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L'agire fotografico la fotografia nelle relazioni di aiuto death studies

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DEATH STUDIES & THE END OF LIFE for the intervention of support and the accompanying STUDI SULLA MORTE E IL MORIRE PER IL SOSTEGNO E L’ACCOMPAGNAMENTO MASTER DI PRIMO LIVELLO Responsabile INES TESTONI FISPPA Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata Con il Patrocinio della Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO) La Photo-Therapy nella gestione della morte e del morire
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DEATH STUDIES & THE END OF LIFE

for the intervention of support and the accompanying

STUDI SULLA MORTE E IL MORIRE PER IL SOSTEGNO E L’ACCOMPAGNAMENTO

MASTER DI PRIMO LIVELLO

ResponsabileINES TESTONI 

FISPPA Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata

Con il Patrocinio della Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO) 

La Photo-Therapy nella gestione della morte e del morire

Ayres Marques Pinto2017 

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DEATH STUDIES & THE END OF LIFE

for the intervention of support and the accompanying

STUDI SULLA MORTE E IL MORIRE PER IL SOSTEGNO E L’ACCOMPAGNAMENTO

L’AGIRE FOTOGRAFICO: LA FOTOGRAFIA NELLE RELAZIONI DI AIUTO

Padova 2017

ResponsabileINES TESTONI

DocenteAYRES MARQUES

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L’AGIRE FOTOGRAFICO: LA FOTOGRAFIA NELLE RELAZIONI DI AIUTO

Ayres Marques Pintowww.photoastherapy.com

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INTRODUZIONE• L’utilizzo della fotografia come mezzo di sostegno

nelle relazioni di aiuto è stato documentato già nel 1856 (The Face of Madness, Gilman - 1976), ma le potenzialità di questo medium come strumento terapeutico, riabilitativo, formativo e pedagogico sono ancora oggi, paradossalmente, poco esplorate

• Questo incontro intende proporre un metodo o semplicemente un dispositivo teorico-pratico per aiutare coloro che pretengono impiegare, con maggior consapevolezza, la fotografia nelle sue sconfinate possibilità di applicazione. Ho chiamato questo dispositivo L’Agire Fotografico.

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La Foto-Terapia in Italia: una ri-scoperta Pensavo di aver inventato qualcosa di nuovo

Il progetto Foto-Inconscio (2001) consisteva sostanzialmente nel coinvolgere attivamente gli ospiti di una comunità terapeutica nei vari momenti del processo fotografico: dalla posa allo scatto (dentro e soprattutto fuori della comunità), dalla creazione dei loro album di famiglia alla scrittura dei racconti che ne scaturivano; dallo sviluppo dei rullini alla stampa delle foto in camera oscura; dalla scansione delle foto ai ritocchi delle immagini al computer; dalla scelta delle foto all’organizzazione di una mostra.

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Il vuoto nella cittàIl caso di F.D.

F.D. ha spiegato di essere sempre stato ansioso, ma quando usciva per fotografare era in grado di passare tanto tempo a guardare attraverso il mirino e mentre aspettava il momento esatto di scattare una foto nel modo che lui voleva, la sua ansia spariva.

F.D. si è rivelato un fotografo molto originale con un senso acuto di composizione di tipo geometrico, nelle sue foto la città sembrava un paesaggio sempre vuoto, senza abitanti.

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La Luna sopra AnconaIl caso di L.C.

L.C., un’adolescente che aveva abbandonato casa precocemente e che nonostante l’età aveva già un importante vissuto alle spalle prima di trovarsi in comunità, ha spiegato di aver condotto la sua vita in una specie di simultaneità a 360 gradi: “Ho sempre voluto vedere tutto, sperimentare tutto contemporaneamente. Quando scatto però, nonostante mi senta libera di fotografare quello che voglio e come voglio, sono obbligata a scegliere una piccola fetta del mondo alla volta”. Questo limite imposto dalla sua macchina fotografica le ha fatto capire che lei poteva essere se stessa e esprimersi liberamente anche quando era chiamata a fare i conti con le restrizioni imposte da un mezzo espressivo o, per estensione, dalle regole della società.

