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La valorizzazione del territorio in ottica … · Web viewIl contemporaneo affermarsi di un modello...

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La valorizzazione del territorio in ottica esperienziale attraverso i percorsi del tipico: riflessioni teoriche ed evidenze empiriche in Italia 1. Le produzioni tipiche locali come volano dello sviluppo dei territori La capacità di valorizzare i prodotti tipici locali rappresenta un elemento decisivo per lo sviluppo endogeno dei sistemi territoriali, in considerazione delle importanti ricadute economiche, sociali e turistiche che esso può produrre. Attraverso la valorizzazione delle tipicità, infatti, la funzione meramente produttiva delle attività agricole viene integrata da nuove e diverse funzioni, tra cui la tutela dell’ambiente e del territorio, la conservazione della cultura e delle tradizioni rurali, creando spazi e luoghi interessati da nuove dinamiche di tipo economico e sociale (Belletti e Berti, 2011). Si è assistito, negli ultimi anni, ad una proliferazione delle iniziative volte ad affiancare alla produzione agricola quella dei servizi (turistici, ricreativi, educativi, sociali, ecc.), anche allo scopo di intercettare e soddisfare nuovi segmenti di consumatori interessati alla fruizione dei prodotti agricoli nei territori di produzione al fine di “immergersi” nella cultura dei luoghi e di vivere le esperienze di consumo come occasioni di arricchimento culturale e sociale (Pencarelli, 2010). Il contemporaneo affermarsi di un modello di produzione e di consumo non di massa ha inoltre rafforzato e fatto emergere 1
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La valorizzazione del territorio in ottica esperienziale attraverso i percorsi del tipico: riflessioni teoriche ed evidenze empiriche in Italia

1.Le produzioni tipiche locali come volano dello sviluppo dei territori

La capacità di valorizzare i prodotti tipici locali rappresenta un elemento decisivo per lo

sviluppo endogeno dei sistemi territoriali, in considerazione delle importanti ricadute

economiche, sociali e turistiche che esso può produrre. Attraverso la valorizzazione delle

tipicità, infatti, la funzione meramente produttiva delle attività agricole viene integrata da

nuove e diverse funzioni, tra cui la tutela dell’ambiente e del territorio, la conservazione della

cultura e delle tradizioni rurali, creando spazi e luoghi interessati da nuove dinamiche di tipo

economico e sociale (Belletti e Berti, 2011). Si è assistito, negli ultimi anni, ad una

proliferazione delle iniziative volte ad affiancare alla produzione agricola quella dei servizi

(turistici, ricreativi, educativi, sociali, ecc.), anche allo scopo di intercettare e soddisfare nuovi

segmenti di consumatori interessati alla fruizione dei prodotti agricoli nei territori di

produzione al fine di “immergersi” nella cultura dei luoghi e di vivere le esperienze di

consumo come occasioni di arricchimento culturale e sociale (Pencarelli, 2010).

Il contemporaneo affermarsi di un modello di produzione e di consumo non di massa ha

inoltre rafforzato e fatto emergere l'interesse per i prodotti agro-alimentari tradizionali e tipici,

dando luogo altresì al fenomeno definito da alcuni studiosi di ristrutturazione rurale

(Marsden, 1998), rispondente ad una nuova multifunzionalità che caratterizza, nella società

odierna, le attività agricole.

La valorizzazione e la promozione della qualità dei prodotti tipici viene così messa al centro

dell’attenzione non solo dagli operatori economici ma anche dagli amministratori pubblici, i

quali li individuano come un elemento centrale di una strategia complessiva di sviluppo locale

che prevede anche la salvaguardia culturale delle tradizioni produttive.

I prodotti tipici sono infatti il risultato di attività agricole di piccola scala, che presentano

caratteristiche particolari dovute alla combinazione di materie prime locali e di tecniche

tradizionali di produzione tramandate nel tempo1. Le imprese, soprattutto quelle di minori

dimensione e/o situate in territori a volte svantaggiati e marginali, intravedono nei prodotti

tipici sia una possibilità di trovare un nuovo spazio di competitività nei confronti di mercati

sempre più concorrenziali dal punto di vista del prezzo, che di recuperare il valore aggiunto 1 Negli ultimi anni si è affermato un nuovo paradigma di sviluppo rurale (OECD, 2006, Ward e Brown, 2009) in risposta al precedente paradigma della modernizzazione, dell’intensificazione dell’agricoltura e della standardizzazione della produzione accusato di essere una delle principali cause della crisi della sicurezza alimentare (Kizos e Vakoufaris, 2011).

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che l’industria e la distribuzione moderna hanno nel tempo limitato (Marescotti, 2001).

D’altro canto, le amministrazioni pubbliche locali vedono tale prospettiva con interesse anche

per rafforzare l’identità e la coesione della comunità locale, stimolando sinergie e legami con

altre attività economiche presenti sul territorio (artigianato, turismo, ecc.) per favorire uno

sviluppo locale endogeno.

L’attenzione verso le tipicità, in modo particolare i prodotti enogastronomici - oggetto del

nostro studio, è stata trainata e sostenuta altresì dalla crescente attenzione dei cittadini alla

qualità dei prodotti alimentari, oltre che dalla volontà di valorizzare e tramandare le tradizioni

locali e ad una più generale adesione ad uno stile di vita più semplice e naturale. È del resto

unanimemente riconosciuto come i prodotti tipici, in quanto forma di espressione della cultura

di un territorio, influenzano ampiamente lo sviluppo sociale ed economico dei territori locali

rurali (Brunori e Rossi, 2000, Parrott et al., 2002, Treager, 2003), in particolare attraverso il

raggiungimento dei seguenti benefici socio-economici2:

- l’aumento dei redditi delle imprese agricole, in forma singola o associata;

- l’affermarsi di una occupazione qualificata;

- una maggiore vivacità sociale;

- la rigenerazione, attraverso la valorizzazione e conservazione, delle attività tradizionali;

- lo sviluppo di un turismo enogastronomico che può contribuire a migliorare la sostenibilità

economica dei territori di riferimento.

In riferimento all’ultimo punto, ovvero la valorizzazione in senso turistico dei territorio, è

bene sottolineare come l’enogastronomia negli ultimi anni abbia assunto un ruolo centrale

anche nelle aspettative e nelle motivazioni stesse dei viaggiatori, fintanto da immaginare un

processo di “patrimonializzazione” degli alimenti e delle specialità culinarie locali (Espeitx,

2004; Kivela e Crotts, 2006), da considerare vere e proprie attrazioni turistiche capaci di

muovere un target di viaggiatori che la letteratura internazionale definisce “foodies”3 (Fox,

2007). In questo modo la gastronomia, oltre ad essere una piacevole attività sensoriale, si

trasforma in un fattore di attrazione e uno strumento di marketing turistico per le destinazioni

2 Quanto affermato è coerente con i principi della teoria sullo sviluppo rurale endogeno (Slee, 1993, Ploeg van der, 1993, Ploeg van der 2006), paradigma sostanzialmente rivolto alle aree rurali meno favorite ed escluse dai processi di modernizzazione. Il modello di sviluppo che ne deriva è auto centrato e contemporaneamente conservativo perché cerca di preservare gli elementi locali su cui si basa (Sortino et al., 2008), ed è caratterizzato dalla utilizzazione e la riproduzione di esperienze e conoscenze sviluppate localmente per convertire le risorse locali in prodotti agro-alimentari di qualità. È uno sviluppo localmente determinato che rispetta e tutela i valori locali. All’interno di questo paradigma i prodotti tipici diventano una risorsa capace di dare valore allo sviluppo delle aree minori perché riescono ad integrare e valorizzare le differenti risorse territoriali (Brunori e Rossi, 2000, Marsden et al., 2000), corrispondendo anche ai cambiamenti di stile di consumo dei turisti postmoderni.3 Con questo termine si identificano tutti quei turisti sensibili al patrimonio culinario locale, che vivono la gastronomia come un’ esperienza complessa e culturale, più che come una risorsa utile alla soddisfazione di un bisogno primario di alimentazione e nutrizione.

