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l’industria chimica in italia · 2012-12-19 · INDICE Prima parte L’industria chimica in...

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L’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA RAPPORTO 2011-2012
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l’industria chimica in italiarapporto 2011-2012

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Nel momento critico che stiamo vivendo, la lettura di questo Rappor-to può essere considerata uno stimolo e una motivazione per guar-dare al futuro con fiducia.Le imprese della chimica stanno facendo il massimo per superare la recessione, con i mezzi migliori cioè l’investimento in ricerca, la tendenza all’innovazione, il miglioramento continuo verso condizio-ni di lavoro ottimali per il lavoratore e per l’impresa, con uno specifi-co impegno alla sostenibilità. Un impegno che non si ferma nemme-no davanti agli ostacoli strutturali (burocrazia, costo dell’energia etc.) che, purtroppo, sono ben lungi dall’essere superati.

Forte della rappresentatività di un comparto industriale strategico per la ripresa, Federchimica è impegnata su più fronti, come documen-ta questa pubblicazione ricca di risultati conseguiti dalle imprese e di sfide ancora aperte per la chimica e per il nostro futuro.Il 2011, Anno internazionale della chimica, ha posto le premesse per superare una visione negativa e stereotipata della chimica e abbia-mo iniziato un dialogo nuovo sulla chimica come scienza, materia di studio, professione, opportunità. Abbiamo cercato di evidenzia-re come la chimica sia al centro dei moltissimi ambiti che rendono migliore la qualità della nostra vita.

Riconsiderare il ruolo chiave della chimica, ad esempio nell’alimenta-zione e nella sfida globale che essa pone, è un modo concreto per valorizzarne l’indispensabilità lungo tutta la filiera; ecco perché Expo 2015, dedicato proprio al tema: “Feeding the Planet”, potrà rappre-sentare una ulteriore e determinante tappa nel cammino che porte-rà alla chimica ulteriore riconoscimento e a una migliore reputazione.

La chimica, nei suoi svariati campi di applicazione, è in realtà alla base di moltissimi settori industriali, tanto da poter essere considerato come comparto “sentinella” dell’andamento economico del Paese.In tempi caratterizzati da forti oscillazioni finanziarie quali quelle cui stia-mo assistendo, la ripresa deve fondarsi su una nuova politica indu-striale, che trovi applicazione anzitutto nella chimica quale compar-to virtuoso per tutto il sistema industriale. È questa la nostra ricetta per tornare a crescere: valorizzare l’industria manifatturiera con rin-novato slancio, nel quale la chimica può giocare un ruolo strategico.

Cesare Puccioni

Presidente

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INDICE

Prima parteL’industria chimica in itaLia e neL mondo

L’anno della reputazione 9

Lo scenario economico 13

Lo scenario europeo 21

Sicurezza, salute e ambiente 23

Sicurezza prodotti: le recenti novità 25

Chimica ed energia 27

Logistica e competitività 31

Ricerca e innovazione 35

Responsible Care: il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile 37

Relazioni industriali e risorse umane 41

Seconda parteLa chimica e i suoi settori

Chimica di base organica, inorganica e tensioattivi 49

Materie plastiche e resine sintetiche 50

Fonti rinnovabili 51

Agricoltura e mercato dei fertilizzanti 52

Fibre artificiali e sintetiche 53

Agrofarmaci 54

Principi attivi e intermedi di chimica farmaceutica 55

Chimica fine e delle specialità 56

Additivi e ausiliari per la detergenza e prodotti oleochimici 57

Ingredienti cosmetici, additivi farmaceutici e fragranze 58

Chimica per il settore alimentare 59

Oli lubrificanti 60

Abrasivi 61

Smalti per ceramica, pigmenti inorganici, ossidi metallici 62

Adesivi e sigillanti 63

Pitture e vernici 64

Gas tecnici, speciali e medicinali 65

Detergenti e specialità per l’industria e per la casa 66

Cosmesi 67

Farmaci di automedicazione 68

Prodotti per la salute animale 69

Biotecnologie 70

Prodotti aerosol 71

Gas di petrolio liquefatti 72

Servizi ambientali all’industria chimica 73

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L’INDUstRIA ChImICA IN ItALIAE NEL moNDo

Prima parte

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Il 2011, Anno internazionale della chimica, è stato un’occasio-ne straordinaria per la reputazione della chimica e delle organizzazioni che la rap-presentano come scienza, come professione e come settore indu-striale.In generale tutti gli organismi promoto-ri delle iniziative svolte nel 2011 si sono trovati concordi nell’opportunità, offerta da enti internazionali della massima autorevolezza, di parlare di chimica in modo ampio, propositivo e non reattivo. Dopo molti anni si è potuto raccontare la chi-mica come scienza che contribuisce significativamente al progresso e al miglioramento della qualità della vita.Per ottenere un’accoglienza favorevole a questi messag-gi sono state compiute scelte di comunicazione strategi-che che si sono dimostrate vincenti: anzitutto la costru-

zione di alleanze, che ha consenti-

to di produrre mes-saggi e veicolare stru-

menti del tutto istituzionali, senza intenti speculativi e fina-

lità di parte. Una scelta che il pub-blico ha compreso e accolto con favore, interpretando la comunica-

zione del 2011 con maggiore apertu-ra e fiducia.

Altro snodo strategico di grande significa-to è stata la disponibilità dei soggetti ad essere

certificati da osservatori rigorosi, che hanno approvato la gran parte degli strumenti prodotti favorendone deci-samente la diffusione.La presenza e la partecipazione attiva del ministero dell’I-struzione, dell’Università e della Ricerca, da subito alleato con Federchimica e società Chimica Italiana nella pro-mozione dell’Anno della chimica nel nostro Paese, con la stesura di un Protocollo di Intesa, è stata in sé dimo-

L’anno della reputazione

“La grande storia della

chimica dei paperi”

pubblicata dal settimanale Topolino in occasione dell’Anno

internazionale della

Chimica.

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Prima parte

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concretizza nell’iniziativa spontanea da parte di un diffu-sissimo settimanale per i più giovani, topolino, che ha pubblicato una storia a fumetti di 40 pagine sul tema della chimica e delle sue importanti scoperte. Già dalla copertina, dedicata all’Anno internazionale della chimica, si comprende lo spirito costruttivo di informazione che ha motivato l’attenzione della testata a questo argomento.

Venendo ai progetti più direttamente inerenti l’attività del-le imprese, l’edizione speciale di Fabbriche Aperte ha consentito il rafforzamento del rapporto con le aziende associate, che si sono interfacciate con la Federazione per gli aspetti organizzativi, ma anche per individuare la formula di apertura al territorio più adeguata, individuan-do i target più indicati in relazione ai prodotti fabbrica-ti e al settore di appartenenza. Inoltre la partecipazione costante di rappresentanti della Federazione e di parla-mentari europei ha rappresentato un ulteriore servizio, che è stato molto apprezzato dalle imprese.soprattutto, l’edizione 2011 di Fabbriche Aperte, con il corredo di informazioni e strumenti grafici creati appo-sitamente, ha dato modo alle imprese di sperimentare

strazione dell’ufficialità dei progetti realizzati con intento comune. La supervisione di UNEsCo, sempre coinvol-ta nelle iniziative, è stata preziosa per conferire ai pro-getti una validazione di respiro internazionale.Infine Pubblicità Progresso, che ha dato il proprio patroci-nio ai “minuti di Chimica” prodotti per descrivere la solu-zione fornita dalla chimica a problemi di salute e di tra-sporto, è stato un risultato prestigioso; con questo auto-revole endorsement i video sono stati trasmessi gratui-tamente all’interno di circuiti pubblici, ovvero le sale dei principali aeroporti nazionali e di 100 stazioni ferroviarie. si stima che in questo modo circa 14 milioni di viaggia-tori abbiano potuto prenderne visione.

Anche la risposta dei media alla diffusione di messaggi istituzionali sulla chimica è stata favorevole. L’attività di ufficio stampa ha prodotto notevoli risultati anche grazie a un’accoglienza non pregiudizievole, che ha consenti-to lo sviluppo dei tanti argomenti proposti in ogni tipo di mezzo di informazione, dai quotidiani alle tV nazionali, dalle radio ai siti web.Il massimo successo a corollario di quanto compiuto si

130 stabilimenti chimici associati a Federchimica hanno ade-rito all’operazione Fabbriche Aperte “Speciale 2011”. I siti pro-duttivi delle aziende chimiche hanno aperto i cancelli ad oltre 700.000 visitatori tra cittadini, scuole e istituzioni, per mostra-re il proprio impegno e il rispetto verso la salute e la sicurez-za dei lavoratori e la tutela dell’ambiente.

sedi degli insediamenti produttivi che hanno aderito a Fabbriche Aperte

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L’anno della reputazione

l’apertura dei propri cancelli a un pubblico vasto, rive-lando le grandi potenzialità di questi eventi nell’ottica di rafforzare il dialogo col territorio, le amministrazioni loca-li, le famiglie dei collaboratori, le scuole.si è quindi andati nella direzione giusta, seminando, laddove possibile, anche nelle aree adiacenti ai siti pro-duttivi, con alcuni casi di eccellenza, come quello del distretto di sassuolo, dove l’apertura degli stabilimen-ti di coloranti ceramici ha generato un dialogo costante di approfondimento e formazione con le scuole locali, anche con l’intento di formare personale specializzato più facilmente collocabile in futuro nelle aziende del territorio.

Nel 2011, secondo una stima approssimativa, 20 milioni di Italiani, in forma più o meno approfondita, hanno sentito parlare di chimica in modo positivo: si tratta di un risulta-to insperabile, soprattutto considerate le risorse limitate con le quali è stato conseguito. si è in sostanza opera-to non solo per sfruttare una felice congiuntura interna-zionale, ma soprattutto per porre le basi di un dialogo nuovo, voltando pagina, acquisendo visibilità con inizia-tive di ampia portata.

L’impegno da parte del mini-stro Profumo, ufficializzato nel Protocollo firmato nel mese di dicembre, a proseguire la promozione di eventi legati alla chimica e rivolti al mon-do scolastico per i prossi-mi tre anni, è la conferma di quanto questo approccio sia stato apprezzato e si intenda sostenerlo con convinzione come modello di relazione del settore.Il sistema scolastico ricopre un ruolo determinante come diffusore delle conoscenze e

delle competenze indispensabili per la competitività e lo sviluppo del Paese. La chimica ha trovato nel 2011 il suo amplificatore e, grazie alle numerose iniziative realizzate per celebrare l’Anno internazionale, abbiamo avuto la conferma che è possibile costruire un dialo-go costante e positivo tra scuola, industria e società.Attraverso gli oltre 500 eventi realizzati nel corso dell’an-no da scuole, Comuni, musei, associazioni scientifiche e pubblicati sul sito chimica2011.it si è potuta aprire una finestra inedita su un mondo fatto di passione e impe-gno verso la scienza. sono stati oltre 60 mila i visita-tori del sito che hanno potuto apprezzare il lavoro dei numerosi insegnanti, studenti e appassionati che han-no messo la loro creatività e il loro impegno a disposi-zione della chimica.

Il nuovo Protocollo di Intesa ha dato l’impulso per prose-guire le azioni di successo dello scorso anno e, attraver-so il nuovo sito: wlachimica.it, si continuerà ad aggior-nare il calendario delle manifestazioni e i materiali crea-ti per l’orientamento e la divulgazione.

Homepage del sito wlachimica.it

Il Presidente di Federchimica Cesare Puccioni, il Presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO Giovanni Puglisi e il Ministro Francesco Profumo, firmano il Protocollo di Intesa. Dicembre 2011.

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Prima parte

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tra le attività che verranno promosse sul sito diretta-mente da Federchimica rimane di primaria importan-za la diffusione di una corretta visione della scienza e dell’industria chimica per aumentare gli iscritti alle facoltà di chimica e rilanciare la figura professiona-le del chimico. Con questo obiettivo la Federazione ha aderito al Pia-no Lauree scientifiche del mIUR fin dalla sua nascita realizzando ogni anno materiali e momenti di incontro per l’orientamento degli studenti dell’ultimo biennio di scuola superiore.L’impegno di questi ultimi anni ha portato ad un sensi-bile successo di iscritti alle facoltà di chimica e scien-za dei materiali tanto che dal 2001 al 2012 gli iscritti sono passati da 1500 a 3700.

Di fronte ai cambiamenti epocali che stiamo attraver-sando, anche il sistema scolastico superiore deve riferirsi a nuovi valori: tra questi c’è senz’altro il rilan-cio dell’istruzione tecnica superiore in ambito chimico, obiettivo che Federchimica, insieme al mIUR, intende perseguire nei prossimi anni.Per molto tempo, e con successo, l’istruzione tecnica ha formato risorse adeguate alla domanda professio-nale delle imprese chimiche; nel corso degli anni, tut-tavia, gli studenti e le famiglie le hanno erroneamen-te attribuito un ruolo di istruzione secondario. occorre dunque rivalutare il percorso di studio negli istituti tec-nici chimici, valorizzandoli come importante risorsa per il nostro sistema industriale, anche alla luce delle signi-ficative opportunità occupazionali che il settore offre.

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I paesi emergenti proseguono la loro corsa grazie a pro-cessi di sviluppo che attivano forte domanda di chimi-ca e vedono affiancarsi ad un’estesa base industriale, infrastrutture e flussi sempre più consistenti di consumi di beni, durevoli e non.

Gli UsA evidenziano una crescita inferiore alla media mondiale e pari all’1.5%, condizionata dal rallentamen-to del manifatturiero e quindi della domanda di chimi-ca. In prospettiva, però, in particolare la petrolchimica si avvantaggerà della competitività della sua materia pri-ma di base, l’etano, un derivato del gas naturale il cui prezzo è ormai disallineato dal petrolio grazie alle nuo-ve tecnologie di estrazione. L’accesso a vaste e nuove disponibilità di gas natura-le precedentemente “intrappolate” nei depositi sabbiosi (shale gas) rappresenta uno degli sviluppi energetici più importanti degli ultimi 50 anni. Il prezzo relativamente più basso del gas naturale offre alla manifattura americana un vantaggio sugli altri competitors mondiali e la crescente disponibilità di shale gas aiuta a ridurre i prezzi del gas naturale americano e a creare una nuova e stabile offer-ta. tutto ciò significa opportunità per l’industria chimica americana, sia dal lato dell’offerta - in quanto l’industria chimica utilizza l’etano come materia prima - sia dal lato della domanda – poiché il vantaggio di costo favorisce nuovi investimenti dei clienti manifatturieri.D’altro canto, va anche tenuto conto che il medio orien-te – che negli ultimi anni aveva presentato forti vantag-gi di costo - vede l’offerta di etano restringersi sempre più, pertanto l’era dei feedstock a basso costo per que-sta regione potrebbe presto finire.

L’Unione europea ha chiuso il 2011 con una modesta espansione dei volumi produttivi, +1.2%. L’anno risulta diviso nettamente in due, con un primo trimestre molto dinamico seguito da un deciso indebolimento. In effetti l’Europa è l’epicentro della nuova fase di crisi, scatena-ta dal rischio default dei cosiddetti paesi periferici, Italia compresa. L’adozione di manovre restrittive e un gene-rale clima di sfiducia hanno portato la domanda di chi-mica in territorio recessivo, anche per effetto della ridu-zione cautelativa degli stock di intermedi chimici da par-te dei clienti industriali.

Il contesto mondiale ed europeo

La chimica mondiale continua a crescere e nel 2011 il valore della produzione ha raggiunto i 2.748 miliar-di di euro.Dopo la crisi del 2008-2009, il volume della produzio-ne chimica mondiale ha raggiunto nuovamente i livel-li pre-crisi già nel 4° trimestre 2009, da quel momento per diversi paesi la ripresa si è trasformata in espansio-ne: è questo il caso di gran parte dei paesi emergenti, tra cui la Cina e altri paesi dell’Asia emergente. Dopo il forte rimbalzo del 2010 (+12.4%), la produzio-ne chimica mondiale in volume è cresciuta nel 2011 del 4.4%, ma evidenziando un progressivo rallentamento in corso d’anno che prelude a un 2012 denso di incertez-ze a livello macroeconomico.

Evoluzione della produzione chimicaper area geografica (var. %)

2009-2010 2010-2011

Unione Europea +10.0 +1.3

- Germania +17.3 +1.3

- Francia +8.9 +5.9

- Italia +9.0 -2.3

UsA +10.3 +1.5

Giappone +9.0 -3.2

Asia emergente +14.2 +8.0

Mondo +12.4 +4.4

Evoluzione della produzione chimicaper settore (var. %)

2009-2010 2010-2011

Chimica per l’agricoltura +10.1 +4.4

Chimica per il consumo +5.2 +7.2

Chimica di base +15.0 +4.0

specialità chimiche +9.4 +4.4

Fibre chimiche +13.5 +7.2

Chimica +12.4 +4.4

Lo scenario economico

Fonte: elaborazioni e stime su dati American Chemistry Council, Japan Chemical Industry Association, Cefic

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Prima parte

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In questo contesto la chimica europea (e con essa quella ita-liana) è chiamata ad affrontare sfide impegnative, innanzitut-to per difendere il suo ruolo di primo piano a livello mondiale. Il settore chimico in Europa evidenzia un surplus commer-ciale molto rilevante, pari a 43,7 miliardi di euro nel 2011. tuttavia esso mostra un arretramento rispetto all’anno precedente pari a 2 miliardi di euro, a causa del deterio-ramento nei confronti di Cina, India e di tutta l’area asia-tica in generale. La sua competitività internazionale, misurata come il rap-porto tra il saldo commerciale e il totale dei flussi in entra-ta e in uscita, si è deteriorata negli anni passando dal 22.0% nel 1999 al 16.9% nel 2011. Ciò richiede, da par-

te delle imprese chimiche e di tutti gli stakeholder, un rin-novato impegno per rilanciare la competitività.

Il costo delle materie prime a livello internazionale – di ori-gine sia sintetica, sia naturale – è stato in forte aumento per tutta la prima metà del 2011, proseguendo il trend ini-ziato nel 2010. La correzione a fine anno si è rivelata solo temporanea, infatti i prezzi delle materie prime per l’indu-stria chimica sono tornati a crescere nel 2012 seguen-do i nuovi rincari del petrolio, stretto tra tensioni dal lato dell’offerta (scorte ai minimi ed embargo nei confron-ti dell’Iran) e una domanda che resta sostenuta da parte dei paesi emergenti.

01998

Petrolio, prezzo di acquisizione per le raffinerie negli USA(scala sinistra, US$/ barile)

2001 2004 2007 2010 2013

20

40

60

80

100

120

140

0

2

4

6

8

10

12

14

Gas naturale, Henri Hub(scala destra, US$/milione di BTU)

22.0 21.9

22.7

24.3 24.9

22.9

20.3 19.3

16.3

17.7

22.2

19.4

16.9

16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26

20

25

30

35

40

45

50

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Saldo(milioni di Euro)

Indicatore di competitività (%)

28.2

34.3

37.1

40.8 41.3

39.0 36.9

38.8

35.2

39.1

42.5

45.8

43.7

Fonte: Globl Insight

Fonte: Cefic Chemdata International, 2012 Fonte: ICIs, EIA, malaysian Palm oil Board

Prezzi del petrolio e del gas naturale negli USA

Indicatore di competitività all’exportdella chimica europea saldo/(export + import)

Prezzo dell’olio di palma(prezzi in E/tonnellata)

Prezzo degli organici di base(prezzi contratto in E, indice 2000)

300

400

500

600

700

800

900

1000

2010 2011 2007 2008 2009 2012

809 852

563

643

486

677

60

80

100

120

140

160

180

200

220

240

2010 2011 2007 2008 2009 2012

192

205

146

170

112

157

300

400

500

600

700

800

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2010 2011 2007 2008 2009 2012

809 852

563

643

486

677

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100

120

140

160

180

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220

240

2010 2011 2007 2008 2009 2012

192

205

146

170

112

157

Petrolio2011 2012 … … 2020

111$ 116$ 150$

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15torna all’indice

Anche in prospettiva, il costo delle materie prime rap-presenta un fattore di preoccupazione per le imprese in quanto esso non sembra destinato a rientrare.A meno di una nuova recessione mondiale, infatti, i prez-zi continueranno ad essere sostenuti dalla domanda dei paesi emergenti, che resta dinamica e – per effetto del miglioramento del tenore di vita – coinvolge sempre più materie prime. D’altro canto in Europa la debolezza del mercato domestico rende difficoltoso il trasferimento degli aumenti di costo sui prezzi finali, portando a inevitabili ten-sioni sui margini delle imprese.

La chimica in Italia

L’inversione ciclica dell’economia italiana ha pesante-mente colpito l’industria chimica che nel 2011 ha ripor-tato un calo del 2.3% nei livelli produttivi. Una dinamica dei prezzi vivace ha comunque permesso una crescita in valore del 5.0% che ha portato la produ-zione a raggiungere i 53,4 miliardi di euro.Il clima di incertezza connesso alla crisi dei debiti sovra-ni europei e in particolare alle specifiche tensioni sull’Ita-lia, ha comportato una netta inversione di tendenza per l’economia italiana nell’ultimo trimestre del 2011: al pro-gressivo rallentamento in Italia si è sostituita una deci-sa caduta della domanda interna, come risultato della crescente incertezza che si è rapidamente trasferita sui livelli produttivi. L’industria chimica ha subito più di altri settori il rallentamen-to della domanda a causa di una gestione più cauta delle scorte di materie prime da parte dei clienti (e delle impre-se chimiche stesse) e anche perché i suoi più importan-ti utilizzatori (i settori tradizionali, le costruzioni, i beni dure-voli) sono quelli che hanno sofferto maggiormente, men-tre alcuni settori ancora dinamici nel 2011 (come quello dei macchinari) mostrano un basso contenuto di chimica.La positiva crescita delle esportazioni di chimica – che aveva caratterizzato tutta la fase di recupero dopo la cri-si – è continuata anche nella prima parte del 2011, ma a fine anno si è indebolita, in parallelo al rallentamento della domanda mondiale, e nella media settoriale non è più riuscita (come nella prima parte dell’anno) a com-pensare la caduta del mercato interno.

Nel 2012 le imprese chimiche hanno di fronte un merca-to interno certamente difficile, ma la caduta della doman-da sarà meno forte rispetto alla media dell’industria, per-ché gli effetti sulle scorte di magazzino (e sui livelli pro-duttivi delle imprese chimiche) sono già stati anticipati in buona parte al 2011. La domanda estera continue-rà, dopo una fase di rallentamento a inizio anno a cau-sa dell’assestamento dei magazzini, a offrire opportu-nità di vendita e sui mercati più dinamici - grazie anche alla svalutazione dell’euro – di più facile trasferimento a valle del costo delle materie prime, che sembra desti-nato a rimanere elevato.

Pertanto lo scenario per il 2012 è certamente negativo, ma rimangono alcune opportunità derivanti dalla cresci-ta mondiale per sostenere i livelli produttivi delle impre-se chimiche. Per poter competere ad armi pari, allo sforzo delle impre-se sull’internazionalizzazione, sull’innovazione, sulla qua-lità ambientale e sulla formazione delle risorse umane, deve aggiungersi al più presto un quadro di sostegno alla crescita basata sul miglioramento delle condizio-ni esterne che determinano la competitività delle atti-vità chimiche. molte di queste sono migliorabili nel breve e senza costi per il bilancio pubblico attraverso una coraggiosa poli-tica industriale orientata alla semplificazione normativa, alla modernizzazione della pubblica amministrazione e alle liberalizzazioni.

Caratteristiche strutturali e trend in atto nella chimica italiana

In Italia sono attive circa 2.800 imprese chimiche, che occupano 113 mila addetti (177 inclusa la farmaceutica). L’industria chimica italiana vede la presenza bilanciata di tre tipologie di attori: i medio-grandi gruppi a capita-le italiano (con vendite mondiali superiori ai 100 milio-ni di euro) ricoprono il 24% del valore della produzio-ne, le PmI italiane il 39% e le imprese a capitale este-ro il restante 37%.

Lo scenario economico

La chimica in italia nel 2010 - 2011(miliardi di euro, salvo diversa indicazione)

ChIMICA 2010 2011 Var.

Produzione 50,9 53,4 +5.0%

Esportazioni 22,6 24,9 +10.3%

Importazioni 32,1 36,3 +13.1%

saldo commerciale -9,5 -11,4 -1.9

Domanda interna 60,4 64,9 +7.3%

Addetti (migliaia) 114 113 -1.1%

ChIMICA E FARMACEUtICA 2010 2011 Var.

Produzione 78,2 80,8 +3.4%

Esportazioni 36,5 40,2 +10.1%

Importazioni 49,5 55,5 +12.2%

saldo commerciale -12,9 -15,3 -2.4

Domanda interna 91,1 96,1 +5.5%

Addetti (migliaia) 179 177 -1.0%

Fonte: Federchimica, Istat

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16

Prima parte

torna all’indice

Dei medio-grandi gruppi a capitale italiano, fanno par-te non solo le grandi realtà della chimica di base ma anche medi gruppi, spesso leader nel loro segmen-to di specializzazione e dotati di presenza internazio-nale, come mostrato nella classifica dei primi 50 grup-pi chimici italiani.Il ruolo delle PmI chimiche è rilevante ed esse sono imprese di qualità. Come avviene per la media del-le imprese chimiche, anche le PmI, grazie a innovazio-ne e forti investimenti in risorse umane qualificate, sono mediamente più produttive delle altre PmI industria-li, mostrando un valore aggiunto e spese per addetto superiori di oltre il 50%.Anche le imprese a capitale estero hanno un ruolo impor-tante, in quanto la loro localizzazione in Italia non è rivolta solo alla domanda interna, bensì anche ai mercati esteri.

Piccolee medieimpreseitaliane39%

Impresea capitale

estero37%

Medio-grandigruppi�italiani*

24%

Distribuzione della produzione in Italia

Fonte: stime Federchimica, anno 2011

* vendite mondiali superiori a 100 milioni di euro

Vendite mondiali

Produzionein Italia

Versalis 6.491 5.029

Gruppo mossi & Ghisolfi 2.227 293

Gruppo mapei 1.997 723

Radici Group 1.238 693

Gruppo Bracco 760 551

Gruppo P&R 687 418

Polynt Group 683 530

Gruppo CoIm 670 388

Gruppo Colorobbia 577 243

Gruppo soL 556 309

Gruppo Aquafil 496 259

Gruppo sapio 459 443

Gruppo sIAD 416 296

Gruppo Lamberti 395 266

Gruppo sipcam-oxon 336 155

Gruppo Zobele 317 56

ACs Dobfar 300 286

sadepan Chimica 293 208

Intercos Group 270 145

Esseco Group 258 162

FIs - Fabbrica Italiana sintetici 223 223

Gruppo Desa 220 220

Euticals 214 157

FACI 185 89

montefibre 185 0

Note: imprese con capitale a maggioranza italiano; i valori si riferiscono ai prodotti chimici (esclusi farmaci); classifica basata sui dati forniti dalle imprese - associate e non - che hanno aderito all’indagine di Federchimica

Fonte: Federchimica

Vendite mondiali

Produzionein Italia

Indena/Gruppo IdB holding 162 133

Novamont 160 160

Reagens 160 82

3V Partecipazioni industriali 157 95

Inver 152 109

ICR - Industrie Cosmetiche Riunite 146 146

Gruppo Isagro 144 115

sinterama 128 65

Alcea 125 84

Index 121 121

Zach system 120 87

Gruppo soL.mAR 118 118

sABo 116 116

silvateam 116 63

Gruppo Chromavis 115 80

Gruppo Bozzetto 115 65

Fluorsid 113 113

Dipharma Francis 108 102

Paglieri 106 106

Deborah Group 103 92

Italmatch Chemicals Group 97 88

ICAP-sIRA Chemicals&Polymers 95 95

Lechler 94 94

L’Erbolario 87 87

Valagro 82 72

I 50 principali gruppi chimici italianiRisultati 2011 (milioni di euro)

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17torna all’indice

Lo scenario economico

Le imprese chimiche in Italia si presentano ad un nuovo difficile momento di crisi per molti versi cambiate rispet-to ad alcuni anni fa. Dieci anni di stagnazione della domanda interna, di dol-laro debole, di pressione dal lato delle materie prime, di crescente concorrenza dei paesi emergenti, di forti condizionamenti esterni sulla propria competitività, han-no da un lato condizionato le imprese chimiche operanti in Italia (la redditività si è compressa), ma dall’altro han-no promosso un profondo e diffuso cambiamento, faci-litato anche da un clima di relazioni industriali orientato all’innovazione e alla flessibilità.

Da una recente indagine svolta da Federchimica in col-laborazione con Aispec e Avisa, “Imprese chimiche tra crisi e rinnovamento”, emergono una serie di cambia-menti e innovazioni che le imprese hanno messo in atto per affrontare la crisi in parte rafforzando e accelerando trend già in atto prima di essa.

Il 60% delle imprese chimiche italiane segnala i mer-cati esteri come l’area di radicale riposizionamento nel corso degli anni Duemila e di ulteriore rafforzamento in prospettiva.In alcuni casi è una “scelta obbligata” rispetto a un mer-cato italiano che tende a ridimensionarsi e a diventare poco remunerativo (44% delle imprese segnala forte o moderato ridimensionamento del mercato italiano). È in ogni caso generale la consapevolezza che bisogna cercare al di fuori dei confini nazionali opportunità di svi-luppo rispetto a un mercato italiano che cresce poco. Le imprese che hanno realizzato prima e in modo più deciso l’orientamento ai mercati internazionali, attraver-so l’export e/o la presenza produttiva, sono già ora in condizioni migliori delle altre, perché vedono livelli pro-duttivi simili o poco inferiori a quelli pre-crisi.

L’orientamento ai mercati esteri si è rafforzato in modo evidente negli ultimi anni e sempre più ha dato luogo a forme strutturate d’internazionalizzazione. La quota esportata è aumentata di 8 punti percentua-li negli ultimi 5 anni (e di 28 punti negli ultimi 20 anni) e forse pochi sanno che la chimica è il settore italiano con la quota più elevata di imprese esportatrici sul totale del settore (53%, inclusa la farmaceutica).Le performance dell’export chimico italiano si sono man-tenute positive anche nel periodo di crisi, sia rispetto agli altri settori industriali italiani, sia agli altri paesi europei.Nel periodo 2008-2011 l’export chimico è cresciuto in media d’anno del 3.9%, circa quattro volte la media degli altri settori industriali. La quota dei BRIC sul totale delle esportazioni è pari al 6.5%, inferiore rispetto a quella della chimica tedesca, ma comunque raddoppiata rispetto agli anni ’90. Inoltre, la quota delle esportazioni verso i nuovi paesi emergen-ti (i cosiddetti CIVEts) è persino superiore (6.1% con-

tro 4.3%), grazie soprattutto al contributo delle econo-mie più vicine dell’Area mediterranea. Questi dati dimo-strano lo sforzo compiuto dalle imprese per catturare le opportunità offerte dai paesi emergenti, ma anche quan-ta potenziale domanda possa essere ancora colta attra-verso il raggiungimento dei mercati più lontani. I mercati esteri garantiscono migliori condizioni non solo in termini di volumi, ma anche di redditività, in quanto in molti casi la vivacità della domanda permette di trasfe-rire più facilmente gli aumenti di costo delle materie pri-me sui prezzi di vendita.Nei settori di specializzazione della chimica italiana, le esportazioni danno vita a saldi commerciali ormai posi-tivi e crescenti da diversi anni: nel 2011 il saldo del-la detergenza e cosmetica ha raggiunto i 1.410 milio-ni di euro e quello di vernici, adesivi e inchiostri gli 808 milioni di euro.

