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L’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA · 2016-01-22 · L’industria chimica ha affrontato, con...

Date post: 23-Jan-2020
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1963-2013 GIULIONATTA PREMIO NOBEL L’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA RAPPORTO 2012-2013
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1963-2013GIULIONATTA

PREMIO NOBEL

L’INDUSTRIA CHIMICAIN ITALIARAPPORTO 2012-2013

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In copertina: Molecola di Polipropilene - Giulio Natta, Premio Nobel per la chimica 1963

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l’INdustrIa chIMIcaIN ItalIaraPPorto 2012-2013

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L’industria chimica ha affrontato, con reattività, gli ultimi 12 mesi, sem-pre più drammatici per l’impresa.Alla domanda interna, ormai endemicamente indebolita dai fattori penalizzanti del nostro sistema Paese - costo dell’energia, infrastrut-ture carenti, burocrazia soffocante - si sono sommate le incertezze politiche ed economiche del Paese e dell’Europa.Negli ultimi anni la chimica ha saputo, però, trovare la formula per fronteggiare queste condizioni di operatività quasi proibitive: la capa-cità di innovare, tipica del settore, ha permesso non solo di miglio-rare tecnologicamente prodotti e processi, ma anche di competere sui mercati esteri. Gli investimenti in ricerca hanno, in moltissimi casi, consentito di vincere la sfida dell’internazionalizzazione.Tuttavia, al settore va anche riconosciuto il merito di aver persegui-to la sostenibilità in tutti i suoi aspetti. Il Rapporto sull’industria chimica in Italia 2012/2013 contiene indica-zioni precise riguardo al ruolo della chimica nello sviluppo sostenibi-le; sviluppo che va inteso come connubio fra tre fattori fondamenta-li, che è importantissimo mantenere uniti: il benessere delle persone, la tutela dell’ambiente, la crescita economica. In tutti questi ambiti la chimica ha svolto e può svolgere un ruolo molto importante.La chimica, motore di innovazione, può razionalizzare l’utilizzo di risor-se naturali, ridurre l’inquinamento, migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni, dei trasporti e delle industrie, oltre che individuare e sviluppare nuove fonti di energia. La scienza e l’innovazione chimica producono ricchezza, permetten-do di realizzare prodotti di sempre più elevata qualità e a minor costo, migliorando la competitività di qualsiasi settore e quindi il benesse-re economico di tutti.La chimica può migliorare la vita delle persone, direttamente e indi-rettamente: la crescita economica procura benessere, sicurezza e salute, assicurando la protezione dell’ambiente per garantire una vita sana, anche alle future generazioni.È in questo scenario che si inserisce l’attività di Federchimica, che dialoga con le istituzioni a livello nazionale ed europeo per creare il più corretto quadro normativo, da perseguire con strumenti regola-tori semplici, efficaci e il meno onerosi possibili; conduce relazioni industriali con trasparenza e collaborazione fra tutte le parti socia-li; segue attentamente ogni aspetto tecnico scientifico di rilevante importanza per le imprese, primo fra tutti il Regolamento REACH; si adopera per la riqualificazione di un’immagine della chimica passa-ta, ormai ampiamente superata.In queste pagine, dunque, c’è uno scorcio che auspica una ripre-sa: siamo convinti che la strada per uscire dalla crisi e tornare final-mente alla crescita passi anche attraverso l’importanza dell’ industria chimica, della quale il Rapporto fornisce una dettagliata descrizione.

Cesare Puccioni

Presidente

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INDICE

Prima parteL’industria chimica in itaLia e neL mondo

Chimica e sostenibilità un binomio di eccellenza 9

Lo scenario economico 11

Lo scenario europeo 19

Ambiente, salute e sicurezza 23

Sicurezza prodotti: le recenti novità 25

Chimica ed energia 27

Logistica e competitività 31

Ricerca e innovazione 35

Responsible Care: il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile 37

Relazioni industriali e risorse umane 41

Seconda parteLa chimica e i suoi settori

Chimica di base organica, inorganica e tensioattivi 47

Materie plastiche e resine sintetiche 48

Chimica da fonti rinnovabili 49

Agricoltura e mercato dei fertilizzanti 50

Fibre artificiali e sintetiche 51

Agrofarmaci 52

Principi attivi e intermedi di chimica farmaceutica 53

Chimica fine e delle specialità 54

Ausiliari per la detergenza, tensioattivi e prodotti oleochimici 55

Ingredienti cosmetici, additivi farmaceutici e fragranze 56

Chimica per il settore alimentare 57

Oli lubrificanti 58

Abrasivi 59

Smalti per ceramica, pigmenti inorganici, ossidi metallici 60

Adesivi e sigillanti 61

Pitture e vernici 62

Gas tecnici, speciali e medicinali 63

Detergenti e specialità per l’industria e per la casa 64

Cosmesi 65

Farmaci di automedicazione 66

Prodotti per la salute animale 67

Biotecnologie 68

Prodotti aerosol 69

Gas liquefatti 70

Servizi ambientali all’industria chimica 71

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L’INDusTRIA CHImICA IN ITALIAE NEL moNDo

Prima parte

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La sostenibilità è generalmente con-siderata un obiettivo prioritario per tut-te le attività umane, non solo dal pun-to di vista industriale, ma anche dei comportamenti sociali e istituzionali.È senza dubbio positivo che la soste-nibilità sia un valore condiviso e che sempre più sia riconosciuto come tale; il princìpio, però, deve esse-re inteso nel suo pieno significato, ovvero come la possibilità assecon-dare la crescita economica come elemento irrinunciabile per il benes-sere dell’umanità, senza incidere, in modo irreversibile, sulle risorse del pianeta. La coniugazione espressa dal concetto di sviluppo sostenibi-le, che a volte viene persino consi-derata una contraddizione in termi-ni, è invece la strada da intrapren-dere per il futuro dell’umanità e del-la terra, nelle migliori condizioni pos-sibili di benessere, per tutti, in ogni zona del pianeta.Diffondere una accezione corretta di sviluppo sosteni-bile per il suo perseguimento è una sfida da raccogliere e un indirizzo da perseguire: la sostenibilità deve essere interpretata come il connubio tra le tre P (People, Planet, Prosperity) in un percorso virtuoso che non può che par-tire dall’evoluzione tecnologica, frutto di adeguati inve-stimenti in ricerca.È dunque necessario guardare con attenzione a tutti gli ambiti nei quali innovazione e ricerca sono particolar-mente importanti.La chimica è senza dubbio uno di questi ambiti: la con-tinua propensione all’innovazione di processi e prodotti sostenibili, adottata da tempo dal comparto, continuerà ad avere un effetto molto positivo su tutti i settori a val-le, che della chimica e della evoluzione delle sue sco-perte si alimentano, migliorandosi. D’altronde è evidente come ogni comunità, trovando disponibilità di servizi e prodotti in continua evoluzione, ma improntati alla tute-la ambientale, assumerà comportamenti conseguenti.L’accettazione della chimica è dunque imprescindibile

per il corretto accoglimento e perseguimento dello svi-luppo sostenibile da parte della comunità. L’attività di comunicazione dovrà perseguire questo obiettivo, evi-denziando il ruolo della chimica e dei suoi prodotti nei suoi tantissimi campi d’applicazione, l’attività a favore del-la salute, della sicurezza e dell’ambiente, e soprattutto la sua capacità di inventare nuovi processi per una miglio-re gestione delle risorse. “Chimica sostenibile” non è un ossimoro, bensì la declinazione di un percorso fattibile e soprattutto già largamente in atto, molto più di quan-to generalmente si sappia.

Comunicare la sostenibilità della chimica

Il concetto di sostenibilità così inteso è senz’altro il più attuale per le iniziative di comunicazione dell’industria chimica nei confronti di tutti i pubblici esterni, dalle isti-tuzioni alle amministrazioni anche locali, dagli opinion leader all’opinione pubblica, dalle università alle scuo-le di primo grado.

Chimica e sostenibilità, un binomio di eccellenza

“Io ricordo. se le molecole potessero parlare racconterebbero questa storia”, illustrazione.

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Prima parte

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per scrivere il libro: “Io ricordo. se le molecole potes-sero parlare racconterebbero questa storia” che Feder-chimica ha promosso in collaborazione con Carthusia, la casa editrice specializzata in letteratura per ragazzi.Il pubblico cui è destinato “Io ricordo” è quello dei ragazzi tra gli 8 e i 12 anni; per parlare loro di chimica in modo da coinvolgerli emotivamente e quindi incu-riosirli, sabina Colloredo, l’autrice, ha utilizzato un rac-conto, che non parla solo di una materia scolastica, di una scienza da cervelloni o di qualcosa di importan-te ma lontano anni luce dalla vita quotidiana. L’intrec-cio fa anzi capire che la chimica è ben altro e si tro-va nel linguaggio con cui si esprime il mondo, nella musica, nel tempo che passa, nella natura che ci cir-conda e anche in tanti oggetti che usiamo tutti i gior-ni. soprattutto la chimica è dentro ognuno di noi, nei nostri ricordi, nelle nostre emozioni, nelle nostre rela-zioni con gli altri. Persino nell’esplosione che si scate-na dentro di noi quando ci innamoriamo, esattamen-

te come accade ai protagonisti del-la storia, che si incontrano e si rin-corrono, si perdono e si riprendono lungo un filo infinito di reazioni per-sonali, che di volta in volta dividono o uniscono.Il libro ha avuto un riscontro molto positivo sia presso i suoi destinata-ri diretti, ovvero i bambini di scuo-la elementare e media, i loro inse-gnanti e le loro famiglie, sia presso numerosi operatori nell’ambito della formazione scientifica che lo hanno da subito adottato come strumento di dialogo nuovo ed efficace. “Io ricordo” è stato infatti presentato e diffuso ad oltre mille ragazzi in occa-sione di incontri e letture guidate con l’Autrice ma è stato anche utilizzato come spunto per un nuovo dialogo sulla chimica nell’ambito dei princi-pali Festival della scienza naziona-li e durante le attività di divulgazione promosse dalle università.

Il filone della chimica green (definizione amata dalla stam-pa che l’industria chimica rifiuta: la chimica è un tutt’uno, non ne esiste una buona e una cattiva) ha aperto la strada a un nuovo dibattito sulle principali testate nazionali che tornano a parlare del nostro settore in modo organico. Inoltre, la crisi economica e la disoccupazione giovani-le dilagante stanno aumentando la spinta verso gli stu-di scientifici, che offrono maggiori sbocchi professiona-li. Per questo motivo il mIuR – ministero dell’Istruzione, dell’università e della Ricerca, ha rinnovato il proprio impegno verso le lauree scientifiche condividendo con il sistema industriale obiettivi e strategie per la divulga-zione e l’orientamento.sono quindi diversi i fronti su cui è necessario agire, non trascurando le azioni finora svolte ma cercando invece di riempire di nuovi contenuti gli strumenti di comunica-zione adottati in questi anni.un nuovo linguaggio rivolto a “nuovi” interlocutori, almeno per la comunicazione della chimica, è quello utilizzato

“Io ricordo. se le molecole potessero parlare racconterebbero questa storia”, illustrazione.

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gono buone in quanto la domanda sarà alimentata non solo dal proseguimento della crescita nei paesi emer-genti, ma anche dall’affermazione dei principi dello svi-luppo sostenibile. L’industria chimica, infatti, ha un ruo-lo centrale nella ricerca e messa a punto di tecnologie per l’uso efficiente delle risorse, ad esempio per ridur-re i consumi energetici e l’impatto ambientale dei setto-ri clienti e degli utilizzatori finali. Nei paesi avanzati que-sto si tradurrà in una crescita dei consumi di chimica in valore, a causa del maggiore contenuto tecnologico dei prodotti chimici, ma in parte anche in volume, per effetto della presenza crescente di prodotti chimici nei manufatti finali.

I paesi emergenti, come già accennato, non sono rima-sti immuni dal rallentamento, compresa la Cina che rap-presenta oggi il primo produttore chimico mondiale con una quota pari al 27% circa. Il gigante asiatico ha avviato la transizione verso un modello di crescita meno dipen-dente dall’export e maggiormente incentrato sui consumi; tuttavia il processo di cambiamento sarà lento e graduale. Non necessariamente, peraltro, comporterà una minore attivazione di chimica; basti pensare all’elevato contenu-to di chimica presente nei consumi durevoli (automobili,

Il contesto mondiale ed europeo

La chimica mondiale, pur continuando a crescere e superando i 3.000 miliardi di euro, vive un rallentamen-to che coinvolge tutti i suoi settori, ad eccezione del-la chimica destinata all’agricoltura (fertilizzanti e agrofar-maci). Nel 2012 la produzione è aumentata del 3,2% in volume, con una performance inferiore al 2011 (+4.5%) e decisamente sottotono rispetto alla media degli anni 2000-2007 (pari al 5.1%).

In chiave prospettica sono emersi timori che tale rallen-tamento non consista soltanto in una parentesi con-giunturale, ma nel passaggio a un periodo caratteriz-zato da una minore forza propulsiva della domanda di chimica per effetto dell’ingresso dei paesi emergenti in una fase di sviluppo più matura. In realtà le prospettive di medio periodo per l’industria chimica mondiale riman-

Evoluzione della produzione chimicaper settore (var. % in volume)

2010-2011 2011-2012

Chimica di base +4.0 +2.4

specialità chimiche +4.6 +3.9

Chimica per l’agricoltura +4.7 +7.0

Chimica per il consumo +7.3 +4.0

Totale Chimica +4.5 +3.2

Lo scenario economico

Fonte: American Chemistry Council

Fonte: Cefic, 2011

-10

-5

0

5

10

15

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012

Crescita media annua 2000-2007

Cina 27%

Unione europea 20% Altri Asia

19%

USA 14%

Giappone 6%

America Latina 5%

Altri Europa 4%

Altri 4%

Andamento della produzione chimica mondiale (var. %)

Ripartizione della produzione chimica mondiale per area geografica (%)

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Prima parte

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elettrodomestici, mobili). La fase di maggiore debolezza sembra, in ogni caso, alle spalle e il nuovo pacchetto di misure, approvato dal Governo e destinato prevalente-mente alle infrastrutture, stimolerà la domanda di chimica.

In controtendenza rispetto alle altre aree, negli usA la produzione chimica si è rafforzata nel corso del 2012 (+2.9% a fronte del +1.5% del 2011) beneficiando, in primis, della ripresa del settore immobiliare e del-le costruzioni. L’accesso, grazie a nuove tecnologie di estrazione, a vaste disponibilità di gas naturale “intrap-polate” nei depositi sabbiosi (shale gas) rappresenta un possibile sviluppo energetico. La crescente disponibili-tà di shale gas, infatti, aiuta a tenere basso il prezzo del gas naturale americano, sganciandolo dal prezzo del petrolio. Per l’industria chimica americana, che attual-mente riveste una quota di produzione mondiale pari al 14%, questo comporta opportunità sia dal lato dell’of-ferta, grazie all’utilizzo dell’etano (derivato del gas natu-rale) come materia prima, sia dal lato della domanda,

poiché il vantaggio di costo favorisce nuovi investimen-ti nei settori clienti. D’altro canto, bisogna tenere conto che gli impianti petrolchimici alimentati a gas produco-no etilene, e, in misura minore, propilene, ma compor-tano, rispetto agli impianti europei alimentati a virgin naf-ta (derivato del petrolio), una minore disponibilità di altri prodotti, come il butadiene e gli aromatici, materie pri-me fondamentali per importanti filiere chimiche.

L’unione europea riveste un ruolo di primo piano nel panorama chimico mondiale, con una quota sulla pro-duzione complessiva pari a circa il 20%. Il settore gode di un surplus commerciale consolidato, che nel 2012 ha raggiunto i 50 miliardi di euro con un aumento di ben

Petrolio (Brent) Gas naturale (Henri Hub)

2004 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2005 0

5

10

15

20

25

2013

Fonte: ICIs, INsEE

Prezzo del petrolio e del gas naturale negli USA ($ / milione di Btu)

Prezzo della virgin nafta(prezzi spot in E)

100

200

300

400

500

600

700

800

2002 2004 2006 2008 2010 2012

Evoluzione della produzione chimica mondialeper area geografica (var. % in volume)

2010-2011 2011-2012

unione europea +1.0 -1.5

- Germania -0.4 -2.0

- Francia +1.4 -0.9

- Italia -2.4 -5.3

usA +1.5 +2.9

Altri +6.1 +4.5

Mondo +4.5 +3.2

Fonte: elaborazioni su EIA

Fonte: elaborazioni e stime su dati American Chemistry Council, Cefic, uIC, Istat

Fonte: ICIs, INsEE

Prezzo degli organici di base(prezzi contratto in E, indice 2000)

2002 2004 2006 2008 2010 2012 50

70

90

110

130

150

170

190

210

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9 miliardi sul 2011, complice anche la debolezza del-la domanda interna. L’intera area è entrata nuovamente in recessione per effetto delle politiche fiscali restrittive attuate contemporaneamente in quasi tutti i paesi e di un generale clima di incertezza. La produzione chimica europea ha subito un arretramento dell’1.5% nel 2012 (dopo un 2011 in crescita, +1%, ma non certo brillante) e, al momento, non emergono segnali di svolta. I mag-giori produttori europei mostrano performances diversi-ficate, soprattutto in funzione dell’intensità di contrazio-ne della domanda domestica.Il riemergere di focolai di crisi (Cipro, slovenia) e la scar-sa compattezza a livello politico europeo generano cau-tela negli acquisti e tendono a prolungare una situazione di domanda interna cedente, particolarmente penaliz-zante in due importanti settori clienti della chimica come l’automobile e le costruzioni.

Nonostante il rallentamento mondiale e la recessione europea, il 2012 si è caratterizzato per costi delle mate-rie prime molto volatili ma comunque su livelli elevati. La congiuntura internazionale in graduale miglioramen-to sosterrà le quotazioni del petrolio e non consentirà alleggerimenti nelle pressioni sui margini delle imprese chimiche attive in Italia, alle prese con una domanda, interna ed europea, ancora fiacca che ostacolerà l’ade-guamento dei prezzi di vendita.

Andamento e prospettive della chimica in Italia

L’industria chimica italiana, con un valore della produzione pari a 52,8 miliardi di euro nel 2012, si conferma il terzo produttore europeo, dopo Germania e Francia, e il deci-mo a livello mondiale. Il settore, con 2.800 imprese e 113 mila addetti, rappresenta il 6% circa dell’intero fatturato dell’industria manifatturiera nazionale ed è il quarto espor-tatore italiano dopo meccanica, metallurgia e alimentare.Il 2012 si chiude con un calo della produzione pari al 2.8% in valore, sostenuto dall’aumento dei prezzi (+2.5%) a fronte di una contrazione più marcata in termini di volumi (-5.3%). Il settore risente del crollo della domanda di chi-mica in Italia (-4.2% in valore) diffuso, anche se con inten-sità diverse, a praticamente tutti i settori clienti, compre-si quelli legati ai consumi finali (detergenti, cosmetici, ali-mentare, imballaggio oltre ad alcune tipologie di pitture e vernici) che negli anni passati avevano risentito meno del-la crisi. Gli ultimi mesi dell’anno avevano mostrato segni di stabilizzazione della domanda, pur su livelli depressi, ma le difficoltà politiche hanno impedito un consolidamen-to, innescando una nuova fase di decumulo delle scor-te da parte dei clienti. La caduta della domanda interna si è riflessa anche sulle importazioni, in calo nel 2012 del 2.3% a valore, e ha portato con sé il miglioramento del deficit commerciale, che si attesta a 10,3 miliardi di euro rispetto agli 11,6 miliardi del 2011. L’export si conferma

in crescita (+1.6% in valore) nonostante il calo del mer-cato europeo (-0.7%) e un generale rallentamento del-la domanda mondiale, trainato dalla forte espansione nei mercati extra-europei (+5.8%) e dai settori della chimica fine e specialistica (+5.0%). si tratta di un risultato impor-tante, tenuto conto che l’export rappresenterà una leva centrale per sostenere l’attività chimica in Italia nei pros-simi anni e che, già dal 2013, si prospetta un rafforza-mento della domanda mondiale e almeno una stabilizza-zione a livello europeo. In un contesto di grave difficoltà dell’industria italiana, la chimica, pur soffrendo la crisi di importanti settori clien-ti, è complessivamente solida e non evidenzia segni di declino irreversibile. Nonostante le marcate pressioni

Lo scenario economico

Fonte: Istat

La chimica in italia nel 2011 - 2012(miliardi di euro)

ChIMICA 2011 2012 Var.

Produzione 54,3 52,8 -2.8%

Domanda interna 65,9 63,1 -4.2%

Importazioni 36,5 35,6 -2.3%

Esportazioni 24,9 25,3 +1.6%

saldo commerciale -11,6 -10,3 -1.9

Addetti (migliaia) 113,8 113,2 -0.5%

ChIMICA E FARMACEUtICA 2011 2012 Var.

Produzione 80,0 79,0 -1.2%

Domanda interna 95,4 91,8 -3.7%

Importazioni 55,7 55,4 -0.5%

Esportazioni 40,2 42,6 +5.8%

saldo commerciale -15,4 -12,8 +2.6

Addetti (migliaia) 177,9 176,3 -0.9%

Fonte: Federchimica, Istat

Totale export

Export extra-UE

Export intra-UE

Chimica fine e specialità Chimica di base e fibre

+1.6%

-0.7%

+5.8%

0.0%

+5.0

Var. % dell’export chimico nel 2011-2012

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Prima parte

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Caratteristiche e mutamenti della chimica in Italia

La capacità dell’industria chimica di resistere in un con-testo economico e industriale così problematico discen-de dal percorso di cambiamento intrapreso con deci-sione da molte imprese a partire dagli anni Duemila (in qualche caso anche prima) e fondato su due pilastri: ricerca e orientamento ai mercati esteri. Inoltre, il setto-re, essendo caratterizzato da risorse umane altamente qualificate (quota di laureati pari al 19%) ed elevati inve-stimenti materiali e immateriali, riesce, meglio di molti altri, a difendersi dall’aggressività dei paesi emergenti.

La chimica vede la presenza bilanciata di imprese a capi-tale estero (36% del valore della produzione), medio-grandi gruppi a capitale italiano (26%) e PmI italiane (38%). Le imprese a capitale estero rappresentano una risorsa importante per il settore, anche perché la loro presenza è radicata sul territorio comportando spes-so attività di ricerca in Italia e flussi di export. La crisi ha indotto un ridimensionamento della presenza este-ra molto limitato: la quota in termini di addetti chimici è calata soltanto di due punti percentuali in quattro anni.

Tenendo conto dei gruppi industriali, la dimensione media di impresa sfiora i 50 addetti e testimonia l’esi-stenza di un nucleo abbastanza ampio di realtà dotate della massa critica necessaria ad affacciarsi sul merca-to internazionale e affrontare la sfida impegnativa della ricerca. La classifica dei principali gruppi chimici a pro-prietà italiana evidenzia numerose realtà, sconosciute al grande pubblico, ma spesso leader nel loro segmen-to di specializzazione, a livello europeo se non addirittu-ra mondiale e, in misura prevalente, dotate di presenza produttiva internazionale. Nella chimica, inoltre, anche le PmI sono imprese avanzate dal punto di vista tecno-

sui margini, in presenza per tutti gli anni Duemila di forti rincari nei costi delle materie prime e debolezza/contra-zione della domanda interna, la redditività caratteristica, pari al 6%, è decisamente superiore alle media mani-fatturiera (4%). L’incidenza delle sofferenze bancarie sui prestiti, pur essendo in leggero aumento dall’inizio del-la grande recessione (+1.6 punti percentuali da inizio 2009), è la più bassa nel panorama industriale italiano (3.6% a fronte del 12.4% medio a fine 2012) e segnala che le cessazioni di attività non sono diffuse. La restri-zione creditizia normalmente non colpisce direttamente le imprese chimiche, solide dal punto di vista patrimo-niale e finanziario, ma agisce indirettamente aggravando il problema dei ritardati pagamenti della clientela e dei rischi di insolvenza. significativi miglioramenti sono atte-si – in particolare lungo alcune filiere come quelle lega-te alle costruzioni e alla sanità – dal recente provvedi-mento per il pagamento di una parte dei debiti arretrati della pubblica amministrazione.

Piccolee medieimpreseitaliane38%

Impresea capitale

estero36%

Medio-grandigruppi�italiani

26%

Distribuzione della produzione in Italia(%, anno 2012)

Fonte: Banca d’ItaliaNote: chimica inclusa farmaceutica

Fonte: stime FederchimicaNote: medio-grandi gruppi italiani definiti in base a vendite mondiali superiori a 100 milioni di euro

Fonte: Prometeia, Analisi dei settori industriali

Industria chimica

Gen 2009

Gen 2009 Totale Industria

Dic 2012

Dic 2012

3.6

2.0

3.6

12.4

Industria manifatturiera

Industria chimica

3.6

6.0

Incidenza delle sofferenze sui prestiti bancari (%)

Redditività caratteristica(roI in %, anno 2012)

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Lo scenario economico

logico, come dimostra la produttività del lavoro supe-riore del 75% rispetto alla media delle PmI industriali.

La chimica è un settore ad elevata intensità di ricerca. La quota di addetti dedicati alla R&s, pari al 4.3%, è più che doppia della media manifatturiera (1.9%). Nel corso degli anni Duemila, in un contesto di accresciuta con-correnza internazionale e di esplosione nei costi delle materie prime, molte imprese chimiche, anche piccole

e medie, hanno rafforzato la ricerca al fine di aumenta-re il contenuto tecnologico dei prodotti, sottrarsi a una competizione incentrata solo sui fattori di costo e difen-dere i margini. In 10 anni la quota di imprese chimiche attive nella ricerca è aumentata di 10 punti percentua-li e ha raggiunto il 48%, una quota più che doppia del-la media industriale (23%) e superiore anche a setto-ri high tech come la farmaceutica e l’elettronica (44%). In effetti, in ambito europeo, la chimica italiana è secon-

Vendite mondiali

Produzionein Italia

1. Versalis 6.416 4.878

2. Gruppo mossi & Ghisolfi 2.195 299

3. Gruppo mapei 2.176 753

4. Radici Group 1.089 652

5. Gruppo Bracco 845 589

6. CoIm Group 714 390

7. Polynt Group 681 537

8. Gruppo soL 583 310

9. Gruppo Colorobbia 575 227

10. Gruppo Aquafil 501 251

11. Gruppo s.I.A.D. 468 301

12. Gruppo P&R 462 423

13. Gruppo Lamberti 395 266

14. Gruppo sapio 449 431

15. Gruppo sipcam-oxon 379 170

16. ACs Dobfar 323 304

17. Esseco Group 318 237

18. Gruppo Zobele* 317 56

19. FIs - Fabbrica Italiana sintetici 313 313

20. Intercos Group 307 168

21. Gruppo Desa 250 250

22. sadepan Chimica 249 178

23. Euticals 227 158

24. FACI 195 91

25. Reagens 181 85

Fonte: FederchimicaNote: imprese con capitale a maggioranza italiano; i valori si riferiscono ai prodotti chimici (esclusi farmaci); classifica basata sui dati forniti dalle imprese - associate e non - che hanno aderito all’indagine di Federchimica; *dati relativi al 2011

Vendite mondiali

Produzionein Italia

26. montefibre 180 0

27. 3V Partecipazioni industriali 173 104

28. Indena/Gruppo IdB Holding 168 137

29. mirato 163 163

30. Inver 161 107

31. Gruppo Isagro 148 118

32. Italmatch Chemicals 148 91

33. Novamont 135 135

34. sabo 126 126

35. Gruppo Chromavis 125 85

36. sinterama 125 64

37. ICR - Industrie Cosmetiche Riunite 124 124

38. Fluorsid 123 123

39. silvateam 122 70

40. Paglieri 116 116

41. Zach system 116 90

42. Gruppo Bozzetto 115 65

43. Index 113 113

44. Cosmint 113 113

45. Gruppo soL.mAR 104 104

46. Bottega Verde 102 99

47. micys Company 97 0

48. Deborah Group 94 80

49. ICAP-sIRA Chemicals&Polymers 92 92

50. Lechler 91 91

I 50 principali gruppi chimici italianiRisultati 2012 (milioni di euro)

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Prima parte

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da solo alla Germania per numero di imprese attive nel-la R&s, oltre 800, davanti a Francia e spagna. Questa diffusione rappresenta una ricchezza in termini di inte-razioni con il tessuto industriale italiano al quale la chi-mica, attraverso i suoi beni intermedi, trasferisce inno-vazione tecnologica e competitività.L’industria chimica mostra una forte e crescente voca-

zione internazionale, attraverso il canale dell’export e investimenti produttivi all’estero. È il comparto con la più elevata incidenza di imprese esportatrici (54%), dopo la farmaceutica, e in 10 anni la quota di export sul fattura-to è aumentata di 11 punti percentuali, consentendo al settore di diventare meno dipendente da una domanda interna, in generale poco brillante e più recentemente in caduta, e di contrastare l’erosione dei margini. La per-formance all’export è in linea con gli altri paesi europei e persino migliore di importanti concorrenti come Fran-cia e Regno unito, in un contesto in cui l’Italia nel suo complesso ha, invece, perso terreno nel confronto euro-peo. In effetti l’Italia vanta una specializzazione in nume-rosi segmenti della chimica fine e specialistica che com-plessivamente generano un surplus commerciale pros-simo ai 4 miliardi di euro. Tra questi figurano i cosmetici, le pitture e vernici, i detergenti e prodotti per la cura del-la casa, gli additivi per oli lubrificanti, gli adesivi. Nel contesto industriale italiano, la chimica ha un posi-

zionamento avanzato anche in termini di internazionaliz-zazione produttiva. Infatti, la quota di addetti delle impre-se a capitale italiano impiegati nelle filiali estere raggiun-ge il 21% a fronte del 17% nel totale dell’industria mani-fatturiera. sono circa 130 le imprese chimiche dotate di impianti produttivi all’estero e, oltre a quasi tutti i mag-giori gruppi chimici italiani, includono anche numerose realtà piccole e medie (il 70% del totale). La presenza produttiva internazionale consente di presidiare meglio i mercati esteri e talvolta anche quello nazionale, vista l’importanza di proporsi come fornitori globali, sfruttare i vantaggi di costo, soprattutto per le produzioni a mino-re valore aggiunto, e acquisire nuove competenze. Di conseguenza l’internazionalizzazione sostiene anche le attività in Italia, difendendo i posti di lavoro: infatti, se si considerano i maggiori gruppi chimici italiani internazio-nalizzati, le vendite mondiali sono superiori al livello pre-crisi dell’11% e la produzione in Italia è inferiore solo del 2% a valore ed è stata completamente ripristinata (o per-sino superata) in quasi il 70% dei casi.L’impegno profuso dalle imprese chimiche e dai loro

Anno 2002

+11 37% 48%

Anno 2012

Chimica

Totale Export

+64%

+62%

Italia

Paesi UE

+39%

+51%

Italia

Paesi UE

Fonte: Istat

Fonte: ICE-Istat

Evoluzione della quota di export sul fatturato nell’industria chimica

Performance all’export nel confronto europeovar. % 2002-11

Fonte: Istat, Eurostat, 2010

Fonte: elaborazioni su dati Istat

Ricerca e sviluppo della chimica in ItaliaQuota di addetti dedicati alla R&S in Italia(% sul totale degli addetti)Industria chimica 4.3%Industria manifatturiera 1.9%

Quota di imprese chimiche con attività di R&S in Italia (% sul totale delle imprese)Anno 2000 38%Anno 2010 48%

Numero di imprese con R&S nella chimica europeaGermania 1.209Italia 827Francia 607spagna 560

Settori della chimica fine e specialisticain avanzo commerciale

(milioni di euro, anno 2012)Cosmetici 1.140

Pitture e vernici 735

Detergenti e cura casa 511

Additivi per oli lubrificanti 398

Adesivi, colle, mastici e stucchi 248

Catalizzatori 219

Antiossidanti e stabilizzanti per plastica 145

Pigmenti e smalti ceramici 114

Ausiliari per tessile, carta e cuoio 90

Additivi per cemento 81

Preparazioni disincrostanti 77

solventi e diluenti 56

Inchiostri da stampa 11

Altro 141

Totale 3.966

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dipendenti per migliorare il posizionamento competitivo rischia di essere compromesso in assenza di progres-si nelle condizioni esterne di competitività e, con esso, la stessa capacità di tenuta complessiva del settore. In particolare, condizioni da sempre penalizzanti, come il divario del costo dell’energia e l’inefficienza della pub-blica amministrazione, diventano nella fase attuale inso-stenibili e richiedono interventi urgenti.