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Constatazioni

• più importante valorizzare l’originalità e l’unicità dello sguardo di ognuno piuttosto che insegnare loro a creare delle belle immagini per piacere agli altri.

• la fotografia è più rassicurante e richiede paradossalmente una minore esposizione da parte nostra rispetto ad altre forme di espressione molto più antiche e può rappresentare un ponte verso la pittura (attraverso il collage per esempio), il racconto, il teatro, la danza e la musica. La fotografia è diventata parte della nostra forma mentis; secondo Marshall McLuhan, l’uomo del novecento vede fotograficamente.

• la fotografia fa gruppo!

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Appunti sulla Storia della Foto-Terapia

La Foto-Terapia, ancora oggi, non si costituisce come una disciplina autonoma, che prevede un percorso formativo specifico, basato su un corpus teorico solido articolato e ampiamente condiviso. Per questa ragione sarebbe più corretto, a mio avviso, parlare di preistoria della Foto-Terapia, nonostante il grande numero di tesi, articoli e libri che trattano dell’utilizzo della fotografia in terapia e come terapia.

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La Nascita

• Hugh Welch Diamond Era un 22 maggio del lontano 1856, a Londra, nel

salone della Società Reale di Medicina. Quel giorno, lo psichiatra e fotografo Hugh Welch Diamond ha letto la sua relazione “Sull’Applicazione della Fotografia nella Fisiognomica e nei Fenomeni Mentali della Follia.

• Thomas Nadauld Brushfield ha scritto un articolo sul Photographic Journal (1857) in cui commenta di aver riscontrato simili effetti positivi della fotografia sui suoi pazienti: si sentono gratificati nel vedere i loro ritratti fotografici, in particolar modo quando questi ritratti vengono affiancati a quelli degli altri ospiti

• William Charles Hood, responsabile del Manicomio di Bethlem, dal 1852 al 1862 narra come le sedute fotografiche erano diventate una sorgente di soddisfazione e di allegria per gli ospiti dell’istituzione.

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Il ‘900

• Abram Kardiner - Freud era consapevole dell’importanza che la fotografia potrebbe avere nel processo di congedo

• Jacob Levi Moreno - il padre dello Psicodramma, usava spesso le fotografie come punto di partenza alle sedute di gruppo.

• Carl Ramson Rogers - fondatore della corrente umanista nella psicologia, si serviva delle fotografie come stimoli durante le sue terapie non direttive.

• Floyd S. Cornelison e John Arsenian - impiegano terapeuticamente la polaroid con pazienti schizofrenici al Boston State Hospital (1958).

• Gerhild von Staabs - utilizza delle fotografie accanto ad altri materiali come bambole, corde, plastiche, legno, gesso, figure, per far costruire delle scene ai suoi pazienti.

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Il ‘900 • Fotolinguaggio© - Un gruppo di psicologi e psico-

sociologi di Lyon in Francia impiegano la fotografia come supporto alle parole in un contesto di lavoro di gruppo con adolescenti

• Heinz Kohut - più conosciuto per i suoi studi sul narcisismo, utilizza delle fotografie nel processo di valutazione e diagnosi e per chiarire aspetti salienti dell’infanzia del paziente

• Silvio Fanti - psichiatra svizzero, fondatore della Micropsicoanalisi, inserisce la fotografia nella pratica terapeutica

• J. P. McKinney - utilizza la Fototerapia Attiva applicata agli adolescenti

• Sue Jennings - utilizza la fotografia durante le sue sessioni di psicodramma per produrre dei ricordi condivisi di gruppo

• Keith Kennedy - insegnante di arte e teatro conduce un programma di Fototerapia pionieristico, il “Group Camera”, alla comunità psichiatrica interna del Henderson Psychiatric Hospital, Surrey in Inghilterra

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Il ‘900 • Jerry L. Fryrear - docente di Psicologia

all’Università di Houston e fondatore dell’Istituto per l’applicazione dei video e delle fotografie nella Psicologia Sociale, conduce numerosi interventi di Fototerapia

• Robert C. Ziller - docente di Psicologia all’Università della Florida, pratica la Fototerapia Attiva, stimolando i suoi pazienti a scattare delle foto durante e fuori delle sedute terapeutiche

