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La riforma Moratti e l’autonomia · avviata (o la Moratti possiede fa-coltà predittive o la...

Date post: 15-Feb-2019
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POSTE ITALIANE SPA Spedizioni in a.p. art. 2 comma 20/C L.662/96 DC-RM In caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Roma 21 Nuova serie - aprile 2004 - euro 1,50 giornale dei comitati di base della scuola Materiali contro la riforma Moratti Analisi, commenti e proposte per opporsi alla devastazione della scuola pubblica, pag 2, 3, 4, 5, 6 e 7 Scuola, pubblica e antifascista Un patrimonio da rivendicare, una cultura da rilanciare, pag 8 AN Confederale Il testo per la discussione dell’8 e 9 maggio, pag I - VIII Via le truppe dall’Iraq IContro la guerra preventiva e per- manente, pag 9 AN Cobas Scuola Il dibattito e le decisioni prese a Firenze, pag 10 e 11 Maternità supplenti Il nuovo art. 142 del Ccnl riconosce la retribuzione, pag 11 Come ti guarisco il pupo distratto Psicofarmaci in classe, pag 12 e 13 Vite flessibili Intervista a una forzata dei call-cen- ter, pag 14 e 15 Sommario di Carmelo Lucchesi e Francesco Ragusa L’approvazione della legge di Riforma della Scuola (L. 28 marzo 2003, n. 53), perfeziona il percor- so iniziato con l’introduzione dell’Autonomia Scolastica attuata dal governo di centro-sinistra, grazie ad un’altra legge delega: la L. 59/97, la “Bassanini”. La coerenza con l’autonomia sco- lastica, il suo rispetto e il suo svi- luppo all’interno di questa rifor- ma, è ribadito spesso nel testo della riforma morattiana e nelle stesse dichiarazioni della ministra. L’autonomia, infatti, si presta ad essere uno strumento formidabi- le per la realizzazione del disegno di dividere e mettere in competi- zione tra loro le singole scuole, sulla via della loro totale privatiz- zazione. Cos’è questa trasformazione del- le scuole statali in imprese con cui le famiglie e gli studenti stipulano un contratto sulla base del Piano dell’offerta formativa (DPR 275/99), se non la privatizzazione della scuola pubblica? Una priva- tizzazione che si realizza nell’im- porre alle scuole il modello priva- to del "mercato", in cui ognuno produce una specifica merce (la formazione) per rispondere ad una domanda che proviene da un settore di potenziali clienti (stu- denti e famiglie), adeguandosi contestualmente alla dimensione imprenditoriale: il manager dirige insegnanti e ATA divisi nelle nuo- ve figure e gerarchie contrattuali, flessibilizzati, controllati e valutati, mentre gli organi collegiali vengo- no ridotti a pura decorazione. Ma la legge che fa da architrave e da riferimento obbligato per l’in- tero processo di privatizzazio- ne/aziendalizzazione è quella ap- provata il 10 marzo 2000, la n. 62: la legge di parità scolastica. La gravità di questa legge discen- de innanzitutto dall’aver assegna- to alla scuola privata, che è scuo- la di parte, lo stesso ruolo, funzio- ne e portata della scuola pubblica che è, o dovrebbe essere, scuola di tutti e per tutti. La scuola pub- blica non deve fare distinzioni o discriminazioni di ceto sociale, possibilità economiche, colloca- zione geografica, orientamento culturale o religioso, etnia o fede; la scuola privata, strutturalmente, tende alla separazione e alla affer- mazione di identità differenziate, ostacolando il pluralismo e la so- lidarietà. Aver unito queste due realtà antitetiche in un unico si- stema di istruzione nazionale, si- gnifica aver minato il principale luogo pubblico dove è possibile lavorare per l’eguaglianza, per l’at- tenuazione, se non la cancellazio- ne, dei gravami dovuti alle diffe- renze sociali e culturali esterne. È in nome di questa legge che la Moratti, eliminato il termine Pubblica dalla denominazione del Ministero, lancia la sua campagna di demolizione della scuola pub- blica e di sostegno alle scuole pri- vate: attribuendo lo stesso pun- teggio agli insegnanti della scuola pubblica e della privata; consente ndo agli istituti non statali di assu- mere docenti non abilitati; preve- dendo commissioni di esami composte tutte da membri inter- ni; immettendo in ruolo gli Insegnanti di Religione Cattolica; istituendo la Commissione per l’e- laborazione del Codice Deontologico degli insegnanti e la Commissione Per il riconoscimento della funzione pubblica della scuola non statale; in- crementando i finanziamenti alle scuole private; proseguendo con i tagli al personale Ata e docente. Il percorso della riforma È interessante fissare le tappe principali della riforma brichettia- na, perché ci permette di capire meglio la vera natura dell’opera- zione, l’opposizione di comodo dei sindacati concertativi, i limiti della nostra azione di opposizio- ne e le possibilità di contrasto nel prossimo futuro. Settembre/dicembre 2001 - Viene reso pubblico il progetto Bertagna che costituisce l’impian- to strutturale della riforma. 4 febbraio 2002 - Governo e Cgil, Cisl e Uil sottoscrivono un pro- tocollo d’intesa governo-sindaca- ti. All’art.7 si concorda: “In riferi- mento al processo di riforme in atto Fermiamo il disastro La riforma Moratti e l’autonomia segue in seconda pagina Il 2 aprile il Governo ha varato un DL che aggrava la già compromessa situazione dei precari, spacciandolo come soluzione del caos delle gra- duatorie permanenti. Svela l’inganno l’odg Asciutti che prevede un piano pluriennale di ipotetiche assunzioni, legate però all’attuazione della ri- forma Moratti che contiene pesanti tagli agli organici, già ridotti dalle precedenti finanziarie.Assunzioni che, peraltro, dovranno essere, secon- do il senatore Valditara, in sintonia con il prossimo sistema di recluta- mento che prevede un contratto di formazione - lavoro mascherato da tirocinio. Non meno preoccupante è la situazione delle graduatorie per- manenti: i punteggi aggiuntivi previsti dagli emendamenti approvati dalla VII Commissione del Senato provocheranno ancora una volta uno scon- volgimento delle posizioni in terza fascia, con una nuova ondata di ricorsi e di rivendicazioni.Tale situazione potrà estendersi alla prima e alla se- conda fascia, escluse dal provvedimento, con il risultato di rendere le graduatorie permanenti ingestibili e quindi di legittimare la chiamata di- retta dei presidi, come caldeggiato dalle lobby ministeriali. Contrastiamo la Riforma Moratti con il suo nuovo sistema di reclutamen- to e il Decreto che prevede l’inserimento di punteggi aggiuntivi secondo la logica della divisione e del privilegio clientelare. Già in passato abbiamo assistito a squallide cortine fumogene - come per i 18 punti concessi in maniera tale da essere destinati a decadere - per coprire il vero obietti- vo del governo, che da un lato crea lo scompiglio nelle graduatorie per legittimare la chiamata diretta dei presidi, dall’altro cerca di nascondere la scandalosa immissione in ruolo degli insegnanti di religione. Richiediamo l’immediata immissione in ruolo dei precari su tutte le cat- tedre libere e vacanti, non come legittimo riconoscimento di una “aspet- tativa”, come recentemente ha dichiarato il sottosegretario Aprea, ma come diritto dei precari e come garanzia per studenti e famiglie di un’al- ta qualità dell’insegnamento. Per questo i precari invitano tutti i colleghi a mobilitarsi immediata- mente contro l’espulsione dalla scuola pubblica di coloro che per anni ne hanno garantito il funzionamento. Già dal prossimo anno si verifiche- rà la prima ondata di espulsioni con l’aumento delle cattedre a 18 ore. In futuro l’opera sarà completata con l’introduzione del maestro - tutor nelle elementari, con la revisione del monte ore nella media, il taglio del- le ore alle superiori e dell’ultimo anno nei tecnici e professionali. Precari a vita
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Page 1: La riforma Moratti e l’autonomia · avviata (o la Moratti possiede fa-coltà predittive o la sperimenta-zione era solo fumo negli occhi), in seconda lettura con 146 voti a favore

POSTE ITALIANE SPA Spedizioni in a.p. art. 2 comma 20/C L.662/96 DC-RM In caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Roma 21Nuova serie - aprile 2004 - euro 1,50

giornale dei comitati di base della scuola

Materiali contro lariforma MorattiAnalisi, commenti e proposte peropporsi alla devastazione della scuolapubblica, pag 2, 3, 4, 5, 6 e 7

Scuola, pubblica eantifascistaUn patrimonio da rivendicare, unacultura da rilanciare, pag 8

AN ConfederaleIl testo per la discussione dell’8 e 9maggio, pag I - VIII

Via le truppedall’IraqIContro la guerra preventiva e per-manente, pag 9

AN Cobas ScuolaIl dibattito e le decisioni prese aFirenze, pag 10 e 11

Maternità supplentiIl nuovo art. 142 del Ccnl riconoscela retribuzione, pag 11

Come ti guarisco ilpupo distrattoPsicofarmaci in classe, pag 12 e 13

Vite flessibiliIntervista a una forzata dei call-cen-ter, pag 14 e 15

S o m m a r i o

di Carmelo Lucchesi e Francesco Ragusa

L’approvazione della legge diRiforma della Scuola (L. 28 marzo2003, n. 53), perfeziona il percor-so iniziato con l’introduzionedell’Autonomia Scolastica attuatadal governo di centro-sinistra,grazie ad un’altra legge delega: laL. 59/97, la “Bassanini”.La coerenza con l’autonomia sco-lastica, il suo rispetto e il suo svi-luppo all’interno di questa rifor-ma, è ribadito spesso nel testodella riforma morattiana e nellestesse dichiarazioni della ministra.L’autonomia, infatti, si presta adessere uno strumento formidabi-le per la realizzazione del disegnodi dividere e mettere in competi-zione tra loro le singole scuole,sulla via della loro totale privatiz-zazione.Cos’è questa trasformazione del-le scuole statali in imprese con cuile famiglie e gli studenti stipulanoun contratto sulla base del Pianodell’offerta formativa (DPR275/99), se non la privatizzazionedella scuola pubblica? Una priva-tizzazione che si realizza nell’im-porre alle scuole il modello priva-to del "mercato", in cui ognunoproduce una specifica merce (laformazione) per rispondere aduna domanda che proviene da unsettore di potenziali clienti (stu-denti e famiglie), adeguandosicontestualmente alla dimensioneimprenditoriale: il manager dirigeinsegnanti e ATA divisi nelle nuo-ve figure e gerarchie contrattuali,flessibilizzati, controllati e valutati,mentre gli organi collegiali vengo-no ridotti a pura decorazione.Ma la legge che fa da architrave eda riferimento obbligato per l’in-tero processo di privatizzazio-ne/aziendalizzazione è quella ap-provata il 10 marzo 2000, la n. 62:la legge di parità scolastica.La gravità di questa legge discen-de innanzitutto dall’aver assegna-to alla scuola privata, che è scuo-la di parte, lo stesso ruolo, funzio-ne e portata della scuola pubblicache è, o dovrebbe essere, scuoladi tutti e per tutti. La scuola pub-blica non deve fare distinzioni odiscriminazioni di ceto sociale,

possibilità economiche, colloca-zione geografica, orientamentoculturale o religioso, etnia o fede;la scuola privata, strutturalmente,tende alla separazione e alla affer-mazione di identità differenziate,ostacolando il pluralismo e la so-lidarietà. Aver unito queste duerealtà antitetiche in un unico si-stema di istruzione nazionale, si-gnifica aver minato il principaleluogo pubblico dove è possibilelavorare per l’eguaglianza, per l’at-tenuazione, se non la cancellazio-ne, dei gravami dovuti alle diffe-renze sociali e culturali esterne.È in nome di questa legge che laMoratti, eliminato il terminePubblica dalla denominazione delMinistero, lancia la sua campagnadi demolizione della scuola pub-blica e di sostegno alle scuole pri-vate: attribuendo lo stesso pun-teggio agli insegnanti della scuolapubblica e della privata; consentendo agli istituti non statali di assu-mere docenti non abilitati; preve-dendo commissioni di esamicomposte tutte da membri inter-ni; immettendo in ruolo gliInsegnanti di Religione Cattolica;istituendo la Commissione per l’e-laborazione del Codice Deontologicodegli insegnanti e la CommissionePer il riconoscimento della funzionepubblica della scuola non statale; in-crementando i finanziamenti allescuole private; proseguendo con itagli al personale Ata e docente.

Il percorso della riformaÈ interessante fissare le tappeprincipali della riforma brichettia-na, perché ci permette di capiremeglio la vera natura dell’opera-zione, l’opposizione di comododei sindacati concertativi, i limitidella nostra azione di opposizio-ne e le possibilità di contrasto nelprossimo futuro.Settembre/dicembre 2001 - Vienereso pubblico il progettoBertagna che costituisce l’impian-to strutturale della riforma.4 febbraio 2002 - Governo e Cgil,Cisl e Uil sottoscrivono un pro-tocollo d’intesa governo-sindaca-ti. All’art.7 si concorda: “In riferi-mento al processo di riforme in atto

Fermiamo ildisastroLa riforma Moratti e l’autonomia

segue in seconda pagina

Il 2 aprile il Governo ha varato un DL che aggrava la già compromessasituazione dei precari, spacciandolo come soluzione del caos delle gra-duatorie permanenti. Svela l’inganno l’odg Asciutti che prevede un pianopluriennale di ipotetiche assunzioni, legate però all’attuazione della ri-forma Moratti che contiene pesanti tagli agli organici, già ridotti dalleprecedenti finanziarie.Assunzioni che, peraltro, dovranno essere, secon-do il senatore Valditara, in sintonia con il prossimo sistema di recluta-mento che prevede un contratto di formazione - lavoro mascherato datirocinio.Non meno preoccupante è la situazione delle graduatorie per-manenti: i punteggi aggiuntivi previsti dagli emendamenti approvati dallaVII Commissione del Senato provocheranno ancora una volta uno scon-volgimento delle posizioni in terza fascia,con una nuova ondata di ricorsie di rivendicazioni.Tale situazione potrà estendersi alla prima e alla se-conda fascia, escluse dal provvedimento, con il risultato di rendere legraduatorie permanenti ingestibili e quindi di legittimare la chiamata di-retta dei presidi, come caldeggiato dalle lobby ministeriali.Contrastiamo la Riforma Moratti con il suo nuovo sistema di reclutamen-to e il Decreto che prevede l’inserimento di punteggi aggiuntivi secondola logica della divisione e del privilegio clientelare.Già in passato abbiamoassistito a squallide cortine fumogene - come per i 18 punti concessi inmaniera tale da essere destinati a decadere - per coprire il vero obietti-vo del governo, che da un lato crea lo scompiglio nelle graduatorie perlegittimare la chiamata diretta dei presidi, dall’altro cerca di nasconderela scandalosa immissione in ruolo degli insegnanti di religione.Richiediamo l’immediata immissione in ruolo dei precari su tutte le cat-tedre libere e vacanti, non come legittimo riconoscimento di una “aspet-tativa”, come recentemente ha dichiarato il sottosegretario Aprea, macome diritto dei precari e come garanzia per studenti e famiglie di un’al-ta qualità dell’insegnamento.Per questo i precari invitano tutti i colleghi a mobilitarsi immediata-mente contro l’espulsione dalla scuola pubblica di coloro che per annine hanno garantito il funzionamento. Già dal prossimo anno si verifiche-rà la prima ondata di espulsioni con l’aumento delle cattedre a 18 ore.In futuro l’opera sarà completata con l’introduzione del maestro - tutornelle elementari, con la revisione del monte ore nella media, il taglio del-le ore alle superiori e dell’ultimo anno nei tecnici e professionali.

Precari a vita

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2 COBAS - aprile 2004R i f o r m e

nella scuola, il Governo, per il tramitedel Ministro dell’istruzione, dell’uni-versità e della ricerca, attiverà, altre-sì, un tavolo permanente di confron-to sui seguenti punti: organici, sia delpersonale docente che A.T.A.; pianopluriennale di investimento; tutti gliaspetti di applicazione della riformache hanno ricadute sul personale esull’organizzazione del lavoro”. Lariforma Moratti è solo un abboz-zo è già i nostri sindacalisti in car-riera, proni come solerti valletti,offrono la loro piena disponibilitàa contrattare le ricadute della ri-forma sulla scuola.18 settembre 2002 - La ministraMoratti decide di far partire unprogetto di sperimentazione del-la riforma nella scuola dell’infanziae nella prima classe della scuolaelementare (DM 100/2002 e CM101/2002). La ministra è reduceda una serie di insuccessi in parla-mento e in consiglio dei ministri;all’interno della maggioranza la ri-forma non trova ampi consensi;l’Anci (Associazione NazionaleComuni Italiani) avanza numeroseosservazioni critiche e il ConsiglioNazionale della Pubblica Istruzione(Cnpi) il 10/9/02 esprime un pa-rere (obbligatorio ma non vinco-lante) negativo.Le osservazioni critiche investo-no vari aspetti del decreto: tempiforzati d’attuazione, mancanza dirisorse finanziarie, mancanza dicriteri oggettivi per la valutazionedella sperimentazione, mancatocoinvolgimento degli OrganiCollegiali, delle famiglie, degli entilocali, il disconoscimento delleesperienze pregresse, mancatoaumento dell’organico dovuto almaggior numero di alunni, l’istitu-zione dell’insegnante tutor.Nonostante le numerose prote-ste di lavoratori della scuola e fa-miglie, la ministra avvia la speri-mentazione, coinvolgendo 251scuole (174 statali e 77 private).18 marzo 2003 - Senza conosce-re gli esiti della sperimentazioneavviata (o la Moratti possiede fa-coltà predittive o la sperimenta-zione era solo fumo negli occhi),in seconda lettura con 146 voti afavore e 101 contrari, è approva-ta in via definitiva la legge delegasulla riforma della scuola (L.53/2003) .10 aprile 2003 - Il Miur emanauna comunicazione per avviareuna campagna di “informazione econdivisione” a sostegno della bon-tà della riforma della scuola del-l’infanzia e di quella elementare.Giugno 2003 - Alcuni dirigenti,particolarmente sensibili alle ge-rarchie, tentano di imporre ai do-centi fantomatici corsi di forma-zione di 20 ore, da effettuarsi en-tro fino giugno per l’attuazionedella riforma morattiana. Tuttopalesemente illegittimo: l’attua-zione della riforma manca deipassaggi necessari.22 luglio 2003 - Ancora una voltafuori tempo massimo, in piena va-canza, il Miur emana il DM 61 e laCM 62,con cui tenta di attuare dasubito la riforma. Ovviamente, inassenza di quanto la legge prescri-ve, il decreto legislativo, si trattasolo di carta straccia.24 luglio 2003 - I sindacati mag-giormente concertativi firmano ilcontratto della scuola, al cui in-

terno troviamo alcuni riferimentialla riforma:“Art. 22 – Intenti comuni 1. Le par-ti stabiliscono di costituire, entro 30giorni dalla firma definitiva del pre-sente Ccnl, una commissione di stu-dio tra Aran, Miur e OO.SS. firmata-rie del presente CCNL, che, entro il31-12-2003 elabori le soluzioni pos-sibili, definendone i costi tendenziali,per istituire già nel prossimo bienniocontrattuale, qualora sussistano lerelative risorse,meccanismi di carrie-ra professionale per i docenti.” Il ri-ferimento al tutor è evidente.Non c’è da stupirsene, Cgil, Cisl eUil lo richiedevano già nella loropiattaforma contrattuale unitaria,prevedendo:a) step da superare, dove anziani-tà, crediti e formazione diventanoelementi di accesso che superatio acquisiti determinano un au-mento retributivo;b) valutazione attraverso il rico-noscimento di titoli e crediti ac-quisiti e acquisibili finalizzati allavalorizzazione e all’arricchimentodell'esperienza professionale;c) forme di verifica - valutazionedella professionalità finalizzate allacertificazione delle competenze,cui il docente si sottopone volon-tariamente.“Art. 43 – Norma di rinvio 1. La di-sciplina di cui al presente e ai prece-denti Capi è suscettibile delle modifi-che che in via pattizia si renderannonecessarie in relazione all’entrata invigore della legge n.53/2003 e delleconnesse disposizioni attuative”.Come già avvenuto col protocol-lo d’intesa del 4/2/2002, i sindaca-ti di stato sottoscrivono di buongrado lo sconquasso della scuolapubblica voluto dal centro-destra.8 agosto 2003 - Con la CM 68 laministra si rimangia i due provve-dimenti del 22 luglio.12 settembre 2003 - Il Consigliodei Ministri approva lo Schema didecreto legislativo per la “Definizionedelle norme generali relative allascuola dell’infanzia e al primo ciclodell’istruzione, ai sensi della legge 28marzo 2003, n. 53”.26 settembre 2003 - In una qua-rantina di città italiane scendonoin piazza contro la riforma mi-gliaia di lavoratori della scuola, ge-

nitori, studenti ed alunni. È il pri-mo appuntamento pubblico in-detto dal Coordinamento nazionaleper la difesa del tempo pieno e pro-lungato, che raccoglie numerosiorganismi autonomi e di basesorti in numerose località in op-posizione al progetto morattiano.29 novembre 2003 - Nella stessagiornata si svolgono due manife-stazioni nazionali. Il Coordinamentonazionale per la difesa del tempopieno e prolungato raccoglie aBologna 50 mila persone netta-mente schierate contro la rifor-ma della Moratti. I sindacati con-certativi, a fronte della crescita diun forte movimento autonomod’opposizione alla riforma, porta-no a Roma diecimila funzionari “indifesa della scuola”; nella convoca-zione della manifestazione non siaccenna minimamente alla rifor-ma Moratti della scuola.10 dicembre 2003 - L’Anci replicale proprie perplessità sulle possi-bili conseguenze della riforma.17 gennaio 2004 - Un fiume dipersone partecipa a Roma allamanifestazione indetta dalCoordinamento per la difesa deltempo pieno e prolungato. I sinda-cati concertativi, vista la crescitaimpetuosa dell’opposizione allaMoratti, aderiscono all’iniziativa. Ilmovimento chiede la convocazio-ne di uno sciopero della scuola.23 gennaio 2004 - Il Consiglio deiMinistri, nonostante il parere sfa-vorevole della Commissione bi-lancio della Camera,approva il de-creto legislativo sulle norme gene-rali relative alla scuola di infanzia eal primo ciclo dell’istruzione.14 febbraio 2004 - Quarantamilapersone, convocate da un coordi-namento di scuole, sfilano aMilano contro la riforma Moratti.1 marzo 2004 - Buona riuscitadello sciopero della scuola indet-to dai Cobas: una ventina di mani-festazioni regionali chiedono il ri-tiro della riforma. Gli altri sinda-cati stanno a guardare.2 marzo 2004 - Sulla GU compa-re il Decreto Legislativo n. 59 sul-la scuola primaria.26 marzo 2004 - Cgil, Cisl e Uilattuano uno sciopero generale di4 ore,principalmente contro la ri-

forma delle pensioni del governoBerlusconi. Le tematiche scolasti-che sono sperse in una genericapiattaforma antiberlusconiana.Questa essenziale cronologiamette bene in evidenza gli schie-ramenti in campo: da una parte ilgoverno di centro - destra e i sin-dacati pronti a consentire il mas-sacro della scuola pubblica italianain cambio di un posticino al tavo-lo della concertazione che per-metta la sopravvivenza dei loroapparati; dall’altro un movimentoesteso ed autonomo di lavoratoridella scuola, studenti e genitoriche, pur con un certo ritardocontrasta con forza e determina-zione i processi contro-riformisti-ci a danno dell’istruzione gratuita,democratica di tutti e per tutti.Il processo di attuazione della ri-forma non è concluso (Berlusconiprevede altri 4 - 5 DLgs) e puòessere fermato.Al movimento ilcompito di riuscire a proseguire,rafforzare ed estendere la mobili-tazione. Nelle pagine di questonumero pubblichiamo alcune in-dicazioni pratiche che ilCoordinamento nazionale per la di-fesa del tempo pieno e prolungatopropone di adottare in tutte lescuole al fine di bloccare l’attua-zione fin dal prossimo anno sco-lastico di quanto previsto nel pri-mo DLgs per le scuole materne,elementari e medie. Altri aspettida non trascurare sono le campa-gne di informazione e i momentidi approfondimento dell’analisisulla riforma. La percezione co-mune in molte persone è che lariforma morattiana sia un’ulterio-re prevaricazione di un governoautoritario, litigioso, anti-popola-re. Infine è fondamentale nelleprossime settimane ritornare nu-merosi e decisi nelle piazze di tut-ta Italia, magari assieme anche ailavoratori e agli studenti dell’uni-versità, anche loro colpiti da unariforma morattiana che accentuala privatizzazione degli atenei,precarizza chi ci lavora, escludechi non può permettersi di paga-re tasse sempre più salate. Le ri-forme sono due,ma l’avversario èuno solo. Insieme possiamo sbar-rargli la strada.

segue dalla prima pagina

A propositodi risorse

Nell’a.s. 2002/2003 con 19.102alunni in più, il Ministero ha tagliato180 classi e 8.725 cattedre.Nello stesso a.s. con 106.970 alun-ni portatori di handicap, circa 5.000in più rispetto a due anni prima: ilMinistero ha tagliato 1.042 catte-dre di sostegno.I finanziamenti della L. 440/97 pas-sano da 258.885 euro a 219.531euro, - 15,20%.Anche la voce“Innovazione tecnologica”, cioè ladotazione per l’insegnamento del-l’informatica, subisce un taglio del30,07%!Gli investimenti a favore dell’integra-zione dei disabili vengono ugual-mente tagliati del 18,32%. Restanoinvece invariate le risorse assegnatealle scuole private che, con un nu-mero di alunni certificati di circatrenta volte inferiore a quello dellescuole statali (4.784), hanno a dis-posizione 755,68 euro per alunno(per gli alunni delle scuole statalisolo 118,94 euro).Per la formazione del personale c’èsubito un taglio del 5,58%. E i 35milioni di euro stanziati nella finan-ziaria 2002 per il rimborso speseper l’auto aggiornamento (pocomeno di 40 euro a docente) non ri-compaiono nella finanziaria 2003.Personale Ata. Si inizia già nel2001, con un taglio improvviso di20.000 posti di lavoro. E poco im-porta se già così si fa fatica a gesti-re la pulizia delle scuole: il pianoTremonti e Moratti (che prevedeuna riduzione complessiva del15%), prevede un ulteriore tagliodel 6% del personale.E se tanto non bastasse, occorre ag-giungere l’effetto del decreto tagliaspese di Tremonti: 805,4 milioni dieuro tolti già nel bilancio 2002 del-l’istruzione. I tagli non sono distribui-ti equamente nei vari capitoli dispesa, pesano soprattutto su alcunevoci. Per quel che ci riguarda la for-mazione si riduce a 20,20 milionidi euro ( - 51,96% rispetto all’annoprecedente), azzerati gli11.940.000 euro destinati dalla L.440/97 all’educazione degli adulti,bloccati i 30 milioni di euro per l’ob-bligo formativo come pure quelli de-stinati all’handicap, spariti i774.685 euro per la scuola in ospe-dale e l’istruzione domiciliare.E invece alle scuole private…La legge di parità scolastica (n.62/2000) già prevedeva contributidi 7 mld di lire per l’integrazionedell’handicap, 60 mld per contributiper il mantenimento delle scuoleelementari parificate, 280 mld perspese di partecipazione alla realiz-zazione del sistema prescolasticointegrato: complessivamente 347mld, cioé 179.210.543 euro. Nel2002 sono stati erogati, per le stes-se voci, 420.490.162 euro con unaumento del 134,63%.Anche il fi-nanziamento per il miglioramentodell’offerta formativa per le scuolesecondarie di 1° e 2° grado fa unsalto non da poco: +183,90%.Nessuno di questi finanziamenti èstato decurtato o bloccato dal de-creto taglia-spese di Tremonti ...

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COBAS - aprile 2004 R i f o r m e 3

Facciamo prima un passo indie-tro. Nella lunga storia dellaScuola Pubblica italiana non si èmai avuto un periodo simile aquesto.Il governo italiano ha licenziatouna legge di Riforma che scon-tenta tutti, senza alcuna coper-tura finanziaria, e che ancoranon si capisce come si debbaesattamente applicare.Punto di riferimento della rifor-ma è il cosiddetto RapportoBertagna, ovvero un voluminosopiano di “Indicazioni metodologi-che” zeppo di svarioni, contrad-dizioni epistemologiche e persi-no qualche strafalcione ortogra-

fico, che ha sollevato moltissimidubbi e quasi nessun consenso.Invece di rendere obbligatoria lascuola materna, così come avvie-ne in altri paesi, il MinistroMoratti, attraverso un calcoloassai complesso, permette l’i-scrizione dei bambini di cinqueanni alla scuola elementare.Senza però prevedere nuovigruppi classe e nuovi finanzia-menti, l’ingresso dei nuovi alunnicomporterà la formazione diclassi nelle quali ci potranno es-sere bambini con una differenzadi età anche di 18 mesi: ovverovere e proprie pluriclassi quasiimpossibili da gestire dal punto

di vista didattico.Dal primo settembre 2003 i cit-tadini italiani sanno che nellescuole italiane si insegneràl’Informatica: ma il ministro si èdimenticato di assumere o no-minare gli insegnanti per svolge-re tale attività, nonché di darequalsiasi indicazione in materiadi obiettivi, contenuti e percorsididattici. Se a questo si aggiungeil taglio dei finanziamenti per imacchinari, si capirà perché nonè vero che oggi nelle scuole ita-liane, salvo che nei casi basati suprogetti locali, si insegnil’Informatica.Anche il primo decreto applica-

tivo della Riforma, quello di cuiparleremo nelle prossime pagi-ne, appare confuso, di difficile in-terpretazione, già sottoposto adalcuni ricorsi presso la CorteCostituzionale e soprattuttoprivo di qualsiasi copertura fi-nanziaria, così come tutto l’im-pianto della Riforma. A questoproposito è il caso di sottolinea-re come queste leggi di "rifor-ma" della scuola siano state for-temente stigmatizzate dalProcuratore Generale dellaCorte dei Conti come esempiodi formule di copertura “inconsi-stenti”, fondate “sul mero rinvio asuccessive decisioni di bilancio".

L’impatto della controriformasulla scuola elementareA mo’ di premessa …Da alcuni anni il mondo della Scuola Pubblica sta vivendo momenti difficilissimi e carichi d’ansia. Sia acausa dei pesanti tagli che hanno ridotto all’osso i finanziamenti statali per il normale funzionamentodelle attività scolastiche (tagli ai quali abbiamo dedicato una specifica sezione), sia a causa degli stra-volgimenti dell’ordinamento sanciti prima con l’emanazione della Legge Moratti n. 53 del 2003 e oggiin via di attuazione, in una prima tranche, con l’emanazione del Decreto legislativo applicativo appro-vato il 23 gennaio di quest’anno.A mo’ di premessa, diciamo subito che non capiamo.Non capiamo perché l’ordinamento della Scuola Elementare italiana (considerata in tutto il mondo al-l’avanguardia per gli eccellenti risultati ottenuti soprattutto negli ultimi quindici anni), debba esserestravolto.Non capiamo perché il Ministro Moratti, contro il parere del 99 per cento degli insegnanti, contro ilparere della maggioranza assoluta dei pedagogisti, contro i pareri negativi espressi più volte dalConsiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, contro il parere dei Sindacati e delle Associazioni di ca-tegoria, contro il parere delle Organizzazioni nazionali dei Genitori, contro i dubbi e i pareri negativiespressi anche dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, e soprattutto contro la rivolta da mesiin atto nelle scuole italiane, abbia insistito in questo disastroso piano di riforma.È dunque questo l’obiettivo di queste pagine: fornire materiali sui quali riflettere, per comprendereperché e in che modo questa riforma intende distruggere la Scuola Pubblica Italiana.

a cura del Circolo Didattico “Iqbal Masih” di Quartu S. Elena (Cagliari)

Una bruttastoria

RiformaIl ministro Moratti ha detto che lasua è la prima grande riforma daitempi della Riforma Gentile del1923. È falso: l’attuale ordinamen-to della scuola pubblica italiana èil risultato di numerosi provvedi-menti costituitisi lungo il tempoanche grazie all’esperienza degliinsegnanti, delle opinioni dei grandipedagogisti, delle istanze delle fa-miglie e della società.

Il parere degli altriPiù volte il ministro Moratti ha di-chiarato di aver sentito il pareredelle famiglie e degli insegnanti. Èfalso: né ai pareri delle associazio-ni dei Genitori, né a quelli degli in-segnanti, è stato dato ascolto.

