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La reisione nella traduzione editoriale dall’inglese all...

Date post: 29-Sep-2020
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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna DOTTORATO DI RICERCA IN Traduzione, Interpretazione e Interculturalità Ciclo XXVII Settore Concorsuale di afferenza: 10/L1 – LINGUE, LETTERATURE E CULTURE INGLESE E ANGLO- AMERICANA Settore Scientifico disciplinare: L-LIN/12 – LINGUA E TRADUZIONE – LINGUA INGLESE TITOLO DELLA TESI La revisione nella traduzione editoriale dall’inglese all’italiano tra ricerca accademica, professione e formazione: stato dell’arte e prospettive future Presentata da: GIOVANNA SCOCCHERA Coordinatore Dottorato Prof. Félix San Vicente Santiago Relatore Prof.ssa Silvia Bernardini Correlatore Prof.ssa Adele D’Arcangelo Esame finale anno 2015
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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

DOTTORATO DI RICERCA IN

Traduzione, Interpretazione e Interculturalità

Ciclo XXVII

Settore Concorsuale di afferenza: 10/L1 – LINGUE, LETTERATURE E CULTURE INGLESE E ANGLO-AMERICANA Settore Scientifico disciplinare: L-LIN/12 – LINGUA E TRADUZIONE – LINGUA INGLESE

TITOLO DELLA TESI

La revisione nella traduzione editoriale dall’inglese all’italiano tra ricerca accademica, professione e formazione:

stato dell’arte e prospettive future

Presentata da: GIOVANNA SCOCCHERA

Coordinatore Dottorato Prof. Félix San Vicente Santiago

Relatore Prof.ssa Silvia Bernardini

Correlatore Prof.ssa Adele D’Arcangelo

Esame finale anno 2015

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Ringraziamenti

Ringraziare chi ci ha aiutato a intraprendere e poi a concludere un percorso è sempre doveroso. Lo

farò anch’io, dunque, in un ordine rigorosamente cronologico. Senza intendere alcuna mancanza

di rispetto, ma anzi per sottolineare come alla professionalità e al valore accademico si siano

sempre aggiunti cordialità e amichevolezza, ringrazio innanzitutto Silvia Bernardini, la prima ad

aver pensato che questo lavoro di ricerca fosse alla mia portata. Mi ha aiutato a valorizzare ciò che

sapevo già e potevo mettere a frutto, e a lavorare in maniera rigorosa per scoprire le tante cose

che ancora ignoravo.

Ringrazio Raffaella Baccolini, che con grande generosità mi ha aiutato nel formulare e presentare

la proposta iniziale del progetto.

Ringrazio Adele D’Arcangelo, che ha messo a disposizione le sue competenze accademiche,

professionali e didattiche aiutandomi a selezionare e organizzare i contenuti di questo lavoro e a

porli nella giusta prospettiva.

Ringrazio la mia famiglia, paziente più del solito nel sopportare gli inevitabili momenti di tensione

e nervosismo: mio marito e i miei figli, che li hanno subiti più di tutti; e i miei fratelli, che per

fortuna ne sono stati toccati solo marginalmente. Una menzione speciale a mia sorella, il cui

contributo prezioso è servito a confezionare il lavoro in un modo che fosse anche visivamente

gradevole.

Un ultimo, importante ringraziamento lo devo a me stessa, per essere riuscita con costanza e

tenacia a ritagliarmi, anche se solo nella mente, una stanza tutta per me dove potermi concedere

il lusso della conoscenza. Dedico questa fatica – perché sì, un po’ di fatica c’è stata – a chiunque

vorrà gioirne insieme a me e soprattutto a chi, potendo, ne avrebbe di certo ricavato tanta

soddisfazione.

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Indice

Introduzione ................................................................................................................................................ 6

Capitolo 1 - Definizione dell’oggetto di studio: di che cosa parliamo quando parliamo di revisione .............11

1.1. Introduzione: perché definire il concetto di revisione .......................................................................11

1.2. Il metalinguaggio della revisione: ambito teorico..............................................................................14

1.2.1 Definizioni di “revisione” e “revision” e brevi cenni etimologici ..................................................14

1.2.2 Definizioni di revisione in repertori enciclopedici e terminologici nell’ambito dei Translation

Studies ................................................................................................................................................20

1.2.3 Definizioni da dizionari, repertori lessicali ed enciclopedici nell’ambito dei Writing Studies ed

Editing Studies. ...................................................................................................................................31

1.2.4 Contributi sulla revisione all’interno di testi di consultazione nell’ambito dei Translation Studies e

dei Writing Studies ..............................................................................................................................36

1.3. Il metalinguaggio della revisione: ambito didattico ...........................................................................42

1.3.1 Definizioni/contributi da manuali, guide, e riflessioni didattiche nell’ambito dei Translation

Studies ................................................................................................................................................42

1.3.2 Contributi/definizioni da manualistica e libri di testo per l’insegnamento della scrittura in ambito

accademico e professionale ................................................................................................................50

1.4. Il metalinguaggio della revisione: ambito pratico ..............................................................................53

1.4.1 Revisione-valutazione-qualità: l’industria della traduzione .........................................................54

1.4.2 La revisione negli organismi internazionali ..................................................................................57

1.4.3 La revisione nel mondo editoriale ...............................................................................................59

1.5. Conclusioni e proposte terminologiche ............................................................................................63

1.5.1 Definizione sommativa ...............................................................................................................64

1.5.2 Definizione operativa .................................................................................................................65

Capitolo 2 - Ricognizione tematica della letteratura accademica e non-accademica in materia di revisione .66

2.1. Introduzione e criteri di presentazione .............................................................................................66

2.2. Il processo di auto-revisione .............................................................................................................67

2.3. Il processo di etero-revisione ...........................................................................................................72

2.4. Il concetto di revision competence ....................................................................................................75

2.5. La revisione nella didattica della traduzione e la didattica della revisione .........................................79

2.6. La revisione editoriale nella pratica professionale ............................................................................84

2.7. Revisione e qualità ...........................................................................................................................87

2.8. Revisione, editing e scrittura originale ..............................................................................................92

2.9. Conclusioni.......................................................................................................................................95

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Capitolo 3 - Indagine conoscitiva sulla pratica della revisione editoriale in Italia: presentazione e lettura

critica dei risultati. ......................................................................................................................................97

3.1. Introduzione ....................................................................................................................................97

3.2. Descrizione del disegno progettuale e realizzazione dell’indagine conoscitiva ..................................99

3.2.1. Progettazione dell’indagine .......................................................................................................99

3.3. Realizzazione dell’indagine .............................................................................................................105

3.3.1 Reperimento dei rispondenti e diffusione dei questionari .........................................................105

3.3.2 Modalità di compilazione e raccolta dati...................................................................................106

3.3.3 Numero, tipologia e rappresentatività delle risposte ricevute ...................................................108

3.4. Metodo e strumenti di lettura, analisi e rappresentazione dei dati .................................................111

3.5. Presentazione e analisi critica dei risultati relativi ai traduttori. ......................................................113

3.5.1 Cos’è la revisione per i traduttori ..............................................................................................113

3.5.2 Chi è il traduttore auto-revisore ...............................................................................................117

3.5.3 Come si fa la revisione ..............................................................................................................124

3.5.4 Dove e quando si fa la revisione ...............................................................................................138

3.5.5 Perché si fa la revisione ............................................................................................................145

3.6. Presentazione e lettura critica dei risultati relativi ai revisori ..........................................................154

3.6.1 Introduzione .............................................................................................................................154

3.6.2 Cos’è la revisione per i revisori .................................................................................................155

3.6.3 Chi è il revisore .........................................................................................................................158

3.6.4 Come si fa la revisione ..............................................................................................................174

3.6.5 Dove e quando si fa la revisione ...............................................................................................192

3.6.6 Perché si fa la revisione ............................................................................................................197

3.7. Confronto critico dei dati provenienti dai due gruppi di rispondenti ...............................................204

3.7.1 Cos’è la revisione ......................................................................................................................204

3.7.2 Chi è il traduttore/revisore .......................................................................................................205

3.7.3 Come si fa la revisione ..............................................................................................................207

3.7.4 Dove e quando si fa la revisione ...............................................................................................208

3.7.5 Perché si fa la revisione ............................................................................................................208

3.8. Conclusioni.....................................................................................................................................210

Capitolo 4 - Ipotesi di lavoro e spunti di riflessione per una didattica della revisione .................................212

4.1. Introduzione ..................................................................................................................................212

4.2. Perché insegnare la revisione .........................................................................................................213

4.3. L’importanza didattica della revisione in modalità collaborativa .....................................................216

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4.3.1 Due esempi di traduzione e revisione collaborativa ..................................................................217

4.4. Un modello di revision competence ................................................................................................219

4.4.1 Competenza analitico-critica ....................................................................................................221

4.4.2 Competenza operativa .............................................................................................................221

4.4.3 Competenza metalinguistica .....................................................................................................222

4.4.4 Competenza strumentale .........................................................................................................223

4.4.5 Competenza interpersonale .....................................................................................................223

4.4.6 Competenza psico-fisiologica ....................................................................................................224

4.5. Spunti e riflessioni sul metodo didattico .........................................................................................224

4.6. Panoramica descrittiva di contenuti-strumenti teorici per una didattica della revisione..................227

4.6.1 Analisi del testo e analisi della traduzione.................................................................................230

4.6.2 Analisi e classificazione di problemi/errori di traduzione...........................................................232

4.6.3 Macro- e micro-strategie di traduzione e revisione ...................................................................236

4.6.4 Parametri di revisione ..............................................................................................................238

4.6.5 Retorica, stilistica, critica e valutazione della traduzioni ............................................................240

4.7. Panoramica descrittiva di contenuti-strumenti operativi ................................................................243

4.7.1 Editing tools: gli strumenti redazionali ......................................................................................245

4.7.2 Commenting tools: gli strumenti annotativi ..............................................................................249

4.7.3 Collaborative tools: gli strumenti collaborativi ..........................................................................250

4.7.4 In favore di una tecnologia della revisione ................................................................................253

4.8. Due esperienze di didattica e formazione in revisione ....................................................................254

4.8.1 La valutazione di un percorso didattico in revisione ..................................................................261

4.9. Conclusioni.....................................................................................................................................263

Capitolo 5 - Indicazioni per futuri percorsi di ricerca..................................................................................265

5.1. Introduzione ..................................................................................................................................265

5.2. L’indagine sulla revisione nella Translation Process Research .........................................................265

5.3. La revisione come laboratorio virtuale di genetica della traduzione ................................................269

Conclusioni ...............................................................................................................................................275

Indice Tabelle ...........................................................................................................................................277

Indice Figure .............................................................................................................................................278

Bibliografia ...............................................................................................................................................283

Allegati .....................................................................................................................................................299

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Introduzione

“It is only a slight exaggeration to say that there is

no such thing as a well-written manuscript,

whether an original or a translation, only well-

revised manuscripts.” (Landers, 2001, p. 159)

Argomento della tesi e motivazioni

Per quanto inusuale nella tradizione accademica, sento di dover introdurre questo lavoro di ricerca

con una confessione: l’idea di intraprendere un percorso di ricerca intorno alla revisione è nata da

un bisogno strettamente personale, se non addirittura egoistico. I quindici anni di attività come

traduttrice editoriale dall’inglese, e un’esperienza di poco inferiore come revisora e come docente

e formatrice di traduttori, mi hanno posto di fronte a tante sfide professionali e umane nel

tentativo di ricreare, di volta in volta, l’eco di una voce, di un’atmosfera o di un ritmo senza

imporre la mia idea di traduzione a quella dell’autore, del traduttore o dello studente. Tuttavia, il

bagaglio di queste esperienze vissute e superate più o meno con soddisfazione ha fatto nascere in

me il bisogno di inquadrare le conoscenze e le competenze acquisite nel tempo in una cornice più

solida, che potesse servire a confermare la validità di quelle che fino a quel momento erano state

buone prassi e intuizioni dettate principalmente dall’esperienza e dal buon senso. Un altro

obiettivo, di nuovo egoistico, era capire quanto il mio percorso lavorativo rientrasse nella norma di

questo ambito professionale o fosse piuttosto un’eccezione. Non è forse un caso che questa

esigenza personale abbia coinciso con il (quasi) raggiungimento dell’età di mezzo, per molti

cruciale momento di bilanci personali e professionali, e dunque con il bisogno di fare il punto su

ciò che si è realizzato e ciò che è ancora da conoscere e raggiungere. La fortuna ha voluto che

questa necessità conoscitiva personale coincidesse con l’interesse accademico che, negli ultimi

dieci anni, ha cominciato a risvegliarsi e a crescere intorno al tema della revisione delle traduzioni.

Questo interesse, tuttavia, si è concentrato principalmente su ambiti teorici e contesti applicativi

spesso lontani dalla realtà della traduzione editoriale, e per quanto molto di ciò che si è detto e

scritto sulla revisione come fase connaturata nel processo traduttivo, come modalità di controllo e

valutazione della qualità di una traduzione, e infine come strumento di apprendimento, sia

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generalizzabile e riferibile a ogni tipologia testuale, molte delle dinamiche procedurali e

professionali di questo specifico contesto restavano ancora sconosciute.

Ma che cosa significa “rivedere una traduzione”? Vedere per una seconda volta un testo tradotto

con lo scopo di migliorarlo, si potrebbe dire in modo ingenuo e fin troppo semplicistico. Sì, perché

gli elementi di cui questa definizione non tiene conto sono tanti e complessi: vedere non è un

semplice stare a guardare ma sottintende una “visione-azione”; questa seconda visione può essere

esercitata dell’autore stesso del testo o da qualcun altro; a una seconda visione se ne può

aggiungere una terza, quarta, ecc., e non necessariamente in momenti separati o conclusi; il testo

tradotto, per essere visto come tale, deve riconoscere l’esistenza di un testo originale e dunque la

necessità di un confronto; migliorare un testo non implica semplici operazioni di cosmesi e,

soprattutto, l’idea di “miglioramento” può essere in parte soggettiva.

A queste premesse concettuali se ne aggiunge necessariamente un’altra: che si tratti dei conti di

un’azienda, del corretto funzionamento di un veicolo, o dell’adeguatezza di un testo, l’idea di

revisione ci mette sempre un po’ in ansia. È la paura ancestrale di essere colti in fallo, di prendere

atto dei nostri limiti e dei nostri sbagli, volontari o involontari che siano, e di doverne rendere

conto non solo a noi stessi ma anche agli altri. Difficile uscire da questo meccanismo perverso che

ci fa immediatamente pensare alla revisione come a qualcosa che mostrerà la nostra fallibilità, per

umana che sia, o peggio ancora la nostra inadeguatezza e incompetenza e dunque, come tale,

qualcosa da temere e, se possibile, evitare. Tutto sarebbe forse più semplice se accettassimo che

come un numero può essere mal riportato all’interno di un bilancio, come l’usura può

compromettere la capacità di frenata della nostra auto, allo stesso modo tutto ciò che scriviamo

può contenere le tracce della nostra fatica, dei nostri dubbi, delle nostre sviste, dei nostri momenti

di debolezza. Le revisioni esistono proprio per questo: per riaggiustare, ripristinare, riordinare,

certo, ma anche semplicemente per offrire una seconda possibilità.

È con questo stesso spirito che si è intrapreso il progetto di ricerca di cui questo è il frutto: la voglia

di dare alla revisione di una traduzione editoriale una seconda possibilità di uscire allo scoperto, di

approfittare dei contributi della ricerca accademica già esistenti per chiarirne certi aspetti e

stimolare anche nuovi ambiti di indagine, di fare luce sulla realtà professionale dalla duplice

prospettiva del traduttore che si rivede e del revisore che rivede le traduzioni altrui, e infine di

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sottolineare come il ruolo cruciale della revisione meriti un’attenzione più seria e mirata dal punto

di vista didattico.

Obiettivi generali e specifici

L’obiettivo generale di questo lavoro, da raggiungersi attraverso una triangolazione esaustiva e

organizzata di contributi in ambito accademico, professionale e formativo, è duplice: da un lato,

approfondire la conoscenza e la comprensione del ruolo, delle specificità e della pratica della

revisione nell’ambito del processo traduttivo e nel ciclo di produzione di un libro tradotto,

dall’altro delineare un identikit della figura del revisore in quanto professionista dell’editoria.

Queste aspettative più generali potranno essere soddisfatte solo attraverso il raggiungimento di

obiettivi specifici intermedi, primo fra tutti quello di fare chiarezza terminologica intorno alla

revisione come processo e prodotto in vari ambiti applicativi. Se infatti la ricerca accademica ha

dimostrato negli ultimi anni un interesse sempre maggiore verso la definizione di ciò che è e non è

revisione, e se il concetto e la pratica della “revision” sono entrambi ben radicati nella tradizione

pedagogica e didattica anglo-americana della scrittura originale, la frequentazione di seminari,

tavole rotonde e convegni sulla traduzione, e più in generale sul lavoro editoriale in Italia, mi ha

posto di fronte alla realtà di una confusione terminologica che non solo fa leva su una falsa

sinonimia e interscambiabilità di parole e concetti, ma che su quella falsità costruisce pratiche

editoriali poco chiare, se non addirittura sbagliate o eticamente scorrette, dichiarando per

esempio di svolgere un minuzioso lavoro di revisione comparativa sul testo tradotto quando in

realtà l’attività di controllo e verifica prende in esame solo il testo nella lingua di arrivo,

dimenticandone il punto di partenza.

Un secondo obiettivo specifico che questo lavoro vuole raggiungere è fotografare la realtà della

pratica professionale della revisione editoriale in Italia. Considerato il ruolo gregario al quale la

revisione è da sempre relegata, l’atteggiamento negativo che porta spesso a considerarla come un

“male necessario”, e l’atmosfera di indeterminatezza terminologica e concettuale che la

contraddistingue, mi è sembrato importante, tramite un’attività di raccolta dati che non era mai

stata svolta prima, interpellare traduttori e revisori e sollecitare il loro contributo sotto forma di

risposte a un questionario qualitativo. La fotografia che si ricaverà dall’analisi e dal commento dei

dati così raccolti costituirà un primo passo necessario per conoscere meglio la realtà professionale

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della revisione, capire cosa succede veramente e cosa è solo ipotizzato o auspicato, e infine poter

trarre indicazioni, suggerimenti e raccomandazioni utili non solo per la pratica professionale della

revisione, ma anche per indirizzare ulteriori percorsi di ricerca in ambito traduttologico e didattico.

Sottolineare e potenziare il ruolo della revisione come contenuto e strumento formativo è il terzo

obiettivo specifico che questo lavoro si propone di raggiungere. Se l’importanza dell’attività di

revisione come mezzo per migliorare le proprio capacità critico-analitiche e traduttive è

ampiamente condivisa, meno ovvia appare invece la necessità di fare della revisione un contenuto

imprescindibile della formazione di ogni traduttore nell’ottica di poter applicare le conoscenze e le

competenze acquisite non solo alla propria professione, ma anche a quella di revisore.

Il quarto e ultimo obiettivo specifico è strettamente legato alla natura pluridimensionale

dell’attività di revisione, che coinvolge non solo aspetti traduttologici, ma anche cognitivi,

psicologici, etici, didattici. Pur non potendo approfondire tutti questi ambiti di indagine, il lavoro

che qui viene presentato si propone di indicare quelli che sono stati individuati come i principali

percorsi di ricerca futura, nella speranza che possano essere intrapresi in seguito.

Struttura del lavoro di ricerca

Questo lavoro di ricerca è suddiviso in cinque capitoli così articolati: attraverso una ricognizione

terminologica trasversale e una panoramica analitico-critica su varie definizioni e accezioni del

termine “revisione” in ambito teorico e pratico, il primo capitolo si propone di offrire una più

chiara definizione dell’oggetto di studio. Il risultato di questa panoramica sarà la formulazione di

una nuova definizione sommativa della revisione come attività pluridimensionale, ovvero ricorsiva,

comparativa, correttiva, migliorativa, propositiva, formativa e collaborativa e di una definizione

operativa da applicare al contesto specifico della revisione editoriale.

Nel secondo capitolo verrà presentata una panoramica della principale letteratura accademica e

non in materia di revisione suddivisa per aree tematiche. L’obiettivo della ricognizione

bibliografica sarà sottolineare come la revisione sia argomento d’interesse trasversale negli studi

teorici, descrittivi e applicati. Si cercherà di mettere in luce e di analizzare criticamente le

prospettive più interessanti, senza mai allontanarsi troppo e perdere di vista l’oggetto specifico

della ricerca. Nella necessità di selezionare i contributi e di limitare lo spettro di quanto è stato

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scritto sulla revisione, il criterio di scelta sarà di privilegiare gli indirizzi di ricerca più rilevanti

perché più vicini alla pratica della revisione editoriale.

Il terzo capitolo sarà interamente dedicato alla presentazione del disegno progettuale alla base

dell’indagine conoscitiva sulla revisione, alla descrizione della sua realizzazione (scelta del metodo

di raccolta dati, formulazione e organizzazione dei contenuti dei questionari, fase pilota, canali di

diffusione, metodi di somministrazione, tempistica), e all’illustrazione e commento critico dei dati

qualitativi e quantitativi così raccolti, presentati in forma analitica e aggregata.

Sottolineando due dati emersi con particolare evidenza dall’indagine conoscitiva (bisogni formativi

e aspetto collaborativo della revisione), il quarto capitolo illustrerà innanzitutto le principali

motivazioni a sostegno di una didattica mirata all’acquisizione della competenza di revisione,

presenterà esempi virtuosi di come la modalità collaborativa si possa applicare felicemente alla

didattica, e proporrà un modello di revision competence. Le sue componenti e la relativa

acquisizione costituiranno la base delle ipotesi di lavoro e dei suggerimenti forniti riguardo a

metodi e strumenti teorici/operativi da applicare all’insegnamento della revisione. Al termine del

capitolo saranno presentate due esperienze didattico-formative personali, con illustrazione di

alcuni contenuti e strumenti usati.

Il quinto e ultimo capitolo vuole indicare possibili percorsi di ricerca futura che costituiscono

un’ideale integrazione e un approfondimento del lavoro svolto, soprattutto in relazione

all’importante ruolo che lo studio della revisione più svolgere nell’ambito della Translation Process

Research (come metodologia di estrazione e raccolta dati più naturale e qualitativamente più

ricca), nella genetica della traduzione (l’analisi e lo studio delle “interim versions” di traduzioni e

opere originali, e di tutto il materiale para-testuale che esiste intorno alla traduzione ‒ note del

traduttore, commenti del traduttore, comunicazioni traduttore/revisore), e infine

nell’individuazione delle abilità e competenze che caratterizzano il revisore esperto, al fine di

formulare e attuare percorsi didattici e formativi mirati.

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Capitolo 1 - Definizione dell’oggetto di studio: di che cosa parliamo quando

parliamo di revisione

1.1. Introduzione: perché definire il concetto di revisione

Uno dei principali temi di indagine nell’ambito della filosofia del linguaggio è sicuramente il

rapporto tra linguaggio e conoscenza, tra il nome attribuito a un oggetto e la capacità, proprio in

virtù di quella nominalizzazione, di possedere l’oggetto stesso da un punto di vista gnoseologico.

Pur non potendo approfondire questo argomento in ambito filosofico, sembra necessario iniziare

un percorso di conoscenza come quello che verrà qui di seguito illustrato con un lavoro

preliminare di ricerca su ciò che il nome “revisione” indica, definisce, rappresenta, contiene,

sottintende. Questa iniziale attività chiarificatrice del termine “revisione” e delle sue accezioni può

sembrare un modo ingenuo di avviare una trattazione accademica, tuttavia nel caso specifico di

questo ambito di ricerca, l’indeterminatezza e la confusione lessicale che accompagnano la

revisione si sono già poste all’attenzione della traduttologia, seppure in maniera parziale e ancora

frammentaria. Sono infatti diversi i traduttologi che hanno sottolineato da un lato la centralità

della revisione nel processo di traduzione e dall’altro l’assenza di una terminologia condivisa, come

evidenziato dai contributi che seguono,

Recent research on the revision and assessment of general texts has revealed that the terms and concepts used in discussing this process are somehow confused, hence the need to map out the terminology used in various evaluative practices. (Brunette, 2000b, p.169)

The few studies that have addressed translation revision show, moreover, that there is a certain terminological confusion. (Künzli, 2005, p.32)

Dans notre étude, nous avons examiné comment le concept de révision a pris forme au cours des dernières décennies et avons constaté que, malgré de nombreuses tentatives définitionnels, le terme révision reste pluriel et non consensuel. (Lee, 2006, p. 418)

[…] confusing array of would-be (but not-quite) synonyms increasingly used to express the revision concept, viz. cross-reading, checking, re-reading, proofing, reviewing, QC-ing, etc. (Martin, 2007, p.58)

ed efficacemente riassunto in Robert (2012). Volendo cercare una spiegazione di questa

confusione terminologica, è interessante riportare le riflessioni di Marco (2007)

sull’indeterminatezza metalinguistica nell’ambito più ampio dei Translation Studies, legata

principalmente a fattori di tipo epistemologico, concettuale e interculturale. Il “caos

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terminologico” degli studi sulla traduzione deriva forse dalla giovane età e dalla non-scientificità

della materia, dalla non-standardizzazione nell’uso di termini e concetti e infine dalla presenza di

diverse tradizioni nazionali – spesso associate a determinate teorie o scuole di pensiero – che

promuovono l’uso di certi termini a discapito di altri. Queste stesse motivazioni possono spiegare

in maniera altrettanto valida la confusione terminologica intorno alla revisione, aggravata

ulteriormente dalla natura estremamente complessa dell’oggetto che, in quanto già fase del

processo più ampio della traduzione – e dunque inserita in un contesto di interdipendenza con

altre fasi attigue – sembra trovarsi in una posizione di sudditanza e secondarietà rispetto a

questioni e oggetti che appaiono più centrali.

Un altro elemento che concorre alla difficoltà di messa a fuoco lessicale e poi contenutistica è il

carattere interdisciplinare dell’attività di revisione, che attraversa in misura maggiore o minore

questioni legate alla traduttologia, alla stilistica, alla retorica, agli studi cognitivi, alla psicologia,

all’etica, e la relativa varietà di contesti applicativi. Questa molteplicità di sfaccettature, tuttavia,

non è da interpretarsi come ostacolo a una definizione chiara e distinta dell’oggetto revisione,

bensì come una ricchezza di prospettive da cui l’oggetto di studio può essere indagato e dunque

compreso.

Pur sottolineando la positività di una ricca proliferazione terminologica, e rinunciando a criteri di

precisione e determinatezza assoluta, resta tuttavia essenziale la possibilità di convergere su

definizioni condivise da poter usare come strumenti descrittivi e predittivi, e strumenti di

comunicazione efficace, come sottolineato da Chesterman e Dam (2003):

All we need is a rough, approximate, working definition, one that we can feel free to adjust as we go along. All we need is to be able to agree more or less on what we are talking about, so that we can formulate interesting descriptive or explanatory claims. (Chesterman, 2003, p. 199)

The precise definitions and labels themselves are relatively unimportant, as long as we agree on the definitions of central concepts and the names we use to describe them. (Dam, 2003, p. 202)

Ancora più importante, ai fini di un percorso di ricerca che possa definirsi tale, è il fatto che

l’impossibilità di definire in modo univoco ciò che un oggetto di studio indica e comprende può

ostacolare e rallentare l’avanzamento e l’approfondimento della ricerca stessa. Così è stato per i

Translation Studies, il cui sviluppo come campo di ricerca è stato a lungo frenato dalla mancanza di

consenso riguardo al nome della disciplina (si veda Holmes, 1972; 2000). È dunque anche per

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questo che la revisione – benché fase imprescindibile di ogni processo di traduzione e strumento

tradizionale nella retorica della scrittura – ha solo di recente catalizzato l’interesse accademico, i

cui percorsi e modalità di indagine verranno illustrati al capitolo 2.

In linea con l’obiettivo globale di questo lavoro di ricerca, ovvero triangolare dati e conoscenze

sulla revisione in ambito accademico, professionale e didattico, anche questa parte iniziale intende

presentare una panoramica critica della terminologia legata alla revisione attingendo a un bacino

diversificato di contributi. Verrà dunque svolta una ricognizione trasversale, partendo

dall’etimologia del termine italiano e inglese1, seguita dalle principali definizioni di revisione

formulate nell’ambito di repertori enciclopedici, terminologici e lessicali sia all’interno dei

Translation Studies che dei Writing ed Editing Studies, per poi prendere in esame contributi e

accezioni del termine tratti da testi di consultazione di carattere teorico, e infine da manualistica a

vocazione didattico-pedagogica e pratico-professionale. Quanto emerso verrà infine arricchito da

accezioni particolari che la revisione assume nella sua attualizzazione in diversi ambiti e contesti

professionali – ovvero nell’industria della traduzione, nei servizi di traduzione delle istituzioni

internazionali, nel contesto specifico della traduzione editoriale – e in ambito didattico-formativo.

Lo scopo non è dunque la registrazione di tutte le formulazioni del concetto di revisione e dei suoi

sinonimi e delle relative occorrenze, né la compilazione di un repertorio lessicografico

onnicomprensivo, bensì una ricognizione ragionata e critica di definizioni, descrizioni, accezioni

della revisione al fine di cogliere tutte le sfumature semantiche e contenutistiche che possano

concorrere alla composizione di un quadro variegato ma completo di tutto ciò che ruota intorno al

termine revisione, sia nella sua formulazione teorica sia nella sua applicazione alla pratica

professionale e didattica.

Come risultato concreto di questa panoramica verranno infine formulate due nuove definizioni di

revisione: una definizione teorica e sommativa della revisione come attività pluridimensionale e

una definizione “operativa” della revisione che ne evidenzi le specificità nel contesto editoriale,

ambito d’indagine della presente ricerca.

1 Si è scelto di privilegiare i contributi di queste due aree linguistiche per coerenza con l’ambito di ricerca che questo

lavoro vuole approfondire, vale a dire la revisione nella traduzione editoriale dall’inglese all’italiano. Non vengono tuttavia ignorati ed esclusi contributi fondamentali alla trattazione provenienti da aree diverse.

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1.2. Il metalinguaggio della revisione: ambito teorico

1.2.1 Definizioni di “revisione” e “revision” e brevi cenni etimologici

Prima di procedere a un’analisi critica delle definizioni di revisione fornite dalla letteratura

terminologica nell’ambito dei Translation Studies, è sembrato utile confrontare definizioni tratte

da repertori lessicografici in lingua italiana e inglese per indagare innanzitutto come questo

termine, la sua base lessicale e i suoi derivati si inseriscano nel contesto linguistico non-

specialistico di appartenenza e rintracciarne l’etimologia e i contesti d’uso. Per brevità, pur avendo

analizzato diversi dizionari cartacei e online, si è ritenuto opportuno mettere a confronto solo due

definizioni per ciascuna lingua, scegliendole secondo criteri di completezza di dati, chiarezza ed

esaustività.2

Per quanto riguarda la lingua italiana, la prima serie di definizioni presentate qui di seguito è tratta

dal Grande Dizionario Italiano Hoepli (2011), a cura di A. Gabrielli:

rivedere v. tr. 1 Vedere di nuovo // Tornare a incontrare. 2 Riesaminare per controllare ed eventualmente apportare modifiche, correggere: r. un regolamento, una bozza.//Controllare, verificare: r. i conti //Revisionare, verificare il funzionamento di un meccanismo: devo far r. il motore della macchina//Rivedere i prezzi, aggiornarli, ritoccarli // Rivedere le proprie idee, cambiare opinione//fig., fam. Rivedere le bucce a qualcuno, controllare scrupolosamente ciò che ha fatto alla ricerca di difetti o mancanze

revisionare v.tr. Sottoporre ad accurata revisione: r. un conto, una pratica; r. un motore

revisione, s.f. (pl.-ni) Il revisionare qualcosa allo scopo di verificarla, correggerla, migliorarla, modificarla. // Revisione di un dattiloscritto, di un manoscritto, delle bozze di stampa, lettura o rilettura allo scopo di correggerne gli errori di scrittura o di composizione. //Revisione di un’opera letteraria, rilettura accurata da parte dell’autore per migliorarla e perfezionarla.

revisore s.m. Chi ha il compito di revisionare qualcosa: il r. dei conti. // ECCL Revisore ecclesiastico, chi esercita la censura su libri e pubblicazioni di argomento religioso

Leggendo questa serie di definizioni nella prospettiva di chi si occupa di revisione di una

traduzione, è impossibile non cogliere spunti di riflessione interessanti e illuminanti, soprattutto se

si pensa a come, nella pratica, alcune di queste accezioni effettivamente si realizzino e

rappresentino dei veri e propri approcci di lavoro o finalità. Il verbo “rivedere”, oltre all’iterazione

di un’azione in cui un soggetto vede un oggetto per una seconda volta, comprende nel primo

2 Questi stessi criteri sono alla base della scelta di riportare, per le definizioni in lingua inglese, due contributi tratti da

dizionari americani, perché risultati più ricchi, completi e funzionali alla trattazione.

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significato anche l’idea di un incontro relazionale non tanto tra due oggetti, quanto tra due

soggetti, due individualità umane. Di fatto è quanto succede nelle modalità di revisione in cui

traduttore e revisore entrano in contatto dialogico, reale o virtuale che sia, per trovare un punto

d’incontro che soddisfi entrambi. Il secondo significato è quello più affine all’accezione del

rivedere in ambito traduttivo, ovvero modificare, correggere, controllare, verificare. A questo

proposito, tuttavia, è interessante sottolineare come il verbo “rivedere” venga qui considerato

sinonimo anche di “revisionare”, inteso come verifica del corretto funzionamento di un

meccanismo. Se vista secondo un’ottica editoriale, questa accezione ulteriore si applica

perfettamente anche al meccanismo-testo, su cui il revisore e poi il redattore e il correttore di

bozze interverranno per verificare che funzioni – dal punto di vista formale e commerciale – nel

mercato a cui si rivolge.

L’accezione successiva sottolinea, nell’azione del rivedere, l’aspetto “attualizzante” o

“modernizzante”, in quanto attività esercitata al fine di adeguare e aggiornare qualcosa. Anche in

questo caso, se trasferita all’ambito editoriale, tale accezione sembra descrivere quella tipologia di

revisione che caratterizza spesso le riedizioni o le ri-traduzioni di classici, la cui finalità principale è

appunto quella di un adeguamento e aggiornamento linguistico del testo per avvicinarlo al

pubblico contemporaneo. L’ultimo elemento della serie di definizioni, dove il verbo “rivedere” è

inserito in un contesto idiomatico, sottolinea infine ciò che l’attività di revisione si trascina dietro

come un pesante fardello: quello della “caccia all’errore” e della ricerca di difetti, retaggio

confermato anche nella definizione di “revisore” in ambito ecclesiastico, che equivale alla figura

del “censore”. Non è possibile né utile in questa sede rintracciare la storia di questo ruolo, ma è

legittimo supporre che in una società come la nostra, così permeata dalla cultura religiosa ed

ecclesiastica, la negatività con cui viene percepita spesso la figura del revisore in quanto censore e

castigatore abbia radici davvero lontane e da cui, forse, è impossibile affrancarsi del tutto.

Le definizioni che si è scelto di confrontare con quelle appena riportate sono tratte dall’edizione

online del Vocabolario Treccani della Lingua Italiana3:

rivedere v.tr. [dal lat. revidere, comp. di re- e videre «vedere»] 1. a. Vedere di nuovo; b. Con l’idea che si sia rimasti molto tempo lontani o separati dalla persona o dalla cosa che si torna a vedere; c. Salutando chi è venuto a trovarci per una visita, per rapporti di lavoro o per altri motivi, e pregandolo di tornare; d. In qualche caso, con tono minaccioso, rimandando la punizione, la vendetta, la reazione a un momento più opportuno; e. Riferito come soggetto a medici, e come oggetto ai pazienti o

3 Risorsa consultabile all’indirizzo www.treccani.it/vocabolario. Ultimo accesso: giugno 2015

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persone soggette ad accertamenti clinici, visitare di nuovo. 2. a. Rileggere per capire meglio o per rinfrescarsi la memoria; b. Controllare, esaminare con attenzione uno scritto per correggere, modificare, riscontrare: r. un discorso, una relazione, un contratto; r. i conti; con lo stesso uso e sign. di correggere: r. i compiti degli alunni; r. le bozze di stampa. Com. l’espressione fig. r. le bucce a qualcuno, sottoporre le sue azioni o i suoi lavori a un esame e controllo rigoroso, pedante e minuto; c. Di congegni, meccanismi, apparati e impianti, verificare l’efficienza del funzionamento e lo stato di conservazione delle varie parti, compiendo le eventuali riparazioni; d. ant. Ispezionare, passare in rivista, in rassegna.

revisionare v. tr. [der. di revisione] Sottoporre a revisione: r. un compito, una prova d’esame; r. un’opera letteraria; r. le bozze di stampa; r. un conto, una pratica di pensione; nella tecnologia di officina, r. un motore, un ingranaggio, controllarlo pezzo per pezzo allo scopo di assicurarne il corretto funzionamento.

revisione s.f. [dal lat. Tardo revisio –onis, der. di revidere «rivedere»] 1. Nuovo esame inteso ad accertare e a controllare, ed eventualmente a correggere o a modificare, i risultati e le valutazioni dell’esame già operato, oppure la situazione iniziale o precedente. […] r. delle bozze di stampa, come correzione d’autore o editoriale, per lo più successiva a una prima correzione tipografica, e che può comportare modifiche anche sostanziali alla precedente stesura del testo (per metonimia, la r., il gruppo di persone preposte alla correzione editoriale di un’opera o di una collana in una casa editrice: allargare, rinforzare la r., far parte della r., e sim.)2. In alcuni usi comporta un esplicito rilievo dell’intervento, conseguente all’esame e al controllo, inteso a eliminare errori, imperfezioni e difetti, o altri fattori negativi ai fini del valore e della funzionalità, emersi dall’esame e dal controllo: r. di un’opera letteraria, come controllo e perfezionamento operato dallo stesso autore (il Manzoni lavorò per molti anni alla r. dei «Promessi Sposi»). 3. Con esplicito rilievo dell’intento e dell’azione stessa di modificare quanto, a un riesame, risulta non più adeguato e rispondente alle nuove situazioni ed esigenze, spec. nel linguaggio giur.

revisore s.m. (f., non com., -ora) [der. del lat. revidere «rivedere», part. pass. revisus]. – Chi per ufficio o per incarico è addetto a un’opera di revisione: r. dei conti, delle tasse; r. di bozze di stampa; r. degli atti parlamentari, prima della loro pubblicazione; r. ecclesiastico, v. censore. SIN. Correttore, (non com.) emendatore, redattore.

Pur confermando la stessa varietà di accezioni e contesti d’uso del verbo “rivedere” – ovvero

un’attività di correzione, miglioramento, verifica di corretto funzionamento e adeguamento –, e la

stessa parziale sinonimia tra “rivedere” e “revisionare”, all’interno della voce “revisione” non si

può non sottolineare una certa confusione sia per quanto riguarda il ruolo e i tempi di

realizzazione attribuiti a questa attività (si parla di revisione d’autore o editoriale allo stesso modo,

e la si colloca in una fase successiva alla correzione tipografica, che invece nella filiera di

produzione del libro è l’ultima in ordine cronologico), sia per quanto riguarda la sua accezione

come nome collettivo, dove la si confonde con il termine “redazione”, effettivamente inteso

spesso come l’insieme di persone che lavorano all’interno di una casa editrice e che si occupano di

garantire correttezza e uniformità a una singola opera o a tutte le opere di una stessa collana.

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Per quanto riguarda invece il confronto tra le definizioni in lingua inglese4, si riporta qui di seguito

il primo dei due contributi, tratto dal Compact Unabdridged Dictionary Random House (1996):

revise – v. t. 1. To amend or alter: to revise one’s opinion. 2. To alter something already written or printed, in order to make corrections, improve, or update: to revise a manuscript. 3. Brit. to review (previously studied materials) in preparation for an examination. –n. 4. an act of revising. 5. a revised form of something; revision. 6. Print. A proof sheet taken after alterations have been made, for further examination or correction. [1560-70; <L revīsere to look back at, revisit, freq. of revidēre to see again; see REVIEW] n. reviser, revisor. Syn. 1. change; emend, correct.

revision n. 1. The act or work of revising. 2. A process of revising. 3 a revised form or version, as of a book. [1605-15; < LL revīsiōn- (s. of revīsiō), equiv. to L revīs(us) (see REVISE) +-iōn- -ION] Syn. 1. alteration, correction, emendation.

Qui il concetto di rivedere implica come nella lingua italiana un riesame e/o modifica di qualcosa al

fine di correggere, migliorare o aggiornare l’oggetto stesso della revisione. Tuttavia, rispetto ai

lemmi italiani “rivedere” e “revisione”, i corrispondenti inglesi “revise” e “revision” sembrano

comprendere un numero inferiore di accezioni, in parte assorbite dal termine “review”, sia verbo

che sostantivo. Lo stesso dizionario, infatti, riporta fra i vari significati del verbo “review” anche “to

view, to look at, or look over again” e “to look back upon, view retrospectively”.

Una definizione che si arricchisce di qualche accezione in più è quella fornita dal Merriam-

Webster’s Third New International Dictionary, Unabridged (2014) nella sua versione online5:

revise – i.v. 1. Obsolete: to look again, often, or back: look in retrospect: reflect; 2. to make a revision: be engaged in revision (as of a manuscript); t. v. 1. To look at or over again for the purpose of correcting or improving: go or read over to correct errors of make improvements <revise a manuscript> 2. a. to make a new, amended, improved, or up-to-date version of: subject to revision <revise a dictionary> <revised the game laws>; b. to provide with a new taxonomic arrangement <revising the alpine ferns> Origin of REVISE: Middle French reviser, from Latin revisere to look back, look again, frequentative of revidere to see again, from re- + videre to see. First Known Use: 1545 (intransitive sens2) Synonyms: alter, make over, modify, recast, redo, refashion, remake, remodel, revamp, change, rework, vary. Antonyms: fix, freeze, set, stabilize.

Ciò che è più interessante notare, tuttavia, è l’ampia proposta di sinonimi che se da un lato può

essere in parte responsabile di un uso improprio e confuso di certa terminologia, dall’altro serve a

mettere in luce gli aspetti che la revisione, anche editoriale, può assumere in contesti e approcci

4 Per una breve analisi contrastiva delle definizioni del termine “revisione” in inglese e francese si veda Hine (2003, pp. 137-138) 5 Risorsa consultabile a pagamento all’indirizzo: https://unabridged.merriam-webster.com/

Ultimo accesso: maggio2015

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diversi. Ai sinonimi viene dedicata una trattazione a parte, che sembra interessante riassumere.

Vengono messi a confronto i verbi “correct”, “rectify”, “emend”, “remedy”, “redress”, “amend”,

“reform”, “revise”, di cui si sottolinea come significato comune quello di correggere/rettificare ciò

che è sbagliato. La modalità, l’entità, e la finalità degli interventi sono invece gli elementi che

determinano le differenze tra i vari termini. Il verbo “correct” presuppone la modifica di ciò che è

impreciso, falso o imperfetto in modo da renderlo accurato, vero o perfetto. Si usa il verbo

“rectify” in presenza di un errore, un’ingiustizia, una deviazione da una norma che si vuole

eliminare o annullare; il verbo “emend” implica l’epurazione di qualcosa, soprattutto di una

dichiarazione, da ogni errore o difetto che possa far fraintendere le intenzioni del suo autore. Il

verbo “remedy” è usato quando ciò che deve essere rettificato è un fastidio, un torto, o un’azione

malvagia, così come il verbo “redress” si riferisce alla riparazione di un’ingiustizia o uno squilibrio,

prevedendo di solito un indennizzo o risarcimento. Nel verbo “amend”, invece, è sottintesa

un’azione correttiva di tipo migliorativo, così come pure nel verbo “reform”, che tuttavia implica

modifiche più drastiche e sostanziali, tali da alterare la forma o la natura del soggetto che le

riceve. Il verbo “revise”, infine, si inserisce in un contesto di modifica finalizzata a un auspicabile

miglioramento, frutto di uno sguardo attento e accurato ma che non prevede alterazioni tali da

modificare la natura dell’oggetto della revisione.

A conclusione di questa prima rassegna di definizioni, una breve nota sull’etimologia riportata per i

termini italiani e quelli di lingua inglese. Nel caso del verbo “rivedere” e del sostantivo “revisione”,

i dizionari ne fanno risalire l’origine al latino revidere, come confermato dalle definizioni tratte dal

dizionario L’Etimologico. Vocabolario della lingua italiana, a cura di Alberto Nocentini, LE

MONNIER (2010):

rivedére v.tr. [prima metà sec. XIII] ≈ vedere di nuovo; controllare, correggere.

revisione, s.f. [sec. XVI], dal tardo latino revisĭo –ōnis, der. Di revidēre ‘rivedere, tornare a visitare’

revisore, s.m. [sec. XVI], der. di revisione.

Come mostrano i dati diacronici, il concetto di rivedere qualcuno o qualcosa come un nuovo

incontro o con una finalità di controllo e correzione è antecedente rispetto a quello della revisione

in quanto attività, e a quella di revisore in quanto soggetto che la svolge.

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Per quanto riguarda invece i termini di lingua inglese, le definizioni tratte dal Barnhart Dictionary

of Etimology, 1988, li indicano come più recenti rispetto ai corrispondenti italiani:

revise v. 1567, look again or back; borrowed from Middle French reviser, learned borrowing from Latin revisere look at again, visit again, frequentative form of revidere (re- again+ videre to see). The meaning of look over or read over carefully in order to correct or improve is first recorded in the King James Version of the Bible (1611) ---n. 1591, act of revising or reviewing; from the verb. The meaning of a revised or corrected form is first recorded in 1612.

Benché condividano con la loro controparte italiana la derivazione latina, i termini inglesi

subiscono l’intermediazione della lingua francese. Nella lingua inglese, il concetto attualizzato dal

verbo si fa risalire al 1567, mentre l’azione della revisione in quanto correzione e miglioramento

compare, come per l’italiano, in un momento successivo, individuato nella sua prima occorrenza

all’interno della King James Bible (1611). È interessante notare come l’etimologia dei termini

italiani riporti soltanto il tardo latino revidēre, mentre i termini inglesi introducano anche l’apporto

della forma frequentativa revīsere, già riportata nella definizione tratta dal Compact Unabdridged

Dictionary Random House (1996) vista in precedenza. Questa doppia combinazione di revidēre,

vedere di nuovo, e revīsere, tornare a vedere, rivisitare, suggerisce la presenza di una “duplicità” e

ambivalenza nel concetto di revisione che ha radici lontane e può forse rappresentare uno dei vari

motivi della proliferazione semantica e terminologica intorno alla revisione. Pensando all’ambito

della traduzione editoriale, sembra interessante sottolineare come questi due verbi introducano il

concetto di revisore come “visitatore”, come “ospite” in casa altrui, con tutto ciò che ne consegue

in termini di rispetto, correttezza, adeguamento alle abitudini di altri. Seguendo questa stessa

linea di pensiero, se il revisore è l’ospite, il traduttore è il padrone di casa, e in quanto tale è

tenuto all’accoglienza e alla possibilità di dover accettare qualche compromesso e magari

rinunciare a qualcosa per far sentire l’ospite a proprio agio.

Ciò che si può dedurre da questa prima ricognizione terminologica ed etimologica è che nessuna

delle definizioni presentate, benché ricca di accezioni e contesti d’uso, va oltre una presentazione

del concetto di rivedere e della revisione in termini di finalità e obiettivi, non entra cioè nel merito

delle modalità, dei tempi e dei luoghi in cui l’attività di lavoro sul testo si svolge. Allo stesso modo

le definizioni riportate non forniscono informazioni sulla tipologia, la natura, la portata, la qualità e

la quantità degli interventi che il processo di revisione porta con sé o sulle competenze necessarie

per attuarli. Per mettere dunque a fuoco il concetto di revisione e la sua applicazione specifica alla

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traduzione, verranno qui di seguito presentate e commentate alcune definizioni del termine –

anche quelle di alcuni suoi sinonimi, o presunti tali – estratte da glossari e repertori terminologici

nell’ambito dei Translation Studies, mettendo in luce eventuali punti di contatto o distacco,

sovrapposizione o contraddizione.

1.2.2 Definizioni di revisione in repertori enciclopedici e terminologici nell’ambito dei

Translation Studies

La ricognizione terminologica presentata qui di seguito parte dalla consultazione dell’edizione più

recente della Routledge Encyclopedia of Translation Studies (Baker and Saldanha, 2009) rilevando

subito l’assenza di una voce specifica dedicata alla “revisione”, termine che non compare neppure

nell’indice analitico a conclusione del volume. Benché indirettamente, si fa riferimento al processo

di revisione all’interno della voce “Explicitation” quando, commentando il lavoro di ricerca

condotto da Séguinot (1988) sul tema dell’esplicitazione, si dice che una maggiore incidenza

nell’applicazione di questa strategia traduttiva può dipendere talvolta non tanto da differenze

linguistiche bensì da “editing strategies of the revisers” (Baker & Saldanha, 2009, p.106). L’assenza

di una voce dedicata alla revisione in uno strumento di consultazione così importante, seppure

inattesa e in parte deludente, va a confermare l’assunto iniziale di questo lavoro di ricerca, ovvero

l’ancora scarsa visibilità della revisione come oggetto di studio a sé stante. Tuttavia in una edizione

precedente del volume, (Baker, 2001) pur non comparendo come voce indipendente la revisione

viene – almeno per certi aspetti – equiparata a ciò che viene definito “Intertemporal translation”,

ovvero

translation between two forms of the same language separated by the passing of time. At its most mundane level, intertemporal translation might involve updating a piece one wrote a year or two ago, not only including more recent references but bringing wordings and phrasings into synch with one’s most recent thinking. This is generally thought of as revision, or editing[…].(p. 114)

La definizione prosegue fornendo vari esempi di traduzione intertemporale in cui, appunto, il testo

non è solo rivisto per migliorarne l’aspetto formale e stilistico, ma soprattutto per renderlo fruibile

al lettore contemporaneo e dunque operare interventi principalmente linguistici al fine di

restituire modernità e freschezza a una traduzione. L’espressione “intertemporal translation” è

infintamente meno usata del più semplice “revision” al quale è in parte sovrapponibile, e dunque

la sua inclusione nel repertorio terminologico appare paradossale, soprattutto a fronte

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dell’esclusione del termine più comune e diffuso. Tuttavia, essa indica una pratica molto spesso

adottata in ambito editoriale, principalmente per la ritraduzione dei classici, è si vuole dunque

cogliere l’occasione di distinguerla fin da subito da quella della revisione che sì, può avere una

finalità di attualizzazione o ri-attualizzazione del testo tradotto, ma non dovrebbe mai essere

assimilata o avvicinata alla pratica della ri-traduzione o riscrittura, come sottolineato nei principi di

revisione avanzati da numerosi studiosi, Mossop (2001/2014) in primis.

Il termine revisione non compare come voce a sé stante neppure in Shuttleworth & Cowie (1997)

o in Classe (2000) dove tuttavia si parla di revisione all’interno della voce dedicata alla ritraduzione

(“Re-Translation”), dicendo che la ritraduzione può assumere principalmente due forme, una delle

quali è appunto la revisione:

Re-translation takes place in two main forms: revision, which normally uses an existing translation as its starting point, and actual re-translation, which starts again with the original and creates a new version.(p. 1154-55)

Il termine “revisione” risulta ugualmente assente nel MonAKO glossary6, risorsa terminologica

sviluppata nel 1997 dal Dipartimento di Linguistica Generale dell’Università di Helsinki con lo

scopo di fornire una base terminologica ai diversi programmi e corsi in materia di teoria e

strumenti della traduzione e considerata fonte terminologica attendibile e piuttosto esaustiva,

usata e citata infatti anche nel glossario elaborato da Pym (2011) e commentato in seguito.

La revisione non rientra neanche nella preziosa lista di “key concepts” compilata a conclusione del

Routledege Companion to Translation Studies (Munday, 2009). Inoltre, pur essendo la revisione

parte integrante del processo di traduzione, essa non viene citata neanche all’interno della voce

“Translation process” a esso dedicata, dove si fa riferimento alla necessità, in ogni iter traduttivo,

di “processes of problem-solving and decision making, and the use of strategies” (Munday, 2009,

p.235), che sono di fatto fra gli elementi costituivi dell’attività di revisione.

Per contro, il termine revisione viene definito in misura più o meno esaustiva in repertori

terminologici a cura di studiosi di traduttologia: riportiamo qui di seguito, in un ordine dettato

dalle esigenze dell’argomentazione, alcune tra le definizioni più ricche e complete. La prima, in

una duplice accezione e tradotta in quattro lingue, è tratta da Delisle et al. (1999). Ne vengono

6 Risorsa consultabile in rete all’indirizzo http://www.ling.helsinki.fi/en/department/index.html Ultimo accesso:

giugno 2015

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riportate qui di seguito la versione inglese (ibid., p. 175) e italiana (Delisle et al., 2002, p. 122-123),

il cui confronto solleva questioni interessanti.

revision

A detailed comparative examination of the translated “text” with the respective “source text” in order to verify that the “sense” is the same in both texts and to improve the quality of the “target text”.

Note – In “translation pedagogy”, revision provides a learning activity designed to allow the students to discover errors or awkward points in their “translations”, to determine how and why these errors were made, and to bring out the overall qualities of the translated text.

A function usually assigned to an experienced “translator” for the purpose of ensuring that texts translated by others will measure up to the standards of professional translation.

Note 1. – In the standard work environment, revision is usually comprised of three facets: it assures quality, it serves as a training exercise for novice translators, and it constitutes an important component for translation management. This third aspect can involve the evaluation of the qualitative and quantitative performance of the translator whose work is being revised.

Note 2. – In American English, this stage of the translation document cycle is commonly referred to as editing, which is also closely related to review. This step may involve checking a text, followed by a

revision or editing phase, where the text is actually corrected. (Delisle et al., 1999, p. 175)

revisione

1. Raffronto minuzioso tra il testo tradotto e il corrispondente testo di partenza, al fine di verificare che il senso sia lo stesso nei due testi e con l’obiettivo di migliorare la qualità della riformulazione in lingua d’arrivo. Nota: nella didattica della traduzione la revisione è un’attività di apprendimento che consente agli studenti di evidenziare i pregi e individuare gli errori o le debolezze di una traduzione, determinandone la natura e la causa.

2. Operazione generalmente affidata a un traduttore esperto al fine di rendere accettabili, conformemente alle norme professionali, le traduzioni eseguite da altre persone. Nota: nell’ambiente professionale, la revisione può riguardare l’assicurazione di qualità, la formazione dei traduttori apprendisti o la gestione dei progetti. Questa verifica può includere la valutazione qualitativa e quantitativa del lavoro effettuato dai traduttori sottoposti a revisione. (Delisle et al., 2002, p. 122-123)

Questa coppia di definizioni consente già di sottolineare alcuni tratti peculiari e allo stesso tempo

“critici” della revisione. Mi riferisco innanzitutto al concetto di “comparative examination” o

“raffronto”, per cui si postula il confronto tra ST e TT come elemento caratterizzante della

revisione. Chiunque, nel corso della propria carriera scolastica e lavorativa, si sarà trovato a

misurarsi con la stesura di un testo di una certa importanza – un tema, una tesi, una

comunicazione ufficiale, una lettera d’amore – e un po’ per abitudine appresa sui banchi di scuola,

un po’ per esigenza personale sarà ritornato alla prima stesura di quel testo rileggendolo,

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modificandolo, aggiungendo o togliendo qualcosa, nella speranza di migliorarlo nella forma e

nell’efficacia comunicativa e stilistica. Gran parte delle operazioni che rientrano sotto il termine di

revisione di un testo nato nella propria lingua (rilettura, sostituzione, eliminazione, aggiunta,

sinonimizzazione, controllo ortografico, grammaticale e sintattico, ecc.) sono contenute anche nel

concetto di revisione di un testo tradotto, ma poiché il testo su cui la revisione opera ha già in sé il

fine ultimo a cui tendere – semplificando, un testo speculare di cui dovrebbe essere il riflesso il più

possibile realistico – alle finalità della revisione di un testo prodotto nella propria lingua si

aggiungono esigenze che nascono proprio dalla relazione con il testo “altro”, ovvero la ricerca

della massima vicinanza semantica, funzionale, emotiva al testo originale. Tuttavia, mentre

l’elemento contrastivo è insito all’interno del processo traduttivo e ineludibile – la traduzione non

“avviene” se non esiste un termine di paragone, ovvero il testo fonte – nel processo di revisione di

una traduzione altrui, la necessità della fase di confronto con il testo fonte non viene presentata

come costitutiva del concetto stesso di revisione, bensì diventa una scelta arbitraria e non sempre

considerata opportuna e/o conveniente. Sempre relativamente al confronto ST/TT, entrambe le

definizioni entrano anche nel merito della sua entità parlando di un esame comparativo

dettagliato, minuzioso. Sarebbe lecito “tradurre” questa definizione in una pratica della revisione

che operasse un controllo incrociato riga per riga, parola per parola, tuttavia – a prescindere

dall’ambito traduttivo a cui si vuole applicare la definizione – l’effettivo realizzarsi di un esame

comparativo così completo ed esaustivo non è affatto scontato, come si vedrà dai dati raccolti

nell’indagine conoscitiva sulla pratica professionale della revisione editoriale (capitolo 3).

Un secondo aspetto che qui preme sottolineare è ciò che viene descritta come la finalità, o meglio

le finalità, dell’attività di revisione. Oltre alla verifica di una corretta trasmissione del senso – e si

potrebbero scrivere pagine e pagine su come intendere il senso di un testo, se esso sia veicolato

solo dal contenuto o anche dalla forma, se la traduzione debba trasferire lo spirito del testo o

anche la lettera, se il trasferimento debba essere addomesticante o estraniante – la revisione deve

mirare al “miglioramento della qualità del testo tradotto” e alla “conformità alle norme

professionali”. Ciò che sembrerebbe a prima vista una precisazione scontata – la qualità post-

revisione di un traduzione non può non essere migliore di quella pre-revisione – nasconde di fatto

diverse insidie concettuali. Per poter appurare, valutare e misurare un miglioramento qualitativo,

infatti, è necessario conoscere preventivamente i parametri sottesi al concetto stesso di qualità in

quell’ambito specifico. Se, come vedremo in seguito, esistono nell’ambito dell’industria della

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traduzione tecnica e specializzata norme di qualità che riguardano, tra le altre cose, anche il

processo di traduzione e revisione, per quanto attiene l’ambito editoriale non è possibile

inquadrare il concetto di qualità in una cornice oggettiva e univocamente applicabile. Parlando

infatti del miglioramento qualitativo di un testo editoriale tradotto ci si riferirà a un miglioramento

formale oppure a un’accresciuta efficacia comunicativa? A una maggiore ricchezza linguistica e

stilistica o a una più estesa conformità a una norma redazionale o a uno stile editoriale? Dietro la

parola miglioramento, inoltre, si cela quasi sempre lo spauracchio del gusto personale: ciò che è

migliore per il revisore, non è necessariamente percepito come tale dal traduttore. Di fatto, poi, la

revisione non è in se stessa garanzia di migliore qualità della traduzione. Come viene fatto notare

in Martin (2012), “[…] revision by another person can only assure quality if this person is truly

competent and the translation/revision process is properly executed”, e ancora,

[…]if a first translator can’t be trusted to assure the quality of a translation then why should a second translator/reviser?[…] Two inexperienced and/or mediocre translators do not equal one who is truly knowledgeable and skilled.7

Questa citazione introduce un altro elemento della definizione su cui vale la pena soffermarsi,

soprattutto nel confronto tra le due versioni. Si fa riferimento alla figura del revisore come di un

“experienced translator” (versione inglese) o “traduttore esperto” (versione italiana). Senza

entrare nel merito della correttezza della traduzione italiana, che è posteriore rispetto alla

versione plurilingue comprensiva anche della definizione inglese, va tuttavia sottolineato che essa

mette in luce una questione tutt’altro che marginale e che il confronto delle definizioni rende

ancora più palese. L’espressione “traduttore esperto” sottintende un’idea di “expertise” che non è

necessariamente implicita nella definizione “experienced translator”. Se alla definizione di

“experienced translator” possiamo sottintendere il concetto di “esperienza” intesa come misura

quantitativa di attività esperite nel tempo, alla definizione di “traduttore esperto” – che ha

peraltro un suo corrispettivo nell’inglese “expert translator” – si può sottintendere il concetto di

“expertise”, ovvero una misura qualitativa di attività esperite nel tempo. Sembra qui utile

aggiungere qualche cenno sugli studi condotti intorno al concetto di expertise in generale e nel

contesto particolare della traduzione. Come efficacemente riassunto da Muñoz Martín (2009) nel

riprendere i concetti espressi in Ericsson & Smith (1991) ed Ericsson (1996), “Expertise is the

property of a person who performs an operation or a set of operations in a limited domain with

7 Risorsa consultabile all’indirizzo http://translationjournal.net/journal/59editing.htm Ultimo accesso: maggio 2015

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exceptional results when compared to others capable of performing the same operation” (Muñoz

Martín, 2009, p.25). L’expertise è dunque misurata rispetto alla qualità del prodotto fornito, e non

alla quantità di esperienze maturate dal soggetto. Lo stesso autore, inoltre, parlando in particolare

di “translation expertise” fa notare che non si tratta di qualcosa che si possiede una volta per

tutte, ma è piuttosto “a property in constant change throughout the lifespan of a translator” (ivi,

p.26).

Sempre nello specifico della “expertise in translation” e della necessità di chiarezza terminologica

che informa questo capitolo, vale la pena riportare una precisazione contenuta in Sirén, S. &

Hakkarainen, K. (2002) che approfondisce ulteriormente il concetto di “traduttore esperto”:

The terms ‘expertise’ and ‘expert’ are related but not identical in meaning with the terms ‘professionalism’ and ‘professional’. All these terms refer to years of training, considerable experience, and working in the field in question. However, ‘expert’ implies that a person has acquired very high-level knowledge and skills. ‘Professional’, on the other hand refers to a professional status but does necessarily imply expert-level skills. (pag. 71)

Il concetto di expertise assume una rilevanza particolare se visto in relazione a un particolare

approccio della ricerca traduttologica che è principalmente interessato al processo di acquisizione

dell’expertise. Vedere l’expertise come un talento in divenire e non come una condizione

permanente pone interessanti questioni pedagogiche e didattiche. Come si diventa esperti? E

perché alcuni studenti/traduttori/revisori diventano esperti ed altri no? Poter dare risposta a

questi interrogativi significa anche poter strutturare percorsi formativi adeguati allo sviluppo e

all’accrescimento dell’expertise in traduzione che, tornando alla definizione da cui siamo partiti, è

condizione per fare un buon lavoro di revisione. L’equivalenza traduttore esperto - bravo revisore,

tuttavia, non può essere data per scontata, come sottolinea Hansen (2006, p. 265) nel

commentare i risultati degli esami di traduzione e revisione sostenuti dagli studenti di un corso da

lui tenuto nel 1983, in cui “it was not necessarily the case that those students who were good

translators were also good revisers”.8

Partita da un livello più teorico e generale, la definizione fornita in Delisle et al. (2002) si

arricchisce di accezioni e puntualizzazioni che entrano nel merito di due ambiti in particolare,

ovvero quello didattico della pedagogia della traduzione e quello professionale dell’industria della

8 Il rapporto tra translation competence e una più specifica revision competence verrà discusso più dettagliatamente

nel capitolo 2 dedicato alla Review of the literature e nel capitolo 4 dedicato agli aspetti didattici.

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traduzione. Mentre nel primo caso si sottolinea la valenza didattica, critica e maieutica dell’attività

di revisione nel contesto della formazione accademica e professionale, nel secondo se ne mette in

luce il ruolo chiave in relazione alla qualità e agli aspetti gestionali e valutativi del processo

traduttivo professionale. Nel momento in cui la definizione identifica la revisione come attività

formativa e di apprendimento non si limita a indicare come sua finalità l’individuazione e il

miglioramento di punti deboli o la correzione degli errori, ma anche la capacità di determinare la

natura e la causa delle debolezze o degli errori stessi, ponendosi dunque non solo un obiettivo

correttivo e migliorativo, ma anche analitico e critico del prodotto e del processo di traduzione.

Vedremo in seguito (capitolo 2 e capitolo 4) come questo sia importante nell’individuare le

specificità della competenza di revisione rispetto a una più generale competenza di traduzione.

Relativamente all’ambito della pratica professionale, si è già detto come il discorso sulla qualità sia

di difficile trattazione in questa sede, la cui attenzione si rivolge primariamente all’ambito della

traduzione editoriale ed esula dalle dinamiche proprie dell’industria della traduzione. Ciò che

inoltre la definizione dice riguardo al contesto lavorativo non è applicabile in maniera univoca a

tutti gli ambiti professionali della traduzione, né uniformemente al loro interno. Qui basti

accennare al fatto che, oltre all’impossibilità di svolgere una revisione conforme a criteri di qualità

laddove questi criteri non sono stati formulati (come è il caso della revisione di una traduzione

editoriale), anche descrivere la revisione come una modalità di formazione per “traduttori

apprendisti” corrisponde a verità solo in determinati contesti lavorativi.9 Se la formazione interna

è ancora pratica consueta all’interno di grandi agenzie di traduzione e di organismi internazionali,

non lo è più nell’editoria italiana. Altrettanto diverso, a seconda degli ambiti professionali, è

inoltre il ruolo della revisione in quanto momento di valutazione qualitativa e quantitativa

dell’operato di un traduttore.

L’ultimo elemento di questa prima definizione su cui vale la pena soffermarsi è la distinzione

operata nella versione inglese tra il termine “revision” del British English e il termine “editing”

dell’American English. Quella che viene inizialmente presentata solo come una variante diatopica,

è poi accompagnata da una specificazione che invece di aggiungere e chiarire, risulta a mio avviso

fonte di confusione nel momento in cui introduce un terzo elemento lessicale, ovvero “review”.

9 L’uso di questo termine, riportato dalla definizione fornita in Delisle et al. (2002), non è condiviso da chi scrive in quanto sottintende la possibilità di “apprendere” la traduzione attraverso la semplice osservazione di una pratica professionale. Come si vedrà in seguito negli spunti didattici forniti al capitolo 4, l’acquisizione della competenza di revisione non può prescindere da un connubio di conoscenze teoriche e abilità pratiche.

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Spiegando infatti le attività comprese in quest’ultimo termine, l’autore della definizione inglese

affianca elementi (controllo e correzione) che seppure non precedentemente introdotti non

possono essere esclusi dalla visione della revisione come attività volta al miglioramento del testo

tradotto, il quale a sua volta non può prescindere da un controllo e un confronto con il testo fonte

e da una correzione di ciò che è sbagliato. In altre parole, le attività presentate come

caratterizzanti della review – individuata come attività affine e collegata all’editing – sono

altrettanto caratterizzanti della revisione e dunque, per proprietà “transitiva”, la definizione ci

induce a pensare a revisione, editing e review come termini fondamentalmente interscambiabili.

Questa prima istanza di sovrapposizione lessicale lascia facilmente intuire la confusione non solo

terminologica, ma anche concettuale, che caratterizza la revisione. Si consideri inoltre che in

ambiti linguistici e geografici diversi da quello anglo-americano, nel caso specifico l’ambito

italiano, dove l’adozione di anglicismi spesso si sostituisce all’uso già consolidato di altri termini in

lingua locale, sovrapposizioni e false sinonimizzazioni non fanno che accrescere la confusione

rispetto a ciò che i termini indicano realmente, e a una loro applicazione nei contesti d’uso

sbagliati. Viene da chiedersi se la scelta di non “tradurre” in italiano questa nota alla definizione

inglese nasca dalla volontà consapevole di non accostare termini spesso erroneamente usati come

sinonimi o sia invece un’occasione mancata per risolvere questa confusione terminologica,

obiettivo che si sono invece posti altri studiosi ‒ in particolare Mossop (2001/2014) e Pym (2011) ‒

come vedremo in seguito.

Una seconda definizione di carattere generale che è utile riportare ai fini della presente rassegna è

tratta da Palumbo (2009):

In a general sense, the term revision refers to a comparative check carried on the TT and its respective ST in order to identify problems and errors and introduce the necessary corrections or amendments. In the context of professional translation, revision indicates one particular stage in the chain of production of translated documents and can be defined as the process aimed at identifying features of a draft translation that fall short of the required quality standards and at introducing the necessary amendments and corrections. [...] the role of the reviser is usually taken up by senior translators. (p.101-2)

Oltre a ripresentare alcuni degli elementi già sottolineati nella precedente definizione ‒ ovvero la

descrizione della revisione come attività comparativa e finalizzata alla produzione di un testo

conforme a requisiti di qualità, e l’individuazione del revisore nella figura di un traduttore

“maturo” - il contributo di Palumbo introduce un interessante binomio di termini: “corrections” e

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“amendments”10 come strumenti operativi della revisione. I concetti sottesi a questi due elementi,

vale a dire la correzione e la modifica migliorativa, sono di fatto i poli d’attrazione di ogni attività di

revisione il cui compito è, appunto, quello di correggere ciò che va corretto e apportare modifiche

che migliorino ciò che può essere migliorato. È da sottolineare, tuttavia, che l’importante

ripartizione introdotta da Palumbo con il suo binomio, supponente un’analisi e una valutazione

della tipologia e dell’entità dell’errore/problema per poi predisporre le misure correttive o

migliorative adeguate, non ha necessariamente facile individuazione e riscontro nella pratica

professionale e didattica. In questi ambiti gli interventi di revisione sul testo non sempre vengono

resi visibili, né tantomeno vengono descritti e classificati come appartenenti a una delle due

categorie di intervento di cui sopra. Il rischio, così nell’ambito professionale come in quello

didattico, è di confondere il traduttore che riceve la revisione non fornendogli strumenti per

intrepretare il lavoro fatto, comprenderlo, ed eventualmente interagire con il revisore. Un

ulteriore rischio è quello di travisare la qualità e il valore di una revisione quantitativamente

pesante e interpretare ogni intervento come correzione che rettifica un errore, quando invece

l’entità qualitativa degli interventi è ridotta (apportare una modifica che migliora la qualità

redazionale di un testo non “pesa” quanto rettificare una interpretazione o una costruzione

sintattico-grammaticale errata). Questa mancata distinzione tra gli interventi di revisione è

attribuibile a vari fattori:

di economia (operare distinzioni tra gli interventi e spiegarne il tenore è un’attività che

richiede più tempo di quello per cui si è pagati);

di conoscenza e competenza professionale (il revisore può non avere le conoscenze e le

competenze per descrivere e distinguere gli interventi apportati sul testo);

di tipo operativo-strumentale (pur avendo le competenze teoriche e professionali, il

revisore non dispone di strumenti operativi per rendere visibile la distinzione fra correzioni

e miglioramenti).11

10

Il Merriam Webster Unabridged Dictionary (versione online, 2014) definisce “amendment” come: “act of amending especially for the better; correction of a fault or faults; reformation (as of one's life)” 11

Questi spunti di riflessione verranno approfonditi con l’illustrazione dei dati raccolti nel sondaggio qualitativo di cui al capitolo 3 e con la presentazione degli strumenti informatici che possono essere messi a servizio dell’attività di revisione di cui al capitolo 4.

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La prossima definizione – o serie di definizioni – qui presentata è raccolta nel glossario annunciato

dall’autore stesso (Pym, 2011) come “tentative”, ovvero sperimentale, provvisorio, forse proprio

in virtù della natura particolarmente complessa, trasversale e sovrapponibile delle voci che

presenta. Nato in riposta ai dubbi terminologici sorti nell’ambito del lavoro di ricerca presso

l’Intercultural Studies Group dell’Università Rovira i Virgili di Tarragona, in Spagna, questo

repertorio terminologico si contraddistingue dagli altri finora illustrati per la quantità di lemmi

dedicati alla revisione e ad altri concetti e/o attività a essa affini. Vengono infatti presentate

addirittura quindici voci all’interno delle quali si fa riferimento a vario titolo alla revisione, ovvero:

“checking”, “editing”, “online revisions”, “postediting”, “pre-editing”, “proofreading”, “repair”,

“review/reviewing”, “revising”, “revision/revising”, “revision vs. editing”, “revision vs. review”,

“revision vs. revising”, “self-revision vs. other-revision”, “TEP” (acronimo di “translation, editing,

proofreading”). L’altra particolarità del glossario, condivisa da questa panoramica, è l’approccio

critico alla terminologia, di cui vengono sì fornite definizioni e contesti d’applicazione, ma anche i

fraintendimenti più comuni, gli usi inappropriati, le sovrapposizioni e alcune raccomandazioni per

un utilizzo più corretto e consapevole.

Entrando nel merito delle definizioni che più ci interessa osservare da vicino, si segnala

innanzitutto la distinzione che Pym introduce, auspicandone l’adozione nell’uso, tra il termine

“revision” (il prodotto del processo, ovvero il testo rivisto) e “revising” (il processo stesso di

revisione). Questa distinzione sembra particolarmente utile in quanto pone l’attenzione su due

oggetti di studio distinti e dunque su indirizzi di ricerca diversi ma potenzialmente complementari

ed entrambi meritevoli di interesse. Se infatti la ricerca accademica ha finora indagato la revisione

principalmente come “processo nel processo”, sarebbe altrettanto interessante, soprattutto in

un’ottica interdisciplinare dettata dalla particolare natura dell’oggetto di studio, indagare la

revisione come prodotto, chiamando dunque in causa non solo metodi e strumenti di analisi critica

e indagine propri della traduttologia, ma anche afferenti a tutte le altre discipline che si occupano

dei testi scritti.

Riferendosi alla revisione come processo, e per metterne in luce gli aspetti temporali, l’autore

specifica inoltre: “Revising can be divided into several time phases: in-draft revising occurs prior to

the translator rendering the end of the text; post-draft revising comes after the end of the text has

been translated” (p.90). Se ne deduce che il “prodotto” della revisione è il risultato di un

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“processo” di revisione che può avvenire in più momenti durante l’elaborazione del testo tradotto

e ha dunque una natura ricorsiva.

A questa distinzione relativa alla distribuzione delle attività di revisione nel tempo, si aggiunge

un’altra distinzione relativa all’agente della revisione, laddove l’autore specifica che “self-revision

[auto-revisione] is where the translator revises their own work; other-revision [etero-revisione] is

where someone else does the revision, with at least some reference to a source text” (p. 91).

Un’altra precisazione terminologica fondamentale nel glossario di Pym riguarda una tendenza già

menzionata in relazione all’ambito editoriale italiano, ovvero l’uso interscambiabile dei termini

“editing” e “revisione”. Lungi da ogni intento normativo o prescrittivo, l’autore sembra

sottoscrivere la distinzione ben delineata da Mossop (2001/2014), il quale consiglia l’uso del

termine editing per indicare, preferibilmente, l’attività di modifica del testo svolta su testi che non

siano traduzioni, bensì opere di scrittura originale. In questa auspicabile accezione, il termine

editing può avere ulteriori declinazioni a seconda dell’area linguistico-stilistica-testuale su cui

interviene, per cui si potrà parlare allora di “copy-editing”, “stylistic editing” o “structural editing”,

ovvero redazione, editing stilistico, editing strutturale. Pym, tuttavia è ben consapevole della

differenza tra norma e uso linguistico e mette in guardia il lettore che voglia aderire troppo

pedissequamente alla distinzione editing/revisione da lui indicata come teoricamente corretta ma

purtroppo disattesa in tanti contesti professionali.

L’ultimo contributo che si ritiene utile estrarre dal glossario di Pym riguarda le precisazioni

terminologiche che l’autore introduce in relazione al contesto specifico dell’industria della

traduzione, in particolare alle tipologie di revisione e alla loro definizione all’interno dello standard

europeo di qualità EN-15038 (2006)12. Anche se delle accezioni del termine revisione in alcuni

ambiti della pratica professionale si parlerà più diffusamente in seguito, qui vale la pena

sottolineare alcuni elementi di distinzione terminologica. Laddove in precedenza si è parlato in

termini più generali di “self-revision” (autorevisione) lo standard parla di “checking”, da intendersi

come controllo attivo da parte del traduttore stesso, che si differenzia da “revision” e “review”.

Quest’ultimo termine, già posto alla nostra attenzione nella versione inglese della definizione di

Delisle et al. (1999), assume, alla luce dello standard, contorni molto più nitidi, soprattutto nel

12

Il testo può essere consultato in rete a questo indirizzo: http://www.babelia.pt/media/norma_en_15038.pdf . Ultimo accesso: giugno 2015

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confronto con il termine “revisione”. Pym sottolinea come il termine “review” sia da intendersi

come controllo “monolingue” di una traduzione da parte di una persona diversa dal traduttore,

mentre il termine “revision” sia usato all’interno dello standard per indicare, sì, un’attività di

correzione svolta da una persona diversa dal traduttore ma che presuppone un confronto tra ST e

TT. In altre parole “review” è la revisione monolingue, o l’editing dell’ambito editoriale; “revision”

è la revisione bilingue, comparativa, o revisione tout court.

1.2.3 Definizioni da dizionari, repertori lessicali ed enciclopedici nell’ambito dei Writing Studies

ed Editing Studies.

La decisione di arricchire le definizioni formulate nell’ambito dei Translation Studies con uno

sguardo ai repertori terminologici – glossari, raccolte di lessico specialistico, enciclopedie –

nell’ambito degli studi sulla scrittura e sul lavoro editoriale si basa su una concezione della

traduzione come forma di produzione scritta, se non addirittura come genere letterario a sé stante

(Levy, 1969). Poiché questo lavoro di ricerca condivide appieno questa concezione, tanto da fare

del rapporto traduzione – scrittura originale un costante momento di confronto in tutti e tre i

principali settori di indagine presi in esame, appare logico indagare come la revisione venga

definita all’interno del processo di produzione scritta, ambito in cui ha peraltro attratto l’interesse

accademico di numerosi studiosi, soprattutto nell’area anglo-americana.

Pur avendo ricercato il termine e i suoi derivati in numerosi repertori cartacei, la presenza della

revisione come voce a sé stante si è rivelata piuttosto lacunosa. Tra le fonti italiane, Il Manuzio –

Dizionario del libro a cura di Strepparola (2005) non riporta una voce specifica a essa dedicata, ma

riserva poche, imprecise righe alla figura del revisore:

1. Come revisore delle stampe o Censore, il funzionario pubblico addetto all’esame dei testi destinati alle stampe o al teatro. 2. Correttore, ovvero chi rivede le bozze di un libro. (p. 223)

Molto più numerose sono le risorse terminologiche reperite in rete, di cui viene qui riportata una

selezione. Iniziando con la definizione di “revisore” contenuta nel “piccolo glossario dell’editoria a

uso dei traduttori” formulato a cura di Maria Bastanzetti e Isabella Zani per il Sindacato dei

traduttori editoriali STRADE (una risorsa “ibrida” in quanto riferita al mondo dell’editoria ma dalla

particolare prospettiva dei traduttori), si legge quanto segue:

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Revisore

Nella filiera del lavoro editoriale su un testo tradotto, si occupa di “rivedere” il lavoro del traduttore, controllandone la correttezza e l’adeguatezza in termini di stile, espressività, contenuti, scorrevolezza. Il revisore esegue un controllo della traduzione “parola per parola”, verificando la resa finale e intervenendo, laddove necessario, per far sì che il testo che andrà impaginato sembri “nato” nella lingua d’arrivo. Il lavoro del revisore è strettamente legato a quello dell’editor (che sceglie i titoli da pubblicare, vedi) e del redattore (che segue il testo dal punto di vista strettamente redazionale).13

Di questo contributo preme segnalare un aspetto particolarmente positivo (la distinzione tra le

figure di revisore/editor/redattore e i rispettivi ruoli) e uno meno felice, vale a dire la descrizione

del fine ultimo della revisione, ovvero la produzione di un testo tradotto che sembri scritto nella

lingua di arrivo. Non volendo entrare nel merito delle motivazioni che hanno portato le autrici a

questa formulazione, si vuole sottolineare che questa idea del testo tradotto come perfettamente

integrato e assimilato alla cultura e alla lingua di arrivo – peraltro ampiamente applicata

nell’editoria di lingua inglese – può risultare per certi versi “pericolosa”. Se da un lato è innegabile

che il rispetto delle convenzioni culturali e linguistiche della lingua di arrivo può rappresentare un

fattore di qualità di un testo tradotto, dall’altro non può essere criterio esclusivo per valutare la

bontà di una traduzione (o di una sua revisione). Si pensi ad esempio a quei testi letterari la cui

peculiarità è proprio lo “scarto” dalla norma culturale, stilistica e linguistica: una traduzione che

sembri “nata” nella lingua di arrivo, come potrebbe rendere conto di questo “allontanamento”?

