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L'agiografia francescana tra continuità e
innovazione:
storia, riscritture e pratiche di culto lungo i
secoli
Mauro BADAS
Université de Cagliari (Italie)
Introduzione
Il genere agiografico si rivela particolarmente capace nelle sue
formulazioni e nella continua riscrittura delle vite dei santi di mostrare le
esigenze della società in cui gli stessi testi sono nati e verso cui sono
principalmente diretti. Nella costante mediazione tra esigenze di tipo
didattico e capacità di intrattenimento espressa attraverso il fascino della
narrazione, la figura del santo viene costantemente attualizzata e resa viva
per l’immaginario religioso dei destinatari. Ciò è reso possibile da un uso
accorto di sistemi di comunicazione capaci di suscitare nei destinatari
risposte consonanti allo scopo per cui i testi son stati composti, ovvero
attivare nei cristiani il desiderio di imitatio della vita del santo e delle sue
opere e in questo modo rafforzare la fede. L’uomo può così avere un
modello concretamente imitabile nella propria vita e un punto di
riferimento per ogni scelta del quotidiano1.
Tale sforzo di adeguamento alla realtà e ai bisogni spirituali dei fedeli
impegna assiduamente gli agiografi di ogni tempo. Per questo non
stupisce l’attualità, ininterrottamente verificabile lungo i secoli, di una
figura come quella di Francesco d’Assisi, tenuta viva anche dalla continua
1 Cfr. U. Longo, La santità medievale, con un saggio introduttivo di G. Barone, Roma, Jouvence, 2006, p. 41 ;
C. Bologna, Fra devozione e tentazione. Appunti su alcune metamorfosi nelle categorie letterarie dall’agiografia
mediolatina ai testi romanzi medievali, in Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in età preindustriale, a cura di S.
Boesch Gajano e L. Sebastiani, L’Aquila-Roma, Japadre, 1984, pp. 264-265; A. Vauchez, Introduction, in La
religion civique à l’époque médiévale et moderne (Chrétienté et Islam), Actes du Colloque organisé par le Centre
de recherche « Histoire sociale et culturelle de l'Occident. 12.-13. Siècle » de l'Université de Paris 10
Nanterre et l'Institut universitaire de France (Nanterre, 21-23 juin 1993), sous la direction d'A. Vauchez,
Rome, Ecole française de Rome, 1995, pp. 1-5. Per approfondimenti cfr. anche M. Badas, La letteratura «
consegnata al popolo » : le vite dei santi nel Medioevo romanzo, in Idee di letteratura, a cura di D. Caocci e M.
Guglielmi, Roma, Armando Editore, 2010, pp. 120-131.
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rimodulazione del racconto della sua vicenda terrena.
Il nostro percorso di una durata di quasi ottocento anni tende a seguire
la linea segnata dagli scritti dedicati al racconto della vita di Francesco
d’Assisi, all’interno di quell’insieme di testi che Claudio Leonardi ha
definito come « un’agiografia stupenda, senza precedenti e senza confronti
»2. Si forniranno pertanto alcuni limitati ma interessanti esempi, collocati
in cronologie differenti ; in essi verrà mostrato come la trasformazione, a
volte impercettibile, a volte più marcata della figura di Francesco, non sia
mai casuale, ma rivelativa del tipo di società destinataria di tali testi.
1. Le prime agiografie e la questione francescana
Non si può ovviamente prescindere, per comprendere la storia
dell’agiografia francescana, da quanto accadde all’inizio della storia
dell’ordine, pochi decenni dopo la morte del santo fondatore3.
Vi è un episodio significativo che il primo volume dell’Atlante della
Letteratura Italiana, edito da Einaudi nel 2010, individua come evento,
piccolo nella sua episodicità, ma destinato a segnare un’epoca. Si tratta del
punto di partenza del saggio di Alessandro Barbero intitolato L'invenzione
di Francesco4, nel quale si ricorda la decisione dei vertici francescani, riuniti
a Parigi nel 1266, di autorizzare la circolazione di una sola biografia di san
Francesco, quella scritta pochi anni prima dal generale dell'Ordine
Bonaventura da Bagnoregio (1263). Tale disposizione portò alla
distruzione di tutte le precedenti versioni della vita del santo, comprese le
già celebri biografie di Tommaso da Celano (1228-29 e 1246-47),
distruzione per fortuna non compiuta fino in fondo. Com’è noto si volle
così esercitare una censura degli aspetti più scomodi della biografia del
fondatore, con l'esplicito intento da parte dei successori di reinterpretare le
sue volontà e rivedere i suoi insegnamenti. Francesco venne trasformato in
un alter Christus e furono eliminati gli aspetti più controversi della sua
personalità. È vero, e il saggio ne dà preciso conto, che alcuni episodi della
2 C. Leonardi, Le agiografie francescane, in La letteratura francescana, vol. II, Le vite antiche di san Francesco, a
cura di C. Leonardi, Fondazione Lorenzo Valla, Milano, Mondadori, 2005, p. XLIV. 3 Sulle agiografie del primo periodo del francescanesimo e sulla questione francescana è fondamentale il
volume di F. Uribe, Introducción a las hagiografías de san Francisco y santa Clara de Asís (siglos XIII y XIV),
Murcia, Publicaciones Insitituto Teológico Franciscano, 1999. Qui si cita dall’edizione italiana, peraltro
rivista e ampliata : F. Uribe, Introduzione alle fonti agiografiche di san Francesco e santa Chiara d’Assisi (secc.