Sperimentazione della riformaIl ministro Moratti afferma che ilnuovo ordinamento della riforma èstato sperimentato con eccellentirisultati nel corso dello scorsoanno scolastico. È falso: il 99, 9per cento delle scuole elementari,si è rifiutato di sperimentare unariforma ritenuta dannosa per glialunni. La sperimentazione è stataquindi eseguita quasi esclusiva-mente da scuole private, senza al-cun gruppo di controllo, e i risultatisono stati tenuti accuratamentenascosti.

Più finanziamentiIl ministro afferma di aver aumen-tato i finanziamenti per le scuolepubbliche. È falso: i finanziamentisono stati brutalmente tagliati, sal-vo quelli per le scuole private,compresi quelli a favore dei porta-tori di handicap.

Riforma ed EuropaIl ministro afferma che la riformaporterà la scuola italiana a livellodi quella europea. È falso: l’Italiasarà l’unico paese ad aver ridottodi un anno la frequenza scolasticadei suoi ragazzi.

Riforma e uguaglianza di dirittiIl ministro afferma che la nuovascuola favorirà tutti gli alunni. Èfalso: la nuova scuola elementareprevede da subito la discriminazio-ne tra gli alunni considerati “mi-gliori”, e quindi meritevoli di svol-gere le migliori attività, e quelli“peggiori”, che dovranno inveceaccontentarsi di percorsi didatticipiù poveri.

Riforma e inserimento deglialunni diversamente abiliIl ministro ha assicurato alle fami-glie di questi alunni la massimaattenzione. È falso: il documentoBertagna ignora totalmente la loropresenza, salvo dire che gli inse-gnanti di sostegno lavoreranno an-che in “scuole speciali”: cosa chelascia supporre l’espulsione dallescuole pubbliche di alcune fasce diportatori di handicap e l’istituzio-ne, come avveniva in passato, diveri e propri luoghi di separazionee segregazione.

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Gli allieviinvisibili

Come già accennato la RiformaMoratti ignora del tutto le istanzedegli alunni disabili presenti nellascuola pubblica E in questo, pur-troppo, va di pari passo con le poli-tiche di tagli già operate anche dagoverni di diverso colore.È da parecchi anni infatti che i po-sti di sostegno assegnati dalMinistero per i bambini disabili sonoin continuo calo. In questa disastro-sa situazione si sono poi inserite al-cune preoccupanti operazioni:- I finanziamenti globali per l’handi-cap hanno subito sotto il ministroMoratti un taglio del 60%.- Le cattedre sono state brutalmen-te tagliate, infatti, mentre gli alunniin situazione di handicap sono au-mentati di oltre il 5% nello stessoperiodo i docenti sono diminuiti diquasi il 2,5%.

a.s. 2000/01 2001/02 2002/03alunni 101.754 106.489 106.970docenti 43.086 42.589 42.044

- La Finanziaria 2003 ha conferma-to i criteri per l’assegnazione del so-stegno ai bambini disabili: rapportodi 1/138 a livello nazionale di persé inaudito. Nei fatti è stato intro-dotto un budget regionale che puòessere addirittura inferiore a questaproporzione. Ma, cosa molto piùgrave, si aggira l’ostacolo delle pole-miche introducendo il comma 7 del-l’art. 35 della finanziaria 2003 chevuole rivedere i criteri per la certifi-cazione dell’alunno portatore dihandicap. "All’individuazione dell’a-lunno come soggetto portatore dihandicap provvedono le AziendeUnità Sanitarie Locali sulla base diaccertamenti collegiali, con modalitàe criteri definiti con un decreto delPresidente del Consiglio deiMinistri… da emanare entro 60giorni dall’entrata in vigore dellapresente legge". In altre parole, nonconsiderando più validi i criteri sta-biliti dall’Organizzazione Mondialedella Sanità, il ministro Moratti e isuoi colleghi al governo concorde-ranno col Presidente del Consigliol’emanazione di un decreto che sta-bilisca nuovi criteri.La minaccia peggiore però, come ri-levato da alcune Associazioni dei fa-miliari dei disabili, e che si stia pre-vedendo l’espulsione dalla scuolapubblica di numerose categorie didisabili, per relegarle in nuovi luoghidi segregazione: il documentoBertagna avalla questo sospetto,laddove si prevede che gli insegnan-ti per attività di sostegno dovrannooperare sia nelle scuole comuni, sia“in scuole speciali e in scuole parti-colarmente potenziate”.

La riforma interesserà da subitotutti gli ordini di scuola?Coinvolgerà da subito la scuolamaterna (da ora chiamata Scuoladell’Infanzia) abolendo ogni formadi compresenza delle insegnanti;coinvolgerà tutte le cinque classidella scuola elementare (che daora viene definita ScuolaPrimaria), stravolgendo integral-mente la sua organizzazione e lesue metodologie educative e di-dattiche; coinvolgerà la ScuolaMedia Inferiore relativamente allaPrima classe, stravolgendo anchein questo caso l’attuale organizza-zione.

La Riforma interesserà sia le scuo-le che applicano il tempo pienoche quelle che applicano il sistemamodulare?Sì. Comprometterà gravementel’esperienza del tempo pieno edisarticolerà completamente l’or-ganizzazione modulare, quella piùdiffusa nel Sud Italia e in Sardegnae sulla quale accentreremo l’at-tenzione da questo punto in poi.

Cosa cambia nell’orario scolasticodegli alunni?La riforma rende obbligatoriol’insegnamento di due nuove di-scipline, l’Informatica e l’Inglese,ma riduce di tre ore il normaleorario scolastico (si passa cioè da30 ore a 27 ore settimanale ob-bligatorie). In questo modo i ritmidi lavoro degli alunni, già moltoserrati, dovrebbero aumentaresino a divenire, come ben sannogli insegnanti e i genitori, pratica-mente insostenibili.

Cosa sono le tre ore “facoltative”?La riforma prevede che, dietro ri-chiesta delle famiglie – e se lascuola sarà in grado di fornire taliprestazioni – gli alunni potrannopartecipare ad altre tre ore setti-manali di lezione. Anche se puòsembrare incredibile, nella totaleconfusione che caratterizza l’a-zione del ministro Moratti, non sihanno per ora indicazioni precisesu quali potrebbero essere que-ste attività Una delle ipotesi è chequalche disciplina di quelle consi-derate sinora “curricolari”, cioèobbligatorie (come l’attività psi-comotoria, o la geografia o l’edu-cazione all’immagine) possano di-ventare “facoltative”: cioè insegna-te solo dietro richiesta delle fami-glie e se le scuole saranno in gra-do di fornire il personale docenteper insegnarle.

Come si stabilirà il personale do-cente di ogni scuola?Per il primo anno della riformanon è prevista alcuna diminuizio-ne del personale. Dal secondoanno ogni scuola dovrebbe averediritto a un numero di insegnantistrettamente necessari per svol-gere le attività previste nelle 27ore settimanali. Per svolgere lerestanti attività previste per le treore facoltative, e per qualsiasi al-

tra attività, presumibilmente sidovrà richiedere di anno in annoil necessario personale: con qualirisultati e quali ritardi è facile im-maginare. Se a questo si aggiungeil taglio già operato di circa 20mila collaboratori scolastici, piùquello già stabilito per il prossimoanno, cosa che comprometterà lapossibilità di organizzare attivitàin orario pomeridiano (come adesempio le attività facoltative), sipuò facilmente comprendere inche caos organizzativo potrebbeprecipitare la scuola pubblica.

Esiste un piano preciso per l’utiliz-zazione degli insegnanti?Assolutamente no. Nello stato ditotale confusione in cui oggi ver-sa la scuola pubblica, il decreto

applicativo dello scorso gennaioindica solo alcune disposizioni ge-neriche, peraltro già contestatepresso la Corte Costituzionale,che aboliscono il sistema dei mo-duli, istituiscono la figura dell’inse-gnante Tutor e relegano gli altriinsegnanti in una posizione a luisubalterna.

Cos’è l’insegnante Tutor?L’insegnante Tutor è colui che èdestinato a diventare praticamen-te l’insegnante “principe” di unaclasse o di gruppi di alunni di unao più classi.L’attuale incertezza e confusioneè dovuta al fatto che il testo deldecreto Moratti è cambiato ri-spetto a quello originale ed esi-stono già diverse interpretazionisul suo ruolo.L’insegnante Tutor dovrebbe inse-gnare in una classe, o con ungruppo di alunni, o con più grup-pi di alunni, per non meno di 18ore settimanali: e dovrebbe inse-gnare tutte le principali discipline,quella linguistica, quella logico-matematica e quella antropologi-

ca. Dovrebbe usufruire della col-laborazione di altri docenti per ilcompletamento dell’orario, madovrebbe essere solo lui a deci-dere, dopo aver sentito le fami-glie, quali percorsi didattici com-piranno i singoli alunni, quali “la-boratori” dovranno frequentare,quali risultati potrà raggiungereogni singolo alunno. Il Tutor do-vrebbe essere anche l’insegnanteche compilerà il “Portfolio” di ognisingolo alunno.

E gli altri insegnanti cosa faranno?Gli altri insegnanti, i non-Tutor,dovrebbero “concorrere” ai pianidi studio predisposti dal Tutor, di-ventando di fatto suoi subordina-ti, dovrebbero occuparsi delle re-stanti discipline e dovrebbero la-

vorare nei cosiddetti “laboratori”,ovvero con i gruppi di bambiniscelti dal Tutor per “capacità” o“compiti” o “affinità elettive”: ilche, tradotto in un linguaggio piùaccessibile, potrebbe anche signi-ficare alunni più capaci con alunnipiù capaci, alunni meno capacicon alunni meno capaci.Ma è legale, questa separazionedei ruoli?Secondo il ministro Moratti sì.Secondo le associazioni sindacalie gli uffici legali di diverse RegioniItaliane assolutamente no. Siaperché l’organizzazione internadel personale è per legge stabilitadalle Scuole autonome,sia perchéa questa dovrebbero concorrerele realtà amministrative locali, siaperché ciascun insegnante, ancheper contratto, ha pari ruolo giuri-dico e pari dignità professionale:per questo motivo pendonopresso la Corte Costituzionalealcuni giustificati ricorsi che po-trebbero invalidare il decretoMoratti.Altri ricorsi sono poi fa-cilmente ipotizzabili in futuro:perché ciascun insegnante che

non dovesse ottenere il ruolo diTutor e si dovesse trovare im-provvisamente in stato di subor-dinarietà rispetto a qualsiasi col-lega di pari capacità e pari profes-sionalità, potrebbe, e giustamentedovrebbe, porre in atto ulterioriricorsi.

Gli alunni avranno più garanzie,con l’insegnante Tutor?In linea di massima tutti i docentisono in grado di affrontare l’inse-gnamento di tutte le discipline, equindi di svolgere il ruolo diTutor. È anche vero però chemolti insegnanti entrati in ruolonegli ultimi anni, e quindi senzaavere nel proprio bagaglio cultu-rale l’esperienza dell’insegnanteunico, avrebbero diritto a un ag-giornamento relativo alle discipli-ne sinora mai praticate. Per quan-to riguarda l’aggiornamento disci-plinare il ministro Moratti nulla haprevisto, anche dal punto di vistafinanziario, limitandosi sinora aistituire corsi tesi solo a gestire inuovi assetti generali. Chi non hamai insegnato matematica, peresempio, dovrebbe auto aggior-narsi a sue spese. E in ogni casonon c’è dubbio che, anche a pre-scindere dalla massima disponibi-lità possibile da parte degli inse-gnanti, e anche a prescindere dal-la massima professionalità, lascuola pubblica italiana perderàun enorme bagaglio di capacità edesperienza affinatosi nel corsodegli anni, con un costo, in termi-ni di qualità generale dell’offertaeducativa, che verrà pagato inte-ramente dagli alunni.

Cosa affronteranno gli alunni?Ecco un confuso esempio fornitoimpudicamente in un documentodello stesso ministro Moratti.L’alunno Mario Rossi…- nel Gruppo classe, con ilCoordinatore Tutor, svolge attivi-tà relative a tutte le discipline delPiano di studio,escluse religione elingua straniera;- nelle ore del Laboratorio IRC, siritrova con i compagni delGruppo classe, ad eccezione dicoloro che hanno scelto di nonavvalersi dell’insegnamento dellaReligione Cattolica, che in questafascia oraria sono impegnati in unaltro tipo di laboratorio;- in base al livello di competenzamanifestato in Inglese, frequentaun Laboratorio Interclasse LS conmolti compagni di classe 2°;- nel Laboratorio InterclasseLARSA 8, insieme ad alcuni com-pagni del Gruppo classe di appar-tenenza, incontra alcuni alunni diclasse 2° e due di classe 3°, con iquali svolge attività motorie esportive, per lui necessarie, se-condo quanto individuato dalCoordinatore Tutor, in accordocon gli altri docenti dell’équipepedagogica, per consolidare l’or-ganizzazione spazio-temporale.

Nella settimana successiva …

Alcune domande e molti,troppi dubbi

Le foto di questo numerosono di Barbara Morgan(Usa 1900 - 1992).Eclettica, fluidasempre alla ricerca di innovazio-ni,è la creatrice della fotografia didanza tra gli anni ’30 e ’40 delXX secolo. Notevoli i ritratti e ifotomontaggi che esprimono ap-pieno l’energia cinetica e visiva diNew York e temi socio-politici.

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COBAS - aprile 2004 R i f o r m e 5

Il primo trauma che i bambinisubiranno sarà la perdita, di nor-ma, di due dei loro tre insegnanti.Il ministro Moratti infatti, smen-tendo quanto da lei più volte di-chiarato,ha deciso di far partire lariforma in tutte cinque le classidella “Scuola Primaria”.

Classi, gruppi elavoro individualizzatoLa filosofia della riforma Moratti,improntata sul Rapporto Bertagna,capovolge il ruolo della classecome ambiente principe dell’ap-prendimento, subordinandolo anon ben chiarito rapporto di tipoindividuale tra scuola e bambino. Iprogrammi nazionali,discutibilissi-mi ma anche garanzia di ugua-glianza nell’offerta formativa,sono aboliti per lasciare il postoai Piani di Studio Personalizzati.Per capire l’importanza di questopunto è necessario ricordare chetutta l’organizzazione della scuolaelementare si è basata sinora sul-la classe (comprese le classi aper-te e tutte le sue possibili differen-ziazioni), come ambito presceltoper la crescita di tutti i bambininessuno escluso. Cioè gli inse-gnanti, pur operando anche inmodo individualizzato con cia-scun alunno, stabilivano strategiee metodologie che, nella classe,non lasciassero nessuno indietroe facessero il possibile per porta-re ciascun alunno ai massimi livel-li di educazione e di istruzione.I Piani di Studio Personalizzati, chedovrebbero venire stilati e gestitidal Tutor, spazzano invece via laclasse e la sua socialità come am-biente deputato alla crescita, estabiliscono per ciascun alunnoun percorso differenziato chepuò avvenire in parte in classe, inparte in altri gruppi classe e inparte in piccoli gruppi.Ma come dovrebbero esserescelti questi gruppi? Su un orarioche cambierebbe ogni settimana,per livelli di apprendimento (i mi-gliori con i migliori e i peggioricon i peggiori); per indicazionedelle famiglie (con quali criteri? Equale famiglia dirà che il propriofiglio può accontentarsi di starecon “i peggiori”?); per “compiti oaffinità elettive” (che può signifi-care tutto e il contrario di tutto).A corollario di questa ipotesi diorganizzazione, sembra che la mi-nistra non abbia mai frequentatoalcuna delle scuole pubbliche dalei politicamente gestite: quandomancano i gessi o le aule o il per-sonale o i computer, anche i mi-gliori voli pindarici, insieme ai peg-giori, ed è questo il caso, sono de-stinati a precipitare sulle asperitàdella realtà concreta. E per capirequanto questi voli pindarici sianogià in caduta libera basti pensareche nei documenti ministeriali cisono ben 64 pagine, e almeno ildoppio degli schemi, per definire ipossibili “orari individuali” dei bam-bini. Bambini? O trottole?

Bambini o trottole?Senza classe un bambino resteràsolo e privato della sua socialità.Si è sentito spesso, in merito allosmantellamento dei moduli, unluogo comune particolarmentefuorviante: “Dopotutto i bambiniimparavano ciò che dovevano anchequando l’insegnante era uno soloper classe”. In altre parole non

sono pochi coloro che credonoche la riforma Moratti si basiesclusivamente sul ritorno almaestro unico. Se così fosse sa-rebbe una “novità” ugualmentedevastante (oggi un maestro tut-tologo non può più esistere). Manon è solo così! Perché in realtàciò che viene smantellato è anchee soprattutto il sistema “classe”.Perché il bambino - trottola, im-maginato dalla ministra, si avvia aconfrontarsi sempre con più inse-gnanti, ma non con gli stessi nelcorso di un anno, e non più conun gruppo stabile di suoi coetaneicon i quali crescere, sperimentarel’amicizia e i sentimenti, collabo-rare al fine di migliorarsi negli ap-prendimenti e nei rapporti.Come ha sottolineato il gruppoProgettazione Saperi del Movimentodi Cooperazione Educativa, si trattadi un cambiamento di prospettivasconvolgente: “di un passaggio dal-la classe come luogo dell’aiutarsi aimparare” ai gruppi/laboratoricome “luoghi del dividersi per impa-rare”: ovvero si chiede ai bambinidi affrontare individualmente lapropria attività scolastica, con-frontandosi con numerosi inse-gnanti e probabilmente anche con

sempre diversi compagni. Si trat-ta, per i bambini, in altre parole, direstare sostanzialmente soli, e dasoli confrontarsi con un sistema ilquale, oltre tutto, sarà pesante-mente ammorbato dallo spirito dicompetizione e di rivalità.Fa impressione che il cosiddettoRapporto Bertagna, ignori in que-sto senso che le più consolidatericerche psicopedagogiche chevedono nel gruppo-classe la pos-sibilità di meglio intervenire sugliapprendimenti dei singoli, pla-smandoli, potenziandoli, arric-chendoli. Mentre nel rapportomultimodale tra bambino solo eistituzione scolastica, tutto ciònon sarà più possibile.Riassumendo …In una organizzazione della scuo-la così formulata mancherebbe aogni bambino un punto di riferi-mento stabile, sia per quello cheriguarda i compagni, sia per quel-lo che riguarda i maestri. I bambi-ni diventerebbero dei pacchi –contenitori di un nozionistico sa-pere da prendere e da spostaretra un gruppo classe e un altro,tra un laboratorio e un altro, traun’attività e un’altra. Il danno psi-cologico dell’abolizione della clas-

se e della presenza dei tre inse-gnanti titolari sarebbe enorme. LaMoratti si rende responsabile find’ora dei danni che ricadranno suibambini. È altrettanto evidenteche, in questo quadro, l’imposizio-ne di un’insegnante Tutor ai bam-bini, un Tutor incaricato di decide-re quali orari, quali programmi,quali materie saranno adatte adun bambino e quali no, provoche-rebbe solo ulteriori e irrimediabi-li danni. I maestri sono insegnantie non tutor. Essi devono esseremessi nelle condizioni di far rag-giungere tendenzialmente a tuttigli obiettivi dei programmi e nondecidere il futuro dei bambini sul-la base dei tagli dello Stato, delledifferenziazioni sociali o personalio di quello che gira nella testa deldocente. Il tutor è una figura aber-rante che si incaricherebbe disancire le differenze e instradareil bambino dove vuole lui.L’insegnante e la scuola pubblicadevono fare l’esatto contrario:dare a tutti gli strumenti affinchéognuno decida liberamente delsuo futuro, delle sue idee, dellasua vita. I maestri sono insegnan-ti, non Tutor. I maestri sono inso-stituibili punti di riferimento per

una crescita il più possibile armo-niosa, non burocrati impegnati astabilire schemi orari, graduatorietra migliori e peggiori, separazionie segregazioni. I maestri sonocompagni di viaggio che assicu-rando la propria imparzialità e ilproprio impegno nei confronti ditutti, dei più fortunati e dei menofortunati, si fanno esempio diconvivenza civile, di rispetto perla parità dei diritti e dei doveri: enon instillatori dell’individualismoe dell’arrivismo, della competizio-ne più sfrenata per appartenere aquesto o a quel gruppo.

Ma allora, che scuola sarà?Se il provvedimento non verrà ri-tirato, sicuramente una scuola piùpovera, una scuola più confusa,una scuola votata alla più sfrenatacompetizione:- Competizione tra famiglie, perassicurarsi che il proprio figlio siasempre nei gruppi migliori.- Competizione tra gli insegnanti,per assicurarsi un ruolo, quello diTutor, per il quale si è già ventila-to un diverso e migliore tratta-mento economico.- Competizione tra i bambini:perché ciò che in modo diretto oindiretto verrebbe loro insegnatoè che solo chi avrà più competen-ze potrà partecipare a determina-te attività e laboratori.Ma sarà anche una scuola percerti versi incapace e grottesca;basti pensare che:- la stessa propaganda sull’inse-gnamento dell’Informatica, quasifosse una materia a sé, contieneun grave errore d’impostazionestrategica e metodologica:ai bam-bini si può insegnare a utilizzare ilcomputer come uno strumento,non l’Informatica come disciplina.- potrebbe verificarsi in alcuni casianche la perdita di un unico spa-zio di riferimento: infatti le scuoleprive di docenti in grado di attiva-re un laboratorio potrebbero in-vitare le famiglie a seguire il corsoin una scuola “vicina”.Esempio: una scuola elementaresenza insegnanti specializzati inEducazione Motoria potrebbemandare i bambini alle Medie perquelle ore. Ci sono altre due al-ternative, scritte nei documentiministeriali: l’insegnante delleMedie va ad insegnare alle ele-mentari; ovvero la famiglia si cer-ca un corso privato a pagamento.- avrà comunque obiettivi confusie poverissimi: resteranno cioèsolo gli obiettivi minimi. Peresempio in storia si prevede di ar-rivare solo ai Romani alla fine del-la quinta. I “programmi” di geo-grafia si limitano alle Regioni ita-liane. In Scienze lo studio del cor-po umano sarebbe praticamenteabolito. In Matematica tutta laparte dei problemi (fondamentaleper la formazione del pensieroastratto e per le capacità logiche)viene eliminata!!! E questi, ripetia-mo, sono solo degli esempi ...- E tornerà indietro anche su que-stioni elementari: come peresempio l’assenza, dal RapportoBertagna, di qualsiasi indicazionesull’approccio alla Letteratura perl’Infanzia e quindi alla pratica del-la Lettura: forse perché i bambini-trottole immaginati dalla Morattinon avranno più nemmeno iltempo di leggere le storie perbambini.

Scompare la classe enasce il tutor

È bene ricordare, benché la cosanon riguarderà direttamente, al-meno per ora, gli insegnanti diruolo, che la riforma, secondoproiezioni indipendenti, porterà altaglio, per le sole scuole elementa-ri, di un numero che varierà dai40 mila ai 50 mila posti di lavoro.A pagare questo altissimo costosaranno soprattutto i docenti pre-cari, persone che sul reddito deimesi lavorati ogni anno hannospesso impostato una vita: un ma-trimonio, una casa ancora da pa-gare, i figli da tirar su.Per gli insegnanti di ruolo che re-stano si prospetta una nuova real-tà minacciosa e sconvolgente:- con la scomparsa dei moduli dalprossimo anno è possibile una fal-cidia di posti con conseguente per-dita della sede di servizio.- con la gerarchizzazione dei ruoli,

e probabilmente più avanti anchedegli stipendi, attraverso l’istituzio-ne delle figure Tutor e non-Tutor.- con la perdita assoluta di una di-gnità professionale costituitasi sto-ricamente nell’arco di più di unsecolo: la libertà d’insegnamentodi ogni singolo insegnante saràsottoposta, nella più ottimisticadelle ipotesi, alla discriminazioneTutor, non- Tutor.- con la perdita degli spazi demo-cratici: attraverso lo svuotamentodi ogni attività collegiale di tipoorizzontale e paritario e la già pa-ventata cassazione degli stessi or-gani collegiali (giace già allaCamera la proposta di legge cheabolisce il Collegio dei Docenti informa assembleare, svuotandoloquindi di ogni capacità organizza-tiva, propositiva e di critica).- con la mortificazione delle com-

petenze costruite lungo gli anni espesso solo grazie a corsi di ag-giornamento pagati a proprie spe-se: chi per esempio si è specializ-zato nell’insegnamento della logi-co-matematica, potrebbe all’im-provviso trovarsi, poiché non-Tutor,a dover svolgere altre attività cheniente hanno a che fare con lasua specializzazione.- con l’imposizione di un rapportocon le famiglie che non potrà cheessere ambiguo e difficilissimo dagestire: poiché essendo gli alunnidivisi tra “meritevoli” di seguirecerti percorsi e di frequentare cer-te attività, e alunni “non all’altez-za” di seguire certi percorsi e fre-quentare certe attività, le dinami-che di contrapposizione e di scon-tro non potranno che accentuarsiin modo esponenziale.

Cosa accade dei docenti?

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Lungi dall’essere una semplicereazione emotiva al “nuovo” cheavanza, gli stati d’animo diffusisono di disorientamento, incredu-lità nonché preoccupazione per ilfuturo della scuola pubblica.Ma a fronte della confusione, frut-to della campagna di disinforma-zione capillare, unilaterale e men-dace condotta con spreco di de-naro pubblico da parte del mini-stro Moratti, molto chiaro risultal’obiettivo della riforma: sottrarresempre più centralità al sistemaeducativo pubblico. Anche nellascuola media la riforma:- riduce il tempo scuola e la qua-lità della formazione.- riduce il monte ore di diversediscipline.- riduce i programmi.- riduce gli organici, le cattedre disostegno, riduce fino alla progres-siva eliminazione i precari.- riduce l’obbligo scolastico.- anticipa l’età in cui sceglierecome proseguire gli studi.- riduce la dignità professionale eil controllo sulla scuola da partedi insegnanti, studenti e genitori.- riduce la scuola a mercato.- riduce la scuola media a centra-le di smistamento tra licei e for-mazione professionale Se è vero che non sempre laquantità si traduce in qualità, dicerto la riduzione della quantitànon gioca in suo favore.Il primo dato del tutto inconfuta-bile è la riduzione di 3 ore deltempo scuola Moratti rispetto almodello del tempo normale, maaltrettanto evidente è lo sconvol-gimento dell’assetto di molte di-scipline che ha aperto, insiemealla questione del tutor, molti in-terrogativi sui profili professionalirichiesti e sulla legittimità di qual-siasi criterio eventualmente for-mulato dal Collegio Docenti, cuiviene demandata la responsabilitàdell’individuazione e della selezio-ne degli stessi tutor. Non solo, ilMinistro Moratti vanta l’introdu-

zione di innovazioni significativenella scuola che altro non sonoche la conferma del già esistente:- l’Informatica è stata introdottanella scuola da tempo, progetti didiffusione delle nuove tecnologiesono attivi da anni e la loro intro-duzione nella pratica didattica èattualmente adottata in modotrasversale da molti insegnanti ditutte le discipline.- l’Inglese, promesso a gran voce,viene invece dimezzato con graveridimensionamento dei contenutied appiattimento della didattica.- i laboratori opzionali sono datempo attivati in moltissimescuole medie.Analizziamo invece nel dettagliole reali modifiche che la riformavorrebbe introdurre.OrarioIl tempo pieno e il tempo prolun-gato sono aboliti, infatti, non-ostante le rassicurazioni delMinistro, si garantisce, non si saper quanto,un monte ore formal-mente equivalente (27 + 6 + 10 dimensa) ma se ne scardina l’im-pianto organizzativo, didattico ededucativo.Vengono, infatti, abolitele compresenze che permettonol’individualizzazione dell’interven-to didattico nell’ambito del grup-po classe, in favore di una discuti-bile personalizzazione del Pianodi studi determinata dalla con-trattazione fra la famiglia ed ilTutor.L’orario obbligatorio è di 27 orepiù un massimo di 6 ore facoltati-ve di … ancora non si sa cosa. Sicomprimono in 27 ore un nume-ro accresciuto di discipline obbli-gatorie: la seconda lingua stranie-ra, l’educazione informatica, allacittadinanza, alimentare, stradale,ambientale ed all’affettività. Diconseguenza solo pochi potrannoseguire ritmi inevitabilmente ac-celerati e tutti avranno una pre-parazione più superficiale.Diminuiscono le ore di lettere, diinglese e si abolisce di fatto

l’Educazione Tecnica.Orario scelto dalle famiglieLa scuola può attivare ore sup-plementari di lingua straniera perrecuperare almeno le ore perserispetto al bilinguismo.L’offerta pacchetto di ore aggiun-tive variabile a frequenza non ob-bligatoria comporta una sostan-ziale differenziazione.Comprimendo le ore obbligato-rie e introducendone altre facol-tative si crea flessibilità nell’offer-ta formativa ed inserendo i ragaz-zi in percorsi personalizzati le dif-ferenze socio-culturali preesi-stenti tendono ad accentuarsi.La personalizzazione del progettoeducativo scompone il gruppoclasse in alunni a cui vengono for-niti i semplici rudimenti di unapreparazione elementare ed altriche potranno recuperare in partela preparazione impartita con ilprecedente ordinamento.Il ruolo delle famiglie nella sceltadegli insegnamenti opzionali scre-dita il progetto formativo dellescuole che dovranno adeguarloalle mode del momento percompiacere “l’utenza”.PersonalizzazioneSi fa leva sulla personalizzazioneche aumenta la discrezionalitànella formazione degli allievi at-traverso una sorta di contratta-zione con le famiglie, che non ne-cessariamente è garanzia di unacorretta formazione culturale eche rischia di ridurre la scuola amercato. Inoltre sulla base dellecompetenze rilevate, questa per-sonalizzazione orienta a percorsinettamente distinti: uno più ope-rativo, il cui esito potrà essere laprecoce immissione nel mondodella formazione professionale;l’altro più culturale, teso a svilup-pare le competenze intellettuali.Frantumazione della classeIl gruppo classe non è più centra-le ai fini della socializzazione.Centrali diventano i progetti edu-cativi eterogenei che distinguono

e dividono invece di creare unsenso di condivisione.Tutor e gerarchieIntroduzione dell’insegnante tu-tor che tiene rapporti con fami-glia e territorio, consiglia, orientala scelta delle attività opzionali,coordina l’equipe pedagogica ecompila il portfolio toglie pari di-gnità ai docenti, lede sia i diritticostituzionali che quelli contrat-tuali, esautora gli altri docenti dal-la progettualità educativa, didatti-ca ed organizzativa e di fatto in-genera processi di gerarchizzazio-ne e conflittualità nell’ambito del-le istituzioni scolastiche, già alleprese con la competitività scatu-rita dall’autonomia scolastica.Attribuisce al Collegio Docenti laresponsabilità dell’individuazionedi criteri di selezione reintrodu-cendo subdolamente una discri-minazione nella categoria che harespinto decisamente tentatividel genere come il famigerato“Concorsaccio” dell’ex ministroBerlinguer.Gruppo docenti e equipepedagogicaViene a mancare un progettoeducativo specifico per la classe,sostituito da unità di apprendi-mento programmate dall’istitu-zione scolastica o da non benidentificati gruppi docenti o equi-pe pedagogica.Questi gruppi, per ora sconosciu-ti, dovrebbero collaborare con uninsegnante tutor che combina leunità di apprendimento in un pia-no di studio personalizzato perogni alunno.PersonaleAumenta, il carico di lavoro deidocenti, soprattutto per quellidelle discipline di fatto diventate“minori” che avranno un numeropiù elevato di classi e quindi di al-lievi. In questo primo anno di ap-plicazione della riforma si man-terranno gli stessi organici, lescuole utilizzeranno le ore persedagli insegnanti per le attività edu-cative delle ore facoltative.La riforma prevede che entro unanno saranno ridefinite le classi diabilitazione! “L’orario annuale noncomprende il tempo eventualmentededicato alla mensa”, ma, sempreper quest’anno, sarà espletato daidocenti se non richiederà altropersonale rispetto agli organicidello scorso anno. Per gli annisuccessivi l’organico dipenderàdalle disponibilità di bilancio.Così,pur se i genitori sceglieranno perpropri figli un tempo scuola piùlungo, questo non sarà garantito.Le scuole potranno usare i proprigià magri fondi per assumere per-sonale docente attraverso con-tratti di prestazione d’opera conpersonale esperto in possesso dititoli definiti con decreto dalMinistro dell’istruzione.Portfolio delle competenzeIl nuovo strumento valutativo edorientativo in corso d’opera è ilportfolio. L’insegnante tutor do-vrà ordinarlo e condividerlo conle famiglie.Il portfolio dovrà contenere:- materiali prodotti dall’allievo ca-paci di descrivere le spiccatecompetenze del soggetto.- prove scolastiche significativecontestualizzate.- osservazioni dei docenti e dellefamiglie sui metodi di apprendi-mento.

