcune inquadratureerano state inviate in forma di «grate»,ossia sequenze in cui gruppi di righescandite erano inframmezzati da «salti»;le parti dell'immagine contenenti l'aste-roide venivano contrassegnate in mododa poter essere ritrasmesse interamentein un secondo tempo.

    Esaminando per la prima volta queste«grate», Ann Harch, del gruppo che sioccupa della raccolta di immagini, notòuna strana macchiolina a fianco di Ida.Escludendo l'improbabile ipotesi di unUFO, il gruppo di ricerca controllò sequalche sorgente astronomica potesse i-navvertitamente essere stata inclusa nel-lo sfondo. Quando non si trovò alcuncandidato, l'unica conclusione possibilefu che si trattasse di un piccolo asteroide,forse addirittura un satellite di Ida.

    I ricercatori che si occupano delle im-magini nell'infrarosso confermarono lapresenza dell'asteroide; per di più, i duegruppi si resero presto conto di avere im-magini leggermente diverse dello stessooggetto. Un rapido calcolo della paral-lasse dimostrò che il pianetino si trovavaa circa 100 chilometri di distanza dalcentro di Ida e non si era spostato sensi-bilmente nei pochi minuti che separa-vano le due osservazioni. Il piccolo cor-po, molto lento e prossimo a un asteroi-de più grande, doveva essere quasi certa-mente un satellite. L'Unione astronomi-ca internazionale lo battezzò Dattilo, dalnome dei mitici figli di Ida e Giove.

    Per un caso fortuito, pressoché tutte leinquadrature di Ida contenevano ancheDattilo. Le immagini ad alta risoluzionehanno rivelato che il satellite è un ogget-to a forma di patata, cosparso di crateri:chiaramente non si tratta di un frammen-to formatosi in seguito a una collisionerecente. Inoltre la sua orbita ha un perio-do di almeno 24 ore; l'intervallo di pos-

    sibili orbite che si adattano a questo va-lore è utile per valutare la massa e quin-di la densità di Ida, che risulta simile aquella di molte meteoriti rocciose.

    La scoperta del satellite di Ida ha sol-levato molti interrogativi. Per esempio,qual è la sua origine? Una collisione po-trebbe aver proiettato in orbita un fram-mento dell'asteroide stesso; tuttavia ilframmento avrebbe dovuto collidere conaltra materia opportunamente situata pergenerare il satellite, altrimenti si sareb-be limitato a ricadere su Ida. Più proba-bilmente Dattilo e Ida sono stati genera-ti dalla frantumazione del corpo che die-de origine alla famiglia di Koronis; i dueframmenti potrebbero essere rimasti re-lativamente vicini, formando alla fine unlegame gravitazionale.

    Vi è disaccordo fra gli scienziati sul-la probabilità che un asteroide acquisi-sca un satellite e su quanto a lungo possamantenerlo. Fin dall'inizio del secolo visono state indicazioni che alcuni asteroi-di potrebbero in realtà essere binari, os-sia costituiti da due corpi in orbita stret-ta l'uno intorno all'altro. Ma un oggettopiccolo può essere facilmente strappatoalla propria orbita dalle perturbazioni e-sercitate dal Sole e dai pianeti, special-mente da Giove. Dattilo, che orbita entropochi raggi da Ida, è ben all'interno dellasfera di influenza di quest'ultimo, ma èda vedere quanto a lungo vi rimarrà.

    Il fatto che Galileo abbia scoperto unsatellite di asteroide su due incontri po-trebbe indicare che gli asteroidi dotati dicompagni sono comuni. Ma Ida appar-tiene a una famiglia molto speciale, di untipo rarissimo; se sono state certe carat-teristiche particolari di questa famiglia afar sì che esso acquisisse un compagno,allora è possibile che solo pochi tipi di a-steroidi abbiano satelliti.

    Nel luglio 1994, a un anno e mezzodall'incontro con Giove, Galileo

    pote inaspettatamente godersi uno spet-tacolo straordinario: la caduta della co-meta Shoemaker-Levy 9 sul lato nottur-

    no del pianeta (si veda l'articolo Lacometa Shoemaker-Levy 9 incontraGiove di David H. Levy, Eugene M.Shoemaker e Carolyn S. Shoema-ker in «Le Scienze» n. 326, ottobre1995). La programmazione del cal-colatore di Galileo, tuttavia, era sta-ta eseguita mesi prima dell'evento,quando il momento degli impatti eraancora da detenninare. Per compen-sare le incertezze, si dovettero regi-strare molte più immagini di quan-te potessero essere trasmesse a terradall'antenna a basso guadagno; si fe-ce dunque ricorso a tecniche di sele-zione delle registrazioni analoghe aquelle usate nell'incontro con Ida. I-noltre l'analisi degli eventi osservatida terra e dallo Hubble Space Tele-scope aiutò gli astronomi a identifi-care e a recuperare solo quelle partidelle registrazioni che contenevanodati relativi agli impatti.

