+ All Categories
Home > Documents > LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500...

LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500...

Date post: 21-May-2020
Category:
Upload: others
View: 0 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
16
INCONTRO - LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA - Anno XXX n. 3-4 2017 Milano - Pubblicazione bimestrale Sped. in abbonamento postale art. 1, comma1, del DL n.353/2003 convertito in L. n. 46/2004, DCB di Milano. In caso di mancato recapito si restituisca al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa. Contiene I.P. INCONTRO LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA VIRTUALE È REALE Promuovere una cultura della rete “non ostile” ENTE FONDATORE DELL’UNIVERSITA` CATTOLICA DEL SACRO CUORE ISTITUTO TONIOLO www.istitutotoniolo.it CONCORSO PER LE SCUOLE STORIE PER PAROLE OSTILI www.storieperparoleostili.it
Transcript
Page 1: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

INCO

NTRO

- LA RIVISTA DEG

LI AMICI D

ELL’U

NIVERS

ITÀCATTOL

ICA - A

nno XX

X n. 3-4 2017 Milano - Pubblicazione bimestrale

Sped. in abbonamento postale art. 1, com

ma1, del DL

n.353/2003 convertito in L. n. 46/2004, D

CB di M

ilano.

In caso di mancato recapito si restituisca al mittente che si im

pegna a pagare la relativa

tassa. Contiene I.P.

INCONTROLA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA

VIRTUALE È REALEPromuovere una cultura

della rete “non ostile”

ENTE FONDATORE DELL’UNIVERSITA CATTOLICA DEL SACRO CUORE

ISTITUTO TONIOLO

www.istitutotoniolo.it

CONCORSO PER LE SCUOLE

STORIE PER PAROLE OSTILIwww.storieperparoleostili.it

Page 2: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

2 OTTOBRE 2017 Incontro

INDICE

l web appartiene ormai all’abituale modo d’esseredelle nuove generazioni. La tecnologia e i social co-stituiscono una realtà che mentre offre importanti op-portunità, contribuisce a rendere più profonda la di-stanza tra le generazioni. Nativi digitali vengono de-finiti i giovani del nuovo millennio; digitali per ap-prendimento gli adulti. Spiazzati da questa nuova re-altà, gli adulti hanno finito con il sottovalutarne le ri-sorse e i rischi: si sono abituati a pensare i social e larete come uno dei tanti strumenti messi a disposizionedalla tecnologia. Non si sono resi conto che si trattadi uno strumento particolare, che cambia profonda-mente il modo di comunicare, di informarsi, di starein relazione, di apprendere. L’atteggiamento degli adulti verso il web, e partico-larmente verso i social, oscilla tra l’accettazione acri-tica e la demonizzazione. In ogni caso però, i figlidegli uni e degli altri fin dalla scuola primaria hannotra mano cellulari, iPad, computer potenti. Di tale po-tenza gli adulti sono spesso inconsapevoli, i più giovani,pur inconsapevoli, la sanno utilizzare con disinvolturae autonomia. È uno degli elementi del divario tra legenerazioni, tra i più subdoli e preoccupanti.È la scuola il luogo dove questo divario può essereassunto, trasformando l’uso consapevole e correttodei media in obiettivo educativo fin dai primi annidella scuola primaria. Il progresso non può esserefermato. La rete non scomparirà dalla nostra cultura;solo un uso consapevole e libero di essa potrà renderlaun’opportunità e potrà rendere cauti nei confronti deipotenziali rischi che essa comporta. La scuola è illuogo dove si apprende l’uso dei linguaggi: la linguascritta, parlata, letta; anche quello digitale è un lin-guaggio che occorre educarsi ad utilizzare orientandola potenza che esso ha per accrescere le informazioni,moltiplicare le relazioni, semplificare la comunica-zione. Ma a questo occorre educarsi; occorre impa-rarlo, come ogni altro linguaggio.L’iniziativa di Parole Ostili, nata anche sulla solleci-tazione di episodi che hanno dato evidenza ai rischidei social, è una preziosa iniziativa per avviare un’al-fabetizzazione delle nuove generazioni all’utilizzo diuno strumento che domanda intelligenza e disciplina.

PER UN USO CONSAPEVOLE E LIBERO DELLA RETE

EDITORIALE

IPaola Bignardi

DIRETTORE RESPONSABILEErnesto Preziosi

REDAZIONESilvia BonziLucia FeliciSilvia PiaggiJean Pierre PoluzziVito PongoliniFederica Vernò

SEDE REDAZIONALEIstituto Toniolo Pubbliche RelazioniLargo Gemelli 1 – 20123 MilanoTel. (02) 7234.2816 Fax (02) 7234.2827e-mail [email protected]

Foto di copertinaSartori, IIS G. GalileiR. Luxemburg, Milano

GRAFICAStudio Migual

STAMPALitostampa Istituto Grafico s.r.l.Bergamo

Registrazione del Tribunale di Milanon. 348 del 13 maggio 1988

La quota associativaè pari a 10 euro, di cui solamente ai finipostali 1 Euro per quota abbonamento allarivista. I contributi destinati a sostenere l’attivitàdell’Ente possono essere versati sul c.c.p.n. 713206 intestato a: Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori– INCONTRO

Associato all’Unione Stampa Perio-dica Italiana

Proposte per le scuoleVirtuale è reale: il peso delle parole

Università CattolicaScuola e lavoroAndata e ritorno

Istituto TonioloGeneratività del dono: le borse in memoria

Rapporto GiovaniGenerazione Z:

una generazione di sfide e risorse

13 14

8

3/5

Page 3: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

3OTTOBRE 2017 Incontro

PROPOSTE PER LE SCUOLE

l tempo di Internet e deisocial le parole si amplifi-cano anche attraverso twe-et, post, status e le parolesono importanti: possonocommuovere e dare fidu-

cia, ma possono ferire e offendere. Per ri-definire lo stile con cui stare in rete, com-battendo le pratiche e i linguaggi negativi,è nato il progetto Parole O_stili che, in po-chi mesi, è diventato un movimento virale,si è trasformato in una community e in unManifesto della comunicazione non ostiledi 10 principi, arrivando in tutte le scuole enon solo.Dopo circa un anno Parole O_stili ha giàfatto un percorso importante: il Manifestoè stato tradotto in nove lingue ed è diventatoun video. Dopo un primo momento di con-fronto nello scorso mese di febbraio a Trie-ste, con una platea di oltre 500 giornalisti,manager, politici, docenti, comunicatori einfluencer, si è tenuto un grande evento amaggio contemporaneamente in quattro cit-

tà a cui hanno partecipato, in diretta o incollegamento streaming, 30.000 studentidi tutta Italia. Un nuovo importante passoè stato l’accordo siglato il 14 settembre nelcorso della terza edizione de “Il Cortile diFrancesco”, ad Assisi. L’ATS Parole Ostili– formata dall’Associazione Parole O_stili,l’Università Cattolica del Sacro Cuore el’Istituto Toniolo – e il MIUR si sono im-

pegnati pubblicamente a promuovere unacultura della rete “non ostile” nelle scuoleattraverso diverse iniziative per i docenti egli studenti. Per inaugurare il nuovo annoscolastico, durante un evento che si è svoltoil 18 settembre a Taranto, il presidente dellaRepubblica ha consegnato a oltre 500 stu-denti il Manifesto della comunicazione nonostile.

AVirtuale è reale: il peso delle parole

Emilia BianchiInsegnante nella scuola primaria di Cernobbio Capoluogo

A seguito della mia frequenza a un corso diaggiornamento sulla flipped class (insegna-mento capolvolto) mi fu proposta la crea-zione di una classe virtuale sulla piattaformaEdmodo. Vista la giovane età dei miei alunni(quinta elementare), si rese necessario trovaredelle regole condivise con i genitori per co-municare attraverso gli strumenti tecnologici.Pertanto, appena conosciuto il Manifesto del-la comunicazione non ostile su Facebook,decisi di adattarlo alla giovane età degli stu-denti.Prima ho preparato un piccolo dépliant dadare a ciascun bambino. Lo abbiamo quindi

letto in classe e insieme abbiamo ragionatosu ciascuno dei dieci principi. Sono rimasticolpiti da tutti dieci i punti. Forse quello piùsignificativo, sul quale io stessa spesso mifermo a pensare, è il primo: VIRTUALE èREALE. Nessuno deve poter permettersi discrivere su un social network (quasi tutti han-no già cellulare e Whatsapp) qualche cosa

che poi non saprebbe ripetere a quattrocchi.Il lavoro sulla comunicazione e sulle sue re-gole va avanti dall’inizio della classe prima.Durante il prossimo anno, la classe virtualesarà uno dei nostri strumenti di lavoro per-tanto si sperimenteranno sul campo, ognigiorno, i 10 principi dell’ormai “nostro” Ma-nifesto della comunicazione non ostile.