- commenti sui lavori personali - indicazioni che emergano dacolloqui insegnanti-genitori, congli alunni, da questionari attitudi-nali, da interessi manifesti.Nel primo biennio di scuola me-dia i docenti responsabili degli in-segnamenti del piano di studio in-dividualizzato (il gruppo docenti? Iltutor? l’equipe pedagogica?) perio-dicamente (quando?) valuterannogli apprendimenti degli allievi, lecompetenze ed il comportamen-to per predisporre interventi direcupero e di potenziamento(sempre all’interno delle risicate27 ore obbligatorie; appare im-possibile predisporre tali inter-venti che potranno casomai inte-ressare solo i ragazzi le cui fami-glie hanno richiesto, all’atto dell’i-scrizione, del tempo supplemen-tare e comunque la loro pro-grammazione potrà essere almassimo annuale). La valutazionediviene biennale ai fini del passag-gio al terzo anno. L’allievo non èammesso alla classe successiva sefrequenta meno di due terzi delmonte ore annuale.CondottaViene reintrodotto il voto di con-dotta che diventa determinantenella bocciatura dell’allievo incaso di insufficienza.Obbligo scolastico a 14 anniSi perde un anno sulla già ridottaobbligatorietà della formazionescolastica in Italia rispetto agli al-tri paesi europei.

Diminuisce, dunque, il temposcuola.Molti genitori hanno opta-to per 27 ore di lezione e se an-che gli insegnanti volessero pro-gettare un percorso “personaliz-zato”, ritenendo opportuno farfare recupero o potenziamento,non potrebbero farlo perché ilgenitore ha deciso al momentodell’iscrizione.Il tempo scuola più lungo (quellocon fino a 6 ore opzionali sceltedai genitori) consente un maggiorrispetto dei tempi d’apprendi-mento, ma la riforma permetteche sia condotto da personalenon docente, fornito di titoli an-cora non esplicitati. È immaginabi-le che molte scuole affideranno leore opzionali a cooperative e so-cietà in gara per al prezzo più bas-so, a discapito della qualità. E co-munque lo Stato non garantisce iltempo aggiuntivo che potrebbescomparire già il prossimo anno.Infatti per quanto riguarda le oreopionali può accadere di tutto, vi-sto che la scuola non deciderà unpiano organico di insegnamenti,ma dovrà inseguire le personaliz-zazioni degli allievi, cioè le richie-ste delle famiglie, al massimo con-sigliando. È facile prevedere che citroveremo davanti a genitori chevogliono una solida preparazioneper il figlio; genitori affascinati dal-le mode che fanno svolgere milleattività ai ragazzi all’insegna di “sa-ranno famosi”!! genitori che non sioccupano affatto di quello che ilfiglio fa a scuola; genitori che la-sciano che il figlio faccia quelloche vuole; genitori con preteseassurde che non si rendono con-to dei problemi dei figli; genitoriche non danno importanza allecapacità del figlio, non ritenendo-le importanti, ecc. La casistica èinfinita e la scuola potrebbe di-ventare un “parco di illusioni”.

L’impatto sull’attualescuola media

CONFRONTO MONTE ORE NELL’ATTUALE SCUOLA MEDIA E IN QUELLA PREVISTA DALLA RIFORMA MORATTI

La scuola media oggi La scuola media secondo la Riforma Moratti

Tempo Tempo Monte ore Distribuzione Monte ore Monte orenormale prolungato minimo interna medio massimo

Italiano 203Storia 363 363 + 132* = 307 60 313 319Geografia 495 50Matematica 99 E.T. + 198 + 66* + 239 127 245 251Scienze e Tecnologia 198 = 297 99 E.T. = 363 118Inglese 99 99 + 66* = 165 114 54 120 1262ª Lingua comunitaria 99 66Arte e immagine 66 66 + 33* = 99 54 60 66Musica 66 66 + 33* = 99 54 60 66Scienze motorie 66 66 + 33* = 99 54 60 66Religione 33 33 33 33 33

Totale ore annuali 990/1089 1188/1320 891 Attività opzionali variabili** variabili** 198Ore settimanali 30/33 36/40 27/33

* compresenze (gruppo classe)** ogni scuola può prevedere ore facoltative a seconda della propria programmazioneN.B. la Riforma Moratti non prevede attività di compresenza o contemporaneità

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COBAS - aprile 2004 R i f o r m e 7

Ad oggi non è stato presentatoalcun decreto legislativo per lescuole superiori. Le informazionidi cui disponiamo si rifanno allalegge delega n. 53/2003.Le principali novitàLa riforma prevede per gli alunniil diritto/dovere all’obbligo forma-tivo fino a 18 anni, conseguibile inistituti di istruzione superiore,nella formazione professionale econ l’apprendistato in azienda.Questo secondo ciclo dell’istru-zione, secondo la Moratti, è costi-tuito dal sistema dei Licei e dal si-stema dell’Istruzione e dellaFormazione Professionale I licei durano cinque anni(2+2+1), si concludono con unesame di Stato e sono distinti inotto percorsi: artistico, classico,economico, linguistico, musicale ecoreutico, scientifico, tecnologico,delle scienze umane. I licei artisti-co, economico e tecnologico siarticolano in indirizzi.La durata dei corsi negli Istituti diIstruzione e formazione profes-sionale sarà di 4 anni, che posso-no essere svolti anche in alter-nanza scuola - lavoro o attraversol’apprendistato, a partire dall’etàdi 15 anni e attraverso conven-zioni tra scuole e imprese, asso-ciazioni di categoria e camere dicommercio. Per chi volesse acce-dere all’Università dagli Istituti diIstruzione e Formazione profes-sionale è previsto un anno inte-grativo con esame finale di Stato.Gli Istituti di istruzione e forma-zione professionale devono ga-rantire dieci aree sull’intero terri-torio nazionale: agricola-ambien-tale; tessile-sistema moda; mecca-nica, chimica e biologica; grafica-multimediale; elettrica-elettroni-ca-informatica; edile e del territo-rio; turistica-alberghiera; azienda-le-amministrativa; sociale-sanita-ria. Altre aree sono attivate sullabase delle esigenze locali.I titoli di studio terminali e pro-fessionalizzanti (periti, ragionieri,geometri ...) che erano consegui-bili al termine del percorso scola-stico negli Istituti Tecnici e negliIstituti Professionali, col nuovoordinamento perdono il loro va-lore legale e potranno essereconseguiti soltanto a conclusionedi un percorso universitario.Per la Formazione professionalevengono proposti percorsi trien-nali mirati o polivalenti, percorsiannuali di specializzazione, per-corsi quadriennali per il Diploma.

I titoli e le qualifiche costituirannola condizione per l’accesso all’i-struzione e formazione tecnicasuperiore; e quelli conseguiti altermine di percorsi di durata al-meno quadriennale, previa fre-quenza di un ulteriore anno inte-grativo, consentiranno di sostene-re l’esame di Stato, utile ancheper l’accesso all’università.Una riformaclassista e autoritariaLa drastica riduzione del temposcuola previsto dalla riforma (can-cellazione netta di un anno di stu-dio, diminuzione delle ore setti-manali ed annuali) comporterà lacancellazione di miglia di posti dilavoro, farà sparire o restringeràl’orario di alcune discipline, por-terà ad una banalizzazione dei sa-peri e costringerà ad una didatti-ca modulare acefala e autoritaria.La regionalizzazione dell’IstruzioneProfessionale di Stato (25% deglistudenti) e di 27 indirizzi su 39degli Istituti Tecnici (35% deglistudenti) comporta una decisaprivatizzazione (le regioni finan-ziano ma non gestiscono la for-mazione professionale che saràappaltata ad aziende ed enti con-fessionali o di emanazione sinda-cale) e il degrado a rango di allie-vi dei centri di FormazioneProfessionale di oltre il 60% ditutti gli studenti delle superiori,dato che i Centri ProfessionaliRegionali rilasceranno solo quali-fiche addestrative le quali costrin-geranno ad una permanente sub-alternità e marginalità i giovaniche le conseguono.Anche la can-cellazione dell'obbligo scolastico,sostituito da un vago diritto/do-vere non esigibile, come avvertel'Unesco, insieme ad altre istitu-zioni educative e culturali, candidai giovani, che lasciano la scuolaprima dei 18 anni, al drop - out eall'esclusione sociale, tanto che ipaesi europei più avanzati innalza-no l'obbligo scolastico a 18 annicon relative gratuità e facilitazioni.I ragazzini a 12 anni dovrebberoscegliere se dopo la scuola media,dovranno frequentare un liceo(con conseguente percorso uni-versitario), o relegarsi come allie-vi della Formazione ProfessionaleRegionale, degradata e degradan-te.Una polarizzazione e selezionedi classe inaccettabile di tutti igiovani: da una parte gli studenticon all'orizzonte una laurea, dal-l'altra quelli che conseguano unaqualifica regionale destinati alla

ignoranza e alla subalternitàL'anno scorso il 99,3% dei ragazziche si sono licenziati dalle scuolemedie si sono iscritti alle scuolesuperiori. Senza obbligo scolasti-co i giovani e i loro genitori han-no scelto per la prosecuzione de-gli studi fino a 18 anni. La contro-riforma Moratti, anticipata nellasua attuazione da numerosi pro-tocolli firmati da Miur e Regioni, siimpegna ad ostacolare questascelta di crescita dirottando glistudenti iscritti agli istituti Tecnicie Professionali di Stato verso laFormazione professionale regio-nale di primo livello, fatiscente edindegna, ormai in estinzione.Questi Protocolli istituiscono in va-rie forme il biennio integrato che èla formula attraverso la quale sista attuando una vera e propriadeportazione di studenti dagliistituti Tecnici e Professionali distato alla Formazione professio-nale Regionale. Attraverso la sti-pula di convenzioni, tra Enti priva-ti gestori della Formazione pro-fessionale e singole scuole, gli stu-denti dei primi anni iscritti allescuole di Stato vengono, più omeno coercitivamente, devolutialla Formazione ProfessionaleRegionale.Un procedimento del tutto illegit-timo, visto che il governo non haancora presentato il DecretoLegislativo che dovrebbe attuarela controriforma per le scuole su-periori, ma procede a grandi pas-si grazie alla complicità di Regioni,Province, Dirigenti scolastici e inmolti casi anche dei Collegi deidocenti.La cancellazione del valore legaledei titoli di studio sarà la causa diuna ulteriore perdita di senso ditutto il percorso scolastico.Perfino l'accesso all'universitàsarà legato esclusivamente non alconseguimento della maturità odei diplomi ma alle prove di am-missione sempre più discriminan-ti e aziendali.Finalmente si soddisfa una anticarichiesta della Confindustria,quella di avere forza lavoro dispo-nible, flessibile, precaria che nonpossa far valere nelle assunzioni esul posto di lavoro contrattual-mente i titoli acquisiti in anni distudio. Viene riesumata la me-dioevale cooptazione da partedegli ordini professionale con unsalto all'indietro di qualche centi-naio di anni ed ingentissimi costiper i giovani e le loro famiglie.

La riforma e la scuolamedia superiore

Riportiamo alcune considerazionisulle “crepe” normative della contro-riforma morattiana emersi nelle as-semblee di singoli comitati di scuolae nel Coordinamento Romano per ladifesa del Tempo Pieno.

Mancano i nuovi programmio curricoliA proposito dei contenuti didatti-ci, il decreto rinvia agli Allegati, chenon hanno alcuna validità norma-tiva. Secondo lo stesso decretohanno carattere provvisorio "inattesa dell'emanazione delle normeregolamentari di cui all'articolo 8 delDPR n.275/99” (regolamento del-l'autonomia). L'art. 8 di questo re-golamento prevede il parere ob-bligatorio sui nuovi programmidel Consiglio Nazionale dellaPubblica Istruzione (CNPI).Questoparere non è mai stato chiestodal Ministro, ma il CNPI si èespresso motu proprio con unastroncatura radicale degli Allegatial decreto.

Tutor e Stato giuridico deidocentiIl Decreto Legislativo stravolgecompletamente, con l'introduzio-ne della figura del Tutor, il senso ela ratio della funzione docentecome definita dalla legislazione vi-gente (Testo Unico - DLgs 297/94art. 395 - Funzione Docente e Ccnl2002/2005 art. 24 - Funzione do-cente e art. 25 - Profilo professiona-le docente), senza però che la L.53/2003 deleghi in questo senso.Né valgono gli èscamotage dellaMinistra del tipo "non si tratta diuna nuova figura ma soltanto di unanuova funzione”.Tanto peggio proprio perché leg-ge e contratto di Funzione unicadocente parlano! L'intreccio di compiti e compe-tenze che servono a definire lafunzione docente non possonoessere mutilate, esse hanno tutteeguale valore e l'assenza di unasola di esse fa crollare l'intera de-finizione. Un esempio per tutti: ilpunto d) dell'articolo 395 recita:"curano (i docenti, ndr) i rapporticon i genitori degli alunni delle ri-spettive classi", il Tutor espropria ilresto dei docenti di unadiritto/dovere fondante la funzio-ne docente.

Libertà di InsegnamentoLa libertà di insegnamento è san-cita dall'art. 33 della Costituzionema viene garantita anche con l'art.

97, sempre della Costituzione, inrelazione al reclutamento ed allaimparzialità. Infatti l'art. 97 recita:“I pubblici uffici sono organizzati se-condo disposizioni di legge, in modoche siano assicurati il buon anda-mento e l’imparzialità dell’ammini-strazione.Nell’ordinamento degli uffici sonodeterminate le sfere di competenza,le attribuzioni e le responsabilitàproprie dei funzionari.Agli impieghi nelle pubbliche ammini-strazioni si accede mediante concor-so, salvo i casi stabiliti dalla legge”.È evidente che: a) la introduzionedella figura del tutor comporte-rebbe, in attuazione del terzocomma, l'assunzione per concor-so degli eventuali candidati; b)l'imparzialità richiesta alla Pubblicaamministrazione, particolarmenteimportante in una istituzione edu-cativa pubblica quale la scuola, ri-chiede la garanzia assoluta per idocenti di esercitare liberamentel'insegnamento.Ora, la normativa conseguente al-l'autonomia scolastica (dirigenzascolastica, spoil sistem per la diri-genza di tutta la pubblica ammini-strazione, contrattualizzazioneseparata per la dirigenza scolasti-ca), ha prodotto una catena delcomando che parte dal ministeroe attraverso i dirigenti regionali ei dirigenti scolastici prefigura unacondizione subordinata dei do-centi assolutamente incompatibi-le con la libertà sancita dall'arti-colo 33.I commi 5, 6 e 7 dell'articolo 7 deldecreto di riforma della scuola as-segnano al Dirigente scolasticouna ampia discrezionalità nell'as-segnazione della funzione di tutorassolutamente incompatibile conil dettato costituzionale.

Le date impossibiliIl testo del Decreto legislativo èreso inattuabile anche dalle datein esso contenute per l'attuazionedella riforma. Infatti all'articolo 13comma 2 esso recita: "Per l'attua-zione delle disposizioni del presentedecreto sono avviate, dall'anno scola-stico 2003-2004 la prima e la se-conda classe della scuola primaria…". Ora questo rende manifestoil pressappochismo e la proterviadel Ministero che nemmeno si èpreoccupato di correggere ledate, ma è chiaro che un tale te-sto rischia di far saltare il criteriodi gradualità di applicazione previ-sto in altri articoli del testo.

Le crepe dellariforma

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8 COBAS - aprile 2004R i f o r m e

di Giovanni Bruno

Nel clima di revisionismo storicosempre più accentuato, in cui èdiffuso e condiviso trattare da pa-trioti i “bravi ragazzi di Salò” e dacriminali infoibatori i comunistiyugoslavi, in cui i valori dellaResistenza sono definiti illiberali etotalitari, mentre c’è chi indistur-bato arriva all’indecenza di mani-festare per la grazia a Priebke, re-stituire verità storica alle nuove ge-nerazioni deve tornare ad esserel’obiettivo centrale della scuolapubblica. Ne consegue, necessa-riamente, che l’insegnamento rin-saldi una didattica mirata all’ac-quisizione di una autonomia per-sonale, di una consapevolezza cri-tica di se stessi e del mondo, po-nendosi all’opposto dei processifinalizzati al mero addestramentodi mestiere (manuale o intellettua-le: oggi l’estensione dell’alienazio-ne e dello sfruttamento colpiscein profondità anche i quadri intel-lettuali), che viene oggi definitoeufemisticamente formazione pro-fessionale. Riportare verità storicanon è necessario solo per le di-scipline storico - umanistiche, maanche per quelle scientifiche, sot-toposte al vento irrrazionalista eantievoluzionista del revisionismocreazionista.Riportare l’attenzione ai principifondamentali della formazioneeducativa e al ruolo determinantedegli insegnanti verso le nuovegenerazioni rende evidenti qualisiano gli aspetti irrinunciabili peruna istituzione radicata, popolaree insostituibile come la scuolapubblica, sotto assedio da troppianni. Oltretutto, i processi di pri-vatizzazione dell’Università pro-vocano un ulteriore smantella-mento di un sistema di formazio-ne superiore, garantito come undiritto per tutti e sancito dallaCostituzione stessa.Proprio per la profondità dell’at-tacco subito dal sistema dell’istru-zione e dal diritto allo studio inquesti ultimi dieci anni, ritengoche occorra riportare l’attenzio-ne ai principi fondativi su cui co-struire nuove prospettive per lascuola e soprattutto una nuovaprogettualità di carattere demo-cratico, egalitario e universalisticodell’istruzione e della cultura. Ilsapere critico, di cui ci facciamoportatori come docenti e comelavoratori, nel nostro impegnopolitico, culturale e sindacale, rap-presenta il quadro dinamico dasostanziare con contenuti e me-todologie didattiche che richiami-no quella condivisione di respon-sabilità e di costruzione collettivadel sapere a cui ci ispiriamo e checerchiamo di praticare quotidia-namente nei luoghi di lavoro e distudio. Nella prospettiva di un sa-pere critico che venga costruitoconsapevolmente da parte degliallievi, la questione della battagliasui programmi e sui principi ispi-ratori si fa determinante:per con-trastare l’avanzamento del degra-do scolastico e più in generaleculturale occorre rilanciare, ac-canto al piano politico/sindacale,una proposta di approccio orga-nico al sapere che sia razional-mente e storicamente fondato,concretamente capace di opporsialla didattica ridotta a test e amodularità disorganica.

Appare evidente che concettimorattiani come lo sviluppo della“persona” come fine educativo, lapersonalizzazione dei percorsiscolastici per valorizzare le diffe-renze e le capacità di ognuno, l’a-deguamento dei curricoli e delleproposte formative alle richiestedelle famiglie, la salvaguardia e ri-spetto di scelte e di opzioni par-ticolari permettano di rinnovare ilsapere e di salvaguardare la “libe-ra scelta”, provocano frammenta-zione e polverizzazione della co-noscenza: l’introduzione dellaflessibilità nello scibile. Inoltre, oc-corre smascherare la mistificazio-ne che gravita sul concetto di li-bertà relativamente alla “perso-na” e alla “famiglia”, che rappre-sentano generici punti di riferi-mento nell’individuazione degliobiettivi formativi, ma nascondo-no scelte particolaristiche, locali-stiche e, sostanzialmente, antide-mocratiche.Non credo infatti che possa esse-re condiviso un principio di valo-rizzazione della persona in cui siintende esaltare le caratteristicheindividuali tese alla competizionee all’egoismo sociale piuttostoche quelle orientate alla socializ-zazione e alla collaborazione ealla solidarietà, e in cui si sottopo-ne l’emancipazione del bambinoalle scelte preminenti del conte-sto familiare. Ciò che andrebbesemmai rivalutato è il principio divalorizzazione sociale della per-sona, cioè della sua appartenenzaad una collettività in cui sfuggirealla coercizione fisica e/o psicolo-

gica della famiglia, ed in cui si ri-conoscano i diritti individualicome espressione di una piùcomplessa e organica articolazio-ne ed appartenenza sociale. Lasemplice “valorizzazione dellapersona” altro non è che la ridu-zione del soggetto ad individuo,peraltro caricata di significati eti-co-religiosi, mentre se ne eclissala valenza sociale e se ne offusca-no i diritti universali alla cultura.In altri termini, quello che parecome una più o meno innocua in-sistenza generica su principi e va-lori che, a grandi linee possonoessere apparentemente e superfi-cialmente condivisi, rappresentauna vera e propria restaurazione,astrattamente liberale nella formae concretamente coercitiva nellasostanza. La riduzione dei sogget-ti ad individui, definiti come perso-ne e dunque “valorizzati” per laloro dimensione assolutamenteprivata, individuale e familiare, im-plica la rimozione di uno dei pila-stri portanti della scuola pubblicacome definita dalla Costituzionedella Repubblica (almeno quellache esisteva fino a qualche annofa!) nata dalla Resistenza: l’antifa-scismo come principio di libertàper una società democratica dimassa.Non è un caso che nel primo de-creto attuativo della riforma re-staurativa Moratti sparisca deltutto dalle linee dei programmi ilfascismo ed il nazismo:essi appar-tengono alla “crisi e modificazionidelle democrazie”, perdendo lavirulenza e la criminosa negatività

che sono associate alla definizio-ne del nazifascismo degli anni ’20e ’30.Dunque, una rimozione ideologi-camente e politicamente pesan-tissima, avvalorata dalle linee gui-da della riforma stessa.In qualsiasi programma di rilanciodella scuola pubblica, a mio pare-re, deve allora prevedersi un’ori-gine, fondamento essenziale,come fonte ispiratrice delle scel-te didattico-pedagogiche, currico-lari, organizzative della scuola, inogni ordine e grado. L’ispirazioneantifascista come elemento fon-dativo non solamente dal puntodi vista dei contenuti in funzionedi un insegnamento non revisioni-sta della storia, non idealisticodelle discipline umanistico-filoso-fiche e non creazionista nellescienze, deve diventare il princi-pio ispiratore della battaglia cultu-rale per un rinnovamento dellascuola pubblica.La sostanzialità dell’antifascismonon è infatti legata esclusivamen-te alla memoria e alle ricorrenze,ma deve pervadere la cultura ri-gettando ogni forma di discrimi-nazione e razzismo.La restrizione dell’attenzione alladimensione familiare dell’apparte-nenza interpersonale comportalo slittamento della funzione dellascuola verso due possibili esiti: dauna parte la riduzione ad un tra-dizionalismo comunistaristico esostanzialmente localistico, in cuile famiglie convogliano le rispostereazionarie alle incertezze dell’e-poca; dall’altra la perdita di qua-

lunque riferimento a valori condi-visi, per l’esercizio dissolutoriooperato dal mercato e dall’azien-dalizzazione del territorio e dellecomunità, piegate alle necessitàdelle imprese endogene o esoge-ne che operano nel contesto. Idue fenomeni non sono necessa-riamente in contraddizioni, ed an-ziché escludersi è anzi probabileche si integrino organicamente,come avviene in molte realtà delnord padano sollecitato dai rigur-giti para-fascisti del leghismo.Rilanciare la difesa della scuolapubblica deve dunque coniugarsicon una esplicita e coerente rico-struzione dei principi antifascisti,come elemento dinamico e nonstatico della concezione egalitariaed universalistica dei diritti, primofra tutti quello all’istruzione, al di-ritto allo studio e alla formazioneculturale. I diritti soggettivi dell’in-dividuo, in quanto soggetto inseri-to organicamente nei processi dicrescita, maturazione, emancipa-zione ed integrazione culturale,civile, sociale e professionale,sono declinabili all’interno di unaconcezione collettiva ed organicadella società e delle sue articola-zioni: le specificità disciplinari dicarattere umanistico, scientifico,artistico e tecnico devono essereriproposte a partire dal valore an-tifascista, cioè antirepressivo, an-tiautoritario e antiindividualistadell’insegnamento. La iper-seg-mentazione e frammentazionecurricolare operata in continuitàdalle riforme Berlinguer/DeMauro e Moratti, per quanto ri-guarda le offerte formative agli al-lievi, ha impostato una visionemodulare e disorganica delle di-scipline, in cui si perde l’impor-tanza dei collegamenti e della ri-flessione maturata a partire dalleaperture di un sapere non dog-matico e riduzionista, per “valo-rizzare” la schematizzazione e lasemplificazione indotta. Tale im-poverimento culturale è funzio-nale proprio ad una visione sem-plificata del mondo, in cui le cau-se e gli effetti degni di interessesiano immediatamente riconosci-bili e palesi, mentre tutto ciò chenon si manifesta evidentemente,ma vada rintracciato, riconosciu-to e interpretato alla luce di unavisione organica (e per questo ar-ticolata, dinamica e in trasforma-zione) del mondo sia da rigettar-si come confuso, senza interesse,inutile.Infine, ultimo tassello della perdi-ta di valori condivisi universal-mente è il costante ritornello percui la scuola debba essere utile alfine immediato del lavoro. Anchein questo caso, la semplificazioneè riconducibile alla perdita di unavisione neutra del cittadino e del-la scuola pubblica: la perdita dellafunzione educativa della scuolapubblica si coniuga proprio con larimozione dell’idea che la scuolaconcorra in maniera determinan-te alla costruzione del cittadinoconsapevole e culturalmente pre-parato. Ridurre la scuola a meraistituzione orientativa e professio-nalizzante significa distogliere lascuola dalla sua funzione primaria,che resta quella di formare, attra-verso gli strumenti irrinunciabilidella cultura e dell’istruzione, cit-tadini consapevoli di una demo-crazia non puramente formale.

Scuola, pubblica eantifascistaUn patrimonio da rivendicare, una cultura da rilanciare

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Ci ritroviamo a distanza di quasidue anni (giugno 2002) dalla pre-cedente assemblea nazionale dellaConfederazione Cobas.La strategia della guerra perma-nente e preventiva di Bush vienerafforzata dall’aggressione militareall’Iraq, ma quella che doveva esse-re una rapida cavalcata trionfaleUSA ha invece trovato una fiera op-posizione da parte della resistenzairaqena.L’Europa, divisa sulla guerra all’Iraqe stravolta dalla strage di Madrid,ha tentato finora vanamente didarsi una carta costituzionale edaspetta con preoccupazione l’im-minente allargamento dell’Unionead Est con l’ingresso di nazioni filoUSA.In Italia tre anni di governoBerlusconi hanno profondamentepesato in senso antipopolare edantidemocratico.Il centrosinistra è strettamente an-corato ad una strategia liberista edaccentua il suo carattere moderato(imperdonabile il rifiuto della suamaggioranza di votare contro lapermanenza delle truppe italianein Iraq) in vista delle future impor-tanti tornate elettorali.L’economia è in profonda stagna-zione, i salari perdono valore, laprecarizzazione si estende, le pri-vatizzazioni accelerano, le lottesono ripartite, i sindacati ritrovanol’unità, la CGIL mantiene la sua“forza di massa”, rilanciando, die-tro la facciata “conflittuale”, il suoruolo neoconcertativo.Il 20 marzo circa 2 milioni di per-sone tornano ad invadere le stradedi Roma contro la guerra.

L’attacco al lavorodipendenteLa materialità della crisi colpiscepesantemente settori lavorativi esociali sempre più estesi.Nell’ultimo biennio la perdita delpotere d’acquisto (19,8% per glistipendi degli impiegati e 16,1%per i salari degli operai) spingesotto o vicino la soglia di povertàdecine di milioni di persone.Il lavoro dipendente – in tutte lesue molteplici sfaccettature - ogginon rappresenta più la possibilevia per il raggiungimento di unaposizione sociale di relativa sicu-rezza, ma nemmeno lo scudo di-fensivo che protegge efficace-mente dalla miseria. Il fenomenodei working poor (lavoratori po-veri) statunitensi adesso è sem-pre più diffuso in casa nostra.Ne sono causa la persistente sta-gnazione dell’economia italianaed europea impossibilitate ad ag-ganciarsi al carro di una “ripresa”elettoralistica USA drogata dallastratosferica spesa militare,dal ta-glio delle tasse ai padroni, dal de-prezzamento del dollaro nei con-fronti dell’euro, e soprattutto laprecarizzazione del lavoro, lacompressione dei salari, l’attaccoalle pensioni, la privatizzazione eaziendalizzazione dei servizi pub-blici, la cancellazione dei diritti so-ciali e del lavoro, assi portanti del-la politica del governo Berlusconie della Confindustria.

L’art. 18, il Patto per l’Italiae la legge 30/2003Al centro di tale strategia è statol’attacco all’art. 18, che ha subitopartorito il famigerato “patto perl’Italia” con CISL e UIL che hannopoi firmato il contratto separatoe a perdere dei metalmeccanici, esuccessivamente ha prodotto –con la strada spianata dal pac-chetto Treu varato dal governoProdi - la famigerata legge30/2003 che assegna all’Italia ilprimato europeo della flessibilità.

Le pensioniDopo le precedenti controrifor-me degli anni ’90 del centrosini-stra (Amato, Dini, Prodi), viene agalla il nodo delle pensioni; accan-to alla legge delega sulla previden-za (decontribuzione dal 3 al 5% afavore dei padroni, trasferimentoforzato del TFR ai fondi privati edi categoria), Berlusconi ha gioca-to le sue carte: dal 2008 ci vor-ranno 40 anni di contributi perandare in pensione o comunquel’obiettivo è innalzare l’età mini-ma pensionabile fino a 62 anni.

I rinnovi contrattualiSul versante salariale il peggiora-mento è costante: oltre a rinnovicontrattuali che a malapena sonoin linea con l’ inflazione program-mata (nettamente inferiore aquella reale), ci sono quelli deimetalmeccanici e soprattutto de-

gli autoferrotranvieri che hannopesantemente immiserito i lavo-ratori.

Privatizzazione eaziendalizzazioneSono iniziati i primi smaccati ten-tativi di privatizzazione del beneacqua; mentre viene svenduto ilpatrimonio artistico/ambientale eproseguono i piani di privatizza-zione ed esternalizzazione deitrasporti pubblici; va avanti il risa-namento della sanità con il tagliodi migliaia di posti letto e la chiu-sura di decine di ospedali; il gran-de black out di settembre ha evi-denziato il degrado in cui sonoprecipitati, dopo la liberalizzazio-ne e lo smembramento del setto-re, l’ENEL e il servizio elettrico;nelle telecomunicazioni imper-versano gli appalti e dilaga la pre-carizzazione come testimonia losviluppo disastroso dei call cen-ter; la Moratti, con il decretacciodel 23 gennaio, ha sferrato un pe-santissimo attacco contro il tem-po pieno, l’unitarietà, la qualità e lagratuità della scuola pubblica, l’oc-cupazione di docenti ed ATA.

La deregulationIl governo e la Confindustria, spal-leggiate da CISL e UIL, puntano alpeggioramento della legge anti-sciopero (referendum obbligato-rio per poter scioperare), al supe-ramento del contratto nazionale(anche tramite la devolution le-ghista, cui ha fatto da apripista ilfederalismo targato Ulivo), allareintroduzione legalizzata dellegabbie salariali; nel merito la posi-zione della CGIL è più sfumata,ma nella sostanza si accoda, conqualche distinguo, al carro trai-nante della deregulation, allinean-dosi in modo subalterno al pro-gramma dell’Ulivo.

I crack finanziari ela crisi industrialeE mentre decine di miliardi dieuro bruciano nei crack finanziaridi Cirio e Parmalat, proliferano gliesuberi, si chiudono aziende, sismantellano attività produttive(Alfa di Arese,Alitalia,Acciaierie diTerni, Ilva, Syndial, Italtel,Montefibre, La Molisana, FiatMirafiori …) nel 2003 si sonospersi altri 26.000 posti di lavoro.

Governo guerrafondaio e antipopolareIl governo Berlusconi conferma ilmantenimento dei corpi di spedi-zione militare in Iraq e non solo,continua con i condoni agli evaso-ri, rilancia le grandi opere come ilponte sullo stretto, organizza latruffa finanziaria della cartolariz-zazione degli immobili degli entipubblici, progetta siti di stoccag-gio per scorie radioattive, vuolecostruire nuove centrali a carbo-ne ed inceneritori e cerca di rein-trodurre il nucleare.

Il conflitto capitale/lavoroLa centralità del conflitto capita-le/lavoro, elemento basilare nell’a-nalisi dei Cobas, oggi viene risco-perta anche dai suoi detrattori epercepita come palese da strati

rilevanti di senza proprietà e sen-za potere.