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(Folgado et al., 2011, Aybar, 2004)4. Il prodotto alimentare, in altri termini, diviene punto di

unione tra l’autenticità di un territorio e il turista, sempre più desideroso di proposte genuine,

partecipative e strettamente collegate alle specificità del territorio che visita (Barrera, 2006;

Nocifora et al., 2011)5. Inoltre i consumatori moderni, specie in campo enogastronomico,

sono sempre più alla ricerca di prodotti capaci di soddisfare esigenze di varietà, di novità e di

elevati livelli di genuinità, imponendo all’offerta politiche di differenziazione nel rispetto di

elevati standard qualitativi sotto il profilo della sicurezza e della salute alimentare.

Da questo punto di vista le produzioni tipiche consentono di soddisfare meglio tali requisiti,

disponendo di aspetti di unicità e di differenziazione intrinseca di gran lunga più rilevanti di

quelli di origine più “industriale” (Canali, 1996). Si tratta di prodotti che permettono ai

consumatori di uscire dai modelli di consumo omologanti della società contemporanea, dando

loro l’opportunità di affermarsi, di distinguersi ed, in certo modo, di emanciparsi da

comportamenti massificati ed anonimi.

D’altra parte, le produzioni tipiche sono di norma percepite dai consumatori come più naturali

e rispettose dell’ecosistema in quanto associate ad attività maggiormente artigianali ed a

minore impatto ambientale di quelle industriali, oltre che ricorrenti a materie prime e tecniche

produttive più rispettose degli equilibri naturali in termini di uso di additivi, conservanti,

coloranti, ecc.. La natura collettiva del prodotto tipico e la sua capacità di valorizzare

l’identità, la qualità e la cultura di un territorio sta dunque conducendo alla affermazione di

nuove reti di relazioni sociali che orientano, le scelte di sviluppo locale verso questioni che

riguardano la sostenibilità dello sviluppo, della qualità della vita delle comunità e la

valorizzazione delle identità territoriali (Murphy e Murphy, 2004, Beeton, 2006).

Il concetto che assumiamo come qualificante il prodotto tipico è dunque legato alla presenza

di precisi connotati storico-culturali e materiali radicati nel territorio di origine (Corigliano,

1999)6, oltreché un sistema di offerta proposto da una o più imprese radicate in un territorio

geograficamente, culturalmente e storicamente delimitato che viene percepito dalla domanda

come un pacchetto di elementi tangibili (prodotti agroalimentari, prodotti artigianali,

4 Folgado (et al.,2011) sottolinea il concetto di itinerario gastronomico che identifica un percorso che permette la conoscenza di una determinata specialità culinaria autoctona in modo strutturato e organizzato. 5 All’interno di un viaggio, la gastronomia si identifica come una parte integrante dell’esperienza turistica poiché implica la possibilità di assaporare alimenti e piatti diversi da quelli della nostra quotidianità (Quan e Wang, 2004).6 Tregear (2003) presenta una completa review della letteratura riportando le numerose definizioni che sono state date del termine prodotto tipico, ed ovvero: cibo tradizionale, specialità regionali, prodotto artigianale, prodotto con certificazione di origine controllata, etc., ma, nella diversità, sottolinea la presenza di un significato condiviso per quanto riguarda le caratteristiche proprie di questi prodotti e il contributo che possono apportare allo sviluppo socio-economico delle zone rurali.

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manufatti) ed intangibili (informazioni, cultura, storia, saperi, tradizioni, ecc.) caratterizzato

da un’immagine o da un’identità di marca unitaria (Pencarelli e Forlani, 2006).

Il legame intimo tra produzioni tipiche locali e territorio va tenuto in estrema considerazione

quando si affronta il tema delle strategie di valorizzazione dei prodotti tipici locali,

affermandosi – i prodotti tipici - come importanti strumenti di comunicazione e di immagine

di marca di un territorio (Folgado et al., 2011). D’altra parte la presenza di uno spazio

delimitato ed identificabile è fondamentale per la creazione di un percorso che valorizzi un

particolare prodotto tipico, dal momento che definisce per i suoi produttori un'identità che ne

esalta le caratteristiche uniche (Bruwer, 2003).

2.Le strade ed i percorsi del tipico per la creazione di esperienze turistiche

La valorizzazione dei prodotti tipici assume dunque un significato che va oltre la semplice

commercializzazione di beni materiali, riguardando piuttosto l’offerta di esperienze

complesse, fondate sulle risorse enogastronomiche ma arricchite da elementi intangibili

capaci di stimolare e coinvolgere la componente sensoriale ed esperienziale del consumo.

Seguendo il modello di Pine e Gilmore (1999) è possibile affermare che le produzioni

alimentari, da semplici commodities evolvono a offerte economiche di livello superiore,

ovvero di servizi e di esperienze, accrescendo il valore percepito, il livello di

personalizzazione e la disponibilità a pagare da parte dei consumatori.

Il passaggio dall’economia tradizionale a quella moderna suggerisce, in altri termini,

l’opportunità di accrescere il posizionamento dell’offerta per estrarre maggior valore dal

cliente: questo impone ai produttori di spostarsi dal business delle produzioni agroalimentari

al business dei servizi, delle esperienze e delle trasformazioni, proponendo offerte che,

seppure collegate all’enogastronomia, possono essere percepite ad un livello di valore

superiore a quelle dei business tradizionali. La sfida in questo caso consiste nel trasformare i

prodotti enogastronomici in offerte di servizi di ristorazione o di esperienze di degustazione

enogastronomica valide come forme di offerta in sé, ovvero come proposte all’interno di

sistemi di offerta più ampi e complessi (fiere, sagre, mostre, concerti ed altri eventi ) volti a

valorizzare il territorio (Pencarelli e Forlani, 2006).

Quando si entra nel business dei servizi e soprattutto in quello delle esperienze, la questione

chiave sotto il profilo del marketing è attrarre i consumatori finali nei luoghi ove le

produzioni tipiche locali si realizzano: in sostanza la valorizzazione delle tipicità locali

avviene inserendo i prodotti tipici all’interno di forme di offerta più ricche, in cui il prodotto

tipico locale diventa un fattore di attrattiva per il turismo o l’escursionismo tematizzato

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sull’enogastronomia e la variabile critica per proposte economiche a maggior valore

economico. E’ comunque importante tenere conto che la valorizzazione del prodotto tipico in

ottica turistica necessita di un corredo complessivo di sistema territoriale. In altri termini, non

sono sufficienti i prodotti tipici per garantire competitività nel medio-lungo termine ad una

destinazione. Lo stesso consumatore interessato a questi ultimi, ricerca anche esperienze

culturali ed ambientali più ampie e significative (Franch, 2010).