XIII-XIV), Assisi, Edizioni Porziuncola, 2002. 4 Cfr. A. Barbero, L’invenzione di san Francesco, in Atlante della letteratura italiana, a cura di S. Luzzatto e G.
Pedullà, vol. 1, Torino, Einaudi, 2010, pp. 55-60.
3
vita di Francesco vengono selezionati e omessi nella versione
bonaventuriana : questo è talmente evidente che Jacques Dalarun, nel
volume uscito nel 1996 La malaventura di Francesco d’Assisi, ritiene possibile
addirittura proporre, giocando con le parole, una pista di ricerca
paradossale: di fronte alla « Bonavventura » del santo come viene narrata
dal ministro generale, [si potrebbe] ricostituire la « Malavventura » di
Francesco, cioè tutto quello che l'agiografo sceglie di non conservare sul
Poverello e che il capitolo di Parigi, di conseguenza, votò tranquillamente
alla distruzione. Questo Francesco « malavventuroso » non sarà in sé più
storico di quello assunto da Bonaventura, prima che il ministro generale lo
rimaneggi, ma sarà la parte inassimilabile di Francesco5.
Occorre tuttavia evitare tagli troppo netti tra gli ideali di Francesco e
quelli dell'Ordine da lui nato, di cui la vita di Bonaventura è comunque
espressione, in quanto ciò non rende conto della continuità di una
tradizione che a partire dalla figura straordinaria di Francesco d'Assisi ha
cambiato progressivamente il volto della cristianità occidentale : peraltro
l’intento di Bonaventura nella stesura della sua biografia era quello di
cercare un compromesso tra la tendenza moderata e quella rigorista
dell’Ordine, tenendo presente le ragioni di tutti. Bonaventura non si è
perciò voluto soffermare su singoli episodi della vita di Francesco, su cui
non vi era accordo, ma cercò di interpretare in maniera comprensiva
quelle stesse storie che erano giunte da parte delle due fazioni con
significati spesso drasticamente differenti. Come sottolinea lo stesso
Dalarun « la “Malavventura” di Francesco deve essere colta tematicamente
e in una dialettica costante con la “Bonavventura” che, sola, le conferisce la
sua legittimità paradossale »6.
Bonaventura nella sua opera aveva sottolineato in particolar modo la
realtà mistica di Francesco, utilizzando racconti precedenti che conosceva.
Tuttavia il suo sguardo non era tanto diretto a ricostruire un passato ;
Bonaventura era anzitutto consapevole di trovarsi nel presente dinanzi a
un’inaspettata e inarrestabile espansione dell’Ordine che non pareva
arrestarsi. Per questo motivo nella sua descrizione delle origini si avverte
un certo distacco da tali fatti : l’imitazione di Cristo è qualcosa per
Bonaventura da vivere nel presente, non attaccandosi in modo eccessivo a
condizioni storiche differenti che rischiavano di risultare anacronistiche
per la situazione dell’Ordine, seppure neppure un secolo era trascorso.
L’unica cosa importante da sottolineare era appunto l’unione mistica a
Dio, l’abbandono a Lui senza alcuna riserva, l’essere condotti, proprio
5 J. Dalarun, La Malavventura di Francesco d’Assisi. Per un uso storico delle leggende francescane, Milano,
Biblioteca Francescana, 1996, p. 168. 6 Cfr. ivi, p. 169.
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attraverso questa unione, alla santità. Si comprende in questo senso la
centralità in Bonaventura di Cristo Crocifisso, verso cui Francesco, in
questo afflato di unione mistica verso Dio, provava effettivamente una
sincera e drammatica attrazione. Aldilà del suo carattere e di episodi
specifici inevitabilmente condizionati dalla storia, in Francesco era da
imitare questo suo amore per Cristo Crocifisso. In tale modo anche i frati,
oltre le proprie debolezze, si potevano sforzare continuamente di giungere
a Cristo ed essere santi7.
Il Crocifisso dunque diventa il centro della contemplazione come totale
annientamento e spoliazione di sé8 : non a caso nell’Itinerarium mentis in
Deum, Bonaventura rilegge tutta l’esperienza spirituale del fondatore a partire
dal conferimento delle stimmate sul monte della Verna, visto come piena e
totale conformità a Cristo9.