90

100

110

120

130

140

150

160

170

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190

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Germania Francia UK Italia

Fonte: elaborazioni su Eurostat

Export chimico italiano e dei principali paesi europei(in valore, indici 2000=100)

Quota dell’export chimico per area geografica

% Italia Germania

UE27 61.8 61.5

BRIC 6.5 9.5

CIVEts 6.1 4.3

UsA 4.9 5.1

GIAPPoNE 1.3 2.2

ALtRI 19.4 17.4

moNDo 100 100

Note: BRIC = Brasile, Russia, India, CinaCIVEts = Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, turchia, sud-Africa

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18

Prima parte

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Un numero rilevante di imprese ha già attuato o sta attuando il salto di qualità verso una presenza interna-zionale, attraverso propri stabilimenti o accordi produttivi. Le imprese chimiche che si sono internazionalizzate

38Mediograndigruppi

95Medie e piccole

imprese

133imprese

investitrici

29%

71%

Fonte: elaborazioni su Reprint

Note: sono considerati medio-grandi gruppi quelli con vendite mon-diali superiori ai 100 milioni di euro

Internazionalizzazione produttivadelle imprese chimiche a capitale italiano

2000 2009 Var.%

N° imprese investitrici 102 133 +30.4

N° imprese estere partecipate 217 358 +64.9

Dipendenti all’estero(migliaia)

19,9 23,7 +19.0

Fatturato all’estero(miliardi di E)

6,4 8,1 +27.6

produttivamente sono tante, attualmente circa 150. La quota delle produzioni realizzate all’estero da queste imprese è elevata (pari a 8 miliardi di euro, anno 2009) e occupa circa 24mila addetti. L’internazionalizzazione non coinvolge più solo i gruppi medio-grandi ma anche imprese medio-piccole che costituiscono ormai il 71% degli investitori.

Quasi sempre l’espansione internazionale non compor-ta la delocalizzazione degli impianti ed è invece spinta dall’esigenza di affrontare nuovi mercati o servire meglio mercati tradizionali. La presenza internazionale infatti con-sente di proporsi come interlocutori verso clienti e for-nitori con logiche sempre più globali, permette di man-tenere un portafoglio prodotti completo mantenendo in Italia le produzioni a maggior valore aggiunto e avvalen-dosi dei vantaggi di costo di paesi esteri e, infine, indu-ce anche importanti cambiamenti a livello organizzativo, quali la razionalizzazione della struttura aziendale, l’innal-zamento delle competenze manageriali e il potenziamen-to delle funzioni di coordinamento e controllo.

Nei casi in cui le imprese hanno effettivamente deloca-lizzato alcune produzioni, lo hanno fatto nelle commo-dities - ormai indifendibili - per concentrarsi in Italia nel-le specialties. Alcune conferme dei risvolti positivi dei processi di inter-nazionalizzazione sui livelli produttivi e di occupazione in Italia, possono trovarsi nell’analisi condotta da Federchi-mica su un campione di medio-grandi gruppi chimici italiani internazionalizzati.Da questa analisi risulta che il 74% delle imprese ha recuperato i livelli di vendita mondiali pre-crisi (2007): la vivacità dei mercati esteri ha permesso peraltro al 55% delle imprese di ripristinare anche i livelli di valore del-la produzione effettuata in Italia. A conferma del ruolo di

detergentie cosmetici

vernici, adesivie inchiostri

0

200

400

600

800

1.000

1.200

1.400

1.600

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

27% 40% 

Snellimentostruttura aziendale

35% 50% 

21% 25% 

17% 25% 

Totale imprese 

Nuovefunzioni aziendali

Nuovimodelli organizzativi

Competenzemanageriali

Imprese con presenzaproduttiva estera 

Fonte: elaborazioni su Istat Fonte: Indagine Federchimica

Saldi settoriali nel periodo 1998-2011(milioni di euro)

Autonomia decisionale, agilitàe adattamento alla realtà locale

Garantire ovunque un’unica cultura aziendalee gli stessi standard di qualità e affidabilità

Funzioni di coordinamento:sistemi informativi e di controllo

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19torna all’indice

Lo scenario economico

tori manifatturieri suoi clienti e in questo modo soste-nerne la competitività.Nella chimica la diffusione dell’attività di ricerca (47%) è doppia rispetto all’industria (21%) e superiore anche agli altri settori medium-high tech (34%) perché anche tante PmI fanno ricerca.

Rispetto all’industria, nella chimica la ricerca assor-be la quota maggioritaria delle spese di innovazione (67% contro 53%) mentre è molto meno rilevante l’in-novazione da semplice acquisto di macchinari innova-tivi (31% contro 43%).

Un orientamento forte alla R&s in un momento diffi-cile come quello attuale è faticoso, perché la crisi ha tagliato i margini e porta anche a selezionare prodotti e impianti, eliminando quelli meno innovativi. Una spin-ta molto forte è però venuta proprio dalle tensioni sui costi degli input e dalla consapevolezza che nei prodot-ti più innovativi si ha minor condizionamento dai prezzi

traino dei mercati internazionali, emerge che quasi sem-pre una dinamica positiva dell’occupazione negli stabi-limenti esteri si è accompagnata a una crescita – o per lo meno alla difesa – dei posti di lavoro in Italia. L’innovazione e la R&s sono un’altra delle aree in cui si sono concentrati gli sforzi delle imprese chimiche italia-

ne: già a partire dagli anni Duemila si sono avuti diversi segnali di un forte cambiamento, nella convinzione che questo sia l’unico modo per crescere nel lungo periodo. Ad oggi la chimica italiana presenta tante imprese inno-vative (1.200) e tante imprese impegnate nella ricerca (800), basti pensare che la loro numerosità in ambito europeo è seconda solo alla Germania.Nella chimica la quota di imprese innovative è il 67% contro il 44% dell’industria manifatturiera italiana. Inoltre, nella chimica quasi tutte le imprese innovative fanno innovazione di prodotto (83%). Questo è un dato importante e che dimostra come la chimica sia in gra-do di offrire prodotti e soluzioni innovative a tutti i set-

-60

-40

-20

0

40

60

80

100

120

140

-60 -40 -20 0 20 40 60 80 100 120 140

Var . % 2008-11 in Italia

Var.

% 2

008-

11 n

el m

ondo

Andamento dell’occupazione dei medio-grandi gruppi italiani internazionalizzati,

in Italia e nel mondo nel 2008-11

Quota di medio-grandi gruppi italianiinternazionalizzati che nel 2011 hanno

ripristinato i livelli di attività del 2007 (%)

In termini di vendite mondiali 74%

In termini di valore della produzione in Italia

55%

Fonte: elaborazioni sui dati forniti dalle imprese aderenti all’indagine di Federchimica

Fonte: elaborazioni sui dati forniti dalle imprese aderenti all’indagine di Federchimica

Fonte: Eurostat, Community Innovation survey, 2000-2008

Note: analisi a campione chiuso sulle imprese che nel 2007 realizzavano vendite mondiali superiori a 100 milioni di euro

Note: analisi a campione chiuso sulle imprese che nel 2007realizzavano vendite mondiali superiori a 100 milioni di euro

Note: totale = imprese con più di 10 addetti dati sul Regno Unito non disponibili

Imprese innovative nel settore chimico

N. imprese Germania Italia Francia Spagna

Imprese innovative 1.508 1.172 820 985

Imprese con R&s intra-muros 1.323 834 714 675

Imprese con R&sintra-muroscontinuativa

970 576 523 528

Imprese con innovazione nuova per il mercato

676 571 481 350

% imprese chimica industria high techmediumhigh tech

Con innovazione 66.6% 44.2% 73.0% 54.3%

Con ricercaintra-muros 47.4% 21.2% 56.1% 33.9%

Spese di innovazione per tipologia

% su spesedi innovazione

chimica industria high techmediumhigh tech

R&s intraed extra-muros 67.2% 53.4% 81.9% 67.6%

Acquistodi tecnologianon incorporatain beni capitali

1.3% 3.8% 2.7% 4.3%

Acquistomacchinari innovativi 31.5% 42.8% 15.4% 28.1%

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20

Prima parte

torna all’indice

delle materie prime e più possibilità di trasferirli a valle. Nonostante un crescente interesse di principio da par-te dei clienti, l’industria chimica affronta inoltre un’ogget-tiva difficoltà a garantire adeguati ritorni all’innovazione.Dall’indagine Federchimica emerge che il 79% delle imprese non ha reagito durante la crisi trascurando la R&s ma al contrario potenziandola e che circa una impre-sa su tre innova con prodotti nuovi per il mercato, cioè non si limita all’innovazione di tipo imitativo ma introdu-ce prodotti senza omologhi tra i concorrenti.Il 39% delle imprese segnala, inoltre, il superamento di un’innovazione basata sulla richiesta di personalizzazio-ne del prodotto da parte del singolo cliente per adotta-re un atteggiamento proattivo di anticipazione delle esi-genze del mercato.Il “come” si fa ricerca emerge quale persino più importan-te del “quanto”. Infatti, a fronte del 26% di imprese che indica il forte aumento di addetti e investimenti dedicati alla R&s, ben il 41% segnala l’adozione di un approc-cio di gestione manageriale della ricerca.L’identificazione sistematica degli obiettivi e delle risor-se, in coerenza con le più generali strategie aziendali, nonché la valutazione dei risultati consentono di gene-rare attraverso la ricerca valore effettivo per il cliente e quindi ritorni adeguati.

Nel nuovo contesto competitivo che va delineandosi, c’è sempre più consapevolezza dell’importanza di rag-giungere una dimensione maggiore, che spesso per-mette di di sostenere più facilmente i processi di inter-nazionalizzazione e innovazione.oltre ai casi di crescita per via interna, il 23% delle impre-se dell’indagine ha realizzato acquisizioni talvolta anche traendo vantaggio proprio dalla situazione di crisi.Ciò favorisce:

la creazione di partnership strategiche con clienti e fornitori volte a condividere percorsi comuni di inno-vazione e sviluppo;

Totale imprese Imprese con crescitadimensionale

Partnershipcon fornitoriPartnership

con clienti

33% 42%

58% 58%

Competenze managerialidi figure chiave

Gestione managerialedella ricerca

41% 54%

17% 33%

Fonte: Indagine Federchimica

GEStIRE UN AMBIENtE COMPEtItIVO COMPLESSO:- non basta più essere forti su un’area, bisogna esserlo su tutte- responsabilità e competenze specifiche

Diventare partner strategici anche per i fornitori

(% imprese)

Espansione di capacità produttivain Italia

24%

Acquisizioni 23%

la gestione della complessità che caratterizza l’attua-le scenario competitivo nel quale non è più sufficien-te essere forti solo su una determinata area ma biso-gna essere efficienti su tutte le aree;

l’internazionalizzazione.In altri casi, le imprese superano il vincolo dimensionale realizzando accordi di filiera puntando ad offrire un ser-vizio di eccellenza e completo rispetto ad ogni possibi-le esigenza del cliente mantenendo nel contempo i van-taggi della specializzazione.

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21torna all’indice

Il 2011 è stato l’anno in cui le istituzioni europee han-no dovuto affrontare una delle crisi più gravi e dirompen-ti mai conosciute dalla nascita della Comunità economi-ca europea ad oggi. In questo contesto, riuscire a sotto-lineare il ruolo che l’industria manifatturiera poteva gioca-re ha rappresentato una vera sfida. L’attenzione dei Capi di stato e di governo, degli eurodeputati e della Commis-sione europea è stata focalizzata sulla redazione di nuove regole fiscali e sul consolidamento del bilancio comunita-rio che dovrà essere adottato entro fine 2012. tuttavia, sempre più insistentemente, è emersa la volontà politica di rilanciare l’economia e di elaborare delle iniziative euro-pee volte a stimolare la crescita economica.Ció premesso, il 2011 è stato l’anno in cui l’industria chi-mica mondiale, per decisione delle Nazioni Unite, ha potu-to comunicare all’esterno gli obiettivi raggiunti in campo ambientale, per il progresso sociale e di impulso alla cre-scita sostenibile. L’Anno internazionale della chimica ha, infatti, fornito l’occasione a Federchimica di coinvolgere nell’operazione “Fabbriche aperte” la totalità degli euro-deputati italiani, che seguono i dossier legati alla chimica, e il Vice-Presidente della Commissione europea Antonio tajani. Recandosi nelle diverse aziende il mondo politico europeo ha potuto sfatare diversi pregiudizi (tutt’ora per-sistenti) e rendersi conto della qualità dell’industria chimi-ca che è motore di sviluppo per molti altri settori industria-li. Quest’operazione è stata poi rafforzata da diversi incon-tri che il vertice di Federchimica ha avuto a Bruxelles con i più alti rappresentanti italiani della politica europea e, in altre occasioni, anche con i funzionari italiani della Com-missione, del Parlamento e della Rappresentanza perma-nente italiana.

Eurodemocrazia

Il quadro politico europeo si è arricchito nel 2012 di un nuovo strumento: il diritto d’iniziativa dei cittadini europei, che permette la partecipazione diretta dei cittadini, e quindi anche delle imprese. Questo strumento, definito all’art. 11 del trattato di Lisbona, prevede che un milione di cittadini europei, provenienti da almeno sette stati membri, pos-sa invitare la Commissione a preparare specifiche propo-ste legislative. Il diritto d’iniziativa dei cittadini europei offre nuove potenzialità sia alla società civile, sia alle imprese,

ma la complessità della procedura richiede una sviluppata capacità organizzativa e una presenza diffusa in più stati europei. Per la prima volta, le imprese potranno organizzar-si per proporre iniziative legislative alla Commissione euro-pea, sottoponendo le loro priorità e le loro problematiche. Allo stesso tempo anche le organizzazioni non governati-ve (oNG), i gruppi verdi e la società civile potranno attivarsi per presentare le loro proposte. Verosimilmente, i temi su cui sarà più facile convogliare l’interesse di un milione di cittadini in tutta Europa saranno l’ambiente, il cambiamen-to climatico, gli aspetti sociali, la partecipazione democra-tica e i diritti dei consumatori e dei lavoratori. Non a caso, una delle prime iniziative, annunciata dalla Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (EPsU), sarà volta a definire acqua e servizi igienico-sanitari come un diritto dell’uomo, escludendoli dalla regolamentazione del mer-cato interno. Inoltre, in passato, iniziative simili sono state realizzate contro il nucleare e per bandire i prodotti oGm dall’Europa. È evidente quindi che il diritto d’iniziativa dei cittadini europei aprirà grandi potenzialità, ma anche qual-che rischio per l’industria europea, che dovrà compren-derne la portata e riuscire a sfruttarlo al meglio.La strategia rilanciata dalla Commissione europea per raggiungere l’obiettivo di avere un’economia sostenibile e competitiva entro il 2020 (cosiddetta Europa2020) si è concretizzata nel 2011 nel lancio di diverse iniziative qua-li: la revisione dello small Business Act, la comunicazio-ne sull’accesso al credito, la relazione sulla riduzione degli oneri burocratici per le micro imprese e le piccole medie imprese (PmI) e le tabelle di marcia per un’economia a basso contenuto di carbonio, sull’efficienza delle risorse e sull’energia entro il 2050. sempre in ambito energetico ed ambientale, nel 2011 sono state pubblicate la proposta di Direttiva sull’efficienza energetica, la revisione della legisla-zione sul monitoraggio dei gas ad effetto serra, la revisio-ne delle sostanze prioritarie contenute nell’acqua. Anche sul fronte della ricerca e dell’innovazione la Commissione ha prodotto diverse proposte tra le quali quella sul nuovo programma di R&I horizon 2020 e ha lanciato i primi par-tenariati europei per l’innovazione per stimolare la ricerca pubblico-privata sulle materie prime e sull’invecchiamen-to della popolazione.Il preannunciato snellimento amministrativo si è concretiz-zato in una serie di misure che l’Unione europea ha adot-

Lo scenario europeo

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22

Prima parte

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tato in maniera trasversale all’interno di molteplici iniziative e che conta di implementare nel corso dei prossimi anni. La revisione dello small Business Act, la pubblicazione del-la comunicazione sull’accesso al credito, la pubblicazione della Direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni contengono chia-ri riferimenti alla necessità di limitare gli oneri burocratici in primis per le PmI, ma anche per le aziende più grandi. Le istituzioni europee hanno, infatti, adottato le parole chiave “better and smart regulation” nelle loro iniziative, allo sco-po di evitare costose duplicazioni di assetti normativi e di limitarsi a legiferare laddove un’azione europea può costi-tuire un concreto valore aggiunto. Un ulteriore passo nel-la direzione della semplificazione per le PmI è stato com-piuto con la pubblicazione del rapporto della Commissio-ne europea sulla minimizzazione delle oneri amministrati-vi, nel quale le istituzioni si impegnano, ogniqualvolta pos-sibile, ad esentare le microimprese e le PmI dagli obblighi imposti dalla legislazione comunitaria o di introdurre regimi speciali per ridurre al minimo indispensabile gli oneri nor-mativi che gravano su di esse.

Europa e imprese

Certamente alcune strategie europee, presentate nel cor-so del 2011 in materia di energia ed efficienza energetica, continuano a risentire di un approccio più “comand and control” che non di stimolo verso una crescita maggior-mente sostenibile. È sufficiente qui ricordare le Roadmap sull’efficienza energetica e sull’energia che dettano obiettivi davvero troppo ambiziosi e soprattutto slegati dal contesto globale che manifestamente non segue l’esempio europeo. Economia verde, crescita verde e lotta al cambiamen-to climatico sono sicuramente obiettivi condivisi dall’indu-stria europea. tuttavia, tra i policy maker sia in Parlamento che in Commissione, si sta diffondendo, sotto la pressio-ne incalzante delle organizzazioni ambientali, un approccio dogmatico che non tiene conto degli sforzi dell’industria e dei tempi fisiologici per gli investimenti. Le continue propo-ste di modifica all’European trading system, agli obiettivi di efficienza energetica e alle soglie di riduzione delle emis-sioni di gas ad effetto serra per il 2020 e per gli anni suc-cessivi, non contribuiscono a creare il quadro normativo chiaro ed affabile di cui le imprese hanno bisogno per rea-lizzare i loro investimenti. Alcune recenti proposte in tema di energia si basano sul presupposto di massicci investi-menti in infrastrutture, in rinnovabili, in nuove tecnologie, senza che sia chiaro a chi spetti tale onere, quali siano le tempistiche e se siano risultati realisticamente ottenibili. Un discorso analogo vale anche per il costo dell’energia, così importante per la competitività dell’industria chimica e che non sembra essere tenuto sufficientemente in considera-zione nelle tabelle di marcia europee.Il REACh è attualmente nella sua piena fase esecutiva e si appresta ad essere esaminato con una Comunicazione che, al momento della redazione di questo capitolo, non

dovrebbe prevedere la richiesta di cambiare le regole ma soltanto di “aggiustare” eventuali errori o vischiosità ammi-nistrative che si sono pure riscontrate dall’anno della sua adozione (dicembre 2006). Quel che appare chiaro è che, anche in questo caso, l’Unione europea stenta ad imporre la propria leadership nel mondo poiché pochissime sono le regioni che hanno deciso di includere nel proprio ordi-namento giuridico strumenti simili al REACh.Le associazioni nazionali della chimica e le associazioni europee presenti a Bruxelles hanno spesso dato l’imma-gine (peraltro non veritiera) di mantenere posizioni di difesa e di non essere in grado di proporre un modello di svilup-po futuro ben preciso al Legislatore europeo. Invece pro-prio a cavallo tra il 2011 e i primi mesi del 2012, Federchi-mica, il Cefic (Associazione europea dell’industria chimica) e diverse altre associazioni di settore hanno elaborato una visione dello sviluppo sostenibile, anche in vista della Con-ferenza internazionale di RIo+20. Per la prima volta nella sua storia, proprio il Cefic, presieduto da Giorgio squinzi, ha elaborato non solo una definizione di sviluppo sosteni-bile ma anche un Rapporto sulla sostenibilità che è stato presentato al Parlamento europeo l’8 maggio. Come emer-ge dalla visione che si è data, l’industria chimica europea é determinata a giocare un ruolo chiave nell’assicurare la sostenibilità della vita sul nostro pianeta entro il 2050, con oltre nove miliardi di persone. Essa orienterà le sue attività per permettere l’accesso ad una vita sana, alla prosperità economica e al progresso sociale, investendo in innovazio-ne, nel dialogo con tutti gli attori sociali, nella competitività e nell’eccellenza del sistema industriale chimico europeo. In poche parole, l’industria chimica si impegna ad un futu-ro sostenibile attraverso un’industria sostenibile non solo nei suoi prodotti, ma anche nei suoi processi produttivi.Dall’ultimo scoreboard della Commissione europea (feb-braio 2012), l’Italia continua a collocarsi in una posizione non troppo brillante anche se esistono miglioramenti rispet-to al passato. L’Italia risulta ancora al primo posto, segui-ta da Polonia e Francia, per la percentuale di Direttive mal recepite, 1.9% rispetto alla media europea dello 0.8% e quindi per numero di procedure aperte nei nostri confronti. minore in Italia rispetto ad altri paesi il ritardo nella trasposi-zione delle Direttive europee, anche se rimane ancora alta la percentuale di Direttive non ancora trasposte nell’ordi-namento nazionale. Per quanto alcuni progressi siano sta-ti compiuti, esistono ancora ampi margini di manovra per incrementare l’armonizzazione del mercato unico e rende-re più semplice investire in Europa.Il 2012 sarà quindi un anno cerniera. Da un lato verrà infatti alla luce la possibile soluzione a quella zoppìa che il Presi-dente Emerito, Carlo Azeglio Ciampi, individuò in una poli-tica monetaria europea, senza una reale convergenza del-le economie dei 27 Paesi membri. Dall’altro, con l’appro-vazione del bilancio comunitario e degli oltre 80 miliardi di euro per la ricerca e l’innovazione si traccerà una direzione chiara alla quale le imprese potranno contribuire per vin-cere le reali sfide del futuro.

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sicurezza, salute e ambiente

Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro

A luglio 2011 il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha pubblicato le prime “indicazioni esplicative” in merito alle implicazioni dei Regolamenti REACh, CLP e sDs (schede Dati sicurezza) sulla normativa vigente in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il docu-mento è stato redatto dal Comitato 9 “Agenti chimici, fisi-ci e biologici” della Commissione consultiva permanen-te per la salute e sicurezza sul lavoro, istituita presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, per fornire uno strumento utile alle imprese che devono adempie-re agli obblighi relativi alla corretta gestione degli agen-ti chimici pericolosi sul luogo di lavoro. Vista l’importanza dell’argomento e la numerosità dei soggetti interessati coinvolti, lo stesso Comitato, anche con il supporto di Federchimica, sta realizzando un manuale che si pone l’obiettivo di approfondire ulterior-mente l’argomento. All’interno del documento sarà inol-tre affrontato il tema della possibile contemporanea pre-senza di valori limite di esposizione definiti dalla normati-va nazionale e internazionale e quelli derivanti dagli sce-nari di esposizione predisposti ai sensi del Regolamen-to REACh; questa problematica sarà oggetto anche di futuri workshop e posizioni che si stanno preparando a livello europeo.

Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha inoltre concretizzato la sua attenzione verso gli ambienti con-finati o sospetti di inquinamento con la pubblicazione del DPR 177/2011, che definisce le norme per la qua-lificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi che operano in questo ambito. Il DPR presenta alcuni errori di trascrizione e dubbi interpretativi e, per questo moti-vo, è stato annunciato che dovrà essere pubblicata una Circolare interpretativa del provvedimento. Proprio sul-la base dei chiarimenti che saranno forniti, Federchi-mica provvederà ad aggiornare il materiale a suppor-to delle imprese.

Come previsto dall’art 37 del D.Lgs. 81/2008, la Confe-renza stato Regioni ha sancito gli accordi per la forma-zione in tema di salute e sicurezza di lavoratori, preposti, dirigenti e datori di lavoro che svolgono il ruolo di RsPP.

Anche in questo caso, facendo seguito alle numerose richieste di chiarimento da parte delle imprese, il ministe-ro del Lavoro e delle Politiche sociali, in accordo con le Regioni, si è impegnato a realizzare un documento che possa risolvere alcune questioni di importanza basila-re per l’avviamento delle attività di formazione previste.Inoltre, è stato pubblicato l’Accordo stato-Regioni con-cernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli opera-tori; l’accordo, oltre ad elencare tali attrezzature, indica le modalità per il riconoscimento dell’abilitazione, l’indi-viduazione dei soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione.

Per quanto riguarda il Dm 11 aprile 2011, contenen-te la disciplina delle modalità di effettuazione delle veri-fiche periodiche delle attrezzature, è stato pubblicato il decreto interministeriale del 20 gennaio 2012 che rinvia nuovamente il termine di entrata in vigore, fissato per la fine di maggio 2012.In un’ottica di snellimento dell’attività amministrativa, nel settembre 2011 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DPR 1 agosto 2011, n. 151, sulla “Prevenzione incen-di” che individua le attività soggette alla disciplina del-la prevenzione incendi ed opera una profonda revisio-ne degli adempimenti da ottemperare da parte dei sog-getti interessati.

A livello europeo, la Commissione continua a valuta-re la revisione della Direttiva cancerogeni e mutage-ni 2004/37/CE riflettendo inoltre sul possibile inseri-mento degli agenti reprotossici: su questa eventuali-tà anche il Cefic ha pubblicato una posizione, condivi-sa da Federchimica.stanno inoltre iniziando a circolare anteprime di un pos-sibile quarto elenco di valori indicativi di esposizione pro-fessionale, mentre a livello nazionale dovrebbero esse-re recepiti, in tempi rapidi, i valori stabiliti dalla terza lista (il termine ultimo era fissato per il 18 dicembre 2011).

Ambiente

L’introduzione dei reati ambientali nella normativa nazio-nale relativa alla protezione dell’ambiente ha rappresen-

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Prima parte

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tato il principale elemento di novità nel panorama nor-mativo del 2011.La pubblicazione del D.Lgs. 121/2011 ha introdotto, infatti, i reati ambientali nel campo di applicazione del D.Lgs. 231/01 inerente la responsabilità amministrati-va delle imprese. oggi, dunque, sono previste sanzio-ni a carico dell’impresa, che si aggiungono a quelle già previste da altre norme vigenti, quali il Codice Ambien-tale (D.Lgs. 152/2006), e che si applicano nel caso in cui il giudice verifichi che i reati riscontrati rientrino nei cosiddetti “reati presupposto” previsti dal D.Lgs. 231/01 commessi nell’interesse o a vantaggio dell’impresa e che quest’ultima non si sia attrezzata adeguatamente, in precedenza, attraverso l’adozione e l’efficace attuazio-ne di un modello organizzativo idoneo a prevenire rea-ti dello stesso genere.Con il D.Lgs. 121/2011 rientrano tra i “reati presuppo-sto” illeciti quali:

lo scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose oltre i limiti di concentrazione consentiti;

l’esercizio di attività di gestione di rifiuti senza autoriz-zazione;

la miscelazione di rifiuti pericolosi; la non ottemperanza agli obblighi di bonifica in confor-

mità al progetto approvato dall’autorità competente.

meno pertinente, rispetto a questi reati, pare l’introduzio-ne nel D.Lgs. 231/01 dell’illecito di “trasporto rifiuti sen-za copia della scheda Area movimentazione” (documen-to che identifica le caratteristiche e le quantità del rifiu-to durante il tragitto dal produttore del rifiuto all’impianto di recupero o smaltimento). sanzionare tale illecito con una norma di natura penale, anche se applicata alla sola impresa, sembra, infatti, allontanarsi molto da quelli che erano gli obiettivi della Direttiva europea (di cui il D.Lgs. 121/2011 costituisce il recepimento), ossia sanzionare condotte che “provochino o possano provocare il deces-so o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora”.Altra criticità riscontrata in questa norma è l’assenza di un riferimento sulla base del quale le imprese possano essere messe nelle condizioni di costruire il proprio modello orga-nizzativo e beneficiare, al contempo, di una presunzione di “idoneità”. In tal senso, un richiamo allo standard Iso 14001 o al Regolamento EmAs avrebbero potuto offrire

qualche certezza in più sulle modalità con cui implemen-tare il D.Lgs. 231/01 per la parte ambientale. Nel frattem-po, comunque, le imprese sono partite con le valutazioni delle proprie attività in relazione a queste novità legislati-ve e Federchimica ha messo a disposizione documenti di approfondimento e momenti di confronto.

Altro tema centrale, nel panorama della normativa ambientale, ha continuato ad essere il sIstRI, il siste-ma informatico per la tracciabilità dei rifiuti, che, istituito nel dicembre 2009, da due anni ormai prosegue la sua odissea di rinvii e modifiche. Nell’agosto 2011 si è arri-vati a vederne l’abolizione, col decreto legge 138/2011, ma con la Legge di conversione dello stesso decreto (L.148/2011) il Parlamento ha deciso di far prosegui-re questo progetto volto a limitare i traffici illeciti di rifiu-ti: l’abolizione è stata cancellata e si è rinviato al 2012 l’avvio del sistema. Il governo monti pare intenzionato a dare continuità al progetto sIstRI, pur riconoscendo che sono ancora molte le modifiche da apportare, sia sul piano informatico che normativo.

A livello europeo, il 2011 è iniziato con l’entrata in vigo-re della Direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali, che abroga e accorpa sette precedenti provvedimenti.Pubblicata a dicembre 2010, la Direttiva è entrata in vigo-re a gennaio 2011 e dovrà essere recepita dagli stati membri entro il 7 gennaio 2013.

Altra procedura di cui il settore chimico ha seguito con attenzione gli sviluppi è stata la revisione della Direttiva “seveso”, sugli impianti a rischio di incidente rilevante: la Commissione europea ha presentato la propria pro-posta di Direttiva nel dicembre 2010, l’iter di approva-zione è proseguito per l’intero 2011 e se ne prevede la conclusione nel 2012.sebbene l’obiettivo della revisione fosse solo un alline-amento della normativa seveso alla nuova classifica-zione delle sostanze e miscele disciplinate, sulla base del Regolamento CLP (Regolamento UE 1272/2008), il testo ha suscitato un ampio dibattito fra le istituzioni europee e gli stakeholder a causa di alcuni appesanti-menti proposti rispetto alla normativa vigente, fra i quali, in primis, la possibilità di un ampliamento di rilievo degli impianti assoggettati a questa disciplina.su questo dossier, come su quello della Direttiva sulle emissioni industriali, Federchimica ha presentato le pro-prie posizioni a Bruxelles, in collaborazione con il Cefic.

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sicurezza prodotti: le recenti novità

sul fronte del Regolamento REACh (Registration Evalua-tion Authorization Restriction of Chemicals) il 2011 non è stato caratterizzato da scadenze riguardanti la registra-zione ma ha visto comunque l’attuazione e la modifica di altre disposizioni sia dello stesso Regolamento che di altre legislazioni inerenti la sicurezza prodotti quali il Regolamento CLP (Classification Labelling and Packa-ging) e la normativa sui biocidi.

Il Regolamento REACh

Il processo di autorizzazione delle SVhC (Substance of Very high Concern)

L’Autorizzazione è una delle nuove procedure previ-ste dal REACh. scopo dell’Autorizzazione è quello di assicurare che i rischi, connessi all’uso delle sostan-ze estremamente problematiche (substances of Very high Concern), siano adeguatamente controllati e che le stesse siano progressivamente sostituite (ove eco-nomicamente e tecnicamente possibile) poiché tali sostanze hanno effetti che possono essere molto gravi e spesso irreversibili sulla salute umana e sull’ambiente. L’Autorizzazione si applica solo ed esclusivamente alle sostanze incluse nell’Allegato XIV del REACh e non è vincolata ai quantitativi. In sintesi la procedura di autorizzazione prevede che una sostanza non pos-sa più essere immessa sul mercato dopo la sua “sun-set date” se non viene presentata all’EChA (Agenzia europea delle sostanze Chimiche), a tempo debito (pri-ma dell’Application date), una domanda di autorizza-zione accompagnata dal pagamento di una fee da un minimo di 7.500 euro ad un massimo di 50.000, per ogni uso della sostanza, in funzione della dimensio-ne dell’impresa.

L’Allegato XIV (Elenco sostanze soggette alla procedu-ra di autorizzazione), la cui prima pubblicazione è stata a febbraio 2011, sarà aggiornato nel 2012 con l’inseri-mento di altre otto sostanze in “Candidate List”, la lista delle sostanze ad elevata pericolosità candidate all’in-clusione. tale lista attualmente comprende 73 sostanze (al 15 dicembre 2011) con l’intenzione ormai manifesta di giungere a circa 100 sostanze per il 2012.