La prospettiva dell’economia delle esperienze suggerisce dunque di considerare un prodotto

tipico locale come un sistema di offerta proposto da una o più imprese ed istituzioni radicate

in un territorio geograficamente, culturalmente e storicamente delimitato che viene percepito

dalla domanda come un pacchetto di elementi tangibili (prodotti agroalimentari, prodotti

artigianali, manufatti), intangibili (informazioni, cultura, storia, saperi, tradizioni, ecc.) e di

offerte di servizi ed esperienze (servizi di intrattenimento, eventi, folklore, ecc.)

caratterizzato da un’immagine o da un’identità di marca unitaria.

Nella prospettiva del consumatore moderno, inoltre, alla ricerca di continue e nuove emozioni

e di nuovi modi di essere, la domanda di prodotti alimentari si trasforma in domanda di

esperienze ed eventi culturali ed è con queste profonde trasformazioni che l’offerta deve

misurarsi nelle politiche di prodotto innovative. Sotto questo profilo, peraltro, per consentire

l’accesso di turisti nei luoghi di produzione, le politiche di prodotto devono anche considerare

l’esigenza di predisporre adeguate strutture ricettive e di accoglienza per permettere

l’ospitalità ai visitatori dell’area.

In questo contesto, la ricerca di attività turistiche che esaltino la componente sensoriale

impone una riorganizzazione dell’offerta tradizionale (Nocifora et al., 2011). In Italia sono

emerse negli ultimi anni iniziative di valorizzazione di prodotti tipici locali ispirate alla logica

tesa ad enfatizzare la dimensione esperienziale del loro consumo e dell’offerta territoriale,

integrando i prodotti tipici locali con un mix di componenti destinati a creare valore per i

clienti accrescendo i benefici sociali, relazionali e simbolici. Tra di esse le Strade del Vino

rappresentano il tentativo più strutturato, anche in virtù di una legge nazionale volta a

favorirne la diffusione (Legge n.268/1999 – Disciplina delle Strade del Vino).

Le strade e/o percorsi del tipico (tra i quali le strade del vino) delineano forme di

negoziazione tra le numerose attività di valorizzazione delle diverse risorse territoriali,

realizzate sia dai produttori che dalle istituzioni, che presentano come elemento comune

l’integrazione dell’offerta dei prodotti tipici con quella del territorio nel suo complesso. Essi

possono rappresentare importanti opportunità di sviluppo, in particolare nelle aree rurali meno

favorite e marginali rispetto al processo di modernizzazione (Sortino e Chang, 2008),

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condizionate a dinamiche aggregative efficaci e finalizzate a progetti collettivi (Hall et al.,

1997).

I soggetti coinvolti, spinti dalla necessità di raccordare la propria offerta e le proprie attività in

un contesto di relazioni che travalica il rapporto diadico coi singoli clienti/utenti, tenderanno

ad indirizzarsi verso un approccio di governo delle relazioni più ampio, centrato sul network e

sulla rete di rapporti con gli altri partecipanti all’offerta territoriale. Per il successo delle

strategie dei singoli produttori è infatti determinante che tutti gli attori dell’offerta si

coordinino fra loro, attraverso interazioni cooperative, per ottenere quel complesso di sinergie

che permettono di offrire un prodotto tipico con un elevato valore percepito (Pencarelli e

Forlani, 2006).

Emerge altresì la necessità di impostare e costruire assetti di governance del sistema

territoriale fondati un elevato grado di interdipendenza tra gli attori, oltre che da chiare regole

condivise rispetto al livello di centralizzazione delle funzioni di governo (Bonetti et al.,

2006). Per grado di interdipendenza si intende il grado di influenza esercitabile da uno dei

soggetti nei confronti di uno o altri membri del sistema7. Un grado di interdipendenza minimo

caratterizza la situazione in cui gli attori sono legati sono da prossimità geografica e relazioni

di mercato, i rapporti sono casuali, sporadici, spontanei e non vi è fiducia reciproca. Un grado

di interdipendenza massimo, invece, identifica condivisione di obiettivi strategici e un elevato

livello di coordinamento. Ciò consente al sistema di proporsi ai consumatori come un’entità

unica, facilitando ogni azione di marketing operativo, in particolare quelle rivolte alla

costruzione ed erogazione di prodotti-esperienze complessi, mirati ad innalzare il livello di

soddisfazione e coinvolgimenti secondo la logica dell’economia delle esperienze. Un siffatto

sistema territoriale permette dunque un’attività comune di pianificazione e gestione, grazie a

relazioni dense e fondate sulla fiducia reciproca.

Altro elemento riguarda il grado di centralizzazione delle funzioni di governo, ovvero le

diverse configurazioni entro le quali il sistema può riconoscere e legittimare un soggetto con

ruoli di leadership strategica. Tale centralizzazione, di fatto, sottende la formalizzazione della

strategie e l’ordine gerarchico dei soggetti. Tuttavia, sistemi governati posso anche presentare

forte leadership strategica senza tuttavia presentare formalizzazione dei piani né modelli

gerarchici rigidamente applicati. Peraltro, nel caso dei sistemi territoriali per la valorizzazione

dei prodotti tipici, più adeguati appaiono modelli organizzativi “a geometria variabile”, in

7 Sono tre, secondo gli autori, le variabili che ne determinano l’intensità: la densità delle relazioni (intesa come numero di contatti tra le organizzazioni del sistema territoriale); il grado di disponibilità a collaborare, intesa come consapevolezza degli attori di far parte di un sistema e come volontà di gestirlo comunemente; il livello di fiducia reciproca tra gli attori.

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base alle diverse soglie d’efficienza e di efficacia che caratterizza le diverse specie di processi

interni alla rete (Montella, 2009).

Dal punto di vista della modalità di formazione del network, infatti, è possibile collocare le

organizzazioni reticolari all’interno di un continuum che vede agli estremi due situazioni

contrapposte (Golinelli G.M., 2000):

- su di un estremo la logica dell’aggregazione spontanea, con iniziativa dal basso,

limitato livello di strutturazione organizzativa, non necessariamente permanente e

caratterizzata da logiche di auto-organizzazione. Tale prospettiva comporta

l’aggregazione di diversi attori intorno ad un’idea di progetto per la gestione comune

di determinate attività;

- all’estremo opposto una configurazione fortemente accentrata, che prevede la

creazione di un organo di governo che assuma in sé la gestione delle attività e i

processi a più alta intensità di economie di scala e di varietà, e che attraverso un

modello associativo coinvolga i diversi attori del sistema. In questo caso l’iniziativa è

prevalentemente top down, il livello di strutturazione organizzativa è elevato, la

struttura è destinata a perdurare nel tempo ed è caratterizzata da un modello

associativo.

Quale che sia il processo di formazione del network, al fine di cogliere i vantaggi legati a ciò

che Rullani chiama “rete del valore plurisoggettiva”8, è necessario anzitutto che il soggetto

capofila sia in grado di mobilitare non solo le risorse direttamente possedute, ma soprattutto

quelle controllate da altri soggetti, attivando relazioni esterne atte ad allestire il sistema di

offerta, sviluppare forme interattive di apprendimento, scambiare risorse e sviluppare processi

di creazione e circolazione di informazioni e conoscenze. L’appartenenza ad un network

relazionale dovrebbe assicurare ai partecipanti anche un elevato grado di flessibilità strategica

permettendo di estendere il campo d’azione degli attori grazie alla contaminazione con culture

e modelli organizzativi diversi. Le opportunità di accrescere le conoscenze tuttavia dipendono

dall’esistenza nella rete di nodi tra loro compatibili e consonanti (Golinelli C.M., 2002)9, tali

da favorire l’integrazione tra le diverse organizzazioni (sub-sistemi) che operano in un

definito ambito (sistema) territoriale, in modo che il valore finale delle attività che ne

derivano superi la loro semplice somma. In tal senso, riteniamo auspicabili forme

organizzative capaci di cogliere sia l’elemento della reale partecipazione dei membri al

processo decisionale che la presenza di un soggetto guida capace di indirizzare il sistema 8 Rullani 2010.9 Sul concetto e sull’applicazione della logica sistemico-vitale vedi Golinelli G.M. 2000; Golinelli C.M. 2002; Cfr anche Barile, 2009.