Continuando a esplorare la Rete alla ricerca di contributi descrittivi della revisione e termini affini,

ci si imbatte in numerosi glossari pubblicati su blog dedicati alla scrittura o siti di agenzie letterarie

e studi editoriali. Uno di questi, in cui la revisione viene descritta non come voce a sé stante ma

all’interno della definizione di editing, è elaborato dall’agenzia letteraria “Scritture scriteriate”14 e

riporta quanto segue:

Editing Complessa ed articolata revisione di un testo. A differenza della correzione delle bozze, con un’operazione di editing non ci si limita a individuare refusi: l’intervento riguarda anche lo stile (al fine di correggere eventuali cadute o impennate), il linguaggio (per emendare da eventuali regionalismi, termini gergali ecc…), la costruzione logica. Scopo dell’editing è ottenere un testo che

13 L’uso delle virgolette è presente così nell’originale. Il glossario può essere consultato all’indirizzo: http://www.traduttoristrade.it/risorse/glossario/ Ultimo accesso: giugno 2015 14

Consultabile all’indirizzo http://www.scritturescriteriate.it/content/20-glossario-glossario-di-editoria-elenco-di-termini-delleditoria. Ultimo accesso: giugno 2015.

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abbia struttura solida, lingua corretta, stile definito, capacità di catturare e mantenere l’attenzione del lettore, assenza di errori, armonia e fluidità.

Nonostante lo zelo nel distinguere l’editing dalla correzione di bozze (ma non dalla revisione, che

viene considerata sua sinonimo), qui si fa riferimento al lavoro su un testo presumibilmente non-

traduzione, come lascia intuire il riferimento all’attenzione del lettore, che deve essere catturata e

mantenuta viva e vivace anche tramite strategie di intervento sul testo.

La prossima definizione, scelta in quanto solleva e sottolinea diverse criticità interpretative su ciò

che l’attività di revisione comporta, è tratta dal glossario del blog “Il mestiere di scrivere”. 15Pur

non essendo definita individualmente, la parola revisione compare nelle diverse voci dedicate alle

tipologie di editing, utili a comprendere l’applicazione di certi termini inglesi – “content editing”,

“copyediting” – nel contesto editoriale italiano. Il glossario, tuttavia, inserisce la definizione di

“international editing” come attività svolta su un testo tradotto descrivendola in questo modo:

international editing è l'editing che si esegue sui testi tradotti. Tradurre bene e correttamente i contenuti è infatti solo il primo passo per rendere un testo credibile, scorrevole e piacevole da leggere. Di fronte a una traduzione il buon editor deve essere capace di riscriverne anche delle parti, senza tradire contenuti e informazioni. Se la traduzione è dall'inglese, per esempio, potrà prendersi la libertà di costruire nella versione italiana periodi un po' più complessi e articolati, dovrà controllare che tutto sia in british english [sic] o in american english [sic], farà attenzione a non tradurre "attractive" con "attrattivo", "monitoring" con "monitorizzando". Se invece si tratta di una lingua latina, massima attenzione alle insidie dei "falsi amici" e alle preposizioni rette dai verbi: sono quasi sempre diverse dall'italiano.

Le criticità contenute in questa definizione sono le stesse che caratterizzano il rapporto, spesso

conflittuale, tra traduttore e revisore. Si fa infatti riferimento alla necessità che l’editor [sic.] debba

“riscrivere” parti di traduzione per rendere il testo più scorrevole e fruibile, operando di fatto non

una revisione correttiva e migliorativa della traduzione, bensì una riformulazione del testo per

renderlo conforme alle aspettative culturali e linguistiche del pubblico di arrivo. La definizione

contiene inoltre la pericolosissima locuzione “prendersi la libertà”, spesso usata dai traduttori che

si sentono vittima di atteggiamenti di revisione troppo soggettivi, personali, se non addirittura

idiosincratici. I suggerimenti conclusivi, infine, non possono essere considerati specifici di una

buona revisione, bensì dovrebbero essere la base di ogni traduzione, anche a livello scolastico.

15 Consultabile all’indirizzo http://www.mestierediscrivere.com/glossario/. Ultimo accesso: giugno 2015

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Per concludere questa breve rassegna relativa ai lavori in lingua italiana, si riporta una definizione

semiseria di revisione, il cui scopo è proprio quello di metterne in luce la criticità in relazione ai

tempi, i modi e le disponibilità economiche della filiera editoriale. È tratta dal “Glossario del

redattore precario” elaborato dalla Rete dei Redattori Precari.16 Qui la revisione è

emblematicamente definita in questo modo:

correzione della traduzione di un libro in lingua straniera. Se il traduttore è pagato poco e ha poco tempo, traduce male, e al revisore, che riceve un compenso ancor più misero e tempi ben più stretti, tocca ritradurre. E se gli tocca ritradurre, visti i tempi stretti e la tariffa da fame, fa quel che può. Risultato: traduzioni vergognose. Di chi è la colpa?

Proseguendo la rassegna con l’esame delle fonti in lingua inglese, e rilevando anche in questo caso

la presenza di poche occorrenze cartacee, si riporta quella – indiretta – contenuta in Harris e

Hodges (1995) dove alla voce “edit” si legge:

1. to prepare materials for publication or presentation. 2. in the writing process, to revise or correct a manuscript. Note: As practiced in many school writing programs, edit more narrowly refers to the correction of mechanical features of writing, as spelling, punctuation, capitalization, etc., while revise refers to making structural and content changes in a manuscript. 3. To omit; take out.(p. 68)

Qui la distinzione tra editing e revisione è sostanziale e riguarda la tipologia e l’entità degli

interventi sul testo: mentre l’editing è un lavoro di “cosmesi” del testo, la revisione opera più

chirurgicamente in profondità.

Nel testo di Morrison (2010), pur non comparendo come voce a sé stante, il lavoro di revisione

sulle versioni intermedie di uno scritto è oggetto di trattazione alla voce “draft”, in cui si sottolinea

un aspetto fondamentale di ogni lavoro di revisione, e cioè la necessità di “rivisitare” il testo a

distanza di tempo per creare il giusto distacco dal proprio lavoro e dunque operare una revisione

qualitativamente migliore. Secondo l’autore, la troppa vicinanza con il testo conduce spesso a veri

e propri vizi, ovvero la tendenza a sorvolare su passaggi del testo che si considerano perfetti anche

se non lo sono. Solo concedendosi una vacanza dalle proprie parole è possibile, almeno in parte,

dimenticarle e acquisire così la capacità critica necessaria a una rilettura.

16

Consultabile all’indirizzo http://www.rerepre.org/index.php?/component/option,com_glossary/. Ultimo accesso: giugno 2015

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Di nuovo, più fortunata è stata la ricerca in Rete, del cui esito si dà brevemente conto qui di

seguito.

Nel Glossary of Writing Terms17, si trova la seguente definizione più che sintetica della revisione:

“Revising: Making changes to improve the writing”. Il “Glossary of Writing Terminology for the

Kansas Writing Assessment”18, invece, riporta la revisione in maniera diretta e indiretta in almeno

quattro voci:

editing (proofreading) – the correction of mechanical features of writing, such as spelling, punctuation, capitalization, etc. See also revising.

polishing – the stage of a writing process involving reviewing and improving a previous draft, ensuring that the essay meets the needs of the audience, has included all necessary information, and that the presentation of ideas is clear and effective. Although the essay may need some additional small-scale revision and further editing, it is generally “one draft away” from the publishing stage.

recursive process – moving back and forth among the planning, drafting, and revising stages of writing.

revising – making structural and content changes to a draft. See also editing (proofreading).

Riguardo all’annoso problema della falsa sinonimia tra i termini editing e revisione, sembra

interessante riportare le definizioni pubblicate online dallo University of Nebraska Writing Center,

all’interno del glossario dedicato ai termini di uso comune nell’insegnamento della scrittura19,

soprattutto considerata la finalità e il contesto didattico in cui le definizioni si inseriscono. Qui la

distinzione tra le due attività sul testo è legata alla loro diversa distribuzione temporale nell’arco

del processo di scrittura:

Editing – revising a close to final draft for sentence-level errors, spelling, grammar, and typos; not to be confused with revision, which often happens early on and throughout the writing process.

Revision – process by which a writer looks again or re-sees ideas presented in an early draft.

17 Consultabile all’indirizzo http://www.word-mart.com/html/glossary.html Ultimo accesso: giugno 2015 18

Consultabile e scaricabile all’indirizzo http://www.swprsc.org/pages/uploaded_files/glossary_of_terminology.pdf. Ultimo accesso: giugno 2015 19 Consultabile all’indirizzo http://www.unl.edu/writing/glossary Ultimo accesso: giugno 2015

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Una distinzione simile è quella riportata nel “Writing glossary: key words and concepts for

writers”20 della East Carolina University, in cui editing e revisione si differenziano invece per la

portata, l’entità e la finalità degli interventi:

Editing: The process of making changes to word choice, spelling, sentence structure, grammar, or other semantic issues within a text without making significant revisions to content and purpose. Also referred to as proofreading.

Revision: Making substantial changes to a text beyond fixing typos, shifting word order, addressing grammatical issues, making spelling changes, or addressing other semantic issues. Revision, unlike editing, significantly alters the purpose, organization, audience, tone, and/or content of a text.

Quest’ultima coppia di definizioni, accennando ai diversi livelli di intervento sul testo e alle

componenti testuali ed extra-testuali che concorrono a indirizzare il lavoro di revisione, riporta

l’attenzione su questioni che non sono certo appannaggio della scrittura originale, ma

costituiscono anche l’oggetto di interesse e di studio di una ricca letteratura intorno alla revisione

e al modo in cui viene intesa sia nei Translation Studies sia nella retorica della scrittura. Nel

prossimo sottocapitolo verrà presentata una selezione di contributi sulla revisione che, seppure

non in forma di apporti lessicali e terminologici, vanno ad aggiungere un tassello importante al

quadro conoscitivo sulla revisione.

1.2.4 Contributi sulla revisione all’interno di testi di consultazione nell’ambito dei Translation

Studies e dei Writing Studies

Lo scopo di questo sottocapitolo è arricchire le definizioni illustrate e commentate finora con le

riflessioni che alcuni fra i principali studiosi e ricercatori nell’ambito dei Translation Studies hanno

formulato intorno al concetto di revisione. Non si tratta di definizioni contenute all’interno di

repertori terminologici, né il loro intento principale è lessicografico: quelli di cui si offre qui di

seguito una selezione sono contributi che concorrono ad ampliare e/o mettere in luce peculiarità e

criticità della revisione, andando così ad arricchire il complesso quadro concettuale che la

caratterizza.21

20

Consultabile all’indirizzo http://www.ecu.edu/cs-acad/writing/wac/writingglossary.cfm. 21 La revisione in quanto oggetto di studio trasversale della ricerca accademica sarà argomento del capitolo 2.

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Una breve ma interessante rassegna diacronica sullo sviluppo del concetto di revisione e la sua

successiva verbalizzazione è proposta da Lee (2006), il quale individua in Nida il primo traduttologo

a mostrare consapevolezza dell’importanza del lavoro di revisione ‒ nel suo caso in relazione alle

traduzioni della Bibbia ‒ e allo stesso tempo della sua difficoltà, quando dice: "Revisions are in

some ways a good deal more difficult than original translations, and hence often involve very

complex procedures, usually because of vested interests” (Nida, 1964, p. 245).

Tuttavia, è solo con Munday (2001) che il termine revisione appare “fisicamente” all’interno della

cartografia dei Translation Studies da lui rielaborata sulla base della fondamentale mappa

formulata da Holmes (1972). Ciò che nella versione di Holmes era definito univocamente come

“Translation criticism”, nella rielaborazione di Munday si articola in tre diverse modalità:

“reviews”, “evaluation of translation”, “revision”, in cui al processo di controllo e modifica

migliorativa di un testo e del relativo prodotto si aggiungono anche l’elemento critico insito nelle

recensioni e l’elemento valutativo.

Parlando della revisione come forma di critica della traduzione non possiamo omettere di citare

l’illuminante lavoro di Reiss (2000) e le riflessioni ivi contenute, soprattutto intorno alla

oggettività/soggettività di ogni attività critica e valutativa in relazione alle diverse tipologie

testuali. Come sottolineato in molte delle definizioni illustrate finora, anche per Reiss l’elemento

comparativo è fattore indispensabile e requisito necessario di ogni attività valutativa:

[…] translation criticism is possible only by persons who are familiar with both the target and source languages, and is accordingly in a position to compare the translation directly with its original. In brief, translation criticism requires a comparison of the target and source texts. (p. 3)

Sempre facendo leva sull’importanza dell’elemento comparativo della revisione, Lee arriva a

utilizzarlo come criterio per distinguere la revisione da altre attività di controllo e intervento sul

testo che non prevedono il confronto con il testo di partenza e a formulare la seguente definizione

di revisione di una traduzione o revisione bilingue: “examen, par un traducteur ou un réviseur

connaisant la langue de départ, d’un texte traduit pour le rendre conforme aux besoins et aux

attentes du desinataire” (p. 414).

Un altro tema che attraversa inevitabilmente molti contributi e riflessioni sulla revisione,

soprattutto intesa come lavoro di verifica e controllo sul proprio lavoro di traduzione (auto-

revisione), è quello dell’oggettività. È infatti proprio in questo tipo di revisione che diventa più

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difficile adottare uno sguardo lucido, distaccato e dunque oggettivo sulle scelte fatte. Come

osserva Hansen (2009):

One reason why self-revision is difficult is that people fall in love with their own formulations. The same myelin threads are used again and again. The space of time between writing and revising the translation, looking at the task with ‘fresh eyes’, plays an important role here. (p. 263)

Il problema dell’oggettività in revisione diventa ancora più evidente se si sceglie di condividere la

posizione di Delisle (1988), per il quale il momento della verifica, inteso come terza e ultima fase

del processo cognitivo di una traduzione e il cui obiettivo è quello di confermare l’accuratezza

delle strategie e soluzioni adottate, è da leggersi come “a function of the interpretation that

preceded re-expression”, ed essa stessa “a form of interpretation”(p.66), di fatto una seconda

interpretazione che ha luogo dopo la fase di riformulazione e prima della scelta della soluzione

finale. Il suo scopo, prosegue Delisle, “is to determine whether the signifiers of the tentative

solution accurately convey the ideas of the message” (ibid.).

Si intuisce che questa visione della fase di verifica come nuova, seconda interpretazione acquisisce

un peso notevole quando l’attività stessa di verifica – e dunque di revisione – è svolta da una

persona diversa dal traduttore, che può dunque operare le proprie scelte e i propri interventi sulla

base di una interpretazione, sia del testo originale sia della traduzione, diversa da quella del

traduttore.

Come infatti delineato da Gile (1995) nel suo modello sequenziale dell’attività di traduzione, il

revisore ripercorre un circuito di riformulazione iniziando il processo dal testo tradotto – e non dal

testo originale, come fa il traduttore – verificandone l’accettabilità editoriale e la fedeltà

all’originale. Nello svolgere questa attività di verifica, strettamente legata alla qualità del testo

tradotto, alla sua importanza per il mercato e la cultura di arrivo, e alla reputazione del traduttore,

il revisore può essere costretto a ripercorrere anche un circuito di comprensione – e dunque di

interpretazione. In questo caso “revision can be said to follow in a way a process going in the

direction opposite to that followed by the translation process itself” (p. 111).

Alla soggettività di comprensione e interpretazione, può dunque sommarsi una soggettività di

riformulazione, motivo alla base di situazioni – non certo infrequenti – in cui i revisori “impose

their own linguistic preferences at the expense of the translator’s decision” (Künzli, 2007a, p. 124).

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Per ovviare almeno in parte al problema della soggettività e alle frustrazioni che ne scaturiscono

(quella del traduttore che si vede costretto a subire una revisione percepita come “estranea”, e

quella del revisore visto come nemico giurato del traduttore), Chakhachiro, (2005) invoca il ricorso

alla comunicazione traduttore-revisore:

The revisers’ emendations and their discussions with or reports to the original translator should be systematic in order to control their own subjectivity and achieve consensus about an outcome that is acceptable to all parties concerned. (p. 227)

Sottolineando l’aspetto decisionale della revisione, Chakhachiro riesce a racchiudere in un

interessante contributo le diverse dimensioni fin qui sottolineate (interpretativa, analitica e

correttiva), aggiungendo anche una visione della revisione come attività descrittiva e propositiva.

“Decision-making in revision involves interpretation of source-text messages, determination of the style and the audiences of the source and target texts, the identification of the semantic and stylistic problems in target texts, a description of problems when there is a need for a reviser’s report, and suggestions for alternatives.”(p. 235)

Nell’individuare poi gli elementi chiave di ogni revisione che possa definirsi di qualità e che assolva

dunque al suo compito principale – ovvero assicurarsi che la traduzione sia una versione accurata

e accettabile di un testo fonte per i lettori della lingua di arrivo – Chakhachiro introduce

indirettamente parametri relativi alla modalità di esecuzione della revisione e alle competenze del

revisore dichiarando che lo scopo della revisione

is to exert quality control. This requires contrastive analyses, which, in my view, require a comprehension of the message of the source-text, a fair assessment of the process of translating, and a familiarity with the target-language culture, audience, and literature (in the broadest sense of the word). (ivi, p. 225)

Usando come elemento caratterizzante di varie tipologie di revisione l’agente dell’attività stessa, e

prendendo spunto da definizioni simili già formulate in lingua francese da Horguelin e Brunette

(1998) e Rochard (2002), Parra Galiano (2005) arricchisce la distinzione fra auto-revisione ed

etero-revisione con altri termini quali revisión reciproca (tra traduttori che si rivedono l’un l’altro

con o senza confronto con il testo originale), la revisión de concordancia (ovvero la lettura di una

traduzione a voce alta con un collega che controlli la corrispondenza con il testo originale), la

lectura cruzada (che prevede la sola lettura, da parte di due traduttori, del testo completo come se

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fosse un originale, al fine di individuare e correggere errori formali), la revisión colectiva (svolta da

più persone, spesso afferenti ad ambiti disciplinari diversi o con diverse competenze), e infine la

revisión pericial (il cui scopo è quello di dirimere eventuali divergenze di opinione sorte tra

traduttore e cliente e convalidare o rifiutare la qualità di una traduzione).

Un altro elemento caratterizzante della revisione, ovvero la ricorsività e dunque la sua presenza in

maniera più o meno manifesta e consapevole in ogni momento del processo di traduzione, è

invece alla base della definizione che segue

[…] revision is not identifiable as a distinct subprocess, but rather as another instance of text production in which the text-produced-so-far serves as an input for reading, evaluating and problem-solving. (Breedveld, 2002, p. 96)

Di stampo cognitivista è la prospettiva adottata da Englund Dimitrova (2005) il cui lavoro,

basandosi sull’analogia fra processo traduttivo e processo di produzione di un testo scritto,

inserisce la traduzione nel modello di scrittura originale formulato da Hayes e Flower (1980) e poi

rielaborato da Hayes (1996) che prevede la presenza di tre fasi distinte: pianificazione, produzione

del testo e revisione. In questa prospettiva, Englund definisce la revisione come una serie di

procedure volte a individuare, diagnosticare e risolvere problemi:

Processes of revision involve evaluation of the text written so far, finding and diagnosing problems and fixing them. This is an important aspect of monolingual writing, and certainly of a translation task as well. (2005,p.5)

Avendo introdotto l’analogia tra processo di traduzione e processo di scrittura originale,

soprattutto per quanto riguarda la sua organizzazione e suddivisione in fasi operative, e nella

convinzione che i due ambiti possano beneficiare di una cross-fertilization disciplinare, vengono di

seguito riportati contributi sulla revisione tratti da testi di riferimento negli studi sulla scrittura e

sulla retorica della composizione scritta.

Inizieremo con una definizione formulata con l’intento di catturare l’essenza del processo,

superando le molteplici definizioni che accostano la revisione alla riscrittura o all’editing, che si

concentrano su interventi di forma o di contenuto, e che passano al vaglio tutte le operazioni

retoriche di cui uno scrittore si serve durante il processo di scrittura. Evitando dunque di entrare

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nel particolare di cosa si fa in revisione, come e quando, il contributo di Horning (2002) si limita a

descrivere la revisione come

the interaction of conscious and unconscious choices writers make in a draft as they weave readable writing for readers, drawing on a balance of several kinds of self-awareness and on specific skills to produce the finished fabric of a readable text. (p.5)

Passando a definizioni meno generaliste, e che entrano invece nel merito di certi aspetti distintivi

della revisione, si riporta quella tratta da Roussey & Piolat (2008) dove della revisione viene

sottolineato l’elemento valutativo, decisionale e correttivo:

“Revising is regarded as a fundamental process in all models of written text production. […] It requires going back over the text at least once for evaluation purposes, and making changes in the text to correct whatever problems were detected during the evaluation. […] this basic cognitive architecture can be broken down into various subprocesses (task definition, evaluation, strategy selection, text and/or text-plan modification) which require knowledge […] and which lead to the construction of mental representations.” (Roussey, J.Y., Piolat, A., 2008: 765)

Nel presentare e commentare la nascita e l’evoluzione di diversi modelli di scrittura Alamargot e

Chanquoy (2001) – in riferimento al modello di Hayes e Flower sopracitato – sottolineano come la

fase di “reviewing”, il cui scopo è verificare che ci sia conformità tra il testo scritto e le peculiarità

linguistiche, semantiche e pragmatiche dell’obiettivo di scrittura, si compone di due sotto-processi

che attendono alla attività di revisione, ovvero “the analytical reading of the already written text

(Reading) and its possible correction (Editing)” (p. 5). Nel capitolo che gli autori dedicano al

processo di revisione, vengono riportate interessanti definizioni di revisione nell’ambito della

scrittura, di cui si riporta quella tratta da Fitzgerald (1987), che scrive:

revision means making any changes at any point in the writing process. It involves identifying discrepancies between intended and instantiated text, deciding what could or should be changed in the text and how to make desired changes and operating, that is, making the desired changes. Changes may or may not affect meaning of the text and they may be major or minor. (p. 484)

Da notare come la definizione non entri nello specifico delle tipologie di intervento, raggruppate

invece nella categoria onnicomprensiva di “changes”. Sottolinea, tuttavia, come questi

cambiamenti siano il frutto di un’analisi critica e di una riflessione sulla possibilità o la necessità di

intervento – distinzione che Mossop (2001/2014) includerà fra i principi fondamentali di ogni

attività di revisione. Altra particolarità di questa definizione è il riferimento alla revisione come

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attività operativa, ovvero non solo di critica analitica e valutativa ma come attività pratica di

intervento sul testo, la cui portata può essere più o meno forte. Dal punto di vista della

collocazione temporale nel processo di scrittura, la definizione non pone la revisione in un

momento fisso e prestabilito, bensì come una costante che interessa l’intero arco dell’attività di

scrittura, condividendo così l’idea di ricorsività già espressa in numerose altre definizioni.

Un’altra definizione che vuole mettere in luce il carattere complesso, intuitivo ed elusivo del

processo di revisione, e soprattutto la sua “non linearità” temporale si trova in Horning & Becker

(2006) le quali, sulla base del loro lavoro ampio di ricerca nell’ambito di scrittura e scrittori,

descrivono la revisione come “a recursive, interwoven, intersecting process” (p. 198).

In un’ultima analogia con la traduzione, soprattutto letteraria, e con il florilegio di descrizioni

creative e metaforiche su cui può contare (si parla ad esempio di traduzione come ponte,

interpretazione musicale, nuova veste, riflesso speculare), anche la revisione di una produzione

scritta suscita un’ampia gamma di formulazioni e definizioni. Ecco dunque che la si descrive come

un movimento per andare incontro a esigenze interne ed esterno al testo; un momento di svolta,

di cambio di direzione; un processo organico che agisce sulle ossa, sui muscoli e sulla pelle di un

testo; un abile lavoro di tessitura; un’attività critica; una diagnosi curativa; un percorso di crescita,

sviluppo e scoperta, e infine una rivelazione d’identità e di ”voce” (Horning & Becker, 2006).

1.3. Il metalinguaggio della revisione: ambito didattico

1.3.1 Definizioni/contributi da manuali, guide, e riflessioni didattiche nell’ambito dei Translation

Studies

In questo sottocapitolo vengono illustrati criticamente i contributi – definizioni e/o riflessioni – che

riguardano l’ambito didattico della revisione all’interno dell’attività di traduzione. Le fonti

consultate comprendono dunque sia manuali e guide per studenti e/o professionisti, sia testi

dedicati alla riflessione teorica sulla didattica. Di nuovo, il criterio di scelta e selezione è quello

della novità e della esaustività rispetto alle definizioni riportate finora.

Nel suo A Textbook of Translation, Newmark (1988) parla della revisione come di una tecnica che

si può acquisire, sottintendendo un processo di apprendimento che si sviluppa attraverso la

pratica e l’esercizio e che consente di interiorizzare e automatizzare strategie, procedure e anche

qualche “trucco del mestiere”. Oltre a offrire agli studenti consigli pratici – soprattutto se in un

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contesto di esame o verifica – Newmark pone l’accento sulla necessità di dedicare sempre una

buona dose di tempo alla revisione e suggerisce strategie di distanziazione per affrontare questa

fase con sguardo nuovo.

Consapevole di come una corretta terminologia sia importante non solo nell’ambito della ricerca

accademica ma anche in quello didattico-formativo, e mosso da un encomiabile intento esplicativo

Graham (1989) offre una distinzione tra i termini “checking”, “editing” e “revising”. Mentre il

primo termine viene definito come attività svolta principalmente sul piano formale del testo

(livello tipografico, ortografico) e il secondo implica tutte quelle operazioni volte a predisporre il

testo per la pubblicazione, compresi interventi per uniformare lo stile, nel descrivere le peculiarità

della revisione ritornano in misura maggiore o minore tutte le tipologie di intervento già indicate

per le due attività precedenti, rendendo dunque vano ogni tentativo di definizione univoca. E

infatti, per stessa ammissione dell’autore: “The duties of the checker and those of the revisor will

overlap and both functions may very well be exercised at the same time by the same

person”(p.66).

Se da un lato va riconosciuto a Graham il merito (soprattutto considerato il contesto didattico in

cui scrive) di fornire una descrizione dettagliata delle operazioni racchiuse nell’attività di revisione:

Revision implies performing remedial surgery on the submitted text, upgrading the terminology used, clarifying obscurities, reinforcing the impact, honing the emotive appeal to suit the target reader, etc. Also included will be consistency of terminology, spelling, grammar, and ensuring that the text is couched in the appropriate language register. The presentation may have to be revised e.g., by shortening titles, subdividing long paragraphs, rearranging the layout or having the text retyped or reset using another type-face. (ibid.)

dall’altro il suo contributo introduce quella tendenza a trattare il testo tradotto come un testo

scritto in lingua originale di cui si è già accennato, e dunque operare interventi di revisione che

vanno nella direzione di ciò che ormai abbiamo appreso a riconoscere come “editing”:

In the revision stage, the text is no longer a translation but a target-language text in its own right and must be able to stand up to scrutiny as a finished item, divorced from its original source language text. Only the linguist-reviser is likely to refer back to the original text and then only for checking or for confirmation. Revision, in simple terms, is the attempt to achieve optimum orientation of the translated text to the requirements of the target reader. (ivi, p.67)

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Sono Horguelin and Brunette (1998), con il loro Pratique de la Rèvision, a presentare una prima

panoramica esaustiva sulla revisione, distinta in monolingue e bilingue, fornendo non solo

definizioni, ma anche modelli, principi e parametri, indicazioni tecniche e professionali, per

concludere infine con degli esempi pratici. Nella loro formulazione, la revisione viene così

descritta:

“Etape de l’opération de traduction consistant en l’examen global et attentif d’un texte traduit et de son original pour rétablir, au besoin, la conformité de la traduction à des critères methodologiques et théoriques, linguistiques, textuels et situationnels (dans la noiuvelle situation d’ènonciation), ces critères ayant été préalablement précises.”(p. 237)

Vengono inoltre definiti per la prima volta termini come:

hyperrévision

Modification injustifiable du texte révisé tenant dans la plupart des cas à une préférence personnelle du réviseur.(ivi, p. 228)

révision excessive

Faute de revision consistant à apporter une correction là où une amelioration suffit. (ivi, p. 237)

surrévision

Déterioration, par le réviseur, du texte à réviser: ajout d’une faute de lanuge ou de traduction. (ivi, p. 239)

sous-révision (in una duplice accezione)

Faute de révision consistant à laisser passer dans le texte révisé des faiblesses, des fautes de langue ou des fautes de traduction. 2) Faute de revision consistant à suggérer une amelioration là où s’impose une correction. (ivi, p. 238)

Queste quattro definizioni richiamano il concetto, già ribadito in molti altri contributi, di

”oggettività” e “necessità” della revisione, mettendo dunque in guardia da interventi dettati dal

gusto personale e per questo soggettivi e arbitrari, ma anche da quegli interventi che vanno a

correggere ciò che va solo migliorato o peggio ancora che, nel correggere, rovinano la traduzione.

Per contro, viene presentata anche la possibilità in cui la “necessità” della revisione non venga

colta oppure venga sottovalutata.

Tramite una serie di aggettivi, gli autori arricchiscono inoltre la definizione di revisione formulando

una classificazione legata alle diverse esigenze, finalità, e contesti che l’attività di revisione può

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avere. In aggiunta alla prima distinzione già citata tra revisione bilingue e monolingue, la rèvision

didactique (o anche revisione formativa, se svolta nel contesto di un’agenzia o ente di servizi di

traduzione) è quell’attività finalizzata sia a migliorare il testo tradotto sia ad accrescere la

competenza traduttiva del suo autore. Questo tipo di revisione può anche essere denominato

revision pédagogique se svolta in un contesto didattico formale.

Una distinzione affine è quella formulata da Durieux (1998) e riportata in Saridakis e Kostopoulou

(2003)22 tra “formative revision” (anche detta “didactic revision” e ”summative revision”. Con la

prima espressione si intende

the training of younger translators by senior translators. That kind of revision takes place all along the translation process and is seen as a support for beginners and an occasional help for skilled translators. Within that scope, revisers provide guidance to reach an acceptable quality level. They act as tutors, supervising translators’ work, helping them solve problems and giving them training on translation methods, namely giving up language correspondences for discourse equivalencies and getting the best time-efficiency ratio in documentary research. Formative revision may also be used as an error therapy to help translators improve their skills

ovvero un’attività di supporto che percorre sottotraccia l’intero processo di traduzione, in una

sorta di affiancamento professionale che è maieutico e terapeutico al tempo stesso. Al contrario

summative revision occurs at the end of the translation process. Its purpose is to correct the translation once it is completed, so that it finally meets the required standard. Regrettably, summative revision is often done by revisers who do not even show or explain errors and mistranslations to the translators concerned. Such as attitude may be due to a lack of time for discussion and training, or may result from an unwillingness to confront translators and spoil interpersonal relationships

In questa seconda definizione, all’idea della revisione come attività di supporto e affiancamento si

sostituisce un’idea di revisione più correttiva e censoria, in cui si lamenta la frequente mancanza di

un rapporto costruttivo fra traduttore e revisore, elemento prezioso per ogni attività di revisione

in contesto didattico e professionale, come si vedrà ai capp. 3 e 4.

Tornando al contributo di Horgueline e Brunette, i due traduttologi canadesi parlano inoltre di

revision ponctuelle quando l’attività di revisione viene svolta su parti o aspetti specifici del testo

tradotto precedentemente segnalati al revisore, e di interrévision, intesa come attività di revisione

22

Consultabile all’indirizzo https://www.academia.edu/2589325/Methods_and_the_role_of_revision_in_academic_and_professional_environments_of_translation Ultimo accesso: giugno 2015

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reciproca o tra pari. Nel ricco glossario a conclusione del volume vengono definiti altri concetti

“chiave” della revisione, uno fra tutti il termine objectivité, descritto come la qualità di un lavoro

complessivo di revisione che si basi su criteri condivisi piuttosto che su preferenze personali, ma

anche la qualità di un singolo intervento di revisione che sia supportato da una motivazione

convincente, incontestabile e pertinente. Ampio spazio viene poi dedicato alla definizione dei

paramètres de la revision, quei criteri usati per determinare il livello qualitativo di un testo – che si

tratti di scrittura originale o di un testo tradotto ‒ e le modifiche che si dovessero rendere

necessarie. Horguelin e Brunette individuano cinque parametri: exactitude, correction, lisibilité,

adaptation fonctionelle, rentabilité. Mentre qui vengono riportati solo per arricchire il panorama

terminologico, verranno illustrati in maniera più approfondita e nella loro valenza didattica al

capitolo 4.

La definizione di parametri di revisione è sicuramente uno degli obiettivi del fondamentale

Revising and Editing for Translators di Mossop (2001/2014), tuttavia già dal titolo dell’opera si

rileva l’attenzione terminologica che precede l’intento didattico e formativo. La distinzione tra

l’attività di revisione e di editing anticipata nel titolo – e prudentemente ripresa da Pym (2011),

consapevole tuttavia della sua applicazione non sempre corretta nella pratica – è uno degli

elementi presenti nelle pagine conclusive del volume, dedicate alla compilazione di un utile

“Revising and Editing Vocabulary”. Sottolineando l’assenza di una terminologia standard

nell’ambito della revisione, e avvisando il lettore – come poi farà Pym ‒ di accezioni e applicazioni

diverse dei termini al di fuori dei confine del volume, Mossop definisce esplicitamente e

inequivocabilmente l’editing come “The process of checking a non-translational text for error and

making appropriate amendments, with special attention to making the text suitable for its readers

and intended use”(p. 199). Il termine revision è invece definito come “The process of checking a

draft translation for errors and making appropriate amendments” (p.202).

Questa duplice definizione è riassunta come segue nell’introduzione all’ultima edizione del

manuale (2014):

[…]revising means reading a translation in order to spot problematic passages, and making any needed corrections or improvements. Editing is the same task applied to texts which are not translations. (p. 1)

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Per quanto più snella e immediata, questa definizione sommativa lascia passare in secondo piano

un importante elemento di distinzione che Mossop aveva inserito nelle prime due, ovvero il

riferimento all’attenzione alla readership e alla funzione del testo, presente nella definizione di

editing e non riportato nella definizione di revisione. Questo elemento di discontinuità tra le due

definizioni è a mio parere indicativo di ciò che più di ogni altra cosa differenzia queste due

tipologie di attività sul testo. Mentre la prima, non vincolata dall’esistenza di un ST, viene

effettivamente svolta con l’intento di migliorare il testo in funzione di una più ampia accettabilità

per il lettore e il mercato di destinazione (privilegiando, si potrebbe dire, un approccio target-

oriented, atteggiamento particolarmente diffuso nel settore editoriale, come si vedrà in seguito),

la revisione si propone di intervenire sul testo tradotto secondo principi di adeguatezza23 , in un

approccio che potremmo definire più source-oriented. In altre parole, mentre l’editing è praticato

a beneficio del committente e del lettore, la revisione viene svolta più a beneficio dell’autore del

testo originale: mentre l’editing è un lavoro sul prodotto commerciale, la revisione è lavoro sul

testo in quanto atto creativo. Tutto questo assume un’importanza ancora maggiore se i concetti e

le finalità dell’editing, nati per l’applicazione su un testo non-traduzione, vengono invece trasferiti

al lavoro di revisione del testo tradotto, spostando totalmente non solo l’obiettivo finale ma anche

le strategie operative.

Rispetto ai diversi glossari e repertori lessicali presentati finora, quello formulato da Mossop

contiene inoltre interessanti puntualizzazioni e approfondimenti di termini già noti e di altri finora

non considerati. Uno di questi è il termine copyediting, che compare con la seguente definizione:

Checking a text to bring it into conformance with pre-set rules, including the publisher’s house style, rules of correct usage, and the grammar, punctuation and spelling rules of the language. (2001,p.199)

Il riferimento a norme e regole riconosciute oggettivamente come valide e l’orientamento verso la

lingua di arrivo, farebbero propendere per un’interpretazione – e un utilizzo – del termine paralleli

a quello dell’italiano “redazione”. Tuttavia, nell’ambito editoriale sia italiano sia angloamericano,

non mancano i riferimenti alla pratica del copyediting per indicare la revisione della traduzione con

il controllo anche del testo a fronte.

23 Per una definizione di “acceptability” e “adequacy” si veda Toury (1980).

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Un’altra utile puntualizzazione riguarda la descrizione di varie tipologie di intervento in base alla

loro necessità: i termini correction e correcting vengono infatti impiegati da Mossop per indicare

non gli interventi di revisione in senso lato, ma solo le modifiche al testo operate in relazione a

regole fisse della lingua di arrivo e/o istruzioni specifiche del committente, “widely accepted

rhetorical or genre-related principle of the target language” (2001, p. 199), errori di terminologia e

di logica o contenuto.

Forte della sua esperienza diretta nella pratica della revisione all’interno dei servizi di traduzione

del governo canadese, Mossop distingue inoltre tra full revision (laddove l’attività di controllo

prende in esame l’intero testo e/o su tutti i parametri di revisione) e partial revision (laddove il

controllo viene fatto solo a campione e/o solo su certi parametri, e prevede attività quali scanning,

spot-checking and glancing24.)

Mossop ritiene inoltre utile attribuire una definizione a quell’attività costante di revisione che –

per molti traduttori, soprattutto i più esperti – avviene in fase di formulazione della traduzione,

prima ancora che il testo si concretizzi su file elettronico o su carta, chiamandola mental editing.

Infine, in relazione all’ambito editoriale di cui questo lavoro di ricerca si occupa, Mossop presenta

alcuni termini che, come il copy-editing sopracitato, dovrebbero preferibilmente essere usati in

editoria e non necessariamente riferiti al testo tradotto: proofreading (ovvero la lettura delle

bozze di un testo da stampare e l’applicazione di interventi “correttivi”, ma non “migliorativi”);

structural editing (il controllo della struttura fisica del testo per far sì che il lettore ne segua

agilmente la struttura concettuale); stylistic editing (la verifica e il miglioramento di un testo per

assicurarne la leggibilità e l’adeguatezza ai suoi potenziali lettori).

Passando al poco spazio che la già ridotta manualistica in italiano riserva alla revisione, il primo

contributo che si è scelto di riportare è tratto da Osimo (2004). Pur dedicando un sottocapitolo del

volume alla revisione e alle sue insidie – attività presentata in questi termini dall’autore, che si

inserisce dunque nella lunga tradizione di negatività nei confronti di questa pratica – il glossario

conclusivo non riporta la voce “revisione”. Da sottolineare, inoltre, come la presentazione di

questa fase del processo traduttivo sia già poco lusinghiera in altre pagine del volume, dove della

24 Queste tre tipologie di revisione parziale prevedono una lettura, spesso senza confronto con il ST, di porzioni assolutamente minime di testo . Per questo motivo non si ritiene di doverle includere tanto nel novero dei sinonimi di revisione nel senso di fase compiuta all’interno del processo di traduzione, quanto fra le strategie applicabili durante il processo di revisione.

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revisione viene addirittura messa in dubbio l’utilità, laddove non sia il traduttore stesso a

svolgerla. L’autore si riferisce in particolar modo all’ambito editoriale, e pensando

presumibilmente a quello italiano, osserva che

Proprio perché c’è una differenza evidente tra la psiche del redattore e quella del traduttore, e tra loro spesso non c’è nessuna comunicazione o solo una comunicazione molto superficiale e frettolosa, la revisione editoriale pone sempre seri problemi per quanto riguarda la valutazione della qualità delle traduzioni. Ciò è causato anche dal fatto che nelle redazioni, per motivi di produttività o per leggerezza, raramente si prende atto di questi problemi. (p. 100)

Oltre a “revisione”, in questo intervento vengono introdotti i termini “redattore” e “redazione”,

mentre non si parla di “revisore”. Il termine “redattore”, inoltre, viene poi trattato nel glossario

conclusivo come sinonimo di “editor”, generando ulteriore confusione terminologica quando lo si

descrive come l’addetto a preparare il materiale, tradotto o originale, per la pubblicazione. Ma il

redattore/editor viene anche descritto come la figura incaricata di trovare e acquisire nuovi titoli,

tenere i rapporti con gli agenti letterari, oltre che la persona responsabile di intervenire sul testo

eliminandone i difetti presenti su vari livelli. E dunque, pur riconoscendo al redattore/editor un

ruolo centrale nella filiera di produzione di un libro tradotto, l’autore manca di chiamarlo

“revisore”.

Una chiara e precisa distinzione di termini e ruoli è quella operata invece da Di Gregorio (2014)

che si propone fin dalle prime pagine del suo vademecum di

fare chiarezza su che cos’è esattamente una revisione; chi può farla e chi non può farla; in che cosa si distingue da una redazione, e in che cosa le due fasi si possono sovrapporre. (p. 10)

Nelle pagine successive, Di Gregorio propone una sua definizione di revisione come

processo di controllo e adeguamento di un testo tradotto agli standard generali della buona editoria, a quelli richiesti dal committente e al ‘contesto di destinazione’, includendo in ciò i destinatari privilegiati del testo (ivi, p. 39)

successivamente approfondita in merito a cosa debba rientrare nelle attività di “controllo” e

“adeguamento”, ma senza per esempio menzionare se e come la revisione preveda un’analisi

comparativa di ST e TT. Di Gregorio si premura inoltre di individuare diverse tipologie di revisore,

distinguendo innanzitutto fra “revisore non-traduttore” e “revisore traduttore”, e poi descrivendo

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alcune sottocategorie di questi due raggruppamenti (“l’esperto del settore” e il “redattore

editoriale”, appartenenti al primo gruppo; il “terminologo”, appartenente al secondo gruppo). Di

queste varie “emanazioni” del revisore, Di Gregorio illustra i doveri verso il committente, quelli

verso il traduttore e infine quelli verso il lettore e sottolinea, attribuendogli un’importanza

trasversale rispetto a tutte le varie istanze presentate, il valore di una “revisione conservativa”

definita come segue:

La revisione di una traduzione è un momento del processo di realizzazione di un testo, non di smantellamento del lavoro precedentemente fatto. Sarebbe come se un architetto demolisse dalle fondamenta una casa di cui avrebbe dovuto semplicemente risistemare gli interni. Una revisione eccessiva, oltre a non essere rispettosa del lavoro del traduttore e a introdurre molte scelte stilistiche personali non richieste, rallenta il processo produttivo, obbliga a aggiungere nuove letture di bozze o a rivedere uniformazioni e scelte precedentemente fatte. Ecco perché il revisore deve sempre partire dall’idea di limitare i propri interventi allo stretto indispensabile. Il lavoro di un revisore non si valuta, insomma, dalla quantità di interventi, ma dalla loro qualità. Una revisione conservativa, inoltre, limita il rischio – sempre esistente, e in crescita esponenziale su testi particolarmente tormentati – di aggiungere errori a errori. (ivi, pp. 44-45)

1.3.2 Contributi/definizioni da manualistica e libri di testo per l’insegnamento della scrittura in

ambito accademico e professionale

Dovendo scegliere un punto di partenza per illustrare i molteplici contributi alla definizione di

revisione nell’ambito della scrittura originale (perlopiù nell’area di lingua inglese), è sembrato utile

iniziare con un testo che è stato ed è ancora riferimento e guida imprescindibile per chiunque

voglia intraprendere un progetto di scrittura, almeno in lingua inglese. Nel suo The Elements of

Style, Strunk (1999) parla di revisione come parte integrante della scrittura e commenta che solo

in rari casi la prima stesura di un testo è quella definitiva. Dopo aver incoraggiato l’uso del

computer per redigere il testo e apportarvi ogni eventuale modifica successiva, soprattutto per la

possibilità di salvare versioni diverse di uno stesso testo, l’autore contempla l’eventualità che, per

certi scrittori, sia più agevole e produttiva la revisione su carta. Nel breve paragrafo dedicato alla

revisione, Strunk conclude con un commento incoraggiante per ogni scrittore, ma che può essere

naturalmente applicato anche a ogni traduttore: “Remember, it is no sign of weakness or defeat

that your manuscript ends up in need of major surgery. This is a common occurrence in all writing,

and among the best writers” (p. 72).

Il ruolo prominente della revisione nella didattica della scrittura anglo-americana è confermato

dalla ricca bibliografia a essa dedicata ed efficacemente riassunta e analizzata criticamente in

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Horning (2002). Operando qui una selezione dei contributi che possono apportare ulteriori

elementi alla definizione del concetto di revisione, non si può omettere di citare il lavoro di Murray

(1998) interamente dedicato alla revisione, che l’autore descrive innanzitutto come “the

reordering of experience so that it reveals meaning. It is the great adventure of the mind” (p. 2),

successivamente come “the craft of selection” (ivi, p. 41) e infine come “the craft of letting go” (ivi,

p. 229).

In linea con l’idea di revisione come mezzo di espressione del significato di un testo è anche la

definizione formulata da Osborn (1991), che la descrive come “an ongoing, conceptual, recursive

process continually employed by writers to make meaning of texts, both those read and those

written” (p. 261).

In un’ampia trattazione su varie tipologie di revisione, Mulderig (1995) si sofferma in particolare su

due modalità di affrontare questa fase di lavoro sul testo, la prima dedicata ai suoi aspetti più

macroscopici, la seconda finalizzata al controllo puntuale di paragrafi, frasi e singole parole:

Macro revision Revision that focuses on the larger elements that make an essay successful, including the sharpness of its focus, the clarityof its organization, and the appropriateness and specificity of its supporting evidence.

Micro revision Revision that deals with smaller changes, such as improving the clarity and conciseness of sentences, refining parallel constructions, and making diction more specific. (p. 200)

Una dicotomia simile, e particolarmente utile per sfatare certe convinzioni errate degli studenti di

scrittura ‒ ma anche di traduzione – è quella che Breidenbach (2006) compie fra “deep revision” e

“final editing”. Mentre la prima

deals with the essentials of good writing like choosing a genre and point of view that suit the situation and purpose of a piece of writing; having a clever, fresh idea or a mesmerizing tale to tell; considering readers’ expectations, knowledge and opinions, and getting the tone right (p. 203)

l’editing finale o “superficiale” di un testo (che comporta, per esempio, correggere errori

ortografici, tipografici e grammaticali, eliminare ripetizioni, sistemare la punteggiatura), benché

importante nel garantire una lettura agevole e piacevole di qualsiasi testo, viene paragonato

dall’autrice a un disinfestante: “Editing is akin to pest control – clearing the piece of bothersome

bugs”(ibid.).

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Una più recente descrizione del ruolo e del valore benefico della revisione nel processo di scrittura

è quella formulata da Earnshaw (2007):

Revision is important as it concentrates the mind on the practice rather than the theory of story writing. The notion of revising is useful to the writer as it implies that whatever is written can usually be improved upon; and it helps that mental transition from being a consumer of texts (the casual, even the critical reader) to being a practitioner. Being a practitioner not only helps you to focus on the art (craft) of making, but it informs your reading of published work, and invites you to ask new questions of it. (p. 96)

Di nuovo a confermare la centralità della revisione, Sorenson (2010) presenta questo processo

come il luogo in cui si svolge “the really tough part of writing”. Nel descrivere ciò che una buona

revisione è in grado di operare, l’autrice usa queste parole: “Revision adds variety, emphasis,

coherence, transition, and detail. Revision eliminates wordiness, irrelevancies, and inconsistencies.

Revision polishes, hones, and perfects” (p. 33)

Il contributo di Hacker e Sommers (2010) sottolinea infine il carattere sequenziale dell’attività di

revisione, precisando che

Revising is rarely a one-step process. Global matters – focus, purpose, organization, content, and overall strategy – generally receive attention first. Improvements in sentence structure, word choice, grammar, punctuation, and mechanics come later. (p. 20)

Dal repertorio molto più scarno offerto dall’editoria italiana in merito alla didattica della scrittura

nelle sue varie forme, proviene la definizione data da La Forgia (2013) che descrive così la fase

della revisione di un testo:

un momento molto difficile perché richiede di riuscire a considerare quanto si è scritto con un atteggiamento distaccato (soprattutto emotivamente) e resistere alla tentazione di riscrivere tutto ex novo. (p. 146)

La stessa tentazione verso la riscrittura, frenata tuttavia da tempi ed esigenze editoriali, anima le

imperdibili pagine che Fruttero e Lucentini (2003) dedicano alla revisione (in questo caso di una

traduzione) nel loro “manuale involontario di scrittura”, descrivendo ciò che accade nell’animo e

nella mente del revisore che si trovi a lavorare su una cattiva traduzione. In questo caso la

revisione diventa un rattoppare, un rimediare il rimediabile, significa sposare la filosofia del male

minore:

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Si è costretti a scendere tutta la scala dei compromessi, lasciando intatto l’aggettivo scialbo, l’avverbio fuorviante, il participio sballato, livellando tutto verso il basso, senza pietà. Perfino la sintassi conviene che resti traballante, sgangherata, elusiva. La meta è ottenere una omogeneità di grado infimo, una leggibilità appena fuori dal pelo del magma. Si tampona, si rappezza, si cuce e ricuce, con una praticità chirurgica che diventa di pagina in pagina, di capitolo in capitolo, una sorta di risentito cinismo. (pp. 56-57)

Alla revisione del testo vengono dedicate alcune pagine anche in Ballerio (2009) che attribuisce a

questa fase di lavoro la capacità di valutare la coerenza interna dello scritto e la rispondenza agli

obiettivi comunicativi. Oltre a porre l’accento sull’importanza della cura redazionale come fase

separata e distinta dalla revisione tout-court e sulla necessità del distacco dal testo per

guadagnarne in oggettività e freschezza di sguardo, l’autore sottolinea di nuovo come la revisione

sia un processo trasversale che interessa il testo a vari livelli:

Spesso si pensa che rivedere un testo significhi togliere i refusi e correggere le sviste. La revisione dovrebbe essere invece un controllo del testo a tutti i livelli: dovete verificare la sua rispondenza alla situazione comunicativa, il contenuto informativo, l’ordine definito, lo stile adottato e le scelte redazionali, sia sul piano dell’informazione, sia sul piano della relazione. (p. 134)

1.4. Il metalinguaggio della revisione: ambito pratico

In quest’ultima sezione vengono raccolti alcuni contributi che derivano dal contesto della pratica

professionale, sia della traduzione che della scrittura. Per quanto riguarda l’ambito della

traduzione professionale verranno presi in esame tre settori specifici: l’industria della traduzione

(l’ambito quantitativamente più rappresentato e rappresentativo del mercato professionale, dove

alla revisione viene attribuito un ruolo ben definito, soprattutto alla luce degli standard europei di

qualità); la traduzione all’interno di organismi internazionali (ambito altrettanto importante dal

punto di vista dell’entità del lavoro di revisione e della tipologia spesso collaborativa di questa

attività); e infine l’ambito della traduzione editoriale, argomento centrale di questo lavoro di

ricerca, le cui dinamiche professionali e organizzative del mercato fanno sì che la revisione sia

presente all’interno della filiera della produzione del libro tradotto in modo incostante e molto

variegato. Di nuovo, il criterio di inclusione dei contributi sarà quello della novità e dell’interesse

per l’obiettivo di completezza e arricchimento terminologico che questo lavoro si pone. La

trattazione sarà dunque concisa e non potrà soffermarsi sulle particolarità di due ambiti – quello

dell’industria della traduzione e della traduzione negli organismi internazionali – molto lontani da

quello editoriale dal punto di vista delle prassi lavorative, delle tipologie e dell’entità del lavoro di

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revisione, e del valore economico a esso attribuito. Verranno dunque messi in luce quegli elementi

che, per contrasto, possono sottolineare le peculiarità e le criticità della revisione editoriale.

1.4.1 Revisione-valutazione-qualità: l’industria della traduzione

Le definizioni fornite fin qui hanno sottolineato alcuni tratti comuni al concetto di revisione nelle

sue varie applicazioni pratiche: la necessaria competenza ed esperienza del revisore, l’altrettanto

auspicabile oggettività degli interventi, e la loro finalità principale, ovvero il miglioramento della

qualità della traduzione. Il concetto di qualità di una traduzione – tema che vanta una vastissima

letteratura specifica ed è stato ampiamente trattato in sedi più autorevoli e più esaustive di questa

– si lega in modo particolare al concetto e alla pratica della revisione nell’industria della

traduzione, laddove la qualità del prodotto finale e del processo che lo ha generato può essere

misurata, a differenza di quanto avviene in ambito editoriale, attraverso parametri definiti a priori.

Si ritiene dunque opportuno, per completezza di informazioni e prospettive, illustrare brevemente

come viene inteso il rapporto revisione-qualità all’interno dello standard UNI EN 15038 del 2006

(norma a cui deve conformarsi ogni fornitore di servizi di traduzione che voglia ottenere una

certificazione di qualità) e come le varie realtà del mercato della traduzione lo applichino nella

pratica professionale.

Lo standard, cui va riconosciuto tra gli altri il merito di ampliare e chiarire allo stesso tempo il già

ricco repertorio lessicale intorno alla revisione, delinea parametri di qualità principalmente

applicabili al processo della revisione e al profilo del revisore, definendolo una volta per tutte

come una figura diversa dal traduttore e con una formazione e un’esperienza professionali almeno

pari a quella del traduttore o persino superiore, nel caso di revisione specialistica. Lo standard

prevede inoltre la revisione come componente sempre necessaria e con una duplice finalità:

valutare la rispondenza della traduzione allo scopo previsto tramite il confronto ST/TT, ed

eventualmente suggerire misure correttive. A livello puramente terminologico, lo standard

definisce con “revisione” quella che in altri contesti si ritiene utile specificare come “etero-

revisione”, mentre il termine usato per il lavoro fatto dal traduttore sulla propria traduzione è –

nella versione inglese dello standard – “checking”, laddove in altri repertori terminologici la si è

indicata come auto-revisione. Un’altra utile distinzione è quella che lo standard opera tra

“revision” (esame comparativo fra ST e TT) e “review” (esame monolingue del TT). Si noti come

nell’ambito dell’industria della traduzione non venga utilizzato il termine “editing” che pure

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risponde – se non altro nell’aspetto del controllo monolingue ‒ alla definizione di “review”.

Restando nell’ambito dei parallelismi e delle sovrapposizioni terminologiche, è interessante notare

come ‒ benché formulate per ambiti applicativi diversi – la definizione di revisione fornita dallo

standard EN 15038 presenti un importante elemento di condivisione con la definizione di editing

fornita da Mossop (2001/2014). Ciò che infatti lo standard riconosce come parametro valutativo

insito nell’attività di revisione, ovvero la “suitability of purpose”, richiama la finalità che Mossop

attribuisce all’attività di editing, ovvero “making the text suitable for its readers and intended

use”. In entrambi i casi, dunque, e a prescindere dal termine con cui la si definisce, l’attività sul

testo è vista come passo necessario verso l’ottimizzazione di un prodotto e dunque verso la

soddisfazione del cliente, obiettivi ovviamente prioritari in un’ottica commerciale quale è quella

dell’industria della traduzione.

Anche altri aspetti prettamente professionali, ovvero la gestione dei flussi di lavoro e il rapporto

costi-benefici, sono in qualche modo legati alla chiarezza terminologica e alla definizione di

processi e figure della revisione di cui lo standard si fa promotore: se infatti il cliente non

confondesse – più o meno in buona fede – una richiesta di proof-reading con una di copy-editing,

o di revisione, si risparmierebbero da entrambe le parti incomprensioni costose e dispendiose in

termini di tempo. Eseguire un controllo formale solo sul testo tradotto, indipendentemente da

quale sia la lingua di partenza, e con l’obiettivo di correggere eventuali errori tipografici,

ortografici, sintattici o contenutistici, e di eliminare le difformità redazionali è cosa ben diversa dal

confrontare ST e TT per poi modulare interventi di revisione nell’ambito sintattico, del registro,

dell’idiomaticità e più in generale dello stile.

Un contributo chiaro e riassuntivo per ciò che riguarda la terminologia delle diverse tipologie

valutative della qualità di una traduzione – revisione compresa – in questo ambito professionale è

quello di Brunette (2000b), di cui si riporta la tabella qui di seguito:

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Tabella 1: Specificità delle diverse procedure valutative (Brunette, 2000b, p. 172)

Come si vede, le diverse procedure valutative in relazione alla qualità di una traduzione25 vengono

definite con termini diversi (“Pragmatic revision”, “Quality assessment”, “Quality control”, “Fresh

look”, “Didactic Revision”) e sottintendono attività altrettanto diverse in termini di porzione del

testo preso in esame, destinatario, necessità di commento agli interventi, finalità ed elemento

comparativo ST/TT.

Si vuole infine segnalare il recente contributo di Künzli (2014) a una più chiara e condivisa

terminologia della “Translation Quality Assurance” nell’aria linguistica tedesca, riassunto nella

tabella che segue:

25

Mentre qui si riporta il contributo di Brunette per il suo valore di chiarezza terminologica, gli aspetti che riguardano la revisione come pratica valutativa verranno ripresi al capitolo 2, sezione 7.

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57

Tabella 2: Termini e procedure della qualità in traduzione (Künzli, 2014, p. 8)

1.4.2 La revisione negli organismi internazionali

Se da un lato lo standard UNI EN 15038 stabilisce l’obbligo della revisione e la sua finalità, come

anche i requisiti di competenza ed esperienza del revisore, dall’altro non definisce le modalità

pratiche di intervento in relazione ad altri importanti fattori. I fornitori di servizi di traduzione si

trovano infatti a tarare l’applicabilità dello standard rispetto a elementi quali il tempo a

disposizione, la tipologia testuale, la qualità della traduzione e il suo uso finale, la competenza del

traduttore e il suo status, e anche eventuali richieste specifiche del committente. La necessità di

“diversificare” il lavoro di revisione – pur aderendo a determinati principi e parametri ‒ è

particolarmente sentita all’interno dei servizi di traduzione di organismi internazionali, come è per

esempio il caso della Direzione generale della Traduzione della Commissione Europea, in tutti i

suoi diversi settori linguistici.

Il flusso di lavoro di traduzione che il servizio si trova a gestire è tale da richiedere una

classificazione preliminare dei testi in tipologie qualitative, laddove per qualità si intende quella

del prodotto finale. I testi dunque possono variare tra documenti della massima importanza per

cui è richiesta la conformità agli standard qualitativi più elevati – documenti che quindi vengono

sottoposti a revisioni capillari – e documenti di minore importanza o a diffusione esclusivamente

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58

interna sui quali viene eseguita una revisione parziale o nulla. Sul tema dell’oggettività/soggettività

del lavoro di traduzione e revisione – argomento che si ripresenta puntualmente in ogni ambito e

in ogni contesto fin qui trattato – un gruppo di lavoro costituito da membri del settore spagnolo

della DGT ha redatto uno snello e utile manuale di revisione (DGT, 2011) in cui quelli che ormai

potremmo arrischiarci a definire gli “universali” della revisione – se non altro per la loro frequente

occorrenza – vengono presentati sotto una luce nuova e particolarmente interessante. La

revisione – così come anche la traduzione – è vista come un’attività collettiva, uno sforzo condiviso

da più figure verso il raggiungimento dell’obiettivo comune che è la qualità, garantita

dall’applicazione di criteri oggettivi e inequivocabili. Il documento sopra citato fornisce la seguente

definizione del termine revisione:

Comparison of a translation with the original in order to point out and/or correct possible shortcomings, both in terms of content and formal presentation. (DGT, 2011) (p. 6)

Vale la pena sottolineare la presenza di quell’ “and/or” come elemento che riassume ciò che

qualche pagina più avanti, all’interno dello stesso documento, viene detto a proposito della

distinzione fra correzioni – errori, omissioni, aggiunte, imprecisioni, incoerenze, difformità

ortografiche – e suggerimenti. Se il traduttore rivisto deve accettare le correzioni, non

necessariamente deve accogliere ogni suggerimento e ha dunque il diritto di ignorarli o assimilarli.

Benché molto diretta e quasi brutale, questa visione del rapporto traduttore-revisore è di fatto

espressione di rispetto reciproco e professionalità, principi ai quali dovrebbe ispirarsi ogni attività

lavorativa.

Il documento indica inoltre alcuni principi di revisione che possono guidare il lavoro dei

professionisti. Ciò che sembra più interessante – soprattutto perché mette in luce un aspetto

finora rimasto inespresso – è il riconoscimento del dialogo traduttore-revisore come elemento di

importanza fondamentale, così come anche l’accento posto sulla revisione come opportunità

formativa sia per i revisori che per i traduttori.

A questo proposito si riporta anche il contributo di Wagner et al. (2002):

There is no “reviser caste” in the EU institutions; senior staff are expected to translate as well as revise. Junior staff may be encouraged to revise or check translations produced by their more experienced colleagues, both for training and because they bring a fresh eye: they have not yet been corrupted by Eurospeak, so they can often improve translations intended for the general public. (p.87)

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59

Si cita infine l’interessante articolo di Allain (2010) sull’esperienza dell’autore all’interno dei servizi

di traduzione del Consiglio d’Europa, area francese, e in particolare su diverse tipologie di

revisione di cui vengono fornite definizioni, vantaggi e svantaggi, con l’obiettivo di sottolineare la

particolare valenza positiva della “relecture croisée”. Allain distingue innanzitutto tra “révision

traditionnelle” (di cui mette in evidenza l’aspetto migliorativo del prodotto ma non il valore

formativo per il traduttore; la situazione di stress a cui il traduttore è sottoposto; l’impossibilità di

giustificare scelte di traduzione e revisione); “révision différenciée” (ovvero revisione attenta di

determinati punti “sensibili” o difficili del testo accompagnata a rilettura rapida di parti più snelle

senza confronto con l’originale); “relecture croisée”, ovvero “un traducteur lit sa traduction à

haute voix à un collègue (traducteur oiu réviseur) qui suit sur le texte original” (p. 116). Questo

tipo di rilettura può essere svolto tra pari o in una situazione “gerarchica” (traduttore giovane –

traduttore esperto), e l’aspetto più positivo è quello del rapporto di reciproca fiducia che si crea

tra i partecipanti alla rilettura incrociata. Questa modalità di lavoro presenta, secondo Allain, una

serie di vantaggi per il traduttore che legge, per il traduttore/revisore che ascolta, e per l’intero

servizio di traduzione, soprattutto in termini di maggiore consapevolezza e sicurezza del proprio

modus operandi per i traduttori, e in termini di più rapida diffusione dei saperi e delle competenze

professionali, nonché di una maggiore motivazione e soddisfazione lavorativa e migliore qualità

del prodotto finale per il servizio di traduzione.

1.4.3 La revisione nel mondo editoriale

L’ultima prospettiva che si prenderà in esame per completare il quadro descrittivo sulla revisione è

quella che interessa più da vicino l’oggetto della presente ricerca. Molte delle definizioni e delle

accezioni illustrate finora si possono considerare generalizzabili e applicabili a più contesti

professionali, tuttavia l’ambito editoriale – per la natura dei testi trattati, per le peculiarità del

rapporto “interpretativo” con il testo, per le dinamiche professionali e commerciali del settore –

presenta delle particolarità che non trovano sempre riscontro in quanto detto finora a proposito di

revisione.

Seguendo la struttura espositiva fin qui adottata, verranno presentati i contributi terminologico-

concettuali provenienti dalla pratica professionale della traduzione editoriale sia in ambito

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anglofono, sia in ambito italiano sottolineando, laddove possibile, eventuali confluenze o

allontanamenti rispetto alle definizioni teoriche presentate nelle pagine precedenti. Partendo

dalla fondamentale distinzione tra editing e revisione operata da Mossop (2001/2014) – ancora

più cruciale in ambito editoriale – si è visto come l’autore approfondisca la descrizione dell’editing

distinguendo fra “structural editing” e “stylistic editing”. In un utile documento promosso dal

BCLT - British Centre for Literary Translation ‒ dal titolo Translation in Practice (Paul, 2009), si

trovano definizioni ancora più specifiche del processo di revisione nell’editoria britannica, e ci si

imbatte in interessanti commenti e riflessioni riguardo non solo alle procedure ma anche alle

finalità delle diverse fasi della lavorazione del testo tradotto. In questo documento, si parla di

“structural editing” di una traduzione come

looking at the overall approach, taking into consideration the foundation and infrastructure of the book, including its style, tempo, overall use of language, characterization and sequence of events. (p. 59)

Il “copyediting” prende invece in esame “individual words and sentences, punctuation and

grammar, and points of inconsistency or inaccuracy” (ibid.). A prescindere dal tipo di lavoro sul

testo sembra dunque che il ruolo dell’editor (si noti di nuovo l’uso controverso di questo termine

anche per indicare una figura che si occupa di rivedere traduzioni) sia trattare il libro nella sua

totalità e nel suo valore globale, e non solo in quanto traduzione. Il testo tradotto diventa un

originale e di conseguenza l’editor si trova ad affrontare un duplice compito: intervenire su un

testo in quanto traduzione e sullo stesso testo in quanto produzione nella lingua di arrivo. Si apre

qui un discorso etico importante che varrebbe la pena approfondire, magari affrontandolo da

prospettive diverse ma non necessariamente contrastanti, ovvero quella della traduzione e quella

della produzione editoriale, e soprattutto con la collaborazione di interlocutori a rappresentare

entrambe le parti. Pur non essendo questa la sede adeguata, si vuole tuttavia sottolineare che

l’idea di trattare una traduzione come se fosse nata nella cultura di arrivo è quanto meno

discutibile: se da un lato rappresenta una chiara volontà di andare incontro al lettore e alle sue

aspettative linguistiche e culturali, dall’altro la si può interpretare altrettanto facilmente come

espressione di un approccio etnocentrico e addomesticante che, nonostante incontri molti pareri

contrari da parte dei traduttori, è largamente applicata nella pratica del mercato editoriale, come

conferma questo contributo di Melaouah (2009) sulle bermaniane “tendenze deformanti”:

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ancora imperversano presso taluni traduttori e numerosi revisori editoriali con la nefasta propensione alla normalizzazione, secondo il discutibile principio per il quale massima autorità non è la lingua dell’autore ma un fantomatico italiano scorrevole buono per ogni stile e ogni stagione. (p. 91)

Un altro elemento che emerge dal documento è la costante altalena tra le buone intenzioni a

livello teorico, e la loro traduzione nella pratica editoriale, perché si parla del bravo “copyeditor”

come di colui/colei che

adjusts and tinkers unobtrusively to create the book that both author and translator envisaged. A good copyedit appears effortless and changes are normally such that they are not even recognized. Yet a copyeditor brings a fresh pair of eyes and will spot anomalies that translators may have missed on even a third or fourth reading. (ivi, p. 62)

In questa descrizione di profilo professionale si sottolinea dunque l’auspicabilità di un approccio

non prevaricatore nei confronti del testo, piuttosto in contrasto con l’approccio addomesticante di

cui appena sopra.

La tensione fra approccio straniante e addomesticante, tra adeguatezza e accettabilità sembra

pervadere in profondità la pratica editoriale britannica. Sempre nello stesso documento, si legge

infatti che

a copyeditor has to treat the voice of the translator as the voice of the author and try to make that voice consistent. […] (He/she) doesn’t try to rewrite a book in their own voice or over-correct language that may sound awkward for a good reason. (ivi, p. 63)

Ma anche che

the editor’s primary concern must be towards the quality of the work in English. […] The editor first and foremost must be a reader of English, and a person for whom the translation must read, in English, like an original work.”(ibid.)

Rispetto poi a uno dei tratti fondanti della revisione, presente in quasi tutte le definizioni fin qui

illustrate, ovvero l’elemento comparativo, il documento fa intuire quanto invece, nella pratica

editoriale britannica – ma non solo –, questo tratto non sia più fondante bensì discrezionale se

non addirittura evitabile. Si legge infatti:

some people suggest that a copyeditor should read a translation line-by-line against the original book but this seems an extravagant and unnecessary effort. The copyeditor’s job is to ensure that the book works in its own right, rather than as a faithful translation. However, when things don’t seem to be

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working, it can be useful for an editor to check the original source text to see if there is an easy solution, or if an error has been made. (ivi, p. 64)

Il discorso sulla terminologia della revisione applicata alla pratica, come abbiamo visto già

contraddittorio in lingua inglese, si complica ulteriormente quando vengono prese in esame altre

realtà linguistiche, nel nostro caso quella italiana. Per una forma di “sudditanza terminologica” e

sulla scia di mode linguistiche, l’editoria italiana fa ampio uso di termini inglesi in modo

approssimativo, tanto che termini come “editor” ed “editing”, di cui ormai abbiamo ampiamente

definito i confini semantici e i contesti d’uso, finiscono per assumere accezioni e significati variabili

se non addirittura fuori contesto. Se infatti il termine “editing” viene usato in ambito anglo-

americano per indicare il lavoro sul testo che non è traduzione o non viene trattato come tale, in

italiano la parola viene usata come termine ombrello per indicare ciò che è lavoro sul testo

originale, sul testo tradotto e sul testo in preparazione per la stampa, laddove invece

esisterebbero termini in Italiano per indicare le diverse tipologie di attività, vale a dire redazione,

revisione e correzione di bozze.

La stessa confusione terminologica riguarda i profili professionali: di nuovo, laddove in italiano si

potrebbe e dovrebbe ricorrere a termini come direttore editoriale, caporedattore, redattore, e

revisore per indicare rispettivamente la persona che si occupa di acquisire il testo e di decidere la

linea editoriale, la persona che ha il compito di trovare un traduttore per il testo e di instaurare

con lui/lei un rapporto professionale basato su fiducia e rispetto, la persona che interviene sulla

traduzione già rivista per renderla conforme alle norme redazionali della casa editrice o di una

collana e per apportare eventuali modifiche dettate da logiche commerciali, e infine la persona

che esegue il controllo minuzioso e comparativo della traduzione con il testo originale e suggerisce

o opera direttamente correzioni e miglioramenti, nella pratica viene molto frequentemente usato

il termine “editor” per indicare tutte queste attività e competenze insieme le quali, pur

concedendo ovviamente un margine di assimilazione, non sono sovrapponibili.

Ma come viene definita e descritta la revisione nell’ambito dell’editoria italiana? Oltre ai contributi

riportati ai sottocapitoli precedenti, e non esistendo un documento affine per contenuti e intenti a

quello sulla pratica della traduzione editoriale britannica, si vuole qui dare spazio alle voci dei

diretti interessati, ovvero ai traduttori editoriali professionisti, e alla loro idea di revisione.

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La prima riflessione sulla revisione e relativa definizione viene da Testa (2013), “editor” e

traduttrice dall’inglese, che descrive la fase di revisione quella in cui

si rende ottima una traduzione buona, o – nei casi migliori – pressoché perfetta una traduzione già ottima. È una fase, di fatto, antieconomica: perché, se affrontata con la dovuta cura, comporta un dispendio di tempo e risorse che con ogni probabilità non verrà effettivamente ripagato da un aumento cospicuo nelle vendite del titolo in questione; se la traduzione è brutta, buona, ottima o pressoché perfetta il lettore lo scopre comunque solo dopo aver comprato il volume […] (p. 59)

L’aspetto più interessante di questo contributo deriva proprio dal duplice ruolo della sua autrice a

metà strada fra “committente” della traduzione e “traduttore”: se da un lato riconosce il peso

economico che una revisione ha sui margini di guadagno già minimi di una casa editrice, dall’altro

ne difende il valore migliorativo, purtroppo non sempre riconosciuto come tale dal pubblico dei

lettori.

E di nuovo, sulla tensione fra aspetto migliorativo e redditività della revisione:

La revisione è, per l’appunto, una fase di confronto e di analisi critica in cui due teste pensanti, quella del traduttore e del revisore, si applicano alla risoluzione dello stesso problema linguistico, e in senso lato culturale: mi sembra evidente che il risultato di questa doppia applicazione sarà nella maggior parte dei casi un testo di arrivo oggettivamente migliore di quello che sarebbe venuto dallo sforzo mentale di una persona sola; “migliore” in senso che, ripeto, non è immediatamente quantificabile in termini di redditività economica per l’editore, ma che è comunque spesso percepibile dal lettore attento […] (ivi, pp. 59-60)

Tra le righe di cui sopra si intuisce che per Testa, la “buona” revisione è una revisione che prevede

la collaborazione di traduttore e revisore ma che, per sua stessa ammissione, è spesso mancante

nella pratica. Di questo e di altri aspetti della pratica professionale si discuterà diffusamente nella

presentazione dei dati raccolti attraverso il sondaggio di cui al capitolo 3. Nello stesso capitolo

verrà inoltre presentata una selezione di alcune delle risposte date dai partecipanti alla richiesta di

fornire una propria definizione di revisione, a ideale completamento di questa sezione.

1.5. Conclusioni e proposte terminologiche

L’obiettivo di questo capitolo era fornire una panoramica critica delle definizioni e accezioni di

revisione in ambito teorico, pratico e didattico e dei vari contributi sulla revisione che, seppure

non formalizzati come voci di repertori terminologici, potessero mettere in luce temi, aspetti e

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criticità ricorrenti. L’idea di fare chiarezza in quello che è stato in più occasioni e sedi definito come

un “caos terminologico” risponde a bisogni provenienti da vari ambiti, primo fra tutti quello della

ricerca accademica, in quanto la chiara definizione dell’oggetto di studio è requisito

imprescindibile per l’avanzamento di ogni tipo di indagine. Potersi avvalere di un corpus

terminologico chiaro e usato in maniera coerente, è inoltre un bisogno particolarmente sentito in

ambito formativo, laddove “trainers need precise conceptual tools to help students understand

the task at hand” (Schjoldager in Chesterman et al, 2003, p. 202). Non vanno infine sottovalutate

le conseguenze sociali del caos terminologico, come osserva Marco (2007) nell’attribuire all’uso

coerente e consapevole della terminologia uno strumento per acquisire peso e potere agli occhi

della società.

Si vuole concludere questo capitolo proponendo un duplice tentativo di far convergere

armonicamente la ricca varietà di contributi e definizioni proposte26, e offrendo dunque due

formulazioni di revisione, la prima di carattere sommativo e non-specifico; la seconda di tipo

operativo, volta a chiarire le diverse tipologie di intervento sul testo e i relativi ruoli professionali

nel contesto della traduzione editoriale.

1.5.1 Definizione sommativa

La revisione è un’attività pluridimensionale, ovvero ricorsiva, comparativa, correttiva, migliorativa,

costruttiva, propositiva, formativa, collaborativa. La revisione è parte integrante di ogni processo

di scrittura, e dunque anche della traduzione. Può realizzarsi in una fase distinta, successiva alla

traduzione, o come attività costante e reiterata (ricorsiva) durante tutto l’arco del processo di

traduzione e di produzione del libro tradotto. È un’attività che presuppone il confronto tra

traduzione e testo di partenza (comparativa) e il cui fine ultimo è la garanzia di una migliore

qualità del testo tradotto prima della pubblicazione definitiva. Tale obiettivo può essere raggiunto

tramite interventi di vario genere ed entità, a seconda della qualità di partenza della traduzione,

del rapporto con l’originale, del pubblico e del mercato di destinazione, del tempo e delle risorse

economiche disponibili, interventi che devono correggere ciò che è oggettivamente classificabile

come errore (correttiva), migliorare ciò che può essere migliorato (migliorativa), sottolineare i

punti di forza (costruttiva) suggerire strategie, soluzioni e/o punti di vista alternativi (propositiva)

26

Si è volutamente escluso da entrambe le definizioni l’elemento della oggettività, benché concetto presente in molti contributi sulla revisione. Pur essendo un fine auspicabile a cui tendere, non rappresenta un elemento costitutivo della revisione.

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che il traduttore avrà il diritto di accogliere o rifiutare. La revisione – auto-revisione ed etero-

revisione allo stesso modo ‒ è un’attività fondamentale per acquisire maggiore consapevolezza

critica del proprio lavoro e competenze interpersonali spendibili sul mercato, dunque importante

strumento di costante crescita professionale (formativa). Quando esercitata su un testo altrui,

l’attività di revisione può essere svolta con massima efficacia e successo in modalità di dialogo

collaborativo tra il revisore e il traduttore (collaborativa).

1.5.2 Definizione operativa27

Per revisione si intende il lavoro sul testo in quanto “traduzione” di un testo in un’altra lingua: la

revisione non può prescindere da un confronto – possibilmente integrale – con il testo di partenza

e di conseguenza dalla conoscenza della lingua straniera. Pur ammettendo possibili e comprensibili

sovrapposizioni e punti di contatto, la revisione non è da intendersi come editing (lavoro su un

testo che non è necessariamente una traduzione - o che non viene comunque trattato come tale -

ed è finalizzato a un migliore posizionamento e una migliore ricezione/vendibilità sul mercato di

arrivo); né come redazione (lavoro finalizzato alla conformità con le norme redazionali interne alla

casa editrice, con il catalogo, con le aspettative dei lettori per un determinato genere, con le

caratteristiche di riconoscibilità sul mercato); né infine come correzione di bozze (lavoro finalizzato

alla pulizia dell’aspetto grafico e tipografico del testo, in conformità con la produzione della casa

editrice).

27

Questa definizione è stata inserita come premessa concettuale in apertura dei due questionari formulati per il sondaggio sulla revisione editoriale di cui al capitolo 3. Questa forma di chiarezza terminologica preventiva ha potuto garantire uno livello uniforme di attendibilità delle risposte.

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Capitolo 2 - Ricognizione tematica della letteratura accademica e non-accademica

in materia di revisione

2.1. Introduzione e criteri di presentazione

In questo capitolo si vuole fornire una panoramica dei principali contributi accademici e non

intorno alla revisione, proponendo una loro suddivisione per aree tematiche. Più che offrire una

ricognizione bibliografica esaustiva, di cui esistono esempi eccellenti in alcune fra le tesi più

recenti pubblicate in materia di revisione (Morin-Hernández, 2009a; Robert, 2012; Šunková, 2011),

in raccolte monografiche (Bisaillon, 2007c) e in articoli e contributi esplicitamente dedicati allo

stato dell’arte e alle risorse bibliografiche più recenti (Künzli, 2014; Mossop, 2015), si è preferito

integrare le indicazioni bibliografiche contenute nel capitolo precedente e in quelli successivi

sottolineando gli aspetti trattati più da vicino in questo lavoro e quelli che si ritiene meriterebbero

ulteriore riflessione e approfondimento, in attesa che di Revision Studies si giunga a parlare come

di disciplina a sé stante, come auspicato da Horváth (2009). Il motivo di questa scelta è legato

principalmente all’intrinseca pluridimensionalità della revisione – elemento già sottolineato nel

primo capitolo, da cui la definizione sommativa proposta – e al fatto che gli studi finora svolti

presentano non di rado una compenetrazione di approcci difficili da isolare e classificare in modo

univoco, con il rischio peraltro di escludere ambiti di ricerca di difficile catalogazione ma non per

questo meno importanti. Un metodo affine di presentazione per temi è quello seguito da Mossop

(2007) nel fare il punto sullo stato dell’arte nell’ambito degli studi empirici sulla revisione. Un

secondo, fondamentale criterio nella scelta degli aspetti da prendere in esame è stato la loro

vicinanza o maggiore attinenza e rilevanza con la revisione di una traduzione editoriale. Di qui

l’esclusione, per esempio, della ricca e recente ricerca sul post-editing e la brevità con cui si

accenna al rapporto fra revisione e controllo/valutazione qualità nell’industria della traduzione,

pur utile per un’analisi in termini contrastivi con il settore della traduzione editoriale. I contributi

più rilevanti in materia di revisione verranno dunque presentati secondo un’articolazione nelle

seguenti tematiche:

il processo di auto-revisione

il processo di etero-revisione

il concetto di revision competence

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la revisione nella didattica della traduzione e la didattica della revisione

la revisione editoriale nella pratica professionale

revisione e qualità

revisione, editing e scrittura originale

2.2. Il processo di auto-revisione

In uno dei primi contributi dedicati all’auto-revisione, Mossop (1982) ne definisce “essenziale” il

ruolo all’interno del processo di traduzione. Tuttavia, nel sottolinearne le peculiarità e le modalità

di esecuzione, lascia intuire che si tratti di una competenza la cui acquisizione avviene in maniera

quasi naturale con il passare del tempo e con la maggiore esperienza professionale. La revisione a

opera di una persona diversa dal traduttore, che in studi successivi (1992, 2001) verrà trattata nei

suoi elementi distintivi e complementari rispetto all’auto-revisione, viene in questa fase ancora

considerata “time-consuming” e con vantaggi sì innegabili (sguardo fresco, maggiori probabilità di

individuare errori o debolezze) ma ovviabili con il ricorso a una più rigorosa e metodica procedura

di auto-revisione. Mossop procede dunque a illustrare una procedura il cui intento principale è

quello di gestire problemi legati alle modalità di stesura di una traduzione e al legame testuale e

linguistico che si crea tra il proto-testo della traduzione “in fieri” e il relativo originale. Questa

procedura si articola sostanzialmente in tre fasi così suddivise:

Fase 1: lettura monolingue di una parte di traduzione – senza confronto con l’originale – per

individuare problemi di lingua e stile;

Fase 2: lettura di una parte di traduzione e confronto con il testo originale. Grazie alla lettura

comparativa possono emergere omissioni o errori di interpretazione/resa. È inoltre possibile

formulare idee sulla qualità della traduzione alla luce della lettura preliminare. I problemi rilevati

in questa fase possono essere risolti subito o contrassegnati come da risolvere in una fase

successiva. Le prime due fasi possono dunque ripetersi su unità di revisione successive,

innescando di volta in volta nuovi interventi legati al contesto sempre più ampio e alle modifiche

già effettuate e di cui bisogna assicurare la coerenza. Per questo motivo è utile, durante queste

due fasi, alternare una micro-visione del testo da rivedere con una macro-revisione del testo

finora rivisto.