Attività funzionali relative alla prima revisione del Regolamento

Nel 2012 la Commissione europea presenterà una serie di valutazioni inerenti l’attuale stato di applicazione del Regolamento REACh. In particolare, come previsto dallo stesso Regolamento, sarà valutato il campo di applica-zione, per evitare sovrapposizioni con altre disposizioni comunitarie; saranno esaminate le prescrizioni (in parti-colare il Chemical safety Report) connesse alla registra-zione delle sostanze fabbricate o importate in quantitati-vi pari o superiori ad una tonnellata ma inferiori a 10 ton-nellate all’anno per fabbricante o importatore; sarà infi-ne svolto un riesame dell’attività dell’EChA. Una rela-zione che raccoglierà queste valutazioni sarà presenta-ta dalla Commissione europea al Parlamento e al Con-siglio europeo e sarà, se del caso, accompagnata da proposte legislative.Particolare attenzione è stata prestata alla problematica degli intermedi che, dopo la pubblicazione della linea gui-da nel dicembre 2010, che ne ha modificato in maniera più restrittiva le indicazioni specifiche, sta creando gran-di difficoltà alle imprese nell’applicazione del REACh.

Normative secondo il REACh

Le aziende chimiche, operando ormai in un contesto glo-bale, non possono prescindere dalla conoscenza “mon-diale” della legislazione sui chemicals e dal seguirne l’evo-luzione. Per essere competitivi su scala globale è neces-sario porre attenzione a quei paesi che, sulla scena mon-diale, stanno definendo o sviluppando la loro legislazione sulle sostanze chimiche. In questo senso Federchimica nel corso del 2011 ha seguito l’evoluzione di tali norma-tive con la conseguente predisposizione, nell’ambito del-la collana editoriale del Comitato sicurezza Prodotti, di un documento di dettaglio sugli inventari esistenti o in pro-gress delle sostanze chimiche in paesi extra Ue.

Il Regolamento CLP

Il 1 dicembre 2010 è entrato in vigore l’obbligo di appli-cazione, per le sostanze, dei nuovi criteri previsti per la classificazione e l’etichettatura introdotti dal Regola-

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Prima parte

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mento 1272/2008/CE (cosiddetto Regolamento CLP). L’applicazione dei criteri di classificazione ed etichetta-tura CLP per le miscele sarà invece obbligatoria a parti-re dall’1 giugno 2015. Le imprese hanno quindi dovuto rivedere le classificazioni delle sostanze in base ai cri-teri CLP e predisporre etichette di pericolo, nelle quali sono stati inseriti pittogrammi di pericolo in sostituzio-ne dei simboli previsti dalla precedente normativa, così come le nuove indicazioni di pericolo e i nuovi consi-gli di prudenza.Il CLP prevede inoltre che le imprese, entro 30 giorni dall’immissione sul mercato, notifichino, all’EChA tra-mite il portale REACh-It, la classificazione e l’etichet-tatura delle sostanze pericolose o soggette a registra-zione REACh prodotte e importate in Europa. La man-canza di una soglia legata al tonnellaggio e l’estensio-ne dell’obbligo anche alle sostanze in ricerca e svilup-po immesse sul mercato, determina il coinvolgimento di un numero elevatissimo di sostanze soggette a notifica. All’EChA sono pervenute, già nei primi mesi del 2011 oltre tre milioni di notifiche, di cui circa 200.000 effet-tuate da imprese italiane, tali dati consentiranno all’A-genzia di predisporre il primo inventario europeo delle sostanze pericolose e delle classificazioni armonizzate che sarà pubblicato nel 2012.Questo scenario ha ovviamente comportato un note-vole sforzo in termini economici dovuto alla preparazio-ne delle etichette e all’utilizzo di nuove stampanti per la predisposizione delle stesse oltre alla sostituzione di software per la redazione delle schede Dati di sicurez-za e all’aggiornamento di queste ultime. tutto ciò deve sommarsi all’impiego di personale specializzato che ha richiesto formazione ad hoc per ottemperare alle nuo-ve disposizioni e applicare i nuovi criteri.

Le nuove Schede Dati di Sicurezza

L’applicazione del Regolamento 453/2010, pubblicato il 31 maggio 2010, ha comportato da parte delle impre-se la revisione delle proprie schede Dati di sicurezza già a decorrere dal 1 dicembre 2010, relativamente alle sostanze pericolose immesse sul mercato con ulterio-

ri oneri burocratici ed economici a carico delle impre-se stesse.ora la problematica è incentrata sugli utilizzatori a val-le che si trovano a dover leggere ed applicare quanto previsto dalle sDs che ricevono. Al fine di supportare le imprese nella comprensione e successiva implemen-tazione della nuova normativa, analizzando ed eviden-ziando i cambiamenti introdotti dal nuovo regolamento, all’interno del Comitato sicurezza Prodotti, è stata isti-tuita un’apposita task force che, dopo aver sviluppato una linea guida specifica a cui è stata dedicata una col-lana editoriale, disponibile nella banca dati documenta-le di Federchimica a tutte le imprese associate, ora si sta occupando di predisporre una parte relativa alla let-tura della sDs e, dove previsto, degli scenari espositi-vi derivanti dalla registrazione REACh.

Biocidi

Nel corso del 2011 sono proseguite le attività che por-teranno alla conversione in Regolamento della Diretti-va 98/8 riguardante l’immissione sul mercato dei bio-cidi. In merito, non essendo stato raggiunto un acco-do tra Parlamento e Consiglio europei in prima lettu-ra, l’iter legislativo è ora nella fase di seconda lettura. Il regolamento presenta numerosi aspetti di miglioramen-to rispetto alla direttiva ma su alcuni temi non si sono raggiunti i risultati auspicati dall’industria.si prevede che il Regolamento verrà adottato nel cor-so del 2012.

Attività di supporto di Federchimica

tramite il Comitato sicurezza Prodotti, Federchimica oltre ad avviare circa cinque tra gruppi di lavoro e task force sul tema REACh e CLP, ha realizzato nel corso del 2011, eventi importanti per le proprie associate che hanno coinvolto complessivamente un migliaio di par-tecipanti. tra questi la VI e la VII “Conferenza sicurezza Prodotti”, a febbraio e ottobre, hanno visto la parteci-pazione dei più importanti soggetti istituzionali coinvolti nell’implementazione del REACh e del CLP.

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Gli sviluppi significativi del 2011

L’anno trascorso è stato denso di sviluppi, molti dei quali hanno inciso profondamente sui mercati energe-tici, modificando completamente gli scenari ipotizzati solo un anno prima.L’andamento del prezzo del petrolio, dopo l’impenna-ta del 2008 a 145 dollari al barile è calato bruscamente nel 2009 a 45$/bl, per riportarsi nuovamente nel 2011 su valori massimi superiori ai 125$/bl, nonostante la crisi finanziaria ed economica che ha investito i paesi medi-terranei dell’Europa.

L’incidente del marzo 2011 alla centrale Giapponese di Fukushima ed il referendum sul nucleare nel nostro Paese hanno definitivamente affossato il programma avviato dal precedente Governo per un ritorno dell’Italia nella generazione di energia elettrica da fonte nuclea-re. Anche a livello europeo abbiamo assistito ad un raf-freddamento dei programmi (Germania), a questo clima sicuramente non contribuisce lo slittamento dei tempi e l’innalzamento dei budget di costo al di là di ogni più pessimistica previsione, delle due nuove centrali di ter-za generazione EPR, in costruzione in Finlandia e Fran-cia. Questi avvenimenti hanno contribuito ad un’acce-lerazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnova-bili a livello europeo.

Lo sviluppo imponente del fotovoltaico in Italia, sup-portato da un’incentivazione molto generosa e da una insolazione particolarmente favorevole, hanno portato la potenza installata ben oltre l’obiettivo fissato, crean-do distorsioni sul mercato per la formazione del prez-zo dell’energia elettrica, instabilità nelle reti di trasmis-sione con congestioni locali e, non ultimo, un aumen-to vertiginoso degli oneri in tariffa pagati dai consu-matori finali.

Nel gas abbiamo assistito positivamente all’avvio del sistema degli stoccaggi dedicati al sistema industriale che, nonostante una tempistica non ottimale, con l’as-segnazione dei volumi fisici avvenuta a campagna di stoccaggio avviata, ha comunque permesso, unitamen-te all’avvio nel mese di dicembre del mercato di bilan-

ciamento gas (PB-Gas), la partenza del percorso di libe-ralizzazione tanto attesa dagli operatori.

L’industria chimica è un settore che guarda con gran-de interesse le fonti rinnovabili consapevole dell’impor-tanza e del ruolo che queste rivestiranno nello svilup-po futuro. La trasformazione delle biomasse in sostan-ze e in prodotti avviene attraverso procedimenti chi-mici e, di conseguenza, le imprese chimiche sono gli attori chiave in questo settore di tecnologie emergenti.Le biomasse, oltre ad essere funzionali alla produzio-ne di biocarburanti (biodiesel additivato al gasolio e bioetanolo e bioeteri come additivo della benzina) da tempo sono utilizzate dall’industria chimica anche al di fuori degli scopi energetici (amidi, biopolimeri). Un altro esempio di successo è l’industria dell’olechimi-ca presente in Italia.

Il problema di politica energetica che si pone è quel-lo di un sistema nel quale il ruolo delle fonti rinnovabi-li deve aumentare in modo rilevante, in uno scenario in cui nessuna fonte può essere esclusa, con un ruo-lo ancora dominato dai combustibili fossili non sosti-tuibili, se non in maniera parziale, nel breve e medio termine. Da qui un ruolo importante di mitigatore degli impatti ambientali può venire dai combustibili alternativi, come il metano o il GPL specialmente nell’autotrazione.

Il comparto della chimica, nel panorama italiano dei consumi energetici certificati dal bilancio 2010 pubbli-cato dal misE ad inizio 2012, si pone come il settore industriale a maggior consumo, subito dopo il settore di generazione elettrica (milioni di tep):

PaeseSettore

industrialeIndustriachimica

138,4 32,14 4,58

Come settore forte consumatore di energia ed espo-sto a scambi commerciali internazionali, l’industria chi-mica è quindi interessata al percorso per il raggiungi-mento degli obiettivi di un unico ed efficiente merca-to dell’energia a livello continentale, ed è favorevole ad un accordo internazionale per una efficace politi-ca climatica.

Chimica ed energia

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Prima parte

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stimenti a parità di spesa avere una potenza installata a fine periodo più che doppia:

Energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili: a fron-te di un obiettivo di 100tWh nel 2020, nel 2011 sono stati prodotti 84tWh, ma il valore annuale cor-rispondente alla potenza installata a fine 2011 è di ben 94tWh.

Potenza installata da fotovoltaico: a fronte di un obiet-tivo di 8GW al 2020, a fine 2011 la potenza instal-lata è già superiore ai 13GW

Paradossalmente, nel marzo 2011 era stata varata una correzione in diminuzione degli incentivi per il fotovol-taico (dopo una precedente correzione nel settembre 2010): evidentemente la discesa dei costi di investi-mento per il fotovoltaico è stata molto più rapida della capacità della normativa di seguirla. Da parte del Governo sono in fase di emanazione due nuovi decreti e saranno inoltre incentivati gli utilizzi delle rinnovabili termiche, tra l’altro più produttive in termini di efficienza dei costi di incentivazione.

Il valore della bolletta elettrica è ormai di circa 42 miliardi di euro all’anno, a cui la sola componente energia contribui-sce solo per la metà (la tabella mostra l’entità delle varie componenti di costo, e anche i beneficiari di tali costi).

Gli sviluppi descritti hanno avuto conseguenze anche al di là dell’incremento dei costi per i consumatori di energia.La stessa struttura del mercato è stata profondamen-

Per entrambi questi aspetti sono importanti le politiche adottate dall’Europa e le osservazioni su alcune criticità.

Mercato dell’energia elettrica

Il mercato dell’energia elettrica è stato fortemente influen-zato dagli sviluppi riguardanti le energie rinnovabili e la loro incentivazione e da una scarsa efficienza di pro-grammazione a livello di sistema nazionale (l’Italia man-ca di un Piano energetico nazionale da circa un quar-to di secolo).

L’energia elettrica da fonti rinnovabili è costantemente cresciuta da 58,1tWh (terawattora=miliardi di KWh) nel 2008 a 84,2tWh nel 2011.Analoga tendenza di crescita si è registrata per i costi dell’incentivazione delle fonti rinnovabili, da 1,6 GE

(miliardi di euro) nel 2008 a 7 GE nel 2011.

tra le energie rinnovabili, lo sviluppo maggiore ha riguar-dato il fotovoltaico che è passato da 1,8tWh del 2010, a 10,9tWh nel 2011, i costi sono esplosi da 0,744 miliardi di euro (2010) a 4 miliardi (2011).

Lo sviluppo del fotovoltaico in Italia non è certamente coerente con il programma previsto dal Piano Nazio-nale per le Energie Rinnovabili (luglio 2010), che è sta-to fortemente anticipato in maniera inutilmente costo-sa, concentrando in alcuni anni quello che era previsto per il 2020. Con lo svantaggio di installare gran parte della potenza con una tecnologia “vecchia” e pagando un incentivo alto, si sarebbe potuto, diluendo gli inve-

Bolletta energia elettrica (G€/a, imposte escluse)

Energia 21,1

Incentivi a rinnovabili (A3) 9,0

Reti 7,3

Dispacciamento 2,4

Vendita 0,8

smantell/compensaz. territoriale (A2 + mCt) 0,6

Regimi tariffari speciali – F5 (A4) 0,2

Altri oneri 0,5

tOtALE 41,9

Beneficiari

Produttori convenzionali 12,5

Produttori rinnovabili 11,8

Assimilate/CAR (di cui CIP6 0,9 G€) 6,3

Distributori 5,9

terna 1,4

Altri 1,0

Energivori 0,9

soc. di vendita 0,8

EsCo 0,3

tOtALE 41,9

0500

1.0001.5002.0002.5003.0003.5004.0004.5005.0005.5006.0006.5007.0007.5008.0008.5009.0009.500

10.000

2008 2009 2010 2011 2012

[Milioni

di e

uro]

Conto energia fotovoltaico Tariffa fissa onnicomprensiva

Certificati verdi Cip 6 (solo FER)

Fonte: Autorità per l’energia elettrica ed il gas

Costo degli strumenti di incentivazionedell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili

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Chimica ed energia

te influenzata: infatti, l’aumento di disponibilità di energia dalle cosiddette fonti non programmabili, con priorità di dispacciamento, e con la caratteristica di non partecipa-re direttamente alla formazione del prezzo sul mercato, ha avuto l’effetto di ridurre fortemente il fattore operativo delle unità di generazione termica, tra le quali le numero-se e recenti unità a gas a ciclo combinato.La riduzione dei precedenti picchi di costo dell’energia elettrica nelle ore diurne ha prodotto un incremento dei prezzi nelle ore notturne, nelle quali i produttori di ener-gia tradizionale tentano di recuperare i margini perduti.

Restano comunque da affrontare i problemi di adegua-mento delle reti di trasmissione e distribuzione dell’e-nergia alle nuove esigenze, che già adesso produco-no perdite di energia rinnovabile che non è dispaccia-ta, ma è comunque remunerata nell’incentivo. Accan-to alle proposte di interventi basati sull’utilizzo di batte-rie per lo stoccaggio, Federchimica propone lo svilup-po della produzione di idrogeno da unità elettrolitiche, e successivo impiego del gas ottenuto nella rete di tra-sporto del gas naturale.

In materia di fiscalità, in particolare sulle accise che sono collegate ai consumi di energia elettrica, occorre sottoline-are che la rimodulazione per mantenere l’invarianza di get-tito, introdotta a fine anno con l’eliminazione dell’addiziona-le provinciale e comunale applicata sui consumi dei primi 200.000 KWh/mese ha portato un aggravio ingiustificato e particolarmente penalizzante per l’industria che consu-ma fino a 1200 megawatt-ora (praticamente tutte le PmI).

Il mercato del gas naturale

Con il 2011 si è avuta piena conferma della rivoluzione che lo “shale gas”, la cui estrazione iniziata circa un decennio fa negli UsA, ha portato allo scenario internazionale per quanto riguarda la disponibilità ed i prezzi del gas.Non a caso l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha indi-cato nell’anno appena trascorso l’inizio della nuova “Gol-den age of gas”. Un primo significativo impatto si è avuto sui prezzi in quanto il mercato UsA da importatore netto di gas è diventato potenziale esportatore con i termina-li di rigassificazione inattivi.Buona parte del gas naturale liquefatto (GNL) prodotta in medio oriente, è stata dirottata a rifornire il mercato Giap-ponese, poiché a seguito degli eventi di Fukushima, tut-te le centrali nucleari sono state fermate per essere sot-toposte ai “crisis test” e pertanto la produzione di energia elettrica al paese è stata assicurata dalle centrali a com-bustibile fossile.L’impatto in Europa è stato altrettanto pesante con una riduzione dei prezzi per quei paesi dotati di impianti di rigas-sificazione che hanno potuto beneficiare di gas importato a prezzi decisamente inferiori a quelli dei contratti da tubo, di tipo “take or pay”.

L’Italia in questo scenario si è trovata particolarmente pena-lizzata avendo due soli terminali di cui uno estremamente piccolo e dovendo continuare ad approvvigionarsi di gas via tubo a cui si aggiunge il fermo del rifornimento dalla Libia per la crisi politica che ha investito il paese nordafricano.Il differenziale tra le piattaforme di mercato del nord Euro-pa ttF (title transfer Facility olandese, uno dei più impor-tanti “hub” europei) PsV (Punto di scambio Virtuale) del-le quote gas in Italia (in realtà non un vero mercato) si è aperto fino a sfiorare i 9E/mWh. solo con l’approvazione del decreto liberalizzazioni e l’an-nunciata separazione di snam rete Gas, nonché gli altri interventi annunciati di avvio delle piattaforme di mercato, abbiamo potuto assistere ad un riallineamento dello spre-ad su valori prossimi al costo del trasporto della moleco-la nel flusso nord-sud.L’annuncio di far diventare l’Italia un “hub” per il gas di pro-venienza dall’area nord africana e mediorientale, dovreb-be, nei prossimi anni, permettere la creazione di un vero mercato europeo del gas.

L’efficienza energetica

Il miglioramento dell’efficienza energetica è uno dei tre strumenti per raggiungere una riduzione dei consumi di energia primaria del 20% entro il 2020, rispetto alla pro-iezione tendenziale per il medesimo anno, auspicata nel pacchetto Clima Energia della Commissione europea. tale obiettivo anche se non vincolante è contenuto nel-la direttiva 2006/32/CE in fase di revisione e prossima emanazione.

Il Piano di azione nazionale per l’efficienza energetica (PANEE), prevedeva di raggiungere i seguenti target:

2010 35.658 GWh

2016 126.327 GWh

2020 184.672 GWh

Il consuntivo stimato per il 2010 è stato pari a 47.711 GWh mentre il valore stimato per il 2011 è di 72.697 GWh che mette l’Italia perfettamente in linea con l’o-biettivo fissato.Le industrie chimiche a fronte dell’obiettivo –20% al 2020 hanno consuntivato al 2009 già un brillante -41%.

Le politiche climatiche europee

Anche nel campo delle politiche climatiche, gli sviluppi del 2011 non possono essere definiti soddisfacenti.Come noto, la politica europea è molto decisa sul fronte della lotta al cambiamento climatico, ma la persistenza di una situazione in cui l’Europa risulta “isolata” ne ridu-ce fortemente l’efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati e comporta rischi significativi per la competitività, special-mente dell’industria “energy-intensive”.

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Prima parte

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La prospettiva di un accordo internazionale con preci-si e vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di gas serra non sembra a portata di mano, e non si è avvicina-ta con l’ultima Conferenza delle Parti (CoP 17, Durban, dicembre 2011). Il risultato della Conferenza è stato un impegno a definire entro il 2015 i termini di un accordo internazionale, i cui aspetti operativi non verrebbero però applicati prima del 2020.

La situazione della possibile efficacia di un impegno euro-peo “isolato” è ben illustrata nel grafico.

Essa deriva da una recente presentazione di Peter Zapfel, esponente della DG Climate Action della Commissione europea, e mostra il peso relativo delle emissioni di gas serra dell’Europa e quello che sarebbe richiesto, in termi-ni di emissioni, per il raggiungimento degli obiettivi (linea verde); la figura mostra anche come un teorico azzera-mento delle emissioni dei paesi sviluppati sarebbe asso-lutamente insufficiente.

Nel frattempo in Europa continuano le discussioni attor-no allo schema di Emissions trading, per il quale la ridot-ta attività industriale indotta dalla crisi economica ha cau-sato minori emissioni e una caduta dei prezzi delle quo-te di emissione. Ciò dovrebbe essere considerato come un fatto non negativo, anche perché l’obiettivo di riduzio-ne stabilito per il 2020 non è messo in discussione. In realtà tra gli interessi in campo ci sono anche quelli lega-ti ad attività di trading, che in passato hanno determinato un’eccessiva estensione dello schema, se si pensa che

il 95% delle emissioni controllate proviene da un quarto dei siti soggetti allo stesso.La varietà di interessi in campo sta producendo una discussione su come provocare un rialzo dei prezzi del-le quote (con un intervento esterno molto ardito, per uno schema nato per essere uno strumento di mercato).

Alla proposta di messa da parte di un certo numero di quote (set aside) si attribuisce un aumento dell’incentivo ad investire in riduzione delle emissioni: da un lato tale aumento di investimenti non è richiesto per il raggiungi-mento dell’obiettivo al 2020, dall’altro il set-aside com-porterebbe un aumento dell’obiettivo di riduzione, che è stato esplicitamente escluso dal Parlamento nell’esta-te del 2011.

si suppone che il problema del surplus di emissioni, oltre che dalla crisi economica, sia stato causato dall’ostinato rifiuto della Commissione di adeguare la disponibilità di quote di emissione al livello effettivo di attività industria-le. tale adeguamento avrebbe comportato una maggio-re complessità delle regole, e per questa ragione, fu rifiu-tato dalla Commissione: tuttavia, dopo la ben maggiore complessità introdotta nel sistema con le regole di asse-gnazione di quote gratuite (benchmark, carbon leakage, etc), si ritiene che la ragione dell’opposizione all’aggiusta-mento ex-post sia superata.A nostro avviso, in vista del livello di complicazione rag-giunto dallo schema per tener conto di una sua applica-zione non universale, sarebbe utile introdurre criteri di “ex-post adjustment”, accoppiati ad un forte sfoltimento del numero di siti soggetti allo schema, che comportereb-be una riduzione molto lieve delle emissioni controllate.A proposito delle citate complicazioni dello schema, si ricorda che occorre ancora definire diversi aspetti, tra i quali la compensazione degli oneri per gli emettitori indi-retti, le regole per le aste, e i criteri di destinazione dei pro-venti delle aste stesse.

Infine, riguardo alla proposta di direttiva sull’efficienza energetica, del giugno 2011, e ancora in discussione, Federchimica ritiene che i problemi posti dalla direttiva derivino essenzialmente dall’adozione degli obiettivi di miglioramento di efficienza energetica in termini di valo-re assoluto dei consumi al 2020: si rischia la possibi-lità di raggiungimento dell’obiettivo attraverso ostaco-li alla crescita, ovviamente non auspicabili, e che sono cosa da ben distinguere dal miglioramento di efficien-za energetica.Inoltre, occorrerebbe tenere adeguatamente in conside-razione che spesso gli investimenti in efficienza energe-tica “competono” con quelli del “core business”, a cau-sa della limitatezza delle risorse finanziarie disponibili.

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1990 2050

Gigatonnellate di C

O2 equivalenti 

Riduzione a zerodelle sole emissioni

dei Paesi dell’Allegato 1del Protocollo di Kyoto

Sviluppo delleemissioni globalicompatibile

con lo scenario 2°C

Resto del mondo EUAllegato 1 

Fonte: Greenhouse gas reduction pathways in the UNFCCC pro-cess up to 2025, CNRs/LEPII-EPE, RIVm/mNP, ICCs-NtUA, CEs-KUL (2003)

Sviluppo previsto delle emissioni di gas serranelle diverse regioni del mondo

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Logistica e competitività

Le strategie e gli obiettivi

Nel nostro Paese la scarsità della risorsa “territorio”, la dispersione produttiva, la forte antropizzazione e la pro-iezione peninsulare, chiusa a nord dalle Alpi e allunga-ta nel cuore del mediterraneo, sono caratteristiche che rendono indispensabile puntare ad una elevata integra-zione “comodale” e “intermodale”. L’una e l’altra esigo-no la transizione delle politiche settoriali da un approc-cio costruito per tipologia di trasporto ad un approccio per mercati, più funzionale all’individuazione delle prio-rità di intervento.

La “comodalità” è un concetto introdotto nel 2006 dall’U-nione europea ed esprime l’organizzazione di ciascuna modalità, tale da favorire il migliore impiego delle risorse, delle infrastrutture e dei servizi. Essa risponde all’obiet-tivo di ottimizzare le prestazioni complessive del siste-ma della mobilità merci, sulla base di un forte orienta-mento all’integrazione operativa, per realizzare il massi-mo “risparmio logistico” del sistema.La “comodalità” è un concetto dinamico, il cui approc-cio discende da almeno tre fattori:

la crescita dei traffici su reti che, presso le porte di accesso al territorio, soffrono di condizioni di conge-stione non risolvibili in tempi immediati;

l’accelerazione delle politiche sovrannazionali che tra-ducono in una penalizzazione economica diretta l’im-piego inefficiente delle risorse climatiche, ambienta-li ed energetiche;

l’organizzazione complessiva del sistema attuale del-la mobilità che presenta ampi margini di graduale otti-mizzazione, utili a sostenere gli obiettivi di crescita e competitività delle economie europee nel confronto internazionale.

Parte integrante dell’approccio comodale è “l’intermoda-lità” che ha implicazioni su più fronti. sul grado di effetti-va integrazione dei servizi offerti incidono, infatti, diretta-mente, aspetti infrastrutturali e regolatori: l’assetto con-correnziale dei servizi destinati ad interagire, la pianifica-zione ed effettiva progressione della rete dei “corridoi”, l’accessibilità dei nodi di integrazione e di scambio moda-le, l’efficienza dei servizi accessori, la localizzazione delle

piattaforme di scambio e le relative vocazioni prevalenti.L’intermodalità consiste in una catena di servizi nella qua-le ciascuno degli operatori coinvolti risponde a logiche economiche proprie ma all’interno di un sistema ove le condizioni di convenienza per i diversi attori della cate-na, in presenza di un sistema vincolato da “elementi di rigidità” (distanze minime elevate, simmetria dei flussi, frequenza e affidabilità del servizio, compatibilità della disciplina nazionale nei traffici internazionali, etc.), devo-no comunque ispirarsi a criteri di unitarietà organizzata per garantire, anche attraverso la creazione di uno spor-tello unico, tutti i servizi correlati alla catena del traspor-to da istituire nei nodi più importanti della rete. Per que-sto è necessario assicurare un’azione di pluralismo per il coordinamento degli investimenti nelle diverse piatta-forme logistiche.

D’altra parte l’intermodalità presenta “elementi di forza” rispetto all’alternativa del “tutto strada”:

maggiore vocazione alle lunghissime percorrenze e al traffico containerizzato in un mercato continentale progressivamente più integrato;

minore inquinamento atmosferico e acustico; riduzione della congestione della rete stradale, dei

transiti frontalieri e portuali; minore consumo delle risorse energetiche; specializzazione del trasporto per classi di distanza e

tipologia di merci trasportate; razionalizzazione d’impiego del personale e dei mez-

zi per l’autotrasporto che se ne avvalga; migliore gestione degli spazi portuali; estensione delle fasce orarie (utilizzo delle ore nottur-

ne) fino a coprire tutti i giorni della settimana.

Ne deriva un modello organizzativo generale volto ad inte-grare una rete portante di linee e nodi, tendenzialmen-te completa nelle sue funzioni, con una rete di impianti minori e di più elevata specializzazione, funzionali a cate-ne logistiche di area o di filiera.Il recupero di quote nel trasporto ferroviario che deve essere incentivato, unitamente al potenziamento del-le “autostrade del mare” e del trasporto aereo, rientra in una logica di riequilibrio dei trasporti per un rilancio del sistema logistico italiano.

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Prima parte

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Le politiche europee incidono soprattutto sullo svilup-po di una rete di trasporto più sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Questa stra-tegia influenzerà soprattutto i flussi di traffico del nord-ovest dove si trova il sistema portuale principale del sud Europa, area di cerniera delle relazioni fra Europa cen-trale e mediterraneo.

Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibi-le, il nuovo Libro Bianco, adottato nel marzo 2011, è il documento di policy di riferimento in quanto dettaglia una strategia europea di ampio respiro e lungo orizzon-te temporale fino al 2050.

Particolare importanza viene data alla crisi climatica, con l’individuazione di tre obiettivi per abbattere le emissio-ni di anidride carbonica dell’80-95% rispetto al 1990:

migliorare l’efficienza dei veicoli mediante l’uso di car-buranti e sistemi di alimentazione sostenibili;

ottimizzare le prestazioni della catena logistica multi-modale;

puntare sull’uso efficiente delle infrastrutture grazie ai sistemi di gestione informatizzata del traffico.

Le indicazioni per il settore delle merci riguardano il raf-forzamento delle possibilità offerte dal trasporto ferrovia-rio con infrastrutture adeguate, fornendo servizi compe-titivi per prezzi e affidabilità, in modo che il 30% del tra-sporto delle merci superiore a 300 km sia coperto dalla ferrovia e dalla modalità marittima. Questa quota dovreb-be raggiungere il 50% entro il 2050.

La pianificazione delle infrastrutture deve, quindi, tener conto della rilevanza del tema ambientale, elemento che condiziona tutte le politiche europee dei trasporti sia in materia infrastrutturale (politiche di riequilibrio modale attraverso le iniziative tEN-t e i corridoi ferroviari merci prioritari), sia di tipo regolatorio (Direttiva Eurovignette) o di incentivo (Programmi di supporto come “marco Polo”). Da questo punto di vista è interessante notare come nel-la revisione del 19 ottobre 2011 della lista dei progetti europei facenti parte del core network della rete tEN-t, definito come Programma “Connecting Europe”, il nord-ovest sia interessato da ben quattro “corridoi” europei:

la tratta ferroviaria Ravenna-Bologna-Venezia-Udine-Villach (parte italiana del “Baltic-Adriatic Corridor”);

la tratta ferroviaria Lione-torino-milano-Venezia-Ljubjana (“mediterranean-Corridor”);

la tratta ferroviaria Brennero-Verona-Bologna (“hel-sinki-Valletta Corridor”);

la tratta ferroviaria Genova-milano-Novara-confine svizzero (“Genova-Rotterdam Corridor”).

È da sottolineare come le tratte italiane dei “corridoi” sia-no parte integrante del network di corridoi merci desi-gnati dall’Unione europea in base al Regolamento Ue

913/2010 che prevede la costituzione di un Comitato di gestione con compiti di coordinamento al fine di incre-mentare il trasporto merci su rotaia su tali percorrenze.

Dal punto di vista strategico generale, la mobilità delle merci deve essere sostenuta attraverso un processo di internazionalizzazione delle imprese e da valutazioni di tipo infrastrutturale e logistico per ridurre i costi dell’im-port-export attraverso un bilanciamento, il più efficien-te possibile dal punto di vista economico e ambientale, delle modalità di trasporto (gomma, nave, ferrovia, aereo) che governano i grandi flussi delle merci e la capacità di attrarli, in osservanza a politiche aziendali in grado di generare importanti impatti diretti e indiretti su occupa-zione e reddito.