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verso il raggiungimento degli obiettivi. La presenza di un organo di governo e di una

piattaforma di relazioni collaborative tra i soggetti della rete rappresenta il primo passo per

una comune finalizzazione del sistema e la successiva definizione di politiche di intervento e

di valorizzazione. La configurazione sistemica della rete risulta altresì essere ineludibile ai

fini della capacità di combinare le risorse afferenti al patrimonio enogastronomico e culturale

per allestire prodotti complessi, preconfezionati o auto-prodotti dal visitatore, utilizzando

come supporto mix più o meno integrati di commodity, beni, servizi, esperienze e

trasformazioni. La finalità del sistema di offerta secondo la lettura dell’economia delle

esperienze è quella di rendere il fruitore del patrimonio enogastronomico non più soggetto

passivo di proposte economiche indifferenziate e massificate, ma soggetto attivo e fortemente

coinvolto nel processo di produzione e consumo del prodotto turistico e, per questa via, creare

valore per se stesso e per gli stakeholder territoriali.

Il concetto di valore offerto, dunque, si amplia e coinvolge tutti gli stakeholders territoriali, i

quali posti in relazione partecipano al processo di creazione del valore in ottica di network,

all’interno del quale produce e riceve valore (Cfr. Bocconcelli, 2005). Il paradigma

manageriale ritenuto maggiormente in sintonia con tale prospettiva è quello del marketing

relazionale ed in particolare quello olistico del marketing relazionale totale di Gummenson

(1999). Il marketing relazionale è “il marketing basato sulle relazioni, il network e

l’interazione”. Si assume che il marketing sia immerso nella gestione totale della rete di

relazioni a livello di singole imprese ed organizzazioni, oltre che a livello del mercato e della

società. Esso è rivolto a costruire, sviluppare e mantenere relazioni di lungo termine a somma

positiva con i clienti e tutti gli altri stakeholder territoriali.

Secondo questo marketing concept, il valore si crea congiuntamente tra le parti coinvolte; di

conseguenza, l’approccio manageriale trascende i confini tra funzioni e discipline

specialistiche ed assume una visione olistica che, a livello distrettuale, implica

un’impostazione di network marketing, in cui non esistono compratori e venditori, ma partner

che si scambiano risorse per svolgere congiuntamente attività interdipendenti finalizzate

all’allestimento di esperienze. Ciò implica una varietà di flussi informativi, all’interno delle

imprese, tra le imprese e tra produttore e consumatore. Tutto questo richiede un

indebolimento dei confini tradizionali dell’impresa10, alla quale è richiesta la capacità di

gestire la conoscenza e le sue applicazioni, identificare le risorse di conoscenza possedute e

quelle necessarie, incamerare la conoscenza e ri-distribuirla all’interno dell’organizzazione11.

10 Weidenfeld et al., 2010. Cfr. Sundbo et al., 2007.11 Nonaka e Takeuchi, 1995. Cfr. Rullani, 2010.

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L’elevata interdipendenza degli attori locali tende a facilitare il trasferimento e la circolazione

della conoscenza a livello inter-aziendale, gettando le basi per processi di apprendimento in

linea con la strategic network theory12, secondo un processo di «apprendimento continuo da

interazione»13. Tutto ciò in una prospettiva di learning by cooperation, mettendo in relazione

soggetti, anche e preferibilmente di settori diversi e complementari, di dimensioni, problemi

di gestione e finalità comuni, favorendo azioni di benchmarking competitivo.

3. L’esperienza delle Strade del vino nella regione Umbria e nella provincia

autonoma di Trento

Obiettivo dell’indagine empirica è quello di esaminare gli aspetti di struttura e le tipologie di

offerta economiche allestite dalle strade del vino della regione Umbria e della provincia

autonoma di Trento, due contesti territoriali particolarmente attenti a proporre forme di

turismo autentico ed  esperienziale, al fine di comprendere le tipologie di network innovativi

ad esse riconducibili nella formazione e nella attuazione di nuove politiche di sviluppo locale.

In particolare l’analisi dei casi di studio cercherà di verificare se le Strade del vino possano

dare vita ad esperienze di turismo di qualità e se esse possano qualificarsi e proporsi quali

“meta-organizzazioni” in grado di favorire i processi di sviluppo territoriale, anche attraverso

un’offerta turistica integrata. La raccolta delle informazioni è avvenuta tramite interviste in

profondità e somministrazione di questionari appositamente predisposti. Le domande

dell’intervista sono state orientate a comprendere le origini delle strade, la loro

organizzazione, la relazione tra i diversi attori e le principali strategie di promozione e

valorizzazione che ne caratterizzano le politiche di sviluppo. Tale analisi è stata svolta, in

modo comparato, con riferimento alle Strade del vino che insistono sulle aree territoriali

evidenziate che stanno sperimentando, ormai da qualche anno, una dimensione evolutiva degli

approcci pianificatori e programmatici orientati alla riqualificazione ed allo sviluppo del

territorio. Questa sperimentazione va agendo a diversi livelli e comprende anche la

promozione di sistemi e percorsi turistici tematici come appunto le Strade del vino. Si tratta di

un complesso di iniziative molto articolato, che coinvolge un’ampia numerosità di operatori

pubblici e privati a vario titolo partecipi di un sistema a rete che va costituendosi, seppur in

modo non sempre sistematicamente integrato, come motore di nuove forme di sviluppo locale

entro forme, assetti e geografie del territorio in continuo mutamento.

12 Cfr. Shaw e Williams 2009.13 Heunks, 1998.

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La dimensione innovativa della governance delle Strade del vino si fonda sulla necessità di

alleanze strategiche che impone ai territori nuove relazioni, rimodulate in funzione di

interessi ed obiettivi comuni, e può oggi operare attraverso una numerosità di strumenti di

varia natura, quali piani e programmi strategici, progetti di marketing territoriale, urbano,

ambientale e turistico, progetti integrati, ecc.. Tali strumenti rappresentano modalità

innovative di governo dei processi di sviluppo e trasformazione del territorio in chiave di

sostenibilità ambientale e socio-economica, anche grazie all’impiego di adeguati dispositivi

per l’informazione, la formazione del consenso e la costruzione partecipata dei processi

decisionali.

Una Strada del vino nasce con la volontà e l’unione delle forze di più soggetti attraverso un

lavoro di coinvolgimento e di relazioni all’interno del territorio e le sue componenti

principali sono rintracciabili analizzando:

- il prodotto: vino, vitigno, paniere dei prodotti tipici;

- il territorio: spazio fisico, spazio antropico, valori di storia e cultura;

- l’ecosistema: valorizzazione del paesaggio e della qualità dell’ambiente;

- i soggetti protagonisti: produttori, operatori turistici, associazioni, istituzioni

(Hausmann, 2005).

Le Strade del Vino rappresentano dunque un’intuizione pubblico-privata che cerca di

incanalare, attraverso percorsi tematici, i vari soggetti che, su uno specifico territorio,

costituiscano la filiera del vino, integrando in un coerente meta-mercato la degustazione del

prodotto e la fruizione turistica del territorio. La costituzione di Strade del vino determina

infatti l’attuazione di una strategia di sviluppo turistico soprattutto in quei territori più fragili,

come sono le zone rurali, dove la principale attrazione turistica è proprio la presenza di un

patrimonio intangibile che deve essere valorizzato attraverso modelli di sviluppo

esperienziali, sostenibili e di qualità.