PAROLE OSTILI ENTRA IN CLASSE

Da sinistra, Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; Valeria Fedeli, ministra dell’Istruzione; Rosy Russo, ideatrice di “Parole Ostili”

Page 4: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

4 OTTOBRE 2017 Incontro

PROPOSTE PER LE SCUOLE

bbiamo intervistato RosyRusso, ideatrice del proget-to, per farci raccontare qualisono i prossimi obiettivi.

Il Manifesto della comu-nicazione non ostile in rete è diventatovirale, catturando l’attenzione di unpubblico trasversale, ha conquistato ilweb, ma anche la stampa, sbarcandoaddirittura su Topolino: qual è il segretodella sua forza?

Il Manifesto è stato scritto da tutti ed è pertutti, questa è la sua forza. Il processo dicreazione collettiva ha permesso di dareforma a un decalogo che rispecchiasse lavita digitale di tutti noi, ha soddisfatto quel-l’esigenza condivisa di migliorare l’am-biente digitale (e non solo) in cui viviamo.

La scuola italiana è pronta per la sfidadigitale? A quali condizioni? Il Miursembra aver sposato in pieno la causadel progetto…

Non da professionista, ma da mamma diquattro figli, posso dire che la scuola nonpuò permettersi di restare indietro su temicosì importanti e decisivi per lo sviluppodella cittadinanza digitale delle nuove ge-nerazioni. È il luogo giusto per riempirequella “cassetta degli attrezzi” che serviràai ragazzi per affrontare una vita personalee professionale che avrà sempre più unlegame indissolubile con gli strumenti e iservizi del digitale, perché come dice ilprimo principio del Manifesto: “Virtualeè reale”. In questi ultimi mesi il MIUR haespresso in diversi modi l’intenzione diinvestire nell’arricchimento delle cono-scenze del digitale degli studenti italiani.Quindi, bene e avanti così.

Il video di Parole Ostili con protagonistii piccoli dinosauri ha già ottenuto quasi100.000 visualizzazioni. Perché?Sì, il post di lancio del video sulla nostra

A

Un manifesto scritto da tutti e per tutti

Il Cruciverbadelle parole non ostili

Prova a risolvere il cruciverba dopo aver lettoattentamente il Manifesto della comunicazione non ostile.

2

8

3

5

10

9

7

4

1

6

Definizioni:

Bisogna ascoltare prima di farloNon lo è chi sostiene opinioniche non condividoPuò farlo anche il silenzioPossono esserlo le paroleNon lo è la comunicazionedi questo manifestoÈ anche realeServe per esprimersi al meglio

Verticali:1.2.

3.4.5.

6.9.

Raccontano la persona che sonoNon sono argomentiÈ una responsabilitàPossono averle le parole

Orizzontali:1.7.8.10.

a cura di Silvia Piaggi

Page 5: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

La scuola non puòrestare indietro su questi temi

5OTTOBRE 2017 Incontro

pagina Facebook (facebook.com/paroleo-stili) è stato visto da tantissime persone equesto non ce l’aspettavamo. Insieme aldirettore creativo, Paolo Iabichino (ndruno dei pubblicitari più importanti in Ita-lia) e all’agenzia Tiwi abbiamo deciso diutilizzare la chiave ironica e scelto i di-nosauri perché rappresentano esseri vi-venti che hanno abitato il nostro pianetama che si sono estinti. La stessa speranzache nutriamo per tutti quegli hater cheabitano l’online e l’offline, che prima opoi sappiamo scompariranno. Si può notare nel video che ogni diversaspecie di dinosauro rappresenta una delletante sfaccettature degli “odiatori seriali”:c’è quello che abbocca alle bufale, quelloche insulta tutti senza ascoltare, quelloche fa il gradasso nascondendosi dietrouno schermo e il tutto accompagnato dauna divertentissima canzone che li prendein giro.

Come vedi il futuro del Manifesto? Incantiere ci sono diversi progetti e qual-che sogno nel cassetto…I progetti sono tanti, così come i sogni.Stiamo lavorando per dare al Manifestoogni possibilità di diffusione, affinché ven-ga compreso, digerito e applicato nella quo-tidianità. Un lavoro difficile, ma soddisfa-cente e che ci impegna su diversi fronti.Come avevo anticipato, abbiamo firmatouna convenzione con il MIUR per avviareun percorso di formazione con gli anima-tori digitali, che avrà il suo momento to-pico a febbraio con una grande conven-tion. Inoltre, grazie alla creazione di unaATS (Associazione temporanea di scopo)

con l’Università Cattolica e l’Istituto To-niolo, verrà organizzato un “Indice di Pa-role Ostili”, una sorta di “termometro”delle ostilità in rete e non solo. Poi, ovviamente, ci sono gli innumerevoliappuntamenti in giro per l’Italia dove rac-contiamo il Manifesto e il progetto, le nu-merose collaborazioni con associazioni,semplici insegnanti o grandi brand (vediCoca-Cola e Mondadori).

L’Associazione Parole Ostili, UniversitàCattolica e l’Istituto Toniolo: insiemeverso quali obiettivi?L’obiettivo è quello di creare degli stru-menti di conoscenza utili a ridurre leostilità nel linguaggio. C’è una frase diMassimo Gramellini che mi piace moltoe che può spiegare al meglio il signifi-cato di questa partnership ed è: “Fai beisogni. Anzi, fateli insieme. Insieme val-gono di più”.

PROPOSTE PER LE SCUOLE

Le nuove generazioni oggi vivono la lorovita tra offline e online e i social sono di-ventati luoghi virtuali dove si incontranopersone reali. Lo smartphone per i natividigitali è lo strumento privilegiato per co-municare propri stati d’animo (69,2%),esprimere apertamente il proprio puntodi vista sulle questioni più controversedell’attualità (71,3%), confrontarsi conlinguaggio schietto e diretto (70,1%). Ma qual è il comportamento dei ragazziquando sono online? Con chi condivido-no e come vivono lo spazio virtuale? Qua-le stile usano? Per aiutarli a promuovere l’utilizzo di lin-guaggi non ostili in rete è nato il Manifestodella comunicazione non ostile. Que-st’anno il concorso per gli studenti vuolepartire proprio da qui. Se sei un insegnan-te, dopo aver letto e commentato il Ma-nifesto con i tuoi alunni, proponi loro ilconcorso.

COLLEGATI AL SITOwww.storieperparoleostili.it

essere presente anche nella tua esperienza.Il formato massimo consentito è A3 (cm42x29,7), si sconsiglia di usare la carta dafotocopie ma di preferire fogli di disegnoda album ornato. Sul retro del lavoro, ri-cordati di scrivere una didascalia citando ilprincipio a cui la tua opera fa riferimento.

PER GLI STUDENTI DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO E SECONDO GRADODopo aver letto il Manifesto della comu-nicazione non ostile, scrivi un raccontoispirato a uno dei 10 principi. Magari ispi-rato a un fatto personale, di cronaca o dipura fantasia. Il racconto deve comporsidi circa 3000 battute (spazi inclusi). Op-pure gira un video (anche con lo smar-tphone) di una durata di 120 secondi cir-ca. Scatenate la creatività e la fantasia!