Il trasporto delle merci pericolose e le iniziative di Federchimica

Nell’ambito del processo di internazionalizzazione della disciplina del trasporto delle merci pericolose nelle sue diverse modalità, con riferimento ai progressivi aggior-namenti che ne conseguono, Federchimica, come già fatto per l’ADR 2011 (strada) e il RID 2011 (ferrovia), per facilitare l’utenza nella gestione di questa normativa ha promosso, con altri partner, l’edizione italiana anche del Codice ImDG, 35°Emendamento, adottato con Risolu-zione msC.294(87) dell’Imo (International maritime orga-nization) ed entrato in vigore l’1 gennaio 2012.Il Codice si applica, sia in regime nazionale che interna-zionale, al trasporto per mare in colli e nelle unità di tra-sporto (veicoli stradali e ferroviari, casse mobili, conte-nitori cisterna, etc.) di merci classificate pericolose sul-la base di criteri mutuati dal Libro Arancio delle Nazio-ni Unite.tra le novità introdotte, quelle relative a: procedure di spedizione; lista delle merci pericolose (con l’inserimen-to di nuove rubriche, aggiunta e cancellazione di dispo-sizioni speciali, ecc); possibilità di avvalersi di test in vitro, in conformità a linee guida dell’oCsE, anziché di prove dirette sugli animali, per la caratterizzazione del-le sostanze corrosive ai fini dell’assegnazione dei grup-pi di imballaggio, etc…

oltre al Codice ImDG, è stato per la prima volta pubblicato in italiano anche il relativo supplemento, comprensivo di:

procedure di intervento di emergenza per navi che trasportano merci pericolose (Guida Ems);

procedure di primo soccorso medico a seguito di incidenti che coinvolgono merci pericolose (Guida mFAG);

procedure di notifica degli incidenti coinvolgenti mer-ci pericolose;

linee guida Imo/ILo/ECE per unità di trasporto del carico;

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Di concerto con la Direzione Affari Legali è stato realizzato un documento per fornire risposte concrete alle imprese nella stipulazione dei contratti di trasporto in forma scrit-ta con i vettori stradali. Questo strumento nasce alla luce della complessità di questa normativa e soprattutto delle sue pesanti ricadu-te sulla committenza, per effetto di scelte discutibili del legislatore quali il riferimento ai “costi minimi” che si con-figurano come una sorta di “tariffe obbligatorie”, in viola-zione dei principi di “libero mercato” e “tutela della con-correnza” che ispirano la regolamentazione nazionale e comunitaria, come denunciato anche dall’Antitrust.

L’Area Logistica di Federchimica è particolarmente impe-gnata, inoltre, nel campo delle emergenze chimiche nel trasporto con il servizio Emergenze trasporti (s.E.t.).Il s.E.t. è in fase di totale ripensamento da semplice stru-mento a disposizione dei Vigili del Fuoco per la soluzio-ne di criticità connesse a eventi incidentali a moltiplica-tore di servizi rivolti a un’utenza (ricercatori, responsabili di logistica, addetti alla sicurezza, formatori, soccorritori, etc.) diversificata per competenze, esigenze e respon-sabilità ma comunque chiamata a interfacciarsi, a pre-scindere dalle problematiche specifiche di settore, con la gestione del rischio chimico.ormai consolidata è infine l’attività di cooperazione di Federchimica con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per lo sviluppo di un sistema integrato volto a migliorare sinergicamente il livello della sicurezza, su base nazio-nale, nel settore della logistica chimica in funzione della proprie esperienze e professionalità.

A questo riguardo sono in atto una serie di iniziative, sulla gestione delle emergenze chimiche nel trasporto, quali: la promozione di incontri tecnici e workshop; esercitazioni pratiche condotte congiuntamente da squadre del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e squadre aziendali; la cre-

azione di una “banca-dati incidenti” ove raccogliere tutte le informazioni disponibili e le “lezioni emerse” da esperienze vissute per un’efficace politica di prevenzione; la diffusione in italiano delle EriCards, aggiorna-te con gli ultimi emendamenti ADR, indirizzate alle squadre di intervento; l’adesione a Progetti finanziati dalla Commissione europea per realizza-re una partnership pubblico-privata per ciò che attiene a programmi di ricerca e sviluppo di “Best-Pratices” nella logistica chimica sostenibile.

Logistica e competitività

Raccomandazioni relative a: utilizzo in sicurezza dei pesticidi sulle navi; fumigazione delle stive e fumiga-zione delle unità di trasporto;

Codice internazionale per il trasporto in sicurezza, a bordo di navi, di combustibile nucleare irradiato di plu-tonio e di rifiuti altamente radioattivi (Codice INF);

Appendice recante Risoluzioni e Circolari richiamate nel Codice ImDG e nello stesso supplemento.

L’anno 2011 segna inol-tre un capitolo importan-te nel trasporto aereo con la pubblicazione da parte dell’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazio-ne Civile), in virtù della Disposizione 50/GEN-DIsP/DG del 31 ottobre 2011, del Regolamen-to “trasporto aereo del-

le merci pericolose” con il quale anche l’Italia si è final-mente conformata alle disposizioni tecniche contenu-te nell’Annesso 18 della Convenzione di Chicago ICAo (International Civil Aviation organization), a cui si richia-ma il manuale IAtA (International Air transport Associa-tion) la cui 53° edizione è in vigore dall’1 gennaio 2012.

Da segnalare, in particolare, l’art. 15 del suddetto Rego-lamento, in vigore dall’1 maggio 2012, relativo a pro-grammi di addestramento, ove, per la prima volta in Ita-lia, viene sancito l’obbligo della formazione anche per la figura dello “speditore” a cui compete la sottoscrizio-ne della “shipper’s declaration” (documento di traspor-to aereo delle merci).Alla formazione, l’Area Logistica di Federchimica ha sem-pre dedicato particolare attenzione, esportando i suoi corsi anche presso le associazioni territoriali o le impre-se del sistema confindustriale per una gestione in loco.

Di significativo interesse sono anche alcune nuove iniziative editoriali, pro-mosse in sede di Comitato Logi-stica. Con il contributo di esper-ti aziendali di settore, è stato realiz-zato il Quaderno n. 4 “Cargo secu-ring” recante approfondimenti sulle migliori pratiche afferenti alle opera-zioni di assicurazione del carico di prodotti chimici sui veicoli stradali e nei container.

L’INIZIATIVA DI COOPERAZIONE NAZIONALE PER IL MIGLIORAMENTO CONTINUO

DELLA SICUREZZA LOGISTICA CHIMICA

Marzo 2012

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Ricerca e innovazione

Il rapporto con la ricerca pubblica

Nonostante il periodo di forte crisi, molte imprese del settore chimico hanno puntato sull’innovazione per diversificare i propri prodotti e per emergere nei mer-cati internazionali.L’innovazione per il mondo industriale è un processo complesso, che, a partire dalla ricerca di base, pas-sando dal miglioramento di prodotti e processi, anche interni, fino alla commercializzazione, coinvolge diversi attori e costringe i diversi soggetti, lungo tutta la cate-na del valore, a cooperare e a superare le barriere lega-te alla diffidenza nella comunicazione delle proprie atti-vità di ricerca.molte imprese hanno compreso che la ricerca e l’in-novazione sono perciò attività fondamentali per crea-re valore aggiunto e per migliorare il proprio posiziona-mento sul mercato. molte di queste attività sono sta-te messe in atto attraverso collaborazioni con il siste-ma della ricerca pubblica. Nonostante i diversi proble-mi che intervengono nelle interazioni tra i due diversi mondi, grandi passi avanti sono stati fatti da entrambe le parti e sono nati molti nuovi progetti. I problemi ancora presenti riguardano soprattutto quel-le imprese non strutturate per avere un piano di ricerca a medio termine e non supportate dal sistema istituzio-nale, sia dal punto di vista degli investimenti, troppo dif-ficili da richiedere e spesso da ottenere, sia dall’elevata burocrazia a livello nazionale ed europeo.

Per supportare le imprese, Federchimica prosegue con un dialogo costruttivo e costante con il mondo del-la ricerca pubblica e con le istituzioni. Nel primo caso, rafforzando gli accordi già presenti e cercando di por-tare avanti azioni che permettano una interazione sem-pre più semplice tra le imprese, le università e i cen-tri di ricerca. Nel secondo caso, portando all’attenzio-ne delle istituzioni i problemi reali delle imprese e favo-rendo la nascita di attività concrete per migliorare l’uti-lizzo da parte dell’industria degli strumenti dei ministeri nazionali o della Commissione europea.Parallelamente è fondamentale un confronto proposi-tivo tra le PmI e le grandi imprese: attraverso un dia-logo costruttivo, le PmI possono infatti apprendere le

strategie di ricerca dei grandi gruppi. Per favorire que-sti scambi Federchimica ha organizzato diversi incontri presso i centri ricerca delle grandi imprese: in queste occasioni, le PmI possono, proponendo le loro attività, avviare utili collaborazioni su ricerca e sviluppo.

Per incrementare la ricerca e l’innovazione sono fonda-mentali sia le risorse economiche che le risorse uma-ne qualificate.Federchimica ha attivato un dibattito con le imprese e con le università sulla figura dei dottori di ricerca, le pro-spettive di inserimento nel mondo del lavoro e l’adegua-tezza dei percorsi formativi alle esigenze del mondo del-le imprese. Questo dibattito ha evidenziato un proble-ma di coerenza tra la professionalità degli attuali dotto-ri di ricerca, strettamente legata alla formazione ricevu-ta, e le esigenze dei nuovi settori di sbocco. L’assun-zione di un dottore di ricerca, anziché di un neo-laure-ato magistrale, da parte di un’impresa dovrebbe esse-re basata sul riconoscimento di una superiore profes-sionalità che possa giustificare la maggiore età del can-didato e uno stipendio più elevato. Le caratteristiche professionali premianti sono, oltre alla preparazione tecnico scientifica, la cultura progettua-le e il grado di autonomia che il dottore di ricerca deve dimostrare su un progetto di ricerca e sviluppo dell’im-presa. In altri termini l’impresa può giustificare l’assun-zione di un dottore di ricerca anziché di un neo-laurea-to magistrale, e i maggiori oneri che ne derivano sia in termini di costi immediati che di aspettative di svilup-po della persona, solo se riconosce di poter affidare al più presto alla persona stessa un progetto da gestire con un certo grado di autonomia, con attenzione non solo agli aspetti scientifici, ma anche a quelli gestiona-li e organizzativi.A seguito di una condivisione di questa posizione con le università, sono nate delle attività in ambito accade-mico, con la collaborazione delle imprese e di Federchi-mica, che hanno permesso di migliorare il percorso for-mativo, ottenendo una miglior valutazione del dottorato da parte del mondo industriale. Questo dialogo prose-gue, proprio perché è fondamentale non lasciar cadere azioni tali che possano incentivare le attività congiunte e l’apertura alle collaborazioni tra università e imprese.

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36

Prima parte

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I finanziamenti europei

Per implementare le attività di ricerca e innovazione sono poi comunque necessari fondi e incentivi, otteni-bili e utilizzabili con regole semplici e uniformi.A livello europeo, le imprese italiane hanno tuttora diffi-coltà a partecipare a bandi della Commissione europea: infatti il successo del Paese nel 7° Programma Qua-dro per la Ricerca si attesta sempre a un 20% scarso.Con i lavori di definizione del nuovo programma di finan-ziamento europeo “horizon 2020”, che coprirà il perio-do 2014-2020, la Comunità europea ha proposto una serie di azioni di semplificazione che dovrebbero aiu-tare le imprese, soprattutto le PmI, ad accedere ai fon-di. È importante che nel nuovo programma, la Comu-nità europea metta in atto queste azioni: Federchimi-ca continua il dialogo con le istituzioni in questo senso per portare in Europa le istanze nazionali.

Per promuovere la partecipazione delle proprie Impre-se al 7° Programma Quadro, la Federazione sta pro-seguendo un’attività di informazione e di supporto alla presentazione di progetti.Con l’organizzazione di seminari operativi, Federchimi-ca ha avviato uno specifico servizio attraverso la sua società controllata sC sviluppo chimica s.p.A.Poiché è molto importante che le imprese chimiche par-tecipino a questi schemi di finanziamento per aumen-tare la propria competitività sia a livello nazionale che europeo, Federchimica intende supportare le proprie associate nell’identificazione di contatti internazionali e nella gestione dei progetti di ricerca. Nel nuovo programma di finanziamento si dà molta importanza alle partnership pubblico-private. È sicu-ramente fondamentale però tenere vive le Piattaforme tecnologiche in quanto strumenti per individuare i set-tori cui attribuire i fondi: in particolare per il settore chi-mico è rilevante il ruolo della Piattaforma tecnologica Europea “suschem” (sustainable Chemistry) e il suo rapporto con la Commissione europea.

Nanotecnologie e Fedechimica

sempre più in Europa si parla di nanotecnologie e nano-materiali. Parallelamente allo sviluppo di nuovi prodotti e di tecnologie altamente innovative, si affianca spes-so però una preoccupazione immotivata causata dalla scarsa conoscenza di questi nuovi materiali.

A causa di questo timore, a livello europeo è in cor-so un grande dibattito sulla possibilità di produrre leg-gi ad hoc per i nanomateriali, considerandoli così una classe di prodotti a se stante. Al contrario, i nanoma-teriali sono da considerare come altri prodotti chimici per questo le imprese sono già impegnate a valutar-ne l’impatto seguendo la normativa esistente (REACh, sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, etc.).

Finalmente l’Europa ha pubblicato una definizione uffi-ciale di nanomateriale, che potrebbe aiutare i diversi soggetti a comprendere cosa sia o meno “nanomate-riale”. Questa definizione però presenta diversi aspetti negativi, come l’assenza di metodi di misura standard da utilizzare in fase di classificazione della sostanza e ha un campo di applicazione molto ampio che porta all’inclusione tra i “nano” anche di sostanze finora non considerate tali.Nonostante i numerosi dubbi collegati a questa defi-nizione, in molte normative sono state inserite delle disposizioni specifiche per regolamentare i nanomate-riali, seguendo solo il principio di precauzione e senza una reale esigenza di ulteriori indicazioni.Federchimica, attraverso lo sviluppo del Programma “Nanotecnologie nell’Industria Chimica” (PNIC), si è attivata per coinvolgere le imprese in un dibattito, con l’aiuto di tutti gli stakeholder che possono essere inte-ressati al settore (imprese, università, centri di ricerca, parchi scientifici e fondi di venture capital), sia utilizzan-do metodi di divulgazione, sia preparandosi alla possi-bilità di intervenire in confronti europei.Poiché negli stati Uniti e in Asia il mercato delle nano-tecnologie è da anni avviato con un buon successo, è opportuno che l’Europa, e in particolare l’Italia, con-tinui ad affrontare con vigore questo nuovo campo. Le nanotecnologie infatti possono migliorare notevolmente la qualità della vita, la competitività dell’industria euro-pea e lo sviluppo sostenibile.All’interno del Programma, Federchimica si sta occu-pando anche della valutazione del biossido di titanio, secondo le richieste del REACh e dei rischi e oppor-tunità dei nanomateriali, sul fronte della sicurezza negli ambienti di lavoro, in collaborazione con le Autorità nazionali.Un ampio dibattito che coinvolga sia le imprese, sia i centri di ricerca, sia il pubblico è necessario. Questo può portare ad un’analisi efficace dei benefici e dei rischi sia reali che percepiti.

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37torna all’indice

Responsible Care: il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile

Il Programma Responsible Care

Responsible Care è il Programma volontario dell’indu-stria chimica mondiale con il quale le imprese attraver-so le loro federazioni nazionali si impegnano a migliorare continuamente processi, prodotti e comportamenti nel-le aree di sicurezza, salute e ambiente e, più in genera-le, nell’ambito della responsabilità sociale, in modo da contribuire in maniera significativa allo sviluppo sosteni-bile dell’industria, delle comunità locali e delle società.

Il Programma Responsible Care è una delle colonne portanti dell’impegno dell’industria chimica per lo svi-luppo sostenibile.Infatti, esso rappresenta l’etica che guida il settore ver-so il miglioramento continuo delle prestazioni, e si appli-ca concretamente all’interno delle imprese attraverso l’a-dozione di un sistema di gestione integrato di sicurez-za, salute e attenzione per l’ambiente.

Con il passare degli anni e con il maturare delle esigen-ze della società il Programma ha esteso la sua area di copertura alla gestione responsabile dei prodotti lungo l’intero ciclo di vita (Product stewardship) e, più in gene-rale, anche alle problematiche di responsabilità socia-le dell’impresa.

In particolare, nell’area della Product stewardship, l’IC-

CA (International Council of Chemical Associations) ha introdotto all’interno di Responsible Care la Global Pro-duct strategy (GPs) che stabilisce gli standard globali e le procedure per garantire un’appropriata gestione del-la sicurezza nell’uso dei prodotti chimici in tutto il mon-do e una comunicazione trasparente verso i pubblici esterni. tutto questo è destinato a rafforzare la fiducia nel settore chimico e nei suoi prodotti (per approfondi-menti icca-chem.org)

Responsible Care in Italia e i risultati ottenuti

In Italia, il Programma è presente dal 1989 e attualmente vi partecipano 170 imprese di grande, media e piccola dimensione di proprietà nazionale ed estera. Esse sono un campione statisticamente molto significativo dell’in-dustria chimica nel Paese, in quanto ne rappresentano circa il 55% del fatturato e oltre il 50% dei dipendenti.I dati che annualmente le imprese aderenti al Program-ma raccolgono e che vengono pubblicati nel Rappor-to annuale Responsible Care dimostrano come l’indu-stria chimica nazionale sia profondamente impegnata per perseguire la sostenibilità dei suoi processi e dei suoi prodotti.

Le emissioni in atmosfera sono state ridotte dalle impre-se aderenti a Responsible Care, rispetto al 1989, di valori compresi tra l’85% e il 97% a seconda dei para-metri presi in considerazione. Questi risultati sono stati possibili grazie alle innovazioni di processo, alle nuove tecnologie e ai sistemi di abbattimento a camino degli impianti chimici.

Il miglioramento continuo dei processi industriali e la maggiore efficienza degli impianti di trattamento degli scarichi sono i due fattori alla base della riduzione del-le emissioni inquinanti nei corpi idrici. I cinque principali parametri presi in considerazione nel 2010 presentano valori inferiori dal 45% al 80% rispetto al 1989.

L’industria chimica è poi stata particolarmente efficiente nella riduzione delle emissioni di Gas serra. tale ridu-zione ha riguardato fondamentalmente due gas: la Co

2

derivante dai processi di combustione e l’N2o.

Responsible Care ed i Sistemi di Gestione

Areestrategichedi gestione

Standard e schemi volontariOhSAS18001

ISO14001 EMAS ISO 9001 SA 8000Responsible

Care

sicurezza

salute

Ambiente

Productstewardship

Dialogo con gli stakeholders

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38

Prima parte

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L’Anidride Carbonica si è ridotta costantemente nel tem-po, anche grazie all’incremento dell’efficienza dei processi di combustione ed al miglioramento del mix di combustibili negli usi energetici da parte delle imprese. Le emissioni di Protossido di Azoto si sono abbattute di quasi il 90% rispetto al 2005 grazie a nuove tecnologie di processo.Rispetto al 1990, sia l’industria chimica (-64.5%), sia le imprese aderenti a Responsible Care (-71.0%) hanno ottenuto risultati migliori degli obiettivi indicati dal Pro-tocollo di Kyoto e sono già in linea con quanto richie-

sto dagli obiettivi della Commissione Europea per il post Kyoto al 2020.

L’industria chimica non solo è rispettosa dell’ambiente ma dimostra anche una particolare attenzione a garan-tire la sicurezza dei propri dipendenti all’interno dei luo-ghi di lavoro: l’indice di frequenza degli infortuni (ossia il numero di infortuni per milione di ore lavorate), elabo-rato da dati INAIL per tutti i settori economici, dimostra come i luoghi di lavoro della chimica siano tra i più sicu-ri, registrando una performance di 8,7 mentre il valore mediano dell’industria manifatturiera si attesta a 17,8.Per ottenere questi risultati sono state impiegate ingenti risorse finanziare e professionali: infatti, le imprese ade-renti Responsible Care hanno investito complessivamen-te 729 milioni di euro nel 2010 per garantire standard sempre più elevati di sicurezza salute e tutela dell’am-biente. Anche se si registra un calo nel valore assoluto, dovuto alle difficoltà economiche del periodo, le spese per sicurezza, salute e ambiente si confermano quin-di ingenti e sono strutturalmente circa il 3% del fattura-to complessivamente generato.

Attraverso queste risorse economiche, l’industria chimi-ca ha finanziato investimenti in nuovi impianti e macchi-nari in grado di migliorare il proprio ciclo produttivo, ha sviluppato sistemi di gestione formalizzati (che in mol-ti casi hanno ottenuto la certificazione), oltre a garantire elevati standard di performance.Inoltre, circa 100 milioni di euro sono stati destinati alla bonifica dei suoli e delle acque di falda e testimoniano l’approccio responsabile dell’industria chimica nel voler sanare eventuali inquinamenti pregressi.

COD N Metallipesanti

P0

20

40

60

80

100

-74.3%

25,7

-79.8%

20,2

-45.5%

54,5

-45.7%

43,8

1989 2010

30.510

15.03913.237

10.827

28.527

24.408

1990 2007 2008 2009

∆-64.5%

∆-6.5%

∆-20%

100 109.9 102.5 89.1

2012 2020

kt CO2eq.Obiettivo

Kyotoper l’Italia

ObiettivoUE

IPIIndustriaChimica

SO2 NOx Polveri COV0

20

40

60

80

100

-97.0%

3,0 3,08,6

-84.9%

15,1

-97.0%

-91.4%

1989 2010

Fonte: Federchimica-Responsible Care

Fonte: IsPRA; IstAt Fonte: Federchimica-Responsible Care

Emissioni in acqua delle imprese aderentia Responsible Care

(indice 1989=100)

Andamento e struttura delle emissioni di “Gas Serra” dell’industria chimica in Italia: confronti con gli obiettivi di Kyoto e dell’UE

Emissioni in aria delle imprese aderenti a Responsible Care

(indice 1989=100)

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39torna all’indice

Responsible Care: il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile

diventa sempre più centrale e di fondamentale impor-tanza in tutte le scelte strategiche dell’impresa. si cre-sce e si prospera armonicamente solo nel rispetto di questa intesa. Non ci può essere lo sviluppo sosteni-bile se l’impresa non si comporta secondo principi etici nei confronti dell’ambiente, dei propri dipendenti e del-la comunità. Un tale comportamento etico non può e non deve però essere solo uno slogan ma deve esse-re iscritto nei cromosomi aziendali e quindi diventa per-corribile nella misura in cui l’azienda lo fa proprio sotto-scrivendo una politica d’impegno, come quella di ade-sione al Programma Responsible Care, che non ha solo un valore formale, ma diventa un atto altamente signi-ficativo, senza il quale difficilmente l’impresa migliora.

Il contesto nazionale, sempre più fortemente caratteriz-zato da una domanda di sostenibilità delle attività econo-miche proveniente da tutti i principali stakeholder (autorità pubbliche, clienti, consumatori, opinion leader e cittadini), evidenzia la necessità per l’industria chimica di supporta-re attivamente la sfida in atto del cambiamento ambien-tale e sociale. Ciò permetterà alla chimica di superare le attuali difficoltà e di rimanere un settore strategico per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese.

A tutti i livelli si sta sempre più affermando la consa-pevolezza che lo sviluppo armonico di un’impresa non può prescindere dal rispetto e dal prendersi cura delle persone e dell’ambiente. Il binomio persona-ambiente

Ind. Metalli

Settori N° di Infortuni indennizzati per Milione di Ore Lavorate*

Ind. TrasformazioneInd. LegnoInd. GommaInd. AlimentariInd. Mezzi TrasportoAltre IndustrieInd. MeccanicaInd. CartaInd. ElettricaInd. Cuoio e PelleInd. TessileInd. Chimicadi cui Imprese RCInd. Petrolio

Valore Mediano

2008-2010=17,8

2007-2009=20,2

26,824,324,0

22,119,8

18,718,3

13,010,2

9,710,0

8,78,0

5,9

17,3

2008 2009 2010

216(I)

898 826729

20,7% Investimenti HSE/Investimenti TotaliSpeseHSE/Fatturato

19,9% 18,5%

52,147,9

76,423,6

3.0% 3.5% 2.6%

682(CO)

654(CO)

566(CO)

172(I) 163

(I)Ambiente

Ambiente

Sicurezza e Salute

Sicurezzae Salute

Milioni di € Ripartizione (%) per naturae per destinazione

Fonte: IsPRA; IstAt Fonte: Federchimica-Responsible Care

Infortuni sul lavoro: confronto tra settori economici (2008-2010)

Imprese aderenti a Responsible Care: andamento e struttura delle spese in hSE*

* Media aritmetica relativa al triennio 2008-2010 * Spese hSE = Investimenti hSE (I) + Costi Operativi hSE (CO)

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Relazioni industriali e risorse umane

In un momento particolarmente delicato per l’Industria e per l’intero Paese, ancora una volta il settore ha con-fermato e rilanciato l’impegno congiunto per lo svilup-po, riconoscendo alle relazioni industriali un ruolo stra-tegico per la competitività, l’occupazione ed il migliora-mento continuo della sicurezza, della salute e della tute-la dell’ambiente, in un’ottica di responsabilità sociale.

Sostegno e rilancio della competitività e dell’occupazione

Il secondo semestre del 2011 e la prima parte del 2012 sono stati caratterizzati dall’avvio dei lavori preparato-ri all’apertura formale delle trattative per il rinnovo del CCNL in scadenza al 31 dicembre 2012.Con l’accordo “modello di Relazioni Industriali chimico-farmaceutico: PAtto per il sostegno e il rilancio della competitività e dell’occupazione”, sottoscritto il 27 giu-gno 2011, si è voluto rilanciare, in una fase di profondi cambiamenti, il positivo modello partecipativo di rela-zioni industriali settoriale, condividendo con le organiz-zazioni sindacali un patto finalizzato a migliorare la com-petitività delle imprese e a delineare, con più di un anno di anticipo rispetto alla scadenza, gli ambiti del rinnovo contrattuale del 2012 ovvero la produttività e l’occupa-bilità. Due temi sui quali le parti sociali hanno deciso di avviare un percorso congiunto finalizzato ad individua-re possibili e opportune convergenze in vista dell’ap-puntamento negoziale.Nel patto di giugno si è condiviso con le organizzazio-ni sindacali che, in un contesto economico molto diffi-cile, solo attraverso il miglioramento complessivo della loro competitività le imprese possono crescere e con-seguire una redditività soddisfacente e tutelare il lavo-ro, il benessere dei lavoratori, la crescita delle retribu-zioni, in particolare della quota di retribuzione variabi-le, e il mantenimento e lo sviluppo dell’occupazione.

In tal senso, Federchimica si è ulteriormente impegna-ta con le altre parti sociali per promuovere la produtti-vità del lavoro e per realizzare azioni congiunte nei con-fronti delle istituzioni per attuare scelte di politica indu-striale adeguate a migliorare la produttività di sistema.

Con il patto sottoscritto, si è inteso dunque rilanciare il ruolo delle relazioni industriali come strumento capace di cogliere realisticamente le esigenze di parti estrema-mente diversificate (per diversità merceologiche, dimen-sionali, economiche, organizzative, culturali, di redditivi-tà, di produttività e di esigenze di investimenti) e mutevoli.Le parti sociali si sono, quindi, impegnate a migliora-re alcuni ambiti di criticità che inevitabilmente emer-gono in un settore composito e in un contesto come quello attuale. In particolare, si è concordato di realiz-zare iniziative, anche congiunte, per garantire sempre e a tutti i livelli:

rispetto delle regole ed etica nei comportamenti; effettiva e piena disponibilità delle normative previste

dal CCNL; tempestività nell’affrontare i problemi e nella defini-

zione delle soluzioni negoziali; coerenza nell’attuazione delle intese realizzate.

In relazione a ciò, si è condivisa la necessità di svi-luppare un percorso sempre più partecipativo, attra-verso gli osservatori nazionali, territoriali e aziendali, in modo da vivere le fasi negoziali a tutti i livelli come un momento di sintesi su temi già approfonditi e condi-visi in tali ambiti.

In vista del prossimo rinnovo del CCNL nel 2012 ed in funzione degli impegni assunti con l’intesa sottoscritta a giugno 2011 sui temi della produttività e della occu-pabilità, nell’ottobre dello stesso anno si è avviato un dibattito e un percorso interno, nell’ambito dei Comita-ti sindacali e di due specifici gruppi di lavoro, a cui si è affiancato, in dicembre, il confronto e l’approfondimen-to con le organizzazioni sindacali nelle sessioni allarga-te dell’osservatorio nazionale.

Attraverso le scelte del prossimo rinnovo del CCNL si è assunto l’impegno a dare risposte concrete alle esigen-ze di produttività e di occupabilità ed il percorso deline-ato consentirà di arrivare all’apertura formale delle trat-tative, nel mese di luglio, avendo già condiviso diver-si aspetti che serviranno ad agevolare l’individuazione di modalità e strumenti tecnici idonei a raggiungere gli obiettivi prefissati.

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42

Prima parte

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Diffusione e valorizzazione dell’impegno in tema di SSA

Dando attuazione agli impegni assunti con l’ultimo rinno-vo contrattuale e alle successive intese applicative, il 17 ottobre 2011 si è svolta la prima edizione della “Giornata nazionale sicurezza salute Ambiente” (Giornata naziona-le ssA) e del Premio “migliori esperienze aziendali” per iniziative condivise di responsabilità sociale, assegnato a tre aziende per la tutela della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, il rispetto dell’ambiente e altri temi di welfare contrattuale.

Il settore chimico persegue da tempo l’obiettivo dello svi-luppo sostenibile, inteso come l’integrazione equilibrata e dinamica dei principi della crescita economica, della pro-tezione ambientale e dell’equità sociale. Per questo è sta-ta elaborata e adottata una strategia basata sull’impegno e la collaborazione di tutti i soggetti presenti nel settore.La partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti sui temi della sicurezza, salute e ambiente è frutto di una scelta strategica di lungo periodo che ha portato positivi risultati e che si fonda sulla con-siderazione che il futuro delle imprese chimiche è for-temente condizionato da queste tematiche e le azien-de del nostro settore, pur essendo tra le più virtuose sul fronte della sicurezza, sono particolarmente esposte nel contesto italiano caratterizzato da scarsa cultura scien-tifica e da un’opinione pubblica spesso disinformata e pregiudizialmente ostile.

L’istituzione della Giornata Nazionale ssA è stata con-venuta proprio per sostenere e promuovere l’impegno settoriale e la valorizzazione delle buone prassi azienda-li, perseguire con le istituzioni e la comunità un positivo rapporto, un costruttivo dialogo ed efficaci sinergie basati su credibilità, comunicazione e trasparenza.I progetti realizzati in tale ambito, a tutti i livelli, e la divul-gazione delle iniziative condivise di responsabilità socia-le, attraverso l’istituzione del Premio “migliori esperien-ze aziendali”, costituiscono un’occasione utile per rap-presentare all’esterno punti di vista congiunti, proporre costruttive modalità di rapporto a livello aziendale, realiz-zare strumenti di crescita culturale sulle tematiche ssA da mettere a disposizione delle parti aziendali.Le scelte di responsabilità sociale condivise nella con-trattazione rappresentano quello che è stato individua-to come “welfare contrattuale”, costituito da quelle nor-mative che sono finalizzate a dare risposte a esigenze dei lavoratori e dei loro familiari in ambiti che hanno una rilevanza sociale.

Le intese raggiunte, di fatto, hanno saputo coniugare le più svariate esigenze dei lavoratori con l’impegno delle singole imprese, come:

iscrizione del nucleo familiare a FAsChIm, totalmen-

te o parzialmente a carico dell’impresa; istituzione di specifici fondi solidaristici, finalizzati alla

erogazione di integrazioni salariali; programmi di conciliazione che permettano alle per-

sone di coniugare le diverse sfere della propria vita; tariffe agevolate e convenzioni per l’acquisto di beni

e servizi; programmi di educazione, prevenzione sanitaria e

counseling su tematiche di natura personale; permessi retribuiti per lo svolgimento di attività di

volontariato e previsione di contribuzione di impre-sa e lavoratori a organizzazioni no profit.

Nel 2011, una giuria appositamente costituita da rap-presentati delle parti sociali e da un rappresentante del mondo accademico, ha assegnato il Premio “migliori esperienze aziendali” alle seguenti tre imprese: Alcea s.r.l., merck serono s.p.A., 3m Italia s.p.A.