Gli autoferrotranvieriIn tal senso esemplari sono la lot-ta e gli scioperi degli autoferro-tranvieri.Sfidando le leggi antisciopero (L.146/90 e 83/2000) e le precetta-zioni, i lavoratori del trasportopubblico hanno mostrato la pos-sibilità di rompere la gabbia in cuilo sciopero nei servizi è stato rin-chiuso, riscoprendone l’efficacia,ma anche socializzandone l’im-portanza presso una “pubblica opi-nione popolare”, ritenuta sbrigati-vamente forcaiola se costretta asubire un disagio dall’eserciziodello sciopero. La campagna allar-mistica che puntava all’isolamentodei tranvieri non è passata perchéla loro lotta ha posto in terminigenerali la questione salariale edella precarietà della condizionedei lavoratori, che hanno ricomin-ciato a pensare che si può lottareanche infrangendo le regole cape-stro, si può resistere, forse si puòvincere.La lotta ha messo a nudo l’ipocri-sia di una politica aziendale cheinvoca il rispetto delle regole inun servizio pubblico esternalizza-to e sottoposto a tagli continui;ha smascherato una linea confe-derale subalterna agli interessiaziendali, che non tutela salario ediritti, che spinge con gli accordiaziendali verso la destrutturazio-ne del contratto nazionale e lasua regionalizzazione.La lotta insegna che autorganiz-zarsi è possibile,anzi indispensabi-le se si vuole uscire dal ricatto pa-dronale del sottosalario o deglistraordinari a gò gò.La lotta comincia a mettere in cri-si i meccanismi della rappresen-tanza nelle aziende, incrinando ilmonopolio a prescindere di Cgil -Cisl - Uil e sindacati autonomi.

La scuolaIl decretaccio della Moratti sullascuola dell’infanzia, elementare emedia ha fatto emergere la sog-gettività di un popolo della scuolapubblica che non ci sta a farsi sot-trarre diritti e garanzie di un ser-vizio sociale costitutivo della stes-sa repubblica.Se insegnanti e studenti delle su-periori sono ancora lontani da unpieno coinvolgimento nella lottaalla controriforma, docenti ed Atadelle scuole primarie e seconda-rie di primo grado, genitori, citta-dini/lavoratori - di fronte alla con-cretissima possibilità di azzera-mento dell’esperienza del tempopieno, con la perdita di decine dimigliaia di posti di lavoro, la gerar-chizzazione e precarizzazionedella forza lavoro, la cancellazionee lo scadimento qualitativo dibuona parte del tempo scuola -hanno intrecciato le loro stradedando vita a un processo di au-

torganizzazione e lotta dal bassoche i Cobas della scuola hannostimolato ed orientato, ma nonpredeterminato. Così le giornatee manifestazioni nazionali del 26settembre, 29 novembre, 17 gen-naio accompagnate da tantissime

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Il quadro della crisi

La ripresa delle lotte

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iniziative di lotta e di dibattito ter-ritoriali, fino allo stesso scioperogenerale del 1° marzo promossodai Cobas, sono la risultante di unpercorso conflittuale in cui si èsaputa coniugare la difesa di unbene concreto (la possibilità pertante famiglie di continuare a frui-re del tempo pieno) con la batta-glia più generale contro la merci-ficazione del sapere e l’aziendaliz-zazione della scuola pubblica.

Una nuova stagione di lotteLe lotte popolari di questi ultimimesi - da quelle storiche diAcerra contro la costruzione del-l’enorme inceneritore/termova-lorizzatore e delle popolazionidella Val di Susa e del Mugellocontro l’Alta Velocità a quella tra-volgente di Scanzano contro la in-stallazione del deposito di stoc-caggio delle scorie nucleari e aquella di Terlizzi contro la chiusu-ra dell’ ospedale cittadino, daquella di Civitavecchia contro laconversione a carbone della cen-trale ENEL a quella di Rapollacontro l’elettrodotto, da quella diTerni contro il licenziamento de-gli operai delle acciaierie TysshenKrupp a quella di Ariano Irpinocontro la riapertura della megadi-scarica per rifiuti urbani - ci parla-no di una ripresa del protagoni-smo di massa. Sono lotte che per-seguono obiettivi significativi e bi-sogni concreti: il diritto a non ve-der violentato ed inquinato ilproprio ambiente di vita, a difen-dere la propria salute, a non per-dere il posto di lavoro; sono lotteche coagulano un fronte socialeampissimo e che si avvalgono de-gli strumenti “classici” della storia

del movimento operaio e popola-re: lo sciopero generale territo-riale, i blocchi stradali e ferroviari,gli sfondamenti dei cordoni poli-zieschi, le occupazioni di munici-pio e di ospedale. Sono lottedure, ma che cercano una tratta-tiva diretta con la controparteusando anche le più svariate in-termediazioni istituzionali. Sonolotte che cercano uno sboccovincente.

I lavoratori non mollanoIn questo clima si inseriscono lemobilitazioni dei lavoratoridell’Alitalia contro gli esuberi, chescioperano e bloccano le parten-ze dei voli, gli scontri con la poli-zia e l’occupazione della ferroviada parte degli operai dell’Ilva diCornigliano, gli scioperi autorga-nizzati dei lavoratori Telecom ecall center contro la precarizza-zione e la ristrutturazione azien-dale, gli scioperi all’ENEL eall’ACEA (Roma) contro le nuovedismissioni/cessioni d’azienda e lamessa in mobilità; ma anche lemobilitazioni per il contratto deivigili del fuoco e dei lavoratoridelle agenzie fiscali, con un apertodissenso rispetto alle disperanticonclusioni delle vertenza da par-te di Cgil - Cisl - Uil - Cub/Rdb.Né cessano gli scioperi articolatiorganizzati dalla Fiom contro ilcontratto separato e per i pre-contratti, che esprimono un biso-gno di salario non comprimibile.

Disoccupati, Lsu, precari…Continua la lotta per illavoro/reddito da parte di figurestoriche, come i disoccupati na-poletani, che, se hanno ottenuto

l’assunzione di qualche migliaio dilavoratori in traballanti multiser-vizi, continuano in maggioranza arestare senza lavoro ed alcuni diessi sono colpiti da provvedimen-ti repressivi capestro come l’”as-sociazione a delinquere” per leazioni di lotta sviluppate contro ladisoccupazione; o gli Lsu, da ri-cordare la vertenza di questi ulti-mi in Val Vibrata (Te) ove abbiamogiocato un ruolo rilevante, che haavuto un primo esito positivo perla stabilizzazione del posto di la-voro.Pian piano cresce il coordinamen-to della Rete nazionale per il red-dito sociale e i diritti, che comin-cia a strutturarsi e a lanciare ver-tenze sul territorio, confortatadalla riuscita della manifestazionenazionale del 22 novembre aRoma e dalla sintonia con mobili-tazioni analoghe realizzate il28/11 a Bruxelles e il 6/12 aParigi.

Gli immigratiGli immigrati continuano la batta-glia per il permesso di soggiorno,per il diritto al lavoro, contro laBossi /Fini e per lo smantellamen-to dei CPT, articolando la lotta alivello territoriale (ancora il 30%delle domande di “sanatoria” peril permesso di soggiorno restanoinevase dalle questure) e ripropo-nendosi, con le mobilitazioni na-zionali, come soggetto sociale epolitico essenziale all’interno delfronte antiliberista.

Le lotte per la casaLa lotta per il diritto alla casa viveuna stagione di rilancio attraversola ripresa delle occupazioni di im-

mobili sfitti di proprietà pubblicao di grandi finanziarie, con l’orga-nizzazione di comitati antisfrattoe di inquilini che non accettano lavendita frazionata e a prezzi dimercato delle case degli enti, convertenze nei confronti degli entilocali e degli enti “sfrattatori”, cheassumono rilevanza nazionale.

L’università e la sanitàLa rivolta di docenti e ricercatoriuniversitari -culminata nella occu-pazione de “La Sapienza” di Romacontro la “riforma” universitaria, itagli alla ricerca, la precarizzazio-ne e gli scioperi massicci dei me-dici ospedalieri contro la distru-zione del servizio sanitario nazio-nale, esprimono un malessere so-ciale che ormai investe ceti untempo ritenuti agiati (a torto si-curamente nel caso dei precaridell’università) e sono il sintomodello sfascio cui il governoBerlusconi ha ridotto i servizipubblici, mentre la loro funzioneessenziale ritorna centrale per lastragrande maggioranza della po-polazione.La lotta dei docenti universitari, alcui fianco con una propria piatta-forma si battono gli studenti, rap-presenta il segmento finora man-cante, e che i Cobas della scuolacercano di saldare, di un unicofronte di lotta che si delinea intutto il ciclo dell’istruzione – dal-la materna all’università - controla mercificazione del sapere.Così è importante che i Cobasdella sanità, in piena autonomia efacendo perno sulla difesa del ca-rattere pubblico del servizio sani-tario nazionale, entrino in dialetti-ca con le lotte e gli scioperi deimedici, che è errato liquidarecome esclusivamente corporativi.

L’importanza di ottenere risultatiLa politica governativa/confindu-striale e il modello sociale liberi-sta/capitalista perseguito daBerlusconi sono percepiti nellaloro intollerabilità da masse cre-scenti di lavoratori, disoccupati,pensionati, da qui lo sviluppo dimovimenti di lotta, che, seppurparziali, intaccano aspetti fondantidi quel modello, da qui la durezzadello scontro e l’importanza dellavittoria.In queste lotte il peso dei Cobasè stato diverso a seconda delle si-tuazioni, andando dall’assenza allapura solidarietà, dalla costantepartecipazione ai vari momenticonflittuali alla elaborazione e allacondivisione totale dell’interopercorso mobilitativo.In queste lotte i Cobas devonosforzarsi di operare quella salda-tura feconda tra movimento deilavoratori e movimenti sociali,contenente la carica trasformati-va necessaria ad operare la rottu-ra degli assetti di potere dati, perla costruzione di equilibri politicie sociali più avanzati.

Lotte quotidiane e conflitto sociale generaleOccorre sforzarsi dal punto di vi-sta politico/sindacale ed attrez-zarsi organizzativamente per su-perare le difficoltà dei punti bassied adeguare ai picchi più elevati ilnostro intervento.Bisogna però investire di più nelquotidiano, in quella microconflit-

tualità, che non solo è il primostrumento a disposizione per farvalere i diritti più elementari deilavoratori, ma che può essere fo-riera di generalizzazione della lot-ta, di sviluppo di massa della con-sapevolezza della difesa dei diritti,di crescita di nuovi quadri sindaca-li e politici antagonisti e quindi disviluppo dell’autorganizzazione.Significa unire alla radicalità delleforme di lotta e degli obiettivi daraggiungere, il carattere di massadella mobilitazione e la capacità dicostruire una strategia del conflit-to sociale che, muovendo dallavertenzialità concreta, ne valoriz-zi gli elementi di contenuto ricon-ducibili alla più generale battagliaantiliberista e anticapitalista.

Mandare a casa BerlusconiLa necessità di mandare a casa alpiù presto il governo Berlusconiper i prezzi pesantissimi che lasua politica antipopolare ed anti-democratica fa pagare ai menoabbienti e alla grande maggioran-za del Paese è ormai coscienzadiffusa.

Il centrosinistra, la Cgile il frontismoChe tale obiettivo possa essereraggiunto attraverso l’unità di tut-te le forze sociali/sindacali/politi-che antiberlusconiane è senso co-mune anch’esso molto diffuso.Che l’espressione politica più rile-vante di questa opposizione sia ilcentrosinistra e ad esso bisognaaderire o con esso bisogna allear-si è per tanti scontato.Che la Cgil sia, sul versante sinda-cale e non solo, l’organizzazionedi massa più vasta e radicata, che,rivitalizzata dalla “ritrovata capaci-tà conflittuale”, vada rafforzata edassuma un ruolo centrale nellalotta antiberlusconiana, pare oggiuna verità in gran voga.C’è bisogno di unità,passando so-pra alle divergenze del passato:questo è il messaggio che si vuo-le veicolare in larga parte della si-nistra sociale, sindacale e politica.Noi diciamo che questo stormirdi frontismo non ci piace; nonsolo perché non siamo disposti amettere una pietra sul passato,ma soprattutto perché è il pre-sente che non ci piace.

La strategia liberista del centrosinistraÈ impossibile, sia pure nel quadrodi un’alleanza tattica di fase, co-struire un programma di lotta co-mune con chi (come la maggio-ranza del centrosinistra), sul ter-reno fondamentale dell’opposi-zione alla guerra,non si pronunciacontro la permanenza dei corpi dispedizione militare italiani in Iraqe altrove; con chi (come il trici-clo), in linea con la riforma Dini,avanza la proposta del prolunga-mento dell’età pensionabile; conchi (come D’Alema) afferma cheil centrosinistra, pur se vince leelezioni, non cambierà la contro-riforma Moratti, perché la scuola

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Il quadropoliticosindacale

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non procede a colpi di riformaogni cinque anni; con chi (comeFassino e Violante), sul drammadelle foibe, sulla Resistenza e sul-le leggi d’emergenza, si colloca insintonia con i peggiori arnesi delrevisionismo storico; con chi(come Prodi) esalta i vincoli diMaastricht, la flessibilità (leggi pre-carietà) del lavoro, le privatizza-zioni dell’Ulivo e il taglio dellaspesa previdenziale; con chi(come la maggioranza DS insiemea Cofferati e alla Cisl) è stata laprincipale responsabile dellasconfitta elettorale al referendumsull’articolo 18.

Rifondazione e la nonviolenzaIn tale contesto la dirigenza diRifondazione Comunista, imme-more degli 11 milioni di sì all’e-stensione dell’art. 18 da cui si do-veva ripartire per rilanciare il con-flitto sociale, sindacale e politico,chiama il “movimento dei movimen-ti” e l’intera opposizione ad unconfronto a tutto campo con ilcentrosinistra,con cui ha deciso diandare ad una alleanza non soloelettorale, ma programmatica.Appaiono sconcertanti alcunescelte “teoriche” di Bertinotti,quali la liquidazione della storiadel ‘900 come un gigantesco mat-tatoio, la sostanziale equiparazio-ne tra guerra e terrorismo, laproposta della nonviolenza comemetodo di lotta assoluto e vin-cente sotto tutte le latitudini.Queste posizioni ci sconcertanoperché viviamo in un periodostorico in cui la guerra preventivae infinita dell’imperialismo USA diBush colpisce in maniera sistema-tica popoli sospettati di interferi-re con i piani di dominio della su-perpotenza militare, in cui le poli-tiche neoliberiste affamano e uc-cidono milioni di esseri umani aiquattro angoli del pianeta, in cui ilcapitalismo, per difendere i propriprofitti, aggrava le sue forme diviolenza e repressione nei con-fronti di miliardi di sfruttati/e eoppressi/e.Siamo sgomenti perché non vor-remmo che tali “innovazioni” sileghino al viaggio di avvicinamen-to di Rifondazione al centrosini-stra, il quale, proprio sul terrenoprogrammatico, continua nellaprassi a rivestire i panni di alfieredel liberismo capitalista dal voltoumano, nel senso di più presenta-bile rispetto a quello fascistoide,razzista, del signore di Arcore.

La Cgil e la simulazione del conflittoLa Cgil negli ultimi due anni si èriaccreditata presso masse consi-stenti di lavoratori e di giovaniper il suo ruolo “conflittuale”,che,pur senza fuoriuscire dall’am-bito degli accordi di luglio ’93, èstata costretta a ricoprire persventare il tentativo del governoe della Confindustria di cacciarlain un angolo con la politica degliaccordi separati e a perdere conle più malleabili Cisl e Uil.In realtà se lo scontro e la sepa-razione con Cisl e Uil ci sono sta-ti sul patto per l’Italia e sull’art.18, la Cgil (tranne la Fiom cheesprime una posizione di coeren-za rivendicativa ben diversa daquella di Fim e Uilm) ha tenutonei rinnovi contrattuali nazionalidi categoria un atteggiamento

uguale a quello di Cisl e Uil dallascuola agli enti locali, dai vigili delfuoco agli autoferrotranvieri, tuttiaccordi conclusi sul filo dell’infla-zione programmata, se non peg-gio (come per i tranvieri), senzanessun freno alla precarietà e al-l’appesantimento dei carichi di la-voro, senza referendum sugli ac-cordi, con il restringimento neiluoghi di lavoro degli spazi di agi-bilità sindacale per i non allineati.Sulla difesa dell’occupazione neisettori industriali in crisi non si vaal di là di generici appelli unitariche sottolineano la drammaticitàdella situazione.Sui servizi pubblici la Cgil, cheaveva ampiamente consentito alleprivatizzazioni ed esternalizzazio-ni del centrosinistra, insieme aCisl e Uil, si limita a tronfi procla-mi sull’importanza del serviziopubblico (magari invitando i lavo-ratori ad essere più efficienti perrealizzare un servizio di qualità),senza mettere realmente in dis-cussione con la lotta i processi diaziendalizzazione in corso.Clamoroso è il caso della scuola,ove la Cgil, dopo aver sponsoriz-zato l’autonomia scolastica, la leg-ge di parità con le private e la ri-forma Berlinguer, di fronte all’of-fensiva del ciclone Moratti, si limi-ta (mentre Cisl - Uil e Snals im-perterriti restano seduti) a seder-si ed alzarsi, a seconda di come legira, dai tavoli in cui si contrattua-lizza la controriforma della scuo-la, invece di fare l’unica cosa giu-sta, lo sciopero generale dellascuola e dell’università per il riti-ro del decretaccio e la cancella-zione delle “riforme”.Sulle pensioni, dopo aver raggiun-to con il governo il compromes-so unitario sul silenzio/assensoper il trasferimento del TFR aifondi pensione (che per i lavora-tori è sempre una fregatura, per-ché viene capovolta la regola delsilenzio/assenso che è tale rispet-to al mantenimento dello statusquo e non viceversa), la Cgil hapartorito la proposta del rinviodella verifica al 2005, cioè neitempi previsti dalla vecchia rifor-ma Dini, che prevede il progressi-vo elevamento dell’età pensiona-bile e la sparizione delle pensionidi anzianità.

Gli scivoloni della CgilE nel frattempo la Cgil – anticipa-ta dalla Fiom all’Ilva - scivola sulterreno su cui aveva costruito ilsuo nuovo volto conflittuale: lalotta contro la legge 30/2003, rag-giungendo con Cisl - Uil eConfindustria l’accordo sui con-tratti d’inserimento, nuova tipolo-gia di lavoro precario contenutanella “legge Biagi”, mentre firma ilcontratto del settore cementoche recepisce l’applicazione dellalegge 30;e “cicca” clamorosamen-te sul fronte dell’unitarietà delcontratto nazionale, siglando l’in-tesa con la Confartigianato in cuisi delega al livello regionale il re-cupero del differenziale inflattivo,avallando la reintroduzione dellegabbie salariali.

Ritorna la concertazioneRitorna a soffiare di nuovo il ven-to della concertazione, che l’inse-diamento di Montezemolo al ver-tice di Confindustria favorisce; lestesse difficoltà del governo

Berlusconi - che paiono rilanciarele chances del centrosinistra -suggeriscono moderazione allaCgil, che è arrivata allo sciopero“colonnello” del 26 marzo – unasorta di atto dovuto alla celebra-zione del rito della ritrovata unitàcon Cisl - Uil (che provocatoria-mente affermano che la piattafor-ma dello sciopero è tesa a realiz-zare i contenuti del “Patto perl’Italia”) - più per far evaporare lelotte di categoria e di settore incorso che invece generalizzarle.In realtà l’agire concreto dellaCgil, al di là di aggiustamenti par-ziali e reversibili, non si schiodadall’orizzonte concertativo checostituisce l’alfa e l’omega del suoorizzonte culturale e politico.Il centrosinistra poi è mani e pie-di legato al carro del liberismo ela sua battaglia tende ad acquisire

il consenso di buona parte dellaclasse dirigente (imprenditori, fi-nanzieri, banchieri, commercianti,professionisti …) ormai insoddi-sfatta della gestione personalisticache del potere politico haBerlusconi.

La CGIL come ancora di salvataggioNonostante ciò, la Cgil sembra atanti lavoratori l’unico argine ocomunque il meno peggio perfrenare l’offensiva padronal/go-vernativa in corso; questo, insie-me agli scandalosi meccanismielettorali che regolano l’accessoalla rappresentanza nei luoghi dilavoro, spiega la sua vittoria ai rin-novi delle RSU in tante fabbriche

e nella scuola, anche a scapito deiCobas e del sindacalismo di base.In più la Cgil, dopo aver - a diffe-renza della Fiom - snobbato ilmovimento no global sulle stradedi Genova 2001, pian piano è ri-entrata nel movimento antiliberi-sta e contro la guerra,partecipan-do a pieno titolo a tutte le suemobilitazioni.La Cgil dunque come l’asso piglia-tutto che fagocita e sussume lastragrande maggioranza delle op-posizioni? Parrebbe di sì.

C’è chi non ci staMa quando i tranvieri scioperanoautonomamente per un contrat-to nazionale, per rivendicazioniminime ma indispensabili, per unpugno di diritti, si scopre che il reè nudo; la Cgil è come Cisl e Uil,né vale un referendum-farsa per

soli iscritti a riabilitarla neanchesul terreno di quella democraziasindacale che insieme a Cisl e Uilha contribuito ampiamente a di-struggere.Anche i coordinamenti in difesadel tempo pieno si accorgonoche i sindacati non vogliono losciopero generale della scuola.Nel movimento no global cominciala contrapposizione alla Cgil che, innome di una assolutizzata nonvio-lenza, si dissocia dalla resistenzairaqena ma finisce in minoranza.E gli ultimi contratti firmati per ilcorpo dei vigili del fuoco e il com-parto delle agenzie fiscali, a cui siassocia anche la Cub (bell’esem-pio di sindacalismo di base), han-no incontrato un’opposizione

prima difficilmente immaginabile.

Le nostre difficoltàSono, questi, segnali sicuramenteincoraggianti, che vanno adegua-tamente valorizzati, rafforzati edestesi; ma sarebbe velleitario so-stenere che ci troviamo di frontead una svolta, che per l’autorga-nizzazione la strada è tutta in di-scesa.Lo dimostrano la mancata gene-ralizzazione delle nostre battaglienei comparti dove siamo più de-boli; ma anche la difficoltà di de-terminare con continuità i tempidella lotta, di costruire una reale“egemonia”, di ottenere risultatiduraturi nelle situazioni come lascuola, dove pure la nostra pre-senza è consolidata e svolge unruolo fortemente propositivo perlo sviluppo del conflitto.

Le carte dei confederaliI Confederali, ed in particolare laCgil, continuano ad avere tantissi-me carte da giocare: contano suuna sponda politico/istituzionaleche copre tutto l’arco dell’oppo-sizione parlamentare (da quellapiù dialogante con il governo aquella più intransigentemente an-tiberlusconiana) e nel contemporestano interlocutori del gover-no; si basano sulla forza di un ap-parato mastodontico di funziona-ri, su cospicui mezzi finanziari, sul-l’offerta di tanti servizi legali/assi-stenziali/amministrativi e su oltre11 milioni di iscritti; continuanoad apparire come i “veri” rappre-sentanti dei lavoratori abilitati a

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trattare nelle vertenze nei luoghidi lavoro, nei territori e a livellonazionale; godono di una “legitti-mazione” derivante, soprattuttoalla Cgil, dal voto dei lavoratorialle elezioni della Rsu (su cui nonsi può dire che non abbiano ri-scontrato una grande affluenzaalle urne). Come valore aggiuntola Cgil fa suonare la sirena dell’u-nità nella lotta per battere il go-verno Berlusconi, nonostante,vedi sciopero del 26 marzo, rilan-ci l’ipotesi neoconcertativa dellapolitica dei redditi.

Unità, radicalità,autonomia. La tatticaDa parte nostra ribadiamo l’im-portanza della battaglia unitariaper la cacciata del governoBerlusconi (prima se ne va e me-glio è), ma questa va realizzata ri-fiutando in toto i suoi programmidi restaurazione sociale e di sof-focamento delle libertà.Per avanzare verso questo obiet-tivo occorre partire, in piena au-tonomia, dalle lotte concrete delmondo del lavoro e di tutti i sog-getti sociali penalizzati dall’attualemodello di sviluppo; bisogna co-struire un proprio percorso dilotta, che - attorno ad una piatta-forma imperniata sull’ampliamen-to dei diritti individuali e colletti-vi, sul miglioramento delle condi-zioni di vita dei lavoratori, sulla di-fesa e il rafforzamento dello statosociale, sulla difesa e l’apertura dinuovi spazi di democrazia - sappiacoagulare la massa critica neces-saria a capovolgere gli attuali rap-porti di forza sociali e politici.Il terreno della lotta unitaria dimassa è un terreno importante,ma scivoloso, è necessario perciòarticolare i passaggi tattici, coniu-gando unità e radicalità, tenendopresente che, se quest’ultima nondeve portare all’isolamento, il valo-re dell’unità va soppesato rispettoagli obiettivi che essa si prefigge.Occorre quindi calibrare di voltain volta le scelte da compiere; ri-cordando che l’influenza di Cgil -Cisl - Uil nel mondo del lavoro edoltre si batte non solo a valle, maanche a monte;nel senso che nonpossiamo limitarci ad interveniresolo nel momento dell’esplosionedelle vertenze, degli scioperi, del-le manifestazioni, perché la lotta,o meglio la sua visibilità, è sola-mente una parte e neanche la piùconsistente della vita lavorativa edell’essere sociale. Dobbiamo in-vece porci l’obiettivo di esserepunto di riferimento costante peri lavoratori.

L’importanza della vertenzialità quotidianaSe poi dalla macrovertenzialitàsindacale e sociale passiamo alletante realtà quotidiane, fatte dipiccole aziende, di cantieri edilidove si lavora in nero o senzapaga, di licenziamenti a seconda dicome gira al padrone, di immigra-ti pagati due lire e che lavorano 12ore al giorno, di morti e infortunigravi sul lavoro, di ferie non paga-te, di precariato, di lavoratori inte-rinali e co.co.co., il quadro si arric-chisce di notevoli sfumature: l’as-senza di diritti come quella delladifesa sindacale, anche da partedella Cgil e talora della “mitica”Fiom, è addirittura clamorosa.Ce lo confermano le moltissime

richieste d’intervento rivolte aiCobas da tanti posti di lavoro, cuisiamo in grado di rispondere soloparzialmente.È in un tale contesto che si collo-ca oggi l’azione sindacale e politi-ca dei Cobas.

L’autorganizzazione e i livelli della lottaNoi Cobas ci definiamo un sog-getto politico/sindacale autorga-nizzato e di conseguenza l’autor-ganizzazione e l’agire sia sul terre-no sindacale che su quello politi-co costituiscono la stella polareche orienta la nostra prassi.Riteniamo che il conflitto capita-le/lavoro,pur con le trasformazio-ni e le articolazioni interne che hasubito la forza lavoro nel proces-so di globalizzazione liberista, sial’asse strategico attorno cui ruo-ta il conflitto sociale e politicodell’attuale periodo storico.Per noi non esiste supremazia deilivelli alti/generali sui livellibassi/settoriali dello scontro sin-dacale e politico, anzi crediamoche tali livelli vanno agiti in stret-ta connessione, pena fughe inavanti senza “truppe” o un ver-tenzialismo spicciolo che perde divista qualsiasi prospettiva di tra-sformazione sociale.La nostra presenza coerente nelmovimento anti - liberista e con-tro la guerra, le nostre posizioniradicali sul terreno del conflittosociale, il nostro esplicito anticapi-talismo, la capacità di non rifiutarela lotta sul terreno politico e cul-turale in piena autonomia da altrisoggetti o partiti politici, ci per-mettono di capitalizzare un patri-monio considerevole di simpatia erispetto nel mondo del lavoro e

presso i settori dell’antagonismosociale e dell’universo pacifista,ambientalista, antimilitarista.Tale patrimonio non va gestito inmodo statico, ma va speso perrafforzare un fronte di resistenzasociale che, dalle scuole alle fab-

briche, dagli uffici ai quartieri, allepiazze, riesca a bloccare e scon-figgere il processo di restaurazio-ne sociale portato avanti dallaConfindustria e dal governo dicentrodestra senza cadere nellatrappola della pura alternanza checostituisce il cuore del progettogovernativo del centrosinistra.Perciò è indispensabile che le lottepartano da questioni drammatica-mente concrete:stato sociale,sala-ri, carovita, diritto al reddito, pre-carietà, pensioni, diritto di sciope-ro e democrazia sindacale, sonoqueste le campagne di lotta chevanno costruite (solo in parte lostiamo facendo), con la consape-volezza che oggi i lavoratori e l’au-torganizzazione si giocano un pez-zo importante del proprio futuro.

“Pubblico è bello”“Privato è bello”, questo slogan harappresentato dagli anni ’80 in poila sintesi efficace di un messaggiopolitico che è stato veicolato intutte le salse a livello di massa, ri-uscendo a trovare consensi artifi-ciali anche in settori popolari.Ma, dopo le politiche liberiste diprivatizzazioni, di progressivo at-tacco e smantellamento di pezziconsistenti di stato sociale porta-te avanti con convinzione dai go-verni degli ultimi vent’anni, il gio-co per lor signori comincia a nonfunzionare più.Oggi spira un’altra aria, vieneavanti in maniera massiccia, a vol-

te travolgente, un nuovo “sensocomune” prodotto dalla durezzamateriale della crisi in atto.Non dimentichiamo che i Cobassono nati, oltre che sul terrenodella lotta salariale e per i diritti,proprio all’interno dei grandi set-tori pubblici, con l’obiettivo pri-mario di fermarne la privatizza-zione, l’aziendalizzazione e lasvendita.Oggi un movimento vastissimo èsceso in lotta per difendere lascuola pubblica, non si tratta solodi lavoratori, ma di cittadini/uten-ti che vedono nell’attacco al tem-po pieno e prolungato, nella con-troriforma Moratti, una sottrazio-ne di diritti ormai intollerabile.Altrettanto comincia a realizzarsiper la sanità, dopo la splendidalotta di Terlizzi e gli scioperi in di-fesa della sanità pubblica,Le lotte di ricercatori e professo-ri universitari vedono la solidarie-tà degli studenti, difendono il ca-rattere pubblico e rivendicano fi-nanziamenti per l’università e laricerca.La stessa ribellione dei tranvieri,accanto alle rivendicazioni salaria-li, ha l’obiettivo di fermare il pro-cesso di esternalizzazione del ser-vizio del trasporto pubblico.Questi movimenti sono attraver-sati, come è giusto che sia, da unaforte carica antiberlusconiana eantigovernativa, ma nello stessotempo stanno maturando unaforte “coscienza pubblica”, un ri-fiuto totale della logica per cui ilservizio pubblico perde il suo ca-rattere di universalità e divieneuna sorta di servizio a domandaindividuale; questi movimenti ri-scoprono la necessità del serviziopubblico come bene collettivo dapotenziare, democratizzare, gesti-re e cominciano ad interrogarsisulle responsabilità che un’interaclasse dirigente, anche di centrosinistra, ha rispetto ai processi diprivatizzazione, aziendalizzazioneed esternalizzazione in corso.

La nostra presenza in queste lot-te e movimenti - già attiva e visi-bile nella scuola, meno in altri casi- deve rafforzarsi ed estendersi anuovi settori; deve, partendo dalradicamento nei singoli posti dilavoro, assumere nella battagliapolitico/sindacale un’ottica gene-rale e nazionale; deve essere uni-taria, ma capace di dare indicazio-ni controcorrente, quando servo-no a dare sbocchi incisivi alla lot-ta, piuttosto che accodarsi a para-te rituali e ripetitive che non solonon le fanno fare passi in avanti,ma addirittura rischiano di spe-gnerla (vedi la vicenda della scuo-la con la contrapposizione tra lamanifestazione Cgil - Cisl - Uil del28 febbraio e lo sciopero Cobasdell’1 marzo).

A moneta europea salari europeiL’obiettivo strategico è quello disalari e stipendi europei; lanciatadai Cobas nella scuola tale parolad’ordine ha “contagiato” anche imetalmeccanici e i dipendenti dialtri settori, ma incontra notevolidifficoltà a tradursi in concretastrategia rivendicativa.Un forte recupero salariale inpaga base eguale per tutti/e è unarivendicazione irrinunciabile, dagestire nei rinnovi del prossimobiennio contrattuale del pubblicoimpiego, per i nuovi contratti deitranvieri e dei comparti privati,nella contrattazione aziendale,così come è necessario un consi-stente aumento di tutte le pen-sioni dalle minime a quelle fino ai2.000 euro netti mensili.

La necessità dell’egualitarismoLa battaglia per il recupero delpotere d’acquisto dei salari e del-le pensioni può rilanciare l’eguali-tarismo, pesantemente incrinatodall’offensiva neoliberista dell’ulti-mo quindicennio, ma che, poichél’attacco subito dai redditi dei la-voratori e dagli strati socialimeno abbienti è sotto gli occhi ditutti, ritrova una concreta basemateriale su cui radicarsi.È chiaro che tale battaglia va arti-colata categoria per categoria,azienda per azienda, settore so-ciale per settore sociale, ma latendenza generale deve e può es-sere quella del recupero salarialeegualitario; in tal senso i Cobaspossono esercitare un ruolo pre-zioso di orientamento e di rac-cordo concreto tra le varie espe-rienze di lotta, rivendicazione evertenza sindacale.