Lo scenario economico

30%Mediograndigruppi

70%Medie e piccole

imprese

130imprese

investitrici

Fonte: elaborazioni su Istat, Reprint, anno 2010

Fonte: elaborazioni sui dati forniti dalle imprese che aderiscono all’in-dagine di Federchimica

Note: medio-grandi gruppi = vendite mondiali superiori ai 100 milioni di euro

Note: analisi a campione chiuso, vendite mondiali superiori a 100 milioni di euro nel 2012

Industria chimica

Industria manifatturiera 17%

21%

Fonte: elaborazioni su dati Istat, anno 2010

Quota di addetti nelle filiali esteredelle imprese a controllo nazionale

Imprese chimiche italianedotate di presenza produttiva all’estero

Attività in Italia e nel mondodei maggiori gruppi chimici a capitale italiano

Vendite mondiali e produzione in Italiavar. % 2007-2012

Vendite mondiali +11%

Valore della produzione in Italia -2%

Quota di imprese che ha ripristinato i livelli di attività pre-crisi

Vendite mondiali 83%

Valore della produzione in Italia 69%

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Lo scenario europeo

L’unione europea è in un periodo di crisi non solo eco-nomica ma anche sociale, culturale e istituzionale. Negli ultimi anni, secondo i dati raccolti dall’Eurobarometro, si è assistito ad una costante diminuzione della fiducia dei cittadini europei nei confronti dell’uE. Accanto a questo crollo della fiducia nelle istituzioni europee, che è pas-sata dal 57% del 2007 al 33% del dicembre 2012, si è andata diffondendo un’idea negativa di Europa. Infatti, il numero di cittadini europei che percepisce in manie-ra totalmente negativa l’Europa è passato dal 15% del 2007 al 29% del 2012.La crisi che l’Europa sta attraversando potrebbe tuttavia essere un’opportunità per rendere l’uE più efficiente, soli-dale e competitiva e rilanciare un progetto che negli ulti-mi decenni ha garantito pace e prosperità a centinaia di milioni di cittadini europei. Non può sfuggire che, anche se troppo lentamente, le regole incomplete e asimme-triche che finora hanno disciplinato la gestione dell’eu-ro, vengono riviste e modificate con l’obiettivo di raggiun-gere un maggiore coordinamento delle politiche econo-miche e una migliore sorveglianza dei conti pubblici. Le politiche ambientali che negli scorsi anni hanno sempre penalizzato le imprese, soprattutto manifatturiere, stan-no lasciando il posto a politiche inclusive tese a fronteg-giare il pericoloso effetto della disoccupazione e, in pri-mis, della perdita di competitività del sistema industria-le europeo. Gli accordi commerciali con le altre regioni del mondo vengono sottoscritti solo dopo una più atten-ta analisi costi-benefici (come sta accadendo nei nego-ziati con il Giappone e come accadrà con quello con gli usA) e non soltanto per seguire impostazioni rivelatesi troppo liberiste.Il 2012 è quindi stato, per le istituzioni europee, un anno in cui le contraddizioni di un’unione a 27 stati e popoli è emersa con violenza e, a tratti, con brutalità. ma è stato anche l’anno in cui la classe dirigente europea e in parte anche quella nazionale ha finalmente preso consapevo-lezza che andare avanti così non é più ammissibile. L’u-nione europea deve rafforzarsi e non indebolirsi. L’unione europea deve continuare il suo percorso d’integrazione che, a termine, dovrà condurre agli stati uniti d’Europa. Lo hanno detto chiaramente 22 amministratori delega-ti di grandi aziende chimiche europee che, su proposta di Giorgio squinzi, allora Presidente del Cefic (Associa-

zione europea della chimica) hanno rivolto il 28 giugno 2012 un appello, pubblicato sul Financial Times e su Il sole 24 ore, con cui hanno chiesto ai 27 capi di stato e di governo un rafforzamento immediato e lungimiran-te dell’unione europea. mai, in precedenza, era acca-duto che degli imprenditori o managers di aziende chi-miche sentissero l’urgenza di rivolgersi, in quei termini, ai responsabili istituzionali europei. Anche il Presidente di Federchimica ha ribadito questa richiesta di rafforza-mento delle istituzioni uE nei vari incontri che ha avuto nel 2012 con diversi rappresentanti italiani a Bruxelles.Le imprese chimiche, attraverso le proprie associazioni di rappresentanza, sono compatte e determinate quando chiedono la promozione di una politica industriale forte, coesa e che verta su una rinnovata attenzione verso la competitività del settore manifatturiero. Il Cefic ha molto insistito su questo punto nel 2012, incalzando le istitu-zioni europee. Federchimica, dal canto suo, ha soste-nuto il Cefic ed ha svolto un attento ruolo di mediazio-ne, visti i consolidati rapporti istituzionali instaurati, nello specifico, con il Commissario italiano all’Industria (non-ché Vice Presidente della Commissione europea) Anto-nio Tajani e la Presidente italiana della Commissione Indu-stria, Ricerca ed Energia del Parlamento europeo, Ama-lia sartori e con la Vice Presidente Patrizia Toia. L’esito di queste azioni, peraltro positivamente accolte da qua-si tutti gli eurodeputati italiani delle diverse realtà politi-che, ha dato vita ad una serie di misure a favore delle PmI, come mai si era visto prima.Innanzitutto, non va dimenticato che l’obbligo di paga-mento dei crediti alle imprese da parte delle ammini-strazioni pubbliche è nato da una Direttiva approvata a Bruxelles nel 2011 che, a partire dal 2012, ha spiega-to il suo effetto giuridicamente vincolante costringendo molti stati reticenti a pagare, in tempi ragionevoli, i propri fornitori. Questa Direttiva, recepita in Italia in extremis, è stata il frutto di un lavoro congiunto tra le diverse istitu-zioni europee (Commissione, Parlamento, Consiglio) e permetterà, in molti stati (tra cui l’Italia), di liberare ingen-ti somme, altrimenti scandalosamente bloccate. Que-sto è uno degli esempi di come da Bruxelles possono arrivare non solo oneri amministrativi, ma anche norme che obbligano i governi nazionali ad essere più corretti ed efficienti nei rapporti con i loro cittadini.

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Prima parte

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una maggiore attenzione per il mondo industriale è emer-sa anche durante le discussioni che hanno riguardato il nuovo programma europeo per la ricerca e lo sviluppo “Horizon 2020”, all’interno del quale si è dato maggiore spazio all’opportunità di incrementare e sostenere l’in-novazione industriale e la competitività del sistema pro-duttivo europeo. oltre 80 miliardi di euro saranno mes-si a disposizione per gli anni 2014-2020 per progetti di ricerca, sviluppo e innovazione. Negli ultimi anni, l’Italia è diventata una contributrice netta dell’uE con un disavan-zo che nel 2011 ha toccato i 6 miliardi. Questa situazio-ne, dovuta anche all’incapacità di spendere tutti i fondi allocati al nostro Paese, sta gradualmente cambiando e, di recente, sono stati recuperati molti fondi europei. Nel 2012, ad esempio, solo per un progetto su 52 non si è riusciti ad utilizzare i fondi allocati dall’uE per una perdita di soli 33,3 milioni di euro rispetto ai 9,2 miliardi spesi tra l’ottobre 2011 e il dicembre 2012. Nel 2012 sono iniziati i negoziati per definire il quadro finanziario pluriennale 2014-2020 ossia il bilancio euro-peo per i prossimi sette anni. Fino ad oggi si è trattato di negoziati complessi, aggravati dalla crisi economica e finanziaria, nei quali si sono confrontati non solo gli inte-ressi a volte divergenti dei vari stati europei, ma anche i diversi livelli di ambizione delle tre istituzioni europee coinvolte. sebbene (al momento in cui questo capito-lo viene scritto) non si sia ancora raggiunto un accor-do interistituzionale definitivo, emergono delle prospet-tive positive per la spesa in competitività industriale che verrebbe aumentata a circa 125 miliardi di euro rispet-to ai 91 miliardi del periodo 2007-2013.Più nello specifico, per quanto riguarda le imprese ope-ranti nel settore chimico ci sono stati diversi provvedi-menti le cui conseguenze positive (anche se non riso-lutive) si vedranno a breve. Primo fra tutti è da salutare con favore la decisione di non modificare il Regolamen-to REACH (Registrazione, Valutazione e Autorizzazione) inerente le sostanze chimiche. Non era affatto sconta-to, considerando che molti stati membri (soprattutto del Nord Europa) e diversi europarlamentari avrebbero pre-ferito cambiare il testo legislativo per introdurvi norme più stringenti su nanomateriali, miscele chimiche e interferen-ti endocrini. si tratta quindi di un risultato molto significa-tivo, raggiunto grazie anche al contributo dato al dibattito da Federchimica. una decisione molto importante matu-rata nel corso nel 2012, su spinta del Vice Presidente Antonio Tajani, è stata quella di ridurre le tariffe richieste dall’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) alle PmI per la registrazione delle sostanze chimiche in ottemperanza al Regolamento REACH. Le riduzioni varia-no in base alla dimensione dell’impresa (più consistenti per le micro imprese e meno per le medie) e consisto-no in diminuzioni tra il 35% e il 95% delle tariffe per la registrazione delle sostanze e tra il 25% e il 90% per la loro autorizzazione. sempre con riferimento al Regola-mento REACH, la Commissione europea si è impegna-

ta a migliorare e razionalizzare le linee guida esistenti e a garantire una maggiore organizzazione e trasparenza dei gruppi per l’identificazione e lo scambio d’informa-zioni sulle sostanze chimiche (sIEF).

Il Commissario europeo per l’Industria, Antonio Tajani, e la Direzione generale (DG) Impresa da lui coordinata, si stanno adoperando, con determinazione ed effica-cia, per riportare al centro dell’agenda europea la poli-tica industriale ed in particolare il settore manifatturiero. Questi due assi sono stati anche al centro della Comu-nicazione sulla politica industriale pubblicata dal Com-missario Tajani il 10 ottobre 2012, nella quale il com-parto chimico è indicato come un settore strategico nel quale l’Europa deve poter continuare ad essere leader mondiale. Nella stessa direzione di promozione del siste-ma produttivo, vanno le decisioni di sottoporre vari set-tori industriali a dei fitness check per verificare l’impatto complessivo delle normative europee su un comparto produttivo. L’obiettivo finale di queste analisi incrociate è di comprendere come si potrebbe rendere più snel-lo, efficiente e coerente l’insieme delle normative che ricadono su un settore. Allo stesso modo, attraverso la consultazione pubblica aperta a tutti i cittadini europei (imprese incluse) sulle 10 normative più onerose per le PmI, la DG Impresa ha cercato di comprendere le dif-ficoltà delle aziende europee per semplificare, laddove possibile, la legislazione comunitaria.Proprio rispetto a questa consultazione, che ha individua-to il Regolamento REACH come la normativa europea più complessa, si sono espressi anche i capi di stato e di governo dei 27 stati membri che, in sede di Consiglio europeo, hanno chiesto alla Commissione europea di fornire, entro giugno 2013, delle proposte concrete su come semplificare il quadro regolatorio in cui operano le PmI e di completare quanto prima il mercato interno.

Queste non sono le sole iniziative portate avanti dal Com-missario Tajani a favore del settore manifatturiero e del-le PmI. Particolare attenzione è stata data alle tecnolo-gie avanzate di produzione, ai bio prodotti, alle tecno-logie chiavi abilitanti (ossia nanotecnologie, biotecnolo-gie, micro e nano elettronica, fotonica), all’edilizia soste-nibile, alle materie prime, alle reti intelligenti e ai veico-li puliti. Per tutti questi ambiti, evidenziati all’interno del-la Comunicazione sulla politica industriale (già in pre-cedenza citata), sono state promosse diverse attività. sono stati, ad esempio, creati dei gruppi di lavoro spe-cifici per settore con il coinvolgimento diretto di rappre-sentanti dell’industria e di tutte le parti sociali interessa-te per discuterne le opportunità e criticità o ancora sono state pubblicate delle comunicazioni contenenti misure concrete per agevolare lo sviluppo dei singoli settori. Per quanto riguarda le PmI è stata data particolare attenzio-ne alla disponibilità di finanziamenti attraverso ad esem-pio il programma CosmE (Programma per la competi-

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Lo scenario europeo

tività delle imprese e delle PmI) che prevede 2.5 miliar-di di euro di finanziamenti per le PmI e l’approvazione di un regolamento sui fondi di venture capital.

Nel corso del 2012, la Commissione europea ha pub-blicato anche la sua visione per lo sviluppo futuro e la salvaguardia delle risorse idriche in Europa ed il VII pro-gramma d’azione per l’ambiente che sarà il testo giuri-dico di riferimento per la futura politica ambientale euro-pea. Anche in queste occasioni è emersa una mag-giore attenzione al coordinamento e all’attuazione del-la politica ambientale esistente piuttosto che alla crea-zione di nuove normative, che rischierebbero di aggiun-gere inutili oneri burocratici a svantaggio delle imprese europee. si tratta di un’impostazione cara al Commissa-rio per l’Ambiente Janez Potocnik, sempre molto atten-to alla reale efficacia delle politiche europee e ai costi ad essi collegati.

Il rafforzamento del mercato interno è sicuramente un mezzo importante per proseguire nel processo di avvici-namento tra gli stati europei. Nonostante la crisi econo-mica e i suoi effetti su molti paesi membri, le valutazio-ni del mercato interno europeo e delle performance nel campo dell’innovazione non hanno dato risultati troppo negativi. Dalla valutazione del mercato interno, pubbli-cata a febbraio 2013, appare chiaro che gli stati mem-bri hanno ottenuto il miglior risultato in quindici anni nel recepire le norme uE nel diritto interno. La percentuale delle Direttive non recepite nei tempi dovuti negli ordi-namenti nazionali è diminuita dal 6.3% del 1997 al livel-lo record dello 0.6%. Particolarmente brillante è stata la prestazione dell’Italia che, in sei mesi, ha ridotto il suo deficit di recepimento dal 2.4% allo 0.8%. meno lusin-ghiero è, invece, il primato del nostro Paese per il nume-ro di procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea (67 rispetto alla media europea di 31). Ambiente e fiscalità restano i due ambiti in cui si registrano il mag-gior numero di infrazioni.Nel corso del 2012, sono migliorate anche le presta-zioni generali europee nell’innovazione, ma è aumenta-to il divario tra stati membri. svezia, Germania, Finlan-dia e Danimarca hanno registrato performance molto al di sopra della media uE, mentre l’Italia si è collocata pri-ma tra i paesi moderatamente innovatori, ossia con pre-stazioni al di sotto della media.Per la prima volta, la Commissione europea ha deciso di valutare anche le prestazioni dei sistemi giuridici dei 27 stati membri, poiché la loro efficienza è fondamentale non solo per garantire i diritti civili dei cittadini ma anche per consentire lo sviluppo degli investimenti e delle atti-vità economiche. I risultati di questo primo esercizio non sono completi, poiché non tutti i paesi europei hanno fornito dati sul loro sistema giuridico, ma si tratta sicu-ramente di un’analisi che potrà essere utile anche per il sistema imprenditoriale europeo. L’Italia, in base a que-

sto primo studio parziale, non è certamente virtuosa per la durata dei procedimenti e il numero di casi pendenti. Interessante notare come il nostro Paese sia al penul-timo posto per numero di giudici ogni 100.000 abitan-ti, mentre compaia al primo per il numero di avvocati.

L’unione europea è innanzitutto un’unione di popoli. Nel luglio del 2013 i croati diventeranno nuovi cittadini europei, con diritti e doveri previsti dal Trattato di Lisbo-na. I lettoni, nel gennaio nel 2014, entreranno a far par-te della zona-euro e i polacchi decideranno se adotta-re l’euro entro il 2016. Certamente c’è anche chi, come il governo inglese del Primo ministro David Cameron, vuole rinegoziare e “rimpatriare” alcune competenze devolute negli anni alle istituzioni comunitarie anche se, a detta di molti, l’operazione porterebbe enormi svan-taggi per gli inglesi, e avrebbe conseguenze abbastan-za ridotte per gli europei.Tuttavia, in questo quadro in perenne mutazione, Feder-chimica, nei numerosi incontri avuti a tutti i livelli nel 2012 con gli interlocutori istituzionali a Bruxelles ha sollevato tanti interrogativi, pronta a fornire possibili soluzioni con position papers e suggerimenti puntuali. Ad esempio, come affrontare le questioni legate al cambiamento cli-matico? Con gli orizzonti incerti e costosi per le imprese della Commissaria danese al Clima, Connie Hedegaard che non vuole riconoscere che il sistema di scambio di emissioni di Co

2 non è seguito da nessuna delle gran-

di potenze mondiali e quindi varrebbe forse la pena rive-dere quello imposto alle sole imprese europee? oppure con il pragmatismo del Commissario tedesco all’Ener-gia Günther oettinger e del Commissario italiano all’In-dustria, Antonio Tajani secondo cui occorre, soprattut-to in questo momento, abbattere i costi per le imprese europee e non aumentarli? Come coniugare le aspira-zioni di alcuni stati europei che vorrebbero vietare l’uti-lizzo di nanotecnologie e nanomateriali o eliminare dal commercio ogni oggetto fatto in plastica? Come scon-figgere l’idea, purtroppo ancora condivisa da qualche eurodeputato, che la manifattura debba essere spostata in paesi in via di sviluppo e non restare più in Europa? L’unione europea, con le sue differenze di popoli e quin-di anche di visioni, deve risolvere, giorno dopo giorno, queste importanti divergenze. Il ruolo delle associazioni di rappresentanza nazionali ed internazionali deve esse-re quello di stimolare le istituzioni. È esattamente l’obiet-tivo che Federchimica si è posta. In diverse occasioni, alcuni eurodeputati italiani e dirigenti della Commissio-ne europea hanno partecipato a riunioni “ad hoc” nella sede milanese della Federazione, a diretto contatto con i rappresentanti delle aziende associate. È anche grazie a questo genere di attività e alle cam-pagne di informazione portate avanti da Federchimica e dalle associazioni nazionali ed europee della chimi-ca, che sta maturando nei cittadini europei una visione più realistica e meno stereotipata dell’industria chimica.

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Prima parte

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Come dimostra anche un’inchiesta realizzata dall’Euro-barometro, i cittadini europei si stanno rendendo con-to della pervasività della chimica nella nostra vita quoti-diana e della centralità del settore per promuovere l’in-novazione a tutti i livelli. Infatti, secondo il 69% dei citta-dini uE non sarebbe possibile eliminare completamen-te le sostanze chimiche dalla nostra vita e secondo il 75% la chimica è coinvolta nella maggior parte dell’in-novazione industriale. È importante sottolineare inol-tre che è aumentata la consapevolezza sulla sicurezza delle sostanze chimiche. Per il 61% dei cittadini euro-pei le sostanze sul mercato oggi sono più sicure rispet-to a 10 anni fa.Il 2013 sarà un anno in cui la prospettiva europea potreb-be notevolmente mutare. Non solo per le imminenti ele-zioni in Germania, ma anche per una serie di scadenze istituzionali che si avvicinano. Infatti, nel 2014 sarà rinno-vato il Parlamento europeo con l’elezione diretta da par-

te dei cittadini europei dei 751 eurodeputati e sarà rin-novato anche il Collegio dei Commissari che mantiene il potere esclusivo di proposta legislativa. una nota positi-va per quanto riguarda i rappresentanti italiani a Bruxel-les è data dal fatto che, a differenza di quanto accaduto nelle precedenti legislature, si è drasticamente ridotto il numero di eurodeputati italiani che hanno abbandona-to il loro seggio a Bruxelles per ricoprire incarichi nazio-nali o locali. Questa è la prova di una maggiore consa-pevolezza del ruolo e dei risultati che possono esse-re ottenuti solo con professionalità e una conoscen-za approfondita delle dinamiche istituzionali e politiche dell’uE. Toccherà certamente ai cittadini europei e alle imprese chiedere una maggiore conoscenza di quanto viene fatto a Bruxelles e con quali obiettivi, eliminando così il vizio (comune a molti stati) di utilizzare le elezioni europee come semplice indicatore del gradimento che il governo nazionale trova tra gli elettori.

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Ambiente, salute e sicurezza

Ambiente

Per quanto concerne la normativa nazionale relativa alla tutela dell’ambiente, nel 2012 ci si è concentrati soprat-tutto nell’elaborazione di proposte volte ad una signifi-cativa semplificazione di alcune disposizioni, soprattut-to in relazione alle bonifiche.su questa tematica, nello specifico, purtroppo il pac-chetto di modifiche proposte che avrebbero portato ad una effettiva revisione della disciplina dettata dal Titolo V della Parte IV del Codice Ambientale ha subi-to una vera e propria frammentazione in vari provvedi-menti (Decreti Legge “salva Italia”, “semplificazioni” e “Crescita”) e solo alcune proposte sono state accolte; fra queste ultime, l’articolazione dei progetti di bonifi-ca per aree o fasi temporali, con adozione di tecnolo-gie innovative. molto resta ancora da fare per arrivare ad un quadro normativo semplificato e in grado di non ostacolare le attività produttive, di re-industrializzazio-ne o riconversione industriale che devono necessaria-mente affiancare gli interventi di bonifica.

una grande occasione persa per il Legislatore, in tema di semplificazione, è stata l’adozione del Decreto mini-steriale 161/2012 relativo alla gestione delle terre e rocce da scavo: un provvedimento molto atteso dalle imprese perché avrebbe dovuto chiarire e codificare le condizioni alle quali gestire tali materiali come sottopro-dotti anziché come rifiuti, ma che ha invece introdot-to tante e tali complicazioni (basti pensare all’introdu-zione di un nuovo documento di trasporto diverso da quello normalmente usato per il trasporto delle merci) da rendere la sua applicazione estremamente onero-se per gli operatori.

su un altro fronte, anche per dotarsi di uno strumen-to di dialogo con il ministero dell’Ambiente in vista del recepimento della Direttiva 2010/75/uE (la cosiddetta Industrial Emissions Directive, che andrà a sostituire la Direttiva IPPC), Federchimica ha attivamente partecipa-to ai lavori di Confindustria per elaborare il documento “Valutazione comparativa della disciplina di Autorizzazio-ne Integrata Ambientale a livello europeo e nazionale: effetti sullo sviluppo industriale del Paese”, presentato

dal Presidente di Confindustria in una apposita confe-renza stampa il 6 marzo 2013.L’analisi, che mette a confronto le esperienze nazionali ed europee, fornisce un esempio concreto della corre-lazione tra ambiente e politica industriale. Dai dati raccolti e dalle analisi fatte emerge che in Italia l’attuazione della disciplina sulle emissioni comporta per le imprese costi amministrativi e burocratici più elevati rispetto ai principali paesi dell’unione europea, a causa delle tempistiche più lunghe e dei maggiori oneri. Inoltre la disciplina europea in materia ambientale viene spes-so recepita, nel nostro Paese, in maniera più restrittiva rispetto ai parametri europei (limiti di emissioni, sanzio-ni, oneri e tariffe a carico delle imprese). obiettivo del documento, in vista del già richiamato rece-pimento della Direttiva IED, è di chiedere un quadro nor-mativo ambientale allineato agli standard europei e di conseguire una decisa semplificazione delle procedure.

Altro tema centrale, nel panorama della normativa ambientale, ha continuato ad essere il sistema infor-matico sIsTRI per la tracciabilità dei rifiuti, che, istituito nel dicembre 2009, da quasi tre anni ormai prosegue la sua odissea di rinvii e modifiche. Nel 2012 c’è stata la pubblicazione di un Decreto mini-steriale in materia e la sospensione dell’operatività del sistema fino, al massimo, al 30 giugno 2013. Il ministe-ro dell’Ambiente ha annunciato l’intenzione di far parti-re in maniera scaglionata il sIsTRI, a partire dall’1 otto-bre 2013 per i produttori di rifiuti pericolosi e dal 3 mar-zo 2014 per i produttori di rifiuti non pericolosi.Naturalmente Federchimica lavorerà al fianco di Confin-dustria per favorire la messa a punto da parte del mini-stero di un sistema realmente in linea con l’operatività delle imprese.

A livello europeo, il settore chimico ha seguito con atten-zione gli sviluppi e poi la pubblicazione della nuova Diret-tiva “seveso III”, relativa agli impianti a rischio di inciden-te rilevante: la Commissione europea ha presentato la propria proposta di Direttiva nel dicembre 2010, l’iter di approvazione è proseguito per l’intero 2011 e si è con-cluso con la pubblicazione del provvedimento il 24 luglio 2012. sebbene l’obiettivo della revisione fosse solo un

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allineamento della normativa seveso alla nuova classifi-cazione delle sostanze e miscele disciplinate, sulla base del Regolamento CLP (Regolamento uE 1272/2008), il testo ha suscitato un ampio dibattito fra le istituzioni europee e gli stakeholder a causa di alcuni appesanti-menti proposti rispetto alla normativa vigente, fra i qua-li, in primis, la possibilità di un ampliamento di rilievo degli impianti assoggettati a questa disciplina. sul dos-sier, così come sulla revisione della Direttiva relativa agli standard di qualità ambientale (EQs), Federchimica ha presentato le proprie posizioni a Bruxelles, in collabora-zione con l’associazione europea Cefic.

Infine, un’importante attività è stata condotta insieme a Cefic per iniziare ad affrontare, come settore chimico, il tema della biodiversità. Ne è nata una pubblicazione dal titolo “Biodiversity and Ecosystem services – What are they all about?” che vuole essere una semplice e prati-ca guida per le imprese che vogliono iniziare a confron-tarsi con questo tema.

Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

Dando seguito alla lettera circolare del luglio 2011, il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha pubbli-cato il manuale operativo “Criteri e strumenti per la valu-tazione e la gestione del rischio chimico negli ambien-ti di lavoro ai sensi del D. Lgs. n. 81/2008 e smi, (Reg. (CE) n. 1907/2006, Reg. (CE) n. 1272/2008 e Reg. (uE) n. 453/2010)”, approvato dalla Commissione consulti-va permanente per la salute e sicurezza sul lavoro il 28 novembre 2012.Il documento è stato redatto dal Comitato 9 “Agenti chi-mici, fisici e biologici” della Commissione consultiva per-manente, di cui Federchimica è componente, per fornire uno strumento utile alle imprese che devono adempie-re agli obblighi relativi alla corretta gestione degli agen-ti chimici pericolosi sul luogo di lavoro. All’interno del

documento viene inoltre affrontato il tema della possi-bile contemporanea presenza di valori limite di esposi-zione definiti dalla normativa nazionale e internazionale (VLE) e quelli derivanti dagli scenari di esposizione pre-disposti ai sensi del Regolamento REACH (DNEL); que-sta tematica è stata oggetto di un workshop, ampiamen-te partecipato, che si è svolto in Federchimica il 4 otto-bre 2012 e verrà trattata in posizioni che si stanno pre-parando a livello europeo.

Con riferimento agli Accordi della Conferenza stato Regioni relativi alla formazione in tema di salute e sicu-rezza di lavoratori, preposti, dirigenti e datori di lavoro che svolgono il ruolo di RsPP, il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in accordo con le Regioni, ha sancito un secondo Accordo (25 luglio 2012) per forni-re chiarimenti e precisazioni in merito alle attività di for-mazione previste.Federchimica, inoltre, ha dato puntuale informazione e assistenza in merito alla pubblicazione dell’Accordo sta-to Regioni concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori; tale accordo, oltre ad elencare le attrez-zature, indica le modalità per il riconoscimento dell’abili-tazione, l’individuazione dei soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione.

A livello europeo, la Commissione continua a valuta-re la revisione della Direttiva cancerogeni e mutage-ni 2004/37/CE riflettendo inoltre sul possibile inseri-mento degli agenti reprotossici: su questa eventuali-tà anche Cefic ha pubblicato una posizione, condivisa da Federchimica.stanno inoltre iniziando a circolare anteprime di un pos-sibile quarto elenco di valori indicativi di esposizione pro-fessionale, mentre a livello nazionale sono stati recepi-ti i valori stabiliti dalla terza lista dal Decreto del 6 ago-sto 2012.

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sicurezza prodotti: le recenti novità

sul fronte del Regolamento REACH (Registration, Eva-luation, Authorization, Restriction of Chemicals) il 2012 non è stato caratterizzato da scadenze riguardanti la regi-strazione, ma ha visto la piena applicazione delle nuo-ve disposizioni per le schede Dati di sicurezza e con-temporaneamente il prosieguo delle attività in relazione all’implementazione degli altri regolamenti riguardanti la sicurezza prodotti.

Il Regolamento REACh

Il processo di autorizzazione delle SVhC (Substance of Very high Concern)

L’Autorizzazione è una delle nuove procedure previ-ste dal REACH. scopo dell’Autorizzazione è quello di assicurare che i rischi connessi all’uso delle sostan-ze estremamente problematiche (substances of Very High Concern), siano adeguatamente controllati e che le stesse siano progressivamente sostituite (ove eco-nomicamente e tecnicamente possibile) con altre più sicure.L’Autorizzazione si applica solo ed esclusivamente alle sostanze incluse nell’Allegato XIV del REACH e non è vincolata ai quantitativi; tale allegato è stato aggiorna-to nel febbraio del 2012 con l’inserimento di otto nuo-ve sostanze che vanno a sommarsi alle sei preceden-temente inserite. Anche la lista di sostanze candidate all’autorizzazione “Candidate List” è stata aggiornata e attualmente comprende 138 sostanze.

Attività in relazione alla Valutazione delle sostanze

Il processo di Valutazione, che viene effettuato dagli stati membri, ha lo scopo di chiarire se l’uso di determinate sostanze non possa rappresentare un rischio per la salu-te umana e/o per l’ambiente tale da richiedere maggio-ri informazioni ai dichiaranti ed eventualmente proposte di misure di gestione dei rischi (es. possibile restrizione, possibile classificazione come sostanze sVHC, etc.).Nel corso del 2012 è stato pubblicato il primo CoRAP (piano d’azione a rotazione a livello comunitario) con-tenente 90 sostanze che saranno valutate in ambito REACH nell’arco del triennio 2012-2014. Il CoRAP è soggetto ogni anno ad aggiornamenti.

Attività funzionali relative alla prima revisione del Regolamento

Nel giugno del 2012 la Commissione europea avrebbe dovuto presentare una serie di valutazioni inerenti l’at-tuale stato di applicazione del Regolamento REACH. Tali valutazioni dovevano essere raccolte in una rela-zione da presentare al Parlamento e al Consiglio euro-peo ma sono state posticipate al 2013 e costituiranno la base di lavoro per le future attività in materia di REACH.

Le Schede Dati di Sicurezza (SDS)

A dicembre 2012 è terminato il periodo di deroga pre-visto per l’adozione delle disposizioni del Regolamen-to 453/2010 per le miscele. Ne consegue che, tutte le sDs dei prodotti, siano essi sostanze o miscele, immes-si sul mercato, ad oggi devono essere redatte in base al nuovo formato.

Permangono le problematiche relative alla lettura ed applicazione di quanto previsto dagli scenari espositivi allegati, ove previsto, alle sDs. Federchimica nel corso del 2012, con un’apposita task force, ha predisposto un aggiornamento della Collana Editoriale del Comitato sicurezza Prodotti dal titolo “Come valutare le (e)sDs e decidere le azioni conseguenti” allo scopo di aiuta-re le imprese associate, nella lettura della sDs e, dove previsto, degli scenari espositivi derivanti dalla registra-zione REACH.Tale argomento rivestirà in futuro sempre maggior impor-tanza soprattutto con l’avvento delle prossime registra-zioni e la necessità di trasferire le informazioni pervenute tramite gli scenari, nella catena di approvvigionamento.

Il Regolamento CLP

L’1 dicembre 2012 ha visto terminare il periodo di proro-ga per la riclassificazione ed etichettatura, secondo CLP, delle cosiddette “sostanze a scaffale” (cioè quei prodotti immessi sul mercato prima dell’1 dicembre 2010 e che si trovano sugli scaffali dei grossisti/rivenditori). si ricorda difatti che l’1 dicembre 2010 è entrato in vigore l’obbligo di applicazione, per le sostanze, dei nuovi criteri previsti per la classificazione e l’etichettatura introdotti dal Rego-lamento 1272/2008/CE (cosiddetto Regolamento CLP).

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L’applicazione dei criteri di classificazione ed etichettatura CLP per le miscele è invece obbligatorio a partire dall’1 giugno 2015. Le imprese hanno quindi dovuto rivede-re le classificazioni delle sostanze in base ai criteri CLP e predisporre etichette di pericolo, nelle quali sono stati inseriti pittogrammi di pericolo in sostituzione dei simbo-li previsti dalla precedente normativa, così come le nuo-ve indicazioni di pericolo e i nuovi consigli di prudenza.

Il Regolamento CLP è soggetto ad aggiornamenti in relazione ai criteri di classificazione; a dicembre 2012 è diventato obbligatorio applicare quanto previsto dal pri-mo di questi aggiornamenti in riferimento alle sostanze; tale applicazione ha comportato un aggravio della clas-sificazione di alcune sostanze.