Infine, con l’obiettivo di agevolare la gestione a livel-lo aziendale delle tematiche connesse alla sicurezza e salute dei lavoratori e alla tutela dell’ambiente, è stata anche pubblicata una seconda edizione del “manuale sulla sicurezza, salute, Ambiente” realizzato nell’am-bito dell’organismo Bilaterale Chimico per la forma-zione continua (oBC) in distribuzione dalla seconda metà del 2011.A fronte delle numerose e rilevanti innovazioni normati-ve, di legge e contrattuali, intervenute successivamen-te alla pubblicazione della prima edizione del manuale (2007), le parti sociali hanno, infatti, ritenuto necessa-rio realizzare la nuova edizione del manuale nella qua-le sono contenuti:

le linee guida sulla gestione della sicurezza e del-la salute dei lavoratori e della tutela dell’ambiente a livello aziendale ed estratti delle norme contrattua-li in materia di ssA;

estratti delle discipline legislative relative a tutti i sog-getti previsti dal D.Lgs. 81/08, con sintesi ed esempi delle principali novità normative in materia di comu-nicazione del pericolo;

sintesi dei principali elementi informativi sul Program-ma Responsible Care, sulla gestione responsabile del prodotto (Product stewardship) e linee guida realiz-zate dalle parti sociali al fine di agevolare la corretta partecipazione alle varie fasi del Programma.

si tratta quindi di una pubblicazione che rappresenta un aggiornato strumento operativo di particolare utilità per i datori di lavoro, per i lavoratori e i loro rappresentan-ti, nonché per tutti coloro che a vario titolo sono impe-gnati sui temi della sicurezza, salute e dell’ambiente.tale pubblicazione potrà, inoltre, costituire un punto di riferimento per la realizzazione dell’attività formativa in tema di sicurezza prevista dall’Accordo stato-Regioni in vigore dal gennaio 2012.

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Relazioni industriali e risorse umane

L’impegno per la crescita attraverso la formazione

L’attività di formazione congiunta, tema considerato stra-tegico per il settore, oltre che proseguire con le iniziative nei confronti dei rappresentanti dei lavoratori per la sicu-rezza la salute e l’ambiente (RLssA), ha visto l’avvio del progetto formativo C.Sei.

tale progetto, destinato a RsU e funzioni delle risorse umane aziendali, fa seguito agli impegni contrattuali in tema di formazione volti a sostenere, agevolare e svilup-pare l’impegno delle imprese e dei lavoratori in materia di formazione finalizzata a rafforzare la competitività del-le imprese, attraverso la valorizzazione e l’arricchimen-to professionale delle risorse umane e dei lavoratori che svolgono l’importante ruolo di parti sociali a livello azien-dale e territoriale.

Il piano formativo, in particolare, ha l’obiettivo di rafforza-re l’identità settoriale, attraverso percorsi didattici, spe-cificatamente progettati per chi riveste il ruolo di attore sociale, attraverso:

conoscenze non solo tecniche; competenze necessarie per svolgere il ruolo; comprensione anche del contesto; consapevolezza del proprio ruolo e sulle scelte del

CCNL; coerenza nell’applicazione del CCNL; comportamenti etici e socialmente responsabili.

In questa prima fase il progetto è stato avviato, in via spe-rimentale, per le imprese situate in Lombardia, in collabo-razione con l’Università degli studi di milano e con il finan-ziamento di Fondimpresa.tra dicembre 2011 e giugno 2012 sono state program-mate otto edizioni della durata di due giornate ciascuna, nell’ambito delle quali, con l’intervento di rappresentanti del-le parti sociali e docenti universitari, sono state approfon-dite le aree tematiche: relazioni industriali, sicurezza salu-te ambiente e responsabilità sociale, caratteristiche dei mercati e strategia d’impresa, premio di partecipazione.

L’impegno a livello confederale

A livello confederale Federchimica ha garantito il costante supporto alle attività attraverso la partecipazione attiva a specifici comitati e gruppi di lavoro coordinati dagli uffici di Confindustria sulle diverse tematiche legislative nonché su quelle contrattuali e di relazioni industriali, portando, al contempo, in tale ambito, il punto di vista settoriale.

Le indagini statistiche

La realizzazione, in collaborazione con la Direzione Centrale Analisi Economiche-Internazionalizzazione,

dell’indagine retributiva annuale, da più di 20 anni for-nisce indicazioni sui livelli retributivi e sulle caratteristi-che dell’occupazione nel settore.tale indagine quest’anno sarà, anche particolarmente utile per supportare le scelte del rinnovo contrattuale in scadenza nel 2012.si è ripetuta, inoltre, l’indagine sulle tipologie di assun-zioni effettuate, sui flussi dell’occupazione, sull’utilizzo da parte delle imprese degli strumenti di flessibilità for-niti dalla legge di riforma del mercato del lavoro e dal-le norme contrattuali e sugli orari e assenze dal lavo-ro. tale indagine, che vede impegnato tutto il sistema Confindustria, consente di disporre di elementi cono-scitivi oggettivi utili per rappresentare e confrontare sui temi indicati la situazione generale e settoriale.

L’attività internazionale

È proseguita la partecipazione al dialogo sociale per il settore chimico, che si svolge tra ECEG (European Che-mical Employers Group), che rappresenta le organiz-zazioni imprenditoriali dei Paesi membri, EmCEF (Euro-pean mine, Chemical and Energy Workers Federation), in rappresentanza dei lavoratori, e rappresentanti della Commissione europea.Quest’anno, tra l’altro, cade il decimo anniversario di costituzione dell’ECEG, a cui Federchimica ha parte-cipato sin dall’inizio, supportandone lo sviluppo e le attività.Il dialogo sociale europeo è unanimemente ricono-sciuto come un pilastro del “modello sociale euro-peo”. Esso rappresenta lo strumento essenziale con il quale le parti sociali contribuiscono alla governan-ce dell’Unione europea e alla definizione di standard sociali europei. Il dialogo tra le organizzazioni rappresentative dei lavo-ratori e dei datori di lavoro, a tutti i livelli, risulta essen-ziale per lo sviluppo sostenibile, la crescita e la cre-azione di occupazione, la competitività, la qualità del lavoro, così come per efficienti e produttive relazioni industriali. Questo dialogo ha consentito anche di defi-nire documenti e posizioni comuni nei confronti del-le istituzioni europee, come quelle realizzate in tema di efficienza energetica e di riscontro al green paper della Commissione europea in tema di ristrutturazio-ni aziendali, e progetti condivisi, come quello sull’im-patto del cambiamento demografico nell’industria chi-mica e sulla possibile costituzione di un network sul-le competenze professionali utili per il settore chimi-co a livello europeo.La partecipazione all’ECEG contribuisce, inoltre, alla constante ricerca di linee di intervento comuni in meri-to all’evoluzione normativa in atto a livello comunitario sui temi del lavoro e consente lo scambio di informa-zioni sulle situazioni in corso nei diversi paesi.

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44

Prima parte

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I Fondi settoriali

Fonchim

Il 2011 è stato caratterizzato da un andamento dei mer-cati a “fasi alterne”: un avvio di anno in cui la crisi dell’eu-rozona sembrava in via di risoluzione e una seconda parte in cui i listini azionari sono stati portati in ribasso dai timori generati dall’area euro. I comparti a compo-nente azionaria hanno in parte risentito dell’andamen-to internazionale, pur riuscendo a contenere il ribasso. stabilità (70% obbligazioni e 30% azioni) -1.25%; Cre-scita (40% obbligazioni e 60% azioni) -3.99%; Garantito (100% obbligazioni a breve termine) 1.52%.Nel 2011 sono stati selezionati i nuovi gestori finanzia-ri i cui mandati decorrono dal 15 gennaio 2012. Con lo scopo di stabilizzare maggiormente i rendimenti anche nei periodi di turbolenza dei mercati, sono state intro-dotte novità di rilievo nella politica di investimento: si è puntato a un incremento della diversificazione dell’inve-stimento obbligazionario e si è consolidata la gestione “specialistica” dei mandati. Il Fondo ha mantenuto una copertura di circa l’80% dei potenziali associati con circa 152.465 iscritti e circa 2.400 aziende associate.

FASChIM

Al 31 marzo 2012 il Fondo registra 2.123 imprese asso-ciate e 133.479 iscritti (in costante crescita in questi anni), di cui 93.045 dipendenti e 40.434 familiari. Nel 2011 ha gestito 182.995 richieste di rimborso, circa

422.920 prestazioni sanitarie e liquidato oltre 19 milio-ni di euro. Nel primo semestre 2011 il Fondo ha effettuato una analisi di mercato sui propri associati indagando diverse aree e la valutazione complessiva è stata decisamen-te soddisfacente: su una scala tra 0 e 10 il punteggio medio attribuito è stato di 8.15. Anche sulla base del-le considerazioni emerse durante la ricerca, FAsChIm ha introdotto importanti novità a vantaggio degli iscritti, sia attraverso l’allargamento delle prestazioni rimborsa-bili, sia con un miglioramento dei servizi offerti: è stato fatto un importante ampliamento dell’area riservata sul sito, che oggi permette agli associati di avere la visio-ne di tutta la documentazione presentata e ricevuta e di seguire le proprie pratiche in tempo reale; inoltre è stata avviata una campagna di raccolta mail per poter avere un contatto più diretto e rapido con gli associati.La vera novità del 2011 è stata l’introduzione del servi-zio “ticket online”, che permette, tramite l’area riserva-ta sul sito, di inviare in pochi secondi la scansione del-le ricevute di ticket ed avere il rimborso in pochi gior-ni. Da ottobre 2011, data di attivazione del servizio, a marzo 2012, su 34 mila persone che hanno inviato richieste di ticket, circa 12 mila hanno utilizzato il nuo-vo servizio, che sta riscuotendo un notevole succes-so tra gli associati. Da gennaio 2012 il Fondo, oltre ad ampliare le struttu-re convenzionate, ha inserito due nuove prestazioni, la campagna di prevenzione e il rimborso al 100% di pre-stazioni socio sanitarie (fisioterapia, logopedia, servizi infermieristici, prestazioni socio assistenziali) per perso-ne che hanno subito esiti di gravi malattie.

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LA ChImICA E I sUoI sEttoRISeconda Parte

In Italia operano migliaia di imprese chimiche divise in molti settori che, nel loro insieme, costituiscono una logica di filiera. Federchimica, attraverso i Gruppi merceologici e le rispettive Associazioni, rappresenta tutti i settori della chi-mica operanti nel Paese.Qui presentiamo i settori partendo dalla chimica di base, che produce i costituenti fondamentali della filiera a valle, poi la chimica fine e specialistica, che acquista gli intermedi dalla chimica di base per tramutarli in prodotti differenziati per tutti i settori manifatturieri e infine la chimica per il consumo, quella destinata direttamente al consumatore finale.

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La chimica e i suoi settori

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ChIMICA DI BASE ORGANICA, INORGANICA E tENSIOAttIVI

La chimica di base organica in Italia ha chiuso il 2011 con un tasso di crescita di circa il 2%. Nel corso dell’anno, però, il settore ha mostrato andamenti ben distinti: nei primi sette mesi, si è beneficiato di una buona doman-da complessiva, aiutata anche dai flussi di esportazio-ne, trainati soprattutto dal far east. Nella parte restan-te dell’anno, la riduzione del mercato dell’export per i produttori europei, e pertanto anche per l’Italia, ed il cli-ma di grande incertezza economica (crisi del sistema Europa) hanno fortemente influenzato la confidence dei consumatori. A ciò, vanno aggiunte le politiche di con-tenimento degli stoccaggi lungo tutta la filiera e la stret-ta finanziaria attuata dalle banche, che hanno avuto un impatto non trascurabile sulla domanda.

Per la chimica inorganica di base, i consumi e le produ-zioni del cloro a livello europeo sono rimasti stabili. L’I-talia ha tratto vantaggio dalla buona domanda di cloro-derivati proveniente dai mercati asiatici nella prima metà dell’anno, mentre nella seconda parte del 2011, la sta-gionalità della domanda e l’incertezza dei mercati, che hanno indotto alla prudenza negli acquisti, hanno con-dizionato le produzioni domestiche.

Per quanto riguarda la soda caustica, a fronte di una sta-bilità della domanda a livello europeo, si è consolidato il calo dei consumi locali. si è confermata, inoltre, sempre a livello nazionale, la criticità di equilibrio tra domanda e offerta e la conseguente volatilità del mercato, conse-guenza diretta di una eccessiva esposizione all’importa-zione che ha ormai assunto connotati strutturali.

Nel 2011, il mercato dell’acido solforico in Italia si è chiu-so con una produzione annua pari a circa 1.200.000 tonnellate, con un consumo interno attorno alle 950.000 tonnellate. La situazione di grave crisi finanziaria dei mercati, ha determinato una certa flessione del merca-to domestico, con un calo della domanda interna e un rallentamento della richiesta di acido solforico, permet-tendo maggiori aperture sul mercato dell’export, in par-ticolare verso la turchia, il cui incremento di richiesta di acido solforico ha controbilanciato il calo proveniente da alcuni paesi del nord Africa, interessati da condizio-ni di instabilità politica.

La situazione relativa agli approvvigionamenti della mate-ria prima ha continuato a presentare elementi di critici-

tà, connessi al notevole livello di costo dello zolfo e alla ridotta produzione da parte dei fornitori italiani, anche a causa di alcuni significativi fermi manutentivi da parte delle raffinerie presenti sul territorio nazionale.

Il settore dei tensioattivi ha vissuto il 2011 con un anda-mento irregolare. La prima parte dell’anno è stata carat-terizzata da un consumo generalmente comparabile al 2010, se non in lieve crescita. L’ultima parte dell’anno, invece, ha evidenziato un rallentamento dei consumi; questo tipo di andamento, è da ricondursi alla grave incertezza economica generalizzata in tutti i settori indu-striali. La produzione italiana è stata allineata ai consumi.

Per quanto riguarda le principali criticità del settore del-la chimica di base, vi è in primo luogo l’eccessivo costo dell’energia, che rimane, nel nostro Paese, il più alto in Europa. Per alcune produzioni del comparto, quali ad esempio il cloro-soda e la chimica organica di base, il costo energetico diventa una componente così gravo-sa da metterne a rischio la competitività rispetto a quelle realizzate negli altri paesi europei o extra europei.Anche l’Emission trading system, porterà un ulteriore aggravio di costi per le aziende del settore, solo in parte compensato da eventuali facilitazioni sulle quali i singoli stati dell’Unione Europea dovranno decidere.

Un altro tema importante per il settore è quello delle boni-fiche dei siti produttivi, che può, in alcuni casi, compor-tare un rallentamento delle attività produttive, con oneri non trascurabili lungo tutta la filiera. Va ricordato, inoltre, il problema relativo al blocco del traffico diffuso delle merci pericolose che sta causan-do gravi ricadute sul sistema logistico di molte imprese.Gli operatori del settore lamentano, infine, le crescenti difficoltà, comuni a tutta l’industria, di accesso al credi-to e i ritardati termini di pagamento dell’amministrazio-ne pubblica.

Per quanto riguarda le attività di comunicazione promos-se da Assobase, nel 2011, al museo Nazionale della scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci” di mila-no, in occasione dell’Anno internazionale della chimica, è stata inaugurata la sezione dedicata all’industria del-la chimica di base, il progetto ha concorso all’iniziativa Responsible Care Award del Cefic aggiudicandosi una menzione speciale.

www.assobase.it

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Seconda parte

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MAtERIE PLAStIChE E RESINE SINtEtIChE

Nel 2011 l’andamento del mercato delle materie plasti-che in Italia è risultato deludente. Lo scorso anno, infat-ti, la domanda di polimeri da parte dei trasformatori, pari a 6.060 Kton, ha fatto segnare un calo del 3% rispet-to al 2010.tra le commodities, i polimeri che hanno mostrato i mag-giori decrementi sono stati il polietilene ad alta densità (-4.8%), il polietilene a bassa densità e lineare a bassa densità (-4.7%) e il polivinilcloruro rigido (-3.5%), seguiti dal polistirene compatto (-2.6%), dal polietilentereftala-to (-2.2%) e dal polipropilene (-2.1%). Deludente è sta-to anche il consumo degli espansi poliuretanici (-2.9%) e della poliammide (-3.9%).Le cause di questa contrazione sono da ricercarsi nel ristagno dell’edilizia, con pesanti ricadute nel settore tubi, in quello dell’isolamento e del materiale elettrico; nella ridu-zione dei consumi delle famiglie, soprattutto di beni non essenziali, (per esempio il monouso); nei tagli alla spesa pubblica e agli investimenti in infrastrutture; nei forti ritardi nei pagamenti da parte delle Amministrazioni pubbliche; nella crisi di importanti comparti industriali, quali quello dell’automobile e degli elettrodomestici.

Per quanto riguarda le principali criticità relative al setto-re, va sicuramente citata quella relativa al Waste mana-gement. La questione del riciclaggio e del “fine vita” dei manufatti in plastica impatta sulla percezione del materia-le plastico. Il “littering” trova nella discarica il suo momen-to di massima visibilità e negatività rispetto all’ambiente e contribuisce a formare un’immagine della plastica errone-amente negativa; inoltre, tale forma di smaltimento rap-presenta, per tutta la società, una mancata opportuni-tà poiché i rifiuti non vengono in alcun modo valorizzati. La perdita per le nostre comunità appare ben più grave quando si considera che la plastica può essere facilmen-te riciclata (non esistono negli imballaggi comuni materie plastiche non riciclabili) e, quando le operazioni di riciclo diventano impossibili, può essere utilizzata come ottimo combustibile, mantenendo inalterato, durante il suo ciclo di vita, il suo altissimo potere calorifico.PlasticsEurope Italia, attraverso rappresentanti delle sue imprese associate, è attivamente coinvolta nella gestio-ne del Consorzio CoNAI/CoREPLA per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica. Il Consorzio CoREPLA ha raggiunto e superato gli obiettivi di riciclo previsti dal-la normativa europea e da quella italiana; inoltre, il Con-sorzio rappresenta un’eccellenza a livello internaziona-

le per ciò che riguarda l’efficacia e l’efficienza del Waste management degli imballaggi in plastica. Rimane, a livel-lo nazionale, il ritardo per quanto riguarda la valorizzazio-ne dei rifiuti che non possono essere riciclati. tale ritar-do dipende anche dalla mancanza di termovalorizzatori, soprattutto nel sud del Paese, e contribuisce al rallen-tamento di quel processo che dovrebbe portare ad un uso sempre più limitato e vicino allo zero, delle discari-che, che, come ampiamente dimostrato, sono la forma di gestione dei rifiuti non più accettabile in una società “sostenibile”.PlasticsEurope, a livello europeo, sta lanciando un pro-gramma dal titolo “Zero Landfill by 2020” e ha dichiara-to la propria disponibilità a favorire tutte le iniziative aven-ti tale obiettivo.

Altre problematiche che possono avere un impatto sfa-vorevole sulla competitività del settore sono l’eccessivo costo dell’energia; l’Emission trading system; le bonifi-che dei siti produttivi e la stretta creditizia per le aziende, fattori critici per tutto il sistema industriale che PlasticsEu-rope Italia sta affrontando insieme alle imprese associate.

tra le attività sviluppate da PlasticsEurope Italia va evi-denziata la collaborazione con i cosiddetti stakeholders volta ad approfondire e mettere a punto procedure e criteri per migliorare il grado di fiducia di tutti gli utilizza-tori nei confronti dei manufatti in plastica, che svolgono un ruolo importante per rendere la nostra vita più sicura, per minimizzare lo spreco delle risorse e per salvaguar-dare l’ambiente che ci circonda.

L’Associazione ha proseguito, infine, il programma di comunicazione assegnando sei borse di studio a tesi di laurea sulle materie plastiche, promuovendo il 16° “Premio Nazionale Federchimica Giovani” e le attività al Festival della scienza di Genova. È proseguita anche la Campagna “hey! sono un Polimero!”, attraverso il sito sonounpolimero.it.In coordinamento con PlasticsEurope è stato realizza-to a Palermo lo Youth Parliament Debate con il patroci-nio dell’Assemblea Regionale siciliana, di Confindustria Palermo, dell’Ufficio scolastico Regionale siciliano e di Palermo scienza, nel corso del quale squadre di lice-ali hanno discusso di plastica e ambiente seguendo le regole parlamentari, due dei vincitori Italiani sono risulta-ti nella rosa dei finalisti europei.

www.plasticseuropeitalia.it

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La chimica e i suoi settori

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FONtI RINNOVABILI

La trasformazione delle biomasse in sostanze chimiche per impiego energetico e per impiego industriale è un processo chimico e da queste trasformazioni si otten-gono sostanze che possono essere utilizzate sia per produrre direttamente energia (biocombustibili), sia per produrre composti chimici (intermedi) che a loro volta vengono trasformati in ulteriori prodotti al pari di quanto già succede con le fonti fossili.oggi, la necessità di disporre di prodotti della chimica che derivano dalle biomasse in alternativa a quelli deri-vanti dal petrolio è sempre maggiore. Questo a causa delle politiche climatiche e della ricerca di alternative alle risorse fossili che non sono inesauribili e possono quin-di essere soggette a prevedibili aumenti di costo. Cre-sce inoltre l’esigenza strategica di affrancarsi dai pae-si produttori di petrolio senza tuttavia creare una nuova dipendenza dai paesi produttori di biomasse, general-mente identificabili con i paesi in via di sviluppo, poiché i primi sono afflitti da una pericolosa instabilità politica, i secondi da un crescente fabbisogno di materie prime.La trasformazione delle biomasse permette lo svilup-po di una “industry”, costituita dai vari attori della risul-tante filiera con significativi impatti anche occupazionali. Lo sviluppo di prodotti da materie prime rinnovabili può rappresentare un importante contributo ad un’economia sostenibile, in vista della potenziale minore energia coin-volta nella produzione e delle opzioni di smaltimento a basso impatto ambientale. Rappresenta inoltre un’otti-ma opportunità per sviluppare sistemi integrati vertica-li, coinvolgendo attori agricoli e industriali in uno sforzo di crescita comune.

Il Gruppo fonti rinnovabili di Aispec rappresenta le impre-se che operano nella trasformazione di biomasse e che ne impiegano i derivati. Il Gruppo, costituito in Feder-chimica in quanto fa riferimento ad attività di natura chi-mica, promuove le tecnologie per lo sfruttamento delle biomasse che dimostrano di essere sostenibili e com-petitive. Questo anche senza necessità di ricorrere a sussidi, che possono prestarsi, se utilizzati in maniera errata, a distorsioni di mercato, spreco di risorse pub-bliche e alterare le condizioni di concorrenza tra i diver-si comparti produttivi. Una corretta programmazione di filiera e una strategia che prevengano distorsioni della concorrenza e del mercato sono necessari per applica-re in modo oggettivo i criteri di sostenibilità fissati dall’U-nione europea.

Un adeguato sviluppo di tecnologie per l’utilizzo di bio-masse che non rientrano nell’impiego alimentare umano e animale ed eventualmente coltivabili anche su terreni non adatti alle colture classiche, costituirebbe un’ulterio-re spinta per la creazione di un circolo virtuoso di rilan-cio della chimica italiana e per nuove opportunità di red-dito degli agricoltori. Inoltre si presenta l’opportunità di valorizzare biomasse di natura diversa, derivanti da atti-vità agricole o dell’industria alimentare abitualmente con-siderate come rifiuti e come tali soggetti solo a costi di smaltimento.

L’agricoltura italiana può ricevere molto dallo sviluppo delle coltivazioni delle biomasse. Una corretta gestione di questa filiera potrebbe permettere lo sfruttamento dei circa 500.000 ettari di suolo coltivabile attualmente inu-tilizzato, creando un reddito agricolo aggiuntivo, nell’am-bito di pratiche di agricoltura sostenibile che si integrano con un’efficace protezione dell’ambiente. Per raggiungere questi traguardi serve lo strumento del sostegno pubblico, nella forma dell’incentivo alla ricerca, e normative che spingano l’innovazione attraverso l’ado-zione di standard di prodotto e di sistema sempre più ele-vati, la cui attuazione dovrà essere incoraggiata attraver-so un’adeguata attenzione legislativa. I progetti di ricer-ca in questo campo sono sulla frontiera tecnologica e implicano risorse economiche molto rilevanti che devono trovare nei fondi pubblici un’appropriata considerazione.

Da parte sua Federchimica crede che la chimica delle biomasse sia un tassello molto importante della chimica sostenibile ed è fermamente convinta che questo set-tore debba essere sviluppato in una logica complessi-va che unisca biotecnologie, bioraffinerie, biocarburan-ti e bioprodotti chimici in modo coordinato. Federchimi-ca, tra le prime associazioni chimiche nazionali in Europa a guardare con interesse alle fonti rinnovabili, è dell’av-viso che tutta la chimica europea debba attivarsi a livel-lo centrale in modo coordinato per cogliere le opportu-nità che questo mondo può offrire nel prossimo futuro. Non a caso la recente comunicazione degli organi isti-tuzionali dell’Unione europea in tema di “strategia bioe-conomica per l’Europa” prevede una forte collaborazio-ne e interconnessione tra agricoltura e silvicultura, indu-stria alimentare, industria chimica, industria biotecnolo-gica e comparto energetico nella prospettiva di un’effi-cace partnership tra pubblico e privato.

www.aispec.it

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Seconda parte

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AGRICOLtURA E MERCAtO DEI FERtILIZZANtI

Innovazione e sostenibilità in agricoltura sono fondamen-tali per incrementare la produzione di derrate alimentari e contribuire a sfamare sette miliardi di persone sul pia-neta. I fertilizzanti si presentano quindi come strumenti indispensabili per ottenere raccolti adeguati, sicuri e a prezzi accessibili; offrono inoltre la possibilità di aumen-tare la produzione senza estendere le superfici coltiva-bili reintegrando il suolo dei suoi elementi nutritivi. Insie-me agli altri fattori che hanno determinato la “Rivoluzione verde”, i fertilizzanti hanno reso possibile il miglioramento dello stato di nutrizione di diverse popolazioni; in Africa, ad esempio, stanno favorendo lo sviluppo dell’agricol-tura moderna, in particolare nei paesi in cui sono stati stanziati ingenti finanziamenti per l’innovazione agricola.

L’offerta del settore continua ad essere caratterizzata da un elevato grado di importazione di prodotti da pae-si extra Ue, con un consumo complessivo che si aggira attorno ai 5,5 milioni di tonnellate di cui circa 4,4 milioni di concimi per il nutrimento delle specie vegetali e oltre 1 milione di ammendanti/correttivi e substrati destina-ti rispettivamente al miglioramento delle caratteristiche del terreno e alla messa a dimora di piante da frutto, ornamentali e fiori. Il fatturato 2010 è stato poco più di 1 miliardo di euro (2% dell’intero settore chimico italiano).

secondo i dati Istat, nel 2010 il totale dei concimi, degli ammendanti/correttivi e dei substrati (i fertilizzanti) per uso agricolo è diminuito dello 0.9% rispetto al 2009 men-tre la quantità dei soli concimi è aumentata dell’1.4%. In particolare risultano in aumento, del 2.8% e dell’1.2%, i concimi minerali e gli organici, mentre gli organo-mine-rali si sono ridotti del 9.8%.

In agricoltura biologica la distribuzione dei fertilizzanti consentiti è passata da 11,6 a 12,1 milioni di quintali. Il 52.5% degli ammendanti risulta costituito da prodot-ti consentiti in agricoltura biologica, in crescita del 3.9% rispetto al 2009. I correttivi consentiti nel biologico sono in crescita del 16.5% rispetto al 2009 e corrispondo-no al 39.5% di quelli distribuiti nel complesso. tali risul-tati mostrano certamente come i programmi comunitari a sostegno dell’agricoltura ecocompatibile e biologica siano in forte evoluzione e soprattutto come le aziende produttrici di mezzi tecnici si siano attrezzate per indi-viduare e trasformare le materie prime più idonee per tale pratica agricola.

L’analisi territoriale evidenzia inoltre che il 64.9% dei ferti-lizzanti viene distribuito nelle regioni settentrionali, il 14.1% in quelle centrali e il restante 21% nel mezzogiorno.Nella produzione di commodities le aziende presen-ti in Italia che operano nel settore sono multinazionali o nazionali di media-grande dimensione mentre sono pic-cole-medie imprese quelle che caratterizzano la produ-zione di concimi specialistici, organici e organo-minerali.Il 54% circa del mercato dei concimi minerali è oggi costituito da prodotti di importazione.

Assofertilizzanti collabora da anni con le forze dell’ordi-ne per garantire la massima qualità dei prodotti. In tale contesto si inseriscono le attività dell’ICQF (Istituto Con-trollo Qualità Fertilizzanti), un organismo di autocontrollo che monitora la qualità dei prodotti in commercio attra-verso l’analisi dei campioni.Nel 2011 Assofertilizzanti ha siglato un accordo con l’ICQRF (Ispettorato Centrale della tutela della qualità e del-la repressione frodi dei prodotti agro-alimentari del mini-stero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) per promuovere diverse iniziative di formazione volte a raf-forzare l’efficacia della lotta alle frodi. Ciò rientra nel più ampio Progetto Qualità e prevede anche il lancio di un programma di ricerca per la messa a punto di una tec-nica di “caratterizzazione di matrici organiche in ammen-danti e concimi organo minerali”, che permetterà di veri-ficare la corrispondenza tra le materie prime dichiarate nell’etichetta e quelle effettivamente utilizzate.

I fertilizzanti, in quanto sostanze chimiche, ricadono nelle prescrizioni e negli obblighi di registrazione del REACh, attuato con il Regolamento CE 1907/2006 e l’Associa-zione si impegna costantemente, a fornire informazio-ne e assistenza, alle aziende associate, consapevo-le dell’importanza che tale aspetto riveste in termini di sicurezza per l’ambiente e per l’uomo.All’inizio del 2012 la Commissione europea ha inizia-to la discussione sulla modifica del Regolamento CE 2003/2003 relativo ai concimi. L’obiettivo è quello di rag-gruppare sotto un’unica normativa, valida per tutti i pae-si della Ue, tutti i mezzi tecnici per la nutrizione. Assofer-tilizzanti sta partecipando attivamente al tavolo di lavo-ro della Commissione direttamente attraverso due suoi rappresentanti ed indirettamente attraverso l’Associazio-ne europea dei produttori (Fertilizers Europe) alla quale l’Associazione aderisce.

www.assofertilizzanti.it

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La chimica e i suoi settori

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FIBRE ARtIFICIALI E SINtEtIChE

La domanda mondiale di fibre man-made continua a cre-scere grazie al contributo dei paesi emergenti, dove i red-diti e i consumi di beni durevoli (come le auto) e semi-durevoli (come l’abbigliamento) sono in rapido aumento. Nel 2011 il consumo mondiale di fibre man-made è sta-to di 52,7 milioni di tonnellate: benché in rallentamento rispetto all’eccezionale crescita sperimentata nel 2010, i volumi sono cresciuti del 6%, un tasso persino supe-riore a quello del periodo pre-crisi. La produzione mondiale di fibre man-made è sempre più concentrata e trainata dall’area asiatica: nel 2011 la Cina ha continuato a crescere a ottimi tassi raggiungen-do una quota pari al 60% della produzione mondiale e confermando la sua leadership.Nel 2011 la produzione di fibre man-made negli UsA è calata del 5.7%, dopo un 2010 di crescita eccezio-nale (+27.6%).Allo stesso modo dopo la forte ripresa del 2010 (+14%), l’industria europea delle fibre man-made ha subito un calo del 5% dei volumi prodotti: l’acuirsi della crisi del debito e un rinnovato clima di incertezza economico-finanziaria hanno impattato negativamente sulla doman-da di fibre provocando un deciso calo dei livelli di atti-vità nel quarto trimestre del 2011. La domanda euro-pea di fibre man-made ha chiuso il 2011 con una cre-scita nulla, a fronte di un calo del 2.7% della produzio-ne tessile. Continuando un trend ormai in atto da diver-si anni, la quota di consumi europei di fibre man-made che viene soddisfatta dall’import extra-Ue è cresciuta, raggiungendo il 49%. Nei prossimi anni questo trend potrebbe arrestarsi: la crescita dei costi di produzio-ne cinesi avvantaggia le produzioni europee e ci sono già segnali che i maggiori retailer europei stiano raffor-zando la quota di acquisti di tessile-abbigliamento da produttori locali al fine di garantirsi maggiore sicurezza, rapidità e stabilità dell’approvvigionamento. D’altra par-te si affacciano sulla scena mondiale nuovi paesi asiatici con costi competitivi. Pertanto, la sfida che i produttori europei di fibre man-made si trovano ad affrontare non è facile, ma è importante per continuare a garantirsi un ruolo di primo piano sullo scenario mondiale. Nel 2011 l’andamento della domanda europea si è dif-ferenziato in base alla destinazione d’uso e alla tipolo-gie di fibra. hanno tenuto meglio gli usi industriali e per l’auto, con performance molto positive fino al terzo tri-mestre, in difficoltà invece gli usi tessili per arredamento-abbigliamento. È aumentata la domanda di fiocco polie-

stere, di filo poliammide e di filo poliestere per uso indu-striale; in calo la domanda di filo poliestere ad uso tessi-le, del fiocco di viscosa, acrilico e poliammide. Livelli di attività ancora bassi caratterizzano l’inizio 2012, la domanda è debole per tutti gli usi tessili e industriali e le imprese clienti attuano politiche di controllo sui livelli di scorte a fronte di uno scenario economico incerto. Nel-la seconda metà dell’anno la situazione potrà mostrare un graduale miglioramento, ma non tale da evitare un ulteriore calo della domanda (-1.6%). I paesi emergenti continueranno a sostenere la domanda globale e spun-ti di crescita positivi potranno giungere dall’export diret-to e indiretto (dei clienti), sostenuto anche da un euro in media più debole rispetto al 2011. tuttavia, per tornare a tassi di crescita positivi della domanda bisognerà aspettare il 2013. In Europa, l’industria italiana delle fibre man-made con-tinua a difendere il secondo posto dietro la Germania con l’11% delle vendite europee in valore e detiene sal-damente la leadership nella produzione di fibra poliam-midica. La presenza di un’industria nazionale di fibre man-made che garantisca prodotti innovativi, sicuri e con performance sempre migliori, nonché una continu-ità negli approvvigionamenti rappresenta una condizio-ne indispensabile per mantenere una base produttiva nell’industria a valle del tessile-abbigliamento. Il settore è fortemente orientato all’export, che rappresenta oltre il 70% delle vendite totali (pari a 1,1 miliardi di euro nel 2011). Circa il 70% dell’export è diretto verso altri pae-si dell’Ue, il 5% verso la vicina turchia. Anche in Italia il settore delle fibre man-made ha chiuso il 2011 con un calo del 6%, che ha portato i volumi prodotti a cir-ca 300 mila tonnellate. A fronte di un difficile contesto di domanda, le imprese del settore continuano lo sfor-zo di ricerca di nuove sinergie (attraverso joint venture e acquisizioni) e l’avvio di importanti investimenti pro-duttivi in paesi dove la domanda di fibre è in forte cre-scita. Resta forte l’impegno nella ricerca e innovazio-ne che si accompagna all’importante ruolo che le fibre man-made sono in grado di ricoprire nell’ambito del-lo sviluppo sostenibile, sia attraverso l’impegno nella riduzione dell’impatto ambientale delle loro produzioni, sia perché a fronte di un costante aumento nei consu-mi di fibre tessili quelle chimiche permettono - rispet-to alle naturali - un notevole risparmio di risorse in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto, dalla produzione al trasporto e all’utilizzo.

www.assofibre.it

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Seconda parte

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AGROFARMACI

L’industria italiana degli agrofarmaci, rappresentata in Federchimica da Agrofarma, è un settore produttivo che con circa 807 milioni di euro realizza l’1.4% del fattura-to globale dell’industria chimica italiana. L’Italia si collo-ca al sesto posto a livello mondiale e al terzo in Europa, rappresentando circa il 3% del mercato mondiale degli agrofarmaci. In Italia vengono impiegate nel settore cir-ca 2.500 persone.