Fase 3: soluzione di quanto è stato volutamente lasciato in sospeso, valutando priorità e strategie

puntuali e globali. Questa attività può esplicarsi in diverse forme: fare ricerche ulteriori, omettere,

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adottare soluzioni creative, mantenere ambiguità, palesare il dubbio irrisolto, correggere il testo

originale laddove contenga un errore responsabile del problema.

A conclusione del suo contributo, pur avendo delineato una procedura che dovrebbe “garantire”

una certa qualità del lavoro di traduzione auto-rivisto, Mossop sottolinea lo stretto legame tra

modalità e procedura di revisione adottata e modalità /qualità del lavoro di traduzione:

what the translator does during revision depends to some extent on what he or she did during drafting. There can be various divisions of tasks between the drafting and revising stages of translation. (Mossop, 1982, p.8)

Questa idea di “sequenzialità” del processo di traduzione è anche alla base del lavoro di Toury

(1995), che fa riferimento alle versioni intermedie di un testo tradotto e dunque all’idea che la

traduzione sia un processo costituito da più fasi, riprendendo un concetto già formulato da

Voegelin (1954) in termini di “multiple-stage translation”. Sulla base del fatto che nessun

traduttore ottiene un risultato da lui/lei reputato soddisfacente in un’unica soluzione, sono

impliciti nel processo di traduzione dei momenti di “self-corrective feedback”, effetto a loro volta

di un “self-monitoring process” costantemente in atto. In altre parole l’auto-revisione è intesa

come processo decisionale continuo, come “internal negotiation” – affine al “mental editing” di

Mossop (2001/2014) – , un’attività costante ma più o meno consapevole e più o meno esplicita e

visualizzata sul testo. L’impossibilità di vedere, toccare con mano e conoscere queste fasi

intermedie perché inconsapevoli o non verbalizzate è il motivo alla base della nascita di specifiche

metodologie di indagine, tra cui think-aloud protocols, eye-tracking, screen logging, keystroke

logging, volte a raccogliere dati quantitativi e qualitativi sul processo di traduzione in generale e

anche sulla revisione in particolare. Toury è forse tra i primi a riconoscere l’importanza della

tracciabilità dell’attività di auto-revisione e dell’analisi delle varie versioni diacroniche di una

stessa traduzione nel processo di genesi del testo tradotto:

What should not be overlooked is the fact that the interim outputs do not constitute a succession of texts, let alone independent ones. They are just phases in the emergence of one text. (Toury, 1995, p. 196)

Prendendo in esame l’auto-revisione di una traduzione in ebraico del monologo shakespeariano di

Amleto, Toury offre un’interessante analisi della cronologia delle versioni e suggerisce la possibilità

di trarne, se non delle norme, delle generalizzazioni sul tipo di percorso mentale, linguistico e

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operativo che il traduttore svolge sul testo tradotto, passando da questioni di trasferimento a

livello di discorso a questioni di ambito semantico e stilistico. L’analisi delle revisioni operate dal

traduttore e la loro stratificazione cronologica consentono a Toury di formulare osservazioni in

termini di ricostruzione del processo di traduzione e di identificazione dei vincoli o linee guida che

il traduttore si trova a rispettare, o perché legati al testo fonte o perché legati al testo target (ad

esempio questioni di metrica e di “rappresentabilità” a teatro).

Fare luce sulla catena di processi mentali in atto durante le fasi di traduzione e revisione e sulle

relative strategie e soluzioni messe in atto è uno degli obiettivi dello studio presentato da Hansen

(2013). Attraverso l’applicazione del software dedicato Translog, in grado di registrare e analizzare

i processi di lettura e scrittura al computer, Hansen si ripropone di studiare e mettere a confronto

il “diario” di lavoro di una traduzione di studenti e professionisti per capire quali fattori possano

determinare processi di traduzione – e di revisione – di maggiore successo ed efficacia. Le

modifiche in fase di revisione vengono suddivise in tre tipologie principali a seconda dell’unità di

testo presa in esame e del tempo/attenzione dedicati:

interventi a livello lessicale;

interventi a livello di frase e contesto sia durante la fase di scrittura della traduzione sia durante la fase di revisione post-traduzione;

interventi di riformulazione e riscrittura più estesi sia durante la fase di scrittura della traduzione sia durante la fase di revisione post-traduzione.

Sulla base dell’analisi svolta sulle varie tipologie di intervento e della valutazione del prodotto

finale del processo di traduzione, Hansen evidenzia come la soggettività e la diversità dei singoli

processi di traduzione attuati dai partecipanti non influisca sulla bontà del prodotto.

Un altro aspetto dell’auto-revisione indagato da più studiosi riguarda la distribuzione temporale

dell’attività di auto-revisione all’interno del processo di traduzione. Breedveld (2002) ne sottolinea

la tendenza a presentarsi in qualsiasi momento del processo traduttivo e la natura non solo

correttiva e valutativa ma essa stessa produttiva:

revision is not identifiable as a distinct subprocess, but rather as another instance of text production in which the text-produced-so-far serves as an input for reading, evaluating and problem-solving. (p.96)

Il modo in cui l’attività di revisione si distribuisce all’interno del processo di traduzione può anche

essere legato a fattori testuali e a scelte di gestione assolutamente individuali. Asadi e Séguinot

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(2005) individuano due profili diversi rispetto all’attività di auto-revisione svolta “on-line”, ovvero

durante la fase di stesura della traduzione, denominandoli rispettivamente prospective thinking e

on-screen translation. La prima modalità di intervento presuppone una più elaborata fase di

formulazione mentale del testo tradotto nelle sue possibili alternative che contiene in sé anche

una forma mentale di auto-revisione prima di passare alla scrittura vera e propria del testo

tradotto. Come scrivono gli autori, “These translators think ahead and consequently make fewer

changes – usually only minor ones – in the drafting phase; they correct spelling or change one

translation variant for another” (p. 530). La seconda modalità di auto-revisione è invece più

“fisica” e meno mentale, e sfrutta al meglio le potenzialità dei sistemi di videoscrittura che

consentono di svolgere il lavoro di auto-revisione direttamente sullo schermo. “Onscreen

translators make extensive use of online revision: immediate changes in lexical choices and syntax,

rereading and backtracking the text produced, moving text segments” (ibid.).

Le diverse modalità di auto-revisione e l’individuazione di altrettanti “profili” sono oggetto di

ricerca anche dell’analisi condotta da Alves e Vale (2011), che consente agli autori di classificare le

tipologie di traduzione a seconda della modalità/quantità di revisione svolta su una determinata

unità traduttiva e del momento in cui gli interventi di revisione vengono effettuati (solo durante la

fase di stesura; provvisoriamente in fase di stesura per poi essere confermati in una successiva

fase di revisione; provvisoriamente in fase di stesura per poi essere di nuovo rielaborati e

modificati in una successiva fase di revisione). Sulla base di queste tipologie vengono

successivamente individuati altrettanti profili comportamentali in relazione a

traduzione/revisione, così denominati dagli autori: drafter, reviser, recursive drafter/reviser e non-

recursive drafter/reviser.

Lo stesso interesse per la modalità di distribuzione del lavoro di auto-revisione tra fase di stesura e

di post-stesura della traduzione è condiviso da Englund Dimitrova (2005), che nel suo lavoro di

stampo cognitivista offre un interessante approfondimento sulla tendenza, in fase di stesura di

una traduzione, a ricorrere consapevolmente a soluzioni letterali il cui perfezionamento o

idiomatizzazione nella lingua di arrivo vengono deliberatamente demandati a una fase di revisione

successiva. Jakobsen (2002;2005) affronta questo stesso tema in termini comparativi analizzando il

comportamento di revisione di traduttori professionisti e studenti di traduzione e mostrando

come i primi dedichino più tempo rispetto agli studenti alla revisione del loro lavoro in fase finale,

dopo la prima stesura, ma apportino un numero inferiore di modifiche.

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Le modalità di revisione adottate dagli studenti di traduzione e la loro distribuzione all’interno del

tempo assegnato sono anche al centro di uno studio svolto da Wakabayashi (2003) con l’impiego

di think-aloud protocols. Lo studio, la cui finalità è pedagogica, mostra due principali tendenze in

relazione al tempo dedicato dagli studenti alla revisione delle proprie traduzioni: lavoro molto

lungo e puntiglioso di rifinitura subito dopo la prima stesura della traduzione, o atteggiamento

opposto di superficialità nei confronti del lavoro di revisione. Infine, in Gerloff (1988) e

Jääskeläinen (1999) ci si interroga su come una accresciuta competenza traduttiva, e dunque una

maggiore consapevolezza dei problemi di traduzione, porti a una maggiore produzione di

alternative di traduzione e a una più intensa attività di revisione ed editing.

Per quanto riguarda invece procedure personali, abitudini di lavoro maturate con l’esperienza e

tipologia e portata degli interventi di auto-revisione si segnalano il lavoro di Shih (2006), che

indaga la prassi lavorativa di traduttori professionisti in termini di numero di revisioni svolte sulle

proprie traduzioni prima della consegna, tempo di “sedimentazione” della traduzioni, principali

aree di intervento in revisione e rapporto con il testo originale, e di Tirkkonen-Condit et al. (2008),

che studia tipologia e percentuale di revisioni svolte da diciotto traduttori professionisti durante la

produzione del testo tradotto, non necessariamente o esclusivamente in una distinta fase di

revisione. Quest’ultimo studio classifica le revisioni in tre principali tipologie: correzione di errori di

battitura, revisione di traduzioni letterali, e altro, segnalando come le revisioni del primo tipo

rappresentino più della metà degli interventi totali. Immonen (2006) ha anche condotto uno

studio comparativo sulla revisione di un testo originale e la revisione di una traduzione,

confrontando il tempo dedicato alla revisione in entrambi i casi e rilevando che questo tempo è

maggiore se il testo è una traduzione, piuttosto che un testo originale.

Perché più vicini alla tipologia testuale della traduzione editoriale/letteraria, si segnalano infine gli

studi di Jones (2006) e Kolb (2013). Nel primo – un’investigazione sulle procedure di lavoro nella

traduzione poetica – vengono presentati i risultati di interviste a cinque traduttori di poesia e

dell’applicazione del think-aloud protocol durante le quattro fasi della traduzione di una poesia dal

serbo-croato all’inglese, ad opera dell’autore stesso. L’obiettivo primario dello studio è dimostrare

come alla ricerca sul prodotto e sul processo di una traduzione poetica sia efficace abbinare una

ricerca sul “soggetto” della traduzione, ovvero il traduttore stesso, soprattutto laddove si voglia

provare a descrivere e analizzare la complessità di un processo come è quello della traduzione

poetica e affrontare aspetti difficili da trattare, come quello della creatività in traduzione. Alla

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traduzione letteraria in prosa è dedicato il secondo studio, che si occupa di indagare sui processi

decisionali in atto nel processo traduttivo analizzando il lavoro di cinque traduttori letterari

professionisti alle prese con la traduzione di un racconto breve di Ernest Hemingway verso il

tedesco. Impiegando un approccio multi-metodologico (TAPs, keyboard logging, analisi delle

versioni intermedie delle traduzioni), lo studio vuole mettere in luce come voce e stile del

traduttore emergano nel testo tradotto e come si proceda alla costruzione del significato,

soprattutto in relazione al comportamento dei traduttori nei confronti di ripetizioni e ambiguità

nel testo di partenza.

2.3. Il processo di etero-revisione

Presente in maniera trasversale in gran parte delle definizioni raccolte al capitolo 1, l’elemento

“comparativo” della revisione è centrale anche nella ricerca sull’etero-revisione, come dimostrano

i numerosi studi svolti intorno a questo aspetto. Una delle domande di ricerca poste più di

frequente, riguardo alla revisione comparativa, è in che modo essa influisca su una migliore qualità

del prodotto di traduzione rispetto a una revisione non comparativa. Ne è un esempio il lavoro

svolto da Brunette et al. (2005) così come, seppure in ambito diverso perché orientato

principalmente alla prassi all’interno dell’industria della traduzione, quello svolto da Rasmussen e

Schjoldager (2011), il cui studio indaga la realtà professionale danese con l’intento di comprendere

come e quanto venga svolta la revisione all’interno dei servizi di traduzione forniti da

agenzie/industrie e in che misura si tratti di revisione comparativa.

Relativamente al ruolo che procedure e strategie di revisione diverse possono avere sul prodotto

finale, è da segnalare il ricco e recente lavoro di ricerca condotto da Robert (2008; 2013; 2014)

svolto con una combinazione di strumenti di indagine (TAPs, keystroke logging, revision product

analysis e retrospective interview), e affine a quello svolto da Hansen (2013) per quanto riguarda

l’auto-revisione. Robert confronta il prodotto e il processo di revisione di sedici professionisti al

variare della procedura adottata. Sulla base di uno studio esplorativo svolto in precedenza, le

quattro tipologie di variabile applicate sono: un’unica lettura/controllo monolingue senza

confronto con l’originale, se non in presenza di dubbi; un’unica lettura/controllo bilingue; un

lettura/controllo bilingue seguita da una lettura/controllo monolingue; e infine una

lettura/controllo monolingue seguita da una lettura/controllo bilingue. Contrariamente a quanto

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osservato da Hansen (2013) per l’auto-revisione, Robert conclude che il tipo di procedura adottata

influisce sulla qualità della revisione, sulla sua durata e sul potenziale di individuazione dell’errore.

Tra gli altri studi che si sono occupati delle procedure di revisione con lo scopo di capire se ne

esistano di migliori (o ideali) si riporta quello di Rochard (2002) che analizza una combinazione di

lettura della traduzione ad alta voce da parte del traduttore e contemporaneamente un controllo

del revisore con il testo originale a fronte, descrivendola come

formidable pour apprendre à détecter à la fois les qualités de sa propre traducation et à les défendre par la conviction que l’on met dans la lecture mais aussi les imperfections qui viennent entraver cette même lecture à haute voix (p. 2)

Lo studio di Künzli (2009) prende invece in esame l’ordine di lettura tra ST e TT prima di procedere

alla revisione e in che modo questa scelta influisca sulla qualità finale della traduzione rivista. Lo

stesso autore si è anche dedicato alla etero-revisione da altre prospettive, indagando ad esempio

il rapporto fra tempo dedicato alla revisione e qualità della revisione stessa (Künzli, 2004); la

necessità/non necessità degli interventi di revisione (Künzli, 2005); l’utilità di una conoscenza

specialistica in fase di revisione (Künzli, 2006).

Riguardo al rapporto tempo/qualità della revisione si ricorda anche il contributo di Lorenzo (2002),

che pone l’accento su come questi due elementi non siano direttamente proporzionali tra loro,

soprattutto quando l’attività di revisione viene svolta da studenti, i quali mostrano di tendere, per

la maggior parte dei casi, verso le derive dell’iper- e sovra-revisione indicate da Horguelin e

Brunette (1998). Una suddivisione affine di tipologie di etero-revisione in relazione alla loro

necessità ed economicità, nel contesto dei servizi di traduzione di un’organizzazione

internazionale, è proposta da Prioux e Rochard (2007), che si basa su una classificazione dei testi

per livello di importanza e su una classificazione dei traduttori per livello di affidabilità.

L’etero-revisione è anche oggetto di riflessioni di tipo etico, ma prima di illustrare il lavoro di

ricerca svolto in questo ambito, si vuole fare spazio a una breve riflessione sul concetto di fedeltà,

spesso abbinato all’idea di traduzione. In particolare, si reputa utile accantonare l’idea di

“fedeltà”, che presuppone un rapporto univoco ed esclusivo con una cosa o persona, a favore del

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concetto di “lealtà” come formulato all’interno della teoria funzionalista di Nord.28 Il revisore,

infatti, non può essere fedele solo all’autore, solo al traduttore, solo al lettore, o solo alle richieste

del committente, ma proprio in virtù del suo ruolo di mediatore fra diverse voci, istanze ed

esigenze deve indirizzare eticamente il proprio operato a un atteggiamento di lealtà nei confronti

di tutti gli elementi e degli attori che concorrono alla produzione del testo tradotto. La lealtà del

revisore passa quindi per l’oggettività dei suoi interventi, l’ammissione delle sue eventuali lacune e

inadeguatezze dovute a mancanza di conoscenze specifiche o di esperienza sufficiente per

svolgere un determinato incarico, e anche per la segnalazione dei punti di forza della traduzione su

cui è al lavoro. Questo punto di vista è condiviso da Chakhachiro (2005), che sottolinea come sia

“unethical to make unwarranted stylistic changes as well as to withhold justified changes in order

to discredit or unduly credit the translator” (p. 236). Rispetto all’autore del testo originale e al

testo stesso, il revisore ha inoltre il compito di essere leale nei confronti della verità in senso

assoluto, laddove può essere stata inconsapevolmente travisata. In altre parole, è tenuto a

rettificare errori concettuali e contenutistici che il traduttore non abbia rilevato, segnalato e

corretto, magari per soddisfare una richiesta di aderenza e fedeltà assoluta al testo di partenza

(Mossop, 2001/2014).

Un contributo specificamente dedicato all’etica della revisione è quello di Künzli (2007b), il cui

studio, svolto con il metodo dei Think-Aloud Protocols, rivela quali siano gli attori coinvolti e quali e

quanti dilemmi e conflitti etici sussistano nel contesto della traduzione e revisione, conflitti spesso

causati e amplificati dalla “relative anonymity that characterises the interpersonal

relationships”(p. 44). Pur nel suo ruolo di mediazione, il revisore ha anche responsabilità etiche e

deontologiche verso se stesso, i propri interessi e aspettative professionali e personali, e non

ultimo verso i propri diritti economici. Lo studio sottolinea infatti come uno dei conflitti etici che il

revisore si trova suo malgrado a dirimere è quello fra compensi concessi da una parte e richieste di

rapidità e accuratezza di esecuzione dall’altra.

L’idea di una revisione “eticamente corretta” è inoltre alla base dei principi di revisione formulati

da Horguelin e Brunette (1998) e Mossop (2001/2014), che pongono di nuovo l’accento sulla

valutazione oggettiva della necessità di interventi, sull’importanza di giustificare il lavoro di

28 “Let me call ‘loyalty’ this responsibility translators have toward their partners in translational interaction. Loyalty commits the translator bilaterally to the source and the target sides. It must not be mixed up with fidelity or faithfulness, concepts that usually refer to a relationship between the source and the target texts. Loyalty is an interpersonal category referring to a social relationship between people.” (Nord, 1997, p. 125)

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revisione al traduttore, e sull’importanza di tenere a bada le proprie idiosincrasie e la tendenza a

riscrivere o ritradurre. Questi e altri parametri di revisione saranno presentati e discussi in maniera

più dettagliata al capitolo 4.

2.4. Il concetto di revision competence

Nella misura in cui la presenza di un qualche tipo di revisione all’interno del processo traduttivo

può essere data per scontata, anche la definizione di quali siano le competenze necessarie al suo

svolgimento potrebbe ricavarsi, almeno in parte, da quella più ampia della competenza traduttiva.

Prendendo ad esempio in esame la definizione sintetica fornita da Pym (2003), che vede nella

competenza traduttiva “the ability to generate a series of more than one viable target text […] for

a pertinent source text” (p. 489) unita a “the ability to select only one viable target text from this

series, quickly and with justified confidence”(ibid.), si può dire che questa valutazione delle

alternative sia già una forma di revisione mentale che precede la formulazione del testo tradotto

su schermo o su carta, così come nella definizione più articolata offerta dal gruppo PACTE (2003) si

può notare come la sub-competenza strategica sia di fatto ciò che viene messo in atto in fase di

revisione.29 Il discorso si fa più complesso, tuttavia, se la revisione viene specificamente intesa

come etero-revisione, ovvero non come fase intrinseca al processo di traduzione ma come

momento successivo e applicato a una traduzione altrui. La domanda, dunque, è se queste

competenze traduttive che implicano anche competenze di auto-revisione siano sufficienti a

svolgere in maniera efficace anche il lavoro di etero-revisione.

In quel contributo fondamentale per la ricerca sulla revisione che è il volume Pratique de la

révision, Horguelin e Brunette (1998) vedono nel revisore un professionista con le stesse

conoscenze del traduttore, ma elevate “à la puissance n!”. Il revisore inoltre deve disporre di un

bagaglio di conoscenze e qualifiche di tipo linguistico, culturale e psicoattitudinale e di qualità che i

due studiosi canadesi individuano in questo modo: capacità di giudizio e senso critico; apertura e

curiosità; socievolezza e diplomazia; rispetto per il prossimo e onestà intellettuale; senso di

responsabilità; capacità organizzative (pp. 80-82).

29 “Procedural knowledge to guarantee the efficiency of the translation process and solve problems encountered. This sub-competence serves to control the translation process. Its function is to plan the process and carry out the translation project (selecting the most appropriate method); evaluate the process and the partial results obtained in relation to the final purpose; activate the different sub-competences and compensate for any shortcomings; identify translation problems and apply procedures to solve them.” (PACTE 2003, p. 59)

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La ricerca sulla definizione della revision competence non può prescindere dal lavoro di

Chakhachiro (2005) il quale, dopo aver delineato gli elementi di continuità tra conoscenze e

competenze di traduttore e revisore, inizia anche individuare le specificità del revisore,

sottolineando l’importanza della sua oggettività e della disponibilità a fornire un “rapporto di

revisione” dettagliato e sistematico al traduttore o al committente. Questa linea di ricerca è

ulteriormente approfondita da Hansen (2009a; 2009b) che, pur sostenendo la stretta relazione fra

translation competence e revision competence individua atteggiamenti, abilità e capacità necessari

alla pratica della revisione e li riassume nella formulazione e nella figura che seguono:

A necessary attitude regarding revision is fairness, and necessary skills are attentiveness as to pragmatic, linguistic and stylistic phenomena and errors, the ability to abstract or distance oneself from one’s own and others’ previous formulations and the ability to explain and argue for changes. (2009b, p. 323)

Figura 1: Modello di revision competence (Hansen, 2009a, p.275)

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L’individuazione degli elementi costitutivi della revision competence è anche uno degli obiettivi del

lavoro di ricerca svolto da Horvath (2009) il quale, partendo dall’analisi di un corpus di traduzioni

tecniche dall’inglese al tedesco e relative revisioni, riassume e definisce le cinque principali sub-

competenze del revisore nel modello riportato nella tabella:

Subcompetence Definition

Ameliorative the ability to improve translations

Evaluative the ability to evaluate translations

Translation the ability to supply translation omissions

Comparative-contrastive the ability to compare translations and their originals

Corrective the ability to correct translation errors

Tabella 3: Modello di revision competence (Horváth, 2009)

Già nel 1991 Arthern si era occupato di “misurare” la competenza del revisore in uno studio

mirato a elaborare una formula con cui valutare la performance dello stesso sulla base – fra altri

parametri – della necessità o non necessità degli interventi operati. La formula, successivamente

rielaborata e semplificata a partire da una prima versione leggermente più complessa, prevede

l’osservazione e quantificazione sia degli interventi di revisione apportati sia degli errori sostanziali

e formali non individuati e dunque non corretti o addirittura introdotti dal revisore.

Le competenze del revisore vengono anche evidenziate “per scarto” nell’ambito di studi dedicati al

post-editing e al rapporto con il processo e il prodotto di revisione umana. Nel mettere in evidenza

le abilità del post-editor – abilità di tipo linguistico, tecnico e più generalmente di problem-solving

– Krings (2001) ne sottolinea l’importanza anche per il revisore umano e aggiunge, attingendo al

lavoro di Bernhard (1994), che entrambe le professioni richiedono una buona dose di tolleranza e

la capacità di saper differenziare chiaramente tra quelli che sono miglioramenti puramente

stilistici e quelle che sono delle necessarie correzioni linguistiche.

Nel promuovere l’idea di una formazione specifica nell’ambito della revisione, Brunette (2000a)

individua i principali obiettivi didattici di un percorso di questo tipo e altrettante competenze:

padronanza del codice di riferimento della revisione; capacità di distinguere tra correzioni e

miglioramenti; capacità di giustificare e motivare problemi di traduzione e interventi di revisione;

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capacità di distinguere il confine fra revisione e necessaria ritraduzione o riscrittura sulla base della

qualità globale della traduzione; padronanza degli strumenti informatici.

Allo stesso modo Künzli (2006a) si concentra su tre sotto-competenze che sembrano necessarie

per svolgere l’attività di etero-revisione e che dovrebbero essere considerate nella formulazione di

un percorso formativo ad-hoc: competenza strategica, competenza interpersonale, competenza

professionale e strumentale. Sottolineando il debito nei confronti di altri studi sulla competenza

traduttiva e integrandoli con i risultati di studi condotti personalmente, Künzli arriva a definire la

competenza strategica come “the ability to develop a task definition for the revision job at hand,

to apply relevant evaluative criteria, and to decide what to do after a problem has been detected”

(p. 9); la competenza interpersonale come “the ability to collaborate with the different actors

involved in a translation project: translators, revisers, translation companies, commissioners

and/or source-text authors” (ivi, pp. 11-12); e infine la competenza professionale e strumentale

come un insieme di conoscenze: “knowledge related to professional translation practice (the work

market of time management, ethics, billing)” e “knowledge of the use of information sources and

tools”(ivi, p. 13)

A cavallo tra revision competence ed editing competence si colloca il contributo di Kruger (2008)

che individua cinque “core skills for editors” per poi ampliare la riflessione nell’ambito della

didattica dell’editing sottolineando l’importanza di acquisire consapevolezza non solo linguistica e

teorica, ma anche di elementi testuali, editoriali e comunicativi tra cui

content editing on micro-textual as well as macro-textual level; awareness of the ideological

functions of texts within a particular society; typography and layout; hard-copy and electronic editing

skills; professional factors including ethics, interpersonal aspects, professional behavior, professional

bodies and the importance of professionalization. (pp. 50-51)

A conclusione di questa breve rassegna sui contributi all’individuazione della revision competence

e dei suoi elementi costitutivi si vuole riportare l’attenzione sul contesto della traduzione e

revisione editoriale e letteraria citando innanzitutto un breve e recente articolo intitolato “The Art

of Translation and the Art of Editing” (Fordoński, 2014) che, pur tradendo la triste confusione

terminologica fra editing e revisione di una traduzione, si concentra di fatto sull’attività di

revisione e individua le competenze essenziali del revisore nella creatività e sensibilità letteraria,

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nella auspicabile conoscenza della lingua del testo originale o almeno di una lingua straniera e

nell’ottima padronanza della lingua di arrivo.

Un’ultima parola sulle competenze proviene da un estratto presente in Wilson (2009) in cui, pur

riferendosi nello specifico a scrittori e traduttori, viene menzionata una capacità che è

fondamentale anche per il revisore, ovvero quella di dubitare sempre e comunque, e di “fiutare” il

possibile errore. L’autore riporta un breve brano a opera di Irène de Buisseret, traduttrice

canadese:

Every flaw, every blemish, every frailty is a step forward. As the days, months and years go by, willy-nilly, we squirrel away treasures, we perfect that instrument called doubt which is essential to our craft (wisdom begins with doubting what we think we already know), and we sharpen that tool described by Hemingway with his characteristic pungency:

The most essential gift for a good writer (I would add: for a good translator) is a built-in, shock-proof shit detector. This is our radar, and all great writers (translators) have had it.

The more we translate, the more we develop this instinct, this ‘shit detector’ […] which allows us to home in on whatever doesn’t work in a translation and fix it. (p. 235-236)

2.5. La revisione nella didattica della traduzione e la didattica della revisione

Numerosi contributi sottolineano ormai l’importanza della pratica della revisione non solo come

strumento didattico nell’insegnamento della traduzione ma anche come contenuto a sé stante, da

inserire nel percorso di crescita conoscitiva e professionale dei futuri traduttori che, sempre più

spesso, vengono chiamati a svolgere altre funzioni all’interno della filiera di produzione del testo

tradotto (Payne, 1987; Mossop, 2001/2014; Lorenzo, 2002; Saridakis and Kostopoulou, 2003;

Brunette, 2003; Künzli, 2006a; Brunette, 2007; Way, 2008a, Hansen, 2009a; 2009b). In particolare,

all’introduzione della revisione nella didattica della traduzione si riconosce una sua generale

validità come procedura di apprendimento

The way that most students seem to improve is to incorporate what is taught in class into their revision strategies. In fact, it seems the way most students assimilate what is overtly taught in translation classes is through their revision strategies (Séguinot, 1991, p. 86)

così come un ruolo fondamentale nell’acquisizione di una maggiore competenza traduttiva

(Mossop, 2001/2014). Una specifica competenza in revisione è inoltre descritta come una

necessità in ambito professionale, da applicare sul proprio lavoro e quello altrui (Hine, 2003;

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Saridakis and Kostopoulou, 2003) e anche come elemento importante verso la costruzione di una

sempre più solida consapevolezza del ruolo svolto all’interno del processo di produzione di una

traduzione (Way, 2008)

Per contro, sono ancora poche le esperienze didattiche concrete e gli studi sulla didattica della

revisione in termini di obiettivi formativi, contenuti, metodi e strumenti. Tra questi ricordiamo

innanzitutto Mossop (1992), il quale individua gli obiettivi di un corso di revisione a livello

undergraduate sulla base di un’indagine da lui condotta nel 1990 tra docenti di corsi di revisione in

Canada. Dopo aver individuato delle criticità condivise da tutti gli studenti (“They make too many

changes – unnecessary revisions – and the wrong kind of changes – focusing on tiny nuances or

small points of usage and ignoring macrotextual features.” p. 81), Mossop riporta cinque obiettivi

principali da raggiungere al termine di un corso di revisione:

maggiore senso critico;

migliore consapevolezza traduttiva;

migliore capacità traduttiva;

migliore capacità di lavorare con la lingua di arrivo;

comprensione di cosa comporti l’attività di revisione.

Mentre per i primi quattro obiettivi la revisione è uno strumento finalizzato all’acquisizione di una

migliore competenza traduttiva, il quarto attiene specificatamente al lavoro del revisore in quanto

diverso da quello del traduttore. Questi macro-obiettivi vengono declinati da Mossop in micro-

obiettivi specifici, ovvero: consapevolezza della differenza tra “ritradurre” e “rivedere”; capacità di

giustificare gli interventi di revisione; apprendimento di una procedura di auto-revisione; capacità

di leggere il testo dal punto di vista del “lettore finale”; capacità di concentrarsi su macrostrutture

testuali; sviluppo di pratiche consapevoli e individuali riguardo alle questioni di “correttezza

d’uso”; consapevolezza dell’importanza dell’auto-revisione nel processo di traduzione;

comprensione del ruolo istituzionale e del potere normativo della riscrittura. Vengono inoltre

proposti esercizi mirati al conseguimento di queste capacità.

In un’interessante rassegna su come nasca il bisogno di formazione in revisione in determinati

contesti professionali, geografici e culturali (si porta l’esempio del lavoro di traduzione e revisione

all’interno delle Nazioni Unite, e quello legato alla particolare situazione di bilinguismo in Canada),

Hine (2003) riferisce della sua esperienza di didattica della traduzione in un contesto multilingue e

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partendo dalle tematiche riportate in Horguelin e Brunette (1998) struttura un programma di

revisione testuale articolato in quindici settimane in cui sono presenti contenuti teorici (il concetto

di revisione e definizioni del termine, principi generali di revisione, parametri di controllo, tipologie

di revisione), contenuti strumentali (norme redazionali, strumenti informatici, uso di machine

translation), esercitazioni pratiche di revisione su varie tipologie testuali, e discussione di alcuni

aspetti relativi alla revisione come attività collaborativa e dunque ai rapporti interpersonali e

professionali.30 Sembra utile riportare due importanti conclusioni a cui Hine giunge al termine

dell’esperienza didattica, ovvero la possibilità di insegnare la revisione testuale in corsi senza

combinazioni linguistiche specifiche e la possibilità di insegnare la revisione testuale in modalità

“a distanza”.

Sulla base del bisogno formativo riconosciuto all’interno dell’industria della traduzione, per cui

while professional translators are increasingly required and expected to perform translation-related

tasks such as précis-writing, revision and editing, very few are actually trained properly to do so.

(Schjokdager, Rasmussen e Thomsen, 2008, p. 800)

e considerando le linee guida dell’European Master’s in Translation (EMT), nel 2005 è stato avviato

un progetto di sviluppo e svolgimento di un modulo didattico dal titolo “Précis-writing, revision

and editing” presso la Aarhus School of Business, Danimarca, con relativa creazione di materiali tra

cui un toolkit analitico ed esercitazioni da svolgere. Il modulo è suddiviso in tre fasi: introduzione

di una settimana, corso di tre mesi da svolgersi in modalità e-learning, esame scritto. Dagli

obiettivi che si propone risulta un’idea di revision competence come di una serie di abilità e

conoscenze teorico-pratiche, consapevolezza critica e operatività, capacità analitica e corretta

applicazione della teoria alla pratica, capacità comunicativa con colleghi e clienti, capacità di

ricerca di informazioni. Interessante notare come nelle raccomandazioni fornite alla fine

dell’esperimento didattico, gli autori abbiano rilevato l’importanza se non addirittura la necessità

di comunicazione interattiva e contatti personali sia fra studenti sia fra studenti/docenti:

When they know each other on a more personal level, both students and instructors will probably be much more at ease sending and receiving frank and to-the-point feedback during the e-learning session. ( p. 812)

30 Per una descrizione particolareggiata dei contenuti del corso e della sua articolazione si veda Hine (2003, p. 142)

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Tra le esperienze didattiche più recenti e in contesti diversi, si segnalano brevemente quella svolta

e riferita da Cheong (2010) sulla conduzione di un laboratorio di revisione avente come materiale

di lavoro un testo a fumetti e quella riferita da Sigareva (2010) su un progetto di traduzione e

revisione di “university module descriptions” in collaborazione tra la Herzen State Pedagogical

University of Russia, San Pietroburgo e la Westminster University, UK, Londra.

A sostegno di una didattica dell’editing – e dunque del lavoro sul testo in una fase successiva a

quella della sua redazione – in ogni percorso formativo accademico di tipo umanistico e linguistico

è anche Kruger (2008), che individua le abilità e competenze centrali al lavoro dell’editor

(conoscenze e abilità linguistiche, metalinguistiche e di produzione del testo, attenzione e

meticolosità, sensibilità e capacità di mediazione, abilità tecniche e professionali) e ne sottolinea

l’importanza non solo per gli editor ma per ogni professionista delle lingue, traduttori e revisori

compresi. Pur consapevole delle diversità e specificità di editing e revisione Kruger ne sostiene la

“trasferibilità” da un dominio all’altro, in un circuito virtuoso di effetti positivi. Il suo contributo –

finalizzato principalmente a sostenere l’importanza di formare editor, redattori e revisori in

ambito accademico – si muove a cavallo tra revisione ed editing sottolineando i vantaggi di una

“positive cross-fertilization” tra diversi ambiti disciplinari e facendo leva sul concetto di

“transferable skills”. Nel riassumere infine le abilità fondamentali da acquisire e i contenuti teorici

e pratici da integrare all’interno di un percorso formativo in editing, l’autore delinea un’utile

traccia su cui costruire e riformulare un percorso finalizzato alla formazione teorica e pratica

dell’editore e del revisore. Si rimanda a Kruger (2008, pp. 52-53) per una descrizione dettagliata

del modello didattico proposto.

In termini di elementi da inserire in un potenziale corso di revisione, va anche citato il contributo

di Künzli (2006a), il quale delinea i seguenti contenuti didattici:

revision history, theory, research, concepts and definitions

revision principles

revision procedures

revision parameters

the relationship between reviser and revisee

revision as a profession

the reviser’s information sources and tools (p. 17)

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Künzli propone inoltre modalità didattiche e di apprendimento mirate, ovvero lezioni frontali in cui

comunicare i principali contenuti teorici, seminari ed esercitazioni collaborative con scambio di

ruoli e peer assessment, e progetti di revisione individuali. Le stesse modalità individuali e di

gruppo sono alla base delle attività di valutazione del percorso formativo proposte a conclusione

del contributo.

Riguardo alla valutazione delle competenze raggiunte, degli elementi ancora lacunosi e delle

attività di potenziamento e completamento delle conoscenze e abilità non acquisite è dedicato il

contributo di Way (2008b) che propone una sorta di “registro” (denominato “Achilles’ Heel

record”) riferito alla più generale translation & translator competence sul modello indicato da

Kelly (2002; 2005) ma che risulta particolarmente affine al processo e alla pratica della revisione

nella sua suddivisione in ambiti di intervento, problemi/lacune, attività “riparatrici”.

A conclusione di quanto detto sulla specificità della formazione in revisione, si riporta il contributo

di Hansen (2009b) che, nel definirne gli obiettivi didattici mette in risalto l’importanza di acquisire

una maggiore consapevolezza traduttiva e di revisione in generale

The main goal of the revision training is to raise awareness – awareness as to all kinds of translation and revision relevant phenomena – and to enable description at different levels of abstraction (p. 319)

e una più specifica competenza dichiarativa

Revision training, in addition to translator training, aims at providing students with active knowledge

and declarative competence concerning the categories and criteria of classification, as well as the

relevant expressions (terms) they can use professionally, in situations where they have to identify,

explain and justify necessary revisions of texts – often texts which have been written or translated by

a colleague (ivi, p.313)

Volendo anche offrire una breve ricognizione sulle pubblicazioni espressamente dedicate alla

didattica della revisione delle traduzioni, si riporta innanzitutto il manuale di Thaon e Horguelin

(1980) come primo strumento in grado di offre una panoramica didattica e professionale sulla

revisione nel contesto dell’industria della traduzione canadese. Fondamentale è il più volte citato

Pratique de la révision Horguelin e Brunette (1998) che tratta in maniera ricca e dettagliata

questioni teoriche, pratiche e professionali, proponendo definizioni, parametri, principi, procedure

ed esercizi di revisione monolingue e bilingue (inglese-francese). Altrettanto imprescindibile è il

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testo di Mossop (2001/2014), uno strumento didattico e auto-formativo che distingue innanzitutto

tra editing e revisione e propone spunti e indicazioni didattiche, check-list di controllo, parametri e

procedure per la pratica professionale, senza tralasciare riferimenti alla ricerca accademica già

svolta e auspicabile. Più recente e più ricco nella parte dedicata alla pratica della revisione

bilingue, nello specifico della coppia linguistica francese-italiano, è il manuale di Guasco (2013).

Per quanto riguarda infine lo spazio dedicato alla revisione all’interno di una più generale

manualistica sulla traduzione si segnalano Graham (1989), che propone definizioni e parametri da

utilizzare come linee guida e di controllo nella pratica della auto- ed etero-revisione, e in ambito

italiano il ricco e recente Di Gregorio (2014), testo che si annuncia dedicato ai professionisti ma sia

nel tono sia nell’intenzione si dimostra uno strumento di assoluta validità didattica, proprio nella

corposa parte dedicata alla revisione del testo tradotto che, a onor del merito, viene fin da subito

distinta dal lavoro di cura redazionale. Il testo offre spunti teorici, etici e pratici,

dall’organizzazione del lavoro, agli strumenti, ai parametri da applicare, il tutto corredato da

esempi pratici di revisione analizzati e discussi (in più combinazioni linguistiche). Benché meno

numerose vanno segnalate le pagine che anche Morini (2007) dedica alla revisione, soprattutto nei

suoi concetti e principi generali più che nella applicazione pratica. Gli ultimi, brevi contributi che si

desidera riportare, proprio perché relativi alle specificità del contesto editoriale e letterario sono

quello di Landers (2001), autore di una guida che propone una procedura di lavoro e una sequenza

di fasi da applicare alla revisione di una propria traduzione letteraria, e quello di Cavagnoli (2012)

che si concentra anch’esso principalmente sull’esperienza di auto-revisione fornendo utili spunti di

riflessione e trucchi del mestiere, ma che accenna anche alla più critica fase successiva di

negoziazione con il revisore esterno e con le dinamiche redazionali ed editoriali in genere.

2.6. La revisione editoriale nella pratica professionale

Non esistendo ancora, per quanto riguarda la ricerca accademica sulla revisione editoriale e

letteraria, una ricchezza di studi e contributi paragonabile a quella di altri ambiti della revisione, si

è voluto raccogliere in questa sezione una serie di apporti di taglio più strettamente professionale

‒ non inseriti in manuali, guide o libri di testo bensì estrapolati da atti di convegni e simposi,

resoconti di interviste e colloqui ‒ che possono aggiungere dati e informazioni utili alla conoscenza

di questa fase di produzione di una traduzione. L’esigua percentuale dei testi tradotti all’interno

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dell’editoria di lingua inglese spiega la scarsa presenza della revisione di una traduzione come

argomento di discussione fra i professionisti di questa area linguistica,31 argomento che invece sta

figurando sempre più spesso all’interno di convegni, incontri, e giornate di studio in ambito

italiano, segno di un bisogno conoscitivo e di un interesse crescenti.

Tra i contributi di area anglosassone si segnala quello di Paul (2009) sulla pratica della traduzione

editoriale nel Regno Unito. Questo lavoro offre un’interessante panoramica su tutta la filiera

editoriale di una traduzione e consente di individuare atteggiamenti culturali e professionali molto

diversi da quelli della realtà italiana, non ultimo in relazione all’attività di revisione, alle modalità

con cui viene svolta e sulla base di quali principi e parametri. L’idea di revisione come “arte” è al

centro dell’elegante contributo di Bernofsky (2013) sull’auto-revisione delle proprie traduzioni

letterarie dal tedesco all’inglese. L’autrice condivide con il lettore le fatiche e i piaceri del lungo

percorso che conduce alla consegna di una traduzione all’editore, un cammino irto di ostacoli che

richiedono e trovano soluzioni talvolta immediate e tempestive, talvolta lunghe e laboriose.

Nell’ammettere che ogni traduzione porta con sé un processo di trasformazione, Bernofsky

conclude:

It just isn’t possible for a text to work in its new language and context in exactly the same way it worked in the original. When you create a translation of a literary work, you are creating a new set of rules for the text to operate by. This is what revision is for. Only by revisiting a text again and again, doubting and testing the strength of each of its sentences, can we produce translations that merit consideration as works of literature(p. 233)

In ambito italiano, si è spesso parlato di revisione in occasione delle Giornate della Traduzione

Letteraria che si svolgono ogni anno a Urbino (quella del 2015 sarà la XIII edizione) e di cui si può

leggere un resoconto dei contributi a esse dedicati in Arduini e Carmignani (2012; 2013). Si

segnalano in particolare quello di Marchi (2012) rivolto alle varie figure di editor, revisori e

redattori; quello di Bazardi (2012) sul lavoro di editing e revisione nei romanzi rosa; il contributo di

Repossi (2012) sul ruolo del revisore all’interno della filiera di produzione del libro tradotto, e

infine quello di Testa (2013) che presenta la revisione dalla doppia prospettiva del revisore e della

casa editrice che la commissiona.

31 Si fa riferimento a quest’area linguistica perché è quella, insieme all’area italiana, di cui si ha conoscenza diretta e perché i dati raccolti nell’ambito del sondaggio si riferiscono all’attività di revisione di una traduzione nella combinazione linguistica inglese-italiano. Si ritiene che ulteriori informazioni sul mondo editoriale e traduttivo di questi di ambiti geografici in particolare possano essere utili a comprendere le diverse pratiche di revisione.

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Si vuole concludere questa breve rassegna dando voce ai traduttori che hanno raccontato del loro

rapporto, spesso di odio e amore, con la fase di revisione, sia svolta da loro stessi sulle proprie

traduzioni, sia svolta da revisori esterni. Molti e interessanti sono in contributi raccolti in

Carmignani (2008) e Manfrinato (2008), di cui si propone una selezione con indicazione

dell’autore/autrice. L’auspicabile rapporto di dialogo costruttivo tra revisore e traduttore, e il

rispetto per l’individualità della voce altrui, benché diversa dalla propria, e per le strategie e le

scelte che ne derivano, è l’argomento di questo primo contributo:

[…] un revisore di traduzioni deve essere lui stesso un buon traduttore. Non può essere uno con la

matita rossa e blu che individua l’errore, la falla, la svista, il piccolo salto: queste sono cose che

succedono, che vanno viste e emendate, ma il lavoro del revisore non si riduce a questo. […] Il

revisore dovrebbe avere un contatto molto intenso, fin dall’inizio del lavoro, col traduttore. […]

Qualche volta l’editor [sic.] può trovare una soluzione più felice del traduttore, o, come spesso

accade, può fornire al traduttore uno stimolo a trovare lui stesso una nuova, più felice soluzione.

Nello stesso tempo però, proprio perché la voce del traduttore è o dovrebbe essere una voce

letteraria originale, anch’essa va rispettata. Forse io, revisore, avrei reso diversamente quella parola

o quella pagina, ma se individuo nella pagina del traduttore coerenza, sensibilità, sensatezza, devo

essere capace di fare un passo indietro. (Renata Colorni in Carmignani, pp.26-28)

Quando tuttavia il lavoro di revisione non viene svolto secondo quei criteri di serietà, rispetto e

onestà intellettuale che sono considerati il bagaglio etico e deontologico di un bravo revisore, può

capitare di leggere resoconti come quello riportato qui di seguito, dove il lavoro sul testo assume i

contorni di una “giustizia sommaria”:

[…] nelle redazioni si annidano ancora spudorate signorinelle che leggono la tua traduzione con la

tecnica del carotaggio (un brano qui, un passo là, tanto per vedere di che sapore è: alla faccia della

revisione editoriale), salvo poi sostituire tutti gli ‘allo stesso tempo’ con il burocratico ‘ al

contempo’, o eliminare le note perché ‘appesantiscono la lettura’” e ancora “si aggirano caporali-

redattori al profumo di violetta che sottopongono il tuo testo a tre o quattro mani (mani di persone

diverse, si badi) di editing forsennato e delirante, pretendendo che alla fine tu lo rilegga, lo metta a

posto (elimini, cioè, gli strati di sciocchezze e bestialità che vi si sono sovrapposti) e lo riconosca

ancora come tuo. (Glauco Felici in Carmignani, pp.154-55)

Ma nonostante le esperienze negative e quel materno istinto di iper-protezione del proprio lavoro

che ogni traduttore ha provato almeno una volta, la consegna della traduzione in mani altrui, e

dunque la revisione esterna, può effettivamente rappresentare un momento di felice scoperta,

come traspare dalle parole che seguono:

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Sono una grande sostenitrice del lavoro di redazione sui libri che si pubblicano e noto con

rammarico che non si fa quasi più. Trovo indispensabile uno sguardo esterno, più oggettivo, sulle

mie traduzioni. Quando lo ho avuto, è stato prezioso e competente e soprattutto stimolante: è

bello lavorare insieme, dopo tanta solitudine durante la traduzione vera e propria, e insieme a volte

è scoccata la scintilla della soluzione giusta, che non era né la mia né quella della redattrice, ma una

terza, che scaturiva come per forza propria da quelle. (Adriana Bottini, in Cavagnoli, p. 148)

2.7. Revisione e qualità

“I sometimes wonder how we manage to mark exams and revise translations with such

confidence, when we have no objective way of measuring quality and no agreed standards…”

(Chesterman e Wagner, 2002, p. 88)

Questa frase riassume perfettamente il limite di ogni atto valutativo, che si tratti di dare un voto in

occasione di un esame o di apportare modifiche migliorative a una traduzione considerata

insoddisfacente: l’impossibilità di garantire oggettività assoluta. Tuttavia, mentre nell’industria

della traduzione la qualità dei servizi traduttivi resi è definita da standard riconosciuti a livello

europeo e la revisione svolge un ruolo preciso e normato nel soddisfacimento degli standard

suddetti, il mondo della traduzione e della revisione editoriale è ancora ben lontano dal potersi

dotare di criteri qualitativi condivisi che descrivano la bontà del processo e del prodotto editoriale.

Nella convinzione che la “contaminazione” tra ambiti professionali diversi sia sempre proficua dal

punto di vista non solo conoscitivo ma anche dell’applicazione pratica, si è scelto di illustrare

brevemente gli studi che si sono occupati del rapporto fra revisione e qualità, nella speranza che

un giorno anche l’editoria possa aprirsi a un modo più trasparente di gestire la filiera di produzione

del libro tradotto, prendendo atto innanzitutto delle peculiarità di determinate fasi e ruoli di

lavoro e dando loro il giusto spazio e il giusto riconoscimento professionale, sociale ed economico.

Vale innanzitutto la pena riportare il contributo di Hernández Morin (2009b), che oltre a trattare la

revisione come elemento chiave per la gestione della qualità nei contesti linguistici internazionali

offre una panoramica diacronica su teorie e i principi generali di qualità e sui criteri di qualità

utilizzati in revisione.

Della revisione come strumento per garantire la qualità di una traduzione si tratta ampiamente

anche in Chakhachiro (2005). L’autore individua nella revisione una forma di critica della

traduzione, una valutazione competente e professionale delle scelte di traduzione e del loro esito

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complessivo, che non può prescindere da un’analisi contrastiva, da capacità linguistiche e

interpretative applicate al testo originale e al processo di traduzione, e da una conoscenza

approfondita della cultura, della lingua, della letteratura e del pubblico di arrivo. Oltre

all’accuratezza della traduzione in termini di stile e significato, la revisione, “should make it clear

‘why’ amendments are or are not warranted”(p. 227). In una sinergia di conoscenze stilistiche,

competenze tecniche e deontologia professionale, Chakhachiro individua i criteri di valutazione

che il revisore deve applicare alla traduzione attraverso una doppia analisi, quella del testo

originale e quella comparativa fra testo originale e testo tradotto, tenendo conto degli aspetti che

riguardano il significato del messaggio (in termini di contenuto, lingua, struttura e contesto) e lo

stile in cui è comunicato (peculiarità linguistiche, idiosincrasie dell’autore, conoscenze del lettore,

tipologia e funzione testuale).

Anche il contributo di Parra Galiano (2007a) alla ricerca sulla revisione è legato al rapporto con la

qualità, questa volta intesa come conformità a determinate norme dell’industria della traduzione

(l’autrice fa riferimento al sistema in uso presso il servizio di traduzione dell’Unione Europea, alla

norma tedesca DIN 2345 e alla norma LISA QA, in uso nel settore della localizzazione). Partendo

inoltre dalla letteratura esistente sulla revisione, Parra Galiano (2007b) propone una procedura

metodologica di revisione, principi di revisione e parametri. Come si è già detto, poiché quello

della qualità è un ambito di riferimento specifico e normato all’interno dell’industria della

traduzione ma non nella traduzione editoriale, parte delle proposte e delle riflessioni contenute in

questo contributo non sono applicabili al settore dell’editoria, ma forse proprio dal confronto e dal

contrasto fra questi due diversi contesti risultano più evidenti priorità e specificità di entrambe le

tipologie di traduzione. Dei sette principi di revisione individuati da Parra Galiano:

1. conoscere l’incarico di traduzione/brief; 2. leggere il TT come se si trattasse di un testo scritto in lingua originale; 3. verificare la fattibilità/produttività della revisione; 4. determinare la modalità di revisione e il grado di revisione richiesto dal TT; 5. ridurre al minimo gli interventi apportati al TT; 6. giustificare gli interventi di revisione; 7. prendere atto della responsabilità del revisore (p. 201-2)

solo il quarto e il sesto principio risultano del tutto condivisibili e applicabili alla traduzione

editoriale. Raramente, infatti, il revisore che lavori come freelance per una casa editrice riceve sul

testo tradotto informazioni aggiuntive oltre a nome e contatto del traduttore, tariffa di revisione e

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data di consegna, e una volta accettato l’incarico deve poter garantire, a prescindere dalla qualità

della traduzione, dal tempo concesso e dalla tariffa accordata, una lettura comparativa ST/TT. È

infatti forse questa, la differenza principale dell’approccio proposto da Parra Galiano: né tra i

principi né nella proposta metodologica abbinata viene nominata la lettura comparativa come

prerequisito dell’attività di revisione, laddove invece viene data la precedenza a un lavoro di

“editing” sul TT.

Continuando a sottolineare i punti di discontinuità tra i principi di cui sopra e quelli applicabili al

settore dell’editoria, va detto che il revisore editoriale non ha come obiettivo un vantaggioso

rapporto tariffa/numero degli interventi e dunque la quantità e l’entità degli stessi non sarà legata

ad altri fattori che non siano da un lato la competenza del traduttore e la qualità della traduzione,

e dall’altro la competenza del revisore. In ambito editoriale, infine, non è il revisore ad avere

l’ultima parola sul testo, e la sua non è una responsabilità finale bensì solo parziale, di una fase

intermedia dell’intero processo di produzione di un testo tradotto.

Sempre in relazione all’obiettivo della qualità della traduzione, vengono individuate da Parra

Galiano diverse tipologie di revisione (contenutistica, linguistica, funzionale, e di presentazione del

TT) e altrettanti profili di revisore abbinati, rispettivamente denominati revisor temático, revisor

lingüístico, revisor-traductor, revisor tipográfico. È da sottolineare che si tratta di una distinzione

legata alla natura e all’entità del lavoro di revisione e a eventuali competenze specifiche richieste

al revisore, e non a diversi “stili” e procedure personali di revisione, come visto in Seguinot (2005)

e Alves e Vale (2011).

Di diverse tipologie di revisione intesa come pratica valutativa, si era già occupata Brunette

(2000b) nel contributo volto a chiarire gli aspetti terminologici e le peculiarità delle varie tipologie

e procedure di controllo della qualità (vedi cap. 1). L’autrice distingue innanzitutto tra revisione

pragmatica, revisione didattica, controllo della qualità, valutazione della qualità, e assicurazione

della qualità (anche denominata “fresh look”) laddove la revisione pragmatica è l’attività di

valutazione che ogni traduttore esegue prima di consegnare il proprio lavoro al committente; la

revisione didattica è l’attività di etero-revisione con finalità migliorativa che prevede un contatto

tra revisore e traduttore per illustrare e spiegare la ragione degli interventi; la valutazione della

qualità è una pratica manageriale volta ad attribuire un giudizio di valore di una traduzione

definitiva rispetto al testo di partenza, per confermare la validità di un traduttore, assumerne di

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nuovi, o comunque per questioni di produttività; il controllo della qualità si esegue invece su un

campione di testo, non prevede una valutazione numerica ed è motivata da una lamentela o

contestazione da parte del cliente finale; l’assicurazione di qualità serve infine a valutare il lavoro

svolto dalla prospettiva del lettore finale e prevede un controllo del solo testo di arrivo.

Nel concedere infine la possibilità di diversi “gradi” di revisione viene sottolineata la differenza tra

revisione completa (di grado superiore) che prevede la lettura totale del TT e il confronto con il ST

(detta anche revisione comparativa); revisione parziale (di grado intermedio) che prevede la

lettura totale del TT e a volte il confronto con il ST (detta anche revisione monolingue); e infine

una revisione parziale di grado inferiore che prevede la lettura a campione (di solito un 10% del

TT) e il confronto con il ST (detta anche revisione a campione).

Un contributo precedente, volto anch’esso a offrire un’indicazione precisa di come la revisione,

perseguendo determinati obiettivi, significhi migliorare la qualità di una traduzione è quello di

Sager (1994), che sintetizza le seguenti finalità:

control of the accuracy of translation equivalents, including control of the completeness of a translation, e.g. omissions.

quality control of style, e.g. for eliminating anglicisms, gallicisms, and other form of source language interference which can creep into a text. […]

restoring written language characteristics in texts which were dictated.

harmonisation of texts by a single author translated by different translators and long texts shared out among various translators. […]

adjusting the translation product to a particular level or style of expression characteristic of the organisation. (Sager, 1994, p. 239)

Alla revisione come pratica per garantire la qualità di ciò che è prodotto dai servizi di traduzione

dell’Unione Europea è dedicata qualche interessante pagina di Wagner et al. (2002), il cui pregio è

quello di sdrammatizzare ciò che viene spesso vissuto come un momento di verifica del proprio

valore professionale. A seconda della funzione, del pubblico e della circolazione a cui è destinata

una traduzione esistono diverse politiche di revisione, attività che viene comunque incoraggiata

tra i traduttori giovani come strumento formativo e per evitare che si formi l’idea di una “casta dei

revisori”.

Nell’ambito dei servizi di traduzione, editing e revisione offerti da grosse realtà multinazionali si

colloca il contributo di Permentiers et al. (2000), che tra le “istruzioni per l’uso dei servizi linguistici

e multimediali” tratta di nuovo della revisione come del “secondo fattore di qualità nella

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traduzione” e mette particolarmente in luce il rapporto fra revisore e traduttore, giocato fra la

“voluttà della penna rossa” del primo e l’impossibilità del distacco psicologico del secondo.

La relazione fra revisione e qualità in un’ottica di rapporto costi-benefici è argomento del

contributo offerto da Martin (2007)32, il quale prende in esame lo standard UNI EN 15038 e il ruolo

che la revisione ha al suo interno, ovvero di strumento per garantire la qualità dei servizi di

traduzione, sottolineando come tale ruolo sia importante ma non esclusivo, e come invece la vera

forza della revisione sia da rintracciare nel potenziale di crescita qualitativa non solo del prodotto

ma dell’intero ciclo di produzione,

as a feedback tool that allows its results to be channelled back into the whole cycle of translation

production in order to eliminate or reduce problems at source. Only when that happens can one

claim that risks and resources are well managed.

Sempre al rapporto tra revisione e controllo di qualità nel contesto di un’agenzia di traduzione

privata e all’interno della Direzione Generale della Traduzione della Commissione europea

Bruxelles è rivolto il contributo di Bertaccini e Di Nisio (2011) che oltre a descrivere prassi e

procedure in questi due ambiti illustra il ruolo svolto dai software nello svolgere il controllo di

qualità di quelle traduzioni che – in questi due contesti – vengono eseguite con programmi di

traduzione assistita. I due autori presentano e commentano inoltre i dati raccolti attraverso un

questionario rivolto a traduttori e revisori attivi in questi due ambiti di lavoro e propongono una

check-list, ovvero una serie di punti che il revisore può utilizzare come promemoria al momento

del lavoro sulla traduzione. L’attività di controllo qualità è innanzitutto suddivisa in quattro aree,

che contengono a loro volta dei sottoinsiemi: contenuto (completezza, correttezza di

trasposizione, layout e formattazione, rispetto dello scopo del testo, conformità a eventuali

modelli forniti) correttezza (correttezza ortografica, eliminazione di errori di grammatica,

eliminazione di errori nell’originale), terminologia (uniformità e conformità a richieste specifiche) e

aspetti linguistici (stile, scorrevolezza del testo, citazioni, aspetti interculturali).

Un atteggiamento critico sulla revisione in quanto efficace strumento di controllo qualità è quello

di Martin (2012) il quale, benché riferendosi al contesto dell’industria della traduzione, pone

32

Articolo consultabile all’indirizzo http://translationjournal.net/journal/59editing.htm. Ultimo accesso 10 maggio 2015

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interessanti quesiti applicabili anche ad altri contesti di revisione, e sottolinea come questa, per

essere migliorativa, non possa prescindere dall’esperienza e competenza di chi la svolge:

a second translator/reviser must have the same knowledge, skills and conscientiousness that a translator needs to assure quality. If this is not the case the other-revision cannot systematically assure quality.

Si vuole concludere questa breve panoramica sul rapporto fra revisione e qualità riportando uno

dei pochi contributi in ambito italiano, ovvero il “Decalogo per il processo di lavorazione delle

traduzioni” elaborato da STRADE, il Sindacato dei Traduttori Editoriali nel 2013 con lo scopo di

individuare buone prassi per una collaborazione traduttore-revisore improntata sul rispetto delle

reciproche professionalità e sulla ricerca della qualità. Tra i punti salienti del documento,

consultabile nella sua interezza tra gli allegati, si segnalano l’importanza di un contatto precoce fra

traduttore e revisore, l’auspicabile competenza linguistica del revisore, la necessità di sottoporre

al traduttore il testo rivisto perché possa accettare, rifiutare o discutere le modifiche apportate, e

la ricerca di una comunicazione costante tra tutti gli attori della filiera editoriale.

2.8. Revisione, editing e scrittura originale

In quest’ultima parte del capitolo si vuole offrire una breve panoramica della ricca letteratura,

principalmente in lingua inglese, dedicata alla teoria e alla pratica della revisione nel processo di

scrittura originale (che, per coerenza terminologica con quanto espresso al capitolo 1,

chiameremo anche editing). Pensando alla revisione come fase comune di entrambi i processi di

scrittura, traduzione da un lato e produzione originale dall’altro, si ritiene utile approfittare del

bagaglio di conoscenze acquisite e di indirizzi di ricerca già percorsi dai Writing & Editing Studies,

soprattutto in ambito didattico e cognitivo, nella convinzione che possano sollecitare nuovi quesiti

di ricerca anche in ambito traduttologico, soprattutto nel settore della traduzione editoriale e

letteraria, la cui richiesta in termini di competenze linguistiche, creatività e sensibilità lo rende

particolarmente affine a quello della scrittura originale.

Nel contesto anglo-americano la revisione è considerata uno strumento retorico e didattico di tale

rilievo da essere al centro di numerosissime pubblicazioni di ogni genere e livello. Esistono guide e

manuali di revisione ed editing per studenti di ogni ordine e grado, dalla scuola primaria ai corsi

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universitari di scrittura creativa (Lane, 1992; Angelillo, 2005; Gilmore, 2007; Messner, 2011;

Kaplan, 1997; Billingham, J., 2002; Murray, 2003; Vane de Poel, Cartens & Linnegare, 2012; Bell,

2012; Heard, 2014; Anderson, J. & Dean, D. 2014)33. Una rapida occhiata a quanto disponibile in

ambito italiano basta a comprendere come innanzitutto il termine “revisione” sia del tutto

rimpiazzato dal più modaiolo “editing” e come la manualistica in questo senso si rivolga

esclusivamente a un pubblico di scrittori o aspiranti tali (Gardella & Scuola Holden, 2014; Salvai,

2013; Scala & Schiannini, 2009; Calvino, 2008), integrata da una nutrita serie di testi sulla scrittura

creativa in cui, presumibilmente, si tratta anche della fase di rilettura e miglioramento del proprio

testo (si veda ad esempio La Forgia, 2013, in cui si propone una check-list di revisione).

Un’offerta altrettanto ricca è quella degli strumenti teorici e pratici per l’attività redazionale sul

testo (Butcher et al, 2006; Mackenzie, 2004; Seller, 2009, tra i contributi in lingua inglese; Edigeo,

2013; Teroni, 2008; Vinci, 2009 tra quelli in lingua italiana).

A questi contributi di taglio pratico, sia in ambito didattico sia professionale, si affianca una ricca

produzione di studi teorici sulla revisione e l’editing, condotti partendo da prospettive storiche,

cognitive, o più legate al genere testuale. Il lavoro di Bryant (2002), per esempio, ruota attorno al

concetto di “fluid text” ovvero la presenza di versioni multiple di qualsiasi testo letterario nelle sue

varie forme (stesure di un romanzo, bozze di stampa, riedizioni di un libro, adattamenti per lo

schermo, riduzioni per un pubblico di giovani lettori). L’autore sottolinea l’importanza di vedere la

letteratura non come oggetto fisso bensì come work-in-progress in continuo divenire, e di

considerare come le diverse versioni di un testo interagiscano con il contesto culturale, di cui sono

specchio e risultato allo stesso tempo. Parlando in particolare di revisione, suddivide questa

attività in tre tipologie, revisione autoriale, revisione editoriale e revisione come processo

culturale, e individua anche alcuni dei principi alla base del “fluid-text editing”. Applicando le sue

teorie e osservazioni a Typee, il romanzo di Herman Melville, Bryant mostra come le varie fasi e

versioni nella genesi di un testo possano essere meglio comprese e rese utili tracciando una

“mappa della revisione”, ovvero combinando il tracciamento modifiche sul testo elettronico a

quella che viene definita “revision narrative” ovvero la argomentazione e/o spiegazione “which

takes the reader through a rationale for each revision step” (p. 156). Di come la revisione e

l’editing dei testi giochino invece un ruolo fondamentale nel produrre libri adeguati alle

33

Un utile repertorio bibliografico delle risorse didattiche per l’insegnamento dell’editing e della revisione in contesti accademici e non (ambito americano) è offerto in Speck e Hinnen (2003)

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aspettative di un determinato pubblico di lettori si occupa Klein (2011) che definisce i criteri per

lavorare su testi narrativi destinati a bambini e giovani adulti e offre anche una serie di tecniche di

revisione mirate a questo genere letterario, tecniche che possono presumibilmente fungere da

utile check-list anche nel caso della revisione di traduzioni dello stesso genere.

Importante è anche l’apporto di quegli studi sul processo di redazione e revisione del testo che

condividono con il processo di traduzione la stessa matrice cognitiva, fatta di risoluzione di

problemi e adozione di strategie. Rimandando a Robert (2012) per un excursus storico più

dettagliato e circostanziato, si vuole qui brevemente fornire una serie di indicazioni bibliografiche

partendo dal lavoro di Faigley e Witte (1981), che si occupano del rapporto fra revisione di un

testo e modifica del significato e forniscono uno strumento di analisi dell’attività di revisione,

riferendo inoltre i risultati di uno studio svolto su studenti e scrittori professionisti. Un altro

contributo teorico fondamentale, dal punto di vista degli studi sul processo di redazione, è quello

di Hayes et al. (1987) e il relativo modello tripartito di pianificazione, stesura del testo e revisione,

intesa quest’ultima in un senso più ampio e comprensivo di rilettura, redazione e controllo

sistematico del testo. Allo studio delle diverse fasi del processo di redazione sono dedicati i

contributi di Piolat (1998), Chesnet e Alamargot (2005) e, nella prospettiva della psicologia

cognitiva, il lavoro di Allal et al. (2004), Roussey e Piolat (2008) e Heurley (2006). Indicazioni

pratiche sul modus operandi di un revisore/redattore esperto sono inoltre offerte da Bissaillon

(2007a, 2007b), che illustra le due fasi di cui si compone l’attività di un revisore professionista

(primo passaggio su carta e secondo passaggio a video) e propone un modello operativo lineare.

È necessario riportare il ricco lavoro di Horning (2002) e Horning e Becker (2006) sulla revisione dei

testi letterari, che spazia dalla prospettiva storica e psicologica a quella retorica e didattica. Non

manca una panoramica su numerosi case studies svolti su generi testuali diversi (scrittura

accademica, scrittura tecnica e specialistica, scrittura religiosa) e sugli strumenti informatici in

aiuto all’attività pratica. In particolare, il contributo di Horning & Becker (2006) è corredato di una

preziosa bibliografia annotata che rappresenta un utile strumento per colmare le inevitabili lacune

di questa rassegna.

Ultima per ordine di pubblicazione è la piacevolissima lettura di Sullivan (2013) che offre

un’importante prospettiva diacronica sui processi e sui prodotti della scrittura, consentendo di

cogliere come e quanto la visione della revisione sia cambiata nella storia letteraria: da corruzione,

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interpolazione e manipolazione di un manoscritto originale – si pensi agli interventi, spesso censori

o interpretativi, dei monaci medievali nella trascrizione di testi della tradizione pagana – a

intervento autoriale volontario, e come sia stato inoltre fondamentale per la sua evoluzione,

benché con risvolti non sempre positivi, l’apporto delle nuove tecniche di stampa e di scrittura su

computer. L’autore traccia anche il percorso che il rapporto scrittore-revisione ha seguito in

relazione a mode culturali e letterarie: dalla scarsa propensione all’auto-revisione degli autori

romantici, che consideravano l’atto creativo il frutto di un’ispirazione spontanea e istantanea che

la revisione non poteva che indebolire e rovinare, all’interminabile, ossessiva attività di revisione

degli autori modernisti e post-modernisti, che rivedevano

more than their predecessors in several senses: more frequently, at more points in the lifespan of the text, more structurally and experimentally (rather than through lexical substitution alone), and more self-consciously, often leaving traces of the revision in the finale product. (Sullivan, 2013, p. 22)

Riferendo infine il suo minuzioso lavoro di analisi delle modifiche apportate da autori come T.S.

Eliot, Ezra Pound, Ernest Hemingway, James Joyce, Virginia Woolf e altri sui propri manoscritti,

prime e seconde bozze di testi, l’autore mette in risalto il ruolo cruciale della revisione – o meglio

delle revisioni – nel plasmare e guidare la genesi di un testo, tema che verrà segnalato al capitolo 5

fra i potenziali percorsi di ricerca futura nell’ambito della revisione.

2.9. Conclusioni

Si vuole concludere la breve panoramica esposta nel capitolo, il cui scopo era illustrare solo alcune

delle prospettive da cui la revisione è stata indagata, ribadendo il carattere interdisciplinare e

pluridimensionale della revisione, come emerge chiaramente dai contributi selezionati. Sono stati

presentati approcci di ricerca orientati al processo volti a indagare il ruolo della revisione (auto- ed

etero-revisione) all’interno del processo traduttivo e in relazione a variabili testuali ed extra-

testuali, prima fra tutte il fattore tempo e la distribuzione dell’attività di revisione. Sono stati

inoltre presentati contributi che riferiscono di studi orientati al prodotto della revisione e a come

esso interagisca, in termini di qualità, con il tempo, con le diverse procedure adottate, con la

maggiore o minore esperienza del revisore. In linea con la triplice prospettiva che caratterizza

questo lavoro, si è scelto di dare ampio spazio ai contributi – ancora in numero ridotto – che

riguardano il rapporto tra revisione e didattica, sia in termini di formulazione del concetto di

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revision competence e relativo modello, sia in termini di insegnamento della revisione come

strumento per l’acquisizione della competenza traduttiva e come contenuto a sé stante. La

revisione è stata inoltre presentata nella sua componente critica e valutativa, legata all’ampia e

variegata ricerca sulla qualità, cui si è potuto solo accennare brevemente in quanto indagata solo

in modo marginale nell’ambito della traduzione editoriale. Sono stati infine messi in luce alcuni

contributi riguardanti la revisione come pratica professionale e la sua vicinanza alla retorica della

produzione scritta. La selezione è stata funzionale alle argomentazioni della tesi e dunque ha

dovuto necessariamente escludere altri percorsi di ricerca. Tuttavia, nella certezza che la pur breve

panoramica sia servita a sollecitare l’interesse intorno alla revisione, possibili percorsi di ricerca

futura saranno proposti al capitolo 5.

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Capitolo 3 - Indagine conoscitiva sulla pratica della revisione editoriale in Italia:

presentazione e lettura critica dei risultati

3.1. Introduzione

Capita spesso, tanto nella ricerca scientifica quanto nella vita quotidiana, che teoria e pratica non

coincidano, e l’ambito della revisione non fa eccezione. La ricerca accademica traduttologica –

come si è mostrato nella breve ricognizione al capitolo 2 – si è diffusamente interessata negli

ultimi decenni a indagare il processo di traduzione con strumenti e metodologie sviluppati ad-hoc,

allo scopo di conoscere e provare a comprendere meglio cosa avviene durante la traduzione in

generale e in alcune sue fasi particolari, per poi mettere a frutto dati e informazioni così raccolti in

ambiti applicativi come quello didattico. Per contro, la pratica della revisione professionale

all’interno della filiera editoriale continua a restare avvolta in un alone di semiclandestinità:

difficile sapere se una revisione è stata fatta, come è stata fatta, quando e da chi. È proprio questa

atmosfera di indeterminatezza, dubbio e persino sospetto a permeare gran parte delle

conversazioni e degli interventi ascoltati nelle occasioni – sempre troppo rare – in cui traduttori,

revisori, redattori ed editor possono raccontare del proprio lavoro.

Parlando di traduzione è praticamente inevitabile menzionare il tema dell’invisibilità34: ebbene,

anche parlare di revisione significa necessariamente pensare all’invisibilità da almeno tre punti di

vista. Il revisore è infatti invisibile più del traduttore stesso, se si pensa a come il suo nome non

compaia praticamente mai tra le pagine del libro tradotto. La revisione, inoltre, viene di norma

considerata un’attività “idealmente” invisibile, nel senso che gli interventi del revisore non

dovrebbero né “sentirsi” né “vedersi” troppo nel testo tradotto e dunque non palesare eventuali

scarti nelle strategie, negli approcci traduttivi, nelle scelte redazionali. Di fatto è proprio quando la

revisione si vede e si sente (per esempio nelle disomogeneità della lingua e delle scelte sintattiche

o redazionali) che nella testa del lettore deve risuonare il campanello d’allarme della “cattiva

revisione” (Petruccioli, 2014). L’invisibilità raggiunge infine il suo apice nei casi in cui la revisione

non si vede semplicemente perché non c’è mai stata. Diverse possono essere le motivazioni alla

base di una scelta di non-revisione – questioni economiche, di tempo, di non disponibilità di

risorse umane – ma raramente ci si trova davanti a una traduzione già perfetta alla consegna. Se

34 Tema centrale, per esempio, in The Translators’s Invisibility: a History of Translation (Venuti, 1995).

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anche così fosse, e la revisione in quanto intervento correttivo o migliorativo non si rendesse

dunque necessaria, resterebbe in ogni caso un’utile occasione di conferma della propria

professionalità.

Nella pratica editoriale della revisione professionale, ambito che l’indagine si prefigge di rendere

più chiaro e trasparente almeno in certe sue dinamiche, il tema dell’invisibilità si associa spesso a

quello di un omertoso silenzio. Meglio non parlare di revisione, ma se proprio si deve, allora che si

facciano i nomi di quello stuolo di revisori che, a detta di tanti traduttori, devastano mesi e mesi di

lavoro in nome di una devozione assoluta a principi quali leggibilità garantita, sinonimizzazione

sfrenata, omologazione totale. Alcuni degli atteggiamenti più diffusi e forse più deleteri del

panorama editoriale italiano – evidentemente suffragati dalla pratica, come si potrà evincere dalla

lettura dei risultati del sondaggio – vedono nella revisione qualcosa di intrinsecamente negativo,

che mira a censurare, cassare, rovinare, piuttosto che un atto maieutico volto a tirare fuori il

meglio della traduzione, a correggere sì ciò che non va, ma anche a suggerire, proporre, migliorare

e perché no, elogiare.

Nella convinzione che pregiudizi e preconcetti sono sempre d’intralcio al progresso della

conoscenza, e avvertendo dunque la necessità di rivalutare e ridisegnare in maniera meno

negativa e più realistica l’attività di revisione e la figura del revisore, è sembrato importante

avviare un’indagine tra gli attori di questa pratica professionale per capire cosa succede

veramente e cosa è solo ipotizzato, e poter poi trarre da questa panoramica un’utile serie di

indicazioni, suggerimenti e spunti di riflessione, anche in vista di una loro applicazione in ambito

didattico e formativo.

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3.2.Descrizione del disegno progettuale e realizzazione dell’indagine conoscitiva

3.2.1 Progettazione dell’indagine

3.2.1.1 Il disegno complessivo della ricerca

Nel progettare l’indagine e definire poi la modalità di conduzione, il metodo e gli strumenti per la

raccolta, l’interpretazione e la presentazione dei dati si è seguito il modello lineare presentato da

Schuman e Kalton (1985) e riportato da Zammuner (1998, p.51) nella forma seguente:

Figura 2: Le fasi del disegno di ricerca (Schuman e Kalton, 1983, in Zammuner, 1998, p. 51)

Come già illustrato, lo scopo della ricerca è duplice: da un lato fotografare e dunque descrivere la

realtà della revisione di una traduzione editoriale dall’inglese all’italiano dal punto di vista della

pratica professionale, al fine di conoscere meglio e più approfonditamente non solo gli attori ma

anche le procedure, le aspettative e le criticità di questa fase del processo di traduzione; dall’altro

produrre dati che siano tra loro correlabili, incrociandoli auspicabilmente anche con quelli di altri

studi affini, in modo da confermare ipotesi di ricerca o formularne di nuove. Tutte le fasi

successive a quella principale – ovvero la definizione degli scopi della ricerca – hanno dovuto

tenere conto, a cascata, di alcuni fattori importanti: la particolarità della popolazione che si andava

a interpellare e della sua poca abitudine al racconto di sé (anche solo per la scarsità di occasioni e

spazi/tempi a essa dedicati); la difficoltà di garantire la rappresentatività quantitativa e qualitativa

del campione (in una popolazione la cui identità ha contorni estremamente vaghi e variegati sotto

tanti punti di vista e non può contare su un “minimo comune denominatore” come può essere, ad

esempio, l’appartenenza a un’associazione professionale); l’importanza di selezionare i concetti

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intorno ai quali costruire domande che non fossero restrittive e limitanti da un lato, ma neppure

troppo esigenti nella richiesta di tempo e concentrazione dall’altro; e infine l’adeguatezza delle

modalità di somministrazione e poi di codifica, interpretazione e rappresentazione dei dati

raccolti. Ognuna delle fasi successive verrà illustrata in dettaglio nelle sezioni che seguono.

3.2.1.2 La scelta del metodo e dello strumento di indagine in relazione a Translation Studies e

Ricerca Sociale

L’idea alla base della progettazione e dunque della realizzazione dell’indagine sulla revisione

editoriale in Italia condivide il punto di vista espresso da Hansen (2010) nel legittimare la raccolta

e l’impiego di dati qualitativi, tra cui l’osservazione di attività complesse dal punto di visto psico-

sociologico, nello studio dei processi cognitivi in atto nella traduzione, prevedendo una loro

successiva integrazione con metodi di indagine quantitativa tipici della ricerca scientifica empirica.

La particolare importanza dei dati qualitativi in ambito traduttivo è legata alla natura “umana”

dell’attività di traduzione e, nel nostro caso anche di revisione, e lo scopo di un approccio

integrato alla descrizione di entrambe le attività è quello di ottenere una loro comprensione

sempre più completa e dettagliata osservandone non solo il prodotto – il testo tradotto – ma

anche gli agenti stessi e i loro comportamenti. L’indagine qui di seguito presentata si prefigge di

descrivere lo stato della revisione di una traduzione editoriale dall’inglese come pratica

professionale cercando di scoprire la frequenza di certi comportamenti e la distribuzione di

determinate caratteristiche, ma si prefigge anche di esaminare il rapporto tra queste e altre

variabili e auspicabilmente rintracciare correlazioni e rapporti di causa ed effetto. Per raggiungere

questi obiettivi l’indagine si affida alla raccolta di dati qualitativi sul processo di revisione per po i

procedere con l’analisi, la comprensione, la valutazione, la quantificazione e classificazione,

l’interpretazione, il confronto, la descrizione e la spiegazione dei dati ottenuti, senza dimenticare i

contesti di provenienza dei rispondenti.