• David A. Krauss - psicologo del Centro di Salute Mentale di Cuyahoga Fall, Ohio e direttore del Centro di Terapie Visive di Cleveland Hights, Ohio, utilizza ampiamente la fotografia e il video nella sua pratica professionale

• Brian Zakem - responsabile del programma di Foto-Terapia del “Ravenswood Adult Psychiatric Day Hospital” di Chicago, pubblica sulla rivista Psychology Today l’articolo “Photographs Help Patients Focus on their Problems” (settembre 1977)

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Il ‘900 Jo Spence I Jo Spence, fotografa, scrittrice e attivista socio-

culturale, dopo aver conosciuto il lavoro di Keith Kennedy come partecipante al programma di Foto-Terapia “Group Camera” negli anni ‘70, inizia ad elaborare dei metodi innovativi per l’utilizzo della fotografia come terapia che chiamerà in un primo momento di “Camera Therapy”. Più tardi, quando si affiancherà a Rosy Martin, questo metodo sarà denominato Photo-Therapy. Quando le chiedono il significato di Foto Terapia, Jo Spence risponde: “significa letteralmente l’utilizzo della fotografia per curare noi stessi”.

• Terry Dennett, curatore dell’archivio di Jo Spence, spiega come il metodo di Jo Spence abbia tratto ispirazione dal Teatro dell’Oppresso di Augusto Boal, adattando le tecniche socio-teatrali di Boal al lavoro con la fotografia e articolandole con altre idee come quelle di Edward De Bono sul pensiero creativo e quelle di Jean Littlewood sulla drammatizzazione del quotidiano.

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Il ‘900 Jo Spence II

• La Fototerapia di Joe Spence incorpora influenze provenienti da diversi tipi di linguaggi: dal cinema di Dziga Vertov, dalla FotoPerformance di Fred Holland Day, dalla Grammatica delle Motivazioni di Kenneth Burke, dalla letteratura di Lewis Carrol e dallo psicodramma di Jacob Levy Moreno.

• Jo Spence ha elaborato e messo in pratica una serie di metodi innovativi come la “Messa in Scena Terapeutica” (Therapeutic Staging), la “Terapia allo Specchio” (Mirror Therapy), lo “Scripting” creando un copione, la “Collaborative Phototherapy” (Fototerapia Collaborativa) in collaborazione con Rosy Martin.

Le fonti di ispirazione di Jo Spence, come la sua creatività e apertura mentale rappresentano, per quanto riguarda la Foto-Terapia, il punto di riferimento storico prevalente per la riflessione e prassi foto-terapeutica di Ayres Marques Pinto.

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Anni ‘70

Jo Spence(Inghilterra)

Teatro Cinema

FotografiaPerformanceSociologia

AntropologiaGruppo di Auto Mutuo Aiuto

David Krauss(USA)

Ambito della salute mentale:

Psichiatria e Psicologia

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Il ‘900 anni ‘80 e ‘90 • Stati Uniti - L’Associazione Internazionale di

Foto-Terapia riesce a raggruppare dei professionisti impegnati nel campo della salute mentale che insieme pubblicheranno la rivista Photo-Therapy, e degli importanti libri su questo argomento, tra i quali si distacca Phototherapy in Mental Health di David A. Krauss e Jerry L. Fryrear (1983)

• Canada - Joel Walker - utilizza delle fotografie come stimoli non strutturati con i suoi pazienti. Judy Weiser apre il suo PhotoTherapy Centre

• Francia - Stanislaw Tomkiewicz, psichiatra polacco, utilizza la fotografia nel suo lavoro con bambini ed adolescenti e, insieme a P. Ehrlich pubblica “Le Photodrame: apprentissage et transmissibilité”.

Mirreille Courtit e Pierre Cadoni, Université de Besançon, esponenti della Scuola di Micropsicoanalisi, utilizzano sistematicamente le fotografie all’interno del loro programma terapeutico integrato che articola delle tecniche attive a delle terapie farmacologiche.

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Il ‘900 anni ‘80 e ‘90

• Italia - Gioia Marzi, psichiatra e micropsicoanalista, riprende il modello di Courtit e Cadoni per elaborare il suo programma di utilizzo della fotografia nella sua pratica al Centro di salute Mentale di Frosinone.