La scala mobileIn questo percorso può trovareuna collocazione non puramentedi principio la battaglia per il ripri-stino della scala mobile o comun-que di un meccanismo automati-co di difesa salariale dall’inflazio-ne, poichè gli automatismi sonol’unico strumento che garantiscela certezza del valore del salarioper il lavoro dipendente.

Il contratto nazionale di lavoroAttorno alla difesa del salario sipuò ricostruire una reale unitàdei lavoratori e delle lavoratrici,unità che va rafforzata nell’altret-tanto indispensabile mobilitazio-ne per la difesa dei contratti na-

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zionali di lavoro, sconfiggendo tut-ti i tentativi più o meno camuffatidi devolution e federalismo edogni deriva aziendalistica.

Difendersi dal carovitaLa lotta per il salario si lega stret-tamente a quella contro il carovi-ta, che può realizzarsi attraversouna grande alleanza con precari,disoccupati, pensionati, partendoda vertenze territoriali che im-pongano la riduzione dei prezzidei beni di largo consumo, una ta-riffazione sociale per i servizipubblici, sostegno al reddito daparte degli enti locali per le fascesociali indigenti. In tale battagliavanno appoggiate le iniziative piùfantasiose che i soggetti giovanilie non solo sono capaci di pro-durre, la discriminante consistenella capacità di raccogliere attor-no a questi percorsi mobilitativi ilconsenso e/o la partecipazioneattiva della popolazione.

Permesso per tutti/e.Diritti egualiAnche la lotta degli immigrati edegli antirazzisti contro la leggeBossi/Fini, va soprattutto intesacome una lotta contro una leggeneoschiavista, che lega ricattato-riamente il permesso di soggior-no al mantenimento del posto dilavoro, che deregolamenta ulte-riormente il mercato del lavoro,che consegna il/la lavoratore/triceimmigrato/a nelle mani del padro-ne negriero,che finisce per abbas-sare il prezzo di tutta la forza la-voro immigrata e italiana e i dirit-ti di tutti/e i/le lavoratori/trici. Daqui l’importanza della assunzionegeneralizzata delle rivendicazionidel permesso di soggiorno sgan-ciato dal requisito del posto di la-voro e dell’eguaglianza di dirittisalariali e normativi tra italiani eimmigrati.

No alla precarietà.Cancellare la L. 30/2003La precarizzazione del lavoro edell’esistenza è una costante del-l’attuale fase neoliberista delmodo di produzione capitalistico;partita dai processi di ristruttura-zione e decentramento produtti-vo della grande fabbrica, si è svi-luppata sempre più tra i servizi edè largamente penetrata anche al-l’interno delle pubbliche ammini-strazioni.La L. 30/2003 rappresenta oggi laquintessenza della precarizzazio-ne: contro di essa ci si è genero-samente scontrati a livello gene-rale tramite la battaglia referenda-ria per l’estensione dell’art. 18,battaglia che, seppure elettoral-mente sconfitta, ha messo inmoto un ampio fronte sociale,che è essenziale ricucire attraver-so un’articolazione della lotta chetenda alla disattivazione o alla nonintroduzione di tale norma all’in-terno dei singoli accordi aziendalie dei contratti di settore; attra-verso la denuncia puntuale dellapratica delle cessioni dei rami d’a-zienda; attraverso l’imposizione aidatori di lavoro della trasforma-zione del lavoro interinale o deilavori a tempo determinato incontratti a tempo indeterminato;nella pubblica amministrazione at-traverso la lotta per l’immissionein ruolo con un’unica graduatoriaa scorrimento delle centinaia di

migliaia di precari che fanno anda-re avanti la scuola pubblica; attra-verso la stabilizzazione nazionalee in sede di ente locale degli Lsu;attraverso la lotta agli appalti el’assorbimento dei lavoratori edelle lavoratrici delle cooperativeda parte di aziende e amministra-zioni presso cui sono in servizio.Le lotte in tali settori e compartisono frammentate e difficili dacoordinare: occorre spendersimoltissimo in questa direzione,sapendo anche valorizzare le sin-gole vertenze e le piccole ma si-gnificative vittorie che si riesconoad ottenere, operando con conti-nuità e pazienza, perché non sem-pre si possono astrattamente ge-neralizzare contenuti e obiettividi una singola lotta, ma si devonocomunque tessere i fili che la in-seriscano nella prospettiva di unamobilitazione più generale.Certamente la giornata di lottadel 1° Maggio da Milano aPalermo rappresenta un concre-to passo avanti per la visibilità na-zionale dei soggetti del lavoro

precario, per la definizione di unapiattaforma generale, che devepoi procedere alla verifica dellesue capacità di concretizzazionesettoriali e territoriali.

Lavoro e/o reddito per tuttiLa garanzia del reddito assume unruolo centrale (come già ricono-sciuto nella nostra precedente as-semblea nazionale), se si voglionosottrarre interi strati sociali al ri-catto di padroni e caporali, al pre-cariato a vita, se si vuole dare unsenso diverso all’esistenza,perchèil diritto ad una vita dignitosa èimprescindibile dalle logiche delle

compatibilità economiche capita-listiche.Non siamo ossessionati dalle dis-cussioni teoriche nel merito; esi-stono esperienze di lotta, soprat-tutto nel Mezzogiorno del Paese,che hanno posto problemi moltopratici riassumibili nella rivendica-zione di lavoro e/o reddito (nelsenso che o mi garantisci un lavo-ro o, in mancanza, un reddito chemi consenta di vivere); tali espe-rienze si vanno coordinando a li-vello territoriale attorno alla reteper il reddito sociale; esiste unaproposta di legge nazionale sulreddito sociale (primi firmatariCento - Salvi), da non prendere ascatola chiusa, anche perché inperiodo preelettorale si è scate-nata la rincorsa dei partiti delcentrosinistra ad assumersene laprimogenitura; ma attorno adessa è importante ragionare e co-struire ulteriori processi di aggre-gazione e mobilitazione, fino allosviluppo di una vera e propriavertenza nazionale. Arrivano an-che le prime risposte istituzionali,

come il “reddito di cittadinanza”istituito dal governatore della re-gione Campania, Bassolino, versocui, pur non dimenticando che èun primo risultato della mobilita-zione, va sistematizzata una serra-ta critica, perché si tratta di unprovvedimento differenziante eper pochi, una elemosina famili-sta/clientelare (350 euro per 2anni a 24.000 famiglie su un tota-le di 200.000 bisognose), per ri-lanciare in avanti la lotta.

Pensioni e TFRLe pensioni e le liquidazioni sonosalario differito, sono il frutto col-

lettivo del lavoro di decine di mi-lioni di lavoratori e lavoratrici,rappresentano la base di quel pat-to fra generazioni su cui poggia ilsistema previdenziale pubblico, ilcui smantellamento è l’obiettivodel governo di centrodestra.Due sono le motivazioni chespingono Berlusconi ad accelera-re lungo la strada della cancella-zione della previdenza pubblica: laprima, più contingente, ha lo sco-po di fare cassa per limitare il de-bito pubblico e tappare i buchidella futura presunta “gobba” la-sciata in eredità dalla “riforma”Dini; la seconda, strategica - con-divisa da tutte le forze politicosindacali che identificano nell’eco-nomia di mercato l’unico orizzon-te sociale possibile - tende a ge-neralizzare la previdenza integra-tiva che, decurtata e svalorizzataquella pubblica, diverrà nei fattiobbligatoria e costituirà un enor-me, appetitoso boccone prontoad essere ingoiato dal mercato fi-nanziario.Alle proposte secche di

Berlusconi - 40 anni di contributi,decontribuzione a favore dei pa-droni, trasferimento obbligatoriodel Tfr in fondi pensione - si sonoaffiancati altri fantasiosi tentatividi soluzione partoriti dal tandemRutelli/Treu, che in ogni modopeggiorano l’attuale situazione.La liquidazione è salario maturatodai lavoratori,non ci stiamo al suoscippo, al suo trasferimento for-zoso (obbligatorietà e silenzio/as-senso sono due facce della stessamedaglia) ai fondi pensione apertio chiusi che siano.La decontribuzione è non solol’ennesimo regalo ai padroni, ma

la leva attraverso cui si svuotanole casse dell’Inps e dell’Inpdap e siassesta il colpo finale alla previ-denza pubblica.

Non più di 35 anniNon più di 35 orePer noi è una questione fonda-mentale di dignità e diritti, di con-cezione dell’esistenza.Lavoriamo per vivere, non vivia-mo per lavorare.Non siamo mac-chine subordinate alla valorizza-zione del capitale. Trentacinqueanni di lavoro sono già troppi, ol-tre è impossibile andare.Qualsiasiproposta che allunghi la vita lavo-rativa anche di un singolo gruppodi lavoratori va respinta. L’ultimatrovata del governo – innalza-mento per tutti dell’età anagraficaa 60 anni (con un minimo di 35anni di contributi) dal 2008, e poia 62 e chiusura di due delle quat-tro finestre per l’uscita dall’attivi-tà lavorativa, che recepisce so-stanzialmente i suggerimenti diRutelli - è da restituire con estre-ma decisione al mittente.Altrimenti il rischio sempre piùconcreto è quello di lavorare finoai 70 anni.È una prospettiva spaventosa cuibisogna opporsi strenuamente enel contempo, con pazienza e te-nacia, occorre ricominciare la lot-ta per un orario settimanale di la-voro non superiore alle 35 orepagate 40.

Pensioni dignitose per tuttiMa diciamo di più, non ci piaceneanche la Dini e vogliamo il ri-pristino del sistema retributivocon la pensione calcolata sullamedia del salario percepito negliultimi 5 anni; nel contempo riven-dichiamo per i tanti giovani pre-cari, che rischiano di non arrivaremai alla pensione, un sistema figu-rativo per cui vengano versati au-tomaticamente dalla parte dato-riale i contributi relativi a tutti iperiodi di disoccupazione che in-tercorrono tra un lavoro precarioe l’altro.Per tutti/e gli/le anziani/e la cer-tezza di una vecchiaia dignitosache consenta una indispensabileautonomia economica, senza do-ver dipendere dall’aiuto dei pro-pri familiari o da quello della cari-tà pubblica e privata, è un obietti-vo di civiltà irrinunciabile.

Riprendersi la libertà di scioperareLa rottura della gabbia delle leggiantisciopero da parte della lottadegli autoferrotranvieri, se da unlato ha prodotto un ulteriore ten-tativo di giro di vite in senso re-pressivo delle attuali norme di re-golamentazione (vedi il tandemMartone/Sacconi che auspica lacompilazione di liste preventivedegli scioperanti da consegnare aiprefetti che così possono diretta-mente intervenire per sanzionarei lavoratori ribelli), dall’altro hasollevato comprensione, solida-rietà e consenso da parte di tantialtri lavoratori ed utenti, ed hamostrato che ribellarsi è giusto epossibile.Il governo, i padroni, l’opposizionepolitico-sindacale di sua maestàoggi temono che si scateni l’effet-to domino, che tanti altri settoridi lavoratori, a cominciare daquelli della scuola, delle ferrovie,

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dell’Alitalia e degli altri servizipubblici, seguano la strada delleforme di lotta praticate dagli au-toferrotranvieri.Dobbiamo riprenderci la libertàdi scioperare, non tanto per una“astratta indicazione politicista” digeneralizzazione degli strumentidella lotta, ma perché oggi loscontro sociale tende a farsi piùinfuocato, i bisogni collettivi ed in-dividuali vengono sempre più sof-focati, per cui occorre strapparemaggiori spazi ove poter organiz-zare al meglio e tempestivamentele nostre risposte conflittuali.Ricomincia a prender corpo tra ilavoratori l’idea e la prassi dellosciopero come diritto sacrosantoche non va limitato e represso eche può davvero ricominciare adessere uno strumento efficacenella lotta per l’affermazione ditanti altri diritti.

Rappresentanza e democrazia sindacaleLa battaglia degli autoferrotranvie-ri ha anche mostrato che Cgil -Cisl - Uil hanno una pratica da ap-paltatori monopolisti della rappre-sentanza e della democrazia sinda-cale nei luoghi di lavoro; questo èchiaro per gli autoferrotranvieri ecomincia a divenirlo anche in altrisettori del mondo del lavoro.La battaglia per il riconoscimentoin quanto soggetto collettivo trat-tante con pieni diritti sindacali delCoordinamento Nazionale diLotta degli Autoferrotranvieri, èimportantissima; lo stesso gover-no, forse anche per propri calcoliopportunistici ma spinto soprat-tutto dall’ampiezza di un movi-mento reale, ha in proposito va-cillato, e ciò dimostra quanto ab-bia inciso questa vicenda sia nel-l’immaginario collettivo dei lavo-ratori che nelle contraddizioni frale forze governative e sindacali.Qui occorreva fare uno sforzo inpiù da parte del Coordinamento;battendo il ferro finchè era caldo,con un’offensiva tambureggianteforse si sarebbe riusciti a strappa-re il diritto alla trattativa e la rap-presentanza.Il problema quindi è chi rappre-senta chi.È quello delle regole antidemo-cratiche che determinano in ma-niera falsata la rappresentanzanelle singole aziende come neigrandi comparti produttivi pub-blici e privati. Il problema è quellodi arrivare ad una legge generaleche garantisca in maniera limpidae democratica, eguale per tutti isoggetti sindacali e singoli gruppidi lavoratori, i criteri con cui si re-golamentano tutti i diritti sindaca-li e la rappresentatività negli spe-cifici luoghi di lavoro e nella con-trattazione nazionale.La battaglia per una legge sullarappresentanza va immediata-mente affiancata ad una lotta con-creta che stravolga i meccanismivigenti per le elezioni delle Rsu;perciò va costruita una vera epropria campagna che rivendichinel settore privato la cancellazio-ne della quota riservata del 33% adivinis a Cgil - Cisl - Uil; mentrenel settore pubblico - ove si mi-sura dal numero dei voti e degliiscritti la rappresentatività nazio-nale di un'organizzazione sindaca-le - va rivendicata una lista nazio-nale che affianchi le singole liste di

ogni unità produttiva, assicurandoa tutte il diritto di assemblea.

Lo sciopero generaleSiamo di fronte ad un rifiorire dilotte del mondo del lavoro e diuna conflittualità sociale che cre-sce ed ha bisogno di attraversarefino in fondo i propri percorsi dimobilitazione, verificando l’inci-denza delle proprie rivendicazio-ni; di impattare nei confronti dellacontroparte e strappare dei risul-tati. Occorre stimolare e orienta-re questi processi, radicarsi tra isettori sociali che li promuovono.Queste lotte hanno bisogno di“autoriconoscimento” e di un pro-cesso di maturazione che le porti“naturalmente” alla piena consape-volezza della loro unificazione egeneralizzazione.In tal senso è opportuno che simuovano con tempestività le fe-derazioni di categoria dei Cobas.È questa la via giusta che ci puòcondurre allo sciopero generale egeneralizzato; perciò ci è parsacalata dall’alto la proposta Cub,che - incurante del punto più bas-so raggiunto nella storia dei rap-porti interni al sindacalismo dibase, in occasione dell’ultimosciopero generale del 2003 - hariproposto in maniera autorefe-renziale la giornata di scioperodel 12 marzo, senza porsi il pro-blema di costruire insieme unpercorso unitario per valorizzarele lotte in corso e di conseguenzaprodurre quel salto di qualità ne-cessario ad allargare la dimensio-ne della lotta dei lavoratori e l’u-nità del sindacalismo di base.Del resto la decisione della Cubdi firmare diversi contratti nelPubblico Impiego conferma le dif-ferenze di progetto sindacale epolitico e il disinteresse verso unpercorso unitario e un patto diconsultazione permanente delsindacalismo di base.Non attribuiamo un valore tau-maturgico allo sciopero generale;però ne rivendichiamo la grandeimportanza politico-sindacale. Cista a cuore la crescita del radica-mento dei Cobas, ma va di paripasso con l’intensificazione/matu-

razione delle lotte. Né abbiamouna manualistica da applicare perla perfetta riuscita dello scioperogenerale; la questione non è diffe-renziarsi nelle giornate di procla-mazione dello sciopero dai confe-derali, né al contrario di essere“unitari” ad ogni costo finendoappiattiti su una posizione codi-sta, ma raggiungere la massima ef-ficacia nei confronti di padroni egoverno, far avanzare tra i lavora-tori l’identità autorganizzata econflittuale e gli obiettivi socialiincompatibili con le logiche del li-berismo capitalistico.Tali i passaggi necessari verso losciopero generale, che coinvolga,per la sua rilevanza sindacale, so-ciale e politica, non solo il lavorodipendente, ma tutti/e i/le senzaproprietà e senza potere.

Il sindacalismo di baseLo sviluppo delle vicende interneall’esperienza del sindacalismo dibase non ci fa essere particolar-mente ottimisti per l’immediatofuturo.La possibilità di un processo di ri-composizione unitaria ci pare unachimera in questo momento incui anche il percorso di unità d’a-zione diventa sempre più difficileda praticare.Alle inevitabili logiche concorren-ziali si aggiungono sempre più dif-ferenze sull’analisi della fase e sul-l’articolazione tattica della prassidel conflitto sociale, mentre re-stano intatte le divergenze rispet-to a chi accetta la logica del sin-dacato tradizionale e centralizza-to (Cub) e a chi delega la “politi-ca” ad un partito o a una corren-te di riferimento (S.in Cobas).Occorre però partire da quelpoco che c’è: il lavoro comune(nonostante poco piacevoli batta-glie intestine tra alcune compo-nenti) nel CoordinamentoNazionale di Lotta Autoferro-tranvieri, a cui abbiamo deciso diaderire, quando,da patto tra sigle,è divenuto strumento di collega-mento delle lotte e della proposi-zione sindacale; le lotte, gli scio-peri, la lista comune alle elezioniRsu insieme alla Flmu e allo

Snater in Telecom; la collaborazio-ne con le RdB all’interno dellaRete nazionale per il reddito so-ciale e i diritti.Perciò ci sembra più utile raffor-zare il terreno dell’unità d’azionea livello di settore e di battaglieconcrete su cui già si sono speri-mentati i primi passaggi e verifica-re se ciò può estendersi in altricomparti e su altre problemati-che. Senza grandi illusioni, ma an-che senza lasciar perdere mo-menti di confronto reale da cuipossano nascere prospettive dicooperazione che rafforzino ipercorsi di lotta.

La resistenza contro l‘imperialismoLa lotta contro il modello econo-mico sociale e militare del “neoli-berismo” capitalista, che l’imperia-lismo USA vuole imporre all’Iraqcosì come alla gran parte del pia-neta, non è venuta meno con lapresa di Bagdad il 9 aprile 2003.Il movimento contro la guerra,definito con troppa enfasi la se-conda superpotenza,non è riusci-to nell’impresa di fermare l’inter-vento armato in Iraq. Il colpo èstato duro; ma in Iraq c’è chi resi-ste con tutti i mezzi possibili allacriminale occupazione militareyankee. La resistenza irachena hafatto impantanare le truppe an-glostatunitensi ed anche italiane(il “nostro” contingente di “pace”è il terzo per consistenza numeri-ca tra quelli presenti in Iraq).L’Iraq come il Vietnam? Certonessuno ci può convincere cheSaddam sia come Ho Chi Min,mail popolo iracheno, come il popo-lo vietnamita, ha il diritto e il do-vere di opporsi all’occupazionemilitare del proprio paese.C’è in Iraq una resistenza popola-re vasta, che si esprime attraver-so le manifestazioni popolari, gliscioperi, i boicottaggi, i sabotaggi,le azioni armate e di guerrigliacontro gli occupanti. Noi ritenia-mo – e non da soli - che questaresistenza, nella forma pacifica earmata, sia pienamente legittima.La resistenza ha finora impeditola probabile estensione della

guerra da parte di Bush contro gli“stati canaglia” (Iran, Siria …) emostra al mondo come l’unicasuperpotenza con la sua terrifi-cante macchina da guerra non siapoi così invincibile.Noi rigettiamo l’identificazionedella resistenza irachena con ilterrorismo di Al Qaeda (giocatto-lo mostruoso scoppiato tra lemani ai suoi iniziali finanziatoriUsa) o con i nostalgici di Saddam.Il fronte dei resistenti iracheni èmolto composito, né pensiamoche tutte le sue componenti ab-biano in mente un Iraq liberato inmarcia verso l’ emancipazione de-gli/delle oppressi/e. Sappiamo del-le posizioni integraliste purtrop-po diffuse tra ampi strati della po-polazione,né ci piacciono ed inte-ressano le così dette alleanze tat-tiche, oggettive e/o di campo.Riteniamo però indispensabileche l’essere con la modestia dellenostre forze al fianco della resi-stenza irachena e delle ovvie ra-gioni della giustezza della libera-zione del popolo iracheno dal tal-lone imperialista, possa risultaredi qualche aiuto al movimento diresistenza, consentendo anche ilrafforzamento al suo interno del-le componenti laiche, democrati-che e popolari.Né possiamo rallentare in questabattaglia contro la guerra e l’im-perialismo la nostra continua mo-bilitazione per la libertà e l’auto-determinazione del popolo pale-stinese contro l’occupazione del-lo stato israeliano, il muro diSharon e la sua politica di omicidi“mirati” e di stragi di massa.Su tali posizioni stiamo condu-cendo all’interno del movimentopacifista italiano un’aspra battagliache riscuote consenso e mette indifficoltà la Cgil.

No alla guerra senza se e senza maLa lotta contro la guerra restauna costante del nostro lavoropolitico-sindacale: l’oceanica ma-nifestazione del 20 marzo a Romaè stata importantissima per il ri-lancio della coscienza antibellicadel popolo italiano; davvero abis-salmente lontano dalla tensioneideale del popolo della pace appa-re l’astensionismo di guerra dellamaggioranza del centrosinistra (lacacciata di Fassino dal corteoesprime anche fisicamente la se-parazione tra questi due mondi),che è il biglietto da visita più si-gnificativo (insieme a quello dellaproposta sulle pensioni) per unaopposizione responsabile che sipone l’obiettivo di governare abreve l’Italia.

La lotta contro le basiMa a cominciare dal successo diquella giornata va riaggregato unmovimento capace di riproporsi alivello territoriale e nazionale conla lotta contro le basi militari, dalraddoppio della base atomica diSanto Stefano alla Maddalena allatrasformazione in base Nato del-l’attuale base navale di Taranto, daSigonella ad Aviano, fino a tornaread assediare Camp Darby, cuorelogistico della potenza militareUsa in Europa, che ora gli yankeevogliono ulteriormente ampliare,riproponendo con maggior forzadel passato il problema politicodella sua chiusura.

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La lotta contro la repressioneIl movimento antiliberista vieneattaccato nelle sue stesse possibi-lità di espressione conflittuale.Il “terrorismo” e la violenza lafanno da padroni nello strepitomediatico che cinge le compo-nenti più radicali del movimento.Gli arresti dei disobbedienti ro-mani per il corteo con i caschidello scorso 4 ottobre, il rilancioa Cosenza del teorema associati-vo e cospiratorio del Sud ribelle,il processo per devastazione esaccheggio per Genova 2001, lecontinue chiamate in ballo deiCobas come ispiratori e/o fian-cheggiatori dei violenti, sono letappe di un’escalation persecuto-ria che cerca di impedire la salda-tura tra l’antagonismo politico esindacale e la forte ripresa delconflitto sociale.La presenza dei Cobas nelle mo-bilitazioni anti-repressive devenon solo tendere ad esprimere lanostra solidarietà ai compagni elavoratori colpiti, alla denunzia delprocesso complessivo di chiusuradegli spazi di democrazia nel no-stro paese, ma anche a cogliere econtrastare quanto accomuna ipercorsi repressivi sul terrenosociale come su quello sindacale,per porre all’intero movimentoantiliberista il terreno della ne-cessità dell’ampliamento della de-mocrazia come lotta quotidianache disloca in avanti i rapportimateriali di forza tra le classi inquesto Paese.

Sul movimento antiliberistae contro la guerraI circa due milioni in piazza aRoma il 20 marzo – la più grandemanifestazione mondiale controla guerra - costituiscono un patri-monio importantissimo e rappre-sentano la miglior smentita a chidava il movimento in Italia ormaiper defunto.Due sono gli elementi da rilevarein quello straordinario corteo.Il primo è che la grande maggio-ranza dei manifestanti è venuta inpiazza spontaneamente, autorga-nizzatasi per l’occasione, una vol-ta percepite l’ampiezza e l’unita-rietà del cartello promotore dellamobilitazione e la semplicità el’efficacia delle parole d’ordine sucui veniva convocata l’iniziativa: ri-tiro immediato delle truppedall’Iraq e diritto all’autodetermi-nazione del popolo iraqeno.Il secondo è dato dal senso diestraneità e di irritazione alle rea-zioni di Fassino, dopo il suo allon-tanamento dal corteo, che sonoapparse all’enorme massa comeun tentativo di oscurare mediati-camente il significato della gran-dissima manifestazione e un rego-lamento di conti all’interno delcentrosinistra, obiettivi talmentemiserabili da risultare indigesti an-che ai diessini ed ai tanti nonschierati che erano in piazza.Senza appiattirsi acriticamente,occorre tener conto anche per ilfuturo di questi insegnamenti; lalotta contro la guerra è ormaimaggioritaria e sedimentata nellacoscienza di questo Paese, anchenella sua dimensione radicale chenon accetta i se e i ma, piuttostoha bisogno per esplicitarsi in tut-ta la sua valenza di massa di unquadro politico unitario cui fare

riferimento.Quindi, nonostante le continuesgomitate e la battaglia politicache svolgiamo all’interno del mo-vimento, siamo assolutamentecontrari ad una sua liquidazione,anche se in certi periodi puòsembrare un involucro vuoto.

Sul movimento antagonista e anticapitalistaAltra questione è invece ragiona-re sui percorsi da costruire insie-me a quegli spezzoni antagonistiinterni al movimento con cui pos-siamo essere più in sintonia sulterreno della lotta anticapitalista.Va detto con estrema franchezzache finora non si è consolidatanessuna vasta componente anti-capitalistica con cui ci sia partico-lare consonanza d’intenti.Se infatti prosegue con relativacostanza e coerenza il nostrorapporto e la nostra vicinanza intante battaglie sociali e contro laguerra con il MovimentoAntagonista Toscano, non si è in-vece sviluppata fra le forze anta-goniste, piuttosto frammentate,una tendenza organica e ricom-positiva a livello nazionale che ciconsenta di avere un soggettounitario con cui interloquire piut-tosto stabilmente per rilanciare egeneralizzare il conflitto sociale;forse sarà anche nostro limite,manon possiamo agire come cataliz-zatore di processi unitari, quandogli stessi soggetti che dovrebberounirsi non colgono fino in fondola necessità di tendere a questoobiettivo.Ciò non toglie che non dobbiamosottrarci, anzi dobbiamo moltipli-care gli approcci in questa dire-zione soprattutto a partire daiterritori, con la consapevolezzaperò di muoverci in un quadro diriferimento unitario nazionale.

Il livello internazionaleAnche a livello internazionale lanostra esperienza e i nostri con-tatti in questi ultimi due anni sisono accresciuti; come è cresciu-ta la considerazione nei nostriconfronti. Finora abbiamo verifi-cato che non esistono nel pano-

rama internazionale sindacati eorganizzazioni “sorelle”, nel sensoche esprimono la nostra stessavalutazione in merito al rapportotra politico, sociale e sindacale ela nostra stessa concezione del-l’autorganizzazione; essendo iCobas rispettati ma non “imitati”.Preso atto di ciò, è importante in-tensificare i rapporti con quelleforze politico-sindacali che cisembrano più vicine e/o condivi-dano la sostanza delle nostre piat-taforme sindacali e sociali e allenostre proposte politiche, perchériteniamo che, senza una comu-nanza di sforzi e senza una proie-zione internazionale, la nostra ra-dicalità anticapitalistica rischi di ri-manere abbastanza asfittica.Pertanto occorre destinare tem-po a questa impresa, impegnarerisorse finanziarie, moltiplicare icompagni in grado anche tecnica-mente (conoscenza delle lingue)di seguire questa situazione.

Rafforzare l’organizzazioneaumentare gli iscrittiSi è discusso spesso dell’eccessivaesposizione “politica” dei Cobas,nel senso che ci viene attribuito -sul terreno dello scontro sindaca-le,ma anche su quello più genera-le e talora anche a livello interna-zionale - un peso ed un’importan-za cui corrispondono una certainfluenza e radicamento sociale,ma non un’eguale capacità orga-nizzativa ed un adeguato numerodi iscritti/e. Pertanto, senza sacri-ficare nulla del nostro interventoa tutto campo,dobbiamo concen-trare e finalizzare una parte con-siderevole dei nostri sforzi a col-mare questo divario. Non si trat-ta di inventarsi una pressochè im-possibile quadratura del cerchio,ma di mettere in moto quelle si-nergie tra i militanti, le federazio-ni, i territori, che ci portino a dis-tribuire meglio i carichi di lavorotra i vari compagni e le varieistanze della Confederazione, checi mettano in grado di rispondere

più puntualmente e tempestiva-mente alle tante richieste di in-tervento che provengono dai piùsvariati posti di lavoro, che re-sponsabilizzino e facciano cresce-re una nuova leva di quadri cheprepari un allargamento di quelnocciolo duro di militanti più spe-rimentati la cui età media sta di-ventando indubbiamente alta, checonsentano a tutti/e di adempierequei compiti di carattere sindaca-le quotidiano che costituiscono labase indispensabile per far svilup-pare qualsiasi processo di autor-ganizzazione e conflittualità neiluoghi di lavoro, che facciano lievi-tare il numero dei/delle nostri/eiscritti/e che non è assolutamenteadeguato alle lotte che producia-mo o che ci vedono in prima fila.

Assumere un’ottica nazionaleTutti/e i/le compagni/e più attivi/edovrebbero sentirsi impegnati su

questo crinale di vera e propriafondazione della Confederazione.Bisogna, partendo dalla specificitàdel proprio posto di lavoro inse-rito nel proprio territorio, assu-mere un’ottica nazionale, nel sen-so che, soprattutto nei compartiancora relativamente omogenei,in cui le problematiche, le rivendi-cazioni e le lotte possono essere“naturalmente” socializzabili, ilmassimo sforzo va prodotto perfar circolare proposte e tesserereti organizzative indispensabiliper sostenere ed amplificare ilconflitto, difendere e garantire idiritti.

I passi avantiD’altra parte l’orizzonte non èdel tutto oscuro, anzi. Se vediamoquel che abbiamo realizzato nel-l’ultimo anno e mezzo non è pocacosa.Nuove sedi sono state aper-te. Molti nuovi Cobas sono nati.In settori e comparti lavorativi incui la nostra presenza era nulla oquasi irrilevante siamo visibilmen-te cresciuti.

I Cobas della scuolaLa scuola – nostro tradizionalepunto di forza - ha dovuto affron-tare il fortissimo ritorno dellaCgil nella impari e truffaldinacompetizione per il rinnovo delleRsu, assorbendo abbastanza benela battuta d’arresto elettorale,come dimostra la sua capacità ditornare protagonista alla grandein questa intensa stagione di lottecontro il “decretaccio” Moratti edi proporsi come il collante indi-spensabile dell’intero fronte so-ciale in lotta contro la mercifica-zione del sapere.Però nulla ci è garantito una voltaper tutte, per questo occorre lamassima attenzione da parte ditutti, pensare e agire collettiva-mente, lottare per conquistarsi emantenere una dimensione na-zionale e nello stesso tempo cu-rare molto di più l’aspetto quoti-diano del lavoro sindacale.