Un ulteriore vantaggio del metodo di indagine qualitativa rispetto ad altri frequentemente

impiegati nella Translation Process Research è la possibilità di mantenere la situazione

sperimentale a un buon livello di “naturalezza”. Come nota ancora Hansen (2010)

Human translation processes are complex mental processes occurring in social contexts. Any type of study that tries to decompose such processes into constituent isolated phenomena and then observe and analyze them separately under ‘controlled’ conditions simply in order to guarantee more exact

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results would run the risk of changing the character of these ‘natural processes’ and distort any results gained.(p. 193)

La scelta del tipo di ricerca (empirica e qualitativa), e del metodo (questionario a risposte

principalmente aperte35), si inserisce inoltre nel percorso già tracciato in precedenza da altri

studiosi che si sono interessati a indagini di tipo qualitativo nell’ambito del processo della

traduzione in generale, e della revisione in particolare. L’obiettivo esposto nell’introduzione,

ovvero raccogliere dati per comporre un quadro generale della revisione dalla prospettiva

privilegiata dei professionisti che la esercitano e indagare ciò che accade nella “scatola nera” del

traduttore/revisore al lavoro, verificando la distanza o vicinanza fra teoria e pratica, è condiviso

almeno in parte dal già citato studio di Shih (2006)36 sul processo dell’auto-revisione, in cui

l’autrice indaga alcuni aspetti particolari (numero di revisioni fatte sulla propria traduzione, tempi

di sedimentazione, categorie di intervento più frequenti, procedure usate) raccogliendo dati

tramite lo strumento dell’intervista. Un precedente esempio di ricerca qualitativa è fornito dallo

studio di Sorvali (1998) condotto anche in questo caso tramite lo strumento dell’intervista ma

volto a indagare il rapporto fra creatività e processo traduttivo, nel caso specifico della traduzione

letteraria. Da ricordare anche le interviste ai traduttori incluse nello studio di Jones (2006), volto a

svelare i meccanismi di trasformazione del testo nella traduzione di poesia.

Quanto al metodo di indagine, benché il questionario a domande aperte sia una modalità di

raccolta dati che richiede massima collaborazione da parte del rispondente (al quale vengono solo

fornite indicazioni esplicative ma non risposte preconfezionate) di fatto, proprio in virtù della

ricchezza di argomentazioni e motivazioni fornite insieme alle risposte, si è dimostrato uno

strumento ideale per raccogliere specificità e differenze nel processo di auto- ed etero-revisione, e

soprattutto per mettere in luce alcune “tensioni” che si manifestano tra ciò che è “ideale” da un

lato e “reale” dall’altro. Quella del questionario a risposte aperte, inoltre, è stata una scelta

obbligata dall’esiguità di dati e informazioni pre-esistenti che potessero essere inseriti in un tipo di

risposta a scelta multipla. Considerata la doppia prospettiva da cui viene osservata la revisione

(come attività del traduttore sul proprio lavoro prima della consegna e come attività di un revisore

sul lavoro di un traduttore) si è resa necessaria la formulazione di due questionari separati, uno

35 I due questionari, rivolti rispettivamente a traduttori e revisori dall’inglese all’italiano, sono integralmente riportati in allegato. 36

Lo studio consiste in interviste semi-strutturate svolte con ventisei traduttori professionisti non letterari a Taiwan, nell’arco di due mesi.

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rivolto ai traduttori e uno ai revisori, simili per struttura e contenuti e accomunati dall’obiettivo di

rilevare dati qualitativi e non misurare o convalidare quantitativamente informazioni già in nostro

possesso. Si tratta in sostanza di un approccio epistemologico socio-costruttivista, per cui la

conoscenza si costruisce tra i partecipanti alla ricerca più che pre-esistere nella mente dei

rispondenti, in attesa di essere prelevata ed estratta dal ricercatore con metodi scientifici. Nella

consapevolezza che “gli intervistati sono spesso più restii a esprimere la loro opinione con il

formato aperto rispetto a quando devono semplicemente indicarla scegliendo una delle opzioni di

risposta loro offerte” (Zammuner, 1998, p.98) ‒ soprattutto per questioni legate ai tempi di

compilazione e alla necessità di formulare risposte autonome e personali ‒ si è scelto, laddove

possibile, di privilegiare un formato “intermedio”. Fornendo una traccia esemplificativa ma non

esaustiva di possibili risposte si è cercato di innescare e incoraggiare la riflessione (che necessitava

di uno stimolo, in quanto retrospettiva e non legata a un’esperienza diretta e immediata di

traduzione/revisione da poter richiamare facilmente alla memoria) allo scopo di acquisire dati il

più ricchi possibili ma senza incanalarli in percorsi esclusivamente predefiniti, in modo che

potessero aggiungere qualcosa di più, invece che limitarsi a confermare o confutare intuizioni e

previsioni di chi aveva redatto i questionari.

3.2.1.3 La formulazione dei questionari e la fase pilota

La stesura dei questionari si è avvalsa della consultazione di varie risorse bibliografiche nell’ambito

della ricerca sociale ma sicuramente è stata l’esperienza personale nell’ambito della traduzione,

della revisione e della formazione, e dunque il contatto diretto con le specificità e le criticità

dell’auto-revisione, dell’etero-revisione, e della pratica della revisione in un contesto didattico, a

costituire il fondamentale punto di partenza per l’individuazione dei contenuti e della loro

formulazione. Attingere alla conoscenza dei percorsi e delle ipotesi di ricerca già sviluppate in

ambito accademico e all’esperienza professionale e formativa di prima mano è servito a

estrapolare gli elementi costitutivi dell’attività di revisione così come le sue criticità e zone

d’ombra, per poi costruirvi intorno quesiti che potessero indagare a fondo non solo i processi

messi in atto durante la revisione, ma anche sollecitare contributi soggettivi e autonomi in grado

di rivelare procedure, tecniche, trucchi del mestiere.

Un’altra risorsa preziosa, nella messa a fuoco del contenuto dei questionari, è stata quella degli

scambi e delle conversazioni intercorsi con colleghi traduttori e revisori, un utile momento di

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confronto per mettere da parte ciò che poteva rischiare di sconfinare nella soggettività assoluta e

nell’idiosincrasia e concentrarsi invece su un terreno comune e condiviso da tutti coloro che

direttamente o indirettamente entrano a contatto con la revisione. Alcune letture mirate – non

solo in ambito accademico, ma anche in ambito professionale – hanno infine completato la

mappatura delle questioni centrali da trattare, anche in termini di un loro più ampio interesse in

ambito traduttologico e accademico, in modo che i dati raccolti potessero triangolarsi con

elementi già rilevati tramite altre tipologie di ricerca empirica. Tra queste è stata particolarmente

utile la consultazione di Hansen (2010) e il riferimento alla sua individuazione e descrizione di tre

principali parametri di indagine:

parametri relativi al profilo dell’agente (background lavorativo e formativo, dati anagrafici,

storia professionale);

parametri relativi al prodotto (valutazione del proprio lavoro di traduzione/revisione,

identificazione di particolari aree di intervento in revisione, tipologie di errore)

parametri relativi al processo (gestione del tempo e dello spazio della revisione,

suddivisione in fasi e procedure diverse, finalità e aspettative).

In virtù del connubio fra teoria e pratica che è filo conduttore di questo lavoro, si è rivelato

particolarmente prezioso il lavoro svolto da Chesterman e Wagner (2002) in cui vengono sollevati

interessanti quesiti legati alla pratica della traduzione e della revisione che servono a loro volta ad

attualizzare e corroborare le teorie ad esse sottese. Sono stati ad esempio fondamentali la

descrizione e l’approfondimento sulle “strategie di distanziazione” che ogni traduttore è chiamato

a mettere in atto in fase di revisione: grazie agli spunti forniti dai due autori, è stato possibile

formulare quesiti per indagare le strategie più frequentemente usate per prendere le distanze dal

proprio testo al fine di acquisire lo sguardo “nuovo” con cui rivederlo, e non escludo che i

contenuti stessi della domanda siano stati una novità per alcuni traduttori, magari i più giovani del

mestiere.

Per quanto riguarda la struttura portante del questionario, si è scelto di seguire l’esempio di Nord

(1991) e utilizzare dunque il modello del politologo americano Lasswell ‒ (Who says what in which

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channel to whom with what effect?)37 ‒ sviluppato nel 1948 nell’ambito delle Teorie della

comunicazione e applicato da diversi traduttologi. Seguendo questo spunto, i questionari sono

stati suddivisi in cinque principali aree tematiche:

Cosa è la revisione,

Chi è il revisore,

Come si fa la revisione,

Dove e Quando si fa la revisione

Perché si fa la revisione

Partendo da questa struttura, i questionari sono stati articolati in un numero variabile di domande

per ogni area tematica (27 in totale per i traduttori, 38 in totale per i revisori), al fine di raccogliere

dati oggettivi (dati anagrafici, genere sessuale, età lavorativa) e soggettivi (opinioni, valutazioni,

atteggiamenti e intenzioni) in risposta alle domande di ricerca implicite nel disegno progettuale e

riassunte come segue:

esiste tra traduttori e revisori una definizione condivisa – dal punto di vista contenutistico e

terminologico – di revisione?

qual è l’identikit del revisore editoriale in Italia (età, sesso, formazione, esperienza

lavorativa)?

esiste una formazione specifica in revisione? Se sì, quanto è diffusa e quali sono i luoghi

deputati alla formazione dei revisori?

quali sono le modalità di svolgimento della revisione più diffuse? Ne vengono segnalate di

particolarmente efficaci e vincenti? Ne vengono individuate di particolarmente negative

e/o dannose? Esistono procedure consolidate, trucchi del mestiere, strategie? La revisione

viene svolta in modalità collaborativa?

quali sono i luoghi e i tempi della revisione, intesi sia all’interno del processo di traduzione,

sia nell’ambito dell’attività professionale di revisione? Che genere di rapporto lavorativo si

instaura nell’attività di revisione? In quali luoghi fisici/virtuali si svolge il lavoro di

revisione? Con l’ausilio di quali supporti?

quale o quali finalità si attribuiscono alla revisione? Ne esistono di più importanti di altre,

anche in relazione ai diversi contesti professionali?

Entrambi i questionari sono stati corredati da una premessa mirata a presentare il progetto di

ricerca di cui il sondaggio era parte, e contenente anche alcune riflessioni generali sulla revisione

37 Lasswell, Harold (1948). Bryson, L., ed. The Structure and Function of Communication in Society. The

Communication of Ideas. New York: Institute for Religious and Social Studies. p. 117.

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come attività professionale dell’editoria, e altre più particolari sulle finalità del sondaggio. Sono

state inoltre fornite indicazioni sul modo in cui i dati sarebbero stati in seguito analizzati e trattati

e anche suggerimenti per la compilazione, con indicazione del tempo previsto per il suo

completamento. Si è ritenuto necessario far precedere il primo quesito del questionario (in cui si

chiedeva a traduttori e revisori di fornire una propria definizione di revisione) dalla definizione

“operativa” di revisione presentata a conclusione del capitolo 1. L’obiettivo – esplicitato ai

potenziali rispondenti – era definire l’accezione con cui si intendeva il termine “revisione”

all’interno del questionario così da poter partire da una base concettuale condivisa e far sì che i

dati conseguentemente raccolti fossero confrontabili e correlabili.

Dopo aver redatto una bozza di entrambi i questionari articolata nei contenuti e nella forma

grafica, ho proceduto a eseguire un pre-test sottoponendoli a un gruppo di colleghi

traduttori/revisori (cinque soggetti in tutto) per valutarne l’impatto, l’effettivo tempo di

compilazione, l’interesse, la completezza, la qualità del fraseggio nelle domande, l’agilità del

documento e la facilità di risposta, eventuali punti deboli oppure oscuri, possibili integrazioni o

eliminazione di ridondanze. Sulla base dei commenti ricevuti (sostanzialmente positivi) sono stati

apportati minimi aggiustamenti e modifiche ai questionari e si è provveduto a redigere una

versione definitiva pronta per essere somministrata nelle modalità di cui alla sezione 3.2.

3.3. Realizzazione dell’indagine

3.3.1 Reperimento dei rispondenti e diffusione dei questionari

Per raggiungere un numero quanto più alto di potenziali rispondenti si è fatto ricorso a mailing list

pubbliche e private di traduttori e revisori professionisti, oltre che di appelli su luoghi dedicati in

rete e contatti personali. Uno dei canali di reperimento è stata la mailing list degli iscritti a

STRADE, il Sindacato dei Traduttori Editoriali italiani, realtà che ha subito acconsentito a divulgare

notizia del progetto e a incoraggiare gli iscritti alla partecipazione. La presentazione del progetto e

dei questionari e l’invito a partecipare all’indagine sono stati pubblicati anche su altre due mailing

list per “addetti ai lavori”, ovvero Biblit – mailing list dei traduttori editoriali italiani; e Qwerty –

mailing list di traduttori editoriali/letterari moderata privatamente e accessibile solo su invito; e

infine su una pagina Facebook da me amministrata dal nome “Percorsi di traduzione”, il cui

obiettivo è raccogliere e segnalare tutto ciò che riguarda il mondo accademico e professionale

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della traduzione/revisione in Italia e all’estero, e che al momento del lancio del sondaggio (aprile

2013) contava 310 membri (al marzo 2015 il numero è salito a 1.373). Sono stati inoltre effettuati

inviti personalizzati a nominativi in mio possesso – colleghi e conoscenti che lavorano come

traduttori e/o revisori. Non si ritiene utile offrire una stima del numero dei probabili riceventi del

questionario per poi poter riflettere sull’effettiva rappresentatività del campione: nessuno dei

canali di diffusione sopra citati è infatti riferito alla sola popolazione dei traduttori/revisori che

lavorano dall’inglese all’italiano. L’annuncio dell’indagine imminente e l’invito a completare i

relativi questionari ha verosimilmente raggiunto diverse centinaia di individui con un interesse

verso la traduzione ma non necessariamente con un’esperienza in revisione nella combinazione

linguistica richiesta.

Attraverso i canali sopracitati, i potenziali rispondenti sono stati informati del progetto sotto forma

di “lettera lancio” in cui, oltre a una breve anticipazione dei contenuti e delle finalità del

sondaggio, venivano date rassicurazioni in quanto al trattamento dei dati e al diritto alla privacy.

Mentre ai questionari compilati in modalità online (si veda alla sezione 3.2.) veniva attribuita una

url di riferimento totalmente anonima, per i questionari compilati su file e inviati alla sottoscritta

tramite posta elettronica si è subito provveduto, al momento della ricezione, a rinominare il file

con un numero progressivo che da un lato non identificasse il suo autore e dall’altro servisse in un

secondo momento come riferimento utile a richiamare i dati in maniera coerente.

La notizia dell’apertura ufficiale del sondaggio è stata comunicata in data 13 aprile 2013. A

distanza di due settimane circa è stato inviato un sollecito alla partecipazione, usando come

“incentivo” la promessa di una successiva presentazione dei risultati in occasione di convegni e

incontri pubblici dedicati alla traduzione, integrata da un’auspicabile pubblicazione una volta

adempiuti gli obblighi accademici e burocratici del percorso accademico. È stato infine lanciato un

ultimo appello a ridosso della data di chiusura del sondaggio (31 maggio 2013).

3.3.2 Modalità di compilazione e raccolta dati

La natura qualitativa dell’indagine, l’uso del questionario a risposta aperta e l’auspicata

partecipazione di un buon numero di rispondenti sono stati gli elementi su cui si è riflettuto in

relazione alla scelta di quale modalità di compilazione e raccolta dati prediligere. Considerata la

lunghezza dei questionari e la stima del tempo richiesto alla loro compilazione (circa trenta

minuti), era necessario prevedere un formato che fosse agevole e facile nell’uso, che consentisse

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una compilazione a tappe e in momenti diversi, che non pregiudicasse la ricchezza delle risposte e

– considerata anche la presenza di dati sensibili quali età, sesso, tariffe di lavoro – garantisse

l’anonimato. Era inoltre necessario che, data la mole di dati previsti, lo strumento prescelto per la

raccolta consentisse di raccogliere i dati in modo che fossero successivamente consultabili,

analizzabili e archiviabili. Si è pensato dunque di prediligere la modalità di compilazione telematica

e, tra i vari strumenti dedicati all’avvio e alla gestione di sondaggi online, la scelta è caduta sul

software open source LimeSurvey38, proprio in virtù delle varie funzioni e possibilità offerte, tra cui

quella di poter scegliere tipologia di domanda, un’interfaccia utente user-friendly, la realizzazione

di questionari personalizzati e la possibilità, al termine dell’indagine, di elaborare i risultati raccolti

in forma anonima o nominale e di elaborare statistiche. Il software, inoltre, associava a ognuno dei

due questionari un indirizzo url di riferimento, e dunque cliccando sul link di loro interesse i

rispondenti potevano essere reindirizzati automaticamente alla pagina online.

Poiché il sondaggio si rivolgeva a una popolazione di rispondenti piuttosto diversificata sia nell’età

anagrafica sia in quella professionale, e prevedendo dunque diversi livelli di familiarità e

dimestichezza con le risorse informatiche e la Rete, si è pensato di rendere il sondaggio più

inclusivo offrendo anche una possibilità alternativa di accesso ai questionari e loro successiva

compilazione, mantenendo il formato elettronico ma non la modalità online. I questionari sono

stati dunque caricati sul sito http://ge.tt, da cui potevano essere scaricati sul proprio computer e

compilati in modalità offline.

Il file dei questionari è stato anche inviato direttamente come allegato agli indirizzi privati di posta

elettronica di coloro che erano stati contattati esclusivamente in questo modo o che, pur avendo

ricevuto notizia della modalità di compilazione online, hanno richiesto di potersi avvalere di questa

possibilità alternativa. In questo modo è stato possibile da un lato effettuare invii mirati e

personalizzati a rispondenti “forti” precedentemente individuati e non inseriti nelle varie mailing

list, dall’altro includere nel sondaggio rispondenti con diverse abitudini e preferenze riguardo

all’uso degli strumenti informatici. Ho ritenuto, infatti, che trattandosi di un campione molto

eterogeneo per età ed esperienza professionale, il ricorso esclusivo alla modalità on line potesse

escludere o intimorire chi magari è poco abituato alle applicazioni informatiche, ma avendo già

stabilito con questi ultimi un contatto via e-mail, sapevo di poter confidare nella loro capacità di

gestire posta elettronica e allegati con una certa facilità.

38Il software è utilizzabile gratuitamente dal seguente indirizzo: www.limesurvey.org.

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3.3.3 Numero, tipologia e rappresentatività delle risposte ricevute

Prima di passare all’illustrazione e commento dei dati raccolti, si ritiene utile premettere alcune

informazioni quantitative riguardo al numero delle risposte ricevute in entrambe le modalità

(compilazione on line, compilazione su file) e correlare questi dati con altri in modo da fornire

un’indicazione della loro rappresentatività generale. Le considerazioni vengono fatte

separatamente per i due questionari/gruppi di rispondenti.

3.3.3.1 Numero e tipologia delle risposte traduttori

Per quanto riguarda le compilazioni online del questionario traduttori sulla piattaforma

LimeSurvey, si registra un totale di 186 risposte, di cui 137 incomplete, e 49 complete. L’alta

percentuale di risposte incomplete può essere legata a vari fattori: alla incapacità/difficoltà di

interagire con la modalità online, a problemi di connessione, alla decisione di interrompere la

compilazione del questionario definitivamente ma anche di interromperla temporaneamente per

poi riprenderla in un secondo momento. Analizzando più da vicino le risposte incomplete, si è

notato infatti che la maggior parte di esse indica che il rispondente ha solo aperto il questionario,

ha subito ricevuto un codice url, ma di fatto non ha mai inserito alcuna risposta all’interno delle

griglie predisposte. Non si tratta dunque necessariamente di abbandoni “in itinere” legati alla

tipologia o alla lunghezza del questionario, perché il software è tale da registrare ogni tipo di

accesso, anche quelli dettati da semplice curiosità e inserirli fra le risposte.

Più che come indicazione quantitativa delle risposte incomplete si preferisce dunque utilizzare il

dato di cui sopra come indice di un buon numero di contatti/tentativi di risposta e dunque come

segno della efficace diffusione del sondaggio. Ai questionari dei traduttori compilati online si

aggiungono 6 questionari compilati su file e successivamente inviati via mail.

Il totale dei questionari compilati dai traduttori nella loro completezza è di 55.

3.3.3.2 Numero e tipologia delle risposte revisori

Per quanto riguarda il questionario rivolto ai revisori si registra un totale di 60 compilazioni online,

di cui 42 incomplete e 18 complete, e per le quali valgono le stesse riflessioni riportate sopra

riguardo all’interpretazione delle risposte incomplete. A queste si aggiungono 7 questionari

compilati su file e inviati via e-mail per un totale di 25 questionari compilati nella loro

completezza.

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3.3.3.3 Rappresentatività delle risposte ricevute

Per far sì che i dati raccolti fossero confrontabili e incrociabili tra loro, sono stati considerati

utilizzabili solo i questionari compilati per intero, per un numero complessivo di 80 fra traduttori e

revisori. Questo totale è composto per il 68,75% dalle risposte dei traduttori e per il restante

31,25% dalle risposte dei revisori. È difficile tuttavia appurare se questa proporzione sia

rappresentativa della distribuzione di queste due professionalità sul mercato editoriale italiano, sia

per mancanza di dati statistici, sia per la frequente sovrapposizione di queste due professioni.

Un’altra riflessione che si ritiene utile premettere all’illustrazione dei dati è la difficoltà di

formulare una stima di quanti siano stati effettivamente raggiunti dalla notizia del sondaggio e

conseguentemente di quantificare il tasso di risposta. Proprio per lo strumento che è stato scelto

per dare notizia del sondaggio e invitare alla partecipazione – mailing list e la Rete – non è

possibile conoscere con certezza il numero di persone informate dell’esistenza dei questionari e,

tra loro, il numero delle persone che possedevano i requisiti minimi di partecipazione (esperienza

professionale in traduzione e/o revisione dall’inglese all’italiano).

In termini più generali, va detto che l’obiettivo conoscitivo di questa indagine sulla revisione

editoriale si scontra con una serie di fattori che hanno reso finora impossibile una fotografia reale

di quali e quanti siano gli occupati in questo settore e di quale sia il loro status professionale. La

figura stessa del traduttore come soggetto lavoratore è presente sul mercato in tante diverse

modalità e distinzioni, perché se esistono rari casi di traduttori che fanno della traduzione la loro

unica fonte di reddito – ma spesso combinando lavori editoriali a lavori tecnico-specialistici – per

gran parte dei traduttori la fonte di reddito principale è un’altra (spesso l’insegnamento) mentre la

traduzione è un’attività parallela o complementare. C’è infine chi traduce solo occasionalmente, a

fianco di altre attività lavorative. Non esistendo dunque una descrizione univoca di questo profilo

professionale, né un ordine, un albo o altre realtà che rendano fattibile un censimento di questa

tipologia di lavoratori autonomi, è solo possibile affidarsi a inchieste svolte su campioni di tipo

volontario. Tra queste va senz’altro citato il lavoro dal titolo “Dalla parte dei traduttori”39, uno

studio di approfondimento elaborato dai ricercatori dell’IRES Emilia Romagna - l'Istituto ricerche

economiche sociali della CGIL - Daniele Dieci, Carlo Fontani e Florinda Rinaldini, sui dati già

raccolti dall'inchiesta “Editoria Invisibile” avviata l’anno precedente (2012) sui lavoratori

39 Consultabile all’indirizzo http://www.ireser.it/Allegati/article/332/Traduttori_sintesi.pdf

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dell’editoria. Circa un terzo dei 1073 lavoratori che all’epoca avevano risposto all’inchiesta erano

traduttori (342 testimonianze). L’inchiesta “Dalla parte dei traduttori” non si basa dunque su

nuove interviste, ma sulla rielaborazione specifica di quelle svolte per “Editoria invisibile” e da

questa rielaborazione emergono dati interessanti sulla distribuzione dei titoli di studio, sul genere

e la tipologia di reddito dei traduttori, preziosa integrazione ai dati raccolti dal presente sondaggio.

Volendo tuttavia fornire qualche strumento essenziale per inquadrare e interpretare

quantitativamente, soprattutto in relazione a rappresentatività e tasso di risposta, ciò che verrà

illustrato in seguito, si riportano i dati che seguono:

il numero di iscritti al Sindacato STRADE che traducono/rivedono dall’inglese è di 159 su un

totale di 242 iscritti alla data del sondaggio;

il numero di traduttori editoriali dall’inglese iscritti ad AITI, Associazione Italiana Interpreti

e Traduttori corrisponde a 80, per la narrativa, a cui se ne aggiungono altri 41 per la

saggistica, con numerosi casi di sovrapposizione;

il numero di titoli pubblicati in Italia nel 2013 ammontava a 64.00040. Le traduzioni da altre

lingue, in netta diminuzione rispetto al passato, ammontavano nel 2013 al 17,9% del totale

dei titoli. Tra questi, i testi tradotti dall’inglese coprono il 60,6%. Partendo da questi dati

certi, si può calcolare con beneficio di approssimazione che il numero di libri tradotti nel

2013 corrisponde a 11.500, di cui circa 7000 dall’inglese. Supponendo che un traduttore

che lavori a tempo piano e traduca solo libri lavori al massimo su 4-5 titoli l’anno, il numero

dei traduttori “attivi” nel 2013, dovrebbe aggirarsi tra i 1400 e i 180041.

40 Questi e altri dati sono contenuti nel rapporto annuale dell’AIE – Associazione Italiana Editori, sullo stato dell’editoria italiana. Il rapporto relativo al 2013 con previsioni per il 2014, è consultabile all’indirizzo http://www.aie.it/Portals/_default/Skede/Allegati/Skeda10-146-2014.11.3/04_SintesiRapporto2014.pdf?IDUNI=044bnertgl1ewzu4n3lmljkm2774. 41

Bisogna ricordare tuttavia, come emerge dall’inchiesta IRES, che la tipologia lavorativa del traduttore è molto variabile, e sono molti – quasi la metà – i traduttori che svolgono un altro lavoro parallelamente a quello di traduzione e che esistono altre “varianti” di traduttore che si occupano di prodotti considerati editoriali ma di fatto non pubblicati sotto forma di libri (articoli per testate giornalistiche e riviste, audiovisivi, fumetti). È dunque più verosimile che il numero di traduttori editoriali si aggiri intorno a qualche migliaio.

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3.4. Metodo e strumenti di lettura, analisi e rappresentazione dei dati

In linea con l’interesse per la chiarezza terminologica e descrittiva che questa tesi ha sottolineato

fin dall’inizio, la lettura, interpretazione e rappresentazione dei dati raccolti dall’indagine si

avvarrà della terminologia in uso nell’ambito della ricerca qualitativa nelle scienze sociali, e

dunque si parlerà del totale degli autori delle risposte come di un campione probabilistico

rappresentativo della popolazione target dei rispondenti (traduttori e revisori). Verranno inoltre

usati in maniera interscambiabile i termini «soggetto» e «rispondente» per indicare gli individui

che hanno risposto ai questionari.

Una volta chiusa ufficialmente l’indagine e presa la decisione di considerare come validi e fedeli i

dati provenienti dai questionari compilati per intero, si è provveduto a costruire delle matrici di

dati, ovvero trasferire tutte le risposte ricevute – sia da piattaforma online sia da file – in tanti

fogli elettronici quante erano le aree tematiche del questionario, mantenendo la suddivisione

delle domande e assegnando a ogni rispondente un numero di identificazione progressivo, poi

rimasto invariato per tutte le aree del questionario. In ogni tabella, si è scelto poi di riportare oltre

al numero progressivo anche il dato anagrafico dell’età, in modo da poter cogliere già a colpo

d’occhio eventuali correlazioni con altri dati successivi, che si è comunque provveduto a incrociare

anche con altri elementi emersi dalle risposte.

Come era prevedibile per dei questionari a risposte prevalentemente aperte, la fase di analisi dei

contenuti è stata piuttosto onerosa. D’altra parte, la ricchezza delle informazioni raccolte

nonostante l’impegno richiesto ai rispondenti non può che leggersi come indice di una buona

qualità dei dati. Una prima lettura complessiva delle risposte ha dimostrato infatti grande

disponibilità, apertura, generosità, e voglia di collaborare da parte di tutti i rispondenti. Per quanto

“impressionistico”, si ritiene importante sottolineare questo dato, soprattutto perché nella fase

embrionale di questo progetto di ricerca erano state sollevate perplessità riguardo all’effettiva

possibilità di reperire partecipanti e alla loro volontà di raccontarsi.

Per far sì che le risposte ricevute fossero leggibili e analizzabili sia a livello quantitativo sia a livello

qualitativo, e soprattutto per poi rappresentarle graficamente laddove opportuno, è stato

necessario registrare in qualche modo le risposte e trasformare i dati verbali in dati numerici,

ovvero codificare le risposte assegnando a ciascuna un valore numerico in modo da poter

riconoscere facilmente e dunque conteggiare come appartenenti a uno stesso gruppo di risposte,

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ovvero quelle il cui codice numerico era uguale. Solo assegnando questi valori codificati è stato

possibile contare, sommare e accorpare le risposte e dunque procedere alla interpretazione e

rappresentazione percentuale dei dati.

I risultati, presentati in forma analitica e in forma aggregata, verranno di seguito illustrati

avvalendosi di due tipologie di rappresentazione: il grafico a torta (quando si riportano suddivisioni

percentuali di una determinata totalità, per esempio la suddivisione fra uomini e donne, tra fasce

di età, ecc. ) e il grafico a barre (per indicare la maggiore/minore percentuale di occorrenza e/o

verbalizzazione di certi elementi all’interno delle risposte). Per quanto riguarda infine

l’arrotondamento delle percentuali, si è optato per la scelta di un solo decimale.

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3.5. Presentazione e analisi critica dei risultati relativi ai traduttori

In questa sezione del capitolo verranno presentati, analizzati e interpretati i dati raccolti nei

questionari indirizzati ai traduttori, al fine di fotografare la realtà della revisione intesa come auto-

revisione. Come anticipato alla sezione 3.3.1, sono state ricevute 49 risposte complete tramite

piattaforma LimeSurvey, mentre altre 6 sono state compilate su file Word e inviate tramite posta

elettronica, per un totale di 55 questionari utili. Come si è già detto, il motivo per cui sono stati

computati e analizzati solo i questionari arrivati completi è legato alla necessità di poter correlare i

dati, pur mantenendo un occhio attento ai contenuti specifici delle risposte per sottolinearne

specificità e diversità. I dati raccolti vengono qui presentati seguendo la stessa struttura e

scansione per aree tematiche presente nei questionari.

Figura 3: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla modalità di compilazione dei questionari (traduttori)

3.5.1 Cos’è la revisione per i traduttori

Il primo blocco di dati riguarda i contributi personali offerti dai traduttori alla definizione del

termine revisione. Come già accennato, si è sentita la necessità di corredare il questionario di una

premessa terminologica, proprio perché la parola “revisione” è ancora utilizzata, anche e

soprattutto dagli addetti ai lavori, come sinonimo di altre attività editoriali, spesso con il rischio di

suscitare confusioni di forma ma anche di sostanza. Era inoltre importante, al fine di raccogliere

dati validi e fedeli, che le risposte fornite sul tema revisione condividessero almeno una base

concettuale di partenza, pur concedendo spazio a sfumature e interpretazioni personali.

Seguendo il metodo di lettura, analisi e interpretazione dei dati indicato alla sezione 4 di questo

capitolo, si è proceduto a “codificare” le risposte raccolte per poi poterle riportare e rappresentare

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in maniera adeguata e coerente. Si è scelto dunque di usare gli elementi contenuti nella

definizione sommativa di revisione presentata al termine del capitolo 1 come chiave di lettura

delle risposte sulla domanda “Cos’è la revisione?”, creando così continuità e validità reciproca al

lavoro svolto a livello terminologico e al lavoro di raccolta e interpretazione di dati all’interno del

sondaggio. La definizione sommativa di revisione come attività pluridimensionale è stata dunque

utilizzata come griglia di lettura, attribuendo a ogni elemento della definizione un valore

numerico, e classificando con lo stesso valore numerico le risposte che contenevano – seppure con

formulazione diversa ma inequivocabile – quello stesso elemento della definizione, in modo da

poter poi misurare l’incidenza e la frequenza della loro occorrenza. Sono state valutate come

aderenti agli indicatori dati e di conseguenza rappresentate numericamente le risposte che

menzionano l’elemento nella risposta o che presentano descrizioni immediatamente riconducibili

a esso, senza alcuno sforzo interpretativo. Si ricordano brevemente gli elementi inseriti nella

definizione sommativa di revisione come attività pluridimensionale: ricorsivo, comparativo,

correttivo, migliorativo, costruttivo, propositivo, formativo, collaborativo. Non sono state

computate menzioni doppie di uno stesso elemento all’interno di un’unica risposta, mentre sono

state accorpate sotto la definizione “Altro” le menzioni di elementi non riconducibili alla griglia di

cui sopra e le formulazioni ambigue.

Prima di analizzare le risposte nella modalità appena descritta, si è proceduto a una prima lettura

per individuare i sinonimi più frequenti usati all’interno delle descrizioni personali. Si sono

delineate due tendenze di sinonimizzazione più marcate e facilmente quantificabili (revisione

come rilettura; revisione come controllo e verifica), in aggiunta a una schiera numerosa ma

singolarmente poco rappresentativa di termini alternativi, inclusi per praticità in un unico gruppo.

La sinonimizzazione è dunque così riassunta e rappresentata: rilettura(40%),

controllo/verifica(20%), altro (analisi, perfezionamento, affinamento, adattamento, rifinitura,

levigatura, manipolazione (40%).

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Figura 4: Sinonimizzazione del termine revisione all’interno delle definizioni fornite (traduttori)

Dalle definizioni offerte sono emersi anche elementi riguardanti la finalità percepita o attribuita

alla revisione, e altri suoi aspetti caratterizzanti o critici. Questi dati più variegati sono stati

conteggiati e rappresentati secondo un criterio di frequenza delle occorrenze. Tra gli elementi

riferiti in modo più ricorrente figurano: l’attenzione alla lingua e al lettore di arrivo e alla

scorrevolezza (49%), la revisione intesa come ricerca di soluzioni (11%); la ricerca di equilibrio fra

testo e lingua di partenza e testo/lingua di arrivo (11%); la diversità e maggiore ampiezza dello

sguardo (11%); il rispetto e la fedeltà all’autore/testo/lingua originale (9%); il controllo e

l’uniformità redazionale (9%).

Figura 5: Elementi più ricorrenti nelle definizioni personali di revisione (traduttori)

49%

11%

11%

11%

9%

9%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

Attenzione alla lingua e lettore di arrivo/Scorrevolezza/

Ricerca di soluzioni:

Equilibrio fra lingua dell’autore e lingua propria

Distanza di tempo e di sguardo, sguardodiverso, più ampio

Uniformità e controllo redazionale

Fedeltà all’originale e alla voce dell’autore

Altri contributi (traduttori)

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Si è infine proceduto alla lettura dei contributi “filtrati” attraverso la griglia degli elementi

contenuti nella definizione sommativa di cui sopra, e sono state calcolate le percentuali di

frequenza di ogni singolo elemento rispetto al numero totale delle occorrenze. Figurano in netta

prevalenza l’elemento migliorativo e correttivo della revisione, indicato rispettivamente nel 39% e

37,5% dei casi. Risulta ovviamente ridotta la presenza dell’elemento comparativo visto che,

trattandosi di traduttori che si auto-rivedono, il confronto con il testo originale viene svolto

durante la fase di produzione del testo tradotto e non relegato a una fase successiva. Questo

elemento è comunque stato menzionato e rappresenta il 18,8% del totale delle occorrenze. Solo

nel 3,1% dei casi è stata menzionata la ricorsività dell’attività di revisione, ovvero il suo

svolgimento in momenti diversi del processo di traduzione (in itinere e dopo la prima stesura), e

solo l’1,6% dei rispondenti ha accennato al valore formativo, in particolare auto-formativo, della

revisione. Non sono state rilevate occorrenze per quanto riguarda la definizione di revisione come

attività collaborativa, propositiva o costruttiva.

Figura 6: Lettura delle definizioni secondo la griglia della definizione sommativa di revisione (traduttori)

Come si è già detto in più occasioni, si vuole andare oltre il semplice dato numerico e quantitativo

e valorizzare il più possibile l’aspetto qualitativo dei dati raccolti dal sondaggio, mettendo in luce la

ricchezza delle risposte: per questo motivo, qui come altrove, verrà dato ampio spazio alla

citazione di contributi particolarmente originali, interessanti, provocatori. Tra le risposte a questa

prima richiesta di contributo descrittivo si segnalano le seguenti, particolarmente creative ed

efficaci:

39,0%

37,5%

18,8%

3,1%

1,6%

0,0%

0,0%

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% 35,0% 40,0% 45,0%

migliorativa

correttiva

comparativa

ricorsiva

formativa

collaborativa

propositiva

Griglia definizione sommativa

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“La revisione è una palestra di autocritica migliorativa del proprio lavoro di traduttore.”

“Per me la revisione è un processo di rifinitura di un testo, paragonabile alla levigatura di un minerale grezzo per ricavarne non dico un gioiello (peccherei di immodestia), ma una bella pietra dura lucidata.”

“Direi, in sintesi, che si tratta del momento in cui il mio testo in traduttese diventa davvero un testo in italiano.”

“La revisione è un'auto-traduzione della traduzione. Intendo cioè un momento di analisi e correzione della forma linguistica ed espressiva finale (la traduzione) dopo un lasso di tempo sufficiente da permetterne una rivalutazione che possa dare un risultato più efficace e soddisfacente. Si tratta quindi di traslare quello che si è già detto, in parole migliori.”

3.5.2 Chi è il traduttore auto-revisore

3.5.2.1 Anagrafica dei traduttori rispetto a genere, età ed esperienza lavorativa.

I 55 rispondenti al sondaggio traduttori risultano suddivisi in 45 donne (82%) e 10 uomini (18%).

Figura 7: Distribuzione dei rispondenti per genere di appartenenza (traduttori)

Rispetto all’età anagrafica, risultano rappresentate le seguenti fasce di età, indicate in percentuale

nel relativo grafico:≤ 30 anni: 10,9%; 31-40 anni: 29,1%; 41-50 anni: 36,4%; 51-60 anni: 20%; ≥ 61

anni: 3,6%. L’età media dei traduttori che hanno risposto al sondaggio risulta essere di 42,8 anni.

82%

18%

Suddivisione soggetti per genere

Donne

Uomini

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Figura 8: Distribuzione dei rispondenti per fasce di età (traduttori)

Per quanto riguarda gli anni di esperienza lavorativa come traduttori, i 55 rispondenti sono così

suddivisi: 10 hanno un’esperienza lavorativa ≤ 5 anni (18,2%), 16 hanno tra 6-10 anni di

esperienza (29, 1%), 22 hanno tra 11-20 anni di esperienza (40%), e infine 7 hanno un’esperienza

> 20 anni (12,7%).

Figura 9: Distribuzione dei rispondenti per anzianità lavorativa (traduttori)

3.5.2.2 Anagrafica rispetto alle tipologie testuali di lavoro

Riguardo invece ai generi testuali con cui i soggetti lavorano, si segnala innanzitutto una grande

versatilità e flessibilità. Per offrire una visione più approfondita di questo elemento ho

10,9%

29,1%

36,4%

20,0%

3,6%

Età dei traduttori

≤ 30 anni

tra i 31-40 anni

tra i 41-50 anni

tra i 51-60 anni

≥ 61 anni

18,2%

29,1% 40,0%

12,7%

Esperienza lavorativa

≤ 5 anni

6 - 10 anni

11-20 anni

> 20 anni

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raggruppato i dati dei traduttori che si occupano solo di narrativa, dei traduttori che si occupano

solo di saggistica/manualistica, e di quelli che lavorano con entrambe le tipologie testuali, sempre

nella combinazione linguistica inglese>italiano. Risulta dunque che 12 traduttori su 55 (21,8%) si

occupano di traduzioni esclusivamente di narrativa, 15 traduttori si occupano di traduzioni

esclusivamente di saggista e/o manualistica (27,3%), 24 soggetti traducono sia narrativa, sia

saggistica e/o manualistica (43,6 %), e infine 4 soggetti (7,3%) si occupano di altre tipologie (testi

pubblicitari, articoli per giornali e/o riviste, brevi pubblicazioni divulgative).

Figura 10: Distribuzione dei rispondenti rispetto ai generi testuali di lavoro (traduttori)

Analizzando più nel dettaglio le risposte dei traduttori che hanno dichiarato di occuparsi di

narrativa, sia parzialmente che in maniera esclusiva, è stato possibile suddividere ulteriormente il

loro lavoro di traduzione nei sottogruppi della narrativa commerciale, letteraria, di genere, per

bambini/ragazzi. Tenendo presente che uno stesso traduttore può tradurre più tipologie narrative,

sono stati registrati e rappresentati i dati secondo i criteri già usati della maggiore/minore

occorrenza di verbalizzazione. La categoria più rappresentata è quella letteraria (37,3%), seguita

da quella per bambini/ragazzi(22,4%), la commerciale (20,9%) e infine quella di genere (19,4%).

21,8%

27,3%

43,6%

7,3%

Generi testuali di lavoro

solo N

solo S/M

N + S/M

Altro

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Figura 11: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia narrativa dei testi di lavoro (traduttori)

3.5.2.3 Anagrafica rispetto alla formazione

Un aspetto particolarmente importante della raccolta dati – soprattutto per la sua ricaduta in

termini di ricerca applicata alla didattica – riguarda le risposte date dai soggetti in merito alla

formazione specifica in revisione. Alla serie di domande sull’eventuale formazione ricevuta, la

tipologia, la durata e il contesto, e la percezione della ricaduta positiva o negativa sulla propria

attività lavorativa, i traduttori hanno risposto in questo modo: hanno seguito corsi/seminari

specifici sulla revisione 20 su 55 soggetti (36,4%), non hanno seguito formazione specifica in

revisione 32 soggetti, (58,2%), mentre il restante 5,4% ha fornito risposte non analizzabili,

indicando cioè i corsi universitari/master/specializzazione seguiti, senza specificare se fossero

dedicati, anche solo parzialmente, alla revisione.

37,3%

22,4%

20,9%

19,4%

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% 35,0% 40,0%

letteraria

bambini/ragazzi

commerciale

di genere

Sotto-generi narrativi di lavoro

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Figura 12: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla formazione in revisione (traduttori)

Tra coloro che hanno affermato di aver ricevuto una formazione specifica in revisione e hanno

indicato in dettaglio la relativa tipologia, si sono rilevate le tre seguenti variabili: moduli/lezioni

all’interno di corsi/master accademici (a); corsi privati di più mesi (b); seminari di qualche

ora/qualche giorno (c). Il grafico che segue mostra la frequenza percentuale di occorrenza delle tre

variabili, considerando che ogni soggetto può aver seguito più tipologie di corsi formativi sulla

revisione.

Figura 13: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di formazione seguita in materia di revisione(traduttori)

36,4%

58,2%

5,4%

Formazione in revisione

no

altro

50,0%

37,5%

12,5%

0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0% 60,0%

seminari

moduli univ.

corsi priv.

Tipologie formative

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Anche se l’aspetto didattico e formativo della revisione verrà trattato in maniera più approfondita

nel capitolo 4, i dati qui presentati meritano una lettura più ravvicinata. Si noti innanzitutto che la

metà dei soggetti ha ricevuto una formazione specifica in revisione di brevissima durata, indicando

occasioni di tipo seminariale e laboratoriale di uno o due giorni, non in contesti accademici bensì

presso strutture di formazione privata. Per quanto riguarda le risposte (b), invece, la loro limitata

occorrenza è sicuramente legata alla scarsa offerta di questo tipo di formazione mirata e articolata

su più mesi di attività didattica. Infine, il dato presentato dalle risposte di tipo (a), relative alla

formazione universitaria, non deve trarre in inganno: benché la percentuale del 37,5% possa

indurre a pensare che l’ambito dei corsi accademici in traduzione sia tra i principali luoghi di

formazione in revisione, spazi in cui questo aspetto del lavoro editoriale viene affrontato e trattato

in maniera continuativa e costante, una lettura dettagliata delle risposte dei soggetti che hanno

dichiarato di aver ricevuto una formazione di questo tipo, rivela che il monte ore dedicato alla

revisione è molto variabile:

“un corso semestrale durante il Master in Traduzione dell’ISIT di Milano”

“alcuni seminari interni ai corsi di traduzione frequentati […]brevi incontri di riflessione di 1

ora l'uno circa”

“durante gli studi ho seguito un modulo della durata di sei mesi / un'ora alla settimana

dedicato alla revisione, cui comunque era dedicato molto tempo anche durante le lezioni

«normali»”

“all'università, seminari di correzione di bozze editoriali”

“durata del modulo limitata, proficuo ma molto breve (4/5 lezioni da 1 ora compresa

l'esercitazione)”

“per lo più cenni sulla revisione all'interno dei corsi di traduzione (1-2 lezioni al massimo

dell'intero corso)”

“solo al Master e rappresentavano forse un 7-8% del monte ore”

Appare evidente, da questi contributi, che quella della revisione come contenuto didattico

all’interno dei percorsi formativi accademici in traduzione è una presenza discontinua e molto

diversificata, che va da cicli semestrali di lezioni, a uno/due incontri nell’arco di un intero corso.

Del resto, la necessità di interventi formativi più seri e mirati è già emersa da molti degli studi

riportati al capitolo 2, ma si rimanda al capitolo 4 per una trattazione più completa di questo

argomento e una formulazione di ipotesi di lavoro sulla didattica della revisione. A integrazione dei

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dati illustrati fin qui, si riportano i risultati ottenuti dalle risposte dei soggetti riguardo alla ricaduta

positiva o negativa della formazione ricevuta, laddove presente. Alla domanda 2.3 del

questionario, “Se hai seguito dei corsi/lezioni/seminari sulla revisione, quale è stata la ricaduta -

positiva o negativa - sul tuo lavoro di traduttore/traduttrice? (più consapevolezza, più dubbi,

acquisizione di un metodo di lavoro, acquisizione di parametri analitici e descrittivi, altro -

specifica)”, si è registrata una risposta praticamente univoca in termini di risvolti positivi della

frequentazione di corsi specifici sulla revisione, dove tutti i rispondenti ammettono di aver

imparato qualcosa in più o aver ricevuto conferma di ciò che era già acquisito. Più nello specifico,

tra gli effetti della formazione ne vengono menzionati alcuni con particolare frequenza: maggiore

consapevolezza del proprio operato (42,9%), aumento dei dubbi, tale da creare un vero e proprio

“modus operandi” (21,4%); acquisizione di un metodo di lavoro (14,3%); occasione di confronto

con gli altri (10,7%); acquisizione di nuovi parametri/linee guida da applicare alla fase di revisione

(7,1%) e infine acquisizione di nuovi strumenti di lavoro (3,6%).

Figura 14: Effetti positivi dichiarati della formazione specifica in revisione (traduttori)

A conferma dell’effetto positivo della formazione in revisione nell’acquisizione di una più ampia

competenza traduttiva, come sostenuto in molti dei contributi riferiti nel capitolo 2, sezione 5, si

riporta la seguente riposta:

“Tutti gli incontri seguiti, seppur brevi, sono stati utili ad acquisire maggior consapevolezza nello svolgere il lavoro di traduzione, soprattutto per quanto riguarda i ‘dubbi da farsi venire’. In poche parole capire che cosa vuol dire revisione mi ha aiutato a pormi le domande giuste in fase di traduzione.

42,9%

21,4%

14,3%

10,7%

7,1%

3,6%

0,0% 10,0% 20,0% 30,0% 40,0% 50,0%

Più consapevolezza

Più dubbi

Metodo di lavoro

Confronto

Nuovi parametri

Nuovi strumenti

Effetti della formazione

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3.5.3 Come si fa la revisione

La parte centrale e la più corposa del questionario poneva domande riguardo alle modalità di

svolgimento del processo di auto-revisione. I quesiti miravano a indagare vari aspetti dell’effettiva

attività sul testo e a raccogliere dati sul tipo di supporto preferito (carta/schermo), sugli strumenti

utilizzati per indicare/tracciare eventuali modifiche e interventi, sull’utilizzo e la funzione dei

commenti o note a margine, sulla pratica della rilettura ad alta voce, sulle strategie di

distanziazione messe in atto, e sulle eventuali interazioni traduttore/revisore. Come per tutte le

altre domande del questionario, e forse in maniera ancora più ricca, i rispondenti hanno

contribuito con grande originalità e generosità, soffermandosi a descrivere prassi consolidate e

trucchi del mestiere maturati con l’esperienza, oltre che a riflettere su procedure di lavoro

acquisite e diventate quasi routinarie, ma non per questo meno valide.

3.5.3.1 Supporto della revisione

I primi dati che vengono qui riportati riguardano il supporto o i supporti usati durante la fase di

auto-revisione. Va innanzitutto sottolineato un ampio margine di variabilità nelle preferenze, in

relazione soprattutto alla lunghezza del testo, alla sua importanza e difficoltà, al tempo a

disposizione in generale e a quello dedicato specificamente alla revisione. Le risposte fornite dai

55 soggetti ricadono in quattro tipologie principali: revisione esclusivamente o prevalentemente

su file (37/55, 67,3%); prevalentemente su carta con inserimento di modifiche a video (4/55,

7,3%); prima revisione su file, seconda revisione ed eventualmente successive su carta (12/55,

21,8%); prima revisione su carta, seconda revisione ed eventualmente successive su file (2/55,

3,6%).

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Figura 15: Distribuzione dei rispondenti rispetto al supporto usato in fase di auto-revisione (traduttori)

Oltre al dato oggettivo, molte risposte raccontano in maniera dettagliata prassi di lavoro,

procedure e preferenze personali. Questa possibilità di curiosare nell’officina della revisione offre

anche preziosi spunti di riflessione e tracce per indagini future, si pensi ad esempio all’eventualità

di studiare il rapporto fra ambiente/ambienti di lavoro e tipo/fase di revisione e relativo prodotto,

oppure di indagare la diversa natura ed entità degli interventi di revisione nei vari passaggi da

schermo a carta e viceversa. Vengono riportate qui di seguito alcune risposte particolarmente

ricche e dunque preziose:

“Rivedo la traduzione in due passaggi successivi. Non passo solitamente da cartaceo ma utilizzo una modalità di visualizzazione del testo che sia diversa nei tre passaggi di traduzione, prima e seconda revisione. 1) Prima revisione: controllo più "formale". Assenza di salti, correttezza dei rimandi bibliografici e testuali, assenza di errori nella traduzione, di sfasamenti stilistici... Con un programma di lettura del testo tradotto, che seguo sull'originale. In questo senso utilizzo il cartaceo, ma dell'originale. Raramente ho provato in questa fase a lavorare anche sul digitale, ma è troppo scomodo. 2) Seconda revisione. Rilettura della traduzione "da lettore pacato", per cogliere passaggi ruvidi o poco coerenti con l'italiano. Eventualmente sul cartaceo (se posso lavorare fuori casa) ma obbligatoriamente in un contesto tranquillo e silenzioso (che solitamente mi è difficile ottenere... non potrei lavorare solo quando sono solo, non lavorerei quasi più).” “Nei primi anni rivedevo la traduzione in due fasi, la prima, più sostanziale, su file, la seconda su carta. Ormai faccio entrambe le fasi su file, pur mantenendo una distinzione nel lavoro (confronto vero e proprio con l'originale nella prima fase, maggior attenzione all'italiano e alla scorrevolezza/naturalezza del testo nella seconda)”

“Decisamente su carta, anche se si tratta di lavori di una certa estensione. Mi focalizzo meglio sulla sintassi e posso evidenziare gli errori o gli spostamenti di sintagmi in maniera più chiara.”

“Prima revisione su file, seconda ed eventuale terza su carta per le traduzioni "importanti". Prima e seconda su file, ma spesso cambiando carattere, interlinea, giustificazione del testo, in modo da vedere il testo "come per la prima volta."

67,3%

7,3%

21,8%

3,6%

Supporto usato (traduttori)

solo file

solo carta

file/carta

carta/file

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Queste risposte dimostrano quanto la revisione sia percepita come un momento di “svolta” nella

genesi di una traduzione e come l’esperienza, la crescita professionale, le necessità testuali ed

editoriali, ma anche il carattere, la personalità, le qualità e le criticità personali contribuiscano a

creare e testare sul campo procedure attente e meticolose che l’esperienza trasforma poi in prassi

consolidate.

3.5.3.2 Revisione e lettura ad alta voce

Vengono ora riportati i dati riguardanti la rilettura ad alta voce come strumento di

controllo/verifica inserito all’interno del processo di revisione. Alla domanda 3.4 del questionario,

“Rileggi ad alta voce? Perché? Quali sono vantaggi e svantaggi?” i soggetti hanno così risposto: il

36,4% dei rispondenti (20/55) dichiara di ricorrere regolarmente a questa modalità di rilettura e

verifica, il 34,6% (19/55) vi ricorre solo qualche volta, per questioni legate al tempo a disposizione,

o per qualche brano specifico della traduzione in cui l’impatto sonoro e ritmico è particolarmente

importante. Il restante 29% (16/55) dice di non rileggersi mai o quasi mai ad alta voce.

Figura 16: Distribuzione dei rispondenti rispetto al ricorso alla rilettura ad alta voce in fase di auto-revisione (traduttori)

Come approfondimento dei dati forniti e per individuare le principali motivazioni a favore e contro

la rilettura ad alta voce, vengono riportate alcune risposte esemplari:

“Io eseguo [la lettura ad alta voce] in due fasi: rileggo il solo testo tradotto e, successivamente, lo confronto con l’originale registrando la traduzione e riascoltandola avendo sotto gli occhi l’originale;

36,4%

34,6%

29,0%

Rilettura alta voce (traduttori)

Sì, sempre

a volte

mai o quasi mai

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un metodo che richiede forse più tempo ma ha tre grossi vantaggi: 1) rileggo ad alta voce, 2) riascolto la mia traduzione e questo mi permette di cogliere eventuali “stonature” dell’italiano e 3) è più facile cogliere errori o eventuali pezzi saltati che non spostando gli occhi da un testo all’altro.” “Sì ma non [rileggo ad alta voce] tutto, per non incorrere nello svantaggio di scrivere qualcosa che segua troppo le regole ritmiche e di andamento del parlato, che sono diverse da quelle dello scritto. Di solito leggo ad alta voce, e preferibilmente a terzi, brani che mi sembrano poter incorrere in problemi di leggibilità/comprensibilità, per sciogliere eventuali durezze.”

“Non rileggo ad alta voce ma da diversi anni utilizzo uno strumento per me utilissimo, in genere alla seconda revisione: mi faccio inviare (oppure lo acquisto), se esiste, l'audiolibro del libro originale e lo ascolto rileggendo la mia traduzione. In questo modo ho la percezione del rispetto del ritmo, dello stile e anche delle intenzioni dell'autore, il tutto mediato dalla voce di uno o più attori. Inoltre è un modo fantastico di scoprire i piccoli errori (i classici "roma per toma" che non mancano mai) e le parole o le frasi saltate per distrazione.”

“Ad alta voce no, ma spesso, soprattutto durante la rilettura finale, rileggo a voce sussurrata, quasi inaudibile: è il modo migliore per farsi un'idea della scorrevolezza del testo.”

3.5.3.3 Revisione e strategie di distanziazione

Un aspetto chiave dell’attività di auto-revisione, nonché condizione necessaria per garantirne la

qualità, l’efficacia e la completezza, è la capacità di guardare al lavoro svolto con oggettività e

distacco, ovvero con quello sguardo “nuovo” implicito nell’azione del rivedere. Tuttavia, proprio a

causa del profondo coinvolgimento del traduttore nel testo, di quella conoscenza così minuziosa e

particolareggiata da creare una familiarità che rende quasi “miope” ogni approccio successivo con

il testo, il traduttore attua in maniera più o meno consapevole della strategie di distanziazione.

Le alternative di risposta suggerite nella domanda (cambio di postazione, cambio di

impaginazione del file, cambio di mezzo da schermo a carta, intervallo di tempo) sono solo alcune

fra quelle proposte in Chesterman e Wagner (2002), i quali descrivono la distanziazione come

“stepping back mentally from what you are creating to get a better perspective on it”(p. 68) e

suggeriscono strategie da applicare durante il lavoro di traduzione, nella consultazione di fonti ed

esperti esterni, nella fase di risoluzione dei problemi e infine al momento della revisione. In

quest’ultima fase in particolare, la necessaria distanza si può raggiungere adottando, fra gli altri,

questi stratagemmi:

imparare a dimenticare

cambiare supporto

cominciare a leggere il documento da un punto qualsiasi

far leggere la traduzione a qualcun altro o immaginare di essere qualcun altro

adottare una prassi routinaria per il controllo finale

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suddividere il compito in fasi separate (ivi, pp. 71-72)

Dalle risposte raccolte, emerge che lasciar passare del tempo tra traduzione e revisione, un tempo

quanto più lungo possibile compatibilmente con i termini di consegna e altri lavori in corso, viene

percepito come la strategia di distanziazione più ovvia e preferibile, ma anche come un lusso che

non sempre ci si può permettere. Inoltre, più che una strategia di distanziazione, questo

necessario “drawer-time” viene sentito più come una necessità fisiologica: ci si è talmente stancati

di quel testo che, almeno per un po’, non vogliamo più vederlo davanti agli occhi. Tra tutti i

traduttori che ammettono di usare una qualche strategia (48/55, 87,3%) – a fronte di un 12,7%

che dice di non usarne affatto – quasi la metà (47,9%) ricorre unicamente al passaggio del tempo

per avvicinare la traduzione con uno sguardo fresco. Solo il 6,3% si avvale esclusivamente del

cambio di mezzo (da schermo a carta), mentre il restante 45,8% adotta più di una strategia. Le

combinazioni più frequenti sono tempo più cambio di mezzo, ma anche cambio di

visualizzazione/impaginazione/formattazione del file, cambio font, cambio allineamento o

interlinea, pause intermedie durante il lavoro di revisione, lettura a estranei (spesso “vittime

sacrificali” individuate in mogli, mariti, compagni, figli), cambio di postazione e attività fisica.

Figura 17: Distribuzione dei rispondenti rispetto alle strategie di distanziazione usate in fase di auto-revisione (traduttori)

Le risposte riportate qui di seguito illustrano nel dettaglio alcune delle strategie di distanziazione

adottate più diffusamente e le motivazioni alla base di certe scelte. Un tratto comune a molte è la

47,9%

6,3%

45,8%

Strategie di distanziazione usate

solo tempo

solo mezzo

combinazione di piùstrategie

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tensione tra ciò che viene percepito come “ideale” (potersi permettere di far sedimentare o

“decantare” la traduzione per un tempo sufficientemente lungo) e ciò che invece è la realtà delle

scadenze e dei tempi editoriali.

“[…] rarissimi casi in cui stampo e rileggo su carta: ma considerando il dispendio di inchiostro, di tempo (le correzioni individuate su carta vanno in ogni caso riportate su file) e di energie, lo faccio - e comunque molto di rado - solo per testi assai più brevi di un libro e per clienti che pagano molto meglio di una casa editrice.”

“Se possibile, rispetto alle scadenze di consegna - molto di rado -, lascio trascorrere un po' di tempo tra la fine della traduzione e la revisione, per "dimenticarmi" i ragionamenti che mi hanno portato a certe rese e leggerle con occhio vergine. Ho provato a cambiare impaginazione/font o a rivedere su carta, ma senza trarne giovamento e quindi ho lasciato perdere.”

“Da schermo a carta sempre, per me è fondamentale. Quando i tempi lo consentono faccio passare un po' di tempo dalla fine della traduzione all'ultima revisione, ma non sempre è possibile. Comunque un minimo di distanziazione cerco sempre di trovarlo e, nel caso delle scadenze più pressanti, concordo con la CE di poter mandargli il grosso entro la scadenza e l'ultima parte qualche giorno dopo per avere la possibilità di rileggerla a mente fredda. Se già in partenza la scadenza mi pare troppo stretta a volte faccio inserire anche una previsione specifica nel contratto!”

“Se possibile, intervallo di tempo, lo strumento più efficace: rileggere sei ore dopo che si è finito di tradurre serve solo a trovare i refusi. Solo un po' di giorni permettono di trovare un punto di vista 'altro'. Poi in genere cambio font, il testo (se ancora in .doc o affine) si reimpagina e si vede qualcosa in più.”

3.5.3.4 Strumenti e modalità di tracciamento sul testo.

Veniamo ora ai dati raccolti in merito alla modalità di intervento sul testo e agli strumenti utilizzati

per rendere l’intervento visibile, rintracciabile e l’eventuale uso di commenti e loro funzione.

L’89% dei rispondenti (49/55) lascia traccia dei propri interventi sul testo in fase di revisione e tra

questi, coloro che lavorano su file ricorrono nella maggioranza dei casi (26/49, 53%) alle

evidenziazioni di testo – anche di più colori – per segnalare punti controversi, dubbi, rese

insoddisfacenti, questioni su cui tornare in un secondo momento, mentre il restante 47% (23/49)

attinge ad altre funzioni tra quelle offerte da ogni programma di videoscrittura (sottolineatura,

cambio carattere, uso del maiuscolo, asterischi di richiamo, inserimento di testo fra parentesi

quadre).

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Figura 18: Distribuzione dei rispondenti rispetto alle modalità di tracciamento modifiche sul testo durante la fase di auto-revisione (traduttori)

Queste e altre modalità di marcatura del testo in fase di revisione sono riassunte nelle due riposte

che seguono:

“In una prima fase di traduzione, se in un qualsiasi punto sono in dubbio sulla soluzione migliore inserisco entrambe, per esempio scriverò "dovevo raggiungere il bosco prima che la luce dell'alba/dell'aurora...". Per quanto riguarda invece i punti che mi mettono in difficoltà o le parti che non mi soddisfano per qualsiasi motivo li evidenzio in giallo sul documento word. Alla fine come ho detto stampo tutto e procedo alla revisione finale sulla carta soffermandomi in particolare sui punti evidenziati. Comunque, facendo auto-revisioni e non dovendo in questa fase discutere con altri dei cambiamenti, non mi preoccupo troppo del tracciamento delle modifiche. Ricordo benissimo le varie versioni e le tappe attraverso le quali ho raggiunto la soluzione finale! Tra l'altro spesso mi capita di tradurre testi complessi, quindi nel caso una soluzione abbia richiesto particolare ponderazione (o non sia ovvia) documento bene la cosa in un file a parte per spiegare successivamente la scelta al revisore della casa editrice (se si tratta di libri).”

“nella prima stesura evidenzio frasi o parole che non mi convincono e soprattutto inserisco commenti per tenere memoria - di solito attraverso sigle e abbreviazioni come ad esempio cdm (cercare di meglio) - del tipo di intervento che devo operare in fase di revisione (verifica del significato, ricerca di una formulazione più elegante, termine troppo tecnico per il quale serve l'aiuto di un esperto, virgolettato di testo pubblicato in Italia da cercare in biblioteca). Nella revisione non tengo traccia alcuna delle correzioni e di solito cerco di eliminare tutte le evidenziazioni e i commenti (tranne quelli che è necessario lasciare per l'editor della casa editrice) per poter fare la rilettura finale concentrandomi solo su stile e scorrevolezza.”

Trattandosi di auto-revisione, è naturale aspettarsi che i traduttori non ricorrano al tracciamento

delle modifiche in modalità Revisione di Word, come è invece tipico dell’attività di etero-revisione.

Tuttavia si è visto come alcune basilari funzioni di scrittura vengono usate per tracciare una sorta

53%

47%

Tracciamento su file (traduttori)

evidenz.

altro

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di mappa che consenta di rileggere e ripercorrere il cammino che ha portato a certe soluzioni o a

certe tappe. È proprio questa necessità a motivare strategie come quella espressa dalla risposta

riportata qui di seguito:

“Non inserisco nel testo commenti destinati a me stessa, però tengo sempre una specie di ‘diario di traduzione’ su un apposito quadernone (sì, di carta!), e quello è il luogo dove riporto i commenti. Servono sostanzialmente a ricordarmi il perché delle mie scelte (giochi di parole, rimandi a realia, ecc.).”

Per il 25% dei rispondenti, ovvero coloro che invece lavorano su carta (esclusivamente o come

passaggio intermedio, prima di riportare su file), il tracciamento delle modifiche viene fatto

naturalmente a penna e/o matita, e anche con l’ausilio di pennarelli di vario colore corrispondenti

ad aree diverse di intervento. Tra coloro che correggono su carta, meno della metà (40%) lo fa

usando i segni della correzione di bozze.

3.5.3.5 Uso e funzione dei commenti

Per quanto riguarda il ricorso ai commenti, dichiara di utilizzarli il 76,4% dei rispondenti (42/55),

sia in forma di post-it elettronico nella modalità Revisione di Microsoft Word sia, ma in misura

minore, in forma di post-it cartaceo o come “appunti di viaggio”. I traduttori che affermano di

utilizzare la funzione “Commenti” si rivolgono nel 38% dei casi a se stessi, lasciandosi un

promemoria per richiamare qualcosa che è rimasto dubbio o in sospeso – un’interpretazione, una

ricerca da fare – per appuntarsi un ragionamento, una fonte consultata, etc., mentre nel 52% dei

casi scrivono commenti rivolti alla redazione/revisore per sottoporre dubbi, spiegare e motivare

discostamenti dalla lettera del testo nel caso di locuzioni idiomatiche o giochi di parole, per

motivare interventi di “localizzazione culturale”, per difendere scelte che potrebbero essere

travisate o cassate, per comunicare rettifiche all’originale concordate con l’autore, per correggere

eventuali errori dell’originale, etc. Infine, una percentuale minore di rispondenti (16,6%) dichiara

di utilizzare i commenti in entrambe le funzioni, sia per se stessi, sia per la redazione/revisore. Tra

coloro che non usano commenti il 3,6% preferisce ricorrere a un file di note a parte per la

redazione e/o il revisore, mentre il restante 20% non utilizza commenti di alcun genere.

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Figura 19: Distribuzione dei rispondenti rispetto all’utilizzo della funzione Commenti di Microsoft Word in fase di auto-revisione (traduttori)

La selezione di risposte che segue serve a illustrare più nel dettaglio le motivazioni alla base

dell’uso dei commenti e loro finalità/contenuti:

“Sì, li scrivo su carta. Mi aiutano a non dimenticare il ragionamento che ho fatto in quel momento per poterci tornare dopo qualche giorno a mente fresca e trovare una soluzione più soddisfacente.”

“I commenti sono in genere inviti a rivedere il testo originale per capire cosa c'è che non va in quello tradotto.”

“A volte aggiungo commenti rivolti al revisore della casa editrice, per spiegare una scelta traduttiva, la resa di un gioco di parole o l’eventuale omissione di frasi o brani per vari motivi (riferimenti culturali impossibili da mantenere, giochi di parole fatti cadere)”

“Due livelli [di commenti]: 1) Commenti ad uso personale, per segnalare dubbi rimasti o necessità di approfondimenti che non posso fare immediatamente. 2) Segnalazione di problemi o di soluzioni magari originali ma da motivare per il revisore. Queste in un file a parte da aggiungere alla traduzione.”

“Non aggiungo dei commenti nel file della traduzione ma come ho detto mi capitano spesso

testi complessi, quindi per qualsiasi traduzione (di narrativa o saggistica) creo un file

separato per le ricerche, in cui inserisco tutte le spiegazioni utili su qualsiasi argomento

trovate su Internet nel corso delle ricerche (con i siti di riferimento), ed eventuali mie

riflessioni in proposito. Questo file è come un invisibile telaio che sorregge la tessitura della

traduzione. Non ne fa parte e non si vede nel documento finito ma in qualsiasi momento io o

il revisore troviamo qualche maglia imperfetta posso tornarvi per rifinire il lavoro o passare

lo strumento al revisore. In altre parole in qualsiasi momento a me o al revisore sorga un

dubbio sull'interpretazione di qualsiasi elemento del testo originale, lavoriamo a partire dalle

76,4%

3,6%

20,0%

Utilizzo funzione commenti (traduttori)

si

file note

no

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ricerche e dalle riflessioni già fatte. Mi è capitato più volte che i problemi in realtà

derivassero da problemi di (insufficiente) editing del testo originale. In alcuni casi grazie al

"telaio" con il revisore ci siamo anche resi conto che non occorreva rivedere la traduzione

quanto consultarci con l'autore, perché c'erano delle incongruenze o delle debolezze nella

costruzione dell'originale che indebolivano la presa del testo. In un caso ciò ha addirittura

portato a una modifica di alcune parti del testo (o di caratteristiche dei protagonisti, a partire

dal nome) da parte dell'autrice.”

Quest’ultimo contributo introduce un aspetto importante che il sondaggio si prefiggeva di

indagare, ovvero l’esistenza e la frequenza di una effettiva interazione in fase di revisione tra

traduttore e redazione/revisore, argomento trattato nella sezione successiva.

3.5.3.6 Revisione come collaborazione

Alla domanda 3.9: “In fase di revisione, interagisci con la casa editrice? Se sì, chi sono i tuoi

interlocutori e quali questioni vengono trattate? (adattamenti, questioni di editing, questioni

redazionali, soluzioni di dubbi interpretativi, altro) Se no, perché? (non lo ritieni necessario, non

vieni messo in condizione di farlo, altro - specifica)”, i traduttori hanno risposto in questo modo: il

43,6% (24/55) non ha mai rapporti con la casa editrice (CE) durante il lavoro di revisione o dopo la

consegna del lavoro, il 12,8% (7/55) interagisce con la casa editrice solo qualche volta, a seconda

del committente, e il restante 43,6% (24/55) interagisce regolarmente. In questa fase, gli

interlocutori dei traduttori variano tra l’editore che cura la collana e può aver assegnato la

traduzione, il redattore che si occupa di coordinare il lavoro di tutta la filiera editoriale sul testo, il

revisore (interno o esterno), e in misura minore il correttore di bozze. Per coloro che interagiscono

con la casa editrice o un suo rappresentante, le motivazioni alla base degli scambi dialogici

riguardano questioni redazionali di uniformità o richiesta delle norme redazionali, questioni di

editing dell’originale, questioni di adattamento, e dubbi interpretativi.

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Figura 20: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla frequenza delle interazioni traduttore CE/revisore durante la fase di auto- ed etero-revisione (traduttori)

È interessante sottolineare che anche coloro che hanno dichiarato di non avere contatti con la CE

esprimono in qualche modo la loro volontà di dialogo lasciando commenti, note esplicative

all’interno della traduzione o in un file a parte, come a voler lasciare socchiusa la porta che

conduce al loro laboratorio di traduzione e fornire dunque alla persona che curerà la fase di

revisione una sorta di cartina per orientarsi al suo interno. Un’altra riflessione da fare in relazione

ai dati raccolti è che se il 43,6% non interagisce mai con la CE e un altro 12,8% lo fa solo

occasionalmente significa che, in più della metà delle occasioni, la filiera editoriale si comporta

come una catena di montaggio in cui il prodotto finale è la somma di vari pezzi o “fasi” di lavoro,

senza che ci sia stata comunicazione tra i vari comparti. Viene spontaneo chiedersi se il prodotto

“libro” meriti di essere trattato in questo modo o non debba ricevere invece un’attenzione o una

cura diversa, considerato che nasce da una serie di operazioni e interventi sicuramente più

personali, creativi, soggettivi, artigianali e artistici di quanto è richiesto a un operaio che si trovi

davanti a un nastro trasportatore (senza per questo voler sminuire il lavoro sempre prezioso e

pesante di chi svolge un’attività manuale).

Considerata la particolare rilevanza dell’elemento collaborativo della revisione, aspetto che verrà

trattato ampiamente nei capp. 4 e 5, sembra utile riportare nel dettaglio alcune risposte

significative:

“Tengo molto a interagire con i revisori e lo chiedo espressamente. Avviene comunque a traduzione consegnata e quindi in una fase successiva all’auto-revisione. Ritengo

43,6%

12,8%

43,6%

Interazioni traduttore e CE/revisore

mai

a volte

sempre

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fondamentale (anche a causa di brutte esperienze passate) che il traduttore sia interpellato su tutte le modifiche apportate a una traduzione che esce comunque con il suo nome (nel bene e nel male). Mi rifiuto però di rileggere (gratis) per intero le bozze e chiedo che mi vengano segnalati gli interventi apportati.”

“Mi è capitato molto di rado. Nella maggior parte dei casi non ho proprio idea di chi sarà il revisore e nelle redazioni è difficile trovare un interlocutore disponibile e con una sufficiente conoscenza del testo. Quello di cui più sento la mancanza è, specie nei testi più impegnativi, un confronto iniziale per sintonizzare gli strumenti e concordare la strategia di traduzione o eventuali adattamenti necessari. Una volta iniziata la traduzione, preferisco però lavorare in autonomia e confrontarmi poi con redattore/revisore a testo finito.”

“In genere durante la revisione scambio un paio di telefonate o mail con la casa editrice, per decidere questioni generali (qualche esempio pratico: tradurre i nomi geografici o lasciarli in originale; come rendere un accento regionale dell'originale senza snaturare il testo, ecc.). Per le questioni specifiche invece in genere mi affido ai commenti inseriti nel testo. L'interlocutore varia a seconda della casa editrice, ma in genere si tratta di un editor o redattore.”

3.5.3.7 Revisione e materiali di consultazione, tipologie testuali e pratiche ideali.

L’illustrazione dei dati relativi alle modalità di esecuzione della revisione e ai suoi strumenti si

conclude prendendo in esame le risposte raccolte in merito al materiale di consultazione utilizzato

più spesso in fase di revisione, a eventuali modalità di revisione diverse a seconda della tipologia

testuale con cui ci si trova a lavorare, e infine a eventuali discrepanze tra l’idea astratta di

revisione ideale e l’attività pratica di auto-revisione che il traduttore riesce a mettere in atto.

Riguardo ai materiali di consultazione, controllo e verifica – intesi anche come risorse umane – i

traduttori hanno risposto in questo modo: il ricorso all’autore del testo originale rappresenta solo

lo 0,9% delle verbalizzazioni, mentre gli elementi della risposta più rappresentati sono stati, in

uguale misura, i dizionari e la rete (23%). Come fonti consultate seguono poi i colleghi/conoscenti

(17%), gli esperti (12,7%) e infine il testo originale ed eventuali testi paralleli o di riferimento

(entrambi 11,7%). Va aggiunto che tra coloro che hanno dichiarato di avvalersi del contributo dei

colleghi, il 37% ha specificato l’utilizzo di forum/mailing list/liste di discussione di traduttori.

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Figura 21: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di materiali/fonti di consultazione utilizzati durante la fase di auto-revisione (traduttori)

Da una lettura più dettagliata delle risposte emerge che l’avvento di internet e dunque la nascita

di luoghi virtuali di scambio e informazione per i traduttori ha inciso notevolmente sulla possibilità

di trasformare la fase di auto-revisione da un momento di controllo e verifica “in solitaria”, con il

rischio di restare invischiati nelle proprie lacune e/o idiosincrasie, in un’attività più compartecipata

e condivisa, aperta a suggerimenti e punti di vista altrui, quasi in una sorta di “pre-test” di ciò che

è poi il lavoro svolto da un revisore esterno. Ne è conferma la risposta che segue:

“Uso moltissimo internet, e avendo iniziato a tradurre i primi libri quando la rete era ancora molto

meno sviluppata, posso dire che lo trovo un aiuto fondamentale. Poi, nell'ordine, [consulto] il testo

originale, dizionari cartacei e testi paralleli, ma spesso anche esperti di settori particolari, soprattutto

medici e avvocati (indispensabili per i gialli!). Trovo estremamente utili anche i gruppi di traduttori

come qwerty e nazar, un gruppo riservato agli scandinavisti che abbiamo lanciato qualche anno fa,

anche se purtroppo si è gradualmente spento. Cito i gruppi all'ultimo posto tra i materiali

semplicemente perché preferisco tentare prima altre strade per non annoiare/sovraccaricare di

richieste i colleghi, ma li trovo una risorsa importante e utilissima.”

Una ulteriore riflessione da farsi riguarda il passaggio ormai definitivo dalla figura del traduttore

editoriale come “eremita” a quello di un professionista dell’editoria in grado di sfruttare a proprio

vantaggio i mezzi informatici non solo per tutto ciò che riguarda lo svolgimento pratico del proprio

lavoro, ma anche come strumenti di socializzazione, condivisione e scambio su temi professionali e

non.

23%

23%

17%

12,70%

11,70%

11,70%

0,90%

0% 5% 10% 15% 20% 25%

Dizionari

Rete

Colleghi/conoscenti

Esperti

Testo originale

Testi paralleli

Autore

Materiale di consultazione in fase di revisione

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Una domanda successiva (3.7: “Il tuo modo di rivedere la traduzione cambia in funzione della

tipologia testuale che hai davanti? Se sì, in che modo? (maggiore/minore attenzione alla lingua,

alle connotazioni culturali, alla scorrevolezza, alla cura redazionale, altro - specifica), mirava a

rilevare eventuali relazioni tra modalità di revisione e tipologia testuale, suggerendo e sollecitando

spunti di riflessione. Mentre 25 traduttori su 55 (45,5%) hanno dichiarato di non modificare il

proprio modo di rivedere una traduzione a seconda della tipologia testuale, il restante 54,5%

afferma di “tarare” la propria attività di revisione sul testo, sul lettore e sul committente, come

dimostrano alcune delle risposte più esemplari:

“Se traduco narrativa di genere punto soprattutto alla facilità di fruizione del testo. Se traduco per

l’infanzia alla scorrevolezza e alla musicalità, senza però eccedere nella semplificazione. Se traduco

divulgazione o saggistica alla precisione e alla coerenza terminologica.

“La maggior parte dei testi che traduco esigono un rigore estremo nelle informazioni trasmesse, e

oltre a verificare sempre le citazioni addotte cerco di ottenere una comunicazione chiara, anche a

costo di perdere un poco in eleganza. A volte mi trovo di fronte a traduzioni destinate a usi diversi,

meno scientifiche ma destinate a un pubblico più ampio. Qui cerco una forma italiana più scorrevole e

accattivante.”

“Nei testi molto commerciali privilegio la scorrevolezza e mi permetto anche qualche intervento di

tipo redazionale, nella narrativa letteraria cerco maggiore aderenza agli stilemi dell'autore, alle

specifiche caratteristiche di quel testo e al ritmo della mia resa. Cerco invece di curare al meglio delle

mie possibilità connotazioni culturali e cura redazionale, qualunque sia il testo.”

“Non cambia il metodo usato, cambia soltanto l'attenzione ad aspetti diversi (per es. minor

attenzione talvolta al ritmo e alla musicalità nei testi di saggistica, dove predomina l'attenzione

all'uso della terminologia specifica esatta, alla creazione di un puntuale background, alla rispondenza

del testo agli stessi testi che trattano quella materia e agli stessi testi che compongono la collana,

ecc.)”

Questa sezione si conclude con l’illustrazione dei dati riguardanti la presenza di un’eventuale

tensione tra quella che i traduttori percepiscono come revisione ideale e il lavoro che riescono

realmente a svolgere sulle proprie traduzioni. L’83,6% dei rispondenti (46/55) avverte una

differenza tra la revisione che vorrebbe fare e ciò in cui si traduce realmente, mentre il restante

16,4% non avverte alcuna discrepanza. La stragrande maggioranza dei traduttori che intravede

l’obiettivo di una “revisione ideale” individua nel fattore tempo l’elemento cruciale: il 76% di loro

invoca un maggiore distacco temporale che, purtroppo, non è compatibile con i tempi della filiera

editoriale, come si evince da alcuni dei commenti riportati qui di seguito

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“La revisione "ideale" presuppone un livello di distacco dalla traduzione che mi è molto difficile

ottenere. La discrepanza fondamentale resta comunque legata a questioni di tempo:

nell'autorevisione di solito non c'è mai il tempo sufficiente per ragionare con calma, e possibilmente

anche con un revisore esterno, sui propri dubbi.”

“La revisione "ideale" sarebbe quella senza l'affanno dovuto ai tempi editoriali; per fortuna ho

imparato a calcolare abbastanza bene i tempi fra traduzione e revisione, ma certe volte ho dovuto

lavorare con una velocità inaudita.”