La decisione parigina del 1266 non fu però in grado di spegnere altre
voci. Oramai l’Ordine era nettamente diviso in due fazioni che avevano
adottato perfino un nome : « i frati della comunità » che di fatto seguivano
la linea di Bonaventura e « i frati spirituali » che predicavano un ritorno
alle origini del francescanesimo, basato sulla povertà radicale, e che
condannavano l’inserimento dell’Ordine nelle università e nella società in
genere10. Per fronteggiare la diffusione dell’opera di Bonaventura e la sua
imposizione come unica fonte per conoscere la vera vita del fondatore, gli
Spirituali cominciarono a prendere come loro riferimento altri testi, come
la Compilatio Assisiensis, risalente al 1276 circa, attribuita a frate Leone, e
che pertanto si poneva come uno dei testimoni più attendibili della vita del
fondatore11. Di quest’opera Claudio Leonardi sottolinea il carattere spesso
polemico, una spiritualità sobriamente nostalgica di un passato puro,
semplice e povero, ricco di episodi relativi a Francesco coperti da un velo
di miracolistico, l’immagine di Francesco e dell’Ordine come eletti da Dio
per una grande missione, e infine l’osservanza rigorosa della regola e i
contrasti insorti […] Francesco appare avvolto in un’atmosfera di intensa
7 Cfr. Leonardi, Le agiografie francescane cit., p. XXV. 8 Si comprende pertanto la predilezione per il culto della Santa Croce, spesso promosso dai francescani,
che però deve essere liberata da qualsiasi attributo di dolorismo ; infatti « le piaghe di Cristo, nella
tradizione medievale, sono piaghe gloriose, perché sono il segno che Cristo ha amato l’uomo sino alla
morte, sacrificandosi per amore, accettando la morte per dare all’uomo la sua stessa vita » (C. Leonardi,
Francesco d’Assisi, in La letteratura francescana, vol. I, Francesco e Chiara d’Assisi, a cura di C. Leonardi,
Fondazione Lorenzo Valla, Milano, Mondadori, 2004, p. XLII). 9 Cfr. C. Vaiani, Teologia e fonti francescane, Milano, Biblioteca Francescana, 2006, p. 64. Sul significato delle
stimmate cfr. Leonardi, Francesco d’Assisi cit., pp. XXXVIII-XL. 10 Cfr. Leonardi, Le agiografie francescane cit., p. XXVII. 11 « Compilatio Assissiensis » dagli scritti di fr. Leone e Compagni su S. Francesco d’Assisi. Dal ms. 1046 di
Perugia, II edizione integrale riveduta e corretta con versione italiana a fronte e varianti, a cura di M.
Bigaroni ofm (Pubblicazioni della Biblioteca Francescana, Chiesa Nuova - Assisi, 2), Santa Maria degli
Angeli-Assisi, Ed. Porziuncola, 1992.
5
spiritualità, come un essere solo divino12.
Ad ambiente spirituale, ma a distanza di circa cinquant’anni dalla
Compilatio, devono essere ascritte altre due importanti opere
dell’agiografia francescana : lo Speculum perfectionis (1318)13 e gli Actus beati
Francisci et sociorum eius (1327-1337)14. A conferma che l’agiografia è uno
dei generi letterari più malleabili, capace a un’analisi approfondita di
mostrare urgenze e caratteristiche della società in cui i testi vengono scritti
e a cui sono destinati, si scoprono così nei testi degli accenti differenti, che
riflettono l’estremo tentativo da parte del partito rigorista di volgere a suo
favore la politica dell’Ordine e convincere il Papato delle proprie idee.
Francesco così viene presentato come santo, ma anche come fondatore ;
nell’immagine di Francesco emergente da questi testi non viene posta più
in primo piano l’unione mistica con Dio e la santità : piuttosto si insiste
parecchio sul rapporto con i frati.
Nello Speculum perfectionis Francesco appare pertanto nella sua estrema
povertà e umiltà, sempre caritatevole e pronto ad andare incontro a
qualsiasi bisogno del confratello15. Negli Actus, che sono la fonte latina
diretta dei Fioretti di San Francesco16, opera che a partire dalla fine del
Trecento ebbe in Italia una grandissima diffusione, Francesco per la prima
volta viene definito quasi alter Christus. La mistica di Bonaventura però non
trova più alcuno spazio e lascia il posto come afferma Leonardi
a un’aura favoleggiante, cioè una spiritualità mitica che
penetra tutti, uomini e cose ; una condizione paradisiaca già
presente sulla terra, onnipresente, che essendo irreale e
utopistica dà al racconto il suo tono pseudoispirato e
mitico17.
Lo Speculum perfectionis, è, com’è noto, centrale per l’avvio nel 1898 della
questione francescana. In tale data infatti Paul Sabatier pubblica questo
12 Leonardi, Le agiografie francescane cit., pp. XXVIII-XXIX. 13 Speculum Perfectionis. Introduzione di R. Manselli, Testo latino, versione italiana a fronte e note a cura di
M. Bigaroni ofm (Pubblicazioni della Biblioteca Francescana, Chiesa Nuova - Assisi, 3), Santa Maria degli
Angeli-Assisi, Ed. Porziuncola, 1983. 14 Actus beati Francisci et sociorum eius. Nuova edizione postuma di J. Campbell, con testo dei « Fioretti » a
fronte, a cura di M. Bigaroni e G. Boccali, (Pubblicazioni della Biblioteca Francescana, Chiesa Nuova -
Assisi, 5), Santa Maria degli Angeli-Assisi, Ed. Porziuncola, 1988. 15 Cfr. Leonardi, Le agiografie francescane cit., p. XXXIII. 16 I Fioretti di San Francesco, in Fonti francescane. Scritti e biografie di san Francesco d’Assisi. Cronache e altre
testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di santa Chiara d’Assisi. Padova, Edizioni
Messaggero, 1990 (4a ed.), pp. 1125-1282. 17 Leonardi, Le agiografie francescane cit., p. XXXIV.