Nicola Peluffo, docente di Psicologia Dinamica all’Università di Torino e direttore dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, pubblica il libro “Immagine e Fotografia”

• Inghilterra - Linda Berman, psicoanalista, fa ampio uso della fotografia durante le sue sedute. La sua esperienza decennale sarà poi trasformata nel libro “Beyound the Smile – the therapeutic use of photography”.

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Il ‘2000

GRIFO – Gruppo di Ricerca sulla Foto-Terapia - è un gruppo interdisciplinare composto da persone che si interessano dell' "Agire Fotografico" come strumento formativo, terapeutico, riabilitativo, espressivo, ludico, relazionale e pedagogico.

Il GRIFO è sorto ad Ancona nel 2002 come risultato naturale degli incontri informali dei partecipanti dei vari progetti di Fototerapia condotti da Ayres Marques in Italia.

Questo Gruppo di Ricerca ha come obiettivo agevolare l’interscambio di informazioni, esperienze, idee e di vissuti nell’ambito della Foto-Terapia.

Il gruppo è composto non soltanto da figure professionali come fotografi, psicologi, educatori, animatori, formatori e psichiatri, ma abbraccia al suo interno anche le persone che semplicemente utilizzano la fotografia, a volte in percorsi puramente individuali, come mezzo per la scoperta di sé e degli altri.

Se vuoi partecipare ai nostri incontri scrivi a [email protected]

Appuntamento:Ogni 22 maggio (Giornata Mondiale della Foto-Terapia)

Foto-Terapeuti di tutto il mondo, UNITE-VI!

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La fotografia come consapevolezza, “déplacement” e come “récit”

La consapevolezza L’occhio e la mente

Documentare una partita vuol dire capirne la trama, far emergere la struttura narrativa invisibile che trasforma un incontro sportivo in una storia.

Dialogo estremamente articolato tra gli elementi

che formano l’oggetto della documentazione e il soggetto che lo documenta.

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La fotografia come “déplacement”

“Vorrei che mi spiegassi come mai, secondo te, lo specchio scambi la destra con la sinistra e non scambi invece l’alto con il basso?”

Attraverso l’analisi delle strategie utilizzate per rispondere a questa domanda, apparentemente senza senso, Donata Fabbri e Laura Formenti hanno potuto capire le modalità personali degli intervistati per indagare sulla realtà e per costruire il loro sapere. In altre parole, la domanda serviva per far emergere l’identità cognitiva degli intervistati.

Questa destabilizzazione improvvisa ma portatrice di significati, viene definita déplacement.

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La fotografia come “récit”

La Fabbri e la Formenti fanno notare che nelle società primitive il sapere era trasmesso tramite la narrazione e che soltanto nelle società moderne il sapere scientifico si è distaccato dal linguaggio narrativo.

Si utilizza il termine récit perché in francese questa parola contiene l’idea di narrazione, recitazione e messa in scena. Questo concetto considera la narrazione non separata dal suo produttore e dal suo fruitore.

Il tipo di sapere che veicola è di carattere culturale: il sapere che proviene dall’esperienza e dalla riflessione su di essa. Inoltre, il récit veicola un sapere di ordine psicologico.

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La Fotografia, L’Agire Fotografico e la Foto-Terapia

Riflessioni sulla fotografia e sull’agire fotografico,sotto forma di racconto illustrato, in chiaveautobiografica, del percorso di ricerca di

Ayres Marques sulle Foto-TerapiE.

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La Fotografia come Sistema• La Fotografia è un sistema, un

insieme di elementi più o meno visibili, collegati fra di loro, che opera una semplificazione della complessità del reale.

• la fotografia è un sistema che produce una rappresentazione visiva della realtà.

• La peculiarità di questa rappresentazione è che l’immagine non viene costruita materialmente dal soggetto che fotografa, ma piuttosto viene catturata direttamente dall’oggetto fotografato per mezzo di uno strumento: la macchina fotografica.