L’industria degli agrofarmaci investe in ricerca il 6% cir-ca del proprio fatturato complessivo (47 milioni di euro su circa 807 milioni di fatturato 2010). La ricerca e l’in-troduzione di nuove tecnologie hanno consentito la pro-duzione di molecole sempre più efficienti ed efficaci, razionalizzando l’impiego degli agrofarmaci. Le imprese che aderiscono ad Agrofarma tramite l’Associazione si impegnano ad osservare un severo Codice di autodisci-plina e a sottoscrivere il Programma Responsible Care.

Per quanto riguarda l’andamento delle diverse famiglie di prodotti, fungicidi ed erbicidi in particolare hanno regi-strato un consistente decremento in quantità del merca-to, essendo di fatto i prodotti più interessati dall’introdu-zione di molecole innovative a bassi dosaggi d’impiego.

Le trasformazioni più significative per il settore riguardano attualmente la pubblicazione di due importanti normati-ve europee. Dal 14 giugno 2011 con l’applicazione del nuovo Regolamento CE N. 1107/2009 viene disciplina-ta l’immissione in commercio degli agrofarmaci di nuova registrazione, introducendo nuovi criteri di esclusione sul-la base della classificazione di pericolo delle sostanze.

La Direttiva europea 2009/128/CE invece istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini di incentivare l’u-tilizzo sostenibile degli agrofarmaci.

Per quanto riguarda la sicurezza ambientale, l’Associa-zione è coinvolta nel Progetto europeo topps (training of operators to prevent pollution from point sources), co-finanziato dall’Unione europea nell’ambito dei Pro-getti Life-Ambiente e dall’Associazione europea dei pro-duttori di agrofarmaci (ECPA), con l’obiettivo di sensi-bilizzare gli agricoltori europei sull’importanza della pre-venzione dell’inquinamento puntiforme da agrofarmaci, e di promuovere contemporaneamente il corretto utiliz-zo degli stessi prodotti.

Dal 2009 Agrofarma ha anche lanciato in collaborazione con UNAComA (Unione Nazionale Costruttori macchi-ne Agricole) il progetto soFt (sustainable operations in Fitoiatric treatments) che prevede la realizzazione di corsi di formazione in aula e sul campo rivolti a tecnici e ope-ratori del settore sul corretto uso degli agrofarmaci e del-le macchine irroratrici. Il progetto s’inquadra nella Diretti-va 2009/128/CE sull’uso sostenibile degli agrofarmaci.

In merito alla presenza di residui di agrofarmaci su frutta e verdura, l’Italia è ancora leader in Europa per la tutela e la garanzia di sicurezza rivolta al consumatore. L’ultimo rap-porto ufficiale relativo all’anno 2009 afferma, infatti, che in due casi su tre (62.5%) i campioni di frutta e verdura sono risultati del tutto privi di residui. Il 36.7%, invece, è risul-tato nei limiti di legge e quindi non costituisce alcun peri-colo per il consumatore. In totale sono 99.2% i campio-ni a norma e solo lo 0.8% è sopra la soglia di legge nel nostro pese, rispetto ad una media europea pari al 3.5%.

In Italia assistiamo anche al diffondersi di un significativo mercato degli agrofarmaci illegali, stimato in circa 30 milioni di euro, pari al 4% del mercato complessivo del settore.L’utilizzo degli agrofarmaci illegali riveste un alto grado di pericolosità per gli agricoltori e per l’ambiente. Per ridur-re il fenomeno Agrofarma ha lanciato la campagna “stop agli agrofarmaci illegali”, attivando il numero verde 800-913083 a cui si possono rivolgere tutti coloro che riscon-trano casi sospetti. Di fondamentale importanza sono state poi le iniziative di formazione, come i workshop e i corsi, che l’Asso-ciazione ha organizzato e organizza per i Carabinieri dei NAs, dei NAC e per i diversi attori della catena distribu-tiva degli agrofarmaci. Agrofarma sostiene infatti l’accordo firmato da Federchi-mica e dai carabinieri dei NAs volto a intensificare i con-trolli contro la contraffazione dei prodotti chimici, fornen-do un costante supporto alle forze dell’ordine.

sempre in ambito formativo, dal 2002 ECPA (Europe-an Crop Protection) ha lanciato il progetto “Uso sicuro” per diffondere il corretto impiego dei dispositivi di prote-zione individuale. In Italia Agrofarma ha quindi elaborato, con Confagricoltura e 3m, il progetto “Coltiva il tuo futu-ro” per promuovere la formazione degli operatori agricoli sul corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individua-le e sull’uso sostenibile degli agrofarmaci.

www.agrofarma.it

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La chimica e i suoi settori

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PRINCIPI AttIVI E INtERMEDI DI ChIMICA FARMACEUtICA

Il settore italiano dei principi attivi farmaceutici è tra i lea-der a livello mondiale ed è da decenni un punto di riferi-mento per quanto riguarda la qualità della sua produzione. Pur in un momento congiunturale difficile per molti com-parti industriali, grazie alla sua propensione all’export, il settore riesce ad ottenere ancora risultati positivi valo-rizzando le caratteristiche intrinseche riconosciute dal-la clientela internazionale ovvero competenza scientifi-ca, elevata qualità e abilità processistica. Il 3% del fatturato del settore è destinato alla ricerca ed è investito nella ricerca applicata allo sviluppo per l’ottimiz-zazione dei processi. si può stimare che il settore rap-presenti il 10% delle spese in ricerca e sviluppo del totale dell’industria chimica (includendo anche la farmaceutica).La qualità del prodotto è ottenuta grazie alle tecnologie utilizzate, ed è garantita dalla stretta ed obbligatoria osser-vanza delle GmP (Good manufacturing Practices). L’os-servanza delle GmP, a sua volta, è assicurata da perio-dici controlli di enti nazionali e internazionali competen-ti in materia (Agenzia italiana del farmaco e Food & Drug Administration).

La grande capacità creativa di questo comparto viene ad essere per lo più correlata ad una specifica compe-tenza nel settore dell’ingegneria, facendo si che i pro-duttori italiani di principi attivi abbiano rinomanza interna-zionale sia per la loro esclusività processistica, sia per la loro grande capacità di effettuare lo “scaling-up” della produzione industriale con grande efficienza, sicurezza, qualità e rispetto dell’ambiente.

Le imprese italiane aderenti ad Aschimfarma hanno con-tinuato ad intraprendere iniziative finalizzate a mantene-re la leadership qualitativa del settore e consentire una competizione “a parità di condizioni”, in particolare per quanto concerne il “regulatory”.La Direttiva sulla contraffazione (2011/62/UE pubblica-ta in data 1 luglio 2011 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unio-ne europea), che dovrà essere recepita nelle legislazioni nazionali in 18/24 mesi dalla data di pubblicazione, non prevede né ispezioni obbligatorie delle autorità regolato-rie, né tracciabilità dei siti produttivi che realizzano i princi-pi attivi commercializzati nell’Unione europea. La respon-sabilità per la verifica della conformità alle norme di buo-na fabbricazione delle sostanze attive importate è affi-data alla “Persona qualificata” dell’azienda farmaceutica.Pertanto anche la nuova Direttiva non garantirà che ogni

principio attivo utilizzato nella Comunità, prodotto in un sito extra Ue, sia conforme alle GmP europee.I produttori italiani di principi attivi si troveranno ancora a competere in un mercato dove le regole sono differenti nelle varie aree geografiche. Per contrastare la diffusione di principi attivi di scarsa qualità (substandard) è opportu-no che vengano effettuate ispezioni obbligatorie da parte di autorità regolatorie europee ai siti di produzione extra Ue, come già avviene per le unità produttive europee.

Con l’obiettivo di semplificare e snellire le procedure amministrative tra AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e imprese, sono stati individuati alcuni interventi di sempli-ficazione prioritari che non impattano con i criteri di sicu-rezza, garanzia e tutela della salute pubblica. Le richie-ste di notifica proposte richiedono, in ogni caso, che le imprese predispongano e facciano pervenire all’AIFA la documentazione prevista nei relativi modelli autorizzati-vi. L’introduzione della notifica per i punti indicati con-sentirebbe, da un lato un rilevante snellimento per l’atti-vità dell’AIFA, che potrebbe utilizzare al meglio le risorse disponibili per aree più critiche, e dall’altro i produttori di principi attivi disporrebbero di procedure già da tempo in vigore in altri paesi europei.

Con l’obiettivo di favorire il trasferimento di cultura all’in-terno della filiera farmaceutica, l’Associazione ha intensi-ficato i rapporti con AFI (Associazione Farmaceutici Indu-stria) avviando iniziative su temi di comune interesse. Al riguardo si è svolta una giornata di approfondimento sul tema “Il contenimento nella lavorazione di sostanze atti-ve e altamente attive”. In collaborazione con l’Università di Pavia si è realizza-to l’evento “cGmP approach and regulatory overview applied to APIs focused on bio-products and semi-syn-thesis processes”. Nel prossimo mese di settembre sarà organizzato un evento con l’obiettivo di evidenziare l’importanza di con-siderare la qualità e la sicurezza come assets delle impre-se e le relative spese come investimenti che rafforzano l’immagine del settore.Il “II Forum Aschimfarma”, che avrà luogo a Roma il pros-simo 25 ottobre, servirà ad attirare l’attenzione delle auto-rità e della stampa sulle criticità del settore. Nell’ambito delle manifestazioni fieristiche particolarmente importante per il settore sarà il prossimo “CPhI Worldwi-de” di madrid (9-11 ottobre).

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Seconda parte

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ChIMICA FINE E DELLE SPECIALItÁ

Il comparto degli additivi e ausiliari, della chimica fine e delle specialità per l’industria, riveste grande importan-za nel trasferire nei settori di consumo finale le innova-zioni che nascono nella filiera chimica.L’industria della chimica delle formulazioni assume una rilevanza fondamentale in Italia perché i settori finali sono quelli dei distretti manifatturieri del made in Italy, che costituiscono quel tessuto di piccole imprese che rap-presentano i veri mercati trainanti dell’economia italiana.Di qui una fortissima e crescente specializzazione dell’in-dustria chimica italiana in questi settori, sia di picco-le aziende, sia di medie aziende, sia di grandi imprese a capitale estero che trovano in Italia i cosiddetti “trend setter” (gli utilizzatori più all’avanguardia).Quello delle formulazioni è quindi sempre più l’ambito in cui nella chimica italiana si dà il valore aggiunto, soprat-tutto nella capacità di fornire risposte “customizzate”, prodotti su misura, studiati per le esigenze del clien-te; in questa capacità, grazie all’imprenditorialità che ci caratterizza, le imprese italiane sono le migliori al mondo.

Le aziende del settore stanno soffrendo un momento drammatico di crisi dovuta principalmente all’aggressione del far east, i cui mercati in salute fanno lievitare i costi delle materie prime in Europa. L’industria si vede quin-di costretta a maggiori sforzi imprenditoriali per passare da un’innovazione di processo a un’innovazione di pro-dotto, che si identifica con l’innovazione del contenuto tecnologico chimico.ma in questa fase congiunturale le imprese del compar-to stanno sperimentando che questa innovazione non basta più, sono i clienti a chiedere di più, poiché voglio-no vera innovazione. Il forte e duraturo aumento delle materie prime non riesce più a essere traslato a valle, a meno che non si parli di vere “specialties”. Le “spe-cialties” di ieri sono sempre più le commodities di oggi, i clienti sono disposti a pagare di più solo se l’aumen-to di prezzo causato dagli aumenti delle materie prime corrisponde a un nuovo contenuto tecnologico che sia davvero innovativo.

A monte il mercato è concentrato e le imprese hanno una dimensione medio/grande con una forte presenza di società multinazionali sul mercato italiano con unità pro-duttive o con uffici commerciali/distributori, mentre risul-ta più limitata la presenza di società italiane. A valle alcu-ni settori presentano anche una moltitudine di imprese

medio/piccole che nel complesso ricoprono un ruolo di grandissima importanza rispetto ai concorrenti europei.

Gli additivi e ausiliari sono prodotti chimici realizzati “mescolando” opportunamente numerosissime sostan-ze, diverse sia per natura, sia per provenienza. Le for-mulazioni ottenute sono quindi utilizzate congiuntamente per conferire al prodotto finito caratteristiche particolari richieste dal mercato sugli articoli destinati al consumo.

La gamma di funzioni svolte dai formulati è vastissima e ogni formulato è estremamente specifico: per questo si considerano anche come specialità chimiche.I prodotti di chimica fine, ovvero alcune delle principali materie prime per l’industria degli additivi e degli ausilia-ri, sono invece ottenuti prevalentemente per sintesi e, per similitudine, ricoprono un ruolo affine a quello che additivi e ausiliari assumono per i settori manifatturieri.Quindi, la vasta gamma degli additivi e ausiliari special-ty, necessaria per soddisfare le esigenze provenienti dai settori “finali”, a sua volta utilizza innumerevoli intermedi, principi attivi, catalizzatori e prodotti di chimica fine, insie-me alle materie prime provenienti dalla chimica di base.

L’importanza del comparto è testimoniata dalle dimensio-ni strutturali; l’industria della chimica fine e quella della chi-mica delle formulazioni (rappresentate in Aispec dai Grup-pi: intermedi, principi attivi, catalizzatori e prodotti di chi-mica fine; additivi e ausiliari per industria tessile, cartaria, conciaria e per il trattamento delle acque; additivi e ausi-liari per materie plastiche, elastomeri, coating e altri) pre-sentano un fatturato di circa 2.800 milioni di euro, impie-gando oltre 6.500 addetti in circa 130 imprese associate.

Per i comparti della chimica fine e specialistica che si rivolgono ai settori industriali, a una prima parte dell’an-no moderatamente positiva è seguito un forte e diffuso ridimensionamento della domanda condizionato anche da fenomeni di destoccaggio da parte dei clienti.Nonostante il rallentamento nella parte finale del 2011, per gran parte dei segmenti l’export è stato e rimarrà un importante motore di crescita.tra gli aspetti di criticità, si evidenzia il rincaro forte e generalizzato delle materie prime, con conseguenti pres-sioni sui margini. Permangono inoltre problemi di liqui-dità nelle varie filiere e situazioni di crisi strutturale tra le imprese clienti.

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ADDItIVI E AUSILIARI PER LA DEtERGENZA E PRODOttI OLEOChIMICI

È questo un settore della chimica destinato ai prodotti di largo consumo, infatti ciascun gesto della nostra vita quotidiana è accompagnato da molti prodotti che con-tengono sostanze chimiche come gli additivi e gli ausi-liari per la detergenza. Ad esempio, in casa al lavoro e negli ambienti in cui viviamo utilizziamo prodotti chimici che rendono la nostra vita più semplice e sicura, garan-tendoci igiene e pulizia, questi sono i prodotti detergen-ti e le formulazioni contenenti tensioattivi. In particolare, quest’ultimi, sono molecole molto eclettiche presen-ti sia nei detergenti per la casa, sia nei prodotti per la cura della persona, come shampoo e bagnoschiuma.I tensioattivi per la loro natura chimica e fisica sono in grado di intrappolare lo sporco e le impurezze da una superficie (per esempio dalla pelle e dai capelli), queste molecole infatti sono costituite da due frazioni: una lipofi-la, che li rende affini allo sporco e al grasso in genere, e una idrosolubile che gli permette di sciogliersi nell’acqua. La frazione lipofila può essere di natura petrolchimica o naturale (vegetale o animale).I tensioattivi hanno inoltre proprietà disperdenti ed emul-sionanti e sono pertanto impiegati in numerosi altri com-parti, quali ad esempio il tessile, il cuoio, la carta e la plastica.La caratteristica principale di un tensioattivo è quella di abbassare la tensione superficiale di un liquido, agevo-lando la “bagnabilità” delle superfici o la miscibilità tra liquidi diversi. In un prodotto detergente vi è una combi-nazione di tensioattivi e la presenza di altre sostanze, di origine sia organica sia inorganica, appositamente stu-diata, che è in grado di esaltarne il potere detergente.In generale i tensioattivi possono essere suddivisi, in base alla loro natura e funzione, in tre categorie: prodot-ti di detergenza (tensioattivi, betaine, biocidi. etc.), pro-dotti di polimerizzazione (alcol e acidi carbossilici etossi-lati, etc.), prodotti tensioattivi (di origine naturale ottenu-ti dalla condensazione di acidi grassi derivanti da olio di cocco o palma e idrolizzati proteici cereali, amidi, este-ri fosforici, etc.).

Il settore si identifica nel Gruppo ausiliari per la detergen-za, tensioattivi e prodotti oleochimici di Aispec, costitu-ito da 33 imprese operanti in Italia, con un fatturato di 540 milioni di euro. Vi sono multinazionali che operano su larga scala e piccole medie imprese che commer-cializzano ausiliari per la detergenza (alcoli grassi etos-silati, acidi grassi etossilati, etc.) e additivi (sequestran-

ti, chelanti, enzimi, etc.), nonché imprese oleochimiche che forniscono materie prime di origine naturale per la catena lipofila del tensioattivo, in particolare derivanti da olio di palma e grasso animale fuso.

Il settore, a livello normativo, si deve confrontare non solo con i Regolamenti REACh e CLP, ma anche con norma-tive generali come rifiuti ed emissioni in ambiente e con disposizioni che l’Europa sta attuando in tema di energia, in particolare quella prodotta a partire da fonti rinnovabili.Dal momento che gli oli vegetali e il grasso animale sono considerati biomasse e l’Europa, attraverso incentivi e sovvenzioni, ne promuove l’impiego per produrre energia e biocarburanti, l’industria oleochimica ha meno disponi-bilità di materia prima e quindi si trova in periodo di crisi.tale approccio potrebbe anche essere in contraddizio-ne con altri principi della strategia Europa 2020, volti a promuovere lo sviluppo di prodotti chimici come i bio-tensioattivi e bio-solventi. Questa tematica rivestirà nei prossimi anni grande interesse ed attenzione dell’as-sociazione europea CEsIo, alla quale alcune aziende aderiscono direttamente o attraverso il settore naziona-le P.I.t.I.o. (Prodotti Industriali tensioattivi e Intermedi organici), in quanto ad oggi la maggioranza dei tensio-attivi disponibile è di sintesi chimica e di origine petrol-chimica, e non di origine naturale. L’attività prioritaria del CEsIo sarà quella di monitorare la definizione di bio-ten-sioattivo nei gruppi di lavoro CEN (European Committee for standardization) attraverso la partecipazione attiva dei propri rappresentanti.

Un’altra attività in cui il Gruppo, a livello nazionale, e il CEsIo a livello europeo, è e sarà coinvolto anche in futu-ro, riguarda la promozione di classificazioni armonizza-te di tensioattivi e intermedi organici. È emerso, infatti, in seguito alla pubblicazione dell’inventario EChA delle classificazioni ed etichettature ai sensi del Regolamen-to CLP, che per una stessa sostanza, si possono ave-re diverse proposte di classificazione.Pertanto, al fine di armonizzare la classificazione delle sostanze di interesse, il CEsIo si farà promotore di divul-gare alle imprese associate le classificazioni stabilite dai consorzi REACh per le sostanze soggette alla prima e seconda fase di registrazione, e di spiegare, attraverso pubblicazioni mirate su riviste scientifiche, come si è arri-vati all’attuale classificazione CLP per sostanze comples-se trattate dal settore (per esempio gli alcool etossilati).

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Seconda parte

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INGREDIENtI COSMEtICI, ADDItIVI FARMACEUtICI E FRAGRANZE

Un prodotto cosmetico è la formulazione di molti ingre-dienti e sostanze diverse per natura, per caratteristi-che e per proprietà chimico-fisiche e processi produt-tivi. tra questi ingredienti troviamo l’acqua, i tensioattivi, i coloranti, i polimeri, i pigmenti e gli emollienti (sostan-ze grasse), gli estratti naturali, i filtri solari, i principi fun-zionali e le fragranze. In particolare, la fragranza è quel-la molecola che agisce sui recettori olfattivi impartendo una specifica “nota”, un profumo a moltissimi prodot-ti, tra cui quelli di cosmetica e profumeria, quelli per la pulizia della casa, i detersivi, i deodoranti per ambiente e gli oggetti profumati. Anche in alcune di queste appli-cazioni, come ad esempio i profumi e i deodoranti per ambiente, è la fragranza, da sola, che crea l’identità del prodotto e ne determina il successo commerciale.In Italia nel campo delle fragranze operano sia impre-se di piccola-media dimensione legate al territorio (ma con importanti rapporti con il mercato internaziona-le), sia sedi italiane di grandi gruppi multinazionali, che lavorano su ampia scala. Le imprese di questo setto-re aderiscono al Gruppo aromi e fragranze di Aispec, che rappresenta entrambi i comparti, in quanto stori-camente molte materie prime erano impiegate con il duplice scopo di aroma e fragranza (p. e. oli essenzia-li ed estratti vegetali).

Le materie prime per l’industria cosmetica, incluse le fragranze, in quanto sostanze chimiche, devono rispet-tare le normative generali REACh e CLP, nonché le disposizioni specifiche della Direttiva e del Regolamen-to Cosmetici 1223/2009/UE. Quest’ultimo verrà adot-tato completamente e sostituirà la Direttiva cosmetici a luglio 2013.Inoltre, le imprese che producono fragranze devono rispettare il codice di autoregolamentazione dell’IFRA (International Fragrance Association), associazione a cui il Gruppo aderisce, al fine di offrire al consumatore prodotti sempre più sicuri.

Gli ingredienti cosmetici sono continuamente studiati e valutati a livello europeo dal Comitato scientifico sul-la sicurezza dei Consumatori (sCCs). In particolare, il nuovo Regolamento pone l’accento anche sul linguag-gio pubblicitario dei prodotti finiti e affida alla Commis-sione europea la redazione di una linea guida che evi-denzi i principali criteri da rispettare, in modo da non confondere i consumatori.

Una delle sfide che il settore cosmetico, in particolare le materie prime, rappresentato dal Gruppo mapic di Aispec (36 aziende, fatturato di 220 milioni di euro) sta affron-tando, riguarda l’implementazione del divieto sulla speri-mentazione animale.Da marzo 2009 non è più possibile testare su animali gli ingredienti cosmetici in Europa e da marzo 2013 il divieto si estenderà anche alla commercializzazione di cosmeti-ci contenenti ingredienti testati su animali in paesi extra-Ue. Il Regolamento prevede il divieto assoluto di com-mercializzare prodotti contenenti ingredienti testati su ani-mali anche per quegli “end-point” più complessi (tossici-tà a dose ripetuta, tossicocinetica, tossicità riproduttiva e cancerogenicità). tuttavia, nonostante gli sforzi fatti e i progressi ottenuti, non saranno disponibili metodi alter-nativi per la valutazione di questi end-point tossicologi-ci per marzo 2013.Il ricorso esclusivo a metodi alternativi richiede, infatti, anco-ra sviluppo di conoscenze scientifiche per permettere a queste metodologie di garantire tutti gli aspetti di sicurez-za sia del prodotto cosmetico, sia degli ingredienti in esso contenuti, a tutela della salute dei consumatori, che è una priorità per il legislatore e per tutto il mondo cosmetico.

Un’altra sfida per il settore è rappresentata dal suo svi-luppo in modo sostenibile, in particolare, si pone l’accen-to sull’uso efficiente delle risorse, sul controllo e riduzio-ne degli impatti sull’ambiente, sulla riduzione della peri-colosità e ancora sulla progettazione di processi e siste-mi efficienti, promuovendo la ricerca e l’innovazione per sviluppare processi, prodotti e servizi a sempre minore impatto ambientale. Alcune imprese associate si stan-no già muovendo in questa direzione tramite l’impiego di biotecnologie innovative (estrazioni standard per ottene-re cellule staminali vegetali, catalisi enzimatica e conver-sione enzimatica) in grado di sostituire la produzione tra-dizionale, con una diminuzione dei passaggi di produzio-ne, un risparmio d’acqua, una riduzione di solventi organi-ci e di rifiuti ottenendo prodotti con caratteristiche volute e richieste e con elevati standard di purezza. Per le impre-se che si affacciano solo ora a questa nuova opportu-nità è stato recentemente costituito in Aispec il Gruppo di lavoro ecologia industriale, strettamente correlato con quello a livello europeo (WG EFfCI sustainability and car-bon foot printing) che svilupperà una posizione per sup-portarle, delineando i passi da compiere per muoversi in questa direzione.

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ChIMICA PER IL SEttORE ALIMENtARE

Il contributo della chimica alla filiera alimentare viene da particolari ingredienti specialistici: aromi, additivi, coadiu-vanti tecnologici, enzimi, amidi, ingredienti nutrizionali.L’industria alimentare è un settore trainante dell’economia italiana e le imprese degli ingredienti specialistici hanno un ruolo importante nel tessuto industriale nazionale. tali aziende non sono uniformabili in un’unica tipologia: pic-cole-medie imprese storicamente presenti o più recen-ti sono affiancate a filiali di gruppi multinazionali. Queste realtà operano sul mercato italiano e internazionale, valo-rizzando tradizione e innovazione del complesso panora-ma dell’industria alimentare.

Le imprese del settore degli additivi alimentari e coadiu-vanti tecnologici in Federchimica sono 25, con un fattura-to di circa 350 milioni di euro. Il mercato nell’ultimo perio-do presenta cambiamenti importanti nella sua struttura, con l’uscita di scena di alcune piccole e medie imprese. L’export è trainante, nonostante ci si aspetti nel 2012 un calo della domanda da paesi emergenti.La rinnovata legislazione europea differenzia gli additivi in categorie funzionali e ciò si rispecchia nell’etichettatura del prodotto finito, cui il consumatore presta sempre grande attenzione. L’indicazione della loro presenza è obbliga-toria con il cosiddetto “Numero E”, che li identifica univo-camente. Le norme europee prevedono un monitoraggio tossicologico in funzione dell’apporto dalla dieta e sulla base di tali osservazioni sono adottati provvedimenti che stabiliscono dosi massime di utilizzo sicuro.L’opinione pubblica è spesso diffidente nei confronti degli additivi, soprattutto per scarsa conoscenza. Va sottoline-ato infatti che il loro utilizzo è permesso dalla legge solo quando di beneficio al consumatore, tecnologicamente necessario, alle dosi stabilite, dopo attenti controlli delle autorità europee preposte.

L’amido, prodotto da cereali, è sia un ingrediente impie-gato direttamente nei prodotti alimentari, sia una materia prima da cui ricavare altri ingredienti specialistici (es. mal-todestrine, glucosio e da esso acidi organici, polioli e altri).Le tre imprese del settore amidi e derivati associate a Federchimica, hanno un fatturato di oltre 400 milioni di euro e impiegano più di 500 addetti; attraverso la loro atti-vità trasformano un semplice chicco di mais in una miria-de di prodotti chimici specialistici di ampio utilizzo.Gli aspetti critici del settore riguardano i prezzi delle mate-rie prime cerealicole, influenzati sempre più dal loro impie-

go anche a scopi energetici, nonché il costo dell’energia, poiché gli impianti di produzione ne necessitano in gran-de quantità. Il settore è particolarmente attento ai riflessi della futura revisione della PAC (politica agricola comuni-taria), prevista per il 2014.Gli aromi derivano da materie prime naturali o possono essere sostanze di sintesi chimica. In ogni caso per leg-ge devono rispondere a requisiti di purezza, sicurezza e innocuità per il consumatore. Le definizioni riportate sull’e-tichetta degli alimenti sono legate all’origine dell’aroma in essi contenuto, soprattutto nella definizione di naturalità che, mediante diverse denominazioni, permette al con-sumatore di avere la massima informazione possibile.La revisione della lista delle sostanze aromatizzanti ammesse, attesa per la fine del 2012, armonizzerà com-pletamente la situazione europea mettendo tutte le impre-se sullo stesso piano di competitività.Il settore degli aromi ha risentito di una lieve contrazio-ne dei consumi interni negli ultimi mesi del 2011, tuttavia può contare sull’export alimentare per limitare l’impatto negativo del calo della domanda interna. Le 40 imprese del settore associate a Federchimica sono sia sedi italia-ne di multinazionali, sia PmI locali, con un fatturato di cir-ca 170 milioni di euro.

Il settore delle materie prime per integratori alimentari e alimenti funzionali è rappresentato in Federchimica da 18 imprese del gruppo miaf.L’addizione di vitamine, minerali, probiotici o altri ingredien-ti nutrizionali mette a disposizione alimenti arricchiti desti-nati a tutti o a chi ha diverse esigenze nutrizionali. occor-re ricordare però che gli integratori, nonostante la perce-zione di alcuni consumatori, sono alimenti e non farmaci.Il regolamento 1924/2006/CE stabilisce che le indica-zioni nutrizionali e salutistiche in etichetta degli alimen-ti devono essere autorizzate e supportate da informa-zioni scientifiche di alto livello. Le autorità europee però, con un approccio alle norme più medico che alimenta-re, rischiano di deprimere un settore dinamico che, negli anni, garantiva trend positivi in controtendenza con la congiuntura generale.Nel 2011 si è presentata tuttavia una contrazione dell’e-conomia che ha rallentato l’entrata di nuovi prodotti sul mercato e non ci si aspetta un miglioramento imminen-te. Il panorama estero, soprattutto est europeo, rappre-senta un’opportunità di espansione del settore, grazie a dinamiche più favorevoli e maggiori potenzialità di crescita.