In Italia le strade del vino sono state disciplinate dalla legge del 27 luglio 1999, n. 268 dove,

all’art.1 sono definite: “ (…) percorsi segnati e pubblicizzati con appositi cartelli, lungo i

quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e cantine di aziende agricole

singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono strumento attraverso i il quale i

territori e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di

offerta turistica”. L’obiettivo principale della legge era quello di dare valore ai territori a

vocazione vinicola, con riferimento particolare ai luoghi delle produzioni di qualità. La legge

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nazionale mette in evidenza come una strada possa qualificarsi come un sistema integrato,

non solo di offerta territoriale, ma anche turistica, che si sviluppa lungo un percorso

caratterizzato da luoghi di interesse storico-artistico ed ambientale, affiancati da una serie di

strutture di accoglienza, ma anche di promozione e commercializzazione dei prodotti tipici del

territorio. La definizione dell’art.1 della legge nazionale del 1999 rispecchia un approccio

coerente con la nuova multifunzionalità del mondo rurale. Il dispositivo normativo crea infatti

presupposti per aumentare la competitività dei sistemi territoriali che concorrono alla

formazione delle strade stesse, cercando di creare efficaci network caratterizzati da un

approccio bottom up, che richiede una compartecipazione attiva ed una progettualità da parte

degli operatori, pubblici e privati, appartenenti sia alla filiera dei prodotti tipici che al settore

turistico.

L’analisi dei casi avverrà separatamente rispetto ai territori di riferimento, preceduta da una

introduzione sul contesto territoriale: provincia autonoma di Trento e regione Umbria. In

conclusione, la tab.1 presenta un quadro sinottico che schematizza tutte le esperienze

osservate.

3.1 Il caso della Provincia autonoma di Trento

La Provincia autonoma di Trento ha disciplinato le strade del vino, inizialmente, con l. p. del

19 dicembre 2001, n. 10, Disciplina dell'agriturismo, delle strade del vino e delle strade dei

sapori, modificata dalla l. p. 2012, n.8 che ha ampliato la denominazione in strade del vino,

strade dei sapori e strade del vino e dei sapori, al fine di favorire lo sviluppo delle zone rurali,

la continuazione delle attività agricole attraverso l'integrazione dei redditi e il miglioramento

delle condizioni di vita degli agricoltori, la conservazione e la tutela delle tradizioni culturali e

dell'ambiente nonché l'utilizzo del patrimonio edilizio rurale, e al fine di sviluppare e

diffondere l'ospitalità e il ristoro attraverso la valorizzazione dei prodotti tipici dell'agricoltura

trentina (art.1).

Al fine di valorizzare i territori a vocazione vitivinicola, con particolare riferimento ai luoghi

delle produzioni qualitative e altre produzioni agroalimentari tradizionali trentine la Provincia

autonoma di Trento promuove e disciplina la realizzazione delle strade del vino e delle strade

dei sapori. In particolare le strade del vino, le strade dei sapori e le strade del vino e dei

sapori, denominazione ampliata come evidenziato dalla nuova normativa, vengono definite

all’art.15 “(..) percorsi, segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli e mappe territoriali,

entro territori ad alta vocazione vitivinicola, caratterizzati dalla presenza di vigneti e cantine

di aziende agricole - individuali o associate - aperte al pubblico, oltreché da attrattive

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naturalistiche, culturali e storiche particolarmente significative ai fini di un'offerta enoturistica

integrata. Esse costituiscono strumento di promozione dello sviluppo rurale attraverso la

valorizzazione e la fruizione in forma di offerta enoturistica del territorio e delle sue

produzioni”.

L’esperienza trentina delle strade del vino nasce in seguito all’aggregazione spontanea di un

gruppo di ristoratori della Vallagarina. Tale positiva esperienza stimola altri territori, nel

periodo 2001-2007, a fondare proprie associazioni, vengono così costituite 7 strade del vino,

ognuna con una propria denominazione territoriale: strada del vino e dei sapori della

Vallagarina, strada del vino e dei sapori dal lago di Garda alle Dolomiti di Brenta, strada del

vino e dei sapori colline Avisiane, Faedo, Valle di Cembra, strada del vino e di sapori della

Piana Rotaliana, strada del vino e dei sapori di Trento e Valsugana, la strada dei formaggi

delle Dolomiti, la strada della Mela e dei sapori delle Valli di Non e di Sole. Questa

situazione determina una frammentazione delle risorse e una difficoltà di coordinamento delle

attività, che avvia un processo di razionalizzazione della numerosità delle strade. Nel 2009

viene presentato un primo progetto di unificazione che avrebbe condotto alla fusione delle 7

associazioni in un unico soggetto capace di valorizzare, di volta in volta, la produzione

caratterizzante la filiera agroalimentare e di istituire una compagine sociale che rappresentasse

non solo la filiera agroalimentare, ma anche il settore ricettivo e ristorativo. La difficoltà di

realizzazione del progetto di unificazione, porta nel 2012 alla costituzione di 3 strade

caratterizzate ognuna da una produzione tipica, e rappresentative dell’intero territorio

provinciale: la strada dei formaggi delle Dolomiti, la strada della Mela e dei sapori delle Valli

di Non e di Sole e da gennaio 2013 la nuova strada del vino e dei sapori del Trentino che ha

incorporato, attraverso fusione, in un nuovo soggetto la compagine associativa delle 5 vecchie

strade del vino e dei sapori.

Per quanto riguarda le attività di valorizzazione e promozione, l’analisi verrà invece svolta

singolarmente per ognuna delle strade, in quanto ogni territorio si caratterizza per l’attuazione

di iniziative differenti. Dall’analisi emerge come le strade, pur continuando ad utilizzare gli

strumenti di comunicazione tradizionali, inizino a promuovere le loro attività attraverso i

social network più innovativi.

Strada del vino e dei sapori del Trentino

L’associazione viene costituita nel gennaio 2013 e comprende tutto il territorio della

Provincia di Trento, con eccezione delle valli di Non e Sole, val di Fiemme, Fassa e Primiero.

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Uno degli obiettivi principali della strada è rappresentato dalla promozione del territorio e

delle sue eccellenze produttive in un’ottica di integrazione. Molti eventi sono ideati per creare

un coinvolgimento di tutte le categorie di associati (produttori, ristoratori, albergatori). In

questo senso un esempio è l’iniziativa “Trentodoc on the road”. Nonostante la strada si

configuri come braccio operativo delle Apt e dei consorzi nella costruzione e fruizione del

territorio a matrice enogastronomica, il suo ruolo nella programmazione delle politiche

turistiche del territorio è poco rilevante. Occorre evidenziare infatti come l’enogastronomia

non rappresenti attualmente per il Trentino una motivazione di vacanza principale, bensì una

motivazione complementare che in alcuni territori assume un carattere marginale.

L’attività della strada si configura in tre ambiti di operatività: eventi, fiere e manifestazioni,

formazione e prodotto.