SCARICA IL REGOLAMENTO E I MATERIALI DI PREPARAZIONEIn particolare per gli insegnanti verranno rea-lizzati alcuni progetti di formazione. Se sei interessato a saperne di più, scrivi a:[email protected]

PER GLI STUDENTI DELLA SCUOLA PRIMARIA ( a partire dalla classe terza)Dopo aver letto il Manifesto della comunica-zione non ostile, rappresenta, con matite, pa-stelli, pennelli, collage o altre tecniche espres-sive bidimensionali, uno dei principi che può

PARTECIPA AL CONCORSO

Per i vincitori tablet,smartphone o altromateriale tecnologico

Page 6: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

6 OTTOBRE 2017 Incontro

el corso degli ultimi anni lamassiccia diffusione di In-ternet e il progressivo svi-luppo delle tecnologie di co-municazione hanno portatoa notevoli cambiamenti nel

modo in cui gli adolescenti comunicanoe interagiscono tra loro, garantendo lapossibilità di tenersi costantemente incontatto. Una nuova forma comunicativa che hariscosso interesse a livello pubblico e so-ciale è il sexting, termine inglese che uni-sce le parole sex (sesso) e texting (mes-saggi di testo) e che fa riferimento alloscambio elettronico (inviare, ricevere epostare) di messaggi (sms/mms/video)contenenti testi, video o immagini ses-sualmente esplicite. Duplice è la lettura che si può dare delsexting. Per alcuni esperti costituisce unamodalità di comunicazione consensualedei giovani partner sentimentali e raffi-gura un nuovo modo di entrare in contattoed esplorare la propria sessualità. Altriautori, al contrario, si concentrano sui ri-schi connessi a tale attività, mettendo inluce come gli adolescenti non siano inrealtà consapevoli delle conseguenze cheil sexting può comportare.L’Indagine conoscitiva sulla condizionedell’infanzia e dell’adolescenza in Italia(2012) realizzata da Telefono Azzurro edEurispes su un campione di 1523 adole-scenti italiani tra i 12 ed i 18 anni forniscealcuni dati rispetto alla diffusione nel con-testo italiano. Il 26% dei ragazzi ha af-fermato di aver ricevuto un sext, a frontedel 18,8% delle coetanee. I contenuti ven-gono inviati da amici (38,6%), dal propriopartner (27,1%), da estranei (22,7%) e daconoscenti (9,9%).

Il sexting : un fenomeno da monitorare

N

considera l’invio di un sext. Se tre quartidegli intervistati ritengono che sia sempresbagliato inviare immagini o video ses-sualmente espliciti, un quarto degli ado-lescenti ritiene sia legittimo inviare le pro-prie foto, ma non quelle altrui.Questi dati evidenziano la necessità chegenitori e insegnanti sostengano gli ado-lescenti nel delicato percorso di crescita,creando opportunità per confrontarsi aper-tamente su queste tematiche e promuo-vendo nella scuola percorsi sull’affettivitàe di digital education per educare a unuso responsabile delle nuove tecnologie.Ascoltando e facendo riflettere i ragazzisul fatto che gli smartphone consentonodi condividere contenuti con molte per-sone contemporaneamente (invii multipli,pubblicazione sui social network e diffu-sione online), si favorisce la consapevo-lezza che una volta inviato un sext non sipuò avere più alcun controllo su quest’ul-timo e che il materiale pubblicato su In-ternet può rimanere disponibile online permolto tempo.

Più recentemente, il gruppo di ricerca co-ordinato dalla prof.ssa Confalonieri del-l’Università Cattolica di Milano ha som-ministrato a 479 studenti di scuola secon-daria di secondo grado (15-19 anni) unquestionario per indagare tale fenomeno.Il 45% dei partecipanti ha dichiarato diaver ricevuto una foto o un video sexy diqualcuno in cui questa persona era com-pletamente o parzialmente nuda, mentrela percentuale scende al 20% quando si

E. Confalonieri, M. G. Olivari, G. Cucì, S. CaravitaDipartimento di Psicologia, Cridee,Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Milano)

Per 1 adolescente su 4 è legittimo

inviare le proprie foto

RAGAZZI E NUOVE TECNOLOGIE

Torra

co-M

arra

zzo,

IIS

G. G

alilei

- R.

Lux

embu

rg, M

ilano

Page 7: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

7OTTOBRE 2017 Incontro

er la maggior parte dei bam-bini il primo cellulare è or-mai uno smartphone: rega-lato alla fine della quinta ele-mentare, oppure in occasio-ne della prima Comunione,

di compleanni e Natale. Sta di fatto chel’età del primo cellulare è sempre più bas-sa. Per i genitori lo smartphone è fontesia di sicurezza che di preoccupazioni. Daun lato, il cellulare/smartphone garantiscela possibilità di poter rintracciare i proprifigli in ogni momento, e di poter essererintracciati sempre in caso di bisogno. Unasorta di ‘guinzaglio elettronico’, come lohanno definito gli studiosi di comunica-zione mobile già a fine anni Novanta. Ma lo smartphone aggiunge connettività,e quindi complessità, al telefono cellulare.Alla sicurezza del ‘contatto perpetuo’ fragenitori e figli, si accompagna la preoc-cupazione per i rischi che l’accesso a In-ternet da dispositivi mobili pone. I geni-tori si preoccupano soprattutto perchébambini e ragazzi passano ore ‘incollati’allo schermo a giocare o mandare mes-saggi. In effetti, molti bambini e ragazzisperimentano una sorta di dipendenzaemotiva, non tanto dal cellulare, quantoda ciò che lo smartphone veicola: rela-zioni e contenuti.

La metà dei ragazzi italiani di 9-16 anni(52%) - intervistati nel 2014 nell’ambitodel progetto europeo Net Children GoMobile (www.netchildrengomobile.eu) -riferisce di aver provato “molto spesso” o“abbastanza spesso” una forma di uso ec-cessivo dello smartphone. Più nello spe-

Connessi sempre primaBambini al guinzaglio elettronico

P

Il secondo rischio più frequente è rappre-sentato dall’aggressività online, che simanifesta sia come presenza di contenutiche incitano all’odio e alla discrimina-zione (il 20% dei ragazzi di 9-16 anni in-tervistati nel 2014) sia come cyberbulli-smo. Bullismo e cyberbullismo sono increscita soprattutto fra i bambini di 9-10anni, il 20% dei quali ha dichiarato diaver subito atti di bullismo offline e/o on-line. Con lo smartphone, inoltre, il cy-berbullismo si trasforma: il bullo non èpiù sempre e necessariamente anonimo.Anzi, su Whatsapp il bullo è il compagnoo la compagna di scuola che offende eprende di mira il più debole nel gruppodella classe, o che esclude la vittima dacerti gruppi. Infine, ci sono rischi commerciali e di pri-vacy legati all’uso delle app: per i più pic-coli si tratta soprattutto del rischio di in-correre in acquisti ‘in-app’; per tutti, il ri-schio di Termini e Condizioni poco tra-sparenti e di profilazione – spesso le appgratuite raccolgono i nostri dati anche dal-le altre app che abbiamo scaricato e licondividono con terze parti senza dichia-rarlo esplicitamente.Questi due esempi dimostrano, ancorauna volta, come quando si parla di alfa-betizzazione digitale ci si riferisca nonsolo e non tanto a competenze tecnologi-che, quanto a competenze di tipo socialee comunicativo, come il rispetto per l’al-tro e la consapevolezza che ogni parola eazione online ha delle conseguenze anchenella vita offline. Ecco perché educazionee dialogo sono la miglior risposta: parlarecon i bambini e gli adolescenti di quelloche fanno sul cellulare, delle app che sca-ricano, di come e con chi comunicano,ecc. Secondo gli esperti bisogna anchedare poche regole, ma chiare: ad esempiovietare l’uso del cellulare a tavola e abi-tuare i ragazzi a tenere il cellulare inun’altra stanza di notte. Regole che, a benvedere, dovremmo adottare anche noiadulti.

cifico, la metà confessa di sentire un fortebisogno di controllare il telefono per ve-dere se ci sono nuovi messaggi; quattroragazzi su dieci dicono di sentirsi a disagioquando non possono controllare il telefo-no, o di usare il telefono anche dove equando non si può, ad esempio a scuola.Se è più forte fra gli adolescenti (il 56%dei ragazzi di 15-16 anni si dichiara di-pendente), la ‘dipendenza’ interessa co-munque un terzo dei bambini di 9-10 anni.

Giovanna MascheroniRicercatrice in Sociologia della comunicazione, Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Milano), Coordinatrice di Net Children Go Mobile e membro del ManagementTeam di EU Kids Online

Più del 50%fa uso eccessivodello smartphone

RAGAZZI E NUOVE TECNOLOGIE

Page 8: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

8 OTTOBRE 2017 Incontro

in corso di rifinitura il volu-me Generazione Z che usciràil prossimo gennaio per lacasa editrice Vita e Pensieroe che raccoglie i risultati diuna ricerca iniziata a ottobre2016 che ha coinvolto circa6000 adolescenti italiani.

Perché una ricerca sugli adolescenti?In base all’esperienza maturata grazieal lavoro del Rapporto Giovani, che in-daga una serie di aspetti del mondo gio-vanile compreso nella fascia di età 18-29 anni, si è deciso di estendere la ri-cerca anche alla fase del ciclo di vitaimmediatamente precedente: l’adole-scenza. È evidente infatti come alcuniprocessi di sviluppo il cui esito è visi-bile proprio nei giovani inizino ad es-sere fertili in adolescenza. Ecco quindi

e di rischio, ma di considerare l’adole-scenza come una fase del ciclo di vitaricca di risorse, potenzialità ed energia.