    Galileo è riuscita a osservare la ra-diazione nel visibile e nell'infrarossovicino prodotta dall'ingresso nell'at-mosfera e dall'esplosione di parecchiframmenti della cometa. Le immagi-ni più spettacolari sono quelle del-l'ultimo evento. Riprese a intervallidi 2,33 secondi, esse mostrano il di-sco gibboso di Giove con un punto diluce brillante che appare, diventa viavia più luminoso e poi svanisce sullato notturno del pianeta, segnando lamorte spettacolare di quello che è statoprosaicamente chiamato frammento W.

    Oltre a ciò, gli spettrometri, il fotopo-larimetro e il radiometro di bordo han-no raccolto dati sull'impatto del grandeframmento G, permettendo un calcolodelle dimensioni, della temperatura e del-la quota della «palla di fuoco». Si è cosìvisto che quest'ultima è nata come unglobo largo circa otto chilometri e conuna temperatura di 7500 kelvin, che si èrapidamente raffreddato ed espanso risa-lendo nell'atmosfera. L'analisi completadelle immagini richiederà anni.

    Fin dalla metà del 1994 il rivelatore dipolvere di Galileo, che riesce a misurareimpatti di micrometeoriti non più grandidelle particelle presenti nel fumo di siga-retta, aveva cominciato a registrare flussidi polvere provenienti dalla direzione diGiove. Nell'agosto 1995, ancora a più di60 milioni di chilometri dal pianeta, Ga-lileo si imbattè nella più intensa tempestadi polvere mai misurata. Per un mese ilrivelatore fu bombardato ogni giorno an-che da 20 000 particelle in moto a velo-cità comprese fra 40 e 200 chilometri alsecondo. I granuli di polvere, troppo pic-coli per danneggiare la sonda, potrebberoessere generati o dagli anelli di Giove odai vulcani del suo satellite Io. Probabil-mente si tratta di granuli elettricamentecarichi accelerati dal campo magneticodi Giove e scagliati nello spazio.

    In ottobre i responsabili della missio-ne hanno avuto un altro brivido inatteso.Il registratore non ha smesso di riavvol-gersi quando è arrivato all'inizio del na-

    stro, e si pensa che il guasto non sia ripa-rabile. La sonda ha però una riserva dimemoria a stato solido che può imma-gazzinare e trasmettere immagini ad al-ta risoluzione; forse se ne potrà ottenerecirca metà del numero che sarebbe pos-sibile con il registratore funzionante.

    L'arrivo di Galileo nei pressi di Giovesegnerà l'inizio della fase principale dellamissione. Le registrazioni del modulo didiscesa, che costituiranno un insieme didati estremamente prezioso ma piccolo(capace di stare su un floppy disk), saran-no trasmesse integralmente a terra. Gali-leo si concentrerà poi su tutta una serie dimisurazioni del pianeta gigante, dei suoisatelliti Io, Europa, Ganimede e Callistoe del suo gigantesco campo magnetico.

    In quella fase, le capacità della sondasaranno state notevolmente potenziate.Quando i calcolatori furono programmatiall'inizio della missione, le tecniche dicompressione dei dati erano ancora pri-mitive. Il nuovo software consentirà dieffettuare ampie operazioni di elabora-zione, selezione e compressione dei dati

    sulla sonda stessa, aumentando ilcontenuto di informazione di ciascunbit di un fattore 10 o più.

    Oltre a ciò, la Deep Space Net-work sarà stata modificata in mododa ricevere con efficienza i deboli se-gnali dell'antenna a basso guadagno.La DSN è un gruppo di tre osserva-tori usati per seguire i veicoli spazia-li, situati a Goldstone in California,a Madrid e a Canberra in Australia.Collocate a 120 gradi di longitudinel'una dall'altra, le stazioni permetto-no di tenere sotto osservazione unasonda in qualsiasi momento.

    Di solito le antenne sono usate se-paratamente per seguire veicoli spa-ziali diversi, ma, quando è necessariaun'alta sensibilità, le si può sincro-nizzare per creare l'equivalente di un


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