Il Regolamento Biocidi

Nel giugno del 2012, dopo tre anni dalla proposta del-la Commissione di revisione della Direttiva 98/8, si è arrivati alla fine dell’iter e il nuovo Regolamento (Rego-lamento 528/2012) è stato pubblicato. Tale Regola-mento, che riguarda l’immissione sul mercato e l’uso dei biocidi, presenta numerosi aspetti di miglioramen-to rispetto alla Direttiva ma ha suscitato, nel corso del

2012, molte perplessità per via della difficile interpreta-zione di alcuni articoli. Le novità introdotte riguardano, ad esempio, la possibi-lità di presentare una domanda di autorizzazione all’E-CHA che permetta di immettere un prodotto contempo-raneamente in tutti gli stati dell’unione europea, nuove disposizioni per gli articoli trattati e una migliore gestione della condivisione dei dati. Nel corso del 2012 il grup-po di lavoro biocidi ha analizzato il Regolamento e pre-disposto un documento guida, a supporto delle impre-se, di prossima pubblicazione.

Attività di supporto di Federchimica

Federchimica nel corso del 2012, tramite il Comita-to sicurezza Prodotti, ha organizzato, oltre a numero-si gruppi di lavoro e task force specifici, tre importanti eventi. uno relativo ai materiali innovativi a contatto con alimenti che ha riscosso notevole successo e due con-ferenze “sicurezza Prodotti” che hanno visto la parteci-pazione di circa 600 partecipanti. La prima si è tenuta in marzo ed è stata specifica sul REACH; l’altra, dal tito-lo “Come gestire la complessa fase di evoluzione legi-slativa sui biocidi” in ottobre.

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Le politiche europee in tema di energia e clima

È importante analizzare gli sviluppi riguardanti la politi-ca europea in tema di energia e clima, per i loro effet-ti sui singoli paesi.

La politica europea, soprattutto quella climatica, è da tempo caratterizzata dalla volontà di costituire un esempio per il resto del mondo, per arrivare ad un vero accordo internazionale, con obiettivi condivisi ed impe-gni generalizzati. si può dire che nel 2012 le speranze dell’unione Europea siano state frustrate:

gli usA, con lo shale gas, hanno mostrato come si possano ottenere risultati molto rilevanti, in termini di riduzione delle emissioni di gas serra, con una linea diversa e autonoma rispetto all’uE;

le prospettive di un accordo internazionale di politica climatica continuano ad allontanarsi, o addirittura a rivelarsi poco realistiche, come dimostrato dagli esi-ti della CoP 18 di Doha, a seguito dei quali l’obietti-vo attuale è la definizione di un accordo per il 2015, che però potrà essere operativo non prima del 2020.

Nel frattempo stanno emergendo problematiche con-nesse con qualche difficoltà nel disegno complessivo delle politiche europee; al di là di quelle relative all’Emis-sions Trading system europeo precisate in seguito, van-no menzionate anche quelle difficoltà ancora non risolte dei criteri di sostenibilità delle fonti rinnovabili per i trasporti e quelle emergenti per la gestione operativa e le conse-guenze economiche delle fonti rinnovabili per la produ-zione di energia elettrica.I dubbi sulla sostenibilità delle fonti rinnovabili per il tra-sporto, cosiddette di prima generazione, hanno porta-to a limitare al 5% il loro contributo agli obiettivi al 2020, senza né rivedere l’obiettivo totale del 10%, né indica-re come esso possa essere assicurato, dato lo stadio ancora iniziale delle generazioni successive alla prima (nonostante l’esistenza di promettenti esempi a livello industriale, questa volta anche nel nostro Paese, come dimostrato dall’esperienza di mossi & Ghisolfi a Cre-scentino in Piemonte).Lo sviluppo (ancora diseguale nei vari Paesi) delle fonti

rinnovabili elettriche pone nuove condizioni di stress per le reti di trasmissione e distribuzione, e richiede profondi interventi sulle stesse, molto più velocemente di quello che si riesca a fare, con la necessità di realizzare siste-mi di stoccaggio dell’energia elettrica, e inoltre pone il problema di come sostenere i notevoli costi delle politi-che di incentivazione (sulla fiscalità generale, cosa che in tempi di crisi è ancora meno agevole, o sui consu-matori di energia, con le conseguenti scelte fra i con-sumatori domestici e l’industria e, all’interno di questa, come proteggere l’industria energy intensive).Inoltre, lo sviluppo inevitabile delle fonti rinnovabili per l’energia elettrica evidenzia un paradosso riguardo al modello di mercato unico alla base degli obiettivi delle politiche europee: al di là della lentezza con cui si proce-de verso il mercato unificato, con una situazione di colle-gamenti ancora insufficienti tra le aree isolate di mercato, ci si rende conto che importanti quote del prezzo totale effettivo dell’energia elettrica sono soggette alla regola-zione, e non al mercato, come per esempio gli oneri di trasporto e distribuzione, gli oneri di incentivazione, e le componenti fiscali; si ricorda infatti che l’energia incen-tivata, remunerata al prezzo di mercato, entra nel mer-cato a prezzo zero.

È un risultato di fatto sconsolante, se paragonato alle attese sul futuro mercato dell’energia, per superare una situazione iniziale in cui tutto era regolato: la regolamen-tazione di parti importanti del prezzo dell’energia elettri-ca è destinata a rimanere impermeabile alle condizio-ni di mercato. A titolo di esempio dei paradossi che si realizzano, si citano le discussioni in Italia sui meccani-smi di capacity payment, che, invece di intervenire su situazioni di insufficiente disponibilità di capacità, devo-no risolvere i problemi derivanti dall’eccedenza di capa-cità disponibile di origine fossile (ad es. i cicli combinati a gas), “spiazzata” dalla produzione eolica e fotovoltaica.

La politica europea sull’efficienza energetica, infine, è destinata ad aggiungere altre incognite, dovute alle pos-sibili differenze nell’implementazione nazionale della diret-tiva europea 2012/18/CE (pubblicata ad ottobre), con la varietà delle possibili forme degli obiettivi da raggiun-gere (consumi primari, consumi finali, insufficiente distin-

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vari fattori, quali la disponibilità e il costo delle tecnologie di abbattimento, la “severità” dell’obiettivo, il livello di atti-vità economica, l’esistenza di altri strumenti di policy con obiettivi simili (è il caso, in Europa, dell’obiettivo sull’im-piego di fonti rinnovabili, che ha avuto l’effetto di ridurre l’impiego di fonti fossili e la domanda di quote). In ogni caso, lo stabilirsi di un basso livello di prezzi dovrebbe essere considerato coerente con la funzione di minimiz-zazione del prezzo propria di uno strumento di mercato.

Nel caso della discussione sull’opportunità di interveni-re sull’Eu ETs per risollevare i prezzi delle quote, sem-bra sia stato dimenticato che l’obiettivo della riduzione delle emissioni corrispondente al cap fissato è comun-que garantito, e quindi anche per questo non si giustifi-cano interventi esterni. L’argomento dell’industria mani-fatturiera è che intervenire dall’esterno su uno strumen-to di mercato, anzi scelto esattamente per questo, è una contraddizione.

Inoltre esistono dubbi (anche tra i proponenti) sulla capa-cità della proposta (sottrazione “temporanea” di quote) di risollevare i prezzi; un effetto del genere si potrebbe ottenere da un’eliminazione di quote a titolo definitivo, il che però sarebbe equivalente ad aumentare l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2020, cosa che richiede-rebbe un intervento legislativo sulla direttiva 2009/29/CE e sarebbe in contrasto con la decisione dell’Europa di rendere più ambizioso l’obiettivo di riduzione solo in presenza di un accordo globale sulle politiche climatiche.

Nonostante tale decisione, esistono posizioni favorevoli all’adozione di ambiziosi obiettivi di politica climatica per il 2030 (anche senza un accordo globale): ad esse si deve il tentativo di proporre come impegni europei strin-genti e incondizionati per il 2030 quelli che sono sempli-cemente le conseguenze a medio termine degli impegni che si dovrebbero adottare in caso di un accordo glo-bale per il 2050. Impegni d’altronde inefficaci se adottati solo dall’Europa, che per di più contribuisce solo per un decimo alle emissioni globali di gas serra.

In tema di Emissions Trading la posizione dell’industria chimica europea, in linea con tutta l’industria manifattu-riera, è di considerare che correzioni allo schema siano da applicare solo dopo il 2020.

Le correzioni partono dall’analisi delle cause delle attuali problematiche dell’Eu ETs: tra le maggiori, secondo l’in-dustria, ci sono la riduzione di attività produttiva indotta dalla pesantissima e perdurante crisi economica, e i cri-teri di assegnazione gratuita delle quote, scollegati dal-la produzione effettiva, che hanno contribuito a deter-minare l’eccesso di quote sul mercato. L’industria pro-pone un criterio dinamico di assegnazione delle quo-te, in grado contemporaneamente di legarle alla produ-

zione tra efficienza e risparmio energetico, possibili limiti nei valori assoluti dei consumi con il conseguente effet-to di freno alla crescita).

I problemi dello schema europeo di Emissions trading

In relazione allo schema europeo di Emissions Trading (Eu ETs), si sta sviluppando una discussione innescata dalla discesa dei prezzi delle quote di emissione (EuA). I prezzi delle quote, dopo aver toccato livelli anche di 30 E/t Co

2, sono progressivamente discesi fino a livel-

li inferiori a 5 E/t Co2.

Alla base della discesa dei prezzi vi è il progressivo accumularsi di un surplus di quote, dopo la restituzione e cancellazione di quelle corrispondenti alle emissioni verificate. Ciò ha effetti negativi:

sugli interessi del trading finanziario, i cui utili sono proporzionali al livello di prezzo delle quote;

sui possibili ricavi (in calo) che gli stati membri pos-sono ottenere dalla vendita all’asta delle quote;

sulle possibilità di finanziare tecnologie di riduzione delle emissioni di gas serra costose e che ancora non hanno dimostrato la loro fattibilità come le tec-niche di CCs (Carbon Capture and sequestration), per le quali si era fatta una sorta di “scommessa” su un alto livello di prezzo delle quote, per poterle ade-guatamente finanziare.

si ricorda che l’obiettivo garantito da un sistema cap & trade è quello di assicurare che le emissioni del sistema regolato non superino il cap fissato: il livello di prezzo che si realizza per il raggiungimento dell’obiettivo dipende da

Settimane 2012-201350 51 52 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17

NordPool

EUA, mercato a termine prezzi settimanali8

7

6

5

4

3

2

1

0

€/t CO2

ECX

Andamento recente del prezzo delle quote di emissione (EU EtS)

Fonte: elaborazioni GmE su dati Thomson Reuters

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Chimica ed energia

zione effettiva e di rispettare il cap stabilito per il tota-le delle quote in circolazione. Tale criterio eliminerebbe un meccanismo perverso indotto dall’assegnazione con riferimenti “storici” che, stabilendo di fatto un arbitraggio tra produzione industriale e vendita di quote, costituisce una barriera per la produzione ed un incentivo implicito alla delocalizzazione della produzione industriale euro-pea. Con il legame alla produzione effettiva (assegna-zione ex-post), non si potrebbero infatti ottenere quo-te per la produzione mancata, mentre ciò accade con il sistema vigente.

È anche criticabile l’uso, di fatto discrezionale da parte degli stati membri, di non utilizzare i proventi generati dalla vendita di quote, che sarebbero meglio impiega-ti nel sistema stesso, che ha il pregio di essere un rife-rimento comune a livello europeo.Infine, una revisione dello schema di Emissions Trading dovrebbe risolvere un problema di efficienza nella defi-nizione del campo di applicazione, che include trop-pi impianti poco significativi dal punto di vista del loro contributo alle emissioni regolate. molto eloquenti sono i dati seguenti:

il 75% degli impianti dello schema contribuisce al 5% delle emissioni regolate,

il 40% degli impianti dello schema contribuisce al 2% delle emissioni regolate.

Gli sviluppi in Italia

Evidentemente, le considerazioni fatte per l’Europa hanno un’influenza significativa anche per l’evoluzione italiana.

Tra gli sviluppi registrati nel 2012 ce ne sono alcuni posi-tivi. Tra essi si ricorda soprattutto:

la definizione della sEN (strategia Energetica Nazio-nale), poi pubblicata nel 2013,

l’avvio di un mercato per il gas.

Il lato positivo della sEN è che, dopo oltre un quarto di secolo, si ha finalmente un documento di riferimen-to in cui sono trattati gli aspetti rilevanti per una politi-ca energetica.

L’avvio del mercato del gas ha consentito di elimina-re quasi del tutto il significativo differenziale del prezzo del gas sul mercato italiano, rispetto al resto d’Europa. In prospettiva, dovrebbe ridursi il peso delle poco fles-sibili condizioni dei contratti ToP (take or pay) a favo-re del mercato spot, in questo periodo favorevole per il consumatore.

Tra gli elementi non positivi, la perdurante mancanza di una regolamentazione del cosiddetto “settore non ETs”, rilevante in quanto sotto la diretta responsabilità del governo, dopo che il settore ETs ne è uscito con

le modifiche dell’Eu ETs dopo il 2012. un primo ten-tativo di sistemare la tematica risale alla Delibera CIPE 123/2002, pubblicata a marzo 2003, con riferimen-ti quantitativi presto diventati obsoleti. si può dire che il bisogno di regolamentazione risale a 10 anni fa; nel 2012 è stato fatto un tentativo di aggiornamento del-la Delibera citata, con una bozza di testo circolata, ma senza risultati ufficiali.

Nel settore gas si segnala l’assoluta necessità per il Pae-se di dotarsi di infrastrutture quali i terminali di rigassifica-zione per approfittare dell’esportazione di shale gas dagli usA, dove questa fonte per i bassi prezzi sta spiazzan-do le altre (petrolio e carbone).

Le criticità della politica delle rinnovabili

È difficile dire che gli sviluppi impetuosi delle fonti rinno-vabili per l’energia elettrica, soprattutto nel 2011 e 2012, siano stati il frutto di una politica lucida; essi sono stati piuttosto il risultato dell’assenza della stessa, e si è trat-tato quindi di sviluppi disordinati e alla fine contropro-ducenti, tranne che per i percettori degli ingenti sussidi derivanti dagli incentivi.

Come si vede dai dati in tabella, l’energia elettrica pro-dotta dalle Fonti Rinnovabili, dal 2011 al 2012, è passa-ta da 83 a 92,5 TWh (nonostante una riduzione dell’e-nergia idroelettrica di circa 4 TWh, da 45,8 a 41,9 TWh). Le due maggiori energie incentivate, eolica e fotovol-taica, sono passate da 9,86 a 13,9 TWh (eolica) e da 10,8 a 18,8 TWh (fotovoltaica). La potenza installata fotovoltaica è passata da 12,77 a 16,35 GW, mentre solo qualche anno prima si riteneva quasi impossibile arrivare all’obiettivo di 8 GW.

Il disordinato sviluppo citato ha contribuito in modo deter-minante a portare gli oneri indiretti a carico dei consuma-tori di energia elettrica a oltre 12 miliardi di euro annui, una cifra che pesa come un macigno sulla competitivi-tà di moltissime imprese in Italia, e che rende partico-larmente difficili gli interventi di ridistribuzione interna a favore dei consumatori industriali particolarmente espo-sti, interventi comunque decisi e previsti (vedi art. 39 del cosiddetto Decreto sviluppo).

Le maggiori critiche che possono essere formulate alla politica seguita, di fatto, in Italia, in termini di incentivi alle Fonti Rinnovabili fotovoltaiche è che non risultano giustificabili incentivi maggiori di quelli stabiliti in Ger-mania (paese meno favorito dalle condizioni di inso-lazione), e tantomeno risulta giustificabile la preco-ce installazione di impianti per rispettare gli obiettivi al 2020, con la prospettiva che essi diventino obsoleti (tecnicamente ed economicamente) man mano che si avvicina la scadenza.

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Impianti a fonti rinnovabili in Italia: Prima stima 2012Edizione 28/02/2013

Potenza Efficiente Lorda (MW) 2008 2009 2010 2011 20121

Idraulica 17.623 17.721 17.876 18.092 18.200

Eolica 3.538 4.898 5.814 6.936 7.970

solare 432 1.144 3.470 12.773 16.350

Geotermica 711 737 772 772 772

Bioenergie2 1.555 2.019 2.352 2.825 3.800

totale FER 23.859 26.519 30.284 41.399 47.092

Potenza Efficiente Lorda (GWh) 2008 2009 2010 2011 20121

Idraulica 41.623 49.137 51.117 45.823 41.940

Eolica 4.861 6.543 9.126 9.856 13.900

solare 193 676 1.906 10.796 18.800

Geotermica 5.520 5.342 5.376 5.654 5.570

Bioenergie2 5.966 7.557 9.440 10.832 12.250

totale FER 58.164 69.255 76.964 82.961 92.460

Consumo Interno Lordo CIL3 (GWh) 353.560 333.296 342.933 346.368 336.249FER/CIL % 16 21 22 24 27

Fonte: GsE (Gestore servizi Energetici)

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Logistica e competitività

Strategie e obiettivi

La logistica è un’opportunità per la crescita perché rap-presenta una leva strategica di intervento, non solo in termini micro-economici per la competitività dei singo-li player ma anche in senso macroeconomico per lo sviluppo generale e territoriale, in termini di PIL, valore aggiunto e occupazione.

I tre diversi Piani della Logistica che nel 1999, 2004 e 2011 si sono succeduti sono sostanzialmente molto simili, anche nel fatto di non essersi mai concretizzati. occorre un patto tra manifattura e supply chain perché quest’ultima è parte integrante del prodotto manifattu-riero e del made in Italy. La supply chain deve rappre-sentare il vero valore aggiunto nella produzione e nel-la vendita; le aziende italiane, per vincere, devono fare lobby cioè reti di impresa integrate, abbandonando l’illu-sione dell’autonomia così fortemente radicata nel nostro tessuto industriale.

Nel frattempo il settore della logistica chiude il 2012, così come era cominciato, con fatturati in calo, aziende in sof-ferenza, numero di addetti in diminuzione e, anche per il prossimo futuro, le aspettative rimangono pessimistiche.

Le rilevazioni di Confetra (Confederazione che raccoglie le imprese di trasporto, della spedizione, della logistica e del deposito delle merci) indicano che il 2012 si è chiuso con il segno meno per tutti i settori: il trasporto su gom-ma ha fatto registrare una diminuzione dei volumi di traf-fico intorno al 5% rispetto al 2011, quello su rotaia del 4.8%, quello aereo del 5.8% e anche le direttrici nava-li hanno mostrato una contrazione nell’ordine del 3/5%.

unico dato positivo, destinato a crescere, è quello rela-tivo agli “Express Courier” che lavorano con aziende atti-ve nell’e-commerce e che si è consolidato intorno a un +2% su base annua.

I risultati negativi registrati non sono legati solo alla con-trazione generale dell’economia ma anche all’assen-za di una politica di sviluppo del comparto della logisti-ca nel nostro Paese penalizzata da storture di sistema

(dimezzato in cinque anni il trasporto merci su rotaia, 27 Autorità portuali che si fanno concorrenza o frammen-tano l’offerta, aeroporti non competitivi) che richiedono interventi urgenti orientati a logiche di semplificazione e liberalizzazione dei processi.

La logistica è una cartina al tornasole del sistema pro-duttivo nazionale e per guadagnare in efficienza e capa-cità produttiva occorre trovare un nuovo modello di busi-ness per i suoi attori: non più semplici trasportatori di merci ma veri e propri partner per le imprese.Tutto ciò comporta:

l’integrazione reciproca delle modalità di trasporto e la loro connessione al territorio;

l’omogeneità complessiva dell’offerta logistica e infra-strutturale;

la promozione di sistemi di comunicazione, gestione e controllo informatici;

l’armonizzazione sistematica dei processi di produ-zione, stoccaggio e trasporto;

la gestione ottimale dei problemi dell’ultimo miglio; lo sviluppo generalizzato della professionalità.

La situazione italiana è caratterizzata da una inefficien-za logistica stimata intorno al 2.5% del PIL che rappre-senta una tassa pesante sul nostro sistema economico con ulteriori ripercussioni indirette per un totale di perdi-te indotte valutate fra 10 e 30 miliardi di euro.

una politica responsabile deve quindi prevedere un modello unitario che organizzi una rete multilivello, fun-zionale alle logiche d’area geografica o di filiera. Tale politica andrebbe indiscutibilmente ad integrarsi (pur restando in un’ottica di sistema) con i “Piani regionali di sviluppo territoriale”, anche riqualificando le opere por-tuali o di ultimo miglio e aggiornando il quadro normati-vo per gli interporti.

Le linee operative per questa politica devono fare con-vergere più sistemi economici, amministrativi ed infra-strutturali. sono quindi da favorire, lato offerta, le forme di unione imprenditoriale, incentivando d’altra parte i sistemi di aggregazione della domanda. Parallelamente si renderanno necessarie infrastrutture portanti di buona

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capacità (in termini di tonnellate/mezzo), con nodi adatti al cambio modale nei punti di maggiore valenza logisti-ca. sono poi da incentivare le iniziative di sviluppo dei sistemi di trasporto intelligenti a rete (ITs) che gestisca-no le inefficienze di coordinamento nel trasporto attra-verso la diffusione delle TIC (Tecnologie dell’Informazio-ne e della Comunicazione). I sistemi di trasporto intelli-genti offrono il vantaggio di assicurare soluzioni innova-tive per favorire il decongestionamento delle reti di tra-sporto, attraverso la fornitura di informazioni puntua-li e aggiornate relative a condizioni del traffico, percor-si meno trafficati e mezzi alternativi più celeri. Possono inoltre concorrere al riequilibrio tra le diverse modalità di trasporto, in modo da privilegiare quelle maggiormente compatibili sotto il profilo ambientale che costituiscono elemento decisivo per la riduzione del consumo di ener-gia e delle emissioni inquinanti (attualmente il traspor-to su strada produce il 72% delle emissioni di anidride carbonica di tutto il comparto dei trasporti).

È infine da valutare la necessità della formazione di player logistici nazionali per lo sviluppo dell’intermodalità.

un altro tema, di grande attualità in Italia, è quello relati-vo ai costi minimi dell’autotrasporto, di cui alla L. 4 ago-sto 2010, n. 127 che ne ha esteso l’applicazione anche ai contratti scritti, mascherati come costi di sicurezza ma in realtà vere e proprie tariffe obbligatorie in con-trapposizione ai principi di libero mercato a cui si richia-ma la normativa comunitaria. Per denunciarne l’illegitti-mità, sono stati presentati i ricorsi della committenza al Tar del Lazio che il 15 marzo u.s. ha rinviato alla Cor-te di Giustizia europea il giudizio sui medesimi. Quello che risulta da un’analisi comparata delle legislazioni nei principali paesi europei, condotta da uno studio legale di Bruxelles per conto di Confindustria, è che in materia di tutela della sicurezza della circolazione delle merci, ai fini dell’applicazione di costi minimi per sconfessare ogni legame normativo tra sicurezza e costi, in tutti gli ordina-menti esaminati, misure di costi minimi o tariffe a forcel-la sono considerati ad alto rischio di infrazione alle regole generali del diritto della concorrenza.

In Francia, per esempio, il cor-rispettivo del trasporto, pur non contenendo riferimenti specifici alla sicurezza, risponde a una serie di categorie di costi identificate dal legislatore, in un quadro quindi di liberalizzazione regolata il cui punto di merito, sulla base di determinati elementi prestabiliti per legge (costo del carburante, pedaggi, ammortamento del veico-lo, costi di viaggio del conducente, etc.) è la valoriz-zazione dei costi di esercizio di un’impresa di auto-

trasporto a cui il committente si richiama per conveni-re sulla remunerazione del servizio di trasporto offerto.Il diritto tedesco, invece, dopo l’abrogazione del regi-me tariffario nel 1998, è di chiara matrice liberale, con le parti libere di determinare il prezzo di trasporto come preferiscono, anche sottocosto, nel qual caso gli uni-ci limiti alla vendita del servizio sono quelli previsti dalle norme “antitrust” e non da altri interessi pubblici quali, ad esempio, la protezione della sicurezza stradale. Allo stesso tempo però l’ufficio federale per l’autotrasporto di merci effettua numerosi controlli (in media 600.000 verifiche l’anno contro le 20.000/25.000 del nostro Pae-se) per verificare il rispetto delle norme sulla sicurezza stradale in Germania, in particolare in relazione al rispet-to dei tempi di guida e di riposo.

In conclusione, è ragionevole pensare che, combinan-do sistemi di controllo come avviene in Germania con il modello francese di liberalizzazione regolata, vale a dire con un sistema di responsabilità a specchio con costi di riferimento che valgono sia per il committente sia per l’autotrasportatore, anche la mina vagante dei costi mini-mi in Italia verrebbe probabilmente disinnescata, finen-do di essere occasione di scontro tra le parti in causa.

Il trasporto delle merci pericolose e la gestione delle emergenze

Il costante aggiornamento della normativa sul trasporto delle merci pericolose ha indotto Federchimica, come negli anni precedenti, a promuovere con altri partner l’e-dizione in lingua italiana del testo coordinato dei Regola-menti ADR 2013 (strada) e RID 2013 (ferrovia) per assi-stere le imprese a conformarsi al nuovo quadro norma-tivo, e dirigerne la corretta applicazione. A entrambi i manuali è allegato un CD-Rom, per disporre della ver-sione informatica del testo dei rispettivi due Regolamen-ti, comprensivo di un data-base delle merci pericolose combinato con un software di ricerca per nome, nume-ro uN, etc. e del modello di documento di trasporto,

nella versione “formulario-tipo” per il trasporto multi-modale di merci pericolose, che può essere gene-rato e stampato.

Anche con riferimento alla figura del “Consulente sicurezza trasporto merci pericolose”, per il quale la normativa europea prevede il rila-scio di un certificato che ne attesti la professionalità a valle del supe-ramento di un esame, Federchimi-ca ha promosso lo sviluppo di un software, su supporto CD-Rom, ad uso delle Commissioni d’esa-me e dei candidati all’esame. Il CD-Rom contiene i ”quiz” organizzati su

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domande a scelta multipla con riferimento alla normativa ADR e RID e consente tre opzioni di utilizzo: esercitazione; simulazio-ne d’esame; esame.

Tra le iniziative editoriali, va segnalata anche la rivisitazione congiunta, con il supporto di esperti del Comitato Ambiente e Territorio e del Comitato Logistica della Linea Gui-da Federchimica “La gestione, il traspor-to e il conferimento agli impianti di tratta-mento dei rifiuti: indicazioni operative per le imprese produttrici”.La collaborazione tra i due Comi-tati ha portato alla redazione di un documento in cui si offre un quadro unitario delle differenti problemati-che afferenti alla gestione dei rifiu-ti e ai suoi combinati adempimenti mutuati dalla normativa ambientale e da quella del trasporto. Il docu-mento si propone in questo modo di supportare le imprese in tutte le fasi del ciclo di gestione del rifiu-to: dalla produzione al trasporto, fino al conferimento agli impianti di recupero o smaltimento. Per quanto concerne in particolare la fase di movimentazione, particolare attenzione è stata posta sui criteri di classificazione del rifiuto ai fini di valutarne l’eventuale pericolosità in relazione alla disciplina del trasporto merci pericolo-se e quindi alle raccomandazioni del Libro Arancio del-le Nazioni unite a cui si richiamano i vari Regolamenti di settore: ADR (strada), RID (ferrovia), ADN (navigazione interna), ImDG (mare) e ICAo-IATA (aereo).Fra le attività istituzionali dell’Area Logistica di Federchi-mica, da sempre un posto importante è riservato alla formazione che anche nel 2012 si è realizzata con la promozione di corsi e seminari sia in sede, sia presso associazioni territoriali o imprese del sistema confindu-striale per una gestione in loco.

Nell’area della logistica ricadono inoltre le competenze connesse alle emergenze chimiche nel trasporto e quindi al servizio Emergenze Trasporti (s.E.T.) per il quale nel

2012 è stato avviato un radicale proces-so di riorganizzazione, con il trasferimen-to del Centro di Risposta Nazionale s.E.T. da Porto marghera presso sPm a Cesano maderno presso Basf, perseguendo logi-che di contenimento dei costi e di quali-ficazione dell’offerta, calata in un conte-sto allargato avente a riferimento non solo la gestione emergenze ma anche attività connesse al rischio chimico in generale.

La tendenza delle Pubbliche Autorità di considerare il s.E.T., più che uno stru-

mento operativo, un centro informativo di eccellenza sui prodotti chimici e sulle regolamen-tazioni che ne dirigono l’attivazione, è stata la leva per ridisegnarne il campo di applicazione, non più

confinato all’area dei Vigili del Fuo-co ma aperto a tutte le componenti del sistema pubblico e privato che interagiscono nella gestione dei pro-dotti chimici.

Lo stesso “numero verde”, istitui-to da Federchimica per chiamate di emergenza o di supporto infor-mativo che le imprese aderenti al s.E.T. possono riportare sulle pro-prie schede di sicurezza (sDs) e/o sul documento d trasporto (DDT), è

una risposta concreta a questo mutato scenario con il quale il s.E.T. oggi si interfaccia.

La ormai consolidata attività di cooperazione di Feder-chimica con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, si è arricchita inoltre di una nuova iniziativa che si configura nei Workshop-RADAR, di cui sono già state realizzate due edizioni, rispettivamente a milano e a Napoli, con la finalità di intercettare a livello locale, sulla base di esi-genze avvertite dal sistema pubblico e privato, proble-matiche di prevenzione e gestione delle emergenze nel-la logistica chimica per fornire risposte appropriate da parte dei diversi operatori sul territorio chiamati ad agi-re, nell’indipendenza del ruolo, in un sistema integrato di competenze e professionalità.

Logistica e competitività

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Ricerca e innovazione

La crisi economica che sta continuando a coinvolgere l’Europa ha forti ripercussioni anche sulle attività di ricer-ca e innovazione. Tuttavia le realtà che avevano cerca-to di superare la situazione negativa attraverso la ricerca hanno continuato a investire in questo settore per man-tenere i risultati positivi ottenuti. Attraverso la diversificazione di prodotti, infatti, alcune imprese sono riuscite a emergere nei mercati interna-zionali.Parallelamente, anche il settore della ricerca pubblica si è trovato di fronte a un taglio netto dei finanziamenti: que-sta situazione ha portato quindi a un aumento del nume-ro delle collaborazioni col privato, anche attraverso la par-tecipazione a bandi. Nonostante i diversi problemi che intervengono nelle inte-razioni tra i due diversi mondi, molti passi avanti sono stati fatti da entrambe le parti e molti nuovi progetti sono nati.

Per supportare le imprese (soprattutto quelle non struttu-rate e organizzate per avere un piano di ricerca di medio e lungo termine), Federchimica prosegue con un dialo-go costruttivo sia con il mondo della ricerca pubblica che con le istituzioni. Nel primo caso, rafforzando gli accordi già presenti e cercando di portare avanti azioni che per-mettano un dialogo sempre più semplice tra le imprese, le università e i centri di ricerca. Nel secondo caso, dato che spesso le istituzioni non offrono un reale supporto alle imprese, soprattutto dal punto di vista dei fondi per la ricerca e l’innovazione (spesso troppo difficili da richie-dere e da ottenere) e della troppa burocrazia sia a livello nazionale che a livello europeo, Federchimica porta all’at-tenzione delle stesse istituzioni i problemi reali delle impre-se e favorisce la nascita di attività concrete per migliorare il dialogo e l’utilizzo da parte dell’industria degli strumen-ti dei ministeri nazionali o della Commissione europea.

Per incrementare la ricerca e l’innovazione sono fonda-mentali sia le risorse economiche sia le risorse umane qualificate.Per questo secondo aspetto, Federchimica ha prosegui-to il dibattito con le imprese e con le università sulla figura del dottore di ricerca, sulle sue prospettive di inserimen-to nel mondo del lavoro e sull’adeguatezza dei percor-si formativi alle esigenze del mondo delle imprese. Que-

sto dibattito ha evidenziato un problema di coerenza tra la professionalità degli attuali dottori di ricerca – stretta-mente legata alla formazione ricevuta - e le esigenze dei nuovi settori di sbocco. L’assunzione di un dottore di ricerca, anziché di un neo-laureato magistrale, da par-te di un’impresa dovrebbe essere basata sul riconosci-mento di una superiore professionalità che possa giusti-ficare la maggiore età del candidato all’assunzione e uno stipendio più elevato. Le caratteristiche professionali premianti sono, oltre alla preparazione tecnico scientifica, la cultura progettuale e il grado di autonomia che il dottore di ricerca deve dimo-strare su un progetto di ricerca e sviluppo dell’impresa. In altri termini l’impresa può giustificare l’assunzione di un dottore di ricerca anziché di un neo-laureato magistrale, e i maggiori oneri che ne derivano sia in termini di costi immediati che di aspettative di sviluppo della persona, solo se riconosce di poter affidare al più presto alla per-sona stessa un progetto di ricerca da gestire con un certo grado di autonomia, con attenzione non solo agli aspet-ti scientifici, ma anche a quelli gestionali e organizzativi.A seguito di una condivisione di questa idea con le univer-sità, Federchimica ha affrontato la problematica anche a livello confindustriale, dove la posizione è stata approvata.Il dialogo con le università prosegue, proprio perché è fon-damentale non lasciar cadere azioni che possano incen-tivare le attività congiunte e l’apertura alle collaborazioni tra università e imprese.