La questione delle RsuD’altra parte proprio la vicendadelle elezioni delle Rsu nellascuola ci spinge ad una riflessione.I Cobas della Scuola hanno lotta-to con le unghie e con i denti,hanno organizzato per tempo labattaglia per le Rsu, hanno profu-so energie, militanti, risorse finan-ziarie in una lotta con le regoletruccate; hanno dovuto reggerel’urto della corazzata Cgil; non èstata una catastrofe, ma non è ba-stato per conseguire un risultatopositivo. La categoria si è affidataa chi (la Cgil) offriva, in un’otticada frontismo dilagante, non solouna maggiore capacità di contra-sto contro il berlusconismo, maanche maggiori garanzie sul fron-te della quotidianità sindacal/assi-stenziale.Ormai abbiamo sperimentatoche quello delle Rsu è un terrenod’intervento impervio, ma chenon può essere eluso, vista anchel’accettazione di massa da partedei lavoratori.È difficile imputare allaConfederazione un eccesso disindacalismo spicciolo o di so-pravvalutazione del ruolo delleRsu; semmai le critiche che ci pio-vono addosso riguardano l’ecces-so di politicismo.Non ci piacciono i meccanismiantidemocratici che le regolano,ma è l’unico punto su cui far levanei posti di lavoro per esercitaresia pur minimi diritti sindacali.Perciò, una volta assunta la deci-sone di presentarsi, la si portaavanti collettivamente con una di-mensione nazionale in tutti i set-tori del Pubblico Impiego.Le elezioni si terranno a novem-bre prossimo; non vanno assolu-tamente affrontate con il pressap-pochismo suicida con cui si arrivòa quelle di tre anni fa.I compagni dei comparti interes-sati alle elezioni non vanno peròlasciati soli: la Confederazionedeve sostenerli, deve, per quantole è possibile, liberare energie, ri-sorse e militanti per allargare larete dei contatti, per offrire occa-sioni d’incontro e di coinvolgi-mento di nuovi lavoratori, devecercare di generalizzare la porta-ta dello scontro sindacale insita inquella tornata elettorale.Perché, come ci siamo giocati pa-recchio nelle elezioni della scuola,ci giochiamo non poco in quelle

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Crescita e organizzazione

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del Pubblico Impiego.Sappiamo che in questo caso l’o-biettivo del conseguimento dellarappresentatività nazionale nean-che si pone, ma è assolutamenteimportante confermare ed au-mentare i nostri eletti.Ciò ci consentirà di allargare larete di quadri e militanti sindacali.I Cobas Scuola si sono posti l’o-biettivo di “seguire” gli eletti Rsunon solo attraverso riunioni pe-riodiche,ma anche con continuitàattraverso seminari di formazionesindacale che non si limitino aquello estivo/nazionale; è unesempio che potrebbe essere ge-neralizzato negli altri settori.D’altra parte già ci sono espe-rienze in merito anche nel moltopiù frastagliato settore privato(vedi i seminari svoltisi nelle sedidi Roma, Pisa, Milano,Torino …).Tutto questo va incoraggiato edesteso. Analoga attenzione edeguale impegno vanno profusinelle elezioni degli Rls, in quanto iluoghi e le condizioni di lavorostanno diventando sempre più,asserviti come sono alla logica delprofitto, agenti patogeni per la sa-lute di lavoratori e lavoratrici.

I Cobas del PubblicoImpiego e della SanitàSeppur dopo tanta fatica abbiamoportato a termine il processo dicostituzione dei Cobas delPubblico Impiego, che devono raf-forzare il loro radicamento con-creto, ma devono anche comin-ciare a spendersi, insieme aiCobas della Sanità (anch’essi inconfortante espansione), sul ter-reno di una propositività a livellonazionale soprattutto adesso chei confederali fanno salarialmentela faccia feroce in vista del rinno-vo contrattuale del biennio eco-nomico e conseguentemente inproiezione delle elezioni delleRsu del prossimo autunno.

I Cobas del Lavoro PrivatoNel comparto degli autoferro-tranvieri, prima della esplosionedelle lotte, potevamo contare suuna sola realtà (Firenze) che nonpesava nel contesto nazionale,adesso ci sono circa una decina diCobas e altri sono in via di costi-tuzione, che hanno voce in capito-lo all’interno del CoordinamentoNazionale di Lotta degliAutoferrotranvieri, e che soprat-tutto hanno un forte riconosci-mento da parte dei lavoratori.Nel resto del settore privato, ac-canto alle realtà già strutturate(Telecomunicazioni, Energia, …),si sta avviando una ricognizioneed un consolidamento dei varicomparti interni e si stanno rea-lizzando i coordinamenti regiona-li e tra realtà omogenee.Quasi tutti i nuovi Cobas hannoraggiunto in questo comparto -nonostante la tagliola del 33% afavore dei “maggiormente concer-tativi”- risultati molto positivi alleelezioni delle Rsu.

L’ufficio legale e l’art. 28Abbiamo un ufficio legale nazio-nale con cui cominciamo a mar-ciare in sintonia. Può, se bene uti-lizzato, essere un ottimo suppor-to per le tante vertenze in corsoa livello aziendale e centrale.Dobbiamo assolutamente chiu-dere a brevissimo la partita del-

l’art.28, fornendo allo studio lega-le tutte le informazioni che atte-stano l’esistenza delle nostrestrutture; ciò è assolutamente in-dispensabile, perché, una volta chechiudiamo la partita nel primoprocedimento giudiziario con ilriconoscimento della estensionenazionale della nostra organizza-zione, sarà molto più facile nellecategorie, nei territori, nelle sin-gole aziende e per il singolo lavo-ratore adire le vie legali per il ri-conoscimento dei diritti sindacali,per la riscossione delle trattenutein busta paga o delle cessioni dicredito nel settore privato.Tutto questo comporterà un in-dubbio beneficio per la credibilitàsindacale della Confederazionedavanti a tanti lavoratori e costi-tuirà anche un obiettivo sgravio dilavoro per tanti compagni chesono costretti a fare i salti morta-li per tenere in piedi la baracca.Va denunciato con forza il tenta-tivo di sbarazzarsi o marginalizza-re i soggetti sindacali non firmata-ri di Ccnl.Recentemente una sen-tenza della Cassazione (n. 1968del 3/2/2004) che negava il dirittoalla trattenuta sindacale tramitecessione di credito è stata ampli-ficata in modo spropositato estrumentalizzata dalle associazio-ni datoriali e da dirigenze azien-dali per cercare di intimidire i la-voratori aderenti alle organizza-zioni di base. Gioia padronale effi-mera perché, subito dopo, altresentenze della Cassazione (comela n. 3917 del 26/2/2004) hannoribadito la piena legittimità deicontributi associativi tramite lacessione di credito, consolidatad’altronde da una giurisprudenzapluriennale e suffragata dallo stes-so parere della Procura Generaledella Repubblica. Ciò non toglieche la padronanza degli aspetti le-gali e procedurali connessi allanostra azione si riveli indispensa-bile e che il gruppo di lavoro inmateria legale, già istituito all’in-terno dell’EN, debba funzionareadeguatamente e garantire un’as-sidua attività di supporto per tut-ta l’organizzazione.

Il finanziamentoIl fronte finanziario dellaConfederazione è sicuramentequello più smandrappato, a causa

anche dell’impossibilità di riceve-re un costante afflusso della por-zione di quote sindacali spettanteal centro; pertanto è assoluta-mente da appoggiare la propostaformulata nell’esecutivo nazionaledel 21 dicembre di versare nellecasse centrali (desolatamentevuote) della Confederazione 0,50centesimi ad iscritto da parte diogni federazione.Contemporaneamente vannoaperti dei conti correnti provin-ciali intestati alla Confederazioneo alle federazioni di categoria (uncaso a parte è quello della scuolain cui i soldi delle trattenute ven-gono versate dal Ministero diret-tamente al centro e da lì smistatealle province), in modo tale da as-sicurare al centro nazionale (dellaConfederazione e delle federa-zioni) certezza e continuità di fi-nanziamento.Vanno anche cambiati quei com-mi dello statuto, scritti in manierafarraginosa e pasticciona, che difatti frappongono molti ostacoli orendono addirittura impossibileaprire conti correnti provincialidella Confederazione.Così, con le dovute modifiche, vaapprovato dalla Confederazione ilprogetto di costituzione dellaOnlus presentato da alcuni com-pagni, che, oltre ad un discreto in-troito finanziario, può costituireun utile investimento sul terrenodella ricerca sociale.

Il giornaleQuella del giornale è una questio-ne dolente.Non ci siamo proprio.A parole tutti ne sottolineano lanecessità, ma, in pratica, dopo ilnumero zero di prova uscito inoccasione del Forum SocialeEuropeo di Firenze (novembre2002), vagoliamo nel buio.Certo possiamo anche decideredi costituire una commissione ouna redazione, ma se non parto-no delle proposte concrete e so-prattutto se non si prova a realiz-zarle, il giornale resterà un piooggetto del desiderio. Né si puòpensare di sostituirlo con saltuarifogli locali e di settore che nonavrebbero la stessa funzione.Un problema è anche quello didiffonderlo e farlo arrivare agliiscritti. In tal senso ci aspettiamoche le varie federazioni centraliz-

zino un indirizzario a livello nazio-nale che possa consentire l’inviodel giornale in tempi non biblicialmeno a tutti/e gli/le iscritti/e.Resta comunque una questioneaperta: quella di prendere la deci-sione politica di fare il giornale edi attrezzarsi conseguentementeper realizzarla.

Il sito telematicoIl sito della Confederazione è pa-recchio carente nella completez-za e tempestività delle informa-zioni che vi appaiono.Tra i siti difederazione langue quello delLavoro Privato, che talvolta, inve-ce, se ben curato, per il singolo la-voratore che cerca informazionie contatti può essere di grossoaiuto e contribuire a far giungerela voce della Confederazione inluoghi ove non riusciremmo adarrivarci in prima persona.Urge porre rimedio al più prestoa questa situazione, assegnandoanche compiti e responsabilità piùchiare nella gestione e nell’aggior-namento del/dei sito/i.

L’Esecutivo Nazionale della ConfederazioneConosciamo benissimo le difficol-tà in cui ci si trova ad operare im-pegnati come siamo nel conflittosociale che non lascia respiro.Siamo talmente presi in un vorti-ce di manifestazioni, assemblee,lotte, scioperi, che spesso trovia-mo difficoltà a fissare momenti diriunione per quello che pure è,dopo l’Assemblea Nazionale, ilnostro massimo organismo statu-tario. In realtà le riunionidell’Esecutivo dovrebbero essereun po’ più frequenti, ma soprat-tutto più partecipate.Va bene la formula di far prece-dere la riunione dell’EsecutivoConfede-rale da quelle degli ese-cutivi di settore; però non sem-pre riusciamo a mantenerla espesso non si riesce a trovare ilgiusto equilibrio.Su tale questione vanno apporta-ti dei correttivi e va sollecitato unmaggiore impegno alla partecipa-zione affinchè il lavoro di coordi-namento e di indirizzodell’Esecutivo Confederale siasvolto meglio e serva veramenteda collante per tutta laConfederazione.

L’autorganizzazione come processoLa federazione Cobas del lavoroprivato ha la vita più grama e pre-caria delle altre. Eppure è quellache negli ultimi tempi ha avuto piùrichieste di adesione; molti nuoviCobas sono nati, altri hannosmesso subito di esistere o nonsono riusciti neanche a nascere.Pochissimi compagni si sobbarca-no il lavoro organizzativo e disupporto sindacale in questo set-tore; né ce la possiamo cavarecon l’affermazione secondo cui,se questi lavoratori non riesconoa farcela da soli, non sono in gra-do di autorganizzarsi, li abbando-niamo al loro destino. È questauna concezione intellettualistica,statica dell’autorganizzazione, chenon è vista come un processo,macome qualcosa di già dato.Purtroppo l’esperienza dimostrache non è così.

Una modesta propostaNoi, che non siamo il sindacatodei funzionari, abbiamo le carte inregola per puntare all’attivizzazio-ne del maggior numero possibiledi lavoratori; perché questa lineastrategica si sostanzi ha bisognodi un forte investimento finanzia-rio ed umano.Quindi coordiniamo meglio glisforzi, pratichiamo con maggiorecoerenza la confederalità, diamofondo a tutte le energie di cui dis-pongono i nostri militanti in pen-sione, ma non c’è nulla di stranose, facendo il possibile ed anchequalcosa in più, liberiamo conaspettative temporanee o parttime, limitati nel tempo, a rotazio-ne, compagni che seguano l’enor-me mole di lavoro che c’è da farein questo settore.Si può cominciare a pensare, pre-via verifica rigorosa delle disponi-bilità finanziarie, a periodi diaspettativa o part-time (secondole possibilità) per due compagni(uno al Nord ed uno al Sud) cheseguano con costanza le questio-ni del lavoro privato e un’aspetta-tiva temporanea da settembre anovembre prossimi per due com-pagni che coordinino il lavoro perle elezioni delle Rsu nel PubblicoImpiego e nella Sanità.È giustissimo che ci siamo teori-camente caricati di tante respon-sabilità politico-sindacali, peròspesso non vogliamo avere l’umil-tà di costruire le condizioni mate-riali per metterle in pratica.Cosa aspettiamo? Se ci sono pro-poste migliori, concretamenterealizzabili, che si facciano avanti.

Assemblea nazionale Confederazione CobasRoma 8 e 9 maggio 2004VIII

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AssembleaNazionaleConfederazioneCobasOrdine del giorno:- analisi della fase e iniziative

di lotta- situazione delle federazioni- rinnovo Rsu nel Pubblico

Impiego- modifiche statutarie- elezione dell’Esecutivo

Nazionale

Roma - 8 e 9 maggio 2004Istituto Salesiano Teresa Gerinivia Tiburtina (Metro B Rebibbia)

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COBAS - aprile 2004 C o n t r o l a g u e r r a 9

di Piero Bernocchi

Ancora una volta una mobilitazio-ne promossa unitariamente dalmovimento “no-global” è andataoltre ogni previsione, con unapartecipazione nel corteo roma-no del 20 marzo misurata, tra unoe due milioni di persone.All’interno della giornata mondia-le di lotta per il ritiro immediatodi tutte le truppe di occupazionedall’Iraq e per la fine di tutte leguerre, il movimento italiano haottenuto il risultato più eclatante:in piazza in Italia è scesa una ma-rea di cittadini, in misura netta-mente superiore a quanto acca-duto altrove (centomila aBarcellona, Madrid e Tokio, cin-quantamila a Londra, ventimila aParigi, tre o quattrocentomila ne-gli Usa, alcune decine di migliaia aSeul e nelle principali città india-ne). Ma non si è trattato di unsuccesso puramente quantitativo:anche la qualità della iniziativa, lapiattaforma e le sue radicali paro-le d’ordine, dopo mesi di relativosilenzio e passività sull’argomento,sono state davvero confortanti.

Un movimento originaleAncora una volta il movimentoantiliberista e anti-guerra hasmentito sia chi lo dava per spac-ciato, continuando a non volerneintendere la vera ed originale (nelbene e nel male) natura, sia chi ri-teneva che il tema guerra fosseormai in secondo piano di fronteal conflitto sociale. In realtà si ri-conferma quanto andiamo dicen-do da Genova in poi.Questo mo-vimento non ha le caratteristichetradizionali di un movimento au-tosufficiente, che mette all’angoloo addirittura cancella le preesi-stenti realtà organizzate, e cheopera quotidianamente insieme,tappa dopo tappa: ma in compen-so neanche sparisce dopo pochimesi, dilaniandosi in scontri inter-ni e fratture continue. Esso ha ca-ratteristiche generali, procedeper grandi linee e per grandi temi,per macro-campagne, per grandiintese su alcune parole d’ordinedi ampio respiro ma che non han-no immediate ricadute sulla lottasociale quotidiana. È intelaiato esostenuto da organizzazioni, retied aree molto diverse tra loro,piuttosto in salute, per nulla depe-rite nel – o a causa del - movi-mento (molte, anzi, si sono raffor-zate o hanno allargato i propriorizzonti proprio grazie al loroagire nel movimento), autosuffi-cienti, ed ognuna con il propriopercorso cui nessuno rinuncia: esolo quando dietro un’iniziativac’è il lavoro sufficientemente con-corde e convergente delle princi-pali aree (PRC,Cobas,Arci, disob-bedienti, Lilliput, Cgil,Tavola dellapace, associazionismo cattolico...), allora si scatena l’effetto mol-tiplicatore ed in piazza arriva iltriplo o il quadruplo di quanto levarie aree, insieme, organizzano.Questa fiumana di popolo antili-berista e antiguerra, che si mani-festa nei grandi eventi, è in buonaparte costituita da gente che vie-ne ai cortei per conto suo, da cuipuoi avere generici segnali primadell’evento,ma che puoi contare intutta la sua potenza solo a poste-riori.È anche gente,però,che nonvuole stare in maniera stabile con

nessuno, un po’ perché non si ri-conosce appieno in alcuna forza,un po’ perché non ha tempo/vo-glia di fare militanza. Né le aree,così diverse nelle posizioni e neltipo di attività quotidiana quandosi entra nello specifico, sono ingrado di prolungare l’unità di ungiorno in unità continuativa, checonsenta a tutti i non accasati ditrovare stabilmente luoghi unitaridi movimento, che non obblighi-no a schierarsi con questo o conquello. Dunque, si procede a sbal-zi, a scossoni, che però hannoun’utilità generale indubbia, conmomenti alti e pause in cui ognu-no deve filare la propria tela. Unmovimento sui generis, che, sep-pur altalenante, non sparirà dallascena, anche perché si configuracome un’ampia alleanza antiliberi-sta internazionale; ma a cui non sipuò chiedere, almeno per ora,quello che non può dare (affian-carti nella lotta di ogni giorno,mettere al centro il conflitto capi-tale-lavoro, allargare vistosamenteil bacino della militanza ...). Però,esso fa fare al senso comune, suquestioni di grande rilievo, dei sal-ti di qualità non secondari.

Una piattaforma nettaChi avrebbe previsto ancora po-che settimane prima del 20 mar-zo uno/due milioni di persone inpiazza non sul generico (15 feb-braio 2003) non vogliamo la guerra,ma sul via le truppe subito dall’Iraqindipendentemente dall’ONU (econ una diffusa critica alla funzio-ne dell’ONU stesso) e sull’autode-terminazione del popolo iracheno?La campagna fortissima - che havisto di fatto accomunato il go-verno, il centrodestra e la maggio-ranza del centrosinistra intornoall’orrido luogo comune gli eserci-ti non se ne possono andare dall’Iraqaltrimenti ci sarebbe il caos - ha in-ciso enormemente nelle coscien-ze popolari. L’idea che le stessepotenze che hanno aggreditol’Iraq, seminando morte, distru-zione e caos, possano riportarepace e democrazia se solo cam-biassero il casco e indossasseroquello dell’ONU, ha avuto perlungo tempo (in Italia soprattuttodopo la strage di Nassyria) una

sua forte e collosa presa tra i cit-tadini: ed il voto parlamentare,che ha visto la maggioranzadell’Ulivo e del centrosinistra ri-fiutare di votare per il ritiro im-mediato delle truppe, allineandosidi fatto con il centrodestra, è sta-to l’epifenomeno di una fase diapparente egemonia bellicista sul-la popolazione italiana.Poi la strage di Madrid, l’oscenotentativo del governo spagnolo diutilizzarla a fini elettorali, la gran-de mobilitazione popolare controAznar e il risultato delle urne chelo ha punito, hanno posto congrande forza il ritiro immediatodelle truppe (e non si è trattatodell’effetto del ricatto di AlQaeda: i sondaggi segnalavanoche la Spagna era, tra i paesi oc-cupanti l’Iraq,quello maggiormen-te contrario alla guerra, 70 - 80%)ed hanno avuto un potente rifles-so positivo sulla radicalizzazionedelle parole d’ordine della mani-festazione italiana. Ma già la piat-taforma di partenza era molto piùnetta di quanto si poteva sperare(tenendo conto della presenzatra i promotori di molte forze in-vischiate con il centrosinistra el’Ulivo), segnata, come era, da unforte, anche se non unanime, ap-poggio alle resistenze palestinesie irachene, ottenuto dopo unalunga ed aspra battaglia politica,culminata nella confortante as-semblea nazionale di Bologna; ap-poggio che ha provocato il rifiuto,da parte della Cgil e della Tavoladella pace che di resistenza nonvolevano sentir parlare, di firmareil documento comune. E rilevantenella piattaforma è stato anche ildrastico ridimensionamento delno alla guerra e al terrorismo, allapari e della famigerata spirale guer-ra-terrorismo (persino buona partedi Rifondazione, che ha ideatotale lettura della realtà,ora conte-sta questa presunta spirale), cioèdella catastrofica tesi (che fa co-modo ai guerrafondai Usa e ailoro alleati) secondo la quale esi-sterebbe una specie di terrorismocosmico, che farebbe da contralta-re alla potenza militare statuni-tense e che esisterebbe a prescin-dere dalla guerra:quando invece èevidentissimo che la vera spirale è

quella tra l’aggressivo liberismoeconomico e la guerra perma-nente e che l’uso del terrore edelle stragi da parte di organizza-zioni integraliste islamiche è laesecrabile risposta alla guerraglobale che gli Stati Uniti conti-nuano a diffondere nel mondo,alle invasioni militari in MedioOriente e in Asia, alla brutalizza-zione del popolo palestinese.

La provocazione di FassinoE anche tutti coloro che davanoper assai probabile l’egemonianella manifestazione dei moderati,o addirittura del centrosinistraulivista – soprattutto dopo l’at-tentato di Madrid e la conseguen-te pressione perché la manifesta-zione divenisse contro il terrorismo- certo non si aspettavano la fugafassiniana e la conseguente imma-gine di un corteo quasi estremista,da ’77 (Fassino come Lama).A tal proposito, la nostra posizio-ne è stata netta, limpida: non ab-biamo fatto violenza a nessunoma non abbiamo neanche per-messo che nessuno violentasse ilcorteo e i suoi obiettivi.Abbiamoripetuto pubblicamente,nei giorniprecedenti, che non aveva sensoalcuno la pretesa del gruppo diri-gente DS e Margherita - che nonavevano votato per il ritiro delletruppe (vincolo di coerenza, ri-chiesto da tutto il movimento,per partecipare al corteo) e cheanzi avevano dichiarato irresponsa-bile tale ritiro, che hanno a più ri-prese affermato la necessità dimantenere tutte le truppe, statu-nitensi comprese, in Iraq, seppurecon l’ipotetico casco dell’ONU,che si battono per un “forte eser-cito europeo che affianchi nel mon-do, quando necessario, l’interventodei militari statunitensi, che non pos-sono essere lasciati soli” (Rutelli) -di partecipare (non stiamo par-lando di semplici cittadini o iscrit-ti DS o alla Margherita) ad uncorteo che aveva finalità e paroled’ordine opposte alle loro.Ciò malgrado, Fassino e il suoservizio d’ordine hanno addirittu-ra imposto la propria presenzaproprio negli spezzoni più ostilialla loro partecipazione, quellicomposti da disobbedienti, anta-

gonisti e Cobas, contravvenendoalla collocazione concordata dellevarie forze che vedeva l’eventualepresenza dei partiti non promo-tori del corteo in fondo allo stes-so; ed hanno realizzato l’inseri-mento caricando addirittura ungruppo di precari che li sfottevapacificamente. La reazione deipartecipanti al corteo è stata co-rale, non opera di gruppi organiz-zati all’uopo ma pura espressionedell’indignazione di migliaia dipersone che non hanno usato al-cuna violenza nei confronti diFassino e dei suoi. Nonostantenessuno abbia subito un qualsivo-glia danno fisico,Fassino ha cinica-mente provocato e poi abbando-nato il corteo ed ha usato l’episo-dio al fine di oscurare il trionfodella manifestazione, di dividere ilmovimento in buoni e cattivi, distroncare le velleità di autonomiadal triciclo delle componenti mi-nori del centrosinistra (Pdci,Verdi...), di bacchettare le minoranzeinterne ai DS e le attuali dirigen-ze della Cgil (il cui servizio d’or-dine se ne è andato disgustato,abbandonando Fassino e i suoi, acausa dell’atteggiamento provo-catorio e cialtrone dei simil-Rambo che li circondavano, e innetto dissenso con il modo di in-serimento nel corteo della miliziadel segretario DS) e dell’Arci.

La prosecuzione della lottaMa ora, al di là delle polemiche,resta la grande portata di un suc-cesso oltre le previsioni per la ri-chiesta fuori subito le truppe dall’Iraq ma anche la complessità diuna mobilitazione che deve pro-seguire ed intensificarsi fino alraggiungimento dell’obiettivo eche dovrà confrontarsi con ma-novre subdole e insidiose, comead esempio il mantenimento del-lo status quo da parte degli occu-panti ma con l’ottenimento di unacopertura ufficiale da partedell’ONU, che potrebbe benedirele attuali forze occupanti, affian-candone delle altre di paesi finoranon intervenuti, e offrendo lorol’elmetto dell’ONU. Certo, sel’ONU interverrà, le contraddi-zioni nel movimento potrebberoacuirsi. Però oramai le difficoltàdel pacifismo acritico filo-ONU sivanno intensificando, persino nel-l’area ulivista. Dunque, non è ilcaso di mollare il terreno unita-rio, rompendo con quanto siamoriusciti a mettere in campo il 20marzo.Dobbiamo proseguire nel-la politica di unità, radicalità, auto-nomia, mantenendo in vita (ameno che altri lo vogliano sfascia-re o imporci vincoli inaccettabili)un Comitato unitario antiguerra,con gli obiettivi del 20, che sappiaperò muoversi con continuità, sututto il territorio nazionale, rilan-ciando in particolare la campagnacontro tutte le basi militari Natoo Usa presenti in Italia, per la lorochiusura, per la drastica riduzioneimmediata degli armamenti, per ilrifiuto di qualsiasi ipotesi di eser-cito europeo e naturalmente perimporre il ritiro delle truppe oc-cupanti dall’Iraq, dall’Afghanistan,dai territori palestinesi e da tuttele altre zone invase, con o senzaONU; e mettendo in conto lapossibilità di un’altra grande ma-nifestazione nazionale prima dellafatidica data del 30 giugno.

Via le truppe dall’IraqL’Iraq agli iracheni

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10 COBAS - aprile 2004O r g a n i z z a z i o n e

Il 14 e 15 febbraio scorsi, si è te-nuta a Firenze l’AssembleaNazionale (AN) dei Cobas dellaScuola, alla presenza di 117 dele-gati in rappresentanza di 35 pro-vince. In discussione:1) Analisi dei risultati Rsu, della fasepolitico - sindacale e delle iniziative dilotta sostenute. Prospettive, iniziativee lotte future, "campagne" categoria-li e generali. Questioni e scelte orga-nizzative.2) Rinnovo dell’Esecutivo Nazionale(EN) ed altri incarichi.Introduce l’assemblea il portavo-ce nazionale Piero Bernocchi, cheriprende i contenuti e le propostedel documento elaboratodall’Esecutivo nazionale uscente(pubblicato sul numero prece-dente di questo giornale), deli-neandone anche alcuni aggiorna-menti. Parte dal giudizio sui risul-tati elettorali delle RSU nellascuola, passa al quadro politico-sindacale generale, alle tematiche-scuola, al ruolo delle RSU e delconflitto interno alle scuole, allequestioni organizzative, allo statodella Confederazione Cobas, alleproposte di iniziative e di lotteper l’immediato futuro, a partiredallo sciopero del 1° marzo.Si prosegue con gli interventi deidelegati, che nei due giorni as-sommeranno alla cifra di 46.Francesco Monti propone chel’assemblea, invece i riunirsi sem-pre in seduta plenaria, si divida incommissioni per approfondirevari temi e poi si torni in plenariapresentando i risultati. Contro lamozione interviene Bernocchiche sostiene la necessità di svol-gere una discussione complessivasu tutti i temi, da effettuarsi in se-duta plenaria. Si vota la mozionedi Francesco Monti che viene re-spinta. Si susseguono altri inter-venti che affrontano tutti i temi indiscussione e sviluppano un arti-colato e intenso dibattito.Pervengono alla presidenza duedocumenti, uno presentato daRaffaele della Corte, l’altro daiCobas scuola di Padova.Esaurito il dibattito, si passa allevotazioni sulle questioni sollevatedal primo punto all’ordine delgiorno. La prima votazione sisvolge sulla base di due mozioni,che vengono comunemente valu-tate come contrapposte, una pre-sentata da Piero Bernocchi e l’al-tra da Raffaele della Corte.Mozione Bernocchi: “l’AN approvale linee generali del documento pre-sentato dall’Esecutivo nazionale el’impostazione complessiva della re-lazione introduttiva dell’AN stessasvolta da Piero Bernocchi, dalla valu-tazione del risultato elettorale RSUal giudizio sul quadro politico-sinda-cale italiano, con particolare riferi-mento al ruolo svolto dal governoBerlusconi, dallo schieramento dicentrosinistra, dai sindacati confede-rali. L’AN condivide la lettura che ildocumento dà a proposito del valo-re assunto dalla lotta in difesa deltempo pieno e prolungato e controla “riforma” Moratti e le proposteper l’estensione a tutto campo delloscontro nei confronti della scuola-azienda e dell’istruzione-merce: daglieffetti della “controriforma” nellescuole superiori e in particolare neitecnici-professionali ai massicci taglidegli organici e di intere materie nel-le medie; dalla precarizzazione ge-nerale alla necessità di difendere a

fondo i precari; dal nuovo bienniocontrattuale e dalle questioni dell’im-miserimento salariale ai tentativi di“valutare” i lavoratori/trici e le scuo-le; dal conflitto quotidiano all’internodelle scuole e intorno ai fondi di isti-tuto fino alla disgregazione della di-dattica in nome dei “progettifici”. Perciò che riguarda la nostra presenzanelle RSU, l’AN condivide l’imposta-zione del documento e l’impegnopieno in queste strutture, pur del tut-to consapevole delle spinte concer-tative insiste nel meccanismo delleRSU stesse. Si tratta di supportare almeglio l’attività dei nostri/e eletti/e,che devono lavorare nelle RSU e nel-le scuole per accentuare ed organiz-zare il conflitto contro le logiche ge-rarchizzanti, antiegualitarie e merci-ficanti. Un particolare impegno vadedicato, secondo l’AN, a far esplo-dere le contraddizioni della rappre-sentanza sindacale, battendosi conforza e continuità - approfittandoanche dell’evidenza raggiunta dallaquestione grazie soprattutto alle lot-te degli autoferrotranviari - per fareaffermare la richiesta di votazioni suliste nazionali nelle singole categorieper misurare la rappresentatività equella, altrettanto importante, del-l’attribuzione dei diritti sindacali mi-nimi (assemblee in orario di lavoro, li-bera propaganda nei luoghi di lavo-ro, ecc.) a tutti/e. Di grande impor-tanza per l’espansione delle lottenella scuola sarà la riuscita dellosciopero del 1° marzo indetto daiCobas. Ma fin d’ora dobbiamo pen-sare ad altri appuntamenti di lotta,scioperi e manifestazioni, in un per-corso di crescita che potrebbe por-tare, in vista degli scrutini di fineanno, a porre seriamente il proble-ma di sfidare le regole-capestro del-la legge 146 anti-sciopero. Infine, aproposito delle questioni organizzati-ve, l’AN approva le proposte conte-

nute nel documento e nella relazio-ne introduttiva, e in particolare quel-la riguardante l’assegnazione di 5 o6 part-time a nostri/e militanti persvolgere le attività organizzative de-lineate nel documento”.Mozione Della Corte: “consideratoche all’AN è richiesto di deliberaresull’analisi della fase politico-sindaca-le, le prospettive future e il ruolo deiCobas, non è possibile chiudere ladiscussione dopo un breve dibattitosul documento presentato dai com-ponenti dell’EN, ma partendo daesso va aperto un confronto franco eserrato, sollecitando interventi indivi-duali e collettivi, per arrivare insiemea riequilibrare la nostra azione nellemutate condizioni di fase”.Domenico Montuori propone dimettere ai voti la mozioneBernocchi separata in due parti,staccando le ultime righe che ri-guardano le questioni organizzati-ve e i part-time dal resto.Bernocchi accetta la proposta e siva in votazione contrapponendola mozione Bernocchi (senza laparte riguardante le questioni or-ganizzative e i part-time) a quellaDella Corte.Si pone ai voti la mo-zione Della Corte, che viene re-spinta con 16 favorevoli, 95 con-trari, 6 astenuti. Prima di votare lamozione Bernocchi, c’è una mo-zione d’ordine di Franco Coppoliche propone di votarla, cancellan-do tutta la prima parte che ri-guarda il consenso dell’AN al do-cumento dell’EN e alla relazione.La presidenza fa notare che laproposta non è compatibile colsenso generale della mozione,che ne sarebbe stravolta. La mo-zione viene ritirata.Si pone ai voti la mozioneBernocchi (prima parte sugliaspetti politico-sindacali) che vie-ne approvata con 99 voti favore-

voli, 8 contrari e 10 astenuti. Sivota la parte finale della mozioneBernocchi (proposte organizzati-ve e part-time) che viene appro-vata con 99 voti favorevoli, 11contrari e 7 astenuti. La mozioneBernocchi è dunque approvatanel suo insieme.Viene poi proposta da SergioRiggio la seguente mozione, anome della AP di Palermo: “ICobas si fanno promotori della costi-tuzione di un Coordinamento nazio-nale del sindacalismo di base, comeprimo momento per la formulazionee la proposizione di piattaforme con-trattuali unitarie e strategie comuni.Il Coordinamento nazionale rispon-de all’esigenza di avere un unicosoggetto nazionale trattante, che im-ponga il riconoscimento della rap-presentatività nazionale e sia realecontraltare del monopolio dei sinda-cati concertativi. Il Coordinamentonazionale non si pone come nuovaconfederazione ma lascia l’autono-mia alle varie organizzazioni dibase, nella propria diversità ed indi-pendenza. La costituzione di un sog-getto unitario è indispensabile perspezzare l’egemonia dei sindacaticoncertativi nelle trattative nazionalie per la conquista dei diritti e libertàsindacali, per la costituzione di unreale polo antagonista”. La presi-denza invita a ritirare la mozionee a rinviare l’argomento alla pros-sima AN, in quanto i delegati pre-senti non hanno alcun mandatosulla questione. L’invito è accolto.Nicola Madonia presenta la se-guente mozione:“L’AN decide di promuovere la costi-tuzione di un comitato nazionale asostegno del popolo iracheno sullabase della seguente piattaforma: al-lontanamento delle truppe stranierepresenti sul territorio iracheno; libe-razione immediata di tutti i prigio-

nieri politici in Iraq; difesa della so-vranità del popolo iracheno e dell’in-tegrità territoriale dello stato irache-no;appoggio a tutte le forze politichee culturali disposte a sostenere que-sta piattaforma.Dà mandato all’ese-cutivo nazionale e agli esecutivi pro-vinciali di attivarsi per la costituzionedel comitato e di attivarsi con unaserie di iniziative pubbliche in previ-sione della manifestazione del 20marzo”. Piero Bernocchi intervie-ne contro la mozione,affermandoche i Cobas Scuola non possonoassumersi l’impegno della costitu-zione di un nuovo comitato, chedi fatto costituirebbe una rotturacon il Comitato “Fermiamo laguerra” che gestisce unitariamen-te la preparazione della manife-stazione del 20 marzo. Si pone aivoti la mozione Madonia, che vie-ne respinta con 10 voti favorevo-li, 8 astenuti e 99 contrari.Giancarlo Della Corte proponeuna mozione che indichi un impe-gno di sciopero e manifestazionein comune di tutta l’istruzione,dalla materna all’università. Laproposta è accolta senza però in-dicare date, scioperi o appunta-menti precisi, ma affidando ad unincontro con le componenti uni-versitarie in lotta la verifica dellafattibilità di un’iniziativa comune,eventualmente da valutare dopolo sciopero del 1° marzo.Antonia Sani ed altri presentanola seguente mozione:“Al fine di favorire la ripresa e l’e-stensione di quel processo di “pro-gressiva avanzata conflittuale” tra ilavoratori e le lavoratrici nei confron-ti dell’intero sistema, senza il qualenessuna trasformazione della socie-tà può avere luogo, si ritiene indi-spensabile la presenza capillare deiCobas della scuola con tutta la radi-calità di cui sono da sempre porta-tori, nei movimenti che rappresenta-no un’opposizione di sinistra varia-mente articolata, su particolari puntidel sistema, come sono ad esempio:il movimento contro la guerra; il mo-vimento del FSE per un’Europa deidiritti; il movimento delle donne con-tro la legge incivile sulla procreazio-ne assistita; il movimento dei coordi-namenti contro la legge Moratti e laprivatizzazione della scuola; la pro-testa degli autoferrotranvieri che hamesso sotto accusa la legge iniqua146/90; le associazioni che si stannobattendo contro l’attacco alla laicitàdello stato e ai diritti dei precari rap-presentato dalla prossima immissio-ne in ruolo dei docenti di religionecattolica; ogni altro movimento suiterritori contro varie forme di priva-tizzazione dei beni universali e ap-partenenti alla collettività Si proponeinfine il potenziamento dell’attivitàculturale del Cesp che ha dato finqui importanti risultati”. MauroGiordani interviene contro lamozione, affermando che essa èconfusa perché sembrerebbe chei Cobas non debbano interveniresu tutti i temi non esplicitamentedichiarati. Altri intervenuti invita-no Antonia Sani a ritirare la mo-zione così come è scritta, perchéessa cita, insieme ad alcune tema-tiche sulle quali effettivamentesiamo poco o nulla presenti, altresu cui da tempo siamo molto at-tivi (guerra, FSE, riforma Morattiecc.), creando quindi l’equivocoche queste questioni iniziamosolo ora ad assumerle come im-portanti. La presidenza propone