“La revisione "ideale" per me è quella fatta a distanza di tempo. Purtroppo i tempi di consegna sono

spesso ristretti e non si riesce a maturare sufficiente distacco dalla prima stesura.”

3.5.4 Dove e quando si fa la revisione

3.5.4.1 Il luogo della revisione

Per completare i dati già parzialmente sollecitati nella domanda sulle strategie di distanziazione, è

stato chiesto ai traduttori di riferire su eventuali spostamenti tra fase di traduzione e fase di

revisione. 45 traduttori su 55 (81,8) hanno dichiarato di non cambiare postazione di lavoro e, tra

coloro che hanno motivato la risposta, la spiegazione praticamente univoca è quella della

mancanza di spazio alternativo in casa. Solo 10 traduttori su 55 hanno affermato che, seppure non

sempre possibile, tendono a cambiare luogo di lavoro in fase di revisione. Tra le spiegazioni

ulteriori alla risposta si rileva, in modo pressoché omogeno, la necessità di spostarsi per mettere

una maggiore distanza tra sé e il testo da rivedere e, se possibile, di prediligere un cambio radicale

di ambiente, persino all’aria aperta, o anche solo l’assunzione di una postura diversa, più rilassata

e comoda. È interessante notare che sia nella ricerca dell’aria aperta, sia in quella della revisione in

poltrona, sul divano, o a letto, si vuole ricreare una situazione di lettura più simile

all’intrattenimento che non al lavoro, come a voler coniugare nella fase di revisione il ruolo del

professionista con quello del lettore.

3.5.4.2 I tempi della revisione

È stato poi chiesto ai traduttori di indicare in quale momento del loro lavoro di traduzione si

inserisse l’auto-revisione, offrendo i seguenti spunti per le risposte: in itinere, a metà, solo alla

fine, in più fasi, altro - specifica. Nel riportare i dati raccolti, una prima suddivisione si delinea tra

coloro che rivedono esclusivamente alla fine della traduzione (32/55, 58,2%) e coloro che rivedono

in più fasi, sia durante il processo di traduzione, sia alla fine (21/55, 38,2%). Solo 2 traduttori

(3,6%) hanno risposto in maniera non valutabile con chiarezza.

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Figura 22: Distribuzione dei rispondenti rispetto ai tempi in cui la auto-revisione si inserisce nel processo di traduzione (traduttori)

Tra coloro che dichiarano di lavorare alla revisione in più fasi – in itinere + revisione finale – si

evidenziano due tendenze principali: 6 traduttori su 21 (28,5%) rivedono la traduzione dopo

blocchi di testo variabili (tot pagine, capitolo per capitolo) mentre 4 traduttori su 21 (19%)

rivedono il “tradotto del giorno” prima di proseguire con il lavoro.

Figura 23: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla modalità di auto-revisione “in itinere” (traduttori)

Essendo legate a un aspetto caratterizzante della revisione come viene definita in questo lavoro di

ricerca – ovvero la ricorsività – si riportano di seguito alcune risposte particolarmente significative

sul tempo in cui si inserisce l’auto-revisione:

58,2%

38,2%

3,6%

Dove si inserisce la revisione

Solo alla fine

In più fasi

Altro

52,50%

28,50%

19%

Revisione in itinere

Non specificato

Revisione a blocchi

Revisione quotidiana

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“Di solito alla fine, così creo la distanza temporale. Quando ho tempo e non ho delle scadenze troppo pressanti faccio una prima revisione di ogni capitolo, e poi una seconda alla fine.”

“Alla fine della prima stesura. Di solito si svolge in tre fasi, che spesso diventano quattro: nella prima revisione rileggo tutta la traduzione sistemando refusi e frasi che non scorrono bene o sono troppo aderenti alla lingua originale; nella seconda rileggo tutto ascoltando l'audiolibro; nella terza rileggo intervenendo di nuovo sui punti rimasti poco scorrevoli o insoddisfacenti nella resa in italiano; nella quarta, quando c'è, limo ancora qualche punto ma do particolare importanza alla sensazione ricevuta dalla lettura "d'un fiato", calandomi il più possibile nei panni del lettore.”

“In genere ogni giorno rivedo il tradotto della giornata precedente e poi ricomincio a tradurre da lì; a volte rileggo i capitoli, ma non è detto, dipende dal tempo e dal testo. Poi c'è la revisione finale, poi quella in bozze. Avendo cominciato a tradurre quando non esisteva il PC, tendo a mettere giù le frasi quando si sono già formate in testa, quindi il più delle volte in fase di revisione i cambiamenti non sono... ingenti.”

“Prima revisione dopo ogni capitolo o blocco di testo, in questa fase cerco di dare forma concreta ai dubbi e di identificare i punti su cui sarà necessario intervenire ancora. Revisione (attraverso parecchie riletture) a fine traduzione, prima per risolvere le questioni legate a dubbi di interpretazione, poi alle domande sulla scelta lessicale, poi all'armonia e alla scorrevolezza del testo.”

Volendo raccogliere ulteriori dati sugli aspetti temporali della revisione, è stato chiesto di indicare

approssimativamente quanto tempo venisse dedicato alla fase dell’auto-revisione rispetto al

tempo totale assegnato al lavoro di traduzione. Come già in altri casi, anche questa domanda (4.3

del questionario) suggeriva possibili risposte (“un terzo del tempo, lo stesso tempo, poco tempo

prima della consegna, non riesco a fare una revisione completa, altro – specifica”). È innanzitutto

interessante notare che, seppure formulata in modo forse poco corretto – la domanda menziona

“un terzo del tempo”, dandolo come dato già acquisito e misurabile – i rispondenti non si sono

lasciati deviare da questa indicazione e hanno fornito anche risposte alternative, inserendo

possibilità diverse da quelle elencate come suggerimenti. La maggioranza dei traduttori (22/55,

40%) ha affermato di dedicare alla revisione circa un terzo del tempo impiegato per la traduzione.

Un altro 31% dei traduttori si divide, più meno equamente, tra coloro che dedicano alla revisione

circa un quarto del tempo dedicato alla traduzione (9/55 traduttori,16,4%) e coloro che invece

dedicano alla revisione solo poco tempo prima della consegna (8/22 traduttori, 14,6%). Un

numero interessante di risposte (8/55 traduttori, 14,6%) mostra che la revisione è considerata una

fase di lavoro così importante da occupare uno spazio di tempo pari a quello della traduzione,

mentre tre traduttori (5,4%) dichiarano addirittura di dedicare più tempo alla revisione che non

alla traduzione. Solo due traduttori (3,6%) hanno dichiarato di dedicare alla revisione circa metà

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141

del tempo rispetto alla traduzione, mentre i restanti tre (5,4%) hanno dato risposte non

interpretabili in modo univoco.

Figura 24: Distribuzione dei rispondenti rispetto al tempo dedicato alla revisione vs. tempo totale della traduzione (traduttori)

Si è inoltre chiesto ai traduttori se avessero sperimentato una “soglia massima di attenzione”

durante il lavoro di auto-revisione, da esprimere in numero massimo di cartelle riviste al giorno o

un numero massimo di ore di lavoro continuative. Trattandosi di un aspetto molto soggettivo,

legato a variabili sia testuali sia extra-testuali – qualità della traduzione, tempi di consegna,

capacità di concentrazione, capacità di lavorare sotto stress, ambiente di lavoro –, le risposte

raccolte non sono state di facile codificazione, ma è stato comunque possibile rilevare tratti

comuni che hanno consentito di interpretare i dati. La prima distinzione da farsi è tra coloro che

hanno ammesso di avere una certa soglia di attenzione (36/55, 65,5%), coloro che hanno

dichiarato di non averne (13/55, 23,6%) e infine coloro che hanno dato risposte non interpretabili

in maniera chiara (6/55, 10,9%).

5,4%

14,6%

3,6%

40,0%

16,4%

14,6%

5,4%

Tempo dedicato alla revisione

Più della trad.

Stesso tempo

Circa metà

Circa un terzo

Circa un quarto

Poco tempo prima

Altro

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142

Figura 25: Distribuzione dei rispondenti rispetto al rilevamento di una soglia di attenzione massima in fase di auto-revisione (traduttori)

Tra coloro che ammettono di avere una soglia di attenzione in qualche modo quantificabile vi è

chi, per vari motivi, decide di lavorare a oltranza nonostante i possibili cali di attenzione (5/36,

13,9%), chi determina la propria soglia di attenzione in termini orari, ovvero un massimo di 2 ore

continuative (3/36, 8,3%), chi la quantifica in termini di cartelle, ovvero fino a 20 cartelle di

revisione al giorno (5/36, 13,9%) e altrettanti che invece sostengono di riuscire a revisionare più di

20 cartelle al giorno (5/36, 13,9%). La metà, tuttavia, dichiara di avere una soglia di attenzione

molto variabile. (18/36, 50%).

Figura 26: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla loro soglia di attenzione in fase di auto-revisione (traduttori)

65,5%

23,6%

10,9%

Hai una soglia di attenzione massima?

No

Altro

13,9%

8,3%

13,9%

13,9%

50,0%

Qual è la tua soglia di attenzione massima?

Oltranza

Max 2 ore

Max 20 cartelle

Più di 20 cartelle

Variabile

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Si è già visto come il tempo sia considerato un fatto decisivo in fase di revisione, soprattutto per

creare il necessario distacco dal proprio testo. A questo proposito è stato chiesto ai traduttori di

indicare e quantificare, se esistente, un tempo di sedimentazione (drawer-time) ideale. Anche in

questo caso, le risposte sono inevitabilmente legate a una serie di fattori testuali ed extra-testuali,

tra cui il modo in cui si è svolto il processo di traduzione e i tempi di consegna, e dunque

presentano un ampio margine di variabilità. Tuttavia si può operare già una prima distinzione tra

coloro che sono riusciti a quantificare un tempo di sedimentazione ideale (45/55, 81,8%) e coloro

che lo ritengono un dato troppo incostante o impossibile da quantificare (10/55, 18,2%). Coloro

che hanno in qualche modo quantificato il loro tempo ideale di sedimentazione hanno risposto di

riuscire a tornare sulla propria traduzione per poterla revisionare anche solo dopo qualche ora o

un giorno al massimo (6/45, 13,3%), dopo qualche giorno (8/45, 17,9%), dopo almeno una

settimana (15/45, 33,3%), dopo un periodo compreso tra una settimana e un mese (10/45, 22,2%)

e dopo un mese o più (6/45, 13,3%).

Figura 27: Distribuzione dei rispondenti rispetto al loro tempo di sedimentazione (drawer-time) ideale (traduttori)

I dati raccolti e la loro interpretazione non sembrano del tutto affidabili in quanto, da alcune delle

risposte riportate qui di seguito, si intuisce che il concetto di “tempo ideale di sedimentazione” è

stato scambiato per “tempo minimo di sedimentazione”. Infatti, salvo rari casi in cui il troppo

distacco temporale è addirittura percepito come un handicap alla concentrazione e alla continuità

del lavoro, l’ampia maggioranza dei rispondenti ha espresso il desiderio di poter lasciar decantare

13,3%

17,9%

33,3%

22,2%

13,3%

Tempo di sedimentazione ideale

qualche ora/1 giorno

qualche giorno

1 settimana

da 1 sett. a 1 mese

1 mese o più

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la traduzione quanto più possibile, se non fosse per i limiti imposti dai tempi di consegna. In altre

parole, il tempo di sedimentazione ideale corrisponde a infinito.

“Nel migliore dei mondi possibili, credo che dovrebbe esistere una fase di sedimentazione (qualche giorno/una settimana). Servirebbe a “ripensare” il testo nella sua globalità, senza più manipolarlo in modo estensivo. Nel mio caso, però, la solita mancanza di tempo fa sì che questa fase di “meditazione” sia grossomodo contestuale alle fasi finali della prima stesura o all’auto-revisione.”

“Più di una settimana. Dovrebbe essere un tempo sufficiente a dimenticare il testo originale ma non così lungo da dimenticare anche il perché di certe scelte.”

“A seconda di quanto è stata faticosa la traduzione direi da mezza giornata a qualche giorno, una settimana al massimo. Di più con i tempi editoriali mi sembra proprio utopistico.”

“Massimo un paio di giorni, ‘staccare’ per più tempo mi fa perdere concentrazione e ritmo.”

Si è scelto di concludere la raccolta dei dati sugli aspetti temporali della revisione con una

domanda mirata a sollecitare contributi di tipo diacronico, chiedendo dunque ai traduttori se il

loro modo di auto-rivedersi fosse cambiato nel corso del tempo e del proprio percorso

professionale, e se sì in che modo. Come guida e suggerimento alle risposte venivano suggerite le

seguenti alternative: più consapevolezza, più velocità nel trovare problemi e soluzioni, numero

minore/maggiore di interventi, altro. La quasi totalità dei rispondenti (50 su 55) dichiara che il

modo di rivedere il proprio lavoro di traduzione ha subito delle modifiche, e tra le “trasformazioni”

in termini di tempi, metodo e qualità vengono riportate, in ordine di maggiore occorrenza, le

seguenti voci: maggiore facilità/velocità nell’individuare problemi e trovare soluzioni soddisfacenti

(35,6%); maggiore consapevolezza delle scelte e delle strategie da adottare (30,2%); migliorata

prima stesura della traduzione (15,1%); maggiore senso critico e capacità di guardare al proprio

lavoro con distacco (8,2%); maggiore sicurezza (5,5%); maggiore pignoleria (2,7%) e maggiore

accettazione di sé e indulgenza verso se stessi (2,7%).

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145

Figura 28: Distribuzione dei rispondenti rispetto a modifiche nelle procedure di auto-revisione adottate con il passare del tempo e/o con la maggiore esperienza (traduttori)

Si riportano alcune tra le risposte più interessanti:

“Sicuramente l’esperienza mi aiuta a trovare soluzioni più felici in minor tempo e anche certi automatismi si sono sviluppati con il tempo. Utilissimo è stato per me vedere il lavoro di revisione fatto da bravi revisori sulle mie traduzioni: ho imparato molto e mi è servito per capire quali sono i miei punti deboli e gli errori o le pigrizie della mia scrittura.”

“Sì, sono diventata più veloce sia nell'individuare i problemi che nell'escogitare le soluzioni. È anche migliorato il livello della prima stesura, con conseguente diminuzione del numero di interventi.”

“Sicuramente mi tormento molto meno che con i primi libri, per i quali iniziare la revisione mi provocava una sorta di rifiuto, forse per paura di trovarmi di fronte alla mia stessa inadeguatezza fatta pagina... Nella pratica credo che questo comporti un maggior decisionismo, in parte dovuto all'esperienza, in parte a una sorta di accettazione: questa sono io, questo è quello che sono capace di fare, è inutile rompersi la testa all'infinito...”

“Be', in 40 anni... c'è stato il salto dalla macchina da scrivere al pc. In un certo senso, il pc, con la facilità di correzione, ha incoraggiato una maggiore trasandatezza in fase di traduzione, e conseguentemente un maggiore bisogno di revisione. D'altra parte l'esperienza la ha velocizzata.”

3.5.5 Perché si fa la revisione

L’ultimo gruppo di domande aveva l’obiettivo di rilevare informazioni sulla finalità ideale, reale o

percepita della fase di auto-revisione ed evidenziare eventuali discrepanze rispetto alla finalità –

ideale, reale o percepita – della fase di etero-revisione.

3.5.5.1 Lo scopo della revisione

Si è chiesto innanzitutto ai traduttori di indicare come identificassero lo scopo della revisione. Pur

rilevando una certa sovrapposizione con il quesito di apertura del questionario in cui si chiedeva ai

35,6%

30,2%

15,1%

8,2%

5,5%

2,7%

2,7%

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% 35,0% 40,0%

Facilità/Velocità soluzioni

Consapevolezza

Migliore prima stesura

Senso critico/distacco

Sicurezza

Pignoleria

Accettazione

Evoluzione diacronica dell'auto-revisione

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rispondenti di fornire una propria definizione di revisione, in realtà le risposte a questa domanda

sono servite a mettere meglio a fuoco l’obiettivo con cui il traduttore si pone davanti all’ultima

fase di lavoro prima della consegna, obiettivo che non necessariamente corrisponde con quello

che ci si propone di raggiungere all’inizio. I rispondenti hanno indicato più finalità all’interno della

stessa risposta, dunque il criterio di rappresentazione dei dati parte anche in questo caso da un

conteggio complessivo dei contributi per poi indicare con una percentuale la maggiore o minore

incidenza della singole risposte sul totale. L’elemento che prevale su tutti è l’obiettivo della

scorrevolezza e della fluidità dell’italiano, il lavoro sulla lingua per rendere il testo più piacevole

per il lettore e l’eliminazione di eventuali tracce di “traduttese” (28/78 occorrenze, 35,9%); un

altro obiettivo molto rappresentato è quello del controllo e della correzione – che si tratti di errori

sintattico-grammaticali o interpretativi (20/78 occorrenze, 25,6%); il terzo obiettivo in ordine di

rappresentatività è quello del perfezionamento complessivo del testo in quanto “prodotto

commerciale”, obiettivo che dunque sottolinea il lavoro del traduttore come attività professionale

finalizzata alla produzione di un bene che deve potersi vendere e soddisfare le aspettative di

committente e cliente insieme (13/78 occorrenze, 16,6%). In misura molto minore, sono stati

indicati come obiettivi della revisione la coerenza interna/organicità e uniformità stilistica (5/78,

6,4%), e la rispondenza allo stile dell’autore (5/78, 6,4%). Solo in due occasioni (2/78, 2,6%) viene

indicato come obiettivo della auto-revisione il lavoro di pulizia redazionale.

Figura 29: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla finalità attribuita alla fase di auto-revisione (traduttori)

35,9%

25,6%

16,6%

6,4%

6,4%

2,6%

6,5%

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% 35,0% 40,0%

Scorrevolezza/Fluidità

Correttezza

Qualità del prodotto

Organicità

Rispondenza stile originale

Pulizia redazionale

Altro

Scopo della revisione

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147

Anche per questa domanda vengono riportati alcuni dei contributi più significativi, da cui emerge

la ricchezza e la complessità di fattori che concorrono a fare di un testo tradotto un testo pronto

per la pubblicazione:

“Togliere quanto più possibile le tracce di ‘traduttese’, leggere il testo come lo leggerebbe il lettore finale ma con la consapevolezza dell'originale che c'è dietro e che non deve perdere la sua originalità. L'eliminazione dei singoli errori e dei refusi è importante, ma a mio parere mano essenziale, almeno quando si può contare sul successivo intervento di un revisore esterno o di un buon redattore.”

“Sia l'auto-revisione che la revisione da parte di una terza persona sono controlli fondamentali per assicurare la qualità del prodotto finale, vale a dire del libro tradotto. Un controllo del proprio lavoro è essenziale per tanti motivi. Un esempio è quello dell'uniformazione. Se si lavora a un testo particolarmente lungo può capitare che si prenda davvero il via e si trovi la voce giusta dopo un tot di pagine, a volte anche 50 pagine. Rivedere il lavoro completo alla fine serve anche a questo, a dargli uniformità.”

“Eliminare le incongruenze generali e sistemare i dettagli linguistici; in generale si tratta di vedere se il testo finale funziona.”

“La revisione è quell'operazione che avviene tra la prima regola di chi traduce, detta ALDT (avere libri da tradurre) e la seconda, d'oro: POPSC (prima o poi si consegna).”

“La revisione funziona come "coscienza" per il traduttore e interviene non come un truccatore ma un visagista, che lavora per limare via eventuali difetti ma non stravolge i lineamenti del viso.”

3.5.5.2 Aree di intervento

Dopo aver meglio messo a fuoco l’obiettivo con cui i traduttori si pongono nei confronti dell’auto-

revisione, la domanda successiva (5.2) mirava a rilevare le principali aree di intervento su cui

lavorare per raggiungere tale obiettivo. Suggerendo alcune possibili tracce di risposta – problemi

di interpretazione, sintassi, scorrevolezza, calchi, ritmo, elementi sonori, refusi e altre questioni

redazionali, tono e voce dell’autore – i rispondenti venivano invitati a riportare qualche esempio

particolarmente significativo. Come si evince dal grafico riportato sotto, gli interventi che i

traduttori dicono di operare maggiormente e deliberatamente in fase di auto-revisione riguardano

in gran parte la scorrevolezza (17,6%), la correzione di eventuali refusi (15,6%), il controllo della

sintassi e del ritmo (entrambi al 12,3%), la presenza di calchi (10,4%), questioni di interpretazione

lasciate in sospeso (8,5%), elementi sonori (5,9%), controllo redazionale (3,2%), e da ultimo tono e

voce dell’autore (1,9%). Nella categoria “Altro” sono equamente distribuite le voci che riguardano

interventi di auto-revisione sulle ripetizioni, le scelte lessicali, l’idiomaticità e la punteggiatura.)

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Figura 30: Distribuzione delle tipologie di intervento più frequenti in fase di auto-revisione (traduttori)

Il fatto che tono e voce dell’autore, e uniformità redazionale figurino come le due aree di

intervento meno considerate in fase di auto-revisione non è un risultato casuale, bensì rispecchia

una chiara scelta di metodo già nella fase di traduzione, come si legge nelle risposte fornite qui di

seguito:

“Prima di tutto problemi di interpretazione, sintassi e calchi. In una seconda fase dell’auto-revisione mi concentro di più su ritmo, refusi e altre questioni redazionali. Il tono cerco di impostarlo già dalla prima fase di traduzione.”

“Tono e voce dell'autore cerco di metterli a punto quanto più possibile in sede di traduzione. In revisione correggo soprattutto sviste e/o errori di interpretazione (per es. errori nelle sequenze temporali per aver male interpretato qualche tempo verbale), frasi macchinose che in revisione riesco a sciogliere meglio. Intervengo spesso a inserire il trapassato dove necessario a chiarire che si tratta di azioni precedenti rispetto al racconto al passato. Tutti quei refusi che il correttore ortografico non vede come tali.”

“Intervengo su tutto. nelle fasi di revisione in corso di traduzione mi concentro molto su ripetizioni importanti (da non perdere), resa delle immagini, lessico saliente per lo stile, sintassi nel senso degli attacchi e le chiuse dei periodi. in fase di revisione dopo la fine della traduzione faccio una prima pulita ‘redazionale’ (refusi, norme), poi mi concentro molto su ritmo (sintassi) ed elementi sonori (allitterazioni e assonanze, nel senso di aumentarle o toglierle, dipende dal testo originale e da come ho deciso di "eseguirlo" in traduzione). Ma in realtà tutto si mescola in tutte le fasi, anche perché qualcosa sfugge sempre (motivo dell'importanza capitale della revisione redazionale fatta con qualcuno in CE).”

“Sui problemi di interpretazione cerco di intervenire fin dalla prima stesura. Nella prima revisione intervengo molto sulla sintassi e sui calchi, oltre che sui refusi e sulle questioni redazionali. Nella seconda le principali modifiche riguardano il ritmo e gli elementi sonori (grazie all'ascolto dell'audiolibro). Nella terza l'attenzione principale è rivolta alla scorrevolezza e alla presenza di eventuali calchi residui.”

17,6%

15,6%

12,3%

12,3%

12,3%

10,4%

8,5%

5,9%

3,2%

1,9%

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0%

Scorrevolezza

Refusi

Sintassi

Ritmo

Altro

Calchi

Interpretazione

Elementi sonori

Elementi redazionali

Tono e voce

Aree di intervento in auto-revisione

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“Di solito sui problemi di interpretazione, sintassi, scorrevolezza, calchi, ritmo, refusi. Tono e voce dell'autore ritengo che andrebbero individuati il prima possibile, sin dalla prima stesura. E' difficile intervenire su un elemento basilare come la voce e il tono del libro, una volta finito.”

“Sintassi, scorrevolezza, calchi, ritmo, elementi sonori. Il tono lo decido all'inizio del libro, o lo modulo nel corso dei primi capitoli, ma non certo alla fine. I refusi sono molto rari. Le questioni redazionali cerco di dirimerle da subito, rispettando le norme redazionali. Se non me le forniscono, le chiedo.”

3.5.5.3 Interventi specifici della fase di revisione

È stato inoltre chiesto di esplicitare in dettaglio che cosa venisse di proposito delegato alla fase di

revisione della propria traduzione. Solo 42 traduttori su 55 hanno dichiarato di rimandare la

soluzione di problemi specifici alla fase di auto-revisione, mentre i restanti 13 non hanno indicato

questioni particolari da trattare specificatamente in questa fase.

Figura 31: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla pratica di delegare questioni specifiche alla fase di

revisione (traduttori)

Analizzando le risposte di coloro che ammettono di lasciare al momento della revisione la

soluzione di determinati problemi e difficoltà, si nota che l’elemento più rappresentato è quello

dell’attività di ricerca, inteso come approfondimento bibliografico e terminologico, storico e

contenutistico, ma anche come consultazione dell’autore o di altri esperti: in generale viene

dunque demandata alla fase di revisione ogni questione che richieda una ricerca e una valutazione

più approfondita di quanto si possa fare in corso d’opera, o almeno non senza interrompere il

lavoro di traduzione (26%). Allo stesso modo viene demandato all’attività di revisione lo

23,60%

76,40%

Deleghi qualcosa in particolare alla fase di

revisione?

No

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150

scioglimento di nodi interpretativi e la resa di frasi particolarmente ostiche o ingarbugliate (18%).

Ritorna poi l’elemento della scorrevolezza (11%), della ricerca di sinonimi e alternative lessicali

(10%), dell’eliminazione di cacofonie/ripetizioni (6%). Il restante 18% di contributi comprende vari

elementi meno rappresentati, tra cui l’eliminazione di refusi, il controllo delle espressioni

idiomatiche e del ritmo.

Figura 32: Distribuzione dei rispondenti rispetto alle questioni la cui risoluzione è demandata di proposito alla fase di revisione (traduttori)

Per arricchire i dati presentati nel grafico, segue una selezione di risposte alla domanda “Che cosa

deleghi di proposito alla fase di revisione?” (5.3 del questionario)

“Tutto quello che non mi viene bene in prima stesura. Anche se non è esatto dire che traduco “di getto”, è certamente vero che non riesco a meditare più di tanto su un qualsiasi problema di resa. Se in prima stesura non trovo soluzioni convincenti lo lascio in sospeso (annotando una o più alternative) e ci ritorno sopra in fase di revisione.”

“La soluzione di problemi che non riesco a risolvere in un tempo ragionevolmente breve. In questi casi mi faccio un appunto a margine o mi evidenzio la parola che crea problemi. Spesso il fatto che lo stesso termine o contesto riappaia più volte nel corso del libro risolve quasi automaticamente i dubbi. Altre volte invece c'è bisogno di consultare colleghi, fonti esterne o l'autore stesso, ed è anche per questo che preferisco rimandare, per poter chiedere più cose (o magari tutto) in una sola mail o telefonata.”

“I nodi su cui ho bisogno del parere dell'autore o di colleghi stranieri che so essere al lavoro sullo stesso testo. Cerco di raccogliere i dubbi e le domande in un unico file che poi sottopongo all'autore (e/o ai colleghi) alla fine della prima stesura. Spesso in questo file evidenzio anche gli errori e le contraddizioni dell'originale per discutere con l'autore e/o con i colleghi delle soluzioni da adottare.”

“Tutte quelle questioni su cui so che dovrò perdere più tempo del previsto.”

26%

22%

18%

18%

10%

6%

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30%

Ricerche complesse

Scorrevolezza

Problemi di resa

Altro

Sinonimizzazione

Cacofonie/Ripetizioni

Questioni da risolvere di proposito in fase di revisione

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151

“La resa nel TL di frasi particolarmente ostiche, che magari lascio più letterali al momento di tradurre e sistemo solo in fase di revisione, quando ho preso un minimo di distanza dal testo.”

3.5.5.4 Auto-revisione vs. etero-revisione

Volendo anche indagare su quali fossero le peculiarità percepite (e auspicate) dell’attività di

revisione svolta dal revisore esterno rispetto a quella messa in atto dello stesso traduttore, è stato

chiesto ai partecipanti al sondaggio di indicare che cosa, per loro esperienza diretta, il revisore

esterno individui in più o in meno rispetto a quanto da loro stessi rilevato. Conteggiando il totale

di contributi offerti, si delinea un quadro abbastanza chiaro: in virtù del distacco e della freschezza

di sguardo su cui può contare rispetto al traduttore, al revisore esterno si riconosce una maggiore

capacità e facilità nel vedere le “legnosità” del testo che indeboliscono la scorrevolezza

dell’italiano (19/64, 29,7%), i refusi/errori ortografici (10/64, 15,6%), i calchi (8/64, 12,5%), le

idiosincrasie, i tic linguistici, gli stilemi personali o i regionalismi (8/64, 12,5%), rime, cacofonie e

ripetizioni (8/64, 12,5%), errori di interpretazione (6/64, 9,4%), incoerenze di tipo contenutistico o

stilistico rispetto alla globalità del testo (5/64, 7,8%). Meno ricchi e diversificati sono i contributi

riguardo a ciò che il revisore vede in meno rispetto al traduttore – probabilmente proprio in

relazione al “valore aggiunto” di quello sguardo fresco e distaccato di cui si è appena detto. Essi si

suddividono sostanzialmente in due gruppi, ovvero la minore comprensione dei ragionamenti che

stanno dietro a determinate scelte e strategie traduttive, dovuta a una conoscenza del testo non

approfondita quanto quella del traduttore (8/12,67%), e una minore capacità di cogliere richiami e

rimandi interni al testo (4/12, 33%).

Figura 33: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla percezione delle aree di intervento sul testo che il revisore esterno individua meglio del traduttore (traduttori)

29,7%

15,6%

12,5%

12,5%

12,5%

9,4%

7,8%

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% 35,0%

Legnosità del testo

Refusi

Calchi

Idiosincrasie

Rime/Ripetizioni

Errori intepretazione

Incongruenze

Cosa vede di più il revisore esterno?

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Figura 34: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla percezione degli elementi del testo che il revisore esterno non coglie tanto quanto il traduttore (traduttore)

I dati rappresentati dai grafici vengono integrati e approfonditi dalle risposte riportate qui di

seguito:

“Certamente il revisore esterno ha una visione più attenta agli aspetti superficiali (refusi, ripetizioni, o le classiche frasi che a furia di rigirarle diventano incomprensibili a un lettore meno “immerso” nel testo). È difficile stabilire una regola generale: tutto dipende dalla qualità del traduttore e da quella del revisore. Ad esempio, questioni importanti come le sfumature di tono o i richiami interni al testo dovrebbero essere di competenza del traduttore, ma da revisora di traduzioni altrui mi è capitato di intervenire (e con santa ragione) anche in questo senso.”

“Il revisore esterno nota più le cacofonie, la scorrevolezza, la tenuta del tono o i regionalismi. Magari capisce meno, o non subito, certe strategie compensatorie del traduttore (se in un punto rimango “in debito” con l’originale, cerco di sanarlo da un’altra parte in modo che il “saldo” stilistico finisca in pareggio).”

“[Il revisore esterno] vede gli automatismi del traduttore, cioè l'abitudine a usare certe costruzioni o certe frasi o certi termini anziché altri. È più facile che scopra gli errori di interpretazione perché c'è "qualcosa che non torna", dove invece il traduttore è così immerso nella sua svista che, per così dire, si è fatto tutto un suo film che giustifica l'errore.”

“Spesso, nel caso di costruzioni legnose che il traduttore ha finito per lasciare così per sfinimento o per incapacità di distanziarsi abbastanza dal testo, il revisore esterno, che affronta il testo con minore coinvolgimento e uno sguardo differente, trova soluzioni brillanti.”

3.5.5.5 Revisione e cura redazionale

L’ultima domanda del questionario mirava a individuare – se esistente – il confine tra il lavoro di

auto-revisione e il lavoro di redazione, inteso come cura agli aspetti formali del testo nel rispetto

67%

33%

Cosa vede di meno il revisore esterno?

Ragionamenti dietro ascelte e strategie

Richiami/rimandi interni

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delle norme redazionali in uso presso la casa editrice committente. La quasi totalità dei

rispondenti (50/55, 90,9%) afferma di occuparsi personalmente della cura redazionale del testo, e

solo un traduttore demanda deliberatamente questo aspetto alla fase di lavorazione successiva in

redazione. Il restante 7,3% adotta un atteggiamento variabile a seconda del committente e delle

sue richieste. È interessante specificare, tuttavia, che fra i cinquanta traduttori che sostengono di

occuparsi in prima persona dell’aderenza alle norme redazionali in uso presso la casa editrice,

tredici (26%) non sembrano comunque considerare questo aspetto prioritario, anche in virtù del

fatto che non sempre la casa editrice si premura di fornire le suddette norme al traduttore.

“Applico le norme che mi ricordo a memoria, ma non me ne preoccupo più di tanto.”

“Cerco di applicare in linea di massima le norme redazionali, se fornite (il che non è sempre scontato).”

“Se le conosco, seguo le norme della casa editrice, ma non mi premuro di richiederle appositamente.”

“Se dispongo delle norme redazionali, provo a seguirle, altrimenti lascio fare al revisore.”

“Mi sforzo quanto più possibile di consegnare un testo basato sulle norme redazionali della CE, anche se a volte sono così diverse fra loro (virgole fuori, virgole dentro, virgola o non virgola dopo il discorso diretto...) da creare una certa confusione. La mia idea è quella di consegnare un testo quanto più possibile pronto per la stampa, in cui il revisore debba e possa concentrarsi sulle rese traduttive più che sulle questioni redazionali. Certo, da questo punto di vista aiuta lavorare continuativamente per le stesse CE, con le solite norme.”

“Cerco sempre di seguire le norme redazionali fin dalla prima stesura e di consegnare un testo pulito. Qualche volta però, passando da un editore all'altro, mi capita di non essere sicurissima delle preferenze delle varie redazioni (per esempio sull'uso dei corsivi e delle maiuscole) e lascio che se ne occupino loro.”

Tra coloro che invece applicano rigorosamente le norme redazionali, anche fin dalla fase di

traduzione, è interessante cogliere motivazioni etico-deontologiche e di efficacia professionale:

“Cerco di consegnarla il più possibile pulita, togliendo anche doppi spazi e sciatterie formali. E' una forma di rispetto.”

“Sono maniacale nell'aderire alle NR e a cercare di eliminare ogni refuso e sporcatura (doppi spazi, ecc.). Perché sennò il revisore dovrà concentrarsi su queste stupidaggini e non riuscirà ad aiutarmi come può e deve a migliorare la qualità della mia traduzione.”

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3.6. Presentazione e lettura critica dei risultati relativi ai revisori

3.6.1 Introduzione

Nel periodo di apertura ufficiale del sondaggio, il totale delle risposte complete dei revisori

ricevute tramite la piattaforma LimeSurvey è stato di 18, a cui si aggiungono le 7 risposte inviate in

formato file Word, per un totale di 25 rispondenti.

Figura 35: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla modalità di compilazione dei questionari (revisori)

Le risposte dei revisori sono meno della metà di quelle dei traduttori, e pur ammettendo errori di

diffusione o di individuazione del target tra le possibili cause della ridotta partecipazione, va detto

che un numero inferiore di rispondenti era un dato in certa misura prevedibile. Infatti, mentre per

ogni testo serve almeno un traduttore (che lavorerà in media su quattro/cinque traduzioni l’anno,

come stimato alla sezione 5), il revisore esterno può spesso trovarsi a lavorare con tempi molto

più ridotti e dunque su un numero di testi senz’altro maggiore, creando così uno scenario

editoriale in cui il numero dei traduttori è sicuramente superiore a quello dei revisori. Un’altra

possibile spiegazione del tasso di risposta inferiore può rintracciarsi nella maggiore invisibilità

sociale e mediatica dei revisori, che si riflette in una loro verosimile assenza anche su mailing list,

social network e dunque sui canali prescelti per la diffusione del questionario. Per ovviare a questo

svantaggio si è attinto a un bacino di contatti personali e al passaparola, ma non esistendo in

72%

28%

Risposte revisori

LimeSurvey

File Word

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Italia42 associazioni formalizzate e/o riconosciute che rappresentino questa tipologia di

professionisti è stato sicuramente più difficile far circolare notizia del questionario con altrettanta

ampiezza. Per le stesse motivazioni addotte nell’introduzione ai dati relativi ai traduttori, si è

scelto di conteggiare e analizzare solo le risposte complete.

3.6.2 Cos’è la revisione per i revisori

Per quanto riguarda le definizioni di revisione offerte dai revisori ‒ il cui questionario è preceduto

dalla stessa premessa contenutistica e terminologica inserita nel questionario traduttori e per le

stesse motivazioni ‒ (cfr. 2.1.3), tra i sinonimi usati per descrivere questa attività compare con

maggiore frequenza il termine controllo/verifica (28%), confronto (16%), adattamento (8%), e altri

sinonimi quali atto di rispetto, lettura critica, conversione, perfezionamento.

Figura 36: Sinonimizzazione del termine revisione all’interno delle definizioni fornite (revisori)

42 Esiste in Italia una realtà denominata “Rete dei Redattori Precari”, http://www.rerepre.org/, che raccoglie diverse figure professionali del mondo editoriale: redattori, addetti uffici diritti e uffici stampa, copywriter e anche traduttori. Tuttavia, poiché uno degli obiettivi di questo lavoro di ricerca è fare chiarezza terminologica e definire ruoli e attività editoriali spesso confusi e trattati come sinonimi, si è deciso di non ricorrere a questo bacino di possibili rispondenti per non rischiare di distorcere i dati raccolti e mettere in pericolo la loro validità sottoponendo il questionario destinato ai revisori a una categoria di lavoratori che – pur concedendo ogni possibile sovrapposizione – non risponde allo steso profilo professionale che il sondaggio vuole indagare. Nelle realtà anglofone esistono invece numerose associazioni professionali di revisori e redattori che, oltre a rappresentare questa categoria di lavoratori editoriali, contribuiscono anche a delineare e definire i confini terminologici del lessico specialistico da loro usato e a loro riferito, a stilare utili promemoria di principi, parametri e procedure da adottare nella pratica professionale, e a fornire occasioni e materiali formativi. Tra queste si segnalano la Editors’ Association of Canada (http://www.editors.ca/), la britannica Society for Editors and Proofreaders (http://www.sfep.org.uk/), le americane Editorial Freelancers Association (http://www.the-efa.org/) e American Copy Editors Society (http://www.copydesk.org/), l’australiana Society of Editors (http://www.editors-sa.org.au/).

28%

16%

8%

48%

Definizioni di revisione (revisori)

Controllo/Verifica Confronto Adattamento Altri sinonimi

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Riguardo poi ad altri elementi emersi all’interno delle definizioni date, viene menzionata come per

i traduttori l’attenzione alla lingua/lettore di arrivo (63%); la ricerca dell’equilibrio fra testo e

lingua di partenza e testo/lingua di arrivo (25%) e in misura molto minore (6% in entrambi i casi),

la revisione viene vista come un momento di ricerca di soluzioni e di sguardo più obiettivo e più

lucido sul lavoro di traduzione.

Figura 37: Elementi più ricorrenti nelle definizioni personali di revisione (revisori)

Rispetto infine agli indicatori usati come griglia di riferimento (gli elementi costitutivi della

revisione definita come attività pluridimensionale), come era prevedibile – e auspicabile –

l’elemento menzionato con maggiore frequenza è quello comparativo (37%), seguito da quello

correttivo (28%) e subito poi da quello migliorativo (26%). Solo il 7% delle verbalizzazioni ha

menzionato l’elemento propositivo della fase di revisione (suggerire alternative, miglioramenti,

soluzioni al traduttore) e infine in un minimo 2% si è accennato all’auspicabilità del dialogo

traduttore/revisore in fase di revisione (elemento collaborativo). In nessuno dei contributi dei

revisori la revisione è stata descritta come attività formativa o ricorsiva.

63%

25%

6%

6%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

Attenzione alla lingua e lettore di arrivo/Scorrevolezza/

Equilibrio fra ST/SL e TT/TL

Ricerca di soluzioni

Sguardo più lucido e obiettivo

Altri contributi alla definizione (revisori)

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Figura 38: Lettura delle definizioni secondo la griglia della definizione sommativa di revisione (revisori)

Tra le definizioni più interessanti di revisione, soprattutto perché sembrano corrispondere ad

altrettanti “profili antropologici” del revisore (che definiremo rispettivamente, e non senza ironia,

il revisore equilibrato, il revisore pragmatico, il revisore diplomatico-esecutore, il revisore

detective, il revisore clinico, il super-revisore) si riportano le seguenti:

“Rivedere il testo adattandolo alle esigenze della collana, correggere errori di traduzione, suggerire tagli o approfondimenti, migliorare scorrevolezza, giochi di parole, nomi o soprannomi dei personaggi.”

“Direi che dipende dalle esigenze. Esclusi i casi di editing, le revisioni di traduzione sono di due tipi: quelle di testi per ragazzi (o comunque quelli in cui prevale l'esigenza commerciale, cioè fortemente orientata al destinatario ipotetico) e quelle dei testi più propriamente letterari. Per il secondo tipo credo che valgano gli stessi principi che valgono per la traduzione, per il primo prediligo cose come la scorrevolezza, la fluidità di lettura e soprattutto una certa naturalezza dei dialoghi. Questo riguarda ovviamente più la sintassi che il lessico, che spesso nelle traduzione è un po' generico o troppo calcato sull'inglese (ad esempio enormous o giant spesso tradotti con "enorme" o "gigante/gigantesco" anche se in italiano è assurdo, tipo una "sedia enorme" o un "libro gigantesco", o anche un "piccolo bicchiere" anziché un "bicchierino"...).”

“Personalmente, la ritengo una lettura critica e attenta di una traduzione, atta a verificarne la correttezza e l'adeguatezza di stile e linguaggio rispetto al testo originale, ed eventualmente ad apportare correzioni e migliorie. Alcuni editori per cui mi è capitato di lavorare la intendono però anche come una "conversione" del testo tradotto allo stile e allo standard linguistico che essi prediligono e che per certi versi "impongono" alle proprie pubblicazioni, senza tener conto dello stile del testo originale.”

“Rintracciare errori di interpretazione, di traduzione, omissioni, calchi, frasi goffe, cacofonie.”

La revisione è un'operazione chirurgica sulle parole di un testo che consente di migliorare la costruzione delle frasi, il ritmo narrativo, la coerenza temporale, pur rispettando lo stile dell'autore.

37%

28%

26%

7%

2%

0%

0%

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40%

comparativa

correttiva

migliorativa

propositiva

collaborativa

formativa

ricorsiva

Griglia definizione sommativa

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“La revisione di traduzione è prima di tutto un atto di rispetto verso il testo di partenza. è un processo imprescindibile nella filiera della pubblicazione di un testo perché suggella il rapporto fra testo di partenza e testo d’arrivo. Una buona revisione supporta il traduttore là dove abbia commesso errori di distrazione, travisato concetti, mal formulato frasi per mancanza di strumenti adeguati o per semplice stanchezza o disattenzione. Una conferma a certe intuizioni. Se fatto con correttezza e umiltà, è l’atto che più arricchisce una traduzione, migliorando il prodotto finale.”

3.6.3 Chi è il revisore

3.6.3.1 Anagrafica revisori rispetto a genere, età ed esperienza lavorativa.

I 25 rispondenti al sondaggio revisori risultano suddivisi in 19 donne (76%) e 6 uomini (24%).

Figura 39: Distribuzione dei rispondenti per genere di appartenenza (revisori)

Rispetto all’età anagrafica, risultano rappresentate le seguenti fasce di età, indicate in percentuale

nel relativo grafico: ≤ 30 anni: 4%, 31-40 anni: 40%, 41-50 anni: 36%, 51-60 anni: 16%, ≥ 61 anni:

4%.

76%

24%

Suddivisione revisori per genere

Donne

Uomini

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Figura 40: Distribuzione dei rispondenti per fasce di età (revisori)

Dai dati raccolti, risulta che l’età media dei revisori che hanno risposto al sondaggio è di 42,8 anni,

dato identico a quello rilevato per i traduttori. Si rimanda al termine del capitolo per un’analisi

comparativa e una lettura critica dei dati raccolti nei due diversi questionari (traduttori e revisori),

tuttavia sembra utile accennare fin d’ora a quella che potrebbe a prima vista apparire come una

casuale coincidenza di cifre, ma che in realtà sottintende riflessioni molto importanti sulla figura

del revisore. Nel capitolo 1 di questo lavoro, presentando varie definizioni di revisione tratte da

repertori terminologici dei Translation Studies, si è visto come Delisle et al. (1999) e Palumbo

(2009) descrivano il revisore come un “senior” o “experienced translator.” Era dunque plausibile

attendersi un’età media dei revisori superiore a quella dei traduttori, tuttavia il dato raccolto

contraddice le aspettative e per questo sembra particolarmente importante segnalarlo in quanto

elemento rivelatore di una realtà diversa da quella ipotizzata o auspicata. Un’ulteriore conferma di

questo scenario viene dai dati raccolti in merito agli anni di esperienza lavorativa. Si è innanzitutto

chiesto ai potenziali rispondenti se affiancassero o avessero affiancato in passato l’attività di

traduzione a quella di revisione e in che ordine si fossero avviati alle due professioni. Dei 25

rispondenti, solo 1 (4%) ha dichiarato di svolgere esclusivamente attività di revisione mentre sono

6 (24%) i rispondenti che hanno iniziato più o meno contemporaneamente le due attività, ancora 6

(24%) quelli che hanno iniziato prima come revisori e poi sono diventati traduttori, e infine 12

(48%) coloro che hanno iniziato prima come traduttori e poi hanno accostato anche l’attività di

revisione. C’è dunque un assoluto equilibrio tra chi è passato alla revisione dopo l’esperienza di

4%

40%

36%

16%

4%

Età dei revisori

≤ 30 anni

tra i 31-40 anni

tra i 41-50 anni

tra i 51-60 anni

≥ 61 anni

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traduzione e chi ha iniziato a revisionare e tradurre insieme, o ha addirittura iniziato con la

revisione per poi aggiungervi la traduzione.

Figura 41: Distribuzione dei rispondenti rispetto all’esperienza lavorativa in revisione e traduzione e l’ordine di ingresso nelle due professioni (revisori)

Per quanto riguarda la sola esperienza professionale in revisione, i dati raccolti mostrano un

panorama altrettanto variegato: il 28% dei revisori (7/25) svolge questa professione da 5 anni o

meno, una percentuale uguale (28%) ha tra i 6 e i 10 anni di esperienza, un 24% (6/25) lavora

come revisore da 11-20 anni, e infine il restante 20% (5/25) lavora da oltre 20 anni.

Figura 42: Distribuzione dei rispondenti rispetto agli anni di esperienza in revisione (revisori)

4%

24%

24%

48%

Esperienza lavorativa di revisione e traduzione

solo R

R+T

R/T

T/R

28%

28%

24%

20%

Anni di esperienza in revisione

≤ 5 anni

6 - 10 anni

11-20 anni

> 20 anni

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Per meglio illustrare la situazione professionale di revisori/traduttori e del loro duplice profilo, si

ritiene utile riportare integralmente alcune risposte:

“Traduco e revisiono. Sono stata redattrice, revisora interna (i miei colleghi si sono semplicemente accorti che conoscevo molto bene l’inglese e aspiravo a tradurre da sempre) e infine traduttrice e revisora esterna.”

“Quando lavoravo in casa editrice, ero tre persone in una. Traducevo, rivedevo, correggevo redazionalmente e impaginavo anche… tutto da sola. Così ho capito che in Italia ancora non è chiaro chi è il traduttore, chi il revisore e chi il redattore, ovvero figure ben distinte, indispensabili l’una all’altra e con specifiche molto diverse”

“Ho cominciato come traduttore, poi lentamente sono diventato anche revisore; l’inverso mi sembra invece innaturale, perché non ritengo possibile valutare l’operato di qualcuno senza aver mai svolto quella stessa attività”

3.6.3.2 Anagrafica rispetto alle tipologie testuali di lavoro

Continuando ad aggiungere informazioni all’identikit dei revisori che hanno risposto al sondaggio,

vengono qui di seguito presentati i dati relativi ai generi testuali su cui lavorano principalmente. Si

noti subito, come già per i traduttori, la grande flessibilità ‒ scelta o indotta ‒ per quanto riguarda

le diverse tipologie di testo su cui i revisori si trovano a intervenire. Distinguendo fra narrativa,

saggistica e manualistica e successivamente, nell’ambito della narrativa, tra letteraria,

commerciale, di genere e per bambini/ragazzi, i rispondenti risultano occuparsi nel 28% dei casi

solo di narrativa (7/25 revisori), per una stessa percentuale solo di saggistica/manualistica, e di

entrambe le tipologie nel 44% dei casi (11/25 revisori). Un 24% dei rispondenti ha inoltre

segnalato di occuparsi anche di altre tipologie testuali non comprese in questa suddivisione,

ovvero di testi divulgativi, piccole pubblicazioni, articoli giornalistici.

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Figura 43: Distribuzione dei rispondenti rispetto ai generi testuali di lavoro (revisori)

I soggetti che hanno risposto di occuparsi sia parzialmente sia in maniera esclusiva di narrativa,

mostrano anche in questo caso una ampia versatilità e flessibilità riguardo alle tipologie testuali e i

dati che seguono sono stati calcolati e analizzati secondo il criterio della maggiore

rappresentatività, tenendo sempre presente che uno stesso revisore può lavorare su più tipologie

narrative. La categoria più menzionata è quella letteraria (42%), seguita da quella commerciale

(25,8%), e in egual misura da quella per bambini/ragazzi e dalla narrativa di genere (16,1%).

Figura 44: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia narrativa dei testi di lavoro (revisori)

28%

28%

44%

Generi testuali di lavoro

solo N

solo S/M

N + S/M

42,0%

25,8%

16,1%

16,1%

0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0% 25,0% 30,0% 35,0% 40,0% 45,0%

letteraria

commerciale

bambini/ragazzi

di genere

Sotto-generi narrativi di lavoro

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163

3.6.3.3 Anagrafica rispetto alla formazione

Volendo indagare il percorso formativo seguito dai revisori professionali, è stata rivolta ai

rispondenti una serie di domande con l’obiettivo di conoscere e meglio comprendere l’esistenza e

l’eventuale tipologia di varie alternative di formazione, in aula e/o sul campo e successivamente di

correlare questi dati con altri già raccolti, in particolare riguardo all’età lavorativa, per poter

ipotizzare evoluzioni o involuzioni nel profilo professionale di questa figura editoriale. Alla richiesta

di fornire informazioni su eventuali percorsi di formazione specifica in revisione, solo 7 soggetti su

25 (28%) dichiarano di aver avuto una qualche formazione, mentre i restanti 18 su 25 (72%)

affermano di non avere formazione specifica. Tra gli appartenenti al primo dei due

raggruppamenti, 4 soggetti (57%) hanno seguito master universitari in editoria e/o redazione o

moduli all’interno di corsi di formazione per traduttori editoriali; 2 (29%) hanno seguito corsi di

qualche mese organizzati da strutture private; 1 soltanto (14%) ha seguito seminari di una

giornata.

Figura 45: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla formazione in revisione (revisori)

28%

72%

Formazione revisione (revisori)

si

no

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Figura 46: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di formazione seguita in materia di revisione (revisori)

È doveroso precisare che la formazione accademica in editoria e/o redazione non necessariamente

include esercitazioni di revisione su testi tradotti. Benché didattica e formazione in revisione

saranno al centro del capitolo 4, si ritiene importante fornire ora questa precisazione perché da

essa dipende anche una corretta lettura dei dati appena presentati. Si è già detto, nel capitolo 1

dedicato alla terminologia della revisione, come una delle principali situazioni di falsa

sinonimizzazione sia quella che considera i termini “editing” e “revisione” come interscambiabili. Si

è anche visto, invece, come sia possibile distinguere fra i due termini in relazione al loro ambito di

applicazione, e dunque preferire il termine editing per indicare il lavoro su un testo che non è una

traduzione, e il termine revisione per indicare il lavoro su un testo tradotto (Mossop, 2001/2014).

Se questa distinzione non viene sposata all’interno dei corsi universitari e post-universitari che

preparano, tra le altre professioni, anche a quella di revisore, si corre il rischio che le due attività

non solo vengano considerate sovrapponibili da un punto di vista terminologico ma anche – cosa

più rischiosa e deleteria – dal punto di vista professionale. Se, in altre parole, il testo tradotto

viene lavorato come se non fosse tale – e dunque “editato” più che “rivisto” – è sicuramente più

probabile che i criteri alla base della sua lavorazione siano più in linea con quelli dell’editing (e

dunque della scorrevolezza, della leggibilità, dell’attenzione al prodotto finale e alla sua ricezione

nella lingua/cultura di arrivo, allo standard linguistico e alle aspettative del lettore), che con quelli

della revisione (ovvero l’attenzione al rapporto di fedele corrispondenza nella forma e nei

contenuti fra testo originale e testo tradotto).

57% 29%

14%

Tipologie formative

Master univ.

Corsi priv.

Seminari

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Per completare il profilo formativo dei revisori, è stato chiesto ai soggetti di rispondere a domande

riguardo alla formazione sul campo in modo da poter poi correlare questo dato con quello relativo

agli anni di esperienza e capire dunque se la tipologia di formazione “a bottega” o di

apprendistato, sia appannaggio esclusivo di coloro che hanno un determinato numero di anni di

esperienza alle spalle e hanno iniziato a lavorare come revisore in un momento storico in cui

l’editoria – nello specifico le redazioni editoriali – rappresentavano ancora un luogo in cui si poteva

imparare un mestiere. Alla domanda 2.3: “Ti sei formato/a sul campo? Se sì, presso quale tipologia

di struttura (casa editrice, studio redazionale, service editoriale, altro - specifica)”, i revisori hanno

risposto in questo modo: autoformazione (8 risposte, 32%), casa editrice (13 risposte, 52%), studio

editoriale (3 risposte, 12%), affiancamento (1 risposta, 4%).

Figura 47: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di formazione seguita in materia di revisione (revisori)

Se incrociamo i dati così raccolti con quelli relativi alla maturità professionale come revisore,

vediamo che gli anni di esperienza lavorativa di chi si è autoformato corrispondono a una media di

6,25, mentre gli anni di esperienza lavorativa di chi si è formato in casa editrice corrispondono a

una media di 14,5, ovvero più del doppio. Va inoltre segnalato che 5 dei 13 rispondenti (38%) che

hanno dichiarato di essersi formati in casa editrice hanno un’esperienza lavorativa di oltre 20 anni

come revisori. Si rende utile offrire un’interpretazione dei dati appena presentati: appare che

coloro che hanno iniziato a lavorare come revisori 15 o più anni fa, hanno potuto formarsi

all’interno di una casa editrice; coloro invece che si sono avvicinati a questa professione in tempi

32%

52%

12% 4%

Tipologie di formazione sul campo

autoformazione

casa editrice

studio edit.

affiancamento

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più recenti, sembra non abbiano avuto questa occasione. Questo dato è assolutamente in linea

con ciò che gli addetti ai lavori riferiscono riguardo all’evoluzione – o involuzione – dell’editoria

italiana negli ultimi 15 anni, ovvero la graduale scomparsa delle redazioni interne o comunque di

quel lavoro redazionale interno alla casa editrice che offriva un’occasione di apprendistato a chi

voleva avvicinarsi a varie professioni editoriali.

Se infine questi dati relativi alla formazione sul campo vengono abbinati a ciò che è stato indicato

in precedenza rispetto alla formazione “in aula”, si può facilmente intuire come negli ultimi anni si

sia venuto a creare un grosso vuoto di opportunità, tempi e luoghi per l’acquisizione di

competenze editoriali specifiche, quelle di revisione in primis, e quanto sarebbe opportuno

interrogarsi su come colmarlo.

3.6.3.4 Anagrafica rispetto alle modalità di avvio alla professione

È sembrato utile completare le informazioni raccolte su formazione in aula e sul campo dei revisori

chiedendo di fornire dati sulle modalità di accesso alla professione. L’obiettivo era capire se anche

per l’attività professionale di revisione, come in genere succede per la traduzione, viene chiesto di

svolgere “prove di revisione” per stabilire l’effettiva capacità e competenza del revisore o

aspirante tale. 15 revisori su 25 (60%) hanno dichiarato di aver svolto prove di traduzione,

dividendosi in maniera più o meno equilibrata tra chi le ha effettuate solo all’inizio della carriera

(7/25, 28%), e chi invece le ha effettuate all’inizio di ogni nuova collaborazione (8/25, 32%). Il

restante 40% dei revisori dichiara di non aver mai sostenuto prove di revisione e di aver ricevuto

gli incarichi sulla base della già dimostrata professionalità in altri ambiti (traduttore, redattore, o

fiducia generica).

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167

Figura 48: Distribuzione dei rispondenti rispetto allo svolgimento di una prova di revisione come accesso alla professione (revisori)

Si è inoltre voluto sollecitare un parere personale dei rispondenti circa l’utilità e l’opportunità di

richiedere prove di revisione, sia dal punto di vista del committente sia dal punto di vista del

revisore. In questo caso la risposta è stata pressoché unanime riguardo all’utilità di una prova di

revisione (20/25, 80%), mentre solo 5 revisori su 25 (20%) hanno affermato di non considerarla

necessaria. A spiegazione di questi due opposti punti di vista, ma anche come spunto di riflessione

ulteriore, vengono riportati qui di seguito alcuni commenti a favore della prova di revisione e un

commento contrario. Viene prima riportato per comodità di argomentazione il commento

contrario:

“Sono arrivato a credere che nello specifico sia abbastanza inutile: se il candidato è capace, se la caverà pressoché con qualsiasi testo, perciò una prova fa perdere tempo sostanzialmente sia a lui [l’editore] sia al revisore”

Ciò che colpisce di questo commento è una certa tendenza a considerare quella del revisore come

una competenza acquisita una volta per tutte, un insieme di abilità e capacità aprioristiche da

applicare e modulare di volta in volta a seconda del testo su cui lavorare. Ciò che invece viene

sottolineato da chi si dichiara a favore della prova di revisione è proprio la necessità – tanto per il

committente quanto per il revisore, ma anche per il traduttore e per il testo finale – di misurare la

reale capacità di lavorare su un determinato testo, come viene espresso in modo molto efficace

dai contributi che seguono:

28%

32%

40%

Prove di revisione

inizio carriera

ogni nuova coll.

mai

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“La revisione non è per tutti. Credo sia essenziale testare le capacità di revisione del candidato perché il suo ruolo è fondamentale. Il lavoro del revisore pregiudica il risultato finale e sospetto che questo concetto ancora non sia chiaro a chi si occupa della pubblicazione di testi stranieri. Mi è capitato spesso di avere a che fare con revisori che non conoscessero affatto la lingua del testo di partenza e per questo scambiassero il lavoro di revisione con quello di editing (basandosi ovvero solo sul testo tradotto, senza alcun rispetto del testo di partenza). Il buon revisore è merce rara e senza metterlo alla prova è impossibile individuarlo.”

“Sì è utile per chi commissiona la revisione. Purché la prova e il testo effettivamente da revisionare siano dello stesso genere: fare una prova su un [romanzo] femminile poco ha a che vedere con la revisione di un saggio economico.”

“Credo che sia molto utile all'editore per capire se il revisore in questione ha le capacità e le competenze richieste. Potrebbe essere molto più utile di quanto non lo sia oggi anche al revisore, se solo gli editori si prendessero la briga di dare un riscontro, evidenziando eventuali carenze riscontrate nella prova.”.

“Sì, penso sia molto utile, per "tararsi" sulle esigenze e, a volte, le idiosincrasie dei vari editori.”

In base alle risposte ricevute, si può concludere che c’è ampio accordo riguardo alla convenienza

per il committente di far svolgere una prova di revisione, perché in questo modo è possibile

valutare le capacità generali del revisore e quelle richieste per una particolare tipologia di testo. La

prova di revisione è generalmente reputata utile anche per il revisore, perché così può capire se è

“in sintonia” con la lingua e il contenuto del testo e con le richieste del committente. In altre

parole la prova di revisione – come del resto ogni prova di traduzione – può essere vista come una

sorta di “paracadute”, un mezzo per evitare brutte sorprese in fasi successive della lavorazione

editoriale. Sembra infine importante sottolineare due elementi emersi dai commenti, ovvero la

necessità che la prova di revisione non sia generica ma “ad-hoc” rispetto al testo su cui il revisore

sarà effettivamente chiamato a lavorare; e la necessità, perché la prova sia utile al revisore, di

avere un qualche tipo di feedback da parte del committente.

3.6.3.4 Anagrafica economico-contrattuale

Vengono qui riportati i dati raccolti in merito ad aspetti più pragmatici della revisione come attività

lavorativa, in particolare sul tipo di rapporto professionale che lega revisore e committente e sulle

tariffe vigenti. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’attività di revisione viene svolta nella

stragrande maggioranza dei casi come lavoro autonomo (18/25, 72%), mentre si basa solo in

minima parte su contratti a progetto (3/25, 12%), e ancora meno su contratti da lavoro

dipendente (2/25, 8%). Il restante 8% è rappresentato da rapporti lavorativi in regime di libera

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professione (revisore titolare di studio o service editoriale).

Figura 49: Distribuzione dei rispondenti rispetto al loro inquadramento professionale (revisori)

Pur nella consapevolezza dell’ampia variabilità di casi e situazioni che determinano il costo di un

lavoro di revisione e le tariffe a esso applicato, si è ritenuto importante dare qualche indicazione di

tipo economico, non fosse altro per confermare e dimostrare con i dati raccolti l’assenza di prassi

standardizzate e relativi compensi. È stato chiesto ai soggetti di indicare la tariffa percepita per

cartella editoriale standard (2000 battute), dando erroneamente per scontato che fosse questo

l’unico parametro su cui calcolare il compenso di un lavoro di revisione. I rispondenti, tuttavia, non

si sono lasciati condizionare da questo falso presupposto e hanno innanzitutto fornito dati preziosi

sulle diverse tipologie di parametri usati. Dalle risposte raccolte risultano cinque diverse possibili

modalità per calcolare il costo di una revisione: tariffa a cartella, ore effettive di lavoro, calcolo in

percentuale, pagamento a forfait, e modalità variabile. Un’ampia maggioranza dei rispondenti

(68%) lavora con tariffe a cartella, solo un 8% a tariffa oraria (soprattutto nel caso di testi brevi,

articoli o comunicati giornalistici), una stessa percentuale viene pagato a forfait, il 4% in

percentuale e infine il restante 12% afferma di essere pagato con modalità variabile, concordata di

volta in volta con il committente in base alla mole e alla qualità del lavoro.

72%

12%

8% 8%

Rapporto contrattuale con il committente

freelance

co.co.pro

dipendente

titolare SE

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170

Figura 50: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla modalità di calcolo del compenso per un incarico di revisione (revisori)

A coloro che lavorano prevalentemente con tariffe a cartella, è stato poi chiesto di fornire

indicazioni sulle tariffe minime e massime da loro percepite. I dati raccolti sono rappresentati

nell’istogramma che segue e che riporta, in ordine progressivo per ogni rispondente, la forbice

min-max. Ciò che salta subito all’occhio è la sorprendente varietà di tariffe e l’ampiezza della

forbice complessiva, che va da un minimo assoluto di 1,5 euro a cartella a un massimo assoluto di

15 euro.

68%

8%

8%

4%

12%

Tipologie di tariffa

a cartella

oraria

a forfait

percentuale

variabile

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171

Figura 51: Tariffe minime e massime per i rispondenti che hanno dichiarato di ricevere un compenso a cartella (revisori)

Non volendo sovraccaricare i rispondenti di domande ulteriori , ci si è limitati a porre quesiti le cui

risposte potessero fornire un’idea della grande variabilità e diversificazione di questo ambito,

soprattutto nei suoi aspetti contrattuali ed economici. I dati raccolti, tuttavia andrebbero

approfonditi tenendo conto di altri elementi, tra cui per esempio il rapporto tra livello di

compenso e prestigio/dimensioni della casa editrice, la capacità di negoziazione del lavoratore, il

rapporto tra tariffa alta ed esperienza/fama del revisore, qualità/prestigio del traduttore e del

testo tradotto. Non potendo presentare dati in questo senso, viene riportata una selezione di

contributi da cui si possono informazioni più approfondite e contestualizzate sull’argomento

“tariffa a cartella”:

“Da 1,8 € a 4 (in casi eccezionali 5) € a cartella; negli ultimi anni, però, anche per queste tariffe c’è stato un livellamento verso il basso.”

“Costi variabili e spesso integrati ad altre lavorazioni. Difficile quantificare, come forchetta posso ipotizzare dai 2 ai 5 euro a cartella ma ultimamente i costi si sono drasticamente abbassati al punto da venire completamente assorbiti dalla lavorazione redazionale.”

“Di solito 3,5 euro a cartella. Quindi devo andare veloce e controllare poco l'inglese (il che, coi romanzi per ragazzi o di genere, non è un grosso problema, con altri testi è diverso.)”

1,5 1,8 2,5

2 2,5

3 3 3

4 4 3,5 3,5 3,7

3

2

5 5

2,5

4 3,5

5 4,5

3

5

6

5

4 3,5

6,5

3,7

8

10

8

15

0

2

4

6

8

10

12

14

16

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

Tariffe min-max di revisione

Min

Max

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“Si va da un minimo di 1 euro a cartella per le cianografiche a un massimo non quantificabile a cartella ma pari a circa 1000 euro al mese per contratti "lunghi", cioè quando ho tre-quattro mesi per "lavorare" un libro.”

3.6.3.5 Anagrafica rispetto al ruolo e alla responsabilità percepita

L’ultimo aspetto su cui si è voluto indagare per far sì che il profilo del revisore venisse definito e

approfondito da quante più prospettive possibili è quello della responsabilità percepita nei

confronti del libro e di come questa sia riconosciuta e visibile al mondo esterno. Alla domanda

2.11 del questionario (“Secondo la tua esperienza, in che percentuale il revisore è responsabile del

prodotto finale della traduzione? Ritieni che questa “responsabilità” dovrebbe essere resa in

qualche modo visibile?”) i revisori si sono dichiarati innanzitutto in larga percentuale favorevoli a

una maggiore visibilità del revisore (19/25, 76%), mentre solo 6 revisori (24%) non lo ritengono

necessario e/o opportuno. Quanto al peso del lavoro del revisore sul prodotto editoriale finale,

poco più della metà dei revisori (14/25, 56%) indica l’apporto della revisione alla qualità finale

come molto variabile e legato alla qualità della traduzione, ma nella norma intorno al 10-30% del

lavoro complessivo. Solo 2 revisori (8%) dichiarano che revisore e traduttore si dividono al 50% la

responsabilità dell’esito finale, e 9 revisori su 25 (36%) sostengono che – a prescindere dalla

qualità della traduzione – la responsabilità del revisore è sempre molto grande.

Figura 52: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla loro percezione della visibilità del revisore (revisori)

76%

24%

Visibilità del revisore

importante

non importante

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Figura 53: Distribuzione dei rispondenti rispetto al grado di responsabilità da loro attribuito al lavoro del revisore (revisori)

A conclusione di questa sezione vengono riportate alcune risposte sul tema della

visibilità/responsabilità con relativa interpretazione e commento. Il primo contributo sottolinea

non solo l’importanza del lavoro di revisione in relazione alla qualità letteraria ed editoriale di un

testo, ma anche in termini di costi-benefici. Il lavoro del revisore, benché importante, è comunque

qui considerato gregario e più che la visibilità all’esterno si ritiene prioritaria la professionalità sua

e di tutti coloro che intervengono nella filiera editoriale del libro tradotto:

“La responsabilità del revisore è ENORME e prima l’editoria italiana se ne renderà conto, meglio sarà per tutti. Il lavoro di un cattivo revisore non solo porta a una spesa inutile per la casa editrice ma a danni irreparabili per il testo (nonché disperazione del traduttore). Così come il ruolo del redattore, credo sia giusto che il buon revisore resti nell’ombra. Non dovrebbero proprio verificarsi casi in cui una brutta traduzione debba subire pesanti interventi da parte del revisore, costringendo così l’editore a indicare anche il suo nome. Se i traduttori e i revisori venissero scelti con più cura e professionalità, non ci sarebbero problemi.”

In questo secondo contributo, invece, si fa riferimento – seppure in modo solo accennato – a una

questione già sollevata in precedenza riguardo alla sempre minore presenza di redazioni interne e

a quanto questo influisca sulla formazione dei revisori. Qui si pone maggiormente l’accento sulla

“deresponsabilizzazione” delle case editrici che, non potendosi avvalere del lavoro interno di

redazione, si affidano a revisori esterni freelance o a service editoriali.

56%

8%

36%

Responsabilità del revisore

variabile

a metà con trad.

grande

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“a mio avviso la percentuale (se va specificata davvero) dipende da ‘quanto male’ era fatta la traduzione di partenza; forse non tutti gli editori affidano un testo in revisione se non è proprio catastrofico, ma sicuramente lo smantellamento delle redazioni interne (che risale già agli anni Ottanta del secolo scorso) ha accresciuto il ricorso a servizi esterni, affidando loro tacitamente anche l’opera di revisione (o arrogandosela implicitamente, a seconda dei punti di vista considerati).”

La realtà di “esternalizzazione” del lavoro di revisione e redazione è sicuramente un elemento che

pregiudica l’effettiva collaborazione tra le figure che intervengono a diverso titolo e in diverse fasi

alla realizzazione di un libro tradotto. È proprio la mancata possibilità del “lavoro di squadra”,

insieme al riconoscimento pubblico del ruolo svolto da ogni giocatore, ciò che viene lamentato nel

commento seguente:

“Nei casi “normali” (i. e. traduzione ben fatta) direi che la revisione incide per un cinque-dieci per cento. Quanto alla visibilità, mi piace molto l’idea dei “titoli di coda” alla minimum fax: bisognerebbe far presente che anche un libro, come un film, è un lavoro di squadra, che non c’è solo l’Autore Pervaso di Ispirazione (e i libri che ovviamente si traducono da soli...)”

L’ultima serie di contributi è accomunata da una stessa, implicita, richiesta: quella di un maggiore

riconoscimento sociale del revisore come anche del traduttore, di una sua maggiore visibilità sul

libro in quanto primo attore della mediazione tra autore e lettore e tra traduttore e committente,

e in fine di un trattamento economico e una formazione adeguate:

“Il revisore è responsabile di un buon 30% del risultato finale. In un'ottica di sempre maggior riconoscimento del lavoro dei traduttori, credo che sia giusto riconoscere anche il ruolo del revisore.”

“Secondo me il ruolo del revisore è fondamentale, la sua responsabilità altissima, perché svolge una funzione di controllo ma anche di mediazione. sarei per indicare il revisore in frontespizio, con corpo lievemente minore nei confronti del traduttore (diciamo nella stessa proporzione che c'è tra autore e traduttore).”

“Personalmente non tengo molto alla visibilità; penso piuttosto che sarebbe importante un maggiore riconoscimento economico e un maggior "peso" nella formazione dei traduttori.”

3.6.4 Come si fa la revisione

Come sono state prese in esame le specificità dell’attività di auto-revisione, allo stesso modo si è

provveduto a indagare aspetti peculiari dell’etero-revisione, iniziando dal rapporto con il testo

originale e, più in dettaglio, la pratica della lettura integrale o parziale del testo originale, prima o

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durante il lavoro di revisione.

3.6.4.1 Revisione e testo fonte

Volendo innanzitutto comprendere in che misura la etero-revisione sia un’attività comparativa,

ovvero riconosca l’esistenza di un testo fonte e proprio dal confronto fra questo testo e il testo

tradotto tragga spunto e motivazione per i propri interventi, è stato chiesto ai rispondenti se

procedessero a una lettura dell’originale (integrale o parziale) prima di iniziare la revisione e quali

vantaggi o svantaggi individuassero in questa pratica, e se allo stesso modo facessero una lettura

della traduzione (integrale o parziale) prima di iniziare la revisione e con quali eventuali vantaggi o

svantaggi. È emerso che il 40% dei rispondenti (10/25) legge l’originale (8%, 2/10 integralmente,

32%, 8/10 solo parzialmente, da poche pagine a 20-30 pagine al massimo). Il restante 60% non

legge l’originale prima di iniziare la revisione, e la motivazione fornita praticamente all’unanimità è

stata la mancanza di tempo o la non convenienza in termini economici. Le stesse percentuali

valgono anche per la lettura della traduzione prima di iniziare il lavoro di revisione.

Figura 54: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla pratica della lettura del ST/TT prima di iniziare l’attività di revisione (revisori)

Quanto ai vantaggi o agli svantaggi di entrambe le pratiche, si rimanda alla lettura dei contributi

riportati qui sotto, sostanzialmente concordi nell’attribuire un valore positivo alla lettura

preventiva di ST e TT, ma nel considerarla allo stesso tempo poco praticabile per via di tempi e

questioni economiche.

“[leggere l’originale] sarebbe auspicabile ma raramente posso farlo, per mancanza di tempo. Il vantaggio sarebbe avere una visione complessiva del testo di partenza, individuarne la dominante

8%

32%

60%

Lettura di originale/traduzione

integrale

parziale

nessuna

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per poterla tenere in considerazione nell’analisi del testo tradotto e suggerire eventuali modifiche in quel senso e non solo nello specifico della terminologia ecc.”

“solitamente inizio leggendo l’originale, poi passo alla traduzione; lo svantaggio più evidente è il tempo che richiede, il vantaggio è che talvolta una buona ‘patina’ in italiano può nascondere sviste e incomprensioni che sfuggono senza lo sguardo all’originale.”

“no, inizio a leggere in parallelo e per le prime pagine mi limito a eventuali interventi su errori grammaticali, evitando gli interventi stilistici fino a quando non sarò entrata nel testo in maniera completa. Sarebbe utile una lettura almeno parziale dell'originale prima di iniziare, ma non è compatibile in termini di tempo con le tariffe che il revisore riceve.”

“faccio una rapida lettura parziale [della traduzione] - di almeno 20 pagine - prima di iniziare il confronto con l'originale. Questa lettura è importante per capire lo stile della traduzione in se stessa ed è sufficientemente rapida da risultare compatibile con la tariffa ricevuta.”

“Faccio una lettura parziale per capire quali sono le tendenze del traduttore. Vantaggio: di solito basta leggere relativamente poco per capire su cosa si dovrà lavorare. Svantaggio: la lettura parziale, seppure in casi rari, potrebbe essere fuorviante.”

“Faccio una lettura parziale, capitolo per capitolo, della traduzione, prima di iniziare il confronto, per sentire come è resa la voce dell'autore, se la riconosco.”

Entrando più nel merito dell’attività di revisione, si è detto come una sua definizione ideale non

possa prescindere dall’elemento comparativo – ovvero di confronto tra traduzione e testo fonte –

come auspicato nella formulazione della definizione sommativa di revisione proposta a

conclusione del capitolo 1. Nel fornire una propria definizione di revisione, il 64% dei revisori

l’aveva descritta proprio come un’attività di confronto, dunque comparativa. È interessante

vedere se nella realtà della pratica professionale questa definizione trovi applicazione concreta.

Alla domanda 3.3, in cui si chiedeva loro di indicare che genere di confronto traduzione-testo

fronte venisse fatto (integrale riga per riga, a campione, in presenza di problemi di traduzione, su

segnalazioni particolari o altro) i revisori che hanno dichiarato di procedere sempre a un confronto

riga per riga con l’originale (confronto integrale) sono 13 su 25, ovvero il 52%. Si tratta di una cifra

lievemente più bassa rispetto alla percentuale di coloro che hanno definito la revisione come

un’attività comparativa. Quella che segue è una possibile interpretazione di questo dato: il

revisore vorrebbe avere “idealmente” la possibilità di fare un confronto integrale, ma per vari

fattori che andremo a elencare, non sempre gli è concesso. Se infatti i revisori che dichiarano di

procedere sempre a una revisione solo a campione sono 5/25, ovvero il 20%, il restante 28% dei

revisori ha un approccio variabile. Oltre alla tirannia del tempo, i revisori optano tendenzialmente

per una revisione non integrale in relazione alla qualità della traduzione, alla fiducia che ripongono

nel traduttore, alla tipologia testuale.

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Figura 55: Distribuzione dei rispondenti rispetto al tipo di revisione comparativa da loro effettuata (revisori)

Le risposte che seguono illustrano più in dettaglio i fattori che concorrono alla scelta di procedere

o non procedere a un confronto sempre e solo integrale fra testo tradotto e testo fonte:

“Generalmente comincio confrontando riga per riga e parola per parola, leggendo prima il testo originale e poi la traduzione. Se decido che posso fidarmi proseguo leggendo l’italiano, ma torno spessissimo all’originale.”

“Non sarebbe pensabile di fare un confronto riga per riga, non ce n'è il tempo tecnico. Solitamente, lo faccio sulle prime pagine, per farmi un'idea di come ha lavorato il traduttore, e poi ci ritorno solo nei punti in cui qualcosa non mi torna (o se il committente mi ha segnalato qualche criticità).”

“Faccio un confronto integrale. Se vedo che la traduzione è fatta bene, allento la "sorveglianza", altrimenti no.”

“In linea di massima cerco di fare un controllo integrale riga per riga. Dipende anche da quanto conosco il modo di lavorare del traduttore. In particolare chiedo sempre ai traduttori di segnalare problematiche particolari sulle quali cerchiamo di consultarci e di trovare soluzioni insieme.”

3.6.4.2 Supporto della revisione

Come ai traduttori, è stato chiesto anche ai revisori di indicare il supporto o i supporti usati

durante la fase di revisione. Dalle risposte emerge che il 64% (16/25) rivede esclusivamente o

prevalentemente su file; il 16% prevalentemente su carta con inserimento di modifiche a video; il

12% fa una prima revisione su file, seguita da una seconda revisione ed eventualmente da altre

52%

20%

28%

Confronto con l'originale

integrale

a campione

variabile

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successive su carta; e infine l’8% opera una prima revisione su carta, poi una seconda revisione ed

eventualmente successive su file.

Figura 56: Distribuzione dei rispondenti rispetto al supporto usato per l’attività di revisione (revisori)

Da una lettura più approfondita delle risposte si ha un’idea di come diverse variabili

contribuiscano alla decisione di usare un supporto piuttosto che un altro e in che ordine. Ad

esempio:

“[…] dipende da come arriva la traduzione (cioè dalla sua qualità) e dai tempi che abbiamo. Molto spesso però la revisione è talmente invasiva da richiedere prima una riscrittura a video e poi una o più letture su carta.”

In altre parole, se la traduzione è già fruibile e godibile, il revisore può permettersi il lusso di

leggerla e rivederla su carta. Se invece si rende conto di avere davanti una brutta gatta da pelare,

ecco che è necessario spostarsi in un ambiente più asettico e professionale quale è lo schermo del

PC, dove sono presenti strumenti efficaci e adeguati, ma non c’è più spazio per il divertimento!

La scelta di rivedere su carta o su file sembra anche avere una prospettiva diacronica:

“Una volta [rivedevo] su carta, ora sempre su file”.

Sarebbe interessante capire in che misura questo passaggio sia dettato dalla maggiore esperienza,

dalla maggiore velocità di intervento, oppure semplicemente da questioni di tempi più serrati,

come del resto sembra alludere il commento che segue:

64%

16%

12%

8%

Supporto usato (revisori)

solo file

solo carta

file/carta

carta/file

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“in base alle esigenze e ai materiali a disposizione. Mi piace molto lavorare su carta ma i tempi serrati mi portano sempre più a lavorare solo su file.”

Viene infine riportato un interessante contributo che introduce la possibilità di un terzo supporto,

quello del file audio, che non era stato preso in considerazione tra le possibili alternative fornite

dalla domanda:

“Solo su file. Accostando i file sullo schermo, oppure inserendo la traduzione in un programma di lettura ad alta voce e seguendo sull'originale, settando il programma a una velocità di lettura adeguata”

3.6.4.3 Revisione e lettura ad alta voce

In continuità con l’elemento “sonoro” della revisione menzionato appena sopra, vengono ora

riportati i dati riguardanti la rilettura ad alta voce come strumento di controllo/verifica inserito

all’interno del processo di revisione: il 20% dei revisori (5/25) dichiara di fare ricorso regolarmente

a questa modalità, il 44% (11/25) dichiara di non farvi mai ricorso, e infine il 36% (9/11) dichiara di

rileggere ad alta voce solo qualche volta o qualche passaggio particolare del testo che sta

revisionando.