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L’Agire Fotografico• L’Agire Fotografico è l’insieme di

azioni, attive e passive, in cui sono coinvolti i diversi soggetti che prendono parte ai momenti di produzione e di fruizione dell’immagine fotografica, come pure le relazioni che si vengono a creare tra i numerosi elementi che costituiscono questo processo.

• I momenti dell’Agire Fotografico- Momento del Fotografare

(situazione – partecipazione) - Momento dell’Elaborazione

dell’Immagine Fotografica - Momento dell’Immagine Fotografica

(condivisione) - Momento dell’Elaborazione del Vissuto

Fotografico

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L’Agire FotograficoI soggetti dell’Agire Fotografico sono

le persone che fotografano, che sono fotografate, che partecipano alla costruzione della scena, che osservano sia lo scatto che l’immagine fotografica, che manipolano, propongono o commentano una fotografia.

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L’Agire Fotografico

Gli elementi dell’Agire Fotografico possono essere classificati come:

• concettuali-situazionali: il tempo, lo spazio, il momento, la situazione, l’ambiente, il mondo esteriore, il mondo interiore;

• strumentali-materiali: la macchina fotografica, il rullino, la scheda di memoria, l’ingranditore, il computer, i software, la carta, l’album;

• emozionali: i sentimenti, le sensazioni, le emozioni, le idee, i pensieri, i ricordi;

• prodotti del processo: la stampa, la presentazione, il collage, l’organizzazione dell’album, i racconti e l’abbinamento ad altre forme espressive.

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L’Agire Fotografico

https://youtu.be/eI7sxbcwK7Q

video

https://youtu.be/Ubs9KIrPrXk

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Proposta di Definizione

La Foto-Terapia è una disciplina che consiste nell’utilizzo consapevole dell’Agire Fotografico

con finalità formative, terapeutiche o riabilitative, applicato a se stessi o agli altri.

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Interventi di Foto-Terapia Progetto Foto Inconscio (2002-2005)

Nella prima fase dell’intervento, gli ospiti di una comunità alloggio sono stati introdotti al processo fotografico dal momento dello scatto passando per lo sviluppo del rullino, la stampa su carta della fotografia in camera oscura, fino all’organizzazione di una mostra fotografica.

L’attività riabilitativo-formativa consisteva basicamente nel far uscire i ragazzi per fotografare.

Nella seconda fasi, gli ospiti e gli operatori si occupavano della gestione di una bacheca di gruppo e di attività di costruzione della propria fotobiografia.

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FotoScuola (2003-2006)

• Stimolare i ragazzi a conoscere il mondo della fotografia, esprimersi attraverso la fotografia, diventare più consapevoli delle realtà circostanti.

• Offrire agli insegnanti del materiale per attività interdisciplinari: italiano –produrre testi a partire dalle fotografie; educazione artistica – intervenire sulle foto attraverso disegno, pittura, collage; geografia – studiare caratteristiche fisiche e umane della propria regione e di altre parti della terra; storia – ricerca sulle proprie tradizioni e su tradizioni di culture lontane.

• Avvicinare gli adulti alla visione del mondo dei ragazzi.

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Il Volto e la Voce del Tempo (2005-2015)

Progetto di educazione alla Grande Età che intende creare, attraverso la fotografia, un ponte generazionale per promuovere l’avvicinamento, il dialogo e la comprensione tra giovani e anziani, e rappresenta il tentativo di sintetizzare in un solo progetto due tipi diversi di intervento: da una parte la Foto-Terapia e dall’ altra la Psicologia di Comunità.

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La Mente nel Mirino (2004-2006)

Intervento di Foto-Terapia per il Centro di Salute Mentale di Osimo, costituisce l’approfondimento del progetto “Foto-Inconscio”. Le spedizioni fotografiche sono state organizzate in un territorio più ampio che ha compreso non soltanto la città di Osimo ma tutta la Provincia di Ancona.

Le uscite erano precedute da briefing di tutta

l'équipe di professionisti coinvolti nell'intervento. Altre riunioni sono state fatte per discutere specificamente questioni relative al gruppo di Foto-Terapia. Alla conclusione dell'intervento è stato organizzata una mostra-seminario che ha riunito i protagonisti di questo e di altri progetti realizzati.