I Cobas della Scuolainiziative e organizzazioneDal verbale dell’Assemblea Nazionale del 14 e 15 febbraio

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COBAS - aprile 2004 O r g a n i z z a z i o n e 11

di acquisire le parti del documen-to che si riferiscono alla laicitàdello Stato e della scuola e all’op-posizione alla legge sulla procrea-zione assistita, come sollecitazio-ne a promuovere iniziative su taliargomenti, considerando invecegli altri temi già pienamente pre-senti nell’attività Cobas.Patrizia Puri propone che si pro-muova ad aprile una AN semina-riale, dove non siano previste vo-tazioni o decisioni finali ma si pos-sa approfondire la discussione earricchire il dibattito interno al-l’organizzazione. Piero Bernocchiinterviene contro la proposta, siaperché non ritiene utile promuo-vere Assemblee nazionali non de-cisionali a priori, sia perché per ilmese di aprile è stata propostal’AN della Confederazione, siaperché tra aprile e maggio va co-munque prevista un’altra AN del-la scuola per valutare la situazio-ne e le iniziative di lotta fino agliscrutini finali. Un’ulteriore sca-denza,per giunta non deliberante,finirebbe per depotenziare la par-tecipazione a tutte le iniziative.Si passa alla votazione e la mozio-ne di Patrizia Puri viene respintacon 20 voti favorevoli, 84 contra-ri e 13 astenuti.Viene proposta la costituzione diuna commissione di studio per lascuola superiore con lo scopo dianalizzare i documenti sulla “rifor-ma” finora resi pubblici (proto-colli Miur regioni, bozze alternan-za, obbligo, ecc.) per individuare ipunti chiave, per estendere l’op-posizione alla “riforma” nellascuola superiore. La proposta èapprovata con 110 voti favorevo-li, 0 contrari e 7 astenuti.Rino Capasso propone di convo-care la prossima AN Cobas scuo-la per la fine di aprile. La propostaè assunta senza votazione, com-patibilmente con la data di convo-cazione dell’AN dellaConfederazione Cobas.Franco Coppoli propone per labacheca del sito www.cobas-scuo-la.org due moderatori con il com-pito di rimuovere messaggi razzi-sti, sessisti, fascisti o di insulti per-sonali lasciando però libero edanonimo l’accesso. SecondoCoppoli, la bacheca può continua-re ad essere un luogo di discus-sione diretto solo se non vengo-no appesantite le norme per l’ac-cesso (come sarebbe invece conla proposta avanzata dall’EN disottoporre l’accesso alla bachecaa registrazione dell’utente), comeavviene comunemente sui siti dicontroinformazione che tendonosempre a privilegiare l’accesso li-bero e non normato. Inoltre an-che la registrazione non garanti-sce dalla possibilità di invio dimessaggi inopportuni sotto falsonome. Contro questa proposta sipronuncia Piero Bernocchi, cheribadisce quanto detto dall’EN.Fermo restando il ruolo dei mo-deratori, non c’è motivo perchéun tale luogo di dibattito debbausare la pratica dell’anonimato,che, se si vuole procedere a dis-cussioni serie, non ha nessuna uti-lità. È pur vero che la registrazio-ne non garantisce del tutto maperlomeno limita la presenza dimessaggi fuori luogo. Si passa allavotazione e la mozione Coppoliviene respinta con 14 voti favore-voli, 46 contrari e 14 astenuti.

Si passa al secondo punto all’odg,l’elezione dell’Esecutivo naziona-le. Piero Bernocchi presenta laproposta scaturita dalla riunionedel 13 febbraio dell’EN uscente eche riequilibra le presenze di rap-presentanti di alcune regioni eprovince nell’EN alla luce deglisviluppi dell’organizzazione nel-l’ultimo anno. Sono proposti: PinoIaria (Torino), Piero Sarolli(Genova), Francesco Monti(Milano), Pino Giampietro(Brescia, come portavoce dellaConfederazione Cobas), DanielaAntoni (Trieste), Beppi Zambon(Padova) o Stefano Micheletti(Venezia) (dando mandato alla ri-unione regionale veneta di deci-dere tra i due), Gianluca Gabriellie Sandro Palmi (Bologna), ElettraAnghelinas (Livorno), RinoCapasso (Lucca), Adriana DeMuro e Gilberto Vento (Pisa),Stefano Fusi (Firenze), PieroBernocchi, Raffaele Della Corte,Marco D’Ubaldo, Anna GraziaStammati (Roma), FrancoCoppoli (Terni),Teresa Vicidomini(Salerno), Francesco Amodio eMassimo Montella (Napoli),Angela Mignogna (Taranto),Giovanni Peta (Cosenza),Ferdinando Alliata, Rina Anzaldi eSalvatore Badalamenti (Palermo),Francesco Ragusa (Caltanissetta),Giancarlo Della Corte e NicolaGiua (Cagliari). Si propone uneventuale ulteriore membro perl’EN di una delle sedi abruzzesi, seindicato dalla riunione regionaledell’Abruzzo.Interviene Francesco Monti, affer-mando che la composizione dell’EN deve essere più inclusiva pos-sibile delle varie posizioni e in talsenso chiede che nell’EN vengainserito anche Riccardo Loia diVarese. Piero Bernocchi precisache Riccardo Loia, già eletto negliEN degli ultimi quattro anni, nonè stato proposto poiché non hamai partecipato alle riunionidell’EN degli ultimi tre anni; riba-disce dunque l’elenco di nomi giàesposto. Intervengono siaFrancesco Monti sia FrancoCoppoli affermando che l’accet-tazione dell’incarico di membridell’EN da parte loro è legata al-l’inserimento di Loia nell’EN.Riccardo Loia interviene e preci-sa che le sue assenze sono statemotivate dal dissenso nei con-fronti della gestione dell’EN stes-so.Silvana Vacirca afferma che noncapisce l’insistenza nel riproporrela candidatura di Loia che negli ul-timi anni ha dimostrato di non es-sere affatto interessato a lavorarenell’EN e che non ha mai segnala-to precedentemente i suoi even-tuali motivi di dissenso sulle mo-dalità di lavoro dell’EN. PieroBernocchi ribadisce che l’inclusio-ne delle varie posizioni nell’EN èassolutamente garantita e che adesempio le posizioni, pur netta-mente minoritarie, di chi ha vota-to contro le linee generali del do-cumento e della relazione sonoben rappresentate nell’EN. Invitapoi Monti e Coppoli a valutarenelle sedi rispettivamente diMilano e Terni il mantenimento omeno della loro presenza in EN eripropone dunque la lista di nomigià esposta. Si passa alla votazionee la proposta di nuovo EN vieneapprovata con 101 voti favorevo-li, 7 contrari e 8 astenuti.

Piero Bernocchi propone i nomidei candidati ai part-time per ilprossimo anno scolastico, cosìcome sono scaturiti dalla ultimariunione dell’EN uscente e preci-sando che l’articolazione dei lorocompiti è quella indicata nel do-cumento, affidando i dettagli ditale articolazione alla discussionedel nuovo EN. Raffaele DellaCorte interviene dicendo chel’assegnazione del part-time ad unromano non è stata discussanell’Assemblea provinciale roma-na e che non ritiene necessariotale part-time per la provincia diRoma. Piero Bernocchi precisache i part-time non sono asse-gnati per svolgere funzioni pro-vinciali (quelli, eventualmente,sono decisi e finanziati dalle sin-gole province) ma per incarichi ecompiti a carattere nazionale. Sipassa alla votazione e la propostaè approvata con 102 voti favorvo-li, 8 contrari e 4 astenuti.Viene proposto da Toni Colloca eaccettato il seguente comunicato:“L’AN dei Cobas Scuola ha recepitola richiesta di sciopero generale pro-veniente da migliaia di comitati dibase delle scuole, dai Coordinamentidei genitori e dalle Associazioni, cheritengono intollerabile l’attacco sfer-rato dal ministro e dal governo allascuola pubblica e ai servizi pubblici.L’attacco che subisce la scuola pub-blica è solo un aspetto della mano-vra più complessiva di precarizza-zione delle condizioni di vita e di la-voro di milioni di persone. Contro l’a-ziendalizzazione e la mercificazionedell’istruzione e della sanità, dei ser-vizi pubblici e la precarizzazione ge-neralizzata, i Cobas chiamano i lavo-ratori e le lavoratrici allo sciopero ge-nerale unitario per difendere i servi-zi pubblici a partire dalla scuola.Ribadiscono il loro invito alle altreOO.SS. affinché aderiscano allo scio-pero del 1° marzo mettendo da par-te l’orgoglio di bandiera. Invitano tut-ti i Coordinamenti di genitori ed in-segnanti sorti spontaneamente, glistudenti, le associazioni, i genitori - la-voratori di altre categorie, i cittadinidemocratici, i partiti di opposizionead organizzare insieme le manife-stazioni regionali che si terranno il1° marzo in forme articolate. Peruna lotta unitaria di tutti i/le lavora-tori/trici che abroghi la controriformadella scuola, per il ritiro del decreto,per le dimissioni del ministro”.Viene data l’adesione alla manife-stazione del 21 febbraio contro labase della Maddalena. Le ultimeproposte - costituzione di ungruppo di lavoro sugli Ata e di ungruppo di lavoro sul sostegno -verranno diffuse in rete.

Il Consiglio di Stato aveva ricono-sciuto già da tempo (sentenza2479/2002) il diritto alla retribu-zione intera per il periodo diastensione obbligatoria per lesupplenti anche nel caso in cuinon fosse stato loro possibile as-sumere servizio. Un orientamen-to, per altro, confermato anchedalla Corte Costituzionale (ordi-nanza 337/2003). Però solo oraAran e sindacati firmatari, conquesta specifica Sequenza contrat-tuale, hanno cancellato la partedell’art.142 del Ccnl 2003, il com-ma 1, lett. f), n. 10 (a dire della Cgil"inserito per errore"!?!) che ribadivala vigenza dell'art. 25 commi 16 e17 del Ccnl 95, e impediva cosìalle supplenti in astensione obbli-gatoria o interdizione, e che quin-di non possono assumere servi-zio, di fruire della retribuzione.

Riportiamo il testo integrale dellaSequenza ex art. 142 del CcnlScuola 2002/2005

Articolo unicoIn attuazione della sequenza previ-sta dall’art.142 del CCNL 24-7-2003 del comparto scuola le particonvengono di sostituire il testo delsuindicato articolo con quello se-guente:“Art. 142 - Normativa vigente e dis-applicazioni1) In applicazione dell’art. 69, com-ma 1, del d.lgs. n.165/2001, tutte lenorme generali e speciali del pubbli-co impiego vigenti alla data del 13gennaio 1994 e non abrogate diven-gono non applicabili con la firma de-finitiva del presente Ccnl, con l’ecce-zione delle seguenti norme e di quel-le richiamate nel testo del presenteCcnl che, invece, continuano a trova-re applicazione nel comparto scuola:a) artt. 1 e 2 della legge 24 maggio1970, n. 336 e successive modifica-zioni e integrazioni.b) tutta la normativa, contrattuale enon contrattuale, sin qui applicata, inmateria di mutilati ed invalidi perservizio e norme in favore dei con-giunti dei caduti per servizio, benefi-ci spettanti ai mutilati ed invalidi diguerra ed ai congiunti dei caduti inguerra;

c) tutta la materia relativa al collo-camento a riposo resta regolata dal-le norme vigenti;d) tutta la normativa, contrattuale enon contrattuale, sin qui applicata, inmateria di missioni;e) la normativa richiamata nel pre-sente Ccnl;f) la normativa sul riposo festivo set-timanale come previsto dall’art.2109, comma 1, del Codice Civile;g)la seguente normativa:1) Art. 3 del DPR n.395/88 (in temadi diritto allo studio) 2) Art. 17 del DPR n.3/57 (limiti aldovere verso il superiore) 3) Art. 21 del DPR n. 399/88, com-mi 1 e 2 (su mobilità per incompati-bilità)4) Art.7 DPR 395/88 (su IIS nella13° mensilità) 5)Art.53 L.312/80 e art. 3, commi 6e 7 del DPR n.399/886) Legge 11 febbraio 1980, n. 26(artt.1 - 4) e legge 25 giugno 1985n. 333 (aspettativa per ricongiungi-mento con il coniuge che presta ser-vizio all’estero) 7) ai soli fini della determinazionedell’importo dell’indennità di funzio-ni superiori, dell’indennità di direzio-ne e di reggenza, l’art. 69 del Ccnl4.08.95, l’art. 21, comma 1, del Ccnl26-5-1999 e l’art 33 Ccni 31-8-1999 (fondi non a carico del Ccnl24-7-2003 della scuola);8) Art. 66, commi 6 e 7, del CCNL4.08.95 9) Artt. 38, 40 e 67 del T.U. n.3/57,art. 20 legge 24.12.86, n.958 eart.7 legge 30.12.91,n.412 (serviziomilitare) 10) Art. 132 T.U. n.3/1957 (riam-missione in servizio) 11) Art. 2 L.476/1984, L. 398/1989,art. 4 L. 498/1992, art. 453 T.U.297/1994, art. 51 L. 449/1997 eart. 52, comma 57, L.448/2001.2.Le parti si danno atto che eventualilacune che si dovessero verificare nel-l'ambito della disciplina del rapportodi lavoro per effetto della generaledisapplicazione delle norme di cui alprecedente comma 1, saranno ogget-to o di specifica interpretazione au-tentica o di appositi contratti colletti-vi nazionali integrativi.3. È espressamente disapplicata laseguente normativa:- l’art. 475 del d.lgs. n.297/94, asse-gnazioni provvisorie di sede- l’art. 568 del d.lgs. n.297/94, asse-gnazione provvisoria- l’art. 478 del d.lgs. n.297/94, sosti-tuzione dei docenti assenti- l’art. 455 del d.lgs. n.297/94, utiliz-zazione del personale docente e Doa- l’art. 480 del d.lgs. n.297/94, in-quadramenti in profili professionaliamm.vi4. In considerazione del fatto che ilCcnl firmato il 24-7-2003 rappre-senta il primo testo contrattuale delpubblico impiego che unifica tutte lenorme preesistenti, le parti ritengonopossibili, ove necessario, ulteriori pre-cisazioni ed aggiustamenti a partiredalle materie contenute nel presentearticolo.

Finalmente riconosciuto ildiritto alla retribuzione perle supplenti in maternità

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12 COBAS - aprile 2004F a r m a c i a s c u o l a

di Claudio Comandinida indymedia

Distratti e iperattivi:una malattia? Mentre nella scuola italiana sonoin crisi sia il carattere di serviziopubblico che il ruolo dell’educa-zione, il dibattito sulle sostanzestupefacenti entra in una fase dimarcato proibizionismo: perstrana combinazione, ed inmodo consentito dalla legge, èproprio negli istituti d‚istruzioneche una sostanza psicotropacome il ritalin potrebbe diffon-dersi.Lo scorso anno nelle scuole me-die inferiori di Milano, Lecco,Rimini, Pisa, Roma e Cagliari, èstata inaugurata l'indagine epide-miologica Progetto Prisma(Progetto italiano salute mentaleadolescenti), promossa dall’Irccs(Istituto di ricovero e cura a carat-tere scientifico) “Eugenio Medea”di Bosisio Parini, in collaborazio-ne con l'Istituto Superiore diSanità. L'obiettivo è accertare ladiffusione di un disturbo chiama-to Adhd (Attention DeficitHyperkinesia Disorder), utilizzan-do un questionario, inviato ai ge-nitori di circa cinquemila ragazzicompresi tra i 10 e i 14 anni, condomande del tipo: “Suo figlio liti-ga con gli altri bambini?Interrompe quando gli altri parla-no? È incapace di star fermo?Sogna ad occhi aperti? È troppo vi-vace? È facilmente distratto o inca-pace di concentrarsi?”.Il neuropsichiatra AlessandroZuddas dell’Università diCagliari, fra i partecipanti al pro-getto, afferma che in Italia 4bambini su 100 sono colpiti dadeficit di attenzione e iperattività. Ildisturbo è riconosciuto da un’e-quipè di psichiatri nel 1980 e in-cluso del 1994 nel ManualeStatistico Diagnostico, cartellodell'èlite medica e farmaceutica.Secondo Zuddas all’Adhd corri-sponde un'alterazione biologicache impedisce di selezionare glistimoli ambientali, di pianificarele proprie azioni e di controllarei propri impulsi: "se non trattato ildisturbo compromette numerosearee dello sviluppo e del funziona-mento sociale del bambino, predi-sponendolo, nelle successive etàdella vita, ad altre patologie psi-chiatriche o al disagio sociale: cioèall'alcolismo, alla tossicodipenden-za, al disturbo antisociale di perso-nalità".La seconda fase del progetto èstata intrapresa nel novembre2003 a Pisa dall'Istituto diNeuropsichiatria infantile StellaMaris, con un protocollo di inte-sa con la Eli Lilly, multinazionalefarmaceutica di Indiianapolis, dis-tributrice del Prozac, per speri-mentare la tomoxetina nella pre-venzione delle recidivie del distur-bo da deficitdell'attenzione/iperattività, in so-stituzione degli stimolanti comeil Ritalin, di cui AlessandroZuddas e i suoi colleghiMassimo Moltemi e Gian MarcoMarzocchi sostengono l’oppor-tunità dell’uso terapeutico nellacura dell’Adhd.Il Ritalin è stato scoperto nel1937 dal ricercatore italianoLeandro Palizzon, che lo chiamòcosì in onore della moglie

Margherita; lo stesso anno il me-dico americano Bradley descris-se l'efficacia e la tollerabilità de-gli psicostimolanti nei casi diiperattività. Attualmente, fra isuoi più accesi sostenitori c’è lopsichiatra Xavier Castellanos: sulJournal of the American MedicalAssociation sostiene che alla basedella Adhd ci sia un’atrofia cere-brale, e che l’uso degli psicosti-molanti possa favorire una matu-razione del cervello. CarloCianchetti, presidente dellaSocietà Italiana di neuropsichia-tria dell'infanzia e dell'adole-scenza, afferma che “la malattia ègenetica, è una disfunzione biochi-mica, il farmaco ce lo dimostra poi-ché modifica il meccanismo deineurotrasmettitori, e dunque fermail sintomo".Il Ritalin contiene il metilfenidatoidrato, uno stimolante centraleche agisce prevalentemente sul-la noradrenalina, uno dei neuro-trasmettitori del cervello. I ri-cercatori dei laboratori farma-ceutici considerano che agendoal livello delle zone sinaptichetra i neuroni blocchi il rilascio ela riutilizzazione della dopamina,coinvolta nella risposta eccitato-ria, incidendo in equilibrio sulmetabolismo dei trasmettitorisimpatici: la neuropsichiatra in-fantile ad orientamento organi-cistico ritiene queste indicazio-ne come garanzia di cura sullasintomatologia dell’Adhd.In Permanent mental deteriorationfrom major tranquilizer therapy

Peter Breggin afferma che l'usodi psicofarmaci induce una ma-lattia detta discinesia tardiva, ri-conosciuta solo nel 1973, pro-dotta da un'alterazione dellefunzioni della dopamina, checomporta una notevole perditadi controllo sulle funzioni moto-rie del corpo. La regione in cui sisviluppa la discinesia è anche le-gata agli ingressi sensoriali, e ilsuo danneggiamento porta a unappiattimento emozionale e aduna indifferenza ed apatia simili aquelle causate dalla lobotomia,quindi a un danneggiamentopermanente delle funzioni cere-brali. Una larga percentuale dipazienti trattata con tranquillan-ti sviluppano psicosi indotte dafarmaci che sono più forti deiproblemi per i quali si erano sot-toposti alle cure farmacologiche.Allargando il quadro, il filosofodella scienza canadese IanHacking, ordinario al Collège deFrance a Parigi, chiama malattiementali transitorie sindromi la cuidiffusione si tipicizza, si diffonde,e si ripropone in modi asimmetri-ci, privilegiando un sesso, unazona geografica, una classe so-ciale, un’età: l’isteria di fine otto-cento, l’anoressia degli anni ot-tanta e novanta, e l’Adhd. Sel’Adhd rappresenta prevalente-mente un quadro sintomatologi-co generico e non conclusivo, ilfarmaco rappresenta un rimediosintomatico ma non curativo, eva usato con il supporto psico-logico del terapeuta, aiutando il

bambino a coinvolgersi nel suoambiente: passo difficile dove undisturbo d’attenzione con o sen-za iperattività, casi di narcolessi,ed anche una vaga tendenza adessere distratti ed un comporta-mento eccessivamente vivacevengano considerate malattiebiologiche da curare per via far-maceutica.Ora, mentre l’OrganizzazioneMondiale della Sanità dichiarache un bambino su cinque soffredi disturbi psicologici, HamidGhodse, presidente dell’Incb, cheall’ONU si occupa del controllodei narcotici, afferma che negliultimi anni è davvero esplosauna farmacologizzazione dei pro-blemi sociali. In America i bambi-ni sotto terapia erano mezzomilione nel 1985, un milione nel1990 e sono oggi circa sei milio-ni, di cui la metà al disotto dei 6anni: su 40 milioni di alunniiscritti nelle scuole, quindi il 12 -13% dell'intera popolazione, as-sume il Ritalin dietro prescrizio-ne dell’ufficiale scolastico, che hapotere anche sulla patria pote-stà. Dal giugno 2000 al giugno2002 sono state compilate 20milioni di ricette, mentre la Dea,l’antidroga americana, ne attestaampia circolazione anche sulmercato degli stupefacenti, do-v’è chiamata la cocaina dei poveri.E proprio per terapia contro ledipendenze da cocaina dall’otto-bre 2002 a Berna e Basilea si èsvolto un progetto pilota nelcorso del quale a 60 volontari

consumatori di cocaina è statosomministrato il Ritalin.Il Ritalin, che ha iniziato a diffon-dersi negli anni ‘50, è stato con-testato negli anni ‘70 da movi-menti antipsichiatrici, negli ‘80 daL. Ron Hubbard e daScientology, dagli anni ‘90 è og-getto di un’inchiesta governativaavviata da Hillary Clinton ed èindagato sulla base di numerosequerele che fanno riferimento acasi gravi d’intossicazione emorte. Sono stati riscontratidanni al cuore e al fegato, ed ef-fetti collaterali condivisi con unavasta serie di sostanze comenausea, apatia, anoressia, vertigi-ne e disturbi della personalità.Kurt Cobaine dei Nirvana è sta-to spesso considerato una dellesue vittime illustri.

Piccola storia del Ritalin in Italia.Usato per diete dimagranti e lacura dell’epilessia, il Ritalin erastato ritirato dal mercato nell’89dalla Ciba - Geigy perché lo psi-cotropo metilfenidato era statoincluso dal Decreto delPresidente della Repubblica n.309 del 1990 nella tabella I e IIIdegli stupefacenti, insieme a co-caina, amfetamine, oppiacei, bar-biturici e ketamina.Attualmente il Ritalin è prodottodalla Novartis, colosso farmaceu-tico svizzero nato nel 1997 dallafusione tra Sandoz e Ciba - Geigy,che smercia circa il 90% del pro-dotto negli Usa.Altri farmaci cheutilizzano il metilfenidato sono ilRubifen della Bestpharma, l’Elemdella Andromaco, il Ritrocel dellaSilesia. Altri stimolanti diffusisono Dextroanfetamina e Cylert;invece, fra gli antidepressivi sonoProzac, Paxil e Zoloft, che innalza-no il livello di serotonina nei ter-minali nervosi, i cui effetti sonodescritti dall’opuscolodell'Istituto Nazionale Statunitensedi Salute Mentale (Nimh) con ter-mini che sembrano più proprialle telecomunicazioni che allasanità: "il risultato è analogo aquello di eliminare i disturbi staticida un sistema telefonico. La comu-nicazione diventa più facile e ri-chiede meno sforzo".In Italia in data 18/10/2000, in se-guito ad una sollecitazione delMinistro della Sanità Veronesiinoltrata sulla base delle pressio-ni di associazioni di pediatri egenitori rappresentati daVincenzo Nuzzo, la Novartis hacomunicato al DipartimentoValutazione Medicinali eFarmacovigilanza la disponibilitàper una rapida registrazione ecommercializzazione del Ritalin.La pratica, avviata dal governodell’Ulivo con procedura d’ur-genza, insolita per un farmaconon salva vita, trova continuitànel governo Berlsconi.Un vasto movimento di soste-gno all’uso del Ritalin afferma lacentralità del trattamento far-macologico nella terapia di si-tuazioni fortemente disagiate,coinvolgendo associazioni di pe-diatri e genitori come l’Aidai,l’Aifa, e il Progetto Adhd - Parentsfor parents, presentato ufficial-mente al Papa in diretta Rai nel-l’ottobre del 2001 dal pediatraRaffaele D’Errico. Altri fautoridell’uso del farmaco sono

Come ti guarisco ilpupo distrattoIl ritalin: storia medica e politica di una droga di Stato

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COBAS - aprile 2004 F a r m a c i a s c u o l a 13

Michele Zappella, neuropsichia-tra dell’università di Siena, e ilpediatra Francesco Renzulli diRoma. Le ricerche psichiatrichee farmacologiche di Parents forParents si dirigono verso un’ap-profondimento nella diagnosticadell’Adhd dei concetti di comorbi-dità e diagnosi differenziale (co-esistenza dei disturbi e tratta-mento che integri diverse tera-pie), e anche nella valutazionedell’atoxetina come possibile so-stituto agli psicostimolanti: la co-municazione al congresso diRoma del febbraio 2002 di que-ste ricerche è saltata per evitarele telecamere di Striscia laNotizia.Intanto, in risposta ad una inter-pellanza parlamentare presenta-te da Sergio Iannuccilli di ForzaItalia nel febbraio 2002, e ad unainoltrata da Paolo Russo di ForzaItalia nell’ottobre 2002 su richie-sta di Nuzzo e D’Errico insiemeal presidente dell’ordine dei me-dici Giuseppe del Barone, nel lu-glio 2003 il decreto di autorizza-zione all'immissione in commer-cio del Ritalin è ormai in via diadozione: il ministro Sirchia con-cede l'autorizzazione in funzionedella definizione di uno specialeregime di dispensazione e diprescrizione, eliminando il metil-fenidato dalla Tabella I per ag-giungerlo alla Tabella IV, mentreNello Martini della CommissioneUnica del Farmaco considera cheil Ritalin debba essere inseritofra i medicinali con diritto dirimborso (fascia A), venduto sul-la base di ricette con validitàsettimanale. Per GiovanniBarbagli, capogruppo toscanodel Prc che ha seguito il caso, afavore dei farmaci giocano, oltreagli interessi di lobbies medichee farmaceutiche, anche le assicu-razioni, più propense a pagare leindustrie farmaceutiche piutto-sto che affidarsi a servizi di so-stegno sociale e psicologico.Mentre restano da definirneprezzo e modalità di prescrizio-ne, il Ritalin cambia statuto e sidiffonde per decreto, scavalcan-do differenti opzioni farmacolo-giche. Intanto il prodotto è ven-duto in Usa, Canada e diversiPaesi europei tra cui Francia,Germania e Gran Bretagna, ed èacquistabile anche su Internet,dove è reclamizzato come"drugs" (medicina), a prezzi circada 150 a 500 $ a seconda dellaconfezione e delle quantità. IlRitalin ad azione rapida ha effet-to mezz'ora dopo che è stato in-gerito, ha un picco intorno alledue ore ed esaurisce l'azionedopo 4 ore. In "Ritalin e cervello"(Macroedizioni) HeinrichKremer denuncia che l’efficaciadel farmaco si ottenga solo at-traverso un costante incremen-to di dosaggio, e comporta il ri-schio di danni irreparabili allefunzioni cerebrali dei bambini,probabilmente condizionati al-l’assunzione di psicofarmaci an-che in futuro. L'OsservatorioItaliano sulla Salute Mentale si èopposta alla somministrazionedegli psicofarmaci ai bambini, in-vitando a non considerare la ca-renza di attenzione e iperattivitàuna malattia mentale, per cerca-re invece di individuare le causedel disagio nella vita familiare,

scolastica e nei contesti sociali.Anche la Federazione di associa-zione di docenti per l’integrazionescolastica ha espresso preoccu-pazione per un uso degli psico-farmaci sui bambini già sottopo-sti ad un anormale bombarda-mento di stimoli da parte dellenuove tecnologie, e suggerisce diadottare la pratica pedagogicadella Gestione Mentale elaboratada Antoine de La Garanderie.