Per implementare le attività di ricerca e innovazione sono poi ovviamente necessari fondi e incentivi, ottenibili e uti-lizzabili con regole semplici e uniformi.A livello europeo, le imprese italiane hanno tuttora difficoltà a partecipare a bandi della Commissione europea: infatti il successo del Paese nel 7° Programma Quadro per la Ricerca si attesta sempre ad un 20% scarso del totale.Dal prossimo anno la Commissione europea avvierà il nuovo programma di finanziamento “Horizon 2020”, che coprirà il periodo 2014-2020.Con tale programma l’Europa ha proposto una serie di azioni di semplificazione che dovrebbero aiutare le impre-se, soprattutto le PmI, ad accedere ai fondi europei. Con-temporaneamente è aperto un significativo dialogo tra le istituzioni europee sul budget dedicato alla ricerca. sarà

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Prima parte

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importante che l’Europa mantenga il budget iniziale per “Horizon 2020”, senza riduzioni e tagli: la ricerca e l’inno-vazione possono essere strumenti fondamentali per la crescita delle imprese e per la sopravvivenza in mercati altamente competitivi.

Per promuovere la partecipazione delle proprie impre-se ai bandi nazionali ed europei, Federchimica sta pro-seguendo un’attività di informazione e di supporto alla presentazione di progetti.Attraverso l’organizzazione di seminari operativi, Feder-chimica ha avviato uno specifico servizio attraverso la sua società interamente controllata sC sviluppo chi-mica s.p.A.Dato che è molto importante che le imprese chimi-che partecipino a questi schemi di finanziamento per aumentare la propria competitività sia a livello nazio-nale sia europeo, Federchimica intende supportare le proprie associate nell’identificazione di contatti interna-zionali e nella gestione dei progetti di ricerca.

Nel nuovo programma di finanziamento si dà molta importanza alle partnership pubblico-private e alle part-nership europee per l’innovazione. Questi nuovi stru-menti danno luogo alla definizione delle tematiche da finanziare attraverso programmi quali “Horizon 2020”: per questo motivo la partecipazione delle imprese a queste partnership sarà fondamentale, al fine di pro-muovere le proprie attività in un contesto europeo e di avere la possibilità di spingere la programmazione dei futuri bandi.

È sicuramente fondamentale però tenere vive anche le Piattaforme Tecnologiche: la Commissione europea intende infatti mantenere attivi questi strumenti e tener-li in considerazione per la definizione di settori cui attri-buire fondi. In particolare per il settore chimico è molto importante il ruolo della Piattaforma Tecnologica euro-pea “suschem” (sustainable Chemistry) e il suo rap-porto con la Commissione europea. L’Italia intende rilanciare la Piattaforma italiana, perché possa portare all’attenzione anche delle istituzioni nazionali le istanze delle imprese chimiche.

Il tema della chimica sostenibile è sempre più impor-tante per le imprese e per gli stakeholders. molte di esse infatti hanno avviato nuove iniziative di ricerca per migliorare la sostenibilità dei propri prodotti e proces-si. Federchimica, in collaborazione con i propri asso-ciati, ha avviato un censimento delle realtà coinvol-te nella ricerca in questo settore, al fine di promuove-re cooperazioni col sistema pubblico della R&s e per mostrare l’impegno delle imprese nel superamento

delle richieste normative per il miglioramento ambien-tale e di sicurezza.

sempre di più in Europa si parla di nanotecnologie e nanomateriali. Parallelamente allo sviluppo di nuovi pro-dotti e di tecnologie altamente innovative, si affianca però una preoccupazione, spesso immotivata, causata dalla scarsa conoscenza di questi nuovi materiali.Questo timore sta causando l’intenzione, a livello euro-peo, di definire normative per regolare la produzione e l’utilizzo delle nanotecnologie. A livello europeo è infat-ti in corso un grande dibattito sulla possibilità di produr-re leggi ad hoc per i nanomateriali, considerandoli così una classe di prodotti a se stante.Al contrario, i nanomateriali sono da considerare come altri prodotti chimici e quindi le imprese sono già impe-gnate a valutarne l’impatto seguendo la normativa esi-stente (REACH, sicurezza e salute sui luoghi di lavo-ro, etc.).La Commissione europea ha pubblicato una definizio-ne ufficiale, per aiutare i diversi soggetti a comprende-re cosa sia “nanomateriale”; tale definizione però pre-senta diversi aspetti negativi, come l’assenza di meto-di di misura standard da utilizzare in fase di valutazione della sostanza. Inoltre il campo di applicazione è molto ampio e porta all’inclusione tra i “nano” anche di sostan-ze finora non considerate tali.Nonostante i numerosi dubbi collegati a questa defini-zione, in molte normative sono state inserite disposizioni specifiche per regolare i nanomateriali, seguendo solo il principio di precauzione e senza una reale esigenza di queste ulteriori indicazioni.

Federchimica, attraverso lo sviluppo del Programma “Nanotecnologie nell’Industria Chimica” (PNIC), si è atti-vata per coinvolgere le imprese in un dibattito, con l’a-iuto di tutti gli stakeholder che possono essere interes-sati al settore (imprese, università, centri di ricerca, par-chi scientifici e fondi di venture capital), sia utilizzando metodi di divulgazione, sia preparandosi alla possibilità di intervenire in confronti europei e nazionali.Dato che sia negli stati uniti che in Asia il mercato del-le nanotecnologie è da anni avviato con un buon suc-cesso, è opportuno che l’Europa, e in particolare l’Ita-lia, continui ad affrontare con decisione questa materia, senza la definizione di normative specifiche che vadano a bloccarne lo sviluppo. Le nanotecnologie infatti posso-no migliorare notevolmente la qualità della vita, la com-petitività dell’industria europea e lo sviluppo sostenibile.un ampio dibattito che coinvolga le imprese, i centri di ricerca e il pubblico è necessario. Questo può porta-re ad un’analisi efficace dei benefici e dei rischi sia rea-li che percepiti.

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Responsible Care®: il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile

Il Programma Responsible Care®

Responsible Care® è il Programma volontario dell’indu-stria chimica mondiale, con il quale le imprese attraver-so le loro federazioni nazionali, si impegnano a migliorare continuamente processi, prodotti e comportamenti nel-le aree di sicurezza, salute e ambiente e in più in gene-rale nell’ambito della responsabilità sociale, in modo da contribuire in maniera significativa allo sviluppo sosteni-bile dell’industria, delle comunità locali e delle società.

Il Programma Responsible Care® rappresenta una del-le colonne portanti fondamentali dell’impegno dell’indu-stria chimica per lo sviluppo sostenibile.Infatti, esso rappresenta l’etica che guida il settore ver-so il miglioramento continuo delle prestazioni e si appli-ca concretamente all’interno delle imprese attraverso l’adozione di un sistema di gestione integrato sicurez-za, salute e ambiente.

Con il passare degli anni e con il maturare delle esigen-ze della società, il Programma ha esteso la sua area di copertura alla gestione responsabile dei prodotti lungo l’intero ciclo di vita (Product stewardship) e più in gene-rale, anche se in maniera parziale, alle problematiche di responsabilità sociale dell’impresa.

In particolare, nell’area della Product stewardship l’ICCA (International Council of Chemical Associations) ha intro-

dotto all’interno di Responsible Care® la Global Product strategy (GPs) che stabilisce gli standard globali e le procedure per garantire un’appropriata gestione della sicurezza nell’uso dei prodotti chimici in tutto il mondo e una comunicazione trasparente verso il mondo ester-no. Tutto questo è destinato a rafforzare la fiducia nel settore chimico e nei suoi prodotti (per approfondimen-ti: www.icca-chem.org).

Responsible Care® in Italia

In Italia, il Programma è presente dal 1989 ed è asse-gnato a Federchimica; attualmente vi partecipano 167 imprese di grande, media e piccola dimensione di pro-prietà nazionale ed estera, un campione statisticamen-te significativo dell’industria chimica in Italia in quanto ne rappresenta circa il 57% del fatturato e il 50% dei dipendenti.I dati che annualmente le imprese aderenti al Program-ma raccolgono e che vengono pubblicati nel Rapporto annuale Responsible Care® dimostrano come l’industria chimica in Italia si sia profondamente impegnata per per-seguire la sostenibilità dei suoi processi e dei suoi prodotti.

I risultati ottenuti nella riduzione dell’impatto ambientale

Le emissioni in atmosfera sono state ridotte dalle impre-se aderenti a Responsible Care®, rispetto al 1989, di valori compresi tra l’87% e il 97% a seconda dei para-metri presi in considerazione. Questi risultati sono stati possibili grazie alle innovazioni di processo, alle nuove tecnologie e ai sistemi di abbattimento a camino degli impianti chimici.

L’industria chimica che utilizza l’acqua principalmente per il raffreddamento degli impianti, per la produzione e per la pulizia dei siti è fortemente impegnata in una gestio-ne efficiente delle risorse idriche.Nel 2011 i consumi idrici sono stati 1.612 milioni di m3 e la riduzione rispetto al 2005 (primo anno per il qua-le si ha un dato attendibile) è del 25%. Inoltre l’acqua per gli usi industriali prelevata dalle imprese proviene solo per l’1.4% da acquedotto e per il 9.8% da pozzo

Responsible Care® e i Sistemi di gestione

Areestrategichedi gestione

Standard e schemi volontariOhSAS18001

ISO14001 EMAS ISO 50001 ISO 9001 SA 8000Responsible

Care®

sicurezza

salute

Ambiente e Energia

Productstewardship

Responsabilitàsociale

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(che sono le fonti più pregiate di approvvigionamento), mentre la maggior parte proviene da fiume (11.9%) e da mare (76.6%).Infine, l’acqua potabile proveniente da acquedotto con-tinua a ridursi negli anni e nel 2011 ne sono stati con-sumati circa 2,8 milioni di m3 in meno rispetto all’anno precedente.

Le imprese aderenti a Responsible Care® sono atten-te alla qualità dei corpi idrici in cui immettono le proprie

acque di scarico e sono impegnate nel minimizzare la quantità di sostanze inquinanti in esse contenute attra-verso nuove tecnologie per il loro abbattimento, che congiuntamente con altre iniziative hanno permesso di migliorare gli impatti sulla biodiversità dei corsi di acqua dolce e del mare.I principali parametri presi in considerazione nel 2011 presentavano valori inferiori dal 36% al 76% rispetto al 1989.

oggi più che mai l’energia è un elemento strategico per l’industria chimica, che nel 2011 ha registrato una riduzione dei consumi del 36% circa rispetto al 1990. Nonostante il ruolo giocato dalla crisi economica degli ultimi anni, il trend positivo è comunque evidente come dimostra il miglioramento dell’efficienza energetica che è stato del 45% sempre rispetto al 1990.un risultato rilevante considerato che l’unione europea, con la sua famosa politica “20-20-20” ha stabilito come obiettivo l’incremento del 20% dell’efficienza energetica a livello comunitario.

L’industria chimica è poi stata particolarmente efficien-te nella riduzione delle emissioni di gas serra. Tale ridu-zione ha riguardato fondamentalmente due gas: l’ani-dride carbonica (Co

2) derivante dai processi di combu-

stione e il protossido di azoto (N2o). La Co

2 si è ridotta

costantemente nel tempo, anche grazie all’incremento dell’efficienza dei processi di combustione ed al miglio-ramento del mix di combustibili negli usi energetici da parte delle imprese. Le emissioni di N

2o si sono abbat-

tute di quasi il 90% rispetto al 2005 grazie a nuove tec-nologie di processo.

COD N Metallipesanti

P0

20

40

60

80

100

-76%

24

-69%

31

-36%

64

-40%

60

1989 2011

30.475

13.189

10.57511.277

28.494

24.380

1990 2008 2009 2010

Δ-62.9%

Δ-6.5%

Δ-20%

100 102.5 89.1 95.9

2012 2020

kt CO2eq.Obiettivo

Kyotoper l’Italia

ObiettivoUE

IPIindustriachimica

SO2 NOx Polveri COV0

20

40

60

80

100

-97%

3 310

-87%

13

-97%

-90%

1989 2011

Fonte: Federchimica-Responsible Care®

Fonte: IsPRA; IsTAT

Fonte: Federchimica-Responsible Care®

Emissioni in acqua delle imprese aderentia Responsible Care®

(indice 1989=100)

Andamento e struttura delle emissioni di gas serra dell’industria chimica in Italia:

confronti con gli obiettivi di Kyoto e dell’UE

Emissioni in aria delle imprese aderenti a Responsible Care®

(indice 1989=100)

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Responsible Care: il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile

le imprese aderenti Responsible Care® hanno investi-to complessivamente 746 milioni di euro nel 2011 per garantire standards sempre più elevati di sicurezza salu-te e ambiente. Anche se si registra un calo nel valore assoluto dovuto alle difficoltà economiche del periodo, le spese per sicurezza, salute e ambiente si conferma-no quindi ingenti e sono strutturalmente circa il 3% del fatturato complessivamente generato.

Attraverso queste risorse economiche, l’industria chimi-ca ha finanziato investimenti in nuovi impianti e macchi-nari in grado di migliorare il proprio ciclo produttivo, ha sviluppato sistemi di gestione formalizzati (che in mol-ti casi hanno ottenuto la certificazione), oltre a garantire elevati standards di performance.

Rispetto al 1990, sia l’industria chimica (-62.9%), sia le imprese aderenti a Responsible Care® (-70.9%) hanno ottenuto risultati migliori degli obiettivi indicati dal Proto-collo di Kyoto e sono già in linea con quanto richiesto dagli obiettivi della Commissione europea per il post Kyoto al 2020.

La sicurezza nei luoghi di lavoro, un impegno concreto

L’industria chimica non solo è rispettosa dell’ambiente ma dimostra anche una particolare attenzione alla sicu-rezza dei propri dipendenti all’interno dei luoghi di lavo-ro: l’indice di frequenza degli infortuni (ossia il numero di infortuni per milione di ore lavorate), elaborato da dati INAIL per tutti i settori economici, dimostra come i luo-ghi di lavoro della chimica siano tra i più sicuri, registran-do una performance di 11,6 mentre il valore mediano dell’industria manifatturiera si attesta a 24,8.

La formazione dei dipendenti è una variabile fondamen-tale per l’ottenimento dei risultati nelle aree di sicurez-za, salute e ambiente. Le ore di formazione annue per dipendente su sicurezza, salute e ambiente delle impre-se Responsible Care® sono costantemente aumentate dal 2005 al 2011 passando dal valore di 7,2 a quello di 10,5. L’efficacia della formazione si può vedere con-frontando le ore di formazione con la riduzione costan-te dell’Indice di frequenza degli infortuni.

ma per ottenere questi risultati è anche necessario l’im-piego di ingenti risorse finanziare e professionali: infatti,

Ind. LegnoSettori N° di infortuni denunciati per milione di ore lavorate*

Ind. MetalliInd. AlimentareInd. Min. non Metal.Altre IndustrieInd. Gomma e Plast.Ind. MeccanicaInd. Mezzi TrasportoInd. CartaInd. Cuoio e PelleInd. ElettricaInd. TessileInd. Chimicadi cui Imprese RCInd. Petrolio

Mediana2008-2011

=24,8

68,746,8

38,236,635,8

30,425,7

21,618,3

16,116,4

11,69,4

7,2

25,1

2009 2010 2011

176(I)

831744 746

19.1% Investimenti HSE/Investimenti totaliSpese HSE/Fatturato

18.0% 20.5%

4357

7327

3.3% 2.5% 2.4%

655(CO)

574(CO)

563(CO)

169(I) 183

(I) Ambiente

AmbienteSicurezza e salute

Sicurezzae salute

Milioni di € Ripartizione (%) per naturae per destinazione

Fonte: Federchimica-Responsible Care®-INAIL

Fonte: Federchimica-Responsible Care®

Infortuni sul lavoro: confronto tra settori manifatturieri (2009-2011)

Imprese aderenti a Responsible Care®: andamento e struttura delle spese in hSE** Media aritmetica relativa al triennio 2009-2011

* Spese hSE = Investimenti hSE (I) + Costi Operativi hSE (CO)

4

5

6

7

8

9

10

11

11,9

7,2

11,1

7,210,4

9,5 9,59,2

8,4

8,3

9,3

10,2 10,110,5

7

8

9

10

11

12

13

2005

N° ore diformazione HSE

per addettoN° infortuni per

milione di ore lavorate

2006 2007 2008 2009 2010 2011

Ore diformazione HSE

Indice difrequenza degli Infortuni

Fonte: Federchimica-Responsible Care®

Confronto fra le ore di formazione su sicurezza, salute e ambiente (hSE) e l’andamento infortuni-stico nelle imprese aderenti a Responsible Care®

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Inoltre, circa 100 milioni di euro sono stati destinati a bonifica dei suoli e delle acque di falda e testimoniano l’approccio responsabile dell’industria chimica nel voler sanare eventuali inquinamenti pregressi.

L’industria chimica, grazie all’approccio del Programma Responsible Care® è riuscita ad andare oltre al mero rispetto dei limiti di legge, dimostrando negli anni il pro-prio contributo allo sviluppo sostenibile. ora questo impegno deve continuare soprattutto spingendo l’inno-vazione e lo sviluppo di nuovi prodotti e di nuove tec-nologie di processo che possano garantire la sosteni-bilità nostra e quella delle generazioni future.

Infatti l’industria chimica attraverso le sue conoscenze, le sue tecnologie ed i suoi prodotti, si configura come un settore portatore di soluzioni per risolvere alcuni dei problemi relativi alla sostenibilità del nostro pianeta.si pensi ad esempio che:

grazie alle innovazioni della chimica relative ai semi e alle protezioni delle colture, si può contribuire a ridurre i problemi della fame nel mondo permettendo mag-giori produzioni agricole, prezzi più bassi e quindi una più ampia disponibilità di prodotti alimentari;

l’industria chimica è in grado di fornire nuove tecnolo-gie per la depurazione dell’acqua e per un suo miglio-re utilizzo;

la chimica è in grado di contribuire alla mitigazione del fenomeno dei cambiamenti climatici attraverso solu-zioni in grado di ridurre i consumi energetici (es. iso-lamento degli edifici, materiali leggeri per mezzi di tra-sporto) o di permettere la produzione di energia da fonti rinnovabili (es. bioetanolo II, biodiesel, tecnolo-gie per il solare e per l’eolico).

Con riferimento a questo ultimo punto l’ICCA (Internatio-nal Council of Chemical Industry) ha calcolato che ogni tonnellata di Co

2 equivalente emessa dall’industria chi-

mica ha permesso di ridurre di 2,6 tonnellate la quantità di gas serra emesse da altre industrie e dagli utilizzato-ri finali. In altre parole, a livello mondiale senza le tecno-logie e i prodotti chimici, ogni anno verrebbero emesse in atmosfera circa 5.2 miliardi di tonnellate in più di gas serra, pari all’11% della quantità totale emessa.Quindi una più ampia diffusione dei prodotti chimici inno-vativi è anche un buon modo per favorire una razionaliz-zazione dei consumi energetici e di contrastare i cam-biamenti climatici.

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Relazioni industriali e risorse umane

Il rinnovo del CCNL

Il 22 settembre 2012 è stato raggiunto, dopo un nego-ziato durato pochi giorni, l’Accordo per il rinnovo del CCNL in scadenza a fine anno. La condivisione delle criticità relative allo scenario economico e alla situazio-ne politica internazionale ha portato le Parti sociali chi-miche ad un impegno straordinario non solo nei con-tenuti dell’ipotesi di Accordo ma anche nei tempi e nei modi in cui questa è stata raggiunta.

È però da evidenziare che fin dal 27 giugno 2011 con il Patto per la competitività e l’occupazione, in vista di questo negoziato, erano già stati messi al centro del nostro confronto i due temi centrali dell’Accordo: la produttività e l’occupabilità, e su questi ci si era con-frontati nell’ambito dell’osservatorio Nazionale ed era-no state trovate, prima di avviare il negoziato, ampie convergenze.Quindi un negoziato formale in tempi che possono sembrare incredibili se non si tiene conto di un meto-do tipico delle nostre Relazioni industriali: un dialogo continuo, pragmatico, finalizzato a risolvere i problemi anche percorrendo strade innovative.È stata lanciata una sfida al sindacato che è stata pron-tamente e senza esitazioni accettata: tentare di con-segnare da subito alle imprese strumenti necessari sul fronte della produttività e occupabilità, individuan-do alcune priorità strategiche in questa fase e su que-ste fare il massimo sforzo per raggiungere il migliore accordo possibile.

Con la sottoscrizione dell’Accordo si è quindi inteso: dimostrare consapevolezza e impegno nei confronti

del settore ma anche del Paese in relazione allo sfor-zo in atto per rilanciare la produttività e sostenere l’oc-cupazione;

dare un contributo concreto per offrire qualche cer-tezza al mercato, alle imprese, ai lavoratori;

lanciare un preciso segnale politico di responsabili-tà, perché lo stesso impegno nella ricerca di formu-le e accordi orientati alla produttività, occupabilità, responsabilità sociale e alla partecipazione si potes-se realizzare negli stessi modi, cioè in tempi rapidi e con interventi efficaci, anche a livello aziendale.

Misure a sostegno della produttività

Abbiamo condiviso che il miglioramento della produttivi-tà del lavoro si possa realizzare intervenendo sulla quali-tà delle risorse umane, sulla qualità delle relazioni indu-striali e sulla flessibilità organizzativa. In questi ambiti abbiamo sottolineato il ruolo della forma-zione, funzionale sia alla produttività sia alla occupabilità.La formazione deve infatti essere considerata uno stru-mento essenziale:

per la qualità delle risorse umane; per la flessibilità della prestazione attraverso la poli-

valenza, la capacità cioè del lavoratore di svolgere diverse attività;

per la qualità delle relazioni industriali; per sviluppare e incentivare una cultura di relazioni

partecipative utile anche a garantire la esigibilità del-le norme del CCNL, la certezza delle regole e la coe-renza ed eticità dei comportamenti a tutti i livelli.

È stata posta massima rilevanza alla necessità di garantire la necessaria flessibilità organizzativa attraverso la valoriz-zazione del ruolo della contrattazione aziendale. A tal fine sono state semplificate e quindi rese più facil-mente attuabili le normative relative alla possibilità di modi-ficare le norme del CCNL per cogliere condivise, specifi-che opportunità ed esigenze, utili a sostenere e/o miglio-rare la competitività dell’impresa e la sua occupazione in situazioni difficili o per favorire nuovi investimenti.In questo ambito inoltre, al fine di agevolare l’assunzione dei giovani che si affacciano nel mercato del lavoro, è stato condiviso che le intese modificative della normativa con-trattuale potranno riguardare anche i minimi contrattuali.

Misure a sostegno dell’occupabilità

sul tema della occupabilità è stato lanciato il Progetto Ponte, successivamente ripreso dal ministero del Lavo-ro in uno specifico decreto che ha reso disponibili risor-se per iniziative a livello territoriale. si tratta in sostanza di un patto di solidarietà generazionale che si fonda sul-la disponibilità dell’azienda ad investire su nuove assun-zioni di giovani in cambio della disponibilità di lavorato-ri anziani in forza a trasformare, in vista della pensione, il proprio contratto da full time a part time.

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Prima parte

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Gli obiettivi del Progetto Ponte sono: aumentare e favorire l’occupazione giovanile; creare un “ponte” tra la popolazione giovanile e la

popolazione più anziana, massimizzando il passag-gio di conoscenze tra i due gruppi;

ridurre il carico di lavoro e realizzare un “maggior coin-volgimento” delle persone più anziane.

Questo progetto potrà decollare nei numeri solo con i necessari interventi legislativi che possano attenuare l’impatto sulle retribuzioni e sul trattamento pensionisti-co dei lavoratori che potrebbero dare la loro disponibilità ad una uscita anticipata e graduale grazie al part-time.

Aspetti economici

Per quanto riguarda gli aspetti economici del contratto, da evidenziare in premessa la possibilità di posticipare fino a sei mesi, con accordo aziendale, la decorrenza degli aumenti dei minimi definiti dall’accordo di rinnovo. una doverosa attenzione alle situazioni di crisi così come a quelle di start-up e anche questa una novità assoluta nel panorama della contrattualistica del nostro Paese.sugli aspetti economici la delegazione imprenditoriale, dopo aver fatto un’attenta valutazione dell’impatto in ter-mini di costi reali per le imprese, ha valutato compatibile il pacchetto economico che è stato definito nel rispet-to delle attuali regole confederali e che ha previsto un aumento medio complessivo di 147 euro suddiviso in quattro tranche. È stato inoltre concordato un incremen-to dello 0.2% dell’aliquota Fonchim a carico delle impre-se a far data dal 1/1/2014 e un incremento dell’impor-to in cifra fissa a fronte della effettiva prestazione in tur-no notturno di un euro all’anno per i prossimi tre anni.

Diffusione e valorizzazione dell’impegno in tema di SSA

La diffusione e la valorizzazione dell’impegno del setto-re in tema di sicurezza, salute e tutela dell’ambiente, e più in generale in ambito di responsabilità sociale sono prerogative condivise che hanno portato alla realizzazio-ne, il 15 maggio 2013, della “seconda Giornata nazio-nale sicurezza salute Ambiente” e del Premio “migliori esperienze aziendali”, per iniziative condivise di respon-sabilità sociale, assegnato a Henkel Italia, Radici Chimi-ca, solvay Italia, dalla giuria appositamente costituita dai rappresentanti delle Parti sociali.

Lo sviluppo sostenibile, inteso come l’integrazione equi-librata e dinamica dei principi della crescita economica, della protezione ambientale e dell’equità sociale, richiede la collaborazione di tutti i soggetti operanti nel settore.La partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti sui temi della sicurezza, della salu-te e dell’ambiente sono, pertanto, il frutto di una scelta

strategica di lungo periodo, se si considera che il futu-ro delle imprese chimiche è fortemente condizionato da queste tematiche e che le stesse imprese, pur essen-do tra le più virtuose, restano particolarmente esposte nel contesto italiano, caratterizzato da una scarsa cul-tura scientifica e da un’opinione pubblica spesso disin-formata e pregiudizialmente ostile.

L’istituzione della “Giornata Nazionale sicurezza salute Ambiente” è stata convenuta proprio al fine di sostene-re e promuovere l’impegno settoriale e la valorizzazione delle buone prassi aziendali, di perseguire con le istitu-zioni e la comunità un positivo rapporto, un costruttivo dialogo ed efficaci sinergie basate su credibilità, comu-nicazione e trasparenza.Le iniziative realizzate in tale ambito a tutti i livelli e la divul-gazione delle azioni condivise di responsabilità socia-le, attraverso l’istituzione del Premio “migliori esperien-ze aziendali”, costituiscono un’occasione utile per rap-presentare all’esterno punti di vista congiunti, propor-re costruttive modalità di rapporto a livello aziendale, realizzare strumenti di crescita culturale sulle tematiche di ssA da mettere a disposizione delle Parti aziendali.

I temi della sicurezza, della salute e dell’ambiente sono stati oggetto anche dell’ultimo rinnovo contrattuale, con l’impegno ad aggiornare le previsioni contrattuali e le linee guida settoriali esistenti, in particolare, in relazio-ne alle innovazioni legislative in tema di formazione dei lavoratori e alla gestione degli appalti. A tal fine sono sta-ti attivati specifici gruppi di lavoro interni e congiunti con le organizzazioni sindacali per facilitare la definizione di accordi in tal senso.Le norme contrattuali e gli ulteriori accordi settoriali in vigore sono raccolti nel “manuale sulla sicurezza, salu-te, Ambiente” realizzato nell’ambito dell’organismo Bila-terale Chimico per la formazione continua (oBC), che rappresenta ancora un aggiornato strumento operativo di particolare utilità per i datori di lavoro, per i lavoratori e i loro rappresentanti, e può costituire anche un punto di riferimento per la realizzazione dell’attività formativa in tema di sicurezza prevista dall’Accordo stato-Regioni.

L’attività di formazione congiunta

L’attività di formazione congiunta, tema considerato stra-tegico per il settore, oltre che proseguire con le iniziati-ve nei confronti dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza la salute e l’ambiente (RLssA), è stata ulte-riormente promossa non solo nell’ambito del rinnovo contrattuale, ma anche con la definizione di uno speci-fico accordo settoriale che consentirà di realizzare inter-venti formativi, anche direttamente presso le aziende, avvalendosi dei finanziamenti messi a disposizione da Fondimpresa. sulla scorta della positiva esperienza realizzata nel cor-

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Relazioni industriali e risorse umane

so del 2012 con il Progetto formativo C.sei, l’attività for-mativa condivisa con le organizzazioni sindacali per il 2013 prevede, tra l’altro, la continuazione di tale modulo formativo, destinato a Rsu e funzioni delle risorse uma-ne aziendali con l’obiettivo, in particolare, di rafforzare l’i-dentità settoriale, attraverso percorsi didattici specifica-tamente progettati per chi riveste il ruolo di attore socia-le e funzionali ad agevolare:

conoscenze non solo tecniche; competenze necessarie per svolgere il ruolo; comprensione anche del contesto; consapevolezza del proprio ruolo e delle scelte del

CCNL; coerenza nell’applicazione del CCNL; comportamenti etici e socialmente responsabili.

Al fine di perseguire in modo sistematico tale obiettivo e assicurare continuità all’attività di formazione congiun-ta, in occasione della firma per la stesura del CCNL, si è condiviso l’avvio di una scuola di Relazioni industriali settoriale, gestita congiuntamente con le organizzazio-ni sindacali. Attraverso la costituzione di questa scuo-la si intende far crescere a tutti i livelli la cultura neces-saria per relazioni industriali partecipative e costruttive, indispensabili per realizzare una contrattazione azienda-le coerente con le scelte nazionali e capace di concre-tizzare le stesse in modo efficace e condiviso.

L’attività a livello confederale

Il costante supporto all’attività confederale, garantito dal-la partecipazione attiva della Direzione Centrale Relazio-ni Industriali a specifici comitati e gruppi di lavoro coor-dinati dagli uffici di Confindustria sulle diverse temati-che legislative nonché su quelle contrattuali e di rela-zioni industriali, ha consentito, al contempo, di afferma-re a tale livello il punto di vista settoriale, contribuendo anche alla diffusione delle positive esperienze settoria-li su tali temi ed alla valorizzazione delle numerose buo-ne pratiche aziendali del nostro settore.

Le indagini statistiche

La realizzazione delle indagini statistiche sui temi del lavo-ro è proseguita, in collaborazione con la Direzione Cen-trale Analisi Economiche-Internazionalizzazione, con l’ag-giornamento dell’indagine retributiva annuale, che da più di 20 anni fornisce indicazioni sui livelli retributivi e sulle caratteristiche dell’occupazione nel settore.si è svolta, anche quest’anno, l’indagine sulle tipolo-gie di assunzioni effettuate, sui flussi dell’occupazione, sugli orari, sulle assenze dal lavoro e sull’utilizzo da par-te delle imprese degli strumenti di flessibilità forniti dal-la legge di riforma del mercato del lavoro e dalle norme contrattuali. Tale indagine, che vede impegnato tutto il sistema Confindustria, consente di disporre di elemen-

ti conoscitivi oggettivi utili per rappresentare e confron-tare sui temi indicati la situazione generale e settoriale.

L’attività internazionale

È continuata la partecipazione al Dialogo sociale Euro-peo per il settore chimico, tra ECEG (European Chemi-cal Employers Group), che rappresenta le organizza-zioni imprenditoriali dei paesi membri, la Rappresentan-za europea dei lavoratori e i rappresentanti della Com-missione europea.Nel corso del periodo in esame, l’organizzazione setto-riale di rappresentanza dei lavoratori EmCEF (Europe-an mine, Chemical and Energy Workers Federation) è confluita in una neonata federazione, IndustriALL, che ha riunito le organizzazioni sindacali europee di più set-tori industriali, a riprova della rilevanza che anche la par-te sindacale riconosce al consolidato Dialogo socia-le Europeo.Nel dicembre 2012, si sono svolte le celebrazioni per il decimo anniversario di costituzione dell’ECEG, organi-smo che Federchimica ha contribuito a fondare e svi-luppare, supportandone la crescita e le attività, come è stato, tra l’altro, documentato dalle testimonianze raccol-te nella pubblicazione realizzata per l’occasione.In questi anni molte sono state le iniziative assunte nell’ambito delle attività europee, a cui Federchimica ha sempre assicurato un costante supporto per la buona riuscita del dialogo tra le organizzazioni rappresentati-ve dei lavoratori e dei datori di lavoro, a tutti i livelli, che risulta essenziale per lo sviluppo sostenibile, la crescita e la creazione di occupazione, la competitività, la qua-lità del lavoro, così come per efficienti e produttive rela-zioni industriali. Questo dialogo ha consentito di defini-re, anche nel periodo in esame, documenti e posizioni comuni nei confronti delle istituzioni europee e di con-dividere progetti e indagini congiunte.