Per quanto riguarda gli eventi gran parte dell’attività della strada consiste nell’organizzazione

o nel supporto organizzativo ad eventi e manifestazioni locali o nella presenza ad eventi

nazionali. L’attività di formazione è orientata a due tipologie di interventi: uno dedicato alle

produzioni tradizionali del territorio per favorire la diffusione di una cultura di prodotto tra gli

operatori della ristorazione e della ricettività ed un altro specifico su temi di interesse per le

aziende associate. Infine nell’area sviluppo prodotto rientra tutta l’attività volta a fare crescere

l’enoturismo, fornendo supporto all’organizzazione di pacchetti turistici da parte di agenzie

viaggi e tour operator o fornendo un servizio di assistenza agli ospiti “disintermediati”.

Si evidenzia come l’attività di promozione della strada sia finalizzata alla valorizzazione non

solamente dei prodotti, ma in primis dei produttori e dei luoghi di produzione.

Strada dei Formaggi delle Dolomiti

La Strada dei formaggi delle Dolomiti nata nel 2004, si estende nell’area compresa tra le valle

di Fiemme, di Fassa, e i territori di San Martino di Castrozza, Primiero e Vanoi. Diverse sono

le iniziative che la strada ha realizzato per integrare l’offerta agricola tipica locale con

l’ospitalità e l’offerta turistica del territorio: Gusto Trentino, Cheesenic, HappyCheese ne

rappresentano un esempio. L’attività della strada prevede inoltre la realizzazione di progetti

specifici, come “Botirò di Primiero di malga” e “Viaggio nel gusto”, che hanno l’obiettivo di

stimolare la capacità di fare rete dei diversi soggetti che caratterizzano la filiera

agroalimentare e turistica.

L’attività della strada si caratterizza per sviluppare un’offerta turistica integrata, attraverso

iniziative capaci di avvicinare agricoltura e turismo, per la promozione di un turismo

enogastronomico di qualità.

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Strada della Mela e dei sapori delle Valli di Non e di Sole

L’associazione senza scopo di lucro la strada della mela e dei sapori delle Valli di Non e di

Sole, si costituisce nel 2004 e opera esclusivamente nelle valli di Non e di Sole, territori con

una evidente vocazione turistica collegata alle produzioni agricole ed agroalimentari. Le

attività della strada sono orientate a promuovere il territorio nella sua totalità, non limitandosi

alla promozione del singolo prodotto o della singola azienda.

La Strada partecipa a manifestazioni quale Pomaria, evento alla scoperta delle tradizioni e dei

sapori locali, Ambasciatori di Melinda, unica dop italiana, e al progetto adotta un melo.

3.2 L’esperienza umbra

La Regione Umbria con legge regionale n. 38 del 22.12.1999 "Disciplina delle Strade del

Vino in Umbria", ha promosso e disciplinato nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale, la

realizzazione delle strade del vino, estendendo, all’art.10 le disposizioni di tale legge anche

per la realizzazione di strade finalizzate alla valorizzazione di altre produzioni di qualità, con

particolare riguardo all'olio di oliva ed in genere ai prodotti tipici.

Nel territorio umbro sono presenti quattro Strade del vino: la Strada del Vino Colli del

Trasimeno, la Strada del Sagrantino, la Strada del Vino del Cantico e la Strada del Vino

Etrusco Romana ed una strada regionale dell’olio Dop Umbria. Al fine di dare alle strade del

vino e dell’olio maggiore visibilità ed opportunità di conoscenza, nel 2007 è stato costituito il

Coordinamento regionale, composto dai Presidenti delle cinque strade attualmente esistenti.

Obiettivi del Coordinamento sono il raggruppamento, nel rispetto delle singole individualità,

di alcune funzioni oggi svolte dalle diverse associazioni. Compito del Coordinamento è

quindi la progettazione di un piano promozionale comune che, evidenziando le specificità di

ciascun itinerario, consenta la promozione di un’ immagine unitaria legata al prodotto vino ed

olio.

Per quanto riguarda le attività di valorizzazione e promozione, l’analisi verrà invece svolta

singolarmente per ognuna delle strade, in quanto ogni territorio si caratterizza per l’attuazione

di iniziative differenti. Cosi come è emerso dall’analisi degli strumenti della provincia di

Trento anche le strade del vino umbre utilizzano i moderni social network nell’attività di

promozione delle proprie iniziative che diventano strumenti di valorizzazione e conoscenza

dell’intero territorio.

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La Strada dei Vini del Cantico

L’associazione senza scopo di lucro Strada dei Vini del Cantico si estende nell’area della

Media Valle del Tevere nasce nel 2002 con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo economico

attraverso la promozione di un’offerta turistica integrata e di valorizzare e promuovere in

senso turistico le produzioni vitivinicole e le attività agroalimentari di qualità.

La strada attua azioni di valorizzazione e promozione delle produzioni locali con la

realizzazione di una guida cartacea e di redazionali in riviste specializzate in ambito turistico

ed enogastronomico, ma anche utilizzando le nuove tecnologie, oltre il sito web sono infatti

attivi diversi social network. Parte dell’attività della strada prevede l’organizzazione e la

partecipazione a fiere, eventi e workshop in Italia e all’estero.

Attraverso un accordo con un tour operator locale la strada realizza un’esperienza di

promozione integrata dell’offerta del proprio territorio, attraverso una diversa gamma di

pacchetti non solo enogastronomici, ma anche culturali artistici e naturalistici.

Strada del Vino Colli del Trasimeno

La strada del Vino Colli del Trasimeno, costituita nel 2000, raggruppa al suo interno undici

comuni della Provincia di Perugia. Le attività principali per promuovere e valorizzare la

vocazione vitivinicola dell’area del Trasimeno sono finalizzate al miglioramento qualitativo

dell’offerta turistica integrata del territorio interessato, con particolare attenzione alle

produzioni dell’economia eco-compatibile. L’integrazione tra l’offerta agricola tipica locale,

l’ospitalità e l’offerta turistica del territorio è stata realizzata principalmente in due ambiti

operativi. Il primo riguarda l’organizzazione di eventi/manifestazioni, come la realizzazione

del progetto “DiVino Trasimeno” e la collaborazione all’evento “Bianco Rosso e Blues”. Il

secondo maggiormente rivolto all’area dell’accoglienza/promozione turistica con l’istituzione

del Centro di informazione della Strada del vino Colli del Trasimeno presso il comune di

Passignano e con la collaborazione alla redazione di “Trasimeno a Tavola”, una guida dei

ristoranti del Trasimeno.

Strada del Sagrantino

L’associazione Strada del Sagrantino nasce nel 2002 e comprende i comuni di Bevagna,

Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo, Montefalco, in parte anche aderenti

all’Unione di Comuni delle terre dell’olio e del sagrantino, unica esperienza di aggregazione

tra comuni presente nella regione Umbria.

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L’attività della strada del Sagrantino, rivolta sia ai propri associati che a potenziali

turisti/visitatori, può essere sinteticamente riassunta in tre ambiti operativi: accoglienza,

attività promozionale e animazione.

Per quanto riguarda l’accoglienza, l’apertura nel mese di settembre 2003, ad un anno dalla

nascita della strada, del primo punto informazioni ed accoglienza turistica della strada del

Sagrantino nel comune di Montefalco, evidenzia la vivacità e la capacità del territorio di

comprendere l’importanza di tale strumento per la promozione della conoscenza del

territorio, dei suoi prodotti e delle sue risorse turistiche. Inoltre, al fine di agevolare l’accesso

nelle varie strutture associate (cantine, frantoi, ristoranti, strutture ricettive) dal 2004 è stato

realizzato un progetto per l’istallazione di un’apposita segnaletica sia presso le strutture sia

lungo il percorso della strada del Sagrantino con totem informativi.