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Seconda parte

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OLI LUBRIFICANtI

La funzione fondamentale di un olio lubrificante è ridurre l’attrito tra organi meccanici in movimento relativo, grazie all’azione di una pellicola fluida o semifluida. Vi sono però moltissime altre applicazioni di questi prodot-ti, che si traducono in una vastissima gamma di formula-zioni, tutte costituite “additivando” con sostanze e formu-lati chimici un olio base, a sua volta ottenuto dalla prima raffinazione del petrolio o dalla rigenerazione di oli usati. Per formulare un prodotto finito ad alte prestazioni occor-rono una base di elevata qualità e al tempo stesso additivi in grado di conferire al prodotto la sua specifica funzione.

Nei principali settori di sbocco del comparto, industria e autotrazione, la costante ricerca di soluzioni innovati-ve volte al miglioramento di prestazioni ed efficienza non si concentra più solo sull’aumento della vita media e del potere lubrificante dell’olio, ma anche su risparmio, effi-cienza energetica e basso impatto ambientale, in linea con i requisiti delle recenti normative europee di sicurez-za prodotto. Quasi ogni attività economica necessita di un prodotto di questo settore, in cui infatti si annoverano le società petro-lifere e alcune multinazionali chimiche, orientate a un’ottica del lubrificante come “large commodity”, oltre a numero-se aziende specializzate di piccole e medie dimensioni, che invece lo concepiscono come una specialty, focaliz-zandosi sulla ricerca delle soluzioni più soddisfacenti per una clientela di nicchia.

In Italia vi sono un centinaio di operatori, inclusi alcuni distri-butori che hanno una piccola attività produttiva. Il com-parto occupa circa 3.000 addetti, di cui circa 1.800 sono “blendatori”, mentre gli altri si frammentano fra società commerciali che ri-etichettano e rappresentanti esclusivi di marchi stranieri. Nel 2011 si stima che il settore abbia realizzato un fatturato pari a 1,2 miliardi di euro.

Dopo il parziale recupero del 2010 (con volumi in cresci-ta del 10% rispetto al 2009), nel 2011 i consumi sono complessivamente calati dell’1%, superando di poco le 430.000 tonnellate. Il calo, molto limitato per quanto riguar-da gli oli ad uso autotrazione (-0.5%), è stato invece par-ticolarmente rilevante per gli oli ad uso industriale (-17%), con un’inversione totale di tendenza rispetto al 2010. A giudicare dai primi mesi del 2012 purtroppo, il trend negativo sembra destinato a continuare, soprattutto per il comparto autotrazione.

La competitività del settore è fortemente minata dal pesan-te regime fiscale cui è sottoposto, caratterizzato da due imposte pressoché uniche in Europa: la Robin hood tax e l’imposta di consumo.La Robin hood tax, concepita nel 2008 per tassare i mag-giori profitti delle compagnie petrolifere e quindi impropria-mente applicata agli oli lubrificanti, la cui produzione non è integrata con il ciclo del petrolio, è stata recentemente ina-sprita (con la maggiorazione dell’aliquota Ires al 10.5%) ed estesa anche a imprese di dimensioni medio-piccole con l’abbassamento della soglia di fatturato a 10 milioni di euro. L’imposta di consumo affligge invece il settore da oltre 60 anni. oltre ad essere iniqua, è anche altamente inefficien-te, in quanto ha generato un intricato sistema di adempi-menti e controlli che gravano su ogni fase della produzio-ne e della commercializzazione del prodotto, senza tut-tavia impedire i fenomeni di evasione ed elusione fisca-le, che sono al contrario molto frequenti soprattutto sulle importazioni e sui piccoli volumi, riducendo la competitivi-tà dei produttori nazionali e creando inaccettabili fenome-ni di concorrenza sleale sul mercato interno.Pertanto, le imprese del settore portano avanti, attraver-so Federchimica e l’associazione di categoria di riferimen-to, il Gail (Gruppo aziende industriali della lubrificazione), una campagna di sensibilizzazione che mira all’eliminazio-ne dell’imposta di consumo, che potrebbe anche pas-sare, nel breve termine, per una radicale semplificazione degli oneri amministrativi connessi alla gestione del tributo.

Il Gail raggruppa 32 aziende, per oltre 1.100 addetti, la composizione del Gruppo è estesa e fortemente eteroge-nea per dimensione e attività, con moltissime realtà medio piccole accanto ad importanti multinazionali, imprese pro-duttrici di basi lubrificanti da raffinazione e da rigenerazio-ne di oli usati accanto a produttrici di lubrificanti finiti e di additivi; tutti questi operatori vedono però nell’Associazione un importante punto di riferimento, luogo di aggregazione e produttivo confronto sui problemi settoriali.Il Gail assicura infatti costantemente ai propri associa-ti un’intensa attività di rappresentanza e tutela, servizio e consulenza sulle svariate tematiche del settore, princi-palmente di natura fiscale e tecnica, sia attraverso i pro-pri Comitati e gruppi di lavoro, sia attraverso una costante collaborazione con l’associazione europea di riferimento, la UEIL (Independent Union of the European Lubricants Industry), di cui è socio fondatore.

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ABRASIVI

L’Italia rappresenta uno dei maggiori mercati di riferimen-to per il settore degli abrasivi a livello internazionale ed il settore è caratterizzato da due principali produzioni: abra-sivi flessibili (carte, tele, fibre) e abrasivi rigidi. Gli abrasi-vi rigidi si suddividono a loro volta in mole convenzionali vetrificate (a legante inorganico ceramico) e mole tronca-trici e a centro depresso (a legante organico resinoide). Nel panorama nazionale si contano alcune grosse multi-nazionali e molte realtà medie o medio-piccole italiane. Il settore vede impegnati una quarantina di operatori, con-centrati soprattutto in Lombardia, Piemonte e Veneto, e dà lavoro a oltre 2.000 addetti.

Nel 2011 il mercato italiano degli abrasivi ha continuato con un trend positivo (+5%), anche se globalmente meno accentuato rispetto al forte recupero del 2010 (+18%).Va però segnalato che, a fronte della sostanziale inva-rianza del segmento dei flessibili e di una crescita con-tenuta per le mole a legante organico nel loro comples-so (+3.6%), gli abrasivi convenzionali hanno registrato un forte aumento (+12.6%).Le vendite di abrasivi in Italia si stimano pari a circa 255 milioni di euro nel 2011. I flessibili rappresentano la quo-ta maggiore (55%), seguiti dai convenzionali (25%) e dal-le mole a legante organico (20%). Anche l’export è cresciuto (+1.7%) ed è pari a circa 124 milioni di euro, più del 30% del fatturato globale, ma la crescita dipende esclusivamente dagli ottimi risultati del segmento degli abrasivi convenzionali (+17%), mentre la quota delle mole a legante organico è rimasta immutata e i flessibili sono leggermente calati (-2.1%). I livelli di attività rimangono comunque distanti dai livel-li pre-crisi e anche per il 2012 non è pensabile un pieno recupero. Infatti, le prospettive per i principali settori clien-ti degli abrasivi, edilizia, meccanica e auto, non appaiono brillanti, anzi, date la recessione generale e la grave crisi dei consumi in atto, è in corso per essi una nuova fase difficile dal lato della domanda.

In questo ambito la raccolta, l’elaborazione e la corretta diffusione dei dati statistici nazionali del comparto si con-fermano un servizio da parte dell’Associazione di cate-goria molto utile agli operatori e un valido strumento per valutare l’andamento dei mercati di riferimento.In un contesto di domanda debole come quello attua-le desta ancora più preoccupazione il trend delle mate-rie prime, ancora in crescita nel 2011 e inizio 2012. È

proprio l’elevato costo delle materie prime e soprattutto dell’energia a pesare maggiormente sui costi di produ-zione, sensibilmente più alti rispetto a quelli sostenuti dai competitor comunitari.A questo grave fattore di penalizzazione si somma la con-correnza orientale, che negli ultimi anni ha invaso il merca-to europeo con produzioni a basso costo e marchi con-traffatti. Attraverso l’associazione europea di riferimento, la FEPA, l’associazione nazionale di categoria vigila sul-le misure di tutela del mercato adottate dall’Ue in tal sen-so, proponendo, quando necessario, soluzioni alternati-ve: ad esempio l’introduzione di dazi antidumping è uno strumento da usarsi con cautela, poiché se applicati su alcune materie prime provenienti dalla Cina finirebbe per favorire l’ingresso nel territorio comunitario di prodotti fini-ti cinesi non soggetti a dazi e quindi avvantaggiati nella concorrenza diretta con i prodotti europei.

Le imprese italiane del comparto presentano però nei con-fronti della concorrenza estera a basso costo alcuni fattori di successo importanti: crescenti standard di qualità e sicu-rezza, innovazione di prodotto, automazione e know how.Lo sviluppo di prodotti ad alto valore prestazionale si com-bina cioè sempre con l’impegno per garantire, e se pos-sibile migliorare, la sicurezza del prodotto per l’utilizzato-re. A questo scopo si rende necessario un monitoraggio costante delle attività di normazione di UNI, CEN e Iso, ovvero dell’aggiornamento degli standard tecnici interna-zionali che determinano i requisiti di sicurezza, i test e i metodi di prova dei prodotti.In questo senso l’Associazione è fondamentale nell’affian-care e assistere le imprese nel controllo delle modifiche ai testi proposte, nel coordinamento, anche attraverso l’as-sociazione europea FEPA, con gli altri stati membri, nei processi di votazione relativi agli standard.Il Gruppo abrasivi, che raduna ad oggi in Aispec 24 impre-se, per un totale di circa 1.600 addetti, raggruppa i mag-giori produttori dell’industria nazionale di abrasivi (rigidi e flessibili) e rappresenta all’incirca l’80% del mercato, per un fatturato annuo di quasi 380 milioni di euro.Federchimica continua a giocare un ruolo chiave nell’as-sistenza e nella rappresentanza delle specifiche necessi-tà del comparto, attraverso la lobby e i rapporti con le isti-tuzioni, l’assistenza sull’applicazione del Contratto sinda-cale e naturalmente il supporto tecnico nell’applicazione delle normative di sicurezza prodotto, salute, ambiente, sicurezza e igiene del lavoro.

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Seconda parte

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SMALtI PER CERAMICA, PIGMENtI INORGANICI, OSSIDI MEtALLICI

Il settore comprende la produzione di smalti, fritte, pig-menti, coloranti usati nell’industria ceramica (piastrelle, stoviglieria, sanitari, etc.) e, in misura minore, nell’indu-stria meccanica (soprattutto per finitura superficiale di elettrodomestici e prodotti per la casa). Esso include anche alcune aziende produttrici di ossidi metallici che trovano diffusione, per ben oltre la metà del loro impie-go, nei processi di reazione chimica per la realizzazio-ne di pigmenti e fritte e nella composizione di prodotti antiruggine e di stabilizzanti.

I colorifici sono prevalentemente ubicati nell’area di sassuolo. Il comparto costituisce, insieme ai costrutto-ri di macchinari e ai produttori di piastrelle, il terzo atto-re necessario alla creazione di piastrelle da pavimen-to e rivestimento.

Le più importanti multinazionali del settore hanno in Ita-lia filiali e stabilimenti che, data la rilevanza strategica del mercato, rivestono un ruolo spesso determinante per la stessa capogruppo. tali aziende sono un significativo esempio di chimica al servizio della ceramica, alla qua-le viene fornito il vero valore aggiunto che permette al prodotto italiano di eccellere su tutti i mercati mondia-li. Il processo di studio e ricerca nell’applicazione dello smalto riveste un ruolo fondamentale per la ceramica.

Questi aspetti sono il vero punto forte dei colorifici, che effettuano annualmente investimenti molto rilevanti e spesso in percentuale superiore a quelli delle aziende chimiche tradizionali. tale processo di affinamento dei prodotti, associati ai necessari servizi forniti per l’appli-cazione dei medesimi, ha ormai spostato il settore ver-so le specialità. In effetti il colorificio, quale fornitore di ricerca ed estetica, spesso all’atto della presentazione del proprio prodotto propone la piastrella finita e non un intermedio chimico. Le forti concentrazioni e le acqui-sizioni tra colorifici avvenuti negli ultimi anni dimostra-no che le aziende del settore sono abituate a compe-tere a livello globale. La competitività, soprattutto con la spagna, ha avuto un ruolo fondamentale nella rior-ganizzazione di un settore che, spesso per necessità, ha dovuto reinventarsi e che ha permesso con la pro-pria ricerca di fare crescere il mondo della piastrella.

Le attività più importanti promosse dall’Associazione, sono indirizzate in materia ambientale e di sicurezza; in

linea generale esse sono volte allo studio delle proble-matiche inerenti alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e dei preparati pericolosi.

Nel corso del 2011, Ceramicolor ha proseguito le atti-vità per gestire l’implementazione del REACh e sono state seguite con estrema attenzione le normative a valle, tra cui quelle relative alla gestione dei rifiuti, ai grandi rischi e all’IPPC (Integrated Pollution Preven-tion and Control).

Nell’ambito delle attività promosse per l’Anno interna-zionale della Chimica, il settore dei colorifici ceramici non ha perso l’occasione di essere protagonista del progetto “Fabbriche Aperte” che ha permesso l’aper-tura di ben sette stabilimenti e ha contato più di mille partecipanti. tutta la cittadinanza ha così avuto la pos-sibilità di visitare alcuni importanti impianti del distret-to, di conoscere i prodotti e il loro contributo alla qua-lità della vita, così come le tecnologie utilizzate a tutela dell’ambiente, della sicurezza industriale e della salute.

E, per rendere ancora più efficace l’attività iniziata con Fabbriche Aperte, è stata promossa un’attività specifi-ca rivolta alle scuole medie inferiori e superiori, per pre-sentare agli studenti il mondo della chimica, l’importan-za della scienza chimica nella vita quotidiana e tutte le opportunità professionali offerte dall’industria chimica in Italia. Nello specifico, è stato presentato un breve qua-dro delle attività dei colorifici ceramici, per mostrare ai ragazzi tutto il percorso di produzione di queste azien-de, che operano principalmente nel distretto.sempre all’interno della collaborazione con le scuole, Ceramicolor, in collaborazione con Confindustria Cera-mica, ha promosso un corso di formazione dedicato agli studenti più meritevoli del quarto anno dell’Istituto tecnico Industriale “E. Fermi” di modena con l’obietti-vo di contribuire attivamente alla formazione dei giova-ni per introdurli al mondo del lavoro. Infine Ceramicolor ha organizzato, in collaborazione con Confindustria Ceramica, il convegno “A cosa pensa-no gli architetti quando progettano”, dove ha presen-tato una ricerca, commissionata dalle due associazio-ni a GfK Eurisko, sulla figura dell’architetto italiano qua-le protagonista in molteplici progetti di grandi building e interior design, nei quali sono presenti le piastrelle di ceramica e gli altri materiali sostitutivi.

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ADESIVI E SIGILLANtI

Il settore degli adesivi e sigillanti rappresenta produ-zioni destinate ad una grande varietà di applicazioni: edilizia, cartotecnica, imballaggio, mezzi di trasporto, legno e arredamento, calzature, pelletteria e fai-da-te sono alcuni esempi.La dinamica di mercato del comparto nel 2011 ha registrato un andamento negativo, in termini quanti-tativi, per tutti i settori di destinazione. Il fatturato, su base annua, è cresciuto, ma si è trattato semplice-mente di un parziale, modesto recupero dell’aumento dei costi delle materie prime. I margini reddituali sono risultati del tutto insoddisfacenti.I motivi di preoccupazione, evidenti già a partire dal 2010, si sono acuiti per tutto il 2011: le imprese han-no dovuto misurarsi, ancora una volta, con l’anda-mento al rialzo delle materie prime ed i casi di shor-tage registrati per molte di esse.Il problema dell’accesso al credito, più volte dramma-ticamente denunciato per tutto il 2011, in particolare da parte delle piccole e medie imprese, è un fatto-re che non ha ancora esaurito i suoi effetti potenzial-mente devastanti. La carenza di liquidità ha assunto proporzioni senza precedenti, malgrado gli sforzi del-la Banca Centrale Europea per arginare il fenomeno.La situazione estremamente critica in cui le imprese devono operare è ulteriormente aggravata dal ritardo dei pagamenti sia da parte delle pubbliche ammini-strazioni, sia da parte del settore privato.Il rallentamento dell’economia dei principali paesi euro-pei spinge le imprese a focalizzarsi maggiormente sui mercati emergenti extra europei quali Cina, India, Russia e Brasile.

L’attività associativa ha comunque mantenuto il suo dinamismo, i rappresentanti delle imprese asso-ciate hanno periodicamente partecipato alle riunio-ni del Comitato tecnico Avisa, l’ambito naturale in cui si discutono le tematiche di maggiore interesse di carattere tecnico-legislativo tra cui figurano argo-menti quali REACh, CLP, biocidi, nanomateriali, solo per citarne alcuni. L’implementazione del Regolamento REACh, in parti-colare per quanto riguarda le schede dati di sicurez-za, ha comportato l’attivazione di una apposita task force incaricata di redigere schede dati di sicurezza estese, complete degli scenari di esposizione, per supportare le imprese associate.

Un ulteriore particolare aspetto del REACh, emerso a partire dalla fine del 2011, riguarda le attività ispettive da parte dell’Autorità competente nazionale.Il Gruppo adesivi e sigillanti a tal riguardo ha organiz-zato un workshop espressamente dedicato all’illu-strazione delle prime esperienze aziendali in materia, nello spirito di offrire alle imprese associate uno stru-mento concreto di confronto.

La tematica relativa al contatto con gli alimenti ha determinato il riavvio dei lavori del settore adesivi e sigillanti per cartotecnica e imballaggio. I continui svi-luppi di carattere legislativo sull’argomento richiedo-no ampia attenzione per le implicazioni che ne deri-vano per le imprese associate attive in tale segmen-to di mercato.

È proseguito l’impegno di Avisa nel progetto CAst, condotto sotto la responsabilità scientifica dell’Istitu-to superiore di sanità. La prima fase del progetto ha condotto alla redazione di “Linee guida per l’applica-zione del Regolamento 2023/2006/CE alla filiera dei materiali e oggetti destinati al contatto con gli alimenti”.Il cosiddetto CAst2, attualmente in corso, si occu-pa di predisporre un documento che definisca i com-portamenti da adottare e la documentazione da tene-re in azienda nel caso di un’ispezione da parte delle Autorità, mirata a verificare il rispetto del Regolamen-to 2023/2006/CE.sarà, inoltre, predisposto un documento che chiarirà i requisiti della documentazione di supporto richiesti dal Regolamento Quadro 1935/2004/CE.

Il settore adesivi e sigillanti per il legno e l’arredamen-to, nel quadro delle iniziative di formazione e divul-gazione tradizionalmente condotte, ha realizzato una tavola rotonda dal titolo “sostenibilità: la leva compe-titiva per lo sviluppo della filiera del legno e arreda-mento” in occasione del sICAm (salone Internazionale Componenti, semilavorati e Accessori per l’Industria del mobile), lo scorso 21 ottobre 2011 a Pordenone.

In campo internazionale è stato confermato l’impe-gno dei delegati italiani negli organi di FEICA (Exe-cutive Board, European technical Board, European Business Board), l’Associazione europea alla quale il Gruppo adesivi e sigillanti aderisce.

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Seconda parte

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PIttURE E VERNICI

Il settore delle pitture e vernici rappresenta una com-ponente molto rilevante della chimica italiana. Con un valore della produzione superiore ai tre miliardi di euro, l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Germa-nia. In Italia sono attive sia importanti imprese a capitale italiano di dimensioni medie e piccole, sia filiali produtti-ve di gruppi internazionali. I prodotti trovano impiego in svariati settori: i più importanti in termini quantitativi sono l’edilizia (circa il 60% delle vendite complessive), l’indu-stria metalmeccanica (20%) e il mobile (15%), ma figu-rano anche l’auto, la protezione industriale, la nautica, la marina, il “can coatings”. Le imprese di pitture e ver-nici, attraverso la qualità dei propri prodotti, l’innovazio-ne e la capacità di dare efficacemente risposte alle esi-genze dei clienti, sono spesso alla base dei successi di molte imprese del cosiddetto made in Italy. Una par-te significativa e tendenzialmente crescente della pro-duzione è rivolta ai mercati esteri. Nel 2011 il settore dei prodotti vernicianti ha registrato performance, in termini quantitativi, in linea con il 2010, e a valore solo leggermente migliori di quelle dell’an-no scorso.Per tutti i settori continuano a destare enorme preoccu-pazione le tensioni delle materie prime, sia per i pesan-ti rincari che si riescono a trasferire a valle solo in par-te, sia per i crescenti problemi di approvvigionamen-to, con conseguenti difficoltà operative e riduzioni del-le marginalità. Il mercato è inoltre caratterizzato da gravi problemi di liquidità: aumenta l’esposizione creditizia complessiva e il capitale circolante necessario per finanziarla, cre-sce il rischio di insolvenza e conseguentemente il rischio d’impresa, si dilatano i tempi e le difficoltà per far rien-trare i crediti.

Con l’entrata in vigore nel 2006 del Decreto Legislativo di “Attuazione della direttiva 2004/42/CE, per la limita-zione delle emissioni di composti organici volatili conse-guenti all’uso di solventi in talune pitture e vernici, nonché prodotti per carrozzeria” (D.Lgs. 161/2006), sono stati imposti limiti massimi di contenuto di composto organi-co volatile (CoV) nei prodotti vernicianti utilizzati in edili-zia e in carrozzeria. Il Decreto ha avuto pertanto impor-tanti ricadute sulla produzione e sull’attività di ricerca e sviluppo e le imprese hanno investito significative risor-se umane ed economiche per la formulazione di pro-dotti a basso contenuto di CoV.

Il Gruppo pitture e vernici di Avisa ha seguito fin dall’i-nizio l’iter legislativo e le implicazioni tecnico-normative conseguenti. L’impegno dell’Associazione si è concretizzato attraver-so una puntuale e tempestiva informazione, circolari di chiarimento, riunioni interassociative, incontri tra tecnici, realizzazioni di linee guida e position paper e un conti-nuo confronto con le autorità. Proprio grazie all’attività associativa di lobby i ministe-ri competenti hanno accolto le istanze del settore pro-rogando al 31 dicembre 2012 il divieto di esportare, in paesi extra Ue, i prodotti non conformi al decreto e rial-lineando in questo modo l’Italia alla legislazione degli altri paesi dell’Unione europea. tale disposizione ha evita-to alle imprese operanti nel Paese, comprese le multi-nazionali, associate e non, la perdita per il 2012 di un fatturato pari a circa 100 milioni di euro, 300 milioni di euro complessivi se si considera che si tratta della ter-za proroga consecutiva ottenuta.A seguito della pubblicazione della Norma UNI EN 15824 “specifiche per intonaci esterni e interni a base di leganti organici” che prevede la marcatura CE per i rivestimenti plastici continui, il Gruppo pitture e verni-ci ha siglato importanti convenzioni con quattro prima-ri laboratori nazionali che riservano tariffe agevolate alle imprese associate per la realizzazione dei test previ-sti dalla norma.Il Gruppo ha inoltre realizzato una linea guida di faci-le lettura e immediata comprensione che ripercorre la norma e offre utili indicazioni per la sua corretta applica-zione, e una brochure informativa che le imprese asso-ciate possono utilizzare per favorire la divulgazione lun-go tutta la filiera.L’industria italiana delle pitture e vernici ha manifestato, negli ultimi anni, una grande necessità di formazione spe-cifica per i propri tecnici, anche tenuto conto che è scar-sa l’offerta di corsi post-diploma o dei corsi universitari.Per questo il Gruppo pitture e vernici collabora, dal 2005, con Innovhub-stazione sperimentale oli e Grassi e con l’Associazione Italiana dei tecnici di industrie di vernici ed affini nel programma di formazione permanente deno-minato forVER. Lo scorso anno sono stati organizzati con successo i corsi: “Additivi: nuove frontiere” (giugno 2011), “Verni-ci per legno: la formulazione nei diversi settori applicati-vi. Componenti, supporti, basi di formulazione e carat-terizzazione” (Novembre 2011).

http://avisa.federchimica.it

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GAS tECNICI, SPECIALI E MEDICINALI

I gas tecnici, speciali e medicinali vengono utilizzati in quasi tutti gli ambiti dell’attività manifatturiera nazionale.ossigeno, azoto, argon, elio e gas rari, idrogeno, ace-tilene, anidride carbonica, anidride solforosa, idrofluo-rocarburi, aria, gas speciali e miscele di gas, trovano impiego nell’industria metallurgica, meccanica, alimen-tare, chimica, del vetro, oltre che in ambito sanitario (in particolare l’ossigeno, il protossido d’azoto, le miscele medicinali e i gas dispositivi medici). Questi gas hanno la necessità di essere prodotti in prossimità dei luoghi di utilizzo finale, a causa degli elevati costi di traspor-to, e, proprio per questo, l’andamento economico del settore segue abbastanza fedelmente lo stato di salu-te dell’attività manifatturiera italiana.

Il settore dei gas industriali, rappresentato in Italia da Assogastecnici, ha chiuso il 2011 mantenendo gli stessi livelli produttivi dell’anno precedente. Il compar-to si è confrontato con settori industriali clienti molto vulnerabili e dagli andamenti altalenanti. tra quelli più trainanti, si distinguono la metallurgia, i settori legati al recupero ecologico-ambientale, diversi comparti della lavorazione dei metalli e l’alimentare. Non hanno sod-disfatto invece i risultati sul fronte dell’industria dell’au-tomotive e chimica.

Il comparto medicinale è leggermente cresciuto seb-bene a ritmi inferiori a quelli cui è abituato. Il settore è infatti molto meno ciclico di quello industriale e gode di un proprio trend di costante sviluppo, specie per la crescente importanza dei servizi accessori forniti insie-me ai gas.sia per l’area domiciliare che per quella ospedaliera, la fornitura del gas si accompagna a prestazioni acces-sorie quali la fornitura di servizi, apparecchi e impianti, che trainano la crescita del valore del comparto.

Per il settore dei gas in generale si aggiunge poi il pro-blema dei costi energetici, che nel 2011 sono ulterior-mente aumentati di oltre il 9%, continuando ad assestar-si su livelli ben superiori a quelli degli altri paesi europei.A fianco della normale attività istituzionale e progettua-le, nel 2011 si sono tenuti importanti momenti di con-fronto, di coinvolgimento e di formazione degli addet-ti ai lavori su un tema fondamentale quale la sicurez-za: nel maggio 2011, a Vairano di Vidigulfo (PV), pres-so l’Automotive safety Centre, si è svolto un Conve-

gno per le imprese di autotrasporto, rappresentate dai titolari e dai responsabili per la sicurezza. L’even-to ha permesso di focalizzare l’attenzione sui moltepli-ci aspetti che riguardano la sicurezza nel trasporto dei recipienti per gas.

Nel mese di novembre si è poi svolta una seconda importante iniziativa: l’XI Riunione Nazionale di sicu-rezza, tradizionale appuntamento associativo in cui si presentano gli aspetti più importanti legati alla sicu-rezza. Nell’edizione 2011, in particolare, si è affronta-to il tema dell’errore umano nei suoi ambiti più diversi.

Per quanto riguarda il comparto medicinale prosegue l’attività di sensibilizzazione e di coinvolgimento degli operatori della sanità per promuovere il settore dal pun-to di vista del valore in termini terapeutici, etici, indu-striali e sociali.L’evoluzione legislativa degli ultimi anni ha portato i gas medicinali ad assumere a tutti gli effetti lo status di farmaci e le aziende che li producono hanno dovuto dotarsi delle Autorizzazioni all’Immissione in Commercio (AIC) secondo scadenze concordate con il ministero della salute e l’AIFA: allo stato attuale l’ossigeno medi-cinale, l’azoto protossido medicinale e l’aria medicinale possono essere commercializzati esclusivamente dalle aziende che hanno ottenuto la relativa AIC.

Per adeguarsi al meglio alla fase di evoluzione dalla qua-le sta emergendo la normativa di riferimento, il Gruppo gas medicinali sta mantenendo ed intensificando i rap-porti con ministero della salute, AIFA e Istituto superio-re di sanità per ottenere un sempre maggiore avvicina-mento tra le prassi applicate in Europa e le interpreta-zioni adottate dagli interlocutori istituzionali sul territo-rio nazionale, sia per quanto riguarda le questioni rela-tive ai gas Farmaci che per i gas e miscele che ven-gono utilizzati come Dispositivi medici.

Prosegue poi la campagna di sensibilizzazione del Gruppo gas medicinali sull’impiego corretto e sicu-ro dei gas e in particolare sulle modalità di manipola-zione e dispensazione di tali farmaci all’interno delle strutture sanitarie pubbliche e private: con pubblica-zioni sul sole 24 ore sanità, Corsi Regionali accredi-tati ECm per i farmacisti ospedalieri ed eventi istituzio-nali a carattere nazionale.

www.assogastecnici.it

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DEtERGENtI E SPECIALItÀ PER L’INDUStRIA E PER LA CASA

Il settore dei prodotti per la pulizia, la manutenzione e l’igie-ne degli ambienti comprende detersivi, saponi da bucato, coadiuvanti di lavaggio, presidi medico-chirurgici “disin-fettanti e disinfestanti ambientali” (biocidi), cere, prodot-ti per la cura delle auto, deodoranti ambientali e prodotti per la pulizia e la manutenzione in generale.si suddivide in due macro aree: detergenti e prodotti per la manutenzione della casa e analoghi per l’industria, le comunità e le istituzioni. Le due aree condividono la mis-sione d’impresa di produrre le migliori soluzioni per assi-curare pulizia e igiene in ogni ambito.

All’interno del settore operano imprese nazionali e multi-nazionali con sede in Italia, con un fatturato globale che supera i tre miliardi di euro. spesso la sfida più grande per le imprese del settore è riuscire a conciliare le neces-sità di una crescita economica e industriale sostenibile con le esigenze dei consumatori e degli utilizzatori, ope-rando in un panorama normativo, che risulta essere sem-pre più complesso.I temi specifici seguiti in tale area sono: la Direttiva Biocidi che a livello europeo riveste notevole importanza, sia per il posticipo di quattro anni del periodo transitorio, sia per la revisione della legislazione in questo campo. A stret-to contatto con il ministero della salute, è stato attivato uno specifico tavolo di lavoro per la gestione del periodo transitorio che porterà quelli che oggi sono definiti PmC (Presidi medico Chirurgici) a essere registrati come Bio-cidi. Per quanto riguarda invece la revisione della norma-tiva, il settore ha operato attivamente per la definizione di un nuovo Regolamento europeo.Le aziende della detergenza sono state anche molto coin-volte nell’applicazione della normativa REACh, valutando con attenzione le implicazioni della norma sui cosiddetti downstream users. Una delle principali criticità riguarda la corretta gestione delle informazioni attraverso le sche-de Dati di sicurezza che con le novità proposte nella nor-ma coinvolgono tutta la catena di fornitura. Infine, l‘entrata in vigore del Regolamento CLP e del suo adeguamento al progresso tecnico è stata seguita con grande attenzione, poiché avrà un impatto importante sul settore con un notevole aggravio degli adempimenti. si è quindi reso necessario valutare con particolare attenzio-ne tutte le novità apportate attivando le opportune azioni.

Il settore della detergenza è, inoltre, da tempo impegna-to nella realizzazione di progetti volontari legati al concet-

to di sostenibilità, di rilevante interesse per le imprese e l’utilizzatore finale. tali iniziative sono volte alla riduzio-ne dell’impatto ambientale del settore e alla massimiz-zazione della tutela del consumatore.La crisi del mercato sta accelerando il cambiamento e sta mutando le esigenze e le richieste dei consumatori; le imprese e la grande distribuzione organizzata, vedo-no questa fase come un’opportunità da cogliere più che come problemi o vincoli. Per tale motivo, la sostenibili-tà assume oggi una valenza molto più concreta e viene percepita come leva da utilizzare per avviare una nuo-va fase di sviluppo dell’economia.