Figura 57: Distribuzione dei rispondenti rispetto al ricorso alla rilettura ad alta voce nell’attività di revisione (revisori)

20%

36%

44%

Rilettura ad alta voce (revisori)

Sì, sempre

a volte

mai o quasi mai

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La selezione di risposte che segue serve a illustrare le principali motivazioni contro o a favore di

questa modalità di revisione:

“no, si perde tempo (v. tariffe). Ma non lo considero nemmeno di particolare utilità nel momento in cui si riesce comunque a rimanere concentrati anche nel silenzio.”

“A bassa voce, quasi inaudibile: l'obiettivo è valutare la qualità stilistica e la scorrevolezza del testo.”

“Quasi mai. Solo nel caso di periodi particolarmente complessi ai quali apporto molte modifiche, per avere il senso della resa finale.”

“Quasi mai. Lavoro in uno studio con altre persone e sarebbe impossibile, ma anche quando sono sola non trovo che mi aiuti nella revisione. Può accadere però che rilegga ad alta voce passi particolarmente "complicati" a un collega, per un parere.”

3.6.4.4 Strumenti e modalità di tracciamento sul testo

Veniamo ora ai dati raccolti in merito alla modalità di intervento sul testo e agli strumenti utilizzati

per rendere l’intervento rintracciabile, l’eventuale uso di commenti e loro funzione. Come ci si

poteva facilmente aspettare, dovendo poter rendere visibile il lavoro di revisione anche ad altri,

oltre che a se stessi, il numero di revisori che lascia traccia dei propri interventi sul testo è

piuttosto elevato (92%), e pur facendo ricorso a funzioni di base di modifica del testo ‒

evidenziazioni, sottolineature, inserimenti, sigle, etc. ‒ la modalità di intervento principalmente

usata è l’uso dello strumento Revisioni di Microsoft Word, ovviamente per quanto riguarda il

lavoro su file. Per coloro invece che dichiarano di lavorano su carta – esclusivamente o

parzialmente ‒ gli strumenti sono i tradizionali penna/matita/pennarelli, con qualche ulteriore

indicazione rispetto a un uso differenziato di penna/matita, e all’impiego di penne cancellabili.

Tra coloro che rivedono su carta, inoltre, nessuno dichiara di utilizzare i segni di correzione di

bozze. Infine, solo l’8% dichiara di non tracciare le proprie modifiche sulla traduzione in alcun

modo.

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Figura 58: Distribuzione dei rispondenti rispetto alle modalità di tracciamento modifiche sul testo durante l’attività di revisione (revisori)

Una lettura più dettagliata delle risposte offerte mostra che esiste anche per i revisori una

tendenza a ricorrere ad “appunti su carta” per tenere traccia di determinati ragionamenti, in

aggiunta a una modalità di tracciamento delle modifiche su file alternativa a quella che si ottiene

tramite Revisioni di Word, ovvero l’applicazione della funzione “confronta versioni”, sempre

disponibile all’interno di Microsoft Word, da attivarsi a revisione ultimata per confrontare l’esito

del lavoro di revisione con il testo tradotto da cui è partita. Volendo ancora una volta sottolineare

la generosità dei contributi offerti e la disponibilità, spesso scherzosa e leggera, con cui i

rispondenti si sono accostati al pur oneroso sondaggio, si riportano qui di seguito alcune risposte

riguardanti i “ferri del mestiere” della revisione:

“Revisioni di Word (meraviglioso strumento, lode eterna a chiunque l’abbia inventato).”

“Penna cancellabile su carta. gli interventi vengono poi riportati sul file con lo strumento revisioni di word. Prima di consegnare "accetto" le mie modifiche, sistemo qualche possibile errore tipo doppi spazi che interviene con lo strumento revisioni e consegno sia il file tracciato sia quello pulito.”

“Penna rossa, matita ed evidenziatore.”

“Su carta penna colorata e evidenziatori. Ad esempio con la penna segno le correzioni e con l'evidenziatore termini da controllare o punti poco chiari. Su word, se devo rendere le modifiche visibili, utilizzo i track changes e evidenziature. Su pdf gli strumenti di annotazione.

92%

8%

Tracciamento su file (revisori)

Revisioni Word

nessuno

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182

3.6.4.5 Uso e funzione dei commenti

Per quanto riguarda i commenti, ne fa uso l’88% dei revisori, esclusivamente su file, e tra questi

solo il 9% aggiunge anche la compilazione di un file a parte. I revisori che inseriscono commenti

principalmente per il traduttore sono il 59% (13/22) mentre il restante 41% (9/22) inserisce

commenti prevalentemente per la redazione. Solo il 12% di tutti i rispondenti non fa mai o quasi

mai uso dei commenti.

Figura 59: Distribuzione dei rispondenti rispetto all’utilizzo della funzione Commenti di Microsoft Word durante l’attività di revisione (revisori)

Figura 60: Distribuzione dei rispondenti rispetto al destinatario dei commenti da loro inseriti su file durante l’attività di revisione (revisori)

88%

12%

Utilizzo funzione commenti (revisori)

si

no

59%

41%

A chi sono rivolti i commenti (revisori)

al traduttore

alla redazione

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183

La rappresentazione grafica dei dati raccolti viene ancora una volta arricchita e completata da

alcune delle risposte fornite dai revisori in merito all’utilizzo e alla funzione dei commenti:

“Sì, ma solo se il mio testo revisionato ha bisogno di una pezza d’appoggio (cioè se sembrano valide entrambe le soluzioni, quella del traduttore e quella del revisore, spiego con dati o referenze “bibliografiche il perché della mia scelta)

Se questa osservazione sembra attribuibile a quello che definiremmo scherzosamente “il profilo

antropologico del revisore rispettoso e discreto”, la risposta che segue sembra uscita dalla tastiera

di una figura mitologica, tanto è raro trovarne rispondenza nella realtà: il “santo revisore”.

“Sì, li aggiungo quando non voglio essere troppo entrante e chiedo esplicitamente al traduttore di rifletterci e tirare fuori altre opzioni. I commenti fanno riflettere. A volte, mi complimento se la soluzione trovata è a mio avviso geniale (non riesco a farne a meno).”

Più che dell’atteggiamento che porta alla scelta dei commenti, i contributi successivi sono

rivelatori della principale funzione che viene loro attribuita, ovvero una funzione “sociale”, la

possibilità cioè di instaurare attraverso il commento una comunicazione proficua sia con il

traduttore sia con la redazione:

Sì, per motivare alcuni interventi. Ma alla fine del lavoro consegno sempre una “nota di revisione” in cui riassumo la natura generale degli interventi e spiego in dettaglio quelli meno immediatamente comprensibili.”

“Sì sempre, moltissimi. la loro funzione è duplice: primo serve a non essere troppo invasivi (ad esempio si può proporre un sinonimo non sul testo ma come proposta per così dire a latere), poi serve a spiegare, che è sempre importante.”

“Sì. Commenti di carattere redazionale quando c'è una modifica da apportare in tutto il volume (es. molti spazi ripetuti, apostrofi al posto di accenti...).”

Sì, li aggiungo, quando la ragione della correzione non è evidente di per sé. La loro funzione è di spiegare al traduttore la ragione di scelte che possono apparire arbitrarie o di suggerire alternative a mio parere migliori a soluzioni legittime ma non entusiasmanti adottate dal traduttore.”

3.6.4.6 Revisione come collaborazione

Avendo introdotto l’elemento dialogico della revisione, espresso attraverso gli scambi revisore-

traduttore che possono avere luogo all’interno dei commenti alla revisione, sembra opportuno

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analizzare a questo punto i dati raccolti in merito all’effettiva interazione tra il revisore e gli altri

attori della filiera di produzione del libro tradotto. Richiamando di nuovo la definizione sommativa

di revisione formulata al capitolo 1, che vede nell’attività di revisione anche una dimensione

collaborativa, sarà interessante capire se e in che misura questa dimensione sia presente nella

realtà professionale. È stato innanzitutto chiesto ai revisori di indicare se durante il lavoro di

revisione sul testo tradotto interagissero con la casa editrice e, se sì, quali fossero i loro

interlocutori e quali questioni venissero trattate. Tra le possibili alternative si suggerivano i

seguenti argomenti: adattamenti, questioni di editing, questioni redazionali, soluzioni di dubbi

interpretativi, altro. In caso di risposta negativa, si chiedeva inoltre di fornire motivazioni, alcune

delle quali suggerite nella domanda: “non lo ritieni necessario, non ti viene data la possibilità di

farlo”. Le risposte ottenute mostrano una realtà in cui il dialogo con la CE non è certo la norma. Il

48% si relaziona regolarmente con editor e/o redattori, un 8% (2/25) lo fa solo con certe case

editrici, e il restante 44% (11/25) non ha mai occasione di interagire con la CE.

Figura 61: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla frequenza delle interazioni con la CE durante l’attività di revisione (revisori)

Le risposte selezionate e riportate qui di seguito rappresentano il dato in maniera più dettagliata,

dando anche conto delle questioni che vengono trattate nel caso in cui il contatto revisore-CE

esista e delle spiegazioni a favore o contrarie al dialogo:

“Certo, soprattutto per questioni redazionali e di uniformazioni, oppure se ci sono problemi grossi con la traduzione. Quasi mai per soluzioni di dubbi interpretativi (solo nel caso in cui non esiste un rapporto diretto con il traduttore, e la redazione fa da intermediario).”

48%

8%

44%

Interazioni revisore/CE

sempre

a volte

mai

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“Mi interfaccio spesso con il redattore, come intermediario tra la sua figura e quella del traduttore. Risolviamo insieme i dubbi di resa, adattamenti ecc. Quasi sempre l’ultima parola si lascia al redattore che conosce la politica della casa editrice che il testo lo pubblica.”

“Purtroppo il rapporto con l’editore è sempre più mirato alle questioni pratiche, quasi mai c’è qualcuno all’interno della casa editrice che abbia voglia e tempo per confrontarsi su problematiche testuali o interpretative. Normalmente risolviamo i dubbi all’interno dello Studio confrontandoci fra di noi. Il fatto di essere una squadra in questo ci aiuta.”

“Interagisco raramente, su questioni specifiche ma mai per soluzione di dubbi interpretativi. Capita la revisione di un testo che entra in una serie con traduttori diversi e si chiede come si desidera dare uniformità allo stile della serie. Mi interessa anche sapere chi è professionalmente il traduttore - mondo in cui lavorano persone molto diverse per affidabilità professionale, capitano casi di traduzioni affidate a "dilettanti allo sbaraglio" - ed eventualmente che tipo di precedenti esperienze ci sono stati con la casa editrice.”

“I miei interlocutori sono redattori interni alla casa editrice che coordinano la produzione e assegnano i lavori redazionali all'esterno. Volendo, posso interagire con loro, ma di solito dicono "tu segnala tutti i tuoi dubbi sul file, che poi me la vedo io con il traduttore/autore". E lì sparisce tutto in un buco nero. D'altronde anche loro non hanno molto tempo per intrattenere continui scambi su problemi redazionali o linguistici, visto che ormai la tendenza è che un solo redattore interno segua qualcosa come 40-50 novità all'anno...”

“In genere sì, ma la questione viene sempre prospettata molto genericamente, raramente analizzata nel dettaglio. Gli interlocutori sono i redattori interni o gli editor. Se lo ritengo necessario? No, ma credo aumenterebbe la consapevolezza di tutti gli operatori della filiera sul tipo di lavoro che sta, letteralmente, dietro ogni parola. Spesso, per la fretta, questa manca.”

“Anche qui, dipende dalla casa editrice. In genere, se il rapporto è consolidato, non c'è bisogno di interpellare troppo di frequente il redattore responsabile: segnalo gli eventuali dubbi sulla prima bozza o in un file che la accompagna. Se invece sono all'inizio di un rapporto preferisco avere conferma delle scelte che compio. Ma in genere il redattore è troppo occupato per riguardare il lavoro minuziosamente, e l'editore, quando lo fa, legge il testo definitivo, spesso poco prima che vada in stampa. Ci sono case editrici (XXXX per esempio) che hanno uno staff di redattori dedicati al rapporto con gli "esterni", e da loro si ricevono minuziose istruzioni preliminari e viene svolta una lettura delle prime bozze. In genere però a un redattore esterno esperto e che collabora da tempo con la casa editrice viene data più o meno carta bianca.”

I revisori sono stati inoltre interpellati riguardo al loro rapporto con il traduttore e alla eventuale

interazione durante la fase di revisione. Il 32% interagisce regolarmente con il traduttore durante

la fase di revisione, mentre il 44% non lo fa mai, o solo raramente. Il restante 24% (6/25) contatta

il traduttore solo in caso di questioni irrisolte, dubbi interpretativi, nodi da sciogliere insieme, ma

non come prassi. Complessivamente, dunque, per il 68% dei revisori il traduttore non è il

principale interlocutore o una figura di confronto durante l’attività di revisione.

È interessante richiamare un dato illustrato precedentemente riguardo all’uso e alla funzione

attribuita ai commenti alla revisione. Si è visto che ben l’88% dei revisori ricorre alla funzione

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commenti in fase di revisione e, cosa più interessante, che tra questi il 59% rivolge i commenti al

traduttore, facendo dunque intuire una volontà di dialogo e comunicazione. Questa volontà

sembrerebbe tuttavia smentita dalle percentuali riguardo alla effettiva interazione, che invece è

tale solo per il 32% dei revisori. Sembra dunque di poter concludere che se da un lato, all’interno

della pratica dell’etero-revisione, il revisore sente la necessità di comunicare con il traduttore –

non fosse altro per spiegare, motivare, suggerire – e lo fa tramite la funzione dei commenti al

testo, dall’altro l’effettivo realizzarsi di un rapporto collaborativo che vada oltre uno scambio di file

è ancora lontano dal diventare una prassi consolidata. Il fatto che all’interno della filiera editoriale

in generale la revisione non si realizzi e non si percepisca come un’attività collaborativa era del

resto una conclusione annunciata fin dai primi dati raccolti da traduttori e revisori i quali, nel

descrivere la revisione avevano verbalizzato l’elemento collaborativo con occorrenza minima o

addirittura nulla (rispettivamente 0% e 2%).

Figura 62: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla frequenza dell’interazione con il traduttore durante la fase di revisione (revisori)

Alcune tra le principali motivazioni a spiegazione della relazione con il traduttore o della sua

assenza si ritrovano nelle risposte che seguono:

“Capita anche se non troppo spesso. Via e-mail, di persona se possibile, raramente al telefono. Capita più di frequente che ci si confronti DOPO la revisione. Io sollevo dei dubbi, lui/lei ci riflette, mi chiede consiglio su nuove rese. Tutto questo ammesso che ci sia rispetto reciproco e il traduttore si fidi del revisore… altrimenti i contatti sono pochi, e non gradevoli. Dico sempre che trovare il proprio revisore ideale è come trovare l’amore. Difficile.”

“Soprattutto via mail ma le case editrici tendono sempre più a non mettere in contatto le due figure. Per tempi serrati, e per evitare scocciature da parte di traduttori poco malleabili.”

32%

24%

44%

Interazioni revisore/traduttore

sempre

a volte

mai

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“Sì, continuamente, è un dialogo costante. il file passa e ripassa tra noi, i commenti si moltiplicano, se necessario ci si telefona. maggiore il contatto, migliore la resa.”

“Non è possibile interagire con il traduttore se l'editore non prevede nemmeno la possibilità di metterti in contatto con lui o lei. Ci sono sempre i redattori interni a fare da filtro. Ho potuto interagirvi solo quando lavoravo io come redattrice interna in casa editrice e ogni tanto mi capitava di fare alcune revisioni.”

“Raramente. In genere avviene via mail o via telefono. Se non avviene, è perché lo prevede l'editore (in genere adducono problemi di tempistica, ma temo che questi traduttori da me rivisti senza avere contatti non abbiano mai visto nemmeno le bozze, perché non sono mai stata interpellata per spiegare scelte, correzioni ecc.)”

“In genere chiedo di interagire solo se ci sono questioni particolari da risolvere, altrimenti, per motivi di tempo, il traduttore riceve le prime bozze con la segnalazione dei dubbi e delle parti controverse. I rapporti ultimamente avvengono soprattutto via mail. Ritengo che sarebbe molto importante una maggiore interazione.”

“Spesso (via mail o telefono), soprattutto per dubbi interpretativi. Alcune redazioni non amano mettere in contatto revisori e traduttori, in tal caso è la redazione a fare da tramite.”

“In genere no, perché non ne ho bisogno ma anche perché temo che si creino attriti.”

La realtà delineata dalle risposte a questo sondaggio – quella di una collaborazione

traduttore/revisore scarsa o del tutto inesistente – è al centro di un post pubblicato da una collega

traduttrice/revisora, Denise Silvestri, sul suo blog e che qui riporto volentieri43

Le case editrici, dove menti ricche, creative, incontrandosi dovrebbero dare il meglio per un prodotto come il libro, che è merce, sì, ma di un genere speciale, non sono più terreno fertile. E le redazioni svuotate sono aride, tristi, i libri vengono fatti a pezzi da collaboratori lontani, che non si sono mai visti in faccia, che non hanno mai scambiato due chiacchiere, una battuta, un sorriso alla macchinetta del caffè, in mensa, alla postazione propria e condivisa. Non hanno sostenuto idee, non hanno discusso soluzioni, scelto guardandosi in faccia. Ognuno nella propria casa, in attesa del lavoro successivo, della tariffa imposta, nella speranza che le cifre sempre più al ribasso permettano di sostenere l’incredibile peso di una partita iva in un ambiente come quello dell’editoria.

Appare curioso che, così come in altri ambiti, anche nel mondo editoriale venga definito

“collaboratore esterno” un lavoratore che di fatto fa tutto tranne che collaborare con qualcuno. Il

post conferma anche che l’assenza di collaborazione non riguarda solo il rapporto

traduttore/revisore, ma si estende anche ad altri protagonisti della filiera editoriale, perché come

già illustrato dai dati raccolti dalle risposte, le fasi di lavoro che un tempo erano svolte all’interno

delle CE (lavoro redazionale, revisioni, correzioni di bozze) vengono ora esternalizzate a realtà

43

Il titolo del blog è “Operaidelleditoriaunitevi” e il contributo citato può essere consultato all’indirizzo. http://operaidelleditoriaunitevi.wordpress.com/2013/11/18/svuotate/ Ultimo accesso: maggio 2015

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private (studi editoriali o service che forse, per loro fortuna, possono ricreare un ambiente di

collaborazione al loro interno) o peggio ancora vengono segmentate e suddivise fra vari

professionisti che non si conoscono né mai si conosceranno.

3.6.4.7 Revisione e materiali di consultazione, tipologie testuali e pratiche ideali.

Vengono di seguito riportati i dati relativi al materiale di consultazione usato dai revisori, a

eventuali variazioni nell’approccio alla revisione del testo in relazione alla tipologia affrontata, e a

discrepanze reali o percepite tra l’idea di revisione ideale e la realtà della pratica professionale. Per

quanto riguarda il materiale, anche umano, di consultazione a cui i revisori affermano di fare

ricorso durante il loro lavoro di revisione sulle traduzioni altrui, al primo posto per numero di

occorrenze figura la Rete (23%), subito seguita dai dizionari (22%), poi in pari misura da testo

originale e colleghi/conoscenti(16,5%), dai testi paralleli (12%) e in ultimo dal ricorso a esperti

(10%). Da puntualizzare che fra i revisori che dichiarano di consultare, tre la varie fonti, anche

colleghi e/o conoscenti (15/25) solo due indicano il ricorso a forum online.

Figura 63: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di materiali/fonti di consultazione utilizzati durante l’attività di revisione (revisori)

Per quanto riguarda invece il rapporto tra modo di rivedere una traduzione e tipologia testuale

con cui si ha a che fare, solo sette revisori su 25 dichiarano di non modificare atteggiamenti e

modalità di lavoro (28%) mentre il restante 72% afferma di adottare strategie diverse a seconda

23%

22%

16,5%

16,5%

12%

10%

0% 5% 10% 15% 20% 25%

Rete

Dizionari

Colleghi/conoscenti

Testo originale

Testi paralleli

Esperti

Materiale di consultazione per i revisori

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della tipologia testuale, del committente e della finalità del prodotto testo. I commenti che

seguono spiegano ampiamente questo tipo di approccio diversificato:

“Se ho davanti un testo di narrativa young adult uso tutt’altri metri di verifica e giudizio rispetto a un romanzo per adulti. Se cambia il pubblico, cambia anche il mio lavoro di revisore. Sarebbe inutile e sciocco concentrarsi su ogni dettaglio quando l’obiettivo è per esempio la scorrevolezza. Attenzione sempre alta, ma canalizzata in modo diverso.”

“Sì, certo. Tutti sanno che i traduttori amano svisceratamente due parole: la prima è “contesto”, la seconda “dipende”. Però non è certamente una questione di attenzione alla lingua: quella dev’essere sempre alta. In generale, può darsi che a seconda del “lettore ideale” la resa delle connotazioni culturali si orienti in modo diverso (addomesticamento/straniamento).”

“Sì, dipende dalla tipologia di testo e dalla qualità della traduzione. A volte è necessaria attenzione specifica alla lingua (ci sono casi di veri e propri errori di comprensione dell'originale), a volte alla scorrevolezza, a volte al posizionamento stilistico. Capita, ad es., che il committente nell'affidare la revisione chieda di "alzare" lo stile.”

“Certamente. Per i romanzi una volta sciolti gli eventuali dubbi circa la correttezza della traduzione tutta l'attenzione è concentrata sulla resa linguistica, per i testi saggistici al contrario è il contenuto a restare in primo piano e l'omogeneità della resa redazionale.”

Riguardo infine a un’eventuale discrepanza tra ciò che viene percepita come revisione “ideale” e

ciò che invece è la realtà della pratica professionale, otto revisori su 25 non avvertono alcuna

tensione fra ciò che è per loro la revisione ideale e quella reale (32%), mentre il restante 68%

sottolinea che il lavoro di revisione che riescono a fare non corrisponde del tutto a ciò che

vorrebbero essere in grado di fare, in presenza di altre condizioni quali tempi più lunghi, compensi

maggiori e possibilità di entrare in contatto con il traduttore.

Figura 64: Distribuzione dei rispondenti rispetto a ciò che considerano gli elementi costitutivi di una revisione “ideale” (revisori)

59%

23%

18%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%

Più tempo

Tariffe migliori

Contatto con traduttore

Elementi di una revisione "ideale"

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3.6.4.8 Revisione, traduzione, esperienza

Gli ultimi due gruppi di quesiti inclusi in questa sezione miravano a indagare da una parte il modo

in cui l’attività di revisione avesse influito su un’eventuale attività parallela di traduzione, dall’altra

se il lavoro di revisione fosse in qualche misura diverso a seconda che il testo da rivedere fosse

opera di un traduttore più o meno esperto. Per quanto la prima domanda sia stata fraintesa da

alcuni rispondenti, i quali l’hanno interpretata come la richiesta di indicare il rapporto

virtuoso/vizioso che esiste tra revisione e traduzione o revisore e traduttore in senso generale,

tutti i revisori che dichiarano di lavorare o aver lavorato in passato anche come traduttori

concordano nel dire che questa duplicità di sguardo arricchisce entrambe le pratiche professionali,

e aiuta soprattutto ad acquisire più consapevolezza come traduttori e ad accettare e accogliere

meglio il lavoro dei colleghi revisori sulle proprie traduzioni. Le risposte che seguono confermano

dunque che l’attività di revisione ha una ricaduta assolutamente positiva sull’attività di traduzione

(per i revisori che rivestono entrambi i ruoli):

“Senz’altro positiva. Rivedere ti permette di apprezzare (o disprezzare, nei casi meno fortunati) il lavoro di altri colleghi: impari da loro, e in più riesci a raggiungere un maggiore distacco critico dal tuo stesso lavoro. Come se traducendo avessi una sorta di ‘revisora incorporata’.”

“Positiva, si imparano molte cose correggendo le traduzioni di altri, si notano difetti in cui si cerca poi di non cadere a propria volta.”

“Non sarei mai diventata traduttrice senza avere alle spalle svariate decine di revisioni. Quindi la ricaduta è positiva; si impara soprattutto a livello stilistico da ottime traduzioni altrui e rende più consapevoli mentre si traduce di questioni quali dissonanze, ripetizioni, allitterazioni ecc.”

“Credo che abbia sicuramente una ricaduta positiva, perché mi sforzo di rivedere le mie traduzioni leggendole con gli occhi del revisore e di risolvere così una serie di problemi linguistici e/o redazionali che si presenterebbero comunque in fase di etero-revisione.”

“Più che sul mio modo di tradurre, penso che abbia una ricaduta positiva sul mio modo di ricevere le revisioni che vengono fatte alle mie traduzioni. Capisco meglio certi interventi, mi sforzo di prevenire certi fraintendimenti preparando per il revisore una nota di traduzione ecc.”

“Sono più abile a vedere i miei errori, a forza di notare come sbagliano gli altri.”

“Ha certamente una ricaduta positiva, in quanto permette di confrontarsi con le scelte di un collega e fa scoprire strategie originali di soluzione dei problemi.”

“Penso che abbia una ricaduta positiva, mi rende più cosciente del lavoro che fanno gli altri su un mio testo tradotto.”

In un quesito successivo (3.14) si chiedeva ai revisori di riferire e descrivere la propria esperienza

rispetto a eventuali differenze nel lavoro di revisione sulla traduzione di un giovane traduttore e

un traduttore esperto. Solo due revisori hanno chiaramente risposto che non esistono differenze,

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mentre nove revisori su venticinque (36%) si sono dichiarati incapaci di definire eventuali

differenze, pur attribuendole in generale non tanto a una diversa età quanto a un diverso livello di

competenza e bravura, come espresso in queste risposte:

“La differenza sta, per mia esperienza, soprattutto fra traduttore bravo, disponibile e ben pagato e traduttore convinto di essere bravo, poco disponibile e mal pagato. Nel primo caso fila tutto liscio, nel secondo caso cominciano i guai.” “Impossibile generalizzare. Ci sono traduttori bravi e scadenti in qualsiasi fascia di età.”

Per i revisori che invece rilevano una certa differenza tra il rivedere il lavoro di traduttori giovani e

traduttori esperti (56%), si tratta di una differenza sostanzialmente legata all’esperienza e dunque

alla maggiore conoscenza di trucchi del mestiere o delle richieste redazionali, alla maturata

capacità di sciogliere dubbi o nodi interpretativi. Per contro, nel rapporto revisore-traduttore, la

maggiore età ed esperienza può risultare – a detta di alcuni revisori – come un ostacolo, in quanto

rende più difficile al traduttore esperto accettare visioni e soluzioni diverse dalle proprie, come si

evince dalla selezione di risposte riportate qui di seguito:

“L’esperienza porta il traduttore esperto a non cadere in errori in cui spesso indugia il traduttore giovane. In questo senso, rivedere il testo di un traduttore affermato richiede meno tempo. È vero anche che il traduttore affermato è meno disposto a vedersi confutare, il dialogo in questo caso è più spinoso. Personalmente cerco di non farmi influenzare troppo dall’identità del traduttore. Per me esiste solo il testo e dico quello che devo dire.”

“Sì. Un traduttore esperto sa come risolvere i dubbi e sa cosa segnalare. Un traduttore inesperto tende forse a non segnalarli per paura e deve acquisire l'esperienza che consiste nell'aver già visto alcune forme o imparare alcune astuzie che si acquisiscono sul campo. Un traduttore esperto tenderà a fare errori di distrazione, quindi typo, ma raramente errori che riguardano l'interpretazione; il traduttore inesperto tenderà ad utilizzare forme meno scorrevoli.”

“La differenza è spesso enorme. Il traduttore esperto ha già sviluppato (o almeno si auspica) uno stile e una capacità di risolvere i "nodi" linguistici, mentre la maggior parte dei traduttori giovani ricorre a una traduzione troppo letterale, ha un'imperfetta conoscenza della lingua d'origine e "azzarda" poco. Però i casi sono vari, è difficile riassumerli in poche righe. Il traduttore giovane in genere accetta di buon grado la revisione anche pesante del testo, mentre con il traduttore esperto bisogna costruire prima un rapporto di fiducia, e anche in quel caso essere disposti a ridiscutere a volte parola per parola la revisione.”

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3.6.5 Dove e quando si fa la revisione

In questa sezione di domande veniva chiesto ai revisori di fornire dati sugli aspetti logistici e sui

tempi del loro lavoro di revisione sia come attività personale sia nel quadro più ampio della filiera

di produzione del libro tradotto.

3.6.5.1 Il luogo della revisione

La prima domanda, comune al questionario rivolto ai traduttori, chiedeva di indicare il “luogo

fisico” dell’attività di revisione e, nell’eventualità di più possibilità, se e in che modo le diverse

postazioni di lavoro incidessero sulle modalità o sull’approccio alla revisione stessa. Un’ampia

maggioranza dei revisori lavora prevalentemente a casa (75%) mentre il restante 25% lavora anche

in studio/ufficio/casa editrice.

Figura 65: Distribuzione dei rispondenti rispetto al luogo di lavoro abituale (revisori)

Solo pochi rispondenti hanno indicato eventuali interazioni tra modalità di revisione e cambio di

postazione di lavoro, pertanto non si ritiene utile fornire una rappresentazione numerica o grafica

dei risultati ma si riportano qui di seguito alcune risposte esemplificative:

“Il luogo non dovrebbe avere influenza sul lavoro, ma ci dev’essere la disponibilità di strumenti di consultazione.”

“In studio o a casa. A casa il revisore ha meno distrazioni ma in studio c’è più possibilità di confronto.”

“A casa. L'eventuale influenza del luogo di lavoro dipende solo dalla propria capacità di concentrazione.”

“Lavoro a casa, che è il luogo ideale. In passato mi è capitato di fare revisioni in ufficio, ma era un disastro, troppe distrazioni, troppa confusione.”

75%

25%

Luogo di lavoro dei revisori

Casa

Studio/ufficio/CE

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193

3.6.5.2 I tempi della revisione

Per indagare sugli aspetti temporali della revisione, è stato invece chiesto ai soggetti di indicare in

che momento della lavorazione del libro si inserisse il proprio lavoro di revisione e se questa fase

fosse svolta in un’unica soluzione o in più tappe. L’84% dei revisori inizia prevalentemente il

proprio lavoro sul testo successivamente alla consegna della traduzione, mentre il restante 16%

dichiara di lavorare anche mentre il processo di traduzione è in corso, nei casi in cui i tempi di

uscita editoriale sono particolarmente stretti e quindi la traduzione viene consegnata in tranche,

oppure nel caso in cui si debba coordinare il lavoro di più traduttori sullo stesso testo. Tra i

rispondenti che hanno anche puntualizzato sul tipo di lavoro svolto – se in fase unica o in più

riprese – prevale la modalità di lavoro in un’unica fase, salvo poi dover ricontrollare il testo dopo la

correzione di bozze laddove concesso dai tempi editoriali o richiesto per risolvere eventuali

questioni ancora irrisolte.

Una domanda ulteriore aveva l’obiettivo di raccogliere altri dati relativi alla tempistica, questa

volta chiedendo ai revisori quanto tempo fosse loro concesso per il lavoro di revisione e quanto ne

venisse effettivamente impiegato. I rispondenti si sono divisi in tre gruppi distinti: per testi di

media lunghezza (200-300 cartelle), al 20% di essi (5/25) viene concesso mediamente un mese, al

28% vengono concesse dalle due alle tre settimane, mentre il restante 52% ammette di non saper

quantificare un tempo medio di lavorazione perché troppo legato ad almeno tre variabili

fondamentali: la “fretta” editoriale, la lunghezza del testo di partenza, e la qualità della

traduzione.

Figura 66: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla media del tempo concesso per un incarico di revisione (revisori)

20%

28%

52%

Tempo concesso al lavoro di revisione

Un mese

Due/tre settimane

Variabile

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Purtroppo le risposte relative al tempo effettivamente impiegato rispetto a quello

complessivamente concesso sono troppo esigue e frammentarie per essere rappresentate o

relazionate. Per completezza di informazioni si riportano tuttavia alcuni contributi:

“Di solito mi si dà un mesetto. Lo impiego tutto, fino all’ultimo secondo, ma non un secondo di più. Se mi accorgo che ci sono complicazioni e che ho bisogno di più tempo, avviso prima e chiedo una dilazione.”

“Il tempo impiegato davvero varia molto dalla qualità della traduzione. Indicativamente andiamo dalle 5 cartelle al giorno alle 20. Raramente di più. Questo dà anche un po’ la misura di quanto il lavoro di revisione sia molto poco considerato, se messo in relazione con il tempo impiegato…”

“Come revisora esterna, dalle due alle tre settimane per un testo fino alle 300 cartelle. Un mese se è più lungo. Come revisora interna, massimo due settimane per qualsiasi testo (e in più nel frattempo sbrigare almeno le incombenze basilari in ufficio). Quanto al tempo che impiego, beh impiego quello che mi richiedono, non posso impiegarci di più (e di meno è quasi impossibile).”

“Dipende moltissimo. Un mese, due, tre. Quanto ci metto dipende dall'entità degli interventi. Ultimamente ho rivisto un romanzo di durata standard, credo sulle 300 pagine, che ha richiesto interventi pesanti e ci ho lavorato a tempo pieno per almeno 3 settimane, forse di più.”

È stato chiesto anche ai revisori di indicare – se esistente – una soglia di attenzione massima

(espressa in ore o cartelle), oltre la quale non reputavano di lavorare in maniera soddisfacente. Il

44% dei rispondenti non ha saputo indicare una soglia di attenzione o perché non esistente (lavoro

a oltranza) o perché troppo legata ad altre variabili (affini a quelle espresse nelle risposte alla

domanda precedente). In termini di indicazioni orarie, il 28% ha indicato un soglia di attenzione

massima di circa 5 ore, o comunque di mezza giornata lavorativa, mentre solo il 4% (1 solo

revisore) ha ammesso di non riuscire a lavorare più di 1-2 ore consecutive. Rispetto invece alle

indicazioni a cartella, i revisori hanno risposto in una percentuale uguale dell’8% di avere come

soglia massima 12-15 cartelle al giorno, 20-30 cartelle, o circa 50 come soglia massima.

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Figura 67: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla loro soglia di attenzione durante l’attività di revisione (revisori)

Le risposte sottolineano ancora una volta la grande variabilità di questa fase di lavoro, legata a

fattori molteplici e non sempre quantificabili a priori – qualità della traduzione, capacità di

attenzione e concentrazione, maggiore o minore fretta editoriale. Sembra tuttavia utile riportare

una particolare risposta in cui viene confrontato il tipo di lavoro e di concentrazione richiesto alla

revisione con quello tipico della traduzione:

“Non riesco a revisionare più di 12/15 cartelle. Tra riscontro sull'originale, interventi in Revisioni, inserimento di commenti e rilettura finale (rileggo sempre le cartelle revisionate ogni giorni, per così dire revisiono la revisione), sono 6-7 ore al giorno di buona concentrazione (meno di quando traduco, posso tenere la concentrazione anche 12 ore di fila, traducendo).”

Alla luce di questa risposta, sembrerebbe interessante poter individuare, misurare e valutare in

che cosa consista la diversa capacità e quantità di concentrazione richiesta alle due attività di

revisione e traduzione. Proprio in virtù di questa diversità, infatti, si potrebbe incentivare e

potenziare l’acquisizione di competenze e abilità diverse per i due profili (traduttore e revisore) e

dunque prevedere percorsi formativi diversificati e/o complementari.

L’ultima domanda di questa sezione chiedeva ai rispondenti di riferire se e come il loro modo di

fare revisione fosse cambiato nel corso del tempo e con la maggiore esperienza. Dalle risposte utili

e chiaramente interpretabili emergono tre elementi principali: la maggiore velocità

nell’individuare problemi e trovare soluzioni, anche per lo sviluppo di automatismi acquisiti con

44%

4%

28%

8%

8% 8%

Soglia massima di attenzione

Variabile

1-2 ore

max mezza giornata

12-15 cartelle

20-30 cartelle

max 50 cartelle

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l’esperienza (53%), la maggiore consapevolezza (31%) e una diminuzione nel numero degli

interventi (16%).

Figura 68: Distribuzione dei rispondenti rispetto a modifiche nelle procedure di revisione adottate con il passare del tempo e/o con la maggiore esperienza (revisori)

Quest’ultimo dato sembra particolarmente interessante e forse in contrasto con ciò che ci si

aspetterebbe rispetto alla maggiore esperienza: più bravo ed esperto il revisore, maggiore il

numero degli interventi. In realtà, chiunque si sia trovato a insegnare revisione a studenti senza

alcuna pratica pregressa, avrà facilmente sperimentato che per un giovane traduttore o aspirante

tale, ritrovarsi di punto in bianco nella posizione – percepita come più autorevole o

gerarchicamente superiore – di “correggere” il lavoro altrui, significa di frequente applicare questo

diritto in maniera pesante e arbitraria, anche perché è ancora spesso carente quello spirito

analitico e critico che consente di valutare, misurare e calibrare la necessità di un intervento di

revisione, laddove il revisore esperto sa invece distinguere con cognizione di casa gli interventi

“possibili” da quelli “necessari”. Un’esperienza, questa, condiviso anche da Mossop (2007)

quando dice: “Translation students tend to make vast numbers of changes, and typically manage

to reduce quality in doing so.” Questo aspetto è esemplificato dalle risposte riportate qui di

seguito:

“Probabilmente adesso sono più consapevole di tanti aspetti e intervengo in maniera più analitica, il che però non significa necessariamente anche in misura maggiore, piuttosto si tratta di azioni più ‘calibrate’.”

53%

31%

16%

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%

Maggiore velocità

Maggiore consapevolezza

Meno interventi

Come il modo di revisionare è cambiato nel tempo

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“La consapevolezza è aumentata, così come la velocità nel risolvere problemi (l'avvento di Internet e di tutta una serie di strumenti in rete ha aiutato). Quanto al numero degli interventi, potrei dire che è maggiore, ma in realtà ho imparato anche a rispettare maggiormente le caratteristiche dello stile del singolo traduttore (qualora, ovviamente, ci sia).”

“Intervengo meno ma in punti più nevralgici. O almeno ci provo.”

“Sì. Mi sono accorta che ho una tendenza a diminuire gli interventi, cioè prima di intervenire mi chiedo: è davvero necessario cambiare qui? Trovo più velocemente i problemi.”

3.6.6 Perché si fa la revisione

Quest’ultima sezione di domande mirava, come per i traduttori, a individuare gli obiettivi primari

che il revisore si prefigge al momento di avviare il lavoro di revisione e in che modo queste finalità

si integrino con le dinamiche editoriali.

3.6.6.1. Lo scopo della revisione

Nella prima domanda si chiedeva esplicitamente ai rispondenti di indicare quale fosse, a loro

modo di vedere, lo scopo principale della revisione. Gli spunti di risposta suggeriti sono stati

rappresentati in queste percentuali rispetto alla maggiore/minore occorrenza, anche simultanea:

fruibilità/leggibilità del testo (27%), supporto al traduttore (23%), supporto alla traduzione per una

sua migliore qualità globale (34%), servizio all’autore e alla sua intenzione (9%), servizio all’editore

e alle sue direttive (7%).

Figura 69: Distribuzione dei rispondenti rispetto a ciò che definiscono lo scopo principale dell’attività di revisione (revisori)

34%

27%

23%

9%

7%

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40%

Supporto traduzione

Fruibilità/leggibilità

Supporto traduttore

Servizio all'autore

Servizio all'editore

Scopo principale della revisione

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Volendo limitarsi a interpretare e commentare i dati numerici, risulta subito evidente che il

principale interlocutore, per il revisore, è il testo tradotto, a cui si prefigge di fare da sostegno,

aiuto, supporto. Le figure in carne ed ossa che stanno dietro al testo, ovvero traduttore, autore ed

editor che ha magari assegnato la traduzione, sembrano restare dietro le quinte del testo, che è

invece l’unico vero protagonista dell’attività di revisione. Questo dato è particolarmente

importante se considerato alla luce dei rapporti difficili, conflittuali, addirittura rancorosi – o

almeno percepiti come tali – tra revisori o traduttori, perché indica che il revisore, nel momento in

cui intraprende la propria attività sul testo, non ha davanti a sé il traduttore come professionista a

cui fare le pulci, rovinare una carriera, distruggere una reputazione, bensì vede esclusivamente o

quasi il testo e cerca di migliorarne la qualità globale. Un’ulteriore conferma proviene dai

contributi riportati qui di seguito, il cui filo conduttore è una visione della revisione come di

un’attività maieutica, volta a tirare fuori il meglio della traduzione e dell’intenzione di traduttore e

autore, molto lontana dunque da quella del “revisore censore” e “revisore correttore”.

“La revisione è un supporto al traduttore, un aiuto. Il revisore è un mediatore, la figura che conosce bene ciò che la casa editrice chiede e sa come integrarlo nel lavoro del traduttore, offrendogli spunti, correggendo distrazioni quando non errori veri e propri, facendolo riflettere. Il revisore è il grillo parlante del traduttore, la sua coscienza. Senza di lui, il traduttore potrebbe sbagliare, magari senza rendersi conto di averlo fatto.”

“Aiutare il traduttore a spingersi meglio e più a fondo nella direzione che ha scelto, non prima di averne verificato però la plausibilità rispetto al testo di partenza. Purtroppo mi è capitato spesso invece di scoprire che la committenza si aspettava soprattutto una pulizia redazionale (norme, ripetizioni, leggibilità e/o aderenza alla lettera, insomma una specie di ruolo da gendarme contro eventuali ‘voli’ del traduttore).”

“Aiutare il traduttore. La traduzione di un libro per la sua lunghezza non può essere esente da sviste, anche per il miglior traduttore. La revisione, essendo più breve e più "leggera" della traduzione, consente di intervenire sui livelli più superficiali, che il traduttore può non aver visto impegnato com'era con l'interpretazione del testo originale. Questo idealmente: purtroppo si interviene sempre più a correggere errori di traduttori non esperti.”

“Per me, principalmente, lo scopo della revisione è verificare che il messaggio dell'autore sia stato rispettato nella traduzione, offrire un prodotto più fruibile e adatto al destinatario nella lingua di arrivo e anche aiutare il traduttore a esprimersi con maggiore efficacia e correttezza.”

“Il revisore ha un po' la funzione del collaudatore: è il primo a leggere la traduzione e deve individuarne i problemi (occasionali o di fondo) e risolverli, seguendo le indicazioni della redazione e le dominanti del testo.”

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3.6.6.2 Aree di intervento

In una domanda successiva (5.2) è stato chiesto ai revisori di indicare su quali elementi

intervenissero di più durante il loro lavoro di controllo e modifica del testo. Undici traduttori su

venticinque (44%) non hanno indicato ambiti di intervento particolari e hanno dichiarato di tenere

conto di tutti gli elementi suggeriti all’interno della domanda (problemi di interpretazione, sintassi,

scorrevolezza, calchi, ritmo, elementi sonori, refusi e altre questioni redazionali, tono e voce

dell’autore), mentre tra coloro che hanno indicato qualche tipologia di intervento prevalente

rispetto alle altre, quella menzionata con maggiore frequenza è la correzione di errori di

interpretazione (22%) seguita dagli interventi sulla scorrevolezza (13%), la sintassi e i calchi (11%),

i refusi (9%) problemi di ritmo o di ripetizioni o di correttezza redazionale (7%), interventi su

lessico e terminologia (6%) e infine interventi volti a rettificare incongruenze o questioni di tono

(3,5%).

Figura 70: Distribuzione delle tipologie di intervento più frequenti in fase di etero-revisione (revisori)

3.6.6.3 Auto-revisione vs. etero-revisione

Per mettere meglio a fuoco le specificità di sguardo del revisore esterno rispetto al traduttore

auto-revisore, è stato chiesto ai rispondenti di indicare in che cosa la loro visione differisse da

quella dei traduttori, in maniera speculare rispetto a quanto chiesto nel questionario rivolto ai

traduttori. Come era prevedibile, le risposte hanno sottolineato, più che la maggiore o minore

capacità di vedere certi problemi o lacune, una diversità di visione legata sostanzialmente al

distacco e alla diversa relazione con il testo originale e la traduzione. Si tratta di risposte molto

22%

13%

11%

11%

9%

7%

7%

7%

6%

3,5%

3,5%

0% 5% 10% 15% 20% 25%

Errori interpretazione

Scorrevolezza

Sintassi

Calchi

Refusi

Ritmo

Elementi redazionali

Ripetizioni

Lessico

Incongruenze

Tono

Tipologie di intervento più frequenti

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variegate e di difficile rendicontazione: basti indicare che il 36% dei revisori ha individuato nella

“visione d’insieme” la prerogativa rispetto al traduttore che, proprio perché immerso nel testo

tradotto, nella conoscenza del testo originale, dell’autore e di eventuali paratesti, è un lettore più

coinvolto. Questo dato è felicemente riassunto dal contributo particolare di un rispondente, che

afferma

“Per fare una metafora fotografica, il revisore ha più padronanza del teleobiettivo, il traduttore del 50 mm e del grandangolo.”

Sempre in questa stessa direzione vanno i contributi riportati qui di seguito:

“Il revisore in un certo senso è avvantaggiato dal fatto di avere un testo completo da esaminare,

mentre il traduttore lo ‘monta’ brano a brano, correndo quindi il rischio di perdersi qualcosa nelle

suture.”

“Credo che [il revisore] abbia una visione più chiara sul testo nel suo insieme, della sua scorrevolezza

e coerenza interna. Forse a volte, nel suo perseguire questa "leggibilità", può lasciarsi sfuggire

asperità volute, cercate dal traduttore.”

“Il revisore ha uno sguardo d'insieme forse più ampio perché non è sceso nel dettaglio come il

traduttore e questo gli permette di avvicinarsi al possibile "lettore" che idealmente non vedrà mai il

testo sorgente.”

3.6.6.4 Revisione, committenza e cura redazionale

Considerato il ruolo del revisore come mediatore tra le esigenze editoriali/redazionali e quelle

della traduzione, con la domanda 5.4 si è chiesto ai rispondenti di offrire contributi riguardo a

eventuali indicazioni fornite dal committente e all’effettivo ruolo delle norme redazionali nel

lavoro di revisione. In merito al primo aspetto, le risposte dei revisori si sono distribuite in

maniera quasi equivalente tra coloro che non ricevono mai o quasi mai indicazioni particolari

(36%), che ne ricevono ma solo da certi editori o per certi testi (36%), che ne ricevono sempre

(28%). Sembra utile concentrarsi su quest’ultimo gruppo di dati per cogliere più nel dettaglio quale

sia il contenuto e il tenore delle indicazioni fornite. Dai contributi selezionati ed esposti qui di

seguito si evince che le indicazioni possono andare dal rispetto di certe norme redazionali e

stilistiche interne alla casa editrice o a una particolare collana, alla maggiore o minore “invasività”

e “pesantezza” degli interventi nel loro complesso:

“Sì, soprattutto di tipo stilistico. Per fare un esempio, alcuni editori richiedono che non si rispettino gli a capo dell'originale, ma che si seguano alcune regole precise per cui nello stesso paragrafo non

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devono mai parlare due personaggi diversi, i dialoghi non vanno mai spezzati con incisi e non devono mai contenere verbi al passato remoto, ecc.”

“A volte. Mi è stato chiesto per esempio di rivedere un testo di 800 pagine in maniera "leggera", lavorando solo sull'indispensabile, perché mancavano il tempo (e i soldi) per fare un lavoro "di fino".”

“Sì. Uso di certi termini, caratteristiche stilistiche (frasi troppo lunghe/troppo brevi, incisi interminabili, maggiore o minore aderenza all'originale...).”

“Di solito ricevo poche indicazioni, soprattutto dalle CE con cui esiste una lunga collaborazione (a meno che il testo o la traduzione non presentino particolari problemi). Sono io a segnalare alle redazioni interventi non ordinari, per quantità o qualità.”

Quanto alla verifica della corretta applicazione delle norme redazionali durante il lavoro di

revisione – o viceversa la delega di questa tipologia di controllo alla fase successiva della redazione

– i revisori hanno dichiarato per la maggior parte di revisionare il testo prestando attenzione alle

norme redazionali e alla loro uniformità/correttezza (60%). Solo 4 revisori su 25 (16%) hanno

dichiarato di non preoccuparsi affatto di questa forma di intervento sul testo e di delegarla

totalmente alla redazione. Il restante 24% non ha risposto in maniera univocamente

interpretabile. È interessante notare che tra coloro che hanno risposto in maniera positiva (primo

gruppo) viene comunque sottolineato come revisione e redazione siano due ambiti di intervento

indipendenti e con competenze diverse, ma spesso riuniti nella stessa persona, anche solo per il

tipo di formazione ricevuta, come si rileva da questi contributi:

“Lo faccio perché sono anche redattrice, mi viene naturale. In teoria un revisore non sarebbe tenuto a occuparsi di norme redazionali. Il redattore certo non si offende, però, se si vede consegnare il testo revisionato e già a norma.”

“Spesso revisiono all'interno dell'affidamento anche di impaginazione e correzione bozze e dunque cerco di badare alle questioni redazionali anche durante la revisione. Con gli editori con i quali lavoro solo come revisore non faccio attenzione alle norme redazionali; mi limito a correggere eventuali refusi che vedo.”

“Rivedo la traduzione in base alle norme redazionali e imposto anche i fogli stile per l'impaginazione. Per la mia formazione di redattrice, non riesco a non curare anche l'aspetto formale e grafico di un testo (anche quando traduco), né a lavorare su un testo non formattato.”

3.6.6.5 Per chi si rivede

L’ultima domanda del questionario (5.6) chiedeva ai revisori di stilare una “classifica” in ordine di

importanza delle figure – reali o presunte – in funzione delle quali svolgono principalmente il loro

lavoro di revisione, suggerendo tra le possibilità: testo e autore originali, traduzione e traduttore,

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casa editrice, lettore. Quasi tutti i rispondenti hanno stilato una classifica (21/25), anche se solo

alcuni hanno elencato in ordine di importanza tutte le alternative suggerite nella domanda,

mentre la maggior parte ha riportato solo uno, due o tre elementi. Si è dunque scelto di riportare il

dato relativo ai primi posti della suddetta “classifica” e, sebbene parziale, quello degli ultimi posti.

Dei ventuno revisori che hanno specificato un ordine di importanza delle figure/elementi in

funzione delle quali svolgono la revisione, ben dodici (57%) hanno indicato il testo originale e

l’autore come loro priorità, quattro traduttori hanno indicato il lettore e altrettanti la casa

editrice/committente (19%), solo uno (5%) ha menzionato la traduzione/il traduttore.

Questo dato sembra contraddire quanto emerso dalle risposte a una domanda precedente circa lo

scopo della revisione, dove la maggioranza dei revisori aveva risposto che il proprio obiettivo

primario era fornire un aiuto e un supporto al traduttore e alla traduzione. In realtà entrambi i

risultati confluiscono in un’interpretazione comune del dato, ovvero che con la propria attività di

controllo, verifica e modifica il revisore aiuta il traduttore/la traduzione a esprimere e rendere al

meglio il messaggio semantico, stilistico ed estetico del testo originale e del suo autore. In altre

parole il revisore, lavorando sul testo tradotto e con il traduttore si mette sempre a servizio del

testo originale e del suo autore.

Tornando alla classifica di cui sopra, poiché non tutti i ventuno rispondenti hanno stilato un

elenco, il numero di risposte riguardo all’ultima posizione è ridotto. Solo diciassette revisori hanno

elencato più di un elemento, distribuendosi in questo modo: sei revisori hanno posizionato

all’ultimo posto delle loro priorità la traduzione/il traduttore (circa 35%), in linea con i dati

precedenti, cinque revisori hanno indicato la casa editrice/il committente e altrettanti il lettore

(30%) e solo uno (5%) ha indicato all’ultimo posto in ordine di priorità il testo e l’autore, di nuovo

confermando i dati computati precedentemente riguardo alla prima posizione della classifica. È

ora interessante riportare le risposte dei quattro revisori i quali non hanno stilato una classifica, o

comunque hanno specificato che l’ordine delle priorità era un dato variabile:

“No, non c'è un ordine di importanza. sono tutti fondamentali. la revisione è proprio un'alchimia tra queste cose.”

“Per alcuni committenti, rivedo soprattutto in funzione della casa editrice e del lettore di quella casa editrice. Per altri committenti, posso lavorare più in funzione del rispetto dell'originale e della traduzione.”

“Cerco sempre di rispettare il traduttore quanto più possibile, ma faccio la revisione in funzione dell'autore (quando si tratta di testi scientifici) e del lettore (quando si tratta di manuali divulgativi).”

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“Dipende dal testo: se si tratta di narrativa letteraria la priorità va a 1. testo e autore; 2. traduzione e traduttore Se è narrativa commerciale la priorità va al lettore.”

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204

3.7. Confronto critico dei dati provenienti dai due gruppi di rispondenti

In questa ultima parte del capitolo vengono messi a confronto, seguendo la scansione per gruppi

di domande, i dati raccolti dai due gruppi di rispondenti nel tentativo di evidenziare approcci e

punti di vista comuni e/o diversi dei partecipanti al processo di revisione, sottolineare eventuali

specificità e criticità emerse per ognuna delle due tipologie di revisione, e infine sollecitare

riflessioni ulteriori. Si procederà dunque a illustrare gli ambiti in cui la correlazione dei dati si

presta particolarmente ad analisi e interpretazioni aggiuntive oltre a quelle già fornite al momento

dell’esposizione, e non a una semplice presentazione in parallelo.

3.7.1 Cos’è la revisione

Il confronto tra le personali definizioni di revisione fornite da traduttori e revisori conferma un

dato che era prevedibile in quanto legato al diverso rapporto con il testo: ciò che per il traduttore

è in prima analisi un’attività di rilettura di quanto già prodotto (40%), non può ovviamente essere

tale per il revisore che vede quel testo per la prima volta. Per questo motivo, i sinonimi usati in

modo più ricorrente dai revisori per indicare l’attività di revisione sono “controllo” e “verifica”

(28%), seguiti poi da un sinonimo che, altrettanto ovviamente, non appare tra quelli verbalizzati

dai traduttori, ovvero “confronto” (16%) fra traduzione e testo originale, perché elemento già

insito nel processo che porta alla traduzione.

Sempre all’interno delle definizioni personali, entrambi i gruppi di rispondenti hanno

generosamente ampliato i contributi fornendo indicazioni su quella che percepiscono come la

finalità principale della revisione. Sebbene con percentuali diverse, il primo elemento in ordine di

maggiore ricorrenza è, per entrambi i gruppi, l’attenzione alla lingua e alla scorrevolezza del testo

per il lettore di arrivo (49% T vs. 63% R). Il divario tra le percentuali è interpretabile alla luce di una

diversa idea del destinatario della revisione: se infatti il traduttore si auto-rivede innanzitutto per

soddisfare i propri criteri di qualità, le proprie aspettative, la propria idea di traduzione, il tutto in

relazione al testo originale, il revisore rivede la traduzione per soddisfare sì i criteri di qualità che si

pone, ma anche e forse soprattutto per conformarsi alle richieste del committente e alle

aspettative editoriali e linguistiche del lettore di arrivo. La posizione intermedia del revisore, il suo

continuo lavoro di mediazione e negoziazione tra varie esigenze del testo e degli attori che con

esso interagiscono è confermato dall’importanza attribuita alla ricerca di equilibrio fra testo/lingua

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di partenza e testo/lingua di arrivo, aspetto presente nel 25% dei contributi dei revisori, e solo

nell’11% dei casi per quanto riguarda i traduttori.

Rispetto infine alla lettura dei contributi tramite la griglia della definizione sommativa offerta al

capitolo 1, occorre innanzitutto rilevare una netta quanto ovvia differenza in merito alla

percezione della revisione come attività comparativa (18,8%T vs. 37%R). Quanto alle dimensioni

correttiva e migliorativa, vengono verbalizzate rispettivamente nel 37,5% e 39% dei casi dai

traduttori e nel 28% e 26% dei casi dai revisori. Mentre i due elementi sono in uno stesso

rapporto percentuale tra loro in entrambi i gruppi, nei traduttori sembra prevalere, anche se di

poco, l’aspetto migliorativo, mentre nei revisori – sempre con un margine ristretto – prevale

l’aspetto correttivo. Tra le particolarità rilevate nei rispettivi gruppi di rispondenti, vale la pena

sottolineare che gli elementi propositivo e collaborativo della revisione sono del tutto assenti nelle

definizioni date dai traduttori, il primo per ovvi motivi (il traduttore non “propone” a se stesso

interventi di revisione), il secondo forse a causa del mancato dialogo in fase di revisione che,

seppure auspicato dai traduttori, rimane quasi sempre frustrato nella realtà. Un ultimo commento

infine rispetto all’elemento ricorsivo della revisione, che è verbalizzato nel 3,1% dei casi per

quanto riguarda i traduttori, a indicare come la revisione sia parte integrante del processo di

traduzione e si esplichi in varie forme e in vari momenti della sua intera durata. La verbalizzazione

dell’elemento di ricorsività è invece del tutto assente nei contributi offerti dai revisori, a

sottolineare come il loro apporto sia percepito come una fase separata e indipendente da quella di

traduzione e a essa successiva.

3.7.2 Chi è il traduttore/revisore

Se dal punto di vista dei dati riguardo al genere non si apprezzano differenze sostanziali nella

percentuale di donne e uomini che hanno risposto al sondaggio nei due gruppi, per quanto

riguarda la media dell’età anagrafica di entrambi i rispondenti c’è totale uniformità: come già

indicato nell’illustrazione puntuale dei dati, sia per i traduttori che per i revisori si attesta sui 42,8

anni. Questo dato smentisce, almeno per quanto riguarda la realtà italiana, la figura del revisore

come quella di un traduttore esperto e più maturo in termini di anzianità di servizio, immagine che

traspare da alcune delle definizioni di revisione fornite al capitolo 1. Analizzando nel dettaglio le

fasce di età anagrafica rappresentate all’interno dei due gruppi è in realtà possibile notare alcune

differenze nella distribuzione tra i due gruppi: la percentuale di traduttori di età inferiore o pari a

30 anni è del 10,9%, mentre solo del 4% tra i revisori. Tuttavia, mentre la fetta più consistente dei

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traduttori rispondenti si colloca nella fascia di età tra i 41 e i 50 anni (36,4%) la maggior parte dei

revisori (40%) ha un’età compresa tra i 31 e i 40, a indicare una generale “minore” età dei revisori.

Per quanto riguarda invece gli anni di esperienza lavorativa rispettivamente in traduzione e in

revisione, da un lato sono maggiormente rappresentati i traduttori con 11-20 anni di esperienza

(40%), dall’altro i revisori con 6-10 anni di esperienza e 5 o meno anni di esperienza (entrambi al

28%). Interessante notare che per quanto riguarda l’ultima fascia, quella che indica un’esperienza

lavorativa pari o superiore ai 20 anni, vi rientrano solo il 12,7% dei rispondenti traduttori, ma un

20% dei rispondenti revisori. Un dato questo che controbilancia in parte quello relativo all’identica

età anagrafica media.

I dati relativi ai generi testuali di lavoro rilevano in entrambi i gruppi la stessa flessibilità e

variabilità qualitativa e quantitativa, con un’interessante differenza rispetto ai sotto-generi

narrativi di lavoro, in particolare per quanto riguarda la produzione per bambini/ragazzi: mentre

rappresenta il 22,4% delle tipologie testuali di lavoro per i traduttori, seconda solo alla narrativa

letteraria, essa si attesta a un inferiore 16,1% per i revisori, i quali lavorano prevalentemente sulla

narrativa letteraria (42%), seguita da quella commerciale (25,8%). Una possibile interpretazione di

questi dati è la seguente: mentre c’è un discreto numero di traduttori che lavora su testi per

bambini/ragazzi (un dato che viene confermato dal numero dei libri pubblicati in questo ambito,

l’unico a non essere in calo secondo i dati forniti dall’AIE per il consolidato del 2013 e come

anticipazione dei dati 201444), sono meno i revisori che si occupano di questi testi, invece più

impegnati nella narrativa commerciale, genere che per sua stessa definizione è finalizzato a

vendere bene e a catturare un numero di lettori sempre maggiore offrendo garanzie di massima

leggibilità e scorrevolezza. Di qui forse la necessità di un lavoro di revisione maggiore, perché

rivolto a un target di lettori che deve essere catturato “in massa” e che compra altrettanto “in

massa”, diversamente dal lavoro svolto nei testi per bambini e ragazzi, che rappresentano un

pubblico forse non meno esigente, ma di certo con minore potere e capacità di acquisto, se non

mediato da acquirenti adulti.

Rispetto alla formazione specifica in revisione, in entrambi i gruppi di rispondenti prevale

nettamente la percentuale di coloro che non ne hanno ricevuta (58,2%T vs. 72%R), e si sottolinea

la leggera percentuale maggiore di traduttori che sostengono di aver frequentato un qualche tipo

44 Questi e altri dati sullo stato dell’editoria italiana sono consultabili sul sito dell’AIE all’indirizzo http://www.aie.it/

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di occasione formativa in revisione (36,4%T vs. 28%R), probabilmente in virtù del fatto che la

revisione fa parte – benché in maniera sporadica e frammentaria – della formazione in traduzione.

3.7.3 Come si fa la revisione

Il primo dato da confrontare in questa sezione riguarda il supporto usato da traduttori e revisori

nel loro lavoro sul testo. Mentre la percentuale di coloro che lavorano solo su file è

sostanzialmente la stessa (67,3%T vs. 64%R), è interessante notare che la percentuale di coloro

che rivedono solo su carta è del 16% tra i revisori e solo del 7,3% dei traduttori, a sottolineare

come quello del revisore sia un atteggiamento di lettura più simile a quello del lettore finale che

verosimilmente legge (ancora) il libro cartaceo. In ogni caso, la lettura su carta è quella che di più

si avvicina alla lettura come intrattenimento e non come lavoro, dimensione che non può mancare

nel revisore. Per quanto riguarda la lettura ad alta voce, la differenza più netta di risposte si rileva

tra coloro che dicono, in entrambi i gruppi, di ricorrervi sempre. Si tratta del 36,4% dei traduttori

contro il 20% dei revisori. I motivi? Potrebbe trattarsi semplicemente di un orecchio interno più

allenato nei revisori, visto il maggior numero di testi da revisionare su cui lavorano in uno stesso

arco di tempo, o semplicemente una scelta dettata dai tempi editoriali e da questioni di

convenienza economica.

Un altro aspetto che merita un confronto di dati è quello che riguarda gli strumenti e le modalità

di tracciamento sul testo. Poiché l’auto-revisione è un’attività che il traduttore rivolge a se stesso, i

suoi interventi “visivi” sul testo fungono principalmente da segnalazione e marcatura solo

temporanee, una sorta di promemoria di cui non resterà poi traccia nella versione definitiva

consegnata all’editore, salvo i casi in cui il traduttore voglia segnalare un commento e/o

intervento specifico. Per questo motivo i traduttori non ricorrono allo strumento Revisioni di

Microsoft Word (come invece fa il 92% dei revisori), la cui funzione è proprio quella di tracciare

ogni intervento di revisione sul testo. Essendo dunque la sua una revisione “a uso interno”, il

traduttore utilizza principalmente alcune funzioni particolari di scrittura – testo evidenziato,

sottolineatura, cambio font e grandezza carattere, inserimento parentesi, ecc. Molto più simile,

invece, è il ricorso nei due gruppi alla funzione Commenti dello strumento Revisioni di Microsoft

Word, utilizzato dal 76,4% dei traduttori e dall’88% dei revisori. È interessante leggere questo dato

più nel dettaglio per capire a chi vengono indirizzati i commenti: nel 52,4% dei casi i traduttori

scrivono commenti rivolti alla redazione/al revisore in merito a dubbi interpretativi, spiegazioni di

scelte e strategie traduttive, e altre segnalazioni; allo stesso modo, nel 59% dei casi i revisori

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rivolgono i loro commenti al traduttore, di nuovo per motivare, e spiegare determinati interventi,

suggerire alternative, chiedere delucidazioni.

La sostanziale uniformità di questo dato induce a pensare al rapporto traduttore/revisore come a

un dialogo di collaborazione che può svolgersi, oltre che attraverso i consueti mezzi di

comunicazione diretta e virtuale, anche nello spazio della pagina di un file elettronico. Tuttavia, le

risposte raccolte in merito all’effettivo rapporto di collaborazione revisore/traduttore tradiscono

ogni aspettativa al riguardo. Il 43,6% dei traduttori dichiara di non interagire mai con la casa

editrice e/o il revisore durante la fase di auto- o etero-revisione, mentre un altro 12,8% comunica

con CE o revisore solo occasionalmente. Questo dato trova conferma nelle risposte fornite dai

revisori, di cui il 44% dichiara di non interagire mai con il traduttore durante la fase di revisione,

mentre un 24% ricorre al dialogo solo a volte. Se da un lato, dunque, traspare una netta volontà di

contatto fra traduttore e revisore – come dimostra l’ampio utilizzo della funzione commenti –

dall’altro sembra che questo desiderio resti frustrato dalla pratica editoriale. Del resto, che la

produzione del testo tradotto sia concepita più come una sequenza di fasi separate e indipendenti,

piuttosto che come una compenetrazione di professionalità, punti di vista e competenze, è

ulteriormente confermato dal dato che riguarda l’interazione fra revisore e CE, una prassi regolare

solo nel 48% dei casi.

3.7.4 Dove e quando si fa la revisione

Per quanto riguarda il luogo della revisione non si sono rilevate differenze degne di nota

(trattandosi principalmente di lavoro freelance, in entrambi i casi prevale l’ambiente domestico),

così come anche per quanto riguarda la soglia massima di attenzione, molto variabile per entrambi

i gruppi e legata a fattori testuali ed extra-testuali (50%T vs. 44%R). Si rileva una sostanziale

corrispondenza anche nelle risposte mirate a raccogliere dati di tipo diacronico, ovvero su come il

modo di revisionare sia cambiato nel tempo e con la maggiore esperienza: entrambi i gruppi

hanno segnalato come prima cosa una maggiore facilità e velocità nel trovare soluzioni (35,6%T

vs. 53%R) seguita da una maggiore consapevolezza (30,2%T vs. 31%R)

3.7.5 Perché si fa la revisione

Invitati a indicare ciò che percepivano come lo scopo principale della revisione, entrambi i gruppi

hanno identificato nell’obiettivo della scorrevolezza, fluidità e leggibilità del testo finale un

elemento prioritario (35,9%T vs. 27%R). Va tuttavia segnalato che mentre per i traduttori lo scopo

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dell’auto-revisione è di nuovo legato alla qualità finale del testo tradotto e al suo rapporto con il

testo fonte, i revisori dimostrano di vedere nella revisione una finalità di servizio e supporto non

solo al testo, ma anche ad altre figure: il traduttore, l’autore e l’editore, a confermare ancora una

volta il ruolo di continua mediazione e negoziazione tra diverse istanze. Entrando nel merito delle

tipologie di intervento sul testo, il confronto tra le risposte dei due gruppi mette in luce una prima,

marcata differenza per quanto riguarda gli errori di interpretazione, che sono motivo di intervento

di revisione solo nell’8,5% dei casi per i traduttori, mentre sono la prima voce in ordine di

frequenza per i revisori (22%). Questo dato conferma come lo sguardo “altro” del revisore sia

anche una garanzia di controllo interpretativo laddove per il traduttore che abbia formulato una

sua idea del testo è molto più difficile, se non impossibile, tornare sui propri passi e rivedere quella

stessa idea. Le altre tipologie di intervento sono presenti in entrambi i gruppi in percentuali molto

simili e non si ritiene necessario porle a confronto.

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3.8. Conclusioni

Si vuole concludere questo capitolo riferendo i commenti finali dei rispondenti riguardo all’utilità e

completezza del questionario per poi sottolineare alcuni elementi di particolare rilievo emersi

dalla lettura, analisi, interpretazione e confronto complessivo dei dati.

Nel fornire una valutazione informale del questionario e nel contribuire a individuare eventuali

punti involontariamente o erroneamente tralasciati, entrambi i gruppi di rispondenti hanno

innanzitutto confermato la stessa disponibilità, generosità e ricchezza contenutistica e formale

dimostrata in tutto il resto del questionario, e questo è sicuramente un primo elemento da

sottolineare positivamente.

Venendo poi ai commenti conclusivi, forniti in qualche forma da 36 dei 55 traduttori partecipanti

al questionario, si rileva innanzitutto una ricezione più che positiva del questionario, che il 61% dei

rispondenti ha definito completo ed esaustivo, e in qualche caso anche un’occasione preziosa per

riflettere sul proprio lavoro. Il restante 39% ha fornito possibili spunti di ulteriore

approfondimento, segnalando soprattutto i casi di traduzione “a 4 mani” e dunque di revisione

incrociata prima della consegna all’editore, i casi di rapporti con l’autore e con i colleghi di altre

lingue impegnati sullo stesso testo, e infine la necessità di buone prassi di revisione come

strumento orientativo soprattutto per i più giovani.

Per quanto riguarda i revisori, hanno fornito un commento conclusivo 20 sui 25 soggetti

rispondenti, il 35% dei quali considera il questionario completo ed esaustivo. Il restante 65% ha

individuato altre potenziali aree di riflessione, tra cui la scarsa considerazione economica in cui

viene tenuto il lavoro del revisore, “che deve avere le stesse competenze linguistiche del

traduttore ma viene pagato poco più di un correttore di bozze.” Vengono inoltre segnalate come

particolari criticità dai revisori il rapporto tempo di revisione/qualità del lavoro finale (“Tempi e

modi sono dettati da un’editoria che guarda sempre più alla quantità e sempre meno alla qualità”)

e il caso di revisioni da una lingua straniera di partenza che il revisore non conosce (“Purtroppo

questa è una richiesta abbastanza frequente da parte delle CE e non sempre il revisore può

rifiutare il lavoro”).

Oltre alla ricchezza dei dati raccolti, vi sono altri elementi che questa indagine ha contribuito a

mettere in luce, ovvero l’importanza della revisione come momento formativo e paradossalmente

l’assenza di formazione nella maggioranza di traduttori e revisori allo stesso modo, e la mancata

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attuazione della revisione come lavoro dialogico e collaborativo, benché esigenza non solo sentita

da entrambe le parti ma considerata anche essenziale per la qualità finale del prodotto. Si è scelto

di approfondire entrambe le tematiche in modo congiunto nel capitolo 4 dedicato alla didattica

della revisione, il cui scopo sarà suggerire ipotesi di lavoro su metodi e strumenti per una

formazione specifica in revisione che sfrutti appieno le potenzialità del lavoro collaborativo.

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212

Capitolo 4 - Ipotesi di lavoro e spunti di riflessione per una didattica della revisione

4.1. Introduzione

Sulla base di quanto evidenziato dall’indagine conoscitiva sulla pratica della revisione editoriale di

cui al capitolo 3, si è scelto di dare rilievo a due dati emersi con particolare chiarezza: da una parte

l’assenza di formazione specifica in revisione sia nei traduttori sia nei revisori, anche legata

all’esiguità e frammentarietà di occasioni formative dedicate; dall’altra la scarsa pratica della

revisione editoriale come attività dialogica e collaborativa tra traduttore e revisore. Tenendo

inoltre conto della definizione sommativa formulata al capitolo 1, ovvero della revisione come

attività ricorsiva, comparativa, correttiva, migliorativa, costruttiva, propositiva, formativa e

collaborativa, si ritiene auspicabile trovare, anche nella didattica, una sinergia di contenuti, metodi

e strumenti capaci di integrare queste diverse dimensioni e fare così della revisione un momento

di crescita delle capacità analitiche e critiche, di riflessione sul processo di traduzione, di

operatività tracciabile e condivisibile e di relazioni interpersonali proficue. Quella che segue non

può e non vuole presentarsi come una proposta didattica strutturata e compiuta: proprio perché

la consapevolezza del ruolo chiave della revisione nella didattica e la ricerca sulla formazione in

revisione sono in fase embrionale, si sente ancora il bisogno di indagare su contenuti e modalità di

apprendimento, condurre case-study in grado di validare ipotesi didattiche specifiche, e

soprattutto provvedere a un’applicazione e una sperimentazione “in aula” più costanti e di lungo

periodo, prima di poter costruire moduli e programmi d’insegnamento sulla revisione. Pertanto,

dopo aver illustrato le principali motivazioni a sostegno di una didattica della revisione e il valore

aggiunto del suo svolgimento in modalità collaborativa, verrà proposto un modello di revision

competence come base di partenza per una panoramica descrittiva di quelle che si ritengono

modalità didattiche, contenuti e strumenti la cui applicazione consente di acquisire e potenziare le

competenze precedentemente individuate. Verrà posta particolare attenzione all’integrazione fra

contenuti teorici tradizionali e strumenti informatici da adattare e applicare all’insegnamento della

revisione, mettendone in luce punti di forza e criticità, in un’ottica di applicazione non solo

didattica, ma anche professionale. Si renderà infine conto di due esperienze personali di didattica

e formazione in revisione, illustrando brevemente i contesti di svolgimento e i percorsi seguiti.

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213

4.2. Perché insegnare la revisione

La centralità della revisione nel processo di traduzione è stata più volte ribadita in questo lavoro,

così come ne è stata messa in luce – nei contributi accademici presentati al capitolo 2 e nei dati

ricavati dall’indagine sulla pratica professionale al capitolo 3 – la forte valenza didattico-formativa.

Ciò che tuttavia appare ancora poco evidente, sia in Italia sia a livello internazionale, è il

riconoscimento di questo ruolo in termini di spazi e luoghi dedicati al suo insegnamento, tanto

nell’ambito accademico quanto nell’ambito della formazione professionale. Come sottolinea

Künzli

Despite the fact that […] one can assume that most translators-to-be will work in parallel as revisers, few translator training institutes seem to offer courses or modules on translation revision […]. (2006a, p. 18)

La formazione accademica in revisione ha avuto come pionieri le università canadesi, in particolare

l’Università di Montreal dove già nel 1974 il traduttologo Paul Horguelin istituiva il primo corso di

revisione. Sono ancora sporadiche, a livello internazionale, le possibilità formative dedicate alla

revisione delle traduzioni, di cui si ha notizia tramite riferimenti diretti e indiretti presenti

all’interno di contributi di ricerca sull’argomento e tramite la Rete. Mentre esistono dati certi sulle

istituzioni che offrono Lauree magistrali in Traduzione (si pensi all’elenco delle Università membri

dell’EMT o al più recente rapporto stilato dal CEATL45 riguardo all’offerta formativa nell’ambito

della traduzione letteraria) non esiste ancora un censimento di quante e quali istituzioni

accademiche e non includano la revisione come modulo/insegnamento all’interno dei loro corsi.

Alla luce dei contributi e dei dati presentati in questo lavoro, si può indicare come motivazione a

questa mancanza una consapevolezza ancora poco radicata di come quella di revisione non sia una

competenza acquisita implicitamente e contestualmente alla competenza traduttiva ma piuttosto

una competenza indipendente e complementare che si può apprendere, potenziare, affinare.

Come già illustrato al capitolo 2, sezione 5, la necessità dell’insegnamento della revisione deriva da

due presupposti principali: un’idea di revisione come strumento didattico per migliorare e

consolidare la competenza traduttiva (Séguinot, 1991; Mossop, 2001/2014; Hine, 2003; Way,

45 A inizio 2015, il CEATL ha reso pubblica la relazione redatta dal gruppo di lavoro sulla formazione riguardo all’offerta formativa accademica e non accademica in traduzione letteraria attualmente offerta in Europa. Il documento è consultabile e scaricabile all’indirizzo http://www.ceatl.eu/wp-content/uploads/2015/02/Synthese_formation_finale.pdf (lingua francese) Ultimo accesso: giugno 2015

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2008a); e un’idea di revisione come competenza separata e indipendente da quella traduttiva

(Hansen 2009a) e rispondente ai bisogni del mercato professionale (Saridakis and Kostopoulou,

2003). Proprio riguardo al mercato professionale, va detto che nell’editoria italiana la mancanza di

professionisti con competenze già acquisite ‒ unita a motivazioni di mera convenienza economica

‒ porta spesso alla scelta di affidare incarichi di revisione a traduttori, magari giovani e con poco

potere contrattuale, sposando convenientemente l’idea per cui un bravo traduttore non può che

essere anche un bravo revisore, opinione di cui Hansen (2009a) dimostra l’inattendibilità.

Volendo creare una sinergia tra istruzione accademica e formazione professionale, appare dunque

evidente che la sfida di ogni intervento educativo e formativo in materia di traduzione deve essere

quella di preparare studenti

who are qualified for the needs of the diverse profession in the rapidly changing market. This means that programmes need to bear the market needs in mind, and they need to ensure a good match between graduates’ competences and employers’ requirements. (Schäffner, 2012 p. 31)

Una volta raggiunto il consenso sull’opportunità di una formazione specifica in revisione, si

presentano due possibili percorsi: un’istruzione accademica formale o un apprendimento sul

campo. La possibilità che questi due approcci vengano integrati in un connubio ideale è alla base

dell’interessante contributo di Kruger (2008) che, se da un lato sottolinea i vantaggi della

formazione sul campo (possibilità di supervisione ravvicinata, naturalezza e non artificiosità della

situazione di apprendimento, contatto con chi lavora nel settore e ha il polso della situazione), in

linea con Gile (1995), dall’altro non manca di notare che i cambiamenti del mercato della

traduzione sono tali da rendere questo tipo di formazione sempre meno praticabile per questioni

economiche e di diversa gestione dei flussi di lavoro. Nel caso specifico della competenza di

revisione in ambito editoriale, si è già detto come la carenza di occasioni e luoghi formativi sia

principalmente legata alle trasformazioni del mercato dell’editoria in Italia. Ma non si tratta di una

situazione solo italiana:

Most publishing houses now make use of freelance editors, and fewer editors work in-house. This means that fewer editors are available to take on training functions, and fewer editors have an in-depth knowledge or publishing practices, never having been exposed to the publishing environment as a whole. (Kruger, 2008, p. 43)

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Venendo meno i luoghi della formazione sul campo, Kruger sostiene dunque la necessità di

un’istruzione formalizzata in cui gli studenti possano accrescere potenzialità e competenze e dove,

con l’introduzione di possibilità di tirocinio e di apprendimento in situazioni e con materiali reali, si

crei un legame immediato con il mondo professionale. Non ultimo, lo sviluppo di percorsi

formativi ad-hoc in editing e revisione può contribuire a innalzare gli standard professionali, a

standardizzare metodi e procedure di lavoro e incentivare studi e ricerche.

Kruger condivide il punto di vista già espresso da Mossop (1992) nell’evidenziare anche i vantaggi

“a cascata” di una formazione in editing e revisione, tra cui

learning to respect the work of others, understanding the tasks of language practitioners better, improving linguistic judgement and skills, becoming more sensitive to the ideological underpinnings of matters of ‘correct usage’ and developing and awareness of the ideological control that editors can wield. (Kruger, 2008, p. 46)

Diversamente da quanto espresso da Mossop (2001/2014) riguardo alla non opportunità di

insegnare revisione a livello undergraduate o comunque non finalizzando l’intervento didattico

alla formazione di revisori ma solo come strumento per migliorare le competenze traduttive, e

relegando invece la formazione specifica in revisione a un livello di istruzione post-universitaria o

di formazione professionale, si ritiene che le ipotesi di lavoro e gli spunti didattici presentati in

questo capitolo possono essere colti e declinati per diversi livelli e tipologie di percorso

educativo/formativo. Se il motivo alla base della diffidenza verso un insegnamento “precoce” della

revisione è la presunta mancanza negli studenti più giovani di strumenti analitici, critici, descrittivi

e metalinguistici per svolgere un’adeguata attività sul testo tradotto, l’esperienza didattica

maturata negli ultimi anni mi porta a riconoscere un’effettiva carenza iniziale di strumenti –

benché non generalizzabile – ma anche a sostenere che questa lacuna può essere colmata con un

inserimento graduale di contenuti e strumenti propedeutici al lavoro di revisione di una traduzione

(iniziando per esempio dall’ambito della redazione e dell’editing), compiendo così un primo,

importante passo verso l’acquisizione di una più chiara consapevolezza di cosa comportano

innanzitutto le diverse attività editoriali e verso la costruzione di quell’atteggiamento critico e

rispettoso al tempo stesso che è caratteristica imprescindibile di ogni traduttore/revisore.