Un approccio positivo della ricercaIn questo approccio si considerano centralialcune aree di indagine che corrispondonoad altrettante risorse e capacità e che ven-gono definite “5 C”, ovvero:- Competence (Competenza), che indagaquanto gli adolescenti si sentono com-petenti in molteplici sfere di vita, e com-prende abilità sociali, cognitive, scola-stiche, ecc.;

- Confidence (Fiducia), ovvero quanto gliadolescenti sentono di avere un atteg-giamento positivo nei confronti di sestessi e di riuscire a far fronte alle situa-zioni che la vita offre loro;

- Connection (Connessione), che si inter-roga sulla qualità delle relazioni che gliadolescenti sentono di aver instauratocon le famiglia, i coetanei, la scuola e lacomunità;

- Character (Rispetto e Responsabilità),cioè quanto gli adolescenti sentono diessere in grado di rispettare norme e va-lori sociali e culturali;

- Caring and Compassion (Cura e com-passione), che indaga quanto gli adole-scenti sono in grado di comprendere e as-sumere la prospettiva delle altre persone.

Secondo questo approccio, tali risorse nonpossono essere considerate avulse dal con-testo di riferimento: esso infatti può sup-portare, guidare e incoraggiare la realiz-zazione delle risorse stesse o al contrariotrascurarle o inibirle. E gli adolescenti ita-

liani, quali risorse sen-tono di possedere? I ri-sultati della rilevazione2016-2017 consentonodi guardare al mondodegli adolescenti confiducia e speranza. Gliadolescenti sentono di

avere grandi capacità e risorse, ottenendomedie decisamente elevate per tutte le di-mensioni indagate. Ma è il Caring la ri-sorsa in cui gli adolescenti si sentono piùcompetenti: la capacità di dispiacersi nelvedere le persone soffrire, che nel mondoaccadono cose brutte, che esistano ingiu-stizie e solitudine. Proprio quelle caratte-ristiche che il mondo adulto spesso faticaa vedere in loro…

la necessità di esplorare anche questa fasedel ciclo di vita. Qual è l’elemento inno-vativo di questa ricerca? Non è un mi-stero il fatto che spesso il mondo adultoguardi ai giovani ed in particolare agliadolescenti con una certa sfiducia: glieclatanti fatti di cronaca spesso ci riman-dano l’immagine di adolescenti centratisui propri bisogni, su passioni effimere espesso crudeli, disinteressati rispetto aciò che li circonda. Troppo spesso il mon-do adulto considera gli adolescenti solorispetto ai lati più critici e problematici enon guarda loro come ad una realtà fattadi potenzialità, interessi, relazioni, valori.Ma questo sguardo degli adulti sui gio-vani non è certo privo di conseguenze:esso infatti innesca una spirale tutt’altroche virtuosa, che si concretizza nella de-lusione delle aspetta-tive dei ragazzi neiconfronti del mondoadulto, guardato comeincapace di dare realiopportunità di crescitae di esser terreno fer-tile per processi di svi-luppo che generino benessere e realizza-zione personale. Come spezzare questacatena? Di certo la risposta non può na-scere “solo” da una ricerca, ma in quantoricercatori cerchiamo di offrire un con-tributo in questo senso. Da qui la sceltadi utilizzare un approccio di ricerca, quel-la del Positive Youth Development, checonsenta di “invertire la rotta”, ovverodi non trascurare gli elementi di fragilità

Sara Alfieri Psicologa e Assegnista di ricerca in Psicologia sociale, Università Cattolica del Sacro Cuore(sede di Milano)

È

Generazione Z: una generazione di sfide e risorse

Gli adolescenti sanno comprendere

le sofferenze dei più deboli

Page 9: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

9OTTOBRE 2017 Incontro

Cristina PasqualiniRicercatrice di Sociologia generale, Università Cattolica del Sacro Cuore(sede di Milano)

ell’ambito del Rapporto Gio-vani, indagine scientifica na-zionale sulla condizione deiMillennials in Italia realizzataannualmente dall’Osservato-rio Giovani dell’Istituto To-niolo, nel 2016 è stato rea-

lizzato un approfondimento sugli usi e con-sumi dei social network, in cui sono statiintervistati 2182 giovani, nati tra il 1982 eil 1997. I risultati confermano che questaè una generazione molto presente sui socialnetwork, che tuttavia per il momento uti-lizzano prevalentemente per finalità ludi-che e di intrattenimento – per il 60,4%stare sui social è un passatempo come unaltro -, sottovalutando e sottoutilizzandouna serie di funzioni più impegnate, chepossono aprire opportunità e occasioni invari ambiti della loro vita, anche profes-sionali. Le donne hanno un profilo inte-

ressante, che ci consentono di fare un ra-gionamento sull’uso di genere, oltre chesulla “genderizzazione” di alcuni social. Il92,2% delle femmine ha un profilo attivosu Facebook, il 60,5% su Instagram, il55,3% su Google+, tre social su cui sonoleader rispetto ai coetanei maschi, che han-no percentuali più alte su altri social, comeTwitter e LinkedIn. Questi ultimi, socialpiù maschili e votati piùad un uso professionaleche ludico. L’80,7%delle femmine si con-nette con lo smartpho-ne, versus il 69,7% deimaschi, segno che nonpossono rinunciare aquesto device mobile, che garantisce lorola massima connettività, ininterrottamente.Inoltre, indipendentemente dalla frequenzacon cui si connettono, mentre maschi efemmine si sentono in ugual misura a pro-prio agio in Facebook, le femmine si sen-tono molto a loro agio anche in Instagram,che come è noto consente di condividerefoto, in altre parole, emozioni. Rispetto atutte le pratiche agite sui social, le femmine

appaiono più attive sia nelle attività di mes-saggistica e intrattenimento sia in quelledella ricerca impegnata, come ad esempioleggere/cercare annunci di lavoro. E sonoinfatti le femmine che in misura maggioresono venute a conoscenza sui social di unaconcreta opportunità di lavoro (41,9% F,41% M), così come si sono mobilitate aseguito di una richiesta di aiuto (42% F,

39,5% M). Rispetto airischi della rete – trol-ling, bufale e hate spe-ech – le femmine ap-paiono più caute e re-sponsabili dei maschi.Tuttavia, mentre sonomeno coinvolte come

responsabili in azioni di trolling e più pru-denti prima di condividere i post, diffidan-do dalle bufale, sono meno coinvolte deimaschi come responsabili di hate speechin rete ma coinvolte come vittime in ugualmisura. Nella loro esperienza e nei loro ri-cordi, in rete le principali vittime di “paroleostili” sono proprio le donne. Forse è ancheper questo che si muovono con maggioreattenzione.

N

Le Millennials: social, prudenti e responsabili

Più della metà dei giovani

usa i social comeintrattenimento

Vacc

ina,

IIS G

: Gali

lei -

R. L

uxem

burg

, Mila

no

Page 10: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

10 OTTOBRE 2017 Incontro

li atteggiamenti dei Millen-nials nei confronti di coloroche migrano e che si stabi-liscono dunque in un paesediverso da quello dell’ori-gine familiare rispecchiano

le paure e i timori che la generazionenata tra gli anni ‘80 e ’90 del secoloscorso condivide: un futuro segnatodalla crisi economica in atto dal 2007,incerto, privo di prospettive sufficiente-mente stabili, utili a progettare un per-corso di vita, a organizzare le proprieattività per fare in modo di raggiungereobiettivi e mete. I Millennials italiani, di-cono i numeri dell’Osservatorio Giovanidell’Istituto Toniolo, sono prudenti nellaloro apertura ai migranti, ritengono chesia necessario regolare il loro arrivo e laloro presenza, gestendo la loro integra-

Una indagine qualitativa sul tema della migrazioneL’Osservatorio Giovani ha allora avviatouna ricerca qualitativa, al fine di racco-gliere i vissuti dei giovani, la loro quoti-dianità, le loro esperienze, includendo nelcampione, per la prima volta in Italia, unnumero rilevante di ragazze e ragazzi ita-liani con background migratorio. Le loro parole, a una prima lettura, riman-dano a un universo complesso e artico-lato, dove le identità si costruisconosuperando i confini pure resistenti, in unquadro nel quale atteggiamenti, compor-tamenti e vissuti nei confronti delle diffe-renze di nazionalità e cultura siincontrano, lasciando aperto il campo alconfronto e alla costruzione condivisa diuna convivenza in cui le differenze sianoaffrontate e gestite. I giovani, in altre parole, se temono per illoro futuro, pure accettano la sfida di unaconvivenza transculturale, ponendo in ri-lievo non tanto le diversità potenzial-mente conflittuali quanto la possibilecomunanza di interessi e valori.

zione favorendola, ma senza intaccare lepossibilità del proprio inserimento nellasocietà italiana. Chiedono anche che lenazioni dell'Europa unita si uniscano re-almente per trovare soluzioni che favo-riscano l'accoglienza senza pesare supochi o addirittura uno solo, e specifica-mente l’Italia, dei paesi che la compon-gono. Questo atteggiamento di cautela ha susci-tato interesse e lasciato aperte domandeimportanti, anche a partire da un’interpre-tazione che nasce dalla costatazione di ungiudizio macro, legato alla situazione na-zionale e internazionale. Le domande riguardano il vissuto dei gio-vani, che sempre più frequentemente vi-vono una vicinanza quotidiana einterazioni irrinunciabili fra tradizioni cul-turali differenti e a volte distanti tra loro. Irisultati dell’indagine quantitativa hannodunque sollecitato l’avvio di una fase diapprofondimento, utile ad acquisire unsupplemento di conoscenza sulle relazionitra stranieri e italiani che segnano la vitadei giovani.