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testo18, sostenendo sia stato composto nel 1227 da frate Leone, prima
perfino della Vita prima di Tommaso da Celano19. Studi successivi hanno
riportato la datazione dello Speculum al secolo successivo, ma l’ipotesi
Sabatier ha avuto il pregio di aprire la riflessione riguardo la storicità delle
fonti agiografiche, mettendo in luce le problematiche filologiche,
metodologiche e storiografiche relative agli scritti francescani. Il suo
merito è quello di aver per la prima volta posto il problema di metodo
della distinzione tra agiografia e storia. Ci si chiese finalmente in che
misura opere agiografiche, composte evidentemente per motivi non solo
narrativi o di ricostruzione biografica, potevano restituire l’immagine
storicamente accertabile del fondatore. Tali riflessioni hanno permesso
oggi di comprendere come la storia della vita spirituale di un santo
trascende ciò che è storico e per questo la narrazione agiografica non deve
essere demitizzata a storia, ma accolta, compresa e giudicata (secondo la
metodologia delle fonti) nella sua forma, come una forma reale e
credibile20.
A partire da questa importante sottolineatura, va messo in rilievo che
nell’analisi delle agiografie francescane non si tratta di sezionare il testo,
cercando di rintracciare la verità di un singolo episodio o frammento in
connessione con fonti precedenti di maggiore autorità, ma di considerare
ogni testo un’unità indivisibile, con un’originalità, un’ideologia e una
struttura letteraria e agiografica propria.
Si è arrivati cioè a comprendere quanto si affermava all’inizio di questa
riflessione : l’agiografia non descrive la precisa scansione delle vicende
storiche riguardanti il santo, né intende farlo. Nel nostro caso specifico
dunque il testo non fa emergere la « vera vita di Francesco d’Assisi », ma
più che altro offre un ritratto della situazione del francescanesimo e più ad
ampio giro della società tutta all’epoca di stesura del testo21.
2. Un esempio di inizio Seicento: le raccolte fiorentine di fra’
Silvestro da Poppi
Già con la fine del Trecento, e il grande successo e fortuna dei Fioretti di
San Francesco a cui abbiamo fatto cenno, si assiste a un accento sempre più
marcato sull’aspetto della povertà di Francesco, in qualche modo
18 Speculum perfectionis seu S. francisci Assisiensi Legenda antiquissima auctore frate Leone, nunc primum edidit
Paul Sabatier, en Collection d’études et de documents sur l’histoire religieuse et littéraire du moyen-âge, Paris, 1898. 19 Cfr. Uribe cit., pp. 10-12. 20 Leonardi, Le agiografie francescane cit., pp. XXXVI-XXXVII. 21 Cfr. ivi, pp. XL-XLI.
7
stravolgendo anche caratteristiche particolari della sua personalità,
addolcite in direzione di una gentilezza e una benignità fin troppo
esagerate nella loro persistente sottolineatura. Sarà interessante a questo
punto effettuare un’altra verifica del rapporto dialettico tra testo
agiografico e realtà storica, allontanandoci di oltre due secoli dalla società
in cui vennero redatti i Fioretti.
Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento nel Granducato di
Toscana si respirava un ambiente un po’ provinciale, in qualche modo
chiuso e isolato rispetto a quanto accadeva nel resto d’Europa. Dal punto
di vista culturale si parla per questo periodo di Barocco « implosivo e
interiore », al fine di sottolineare questa chiusura, questa tendenza, anche
dal punto di vista dell’espressività culturale, al ripiegamento negli spazi
privati, che fossero lo studio, la camera o la cella di un convento. Anche la
spiritualità si caratterizza per tale introversione, come è dimostrato dal
fatto che Firenze si pone come particolarmente attiva nella diffusione e
nella traduzione degli scritti mistici del Cinquecento spagnolo, tra cui
quelli di Teresa d’Avila22.
In tale contesto, nel 1606 proprio a Firenze vengono raccolte e
pubblicate da fra’ Silvestro da Poppi, francescano minore osservante, due
miscellanee in onore del santo fondatore.
La prima (Sette canzoni di sette famosi autori in lode del Serafico Padre San
Francesco) raccoglie appunto sette canzoni, rispettivamente composte
nell’arco di circa un secolo dal vallombrosano Crisostomo Talenti, dal
domenicano Desiderio Scaglia, dal minore osservante Francesco Lelio
Ubaldini, dal più celebre poeta Gabriello Chiabrera, dall’arcivescovo di
Corfù Maffeo Venier, dall’agostiniano Paolo Emilio Barbarossa e dal
domenicano Pietro Martire Naldini23.
La seconda raccolta (Rime spirituali di diversi autori in lode del Serafico
Padre San Francesco), più consistente, contiene due poemetti agiografici
scritti rispettivamente da Lucrezia Marinelli e da fra Giovanni da Stia, una
serie di sonetti di vari autori (tra cui Crisostomo Talenti e il minore
osservante Matteo Baccellini da Stia), alcuni dei quali inediti (come quello
di Pietro Martire Naldini), altri di poeti celebri, quali Benedetto Varchi e
Torquato Tasso, e infine una ventina di madrigali scritti da Giovan Battista
22 Cfr. G. Forni, Florilegi fiorentini del primo Seicento in lode di san Francesco, in Rime sacre tra Cinquecento e
Seicento, a cura di M. L. Doglio e C. Delcorno, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 141-142. 23 Sette canzoni di sette famosi autori in lode del Serafico P. S. Francesco, e del sacro Monte della Verna,
raccolte da Fra Silvestro da Poppi Minore Osservante, Alla M. Illus. Sig. Cassandra Capponi ne’
Ricasoli, In Fiorenza, Appresso Gio. Antonio Caneo e Raffaello Grossi compagni, 1606.