Partendo dunque da una prima “palestra di critica” esercitata su testi non tradotti, è possibile poi

introdurre e approfondire strumenti teorici e pratici più raffinati a livello concettuale e

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metalinguistico da applicare all’attività di auto- ed etero-revisione. Una selezione di questi

strumenti verrà illustrata e commentata alle sezioni 4.6 e 4.7.

4.3. L’importanza didattica della revisione in modalità collaborativa

L’analisi dei dati raccolti nell’indagine conoscitiva sulla revisione ha mostrato che se da un lato la

pratica della revisione collaborativa non è la norma nell’editoria italiana (lo è per il 43,6% dei

traduttori e per il 32% dei revisori che hanno risposto al sondaggio), la lettura dettagliata dei

contributi forniti dai rispondenti ne rivela il valore positivo se non addirittura il bisogno e il diritto

da entrambe le parti interessate, ovvero traduttori e revisori. Poter contare su un dialogo

traduttore-revisore basato su professionalità, fiducia e rispetto è il desiderio di ogni traduttore, un

desiderio legittimo e almeno in parte legittimato dalle clausole del contratto standard di edizione

dove, se non necessariamente il dialogo con il revisore, si prevede che il traduttore venga messo in

condizione di prendere visione del lavoro che è stato svolto sulla sua traduzione, per accettarne o

meno il risultato.46 Allo stesso modo il revisore, sebbene non sempre nella posizione di dialogare

con il traduttore per motivi di economicità, mancanza di tempo o per scelte editoriali, sa che dal

rapporto con il traduttore possono sì scaturire tensioni e incomprensioni se non vere e proprie

gelosie, ma sa anche che di fronte a un traduttore serio e competente il lavoro di revisione diventa

un momento di crescita professionale e di scambio umano preziosissimo.

Oltre che un’auspicabile prassi professionale la revisione collaborativa è anche un imprescindibile

strumento didattico in ogni contesto di apprendimento della scrittura, che si tratti di traduzione o

scrittura originale. L’idea alla base del peer assessment, ovvero la modalità di valutazione

incrociata del proprio lavoro applicabile a qualsiasi attività di produzione del testo, è comune

anche alla pratica della peer revision, ovvero l’etero-revisione tra studenti. Come sottolineano

Horning e Becker (2006),

When students take a more positive view of revision and feel that they have equal roles in the

revising process, they usually view their revision tasks more globally, and also show better cognitive

awareness since they can describe what they are revising and why it needs to be changed. (p. 42)

46 Non si vuole qui entrare nel merito di quanto e come questa norma contrattuale venga rispettata, basti tuttavia sapere che STRADE, il sindacato dei traduttori editoriali italiani combatte, fra le tante battaglie, quella per il riconoscimento di un contratto di edizione che venga adottato da tutte le case editrici. Un modello standard è consultabile all’indirizzo http://www.traduttoristrade.it/contratto/. Le clausole 9 e 10 si riferiscono in particolare al diritto del traduttore di prendere visione delle modifiche di revisione apportate e decidere se accettarle o meno.

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Questa forma di apprendimento collaborativo fa leva sul fatto che rivedere il lavoro altrui è

inevitabilmente più facile – e forse più motivante – che rivedere il proprio lavoro.

Paradossalmente, tuttavia, è proprio rivedendo gli altri che si può gradualmente migliorare come

revisori di se stessi. La revisione collaborativa, infatti, pone gli interessati di fronte alla necessità di

motivare, spiegare, argomentare se non addirittura difendere le proprie strategie e soluzioni di

revisione all’altro perché possa condividerle, rifiutarle o avanzare controproposte. In questo

esercizio di enunciazione vengono attivate e gradualmente accresciute quelle competenze

analitiche, critiche, descrittive e metalinguistiche di cui si parlerà a breve e che non potrebbero

essere esercitate in un’attività di auto-revisione, proprio perché verrebbe a mancare

l’interlocutore. Come afferma inoltre Künzli (2006a, p. 18),

group activities and peer assessments will enable trainees to develop their interpersonal competence (team work, resolution of conflicts)

ma anche

their professional and instrumental competence (discussions about professional values, and accessibility and reliability of information sources) and their strategic competence (problem solving, decision making). (ibid.)

In una situazione di apprendimento come quella collaborativa, i partecipanti diventano dunque “a

community of knowledge builders” (Bereiter e Scardamalia, 1993, p. 210-11) dove lo scambio e la

discussione mettono in atto una serie di contenuti che non vengono semplicemente trasmessi da

insegnante a studente, ma si creano, si modificano e circolano in maniera autonoma e spontanea.

I docenti/formatori sono “partners in learning rather than distributors of knowledge” (Kiraly, 2013,

p. 215) e gli studenti sono “proactive seekers of knowledge” (ivi, p. 214). L’idea di “collaborative

learning project” sviluppata da Kiraly (2003) e da lui applicata alla pratica della traduzione in classe

(“translation praxis classes”) può essere trasferita con successo anche alla pratica della revisione,

come verrà illustrato più avanti nella descrizione di un metodo didattico.

4.3.1 Due esempi di traduzione e revisione collaborativa

Un esempio di esperienza didattica collaborativa già realizzata, interessante anche per la sua

modalità di svolgimento virtuale, è quello del progetto PEnPal in Translation, ovvero

“Portuguese/English Platform for Anthologies of Literary Translation, che si avvale di un blog

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dedicato alla condivisione e alla discussione di problemi di traduzione e di un database in cui

problemi e soluzioni proposte possono essere raccolti in maniera sistematica. Il progetto ha come

obiettivo generale quello di facilitare l’insegnamento della traduzione letteraria e parte da alcune

convinzioni: la natura componenziale e sistemica della competenza traduttiva, il valore aggiunto

dell’approccio collaborativo nella traduzione letteraria; il carattere evolutivo dei testi letterari. Per

quanto riguarda in particolare l’approccio collaborativo, esso si esplica in tre diverse dimensioni

del progetto: nella pratica della traduzione, nell’insegnamento e nella ricerca. I docenti e formatori

partecipanti al progetto hanno chiesto agli studenti di illustrare difficoltà traduttive su un blog

dedicato in modo da condividerle e discuterle con la classe virtuale, con studenti di altre università

così come ricercatori e traduttori professionisti; l’aspetto formativo è stato condiviso tra diversi

docenti di traduzione provenienti dalla stessa istituzione e da altre, e anche in cooperazione con

gli autori dei testi, che sono stati invitati a discutere le difficoltà di traduzione riscontrate e hanno

fornito riscontri sulle soluzioni proposte; infine la dimensione collaborativa della ricerca si è

espressa nella selezione dei testi da tradurre, che sono andati a comporre un’antologia collettiva

di opere letterarie nate nel contesto luso-americano, e anche nel lavoro ancora in corso per la

creazione del database di classificazione dei problemi/difficoltà di traduzione. Il progetto è ancora

in svolgimento e non sono attualmente disponibili resoconti su risultati intermedi raggiunti, ma

per una visione più completa degli obiettivi e del funzionamento generale si rimanda alla

consultazione del sito dedicato47.

Passando a un contesto professionale va inoltre citato il progetto denominato TLHUB – Translation

and Literary Hub48 –, promosso dalla European Society of Authors (SEUA) con lo scopo di creare

una piattaforma virtuale ad-hoc per incentivare e facilitare il dialogo collaborativo e lo scambio

linguistico, culturale e interpersonale fra tutti gli attori della filiera di produzione di una traduzione

editoriale/letteraria. Come viene descritto dal sito della SEUA, “THLUB is a peer network linking

authors, translators, agents, residencies, readers, literary groups and more.” Dal punto di vista

tecnico, la piattaforma digitale consente di caricare testi e loro traduzioni e di avviare progetti di

traduzione collaborativa. I partecipanti possono avvalersi di una “social toolbox”, ovvero uno

spazio dedicato ai commenti e allo scambio di versioni alternative, proposte, suggerimenti. Il

47 Il progetto PEnPal in Translation è consultabile all’indirizzo http://penpalintranslation.com/home.php. Ultimo accesso: giugno 2015. 48

Premesse e finalità del progetto possono essere consultate sul sito della Società Europea degli Autori all’indirizzo http://www.seua.org/tlhub/.

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progetto TLHUB vuole anche promuovere una visione etica del testo – originale e tradotto – in

quanto proprietà intellettuale, e si definisce come “an independent, non-profit community where

the literary-minded may meet to exchange words and ideas in total respect for copyright laws and

text protection.” Nato per un’applicazione professionale, il progetto si è ulteriormente sviluppato

nella direzione della didattica, creando l’applicazione “TLHUB.EDU”49, uno strumento offline che

può essere usato come luogo per insegnare e imparare a tradurre da e verso qualsiasi lingua e a

qualunque livello di apprendimento. Il gruppo TLHUB sta già “testando” questo strumento

all’interno di corsi di traduzione letteraria e scrittura creativa sia in Francia sia all’estero

(Université Paris 8 Vincennes-Saint Denis, Université Paris-Diderot, e New York University sono fra

le prime a essere state coinvolte) chiedendo agli studenti di misurarsi con la traduzione

collaborativa e inviare riscontri sulle funzionalità già esistenti e su quelle che potrebbe essere utile

implementare. Uno di questi “esperimenti” è stato svolto presso la New York University nella

primavera del 2014, sotto la conduzione di Caterina Mongiat Farina, professore associato e

Direttrice del programma di studi in Italianistica presso la DePaul University (USA). Diciotto

studenti universitari di primo livello hanno partecipato a un laboratorio di traduzione su testi tratti

da romanzi e saggi di Italo Calvino e altri autori del Novecento italiano. Riguardo all’uso della

piattaforma TLHUB, la conduttrice del laboratorio si è espressa in questi termini:

TLHUB facilitated the collaboration among students. TLHUB conveniently syncs and displays side by side the source text and the target text, so in class we could easily scroll through either one and find a difficult paragraph or line to discuss. Since both texts are segmented, multiple teams can work simultaneously on different portions of the text. After class, we continued our conversation online through the social toolbox, a feature that allowed us to peer-review and comment specific passages, and even go back to different translation drafts that had been saved.50

4.4. Un modello di revision competence

Prima di presentare più nel dettaglio i suggerimenti in materia di metodo, contenuti e strumenti

applicabili alla didattica della revisione, si ritiene opportuno illustrare l’idea di revision competence

da cui derivano. Degli studi che si sono occupati della sua definizione e del suo affrancamento da

una più generale translation competence si è dato ampiamente conto al capitolo 2. Ciò che forse

risulta ancora sfumato è il confine tra ciò che è necessario saper fare quando si rivede un proprio

lavoro (auto-revisione) e ciò che è invece richiesto nel rivedere un lavoro altrui (etero-revisione). Il

49

Informazioni aggiuntivi sono disponibili all’indirizzo http://www.seua.org/tlhub-edu/. 50 Il resoconto nella sua completezza può essere consultato all’indirizzo http://tlhub.blogspot.fr/

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220

modello qui proposto suddivide la revision competence in sei sotto-competenze, tutte necessarie –

anche se in modo e misura diversi che verranno indicati – a entrambe le attività.

Usando come base teorica i contributi riportati al capitolo 2 (Horgelin e Brunette, 1998;

Chakhachiro, 2005; Mossop, 1992, 2001/2014; Künzli, 2006a; Hansen, 2009a; Horváth, 2009; Parra

Galiano, 2007b;) e condividendo la definizione di competenza come “the combination of

aptitudes, knowledge, behaviour and know-how necessary to carry out a given task under given

conditions” (EMT expert group, 2009), si è formulata un’idea di competenza di revisione come

sinergia di sei diverse sotto-competenze, ovvero: competenza analitico-critica, operativa,

metalinguistica, strumentale, interpersonale e psico-fisiologica.

Figura 71: Proposta di modello di revision competence

Nel mettere a fuoco queste sotto-competenze si è anche attinto al lavoro svolto dal gruppo di

ricerca PACTE (2005) sulla competenza traduttiva e le sue componenti strategica, strumentale e

psico-fisiologica, e ai modelli di competenze sviluppati dall’EMT Expert Group (2009), di cui si

condivide parte degli obiettivi inclusi nella Translation Service Provision Competence, soprattutto

per quanto riguarda la dimensione della produzione, ovvero

knowing how to define and evaluate translation problems and find appropriate solutions, […] knowing how to justify one’s translation choices and decisions, […] mastering the appropriate metalanguage (to talk about one’s work, strategies and decisions),[…] knowing how to proofread and

Competenza analitico-critica

Competenza operativa

Competenza metalinguistica

Competenza strumentale

Competenza interpersonale

Competenza psico-fisiologica

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revise a translation (mastering techniques and strategies for proofreading and revision) (EMT expert group, 2009, p. 5)

La scelta di rappresentare le sei sotto-competenze di revisione in modalità circolare e

multidirezionale, invece che secondo un ordine gerarchico o sequenziale, non è dettata dal caso

bensì in linea con l’elemento di ricorsività e circolarità insito nel processo di traduzione e revisione.

Tiene inoltre conto della progressione cognitiva in atto durante la fase di auto- ed etero-revisione,

per cui all’individuazione di un problema segue una riflessione sulla sua tipologia ed entità che è

propedeutica alla scelta dell’intervento da operare. Nel caso specifico dell’etero-revisione, a

questa fase segue poi la segnalazione ed eventuale motivazione al traduttore con un linguaggio

adeguato e un atteggiamento rispettoso e propositivo. Vengono di seguito illustrate le sei sotto-

competenze con indicazione del loro ruolo nelle attività di auto- ed etero-revisione.

4.4.1 Competenza analitico-critica

Per competenza analitico-critica si intende la capacità di individuare, analizzare, descrivere,

classificare e valutare errori o problemi di traduzione. Prima di operare qualunque intervento di

revisione, che si tratti di auto- o etero-revisione, è necessario che un problema di traduzione,

qualunque sia la sua entità e tipologia, venga individuato come tale. Questa consapevolezza

analitico-critica è il primo, essenziale passo verso qualsiasi attività correttiva, migliorativa,

propositiva si voglia intraprendere in seguito. Successivamente, nell’ambito specifico dell’etero-

revisione, essere in grado di descrivere la tipologia di errore o problema e attribuirgli una

categoria di appartenenza serve a individuare gli ambiti di pertinenza di un eventuale intervento di

revisione, le strategie operate dal traduttore e dunque quelle da mettere in atto da parte del

revisore. Sempre in questo ambito, infine, la competenza analitico-critica consente di operare una

valutazione del problema di traduzione e dunque decidere se l’intervento di etero-revisione

richiesto sia una correzione, un miglioramento, un suggerimento, o una proposta. Questa

competenza corrisponde in linea di massima alla strategic competence descritta da Kunzli (2006a,

p.9) come abilità “to develop a task definition for the revision job at hand, to apply relevant

evaluative criteria, and to decide what to do after a problem has been detected”.

4.4.2 Competenza operativa

Una volta individuato, analizzato, descritto, classificato e valutato un problema di traduzione, il

revisore (di se stesso e del lavoro altrui) deve dunque fare appello alle sue competenze traduttive,

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in particolare alle competenze di produzione del testo tradotto, e operare un intervento di

revisione giustificato – che non ricada dunque negli estremi della revisione descritti in Horguelin e

Brunette (1998) e successivamente giustificabile (se si tratta di etero-revisione), sotto forma di

correzione, miglioramento, suggerimento o proposta. Come osserva Hansen (2009a), questa

seconda competenza è intimamente legata alla prima, infatti la capacità di operare cambiamenti

giustificabili e di distinguere tra correzioni e miglioramenti

seems to be crucial if we think of the frequently mentioned problems of revision processes and the need to give feedback, and connected with this, conflicts between colleagues because of over-revision or unnecessary changes […]. However, the ability to classify, describe and explain phenomena comes from knowing or being aware of their existence. Knowing what to look for presumably supports the process of identifying the errors. (Hansen, 2009a, p. 270)

La competenza operativa rientra per Künzli (2006a, pp. 18-19) tra gli obiettivi primari di un corso di

revisione, ovvero acquisire la capacità di operare le modifiche necessarie al testo tradotto e

risolvere problemi di revisione scegliendo i mezzi più efficaci e appropriati. Insieme alla

competenza analitico-critica, corrisponde anche alla capacità di valutare la qualità del lavoro di

traduzione proprio o altrui e di decidere la quantità e la qualità di interventi di revisione richiesti,

descritta da Mackenzie (2004) come “text evaluation competence”.

4.4.3 Competenza metalinguistica

È intesa come la capacità di descrivere, spiegare, motivare e giustificare i problemi di traduzione e

gli interventi di revisione operati utilizzando concetti e linguaggio adeguati. Come sottolineato da

Mossop (1992)

Students need to learn a vocabulary for talking about translation problems other than the obvious ones (grammar errors, outright mistranslations). (p. 84)

Si fa dunque riferimento a quella “declarative competence” che prevede la conoscenza di

“relevant expressions (terms)” descritta da Hansen (2009a) come specificità della competenza di

revisione rispetto a una più generale competenza traduttiva. È evidente che questa competenza

non è necessaria, soprattutto nel suo aspetto più argomentativo, nell’attività di auto-revisione:

difficilmente un traduttore che rivede il proprio lavoro procederà a esternare ed esplicitare i

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problemi di traduzione irrisolti formulando descrizioni e classificazioni e infine giustificando

interventi di revisione a proprio beneficio. Appare infatti improbabile che un traduttore si revisioni

commentando a voce o per iscritto i propri errori, incoraggiandosi, e dandosi una spiegazione o

una giustificazione delle proprie scelte, pur avendola più o meno inconsciamente formulata.

Tuttavia la capacità di esprimersi con concetti e linguaggio adeguati diventa importante quando si

deve descrivere, spiegare e/o difendere una propria strategia o soluzione di traduzione con il

revisore esterno, e diventa essenziale nell’attività di etero-revisione: rappresenta innanzitutto un

biglietto da visita importante agli occhi del traduttore, che sa di potersi fidare di un revisore

esperto e competente con cui costruire un rapporto basato sulla fiducia e sul rispetto. La

competenza metalinguistica è inoltre un utile strumento per conseguire quell’obiettivo di massima

oggettività che è alla base di ogni attività di etero-revisione, sostituendo a espressioni quali

“preferisco”, “per il mio gusto”, “a me piace di più” – spesso sintomo di idiosincrasie – descrizioni

e formulazioni pre-esistenti e condivise in cui la soggettività del revisore, che pure esiste e non

può essere eliminata del tutto, risulta meno invadente.

4.4.4 Competenza strumentale

Si intende la capacità di utilizzare e gestire diverse risorse e strumenti informatici e ottimizzarne le

funzioni e l’applicabilità a seconda dei diversi contesti (didattico o professionale) della revisione

intesa sia come auto- sia come etero-revisione (PACTE, 2003; Künzli, 2006a). Oltre all’abilità nel

saper ricercare e poi utilizzare dati e informazioni on-line (motori di ricerca, dizionari, risorse

bibliografiche ed enciclopediche, ecc.) si fa qui riferimento all’uso dei principali programmi di

videoscrittura nelle modalità di revisione di cui sono provvisti, applicandone tutte le potenzialità

per far sì che il lavoro sul testo sia chiaro e trasparente, tracciato, facilmente fruibile dal traduttore

che lo riceve, nonché spazio virtuale di dialogo fra revisore e traduttore. Alla sezione 4.7 si tratterà

in maniera dettagliata degli strumenti informatici più comunemente in uso e di possibili

integrazioni e sviluppi ulteriori.

4.4.5 Competenza interpersonale

Per competenza interpersonale si intende la capacità di traduttore e revisore di lavorare

reciprocamente e con altri professionisti della filiera editoriale mostrando un atteggiamento

rispettoso e costruttivo, soprattutto laddove si renda necessaria una negoziazione fra diverse

istanze e punti di vista. L’etero-revisore deve saper esporre critiche, perplessità o suggerimenti in

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maniera non prevaricante e allo stesso modo saper gestire e rispondere a quesiti o richieste di

chiarimenti su interventi di revisione svolti (Chakhachiro, 2005; Kelly, 2005; Horguelin e Brunette,

1998; Künzli, 2006a). Deve inoltre saper dimostrare un atteggiamento di cooperazione e fare in

modo che lo scopo dell’attività di revisione risulti chiaramente quello di rendere un buon servizio

alla traduzione migliorandone, se necessario, la qualità finale. La revisione non deve farsi

percepire dal traduttore come un momento valutativo o di verifica delle proprie capacità e deve

dunque prevedere una discussione “diagnostica” e non “valutativa”. (Hönig, 1998) Un revisore

competente infine non assumerà né atteggiamenti di superiorità né di accondiscendenza, e dovrà

saper ricorrere anche a interventi di “rinforzo positivo” nel segnalare al traduttore la bontà del

lavoro complessivo o di certe sue scelte puntuali. Ugualmente, il traduttore rivisto dovrà adottare

uno stesso atteggiamento di rispetto e fiducia e considerare la fase di revisione del proprio lavoro

da parte di un occhio esterno un’occasione preziosa per sé e per il testo.

4.4.6 Competenza psico-fisiologica

Con questo termine si intende infine la capacità di applicare al lavoro di auto- ed etero-revisione

allo stesso modo, processi cognitivi e qualità attitudinali quali memoria, attenzione, costanza,

precisione e puntigliosità, spirito critico e di sintesi, logica e razionalità e allo stesso tempo

creatività, doti di problem-solving, diplomazia, tenacia, resistenza alla tensione e allo stress.

(PACTE, 2003)

4.5. Spunti e riflessioni sul metodo didattico

Sulla base di come è stata descritta la revision competence, e soprattutto in virtù degli elementi

analitico-critici, dichiarativi e interpersonali che contiene, si reputa fondamentale prediligere

modalità didattiche learner-centred di tipo collaborativo e legate allo svolgimento di attività

pratiche e autentiche. Pur riconoscendo la necessità del trasferimento di contenuti teorici in

modalità frontale, gli ambienti learner-centred ‒ dove il ruolo del docente è quello di facilitatore e

mediatore ‒ sono più adatti alle situazioni di apprendimento il cui scopo è promuovere e

incentivare autonomia di pensiero e di azione, come è il caso di traduttori e revisori, la cui

professione prevede una continua responsabilità di scelte, soluzioni di problemi, decisioni.

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Livelli e tipologie di contenuti e attività non sono definiti aprioristicamente in quanto strettamente

legati alle conoscenze pregresse e alle competenze anche solo parzialmente acquisite degli

studenti, e vengono invece continuamente ridefiniti, rivalutati e rinegoziati anche sulla base del

percorso di apprendimento del singolo studente e del gruppo, e dell’esperienza pratica e diretta

con progetti di revisione tratti dalla realtà professionale. L’accento su una teoria di “situated social

collaborative learning” (Kiraly, 2013) appare una scelta naturale nell’insegnamento della auto- ed

etero-revisione, la cui competenza distintiva, rispetto a una più generale competenza traduttiva, è

legata proprio alla capacità di instaurare un dialogo di negoziazione efficace e proficuo tra almeno

due figure professionali. Ecco allora che la molteplicità di voci all’interno del contesto di

apprendimento diventa una risorsa fondamentale, come sottolinea González Davies (2004) nella

sua monografia dedicata ad approcci, modelli e procedure della didattica della traduzione.

Si ritiene inoltre valido applicare al metodo didattico un approccio process-oriented (Gile, 1994) di

matrice cognitiva, ovvero trasferire la sequenza di fasi del processo di revisione – analisi critica,

descrizione, azione, interazione – al percorso di apprendimento della revisione stessa. Questo può

tradursi in pratica nell’introduzione graduale di contenuti e strumenti analitici, critici, descrittivi,

operativi e relazionali da applicare poi a esercitazioni pratiche svolte in modalità collaborativa,

Questa scelta di metodo sembra particolarmente felice per acquisire competenze, come quelle di

auto- ed etero-revisione, che richiedono la costruzione di una consapevolezza critica e di una

capacità analitica e descrittiva di problemi e soluzioni. Come sottolinea Kruger (2008) questo

approccio consolidato nella formazione di interpreti e traduttori si adatta ottimamente all’editing

(e anche alla revisione)51 perché l’editing, come la traduzione, “consists of a series of decisions or

choices that should each be tested for plausibility and acceptability” (p. 54-55). Traendo spunto

dal modello sequenziale di traduzione proposto da Gile (1995), Kruger formula un modello

sequenziale del processo di editing che, per la sua applicabilità all’attività di revisione, sembra

interessante riprodurre (Kruger, 2008, p. 56).

51 Cfr. cap. 1 per le definizioni di questi termini.

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Figura 72: Modello sequenziale del processo di editing (Kruger, 2008, p.56)

Esso tiene inoltre conto del graduale percorso di accrescimento dell’expertise formulato da

Chesterman (2000) e di come conoscenze e abilità si integrino e interagiscano passando dalla

semplice ricezione di concetti alla capacità di percepire punti di contatto e fare generalizzazioni,

per poi riuscire a organizzare le conoscenze in ordine di importanza e rilevanza e dunque saper

analizzare una situazione, pianificare una strategia, prendere decisioni e renderle operative. Nelle

ultime due fasi del percorso (novice - advanced beginner - competence - proficiency - expertise)

entrano in gioco l’esperienza personale e in ultima analisi l’intuizione, che prende il sopravvento

sui ragionamenti e sui comportamenti consapevoli traducendosi in automatismi. La definizione di

questo processo di crescita sembra particolarmente importante se applicata all’acquisizione della

competenza di revisione:

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[…] growth of expertise presented as a process of gradual automatization, but one in which emotional involvement and intuition have important roles. The function of rationality, detached analytical thinking, is dominant at first, but gradually gives way to intuition, until its final task is to provide a king of internal feedback, particularly at problem-points. (Chesterman, 2000, p. 79)

Volendo inoltre richiamare una dimensione della revisione particolarmente importante, quella

della ricorsività, si reputa valida un metodo didattico che non sia esclusivamente seriale o

sequenziale – in linea, da questo punto di vista con consolidate teorie del testo letterario e del

processo traduttivo (Holmes, 1994; Hönig, 1991; Jakobson, 1987) – ma che sia esso stesso

strutturato in un movimento costante e pluridirezionale tra analisi, critica e azione, a imitazione

della ricorsività insita in ogni processo di revisione.

4.6. Panoramica descrittiva di contenuti-strumenti teorici per una didattica della revisione

Come già sottolineato, quella che segue è l’illustrazione di alcuni contenuti scelti fra quelli che si

ritiene possano contribuire all’acquisizione e alla successiva attivazione delle sotto-competenze di

revisione individuate nel modello proposto alla sezione 4.4. Una breve precisazione, innanzitutto,

sul concetto di “contenuto-strumento”: è stata scelta questa formulazione per indicare che i

contenuti trasmessi in maniera tradizionale non sono contenuti teorici astratti e fine a se stessi

ma, nell’ottica condivisa da Gile (1992), presentano potenziali vantaggi in quanto incentivano la

consapevolezza e la crescita degli studenti aiutandoli a prendere le giuste decisioni in situazioni di

volta in volta diverse. La scelta dei contenuti teorici dovrebbe inoltre seguire parametri di

gradualità, facilità di apprendimento, e soprattutto utilità e applicabilità pratica. Nel caso specifico

della didattica della revisione, quando teorie e concetti servono a individuare e descrivere un

fenomeno linguistico, stilistico e testuale essi diventano automaticamente anche degli strumenti

metalinguisticamente adeguati per costruire e accrescere quella competenza dichiarativa che

caratterizza la professionalità del revisore. Se è vero che il bagaglio di contenuti teorici per

l’apprendimento della revisione si costruisce necessariamente su contenuti trasmessi all’interno

del curriculum di traduzione, sono tuttavia da privilegiare quei concetti, teorie e approcci – anche

in prospettiva diacronica e interculturale – che consentono agli studenti di costruire, arricchire e

dunque applicare le abilità analitiche critiche e descrittive gradualmente apprese. Questi contenuti

vanno dunque selezionati e presentati sulla base della loro adeguatezza e applicabilità all’analisi e

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al commento del testi, privilegiando dunque categorizzazioni, classificazioni, parametri. Come

afferma Hansen (2009b),

Classification categories contribute to clarity when we have to describe and explain phenomena like, for example, errors and the necessary changes in a translated text that has to be corrected. They facilitate description, explanation, communication and mutual understanding. (p. 313)

I contenuti possono trovarsi in parziale sovrapposizione o contrasto, possono essere diversamente

e gradualmente modulati e introdotti a seconda del livello e della tipologia di studio (corsi

universitari di primo o secondo livello/formazione professionale) del genere testuale di lavoro,

delle conoscenze pregresse e dunque della maggiore o minore conoscenza e familiarità con teorie

e concetti della traduttologia.

Pensando, come indicato nel metodo, a un iniziale lavoro analitico-critico-descrittivo di redazione

ed editing, ovvero su un testo non traduzione, può essere per esempio utile introdurre come

prima serie di contenuti-strumenti diversi esempi di norme redazionali, ovvero le linee guida che

ogni casa editrice adotta per rendere omogenea e coerente la propria produzione in relazione al

modo di presentare visivamente il testo sulla pagina e a certe scelte grafiche e ortografiche per

indicare elementi o parti del testo. Trattandosi appunto di norme, ogni intervento di revisione che

derivi da una loro corretta applicazione è da intendersi come correzione oggettiva ed è dunque un

primo banco di prova in cui quella competenza dichiarativa e argomentativa di cui si è già detto

non viene richiesta, se non nella misura in cui serve a richiamare la norma che sottostà a un

determinato intervento sul testo. 52

Avendo dunque stabilito come criterio di scelta prioritaria quei contenuti che permettono di

apprendere concetti e categorie utili all’individuazione, descrizione e classificazione di problemi di

traduzione e interventi di revisione, per poi trasformare quegli stessi contenuti in strumenti

operativi e metalinguistici, segue una selezione di quelli che si ritiene possano essere

particolarmente utili nel contesto della traduzione editoriale e con cui verosimilmente gli studenti

hanno già una certa familiarità. L’idea di fondo è fornire elementi finalizzati alla creazione di una

52 Nel caso tuttavia di testi più letterari, dove è possibile la presenza di intenzionali deviazioni dalle convenzioni linguistiche, ortografiche e grammaticali (assenza di punteggiatura, mancata segnalazione dell’apertura e chiusura dei dialoghi o altri elementi idiosincratici) tale scelta autoriale deve essere individuata e considerata nelle strategie e soluzioni di traduzione e relativa revisione, dunque valutando una non-aderenza alle norme redazionali anche della lingua di arrivo. In casi come questo, l’auspicata collaborazione tra traduttore, revisore e redattore è di importanza capitale.

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propria tassonomia, modulabile e declinabile in maniera diversa a seconda dei testi e delle

situazioni di lavoro, del rapporto traduttore-revisore, e della maggiore o minore familiarità con un

linguaggio analitico-critico-descrittivo. Si ritiene infatti utile dare la possibilità di confrontare vari

sistemi di analisi e classificazione e presentare insiemi diversi di criteri valutativi perché gli studenti

possano cogliere differenze e di conseguenza cambiare approccio e strategia di revisione a

seconda di ciò che la situazione richiede. Per questo motivo non verranno stilate classifiche di

qualità o di preferenza personale, né si procederà alla creazione di una tassonomia riassuntiva e

sommativa di quanto presentato, nella convinzione che l’estrema variabilità dei testi e contesti di

applicazione è tale da non permettere la definizione di criteri, parametri e codici uniformi e

condivisi.

Un’ulteriore precisazione: non si tratta di contenuti e strumenti innovativi o creati ad-hoc, ma ciò

che si vuole sottolineare è una loro “nuova visione” alla luce dell’applicazione al contesto didattico

della revisione, le cui competenze specifiche vanno costruite con un percorso mirato e fornendo

strumenti adeguati, come ben riassunto da Shreve (1995)

To build the competence we want in our students we have to design precise pedagogical tools – tools for particular purposes that will yield specific desired effects. (p. xiv)

Per l’introduzione di questi contenuti-strumenti all’interno di un modulo di insegnamento della

revisione è utile fare ricorso allo stesso approccio cognitivo e process-oriented che caratterizza il

metodo didattico precedentemente illustrato: dopo essere stati presentati e spiegati nel loro

significato e contesto d’uso e finalità, e avendone sottolineato il potenziale analitico, critico,

descrittivo, correttivo e costruttivo, essi vengono utilizzati come griglia per individuare e

classificare eventuali problemi di traduzione o interventi di revisione già operati su testi autentici.

Acquisita una maggiore dimestichezza, in una seconda fase dello stesso modulo gli stessi

contenuti-strumenti possono essere utilizzati per descrivere, motivare e giustificare interventi

personali di etero-revisione su testi tradotti da colleghi studenti o da altri. Una volta interiorizzati

sia il metodo di lavoro sia i contenuti-strumenti tanto da farne una risorsa personale, essi possono

essere applicati, seppure in maniera non necessariamente descrittiva, anche all’attività di auto-

revisione.

Prima di passare a una breve illustrazione dei contenuti-strumenti proposti, va precisato che nella

maggioranza dei casi si tratta di parametri non pensati per un’applicazione specifica alla

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traduzione editoriale e letteraria, né alla revisione. Il modo in cui sono stati selezionati risponde a

criteri di adeguatezza alle finalità analitiche, critiche e descrittive che rientrano in ogni attività di

revisione e alla necessità di una illustrazione solo esemplificativa, che lascia ampio spazio

all’integrazione e all’approfondimento.

4.6.1 Analisi del testo e analisi della traduzione

Come si è visto, l’aspetto analitico e critico della revisione (che interessa sia il testo originale sia il

testo tradotto) è alla base del modello di revision competence proposto.. Ancora più importante,

nell’ottica di individuare le linee guida e gli obiettivi di una revisione, è che l’analisi sia comparativa

e possa dunque evidenziare quelle che sono state scelte consapevoli di allontanamento dal testo

originale (a vari livelli: funzione, stile, registro, scarto dalla norma linguistica, ecc.) e ciò che si può

invece chiamare errore o debolezza traduttiva. Questo punto di vista è alla base della visione di

translation criticism proposta da Nord (1991)

A more objective form of translation criticism should be based on a comparative analysis of both the source and the target text and should provide information about the similarities and differences of SL and TL structures represented in both texts, as well as about the individual process of translation and the strategies and methods used. It should also show whether the target text is appropriate for the required translation skopos. This type of translation criticism is mainly concerned with the factors and constituents determining the process of translation and the translation process itself. (p. 163)

In linea con Reiss (1974; 1977), Nord sottolinea inoltre come questo tipo di critica comparativa

della traduzione sia particolarmente importante nella formazione specifica alla revisione, tanto da

inserirla fin dall’inizio del percorso formativo di un traduttore. Una volta entrati a far parte del

contesto professionale della traduzione (anche editoriale),

students may also require the ability to assess the quality of a translation, since in industry or administration translators are sometimes employed as translation revisors. In such a position they should be able not only to assess and/or correct the translations of their colleagues but also to justify their corrections by reasoned arguments (Nord, 1991, p. 164)

In favore di un’approfondita analisi del testo e delle sue finalità comunicative e di genere sono

anche Schjoldager, Rasmussen e Thomsen (2008),

When translating, revising and editing, professionals must be familiar with genre analysis to be able

to identify and analyse the communicative purpose of a given text, the situational context, the

conventions of the text as part of a genre, and the interaction between these elements. […] Genre

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analysis helps the translator or editor/reviser to choose appropriate strategies when working

between languages or transforming one genre into another. (p .807)

Questo punto di vista sembra particolarmente importante se riferita all’analisi dei generi testuali e

letterari53, laddove il revisore, in quanto primo lettore, può avvantaggiarsene in termini

interpretativi e valutativi. Quando detto da Hepburn (1983), e riportato qui di seguito, a proposito

del lettore di letteratura, si può riferire ugualmente al revisore:

How a competent reader approaches a work of literature, his attitudes and expectations, depend importantly upon the genre he sees it as exemplifying. A work that rebels against genre-conventions equally relies on the reader’s recognition of the conventions being rejected. Aesthetically relevant features of a work may stand out only if its reader [revisore] has a background awareness of the historical development of the genre, or of the style, that the work is transforming in its distinctive way and perhaps without direct allusion within the text itself. (p. 496)

Volendo riportare un esempio di strumento analitico-descrittivo non si può prescindere da Nord

(1991) e dal suo modello di analisi funzionale, anche nella sua applicazione alla traduzione

letteraria (Nord, 1997). Anche le tipologie di traduzione possono essere classificate secondo un

approccio funzionalista: si veda Reiss (1976) e la sua suddivisione in base alla funzione informativa,

espressiva, o operativa del testo originale; e la dicotomia operata da House (1977) fra “overt

translation” e “covert translation”.

Un altro strumento di analisi testuale, applicato alla traduzione e dunque propedeutico a ogni

attività di revisione, è quello in quattro punti suggerito da Schjoldager (2008), presentato

dall’autrice come una “checklist of (overlapping) questions for your translation analysis” in cui si

suggerisce di iniziare con un’analisi testuale del testo originale (1), formulare aspettative per il

testo tradotto (2), individuare le macro-strategie attese (3), e infine definire problemi puntuali e

micro-strategie di traduzione.

53

Per quanto riguarda l’analisi dei generi testuali si veda Swales (1990), Bhatia (1993) e in particolare Bhatia (2002),

dove si sottolinea l’importanza didattica e pedagogica della conoscenza dei generi testuali e delle loro caratteristiche.

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4.6.2 Analisi e classificazione di problemi/errori di traduzione

Come ben espresso da Magris (2005), l’analisi e la successiva classificazione degli errori di

traduzione hanno un’importante rilevanza in ambito didattico nella formulazione di diversi tipi di

valutazione formativa e sommativa. Nel caso della didattica della revisione, tuttavia, si vuole

sottolineare come l’elemento valutativo non sia finalizzato all’espressione di un giudizio positivo o

negativo sulla qualità della traduzione o del traduttore, né tantomeno alla formulazione di un

voto, quanto piuttosto come strumento di apprendimento e come strumento conoscitivo e

diagnostico alla base di una successiva attività concreta di revisione del testo tradotto. Si condivide

appieno il parere formulato da Scarpa (2008) sull’utilità delle tassonomie dell’errore quando

afferma che

esse costituiscono in realtà un utile strumento in sede di valutazione sia in ambito didattico, dove lo scopo è per lo più ‘diagnostico’ (ossia l’identificazione degli errori), sia in ambito professionale, dove lo scopo è invece ‘terapeutico’ (ossia la correzione degli errori). (p. 231)

I contenuti-strumenti qui di seguito illustrati sono dunque da intendersi come elementi di quel

bagaglio analitico, critico, descrittivo e metalinguistico che costituiscono le fondamenta delle

competenze di revisione e sono da interpretarsi con gli occhi dello studente-revisore e non del

docente-correttore. Adottare questo punto di vista significa anche superare le perplessità

sollevate da Klaudy (1995) e da Anderman e Rogers (1998) nel criticare l’opportunità di porsi

davanti all’attività didattica della revisione con l’atteggiamento del revisore professionista che

lavora per un determinato cliente e lettore finale, perché se è vero che in ambito editoriale la

revisione non è quasi mai un momento formativo, la formazione alla revisione non può tuttavia

fermarsi alla valutazione di una traduzione “in –vitro”, esclusivamente secondo parametri di

correttezza rispetto a una norma, ma deve tenere conto di come questa attività si trovi all’incrocio

di esigenze e istanze accademiche, didattiche e professionali insieme. Ecco allora che, come

conclude Magris (2005), “può essere consigliabile adottare un approccio misto (pseudo-

professionale)”. (p. 69)

Come primo contenuto-strumento per quanto riguarda la descrizione e classificazione degli errori

in traduzione si riporta il concetto di errore binario e non-binario formulato da Pym (1992) in

quanto di particolare utilità per la didattica della revisione. Un’iniziale e fondamentale

comprensione e individuazione di quelli che sono errori binari (per i quali esiste un’unica soluzione

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corretta) e non-binari (per i quali esistono due o più soluzioni corrette) consente di distinguere e

motivare, nell’attività di revisione, quelle che sono correzioni necessarie, univoche e perciò tali da

non richiedere negoziazione, tra quelle che sono alternative correttive e/o migliorative e che, in

quanto plurime e ugualmente adeguate, lasciano spazio alla negoziazione e dunque alla

motivazione e giustificazione di una eventuale preferenza.

Diversa e più articolata è la sistematizzazione dei problemi di traduzione sviluppata da Nord (1992)

sulla base di un’analisi testuale di stampo funzionalista: l’autrice individua quattro macro-aree di

classificazione: “pragmatic translation problems”, “cultural translation problems”, “linguistic

translation problems”, “text-specific translation problems” (pp. 46-47). Questa prima suddivisione

può servire a isolare fin da subito ambiti di intervento in revisione legati rispettivamente a

questioni pratiche insite nella situazione di traduzione, al mezzo e al fruitore finale; a specificità

culturali in termini di norme d’uso, tipologie testuali, e convenzioni in generale; alle specificità

lessicali, strutturali e idiomatiche delle due lingue; e infine a tutto ciò che non rientra in queste tre

prime classificazioni ma attiene alle particolarità linguistiche e stilistiche del testo.

Interessante come Nord consideri questo primo lavoro di sistematizzazione una sorta di “busto”,

un’impalcatura di supporto da fornire fin dalle prime fasi della formazione di un traduttore con

l’idea che

as soon as the students have learned to deal with the basic rules of the ‘craft’, they may lay aside the

corset and feel free to try out their own creative ways of solving translation problems (p. 47).

Una traduzione di questa prima classificazione in una tassonomia di problemi traduttivi è quella

suggerita da Mauriello (1992) che individua non solo ambiti di errore più specifici ma intuisce

come la loro classificazione e semplificazione in etichette o abbreviazioni serva a un duplice scopo:

analitico-descrittivo e comunicativo allo stesso tempo. L’intento è quello di creare una base

metalinguistica condivisa, elemento come si è detto fondamentale nel bagaglio di competenze di

un revisore e nell’ottica di una revisione collaborativa. Si vedrà più avanti (sezione 4.7.1) come

questa idea di “etichettatura” dei problemi di traduzione sia alla base di alcuni strumenti

informatici di grande aiuto per la didattica della revisione e la revisione professionale.

La lista suggerita (con relative abbreviazioni) è così composta:

nonsense (N)

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misunderstanding (M)

mistranslation (Mt)

tense (T)

structure (Str)

grammar (G)

topology (Top)

overtranslation (Ov)

undertranslation (Un)

omission (V)

word (W)

form (F)

style (Sty) (Mauriello, 1992, p. 65)

Per stessa ammissione dell’autrice si tratta di strumenti primitivi ma, come si è sottolineato

they serve as reminders of problems spotted in the text at first glance, and as a code for

communication with students when correcting their work. (p. 66)

L’ultimo strumento che si vuole presentare nasce da un’esigenza valutativa nella didattica della

traduzione editoriale/letteraria. La griglia sviluppata dalla traduttrice belga Françoise Wuilmart

all’interno del lavoro di ricerca svolto dal CEATL sulla formazione del traduttore letterario in

Europa (cfr. nota 43), condivide lo stesso obiettivo di oggettività che è alla base di questo lavoro di

ricerca:

L’enseignant ne peut ici réagir comme simple individu guidé par ses goûts personnels et impressionnistes. Il doit asseoirses jugements sur un repérage rigoureux d’erreurs objectivables.(p. 97)

Come si vede nella tabella che segue, gli errori vengono suddivisi a seconda di tre livelli di

appartenenza (lessicale, frastico-sintattico, testuale) e viene inoltre inserita una quarta categoria

relativa alla scrittura creativa, che deve servire a “controbilanciare” e valutare positivamente ciò

che la traduzione riesce a fare in termini di funzionalità e gradevolezza globale.

I. Erreurs au niveau lexical

II. Erreurs au niveau de la phrase, de l’enchaînement des phrases

III. Erreur au niveau d’une partie du texte ou du texte dans son intégralité

IV. Écriture créative

Omission Dans la cohérence textuelle

Erreur dans le rendu de la tonalité

A côté de ces erreurs objectivables, peuvent intervenir dans l’évaluation des éléments créatifs positifs dans le rendu en langue cible,

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qui devront être pris en compte « positivement » dans l’évaluation globale

Contresens Dans les champs sémantiques

Non-repérage de l’intertextualité ou de l’interculturalité

Faux sens Dans les effets stylistiques

Le nivellement ou rabotage des écarts de la langue normative

Non-repérage de la juste connotation

Dans les registres ou niveaux de langage

Non-repérage de la polysémie lexicale

Non-repérage d’un registre précis

Surtraduction lexicale

Erreur d’intensité dans la graduation de l’expression lexicale d’un concept

Tabella 4: Classificazione degli errori nel contesto della traduzione letteraria (Wuilmart, 2014)54 Oltre agli esempi tassonomia degli errori/problemi di traduzione si ritiene utile riportare

brevemente tre metodi principali di correzione tradizionale che docenti e studenti allo stesso

modo possono utilizzare anche come strumento didattico a seconda del grado di intervento che si

vuole applicare alla traduzione da rivedere, scegliendo di volta in volta – anche a seconda del

contesto di apprendimento – di limitarsi a segnalare un problema perché sia il traduttore/studente

rivisto a riconoscerlo e classificarlo o viceversa procedere solo a una classificazione dell’errore

perché sia il traduttore/studente rivisto a operare un proprio intervento di revisione. La

suddivisione operata da Cattana e Nesci (2000, pp. 118-122) e riportata in Magris (2005, p. 75)

prevede:

la correzione rivelativa: gli errori sono sottolineati se localizzati in una parola o una locuzione oppure contrassegnati da una linea verticale in corrispondenza di porzioni di testo scorretto più estese;

la correzione risolutiva: il docente non solo rileva gli errori, ma riscrive completamente le parole, frasi o periodi che li contengono;

la correzione classificatoria: l’errore viene individuato e assegnato, solitamente tramite simboli o abbreviazioni alla categoria cui appartiene (ad es. in base al livello linguistico interessato)

54 Si rimanda al documento del CEATL sopracitato, pp. 97-99, per un’illustrazione più dettagliata.

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4.6.3 Macro- e micro-strategie di traduzione e revisione

I contenuti-strumenti di questa sezione servono a comprendere e descrivere approcci generali alla

traduzione/revisione e strategie puntuali nella risoluzione di problemi e difficoltà traduttive. I

primi sono sostanzialmente riassunti dalle diverse dicotomie di cui è costellata la storia della

traduttologia: traduzione letterale vs. traduzione libera; equivalenza formale vs. equivalenza

dinamica; approccio source-oriented vs. target-oriented; adeguatezza vs. accettabilità, traduzione

etnocentrica vs. non-etnocentrica; traduzione semantica vs. traduzione comunicativa traduzione

estraniante (foreignizing) vs. traduzione naturalizzante (domesticating).

Tra le varie classificazioni di microstrategie traduttive ricordiamo la tassonomia formulata da

Chesterman (1997), essa stessa derivata da classificazioni operate da Vinay & Darbelnet (1958),

Catford (1965), Nida (1964) e altri. Per ammissione del suo autore,

it uses accessible terminology; it seems to differentiate enough, but does not get bogged down in ‘unportable’ detail; and it is flexible and open-ended. (Chesterman, 1997, p. 87)

Propone una prima suddivisione in tre principali gruppi di strategie – principalmente

sintattiche/grammaticali (G); principalmente semantiche (S) e principalmente pragmatiche (Pr) –

costituiti a loro volta da sottogruppi che vanno a comporre un quadro completo e complesso

riassunto nella tabella che segue:

Syntactic strategies Semantic strategies Pragmatic strategies

Literal translation Synonymy Cultural filtering

Loan, calque Antonymy Explicitness change

Transposition Hyponymy Information change

Unit shift Converses Interpersonal change

Phrase structure change Abstraction change Illocutionary change

Clause structure change Distribution change Coherence change

Sentence structure change Emphasis change Partial translation

Cohesion change Paraphrase Visibility change

Level shift Trope change Transediting

Scheme change Other semantic changes Other pragmatic changes Tabella 5: Classificazione delle microstrategie traduttive (Chesterman, 1997, pp. 94-112)

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Nel trattare della soluzione dei problemi di traduzione, Kussmaul (1995) elenca invece in forma di

“istruzioni per l’uso” nove diverse strategie qui di seguito tradotte e riassunte:

Chiarire la funzione o la finalità attesa della traduzione

Classificare il problema di traduzione

Assegnare il problema alla sfera stilistica o situazionale

In caso di problema relativo alla forza illocutoria di un enunciato, classificarla in termini di atti performativi

In caso di problema culturale, analizzare punti di contatto o divergenza tra la cultura del ST e la cultura del TT

In caso di problema legato alle convenzioni della tipologia testuale, fare ricorso a testi paralleli per scoprire convenzioni testuali nella LT

In caso di problema legato all’aspetto denotativo del significato, “sciogliere” il significato della parola o frase.

Oltre alla risorsa dei dizionari, affidarsi al processo di comprensione.

In caso di problema di tipo connotativo o stilistico, dedurre il significato sia dalle spiegazioni delle risorse lessicografiche, sia dal contesto e dalla situazione. (pp. 150-152)

Si vuole infine riportare una classificazione degli interventi di revisione, strettamente legata a una

tassonomia degli errori in traduzione. Utilizzando la terminologia della retorica per denominare i

vari tipi di intervento, Fraigley e Witte (1981) operano una distinzione tra quelli che definiscono

“meaning changes” e “surface changes” a loro volta suddivisi a seconda dei livelli testuali a cui si

applicano.

Figura 73: Tassonomia degli interventi di revisione (Faigley e Witte, 1981, p. 403)

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4.6.4 Parametri di revisione

Horguelin e Brunette (1998) propongono cinque parametri, qui offerti in traduzione italiana, per

indicare gli ambiti di intervento sul testo tradotto in fase di revisione: esattezza (fedeltà al senso

del messaggio), correttezza (rispetto del codice linguistico), leggibilità (facilità di comprensione,

scorrevolezza), adattamento funzionale (interventi in relazione al registro, al tono, al destinatario),

e redditività (economicità e convenienza degli interventi di revisione rispetto a tempo/costi).

Seppure numericamente ridotti, questi parametri possono rappresentare un buon punto di

partenza per mettere rispettivamente a fuoco:

questioni di correttezza e completezza interpretativa;

eventuali deviazioni non volute dalla norma linguistica, grammaticale, ortografica;

necessità di una maggiore naturalezza del testo tradotto laddove vi siano tracce di interferenza linguistica/culturale o di “traduttese”;

necessità di interventi legati alla tipologia testuale, alle scelte stilistiche dell’autore, a un particolare pubblico di riferimento;

opportunità di interventi di revisione di un certo tenore e di una certa entità rispetto alla situazione lavorativa e professionale (tariffa percepita, tempo accordato per la consegna, possibilità di interazione traduttore-revisore per risolvere dubbi).

A distanza di due anni, Brunette (2000a) propone quattro diversi parametri, sottolineandone la

particolare utilità valutativa e didattica e ridefinendoli in questo modo: logica (criterio di

valutazione principale, volto a verificare la coerenza semantica e la coesione linguistica del testo

tradotto; incongruità in questo ambito possono presentarsi come anacronismi, dati falsi o

improbabili, contraddizioni); finalità (equivalenza di effetto rispetto al testo originale, equivalenza

di intenzione e scopo del testo); contesto (elementi non-linguistici che intervengono nella

ricezione del testo tradotto: tipologia di lettore finale e suo contesto culturale/sociale, tipologia o

genere testuale, questioni ideologiche); norma linguistica (rispetto delle regole e delle convenzioni

della lingua).

OItre a rappresentare un’ottima guida per differenziare tra ambiti diversi di intervento in etero-

revisione e una lista di controllo da applicare in fase di auto-revisione, i parametri individuati da

Mossop (2001/2014) forniscono un repertorio terminologico di facile assimilazione e applicazione

nell’ambito della revisione, sia in contesti didattici sia professionali. I dodici parametri individuati

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sono raggruppati in quattro categorie principali in cui rientrano i problemi di traduzione, ovvero

Transfer (problemi legati ad accuratezza e completezza del trasferimento del messaggio da ST a

TT); Content (problemi legati alla logica interna del testo e alla correttezza contenutistica dei fatti

presentati); Language (problemi legati a scorrevolezza e leggibilità, adeguatezza al lettore target,

correttezza linguistica richiesta da genere o argomento specifico, idiomaticità, meccanica della

lingua di arrivo, ovvero grammatica, ortografia, punteggiatura, ecc.); e infine Presentation

(problemi legati alla disposizione del testo sulla pagina, a questioni tipografiche e

all’organizzazione fisica del testo e di eventuali apparati di note, figure, immagini, ecc.). Questa

tassonomia appare particolarmente utile come strumento per stilare una preliminare analisi

diagnostica di un lavoro di revisione, sottolineando come un testo possa richiedere interventi

limitatamente a certe aree particolarmente carenti, e allo stesso tempo funzionare benissimo in

altre. Vengono coperti tutti gli aspetti su cui interviene un’attività di revisione, tuttavia non si fa

accenno ai problemi relativi a elementi caratterizzanti dei testi editoriali e letterari, quali effetti

sonori e ritmici, uso idiosincratico del linguaggio, o più generalmente lo stile di un autore o di un

genere.

Indebitata alla suddivisione di Mossop (2001/2014) è quella proposta da Parra Galiano (2007b) che

riduce da dodici a nove i parametri della revisione, ugualmente divisi in quattro aree principali che

per comodità vengono riportati nella tabella che segue

Parametri relativi al contenuto Logica

Dati

Linguaggio specialistico

Parametri relativi alla lingua Norma e uso della lingua di arrivo

Adeguatezza al destinatario

Parametri relativi alla finalità del testo di arrivo Esattezza

Integrità

Parametri relativi alla presentazione del testo di arrivo

Formattazione

Correttezza redazionale e tipografica

Tabella 6: Parametri di revisione (Parra Galiano, 2007b, pp.202-7; traduzione mia)

Antecedente da un punto di vista cronologico, ma riportata per ultima in quanto più vicina per

possibilità di applicazione ai testi editoriali e letterari, è la proposta elaborata da Darbelnet (1977)

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sotto forma di domande da porre al testo tradotto, da intendersi come una sorta di “lista di

controllo” in fase di revisione:

Le sens est-il exact, sur les plans global et organique?

La langue d’arrivèe est-elle idiomatique et astreinte à la propriété des termes?

La tonalité est-elle respectée?

Les différences de culture sont-elles observées?

Les allusions littéraires et folkloriques sont-elles traitées judicieusement?

Est-il tenu compte des intentions de l’auteur de façon à ce qu’elles ne s’extériorisent pas dans le discours?

La traduction est-elle adaptée à son destinataire? (Darbelnet, 1977, p. 16)

A conclusione di questa breve rassegna, si riporta una proposta essa stessa conclusiva e

sommativa dei parametri di cui sopra avanzata da Lee (2006), che individua quattro principali aree

di controllo e verifica del testo tradotto – adattabili a una tipologia testuale più ampia –, anche in

questo caso elaborate in forma di domanda:

Transfert: le message du texte original est-il bien transmis?

Norme linguistique: l’usage de la langue d’arrivée est-il respscté?

Lisibilité: le texte est-il cohérenet, logique et lisible?

Adaptation fonctionnelle: le texte prend-t-il en compte la finalité et le destinataire? (Lee, 2006, p. 418)

4.6.5 Retorica, stilistica, critica e valutazione della traduzioni

Per quanto riguarda gli strumenti analitico-descrittivi della retorica, la loro applicazione può essere

utile per evidenziare livelli e tipologie di operazioni sul testo. Un’agile schematizzazione è quella

fornita in Plett (1985) che suddivide i livelli linguistici in “phonological”, “morphological”,

“syntactic”, “textological”, “semantic”, “graphemic”, e le operazioni linguistiche in “addition”,

“subtraction”, “substitution”, “permutation”, “equivalence”.

Allo stesso modo la stilistica può aiutare ad apprezzare in maniera consapevole ed esprimere in un

linguaggio adeguato ciò che spesso viene percepito a livello intuitivo ed empatico. I contenuti-

strumenti della stilistica servono dunque da un lato per riconoscere caratteristiche stilistiche di un

testo, dall’altro per comprendere il ruolo che queste caratteristiche svolgono all’interno del testo

e all’esterno del testo, in relazione all’effetto che producono sul lettore. Il rapporto fra testo e stile

è particolarmente importante nel caso della traduzione editoriale, ambito che comprende sia testi

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di saggistica, sia manualistica divulgativa, sia narrativa letteraria e di genere, perché

“understanding the style of the source text and being able to recreate similar stylistic effects in the

target text are essential” (Boase-Beier, 2011, p.3). A prescindere dalla definizione di “stile” che si

voglia condividere – l’insieme di scelte consapevoli e inconsapevoli nella costruzione di un testo

che rendono quel testo unico e irripetibile, l’insieme delle deviazioni da una norma linguistica o

d’uso, ciò che influisce sulla percezione del testo da parte del lettore – la sua presenza all’interno

di un testo può essere descritta attraverso una terminologia mutuata dalla linguistica, applicabile a

testi letterari e non. E la conoscenza di concetti e termini della stilistica, pur non essendo requisito

fondamentale per essere uno scrittore o un traduttore migliore,

is almost certain to lead to greater awareness on the translator’s part of such elements as ambiguity and iconicity, or the importance of syntactic choice in the source text. (Boase-Beier, 2011, p. 16-17)

Inoltre, un’analisi stilistica del testo

can make it easier for the translator to describe and justify her or his stylistic decisions. But we can go further, and argue that knowledge of stylistics will allow the translator to consider how such aspects of meaning as attitude, implication, or cognitive state can be recreated in the target text. It will allow more detailed consideration of the interplay of universal stylistic features such as conceptual metaphor, culturally-embedded imagery, and specific linguistic connotation. (ivi, p.17)

Per quanto riguarda la critica della traduzione, si è già segnalato (sezione 2.4) come la sua

classificazione all’interno della traduttologia applicata si debba a Holmes (1972) e poi a Toury

(1995), e si debba a Munday (2001) il più recente ampliamento delle “diramazioni” del translation

criticism a includere la revisione, la valutazione delle traduzioni, e le recensioni.

Partendo dalla distinzione operata da Pym (1992) fra errori binari e non-binari, Kussmaul (1995)

approfondisce l’aspetto tassonomico della valutazione di una traduzione individuando le seguenti

categorie di problema: “cultural adequacy”, “situational adequacy”, “speech acts”, “meaning of

words”, “language errors” (p. 130-148). La critica della traduzione applicata alla revisione, non può

tuttavia prescindere dall’apporto di Reiss (2000), che della revisione condivide la stessa spinta

verso la trasparenza e l’oggettività, come annunciato fin dall’introduzione:

The purpose of this book is to formulate appropriate categories, and objective criteria for the evaluation of all kinds of translations. […] the limitations of translation criticism should be defined and categories developed that will consistently ensure the objectivity of judgements or expose their subjectivity. (p. xii)

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Altro fondamentale punto in comune con la visione della revisione che questo lavoro si propone di

consolidare, è l’analisi comparativa tra testo originale e traduzione che Reiss pone alla base di ogni

attività critica e valutativa. L’autrice propone una prima classificazione di tipologie testuali sulla

base della funzione del linguaggio, ovvero per rappresentare (oggettivo), per esprimere

(soggettivo), per attrarre (persuasivo). I testi corrispondenti saranno “content-focused”, “form-

focused” e “appeal-focused”. Passando poi alla categorizzazione degli ambiti della critica di una

traduzione, Reiss individua innanzitutto le componenti linguistiche (semantiche, lessicali,

grammaticali, stilistiche) e gli elementi extra-linguistici (contesto della scrittura, argomento, il

tempo e il luogo della scrittura, il pubblico dei lettori, l’individualità dello scrittore, fattori emotivo-

affettivi.

Si vuole concludere questa sezione proponendo l’analitica della traduzione e la sistematica della

deformazione proposte da Berman (2003), uno strumento critico-valutativo riferito al contesto

letterario e che dunque rappresenta un ideale complemento agli strumenti proposti finora i quali,

pur ricchissimi e altrettanto utili, nascono in contesti diversi e richiedono di volta in volta una

modulazione e un adattamento alla pratica e alla didattica della revisione editoriale.

Partendo da una visione negativa della traduzione come etno-centrica e ipertestuale, laddove il

testo fonte viene naturalizzato e addomesticato a livello linguistico, stilistico, semantico, ritmico,

sonoro, nella cultura di arrivo, a spese della sua identità culturale e linguistica, Berman individua

tredici tendenze deformanti che esercitano la loro forza attraverso l’opera del traduttore il quale,

pur subendole inevitabilmente, può tentare di “neutralizzarle” sottoponendosi consapevolmente a

un’analisi e a un controllo nel senso psicanalitico del termine. Berman riconosce la presenza di

queste tendenze nella prosa letteraria di qualsiasi ambito linguistico e nell’ottica della revisione

esse presentano una duplice utilità: da un lato forniscono un nome e una spiegazione ad approcci,

strategie e soluzioni ritenute sbagliate o comunque deformanti, dall’altro forniscono

un’indicazione – e relativa classificazione – delle misure da mettere in atto per rettificare le

suddette deformazioni. Le tendenze formulate da Berman si riferiscono a strategie normalizzanti e

semplificanti (razionalizzazione e chiarificazione) che spesso portano a riformulazione più prolisse

(allungamento), a innalzamenti o abbassamenti ingiustificati del registro

(nobilitazione/volgarizzazione), al decadimento (impoverimento qualitativo e impoverimento

quantitativo), all’uniformazione delle diversità (omogeneizzazione), alla cancellazione di elementi

linguistici e testuali (distruzione dei ritmi, distruzione dei reticoli significanti soggiacenti,

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distruzione dei sistematismi testuali, distruzione – o esoticizzazione – dei reticoli linguistici

vernacolari, distruzione di locuzioni e idiotismi) e l’eliminazione della varietà linguistica

(cancellazione delle sovrapposizioni di lingue). Si può condividere o meno il punto di partenza di

questa analitica della traduzione e le sue implicazioni etiche e culturali, è tuttavia evidente come

questa classificazione, benché in negativo, rappresenti uno strumento tassonomico di grande

utilità nell’ambito della traduzione editoriale e letteraria, e della relativa attività di revisione, e

fornisca anche un ‘indicazione metalinguistica per la descrizione di interventi di revisione

“controdeformanti”, per cui un allungamento diventa un accorciamento, un impoverimento

diventa un arricchimento, un’omogeneizzazione una diversificazione e una distruzione un

ripristino.

4.7. Panoramica descrittiva di contenuti-strumenti operativi

I contenuti-strumenti illustrati finora costituiscono la base per l’acquisizione di quelle competenze

analitico-critiche, descrittive, valutative, operative e metalinguistiche che compongono il profilo

professionale ideale del revisore. Ma poiché la revisione prevede una fase di azione visibile sul

testo tramite interventi concreti di modifica, illustrazione e spiegazione, e di commento nel caso di

un dialogo fra revisore e traduttore, è necessario acquisire una competenza che permetta di usare

gli strumenti informatici con i quali agire in maniera chiara e tracciata sul testo e allo stesso tempo

creare uno spazio virtuale per eventuali approfondimenti e/o collaborazioni.55

Sembra utile sottolineare, come premessa, alcuni aspetti critici dell’uso degli strumenti informatici

per lavorare su testi a video. Innanzitutto non va trascurato l’effetto che la modalità di

visualizzazione di parole o immagini può avere sulla capacità di individuare errori. Nel caso della

revisione, l’attività di controllo svolta su carta e su video può produrre risultati diversi legati non

solo alla maggiore o minore facilità di lettura, ma anche alla diversa percezione di “provvisorietà”

o “autenticità” e “autorevolezza” che il lettore-revisore può avvertire in relazione ai due diversi

supporti. Woodland e Szul (1999) individuano, tra le variabili che possono influire sulla capacità di

55

Si è deciso di non presentare in questa panoramica gli strumenti codificati per il lavoro su carta (i segni di correzione di bozze) perché da un lato sono espressione di una professionalità diversa da quella del revisore – seppure in parte sovrapponibile – dall’altro perché la loro mancata citazione all’interno dei contributi forniti dai partecipanti al sondaggio ne sottolinea la limitatezza dell’uso. Per completezza di informazioni è possibile consultare, tra le varie risorse presenti in rete, il documento scaricabile all’indirizzo http://www.mestierediscrivere.com/uploads/files/correzione_simboli.pdf (Ultimo accesso giugno 2015). Si segnala inoltre un curioso strumento “alternativo” di correzione di bozze, sviluppato nell’ambito della lingua inglese e dal chiaro intento ironico, consultabile all’indirizzo http://www.fuelyourwriting.com/funny-proofreading-marks-youre-unlikely-to-see-from-your-editor/ . Ultimo accesso: giugno 2015

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individuare errori o debolezze di un testo a video, la capacità di visualizzazione (intesa come la

capacità di manipolare o trasformare l’immagine e i suoi confini spaziali), il mezzo, il tipo di

schermo, l’affaticamento della vista, le modalità di tracciamento modifiche e annotazione,

l’orientamento del testo sulla pagina, il font, la distanza di lettura, la qualità dello schermo e il suo

livello di contrasto e illuminazione.

Nel caso specifico della revisione di un testo, Piolat (1991) riconosce l’importanza dei programmi

di videoscrittura ma sottolinea come l’applicazione di strumenti informatici non sia condizione

sufficiente a garantire una maggiore qualità del testo prodotto e un miglioramento della

competenza di revisione, e come invece la sua efficacia sia legata a una serie di parametri: qualità

e tipologia di hardware e software, livello di computer literacy e abilità di scrittura su tastiera del

revisore, contesto di esecuzione del compito di revisione. Certamente non basta conoscere gli

strumenti redazionali, annotativi e collaborativi di seguito presentati per svolgere una revisione

didattica o professionale di qualità, ma è proprio l’acquisizione di questa competenza strumentale

che può rendere più chiari, visibili, argomentabili e condivisibili gli interventi sul testo, diventando

così non solo una semplice risorsa operativa ma anche un mezzo e uno stimolo per attivare le altre

competenze analitiche, critiche e descrittive di cui la revisione si nutre.

I contenuti-strumenti di cui si offre una panoramica esemplificativa, si suddividono in tre tipoogie:

“editing tools” (per la modifica tracciata del testo), “commenting tools” (per l’annotazione del

testo con commenti personali e/o predefiniti), “collaborative tools” (per la creazione di spazi

virtuali e piattaforme che consentano il lavoro collaborativo). La selezione di alcune tra le

numerose risorse disponibili è stata operata sulla base della loro user-friendliness, della loro

applicabilità e adattabilità al contesto didattico della revisione nelle sue varie modalità (rapporto

docente-studente, rapporto peer-to-peer, attività di revisione collaborativa su progetto realistico)

ma anche del potenziale utilizzo nella pratica professionale. Si vuole inoltre specificare che gran

parte degli strumenti presenta più funzionalità contemporaneamente e in questa sede ne

verranno sottolineati i principali elementi distintivi e le potenzialità, nonché i punti di forza e di

criticità in merito alla loro applicazione in revisione.

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4.7.1 Editing tools: gli strumenti redazionali

Lo strumento redazionale e annotativo più usato in ambito didattico e professionale è senza

dubbio la funzione Revisione di Microsoft Word56 che, oltre a tutte le varie potenzialità di

videoscrittura (cambio carattere, cambio font, spaziatura, evidenziature, cambi colore, ecc.) offre

la possibilità di intervenire sul testo tracciando le modifiche operate e aggiungendo commenti

esplicativi a margine. I punti di forza di questo strumento sono la possibilità di

attivazione/disattivazione in qualsiasi momento, anche con lavoro di revisione in corso; la

possibilità di accettare/rifiutare facilmente gli interventi sul testo senza dover riscrivere nulla,

l’estrema user-friendliness, la possibilità di potenziare e personalizzare le sue caratteristiche

inserendo all’interno del programma delle macro, ovvero dei software che consentono al

programma di eseguire le stesse operazioni già previste ma utilizzando delle “scorciatoie”.

Una ricca scelta di macro editoriali con relative istruzioni di installazione è consultabile e

scaricabile gratuitamente al sito http://www.archivepub.co.uk/book.html57. Per le necessità e le

finalità della revisione didattica/professionale di un testo editoriale si segnalano ad esempio le

macro HighlightPlus e HighlightMinus, che possono essere usate per evidenziare parti di testo

scorrendo semplicemente i colori da un menù, senza dover ricorrere alla normale procedura di

selezione del testo e scelta del colore. Questa funzione può facilitare, ad esempio, una codifica

cromatica di vari problemi/errori di traduzione che richiedono un intervento di revisione oppure

può essere utilizzata per “colorare” la traduzione o la revisione in base a determinati parametri

analitici/categorie di errore che poi lo studente dovrà dedurre e descrivere. Questo tipo di attività

può rappresentare un’alternativa valida e meno dispendiosa in termini di tempo rispetto al

commento con inserimento manuale del testo, soprattutto nei casi in cui la revisione richiede

molti interventi e potrebbe trasformarsi in una lunga e pesante serie di commenti a margine.

Volendo invece utilizzare la funzione commenti proprio per la sua possibilità di inserimento di un

testo al suo interno, sembra particolarmente interessante la macro denominata

56 Lo stesso tipo di strumento esiste nel programma di videoscrittura OpenOffice e anche in ambiente Mac. Pur trattando di revisione nell’ambito della scrittura originale, in Eyman, D. & Reilly, C. (2006) “Revising with Word Processing/Technology/Document Design” in Horning, A. & Becker, A. (eds.), (2006) Revision. History, Theory, and Practice, Parlor Press LLC, West Lafayette, Indiana, sono presenti utili consigli e suggerimenti su come applicare efficacemente Microsoft Word alla didattica della revisione.

57 Ultimo accesso: giugno 2015

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CommentAddMenu, perché personalizzabile in un utilissimo strumento analitico, descrittivo e

argomentativo. Essa infatti consente di scegliere un commento da un menù predefinito ma che

può essere modificato aggiungendo, eliminando o sostituendo le voci al suo interno, a seconda del

tipo di revisione (didattica o professionale), della tipologia testuale, e dei parametri che si intende

applicare. Nel caso della traduzione editoriale e letteraria, per esempio, il menù potrebbe

contenere una lista di voci composta dai parametri di revisione di Mossop (2001/2014) uniti alle

tendenze deformanti illustrate da Berman (2003); oppure una lista di classificazione degli errori a

vari livelli, o addirittura una combinazione di vari parametri. La scelta di una voce all’interno del

menù di commenti pre-definiti non impedisce a chi rivede di aggiungere altro testo esplicativo o

argomentativo all’interno della casella del commenti.58

Una delle necessità principali della revisione didattica, professionale e collaborativa è il

tracciamento delle modifiche, che la macro denominata TrackingShowSwitcher, rende più

semplice soprattutto in quanto consente il passaggio fra diverse modalità di visualizzazione del

documento revisionato. Con un semplice clic si può passare dalla visualizzazione del testo con o

senza commenti, con o senza tracciamento delle modifiche, risorsa particolarmente utile quando

si desidera interrompere provvisoriamente la visione del testo in modalità “revisione” e avere

invece una panoramica complessiva del lavoro svolto – che si tratti di un paragrafo, o di un brano

più lungo – spostandosi dunque da una micro- a una macro-revisione. Questo passaggio è molto

importante nei casi in cui gli interventi tracciati sul testo siano così numerosi da rendere difficile

una lettura finale più vicina a quella definitiva, ed è anche utile a controllare e poi eliminare

eventuali errori ortografici, rime o ripetizioni non voluti e inseriti al momento della revisione.

Poiché una delle criticità del lavoro a video è proprio la tendenza a incoraggiare interventi di

revisione soprattutto a livello lessicale e di frase, più che a livello globale, la possibilità di vedere

agilmente il testo nella sua totalità e in una sua forma semi-definitiva consente anche interventi di

più ampio respiro come le scelte di tono, di stile e di registro.

Sempre riguardo alle modalità e agli strumenti di tracciamento modifiche sul testo, vale la pena

segnalare il software Changetracker, descritto in questi termini nel sito ufficiale (http://change-

tracker.com)

58 Uno strumento simile, di nuovo pensato per l’uso editoriale e redazionale, ma con elementi diversi all’interno del menu è la macro Proofreader Marks Add-in consultabile e scaricabile all’indirizzo http://gregmaxey.mvps.org/word_tip_pages/proofreader_marks_addin.html. Un ulteriore repertorio di macro è l’ Editor’s Toolkit, scaricabile al sito www.editorium.com.

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a freeware for tracking changes in bilingual documents. It can compare many file formats, can visualize the edits to speed up self-proofreading, streamline the linguistic quality assessment, and easily provide the evidence of TEP to stay compliant with the client and regulatory requirement.

Si tratta di uno strumento evidentemente pensato per un utilizzo nell’ambito dell’industria della

traduzione e della localizzazione, ma che può essere applicato a qualsiasi tipo di testo a patto che

sia ragionevolmente breve. È particolarmente utile quando si desidera visualizzare le modifiche

apportate su file in cui non è stata attivata la modalità di revisione tracciata. In questo senso è

simile allo strumento Confronta Versioni di Microsoft Word ma la visualizzazione fornita da

Changetracker risulta più gradevole e chiara, soprattutto perché pensata per una finalità

formativa, come viene sottolineato nella presentazione sul sito. Si dice infatti che questo

strumento rende possibile “to share editor’s reports with translators and improve their learning

curve.”

A metà strada fra gli strumenti redazionali e quelli annotativi di cui alla sezione successiva si

colloca l’Adobe Acrobat Commenting tool. Rispetto a Revisioni di Microsoft Word, questo

strumento consente di lavorare direttamente su file in formato pdf e la funzione “commento”

assume un significato più ampio a includere, come riportato nella Adobe Acrobat 9 Pro Guide59:

a note, highlight, stamp or any other markup you add to your PDF document by using the annotation and markup tools in the Comment panel. These tools allow you to insert detailed comments, highlight, replace, insert and delete text, mark a document with a customized stamp, and use graphics to mark up documents.

59

Il documento relativo alla funzione commenti può essere consultato e scaricato a questo indirizzo: http://www.palmbeachschools.org/adsc/ui/assets/guides/acro9markup.pdf Ultimo accesso: giugno 2015.

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Figura 74: Strumento redazionale e annotativo di Adobe Acrobat

Come si vede dalla figura riportata qui sopra, rispetto allo strumento redazionale di Microsoft

Word, quello di Adobe Acrobat ha un’interfaccia più accattivante e colorata. Gli interventi

redazionali sono facilmente riconoscibili sul documento tuttavia, a differenza di ciò che accade con

Revisioni di Microsoft Word, essi non risultano effettuati “fisicamente” sul testo, bensì appaiono

sotto forma di finestra a margine e dunque il loro impatto è solo visivo. Questo significa da un lato

che chi riceve la revisione deve modificare manualmente il testo sulla base degli interventi che

decide di accettare e rifiutare, rendendo quindi più oneroso e più lungo il lavoro; dall’altro,

tuttavia, si tratta di un approccio meno “invasivo” sul testo e forse più rispettoso dell’autorialità

del traduttore. Questo strumento potrebbe essere più adatto a situazioni di revisione in cui gli

interventi non sono numerosi e si desidera mantenere un approccio confidenziale, non

gerarchizzato tra revisore e traduttore, come ad esempio il contesto della peer revision. Dal punto

di vista dei commenti veri e propri, lo strumento di Adobe Acrobat risulta particolarmente efficace

in quanto i commenti vengono presentati in ordine cronologico ed è possibile rispondere al loro

interno, senza doverne aggiungere di nuovi, avviando così una “conversazione tracciata”. Un altro

elemento interessante è la possibilità di raggruppare i commenti di una stessa persona e

visualizzarli separatamente. Queste funzioni risultano particolarmente utili nel caso di una

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revisione collaborativa a cui partecipino anche altri soggetti oltre al traduttore e al revisore,

consentendo un dialogo ordinato parallelamente al lavoro vero e proprio sul testo.

4.7.2 Commenting tools: gli strumenti annotativi

Il secondo gruppo di contenuti-strumenti comprende varie possibilità di annotazione e

commento di un testo all’interno di un file, come quelle offerte ad esempio dal software

commerciale Co-ment (http://www.co-ment.com/), che si presenta come uno strumento di

“text annotation and collaborative writing.” Esso consente infatti di annotare, commentare e

redigere testi lavorando congiuntamente con altri utenti, di avviare discussioni sul testo in

corso d’opera ma senza intervenire direttamente al suo interno. Per la sua vocazione

collaborativa e discorsiva può essere un buon modo per incoraggiare gli studenti a produrre

commenti su una traduzione o una revisione svolta, e dunque incentivare l’acquisizione di una

prima competenza analitica e critica senza necessariamente dover operare interventi sul testo.

Di stampo più marcatamente didattico e valutativo è lo strumento di annotazione, Markin

(http://www.cict.co.uk/markin/index.php), un programma shareware per Windows pensato

per docenti che vogliano correggere, commentare e valutare un testo in formato elettronico.

Consente di importare file di vari formati e di aggiungere annotazioni e commenti cliccando su

comandi personalizzabili che possono essere configurati anche in maniera diversa da quella di

default, aggiungendo, eliminando o sostituendo le annotazioni pre-definite con altre. La

finalità didattica risulta evidente dalle funzionalità valutative dello strumento: a ogni

annotazione può essere attribuito un punteggio positivo, neutro o negativo, anche esso

personalizzabile, e al termine del lavoro di revisione-correzione, il software è in grado di

formulare un voto espresso in lettere, cifre o percentuali. Il programma consente inoltre di

formulare un’analisi statistica per confrontare il risultato di più studenti o di diversi testi dello

stesso studente, e infine anche di esportare il testo corretto in un formato accessibile e

consultabile dallo studente. Poiché in questo caso la revisione è a tutti gli effetti una

“correzione” e una “valutazione”, il suo uso può risultare limitante o frustrante all’interno di

un contesto collaborativo, e ancora di più in un contesto professionale. Tuttavia, proprio per la

possibilità di intervenire in maniera personalizzata e di segnalare con annotazioni di vario

genere, anche positive, gli elementi di forza o di debolezza della traduzione da rivedere, lo si

può annoverare come strumento descrittivo e valutativo utile non solo al docente ma anche

allo studente.

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Un approccio totalmente diverso perché solo visivo e sicuramente più informale è quello dello

strumento PDF Annotator (http://www.pdfannotator.com/en/), un software commerciale che

presenta un numero minore di possibilità di annotazione e commento ma consente di inserire

segni e immagini come se invece che un mouse o una tastiera si stessero usando penne

colorate ed evidenziatori.

Figura 75: Esempio di interventi di editing e commento sul testo attraverso il programma PDF Annotator

Proprio per questa suo carattere giocoso e molto user-friendly, può essere un utile strumento

da usare con gli studenti per rompere il ghiaccio e fare dell’attività di revisione un momento di

apprendimento collaborativo e condiviso e non esclusivamente correttivo e valutativo.

4.7.3 Collaborative tools: gli strumenti collaborativi

Quest’ultimo gruppo è rappresentato da luoghi virtuali e piattaforme che consentono il lavoro

collaborativo sui testi, che si tratti di scrittura originale, traduzione, redazione o revisione. Ciò che

li differenzia rispetto agli strumenti di annotazione e commento presentati alla sezione precedente

è la possibilità di intervenire sui testi e collaborare con vari interlocutori in tempo reale.

Un primo esempio di questo genere di strumenti è rappresentato dall’applicazione gratuita

Documenti Google, (https://www.google.it/intl/it/docs/), che consente di creare file di testo

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condivisibili e modificabili tramite strumenti di scrittura ed editing di base. Permette inoltre di

inserire commenti che possono entrare a far parte di una discussione in tempo reale e alla quale è

dunque possibile rispondere direttamente, senza bisogno di creare un nuovo commento. È inoltre

possibile “suggerire” modifiche al testo che, pur non essendo inserite con la modalità di

tracciabilità presente in Revisioni di Microsoft Word, vengono indicate come tali all’interno del

testo (segnalate con un colore diverso).