Rita Bichiprofessore ordinario di Sociologia generale, Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Milano)

G

LA SFIDA DI UNA SOCIETÀ INCLUSIVA

Page 11: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

11OTTOBRE 2017 Incontro

el corso dell’ultimo decen-nio, i dati relativi alla con-tinua crescita delladisoccupazione giovanile(in Italia giunta nel 2016 al28,2% nella fascia 18-29

anni), la crisi del sistema educativo (chenon garantisce più quelle sicurezze di fu-tura occupazione che erano più evidentinel passato), unite al preoccupante datorelativo alla crescita dei NEET (l’Italiaè il paese europeo con il più alto numerodi giovani che non studiano e non lavo-rano), hanno portato il tema della condi-zione giovanile al centro del dibattittopubblico e politico. La lenta uscita dallacrisi non ha fatto poi altro che aggravareil problema posticipando continuamenteinterventi strutturali per rispondere allenecessità quotidiane. Tra i vari temi che interessano la condi-zione giovanile, quello del lavoro rap-presenta sicuramente una delle questionipiù delicate e controverse, in quanto in-treccia: aspirazioni e bisogni dei giovani,necessità delle imprese, diponibilità delmercato e risposte delle politiche. Il tuttoin un contesto che ha visto modificare inmaniera radicale le forme e le dinamicheoccupazionali (dalla crescita delle occu-pazioni temporanee, alla polarizzazionetra occupazioni di basso e alto profiloprofessionale). Partenendo da questi pre-supposti, il Rapporto Giovani ha realiz-zato un approfondimento che avevacome obiettivo primario quello di inda-gare idee, percezioni e atteggiamenti deigiovani rispetto ai temi del lavoro e dellarappresentanza. Quello che ne emerge èun articolato quadro, che mette in lucequestioni rilevanti per le giovani gene-razioni che affrontano il mondo del la-voro e che richiedono attente analisi eadeguate risposte.Per i giovani intervistati, il lavoro rap-presenta un mix di fattori materiali (unostrumento diretto a procurare reddito) e

siderio di poter svolgere un lavoro checonsenta di realizzarsi. Quello, quindi,che oggi i giovani cercano è prima di tuttoun lavoro che consenta di guadagnare ab-bastanza per non vivere alla giornata maprogettare un proprio futuro. La realizza-zione nel lavoro viene spostata dopo taleobiettivo. Altra importante preoccupa-zione è quella relativa al mancato ricam-bio generazionale. Alla luce di unoscenario che si caratterizza per un mondodel lavoro in forte cambiamento, comeconseguenza dell’impatto delle tre granditrasformazioni che caratterizzano questotempo, invecchiamento della popola-zione, immigrazione e innovazione tec-nologica, e per un mercato dove il lavorospesso manca, (e quando c’è non sempreè di buona qualità), emerge da parte deigiovani, una forte domanda di rappresen-tanza. Domanda che però non sta attual-mente trovando una risposta adeguata.Sotto questo profilo l’atteggiamento neiconfronti dei sindacati non è positivo, manemmeno negativo. La maggior partedegli intervistati riconosce l’utilità pas-sata, ma ritiene che oggi serva un forterinnovamento, necessario per poter inter-cettare quella richiesta di rappresentanzaespressa dalle nuove generazioni. In con-clusione quello che emerge dalla ricercaè un’importante fotografia di quello che igiovani vedono nel lavoro e di quello chei giovani sia aspettano dal lavoro. Le do-mande sono chiare e forti e non lascianospazio a troppi fraintendimenti, per que-sto servono risposte che siano altrettantochiare e il più possibile forti.

fattori simbolici (un luogo di impegnopersonale e una modalità di autorealiz-zazione). La sicurezza economica, ga-rantita dal lavoro, rappresenta unachiave determinante e imprescindibileper affrontare il futuro. Se queste sonole principali rappresentazioni del lavoro,nel corso della ricerca sono emerseanche le preoccupazioni che i giovanicollegano al tema del lavoro.

Obiettivo principale: uno stipendio adeguatoTra le preoccupazioni rilevate quella piùforte, è relativa alla possibilità di avere unlavoro con basse condizioni economiche.La preoccupazione per uno stipendio ade-guato ha superato negli ultimi anni il de-

Mauro MigliavaccaRicercatore di Sociologia dei processi economici e del lavoro, Università degli Studi di Genova

N

Nuove generazioni e lavoro: un rapporto complesso

Pensando al tuo lavoro ideale, qual è tra questi l’aspetto più importante per te?

27,9%Uno stipendio buono che non mi faccia

avere preoccupazioni economiche

23,5%Un lavoro

con un contratto stabile

17,7%Un lavoro che mi permetta di avere tempo libero per me e i miei familiari

5,6%Un lavoro

che mi permetta di avere

colleghi con cui vado d’accordo

25,3%Un lavoro importante

che mi faccia sentire realizzato

Page 12: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

46,4%

16,6%

11,1%

10,5%

7,4%

8,0%

ANDRESTI DI PIÙAL CINEMA SE...

SE IL PREZZO FOSSE PIÙ ACCESSIBILE

SE ESISTESSERO AGEVOLAZIONI/SPECIALI ABBONAMENTI PER I GIOVANI

SE AVESSI PIÙ TEMPO LIBERO

SE AVESSI UNA SALA PIÙ VICINA A CASA

IN NESSUN CASO

ALTRO

FONTE RAPPORTO GIOVANI

12 OTTOBRE 2017 Incontro

l digitale annienterà il cinema. Ungrido disperato si levava fino a qual-che anno fa dalle fila degli operatoridi settore, dei critici, di intellettualie studiosi. Il cinema era riuscito asuperare la crisi degli anni Ottanta;

aveva trovato negli anni Novanta un equi-librio fra il consumo in sala e l’intratteni-mento domestico, ma i media portati dalladigitalizzazione erano troppo invasivi epotenti. Questa volta era la fine. Non èandata così. Oggi lo sappiamo. Il consumoin sala non è affatto sparito e la visionedei film è diventata anzi, sorprendente-mente, una prassi diffusa, per quanto spes-so dislocata in spazi diversi da quello tra-dizionale della sala. Ma chi va al cinema?E, soprattutto, qual è oggi il ruolo dellacultura cinematografica? È a queste do-mande che il Rapporto Giovani dell’Isti-tuto Toniolo aiuta a dare una risposta. Già

dall’anno passato il Rapporto ha inseritoinfatti un’ampia sezione dedicata al con-sumo di cinema; non una scelta casuale: iMillennials rappresentano da tempo ormaii principali fruitori di film, in sala e fuoridalla sala. Capire le ragioni di questo in-vestimento e coglierne le implicazioni di-venta cruciale, sia per comprendere leaspettative, i valori, i modelli di vita a cuii giovani si ispirano, sia per traghettaredefinitivamente il cinema nel nuovo mil-lennio. Delle molte riflessioni che i datidell’ultimo Rapporto sollecitano, tre inparticolare aprono prospettive inedite.