8
Marino e da Giovanni Battista Strozzi il Giovane24.
Il pregio di opere di questo tipo è quello proprio di farci rendere conto
nella diversità degli stili poetici e degli autori della tendenza di un’epoca,
chiamata a misurarsi sulla stessa figura di santo. Come si è visto accanto
ad autori celebri, se ne trovano molti più sconosciuti, confinati in quella
letteratura religiosa considerata, soprattutto a partire dall’Ottocento,
sempre più di secondo ordine25. Anche i metri e gli stili utilizzati sono dei
più diversi, specie nella seconda miscellanea, e contribuiscono a offrire
uno sguardo di sbieco al gusto di un secolo e al tipo di società verso cui ci
si rivolgeva.
Nelle Sette canzoni, come bene osserva Giorgio Forni in un accurato
saggio dedicato proprio a queste due raccolte fiorentine, « contro il
mondanizzarsi della lirica sacra come parte di un repertorio di temi
equivalenti si prospetta qui la ricerca esclusiva e totalizzante di un nuovo
Parnaso che riporti la parola poetica alla sua funzione primaria di
esemplarità morale e di elevazione contemplativa »26. In altre parole con
questi componimenti dedicati a Francesco d’Assisi si compie
un’operazione di nobilitazione della poesia a fini spirituali e mistici.
Occorre anche sottolineare, che le canzoni non sono affatto agili nel loro
procedere : la lettura appare faticosa, spezzata e spesso ripetitiva, a volte
complicata da immagini stravaganti e di difficile resa27.
Nella seconda miscellanea l’episodio delle Stimmate viene posto in
modo significativo al centro dei componimenti scelti per la raccolta.
Benedetto Varchi ad esempio, in un suo sonetto edito per la prima volta
nel 1573, mette in relazione il paesaggio « erto » e « scosceso » della Verna,
con la sua vicinanza « alle stelle »28 ; il paragone viene attestato anche nel
sonetto di Torquato Tasso A San Francesco nell’atto di ricevere le stimmate
(già pubblicato nel 1584), in cui le cinque piaghe risultano essere « quasi
24 Rime spirituali di diversi autori in lode del Serafico Padre S. Francesco, e del sacro Monte della Verna ,
raccolte da Fra Silvestro da Poppi de’ Minori Osservanti, A consolazione spirituale de’ devoti di
detto Santo, Al molto illustre Sig. Bardo Corsi, In Firenze, Appresso Volcmar Timan, 1606. 25 Pesa sotto questo punto di vista la clamorosa esclusione di questo tipo di produzione dalla storia
letteraria di De Sanctis. Cfr. A. Quondam, Nota sulla tradizione della poesia spirituale e religiosa (parte prima), «
Paradigmi e tradizioni. Studi (e Testi) italiani », 16 (2005), pp. 132-133. 26 Cfr. Forni cit., p. 144. 27 Cfr. ivi, p. 146. 28 « Sopra altissimo giogo in cima un erto / scosceso monte, assai presso alle stelle / per duro scoglio in
mille abissi aperto » (Benedetto Varchi, Sonetto n. 124, vv. 1-3, in Opere di Benedetto Varchi ora per la prima
volta raccolte con un discorso di A. Racheli intorno alla filologia del secolo 16. e alla vita e agli scritti dell'A. ;
aggiuntevi le lettere di Gio. Battista Busini sopra l'assedio di Firenze, Trieste, Lloyd austriaco, 1859).
9
fisse / stelle »29.
Tra fine Cinquecento e inizio Seicento si assiste a un’altra serie di opere
in cui si ripropone il poema cavalleresco, che tanto aveva avuto successo
nel Rinascimento, per declinarlo nel sacro, in quello che viene chiamato «
epos dell’invisibile ». Il tentativo, bisogna dire, in genere fallisce o risulta
comunque di risultato insoddisfacente su una misura ampia come quella
del poema : quando invece, come nel caso delle nostre canzoni, o in
esempi di poemetti agiografici pubblicati sempre in questo periodo (quali
la Vita del Serafico et Glorioso S. Francesco di Lucrezia Marinelli, stampata
per la prima volta nel 159730, riportata in apertura della seconda silloge) si
assiste a un certa capacità dei poeti nel dare seguito in maniera
soddisfacente al proprio intento.
Comunque la trasposizione continua di motivi eroici in chiave di lirica
spirituale è tratto caratteristico comune alle due miscellanee : le metafore
di guerra sono continuamente presenti in più modalità ; nelle Sette Canzoni
Francesco viene definito : « inerme guerriero », « serafico eroe », «
combattente ignudo » di una nuova « Illiade » d’amore31 ; vi è a volte il
paragone tra Francesco e le grandi figure militari del mondo classico (ad
es. Maffeo Venier che nella sua canzone paragona analiticamente le figure
di Francesco e di Annibale)32. Compare anche il tema della battaglia
escatologica tra bene e male, che prende spunto da alcuni testi biblici, e che
fanno emergere san Francesco come « capitano », « sacro campione » o «
Alfiere » inviato da Dio a sventare le insidie del demonio33.
Particolarmente interessante è il sonetto di Crisostomo Talenti (Qual fu mai
sì famoso Eroe terreno) che, come giustamente evidenzia Forni, per primo
esplicitamente avvicina la figura del santo a quella dell’eroe, con una serie
di parallelismi tra forza guerriera e spirituale34.