L’associazione svolge un’intensa attività promozionale, cresciuta negli anni in virtù sia del

crescente numero di associati che dell’affermarsi di pratiche di turismo che si avvicinano alle

proposte della strada. L’attività promozionale è in continuo aggiornamento, utilizzando i

recenti social network quali Facebook, Twitter e Flickr , oltre i tradizionali strumenti di

promozione quali mappe turistiche, depliants, cataloghi e gadgets. Tra le numerose iniziative

realizzate, la più interessante riguarda l’apertura della prima enoteca del Sagrantino,

inaugurata nel maggio 2005 a Berlino, che rappresenta un punto di riferimento per i produttori

di vino di Montefalco e per quei turisti tedeschi appassionati, o semplicemente curiosi

dell’Italia, che all’interno dell’enoteca, oltre ad eccellenti vini e prodotti tipici, possono avere

tutte le informazioni utili ad organizzare un viaggio in Umbria.

Per quanto riguarda infine l’attività di animazione sul territorio, la strada organizza o

collabora con gli enti locali alla realizzazione di alcuni eventi e propone periodicamente dei

corsi di enologia ed enogastronomia.

L’attività di integrazione tra le molteplici risorse e offerte presenti nel territorio caratterizza

fortemente l’attività della strada del Sagrantino, che diventa così un efficace strumento di

promozione dell’interno territorio e non esclusivamente del singolo prodotto vino che

sicuramente caratterizza tale area. Sono stati, in tal senso, individuati 27 sentieri della strada

del Sagrantino, percorsi che attraversano nel complesso tutto il territorio della denominazione

e permettono di raggiungere sia le cantine che i frantoi associati, ma anche di visitare alcune

bellezze storiche e paesaggistiche.

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Strada del Vino Etrusco Romana

La Strada del vino Etrusco Romana, istituita nel 2002, attraversa gran parte del territorio della

Provincia di Terni, interessando soprattutto le aree dell’orvietano e dell’amerino.

Coerentemente con le previsioni della legge regionale n.38/99, l’attività prioritaria della strada

è quella di integrare la produzione agricola con l’offerta turistica. Sono state così elaborate

proposte integrate di itinerari e pacchetti sia del territorio della strada che del resto della

regione, attraverso azioni svolte con il Coordinamento regionale delle strade del vino e

dell’olio, di cui la strada è uno dei soci fondatori. Tra le principali azioni di promozione si

evidenzia la presenza di un circuito di totem informativi sul territorio.

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Tabella 1. Quadro sinottico dei casi analizzati

Casi di studio Strada del vino e dei sapori del Trentino

Strada dei Formaggi delle Dolomiti

Strada della Mela e dei sapori delle Valli di Non e

di Sole

Strada dei Vini del Cantico

Strada del Vino Colli del Trasimeno Strada del Sagrantino Strada del Vino Etrusco

Romana

Forma giuridica

Associazione senza scopo di lucro

Associazione senza scopo di lucro

Associazione senza scopo di lucro

Associazione senza scopo di lucro

Associazione senza scopo di lucro

Associazione senza scopo di lucro

Associazione senza scopo di lucro

Anno di costituzione 2013 2004 2004 2002 2000 2002 2002

Soggetti promotori

Le precedenti 5 associazioni presenti sul territorio

Caseifici ed altri produttori, operatori turistici, Apt, Parco di

Paneveggio- Pale di San Martino, ASAT, Comunità di valle, Istituto Ladino di Fassa

Soggetti privati, aziende e comuni

Comune di Torgiano, di Perugia, di Bettona, di Assisi, di Cannara, di Marsciano, di Spello, di Todi, Provincia di

Perugia, Camera di Commercio di Perugia, Regione dell’Umbria

Soggetti pubblici (Regione dell’Umbria, Provincia di

Perugia e, Comunità montane, CCIAA,

organizzazioni professionali ed associazioni, Soggetti

privati

Comuni aderenti organizzazioni professionali,

soggetti privati ed associazioni

Provincia di Terni

Numero dei soci 400 92 170 167 53 86 87

Area geografica di riferimento

Tutto il territorio trentino fatta eccezione per le valli di Non e

Sole, di Fiemme, Fassa e Primiero

Valle di Fiemme, di Fassa, San Martino di Castrozza, Primiero

e VanoiVal di Non e Val di Sole Media Valle del Tevere

I comuni di :Tuoro, Passigano Magione,

Corciano, Castiglione del Lago, Città della Pieve,

Panicale, Piegaro, Paciano, Umbertide e Perugia

Bevagna, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria, Gualdo

Cattaneo, MontefalcoProvincia di Terni

Fonti di finanziamento

Quote associative, contributo della Provincia autonoma di Trento, sponsorizzazioni e

contributi su iniziative specifiche

Quote associative, contributo della Provincia autonoma di

Trento, sponsorizzazioni, contributi su iniziative

specifiche

Quote associative, contributo della Provincia autonoma di

Trento, sponsorizzazioni, contributi su iniziative

specifiche

Si, quote associative , fondi comunitari (PSR), contributi

pubblici, attività di promocommercializzazione

di iniziative turistiche

Quote associative, fondi comunitari (PSR), contributi

pubblici,

Quote associative, fondi comunitari (PSR), contributi

pubblici, contributi straordinari dei singoli soci

Si, quote associative, fondi comunitari (PSR) contributi

pubblici e privati

Soggetti territoriali

coinvolti nella attuazione

delle attività della Strada

Rete degli associati, Aziende per il turismo e consorzi

turistici d’ambito, Trentino Sviluppo, CCIAA, consorzio

vini, associazioni di produttori, associazione di tutela di particolari prodotti

Rete degli associati Aziende per il turismo, Parco di Paneveggio e Pale di San Martino, Musei ed ecomusei associati, Comunità di

Valle, Trentino Sviluppo, CCIAA, Accademia di impresa,

Comitati promotori ed organizzatori di manifestazioni

locali,

Aziende per il turismo, Trentino Sviluppo, altre strade del

Trentino, comuni, Pro-loco, Comunità di Valle, Associazioni locali

Comuni aderenti, Provincia di Perugia, CCIAA di

Perugia, GAL Media Valle del Tevere, Regione Umbria,

Pro-loco aderenti, Movimento Turismo del vino Umbria, Consorzi di tutela,

Altre Strade del vino e dell’olio regionali

Comuni aderenti, Provincia di Perugia, Regione

dell’Umbria, Cantine, Aziende Agricole, Strutture

ricettive e ristorative, organizzazioni professionali

ed associazioni

Cantine e aziende vitivinicole, strutture

ricettive, ristoranti, aziende agricole, comuni associati

CCIAA di Perugia, Provincia di Perugia, Regione Umbria

Regione Umbria, Provincia di Terni, Comuni aderenti,

CCIAA di Terni, Associazioni di categoria, ICE,

Coordinamento regionale delle strade del vino e dell’olio dell’Umbria, Consorzio di

tutela Vino Orvieto, Lago di Corbara e Amelia DOC,

Movimento turismo Vino, Umbria Top, Palazzo del

Gusto e Enoteca regionale dell’Umbria, Associazione

varie

Strumenti di comunicazione e promozione

Sito web, Magazine cartaceo, Blog, Portale delle Strade del Vino, Applicazione mobile

“Gusto trentino”

Sito web, Social Network: Facebook, Twitter, Pinterest,

Instagram. Newsletter

Sito web, Stampa, Campagne pubblicitarie

Sito web, Guida cartaceaSocial network, Redazionali

in riviste specializzate, Newsletter

Sito web, Brochure, Sarà attivata a breve applicazione

mobile per smartphone

Sito web, Social network: Facebook, Twitter, Flickr,

Evento Social media tour in montefalco

Sito web, Strumenti multimediali

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Fonte: nostra elaborazione

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4.Conclusioni

Lo studio proposto, seppure di natura esplorativa e dunque senza la pretesa di raffigurare

un’analisi valida a livello nazionale, mostra anzitutto come la normativa di riferimento possa

rappresentare uno stimolo decisivo ed efficace per la creazione di aggregazioni di soggetti

pubblico-privati capaci – in potenza – di costruire ed offrire proposte di valore legate ai

prodotti tipici espressi dal territorio. Laddove le istituzioni e di conseguenza le politiche

territoriali concepiscono i prodotti tipici come risorse turisticamente valorizzabili, emergono

infatti normative specifiche mirate all’aggregazione di soggetti per la creazione di percorsi

finalizzati alla creazione di valore e di esperienze turistiche complesse.