Fortissimi consumatori di film:in sala o tra le mura domesticheAnzitutto il Rapporto ci conferma che iMillennials sono forti, anzi ‘fortissimi’consumatori di film. Il 91% dei 20-34enniguarda almeno un film alla settimana e il18,6% va al cinema più di una volta almese. I Millennials si confermano insom-ma come il target elettivo del cinema: insala, come all’interno dello spazio dome-

stico. Questo doppio primato ci obbliga aun cambiamento di prospettiva. Siamoabituati a pensare l’intrattenimento dome-stico come un’alternativa al consumo insala. Quello che il Rapporto Giovani cidice è che la relazione è più sinergica checompetitiva. Il consumo domestico raf-forza il desiderio di vedere film in sala (il93% degli intervistati dichiara di voler an-dare al cinema più spesso) e la visione insala interviene sui criteri di scelta e suglistili di fruizione dei film visti a casa. Secondo punto. Più della metà degli in-tervistati ritiene che il cinema sia un pas-satempo inadatto alle persone anziane. In-dipendentemente dalla composizione delpubblico cinematografico, che ha visto an-zi negli ultimi anni una crescita della quotadei sessantenni che frequentano le sale, èinteressante la percezione del cinema co-me marca generazionale. I film e l’andareal cinema vengono considerati dai giovanicome una prerogativa propria e un’espe-rienza rilevante per la definizione dellapropria identità. Infine, che cosa ci dobbiamo attendere peril futuro? Si continuerà ad andare al cinema?Certamente si continueranno a vedere film.Sulla questione del consumo in sala gli in-tervistati sono invece divisi: metà di loro ri-tiene che le generazioni che seguono nonandranno più al cinema. Se guardiamo peròalla generazione che segue, la prima effet-tivamente nativo digitale, scopriamo che lasala è tutt’altro che sparita dall’orizzonteesperienziale dei piccoli e che anzi, comeattestano i primi dati di una ricerca promossadall’Associazione delle Sale Cattoliche su6000 bambini, il cinema resta per i piccoliun punto di riferimento importantissimo,carico di significato e di valori. Come araba fenice, il cinema sembra dun-que essere rinato dalle ceneri della digita-lizzazione, diverso certo dal passato, pre-sente in forme nuove, ma non meno rile-vanti nella vita delle generazioni più gio-vani.

The Day AfterCinema e giovani nell’era digitaleMariagrazia FanchiDocente di Media Studies and Cultural History, Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Milano)

I

A cura di Federica Vernò

Il cinema piace alle nuove generazioni che loconsiderano pienamente in linea con le propriesensibilità e con le modalità di fruizione di spet-tacoli e divertimenti. È quanto emerge dal Rap-porto Giovani promosso dall’Istituto Toniolocon il sostegno di Fondazione Cariplo e IntesaSanpaolo. L’indagine su giovani e cinema èstata commissionata dalla Fondazione Ente del-lo Spettacolo all’Istituto Toniolo ed è stata con-dotta a fine luglio 2017 su un campione di2045 persone tra i 20 e i 34 anni. I risultatisono stati presentati da Alessandro Rosina, do-cente di Demografia e Statistica Sociale all’Uni-versità Cattolica e coordinatore scientifico delRapporto Giovani, in occasione della 74esimaedizione della Mostra Internazionale d’Arte Ci-

nematografica della Biennale di Venezia. “Lesale cinematografiche – spiega Rosina - sonostate a lungo riempite da persone di tutte le età.Se davanti alla televisione, a un pc o tablet ca-pita spesso di essere da soli, la visione del filmin sala è molto più comunemente un eventocollettivo con valore relazionale e condiviso.La popolazione del cinema è costituita, infatti,soprattutto da genitori e figli, coppie, gruppi diamici. Il cinema in sala ha vissuto prima la con-correnza della TV e ora dei nuovi media, maesso stesso si evolve e mantiene anche specifi-cità destinate a durare. Quella che avrebbe do-vuto essere una invention sans avenir (inven-zione senza futuro) per citare i fratelli Lumière,è stata invece capace di costruire e dominarel’immaginario collettivo di tutte le generazionisuccessive, giovani di oggi compresi”.

L’indagine del Rapporto Giovani

Page 13: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

13OTTOBRE 2017 Incontro

Michele Faldidirettore Funzione Offerta formativa,Promozione, Orientamento e TutoratoUniversità Cattolica del Sacro Cuore

Scuola e lavoroAndata e ritorno

UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

ono passati due anni dall’in-troduzione nel sistema scola-stico italiano, con la legge107 della Buona Scuola,dell’alternanza scuola-lavoro(asl). Forme di apprendimen-

to attraverso periodi di lavoro nei percorsiformativi (e quindi anche della scuola se-condaria) sono da tempo al centro di tuttele riflessioni educative e delle indicazioniinternazionali, in particolare della Com-missione Europea, diventando un pilastrodella strategia Europe 2020. Propriodall’Europa ci erano giunte diverse Rac-comandazioni ad adeguare il sistema sco-lastico.La soddisfazione per quanto fatto, però,dovrebbe accompagnarsi ad un pizzico dipudore, arrivando a compimento a quasiquindici anni da quando è stato comin-ciato, nel 2003: se oggi abbiamo un qua-dro normativo completo, come semprequando si tratta di riforme (soprattutto seepocali), negli anni a venire dovranno es-serne verificate validità ed adeguatezza.Ad essere precisi l’asl già esisteva, e nel-l’anno scolastico 2013-14, quello prece-dente l’entrata in vigore della 107, ben il43% degli istituti secondari in Italia ave-vano avuto esperienze in merito. Quindicosa è cambiato?

Decisivo il coinvolgimento delle impresePresente negli ultimi tre anni degli Istitutitecnici, l’asl è stata introdotta anche neiLicei; l’obbligo di esperienza formativadeve essere di almeno 400 ore negli Isti-tuti tecnici e professionali e di 200 orenel triennio dei Licei; può essere svoltanon solo all’interno del calendario scola-stico, ma anche nei periodi di sospensionedell’attività didattica e di vacanza, e potràriguardare anche forme di alternanza si-mulata: un progetto didattico e formativoche riproduca il modo di operare diun’azienda negli aspetti che concernonol’organizzazione, le relazioni e l’ambientedi lavoro. La simulazione d’impresa potrà,così, sopperire alla mancanza di posti in

azienda, un’eventualità che, prevista comeprobabile, è molto diffusa, soprattutto permotivi organizzativi da parte del mondodel lavoro. Da questa situazione si evince che in Italial’asticella è stata posta molto in alto: sel’asl - come innovativa metodologia di-dattica - è pensata per avvicinare i giovanial mondo del lavoro, per orientarli e perpromuovere il successo scolastico, risultadecisivo il coinvolgimento, oltre che dellescuole, anche delle imprese e delle retiterritoriali in una co-progettazione for-mativa che sia efficace. In tale panoramal’università può contribuire in modo si-gnificativo, affiancando le scuole nellaprogettazione dei percorsi e nell’indivi-duazione delle attività, oltre a fornire unvalido supporto nella riflessione metodo-logica e di monitoraggio.L’esperienza dell’Università Cattolica vain questa direzione già dal 2015, attra-verso partnership con scuole per ospitarestudenti, favorendone anche un precisomatching sulle esigenze e gli interessi eper attività di ricerca.Non bisogna, d’altra parte, nascondere lecriticità esistenti, generate dal fatto chel’asl per molte scuole è un’attività com-pletamente nuova; soprattutto i licei scon-tano questo fatto e generalmente non sono

pronti; ancora fragile è la capacità pro-gettuale e non si può negare che il grandeassente è ancora il mondo del lavoro: im-prese e aziende sono largamente impre-parate e, al di là delle dichiarazioni diprincipio di qualche imprenditore o delleassociazioni di categoria, non si sono di-mostrate proattive.

Attenzione ai contenutie flessibilità dei percorsi Le condizioni per il successo di un per-corso asl sono l’attenzione ai contenuti(perché non tutto quello che si fa al difuori dell’aula è significativo), la flessi-bilità dei percorsi (per offrire agli studentimomenti di apprendimento adeguati aidifferenti percorsi scolastici), la condivi-sione degli obiettivi e degli strumenti (per-ché scuola ed enti hanno preoccupazionie tempi che spesso divergono).I dati nazionali indicano che la quota discuole che fino allo scorso anno ha atti-vato percorsi di asl è ancora limitata, il43,5%, di cui il 13,3% sono licei. I ragazzicoinvolti superano di poco i 200.000, me-no dell’11% della popolazione scolastica.Le aziende ospitanti sono state meno del10%. Se in futuro i numeri esploderanno,non si può nascondere che per consolidarel’esperienza di asl serviranno più imprese,maggiore disponibilità all’ospitalità e unprofondo ripensamento del calendario edell’offerta formativa delle scuole. In Università Cattolica l’esperienza fattasta procedendo molto bene. Si sono con-fermate le intuizioni che hanno mosso nelproporre le iniziative; i docenti delle scuo-le hanno trovato nell’ateneo un partneraffidabile ed attento, gli studenti hannotrovato strutture formative accoglienti ec’è stata la possibilità di coinvolgimentoin una relazione non solo organizzativa.Per il futuro l’aspetto più importante saràoffrire alle scuole la disponibilità a co-progettare i percorsi di asl. C’è ancora molto da fare perché il com-pito che ci aspetta è davvero quello di co-struire insieme una vera e propria impresaeducativa.