I Fondi settoriali

I Fondi settoriali rappresentano un pilastro del welfare contrattuale e sono il paradigma dell’impegno social-mente responsabile delle imprese del settore. Per que-sto motivo anche l’ultimo rinnovo contrattuale, come già segnalato, ha visto significativi interventi proprio sui Fon-di, con l’aumento dell’aliquota di contribuzione azienda-le per Fonchim e l’estensione della possibilità di iscri-zione a FAsCHIm ai lavoratori assunti con contratti del-la durata di almeno sei mesi.

Fonchim

Il fondo di previdenza complementare contrattuale conta oltre 150.000 iscritti e 2.400 aziende associate.Il 2012 si è caratterizzato per il buon andamento di tut-te le principali attività finanziarie in cui tradizionalmente

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investe il fondo: obbligazioni governative, titoli di debito societario, titoli di capitale.Il comparto stabilità ha chiuso con un incremento del valore della quota dell’8.29%, anche grazie alle scelte strategiche di investimento realizzate a partire dal mese di gennaio con l’avvio dei nuovi mandati di gestione (allungamento della durata finanziaria media del porta-foglio obbligazionario, inserimento di una quota struttu-rale di titoli di debito societari).Il comparto Crescita ha registrato un incremento del valore della quota del 10.66%, grazie alla significativa componente azionaria del portafoglio, in special modo europea, e alla buona diversificazione dell’investimen-to obbligazionario in termini geografici, di durata e per tipologia di emittenti.Il comparto Garantito ha ottenuto un incremento del valore della quota del 2.62%, in linea con il suo caratte-re prudenziale, grazie a un portafoglio diversificato con un adeguato “mix” di obbligazioni governative, societa-rie e “sovranazionali”.Dal punto di vista dei servizi agli associati, Fonchim ha confermato il tradizionale “focus” sulla qualità della comu-nicazione: per adeguarsi alle nuove modalità di intera-zione, nel 2012 ha aggiornato l’immagine del fondo, ha rinnovato il sito internet aumentandone le aree di interat-tività e ha pubblicato un’applicazione per smartphone.

FASChIM

Al 31 marzo 2013, il fondo registra 2.115 imprese asso-ciate e 144.292 iscritti (in costante crescita in questi anni), di cui 97.227 dipendenti e 47.065 familiari. A fine 2012 ha gestito circa 200.000 richieste di rimborso e liquidato oltre 22 milioni di euro. Per quanto riguarda gli organi istitutivi, dopo l’elezione, ad aprile 2012, dei nuovi Delegati dell’Assemblea, in carica per i prossimi tre anni, nel mese di aprile 2013 è stato eletto il nuovo Consiglio di amministrazione, con l’avvicendamento della presidenza, passata alla par-

te sindacale uiltec uil, e nominato il Collegio dei revi-sori contabili, che resteranno in carica sino al 2015.Prosegue l’impegno del Fondo verso il miglioramento dei servizi offerti soprattutto telematici: a luglio è sta-to rinnovato il sito internet (disponibile anche nella ver-sione mobile) che, oltre ad avere una nuova immagi-ne, è ancora più semplice e intuitivo. Per la ricerca del-le strutture convenzionate è stato inserito un motore di ricerca che permette la geolocalizzazione della strut-tura e fornisce le indicazioni più utili, al fine di facilitar-ne il ricorso da parte degli associati.Il servizio ticket online, che permette tramite l’area riser-vata sul sito di inviare in pochi secondi la scansione delle ricevute di ticket, introdotto nel 2011, ha avuto un importante riscontro nel 2012 e ormai oltre il 60% del-le prestazioni di ticket vengono inviate tramite il servi-zio online, con una riduzione notevole dei tempi di rim-borso e dei costi operativi per il Fondo. È proseguita in tutto il 2012 la campagna di raccolta degli indirizzi di posta elettronica degli associati e, con oltre il 70% di indirizzi in archivio, il Fondo ha iniziato l’invio di comu-nicazioni agli associati tramite e-mail, sia relativamen-te alla informazione/comunicazione, sia relativamente alle richieste di rimborso con un risparmio sui costi e una maggiore efficienza. Nel gennaio 2013 sono state introdotte ulteriori novità sia nei servizi, con la possibilità di richiesta della dia-ria online, sia nelle prestazioni: l’ampliamento del rim-borso anche alla quota fissa sui ticket precedente-mente esclusa è un importante passo in avanti verso gli associati che hanno visto i costi per le prestazio-ni con il servizio sanitario nazionale molto incrementa-ti; sempre da gennaio gli associati possono beneficia-re dell’estensione dell’età da 14 a 26 anni per le pre-stazioni di ortodonzia, del rinnovo del rimborso delle lenti e dell’inserimento di una nuova prestazione per le terapie riabilitative per disabilità cognitive, motorie e del linguaggio, con particolare attenzione alle proble-matiche di autismo.

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LA CHImICA E I suoI sETToRISeconda Parte

In Italia operano migliaia di imprese chimiche divise in mol-ti settori che, nel loro insieme, costituiscono una logica di filiera. Federchimica, attraverso i Gruppi merceologici e le rispettive Associazioni, rappresenta tutti i settori del-la chimica operanti nel Paese.Qui presentiamo i settori partendo dalla chimica di base, che produce i costituenti fondamentali della filiera a valle, poi la chimica fine e specialistica, che acquista gli intermedi dal-la chimica di base per tramutarli in prodotti differenziati per tutti i settori manifatturieri e infine la chimica per il consu-mo, quella destinata direttamente al consumatore finale.

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La chimica e i suoi settori

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ChIMICA DI BASE ORGANICA, INORGANICA E tENSIOAttIVI

La chimica di base organica in Italia ha chiuso il 2012 con una riduzione, in termini di produzione, pari al 5-6%. Nel corso dell’anno, però, il settore ha mostrato anda-menti distinti: nei primi sette mesi, si è beneficiato di una discreta domanda di prodotti derivante dal merca-to asiatico, che ha sostenuto le produzioni europee, in particolare quelle italiane. Nella parte restante dell’an-no, al contrario, il continuo clima di incertezza, il minor potere d’acquisto delle famiglie del “Vecchio continente” e, non ultimo, il rallentamento delle economie asiatiche hanno provocato una consistente frenata della doman-da e delle produzioni.Passando al comparto della chimica inorganica di base, le produzioni di cloro-soda a livello europeo hanno scon-tato un calo compreso tra il 3 ed il 4% su base annua.La variazione maggiore (-4%) ha riguardato la soda cau-stica, i cui consumi costituiscono un buon indicato-re dell’andamento economico globale dell’area. L’Ita-lia ha mantenuto invariati i propri livelli produttivi di clo-ro, ormai ridotti ad un livello marginale rispetto a quel-lo europeo, consolidando il ruolo di Paese importatore sia di cloro derivati sia di soda caustica. L’andamento della domanda di soda caustica sul mercato domesti-co è rimasto negativo anche se difficilmente quantifica-bile nelle percentuali.Nel 2012, il mercato dell’acido solforico in Italia, carat-terizzato da un’estrema debolezza a causa del perdu-rare della crisi economico-finanziaria, si è chiuso con una produzione annua pari a circa 1,2 milioni di tonnel-late, con un consumo interno compreso tra 900.000 e 1 milione di tonnellate.Pur essendo stati nel complesso abbastanza stabili, i consumi di acido solforico in Italia hanno risentito del clima di incertezza generale e hanno continuato a regi-strare un certo rallentamento, dovuto anche alle difficol-tà di riscossione dei crediti. In due settori chiave nel panorama di tale sostanza, quel-lo dei pigmenti (biossido di titanio) e quello del metilme-tacrilato, si è assistito ad un calo dei consumi, con riti-ri inferiori di circa il 30% nel primo caso, a causa del-la riduzione della produzione, e di circa il 15-20% nel secondo caso, per la debolezza del settore di applica-zione di riferimento.Leggermente più rosea la situazione delle esportazioni, che, grazie soprattutto al crescere della domanda nei mercati emergenti, quello sudamericano in particolare, hanno registrato un incremento consistente, soprattut-to a partire dai mesi estivi.

Nel 2012, il settore dei tensioattivi ha vissuto un’annata tutto sommato positiva dal punto di vista dei consumi, in quanto il previsto rallentamento non si è verificato total-mente. Da evidenziare, un certo cambiamento nelle abi-tudini di acquisto di tensioattivi per la detergenza. I pro-duttori nel mondo della detergenza, infatti, non seguo-no più una stagionalità classica, ma subiscono mag-giormente l’impatto dei loro grandi clienti (tipicamente le catene di distribuzione), che agiscono sulle promo-zioni commerciali. Questo porta ad avere da parte del-la filiera picchi di produzione/consumi e poi a seguire rallentamenti. La produzione italiana è stata certamen-te allineata ai consumi.Nel corso del 2012, Assobase ha posto particolare attenzione, unitamente a Euro Chlor, alla revisione della strategia europea sul mercurio e della Direttiva in mate-ria di emissioni industriali. sono stati, inoltre, monitora-ti l’aggiornamento del BREF sui cloro-alcali e gli svilup-pi del REACH, con particolare riferimento al mercurio.Costante è stata anche l’attività di monitoraggio in meri-to all’Emissions Trading scheme, all’energia, alla bonifi-ca dei siti inquinati, ed agli sviluppi della normativa rela-tiva ai rifiuti. Al fine di evitare un’ingiustificata penaliz-zazione delle sostanze chimiche, Assobase ha anche seguito l’elaborazione dei criteri GPP europei ed italia-ni per alcune categorie di prodotti nell’ambito del “GPP Toolkit”. Tramite quest’ultimo, la Commissione europea e il ministero dell’Ambiente italiano intendono favorire la diffusione degli Acquisti Pubblici Verdi.Nel 2012 l’Associazione ha promosso la 17° edizione del “Premio Nazionale Federchimica Giovani - sezione Chimica di Base” in collaborazione con il ministero dell’I-struzione. Alla cerimonia conclusiva, realizzata nell’am-bito del Festival della scienza di Genova il 26 ottobre 2012, hanno partecipato oltre 600 studenti, giornalisti e rappresentanti delle aziende associate.Per quanto riguarda le principali criticità del settore del-la chimica di base, vi è in primo luogo l’eccessivo costo dell’energia, che rimane, nel nostro Paese, il più alto in Europa. un altro tema importante è quello delle bonifi-che dei siti produttivi, che può, in alcuni casi, compor-tare un rallentamento delle attività produttive con oneri non trascurabili lungo tutta la filiera produttiva. Gli operatori del settore lamentano, infine, le crescenti difficoltà che incontrano per continuare la propria attivi-tà, soprattutto per quanto riguarda l’accesso al credito e i termini di pagamento, in particolare quelli dell’ammi-nistrazione pubblica.

www.assobase.it

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MAtERIE PLAStIChE E RESINE SINtEtIChE

Nel 2012, l’andamento del mercato delle materie plasti-che in Italia è risultato ancora deludente. La domanda di polimeri in forma primaria da parte dei trasformatori è stata di poco superiore alle 5.600 Kton, facendo segna-re un calo di quasi il 7% rispetto al 2011. Tra le poliolefi-ne, i polimeri che hanno mostrato i maggiori decrementi sono stati il polietilene a bassa densità e lineare a bassa densità (-8.8%) ed il polietilene ad alta densità (-7.3%). Deludente è stato anche il consumo del polivinilcloruro (-7.8%), del polistirene espanso (-11.2%) e del polistire-ne compatto (-9.7%). In forte contrazione sono risultati anche gli espansi poliuretanici (-11.7%) e la poliammide (-6%). Le uniche materie plastiche che hanno mostrato cali meno significativi sono stati il polipropilene (-2.7%) ed il polietilentereftalato (-1.8%).

Le cause sono da ricercarsi nella contrazione dei consu-mi delle famiglie; nel ristagno del settore delle costruzio-ni, dovuto alla mancanza di liquidità e al difficile acces-so al credito; nel deludente andamento della produzio-ne industriale; nei tagli alla spesa pubblica e agli inve-stimenti in infrastrutture; nei forti ritardi nei pagamenti da parte dell’amministrazione pubblica.

Costante è stata l’attività di monitoraggio di PlasticsEu-rope Italia in merito alla stesura dei criteri Ecolabel rela-tivi agli edifici. Al fine di evitare un’ingiustificata penaliz-zazione delle materie plastiche, l’Associazione ha anche seguito l’elaborazione dei criteri GPP (Acquisti Pubblici Verdi) europei ed italiani per alcune categorie di prodot-ti. A livello nazionale, particolare attenzione è stata data nel seguire gli sviluppi della normativa relativa ai rifiuti e di quella afferente l’edilizia e la riqualificazione energetica.

si è seguita l’applicazione del Regolamento REACH per quanto riguarda le plastiche, in particolare con riferimento alla valutazione degli scenari espositivi per la preparazio-ne ed additivazione delle resine base. A livello europeo, PlasticsEurope Italia ha continuato a seguire il progetto “Exposure matrix”, congiuntamente a EuPC (Federazio-ne Gomma Plastica/unionplast per l’Italia) e FPE (Flexi-ble Packaging Europe), avente come obiettivo la defini-zione del criterio con il quale devono essere dichiarate le sostanze che vengono prodotte non intenzionalmente durante le fasi di trasformazione delle materie plastiche. Inoltre, sono stati seguiti i lavori relativi al Plastics Imple-

mentation measure, regolamentazione atta ad armoniz-zare tutte le legislazioni europee riguardanti il contatto con alimenti e la linea guida inerente la diffusione del-le informazioni per la conformità al contatto con alimen-ti lungo la value chain. sono proseguite le attività con i ministeri competenti per la tutela dello stirolo e del bisfe-nolo A. Con il coordinamento da parte dell’Istituto supe-riore di sanità, è proseguita l’attività legata alla seconda parte del progetto CAsT (verifica della corretta applica-zione delle Good manufacturing Practices).

sono proseguite, in ambito uNIPLAsT, le attività mira-te alla definizione e validazione di standard di materia-le/prodotto/applicazione. Nell’ambito dell’Istituto Italiano dell’Imballaggio si stanno sviluppando due linee guida relative al contatto con alimenti: la prima inerente “l’uso di materiali provenienti da riciclo post-uso” e la seconda sui “bio-polimeri”. Nell’ambito dell’Istituto Italiano Plastici (IIP), si è proceduto in modo da estendere il raggio di ope-ratività di IIP a nuovi settori operativi, quali il packaging.

In merito al programma di comunicazione, PlasticsEuro-pe Italia, in collaborazione con le aziende associate, ha assegnato tre borse di studio (2.500 euro cadauna), a studenti universitari e a neo laureati distintisi per ave-re realizzato interessanti tesi di laurea sulle materie pla-stiche. Nel 2012, l’Associazione ha promosso la 17° edizione del “Premio Nazionale Federchimica Giova-ni - sezione Plastica”, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione. Ha, inoltre, organizzato a milano, con l’I-stituto Italiano Imballaggio e Federazione Gomma Pla-stica/unionplast un workshop per diffondere la cono-scenza del ruolo dell’imballaggio nella filiera alimen-tare. Tra le iniziative realizzate in coordinamento con PlasticsEurope, si segnalano: la finale europea dello Youth Parliament Debate, tenutasi a Roma (Parlamen-tino del CNEL), dove i vincitori delle edizioni nazionali svoltesi in alcuni paesi europei hanno dibattuto di pla-stica e ambiente; Zero Plastics To Landfill (Flag Initia-tive dell’Associazione), che promuove il recupero dei rifiuti plastici in Italia per arrivare, entro il 2020, all’azze-ramento delle quantità di rifiuti plastici che finiscono in discarica. si segnala, infine, l’incontro con gli studen-ti del Liceo “Duni” (matera), realizzato nell’ambito del progetto Futurenergia, in collaborazione con European schoolnet, la rete dei ministeri dell’Istruzione europei.

www.plasticseuropeitalia.it

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ChIMICA DA FONtI RINNOVABILI

La necessità di disporre di prodotti che derivano dalle bio-masse in alternativa a quelli derivanti dal petrolio è sempre maggiore. Ciò a causa delle politiche climatiche e del-la ricerca di alternative alle risorse fossili non inesauribili e quindi soggette a prevedibili aumenti di costo. Cresce inoltre l’esigenza strategica di affrancarsi dai paesi pro-duttori di petrolio senza tuttavia creare una nuova dipen-denza dai paesi produttori di biomasse, generalmente identificabili con i paesi in via di sviluppo, poiché i primi sono afflitti da una pericolosa instabilità politica, i secon-di da crescente fabbisogno di materie prime.

La trasformazione delle biomasse permette lo sviluppo di un’industria costituita dai vari attori della risultante filiera con significativi impatti anche occupazionali. Lo sviluppo di prodotti da materie prime rinnovabili può rappresenta-re un significativo contributo ad un’economia sostenibile, in vista delle minori emissioni generate nella produzione e delle opzioni di smaltimento a basso impatto ambien-tale. Rappresenta inoltre un’ottima opportunità di svilup-pare sistemi integrati verticali, coinvolgendo attori agricoli e industriali in uno sforzo di sviluppo comune.

un adeguato sviluppo di tecnologie che consentano di utilizzare biomasse non rientranti nell’impiego alimenta-re e mangimistico, ed eventualmente coltivabili anche su terreni non adatti alle colture classiche, costituisce un’ulteriore spinta per la creazione di un circolo virtuo-so di rilancio della chimica italiana e per ulteriori oppor-tunità di reddito degli agricoltori. Esiste inoltre l’opportu-nità di valorizzare biomasse di natura diversa, derivanti da attività agricole o dell’industria alimentare abitualmen-te considerate come rifiuti e, come tali, soggette solo a costi di smaltimento.

L’agricoltura italiana può ricevere molto dallo sviluppo del-lo sfruttamento delle biomasse. una corretta gestione di questa filiera potrebbe permettere lo sfruttamento dei cir-ca 500.000 ettari di suolo coltivabile attualmente inutiliz-zato, creando un reddito agricolo aggiuntivo, nell’ambi-to di pratiche di agricoltura sostenibile che si integrano con un’efficace protezione dell’ambiente.

Per raggiungere questi traguardi serve il sostegno pub-blico, in forma di incentivi alla ricerca e normative che spingano l’innovazione attraverso l’adozione di standard di prodotto e di sistema sempre più elevati, la cui attua-zione dovrà essere incoraggiata attraverso un’adeguata attenzione legislativa. I progetti di ricerca in questo cam-

po sono sulla frontiera tecnologica come quelli sul bioe-tanolo di seconda generazione e implicano risorse eco-nomiche molto rilevanti, che devono trovare nei fondi pubblici un’adeguata considerazione.

In linea con i più recenti indirizzi della Commissione euro-pea in tema di bioeconomia, nel 2013 si è costituito, su impulso del mIuR, il Cluster Tecnologico Nazionale “Chi-mica Verde”, che si propone l’obiettivo di incoraggiare lo sviluppo delle bioindustrie in Italia attraverso un approccio interdisciplinare e globale all’innovazione. I soggetti ade-renti al Cluster, di cui Federchimica è uno dei promoto-ri, vedono nella costruzione di bioraffinerie di seconda e terza generazione integrate nel territorio e dedicate prin-cipalmente ai prodotti innovativi ad alto valore, un’oppor-tunità per affermare un nuovo modello socio-economi-co e culturale, prima ancora che industriale, dando una corretta priorità all’uso delle biomasse, nel rispetto della biodiversità locale e delle colture alimentari e con la cre-azione di nuovi posti di lavoro.

Federchimica intende promuovere le tecnologie che valo-rizzino completamente le biomasse e che dimostrino di essere sostenibili e competitive. Questo evitando che i sussidi, se utilizzati in maniera errata, creino distorsioni di mercato, spreco di risorse pubbliche e alterino le condi-zioni di concorrenza tra i diversi comparti produttivi. Di fat-to l’industria chimica permette un utilizzo molto più effica-ce delle biomasse rispetto ad un utilizzo puramente ener-getico. una corretta programmazione di filiera e una stra-tegia che prevengano distorsioni della concorrenza e del mercato sono necessari per applicare in modo oggettivo i criteri di sostenibilità fissati dall’unione europea.

Da parte sua Federchimica ritiene che la chimica delle biomasse sia un tassello molto importante della chimi-ca sostenibile ed è convinta che questo settore debba essere sviluppato in una logica complessiva che unisca biotecnologie, bioraffinerie, biocarburanti e bioprodot-ti chimici in modo coordinato. Federchimica, tra le pri-me associazioni chimiche nazionali in Europa a guardare con interesse alle fonti rinnovabili, è dell’avviso che tut-ta la chimica europea debba attivarsi a livello centrale in modo coordinato per cogliere le opportunità che questo mondo può offrire nel prossimo futuro. La recente costi-tuzione a livello industriale europeo della Public Private Partnership BRIDGE 20/20 (Biobased and Renowable Industries for Development and Growth) rappresenta un segnale importante in questo senso.

www.aispec.it

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AGRICOLtURA E MERCAtO DEI FERtILIZZANtI

Nutrire un pianeta di sette miliardi di persone è la sfida quotidiana dell’agricoltura e i fertilizzanti sono gli strumen-ti indispensabili per ottenere raccolti adeguati, sicuri ed a prezzi accessibili; il loro utilizzo è maggiore in quei pae-si in via di sviluppo che ne hanno sempre fatto un uso molto ridotto e che stanno vivendo ora la loro “rivoluzio-ne verde”, mentre in quelli del vecchio continente si pun-ta maggiormente alla razionalizzazione del loro utilizzo.

secondo i rilevamenti ufficiali Istat nel 2011, ultimo dato disponibile, vi è stata una ripresa nella distribuzione dei concimi in Italia, con un aumento dell’11% rispetto al 2010. Nello specifico, sono aumentate le distribuzioni dei concimi minerali (+2.9%), organici (+3.4%) e organo-minerali (+41%); inoltre è stato stimato anche un aumen-to della distribuzione degli ammendanti (+14%) che cor-rispondono ad un incremento di due milioni di quintali in più rispetto al 2010. Nel contesto, caratterizzato da un elevato grado di importazione di prodotti da paesi extra uE, si rileva un consumo complessivo di fertilizzanti che si aggira attorno alle 4,8 milioni di tonnellate, di cui cir-ca 2,8 milioni di tonnellate sono concimi (2,2 milioni di tonnellate di concimi minerali e 0,3 ciascuno di concimi organici e organo-minerali), 1,7 milioni di tonnellate gli ammendanti e 0,3 milioni di tonnellate i correttivi. L’analisi territoriale evidenzia inoltre che il 69% dei fertilizzanti vie-ne distribuito nelle regioni settentrionali, il 15% in quelle centrali e il restante 17% nel mezzogiorno.

In agricoltura biologica la distribuzione dei fertilizzanti consentiti è passata da 1,2 a 1,5 milioni di tonnellate.Il 55.8% degli ammendanti risulta costituito da prodotti consentiti in agricoltura biologica, in crescita del 20.9% rispetto al 2010. I correttivi consentiti nel biologico sono in crescita del 59.9% rispetto al 2010 e corrispondo-no al 43.1% di quelli distribuiti nel complesso. Tali risul-tati mostrano certamente come i programmi comunitari a sostegno dell’agricoltura ecocompatibile e biologica siano in forte evoluzione e soprattutto come le aziende produttrici di mezzi tecnici si siano attrezzate per indi-viduare e trasformare le materie prime più idonee per tale pratica agricola.

Nella produzione di concimi minerali le aziende presen-ti in Italia che operano nel settore sono multinazionali o nazionali di media-grande dimensione, mentre sono pic-

cole-medie imprese quelle che caratterizzano la produ-zione di concimi specialistici, organici e organo-minerali.Come lo scorso anno, più della metà dei concimi mine-rali è costituito da prodotti di importazione, sia per quan-to riguarda le materie prime, sia per i prodotti finiti.

Assofertilizzanti è impegnata da anni sul fronte della qua-lità dei prodotti. In tale ambito si inserisce un proget-to che mira ad attuare un programma di controlli orien-tati alla caratterizzazione in laboratorio dei fertilizzanti. L’Associazione, in questo contesto, continua a porta-re avanti l’accordo siglato nel 2011 con l’ICQRF (Ispet-torato Centrale della tutela della qualità e della repres-sione frodi dei prodotti agro-alimentari del mipaaf.) per promuovere diverse iniziative volte a rafforzare l’efficacia della lotta alle frodi. Tutto ciò rientra nel più ampio Pro-getto Qualità dell’Associazione e prevede anche il lan-cio di un programma di ricerca per la caratterizzazione dei materiali ed in particolare le materie prime dichiara-te nell’etichetta.

Alla fine del 2012 si sono chiusi i lavori di vari gruppi di lavoro della Commissione europea con lo scopo di for-nire alla Commissione stessa elementi per redigere un nuovo regolamento relativo ai concimi. L’obiettivo è quel-lo di raggruppare sotto un’unica normativa, valida per tutti i paesi della uE, tutti i mezzi tecnici per la nutrizione (dai tradizionali concimi minerali ai più innovativi biosti-molanti). Assofertilizzanti ha partecipato attivamente ai tavoli di lavoro della Commissione, direttamente attra-verso due suoi rappresentanti ed indirettamente attra-verso l’Associazione europea dei produttori (Fertilizers Europe) alla quale aderisce.

Con l’obiettivo di formare i giovani sull’impiego dei fer-tilizzanti avvicinandoli al mondo dell’agricoltura, Asso-fertilizzanti ha promosso la prima edizione del concor-so nazionale “Nutriamo la terra. Il web per scoprire i fer-tilizzanti”. Il concorso è rivolto agli studenti delle classi IV degli istituti tecnici agrari italiani che hanno realizzato un sito web per diffondere il messaggio che prendersi cura della terra, proteggendo il patrimonio agricolo italia-no e promuovendo un’agricoltura rispettosa dell’uomo e dell’ambiente, è lo strumento chiave per una produzione sempre più sostenibile, forte dell’utilizzo dei mezzi tecni-ci oggi disponibili e in continua evoluzione.

www.assofertilizzanti.it

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FIBRE ARtIFICIALI E SINtEtIChE

Dalla loro scoperta ad oggi, le fibre man-made hanno costantemente preso spazio e sostituito le fibre natura-li nei più svariati usi. Attualmente la loro quota sul tota-le dei consumi di fibre tessili ha raggiunto il 66% (era il 22% nel 1960). Le fibre chimiche si classificano in tre categorie: le fibre artificiali o cellulosiche, le fibre a base di polimeri sintetici, le fibre a base di materiali inorganici. Gli usi finali principali sono nell’abbigliamento e nell’arre-damento, oltre ad una vasta gamma di applicazioni tecni-che in diversi settori (auto, vestiario protettivo e sportivo, igiene e medicina, costruzioni). In base alla loro destina-zione d’uso, le fibre man-made vengono progettate per offrire la giusta combinazione di qualità richieste: aspet-to, resistenza, durata, estensione, stabilità, resistenza al calore, protezione, facilità di manutenzione, traspira-bilità, assorbimento di umidità. In molti casi sono utiliz-zate in mischia con fibre naturali come cotone e lana.

A livello mondiale il settore delle fibre è molto dinami-co, la crescita media annua degli ultimi 10 anni è stata pari al 5% e nel 2012 i volumi produttivi sono cresciu-ti del 7%, superando i 58 milioni di tonnellate. La Cina, con una quota pari al 60% della produzione mondiale è il primo produttore di fibre man-made, prevalentemente di fibra poliestere. L’Europa è il secondo produttore di fibre chimiche (8%), principalmente di specialità. In Italia sono attive esclusivamente imprese di fibre sintetiche, che nel loro complesso hanno fatturato circa 1,1 miliardi di euro nel 2012. Il settore è fortemente internazionaliz-zato: le imprese hanno stabilimenti produttivi fuori dall’I-talia e sono fortemente orientate all’export.Il 2012 è stato un altro anno difficile per il settore a livello italiano (-4%), ma anche a livello europeo (-7%). Le imprese hanno risentito della crisi dei settori clienti in Italia e della debolezza del mercato europeo. Nono-stante un rallentamento dell’economia a livello mondia-le le esportazioni verso i paesi extra-uE hanno conti-nuato a crescere a buoni ritmi (+8.8% a valore). Que-sta presenza sui mercati internazionali più dinamici sta compensando i livelli molto bassi di domanda interna.

In questo quadro di domanda si collocano altre sfide per l’industria delle fibre chimiche in Italia e più in gene-rale in Europa. L’industria europea affronta una competizione crescen-te e distorta da parte dei paesi asiatici: da un lato la loro capacità in eccesso si riversa a prezzi bassissimi

sul mercato europeo con effetti depressivi sui margini e sulla profittabilità delle imprese europee, dall’altro que-sti paesi spesso innalzano barriere tariffarie e non che ostacolano le esportazioni europee. I prezzi delle materie prime sono molto volatili e spesso su livelli ancora molto elevati, perché sono trainati dalla vorace domanda cinese (è esemplare il caso del PET riciclato dalle bottiglie).L’industria europea è esposta a costi del lavoro e dell’e-nergia molto più elevati rispetto ai concorrenti, a causa di legislazioni più stringenti e di regimi di tassazione più pesanti e, per l’energia, di mercati non sufficientemente liberalizzati. Elevati costi sono imposti anche dal rispet-to della normativa ambientale europea, come il REACH: il Regolamento oltre ad avere un grave impatto a cau-sa del suo costo intrinseco, minaccia anche l’industria con l’eliminazione di alcune sostanze vitali, per le qua-li non esistono alternative.

L’industria europea delle fibre man-made rimane un’in-dustria forte, che può e deve affrontare queste sfide. Nel tempo le produzioni europee si sono spostate dalle com-modities verso le specialità a maggiore valore aggiun-to e il settore si conferma molto innovativo (1 miliardo di euro di investimenti negli ultimi 5 anni). La presenza di un’industria europea di fibre man-made che garanti-sca prodotti innovativi, sicuri e con performance sempre migliori, nonché una continuità negli approvvigionamen-ti, rappresenta una condizione indispensabile per man-tenere una base produttiva nell’industria a valle del tes-sile. La prossimità al cliente, la specializzazione, la qua-lità e la varietà dell’offerta sono tutti punti di forza dell’in-dustria europea, come mostra anche il recente re-sho-ring di alcune produzioni in Europa.

oggi l’attenzione dei consumatori sull’impatto ambienta-le è sempre maggiore è questo rappresenta un’oppor-tunità per l’industria delle fibre man-made europea che da sempre lavora con standard produttivi molto eleva-ti. siamo inoltre in presenza di un’industria fortemente sostenibile, molte imprese hanno sviluppato tecnolo-gie e processi che hanno permesso negli ultimi anni di ridurre significativamente i livelli di emissioni e di aumen-tare il risparmio energetico. Non va inoltre dimenticato che le fibre chimiche grazie a molte delle loro applica-zioni permettono importanti risparmi di energia nei set-tori a valle (ad esempio, l’isolamento termico in edilizia).

www.assofibre.it

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AGROFARMACI

L’industria italiana degli agrofarmaci è un settore produt-tivo che, con circa 821 milioni di euro, realizza l’1.5% del fatturato globale dell’industria chimica italiana (2011). L’Italia si colloca al sesto posto a livello mondiale e al terzo in Europa, rappresentando circa l’11% del mer-cato europeo degli agrofarmaci e impiegando nel set-tore circa 2.500 persone.L’industria degli agrofarmaci investe in ricerca il 6% cir-ca del proprio fatturato annuo complessivo (49 milioni di euro nel 2011). La ricerca e l’introduzione di nuove tecnologie hanno consentito la produzione di molecole sempre più efficienti ed efficaci, razionalizzando l’impie-go degli agrofarmaci. Fungicidi ed erbicidi, in particolare, hanno registrato un consistente decremento del merca-to, essendo di fatto i prodotti più interessati dall’introdu-zione di molecole innovative a bassi dosaggi di impiego.oltre a promuovere la ricerca nell’ottica di una sempre maggiore sostenibilità dei propri prodotti, le imprese che aderiscono ad Agrofarma si impegnano ad osservare un severo codice di autodisciplina e a sottoscrivere il Pro-gramma Responsible Care.