Fuori PierinoLe droghe fra leggi e divietiUno psichiatra come LuigiCancrini distingue fra malattiamentale e malattia del cervello:dove queste sono oggetto distudio della neurologia, la psi-chiatria si occupa dei disturbiche non hanno una base organi-ca documentata: disturbi di fun-zionalità, di funzionamento, manon da lesione, e inoltre afferma:“il problema è quando il farmaco èusato come se fosse la soluzione.Nel caso della situazione depressi-va, la soluzione è ascoltare soprat-tutto il bambino. Non è che la de-pressione se ne va via da sola. Ilfarmaco lì funziona come un tap-po, una copertura".I bambini sono resi oggetto ne-cessario di cure che non si san-no dare per mantenere proble-mi che non si vogliono risolvere.La pastiglia non cura certamentesottoalimentazione e stress datv e tecnologia, mentre medici einsegnanti dichiarano che rendemeno recettivi agli stimoli com-petitivi e non favorisce l’appren-dimento. Dove il bambino è me-nomato della sua vivacità perprescrizione medica, è istituitaper decreto la malattia psichia-trica infantile: e non tanto in ri-sposta del disagio del bambino,quanto per l’esigenza di raziona-lizzare una salute sociale discipli-nata e conforme.Al di là degli usie degli abusi, consentiti o meno,

il vasto dibattito su Ritalin e si-mili rivela la funzionalità di alcu-ne droghe ad un certo tipo discuola azienda, dove non c’è po-sto per Pierino: l’esigenza dicontrollo dell’iperattività e deidisturbi attentivi nell’infanziache si sviluppa nell’associazionefra pediatria e psichiatria rivelal’aspetto strutturalmente preva-ricatore e repressivo dell’eco-nomia bellica del pensiero unico.Il partito azienda, privo di oppo-sizioni possibili, arriva a rappre-sentare pienamente l’ideologiapolitica della globalizzazione an-che nello stabilire una significati-va alleanza degli istituiti d’istru-zione con le multinazionali far-maceutiche. In questa concezio-ne uno studente disciplinatosarà per sua fortuna un dipen-dente solerte, un soldato obbe-diente e sostanzialmente un cit-tadino più controllabile: il perfet-to consumatore, con la funzio-nalità di una macchina e la per-sonalità di un cadavere. Se il po-tere non ha nemici, è perchénon gli servono: il conflitto ri-guarda le sue pratiche, nelle qua-li le schizofrenie latenti giungo-no a conflitto. Anche uno deiteorizzatori principali della vit-toria del mercato, FrancisFukuyama, vede nella delegaeducativa a farmaci come Ritaline il Prozac l’espressione di unaincapacità sociale a fornire mo-delli di responsabilità. Ma non èin grado di riconoscere la mani-polazione quando sostiene chela politica deve assumere il con-trollo delle biotecnologie, equindi della sanità, se consideria-mo che in una città rappresenta-tiva della diffusione del Ritalincome Detroit, il Detroit News hascritto che la “malattia mentale”si riduce sostanzialmente ad“una serie di 'sintomi', sempre piùmessi in discussione dalla scienzaonesta per la loro vaghezza e per

il pericolo di giustificare con essi l'a-buso degli interventi sul controllodei comportamenti”.Il problema dipende ovviamentedai modelli scientifici adottati:quello rappresentato dai farmacidi sintesi ed anche dalle biotec-nologie muove da una base ridu-zionista, fortemente contestataa livello epistemologico per lapretesa di ridurre ogni attivitàmentale ad attività fisica del cer-vello, la psicologia a neurofisiolo-gia. Ma dipende soprattutto dalmodello sociale di riferimento, ea questo sembriamo essereorientati, oggi: ad una societàdella comunicazione dove glistrumenti di comunicazionesono investiti da una distorsioneafunzionale, preclusa a ogni for-ma di sintesi. La questione va an-che oltre il conflitto d’interessiberlusconiano, e riguarda il nes-so fra informazione, industria efinanza determinatosi con i pianidi globalizzazione finanziaria econ le guerra globali dell’ultimodecennio. Questo sistema de-termina la realtà esclusivamentein funzione dell’immagine che hadi sé: in un delirio proiettivo chenon conosce alterità, annulla ledifferenze esistenti per affer-marsi come legge; ora, l’autoaf-fermazione psicotica è un com-portamento tipico di chi è “fat-to” di psicoformaci: tale compor-tamento inibisce ulteriormentela comprensione delle proble-matiche del disagio complessivo,e aumenta la dipendenza neiconfronti della droga. Così l’au-toritarismo dei governi mantie-ne le condizioni drogate del suopotere, incrementandone peròle disfunzioni: non è un modo didire, è quello che accade sul pia-no della produzione legislativa inItalia.Con il DdL Fini la legislazionesugli stupefacenti sembra azze-rare il dibattito degli ultimi venti

anni, ignorando rispetto al pro-blema delle droghe sia le condi-zioni effettive del loro mercatoche le specifiche caratteristichemediche delle diverse sostanze,introducendo condizioni perse-cutorie su vaste componentidella società, in cui l’uso di dro-ghe si diffonde costituendo difatto, piaccia o meno, una ampiasubcultura. Nell’istruzione ilDdL Moratti, presentato comeuno strumento innovatore, at-traverso la precarizzazione ulte-riore del mondo dell’istruzionee del lavoro scientifico mina allabase le condizioni di libertà, ana-lisi critica e cooperazione neces-sarie alla produzione dei saperie della loro innovazione, raffor-zando le barriere sociali all'ac-cesso e precludendo uno svilup-po pluralista della conoscenza.I problemi legati alla droga comeall’educazione, ai fenomeni didevianza come a quelli evolutivi,non sono nemmeno oggetto diconsiderazione nelle formulazio-ni legislative dei nostri ministri:sono eliminati prima che si pre-sentino, attraverso quella proce-dura di pianificazione finanziaria,commerciale e informativa, cherappresenta l’ultima frontieradella politica: l’estensione dellemodalità della guerra preventivaal controllo sociale, a partiredalla cura dei disturbi infantili edalla privatizzazione della scuo-la. Per essere più precisi, dallaformulazione del concetto stes-so di disturbo infantile, e dallafunzionalizzazione degli istitutid’istruzione al mercato, chesembrano modificare la nostrapercezione dell’adolescenza edella formazione scolastica.Dice lo psichiatra Paolo Crepet:“Se il cervello e tutte le sue intera-zioni con l'ambiente potessero ri-dursi a un neurotrasmettitore! Nonfunziona neanche fra i criceti, figu-riamoci un bambino. Drogare unbambino per farlo adattare a tuttii costi all'educazione scolastica èanti - pedagogico per eccellenza”.Se vogliamo ancora considerareche la conoscenza abbia un ruo-lo, bisogna concludere che glistrumenti con cui la nostra so-cietà sta affrontando le sfide po-ste dalla sua trasformazionesono, quantomeno, inadeguati: equesto, per restare sullo specifi-co, sia nei concetti di salute emalattia impliciti nelle disposi-zioni degli enti della Sanità, chesi concentrano sulla considera-zione dei prodotti farmaceutici,sia nella definizione dei luoghideputati alla trasmissione delleforme culturali, nelle scuole pri-ve di libertà e autonomia.Poi, in una scuola resa impoten-te per legge si permette chevenga favorita la diffusione dipsicofarmaci, legittimando unabuso nei confronti della popo-lazione scolastica infantile, pro-prio mentre si tende ad abusarein controlli sulla popolazione ci-vile e maggiorenne per punirel’uso volontario di sostanze vo-luttuarie.Non c’è nessuna scelta possibi-le, se non si arriva a drogarsi daadulti contro la legge, è perchéveniamo drogati secondo i ter-mini di legge da bambini: ma, al-meno così, la scuola potrà diredi avere dato qualcosa.

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14 COBAS - aprile 2004

L’intervista che segue è stata realiz-zata grazie alla collaborazione diun’operatrice di call center assuntapresso la sede palermitana di unagrande azienda telefonica.A dispetto di aspettative e mitiaziendali, l’introduzione massiccia diflessibilità, norma imperante diun’organizzazione del lavoro appa-rentemente innovativa, ha riprodottoaspetti ahinoi assai conosciuti del la-voro salariato tradizionale. Mi riferi-sco alla saturazione dei tempi, all’e-stensione della giornata lavorativa,alla rottura di possibili solidarietà trai dipendenti, ai controlli e alle minac-ce, ecc.A questo si aggiunge la frantumazio-ne di una categoria divisa e isolata,parcellizzata nei contratti e nelle po-stazioni di lavoro, con tempi e aspet-tative che dal lavoro cercano soprat-tutto di allontanarsi, liberarsi.Dall’intervista, per ovvie ragioni, sonostate stralciate le parti che avrebbe-ro permesso una facile attribuzionedi identità alla lavoratrice, che rin-graziamo.

Chi lavora oggi in un call center?Se ti riferisci alla parte normativa,all’interno di un call center oggi lefigure contrattuali presenti sonole più disparate. Al “tristementeobsoleto” contratto full time siaffiancano tipologie più recenti,con sempre meno tutele per il la-voratore, come i contratti interi-nali ad otto, sei o quattro ore, finoad arrivare ai contratti di collabo-razione coordinata e continuativa[che oggi sono diventati i LAP,contratti di lavoro a progetto, conuna paga di 75 centesimi lordi cir-ca a chiamata ricevuta, n.d.r.].In particolare per questi ultimi

contratti vige una sola regola:“percepisci stipendio solo se seieffettivamente presente e produ-ci”. Dunque niente malattie, per-messi studio, ferie etc.

Per quale azienda lavori e in chesettore opera?Lavoro per la Cos.med, un’azien-da palermitana che gestisce servi-zi in outsourcing per conto digrandi imprese nazionali sia nelsettore delle telecomunicazioni,segnatamente la Wind, sia in altrisettori quali pay tv, illuminazionepubblica, biglietteria aerea etc.

E tu da quando lavori in Cosmed?Da tre anni, da quando l’aziendaha cominciato a Palermo. Io sonoentrata con i primi contratti parttime; prima di noi erano state as-sunte circa trecento unità concontratto full time. Sono tra iconsulenti assunti per gestire ilservizio 155 per conto dellaWind.

Il tuo contratto è a tempo indeter-minato?Sì, è un part time a tempo inde-terminato

I part time come lavorano?I part time diurni possono esserea quattro o sei ore, dalle 7 delmattino alle 24; i part time not-turni lavorano dalle 23 alle 7 delmattino, in unico turno, e posso-no essere soltanto part time aquattro ore .

Il notturno è il turno peggiore? No perché ti permette di vivere,fare un altro lavoro, studiare, op-

pure semplicemente organizzartile giornate come ti pare.

Il lavoro è pesante?Sì, soprattutto dal punto di vistapsicologico. Il numero di chiamateche devono gestire i diurni è mol-to alto; a volte abbiamo in attesafino a 400 chiamate; i tempi diconversazione sono strettissimi ei controlli dei tutors sono moltopressanti.Di notte le chiamate di-minuiscono, ma le cose non sonomolto meglio, solo diverse.

E per questo passare al notturnoconsente maggiori possibilità di or-ganizzarsi la vita fuori dal lavoro...Sì, per quello che mi risulta. Perpassare al notturno le domandesono numerose e ci si deve met-tere in fila; la precedenza è dataall’anzianità di servizio; oltre aquesto gli altri criteri utilizzatisono i figli a carico e la residenzafuori Palermo.

Si lavora di meno al notturno?Nient’affatto, ma puoi rilassarti sesei bravo e rispetti i tempi. Almattino le chiamate sono tantissi-me, si gestiscono i reclami e i col-legamenti con reparti competentiche di notte sono chiusi; non si fal’assistenza tecnica di notte. Almattino si fa anche il servizio disupporto al multimediale e l’assi-stenza alla portabilità del numero

[i clienti che cambiano gestoreconservando il vecchio numero].Di giorno, poi, sono attivi tutti iservizi internet.

Mi spieghi meglio come funziona ilnotturno?Il part time, a quattro ore vertica-le notturno su base volontaria, èmolto ambito dai lavoratori; inbase alle regole attuali, i consulen-ti in part time notturno garanti-scono le ore di servizio non dis-tribuendole su cinque giorni lavo-rativi settimanali [come invece fan-no i full time ordinari, n.d.r.] ma la-vorando otto ore a notte alterna-tivamente due giorni consecutiviper una settimana e tre giorniconsecutivi per la settimana suc-cessiva, su una matrice di turno disei settimane per sei gruppi di la-voro.

Mi pare massacrante, e invece tumi dici che è molto richiesto?Sì, perché grazie a questa tipolo-gia di contratto, il lavoratore parttime garantisce la propria presen-za in azienda per 80 ore mensili,come gli altri part time a quattroore, lavorando però di fatto solo10 notti al mese circa …

Insomma se riesci ad abituarti, e sefai una vita atipica sei di fatto mol-to libero …Sì. Il turno di lavoro dei notturni

inizia alle 23.00 e termina alle07.00. All’interno delle otto ore,così come nell’ordinario contrat-to diurno full time, l’operatore hadiritto a 3 pause “626” - una ognidue ore lavorative - utili a disto-gliere lo sguardo dal monitor enecessarie a tutelare la vista. Inmodo, però, a mio avviso assolu-tamente ingiustificato, mentre ildipendente full time diurno ha di-ritto nel corso delle otto ore adue pause di 15 minuti e ad unapausa di 30 minuti che gli consen-te di pranzare o cenare in salamensa, il consulente in part timeverticale notturno con le stesseotto ore lavorative, ha diritto sol-tanto a tre pause di 15 minuti cia-scuna; l’azienda sostiene che, trat-tandosi di un contratto part timea quattro ore, è a questo che bi-sogna fare riferimento anche se difatto le ore svolte dal lavoratorein modo continuativo sono otto…

Su questo i notturnisti hanno pro-testato? Ad esempio ne hanno par-lato con le RSU in assemblea?Se ne è parlato, ma i sindacalizza-ti in azienda sono pochissimi, per-ché i lavoratori hanno paura dieventuali ritorsioni; e poi le pausesono in questo momento passatein secondo piano perché non ab-biamo neanche ottenuto l’equipa-razione al livello degli altri opera-

tori di call center; siamo, infatti, in-quadrati col terzo e non col quar-to livello del Ccnl delle telecomu-nicazioni. I lavoratori hanno fattovertenza e il tentativo di concilia-zione extragiudiziale è fallito per-ché l’azienda non si è presentatae così adesso si andrà in fase dicontenzioso giudiziario; passeran-no quattro anni circa e solo chiavrà fatto la vertenza vedrà rico-nosciuto il proprio diritto.

Altri lavoratori che fanno le stessecose in aziende competitrici hannolo stesso vostro trattamento?I lavoratori di call center dovreb-bero avere il quarto livello per ilCcnl delle telecomunicazioni [è lostesso Ccnl Telecomunicazioni che al-l’art. 23 della sezione 2, all’internodella classificazione professionale, ri-comprende gli operatori di call cen-ter/ customer care tra i lavoratori diquarto livello, n.d.r.] di fatto chi la-vora alla Wind, ex Blu, ha il quintolivello, i consulenti Blu erano giàstati assunti con il quarto livelloed il passaggio ad organico Windne ha giustificato l’avanzamento alquinto, ma trattasi di un’anomaliacontrattuale.Alla Vodafone hanno il quarto,così come alla Tim tranne che perqualche contratto residuale chealla Tim mantiene ancora il terzolivello; mentre per noi allaCos.med ,pur lavorando nelle co-municazioni ed in una esternaliz-zazione Wind [per il cliente si trat-ta sempre di Wind e l’operatore ri-sponde per quell’azienda, n.d.r.] siapplica in pratica una equiparazio-ne tra il quarto livello del con-tratto dei metalmeccanici ed ilterzo livello delle TLC.

Quali sindacati sono presenti inazienda?Ci sono tutti i confederali. La Uile la Cisl hanno il maggior numerodi RSU, ma è la Cisl ad avere ilmaggior numero di iscritti; a se-guire Cgil, Ugl, Cisal. Da qualchetempo si vocifera un prossimo in-gresso di RdB.

Torniamo all’organizzazione del la-voro? Come si dividono material-mente i compiti?Le prestazioni offerte da un callcenter, sia questo direttamentegestito dall’azienda titolare delservizio o affidato da quest’ulti-ma, a seguito di gara d’appalto, aduna società in outsourcing specia-lizzata nella gestione dello specifi-co servizio richiesto, presentanodiverse tipologie: si parte dalfront line in cui il consulente tele-fonico ha un rapporto direttocon il cliente - sta “in cuffia” - egestisce in questo modo proble-matiche di primo livello provve-dendo immediatamente a risolve-re la difficoltà del cliente, infor-mando lo stesso sulle promozio-ni attive o gestendo dei reclamiche provvede poi ad inviare ad ireparti competenti.Il consulente di back office, inve-ce, non ha rapporti diretti con laclientela ma provvede alla lavora-zione di tutto il cartaceo inviatovia fax in azienda dovendo garan-tire un numero di lavorazioni l’o-ra previste dall’azienda e control-labili dalla stessa a mezzo di unapposito sistema di registrazione.Ogni consulente possiede gene-ralmente diversi “skills” formativi

“Wind. Buongiorno, sonoMatilde, come possoesserle utile?”Tutor e flessibilità al servizio del cliente

F l e s s i b i l i t à

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COBAS - aprile 2004 F l e s s i b i l i t à 15

potendo in questo modo alterna-re l’attività di front line alle attivi-tà non in linea secondo le esigen-ze del momento; solitamente, du-rante le ore diurne e pomeridia-ne i reparti che gestiscono i di-versi tipi di lavorazioni sono bendistinti poiché, a causa dell’impo-nente numero di chiamate in arri-vo, è raro che consulenti di frontline effettuino lavorazioni in altriservizi, ma non raramente avvie-ne il contrario e dunque non è in-solito assistere, all’interno degliopen spaces a delle vere e pro-prie transumanze di operatoriche, lasciate le postazioni non inlinea, si avviano a prendere posto“in cuffia” (tecnicamente diciamologarsi) permettendo in tal modola gestione di un numero di chia-mate il più alto possibile.

E di notte cosa cambia?Durante le ore notturne la ge-stione del servizio si modifica te-nendo sempre presenti le esigen-ze aziendali:nella fattispecie all’ini-zio dell’orario di lavoro, tutti iconsulenti vengono “staffati infront line” a gestire le chiamate,ma nel corso delle ore, via via cheil numero di chiamate si riduce,agli stessi viene chiesto di passarein back office a gestire le lavora-zioni in cartaceo. Questa riduzio-ne di personale in linea avviene innumero proporzionale alle chia-mate in attesa per cui si arriva, nelcorso della notte, a chiedere aiconsulenti di restare tutti in backoffice ad effettuare lavorazioninon in linea salvo poi, all’arrivo diuna o più chiamate, chiedere aglistessi di passare in front line, ge-stire la chiamata, e ritornare inback office nel giro di pochi minu-ti, ciò per garantire un servizio as-solutamente privo di tempi morti.Tale metodo, chiamato ironica-mente dai consulenti “pronto - nonpronto” può provocare qualcheproblema nella continuità di lavo-ro poiché nel passaggio da unostatus ad un altro, in pochi secon-di, il consulente perde spesso l’ul-tima lavorazione in back officeche stava effettuando.

Insomma niente tempi morti e dis-ponibilità a seguire i tempi imposti,come degli schiavi ai remi su dellegalere?Praticamente sì, e soprattutto aldiurno le chiamate arrivano a di-stanza di frazioni di secondi l’unadall’altra, e la gestione standarddelle stesse è prevista in tre mi-nuti massimo, fatti salvi i reclamiper i quali è concesso al consu-lente di intrattenersi per un tem-po maggiore con il cliente. Allafine della chiamata l’operatore hapochissimi secondi di tempo perlasciare traccia dell’attività svolta(registrare il contatto e descrive-re le operazioni effettuate) e ri-mettersi in pronto per la chiama-ta successiva.Può capitare che il Tutor impongaa tutto il team di ridurre i tempi diconversazione, ad esempio chie-dendogli seduta stante di scende-re anche ad un minuto per riequi-librare le chiamate in coda.Del re-sto la Wind ci paga a chiamata e lapruduttività detta i ritmi.

Chi non è al fronte se la passa me-glio?Durante l’attività di back office, il

consulente deve garantire almeno25 lavorazioni per ogni ora, men-tre di notte non meno di 12;dopo avere chiuso ogni lavorazio-ne, deve registrare il numeroidentificativo della stessa su unapagina di un apposito programmainformatico personale, con pas-sword e matricola, che memoriz-za le lavorazioni e tutti i dati per-sonali di ogni singolo consulente.In questo modo il numero dellelavorazioni effettuate viene co-stantemente tenuto sotto con-trollo da un diretto superiore,presente in open space, detto tu-

tor o team leader.

Il Tutor di fatto controlla le presta-zioni individuali dei dipendenti?Può farlo, anche se la legge lo vie-ta ...

Si torna ad un controllo che somi-glia a comando padronale sulla ca-tena di montaggio della vecchiafabbrica fordista.Non proprio, anche se a volte ac-cade. Non tutti i Tutor esercitano

un controllo rigido sui singoli la-voratori e si limitano alla gestionedel team. Comunque il loro com-pito è tenere i tempi e migliorarela produttività. Certamente il la-voro non è affatto un lavoro ripo-sante né di giorno né di notte ...

Come se l’informatizzazione e lasua impostazione rigidamente se-quenziale avesse contaminato ilcosiddetto lavoro d’ufficio, tradizio-nalmente ritenuto leggero …Sì, al punto che molti LSU passatitemporaneamente al call centerin mobilità da altri enti, sono

scappati appena hanno potuto.

E il Tutor a cui accennavi che postooccupa nella gerarchia aziendale?L’organigramma aziendale risultaminuziosamente strutturato: al disotto del direttore generale e ditutta una serie di figure simili pergestione di potere ma diverse percompetenze, tralasciando le figu-re amministrative, sono presenti icoordinatori dei singoli servizi iquali si occupano di studi di fatti-

bilità, verifiche della customer sa-tisfaction, analisi dei dati ottenutirelativamente alle lavorazioni ef-fettuate e alle percentuali di fide-lizzazione dei clienti. Gli stessiinoltre interagiscono direttamen-te con il personale nelle proble-matiche di gestione straordinaria(concessione ferie, permessi stu-dio, permessi in entrata e\o inuscita etc.).Al di sotto della figura del coordi-natore del servizio vi è il tutor oteam leader il quale ha il rappor-to più immediato con l’operatoregestendo le problematiche di or-

dinaria amministrazione e assol-vendo funzione di filtro nei rap-porti tra il consulente ed il coor-dinatore del singolo servizio.Nella fattispecie ogni gruppo dilavoro ha una serie di tutor di ri-ferimento ai quali rivolgersi perqualsiasi tipo di richiesta. In capoad ogni gruppo il tutor controlla illavoro effettuato da ogni singoloconsulente e dunque il rispettodei tempi di conversazione, deitempi di pausa e del numero di la-

vorazioni effettuate per ogni ora;verifica il flusso di chiamate pre-senti in coda ed in base a taledato dispone lo staffaggio in frontline ed in back office; concedepermessi facendo seguito alle dis-posizioni del coordinatore delservizio; garantisce l’ordine e ve-rifica la corretta applicazione del-le direttive aziendali previste per iconsulenti all’interno dell’openspace (badge identificativo ben vi-sibile per ogni singolo consulente,cellulari spenti etc.).

Mi pare che si tratti di una cernie-ra tra il comando aziendale e i la-voratori, gli operatori; è così cheappare anche a voi?Spesso il tutor è un ex collegache è stato promosso ...

... che è passato dall’altra parte?A volte si ricordano cos’è stareotto ore in cuffia e magari sonodegli amici, anche se svolgono illoro compito professionalmente;altre volte lo dimenticano e inse-guono il successo nell’ottimizza-zione del servizio.

Pensi di continuare a fare questomestiere a lungo?Assolutamente no, secondo menon si può fare a lungo. Quandoci hanno selezionati ci hannochiesto una disponibilità alla tolle-ranza allo stress ed alla turnazio-ne. Oggi capisco perché. Questomestiere si fa per qualche anno,almeno nelle intenzioni, con qual-che eccezione, se nel frattempohai messo su famiglia o ti sei fattoun mutuo.

La tua opinione è comune?Sì, quasi tutti quelli che conoscoio pensano a trovare di meglio.Per uno che se ne va cento cer-cano di entrare in azienda. La no-stra è la più grossa azienda priva-ta palermitana degli ultimi anni, al-meno quella che ha assunto dipiù, con 1500 dipendenti circa al-l’attivo.

Quali sono i profili, titolo di studio,esperienze lavorative, dei tuoi colle-ghi? È così che vi chiamiate?Ci chiamiamo colleghi. Siamo perlo più laureati, avvocati, ingegneri,architetti, biologi, ecc. Livello diistruzione alto, e tentativi di inse-rimento lavorativo nel propriocampo mancati.

La carriera in azienda qual è?Dal part time si passa al full time,e se sei bravo diventi senior, che èl’aiutante del tutor, e poi tutor. E lìti fermi perché i coordinatori, ilvertice dell’azienda a livello terri-toriale, sono pochissimi.

Mi dai un’idea dei salari che per-cepite?Il part time diurno non arriva a500 euro al mese; si va da 500 a600 euro al mese, per il part timenotturno, grazie alle maggiorazio-ni previste. I full time prendonotra 800 e 900 euro al mese; conlo straordinario si può arrivareanche a 1100. Il Tutor non arriva a1000 euro e non può fare lostraordinario.

E allora perché lo fa?Perché non sta in cuffia e può fare“carriera”.

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16 COBAS - aprile 2004S e d i

PIEMONTE ALBA (CN) [email protected] 778592 - 338 5974841CUNEOvia Cavour, 5Tel. 329 [email protected] S. Bernardino, 4011 334345 - 347 [email protected]://www.cobascuolatorino.it

LIGURIAGENOVAvico dell’Agnello, 2010 252549 - [email protected]://www.cobasliguria.orgLA SPEZIA0187 [email protected] - [email protected] 3221044 [email protected]

LOMBARDIABERGAMO333 2652747BRESCIAvia Sostegno, 8/c030 2452080 - [email protected] Fanfulla, 22 - 0371 411202MANTOVA0386 61922MILANOviale Monza, 1600227080806 -0225707142 - 3472509792mail@cobas-scuola-milano.orgwww.cobas-scuola-milano.orgVARESEvia De Cristoforis, 50332 239695 - [email protected]

VENETOLEGNAGO (VR)0442 25541 - [email protected]/o Ass. Difesa Lavoratori,via Cavallotti, 2tel. 049 692171 - fax 049 [email protected] 2763 - [email protected]@libero.itVENEZIAvia Cà Rossa, 4 - Mestretel. 041 719460 - fax 041 [email protected] 8905105VICENZA347 64680721 - [email protected]

TRENTINO ALTO ADIGETRENTO0461 824493 - fax 0461 [email protected]

FRIULI VENEZIA GIULIAPORDENONE340 [email protected] 309909 - [email protected]

EMILIA ROMAGNABOLOGNAvia San Carlo, 42051 241336 - [email protected]/iperbole/cespbo

FERRARAvia Muzzina, [email protected]Ì - CESENA0543 [email protected]://digilander.libero.it/cobasfcIMOLA (BO)via Selice, 13/a0542 28285 - [email protected] [email protected] 357186 - [email protected] 5185694RAVENNAvia Sant'Agata, 17 - 0544 [email protected] EMILIA333 7952515RIMINI0541 967791 - [email protected]

TOSCANAAREZZO0575 904440 – 329 [email protected] dei Pilastri, 41/R055 241659 – fax 055 [email protected] 493668 - [email protected]@gol.grosseto.itLIVORNOvia Pieroni, 270586 886868 - [email protected] della Formica, 1940583 56625 - [email protected] CARRARA0585 786334 - [email protected] S. Lorenzo, 38050 563083 - [email protected] Bellaria 400573 994608 - fax [email protected]/Athens/Parthenon/8227PONTEDERA (PI)via Sacco e Vanzetti 9/d0587 59308 - 0587 [email protected] dell'Aiale, 200574 635380 - [email protected] [email protected] (LU)via Regia, 68 (c/o Arci)0584 46385 - 0584 [email protected] 913434 - [email protected]

UMBRIACITTÁ DI CASTELLO (PG)075 856487 - 333 [email protected] del Lavoro, 29075 5057404 - [email protected] de Filis, 70744 421708 - 328 [email protected]

MARCHEANCONAvia Piave, 49/c071 2072842 - [email protected]

ASCOLIvia Montello, 330736 252767 - [email protected] (AP)0734 228904 - [email protected] (AN)339 3243646MACERATAvia Bartolini, 780733 32689 - [email protected]://cobasmc.altervista.org/index.html

LAZIOANAGNI (FR)0775 726882ARICCIA (RM)via Indipendenza, 23/2506 [email protected] (RM)via Oberdan, 906 [email protected] (FR)347 5725539CECCANO (FR)0775 603811CIVITAVECCHIA (RM)via Buonarroti, 1880766 35935 - [email protected] (RM)largo Magellano, 506 97236933 - [email protected] (LT)via Marziale0771/269571 - [email protected] (FR)0775 441695FROSINONEvia Cesare Battisti, 230775 859287 - 368 [email protected]/cobasfrosinoneLATINAcorso della Repubblica, 265328 9472061 - [email protected] (RM)06 9056048NETTUNO - ANZIO (RM)347 9421408 - [email protected] (RM)via M.V. Agrippa, 7/h06 5690475 - 339 1824184PONTECORVO (FR)0776 760106RIETI0746 274778 - [email protected] Manzoni 5506 70452452 - fax 06 [email protected]://www.cobas.roma.it/SORA (FR)0776 824393TIVOLI (RM)0774 380030 - 338 4663209VITERBOvia delle Piagge 140761 340441 – 328 [email protected]

ABRUZZOCHIETI339 5856681L’AQUILAvia S. Franco d’Assergi, 7/A0862 62888 - [email protected] Tasso, 85085 [email protected]://web.tiscali.it/cobasabruzzoTERAMO0881 411348 - 0861 246018

MOLISECAMPOBASSO0874 716968 - 0874 [email protected]

CAMPANIAAVELLINO333 2236811 - [email protected] 322303 - [email protected] Quercia, 22081 [email protected]@tightrope.ithttp://www.cobasnapoli.orgSALERNOcorso Garibaldi, 195089 223300 - [email protected]

BASILICATALAGONEGRO (PZ)0973 40175POTENZApiazza Crispi, 10971 23715 - [email protected] IN VULTURE (PZ)via F.lli Rosselli, 9/a0972 723917 - [email protected]

PUGLIABARIc/o Spazio Anarres - via de Nittis, [email protected] 4446835 - [email protected] 616412 - [email protected]@libero.itLECCEvia Raffaello Sanzio, 56 - Castromediano0832 343693 - 0832 [email protected] (FG)via Curiel, 60881 521695 - [email protected] (BA)piazza Paradiso, 8340 2206453 - [email protected]://web.tiscali.it/cobasmolfetta/TARANTOvia Regina Elena, 1099 4535850 - [email protected]@libero.ithttp://www.cobastaras.supereva.it

CALABRIACASTROVILLARI (CS)0981 26340 – 0981 26367CATANZARO0968 662224COSENZAvia del Tembien, 190984 791662 - [email protected]@tiscali.itCROTONE0962 964056 [email protected] CALABRIAvia Reggio Campi, 2° t.co, 1210965 [email protected] VALENTIApiazza del Lavoro, 90963 [email protected]

SARDEGNACAGLIARIvia Donizetti, 52070 485378070 [email protected]://www.cobasscuolacagliari.it

NUOROvico M. D’Azeglio, 10784 [email protected] D. Contini, 630783 71607 - [email protected] Marogna, 26079 [email protected]

SICILIAAGRIGENTOvia Piersanti Mattarella, 60922 525607 - [email protected] (PA)via Gigante, 21091 909332 - [email protected] Re d’Italia, 140934 21085 - [email protected]://www.caltaweb.it/cobasCATANIAvia Vecchia Ognina, 42095 536409 - [email protected] 29936 - [email protected] (CL)via Sen. Damaggio, 117340 8078079 - 368 [email protected] V. D’Amore, 11090 [email protected] (RG)349 6540144 - [email protected] (PA)via Sapienza, [email protected] PALERMOpiazza Unità d’Italia, 11091 349192 - 091 [email protected] - [email protected] (AG)[email protected] - [email protected]

La possibilità per i Cobas dimantenere e ampliare glispazi di agibilità sindacale èlegata anche alle iscrizioni.Chi vuole aderire ai Cobaso avere informazioni puòrivolgersi alla sede piùvicina

GIORNALE DEI COMITATI DIBASE DELLA SCUOLAviale Manzoni, 55 - 00185 Roma06 70452452 - 06 [email protected]://www.cobas-scuola.org

Autorizzazione Tribunale di Viterbon° 463 del 30.12.1998

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