Dall’analisi emerge dunque la volontà e l’impegno delle strade di corrispondere ad una

richiesta della domanda di turismo enogastronomico, che non vuole ridurre la visita del

territorio ad un semplice momento di conoscenza della qualità del prodotto tipico, ma di

trasformarla in un’esperienza. Assumendo infatti la prospettiva esperienziale è evidente come

i casi possano essere modelli di riferimento per le altre regioni italiane, ove le tipicità

enogastronomiche o artigianali rappresentano una declinazione del made in Italy e dell’

italian way of living, differenziando le destinazioni rispetto ad altre località concorrenti e

consentendo ai turisti di vivere esperienze uniche, autentiche e non massificate, in cui il

prodotto tipico è il pretesto per conoscere non solo luoghi nascosti e fuori dai circuiti

tradizionali, ma anche per apprendere la cultura e le tradizioni delle comunità locali, una sorta

di “ecomuseo diffuso e vivente”. La soluzione delle strade del vino e dei sapori capovolgono

il tradizionale paradigma del marketing per valorizzare le produzioni tipiche, che

tradizionalmente punta sulla ricerca dei clienti e sulla commercializzazione tramite i canali di

vendita, portando le produzioni locali ai mercati. Con le strade del vino si cerca di portare il

consumatore nei luoghi della produzione, offrendo la fruizione di prodotti abbinati ad un

contesto storico, paesaggistico, antropologico, facendo quindi evolvere il concetto di prodotto

tipico vs quello di “esperienza tipica”, in cui la componente tangibile dell’offerta diventa di

supporto a quella simbolica, culturale e partecipata che è racchiusa nelle esperienze.

In tal senso, entrambi i contesti territoriali osservati – regione Umbria e provincia di Trento –

rappresentano esperienze interessanti seppur con delle differenti impostazioni.

Un primo elemento di differenziazione tra le realtà esaminate è inerente al diverso grado di

specializzazione delle strade, in riferimento ai prodotti caratterizzanti. In Umbria, si

sviluppano percorsi con un elevato livello di specializzazione dove il paniere non viene

allargato ad altre produzioni locali. Esiste infatti un altro percorso specifico per la

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valorizzazione dell’olio extravergine di oliva: la strada regionale dell’olio Dop Umbria.

All’interno del “modello” trentino prevale invece un orientamento differente, percepibile dalla

stessa denominazione delle strade, dove il grado di specializzazione delle strade diminuisce,

evidenziando un paniere che comprende sia il vino che altri prodotti agroalimentari di qualità

che caratterizzano gli specifici territori/itinerari (es. formaggi, mela, ecc.).

Inoltre, in Trentino le strade del vino mostrano una minore relazione con la filiera turistica

tradizionale (strutture ricettive in particolare), essendo le loro attività maggiormente rivolte

alla promozione del prodotto tipico, secondo una logica meno orientata all’esperienza turistica

legata al tema dell’enogastronomia. Ciò a causa probabilmente della rilevanza – non primaria

– del turismo enogastronomico nell’area. Al contrario, la regione Umbria pare dimostrare una

maggiore integrazione dei percorsi del tipico con gli attori della ospitalità (ristoranti e

strutture ricettive).

Un altro aspetto che caratterizza i territori indagati riguarda sia una separazione tra la filiera

che caratterizza le strade e il territorio e la presenza di una frammentazione degli attori

coinvolti che genera difficoltà di integrazione tra gli stessi spesso provocando disaccordi tra

gli operatori nelle strategie e sui programmi. Si evidenzia pertanto il permanere di logiche e

dinamiche settoriali chiuse che comportano una scarsa valorizzazione di alcuni settori o

prodotti e delle molteplici offerte presenti sul territorio e conseguentemente la difficoltà di

presentare in modo omogeneo e strategico la ricchezza del territorio ai consumatori/turisti.

Osservando i profili strutturali e di governance sembra altresì emergere come il soggetto

pubblico giochi un ruolo rilevante, il che se dal lato della capacità di aggregare gli stakeholder

territoriali risulta essere un fattore positivo, alimenta d’altro canto qualche perplessità sotto il

profilo manageriale. Le politiche di marketing e le strategie competitive delle strade del vino,

infatti, rischiano di risentire della governance pubblica, la quale sovente non consente di

operare secondo logiche e principi orientati al mercato, tesi cioè a ricercare, contattare e

gestire i clienti potenziali ed attuali, proporre loro prodotti (pacchetti) legati

all'enogastronomia ed a esperienze di fruizione turistica rurale secondo una prospettiva di

business.

A ciò va aggiunto il peso determinante dei finanziamenti pubblici nei budget delle strade che

porta al rischio che il soggetto pubblico travalichi il ruolo di orientatore e facilitatore dei

processi approdando a quello di gestore, ciò a scapito delle associazioni di categoria e dei

soggetti privati. Le strade del vino indagate riescono a conseguire economie di scala o altre

economie di aggregazione? Quali livelli di efficienza operativa e di efficacia strategica

raggiungono? Quali sono le strategie competitive, le politiche di prodotto, distribuzione,

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prezzo e comunicazione adottate? Chi è il regista di questi sistemi? L’analisi svolta risponde

solo parzialmente a tali quesiti e ciò costituisce un importante limite della ricerca, ma

rappresenta anche l’indicazione di prospettive future su cui svolgere ulteriori

approfondimenti.

Si tratta di valutare, in altri termini, se gli attori che operano nelle strade del vino si trovano a

competere nel tradizionale business dell’agricoltura oppure in quello delle esperienze.

Quest’ultimo richiede proposte di valore assai più complesse, come anche approcci di

comunicazione e commercializzazione personalizzati, oltre che di erogazione di servizi

adeguati alle esigenze dei consumatori-turisti, che visitando una strada del vino si aspettano di

vivere un'esperienza coinvolgente, unica, autentica. Per il successo di una Strada del vino

occorrono soggetti di governo che sappiano assumere la prospettiva del cliente e sappiano

creare, comunicare e consegnare valore per esso tramite un portafoglio sufficientemente

ampio di offerte economiche a forte contenuto esperienziale e con forte capacità di

coinvolgimento dei turisti (Cfr. Pencarelli e Splendiani, 2008). Al fine di valutare tale

capacità, future analisi empiriche dovranno tener conto anche di dati di natura quantitativa

(incremento presenze turistiche, incremento vendite dei prodotti tipici, commercializzazione

di pacchetti turistici tematizzati, ecc.) valutati in un arco temporale congruo e analizzando casi

ed esperienze su tutto il territorio nazionale e finanche europeo.

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