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Memoria Viva (2004-2011)

Preparazione di un album fotografico narrativo degli anziani per proporre un dialogo tra il presente e il passato, per rafforzare i loro legami affettivi più significativi, la creatività naturale ed il senso di identità. Le attività familiari o della Casa di Riposo vengono documentate nelle varie fasi della vita quotidiana, dei momenti di festa, delle gite e di altri momenti significativi.

Le foto sono condivise attraverso esposizione nella bacheca, in maniera che tutti possano sentire e vedersi inseriti in una comunità. I familiari degli anziani ed il personale addetto, sono incoraggiati a ricercare materiale fotografico per presentasi e farsi conoscere nella loro realtà passata. L’album raccoglie le foto attuali e le foto del passato, accompagnate da titoli, commenti, testimonianze e brevi racconti narrati dallo stesso anziano, dai familiari e dal personale addetto.

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Zoom a Zonzo (Rete del Sollievo – Falconara 2007–2011)

Preparazione di un album fotografico narrativo degli anziani per proporre un dialogo tra il presente e il passato, per rafforzare i loro legami affettivi più significativi, la creatività naturale ed il senso di identità. Le attività familiari o della Casa di Riposo vengono documentate nelle varie fasi della vita quotidiana, dei momenti di festa, delle gite e di altri momenti significativi.

Le foto sono condivise attraverso esposizione nella bacheca, in maniera che tutti possano sentire e vedersi inseriti in una comunità. I familiari degli anziani ed il personale addetto, sono incoraggiati a ricercare materiale fotografico per presentasi e farsi conoscere nella loro realtà passata. L’album raccoglie le foto attuali e le foto del passato, accompagnate da titoli, commenti, testimonianze e brevi racconti narrati dallo stesso anziano, dai familiari e dal personale addetto.

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Vado a Spasso (2008-2011)

L’uscita si inserisce in un progetto finalizzato ad aiutare gli anziani a superare il loro sentimento di isolamento e viene realizzata in maniera da raggiungere i seguenti obiettivi:

1.Rafforzare il senso di progettualità a breve

termine. 2.Favorire l'interazione degli anziani tra di loro. 3.Stimolare lo spirito di gruppo. 4.Allargare le opzioni di svago per gli anziani. 5.Far esercitare la memoria episodica. 6.Praticare la memoria autobiografica. 7.Rafforzare l'orientamentospazio-temporale. 8.Favorire le relazioni fra operatori, anziani e

familiari.

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Senti questa Foto! (2012)

Progetto di affinamento e diversificazione sensoriale.

La visione è un canale ricchissimo di percezione del mondo, così ricco che a volte finisce per inibire l’utilizzo di altre modalità sensoriali, verso una realtà che diventerebbe più complessa, variegata, multi dimensionale, più affascinante e misteriosa...

Ma chi ci potrebbe guidare lungo questo percorso di affinamento e diversificazione sensoriale se non una persona che quotidianamente fa affidamento all’udito, al tatto, all’olfatto per sentire il mondo?

Per questa ragione abbiamo chiesto a Suor Terenziana (anziana e cieca) di condurre un piccolo gruppo di Suore Francescane Missionarie di Assisi della casa di Loreto durante alcune spedizioni “sonografiche”, “tattilografiche”, “olfattografiche” e, perché no, anche fotografiche e “metafotografiche”.

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Immagini per Raccontarsi – Collage di Vita e Arte – Verso la libertà (2010-2016)

Laboratori di Foto-Terapia presso Università Ca’ Foscari di Venezia – Accademia di Brera – Scuola di Luca Specializzazione in Arte-Terapia di Firenze.

Elaborazione individuale e corale di foto e video-collage, utilizzando materiali iconografici e verbali forniti dai partecipanti. Riflessioni sulla fotografia e sull’agire fotografico. Proposta di lavoro da svilupparsi durante la giornata, con l’esposizione individuale del materiale autobiografico di ogni partecipante.

Elaborazione dei collage individuali, processo documentato in corso d'opera, con foto e video, brevi interviste, performance, giochi. Mostra dei collage video-fotografici individuali seguita da commenti, riflessioni, osservazioni. Documentazione video-fotografica della giornata e preparazione di un collage collettivo contenente tutti i materiali disponibili su una grande superficie.