Le nuove e più significative trasformazioni per il settore riguardano la pubblicazione di due importanti normati-ve europee: Il Regolamento CE n. 1107/2009, in vigore dal 14 giugno 2011, che disciplina l’immissione in com-mercio degli agrofarmaci di nuova registrazione, intro-ducendo rinnovati criteri di esclusione sulla base della classificazione di pericolo delle sostanze; e la Direttiva europea 2009/128 CE, recepita in Italia con il D. Lgs. n. 150 del 14 agosto 2012, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini di incentivare l’utilizzo soste-nibile degli agrofarmaci promuovendo anche l’uso del-la difesa integrata (IPm).Per quanto riguarda la sicurezza ambientale, Agrofarma è coinvolta nel progetto europeo “ToPPs-PRoWADIs” (Train operators to Promote Practices and sustainabili-ty - to PRotect WAter from DIffuse sources), finanziato dall’associazione europea dei produttori di agrofarma-ci (European Crop Protection - ECPA), che ha l’obietti-vo di individuare le buone pratiche agricole necessarie a prevenire la contaminazione da agrofarmaci dei cor-pi idrici superficiali. Dal 2009 Agrofarma ha anche lanciato in collaborazione con Federunacoma (Federazione Nazionale Costruttori macchine per l’Agricoltura) il progetto “soFT” (sustaina-ble operations in Fitoiatric Treatments). Tale progetto, coerente con le recenti norme in materia di trattamenti contenute nella Direttiva 2009/128 CE sull’uso sosteni-

bile degli agrofarmaci, prevede la realizzazione di corsi di formazione in aula e sul campo rivolti a tecnici e opera-tori del settore con l’obiettivo di migliorare la qualità del-la distribuzione degli agrofarmaci, la sicurezza dell’am-biente, del consumatore e dell’operatore.

In merito alla tema della sicurezza alimentare, l’Italia è ancora leader in Europa per la tutela e la garanzia di sicurezza rivolta al consumatore. Infatti, basti pensare all’ultimo rapporto ufficiale pubblicato dall’EFsA, l’Auto-rità europea per la sicurezza alimentare, dove il nostro Paese presenta il minor numero di prodotti agroalimen-tari con residui superiori ai limiti consentiti (0.3%). I risul-tati del report EFsA confermano gli ultimi dati pubbli-cati dal Rapporto ufficiale Fitofarmaci del ministero del-la salute sulla presenza di residui nella frutta e verdu-ra coltivati in Italia nel quale emerge come il 64.2% dei campioni, due casi su tre, sono del tutto privi di residui.

In Italia, purtroppo, si assiste anche al diffondersi di un significativo mercato degli agrofarmaci illegali (furti, con-traffazioni e importazioni parallele illegali), stimato in circa 30 milioni di euro, pari al 4% del mercato complessivo del settore. L’utilizzo degli agrofarmaci illegali riveste un alto grado di pericolosità per l’ambiente, per la salute dei consumatori e degli agricoltori. Per ridurre il fenome-no Agrofarma ha lanciato la campagna “stop agli agro-farmaci illegali”, attivando il numero verde 800-913083 a cui si possono rivolgere tutti coloro che riscontrano casi sospetti.

Di fondamentale importanza sono state poi le iniziative di formazione, come i workshop e i corsi, che l’Asso-ciazione ha organizzato e organizza per i Carabinieri dei NAs, dei NAC e per i diversi attori della catena distribu-tiva degli agrofarmaci.Agrofarma sostiene infatti l’accordo firmato da Federchi-mica e dai Carabinieri dei NAs volto a intensificare i con-trolli contro la contraffazione dei prodotti chimici, fornen-do un costante supporto alle forze dell’ordine.

sempre in ambito formativo, dal 2002 ECPA ha lanciato il progetto “uso sicuro” per diffondere il corretto impiego dei dispositivi di protezione individuale. In Italia Agrofar-ma ha quindi collaborato, con Confagricoltura e 3m al il progetto “Coltiva il tuo futuro” per promuovere la for-mazione degli operatori agricoli sul corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e sull’uso sostenibi-le degli agrofarmaci.

www.agrofarma.it

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PRINCIPI AttIVI E INtERMEDI DI ChIMICA FARMACEUtICA

Il settore italiano dei principi attivi farmaceutici è tra i leader a livello mondiale ed è da decenni un punto di riferimen-to per quanto riguarda la qualità della sua produzione. Pur in un momento congiunturale difficile per molti com-parti industriali, grazie alla sua propensione all’export, il settore riesce ad ottenere risultati positivi valorizzando le caratteristiche intrinseche riconosciute dalla cliente-la internazionale: competenza scientifica, elevata quali-tà e abilità processistica.

Il 3% del fatturato è destinato alla ricerca. Il settore inve-ste nella ricerca applicata allo sviluppo, prevalentemen-te per l’ottimizzazione dei processi. La qualità del prodotto è ottenuta grazie alle tecnolo-gie utilizzate, ed è garantita dalla stretta ed obbligatoria osservanza delle GmP (Good manufacturing Practices). Le imprese italiane hanno continuato ad intraprende-re iniziative finalizzate a mantenere la leadership qua-litativa del settore e consentire una competizione “a parità di condizioni”, in particolare per quanto concer-ne il regulatory.

La Direttiva sulla contraffazione (2011/62/uE) dovrà essere recepita nell’ordinamento nazionale entro il 2 luglio 2013. Di particolare rilievo sarà il fatto che gli API provenienti da fuori Europa dovranno essere accom-pagnati dalla “Conferma scritta” (Written Confirmation), rilasciata dall’Autorità locale, attestante che il produt-tore extra uE rispetta norme di buona fabbricazione almeno equivalenti a quelle vigenti nell’unione euro-pea. Negli ultimi mesi AIFA ha invitato le imprese far-maceutiche a riconsiderare i loro fornitori extra euro-pei, al fine di essere pronte per quella data ed avere individuato fonti alternative che rispondano ai requisiti richiesti. si ritiene che la necessità per i fornitori extra-uE di adeguarsi ai nuovi standard qualitativi li costringerà a dover sopportare maggiori costi con conseguenti van-taggi competitivi per produttori europei. In questo con-testo l’intenzione di AIFA di mantenere un sistema auto-rizzativo con ispezioni dovrebbe conferire alla produzio-ne italiana un plus rispetto agli altri produttori europei. Dal prossimo 2 luglio ci potrebbero essere problemi di shortage per alcuni prodotti importati a seguito della necessità di disporre della Conferma scritta, le attuali indagini condotte nei vari paesi presso i produttori di far-maci sono l’evidenza della concreta preoccupazione al riguardo. si ritiene che molti dei prodotti che non potran-

no più essere importati, per non conformità a quanto richiesto dalla Direttiva 2011/62/uE, potrebbero esse-re nuovamente realizzati dai produttori italiani, se ci fos-sero condizioni di mercato ed economiche interessan-ti. È quindi importante per i produttori italiani conosce-re quali sono i prodotti maggiormente a rischio shorta-ge per poter prendere in tempo le necessarie decisioni. sarà anche importante ottenere da AIFA una procedura autorizzativa semplificata (fast track) per poter risponde-re tempestivamente alle richieste del mercato.

Le criticità per i produttori italiani di principi attivi farma-ceutici sono da un lato relative a quanto accennato e dall’altro agli aspetti autorizzativi e, più in generale, alle attività da espletare nei confronti dell’Agenzia del Far-maco. Al riguardo qualche risultato c’è stato, a seguito anche delle pressanti azioni del settore, ossia: notifica API per sperimentazioni cliniche in Fase I e semplifica-zione normativa per le modifiche non essenziali.

Il settore ha proseguito i contatti con le altre associazioni dell’area farmaceutica (Farmindustria e Assogenerici) al fine di condividere le proprie criticità e, con una massa critica maggiore, agevolare una loro soluzione da par-te delle autorità.Con l’obiettivo di favorire il trasferimento di cultura all’inter-no della filiera farmaceutica, sono state mantenute inten-se relazioni con AFI, Associazione Farmaceutici Industria, e sono state avviate iniziative su temi di comune interes-se. L’Associazione ha anche partecipato al simposio AFI, che si è svolto a Rimini dal 12-14 giugno 2013. I produttori di API hanno fatto conoscere le proprie posi-zioni anche in altre occasioni di incontro: il convegno AsIs 21-23 marzo 2013 a Pisa e il Pharmintech 17-19 aprile 2013 a Bologna.Il 3° Forum Aschimfarma, che avrà luogo a Roma nella seconda parte dell’anno, servirà a dare visibilità al set-tore degli API e ad attirare l’attenzione delle autorità sul-le criticità del settore.Di rilievo per l’efficacia del Forum e delle altre iniziative del settore sarà la prosecuzione del progetto “Comuni-cazione”, che si pone l’obiettivo di suscitare l’attenzione dei giornalisti per il settore della chimica-farmaceutica e la sensibilità per redigere articoli sugli aspetti prioritari. Nell’ambito delle manifestazioni fieristiche particolarmen-te importante per il settore sarà il prossimo CPhI Worldwi-de di Francoforte (22-24 ottobre 2013).

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ChIMICA FINE E DELLE SPECIALItÁ

Il comparto degli additivi e ausiliari, della chimica fine e delle specialità per l’industria riveste grande importanza nel trasferire ai settori di consumo finale le innovazioni che nascono nella filiera chimica. Qui è fortissima la spe-cializzazione dell’industria chimica italiana, sia di piccole e medie aziende, sia di grandi imprese estere che trova-no in Italia gli utilizzatori più all’avanguardia. Le imprese italiane sono le migliori al mondo nella capacità di forni-re prodotti su misura studiati per le esigenze del cliente.Nella congiuntura attuale le imprese del comparto stanno sperimentando che questa innovazione non basta più; le specialties di ieri sono ormai le commodities di oggi, i clienti sono disposti a pagare di più solo se l’aumen-to di prezzo causato dagli aumenti delle materie prime corrisponde a un nuovo contenuto tecnologico davvero innovativo. A monte il mercato è concentrato e le impre-se hanno una dimensione medio/grande con una for-te presenza di società multinazionali con unità produtti-ve o con uffici commerciali/distributori in Italia mentre è più limitata la presenza di società italiane. A valle alcu-ni settori presentano molte imprese medio/piccole che nel complesso ricoprono un ruolo di grandissima impor-tanza rispetto ai concorrenti europei.

Gli additivi e ausiliari sono prodotti chimici realizzati “mescolando” opportunamente numerosissime sostan-ze diverse. Le formulazioni ottenute sono utilizzate con-giuntamente per conferire al prodotto finito caratteristi-che particolari richieste dal mercato sugli articoli desti-nati al consumo. ogni formulato è estremamente spe-cifico per la funzione richiesta: per questo si configura-no come specialità chimiche.I prodotti di chimica fine, ovvero alcune delle principali materie prime per l’industria degli additivi e degli ausilia-ri, sono invece ottenuti prevalentemente per sintesi e, per similitudine, ricoprono un ruolo affine a quello che additivi e ausiliari assumono per i settori manifatturieri.Quindi la vasta gamma degli additivi e ausiliari special-ty, necessaria per soddisfare le esigenze provenienti dai settori “finali”, ovvero l’industria tessile, cartaria, concia-ria, per il trattamento delle acque e/o per materie plasti-che, elastomeri, coating e altri, a sua volta utilizza innu-merevoli intermedi, principi attivi, catalizzatori e prodot-ti di chimica fine, insieme alle materie prime provenien-ti dalla chimica di base.

Le imprese della chimica fine e quelle degli additivi e ausi-liari per l’industria (rappresentate in Aispec dai Gruppi: intermedi, principi attivi, catalizzatori e prodotti di chimica

fine; additivi, ausiliari e specialità per l’industria) presenta-no un fatturato di oltre 3.200 milioni di euro, danno lavo-ro a quasi 6.200 addetti in circa 110 imprese associate.

L’impianto normativo in ambito di sicurezza, salute e ambiente aumenta le difficoltà gestionali delle imprese del comparto, tendenzialmente medio-piccole e poco strutturate per affrontare, senza soffrire, i pesanti oneri e gli adempimenti del REACH e delle norme connesse, che solo ora stanno iniziando ad emergere in modo incisivo.L’Associazione sta lavorando molto per essere ancora più vicina su tali temi a questa tipologia di imprese, con assistenza, servizi mirati, attività istituzionale e seminari, come il 1st Formulation Day, realizzato da Federchimi-ca per trasferire agli addetti del comparto della chimica delle formulazioni (che con oltre 25 miliardi di euro di fat-turato rappresenta quasi metà della produzione chimi-ca italiana) informazioni e strumenti utili all’adempimen-to delle norme, oltre alla consapevolezza che le nuove sfide del regulatory necessitano ormai di un approccio organizzativo più strutturato.

Inoltre, sta emergendo con forza, in particolare da par-te della grande distribuzione a valle dei settori tessile e conciario, la necessità di conseguire e attestare una forte responsabilità di prodotto in termini di tracciabilità della “sicurezza chimica” degli articoli che si immetto-no al consumo. Di conseguenza aumenta la diffusione a volte incontrollata di richieste, certificazioni e capitola-ti di fornitura volontari, che impongono il rispetto di limiti di soglia, caratteristiche chimico-fisiche, uso o assen-za di specifici chemicals, basati spesso su una cultura tecnico-scientifica e su una conoscenza della chimica carente o del tutto assente. Le associazioni di filiera sono quindi impegnate nel dia-logo con i propri settori a valle per la divulgazione di una corretta cultura scientifica e nell’affermare l’estrema atten-zione che l’industria chimica è tenuta a dedicare allo sviluppo di prodotti sicuri per l’uomo e per l’ambiente.

sul piano congiunturale, è significativo il forte calo del-la domanda diffuso anche ai settori connessi ai con-sumi finali che in passato avevano mostrato una mag-giore tenuta. L’export si conferma un importante moto-re di crescita, sebbene il mercato europeo si sia dimo-strato debole. I costi delle materie prime si mantengo-no su livelli elevati, con conseguenti pressioni sui mar-gini. Permangono inoltre problemi di liquidità nelle varie filiere e situazioni di crisi strutturale tra le imprese clienti.

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AUSILIARI PER LA DEtERGENZA, tENSIOAttIVI E PRODOttI OLEOChIMICI

ognuno di noi si imbatte, durante le attività della propria vita quotidiana, a casa, al lavoro e negli ambienti in cui vive, in una molteplicità di sostanze chimiche: una tra le più diffuse è sicuramente quella dei tensioattivi.I tensioattivi sono noti soprattutto nell’ambito della deter-genza e del personal care in quanto permettono l’allon-tanamento del grasso e delle polveri in tutti i processi di pulizia personale, domestica, e industriale. Grazie alle loro proprietà chimico-fisiche essi svolgono una funzione fondamentale anche in numerosissimi processi e appli-cazioni industriali molto diversificate.

si definiscono tensioattivi quelle sostanze che, aggiun-te in piccola concentrazione, sono capaci di modificare la tensione superficiale dei liquidi, generalmente dell’ac-qua, in cui sono sciolti. Per poter svolgere questa azione, le loro molecole devono presentare almeno due sezioni ben distinte e separate, l’una apolare e affine alle sostan-ze grasse, l’altra polare o contenente gruppi ionici, affine a quelle polari (come l’acqua). Aggiunte all’acqua, esse migrano alla superficie orientandosi con la parte idrofo-ba verso l’alto. Quando queste due parti risultano affini a due solventi tra loro immiscibili, si possono ottenere emulsioni, se non addirittura soluzioni, tra questi liquidi. I tensioattivi possono avere carica ionica, anionica, catio-nica o anfotera, o non averla (tensioattivi non ionici).Generalmente queste sostanze sono prodotte da mate-rie prime di origine petrolchimica (paraffine, oleofine, benzene, etilene, ecc.), o naturale (oli naturali), che in seguito a diversi processi chimici (solfatazione, etossila-zione riduzione e amidazione) originano le diverse clas-si di tensioattivi.

In base alla loro natura e funzione i tensioattivi possono essere suddivisi in tre categorie: prodotti di detergenza (tensioattivi, betaine, biocidi. ecc.); prodotti di polimeriz-zazione (alcol e acidi carbossilici etossilati, ecc.); prodot-ti tensioattivi di origine naturale (ottenuti dalla condensa-zione di acidi grassi derivanti da olio di cocco o palma e di idrolizzati proteici da cereali, amidi, ecc).

In generale, i tensioattivi in combinazione con altre sostanze di origine organica e/o inorganica, in grado di esaltare le capacità di detergenza, costituiscono un prodotto detergente.

Il settore è rappresentato all’interno di Aispec dal Grup-po ausiliari per la detergenza, tensioattivi e prodotti oleo-chimici. Il Gruppo riunisce al proprio interno diverse tipo-

logie sia di imprese (multinazionali, PmI), sia di prodotti: ausiliari per la detergenza (alcool grassi, alchilfenoli, ecc.) tensioattivi (LAB, LAs, betaine, ecc.) e prodotti oleochi-mici (glicerina, acidi grassi), nonché alcuni additivi utiliz-zati per i prodotti della detergenza (enzimi, disinfettanti, sequestranti, ecc.). Ad oggi vi aderiscono 33 imprese con un fatturato di circa 680 milioni di euro e un nume-ro di addetti superiore alle 900 unità.Per i prossimi anni l’attività del Gruppo sarà ancora con-centrata a monitorare le attività di Federchimica e del CEsIo (l’associazione europea di riferimento), a condivi-derne gli strumenti, le linee guida per l’implementazione dei regolamenti REACH e CLP, la redazione delle schede Dati di sicurezza (sDs) e gli eventuali scenari Espositivi.

un’altra attività in cui il Gruppo, a livello nazionale, e il CEsIo a livello europeo, continuerà ad essere coinvolto anche in futuro riguarda la promozione di classificazioni armonizzate di tensioattivi e intermedi organici.

Inoltre, dal momento che all’interno della strategia Euro-pa 2020, volta a rilanciare l’economia dell’unione euro-pea nel prossimo decennio per farla crescere in modo intelligente sostenibile e solidale, vi sono diverse inizia-tive, tra cui quella di promuovere l’impiego di prodot-ti bio-based, il settore sarà direttamente coinvolto nella definizione di uno di questi: i bio-tensioattivi. Tale tema è particolarmente delicato in quanto ad oggi il compar-to si basa principalmente su tensioattivi di origine petrol-chimica, pertanto sarà assolutamente necessario par-tecipare ai lavori a livello europeo attraverso CEN per la definizione di uno standard che tenga nella dovuta con-siderazione le conoscenze raggiunte fino ad ora in que-sto campo dai tensioattivi abituali.

Per quanto riguarda, invece, le problematiche che inte-resseranno maggiormente il settore oleochimico, per la loro natura e la destinazione d’uso, vi sono quelle lega-te alla normativa sulle fonti rinnovabili (Direttiva 2009/28 attualmente in fase di revisione) nonché, in termini di salute e sicurezza sanitaria, quelle riferite al Regola-mento sui sottoprodotti di origine animale (Regolamen-to 1069/2009) e relative disposizioni attuative (Rego-lamento 142/2011 e s.m.i). Inoltre vi possono essere implicazioni per il settore legate all’eventuale contami-nazione di oli vegetali/animali con diossina, e all’appli-cazione e interpretazione del Regolamento 225/2013 che prevede inasprimenti legislativi per quanto concerne le analisi per determinare i livelli di diossina nei prodotti.

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INGREDIENtI COSMEtICI, ADDItIVI FARMACEUtICI E FRAGRANZE

Come noto i prodotti cosmetici fanno parte ormai di ogni piccolo gesto della nostra vita quotidiana, quando ci laviamo le mani, i capelli, facciamo la doccia, quan-do ci esponiamo al sole o più semplicemente vogliamo dedicare un momento della giornata alla cura, al benes-sere e alla bellezza del nostro corpo.Il prodotto cosmetico è inteso come la formulazione di molti ingredienti (acqua, tensioattivi, coloranti, polimeri, pigmenti, emollienti, estratti naturali, filtri solari, principi funzionali, fragranze); sostanze diverse per natura, carat-teristiche, proprietà chimico – fisiche e processi produt-tivi. Ci sono ulteriori fattori che contribuiscono alla defini-zione di un prodotto cosmetico: la formula, la sicurezza, l’efficacia, il colore, la profumazione, la gradevolezza al tatto, il packaging e la relativa compatibilità.Alcune materie prime sono esclusivamente di caratte-re cosmetico mentre altre sono comunemente utiliz-zate anche in campo alimentare e farmaceutico e non solo. Tutte comunque vengono continuamente studiate e aggiornate a seguito di indicazioni dei comitati scien-tifici a livello comunitario, al fine di garantire al consu-matore un prodotto cosmetico finito sempre più sicu-ro ed efficace.

La fragranza è il componente che spesso identifica un prodotto, e può determinarne il successo a livello com-merciale, creando anche una sorta di fidelizzazione da parte del consumatore. Essa agendo sui recettori olfattivi impartisce una specifica nota, un profumo a moltissimi prodotti. La fragranza viene impiegata in tutte le tipolo-gie di prodotti dal personal care, ai prodotti per la puli-zia, siano essi detersivi per la biancheria, o detergenti per la casa, nonché ai numerosi deodoranti e natural-mente ai profumi. La fragranza costituisce in media solo il 2% del prodotto. Questo settore si identifica nel Grup-po aromi e fragranze di Aispec, che affronta e approfon-disce temi che riguardano sia gli aromi, sia le fragranze. Il comparto è rappresentato da imprese di diversa tipolo-gia, vi sono imprese di piccola-media dimensione lega-te al territorio (ma con importanti rapporti con il merca-to internazionale), alle quali si affiancano le filiali italiane dei grandi gruppi multinazionali del settore, che opera-no su ampia scala.Le fragranze devono rispondere a precisi requisiti di sicu-rezza e innocuità per la salute del consumatore in base a quanto disposto sia dalle legislazioni comunitarie sul-le sostanze chimiche (REACH), sulla loro classificazio-ne, etichettatura e imballaggio (CLP), sia dalle norma-tive specifiche determinate dalla loro destinazione d’u-so, per esempio la legislazione sui prodotti cosmetici e

sui detergenti. Le imprese associate devono rispettare inoltre il codice di autoregolamentazione IFRA (Interna-tional Fragrance Association), che è mantenuto sempre aggiornato in base alle più recenti conoscenze scientifi-che, ed è arrivato ormai al 47° aggiornamento.

Il settore delle materie prime cosmetiche si identifica inve-ce nel Gruppo mapic al quale aderiscono 37 imprese con un fatturato di 380 milioni di euro, con un numero di addetti superiore a 1000. Il 2013 per il comparto cosmetico è un anno davvero importante, a cominciare dall’implementazione a luglio del nuovo Regolamento cosmetici, che stabilisce: una precisa identificazione dei ruoli, delle responsabilità e una serie di definizioni specifiche; nuove modalità nella realiz-zazione del Product Information File; la regolamentazio-ne dei nanomateriali e pone un chiaro riferimento all’ap-plicazione delle buone pratiche di fabbricazione (GmP).

uno degli aspetti cruciali e un forte ostacolo all’innova-zione per il settore nel mercato europeo è l’entrata in vigore del divieto totale di sperimentazione sugli anima-li. Infatti, dall’11 marzo 2013 non è più possibile com-mercializzare prodotti cosmetici contenenti ingredienti testati su animali anche per quegli end-point più com-plessi (tossicità ripetuta, reprotossicità, tossicocinetica) che avevano goduto fino al 10 marzo 2013 della dero-ga; sebbene anche la Commissione europea sia con-sapevole che per i prossimi anni non ci sarà la possibi-lità di una completa sostituzione della sperimentazione animale con metodi alternativi.Tale aspetto si trova tra l’altro in contrapposizione con quanto previsto da altre normative, come il Regolamen-to REACH, alla quale gli ingredienti cosmetici devono comunque conformarsi. Tale normativa può infatti pre-vedere test, anche su animali, per la preparazione del dossier di registrazione, al fine di permettere la commer-cializzazione e la gestione sicura di una sostanza lungo tutta la filiera produttiva.

Il Gruppo oltre a monitorare e a predisporre linee guida e/o posizioni su temi esclusivamente di carattere rego-latorio, ha deciso di impegnarsi in un progetto di comu-nicazione. Esso prevede, in un primo momento, la rea-lizzazione di schede specifiche destinate al pubblico, con messaggi positivi, su ingredienti o classi di essi che vengono spesso denigrate da attività di marketing con claim tipo “free of”, al fine di evitare percezioni da parte del consumatore non fondate sulla qualità e sulla sicu-rezza dei prodotti e degli ingredienti cosmetici.

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ChIMICA PER IL SEttORE ALIMENtARE

Aromi, additivi, coadiuvanti tecnologici, enzimi, ami-di, ingredienti nutrizionali possono essere definiti come “ingredienti specialistici per il settore alimentare” e sono i prodotti che rappresentano il contributo della chimica alla filiera alimentare.L’industria alimentare è riconosciuta come uno dei set-tori di eccellenza dell’economia italiana e le imprese degli ingredienti specialistici ricoprono un ruolo impor-tante nel tessuto industriale nazionale. Tra queste non esiste un’unica tipologia aziendale, in quanto variano tra piccole-medie imprese, storicamente presenti o di nuova costituzione, fino a filiali di gruppi multinazionali. Queste realtà operano sul mercato italiano e interna-zionale, valorizzando tradizione e innovazione del com-plesso panorama dell’industria alimentare.

Le imprese del settore degli additivi alimentari e coadiu-vanti tecnologici in Federchimica sono 25, con un fattura-to di circa 430 milioni di euro. Nonostante anche il setto-re alimentare presenti una contrazione dei consumi, gra-zie alle sue caratteristiche di innovazione e qualità, non-ché all’attenzione a mercati alternativi anche extra-uE, i prodotti di questa categoria sostengono dei buoni livelli.La normativa comunitaria di settore è completa e atten-ta, sia con valutazioni di sicurezza precedenti alla com-mercializzazione, sia con attenti controlli dei prodotti sul mercato; ciononostante alcuni additivi alimentari paga-no una certa diffidenza da parte dei consumatori che li vedono come un contributo “artificiale”, anziché capir-ne la reale necessità tecnologica nelle fasi di produzio-ne e conservazione degli alimenti.

L’amido, prodotto da cereali, è sia un ingrediente impie-gato direttamente nei prodotti alimentari, sia una materia prima da cui ricavare altri ingredienti specialistici (es. glu-cosio, isogluciosio e da esso acidi organici, polioli e altri).La presenza produttiva in Italia è importante: le tre impre-se associate a Federchimica fatturano oltre 500 milioni di euro e impiegano circa 500 addetti.Nel 2013 sarà attuata la revisione della Politica Agrico-la Comune europea, al cui interno è prevista la fissazio-ne della data di abolizione del regime delle quote zuc-chero, abolizione che il settore chiede da tempo, per-ché l’isoglucosio (zucchero da cereali) è soggetto alle quote zucchero e l’abolizione di questo regime, che limi-ta i quantitativi annui da produrre per ogni stato mem-bro, consentirebbe alle imprese di produrne quantitativi adeguati a soddisfare una domanda sempre più forte.

Le oltre 40 imprese del settore aromi associate a Feder-chimica sono sia sedi italiane di multinazionali, sia PmI locali e impiegano oltre 300 addetti con un fatturato di circa 200 milioni di euro. Il settore sta risentendo dell’at-tuale contrazione dei consumi alimentari interni, ma rie-sce a limitare l’impatto negativo approfittando del buon andamento dell’export alimentare italiano.Gli aromi derivano da materie prime naturali o posso-no essere sostanze di sintesi chimica. In ogni caso per legge devono rispondere a requisiti di purezza, sicurez-za e innocuità per il consumatore. Le definizioni riportate sull’etichetta degli alimenti consentono di risalire all’origi-ne dell’aroma contenuto e, soprattutto quando questo è naturale, mediante diverse denominazioni permettono la massima informazione del consumatore.Dopo anni di attesa, nel 2013 è diventata applicabile la lista comunitaria delle sostanze aromatizzanti ammes-se, pubblicata nel 2012, che finalmente armonizzerà il mercato europeo e che consentirà alle imprese italia-ne di innovare enormemente i propri prodotti e opera-re sullo stesso piano di competitività degli altri concor-renti europei.

Il settore delle materie prime per gli integratori alimenta-ri e per gli alimenti funzionali è rappresentato in Feder-chimica da 16 imprese, con un fatturato globale di oltre 80 milioni di euro. I prodotti messi a disposizione dal-le imprese associate sono vitamine, minerali, probiotici, omega3 o altri ingredienti nutrizionali utilizzabili in inte-gratori alimentari o alimenti per consumatori con speci-fiche esigenze nutrizionali.La pubblicazione del Regolamento sulle indicazioni nutri-zionali e salutistiche ammesse sugli alimenti, applicabili dal dicembre 2012, ha fatto sì che le imprese alimenta-ri clienti abbiano spostato le loro richieste principalmen-te su alcuni ingredienti (soprattutto vitamine e minera-li) e siano poco propensi a investire e ricercare prodotti innovativi, per non rischiare poi di non poterne vantare effetti nutrizionali o salutistici sul prodotto finito.Questo ha portato ad una certa standardizzazione del-le domande e allo spostamento della richiesta più sul prezzo che sulla qualità o l’innovatività dell’ingrediente, a discapito di un settore che presentava, anche in periodi di difficoltà congiunturale, un atteggiamento anticiclico.Per il futuro ci si aspetta che altre revisioni normative (prodotti dietetici, novel food) potranno influenzare sia le tipologie di prodotti sia le dinamiche di domanda e offerta delle materie prime.

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OLI LUBRIFICANtI

Gli oli lubrificanti sono prodotti della chimica delle spe-cialità, costituiti da un olio base, ottenuto dalla prima raf-finazione del petrolio, dalla rigenerazione di oli usati o da fonti rinnovabili, a cui vengono additivati sostanze e for-mulati chimici in un’ampia serie di formulazioni, ciascu-na pensata per una specifica applicazione.

sotto diversi punti di vista, gli oli lubrificanti possono essere considerati un esempio di chimica sostenibile.Anzitutto la loro funzione primaria, ridurre l’attrito tra orga-ni meccanici in movimento relativo, consente il raggiun-gimento di una maggiore efficienza nei processi e nei macchinari in cui vengono utilizzati. Anche l’innovazione tecnologica del settore è fortemente guidata dalla sostenibilità: si punta infatti ad accrescere costantemente la vita media e il potere lubrificante dell’o-lio e a ridurre il consumo energetico e le emissioni di Co2, grazie a formulazioni innovative, basi lubrificanti pregiate e più resistenti all’ossidazione, bassa viscosità.Guardando ai due principali settori di sbocco del com-parto, industria e autotrazione, si nota nel primo caso un crescente orientamento verso la sostituzione delle basi minerali con quelle vegetali e l’utilizzo di pacchetti di addi-tivi ecocompatibili, nel secondo, verso prodotti a basso tenore di zolfo e, grazie all’uso di additivi ad elevato pote-re detergente, bassa produzione di Pm10. Infine, quasi il 50% dell’olio usato prodotto viene raccolto (dal Coou, Consorzio obbligatorio degli oli usati) e rige-nerato, ottimizzando l’impiego di una risorsa naturale come il petrolio e trasformando un rifiuto pericoloso per l’am-biente in materie prime preziose (oli base, gasoli e bitumi).

sul mercato italiano operano, a fianco delle società petrolifere e di alcune multinazionali chimiche, numero-se aziende specializzate di piccole e medie dimensioni.Includendo nel computo anche i distributori con una piccola attività produttiva, il comparto raggiunge il cen-tinaio di operatori, occupando all’incirca 3.000 addetti. Di questi, il 60% è effettivamente “blendatore”, men-tre gli altri rietichettano prodotti di terzi o distribuisco-no esclusivamente marchi stranieri.

Nel 2012 si stima che il settore abbia realizzato un fattu-rato pari a 1,1 miliardi di euro; dopo la lieve flessione del 2011, i consumi sono infatti scesi di quasi il 9%, asse-standosi sulle 394.000 tonnellate. Il calo si è concen-trato sul comparto degli oli ad uso autotrazione (-11%), come prevedibile vista la drammatica crisi del settore auto, ma è stato comunque rilevante anche per gli oli

ad uso industriale (-6%), riflettendo la situazione gene-rale dell’industria manifatturiera italiana.Per il 2013 ci si può attendere un parziale arresto della caduta, almeno per il comparto industria.

oltre alla crisi globale e alla crisi particolare dell’automo-tive, la crescita del settore a livello italiano è fortemen-te penalizzata dal pesante regime fiscale a cui è sotto-posto, viziato alla base dall’impropria assimilazione dei lubrificanti ai prodotti energetici (che li assoggetta, fra le altre cose, anche alla normativa in materia di scor-te petrolifere). Infatti, pur non essendo integrati con il ciclo del petro-lio e presentando un mercato del tutto diverso da quel-lo dei carburanti (dimensione ridotta delle transazioni, netta prevalenza di piccoli produttori ed estrema diffe-renziazione del prodotto), i lubrificanti devono purtroppo combattere contro imposte elevate, ingiustificate, pres-soché uniche in Europa e per di più inefficienti, quali la Robin Hood Tax e l’imposta di consumo.