Anche nei componimenti di Giovan Battista Marino vengono utilizzate
una serie di espressioni, provenienti dal registro del poema epico, che nel
29 « Francesco, mentre ne’ celesti giri / tien’ fissi gli occhi, il tuo Signor risguardi, / e l’ami e ’l brami e te
n’infiammi ed ardi, / e la sua morte e ’l nostro error sospiri : / perché qual aura che perpetuo spiri, / ti
passa al cor ardente spirto, e i guardi / acuti pur come saette o dardi, / e senti in te medesmo i suoi martiri.
/ Ma così dolce punge e dolce avvampa / il tuo dolce Signor, ch’ogni diletto / a lato a que’ tormenti amaro
stime. / E prendi allor (meraviglioso affetto !) / de le sue piaghe l’amorosa stampa, / come salsi colui che ’n
te l’imprime » (Torquato Tasso, Le Rime, n. 1661, edizione a cura di B. Basile, Roma, Salerno editrice, 1994,
tomo II, pp. 1907-1908). 30 Vita del serafico et glorioso s. Francesco. Descritta in ottaua rima da Lucretia Marinella. Oue si spiegano le attioni,
le astinenze, & i miracoli di esso. Con vn discorso del riuolgimento amoroso, uerso la somma bellezza, In Venetia,
presso Pietro Maria Bertano & fratelli, 1597. 31 Cfr. Forni cit., p. 150. 32 Cfr. Canzone spirituale sopra il monte dell'Auernia, oue s. Francesco hebbe le stimmate, di monsignor Maffio
Veniero arciuescouo di Corfù, In Fiorenza : nella stamperia de' Giunti, 1585. 33 Cfr. Forni cit., p. 164. 34 Cfr. ivi, p. 148.
10
loro pathos mettono in primo piano l’eroismo della santità di Francesco. Si
comprende allora la profonda trasformazione rispetto al testo di
Bonaventura, dove in primo piano vi era lo sguardo di Francesco verso il
Cristo Crocifisso : pure Bonaventura parlava di miles Christi35, ma in uno
dei suoi madrigali Marino trasforma tutto questo immaginando un duello
d’amore di Francesco con Cristo stesso, dove lo scenario è il monte della
Verna.
Con Amor contendesti,
e d’Amor saettato, Amor vincesti.
Sanguinoso guerriero,
ferito, e feritore,
e vinto, e vincitore :
vinto, però ferito,
ma vincitore ardito.
In segno de la Palma, e de l’acquisto
porti le ’nsegne dell’amato Christo36.
Dunque la Croce risulta essere emblema della povertà, ma anche della
battaglia contro la morte, contro il male e il peccato. Il motivo tradizionale
di Francesco come miles Christi in queste miscellanee poetiche viene
pertanto riproposto con nuovi significati rispondenti a un certo gusto
letterario, ma diventa anche testimonianza di un determinato clima storico
e sociale. Non si deve dimenticare infatti che alla fine del Cinquecento i
cattolici sono chiamati a fronteggiare in uno spirito quasi di crociata il
pericolo proveniente dal protestantesimo, in seguito alla diffusione delle
idee di Lutero, Zwingli e Calvino ; riproporre la vicenda di Francesco nei
termini di un combattimento, seppure trasfigurato in senso spirituale,
rimandava inevitabilmente a questa situazione. È vero però che, per
quanto già affermato a proposito della dimensione intimista e ripiegata su
se stessa della spiritualità di questo periodo, il combattimento è qualcosa
che avviene anzitutto nella propria interiorità, che funge pertanto da
specchio personale di quanto accade al di fuori del proprio io37. Il
ritrovamento del significato di sé nella figura di Francesco in lotta
spirituale sul monte della Verna si pone pertanto come uno dei tratti
35 Ecco le parole di Bonaventura : « strenuissime miles Christi, ipsius fer arma invictissimi Ducis, quibus
munitus insigniter, omnes adversarios superabis » (San Bonaventura, Legenda maior XIII, 9). 36 Giovan Battista Marino, Rime, Madrigale 135, in La Lira. Rime del caualier Marino amorose, marittime,
boscherecce, heroiche, lugubri, morali, sacre, & varie, p. 364. In Venetia : presso Gio. Pietro Brigonci, 1664. Cfr.
Forni cit., pp. 152-153. 37 Cfr. Forni cit., pp. 174-175.
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maggiormente evidenti di questi testi, in cui l’individualismo di un’epoca
ha modo così di misurarsi, in una maniera vicina alla propria mentalità,
con il mistero di Dio.
3. I gosos dedicati a San Francesco in Sardegna tra Seicento e
Novecento
Un altro interessante esempio di riscritture della vita di Francesco
d’Assisi è costituito da alcuni componimenti in versi di tipo devozionale e
paraliturgico, noti con il nome di gosos38, composti in Sardegna a partire
dal Seicento fino al Novecento per la recita cantata, in genere in
coincidenza di festività sacre.
La maggior parte dei componimenti adotta l’ottonario come metro-base e ha
lo schema della sesta torrada, ovvero una strofa introduttiva, denominata pesada,
in genere di quattro versi, un variabile numero di strofe di sei versi, l’ultimo dei
quali ripropone una rima della pesada, e la torrada che riprende un numero
variabile di versi e le rime della pesada e viene ripetuta al termine di ogni strofa.