S

Page 14: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

14 OTTOBRE 2017 Incontro

Generatività del dono: le borse in memoria

he significato assume ilgesto di donare del denaro agiovani studenti meritevoli,iscritti ad una Università cuisi è legati da ragioni forma-tive, affettive, professionali?

Una borsa di studio è solo un contributoeconomico?Assolutamente no: è molto più di questo.Essa ha un importante valore simbolico ecomunitario. È testimonianza di generati-vità sociale nel senso più pieno e profondoanche perché si tratta di un dono a giovaniestranei. Erikson ha definito la generati-vità come la capacità di prendersi cura ditutto ciò che è stato generato per amore,per necessità e per caso. La generativitàsociale ci porta ad estendere tale cura oltrei confini del famigliare per giungere all’in-tera comunità e in particolare ai giovaniche ne fanno parte.La decisione, da parte di un adulto, unacoppia o una famiglia, di sostenere econo-micamente un giovane studente meritevolesconosciuto, dimostra che l’essere umanoè in grado di prendersi cura gratuitamentedi un membro della generazione successivaalla propria, senza obbligo di reciprocità,senza nulla aspettarsi in cambio. Questodono, con la sua eccedenza, genera un le-game. Non necessariamente un legame trapersone che si vedranno nel tempo, ma trapersone che hanno sperimentato la gratuità,la solidarietà, la generosità, l’altruismo e

che continueranno ad essere presenti sim-bolicamente l’uno per l’altro, l’uno nellementi e nel cuore dell’altro. Quale piùgrande insegnamento possono riceverequesti giovani? Hanno ricevuto il dono dipoter credere nella gratuità e nella bellezzadella relazione e saranno portati a rispon-dere applicando la stessa logica in altreeventuali circostanze future, mettendo inatto una reciprocità differita. Essi hannocosì avuto l’opportunità di sperimentare lageneratività dell’adulto che non si esauriscenel generare, ma che si manifesta altresì nelcurare e, soprattutto, nel fidarsi e nel lasciarandare, con la speranza che metta a fruttoin maniera efficace il dono ricevuto con lamedesima logica donativa e prosociale dicui è stato beneficiario.

Sentirsi parte di una famigliaÈ proprio grazie al beneficio ricevuto cheessi possono sentirsi parte di una “famiglia”che si riconosce come tale grazie alla co-mune esperienza in una istituzione di for-mazione come l’Università Cattolica. Nonè una famiglia fatta di legami di sangue, madi legami sviluppatisi e consolidatisi neimomenti di costruzione della propria iden-tità personale e professionale, nati all’inse-gna di valori e obiettivi condivisi, coltivatiaccanto all’impegno per realizzare i proprisogni futuri. Legami basati sul senso di ap-partenenza ad una storia ed ai suoi valori. Le borse di studio messe a disposizionesono un segno della gratitudine verso que-sta Università da parte di chi ha sperimen-tato rapporti autentici negli anni di studiotrascorsi entro queste mura, rispondono al

desiderio di restituire a questa comunità distudenti, docenti, personale amministrativo,qualcosa di quel che si è ricevuto. Talegesto testimonia l’aver appreso cosa signi-fica far parte di una università al serviziodel territorio, al servizio della crescita dellegiovani generazioni, appassionata, impe-gnata a produrre cultura oltre che a formarepersone che sono anche professionisti com-petenti, seri, responsabili, mai dimentichidel valore della persona, della solidarietà,della gratuità, delle relazioni e della comu-nità. È anche per questo che io per primasono grata alle persone che hanno donatoqueste borse: il loro gesto ricorda anche ame la fortuna di essere docente in questauniversità, mi rende orgogliosa di far partedella sua storia perché queste persone neincarnano i valori, ricordano che le rela-zioni autentiche e le esperienze solide la-sciano traccia nella mente e nei cuori dellepersone. Anche se non avrà le luci della ri-balta come convegni o altri progetti presen-tati sulla stampa, anche se non entrerà tragli indicatori con cui viene valutata un’isti-tuzione formativa, questa iniziativa pos-siede un valore formativo ed educativoinnegabile per la crescita personale e pro-fessionale di chi ne ha giovato e ha un va-lore culturale per chi ne è stato, a variotitolo, coinvolto. Dice della costruzione diun bene comune, un bene che si tesse nelsilenzio ma con convinzione, generosità efiducia. È segno di speranza che generasperanza. È lievito per il bene comune.Se vuoi donare una borsa in memoria oavere informazioni, puoi telefonare allo02.72342818.

ISTITUTO TONIOLO

CElena MartaDocente di Psicologia sociale e di comunità, Università Cattolica del Sacro Cuore (sede di Milano)

I dieci studenti a cui sono stateassegnate le borsedi studio in memoria con i loro benefattori durante la cerimonia che si è tenuta lo scorso 29 giugno.L’iniziativa è statapromossadall’Istituto Toniolo e finanziata da alcuni amicidell’Università Cattolica.

Page 15: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

15OTTOBRE 2017 Incontro

Borse per la cultura:due esperienze

Perché ha deciso di vivere questa esperienza?I miei primi anni di vita in Africa, l’esperienzadi mio padre e i vari viaggi che grazie a lui hoavuto modo di fare anche una volta rientratidefinitivamente in Italia, hanno fatto crescerein me sempre più il desiderio di approfondirelo studio delle relazioni internazionali e spen-dere la mia vita in tale ambito. Mi ricordo diaver visto la locandina del Bando per la Fel-lowship del Toniolo appesa nei corridoi del-l’Università quando frequentavo il secondoanno della triennale e ho subito pensato chefosse un’opportunità più unica che rara per lamia formazione. Da lì a tre anni sono capitatetante cose, ed è nel frattempo cresciuto in meil desiderio di spendermi nell’ambito diplo-matico. Il periodo di tirocinio all’Ambasciataitaliana in Kenya è stato decisamente forma-tivo in questo senso, laddove è stata l’occa-sione di avvicinarmi anche all’ambiente mul-tilaterale delle Nazioni Unite. In particolare,però, quei quattro mesi sono stati essenzialiper far maturare in me il desiderio di acquisireun punto di vista che fosse realmente umano,per poter affrontare un campo oggigiorno cosìcomplesso e delicato come quello delle rela-zioni internazionali. L’esperienza della Fel-lowship alla Missione della Santa Sede pressole Nazioni Unite di Ginevra si è così ripre-sentata come appunto un’opportunità più unicache rara per lavorare in un ambiente che avessea cuore innanzitutto e prima di tutto l’uomo.Per imparare questo sguardo ho deciso di faredomanda.

Cosa maggiormente la colpisce di quello che sta facendo?Il lavoro che ho l’occasione di svolgere allaMissione della Santa Sede a Ginevra si è ri-velato ben più interessante di quanto già mifossi potuta immaginare prima. Seguire riu-nioni, incontri, gruppi di lavoro e dibattitipresso la sede delle Nazioni Unite di Ginevra

e le varie agenzie che hanno qui base mi per-mette di arricchire ogni giorno di più la con-sapevolezza di quanto sta accadendo nel mon-do in cui viviamo e di affrontare tematicheper me di primario interesse, quali quelle re-lative ai diritti umani, al fenomeno delle mi-grazioni, ai rifugiati, alla salute. Ma quelloche realmente mi colpisce di più in ciò chesvolgo qui, è l’impegno che la Santa Sedepone nel porre in primo piano la dignità diogni essere umano. Le ricerche che svolgiamoper preparare i rapporti e i discorsi divengonocosì l’occasione di seguire il lavoro di espertiin materia e, soprattutto, di studiare appro-fonditamente la posizione del Papa e la dire-zione della Chiesa circa le tematiche più strin-genti della realtà odierna, e guardarle, così,in modo realmente integrale. Per la Santa Se-de l’uomo, non l’economia, la politica o lerelazioni fra Stati, è posto al centro e da lì al-lora si va a guardare e vagliare l’economia,la politica e le relazioni fra Stati. E questoper me è tremendamente interessante.