L’inefficienza di quest’ultima è legata soprattutto all’intri-cato sistema di adempimenti e controlli che gravano su ogni fase della produzione e della commercializzazione del prodotto, imponendo notevoli costi fissi alle imprese, senza tuttavia impedire fenomeni di evasione ed elusio-ne fiscale, che sono al contrario molto frequenti soprat-tutto sulle importazioni e sui piccoli volumi.

Essendo gli oli lubrificanti formulati spesso contenenti componenti pericolosi, risultano particolarmente impor-tanti per il settore anche le normative di sicurezza pro-dotto (REACH, CLP, Direttiva biocidi) e il Codice ambien-tale, per la corretta gestione dei rifiuti.

Il Gail, Gruppo aziende industriali della lubrificazione di Aispec, raggruppa 29 aziende, in cui trovano impiego quasi 1.200 addetti. Pur presentando una composizio-ne estesa ed eterogenea per dimensione e attività, con realtà medio piccole e importanti multinazionali, impre-se produttrici di basi lubrificanti da raffinazione e da rige-nerazione di oli usati e produttrici di lubrificanti finiti e di additivi, l’Associazione è riconosciuta come un impor-tante luogo di aggregazione e produttivo confronto sui problemi settoriali, affrontati nell’ambito dei propri comi-tati e gruppi di lavoro, ma anche attraverso una costante collaborazione con l’associazione europea di riferimen-to, la uEIL (Independent union of the European Lubri-cants Industry), di cui il Gail è socio fondatore.

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ABRASIVI

Il settore italiano degli abrasivi, fra i maggiori mercati di riferimento a livello internazionale, si caratterizza per due principali produzioni: abrasivi flessibili (carte, tele, fibre) e abrasivi rigidi. Il comparto dei rigidi comprende a sua volta le mole convenzionali vetrificate (a legante inorga-nico ceramico) e le mole troncatrici e a centro depres-so (a legante organico resinoide). sul mercato italiano operano alcune grandi multinazionali e molte realtà nazionali medie o medio-piccole, concen-trate soprattutto in Lombardia, Piemonte e Veneto, per un totale di una quarantina di imprese e oltre 2.000 addetti.

I dati statistici del comparto italiano, raccolti, elabora-ti e diffusi annualmente da Aispec, mostrano purtrop-po per il 2012 un’inversione del trend positivo dell’anno precedente, registrando globalmente un calo del 6.2%.Le maggiori contrazioni si sono verificate nelle vendite interne, circa 231 milioni di euro (contro i 255 del 2011), con il calo più forte nel comparto delle mole a centro depresso (-11.2%), seguite dai flessibili (-9.2%) e dai convenzionali (-7.3%).

L’export, pari a circa 132 milioni di euro, più del 35% del fatturato totale, rimane globalmente in linea rispetto al 2011, anche se al dato concorrono risultati contrastan-ti: positivi per le mole a centro depresso (+6.2%) e con-venzionali (+2.5%), negativi invece (-7%) per gli abrasivi flessibili, che risultano nel complesso il comparto più in crisi (-8.5% a fronte del -4.8% dei convenzionali e -2.8% delle mole a centro depresso).

Il calo generale del settore è attribuibile principalmen-te alla drammatica situazione di crisi dei settori clienti, meccanica, auto e soprattutto edilizia, che purtroppo non sembrano destinati a risollevarsi a breve. Per il 2013 si può prevedere ancora una lieve flessio-ne, in linea con l’andamento generale dei mercati euro-pei. La domanda mondiale dovrebbe invece rafforzarsi rispetto al 2012 (pur senza raggiungere i livelli pre-crisi), pertanto ci si attende un miglioramento delle opportuni-tà di export, soprattutto nei mercati più lontani.Tradizionale fattore critico per la crescita del compar-to italiano, oltre al costo elevato delle materie prime e dell’energia, la concorrenza da parte dei produttori extra-comunitari, soprattutto orientali; emblematica a tal pro-posito la recente invasione del mercato italiano da par-te di abrasivi flessibili provenienti dalla Corea.

La generale tendenza all’apertura dei mercati internazio-nali dovrebbe portare ad una positiva riduzione degli alti dazi sulle materie prime del settore; d’altro canto, l’ab-battimento delle barriere agevola l’ingresso di prodot-ti finiti extra-comunitari, spesso associato a fenomeni di concorrenza sleale che costringono il settore a tutelarsi, ove possibile, attraverso dazi anti-dumping e altre misu-re previste dalla CE. In questo senso è fondamentale il supporto dell’Asso-ciazione europea, la FEPA, che, anche attraverso Cera-me unie, riesce ad avere un ruolo nelle attività di advoca-cy sulle normative comunitarie e nelle strategie di politica industriale europee, oltre a svolgere attività fondamenta-li sul piano della normazione tecnica e della promozione della sicurezza nell’utilizzo dei prodotti abrasivi.

L’Associazione nazionale, coordinandosi con la FEPA e gli altri stati membri, assiste direttamente le imprese nel costante monitoraggio e aggiornamento degli standard tecnici CEN e Iso che determinano i requisiti di sicurez-za, i test e i metodi di prova dei prodotti e rappresentano quindi il cuore di quel know how che consente ancora oggi alle imprese europee di competere con la concor-renza orientale, garantendo al tempo stesso alte presta-zioni del prodotto, ma anche sicurezza per l’utilizzatore. In questo scenario anche le normative di sicurezza pro-dotto, REACH in primis, stanno assumendo rilevanza cre-scente per il settore, soprattutto in funzione dell’approv-vigionamento delle materie prime e del loro utilizzo coe-rente con la legislazione in tema di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.Fortemente sentita anche l’esigenza di una sostanziale riduzione degli oneri fiscali a carico dei produttori, soprat-tutto sul fronte energetico, e di un significativo snellimen-to delle procedure amministrative in materia ambientale (autorizzazioni alle emissioni in atmosfera, agli scarichi idri-ci, gestione dei rifiuti), troppo spesso disomogenee sul territorio nazionale.

Il Gruppo abrasivi di Aispec raduna ad oggi 24 impre-se, che impiegano quasi 1.600 addetti. Riunendo in sé i maggiori produttori dell’industria nazionale di abrasivi (rigi-di e flessibili), il Gruppo rappresenta all’incirca l’85% del mercato italiano, per il quale si stima un fatturato annuo di oltre 360 milioni di euro.Federchimica assiste e rappresenta le specifiche neces-sità del comparto, attraverso la lobby e i rapporti con le istituzioni, l’assistenza sull’applicazione del CCNL e il sup-porto tecnico nell’applicazione delle normative.

www.aispec.it

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SMALtI PER CERAMICA, PIGMENtI INORGANICI, OSSIDI MEtALLICI

Il settore comprende la produzione di smalti, fritte, pig-menti, coloranti usati nell’industria ceramica (piastrelle, stoviglieria, sanitari, etc.) e, in misura minore, nell’indu-stria meccanica (soprattutto per finitura superficiale di elettrodomestici e prodotti per la casa). Esso include anche alcune aziende produttrici di ossidi metallici che trovano diffusione, per ben oltre la metà del loro impie-go, nei processi di reazione chimica per la realizzazio-ne di pigmenti e fritte e nella composizione di prodotti antiruggine e di stabilizzanti.

I colorifici sono prevalentemente ubicati nell’area di sassuolo. Il comparto costituisce, insieme ai costrutto-ri di macchinari e ai produttori di piastrelle, il terzo atto-re necessario alla creazione di piastrelle da pavimento e rivestimento.

Le più importanti multinazionali del settore hanno in Ita-lia filiali e stabilimenti che, data la rilevanza strategica del mercato, rivestono un ruolo spesso determinante per la stessa capogruppo. Tali aziende sono un significativo esempio di chimica al servizio della ceramica, alla qua-le viene fornito il vero valore aggiunto che permette al prodotto italiano di eccellere su tutti i mercati mondia-li. Il processo di studio e ricerca nell’applicazione dello smalto riveste un ruolo fondamentale per la ceramica.

Questi aspetti sono il vero punto forte dei colorifici, che effettuano annualmente investimenti molto rilevanti e spesso in percentuale superiore a quelli delle aziende chimiche tradizionali. Tale processo di affinamento dei prodotti, associato ai necessari servizi forniti per l’appli-cazione dei medesimi, ha ormai spostato il settore ver-so le specialità. In effetti il colorificio, quale fornitore di ricerca ed estetica, spesso all’atto della presentazione del proprio prodotto propone la piastrella finita e non un intermedio chimico. Le forti concentrazioni e le acquisi-zioni tra colorifici avvenute negli ultimi anni dimostrano che le aziende del settore sono abituate a competere a livello globale. La competitività, soprattutto con la spa-gna, ha avuto un ruolo fondamentale nella riorganizza-zione di un settore che, spesso per necessità, ha dovu-to reinventarsi e che ha permesso con la propria ricer-ca di fare crescere il mondo della piastrella.

Le attività più importanti, promosse da Ceramicolor, sono indirizzate in materia ambientale e di sicurezza; in linea generale sono volte allo studio delle problematiche ine-renti la classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze e dei preparati pericolosi.

Nel corso del 2012, Ceramicolor ha proseguito le attivi-tà per gestire l’implementazione del REACH e sono sta-te seguite con estrema attenzione le normative a valle, tra cui quelle relative alla gestione dei rifiuti, ai grandi rischi e all’IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control).

L’Associazione ha proseguito nell’attività di promozio-ne del settore sul territorio attraverso il progetto “Fabbri-che Aperte”, che ha coinvolto quattro stabilimenti. Tutta la cittadinanza ha così avuto la possibilità di visitare alcu-ni importanti impianti del distretto, di conoscere i prodot-ti e il loro contributo alla qualità della vita, così come le tecnologie utilizzate a tutela dell’ambiente, della sicurez-za industriale e della salute.

E, per rendere ancora più efficace l’attività iniziata con Fabbriche Aperte, è stata confermata un’attività specifi-ca rivolta alle scuole medie inferiori e superiori, per pre-sentare agli studenti il mondo della chimica, l’importan-za della scienza chimica nella vita quotidiana e tutte le opportunità professionali offerte dall’industria chimica in Italia. Nello specifico, è stato presentato un breve qua-dro delle attività dei colorifici ceramici, per mostrare ai ragazzi tutto il percorso di produzione di queste azien-de, che operano principalmente nel distretto.

sempre nell’ambito education, Ceramicolor, in collabora-zione con Confindustria Ceramica, ha promosso un corso di formazione dedicato agli studenti più meritevoli dell’Isti-tuto tecnico industriale “E. Fermi” di modena con l’obietti-vo di contribuire attivamente alla formazione dei giovani per introdurli al mondo del lavoro. si tratta di un corso finalizzato all’approfondimento della conoscenza dei processi di tra-sformazione propri della produzione di materiali ceramici. una specializzazione importante in vista della futura collo-cazione professionale dei diplomati, che vengono messi in grado di inserirsi più velocemente nel distretto cerami-co. Nel 2012 l’offerta ha riguardato non solo le classi quar-te, ma anche gli studenti dell’ultimo anno.

www.ceramicolor.it

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ADESIVI E SIGILLANtI

Il settore degli adesivi e sigillanti rappresenta produzioni destinate ad una grande varietà di applicazioni, solo per citarne alcune: edilizia, cartotecnica, imballaggio, mez-zi di trasporto, legno e arredamento, calzature, pellet-teria, fai-da-te.Nel 2012 l’attività del Gruppo adesivi e sigillanti di Avisa è proseguita su tutte le tematiche di interesse e i rappre-sentanti delle imprese associate hanno periodicamente partecipato alle riunioni del Comitato Tecnico, nel qua-le vengono affrontati tutti gli aspetti più critici delle nor-me e si condividono soluzioni operative e interpretazioni.

Nella piena convinzione che, per proseguire con le inizia-tive di formazione nei confronti della clientela, sia neces-sario acquisire il parere dei clienti sulle tematiche tecni-che alle quali sono maggiormente interessati, il settore adesivi per legno ha avviato un’indagine con lo scopo di conoscere con esattezza le necessità di formazione tecnica, in modo da potere formulare moduli corrispon-denti ad esigenze reali ed ottenere conseguentemente numero di presenze e profilo professionale dei futuri par-tecipanti in linea con le aspettative. Alla luce dei risulta-ti emersi il settore lavorerà ad alcune ipotesi formative.

ormai da qualche anno l’Associazione partecipa al sICAm (salone Internazionale dei Componenti, semila-vorati e Accessori per l’Industria del mobile) che si svol-ge a Pordenone. L’edizione del 2012 ha ospitato l’As-sociazione con una postazione presso la quale i visita-tori delle imprese sia associate che non hanno potuto prendere visione dei servizi offerti.

Prosegue l’impegno del settore adesivi per cartotecnica e imballaggio nel progetto CAsT2, riguardante la com-plessa e delicata materia del contatto alimentare. si sta lavorando in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, che ha la responsabilità scientifica del proget-to, alla predisposizione dei documenti di definizione dei comportamenti operativi da adottare nel caso di ispe-zione da parte delle Autorità, mirata a verificare il rispet-to del Regolamento 2023/2006/CE.sarà, inoltre, predisposto un documento che chiarirà i requisiti della documentazione di supporto (Dos) richie-sti dal Regolamento Quadro 1935/2004/CE.In questo ambito è di rilievo la collaborazione nata con tutti gli attori della filiera dell’imballaggio che consente un importante dialogo e lo scambio reciproco di esperienze.

In materia di sostenibilità si moltiplicano le iniziative sia a livello nazionale, sia a livello europeo: il ministero dell’Am-

biente, nel quadro delle attività previste dal Piano d’a-zione nazionale sul Green Public Procurement, ha deci-so di creare un gruppo di lavoro tra i soggetti interessa-ti per predisporre i “Criteri Ambientali minimi” da inseri-re nelle gare di appalto per la costruzione e manuten-zione degli edifici.Vista la rilevanza del tema, il Comitato Tecnico di Avi-sa ha ritenuto fondamentale partecipare e per questo è stato individuato un rappresentante del settore adesivi per edilizia che faccia parte del gruppo di lavoro mini-steriale. Nel corso delle prime riunioni sono stati indivi-duati i temi specifici da approfondire. In particolare Avi-sa sta seguendo gli argomenti “Normativa e strumenti di certificazione” e “materiali da costruzione ed impianti”. È stato presentato il documento preliminare, predispo-sto dal ministero, che servirà come traccia per i contri-buti e le idee che perverranno dai partecipanti al grup-po di lavoro. A questo proposito, Avisa ha inviato i propri commenti per quanto riguarda i prodotti di proprio inte-resse e potrà proporre, se opportuno, criteri specifici.

L’Associazione europea FEICA alla quale aderisce il Gruppo adesivi e sigillanti, ha recentemente lanciato un’indagine per conoscere il grado di coinvolgimento delle imprese associate nei vari paesi europei in materia di sostenibilità. L’Associazione ha diffuso il questionario da compilare on line. uno specifico gruppo di lavoro sta esaminando le risposte pervenute e, sulla base di esse, elaborerà una strategia comune europea.Nel corso del 2012 i rappresentanti del Gruppo adesivi e sigillanti hanno continuato ad assicurare la presenza attiva ai lavori dell’Associazione europea. Con l’assidua partecipazione agli organi di FEICA (Executive Board, European Technical Board e European Business Board), nonché ai vari working group. I delegati delle imprese associate ed il personale dell’Associazione hanno garan-tito il necessario collegamento e coordinamento per tut-te le problematiche che vengono affrontate in ambito sia nazionale, sia internazionale.

Il 2012 è stato l’anno della Conferenza mondiale degli adesivi e sigillanti che si è tenuta a Parigi. L’evento si svolge ogni quattro anni ed è ospitato a turno in un con-tinente diverso. si è trattato di un autentico successo con più di 900 partecipanti provenienti da tutto il mon-do. La Conferenza era suddivisa in 18 sessioni, anima-te da 81 relatori. Tali cifre raccontano lo straordinario valore aggiunto di una manifestazione di questa porta-ta, soprattutto considerata la delicata situazione econo-mica internazionale nella quale si è svolta.

http://avisa.federchimica.it

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PIttURE E VERNICI

Il settore delle pitture e vernici rappresenta una com-ponente molto rilevante della chimica italiana. Con un valore della produzione superiore ai 3 miliardi di euro, l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Germa-nia. In Italia sono attive sia importanti imprese a capita-le italiano di dimensioni medie e piccole, sia filiali pro-duttive di gruppi internazionali. I prodotti trovano impie-go in svariati settori: i più importanti in termini quantitati-vi sono l’edilizia (circa il 55% delle vendite complessive), l’industria metalmeccanica (20%) e il mobile (15%), ma figurano anche l’auto, la protezione industriale, la nau-tica, la marina, il can coatings. Le imprese di pitture e vernici, attraverso la qualità dei propri prodotti, l’innova-zione e la capacità di dare efficacemente risposte alle esigenze dei clienti, sono spesso alla base dei succes-si di molte imprese del made in Italy. una parte signifi-cativa e tendenzialmente crescente della produzione è rivolta ai mercati esteri. La fase di recessione della produzione industriale italia-na non ha risparmiato l’industria dei prodotti vernician-ti che ha registrato un 2012 decisamente difficile con un arretramento dei volumi di due cifre rispetto al 2011.La crisi ha indotto e sta inducendo cambiamenti strut-turali nel mercato e guida e condiziona i comportamen-ti delle famiglie (calo dei consumi, crescita dell’attenzio-ne agli sprechi, rinvio delle spese non necessarie, pre-ferenza per le occasioni di sconto) e di conseguenza delle imprese. Dopo un lungo periodo costellato da rincari e situazioni di shortage, in alcuni settori si sono avvertiti segnali di distensione per le materie prime.Per tutti i settori desta enorme preoccupazione la stret-ta creditizia. La disponibilità di denaro si è ridotta e il denaro, quando viene erogato, è troppo caro. Cresce la preoccupazione per il rischio insolvenza nei vari merca-ti. Ad aggravare la situazione è anche il ritardo dei paga-menti sia da parte del settore pubblico sia tra le aziende.

L’entrata in vigore del decreto legislativo n.161 del 27 marzo 2006 (D.Lgs. 161/2006), sull’“Attuazione della direttiva 2004/42/CE, per la limitazione delle emissioni di composti organici volatili conseguenti all’uso di sol-venti in talune pitture e vernici, nonché prodotti per car-rozzeria”, ha imposto limiti specifici dei contenuti mas-simi di composto organico volatile (CoV) nei prodotti vernicianti utilizzati in edilizia e in carrozzeria. Il decreto

ha avuto pertanto importanti ricadute sulla produzione e sull’attività di ricerca e sviluppo dei produttori di pitture e vernici; le imprese hanno investito significative risorse umane ed economiche per la formulazione di prodotti a basso contenuto di CoV.Il Gruppo pitture e vernici ha seguito fin dall’inizio l’iter legislativo del decreto e le implicazioni tecnico-norma-tive conseguenti attraverso una puntuale e tempestiva informazione, circolari di chiarimento, riunioni interas-sociative, incontri tra tecnici, realizzazioni Linee guida e position paper e un continuo confronto con le autorità. Proprio grazie all’attività associativa di lobby i ministeri competenti hanno accolto, nell’agosto 2012, le istan-ze associative e riallineato la legislazione italiana a quel-la degli altri paesi dell’unione europea abolendo il divie-to di esportare, in paesi extra ue, i prodotti non confor-mi. Tale disposizione, ottenuta dopo il conseguimento di una proroga per tre anni consecutivi, ha evitato alle imprese operanti in Italia, comprese le multinaziona-li, associate e non, la perdita di un fatturato pari a circa 100 milioni di euro all’anno.Considerata la complessità dell’esecuzione del meto-do di calcolo dei composti organici volatili richiesto dal decreto, il Gruppo ha realizzato un round robin test (test interlaboratorio) per verificare la correttezza del metodo utilizzato dalla maggior parte delle imprese per la dichia-razione del contenuto di CoV. Attraverso la collabora-zione di qualificati laboratori italiani di analisi sono stati condotti dei test su alcuni prodotti etichettati secondo il D.Lgs.161/2006: i risultati hanno evidenziato un signi-ficativo allineamento tra i dati calcolati dalle imprese e i dati riscontrati dalle analisi dei laboratori confermando l’efficacia del metodo teorico utilizzato dalle imprese.

L’industria italiana delle pitture e vernici ha manifesta-to, negli ultimi anni, una grande necessità di formazio-ne specifica per i propri tecnici, anche tenuto conto che è scarsa l’offerta di corsi post-diploma o universitari.Per questo il Gruppo pitture e vernici di Avisa collabora, dal 2005, con Innovhub - stazione sperimentale oli e Grassi e con l’Associazione Italiana dei tecnici di indu-strie di vernici ed affini nel programma di formazione per-manente denominato forVER. Nel 2012 è stato organiz-zato con successo il corso “Vernici per legno: la formu-lazione nei diversi settori applicativi. Tipologie dei pro-dotti, formulazioni, sistemi applicativi”.

http://avisa.federchimica.it

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GAS tECNICI, SPECIALI E MEDICINALI

I prodotti del settore dei gas tecnici speciali e medicinali sono principalmente: ossigeno, azoto, argon, elio e gas rari, idrogeno, acetilene, anidride carbonica, anidride solfo-rosa, idrofluorocarburi, aria, gas speciali e miscele di gas.I gas prodotti dal comparto trovano impiego in quasi tut-ti gli ambiti dell’attività manifatturiera nazionale (metallur-gia, meccanica, alimentare, chimica, vetro, ecc.), oltre che in ambito sanitario (ossigeno, protossido d’azoto, miscele medicinali e dispositivi medici). Essi hanno la necessità di essere prodotti in prossimità dei luoghi di utilizzo finale, a causa degli elevati costi di trasporto, e, proprio per questo, l’andamento economico del settore segue abbastanza fedelmente lo stato di salute dell’at-tività manifatturiera italiana.

Il settore dei gas industriali ha chiuso il 2012 con un calo dei livelli produttivi nell’ordine dell’1% rispetto all’an-no precedente. Il settore ha sofferto di una crisi che ha colpito tutti i comparti clienti, più o meno indistintamen-te, dalla chimica alla metallurgia, dalla meccanica alla petrolchimica.Per il 2013 non si prevedono importanti cambi di rotta: un lieve recupero dell’attività produttiva potrebbe pro-venire dai settori che più si avvantaggeranno della pre-vista crescita della domanda estera, quali ad esempio la metalmeccanica e la chimica. Ancora sofferenti inve-ce i comparti più legati alla domanda interna, penalizza-ta dalla persistente crisi economica e dagli effetti reces-sivi sull’occupazione. Il comparto medicinale è leggermente cresciuto sebbe-ne a ritmi inferiori a quelli abituali. Il settore è infatti mol-to meno ciclico di quello industriale e gode di un pro-prio trend di costante sviluppo, specie per la crescen-te importanza dei servizi accessori forniti insieme ai gas.sia per l’area domiciliare che per quella ospedaliera, la fornitura del gas si accompagna a prestazioni accesso-rie, quali la fornitura di servizi, apparecchi e impianti, che trainano la crescita del valore del comparto.

Nessuna svolta nemmeno sul fronte dei costi delle mate-rie prime, che nel caso dei gas si identificano con i costi energetici. molto preoccupanti sono infatti i notevoli rin-cari subiti dalla componente tariffaria corrisposta dalle imprese italiane: la bolletta energetica ha continuato a subire incrementi molto importanti: i primi calcoli di con-suntivo indicano un aumento dei costi energetici di circa il 17% a fine 2012 rispetto all’anno precedente. È però la componente tariffaria inclusa in tali costi che traina

tutto l’incremento: oneri di sistema e accise sono infat-ti aumentati del 55% rispetto all’anno precedente, rap-presentando ormai il 30% dei costi totali a carico delle imprese del settore.

A fianco della normale attività istituzionale e progettua-le di Assogastecnici, nel 2012 si è tenuto un importan-te momento congressuale: nel mese di ottobre, pres-so l’Auditorium di Federchimica si è svolto il Convegno sulla sicurezza nel trasporto dei gas medicinali, a com-pletamento di una serie di incontri formativi focalizzati sul tema cruciale della sicurezza nel trasporto.L’Associazione ha anche realizzato importanti docu-menti di indirizzo e formazione, tra cui le linee guida sulla “sorveglianza sanitaria”, sulla “Formazione del persona-le conducente in base all’ADR 2013”, sulla “Redazione di Etichette e schede di sicurezza delle principali tipo-logie di miscele di gas”.Alla luce degli obblighi di formazione stabiliti dall’Accordo stato-Regioni, il Comitato sicurezza Gas ha predispo-sto 24 pacchetti formativi su specifici scenari di rischio.

Per quanto riguarda il comparto medicinale l’evoluzione legislativa degli ultimi anni ha portato i gas medicinali ad assumere a tutti gli effetti lo status di farmaci e le azien-de che li producono hanno dovuto dotarsi delle auto-rizzazioni all’immissione in commercio (AIC): allo stato attuale l’ossigeno medicinale, l’azoto protossido medi-cinale e l’aria medicinale possono essere commercia-lizzati esclusivamente dalle aziende che hanno ottenu-to la relativa AIC.Per adeguarsi al meglio alla fase di evoluzione dalla qua-le sta emergendo la normativa di riferimento, il Gruppo Gas medicinali sta mantenendo ed intensificando i rap-porti con ministero della salute, AIFA e Istituto superio-re di sanità per ottenere un sempre maggiore avvicina-mento tra le prassi applicate in Europa e le interpreta-zioni adottate dagli interlocutori istituzionali sul territorio nazionale, sia per quanto riguarda le questioni relative ai gas farmaci che per i gas e miscele che vengono uti-lizzati come dispositivi medici.Prosegue la campagna di sensibilizzazione del Gruppo gas medicinali sull’impiego corretto e sicuro dei gas e in particolare sulle modalità di manipolazione e dispen-sazione di tali farmaci all’interno delle strutture sanitarie pubbliche e private: con pubblicazioni sul sole24ore sanità, Corsi Regionali accreditati ECm per i farmacisti ospedalieri ed eventi istituzionali a carattere nazionale.

www.assogastecnici.it

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DEtERGENtI E SPECIALItÀ PER L’INDUStRIA E PER LA CASA

Il settore dei prodotti per la pulizia, la manutenzione e l’igiene degli ambienti comprende detersivi, saponi da bucato, coadiuvanti di lavaggio, presidi medico-chirur-gici disinfettanti e disinfestanti ambientali (oggi presidio-medico-chirurgici, in fututo biocidi), cere, prodotti per la cura delle auto, deodoranti ambientali e prodotti per la pulizia e la manutenzione in generale.si suddivide in due macro aree: detergenti e prodot-ti per la manutenzione della casa e analoghi per l’indu-stria, le comunità e le istituzioni. Le due aree condivido-no la missione d’impresa di produrre le migliori soluzioni per assicurare pulizia e igiene in ogni ambito.All’interno del settore operano imprese nazionali e multi-nazionali con sede in Italia, con un fatturato globale che supera i tre miliardi di euro. spesso la sfida più grande per le imprese del settore è riuscire a conciliare le neces-sità di una crescita economica e industriale sostenibi-le con le esigenze dei consumatori e degli utilizzatori, operando in un panorama normativo, che risulta esse-re sempre più complesso.

Attualmente i temi di interesse tecnico normativo del set-tore riguardano principalmente i biocidi, il Regolamento Detergenti, REACH e CLP.La revisione della legislazione sui biocidi si è conclusa lo scorso maggio con la pubblicazione del Regolamen-to 528/2012 (Nuovo Regolamento Biocidi) con cui si è passati dal sistema di autorizzazione nazionale dei PmC (Presidi medico Chirurgici) a quello europeo dei prodot-ti biocidi. A stretto contatto con le Autorità competenti è stato attivato uno specifico tavolo di lavoro per la com-plessa gestione del periodo transitorio e per la corret-ta interpretazione degli adempimenti previsti dal nuovo regolamento.Il Regolamento Detergenti è stato seguito con grande interesse per le recenti limitazioni introdotte per i fosfa-ti nei detergenti per bucato e per lavastoviglie automa-tiche destinati ai consumatori, che garantisce armoniz-zazione a livello europeo.Le aziende della detergenza sono state anche coinvol-te nell’applicazione del Regolamento REACH, prevalen-temente in quanto downstream users. una delle princi-pali criticità riscontrate riguarda la corretta gestione del-le informazioni attraverso le schede Dati di sicurezza e gli scenari esposizione.

Anche il Regolamento CLP avrà un impatto importan-te sul settore con, in alcuni casi, un notevole aggravio degli adempimenti di classificazione ed etichettatura. Le aziende stanno valutando il loro portafoglio prodotti e attivando le azioni opportune per esser pronte quan-do il CLP sarà a regime nel 2015.

Il settore della detergenza è, inoltre, da tempo impe-gnato nella realizzazione di progetti volontari legati al concetto di sostenibilità, di rilevante interesse per le imprese e l’utilizzatore finale. Tali iniziative sono vol-te alla riduzione dell’impatto ambientale del settore e alla massimizzazione della tutela del consumatore. La crisi del mercato sta accelerando il cambiamento e sta mutando le esigenze e le richieste dei consumatori; le imprese e la grande distribuzione organizzata vedono questa fase come un’opportunità da cogliere. Per tale motivo, la sostenibilità assume oggi una valenza molto più concreta e viene percepita come leva da utilizzare per avviare una nuova fase di sviluppo dell’economia.uno dei progetti più importanti in questo ambito è il Charter A.I.s.E. per una pulizia sostenibile: un pro-gramma volontario, implementato in Italia da Assoca-sa, che ha l’obiettivo di promuovere il continuo miglio-ramento nell’ambito della sostenibilità, che si applica a tutti gli stadi del ciclo di vita del prodotto e si fonda sui tre “pilastri” della sostenibilità: sociale, ambientale ed economico. Con il 2010 il Charter si è arricchito di una «dimensione di prodotto», ovvero una versione miglio-rata del logo che può essere utilizzata su un «prodotto che non solo è realizzato da un membro del Charter, ma che soddisfa anche alcune caratteristiche avanza-te di sostenibilità”. Questa novità è in linea con le esi-genze avanzate dagli stakeholder, affinché il logo non dicesse solo qualcosa su chi ha realizzato il prodotto, ma anche sul prodotto stesso.Di pari rilevanza sono inoltre i progetti PREP (Product Resource Efficiency Project). Dopo quelli dedicati alla concentrazione dei detergenti in polveri e liquidi per bucato domestico, si attiverà a breve anche il pro-getto relativo alla concentrazione degli ammorbidenti. La concentrazione dei prodotti risulta fornire un importan-te beneficio ambientale in termini di consumi di materie prime e materiale da imballaggio oltre che di riduzione di trasporti e quindi di emissioni di anidride carbonica.

www.assocasa.it

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COSMESI

Il 2012 registra la prima lieve contrazione del mercato interno per il comparto cosmetico, che risente dell’on-da lunga della crisi dei consumi in Italia, iniziata da oltre due esercizi. Il valore del mercato supera i 9.600 milio-ni di euro, con una contrazione dell’1.8%.In realtà la vocazione anticiclica del settore si esprime con una razionalizzazione delle scelte dei consumatori, che si spostano su fasce di prezzo e su canali più eco-nomici, senza però rinunciare ai prodotti premium, inde-bolendo così la fascia di prezzo intermedia. Fondamentalmente i consumi, in quantità, restano inal-terati, mentre si fanno pesanti le minori frequentazioni dei canali professionali.È sicuramente in corso un’importante modificazione dello scenario distributivo: l’affermazione di nuovi canali mono-marca, lo sviluppo della grande distribuzione specializza-ta, le nuove dinamiche delle vendite dirette, sono alcuni dei fenomeni che caratterizzano gli acquisti di cosmeti-ci negli ultimi esercizi, imponendo evidenti ripensamenti delle politiche distributive nei canali tradizionali.In questo contesto, i fatturati delle imprese italiane, cioè il valore della produzione, crescono nel 2012 di poco meno di un punto percentuale, toccando i 9.040 milio-ni di euro, grazie soprattutto alla competitività dell’offer-ta italiana sui mercati esteri: il valore delle esportazioni infatti sfiora i 2.900 milioni di euro, con un trend positi-vo di oltre sette punti percentuali.Le proiezioni per il 2013 sono orientate a un’ulterio-re, anche se marginale, contrazione dei consumi, che dovrebbero ripartire a cavallo della seconda metà dell’e-sercizio, mentre i fatturati saranno ancora sostenuti dal-la crescita delle esportazioni.In uno scenario politico-economico ancora molto incer-to, le imprese italiane si trovano ad affrontare i rallen-tamenti del mercato interno e le opportunità di cresci-ta sui nuovi mercati internazionali con la sola capacità imprenditoriale che le caratterizza: la forza di persegui-re la competitività acquisita con il costante investimen-to in flessibilità, ricerca, innovazione e rigore produttivo. L’evoluzione dei canali di distribuzione, in un periodo di rallentamento congiunturale, se da un lato ribadisce l’ir-rinunciabilità del consumo di cosmetici, dall’altro confer-ma una serie di tendenze ormai consolidate. Le vendite dirette e in erboristeria sono espressione di canali che più di tutti hanno saputo assecondare le nuove opzio-ni di acquisto dei consumatori, mentre il calo di vendi-te nel professionale evidenzia le difficoltà legate alla fre-quentazione, elemento indiretto di acquisto e quindi più condizionato dalla crisi.