Per le grandi potenzialità di interazione, e per l’interesse didattico che sta riscuotendo, va

senz’altro segnalato l’esempio di attività collaborativa offerto dagli wiki, uno spazio web dove si

condivide un progetto comune di scrittura, e dove ogni partecipante può esprimere la propria

opinione senza che i vari contributi siano moderati esternamente o presentati in un ordine

gerarchico. Come si legge nella prefazione a Cummings e Barton (2008), molti formatori in tutto il

mondo hanno colto l’applicabilità di questo strumento nei contesti didattici legati alla scrittura e

hanno avviato progetti di cui viene fornita un’interessante tassonomia, utile a sottolineare le

qualità e le peculiarità di questo strumento.

Una doppia funzionalità di strumento redazionale e collaborativo è offerta anche da Piratepad

(http://piratepad.net/front-page/)60 ed Etherpad (http://etherpad.org/). Rispetto ad altri editing

tools più completi, queste due risorse open-source forniscono agli utenti solo funzionalità di base

per intervenire sul testo (testo barrato e sottolineato) da usare su un “pad”, una sorta di bloc-

notes virtuale. Anche in questo caso si tratta di strumenti che servono come stimolo visivo a una

attività concreta sul testo e come incentivo alla discussione la quale, grazie ai commenti in tempo

reale, può assumere la forma di una vera e propria “chat”. L’iniziatore dell’attività sul testo e

creatore del “pad” può invitare colleghi, studenti o semplici commentatori a entrare nella

piattaforma e interagire in tempo reale come avviene in qualsiasi altro social network. Come tutti

gli strumenti presentati finora, sono anche essi personalizzabili.

In linea con l’idea di “collaborative learning project” promossa da Kiraly (2003) sembra

particolarmente efficace l’applicazione di uno strumento come Wordbee (www.wordbee.com),

un’applicazione commerciale che dal proprio sito si presenta come un “web-based collaborative

translation management system”. Rispetto agli altri strumenti collaborativi, Wordbee si rivolge

specificamente al contesto traduttivo offrendo una visione più ampia e completa del lavoro

60

A questo indirizzo è disponibile e scaricabile un utile tutorial: https://jenniferbarnett.wikispaces.com/file/view/Pirate+Pad+Tutorial.pdf Ultimo accesso: giugno 2015.

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collaborativo su una traduzione/revisione che, seppure pensata per il contesto dell’industria della

traduzione specializzata, è molto simile a quella della filiera di lavorazione di un prodotto

editoriale. La “cloud technology” alla base di questo strumento consente ai vari attori del ciclo di

produzione di una traduzione (così come anche della filiera editoriale) di collaborare a uno stesso

documento contemporaneamente e con ruoli diversi. Questo può rappresentare un valore

aggiunto per la didattica della traduzione/revisione perché gli studenti possono ricoprire di volta in

volta ruoli diversi e assumere così il punto di vista del traduttore, del revisore esterno, del

redattore, dell’editor, simulando una situazione di lavoro reale e crescendo allo stesso tempo nella

consapevolezza e nella competenza professionale. Questo tipo di attività didattica collaborativa mi

sembra particolarmente istruttivo anche da un punto di vista etico e sociale, perché può

contribuire a modificare la tradizionale concezione del traduttore e in generale del lavoro

intellettuale come solitario, elitario e isolato dalla quotidianità in una visione del traduttore come

professionista competente, capace di interagire e “fare rete” con propri colleghi e con tutti gli altri

attori del processo editoriale.

L’ultimo strumento collaborativo di questa selezione, che si vuole solo ricordare perché già

presentato alla sezione 4.3.1, è la piattaforma TLHUB – Translation and Literary Hub,

(http://tlhub.org/en), dove traduttori, revisori, autori, scrittori di ogni parte del mondo possono

creare un account, caricare un lavoro di scrittura o traduzione e chiedere ad altri colleghi e

collaboratori di entrare a far parte del progetto e rivedere o commentare il testo in uno spazio

dedicato.

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Figura 76: Esempio di traduzione collaborativa sulla piattaforma TLHUB

L’elemento “innovativo” e distintivo di questo strumento è l’idea della traduzione come attività

sociale e la possibilità di creare una comunità in rete che protegga allo stesso tempo l’idea di

autorialità della traduzione. L’approccio è molto poco “correttivo” e molto “costruttivo” e l’attività

di revisione si svolge sostanzialmente sotto forma di commenti e suggerimenti scambiati tra pari.

Proprio per questo, può rappresentare un valido strumento didattico nell’incentivare la

verbalizzazione di analisi critiche e valutative e può anche sollecitare la costruzione di

consapevolezza sociale del ruolo del traduttore e del revisore.

4.7.4 In favore di una tecnologia della revisione

“Technology extends human capacities”: è questo l’assunto da cui partono Biau Gil e Pym (2006)

nell’indagare il rapporto tra traduzione e tecnologia in prospettiva pedagogica. Sembra

un’affermazione particolarmente adatta a chiudere questa breve panoramica di strumenti

informatici il cui scopo era sottolineare l’efficacia delle funzionalità da essi offerte nell’attivare,

incentivare e accrescere le competenze che compongono il profilo ideale del revisore editoriale. Se

degli strumenti informatici ed elettronici in genere si può dire che influiscano sulla traduzione dal

punto di vista della comunicazione (rendendo gli scambi più facili, rapidi e archiviabili), della

memoria (quantità di informazioni reperibili, consultabili e velocità di accesso) e dei testi (oggetti

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provvisori e modificabili in qualsiasi momento), degli strumenti presentati in questo capitolo si

vogliono sottolineare gli aspetti che possono influire positivamente sulla didattica della revisione,

con l’augurio che un loro uso più diffuso e personalizzato possa contribuire a crearne di nuovi,

capaci di riunire e integrare i punti di forza di ciascuno, riassunti in questo breve elenco:

sono strumenti di facile apprendimento e utilizzo, diretti e intuitivi, che rendono il lavoro di

revisione di un testo più agevole, trasparente e anche più piacevole;

forniscono un luogo virtuale e fisico più ampio e comodo per le attività fondanti della

revisione, ovvero il commento, la giustificazione, l’argomentazione, incentivando così

l’espressione di competenze analitico-critico-descrittive;

consentono di registrare il processo di revisione e dunque creare una sorta di “diario” sotto

forma di modifiche tracciate sul testo, di commenti e annotazioni, che può essere salvato e

archiviato, diventando prezioso materiale didattico e formativo.

rendono possibile l’attività di revisione collaborativa in tempo reale e a distanza, una

modalità di apprendimento efficace che prepara al contempo gli studenti a quelle

necessarie abilità di interazione e negoziazione richieste dal mondo professionale.

4.8. Due esperienze di didattica e formazione in revisione

Dopo aver illustrato le motivazioni a favore di una didattica della revisione e le particolari

potenzialità della sua modalità collaborativa, e aver presentato il modello di revision competence

alla base dei suggerimenti e degli spunti forniti in termini di metodo didattico, contenuti e

strumenti teorici e operativi, si vuole concludere questo capitolo con un breve resoconto di due

personali esperienze di insegnamento della revisione. Non hanno la pretesa di presentarsi come

esempio virtuoso di proposta didattica tuttavia, pur nella loro diversità di contesto (accademico e

professionale), possono offrire una prima indicazione della applicabilità e duttilità degli spunti e

delle ipotesi di lavoro esposte all’interno del capitolo.

La prima esperienza riguarda un percorso didattico sulla revisione svolto all’interno del modulo di

traduzione editoriale del Corso di Laurea Magistrale in Traduzione Specializzata dell’Università di

Bologna, campus di Forlì (primo semestre, A.A. 2012-2013, 6 incontri di 2 ore per un totale di 12

ore). La seconda si riferisce a un seminario di revisione editoriale condotto nel novembre 2013 per

una struttura di formazione privata e rivolta a traduttori con vari livelli di esperienza (seminario di

8 ore, suddivise in due blocchi – mattina e pomeriggio – all’interno della stessa giornata).

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Entrambe le occasioni condividono gli stessi approcci e gli stessi contenuti, seppure con pesi e

misure tarati in risposta alle diversa composizione dei due gruppi di partecipanti. Il percorso

didattico/formativo è diviso in due fasi principali: una prima fase “process-oriented” in cui si

discute intorno alla revisione come fase all’interno del processo traduttivo ed essa stessa

traducibile in procedure codificabili, e una seconda fase “product-oriented” in cui si illustra un

possibile metodo di lavoro per poi svolgere varie attività di analisi critica, prima su testi già

revisionati e poi su testi tradotti da altri da revisionare (in modalità individuale o peer). Il tempo

dedicato alle due fasi è stato adattato ai diversi bisogni dei due gruppi, studenti da un lato e

professionisti dall’altro. Nel primo caso, la conoscenza più solida e più fresca di contenuti teorici

ha reso possibile una prima fase più agevole per dedicarsi di più all’esperienza diretta con i testi.

Nel secondo caso, invece, la pratica professionale già consolidata – seppure con livelli diversi – ha

concesso di concentrarsi di più sull’inquadramento teorico e descrittivo di procedure già

interiorizzate, spesso in maniera inconsapevole.

Per entrambi le esperienze è stato proposto un percorso di apprendimento di tipo misto, con

trasmissione frontale di concetti e attività learner-centered più o meno equamente distribuite sul

monte ore totale e illustrati qui di seguito:

Prima fase (process-oriented):

brainstorming sul concetto di revisione e sua applicazione pratica (domande rivolte ai

partecipanti per capire quali fossero le loro conoscenze, percezioni, presupposizioni

intorno alla revisione e per incentivare un’atmosfera aperta e collaborativa);

presentazione di varie definizioni di revisione e sue tipologie applicative con relativi esempi

tratti da materiali autentici;

riflessioni sulle diverse competenze del revisore;

presentazione di strumenti teorici analitico-descrittivi ‒ principalmente parametri di

Mossop (2001/2014) e tendenze deformanti di Berman (2003) ‒ con illustrazione delle loro

finalità e potenzialità, ed esercitazione pratica sul loro riconoscimento e applicazione;

presentazione di strumenti operativi ‒ principalmente Revisioni di Microsoft Word – con

illustrazione delle loro finalità e potenzialità ed esercitazione pratica di applicazione.

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Si forniscono qui di seguito alcuni esempi di slide usate nel presentare i concetti introdotti nella

prima fase del percorso e avviare la relativa discussione in classe:

Figura 77: Slide esemplificativa di diverse tipologie di revisione tratte da un’esperienza di lavoro autentica

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Figura 78: Slide esemplificativa dei diversi passaggi della filiera editoriale – traduzione, revisione, redazione – tratta da un’esperienza di lavoro autentica

Figura 79: Slide esemplificativa di un’attività di revisione e del suo rapporto con fattori extra-testuali: il caso della narrativa per bambini/ragazzi. Esempio tratto da un’esperienza di lavoro autentica

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Figura 80: Slide esemplificativa della differenza fra editing e revisione di una traduzione tratta da un’esperienza di lavoro autentica

La seconda fase (product-oriented) del percorso formativo è articolata come segue:

proposta di metodo di lavoro;

attività di analisi critico-descrittiva su testi in lingua originale;

attività di analisi critico-descrittiva su revisioni di testi tradotti;

attività di analisi critico-descrittiva su testi tradotti ed esperienze pratiche di etero-

revisione (modalità individuale e peer) tracciata e commentata.

Si forniscono qui di seguito alcuni esempi di slide usate nel presentare i contenuti e le attività della

seconda fase del percorso:

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Figura 81: Slide illustrativa del metodo di lavoro proposto per l’attività di etero-revisione

Figura 82: Slide esemplificativa dell’attività pratica di revisione tracciata e commentata

Volendo meglio descrivere questa seconda fase del percorso didattico ‒ la proposta di metodo di

lavoro e la sua applicazione all’attività pratica di etero-revisione ‒ si dirà che il suo momento

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iniziale consiste in uno scambio costruttivo e una condivisione di idee sul ST e sulla sua ricezione a

diversi livelli (strutturale, linguistico, stilistico, culturale, funzionale ed editoriale) al fine di

sviluppare una mappa mentale del testo e identificarne la/le dominante/i61. Lo stesso approccio

analitico viene applicato al testo tradotto, la cui mappa mentale e dominante (o dominanti) così

individuata viene posta a confronto con quelle del testo fonte, sottolineando elementi di

continuità e discontinuità a qualsiasi livello. Questa prima attività contrastiva serve a formulare

una terza mappa mentale di tipo “diagnostico” che farà poi da riferimento per l’attività di

revisione, fornendo allo stesso tempo una prima, generale individuazione dei problemi di

traduzione e indicando la direzione da seguire nell’analisi critica e descrittiva di problemi e relativi

interventi, nel suggerire macro- e micro-strategie e approcci alternativi o nell’introduzione di

effettivi interventi sulla traduzione (sotto forma di correzioni, proposte, richieste di spiegazione,

conferma, convalida). Nel passaggio dalla mappa mentale della revisione alla sua traduzione

pratica in interventi sul testo attraverso processi cognitivi di scelta, esclusione e più in generale di

problem-solving e decision-making, i partecipanti si avvalgono dello strumento Revisioni di

Microsoft Word, consentendo così il tracciamento sul testo delle modifiche apportate e

l’inserimento di commenti dal valore esplicativo, argomentativo o relazionale. Il prodotto di

questa prima attività di revisione diventa poi oggetto di una nuova attività collaborativa di

discussione e condivisione per analizzarne e valutarne l’effettiva rispondenza alla mappa mentale

di revisione formulata inizialmente.

Questa progressione in tre momenti trae spunto dalla suddivisione tripartita di Skehan (1998) per

cui a una prima fase preparatoria in cui viene illustrato il percorso e l’obiettivo, segue una seconda

fase operativa e una terza conclusiva in cui studenti – e docente – sono invitati a riflettere su

quanto raggiunto. È proprio in quest’ultimo momento che vengono incoraggiati critiche costruttive

tra pari, dialogo, scambi di opinioni e punti di vista allo scopo di incentivare e rafforzare da un lato

lo spirito critico e analitico e la consapevolezza delle strategie e delle soluzioni adottate, dall’altro

costruire la competenza descrittiva e metalinguistica necessaria a motivare, giustificare e talvolta

difendere il prodotto della propria attività di revisione, come sostiene Fox (2000) in riferimento al

peer-conferencing nella classe di traduzione:

61

Il concetto di dominante, qui applicato all’analisi del testo originale, del testo tradotto e della sua revisione, appartiene a Jakobson, R. (1987) “The Dominant” in Language in LIterature, a cura di K. Pomorskae S. Rudy, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge (MA) & London.

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Having to discuss/defend their translated texts in public, learners are encouraged not only to think more deeply about the decisions they have made when translating but also to keep accurate records in order to be able to justify their decisions. (p. 128)

Il compito del docente/formatore sarà di avviare e moderare la discussione in modo che vengano

attivate anche le competenze interpersonali e psico-fisiologiche richieste da un’attività di revisione

e allo stesso tempo di fornire supporto teorico e metalinguistico per accompagnare e sostenere le

osservazioni emerse e potenziare il bagaglio di concetti e termini in via di apprendimento. Nel

tenere traccia di questa attività dialettica sul testo in corso di revisione, si viene a creare il “diario”

di una situazione realistica in cui traduttori e revisori negoziano le proprie strategie e soluzioni.

Questa procedura consente, in conclusione, una combinazione di lavoro collaborativo – necessario

ad attivare le competenze descrittive e argomentative – e riflessione individuale – necessaria ad

affinare le capacità di autocritica e di assunzione di responsabilità delle proprie scelte. In altri

termini, si inizia con il definire la poetica dell’autore, per poi definire la poetica del traduttore, la

poetica del revisore e il modo in cui queste interagiscono fra loro e con fattori extra-testuali quali

richieste e specifiche del committente, richieste e aspettative del mercato e del lettore finale.

Si è già detto, all’inizio di questa sezione, come le esperienze riportate non possano contare su una

applicazione continuativa e di lungo termine tale da convalidare metodi e procedure adottate, né

presentare risultati documentati e analizzabili. A commento conclusivo si può solo riferire della

loro riuscita nella misura in cui traspare dalle schede di valutazione dell’attività didattica compilate

dagli studenti e dai commenti positivi di partecipanti e struttura organizzatrice nel caso

dell’esperienza seminariale. Si auspica di proseguire l’attività di ricerca in ambito didattico per

poter trasformare le ipotesi di lavoro e gli spunti offerti in questo capitolo in una proposta

concreta da testare sul campo.

4.8.1 La valutazione di un percorso didattico in revisione

Avendo parlato di esperienze didattiche si ritiene utile formulare qualche riflessione sulla

valutazione delle competenze raggiunte al termine di un percorso di apprendimento intorno alla

revisione di una traduzione editoriale. Non essendo prevista alcuna valutazione all’interno

dell’esperienza di tipo seminariale, le precisazioni che seguono si riferiscono esclusivamente al

modulo didattico nel contesto academico. Agli studenti è stato chiesto di consegnare un lavoro di

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etero-revisione di una traduzione fornita preventivamente e tratta da un esempio reale di lavoro.

Sulla base dei contenuti e degli strumenti teorici e pratici che sono stati argomento del corso, gli

studenti sapevano che il loro lavoro di revisione sarebbe stato valutato secondo una matrice

suddivisa in cinque ambiti di pertinenza, con pesi diversi a seconda di come e quanto si era

lavorato verso l’acquisizione delle varie competenze e di quanto i diversi ambiti dovessero incidere

sulla valutazione complessiva:

1. grado di acquisizione della competenza analitico-critico-descrittiva e sua applicazione:

descrizione e classificazione degli errori, analisi critica delle strategie di

traduzione/revisione; capacità argomentativa;

2. grado di acquisizione della competenza operativa: capacità di operare e distinguere fra

interventi correttivi, migliorativi, suggerimenti, proposte alternative. Valutazione di

eventuali problemi/errori di traduzione non considerati o introdotti dallo studente-

revisore;

3. grado di acquisizione della competenza metalinguistica: uso appropriato del

metalinguaggio analitico-critico-descrittivo e dell’utilizzo dei parametri descrittivi;

4. grado di acquisizione della competenza strumentale: abilità nell’utilizzo della funzione

Revisioni di Microsoft Word in tutte le sue opzioni di tracciamento e rilevamento

modifiche, inserimento commenti, testo evidenziato, ecc.;

5. grado di acquisizione della competenza interpersonale: trattandosi di un’esercitazione

formativa in cui non è previsto il dialogo con il traduttore, questa competenza è stata

valutata basandosi esclusivamente sulla capacità di intervenire sul testo in modo rispettoso

e non prevaricante (proponendo e suggerendo anche alternative invece di operare

esclusivamente sostituzioni o correzioni) e sulla capacità di commentare gli interventi di

revisione in modo professionale, senza far prevalere gusto personale o idiosincrasie.

Pensando di attribuire un punteggio massimo di 6 per ognuna delle cinque voci (a comporre un

voto massimo complessivo di 30 su 30), le diverse competenze sono state valutate da 1 a 6 in

relazione al loro mancato, parziale o pieno raggiungimento. Il livello di acquisizione della

competenza psico-fisiologica non è stato specificatamente valutato in quanto considerato

trasversale per l’acquisizione e l’applicazione di tutte le competenze di cui sopra.

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A questo tipo di matrice, il cui scopo è quello di formulare una valutazione sommativa del livello di

competenza raggiunto al termine di un percorso formativo, si aggiungono altre modalità di

valutazione intermedie che possono servire a porre di volta in volta l’accento sull’acquisizione di

una singola competenza. È possibile, ad esempio, valutare la capacità analitico-critica-descrittiva

raggiunta chiedendo agli studenti di analizzare una traduzione e compilare una griglia in cui si

evidenzino errori o problemi, possibili interventi correttivi o migliorativi, origine dell’errore o

problema e tipologia/classe di appartenenza. Questo stesso strumento si può adattare all’analisi di

una revisione già svolta, dove allora si evidenzieranno gli interventi, li si classificherà come

correttivi, migliorativi, peggiorativi, non necessari, si evidenzieranno inoltre gli interventi mancati,

e si dovrà sempre individuarne la motivazione e la classificazione. Griglie di valutazione simili sono

suggerite da Dollerup (1994), che propone l’uso di un “feedback form”, e da Sainz (1994). Una

terza possibilità è l’applicazione di questo stesso tipo di strumento all’autovalutazione del proprio

lavoro di revisione su un testo altrui: laddove il docente provvederà a una correzione solo

“rivelativa” sarà poi lo studente interessato a dover riflettere su quanto evidenziato e a compilare

una griglia simile a quelle illustrate sopra proponendo descrizioni e rettifiche. Questo tipo di

approccio, in cui allo studente è chiesto di prendere consapevolezza del proprio lavoro e del suo

risultato, sembra particolarmente importante nell’acquisizione di quelle capacità critiche che sono

alla base della revisione e che soprattutto nell’attività di auto-revisione risultano più difficili da

attivare e applicare con successo.

4.9. Conclusioni

In questo capitolo dedicato alla didattica e alla formazione in revisione si è voluta fornire una serie

di spunti e ipotesi di lavoro nati dal connubio fra ricerca, pratica professionale ed esperienza in

aula. Partendo dalla convinzione del valore didattico e formativo della revisione, funzionale

all’acquisizione sia di una generale competenza traduttiva sia di una più specifica competenza di

revisione di cui il mercato della traduzione – e quello della traduzione editoriale in particolar modo

– sembra avere sempre più bisogno, e sottolineando l’elemento collaborativo come uno degli

aspetti caratterizzanti di una revisione didattica e formativa, si è proceduto a delineare le abilità

analitiche, critiche, descrittive, operative, metalinguistiche, strumentali, interpersonali e psico-

fisiologiche che compongono il profilo del revisore. Partendo da questa idea della competenza di

revisione e individuando nell’acquisizione di queste abilità l’obiettivo di un ideale percorso

didattico e formativo, è stato suggerito un metodo didattico abbinato a strumenti teorici e

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operativi di cui si sono evidenziate le potenzialità e gli elementi di particolare rilievo per la

didattica della revisione. Pur non potendo presentare una proposta compiuta e suffragata da una

sperimentazione continuativa e di lungo periodo, si è comunque scelto di offrire a mo’ di esempio

il resoconto di due esperienze di didattica e formazione in revisione, illustrando il metodo, i

contenuti e i materiali usati, insieme a un’indicazione del criterio di valutazione adottato. Di

ulteriori percorsi di ricerca che si reputa necessario intraprendere nell’ambito della didattica e

della formazione in revisione si darà conto al capitolo 5.

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Capitolo 5 - Indicazioni per futuri percorsi di ricerca

5.1. Introduzione

Si vogliono qui di seguito proporre temi di ricerca che, per mancanza di tempo e spazio, non è

stato possibile esplorare in questa sede ma si ritiene possano contribuire in modo importante alla

conoscenza di ciò che la revisione di un testo tradotto comporta. Il filo conduttore di questi

ulteriori percorsi di ricerca è la centralità della revisione sia all’interno del processo traduttivo, sia

nel percorso che conduce alla pubblicazione di una traduzione. Si vuole inoltre sottolineare il

contributo positivo della revisione collaborativa che, come già visto nell’illustrazione dell’indagine

conoscitiva (capitolo 3) e delle ipotesi didattiche (capitolo 4), è modalità operativa auspicabile sia

nella pratica professionale, sia nella didattica, in quanto consente di testare e mettere a frutto le

competenze specifiche del revisore, in particolare le sue capacità analitico-critiche-descrittive e di

negoziazione e interazione con l’altro.

Al fine di mantenere la triplice prospettiva che caratterizza questo lavoro (teorica, pratica,

didattica) si individueranno dunque possibili percorsi di ricerca sulla revisione che possano

contribuire a una conoscenza più approfondita del suo ruolo nel processo di traduzione e

pubblicazione del testo tradotto, a una più chiara comprensione delle dinamiche professionali e

interpersonali in atto in questa fase specifica, e all’affinamento di metodologie e prassi didattiche

per il suo insegnamento.

5.2. L’indagine sulla revisione nella Translation Process Research

La prima traccia di indagine proposta si inserisce nell’ambito della ricerca sul processo traduttivo e

vuole sottolineare in particolare l’importanza della revisione collaborativa come strumento

scientificamente valido di estrazione e raccolta dati, nonché più vantaggioso rispetto ad altre

metodologie utilizzate nell’ambito della Translation Process Research, grazie alla naturalezza della

situazione in cui i dati vengono sollecitati e raccolti. La revisione collaborativa consente il

passaggio da un contesto micro-sperimentale a un contesto macro-sperimentale reale, piuttosto

che realistico. La possibilità di raccogliere dall’attività di revisione dati e informazioni di varia entità

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e tipologia consente inoltre di studiare il processo traduttivo da una prospettiva più ampia e

onnicomprensiva, in quella che Hansen (2010, p. 193) definisce una “holistic investigation of

translation processes”. La revisione collaborativa e le sue tracce sul testo sotto forma di

inserimenti, modifiche e sostituzioni nel testo e commenti a margine rappresentano dunque una

soluzione al problema della compresenza di variabili difficili da investigare in maniera separata e

integrata al tempo stesso, descritta da Hansen come segue:

Human translation processes are complex mental processes occurring in social contexts. Any type of

study that tries to decompose such processes into constituent isolated phenomena and then observe

and analyze them separately under “controlled” conditions simply in order to guarantee more exact

results would run the risk of changing the character of these ‘natural processes’ and distort any

results gained. However, if we cannot decompose the processes, and they have to be investigated in

all their complexity, the observer is confronted with a multitude of variables, among them subjective

observations, individual backgrounds, ideals, thoughts, impressions, emotions, and experiences in

situations.(ibid.)

La tracciabilità elettronica della revisione collaborativa è inoltre un elemento che va incontro alla

necessità di ogni metodo di ricerca di creare un registro archiviabile e consultabile di tutte le

variabili del processo di traduzione e revisione, superando così pregiudizi e preconcetti nei

confronti dell’inaffidabilità di tutto ciò che tradizionalmente si considera “avantesto”62, come

sostiene Filippalopoulou (2008) nel dire che “paper drafts and notes tend to be ‘messy documents’

[…] loose sheets of paper, designed to serve a short-term purpose” (p. 28).

Al contrario, la pratica di revisione collaborativa e il relativo corpus di modifiche tracciate sui testi

e commenti e scambi revisore/traduttore possono rappresentare strumenti di ricerca quantitativa

e qualitativa sul processo di revisione e sul prodotto, consentendo di registrare, catalogare e

archiviare dati che derivano da situazioni professionali o didattiche non create ad-hoc e nelle

condizioni “controllate” di cui parla Hansen. Dal punto di vista qualitativo, inoltre, i commenti

diventano fondamentali non solo per ciò che dicono, ma anche per come lo dicono, consentendo

di ricavare dati importanti dal punto di vista degli atteggiamenti traduttivi e delle competenze

metalinguistiche nella descrizione di problemi di traduzione e relativi interventi di revisione, così

come di leggere pensieri, impressioni, emozioni espresse in modo chiaro o facilmente inferibile

62

Si intende qui tutta la serie di materiali che hanno una relazione immediata con il testo, ovvero le varie stesure e versioni, rifacimenti integrali o parziali che precedono il testo – in questo caso la traduzione – nella sua forma definitiva.

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con un margine di interpretazione soggettiva sicuramente ridotto rispetto ad altre situazioni

sperimentali.

Sono questi gli elementi che portano Munday (2013) e Siponkoski (2013) a sottolineare come,

anche al di fuori della modalità collaborativa della revisione, l’insieme di diversi “editorial revision

records” (note del traduttore, commenti, scambi di e-mail traduttore/revisore) possano costituire

un corpus di materiale di ricerca autentico, e come le “interim versions” di una traduzione,

insieme a ogni altra modalità di registrazione del processo creativo rappresentino un prezioso

materiale ancora largamente sottovalutato per lo studio del processo di traduzione e dell’attività

decisionale a esso sottesa. Nel suo interessante studio sul lavoro di revisione svolto dal traduttore

David Bellos su una traduzione dal francese all’inglese di Les choses di Georges Perec, a opera della

traduttrice Helen Lane (1965), Munday segnala inoltre come lo studio delle varie fasi del lavoro

metta in luce dei “revision patterns” che sarebbe importante mettere a confronto con ciò che

emerge da studi simili sulla revisione, in modo da formulare ipotesi sull’esistenza e la natura di

“universali della revisione”. Ciò che osserva Munday, ovvero un graduale spostamento da

questioni lessicali a questioni strutturali e infine strategiche nelle varie fasi della revisione,

concorda con quanto evidenziato in Jones (2006) nell’ambito della traduzione e auto-revisione

poetica, ma rimane un tema di ricerca ancora poco esplorato.

Un esempio diverso ma altrettanto importante del potenziale valore della revisione collaborativa

come strumento sperimentale nella ricerca sul processo di traduzione viene dal lavoro svolto da

Pavlović, N. (2009) e Pavlović, T. (2013) sui “collaborative translation protocols” (CTPs), definiti

dalla prima autrice come

a product of collaborative translation tasks, i.e. those tasks in which a pair or group of people translate the same source text together, basing their decisions on mutual consensus. In such tasks, the understanding of the source text meaning and the creation of the target text occur after individual cognitive processing and the interaction among the members of the group. (2009, p. 83)

Di nuovo, rispetto ad altri metodi di estrazione e raccolta dati verbali (TAPs, Integrated Problem

and Decisione Reporting, questionari e interviste) i CTPs garantiscono la naturalezza della

situazione sperimentale (perché il dialogo tra i partecipanti alla traduzione è spontaneo e reale) e

una riduzione della pressione e dello stress che di solito i soggetti subiscono in ogni situazione

sperimentale. L’interazione fra i partecipanti non è sollecitata né guidata dal ricercatore, bensì è il

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risultato diretto dello sforzo collaborativo. Ed è proprio in virtù di questa interazione che i

partecipanti sono motivati a “express, comment on and even justify their strategies in the process

of negotiating solutions for problems” (Barbosa e Neiva, 2003, p. 152), facendo dei CTP uno

strumento capace di estrarre e raccogliere dati quantitativamente e qualitativamente più ricchi

rispetto ad altre metodologie, ad esempio i TAPs, perché

the two (or more) subjects translating together have to justify the suggestions they make and to criticize the suggestions made by their partner(s).(Göpferich & Jääskeläinen, 2009a, p. 171)

Trasferendo queste considerazioni alla fase di revisione, appare evidente come alla registrazione

di un dialogo tra i partecipanti a un progetto di traduzione collaborativa posa corrispondere la

registrazione di un dialogo “scritto”, ovvero di ciò che avviene sul file elettronico del testo

tradotto, e come ai “collaborative translation protocols” possa corrispondere la definizione di

“collaborative revision protocols”, (CRPs,) qui nella loro prima formulazione.

Tuttavia, mentre i CTPs registrano un dialogo in presa diretta, i “collaborative revision protocols”

registrano uno scambio virtuale invece che reale, scritto invece che parlato, e non

contemporaneamente al loro svolgimento, proprio perché lo scambio traduttore-revisore avviene

a distanza e non necessariamente in tempo reale. Mentre i CTPs presentano un elemento di

criticità in quanto

the mental processes they reflect differ from the mental processes of an individual who translates alone, who does not have to take social interaction into account and who is not influenced, either positively or negatively, by the ideas of his or her partner (ivi, p. 172)

nei “collaborative revision protocols” la fase dialogica a distanza è in realtà una successione di

processi mentali e operativi individuali per cui entrambi gli interlocutori rispondono e reagiscono

agli stimoli dell’altro secondo i loro tempi, e secondo il proprio modo di pensare, senza artificiosità

o invasività dettata da pressioni o prevaricazioni.

Quanto esposto sembra motivo valido e sufficiente a valorizzare dunque la pratica della revisione,

soprattutto in modalità collaborativa tracciata, non solo come prezioso strumento didattico e

formativo, come modalità di lavoro eticamente corretta e rispettosa delle individualità di

traduttore e revisore, ma anche come strumento di investigazione nella Translation Process

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Research in virtù dei numerosi vantaggi che presenta rispetto ad altre metodologie di estrazione e

raccolta dati.

5.3. La revisione come laboratorio virtuale di genetica della traduzione

Mentre nei Translation Studies si può operare una prima, generale distinzione tra due tipologie di

ricerca, ovvero sul processo e sul prodotto, pensando alla Genetica della Traduzione è necessario

moltiplicare il tutto per due. Dal punto di vista genetico, infatti, si deve considerare l’esistenza di

due diversi processi e i rispettivi prodotti: il processo che conduce alla consegna da parte del

traduttore all’editore di ciò che lui/lei considera la “versione definitiva” della traduzione, e il

processo successivo, costituito da una o più fasi, in cui sono coinvolti altri professionisti

dell’editoria diversi dal traduttore (revisore, redattore, correttore di bozze), e il cui prodotto è la

versione pubblicata di una traduzione. Nel corso degli ultimi trent’anni circa, il primo processo e il

relativo prodotto sono stati oggetto di studio della ricerca sulla traduzione e sulla redazione di

testi originali secondo vari approcci e prospettive, ma solo in rare occasioni l’interesse accademico

si è concentrato sulla seconda coppia processo/prodotto. Tra le eccezioni si segnalano il lavoro di

Buzelin (2007), che applica la actor-network theory di Latour allo studio di tre traduzioni letterarie

“in progress”, dalla consegna del traduttore alla pubblicazione; il lavoro di Bogic (2010) che usa la

stessa teoria latouriana per analizzare le relazioni traduttore-editore durante il processo di

traduzione di Le deuxiéme sexe di Simone de Beauvoir in inglese; quello di Siponkoski (2013), che

prendendo in esame gli avantesti inediti di alcune traduzioni di Shakespeare in lingua finlandese

evidenzia elementi e tracce di negoziazione tra traduttori e revisori/redattori e sottolinea

l’importanza del lavoro editoriale come oggetto di studio; e in parte anche il lavoro di Munday

(2013) per ciò che riguarda l’analisi delle varie fasi di una revisione, poi diventata “riscrittura”, di

cui si è parlato nella sezione precedente.

Volendo anche in questo frangente sottolineare le potenzialità della modalità collaborativa della

revisione, si dirà che come rende palesi e registrabili i processi di traduzione e revisione passando

per la tracciatura di interventi a livello lessicale, testuale, concettuale e strategico, allo stesso

modo porta allo scoperto decisioni e strategie testuali ed extra-testuali, fornendo una sorta di

lente di ingrandimento su tutto ciò che rientra nell’ambito delle scelte e degli interventi che il

revisore compie spinto da motivazioni professionali, editoriali e personali, e del modo di

comunicarle. Rappresenta così uno strumento di indagine assolutamente prezioso per quel

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secondo processo di genesi del testo tradotto che parte alla consegna della traduzione “definitiva”

del traduttore e termina con la pubblicazione della traduzione “finale” da parte dell’editore.

Avere l’opportunità di registrare, osservare, analizzare e studiare non solo il prodotto finale di

questo secondo processo – per gran parte costituito dalla revisione – ma anche il percorso che

conduce al testo pronto per la stampa è come entrare in un laboratorio virtuale di genetica della

traduzione e vedere la traduzione da un punto di osservazione privilegiato dove processo e

prodotto insieme, con tutto il bagaglio di passaggi intermedi, versioni provvisorie e relazioni

interpersonali, si svelano. Come osserva Buzelin (2007)

analyzing the process of translation from the viewpoint of a work’s manufacture allows for documenting the editorial and revision work done on the manuscript delivered by the translators and thereby better understanding the role of actors who participate in the making of the text but whose actions and practices have so far received little attention. (p. 141)

Come si è già sottolineato, insieme al prodotto di una revisione collaborativa non sono da

sottovalutare altri tipi di materiali altrettanto importanti nella nascita di un testo tradotto e delle

dinamiche a essa sottese. Come sottolinea Munday (2013),

the existence of other material […] and, most particularly, correspondence, may provide clear evidence about the negotiation and location of power in the publishing world,

e ancora

the drafts should be seen as real-time and real-world evidence of translation revisions and doubts, sometimes with a rationale for decision-making. They constitute visible traces of the translatorial act. (p.134, corsivo mio)

È proprio la tracciabilità l’elemento che fa della revisione, collaborativa e non, su file elettronico

una modalità di raccolta dati particolarmente importante nel campo della genetica testuale. Come

sottolinea De Biasi (2011),

a genesi dell’opera deve aver lasciato delle “tracce”, che sono proprio quegli indizi materiali che la genetica testuale si propone di ritrovare, rendere interpretabili e comprendere attraverso i ‘manoscritti dell’opera’. ( p.21)

L’avvento della macchina da scrivere prima e dei programmi di videoscrittura poi hanno in qualche

modo disincentivato, e forse reso in parte inutile, la produzione di versioni intermedie di una

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traduzione, risparmiando a traduttore e revisore l’onere di armarsi di matita, gomma e penna

rossa e contrassegnare dubbi, problemi, soluzioni alternative o suggerimenti sulla carta, fornendo

invece la possibilità di una molto più semplice sovrascrittura sullo stesso documento elettronico.

La tecnologia informatica, tuttavia, non va considerata una nemica della ricerca genetica: al

contrario, consente di creare file elettronici dove tutti gli interventi sul testo sono registrati e

commentati, anche con l’ausilio di modalità alternative di visualizzazione e marcatura del testo. Gli

strumenti informatici rivestono dunque un ruolo chiave nella creazione di un “diario di bordo”

tracciato della revisione, contribuendo così a fugare dubbi e pregiudizi sulla parzialità e

inaffidabilità dei materiali extra-testuali e dei prodotti traduttivi intermedi (Toury, 1995) offrendo

una testimonianza scritta di ciò che accade durante una fase cruciale del processo di genesi di una

traduzione.

Si desidera solo aggiungere che per ottenere un panorama completo della genesi di una

traduzione – e con risvolti assolutamente positivi per il processo stesso di traduzione e revisione –

sarebbe auspicabile poter accedere anche a tutto quel repertorio di informazioni preziose che è

rappresentato da manoscritti, bozze ed editing del testo originale, e anche a eventuali scambi

autore-editore. Disporre di questo materiale significherebbe poter tracciare una sorta di “mappa”

della creazione originale capace di “orientare” il processo creativo della traduzione o comunque

illuminarne i momenti difficili o controversi. Laddove per esempio il traduttore, o il revisore in

seconda battuta, può essere tentato di semplificare, adattare o addomesticare, sapere che proprio

su quella parola o giro di frase l’autore è intervenuto più volte per offrire infine al lettore

un’atmosfera o un’allusione esotica e straniante, potrà convincerlo a rinunciare alla propria

strategia iniziale e mostrare una maggiore “lealtà” nei confronti dell’autore e della sua intenzione.

Mentre questo è possibile nel caso di alcuni classici della letteratura mondiale, il cui corpus di

manoscritti, note, corrispondenza è archiviato presso biblioteche o fondazioni, nel caso di autori

contemporanei ci si scontra da un lato con l’esiguità di questo materiale, dovuta come si è detto

alla possibilità di sovrascrivere i testi in formato elettronico ed evitare dunque la produzione di

testi intermedi, dall’altro con la difficoltà di instaurare un dialogo diretto autore-traduttore, quasi

mai per colpa di un autore poco disposto a rispondere ai dubbi del traduttore, ma molto più

spesso per una ritrosia di editori e redazioni.

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5.4. Studio comparativo della revisione nel contesto didattico e professionale

Come si è spesso sottolineato, la ricerca intorno alla revisione nella sua applicazione didattica e

professionale è ancora in una fase iniziale, e dunque è questo l’ambito in cui è possibile

individuare un numero maggiore di temi e indirizzi da percorrere. In particolare, lo studio

comparativo di processi e prodotti dell’attività di revisione svolta da studenti e da professionisti,

potrebbe essere prezioso per ricavare dati e informazioni utili a informare sia la programmazione

e strutturazione di corsi specifici per l’acquisizione delle competenze di revisione, sia a meglio

comprendere ciò che fa di un professionista dell’editoria un revisore esperto e come si possa

costruire quella esperienza.

Le domande di ricerca e le ipotesi da testare all’interno di case study dedicati potrebbero essere

molteplici e prendere di volta in volta in esame elementi puntuali o procedurali da indagare

all’interno di gruppi omogenei (solo studenti o solo professionisti) o in modalità comparativa. Un

primo studio potrebbe per esempio svolgere, in entrambi i gruppi di soggetti interessati, una

valutazione comparativa degli strumenti informatici di redazione testuale, commento e lavoro

collaborativo (illustrati al capitolo 4) sulla base di parametri come la ricchezza di strumenti di

editing, le possibilità di tracciabilità e commento, la facilità e intuitività d’uso, l’impatto e la

gradevolezza visiva, il grado di invasività, le maggiori o minori possibilità di applicazione a vari

contesti e generi testuali, il potenziale di personalizzazione e upgrade, l’impatto emotivo,

l’eventuale costo e il rapporto costo/beneficio, la possibilità di lavoro in tempo reale, etc.

Un secondo tipo di indagine comparativa potrebbe concentrarsi su come l’uso dei suddetti

strumenti informatici influisca sul processo e sul prodotto di revisione rispetto alla stessa attività

svolta con penna e matita su carta. A questo proposito si riportano i quesiti formulati da Hawisher

(1986) in relazione al potenziale ruolo dei programmi di videoscrittura sulla produzione di testi

originali:

(1) `Do students revise more extensively with word processors than with a pencil or a typewriter?' (2) `Are

the kinds of revisions students make with a word processor different from those made with a pencil or a

typewriter?' (3) `Is there a relationship between the extent to which students revise and the quality of their

essays?' (4) `Do students revise more effectively with word processors than with other means (pencil,

typewriter)?' (p. 8)

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Un aspetto messo in luce dallo studio di Munday (2013) riguarda la “ricorsività” degli interventi di

revisione su determinati elementi/passaggi di una traduzione che di volta in volta vengono

rimodificati, come a sottolineare l’esistenza di punti critici, vicini al concetto di “rich points”

sviluppato in PACTE (2011), ma diversi per il fatto che invece di essere decisi o indicati a priori, essi

sembrano emergere in maniera naturale durante la fase di revisione. In uno studio comparativo

fra studenti e professionisti sarebbe interessante analizzare, partendo da una stessa traduzione da

rivedere, se i due gruppi facciano emergere gli stessi punti critici e come decidano di trattarli

(rivelando dunque anche informazioni su una maggiore/minore consapevolezza analitica e critica,

capacità di correzione e formulazione di alternative, capacità argomentativa e giustificativa). In

modalità di revisione collaborativa, inoltre, potrebbero rientrare nel novero dei “rich points”

anche le varie istanze in cui traduttore e revisore dibattono di più, o con più accanimento, o con

pareri discordanti, o con la produzione di più alternative. Uno studio di questo tipo potrebbe

inoltre approfondirsi a investigare come il “luogo” della collaborazione possa frenare o al contrario

agevolare e incentivare il lavoro sui punti critici, mettendo per esempio a confronto un lavoro di

revisione collaborativa svolto su carta, su file elettronico di Microsoft Word, o su piattaforma on-

line. Lo stesso confronto tra studenti e professionisti potrebbe svolgersi sull’emergenza di

eventuali “revision patterns” (cfr. 5.2).

Pensando a un’applicazione più strettamente didattica, sarebbe utile indagare il ruolo che riveste

l’uso di strumenti informatici di editing e commento sul processo di acquisizione delle competenze

di revisione, in particolare delle competenze dichiarative, metalinguistiche e interpersonali. In

altre parole si potrebbe confrontare la capacità argomentativa da parte dello studente-revisore

chiamato a svolgere una etero-revisione non tracciata, verbalizzando dunque “a posteriori” i

ragionamenti alla base degli interventi operati, e la capacità argomentativa espressa dallo

studente-revisore chiamato a svolgere uno stesso compito ma corredando la revisione di

commenti per il traduttore. Un altro confronto interessante, sia tra studenti, sia tra professionisti,

potrebbe essere svolto sul prodotto di una etero-revisione svolta in due modalità diverse, ovvero

con e senza tracciamento di modifiche e commenti, per comprendere in che modo la necessità di

descrivere, spiegare, argomentare e interagire influisca quantitativamente e qualitativamente

sugli interventi stessi di revisione.

Infine, sarebbe auspicabile la realizzazione di uno studio longitudinale, svolto cioè sugli stessi

soggetti, a intervalli regolari e per un determinato arco temporale, che andasse per esempio a

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testare l’efficacia di determinati strumenti teorici e pratici (cfr. cap. 4) nell’acquisizione della

competenza di revisione in tutte le sue componenti, partendo da una fase iniziale in cui nessuno

strumento è ancora stato fornito per poi procedere a fasi successive e regolari corrispondenti

all’introduzione di altrettanti contenuti formativi di tipo teorico e pratico. Studi longitudinali di

questo tipo, in relazione all’acquisizione della competenza traduttiva, sono ad esempio quelli svolti

da Hansen (2006) e Göpferich (2009b) e dal gruppo PACTE (2011).

Si desidera concludere questo capitolo sottolineando come quelle qui presentate siano soltanto

alcune delle tracce di ricerca percorribili nell’ambito della revisione, e come l’interdisciplinarietà e

la triangolazione di approcci, metodi e strumenti debba essere il filo conduttore di ogni nuova

avventura di ricerca, soprattutto in un ambito così ricco di prospettive e possibilità applicative

come è quello della revisione di una traduzione editoriale.

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Conclusioni

Affrontare questo lavoro di ricerca ha comportato da un lato il privilegio di trattare una materia

ancora per gran parte inesplorata, da poter indagare con ampio margine di manovra e varietà di

prospettive; dall’altro il rischio di lasciarsi fagocitare da questa stessa ricchezza, un po’ per

l’emozione della scoperta, un po’ per l’inesperienza o l’incapacità di vedere sempre con chiarezza.

Pur facendo il possibile per dimostrarsi all’altezza del privilegio, questo lavoro deve fare

necessariamente i conti con alcuni suoi limiti, che per onestà intellettuale non possono essere

taciuti.

Innanzitutto, avendo presentato nel primo capitolo un ampio repertorio delle diverse

formulazioni, sinonimizzazioni e accezioni del termine revisione e suoi derivati, e avendo

sottolineato come – soprattutto nella realtà professionale – questa proliferazione terminologica

continui a sopravvivere generando confusione, manca uno strumento conclusivo in grado di

riassumere e orientare il lettore, che sarebbe forse stato utile pur nella consapevolezza dei limiti di

applicazione a seconda dei contesti.

Per quanto riguarda la ricognizione bibliografica, essa si annunciava parziale già nelle intenzioni e

dunque deve fare i conti con la ricchezza di quei contributi, soprattutto sulla revisione nell’ambito

della scrittura originale e in quello più recente del post-editing, che ne sono rimasti esclusi.

Infine, non è stato possibile far confluire gli spunti riguardo all’insegnamento e all’apprendimento

della competenza di revisione in una proposta didattica concreta e testata sul campo, sia per

mancanza di tempo sia per mancanza delle condizioni necessarie allo svolgimento di un case-study

longitudinale che potesse validare le ipotesi di metodo e di strumenti.

Questo lavoro ha tuttavia soddisfatto i suoi obiettivi generali: creare una sinergia di contributi in

ambito accademico, professionale e formativo mirati a conoscere in maniera più approfondita la

pratica della revisione nel processo traduttivo in generale e nella filiera di produzione di un libro

tradotto in particolare; delineare il profilo del revisore come figura editoriale mettendone in luce

aspetti personali e professionali che finora non erano mai stati rilevati e discussi.

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Il raggiungimento degli obiettivi specifici intermedi – fare chiarezza terminologica, fotografare la

realtà della revisione editoriale in Italia, sottolineare l’importanza della revisione come strumento

didattico per l’acquisizione della competenza traduttiva e contenuto a sé stante, indicare nuovi

percorsi di ricerca futura – è testimoniato da tre principali risultati concreti:

1. la formulazione di una definizione sommativa di revisione come attività pluridimensionale,

e di una definizione operativa di revisione da applicarsi al contesto della traduzione

editoriale;

2. lo svolgimento della prima indagine conoscitiva sulla pratica professionale della revisione

editoriale in Italia;

3. l’elaborazione di ipotesi di lavoro e suggerimenti di metodo e strumenti teorici e operativi

da applicare a una didattica della revisione.

Si vuole lasciare l’ultima parola a chi di revisione – e non solo di una traduzione – si è occupato in

maniera totale e radicale:

Now that is translated and finished, everybody can read and criticize it. One now runs his eyes over three or four pages and does not stumble once – without realizing what boulders and clods had once lain there where he now goes along as over a smoothly-planed board. We had to sweat and toil before we got those boulders and clods out of the way, so that one could go along so easily. The plowing goes well when the field is cleared. (Martin Lutero, 1963, in Reiss, 2000, p.1)

Forse non tutte le asperità di questo lavoro sono state rimosse, forse la lettura avrà avuto qualche

inciampo, ma si ha la certezza che la fatica non è stata vana e che il campo che questa esperienza

di ricerca ha almeno in parte contribuito a dissodare sia pronto per tracciare nuovi e ricchi percorsi

di indagine.

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Indice Tabelle

Tabella 1: Specificità delle diverse procedure valutative (Brunette, 2000b, p. 172)

Tabella 2: Termini e procedure della qualità in traduzione (Künzli, 2014, p. 8)

Tabella 3: Modello di revision competence (Horváth , 2009)

Tabella 4: Classificazione degli errori nel contesto della traduzione letteraria (Wuilmart, 2014)

Tabella 5: Classificazione delle microstrategie traduttive (Chesterman, 1997, pp. 94-112)

Tabella 6: Parametri di revisione (Parra Galiano, 2007b, pp.202-7)

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278

Indice Figure

Figura 1: Modello di revision competence (Hansen, 2009a, p.275)

Figura 2: Le fasi del disegno di ricerca (Schuman e Kalton, 1983, in Zammuner, 1998, p. 51)

Figura 3: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla modalità di compilazione dei questionari (traduttori)

Figura 4: Sinonimizzazione del termine revisione all’interno delle definizioni fornite (traduttori)

Figura 5: Elementi più ricorrenti nelle definizioni personali di revisione (traduttori)

Figura 6: Lettura delle definizioni secondo la griglia della definizione sommativa di revisione (traduttori)

Figura 7: Distribuzione dei rispondenti per genere di appartenenza (traduttori)

Figura 8: Distribuzione dei rispondenti per fasce di età (traduttori)

Figura 9: Distribuzione dei rispondenti per anzianità lavorativa (traduttori)

Figura 10: Distribuzione dei rispondenti rispetto ai generi testuali di lavoro (traduttori)

Figura 11: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia narrativa dei testi di lavoro (traduttori)

Figura 12: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla formazione in revisione (traduttori)

Figura 13: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di formazione seguita in materia di revisione

(traduttori)

Figura 14: Effetti positivi dichiarati della formazione specifica in revisione (traduttori)

Figura 15: Distribuzione dei rispondenti rispetto al supporto usato in fase di auto-revisione (traduttori)

Figura 16: Distribuzione dei rispondenti rispetto al ricorso alla rilettura ad alta voce in fase di auto-revisione

(traduttori)

Figura 17: Distribuzione dei rispondenti rispetto alle strategie di distanziazione usate in fase di auto-

revisione (traduttori)

Figura 18: Distribuzione dei rispondenti rispetto alle modalità di tracciamento modifiche sul testo durante

la fase di auto-revisione (traduttori)

Figura 19: Distribuzione dei rispondenti rispetto all’utilizzo della funzione Commenti di Microsoft Word in

fase di auto-revisione (traduttori)

Figura 20: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla frequenza delle interazioni traduttore CE/revisore

durante la fase di auto- ed etero-revisione (traduttori)

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Figura 21: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di materiali/fonti di consultazione utilizzati

durante la fase di auto-revisione (traduttori)

Figura 22: Distribuzione dei rispondenti rispetto ai tempi in cui la auto-revisione si inserisce nel processo di

traduzione (traduttori)

Figura 23: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla modalità di auto-revisione “in itinere” (traduttori)

Figura 24: Distribuzione dei rispondenti rispetto al tempo dedicato alla revisione vs. tempo totale della

traduzione (traduttori)

Figura 25: Distribuzione dei rispondenti rispetto al rilevamento di una soglia di attenzione massima in fase

di auto-revisione (traduttori)

Figura 26: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla loro soglia di attenzione in fase di auto-revisione

(traduttori)

Figura 27: Distribuzione dei rispondenti rispetto al loro tempo di sedimentazione (drawer-time) ideale

(traduttori)

Figura 28: Distribuzione dei rispondenti rispetto a modifiche nelle procedure di auto-revisione adottate con

il passare del tempo e/o con la maggiore esperienza (traduttori)

Figura 29: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla finalità attribuita alla fase di auto-revisione (traduttori)

Figura 30: Distribuzione delle tipologie di intervento più frequenti in fase di auto-revisione (traduttori)

Figura 31: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla pratica di delegare questioni specifiche alla fase di

revisione (traduttori)

Figura 32: Distribuzione dei rispondenti rispetto alle questioni la cui risoluzione è demandata di proposito

alla fase di revisione (traduttori)

Figura 33: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla percezione delle aree di intervento sul testo che il

revisore esterno individua meglio del traduttore (traduttori)

Figura 34: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla percezione degli elementi del testo che il revisore

esterno non coglie tanto quanto il traduttore (traduttore)

Figura 35: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla modalità di compilazione dei questionari (revisori)

Figura 36: Sinonimizzazione del termine revisione all’interno delle definizioni fornite (revisori)

Figura 37: Elementi più ricorrenti nelle definizioni personali di revisione (revisori)

Figura 38: Lettura delle definizioni secondo la griglia della definizione sommativa di revisione (revisori)

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Figura 39: Distribuzione dei rispondenti per genere di appartenenza (revisori)

Figura 40: Distribuzione dei rispondenti per fasce di età (revisori)

Figura 41: Distribuzione dei rispondenti rispetto all’esperienza lavorativa in revisione e traduzione e

l’ordine di ingresso nelle due professioni (revisori)

Figura 42: Distribuzione dei rispondenti rispetto agli anni di esperienza in revisione (revisori)

Figura 43: Distribuzione dei rispondenti rispetto ai generi testuali di lavoro (revisori)

Figura 44: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia narrativa dei testi di lavoro (revisori)

Figura 45: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla formazione in revisione (revisori)

Figura 46: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di formazione seguita in materia di revisione

(revisori)

Figura 47: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di formazione seguita in materia di revisione

(revisori)

Figura 48: Distribuzione dei rispondenti rispetto allo svolgimento di una prova di revisione come accesso

alla professione (revisori)

Figura 49: Distribuzione dei rispondenti rispetto al loro inquadramento professionale (revisori)

Figura 50: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla modalità di calcolo del compenso per un incarico di

revisione (revisori)

Figura 51: Tariffe minime e massime per i rispondenti che hanno dichiarato di ricevere un compenso a

cartella (revisori)

Figura 52: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla loro percezione della visibilità del revisore (revisori)

Figura 53: Distribuzione dei rispondenti rispetto al grado di responsabilità da loro attribuito al lavoro del

revisore (revisori)

Figura 54: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla pratica della lettura del ST/TT prima di iniziare l’attività

di revisione (revisori)

Figura 55: Distribuzione dei rispondenti rispetto al tipo di revisione comparativa da loro effettuata (revisori)

Figura 56: Distribuzione dei rispondenti rispetto al supporto usato per l’attività di revisione (revisori)

Figura 57: Distribuzione dei rispondenti rispetto al ricorso alla rilettura ad alta voce nell’attività di revisione

(revisori)

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Figura 58: Distribuzione dei rispondenti rispetto alle modalità di tracciamento modifiche sul testo durante

l’attività di revisione (revisori)

Figura 59: Distribuzione dei rispondenti rispetto all’utilizzo della funzione Commenti di Microsoft Word

durante l’attività di revisione (revisori)

Figura 60: Distribuzione dei rispondenti rispetto al destinatario dei commenti da loro inseriti su file durante

l’attività di revisione (revisori)

Figura 61: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla frequenza delle interazioni con la CE durante l’attività

di revisione (revisori)

Figura 62: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla frequenza dell’interazione con il traduttore durante la

fase di revisione (revisori)

Figura 63: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla tipologia di materiali/fonti di consultazione utilizzati

durante l’attività di revisione (revisori)

Figura 64: Distribuzione dei rispondenti rispetto a ciò che considerano gli elementi costitutivi di una

revisione “ideale” (revisori)

Figura 65: Distribuzione dei rispondenti rispetto al luogo di lavoro abituale (revisori)

Figura 66: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla media del tempo concesso per un incarico di revisione

(revisori)

Figura 67: Distribuzione dei rispondenti rispetto alla loro soglia di attenzione durante l’attività di revisione

(revisori)

Figura 68: Distribuzione dei rispondenti rispetto a modifiche nelle procedure di revisione adottate con il

passare del tempo e/o con la maggiore esperienza (revisori)

Figura 69: Distribuzione dei rispondenti rispetto a ciò che definiscono lo scopo principale dell’attività di

revisione (revisori)

Figura 70: Distribuzione delle tipologie di intervento più frequenti in fase di etero-revisione (revisori)

Figura 71: Proposta di modello di revision competence

Figura 72: Modello sequenziale del processo di editing (Kruger, 2008, p.56)

Figura 73: Tassonomia degli interventi di revisione (Faigley e Witte, 1981, p. 403)

Figura 74: Strumento redazionale e annotativo di Adobe Acrobat

Figura 75: Esempio di interventi di editing e commento sul testo attraverso il programma PDF

Annotator

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Figura 76: Esempio di traduzione collaborativa sulla piattaforma TLHUB

Figura 77: Slide esemplificativa di diverse tipologie di revisione tratte da un’esperienza di lavoro autentica

Figura 78: Slide esemplificativa dei diversi passaggi della filiera editoriale – traduzione, revisione, redazione

– tratta da un’esperienza di lavoro autentica

Figura 79: Slide esemplificativa di un’attività di revisione e del suo rapporto con fattori extra-testuali: il caso

della narrativa per bambini/ragazzi. Esempio tratto da un’esperienza di lavoro autentica

Figura 80: Slide esemplificativa della differenza fra editing e revisione di una traduzione tratta da

un’esperienza di lavoro autentica

Figura 81: Slide illustrativa del metodo di lavoro proposto per l’attività di etero-revisione

Figura 82: Slide esemplificativa dell’attività pratica di revisione tracciata e commentata

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Bibliografia

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ALLEGATI

Allegato n.1

Decalogo per il processo di lavorazione delle traduzioni 63

a cura di STRADE, Sindacato Traduttori Editoriali

1. Nella fase di assegnazione della traduzione, la redazione dovrebbe scegliere il traduttore più

adatto al libro (eventualmente anche grazie a una prova, che il traduttore accetterà di buon

grado), coinvolgendolo nella definizione del target di lettori, discutendo lo standard stilistico e

fornendogli le schede di lettura che hanno motivato la pubblicazione.

2. Prima di accettare un incarico, il traduttore avrà visionato l’originale e valutato attentamente la

difficoltà del testo e i tempi di consegna, che si impegnerà a rispettare, così come si adeguerà alle

norme redazionali ricevute insieme al contratto.

3. È auspicabile che il revisore sia individuato già durante la fase della traduzione, in modo che, se

necessario, il traduttore possa mettersi in contatto con lui anche prima della consegna. I problemi

più evidenti e le incongruenze potranno essere segnalati in questo stadio ed eventualmente risolti

anche attraverso il contatto diretto con l’autore. Se possibile, sia il traduttore sia il revisore

dovranno avere accesso anche al testo di partenza in forma elettronica, che garantisce rapidità

nelle ricerche e può contribuire a evitare errori.

4. Il traduttore spiegherà le scelte e le strategie generali, i dubbi e le particolarità linguistiche,

usando commenti o note nel file elettronico (e/o una lettera d’accompagnamento). Il revisore ne

terrà conto (discutendo i punti controversi con il traduttore) e se necessario lascerà a sua volta dei

commenti. Questa documentazione dovrebbe seguire il manoscritto per tutto l’iter, fino alle

bozze.

5. A tutti i traduttori, anche i migliori, è necessario affiancare un revisore esperto che corregga con

il testo originale a fronte. È auspicabile che il revisore abbia le competenze linguistiche per

comprendere il testo di partenza. In caso contrario, la stretta collaborazione con il traduttore

diventa ancora più indispensabile.

63 Risorsa consultabile all’indirizzo http://www.traduttoristrade.it/decalogo/ Ultimo accesso: giugno 2015.

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300

6. Il revisore ideale non dovrebbe ritradurre, né imporre le proprie idiosincrasie linguistiche; prima

di intervenire su una frase, dovrebbe chiedersi non tanto se “possa” quanto se “debba” essere

migliorata.

7. Scopo della revisione è perfezionare il testo tradotto in modo che le scelte finali risultino le

migliori possibili. Spesso il revisore è anche il primo lettore, e le proposte di modifica che il

traduttore riceve sono messaggi importanti. La comunicazione è determinante per creare un

atteggiamento costruttivo: sarà dunque importante, da entrambe le parti, usare un tono

collaborativo e cortese, a prescindere dal numero di correzioni.

8. Ultimata la revisione, il traduttore riceverà il file con le modifiche evidenziate, in modo che

possa valutare gli interventi fatti. Se possibile e se il traduttore lo preferisce, le correzioni potranno

anche essere inviate in forma cartacea. Il traduttore ha il diritto di ricevere le prime e, se i tempi lo

consentono, anche le seconde bozze di stampa, con un numero di giorni adeguato a consentirne la

lettura.

9. Tutti i professionisti coinvolti nel processo di revisione hanno bisogno di tempi ragionevoli. Le

deroghe alle scadenze stabilite andranno comunicate con la massima tempestività.

10. In sintesi il traduttore, consapevole del proprio ruolo di mediatore culturale fra due lingue e

due civiltà – di cui è conoscitore privilegiato –, si impegna a mettere a disposizione della redazione

le sue competenze durante tutto l’iter di lavorazione del progetto editoriale, dalla sua

formulazione fino alla promozione del libro pubblicato.

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Allegato n.2

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, sede di Forlì. Dottorato in

Traduzione, Interpretazione e Interculturalità – Ciclo XXVII

La revisione nella traduzione editoriale/letteraria

dall’inglese all’italiano

Indagine conoscitiva

Dott.ssa Giovanna Scocchera

Aprile 2013

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Premessa:

Il questionario che ti accingi a compilare è parte del lavoro di ricerca che sto conducendo presso il

Dipartimento di Interpretazione e Traduzione della Scuola Superiore di Lingue Moderne per

Interpreti e Traduttori di Forlì, Università di Bologna, nell’ambito del corso di Dottorato in

Traduzione, Interpretazione e Interculturalità. Lavoro come traduttrice letteraria da quasi quindici

anni e da almeno sei come revisora esterna. Occupandomi anche di formazione e didattica, ho

sentito l’esigenza di raccogliere e mettere a confronto i dati provenienti dai diversi ambiti in cui

mi sono trovata a operare: la ricerca accademica, la prassi professionale e la didattica in materia di

revisione.

La revisione è per ogni traduttore un momento cruciale sia all’interno del proprio lavoro di

traduzione sia nel processo successivo di lavorazione editoriale. La pratica della revisione gioca

inoltre un ruolo fondamentale nella formazione dei traduttori in quanto analizzare, commentare,

migliorare – in altre parole, rivedere – le traduzioni proprie e altrui è uno strumento di crescita per

ogni studente di traduzione e di maturazione professionale per ogni traduttore.

Il questionario è di tipo qualitativo, non quantitativo: questo significa che lo scopo non è misurare

e organizzare conoscenze e dati già acquisiti, bensì raccogliere informazioni del tutto nuove o mai

rese disponibili finora, e successivamente elaborarle. Le domande che ti vengono poste hanno lo

scopo di tracciare un identikit della revisione e del revisore che sia il più esaustivo possibile e che

raccolga informazioni sul metodo di lavoro, i luoghi e i tempi della revisione, e infine le finalità

attese ed effettive di questa attività. Il questionario ha una doppia formulazione: un formato è

rivolto ai soli traduttori e indaga il lavoro di revisione fatto sulle proprie traduzioni (auto-

revisione); l’altro formato è rivolto ai revisori (che possono anche essere traduttori a loro volta) e

indaga il lavoro di revisione fatto su traduzioni altrui (etero-revisione). In base alla tua esperienza

professionale, puoi scegliere di compilare un solo questionario o entrambi.

Le risposte ai questionari - incrociate con i dati raccolti tramite colloqui e/o interviste da realizzare

con altri professionisti dell’editoria che intervengono a diverso titolo nel processo di lavorazione di

una traduzione (editor, redattori, correttori di bozze) - verranno analizzate, interpretate e

organizzate in modo da farne un documento a carattere divulgativo.

I dati richiesti dai questionari saranno trattati in forma aggregata e non saranno utilizzati per altri

fini oltre a quelli della presente ricerca.

Suggerimenti per la compilazione:

il tempo di compilazione previsto è di 30-40 minuti;

non preoccuparti se l’inserimento delle tue risposte modifica il formato o la lunghezza del

questionario;

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ti consiglio di scrivere le risposte con un colore diverso dal nero, in modo che risaltino

meglio sulla pagina e ti sia anche più facile ritrovarle, qualora volessi modificare e/o

aggiungere qualcosa in un secondo momento;

gli esempi non voglio essere in alcun modo esaustivi, ma solo un aiuto ad avviare la

riflessione autonoma. Sentiti libero di aggiungere ogni commento che riterrai opportuno.

Questionario per i traduttori

Cosa, chi, come, quando, dove e perche della revisione

1. COSA è la revisione? Al fine di ottenere risultati confrontabili e analizzabili, è opportuno definire l’accezione con cui

viene inteso il termine revisione all’interno del questionario. Innanzitutto la revisione è qui

considerata solo come processo “attivo” e dunque come attività non subita, bensì svolta in prima

persona sulle proprie traduzioni (auto-revisione) o su traduzioni altrui (etero-revisione). Per

revisione si intende inoltre il lavoro sul testo in quanto “traduzione” di un testo in un’altra lingua:

questa precisazione vuole sottolineare come la revisione non possa prescindere da un confronto -

possibilmente integrale – con il testo di partenza e di conseguenza dalla conoscenza della lingua

straniera. Pur ammettendo possibili e comprensibili sovrapposizioni e punti di contatto, la

revisione oggetto del questionario non è da intendersi come editing (lavoro su un testo che non è

necessariamente una traduzione - o che non viene comunque trattato come tale - ed è finalizzato

a un migliore posizionamento e una migliore ricezione/vendibilità sul mercato di arrivo); né come

redazione (lavoro finalizzato alla conformità con le norme redazionali interne alla casa editrice, con

il catalogo, con le aspettative dei lettori per un determinato genere, con le caratteristiche di

riconoscibilità sul mercato); né infine come correzione di bozze (lavoro finalizzato alla pulizia

dell’aspetto grafico e tipografico del testo, in conformità con la produzione della casa editrice).

Puoi fornire una tua definizione personale di revisione?

2. CHI è il traduttore auto-revisore? 2.1 I tuoi dati anagrafici (età, sesso).

2.2 Nella tua formazione di traduttore – accademica o paragonabile - hai seguito

corsi/lezioni/seminari sulla revisione? Se sì, di che tipo, di che durata e in quale contesto?

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2.3 Se hai seguito dei corsi/lezioni/seminari sulla revisione, quale è stata la ricaduta - positiva o

negativa - sul tuo lavoro di traduttore/traduttrice? (più consapevolezza, più dubbi, acquisizione

di un metodo di lavoro, acquisizione di parametri analitici e descrittivi, altro - specifica).

2.4 Quanti anni di esperienza hai come traduttore/traduttrice?

2.5 Di che genere di testi ti occupi? (saggistica, manualistica, narrativa letteraria, narrativa

commerciale, narrativa di genere, narrativa per bambini e ragazzi, altro- specifica).

3. COME si fa la revisione? (da intendersi in senso descrittivo, non prescrittivo)

3.1 In che modalità rivedi la tua traduzione? (solo su file, solo su carta, in entrambi i modi ma in

fasi diverse, altro - specifica).

3.2. Quale sistema di tracciamento delle modifiche adotti? (strumento Revisioni di Word o altro

software, penna/matita su carta, con segni di correzione di bozze, con promemoria di altro tipo,

con colori diversi a indicare ambiti diversi di intervento, altro- specifica).

3.3 Aggiungi dei commenti? Se sì, qual è la loro funzione?

3.4 Rileggi ad alta voce? Perché? Quali sono vantaggi e svantaggi?

3.5 Adotti strategie di distanziazione dalla traduzione? Se sì, quali? (cambio di postazione,

cambio di impaginazione del file, cambio di mezzo – da schermo a carta , intervallo di tempo,

altro - specifica).

3.6 Quale materiale - anche umano - di consultazione, controllo e verifica utilizzi più spesso?

(dizionari, testo originale, testi paralleli, colleghi o conoscenti, esperti di settori particolari, la

rete, altro – specifica).

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3.7 Il tuo modo di rivedere la traduzione cambia in funzione della tipologia testuale che hai

davanti? Se sì, in che modo? (maggiore/minore attenzione alla lingua, alle connotazioni

culturali, alla scorrevolezza, alla cura redazionale, altro- specifica).

3.8 C’è una qualche discrepanza tra quella che vedi come la revisione “ideale” e quella che riesci

effettivamente a fare sul tuo lavoro? Se sì, che cosa faresti diversamente?

3.9 In fase di revisione, interagisci con la casa editrice? Se sì, chi sono i tuoi interlocutori e quali

questioni vengono trattate? (adattamenti, questioni di editing, questioni redazionali, soluzioni

di dubbi interpretativi, altro) Se no, perché? (non lo ritieni necessario, non vieni messo in

condizione di farlo, altro - specifica).

4. DOVE e QUANDO si fa la revisione?

4.1 Il luogo ”fisico” della revisione è diverso da quello della traduzione? (un’altra stanza,

un’altra postazione di lavoro)? Se sì, perché?

4.2 Quando si inserisce la fase di revisione all’interno del tuo processo di traduzione? (in itinere,

a metà, solo alla fine, in più fasi, altro - specifica).

4.3 Quanto tempo, rispetto al tempo totale assegnato al lavoro di traduzione, dedichi all’auto-

revisione? (un terzo del tempo, lo stesso tempo, poco tempo prima della consegna, non riesco a

fare una revisione completa, altro - specifica).

4.4 Hai una ”soglia massima di attenzione” quando rivedi? (non riesci a rivedere più di tot

cartelle al giorno, non riesci a lavorare alla revisione più di tot ore continuative, altro - specifica).

4.5 Secondo la tua esperienza, esiste un “tempo di sedimentazione” ideale della traduzione,

prima di procedere alla revisione? Se sì, di quanto dovrebbe essere? (qualche giorno, una

settimana, più di una settimana, altro – specifica).

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4.6 Il tuo modo di auto-rivederti è cambiato nel tempo? Se sì, in che modo? (più consapevolezza,

più velocità nel trovare problemi e soluzioni, numero minore/maggiore di interventi, altro -

specifica).

5. PERCHÉ si fa la revisione?

5.1 Qual è per te lo scopo della revisione?

5.2 Su cosa intervieni di solito? (problemi di interpretazione, sintassi, scorrevolezza, calchi,

ritmo, elementi sonori, refusi e altre questioni redazionali, tono e voce dell’autore, altro –

specifica). Puoi fare qualche esempio particolarmente saliente?

5.3 Che cosa deleghi di proposito alla fase di revisione?

5.4 Secondo la tua esperienza, che cosa vede il revisore esterno in più o in meno rispetto al

traduttore?

5.5 Rivedi la tua traduzione in base alle norme redazionali in uso nella casa editrice? Oppure

lasci che delle questioni redazionali si occupi in seguito il revisore?

Fine del questionario

C’è qualche aspetto rilevante che a tuo avviso è stato tralasciato in questo questionario? Puoi

commentare nel modo che ritieni più opportuno.

Grazie per la collaborazione e per

il tempo dedicato alla compilazione

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Questionario per i revisori

Cosa, chi, come, quando, dove e perche della revisione

1. COSA è la revisione? Al fine di ottenere risultati confrontabili e analizzabili, è opportuno definire l’accezione con cui

viene inteso il termine revisione all’interno del questionario. Innanzitutto la revisione è qui

considerata solo come processo “attivo” e dunque come attività non subita, bensì svolta in prima

persona sulle proprie traduzioni (auto-revisione) o su traduzioni altrui (etero-revisione). Per

revisione si intende inoltre il lavoro sul testo in quanto “traduzione” di un testo in un’altra lingua:

questa precisazione vuole sottolineare come la revisione non possa prescindere da un confronto -

possibilmente integrale – con il testo di partenza e di conseguenza dalla conoscenza della lingua

straniera. Pur ammettendo possibili e comprensibili sovrapposizioni e punti di contatto, la

revisione oggetto del questionario non è da intendersi come editing (lavoro su un testo che non è

necessariamente una traduzione - o che non viene comunque trattato come tale - ed è finalizzato

a un migliore posizionamento e una migliore ricezione/vendibilità sul mercato di arrivo); né come

redazione (lavoro finalizzato alla conformità con le norme redazionali interne alla casa editrice, con

il catalogo, con le aspettative dei lettori per un determinato genere, con le caratteristiche di

riconoscibilità sul mercato); né infine come correzione di bozze (lavoro finalizzato alla pulizia

dell’aspetto grafico e tipografico del testo, in conformità con la produzione della casa editrice).

Puoi fornire una tua definizione personale di revisione?

2. CHI è il revisore? 2.1 I tuoi dati anagrafici (età, sesso)

2.2 Hai una formazione specifica - accademica o paragonabile - finalizzata al lavoro di revisione?

Se sì, di che tipo, di che durata e in quale contesto?

2.3 Ti sei formato/a sul campo? Se sì, presso quale tipologia di struttura (casa editrice, studio

redazionale, service editoriale, altro - specifica).

2.4 Hai svolto prove di revisione? (p. es. all’inizio della professione, all’inizio di ogni nuova

collaborazione, solo in alcuni casi particolari - specifica quali).

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2.5 Pensi che la prova di revisione sia utile? Per chi e perché? Avresti voluto farla ma non ti è

stata mai richiesta?

2.6 Sei traduttore/traduttrice oltre che revisore/revisora? Se sì, quale dei due ruoli è arrivato

prima?

2.7 Quanti anni di esperienza hai come revisore/revisora, ed eventualmente come

traduttore/traduttrice?

2.8 Di che genere di testi ti occupi come revisore/revisora? (p. es. saggistica, manualistica,

narrativa letteraria, narrativa commerciale, narrativa di genere, narrativa per bambini e ragazzi,

altro - specifica).

2.9 Quale rapporto contrattuale hai con il committente? (revisore freelance, revisore interno,

revisore per service editoriale, altro - specifica).

2.10 Qual è la tariffa minima e la tariffa massima a cartella (2000 battute) che ottieni per un

lavoro di revisione?

2.11 Secondo la tua esperienza, in che percentuale il revisore è responsabile del prodotto finale

della traduzione? Ritieni che questa “responsabilità” dovrebbe essere resa in qualche modo

visibile?

3. COME si fa la revisione? (da intendersi in senso descrittivo, non prescrittivo)

3.1 Fai una lettura dell’originale (integrale o parziale) prima di iniziare la revisione? Quali sono i

vantaggi/gli svantaggi di questa pratica?

3.2. Fai una lettura della traduzione (integrale o parziale) prima di iniziare la revisione? Quali

sono i vantaggi/gli svantaggi di questa pratica?

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3.3 Fai un confronto integrale della traduzione con il testo originale (riga per riga) o a campione?

(per esempio quando si presenta un problema nella traduzione, se ti sono stati segnalati punti

particolari, altro - specifica).

3.4 In che modalità rivedi il testo tradotto? (solo su file, solo su carta, in entrambi i modi ma in

fasi diverse, altro - specifica).

3.5 Quale sistema di tracciamento delle modifiche adotti? (strumento Revisioni di Word o altro

software, penna/matita su carta, con segni di correzione di bozze, con promemoria di altro tipo,

con colori diversi a indicare ambiti diversi di intervento, altro - specifica).

3.6 Aggiungi dei commenti? Se sì, qual è la loro funzione?

3.7 Rileggi ad alta voce? Perché? Quali sono vantaggi e svantaggi?

3.8 Quale materiale - anche umano - di consultazione, controllo e verifica utilizzi più spesso?

(dizionari, testo originale, testi paralleli, colleghi o conoscenti, esperti di settori particolari, la

rete, altro - specifica).

3.9 Il tuo modo di rivedere la traduzione cambia in funzione della tipologia testuale che hai

davanti? Se sì, in che modo? (maggiore/minore attenzione alla lingua, alle connotazioni

culturali, alla scorrevolezza, alla cura redazionale, altro - specifica).

3.10 Se sei anche traduttore/traduttrice, pensi che l’attività di revisione abbia una ricaduta

positiva/negativa sul tuo modo di tradurre? In che modo?

3.11 C’è una qualche discrepanza tra quella che vedi come la revisione “ideale” e quella che

riesci effettivamente a fare? Se sì, che cosa faresti diversamente?

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3.12 Durante il lavoro di revisione, interagisci con la casa editrice? Se sì, chi sono i tuoi

interlocutori e quali questioni vengono trattate? (adattamenti, questioni di editing, questioni

redazionali, soluzioni di dubbi interpretativi, altro - specifica). Se no, perché? (non lo ritieni

necessario, non ti viene data la possibilità di farlo, altro – specifica).

3.13 Durante il lavoro di revisione, interagisci con il traduttore? Se sì, in che modo (via mail, per

telefono, invio di materiale cartaceo) e per trattare quali questioni? (adattamenti, questioni di

editing, questioni redazionali, soluzioni di dubbi interpretativi, altro) Se no, perché? (non lo

ritieni necessario, non ti viene data la possibilità di farlo, altro - specifica).

3.14 Nella tua esperienza - e nel caso tu conosca il traduttore/traduttrice - c’è differenza tra il

rivedere il lavoro di un traduttore giovane e un traduttore esperto? Sotto quali aspetti?

(quantità ed entità degli interventi, aree di intervento particolari, facilità/difficoltà di dialogo,

altro - specifica).

4. DOVE e QUANDO si fa la revisione?

4.1 Dove svolgi il tuo lavoro di revisione (casa, ufficio, redazione casa editrice)? Nel caso di più

luoghi di lavoro, ritieni che influiscano sul prodotto finale? In che modo?

4.2 In che momento/momenti della lavorazione del libro si inserisce il tuo lavoro di revisione? È

una fase unica o prevede più tappe?

4.3 Quanto tempo ti viene concesso – in media – per una revisione (anche in relazione alla

lunghezza del testo), e quanto tempo impieghi effettivamente?

4.4 Hai una ”soglia massima di attenzione” quando rivedi? (non riesci a rivedere più di tot

cartelle al giorno, non riesci a lavorare alla revisione più di tot ore continuative, altro - specifica).

4.5 Il tuo modo di fare revisioni è cambiato nel tempo? Se sì, in che modo? (più consapevolezza,

più velocità nel trovare problemi e soluzioni, numero minore/maggiore di interventi, altro -

specifica).

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5. PERCHÉ si fa la revisione?

5.1 Qual è per te lo scopo della revisione? (ottemperare alle norme redazionali, offrire un

prodotto più fruibile al lettore, aiutare il traduttore a esprimersi meglio, mettersi a servizio

dell’autore, altro – specifica).

5.2 Su cosa intervieni di solito? (problemi di interpretazione, sintassi, scorrevolezza, calchi,

ritmo, elementi sonori, refusi e altre questioni redazionali, tono e voce dell’autore, altro –

specifica). Puoi fare qualche esempio particolarmente saliente?

5.3 Secondo la tua esperienza, che cosa vede il revisore in più o in meno rispetto al traduttore?

5.4 Per il lavoro di revisione segui indicazioni fornite dal committente? Se sì, di che tipo?

5.5 Rivedi la traduzione in base alle norme redazionali in uso nella casa editrice? Oppure lasci

che delle questioni redazionali si occupi in seguito il redattore/la redattrice?

5.6 In ordine di importanza, in funzione di chi fai la revisione? (testo e autore originali,

traduzione e traduttore, casa editrice, lettore, altro - specifica).

Fine del questionario

C’è qualche aspetto rilevante che a tuo avviso è stato tralasciato in questo questionario? Puoi

commentare nel modo che ritieni opportuno.

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Grazie per la collaborazione e per

il tempo dedicato alla compilazione

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