Come immagina di "spendere" ciò che sta imparando?Quello che sto imparando ritengo sia realmentedi fondamentale importanza per il mio futuro.Mi rendo sempre più conto che l’ambiente del-le relazioni internazionali necessita di un puntodi vista che possa realmente tener conto di tuttii fattori in gioco nel mondo odierno, e l’intensolavoro che si svolge presso la rappresentanzadella Santa Sede alle Nazioni Unite è di grandeinsegnamento in tal senso. Non so ancora cosafarò terminata quest’esperienza, ma desideropoter portare con me quanto sto apprendendoogni giorno qui a Ginevra.

Perché ha deciso di vivere questa esperienza?Durante il penultimo anno di università hoscelto di fare l’esperienza Erasmus a Parigi,innamorandomi perdutamente di questa città.Rientrata in Italia ho portato a termine la miacarriera universitaria con l’idea di trasformarequello che avevo studiato per cinque anni nellavoro che più mi sarebbe piaciuto fare. Il Fel-lowship Program dell’Istituto Toniolo rappre-sentava per me una prestigiosa opportunitàche non potevo perdere, a pochi mesi dallalaurea, per iniziare a costruire il futuro pro-fessionale che avevo sempre desiderato.

Cosa maggiormente la colpisce di quello che sta facendo?L'Unesco è stata una bellissima sorpresa: gra-zie alla disponibilità dei diplomatici della mis-sione mi sento parte dello staff e quotidiana-mente sono chiamata ad apprendere nuovecose nel campo dell'educazione, della cultura,delle scienze sociali, delle scienze naturali,della cultura e della comunicazione e infor-mazione. Inoltre, non pensavo che un’espe-rienza professionalizzante potesse darmi tantodal punto di vista personale, aiutandomi a cre-scere e a scoprire me stessa, con i miei limitie le mie attitudini.

Come immagina di "spendere" ciò che sta imparando ?Al termine dello stage spero di poter conti-nuare a lavorare nel campo delle relazioni in-ternazionali. Ad ogni modo, sono sicura chequesta esperienza mi permetterà di affrontareil mondo del lavoro con maggiore fiducia econsapevolezza di me stessa.

ISTITUTO TONIOLO

A cura di Federica Vernò

Ha lasciato sei anni fa la Puglia, più precisamenteLesina in provincia di Foggia, per intraprendereil percorso universitario in Scienze politiche edelle relazioni internazionali all’Università Cat-tolica di Milano. Raffaella di Chiano, 25 anni,dopo la triennale ha deciso di specializzarsi nelcampo delle relazioni internazionali, proseguendogli studi con la laurea magistrale in Politiche eu-ropee ed internazionali. È destinataria del Fel-lowship Program UNESCO, che le consente diintraprendere un internship presso gli uffici diParigi dell'Osservatore Permanente della SantaSede all’Unesco.

Il padre era medico volontario in Africa e per iprimi sei anni della sua vita è cresciuta in Uganda,dove è nata 25 anni fa. Tornata in Italia, ha vissutoprima a Busto Arsizio e poi a Galliate Lombardo,un piccolo paese vicino a Varese, dove attual-mente risiede la sua famiglia. Anna Maria Co-cozza, maturità classica e laurea magistrale inPolitiche Europee ed Internazionali all’UniversitàCattolica, è destinataria della Fellowship del-l’Istituto Toniolo presso la Missione della SantaSede presso le Nazioni Unite di Ginevra.

Page 16: LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA · ste, con una platea di oltre 500 giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer, si è tenuto un grande

Far fiorire le scuole per generare lavoro creati-vo, libero e solidale: questa è la pedagogiache percorre il libro. Sulla scia dell’innova-zione legislativa che prevede l’alternanza scuo-la-lavoro, la sfida è accendere il desiderio diimparare e l’avventura di insegnare. Nel cur-ricolo del secondo ciclo di istruzione, inclu-dere moduli in cui gli allievi possano svolgereesperienze in contesti lavorativi reali presentaun carattere piuttosto inedito per la realtà ita-liana, richiede culture e scelte progettuali eorganizzative non scontate nella nostra tradi-zione. Sapere e saper fare insieme per spezzarele catene della precarietà, dello sfruttamento,della disoccupazione.

di Pierluigi MalavasiSCUOLE, LAVORO!LA SFIDA EDUCATIVA DELL'ALTERNANZAPagine 152 | 13,00 euro |Vita e Pensiero, Milano 2017

Chi sono gli insegnanti, dunque, questi uominie queste donne capaci di gestire un’impresacosì importante per l’insieme della società? Dadove traggono le motivazioni e le competenzeper insegnare e come vivono la loro professio-ne? Ma anche: quanto guadagnano? come fan-no carriera? che ne è del loro prestigio sociale?Si parla spesso di ‘corpo docente’, ma è davveropossibile immaginare gli insegnanti come ungruppo coeso che condivide il medesimo spiritoe uguali condizioni di vita e lavoro? MaddalenaColombo, sociologa da anni impegnata sul ver-sante della formazione e dei processi educativi,delinea qui la situazione con particolare riguar-do ai docenti impiegati nel sistema scolasticoitaliano.

di Maddalena ColomboGLI INSEGNANTI IN ITALIAPagine 132 | 12,00 euro |Vita e Pensiero, Milano 2017

Ha ancora senso studiare il latino e il greco og-gi? La formazione scolastica conserva ancoraun canone di riferimento? Silicon Valley staprendendo il posto di Atene, Gerusalemme eRoma? I saggi qui raccolti, scritti da autorevolivoci della cultura italiana, si misurano con que-ste domande. Gli studi classici, e in primis il li-ceo classico, sono oggi presi di mira per la loroinattualità, per la ristretta specializzazione, perl’evidente sconfitta a opera del sapere scientifi-co. Tuttavia, si fa adesso strada anche la consa-pevolezza dell’impossibilità di sbarazzarsi diun patrimonio, parte ineludibile di un’identitàculturale, non solo italiana. E non deve stupire che questa fondamentale«utilità dell’inutile» sia sostenuta anche da im-portanti scienziati, che ritengono la cultura uma-nistica un imprescindibile strumento perchél’uomo possa ‘leggere’ anche le conquiste scien-tifiche e tecnologiche.

Dario Antiseri, Cinzia Bearzot, Carlo Carena,Valerio Magrelli, Paola Mastrocola, Alberto Oliverio, Antonietta Porro, GianfrancoRavasi, Claudio Scarpati, Guido TonelliRITORNO AI CLASSICI. DIECI SAGGIPagine 108 | 10,00 euro |Vita e Pensiero, Milano 2017

di Byung-Chul HanIL PROFUMO DEL TEMPOL'ARTE DI INDUGIARE SULLE COSEPagine 136 | 15,00 euro |Vita e Pensiero, Milano 2017

Ormai entrato nel linguaggio comune, il termine “resilienza” indica lacapacità umana di superare un’avversità, un trauma, una tragedia,uno stress. Ma, avverte l’autore, la resilienza non va intesa tanto comequalcosa di immutabile, quanto come un processo di cambiamento:non si tratta di resistere a un evento negativo senza cadere, quantopiuttosto di cadere e poi rialzarsi, rigenerandosi. Resiliente è chiconvive con un handicap creando una rete di sostegno interna edesterna alla famiglia; chi supera una crisi personale riscoprendo partidimenticate di se stesso; chi risponde alla malattia con la speranzache deriva da un incontro; chi con il dialogo spezza il muro di silenziocreatosi dopo una tragedia collettiva; chi prova a rimettersi in giococon semplicità, pazienza e speranza.

di Sergio AstoriRESILIENZAANDARE OLTRE: TROVARE NUOVE ROTTE SENZA FARSI SPEZZARE DALLE PROVE DELLA VITAPagine 144 | 16,00 euro |San Paolo, Milano 2017

Byung-Chul Han, filosofo coreano che ama ri-flettere sull’uomo svelandone la situazione cri-tica di fronte agli stimoli della società contem-poranea, mette a fuoco in questo libro dal titoloseducente importanti considerazioni. Percorren-do in modo originale il pensiero filosofico sultempo, da Aristotele e Tommaso a Heidegger eArendt, passando per Hegel, Marx e Nietzsche(ma soffermandosi anche a lungo sull’opera diProust), egli ci mette di fronte a quella che rias-sume come un’assolutizzazione della vita activa:la necessità di produrre (e consumare) comeforma di realizzazione umana, che finisce persottrarre all’uomo respiro e spirito.


Recommended