Il canale farmacia dopo anni di crescite superiori alla media, registra un rallentamento marcato, anche se in misura inferiore ad altri canali concorrenti. Il merca-to supera i 1.750 milioni di euro con una contrazione dell’1.4%, pari a oltre il 18% del totale di vendita di tut-ti i cosmetici sul mercato nazionale.I cosmetici venduti nel canale erboristeria anche nel 2012 confermano il trend positivo degli ultimi anni, sempre superiore alla media annuale. Il valore delle vendite, prossimo ai 400 milioni di euro e a una cre-scita sul 2011 di cinque punti percentuali, caratteriz-za il canale, che sembra non risentire della congiuntu-ra negativa, grazie alle opzioni d’acquisto dei consu-matori sempre più decise ed orientate a concetti salu-tistici e naturalistici.L’andamento dei consumi nelle profumerie nel 2012, dopo alcuni esercizi negativi, segna un’ulteriore con-trazione di quattro punti percentuali, con un valore del-le vendite prossimo ai 2.200 milioni di euro.Il valore dei cosmetici venduti nella grande distribuzio-ne nel 2012 è prossimo ai 3.800 milioni di euro, con-fermandosi il più importante canale di vendita per il cosmetico. Tuttavia, le vendite evidenziano andamen-ti disomogenei. Prosegue, infatti, l’importante forbice venutasi a creare tra le vendite di cosmetici negli iper e supermercati tradizionali, calate di 3.4 punti percen-tuali, e quelle negli spazi specializzati, definiti anche “casa-toilette”, o “canale moderno”, che crescono a ritmi ancora sostenuti. Prepotente negli ultimi esercizi anche l’impatto dinamico dei nuovi negozi monomarca.Anche nel 2012 si registra una crescita superiore alla media per le vendite porta a porta. Il valore delle ven-dite ha superato i 430 milioni di euro, consentendo un incremento di due punti percentuali.Continua la contrazione dei consumi di cosmetici nei canali professionali, che raggiungono i 900 milioni di euro. Prosegue, infatti, da un paio di esercizi, il calo del consumo negli istituti di bellezza, -5%, per un valore prossimo ai 260 milioni di euro. Il canale è ancora con-dizionato dalle incognite sulle frequentazioni, penalizza-te dalla congiuntura economica, e continua ad esse-re contraddistinto da alcune tensioni sui prezzi, dalle politiche di importanti player del mercato, ma, soprat-tutto, da una nuova concorrenza legata a prodotti di dubbia provenienza. Per i saloni di acconciatura, con un decremento di sei punti percentuali ed un valore di 645 milioni di euro, continua a pesare la contrazione delle frequentazioni medie che hanno evidentemente influenzato numero e valore degli scontrini.

www.unipro.org

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FARMACI DI AUtOMEDICAZIONE

Il 2012 è stato un anno difficile per il comparto dei far-maci senza obbligo di prescrizione: i dati di vendita del settore, che costituisce il 17.3% a volumi e il 13.3% a valori del mercato farmaceutico, restituiscono l’immagi-ne di un comparto in difficoltà, con un calo dei consu-mi pari al 5.4% (316 milioni di confezioni) e della spesa, pari al 3.7% (2.392 milioni di euro). Diversamente da quanto previsto ad inizio autunno, la minore incidenza delle sindromi influenzali del periodo invernale non ha favorito il recupero delle vendite atte-so nell’ultimo trimestre.Il 2012 non ha generato, quindi, un’inversione di ten-denza dell’andamento negativo del mercato che, negli ultimi sei anni, registra una contrazione media annua dei consumi pari al 2.7%. Tenendo conto dell’effetto dei due provvedimenti di deli-sting, ossia della riclassificazione di oltre 350 confezioni da farmaci con obbligo di ricetta non rimborsabili (C-Rx) a farmaci senza obbligo di prescrizione (G.u. 83 - 26 aprile 2012 e G.u. 277 - 27 novembre 2012), il con-fronto rispetto alla fotografia del mercato scattata 2011 delinea trend meno pessimistici. L’aumento del numero di prodotti disponibili senza ricetta permette di registra-re, rispetto allo storico, una diminuzione più contenuta dei consumi (-1.6%) e una crescita dei fatturati (+2.5%).

Guardando alle due categorie che costituiscono l’insie-me dei farmaci senza obbligo di ricetta, cioè i farmaci di automedicazione o oTC (over The Counter) per i quali è consentita la pubblicità al grande pubblico e i farmaci soP, non pubblicizzabili, si osserva che i farmaci oTC registrano una diminuzione delle vendite del 5.1% (228 milioni di confezioni), con fatturati pari a 1.675 milio-ni di euro, in diminuzione del 2.8%, mentre ancora più pesante è la contrazione del mercato soP, pari al 6.2% a volumi (87.5 milioni di confezioni) e al 5.6% a valori (oltre 717 milioni di euro).

Grazie all’entrata sul mercato di extention line di confe-zioni già esistenti e ad alcuni switch di prodotto/confe-zione da C-Rx/soP ad oTC, il comparto dei soli farma-ci di automedicazione conferma la volontà delle aziende del settore di continuare ad innovare l’offerta terapeutica a disposizione dei cittadini. Per quanto riguarda i soP, grazie alla riclassificazione avvenuta con il delisting, si registra – rispetto ai soli dati di vendita – una tenuta dei consumi (-0.6%), un forte aumento dei fatturati (+10.5%)

e una crescita di circa cinque punti percentuali del peso di questa categoria sul totale dei farmaci senza ricetta, intorno al 30% a fine 2012.

Fatti salvi i provvedimenti di delisting che hanno comun-que generato un ampliamento dell’offerta, anche se su prodotti non pubblicizzabili, il comparto dei farmaci da banco presenta dinamiche stabili: la farmacia rimane il canale privilegiato per l’acquisto di queste specialità medicinali con una quota di mercato superiore al 90% rispetto ai canali alternativi (Legge 248/2006), parafar-macie e corner della grande distribuzione organizza-ta (GDo). Inoltre, una più forte concorrenza sui prezzi, liberamente stabiliti dal titolare di ciascun punto vendita (Legge 296/2006), pur generando vantaggi per i citta-dini, non ha rappresentato una leva di sviluppo, soprat-tutto nella concorrenza con i prodotti salutistici. Questi ultimi nella percezione comune si sovrappongono spes-so ai farmaci da banco nel trattamento dei piccoli distur-bi e godono, rispetto ai farmaci senza ricetta, di mino-ri vincoli all’entrata in commercio di nuovi prodotti e alla comunicazione al cittadino. I provvedimenti di liberaliz-zazione del 2006 non hanno quindi rappresentato un volano di crescita per il settore. Così come, per il pros-simo futuro, l’apertura di circa 3.000 nuove farmacie (in seguito alla diminuzione del quorum di popolazione che regola la definizione della “Pianta organica” - Leg-ge 27/2012), non avrà impatti sul settore. Anzi, anche il 2013 si preannuncia come un anno in salita. Il per-durare della crisi economica e le politiche di taglio alla spesa pubblica continueranno ad avere effetti negati-vi sul tutto il mercato della salute. Tuttavia, in tempi di spending review, l’affermarsi di una cultura sanitaria più autonoma rende auspicabile un maggiore riconoscimen-to del valore sociale e industriale del comparto dei far-maci di automedicazione che gioverebbe nel nobilitar-ne il ruolo di sostegno al benessere economico e socia-le del sistema Paese. una semplificazione delle proce-dure e tempi certi favorirebbero inoltre, sia un allarga-mento dell’offerta verso nuove aree terapeutiche/prin-cipi attivi, in linea con l’evoluzione culturale e scientifica, sia un uso moderno delle leve di informazione/comuni-cazione. I farmaci di automedicazione possono quindi rappresentare uno strumento intorno al quale costrui-re risposte di salute concrete in uno scenario che chie-de costante capacità di anticipazione da parte di tutti gli stakeholder di riferimento.

www.assosalute.info

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PRODOttI PER LA SALUtE ANIMALE

Il mercato italiano della salute animale nel 2012 ha gene-rato un fatturato di 553 milioni di euro. Rispetto al 2011 il fatturato totale è rimasto pressoché invariato (-0.3%), cosa che mette in risalto una tenuta importante, consi-derando il contesto macroeconomico nazionale e inter-nazionale. Anche quest’anno le note positive provengono dai far-maci destinati agli animali da compagnia, generando un +1.7% rispetto al 2011 che corrisponde ad un fattura-to di 241 milioni di euro. Questa buona performance è anche dovuta all’introduzione sul mercato di nuovi far-maci, specialmente biologici, che hanno coperto aree terapeutiche fino ad ora orfane. Da non dimenticare che si sta assistendo ad un progressivo aumento della sen-sibilità dei proprietari verso il benessere dei loro animali.stabile il comparto dei farmaci destinati ad animali pro-duttori di alimenti, -0.1%, mentre in continua pesante flessione il settore della medicazione orale (premisce-le medicamentose) che dopo il -5.7 del 2011 ha fatto segnare un ulteriore calo del 5.6%.

Per quanto riguarda il settore dei farmaci per animali da compagnia, tutti i trend positivi dei farmaci tradizionali essenziali che hanno caratterizzato il 2011 si sono ripe-tuti anche lo scorso anno. Antiparassitari esterni ed inter-ni, antinfiammatori non steroidei, antibiotici, cardiologici hanno guidato la crescita. Crescita che è stata consoli-data dall’introduzione di prodotti unici ed innovativi quali il vaccino contro la leishmaniosi, primo prodotto di pre-venzione contro questa patologia zoonotica. A mitigare questi dati positivi sono intervenuti fattori di tipo econo-mico commerciale quale l’introduzione di generici e una maggiore attenzione alla singola spesa da parte sia del medico veterinario sia del proprietario di animali. I far-maci cosiddetti “non essenziali”, quali farmaci compor-tamentali, ormoni, nutraceutici, alla luce delle conside-razioni appena espresse, hanno visto, nella media, una sofferenza maggiore rispetto ai farmaci etici.Nonostante la situazione sia caratterizzata da luci ed ombre, le imprese associate ad Aisa continuano ad inve-stire e a fornire al mercato, ai veterinari e di conseguen-za ai proprietari di animali, nuovi prodotti e soluzioni pro-fessionali innovative. molte di loro si stanno concentran-do sugli sviluppi di nuovi prodotti biologici.

Nel settore dei farmaci per animali da reddito e premi-scele medicate, ci siamo attestati sugli stessi valori del 2011, cioè 221 milioni di euro. Come per gli animali da compagnia anche in questo segmento si sta assistendo

ad un passaggio sempre più evidente dalla terapia alla prevenzione; sta aumentando l’importanza dei prodot-ti biologici a scapito di quelli tradizionali. Questa trasfor-mazione nelle scelte della gestione farmaceutica degli allevamenti è guidata dalle pressioni politiche e sanitarie internazionali che si stanno concentrando sul problema dell’antibiotico resistenza, ma è anche accompagnata dal costante miglioramento delle tecniche di allevamen-to e della biosicurezza.

I maggiori prodotti tipici italiani quali i prosciutti di Parma e san Daniele, il Parmigiano Reggiano e i latticini, han-no avuto un’annata quantomeno soddisfacente; stes-sa cosa non si può dire per il comparto ovino che sta versando in una profonda crisi dovuta al basso prezzo del latte. un dato positivo per tutti è che i prezzi delle materie prime sono scesi dai massimi del 2010-2011 e ciò ha consentito un recupero di marginalità per i nostri allevatori.Il numero degli animali presenti sul territorio Italiano nei 12 mesi è leggermente calato rispetto al 2011, con fles-sioni più marcate nel comparto suinicolo.Per gli avicoli sono entrate in vigore nel 2012 le nuove direttive sugli allevamenti industriali e sul benessere ani-male, sicuramente i costi di produzione sono aumen-tati, ma questo non si è ancora totalmente riflesso sul consumatore, causa la pesante crisi economica; crisi che sta facendo cambiare in modo molto rapido le abi-tudini alimentari Italiane. oggi assistiamo ad un incre-mento delle vendite di proteine a basso costo quali lat-te, uova e carni avicole, a scapito delle carni rosse di suino e bovino.

Ancora una netta flessione per il secondo anno conse-cutivo ha interessato il settore della medicazione orale e quindi delle premiscele medicamentose, per la mag-gior parte a base di antibiotici.Questo deriva dai nuovi indirizzi sanitari europei e mon-diali che stanno spingendo verso un uso pruden-te degli antibiotici al fine di preservare la loro efficacia sia negli animali che nell’uomo. si sta assistendo ad una forte riduzione del ricorso alla medicazione ora-le, tipo di trattamento elettivo per gli allevamenti indu-striali suini ed avicoli. La nostra industria, nonostante la penalizzazione evidente, condivide i principi su cui si basa la lotta all’antibiotico resistenza promuovendo un uso responsabile degli antibiotici, strumenti comun-que imprescindibili per il benessere animale e la salu-brità degli alimenti.

http://aisa.federchimica.it

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BIOtECNOLOGIE

Anche quest’anno, il settore biotech in Italia si confer-ma dinamico e in grado di presentare risultati importanti, malgrado il perdurare della difficile situazione economica che le nostre imprese affrontano da ormai molto tempo.Alla fine del 2012, sono 407 le imprese impegnate in R&s biotech, di cui più della metà (256) totalmente foca-lizzate (pure biotech), collocando l’Italia al terzo posto in Europa, dopo la Germania e il Regno unito, per nume-ro di imprese pure biotech, a dimostrazione di una real-tà estremamente competitiva e capace di superare la natura ciclica tipica di altri settori industriali. Il fatturato totale ammonta a 7.152 milioni di euro, con un incremento del 6% rispetto al dato dello scorso anno, mentre gli investimenti in R&s aumentano fino a 1.832 milioni, registrando un’ulteriore crescita del 2.9%. Il numero degli addetti ad attività di R&s è di 6.739 unità e si mantiene sostanzialmente in linea con quello del 2012.La grande maggioranza (75%) delle imprese attive nel settore delle biotecnologie continua a essere di dimen-sione micro o piccola, arrivando all’87% nel caso del-le imprese pure biotech, a riprova del fatto che la forza trainante dell’industria biotech italiana è costituita dalle tante PmI innovative e start-up, che vivono di ricerca.

Anche in Italia, quello della salute è il settore trainante dell’intero comparto. Ben 235 imprese (58%) sono infatti attive nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti terapeuti-ci e diagnostici e 197 di queste operano esclusivamen-te in ambito red biotech.Il fatturato del settore red biotech ammonta a 6.766 milioni di euro, riconducibile quasi esclusivamente alle imprese del farmaco che rappresentano solo il 25% del campione. L’investimento complessivo in R&s è di 1.691 milioni di euro, mediamente pari al 25% del fattu-rato, che invece si attesta al 45% nel caso delle impre-se pure biotech.

67 imprese sono attive nel segmento delle GPTA (Geno-mica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti) e molte delle imprese multi-core attive in ambito red sono anche atti-ve in ambito GPTA.

sebbene il mercato degli alimenti funzionali e dei nutra-ceutici sia in rapida crescita, il settore green biotech, in Italia, non ha ancora espresso pienamente il suo poten-ziale. su un totale di 85 imprese, la maggioranza è rap-presentata da aziende pure biotech di micro o piccola dimensione, attive all’interno di parchi scientifici o incu-batori e impegnate in progetti che spaziano dal miglio-

ramento della produzione primaria, vegetale e anima-le, allo sviluppo di nuove tecnologie a tutela e garanzia della qualità e sicurezza della filiera alimentare, e della genuinità delle nostre produzioni tipiche.

Alla crescita del settore white biotech si associa, inve-ce, la prospettiva di un modello di sviluppo industriale ecosostenibile, in grado di offrire al mercato una varietà di prodotti con caratteristiche superiori rispetto a quel-li ottenuti dai processi tradizionali. Più di due terzi delle 62 imprese attive in Italia in ambito white biotech sono aziende pure biotech: start-up innovative che generano nuove tecnologie per processi di trasformazione di bio-masse e di altre materie prime e nella produzione soste-nibile di prodotti chimici, materiali e carburanti.

In termini eccellenza e competitività per lo sviluppo di terapie innovative, complessivamente, la pipeline italia-na conta oggi più di 359 prodotti, 97 dei quali in fase preclinica, 50 in Fase I, 107 in Fase II e 105 in Fase III di sviluppo clinico. se il numero di prodotti in via di svi-luppo cresce del 12% rispetto allo scorso anno, cre-sce anche il numero delle molecole che hanno rag-giunto la Fase I (+13%), la Fase II (+9%) e la Fase III (+7%) di sviluppo clinico. Con riferimento alla loro origi-ne, circa il 52% dei progetti deriva da imprese a capi-tale estero – in particolare filiali di multinazionali in Italia – e il 48% da imprese a capitale italiano, comprese le farmaceutiche italiane.Ancora una volta ci troviamo di fronte a una chiara divi-sione e complementarietà di ruoli: da un lato le impre-se pure biotech le quali, con quasi il 70% dei progetti compresi tra la fase di discovery e la Fase I di svilup-po clinico, costituiscono un’autentica promessa per l’intero settore; dall’altro, le imprese a capitale estero, con lo 82% dei progetti compresi tra la Fase II e III di sviluppo clinico, a confermare i livelli di eccellenza rag-giunti dalla ricerca italiana nella conduzione di trial cli-nici di fase avanzata.Anche se il nostro Paese rimane un punto di riferimento, in ambito europeo, per la conduzione delle sperimen-tazioni di Fase II e III, è necessario stimolare la competi-tività sugli studi clinici di Fase I, la cui gestione è anco-ra condizionata da molteplici ostacoli culturali, regolato-ri e amministrativi. Perciò Assobiotec, AIFA e Iss han-no recentemente siglato un documento programmati-co per l’incentivazione e l’avvio di un numero sempre maggiore di sperimentazioni cliniche di fase precoce (Fasi I e II) in Italia.

www.assobiotec.it

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PRODOttI AEROSOL

Il settore dei prodotti aerosol comprende le imprese interessate ad attività industriali, commerciali, di ricerca e di servizi operanti nel campo dei prodotti aerosol fini-ti, in conto proprio e in conto terzi, materie prime, gas propellenti per impiego in prodotti aerosol, imballaggi e accessori, macchine e impianti. Il contesto spazia quindi dalle piccole e medie imprese che svolgono attività di riempimento per conto terzi alle grandi multinazionali dei prodotti di largo consumo e per la produzione di bombole e accessori.Il settore costituisce una nicchia importante e trasversa-le di prodotti a largo consumo (cosmetici, prodotti per la casa, vernici, prodotti tecnici e per il fai-da-te, pro-dotti alimentari e farmaceutici) che ha saputo rinnovarsi nel tempo, affrontando e superando sfide complesse e difficili per la realizzazione di prodotti sempre più affida-bili e compatibili con l’ambiente.

Fanno parte dell’associazione AIA 58 imprese che rap-presentano circa il 70% del comparto produttivo italiano. I dati relativi al settore aerosol in Italia, già nel 2011 mostravano una flessione dell’1.35%, chiaramente correlata al calo dei consumi interni. I dati di consunti-vo del 2012 non sono ancora disponibili ma ci si atten-de un ulteriore calo, soprattutto nell’ambito dei prodot-ti per la casa.

Per l’Associazione Italiana Aerosol il 2012 è stato l’an-no dell’effettivo inizio delle attività conseguenti alla con-fluenza in Federchimica, avvenuta con l’Assemblea costi-tuente del 23 febbraio 2012.L’Associazione ha rivolto anche quest’anno l’attenzio-ne su molteplici aspetti tecnici: sono proseguiti i lavori della task force che sta seguendo la tematica dei rifiuti aerosol con la collaborazione della stazione sperimen-tale Combustibili, con la finalità di redigere un documen-to che illustri le modalità di trattamento del rifiuto aero-sol, sottolineandone la non pericolosità, ma evidenzian-do al tempo stesso l’attenzione che è opportuno pre-stare al momento in cui si vada a comprimere tali tipo-logie di rifiuti. Per il momento si sono rilevate problemati-che solamente nel trattamento di bombolette non svuo-tate, che per essere trattate come rifiuti necessitano di un trattamento preliminare ad hoc.

AIA sta poi continuando a seguire i lavori per l’introdu-zione in Italia del metodo “alternativo al bagno caldo”, previsto dall’ADR oltre che dalla Direttiva Aerosol: nel 2012 sono iniziati a livello europeo i lavori relativi all’ap-plicazione del metodo alternativo ai contenitori di allumi-nio, mentre per i contenitori di acciaio in banda stagna-ta si è lavorato per ottimizzare l’applicabilità del metodo stesso, che continua a presentare problematiche mag-giori rispetto a quanto previsto.

molti temi, come l’ulteriore adeguamento tecnico della Direttiva Aerosol, la revisione della Direttiva seveso e la redazione del Regolamento Biocidi, vengono seguiti in stretta collaborazione con l’associazione europea FEA (European Aerosol Federation), della quale l’Associazio-ne Italiana Aerosol è uno dei principali membri.

Queste sono alcune delle problematiche più importan-ti per la quale l’Associazione si affida alla competenza del Comitato Tecnico ed ai Gruppi di lavoro che la rap-presentano anche in sede Europea, partecipando atti-vamente alle riunioni organizzate dalla FEA.

Completano l’offerta tecnico-formativa fornita agli asso-ciati i seminari incentrati su tematiche di interesse stra-tegico che periodicamente vengono organizzati in col-laborazione con gli esperti di Federchimica: in partico-lare, nel 2012 si è tenuto il Workshop dal titolo “obbli-ghi e opportunità nell’attività di Import-Export di prodot-ti aerosol”.

Non va infine dimenticata l’attività di comunicazione che vede l’Associazione impegnata da anni a promuovere la conoscenza e l’immagine percepita dell’industria ita-liana dell’aerosol, con lo scopo di tutelare i consuma-tori, l’ambiente e di contribuire allo sviluppo dell’attivi-tà del settore. In particolare, è stata avviata una collaborazione con CIAL e RICREA per una campagna volta a sostenere la rici-clabilità delle confezioni aerosol, promuovendo anche il corretto uso dei prodotti. La campagna pubblicitaria si intitola “Life is spray” ed è materialmente divenuta ope-rativa nell’aprile 2013.

www.associazioneaerosol.it

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GAS LIQUEFAttI

Il mercato del GPL nel 2012 registra un consumo totale di 3.104.000 tonnellate secondo i dati forniti dal ministero per lo sviluppo Economico che, sebbene siano ancora valori provvisori, attestano per il settore combustione un calo del 9.4% e per l’autotrazione un aumento del 6.3% rispetto a gennaio/dicembre 2011.

Per il GPL combustione si evidenzia una contrazione dei volumi di vendita causata principalmente dal particolare andamento climatico, da una maggiore efficienza ener-getica, nonché dalla crisi economica. Inoltre, va rilevata la presenza di più fonti energetiche all’interno dell’abita-zione, con conseguente diminuzione dei consumi unita-ri delle singole utenze alimentate a GPL.Il mercato del GPL autotrazione continua invece a registra-re una crescita nelle vendite di carburante grazie all’au-mento del parco circolante, che è passato da 1.776.000 veicoli nel 2011 a circa 1.860.000 nel 2012.Va segnalato inoltre l’ampliamento del perimetro asso-ciativo di rappresentanza di Assogasliquidi al settore del GNL (gas naturale liquefatto) distribuito a mezzo di con-tenitori di stoccaggio.

Per quanto riguarda il settore del GPL combustione, è stato rivolto particolare impegno nell’attuazione delle nor-me di riordino del comparto, in base al D. Lgs. 128/06, e di quelle contenute nel DPR 151/11 in materia di pre-venzione incendi.su tale ultimo aspetto, si segnala un positivo sviluppo della normativa in termini di semplificazione degli adem-pimenti amministrativi e di omogeneizzazione delle pro-cedure, soprattutto per quanto concerne la gestione dei piccoli serbatoi di GPL.

In ambito ferroviario, particolare impegno è stato profu-so nella richiesta di modifiche ad alcune previsioni conte-nute nelle bozze di contratto per i raccordi ferroviari, rite-nute particolarmente pesanti per le aziende del settore. Allo stato attuale le richieste principali sono state accolte e una versione definitiva del contratto dovrebbe essere presentata a breve. Per quanto riguarda il trasporto mer-ci pericolose via ferrovia, il settore, in coordinamento con le altre associazioni interessate, è ancora impegnato nel tentativo di individuare soluzioni comuni con gli operato-ri ferroviari per una migliore gestione delle non conformi-tà e delle riparazioni dei carri cisterna.

Per quanto riguarda la regolamentazione di reti urbane a GPL, il 2012 ha visto impegnate le aziende nella applica-zione dei nuove importanti delibere adottate dall’Autorità

per l’energia elettrica e il gas, delibere che hanno delineato un quadro più in linea con i costi sostenuti dalle aziende.Per il comparto del GPL per autotrazione, è da sottoli-neare una netta ripresa del mercato sia delle trasforma-zioni sia soprattutto delle vendite di auto nuove: il setto-re della post-vendita ha registrato un +50% (da 113.000 a 170.000 unità) mentre le immatricolazioni sono salite del 130% (da 56.600 a 129.000 unità). Tali performan-ce risultano ancor più brillanti se si pensa che le imma-tricolazioni totali di autovetture nuove sono calate in Ita-lia di circa il 20%.Nel 2013, in questo favorevole contesto, si inserirà anche l’attivazione dello schema di incentivi rivolto alle utenze professionali ed alle auto con emissioni molto contenu-te con sicuri effetti positivi sulla percezione ambientale e, quindi, sulla promozione del GPL auto in quanto tale, pari-ficato di fatto all’alimentazione elettrica e a quella ibrida.

Relativamente alle normative commerciali per gli impianti di distribuzione carburanti, vanno segnalate alcune impor-tanti novità introdotte dal ministero dello sviluppo Econo-mico attraverso alcuni decreti emanati in attuazione dell’ul-timo provvedimento legislativo in materia di liberalizzazio-ne e razionalizzazione della rete carburanti.Ci si riferisce, in particolare, a due decreti ministeriali: uno riguardante la cartellonistica dei prezzi degli impianti car-buranti, le cui modalità di esposizione sono state armo-nizzate al fine di rendere più comprensibile e trasparente l’informazione al consumatore, ed un altro, avente ana-loghi obiettivi, che obbliga i gestori delle stazioni strada-li a pubblicare regolarmente sul sito del ministero dello sviluppo Economico i prezzi praticati alla pompa di tut-ti i carburanti erogati.

Dal punto di vista fiscale va segnalato il lavoro che si sta svolgendo a livello tecnico presso il Consiglio uE in merito alla proposta di Direttiva comunitaria in materia di tassa-zione dei prodotti energetici. Rispetto alla proposta inizia-le della Commissione europea si segnalano alcuni miglio-ramenti normativi per il settore del GPL.Assogasliquidi continuerà a svolgere un forte pressio-ne, affinché non si giunga ad un inasprimento dell’attua-le sistema fiscalità gravante sul GPL, sia combustione, sia autotrazione.Anche in merito alla nuova Direttiva comunitaria in mate-ria di efficienza energetica, l’Associazione ha lavorato con notevole impegno, a livello sia comunitario sia naziona-le, al fine di evitare che la nuova regolamentazione pon-ga obblighi al settore, già particolarmente segnato dalla riduzione dei consumi.

www.assogasliquidi.it

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SERVIZI AMBIENtALI ALL’INDUStRIA ChIMICA

A fianco delle imprese chimiche si collocano le socie-tà che offrono servizi all’industria chimica, si tratta di 20 imprese, in maggioranza piccole e medie, tutte con un elevato livello di specializzazione, operanti nelle aree: laboratori di analisi ambientali (su acque, suolo, aria, rifiuti); bonifiche di siti contaminati; gestione rifiuti e con-sulenza ambientale.Negli ultimi anni l’attività principale è stata condotta dai laboratori ambientali, che hanno in corso due iniziative: il Progetto di Armonizzazione delle procedure di prova in campo ambientale in ambito uNICHIm e la correlata Guida “Buone pratiche di selezione dei fornitori di servizi analitici”, entrambe condotte d’intesa con Federchimica.L’obiettivo del Progetto di Armonizzazione è la definizio-ne di linee guida, condivise dalle parti coinvolte (enti di controllo, aziende o privati detentori di siti contaminati, laboratori di analisi), inerenti l’applicazione dei protocolli analitici da impiegare nella determinazione dei parame-tri segnalati dalla normativa vigente quali indicatori della qualità di una matrice ambientale. La pratica delle analisi è infatti strumento indispensa-bile all’industria per conoscere la propria prestazione ambientale, non solo al fine di rispettare le prescrizioni legislative, ma anche di migliorarla, contribuendo così allo sviluppo sostenibile.Presupposto del progetto è la diffusa incertezza del risultato analitico, che può essere così elevata da pre-giudicare il raggiungimento di una conclusione univo-ca circa la condizione di una situazione ambientale. I rischi conseguenti sono quelli di dar luogo a conten-ziosi tra enti di controllo e soggetti responsabili di even-tuali inquinamenti.una progressiva armonizzazione delle procedure di indagine renderà più agevole il confronto tra dati otte-nuti in laboratori diversi, riducendo i rischi di contenzio-so e/o di ripetizione delle analisi.

oltre all’aspetto dei metodi, altri aspetti contribuiscono ad assicurare che le analisi ambientali producano risul-tati sicuri. Per questo motivo, a fianco dell’attività con-dotta in uNICHIm, è stata pubblicata la Guida, che indi-ca ai committenti una serie di criteri per effettuare una scelta corretta del laboratorio.La Guida descrive l’analisi chimico-ambientale come un processo, che parte dal prelievo del campione (di acqua, suolo, rifiuti, aria, etc.) e si conclude con il rap-porto di prova. Il metodo suggerito è di iniziare con la definizione del capitolato tecnico in apposite riunioni cliente-fornitore, in cui siano chiarite e comprese dal for-nitore le specifiche di tutte le fasi del processo, specifi-

che indispensabili per ottenere risultati sicuri. Tra que-ste fondamentale è la richiesta di report di tracciabilità, cartacei o elettronici.Di particolare rilevanza all’interno della Guida sono l’a-nalisi di rifiuti, l’igiene industriale e le emissioni.La classificazione di un rifiuto, infatti, è un’attività estre-mamente articolata e complessa e deve osservare alcu-ni principi tecnici e normativi ben definiti.Quest’attività necessita di una struttura adeguata, dota-ta di elevata professionalità, approfondita conoscenza della normativa (D. Lgs. 152/06, Codice dell’ambien-te) nonché consolidata esperienza.Lo strumento principale per assicurarsi un dato atten-dibile è il corretto piano di campionamento, come pre-visto dalla Norma uNI EN 14899.Infatti, circa il 70% degli errori che poi si riscontrano nei risultati derivano da difetti nel prelievo. La fase conclu-siva, quella della classificazione del rifiuto (pericoloso, non pericoloso, etc.) preliminare alle adeguate ope-razioni di smaltimento, necessita di un’approfondita conoscenza del Codice ambientale e del CER (Cata-logo Europeo Rifiuti).

L’igiene industriale comprende tutte le analisi che accer-tano il livello di esposizione dei lavoratori alle sostanze chimiche inquinanti aerodisperse, correlate ai proces-si produttivi e che, più in generale, valutano la situazio-ne dell’ambiente di lavoro, confrontando i risultati con i valori limite di riferimento.Tutte le fasi di quest’indagine devono seguire delle regole ben definite, prima fra tutte quella di affidarsi ad un igienista industriale accreditato da enti ed organiz-zazioni (AIDII, Associazione Italiana Igienisti Industriali) e inoltre per la parte inerente il campionamento, a labo-ratori specializzati e accreditati da un ente specializza-to (es. Accredia).

Anche i controlli delle emissioni gassose in atmosfe-ra, provenienti da impianti industriali, sono molto com-plessi. Le maggiori criticità sono dovute al prelievo dei campioni, attività che richiede l’utilizzo di apparecchia-ture portatili.La difficoltà di queste misurazioni ha reso necessario che l’unione europea pubblicasse una specifica tecni-ca, la uNI CEN/Ts 15675:2008 “Air quality - measu-rement of stationary source emissions”.Il report finale dei risultati deve essere redatto da per-sonale adeguatamente formato, che conosca in modo approfondito sia il processo industriale sia la legislazio-ne specifica che l’impianto industriale deve rispettare.

www.aispec.it

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