Si tratta dunque di componimenti à refrain, diretti eredi di quelli diffusi a partire
dalla seconda metà del Duecento in tutta l’area romanza (lo zejel arabo-
andaluso, la dansa provenzale, la canciòn medieval spagnola, il più tardo
villancico, sempre in Spagna, e la ballata italiana)39. I gosos sono attestati nelle
tre lingue maggiormente diffuse in Sardegna in questi secoli, ovvero il
sardo, il catalano e il castigliano.
Si registra un interesse crescente della comunità scientifica su tale
materiale, in quanto capace di offrire importanti e significativi dati
riguardo alla storia della religiosità del popolo sardo e alle dinamiche
culturali e sociali connesse con la produzione ed esecuzione di questi testi.
I francescani utilizzarono presto questo tipo di componimenti,
impiantando su tali schemi metrici anche le narrazioni riguardanti i santi
del proprio Ordine, e inserendo in esse le tematiche ormai tradizionali
della spiritualità francescana.
Si veda ad esempio il posto centrale che il mistero della Trinità occupa
38 Il termine gosos vige nella Sardegna centro-settentrionale, in diretto rapporto con il castigliano gozos. Nel
meridione si utilizza invece la denominazione goccius, risalente al catalano goigs. Questi avrebbero come
diretti ascendenti esperienze analoghe nella poesia religiosa catalana : si evidenzia infatti che i goigs
catalani, canti popolari di argomento agiografico, hanno una struttura metrica assai prossima ai
componimenti qui analizzati. Non tutti gli studiosi sono però in accordo con questa linea di continuità
pressoché diretta, ritenendo al contrario discutibile e perfino ininfluente tale apporto formale. 39 Cfr. G. Mele, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, in I Gòsos : fattore unificante nelle tradizioni
culturali e cultuali della Sardegna, a cura di R. Caria, PTM, Mogoro 2004, pp. 12-20 ; G. Porcu, Régula
castigliana. Poesia sarda e metrica spagnola dal ’500 al ’700, Nuoro, Il Maestrale, 2008, pp. 31-35.
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all’interno dell’ordine serafico40 ; si parla in questo senso di cristocentrismo
trinitario : con Cristo e attraverso Cristo Francesco scopre il Padre e può
effondere all’Altissimo delle lodi di grande valore lirico, così come
l’unione sponsale con la persona del Figlio è resa possibile dallo Spirito
Santo, grazie alla cui guida si può conoscere il volere di Dio e scorgere la
sua presenza nella vita dell’uomo41. Da qui nasce anche l’attenzione
francescana, già sottolineata per quanto riguarda Bonaventura, verso il
Cristo sofferente, che emerge in questi testi con una forza particolare : così
nel componimento Padre d’esemplu tantu si mette bene in evidenza, dopo
una serie di attributi facenti parti della tradizione agiografica classica, lo
stesso cristocentrismo caratteristico della spiritualità del santo d’Assisi.
Francesco, de Cristos innamoradu, è definito anche pura criatura de Cristos
crucificadu, con l’attenzione verso Gesù sofferente erede dalla visione
bonaventuriana e ripresa nel ritornello finale. Una sestina del medesimo
componimento, contenuta soltanto nella variante trasmessa dalla raccolta
Caboni, definisce Francesco un ateru Cristus (> ALTER CHRISTUS),
espressione fortemente condizionata, come visto, dal ritratto del fondatore
prodotto da Bonaventura.
Anche in un altro dei gosos dedicati a san Francesco (Cun quimbe piaes
signadu)42 gli ultimi due versi della pesada, ripresi come refrain, recitano
Franziscu veru ritratu / de Christos Crucificadu.
Occorre anche osservare che la povertà, vero e proprio emblema del
francescanesimo, nasce da questo profondo nesso con Gesù Cristo sul
Calvario, in una continua e ricercata immedesimazione con il Figlio, che
poi si riversa nell’atteggiamento di servizio verso gli uomini43. Non a caso
uno dei testi più citati da Francesco, e a seguire dagli altri testi minoritici, è
Mt 20, 28 in cui Cristo dice che « non è venuto per farsi servire, ma per
servire e dare la vita in riscatto per molti »44. Così nell’ultimo
componimento citato il santo fondatore è definito inimigu de riquesa / amigu
de pobertade / pienu de humilidade / in su pius perfectu gradu45.
Quanto è più interessante però a livello generale in questo tipo di
materiale è il fatto che siamo dinanzi a componimenti ascrivibili a un
livello intermedio tra produzione colta e religiosità popolare : si possono
40 Cfr. L. Iriarte, Vocazione francescana. Sintesi degli ideali di san Francesco e santa Chiara, Bologna, EDB, 2006,
p. 107. 41 Cfr. ivi, p. 114 ; C. Vaiani, La via di Francesco, Milano, Biblioteca Francescana, 20083, pp. 16-22. 42 « Con cinque piaghe segnato ». 43 Giovanni Iammarrone insiste proprio sul fatto che è Gesù Cristo povero e umile a costituire l’esperienza
fondante della spiritualità di Francesco (cfr. G. Iammarrone, La spiritualità francescana. Anima e contenuti
fondamentali. Una proposta cristiana di vita per il presente, Padova, Il Messaggero, 1993, p. 41). 44 Cfr. ivi, p. 113 ; Iriarte cit., pp. 50.54-55. 45 « nemico della ricchezza, amico della povertà, pieno di umiltà, nel suo più perfetto grado ».