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La Foto-Terapia nelle cure palliative (2010-2016) Indovina chi è …

Foto-Terapia come strumento di arricchimento della relazione Paziente/Operatore.

Gli operatori, i pazienti, i volontari vengono identificati a partire di una loro foto che li ritrae in età infantile. Questo piccolo accorgimento stimola l’instaurazione di un rapporto interpersonale più bilanciato, più equo, tra le persone che in un dato momento si trovano da un lato in una situazione di necessità di ricevere delle cure e dall’altro lato coloro che devono prendersi cura di persone che vivono una fase di fragilità. L’incontro di due persone come portatori di due biografie che s’intrecciano.

In alcuni casi, il semplice lavoro mentale di identificare l’adulto a partire da una sua foto da bambino indica la strada per il superamento di conflitti relazionali tra persone che non si conoscono da tempo. (Il giornale di Angelo). (Cartella dei pazienti per i Volontari).

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Foto-collage Biografico Corale Foto-Terapia come strumento di svago e di terapia di gruppo.

C’è un grande foglio bianco in mezzo al tavolo. In torno al foglio si trovano tantissime immagini ed alcune parole.

Al termine del primo momento di introspezione, che dura circa mezzora, tutti prendono posto in torno al tavolo. Ognuno, a turno, mostra l’immagine che ha scelto di ritagliare e racconta il perché, prima di appoggiarla sull’area del foglio che desidera. Lentamente, il foglio bianco inizia ad essere abitato da immagini e racconti che si intrecciano come le vie e i vicoli di un paese sospeso nel tempo. Alla fine di ogni incontro, che si stende per circa due ore, le immagini vengono incollate. Adesso si può osservare la città dall’alto e riconoscere i suoni delle piazze, i profumi dei giardini e i sogni dei suoi abitanti, in attesa del prossimo appuntamento.

Page 41: L'agire fotografico   la fotografia nelle relazioni di aiuto death studies

Ti voglio dire che … Foto-Terapia come strumento di sostegno individuale.

Ci sono momenti in cui non si riesce a comunicare dei sentimenti, a raccontare degli eventi significativi, a volte particolarmente allegri o dolorosi. Attraverso la fotografia, a volte, si riesce a trovare il filo della matassa che porta lentamente a delle rivelazioni sorprendenti. (Le rose di Mario) (La casa ad Amandola)

Page 42: L'agire fotografico   la fotografia nelle relazioni di aiuto death studies

Vengo anch’io. No, tu no! Foto-Terapia come strumento di rafforzamento dello

spirito di gruppo.

Una foto di gruppo “inclusiva” mettendo insieme 50 collaboratori nello stesso giardino ma scattata in momenti diversi. Ogni scatto rivela delle alleanze, dei contrasti e crea un dialogo a distanza tra i membri di un’équipe estesa.

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Foto-Terapia e Terapia della Dignità Foto-Terapia come strumento complementare ad altri

interventi terapeutici.

Influenzare il modo di come si vorrebbe essere ricordato è uno dei fattori che contribuiscono a rafforzare il sentimento di dignità della persona che si avvicina alla morte. La fotografia può svolgere un ruolo importante in questo intento, come dimostra Harvey Max Chochinov nel suo libro Terapia della Dignità – Parole per il tempo che rimane. ( La pittrice ) (Il soldato )

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FotoBiografia di Ayres

Presentarsi con le immagini

Page 45: L'agire fotografico   la fotografia nelle relazioni di aiuto death studies

Album di Famiglia

La Filogenesi dell’Io

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L’AutoBiografia

L’Ontogenesi dell’Io

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MusicoBiografia

Raccontarsi attraverso la Musicahttp://www.ayresmarques.com/Home/musicobiografia

Page 48: L'agire fotografico   la fotografia nelle relazioni di aiuto death studies

EmeroBiografia

Raccontarsi attraverso le Notizie

Page 49: L'agire fotografico   la fotografia nelle relazioni di aiuto death studies

Macro – MicroBiografia

Collettivo e Individuale

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“Clef des Songes”

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Collage BiograficoNarrativo Corale

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GRAZIE!www.ayresmarques.com


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