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cogliere infatti nel loro tessuto testuale un evidente intervento dall’alto,
rintracciabile nella presenza a volte di complessi concetti teologici, insieme
allo sforzo di rendere accessibile a tutti il messaggio contenuto ; non si può
escludere neppure un intervento diretto da parte dei fedeli di adattamento
alle dinamiche religiose e devozionali emergenti o preesistenti.
Lo studio di questi componimenti agiografici, legati fortemente
all’aspetto del culto, fa comprendere dunque come le celebrazioni
liturgiche e paraliturgiche siano il più delle volte il terreno privilegiato per
l’incontro tra queste istanze differenti, legate all’istituzione ecclesiastica,
all’Ordine religioso che promuove il culto dei propri santi, all’autorità
politica di turno e all’insieme dei fedeli.
4. Alcuni cenni sull’agiografia francescana nell’Italia fascista
Si assiste a processi simili, pur con ovvie differenze legati alla diversità e
alla peculiarità dell’autorità in questione, in Italia durante l’epoca fascista.
In tali anni, in maniera moltiplicata rispetto ad altri periodi, il culto dei
santi non soltanto si pone come possibilità per proporre ai credenti
determinati modelli da cui prendere esempio per i propri comportamenti
morali e spirituali, ma diventa un autentico strumento di diffusione di
sistemi ideologici di pensiero promossi dall’autorità per il mantenimento
del potere. Tommaso Caliò ha recentemente osservato a proposito come i
mutamenti che investono la figura di Francesco d’Assisi nei primi anni
Venti del Novecento, e che si consolidano dopo le celebrazioni del VII
centenario della morte del santo nel 1926, si collocano alle origini di un
più generale processo di trasformazione delle forme espressive della
narrazione agiografica. E ciò non soltanto nella produzione erudita, com’è
ovvio in una stagione che poteva mettere a frutto le grandi lezioni di
metodo storico-agiografico sedimentatesi nei decenni precedenti di cui
proprio la questione francescana rappresentò una palestra eccezionale, ma
anche in quella più marcatamente devozionale e di propaganda cultuale46.
La capacità della narrazione agiografica di smorzare i toni, di far
passare attraverso la vita del santo precisi messaggi fortemente legati in
questo caso alla cultura fascista, conferma una volta di più quanto il
genere agiografico vada oltre una semplice ricostruzione in chiave
narrativa della storia esemplare, ma sia in grado di illuminare il presente
in maniera spesso più significativa di altri testi letterari.
Caliò porta tra gli esempi il poema di Eugenio Vallega del 1925 L’araldo
46 T. Caliò, « Il ritorno di San Francesco ». Il culto francescano nell’Italia fascista, in San Francesco d'Italia - Santità
e identità nazionale, a cura di T. Caliò, Roberto Rusconi, Viella, Roma, 2011, p. 45.
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del Gran Re, che narra in versi la vita di san Francesco47. Qui è evidente lo
sforzo dell’autore di legare la figura di Francesco a quella dei contadini,
mettendo in evidenza nella sua biografia il suo profondo rapporto con la
terra : Francesco si pone pertanto come patrono dei contadini. Tutto questo
si può comprendere con il tentativo di gestione da parte del potere fascista
del mondo rurale : mettere Francesco come capo spirituale di questa realtà
rispondeva anche all’iniziale convinzione che proprio nelle campagne il
ruolo del clero potesse essere quello di sentinella del regime, arginando
l’eventuale malcontento attraverso la direzione delle coscienze dei
credenti48.
Conclusioni
Il percorso fin qui fatto ha dunque mostrato la straordinaria capacità
della figura di Francesco d’Assisi di rendersi attuale per le società di ogni
secolo lungo la storia. I valori della spiritualità francescana sono sempre
gli stessi ma vengono riproposti in maniera nuova o con una diversa
accentuazione al fine di fare breccia nel cuore dei fedeli, andando incontro
alla loro cultura, o influenzando la loro mentalità a seconda delle
emergenze storiche del periodo o delle esigenze del potere di turno : nella
stesura e nella diffusione dei testi agiografici sempre si tiene conto di un
progetto, che può essere di tipo didattico o spirituale ma che a volte rivela
maggiormente il suo legame alla contingenza del presente con legami di
natura sociale, politica e perfino di propaganda.
Tutto il discorso merita ovviamente di essere approfondito, avendo la
possibilità di allargare l’indagine su una serie di testi agiografici poco
studiati o perfino inediti, rintracciando perciò una linea comune che lungo
i secoli ha fatto sì che la figura di Francesco non perdesse mai la sua
centralità nell’agiografia e nel culto.
Ancora oggi numerosi di questi testi vengono infatti riproposti nel canto
e nella recita collettiva nelle feste dedicate al santo di ogni parte d’Europa.
Questo è uno degli aspetti più interessanti dell’attualità di Francesco
d’Assisi, una delle testimonianze più dirette del fascino che la sua figura
ancora esercita nel popolo dei credenti e di rimando nella società tutta.
47 Cfr. E. Vallega, L’araldo del Gran Re. ossia l’Apostolo « della pace di Cristo nel regno di Cristo », Città di
Castello, 1925. 48 Cfr. Caliò cit., pp. 54-55.