Uno dei progetti più importanti in questo ambito è il Char-ter A.I.s.E. per una pulizia sostenibile: un programma volontario, implementato in Italia da Assocasa, che ha l’o-biettivo di promuovere il continuo miglioramento nell’am-bito della sostenibilità, che si applica a tutti gli stadi del ciclo di vita del prodotto e si fonda sui tre “pilastri” della sostenibilità: sociale, ambientale ed economico. Con il 2011 il Charter si è arricchito di una «dimensione di pro-dotto», ovvero una versione migliorata del logo che può essere utilizzata su un «prodotto che non solo è realizza-to da un membro del Charter, ma che soddisfa anche alcune caratteristiche avanzate di sostenibilità”. Questa novità soddisfa le esigenze avanzate dagli stakeholder, affinché il logo non dicesse solo qualcosa su chi ha rea-lizzato il prodotto, ma anche sul prodotto stesso.

Di pari rilevanza sono inoltre i progetti PREP (Product Resource Efficiency Project). Dopo quelli dedicati alla concentrazione dei detergenti in polveri e liquidi per bucato domestico, si attiverà a breve anche il proget-to relativo alla concentrazione degli ammorbidenti. La concentrazione dei prodotti risulta fornire un importan-te beneficio ambientale in termini di consumi di materie prime e materiale da imballaggio oltre che di riduzione di trasporti e quindi di emissioni di anidride carbonica.

L’associazione di categoria di riferimento per il settore della detergenza e specialità per l’industria e la casa è Assocasa, che raggruppa 100 aziende in Italia; a livel-lo europeo, Assocasa si coordina con il proprio net-work europeo di associazioni gemelle facenti capo ad A.I.s.E. (Association Internationale de la savonne-rie, de la Détergence et des Produits d’Entretien), che opera a Bruxelles.

www.assocasa.it

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La chimica e i suoi settori

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COSMESI

Anche nel 2011 il mercato cosmetico segna una cresci-ta nonostante le forti tensioni sulla propensione al con-sumo di ampie fasce di utenti. Nel 2011 il valore del consumo di cosmetici in Italia ha toccato i 9.800 milioni di euro, (+1.8%).

Il canale farmacia conferma i recenti trend positivi anche se il ritmo sembra più rallentato rispetto al passato. Il mer-cato si approssima ai 1.800 milioni di euro, +1.8%, pari a oltre il 18% del totale di vendita di tutti i cosmetici in Italia. si conferma la fiducia dei consumatori che riconoscono alla farmacia livelli competitivi di specializzazione e cura del servizio. I cosmetici venduti nelle parafarmacie sono il nuovo fenomeno.Anche nel 2011 i cosmetici venduti in erboristeria confer-mano il trend positivo, sempre superiore alla media annua-le. Il valore delle vendite, prossimo ai 380 milioni di euro, +3.9%, caratterizza il canale, grazie alle opzioni d’acqui-sto dei consumatori decise ed orientate a concetti salu-tistici e naturalistici. L’andamento dei consumi nelle profumerie nel 2011 segna una sensibile ripresa: +0.7% con un valore delle vendite pari a 2.290 milioni di euro. Nel canale è in cor-so una profonda trasformazione a fronte di fasce di con-sumatori divisi tra fedeli e diradanti, da qui il bisogno di nuovi interventi per sostenere la selettività del canale. In profumeria, con una quota del 23.3% sul totale, si spen-de comunque il secondo valore di mercato cosmetico dopo la grande distribuzione.

Le imprese che si rivolgono alla grande distribuzione nel corso del 2011 hanno sviluppato significativi investimen-ti con l’obiettivo di sostenere la domanda nel canale, che, occorre ricordare, copre quasi il 44% del mercato, con un valore che nel 2011 tocca i 4.300 milioni di euro (inclu-dendo i valori dell’erboristeria), +2.8%. Il nuovo fenome-no della grande distribuzione specializzata ha condiziona-to positivamente il canale, all’interno del quale si osserva un andamento più rallentato delle grandi superfici, calate dell‘1% per un valore di poco oltre 2.200 milioni di euro. Prepotente negli ultimi esercizi l’impatto dinamico dei nuo-vi negozi monomarca.Una crescita superiore alla media si registra anche per le vendite porta a porta che nel 2011 superano i 428 milioni di euro, +3.6%. Le nuove modalità di offerta, unite ad una spe-cializzazione di servizio, spiegano il successo di un cana-le che copre più del 4% del consumo totale di cosmetici.

Analogamente si assiste alla crescita delle vendite per corrispondenza, +3.8%, con un valore del mercato di 62,8 milioni di euro. Gli acquisti via internet pesano anco-ra marginalmente. Andamento piatto per i consumi di cosmetici nei cana-li professionali, che raggiungono i 956 milioni di euro. Prosegue la ripresa del consumo negli istituti di bellez-za, +1.5%, per un valore prossimo ai 270 milioni di euro.Per i saloni di acconciatura, in calo dell’1.5% ed un valore di 686 milioni di euro, pesa ancora la contrazione delle fre-quentazioni medie che penalizza il consumo dei cosme-tici usati nei saloni e diminuisce la rivendita.

Aumenta il valore della produzione cosmetica nel 2011 con un fatturato prossimo ai 9.000 milioni di euro (+4.1%). se il mercato interno, +1.5%, incide marginalmente, è la significativa performance delle esportazioni a sostene-re i fatturati delle imprese nazionali. Le vendite all’estero sono infatti aumentate dell’11%, per un valore di 2.671 milioni di euro. tra i canali di sbocco sul mercato interno, incide marginalmente la flessione dei canali professiona-li, -0.5%, con un valore di sell-in di 807 milioni di euro: il rallentamento delle frequentazioni dei saloni d’acconcia-tura e dei centri estetici è ancora evidente anche se si attende una ripresa nel 2012.

In crescita i fatturati delle imprese che hanno investito sui canali tradizionali, +1.8%, con un valore di 5.484 milioni di euro. In un momento di forte rallentamento dei consumi, l’erboristeria e la farmacia hanno ancora saputo rispon-dere alle modificazioni di atteggiamento dei consumato-ri. La grande distribuzione organizzata ha tenuto, mentre la profumeria, dopo anni di contrazione, registra segna-li di ripresa sui valori.

La ripresa dei mercati internazionali nel 2011 è stata evi-dente, in alcuni casi con significativi trend positivi cui le imprese italiane hanno saputo rispondere prontamente. La bilancia commerciale, per effetto della rinnovata competi-tività delle imprese, si è ulteriormente ampliata, approssi-mandosi ai 1.000 milioni di euro. Per effetto della ripresa dei mercati internazionali, il rapporto export su produzio-ne sale al 30%, una percentuale comunque ancora bas-sa per un comparto al quale sono riconosciute capaci-tà di servizio e qualità dell’offerta. La ripresa dei consumi mondiali, anche nel 2012, creerà le opportunità per qua-lificare ulteriormente queste caratteristiche competitive.

www.unipro.org

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Seconda parte

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FARMACI DI AUtOMEDICAZIONE

Il comparto dei farmaci senza obbligo di prescrizione con-ferma uno scarso dinamismo ovvero consumi in calo (-2.5%), fatturati stabili (-0.1%) ed un canale farmacia che, a cinque anni dai processi di liberalizzazione, detie-ne oltre il 91% delle vendite dei medicinali senza ricetta. Il settore, che costituisce il 16.9% del mercato farmaceu-tico complessivo a volumi (poco più di 310 milioni di con-fezioni) e l’11.6% a valori (2.210 milioni di euro), chiude il 2011 con trend che riflettono la natura stagionale del comparto: una primavera fresca con una bassa inciden-za dei sintomi delle allergie respiratorie ed un autunno ed un inizio di inverno con temperature al di sopra delle medie stagionali, hanno determinato una minore diffusio-ne dei malanni di stagione ed una conseguente contra-zione degli acquisti dei farmaci di libera vendita.

Con rifermento alle due categorie di farmaci in cui è sud-divisa in Italia, diversamente da quanto stabilito dalla nor-mativa europea, la classe dei farmaci senza obbligo di prescrizione, quali le specialità di automedicazione o otC (over the Counter) per le quali è consentita la comuni-cazione al cittadino e i farmaci soP (senza obbligo di Prescrizione), invece non pubblicizzabili, si osserva che il numero di confezioni di otC vendute (233.2 milioni) è diminuito dell’1.4% per un giro d’affari di oltre 1.675 milio-ni di euro (+1.1%), mentre i soP presentano una flessio-ne del 5.8% del numero di confezioni (77.2 milioni) e del 3.7% dei fatturati (534.4 milioni) per effetto, sia di una con-trazione dei consumi, che di alcuni passaggi di classe. Infatti, analizzando i dati dei farmaci senza ricetta, si evi-denzia l’effetto di una serie di riclassificazioni di prodotti. La diminuzione delle confezioni, sia per i soP che per gli otC, risente, in particolare, di alcuni “switch back” di pro-dotti da “farmaco senza obbligo di prescrizione” a “far-maco di classe C” con ricetta, soprattutto nell’area degli antinfiammatori per uso topico.

tuttavia, si evincono anche positivi cambiamenti per il mercato dell’automedicazione: la commercializzazione di nuovi prodotti grazie allo switch di alcuni farmaci dallo status di “prescrizione” a quello di “non prescrizione” (per esempio nell’area dell’apparato digerente); “extension line” di prodotti già esistenti ed il passaggio, all’interno dei far-maci senza obbligo di ricetta, di diversi prodotti o con-fezioni da soP a otC, con un andamento in costante diminuzione del peso dei soP (meno del 25% sul totale del mercato senza obbligo di prescrizione).

Questi cambiamenti evidenziano segnali di dinamismo, sebbene deboli e non sufficienti a segnare una inversio-ne dei trend di medio/lungo periodo: nell’ultimo quinquen-nio si registra un tasso medio anno di crescita per i non prescription del -2.0% a volumi e del +0.4% a valori. I dati mostrano come i processi di cambiamento che han-no interessato il comparto quali la liberalizzazione (Leg-ge 248/2006) delle vendite dei farmaci senza obbligo di ricetta anche nelle parafarmacie e nei corner della GDo alla presenza obbligatoria e irrinunciabile di un farmaci-sta, e una più forte concorrenza sui prezzi, liberamente stabiliti dai titolari dei punti vendita (L. 296/2006), han-no generato vantaggi per i cittadini in termini di diversi-ficazione dell’offerta e calmierazione dei prezzi, ma non hanno modificato le abitudini di acquisto dei farmaci sen-za ricetta, né hanno rappresentato un volano di cresci-ta per il settore.Ad oggi si rileva un mancato “decollo” dei canali “alter-nativi”, che cumulano meno del 9% del mercato, ed una erosione dei consumi, legati alla stagionalità e niente affatto influenzati dalla pubblicità.

Guardando al futuro, le dinamiche demografiche in atto, la crescente e più complessa domanda di salute, la rapi-da evoluzione dell’arena competitiva, le tensioni eco-nomiche e con esse lo sviluppo di tendenze contrap-poste nella ricerca dell’equilibrio tra tutela della salute e appropriatezza nell’uso delle risorse pubbliche, eviden-ziano l’opportunità di riconoscere al comparto dei far-maci di automedicazione un ruolo di valore a sostegno delle politiche del sistema sanitario Nazionale.Un allargamento dell’offerta attraverso l’introduzione di principi attivi non presenti in automedicazione, un uso estensivo del marchio, la creazione di una classe uni-ca di farmaci senza obbligo di prescrizione per allinear-ci all’Europa, rappresentano, al di là di qualunque pro-cesso di liberalizzazione, concrete leve per lo sviluppo prospettico del comparto.tale sviluppo passa attraverso il continuo sostegno alla promozione della cultura dell’automedicazione respon-sabile, con attività di comunicazione ed educazione al cittadino, e di progetti di collaborazione con gli stakehol-der di riferimento e la diffusione del bollino rosso, obbli-gatoriamente presente sulle confezioni dei senza ricet-ta, quale elemento di identificazione e valore aggiunto di questi farmaci agli occhi di un cittadino sempre più autonomo nelle proprie scelte di salute.

www.anifa.it

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La chimica e i suoi settori

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PRODOttI PER LA SALUtE ANIMALE

Il mercato italiano della salute animale, rappresentato in Italia da Aisa, nel 2011 si è attestato sui 554,8 milioni di euro. Rispetto al 2010 è forse azzardato parlare di anda-mento positivo, ma sicuramente si può confermare una sostanziale tenuta, considerato il contesto macroecono-mico internazionale. Come ormai accade da diversi anni, a trainare l’interno comparto sono stati ancora una volta i farmaci per gli ani-mali da compagnia, che hanno chiuso segnando un net-to incremento rispetto al 2010, +4% pari a un mercato di 237 milioni; questa crescita è dovuta all’aumento dei pro-dotti messi a disposizione del veterinario e all’aumentata responsabilizzazione del proprietario, che si prende sem-pre più cura dei propri animali.In segno negativo, invece, gli altri due segmenti del com-parto: i farmaci per il settore degli animali produttori di ali-menti e le premiscele medicate.

Nel segmento dei farmaci veterinari per animali da com-pagnia, il 2011 ha confermato il trend positivo per gli anti-parassitari esterni, una crescita favorita anche da una sta-gione particolarmente calda, con temperature elevate e tempo buono anche in tarda estate e fino ad autunno inol-trato. si assiste, invece, ad una contrazione nell’ambito del medicinale veterinario. tra i motivi più significativi che determinano una tale tendenza si registrano una maggio-re sensibilità al “costo terapia” da parte del medico vete-rinario e del proprietario, un sensibile calo del comparto dei farmaci non essenziali, quelli cosiddetti di supporto (come gli ormoni o i farmaci comportamentali) e, non ulti-mo, una “genericizzazione” di importanti tipologie di far-maco quali ad esempio gli antinfiammatori non steroidei e gli antimicrobici.Le aziende stanno comunque investendo, fornendo nuo-vi prodotti e nuove soluzioni, assistiamo allo sviluppo di nuove formulazioni come nel segmento degli antiparassi-tari esterni; allo stesso tempo molte aziende sono impe-gnate nel lancio di nuovi vaccini per importanti patologie zoonotiche.Di rilevanza non secondaria, nell’ambito dei cosiddetti nutraceutici, è da registrare l’implementazione delle norma-tive europee che determinano e determineranno anche in futuro una stringente selezione delle materie prime e degli additivi alimentari utilizzabili.

Per quanto riguarda gli animali da reddito, nonostante il mer-cato abbia registrato una leggera flessione (-1.5%) si può

parlare di un quadro leggermente più favorevole rispetto al biennio precedente nei diversi comparti. Continua l’evolu-zione di tecniche di allevamento mirate al raggiungimento di efficienze produttive, con interventi sulla struttura e l’or-ganizzazione in allevamento, l’utilizzo di prodotti generici, il miglioramento delle pratiche di profilassi e prevenzione. Nello specifico, il comparto delle vacche da latte ha bene-ficiato di prezzi del litro/latte quanto meno sopra il break even, con una buona marginalità in tutti quei prodotti tipi-ci quali ad esempio il Parmigiano-Reggiano che prevede la trasformazione del latte.I prezzi dei suini purtroppo restano stabili pertanto l’aumen-to del costo delle materie prime non favorisce un recupero di marginalità accettabile, specie per il tipo di allevamento italiano che prevede la presenza in stalla per un periodo molto più prolungato rispetto ad altri paesi europei: in Italia si produce un suino “pesante” idoneo alla trasformazione delle cosce in prosciutti tipici, quali Parma e san Daniele.stabile anche il mercato dei prodotti destinati all’allevamen-to avicolo, che ha segnato lunghi periodi positivi nell’arco degli ultimi 12 mesi, sia nelle uova, sia per quanto riguar-da la carne (pollo e tacchino). Con l’entrata in vigore nel 2012 della nuova direttiva sul benessere animale mute-ranno le condizioni di allevamento per quanto riguarda soprattutto broiler (pollo da carne) e ovaiole. Vi sarà ridu-zione del numero di capi allevati per unità di superficie con incremento dei costi di produzione, che hanno già iniziato a riflettersi sui prezzi finali al consumatore, soprattutto per le uova (aumento del 12% negli ultimi sei mesi).

Una netta flessione ha interessato il settore delle premi-scele medicamentose (nel 2011 il mercato ha registrato -6% rispetto all’anno precedente). Queste sono utilizza-te per produrre i mangimi medicati per gli animali produt-tori di alimenti e giocano la parte del leone nel segmen-to della medicazione orale. Le nuove normative europee hanno influenzato e stanno influenzando le dinamiche di mercato: da un lato si assiste alla riduzione del ricorso alla medicazione orale e dall’altro ad una maggiore attenzione verso un utilizzo responsabile dei farmaci, con particolare riferimento agli antibiotici.Questa scelta condivisibile va perseguita nel medio e lun-go termine, ponendo però grande attenzione a non mette-re in crisi il comparto allevatori e i veterinari, che si potreb-bero trovare di fronte a una drastica riduzione dell’arma-mentario terapeutico disponibile per la cura degli anima-li già dai prossimi mesi.

http://aisa.federchimica.it

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Seconda parte

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BIOtECNOLOGIE

Il biotech italiano conta un numero sempre maggiore di imprese e continua a essere competitivo a livello euro-peo, anche quest’anno infatti il settore delle biotecnolo-gie in Italia si caratterizza per essere un comparto dinami-co e promettente, nonostante l’acuirsi della difficile con-giuntura con la quale le nostre imprese si devono quoti-dianamente confrontare.

A fine 2011 sono state rilevate in Italia 394 imprese bio-tech impegnate in attività di ricerca e sviluppo, di cui ben 248 “pure biotech” (secondo la definizione adottata da Ernst & Young), attestandoci terzi in Europa, dopo Ger-mania (397) e Regno Unito (282), per numero di impre-se pure biotech. si tratta di un dato importante poiché, oltre a confermare il trend di crescita dello scorso anno (+2.5%), si rivela in chiara controtendenza rispetto agli altri paesi leader europei.

Le biotecnologie per la salute (red biotech) si conferma-no il settore trainante l’intero comparto, delle 394 impre-se individuate, 206 sono attive nel settore della salute dell’uomo, 61 operano nel segmento delle GPtA (geno-mica, proteomica e tecnologie abilitanti), 43 si dedica-no alle biotecnologie agro-alimentari, 34 sono attive nel-le biotecnologie industriali, mentre 50 operano in più set-tori di applicazione (multi core).Il 77% delle imprese del settore si caratterizza per esse-re di micro o piccola dimensione. Considerando le sole pure biotech, tale percentuale raggiunge l’88%, a con-ferma del fatto che la maggioranza delle imprese di que-sto comparto è costituita da piccole imprese innovative, dedicate soprattutto ad attività di R&s.

I dati economico-finanziari rivelano un settore in crescita del 4% con un fatturato che ammonta a più di 7 miliardi di euro rispetto allo scorso anno, che investe in R&s 1,8 miliardi di euro (+ 8%). Le nostre pure biotech evidenziano un ulteriore aumento dell’incidenza degli investimenti in R&s sul fatturato (43% vs. 41%), e una percentuale maggiore di addetti in R&s (30%) rispetto al 10% delle altre biotech.

Il segmento di punta delle biotecnologie italiane opera nello sviluppo di farmaci e terapie altamente innovative: si contano ben 319 prodotti per uso terapeutico (+35%), dei quali 80 in fase preclinica, 43 in Fase I, 98 in Fase II e 98 in Fase III. In questo contesto le sole pure biotech italiane contri-

buiscono con 138 prodotti in sviluppo, di cui 63 in fase preclinica (31%), 22 in Fase I (11%), 38 in Fase II (19%) e 15 in Fase III (8%). A questi vanno aggiunti 63 proget-ti di ricerca in early-stage, vale a dire ancora in fase di discovery, che rappresentano una autentica promessa per l’intero settore.Nonostante la crisi di liquidità a livello globale, e la scarsa disponibilità di cassa che caratterizza le nostre pure bio-tech, i livelli di eccellenza raggiunti dalle red biotech ita-liane trovano ulteriore riprova nel loro impegno nei setto-ri degli orphan Drug e delle terapie Avanzate (tA), dove si registrano rispettivamente 32 prodotti con designazio-ne orfana e 30 progetti, di cui 11 in sperimentazione cli-nica. Anche in Italia, quindi, le tA, che includono la tera-pie genica, cellulare e la medicina rigenerativa, si confer-mano come un filone di ricerca estremamente dinamico.

Le biotecnologie sono alla base di un nuovo modello di sviluppo e, per la loro diffusione e il significativo aumen-to di produttività che sono in grado di generare trova-no applicazione in numerosi comparti: la filiera tessile e quella cartaria, l’industria agroalimentare e quella chimi-ca, il settore energetico e dell’ambiente, quello informa-tico e delle costruzioni. Per questo si guarda ormai al biotech come a un meta-settore.sono sempre più numerose le aziende che, pur operan-do in settori “tradizionali” integrano prodotti e tecnologie biotech nei propri processi produttivi, al fine di migliorar-ne la qualità e la resa, o di diminuirne l’impatto ambien-tale. Nessun processo produttivo risulta, infatti, meno invasivo sull’ambiente di quello dei processi naturali dai quali, non a caso, le biotecnologie originano.si sta quindi affermando un nuovo modello di sviluppo, nel quale gli idrocarburi saranno sempre più largamente sostituiti dai carboidrati, gli zuccheri, con i quali si posso-no fabbricare moltissime molecole, esattamente come fanno in natura gli organismi viventi. Già oggi siamo in grado di produrre biomasse utilizzando gli scarti agrico-li e industriali, e di convertirle in energia o in un’ampia gamma di prodotti industriali. È questa la bioeconomia: un settore che fattura in Euro-pa più di 2.000 miliardi l’anno, dando lavoro a oltre 22 milioni di persone.E che può concretizzarsi anche nel nostro Paese, dove l’attuale impatto del biotech sulle sole filiere chimica, far-maceutica e cartaria incide per oltre lo 0.7% del PIL ita-liano.

www.assobiotec.it

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PRODOttI AEROSOL

Il settore comprende le imprese interessate ad attività industriali, commerciali, di ricerca e di servizi operan-ti nel campo dei prodotti aerosol finiti, in conto pro-prio e in conto terzi, materie prime, gas propellenti per impiego in prodotti aerosol, imballaggi e acces-sori, macchine e impianti.Il contesto spazia quindi dalle piccole e medie impre-se che svolgono attività di riempimento per conto ter-zi alle grandi multinazionali dei prodotti di largo con-sumo e per la produzione di bombole e accessori.Il settore costituisce una nicchia importante e trasver-sale di prodotti a largo consumo (cosmetici, prodot-ti per la casa, vernici, prodotti tecnici e per il fai-da-te, prodotti alimentari e farmaceutici) che ha sapu-to rinnovarsi nel tempo, affrontando e superando sfi-de complesse e difficili per la realizzazione di prodot-ti sempre più affidabili e compatibili con l’ambiente.

Fanno parte dell’Associazione AIA 56 imprese che rap-presentano circa il 70% del comparto produttivo ita-liano. I dati relativi alle bombolette aerosol riempite in Italia nel 2010, differivano dai dati generali di consu-mo interno nello stesso anno a causa del fatto, mol-to positivo per il nostro Paese, che grosse produzioni in conto terzi, per grandi marchi multinazionali e con destinazione verso l’estero, erano state spostate in Italia facendo registrare una crescita dell1%.

Nel 2011, invece, i primi dati di consuntivo mostra-no una flessione di circa l’1.5%, chiaramente corre-lata al calo dei consumi interni. sia i prodotti di uso personale, sia i prodotti per la casa, fanno registrare flessioni intorno al 5%, solo parzialmente compensa-te da una crescita di prodotti legati al fai da te e alle manutenzioni

Il settore farmaceutico ha mantenuto i volumi: da un lato vi è un aumento delle patologie di carattere respi-ratorio legate a stili di vita e a condizioni ambienta-li (asma, allergie, etc.), dall’altro il comparto dei pro-dotti veterinari ha tratto benefici dalla sua campagna di comunicazione su tutta una serie di nuovi prodotti.

Per la prima volta, negli ultimi anni, si registra una fles-sione nella produzione e vendita di prodotti alimentari in confezione spray, in linea con una contrazione dei volumi che ha toccato l’intero comparto alimentare.

Per l’Associazione Italiana Aerosol il 2011 è stato un anno molto significativo soprattutto per le importanti decisio-ni che è stata chiamata a prendere, la prima delle quali rivolta al futuro inquadramento dell’Associazione che ha portato alla confluenza in Federchimica, proposta appro-vata dall’Assemblea costituente del 23 febbraio 2012.L’Associazione ha comunque rivolto l’attenzione su molte-plici aspetti tecnici, quali le limitazioni sulle distanze antin-cendio: la normativa in questione, il cui testo descrive limiti in linea con il settore del GPL, risultava imporre restrizioni eccessive per il settore degli aerosol, considerando che l’attività di riempimento delle bombolette è caratterizzata da peculiarità che la differenziano notevolmente dal sud-detto settore. A questo scopo, si è attivato un positivo dialogo con i Vigili del Fuoco che si sono resi disponibi-li ad approfondire l’argomento.Vi è poi una task force che sta seguendo la tematica dei rifiuti aerosol, con la finalità di redigere un documento che illustri come va trattato il rifiuto aerosol, sottolineandone la non pericolosità, ma evidenziando anche l’attenzione che è opportuno prestare al momento in cui si vada a compri-mere tali tipologie di rifiuti. Per il momento si sono rilevate problematiche solamente nel trattamento di bombolette non svuotate, che per essere trattate come rifiuti neces-sitano di un trattamento preliminare ad hoc. AIA ha seguito poi un importante progetto per l’introduzio-ne in Italia del metodo alternativo al “bagno caldo”, pre-visto dall’ADR oltre che dalla Direttiva Aerosol, che vedrà nei prossimi mesi una fase più operativa in collaborazione con Certiquality e con il ministero dei trasporti. molti temi, come l’ulteriore adeguamento tecnico della Direttiva Aerosol e la revisione della Direttiva seveso, ven-gono seguiti in stretta collaborazione con l’Associazione europea FEA (European Aerosol Federation), della quale l’Associazione Italiana Aerosol è uno dei principali membri.

Queste sono alcune delle problematiche più importan-ti per le quali l’Associazione si affida alla competenza del Comitato tecnico ed ai Gruppi di lavoro che la rappre-sentano anche in sede europea, partecipando attivamen-te alle riunioni organizzate dalla FEA.

Non va infine dimenticata l’attività di comunicazione che vede l’Associazione impegnata da anni a promuovere la conoscenza e l’immagine percepita dell’industria italiana dell’aerosol, con lo scopo di tutelare i consumatori, l’am-biente e di contribuire allo sviluppo dell’attività del settore.

www.associazioneaerosol.it

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Seconda parte

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GAS DI PEtROLIO LIQUEFAttI

Il mercato del GPL nel 2011 registra un consumo totale di 3.206.000 tonnellate secondo i dati forniti dal ministe-ro per lo sviluppo Economico che, sebbene siano anco-ra valori provvisori, attestano per il settore combustione un calo del 11.5% e per l’autotrazione un aumento del 4% rispetto a gennaio/dicembre 2010.

Per il GPL combustione si evidenzia una contrazione dei volumi di vendita causata principalmente dalla crisi eco-nomica e dalla conseguente riduzione di potere di spe-sa dei consumatori. Il mercato del GPL autotrazione ha registrato invece una crescita in linea con quella del parco circolante che è pas-sato da 1.750.000 veicoli nel 2010 a 1.780.000 nel 2011. Il settore della combustione ha rivolto particolare impe-gno nell’attuazione delle norme di riordino del compar-to, in base al nuovo D.Lgs. 128/06. Grazie al sistema informatico del ministero dello sviluppo Economico, si è implementato Il sistema di monitoraggio in termini di sta-tistica e di controllo del rispetto delle disposizioni.sulla prevenzione incendi, si segnala l’emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 151/11, gra-zie a cui è stata salvaguardata, a favore delle imprese, la semplificazione per la gestione delle pratiche inerenti i piccoli serbatoi di GPL.Nell’ambito delle attività legate al controllo e alla sicurezza, prosegue con successo l’utilizzo della tecnica dell’emis-sione acustica per le verifiche periodiche di piccoli ser-batoi, con un crescente interesse del settore ad appli-carla anche ai serbatoi di capacità superiore ai 13 m3.Per quanto riguarda il trasporto merci pericolose via fer-rovia, si è aperto un tavolo di confronto con tutta la filiera per risolvere le problematiche sulla gestione della logisti-ca e sulle relative responsabilità. sono sorte, poi, com-plicazioni inerenti il rinnovo dei contratti d’uso dei raccor-di ferroviari ed è stato, quindi, formulato un documento che sottolinea la necessità di un trattamento specifico per il settore e per l’aspetto strategico del GPL.Per quanto riguarda la regolamentazione di reti urbane a GPL, grazie all’azione di Assogasliquidi, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha adottato importanti delibere che delineano un quadro più in linea con i costi soste-nuti dalle aziende rispetto al costo di materia prima, tra-sporto e vendita.Dalla statistica sugli incidenti da gas, emergono infi-ne segnali positivi riguardo la diminuzione degli inciden-ti che coinvolgono il GPL rispetto al 2010, grazie anche

al costante impegno di tutta la filiera per garantire sem-pre più elevati livelli di sicurezza.

Per il comparto del GPL per autotrazione, è da sottoline-are che nel corso del 2011 è stato attivo, per soli cinque mesi, il sistema di incentivazione gestito dal ministero per lo sviluppo Economico per le conversioni a gas, avendo a disposizione un fondo residuo di circa 25 milioni di euro. Le vendite di veicoli nuovi hanno subito quindi una battu-ta d’arresto per la mancanza di nuovi incentivi all’acquisto: da 280.000 immatricolazioni a 58.000 (-80%).Per riattivare programmi di incentivazione le Commissioni industria e trasporti della Camera dei Deputati hanno abbi-nato proposte di legge volte, in prima istanza, solo all’e-lettrico, poi estese alle altre motorizzazioni a basso impat-to. L’iter del progetto di legge è in attesa di una verifica del Governo sulle disponibilità economiche.

Relativamente alle normative commerciali per gli impianti di distribuzione carburanti, sono molte le novità: sulla con-correnza il D.Lgs. 98/11 ha ripreso parte del lavoro svolto dal tavolo sul mercato petrolifero coordinato dal misE e sono state introdotte numerose norme finalizzate alla libe-ralizzazione delle attività non oil, self service e dei model-li contrattuali tra titolari degli impianti e gestori. Inoltre, si è stabilita una nuova tempistica per la dotazione obbligato-ria nei punti vendita stradali di apparecchiature self service con pagamento anticipato.Per favorire un allineamento con l’Unione europea il decre-to prevede anche diverse misure per la razionalizzazione della rete tramite fondi di sostegno alla chiusura di stazio-ni non compatibili con i vincoli stradali.

Dal punto di vista fiscale la Commissione europea ha appro-vato una proposta di direttiva comunitaria in materia di tas-sazione dei prodotti energetici. Per entrambi i comparti, tale proposta comporterebbe un forte ridimensionamento del mercato a causa della perdita di benefici fiscali oggi appli-cati per il ruolo sociale ed ambientale che il GPL svolge. Assogasliquidi continuerà a svolgere un forte pressione, affinché venga mantenuto l’attuale sistema fiscale. Anche in merito alla proposta di Direttiva comunitaria in materia di efficienza energetica, l’Associazione sta lavo-rando con notevole impegno, a livello sia comunitario sia nazionale, al fine di evitare che la nuova regolamentazio-ne ponga obblighi al settore, già particolarmente segnato dalla riduzione dei consumi.

www.assogasliquidi.it

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La chimica e i suoi settori

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SERVIZI AMBIENtALI ALL’INDUStRIA ChIMICA

I servizi ambientali altamente specialistici, rivolti in preva-lenza all’industria chimica (ma anche a quella petrolifera e manifatturiera) svolgono un ruolo sempre più importan-te. si tratta di circa 20 imprese associate a Federchimica attraverso il Gruppo serchim di Aispec che comprende imprese, sia di grandi dimensioni (con oltre 500 addetti e oltre 50 milioni di euro annui di fatturato), sia medie e pic-cole (100 dipendenti e 25/30 milioni di fatturato).

I servizi ambientali per l’industria chimica spaziano dall’in-gegneria ambientale alla consulenza ambientale, dal-la geologia ai laboratori per le analisi ambientali fino alla realizzazione della bonifiche vere e proprie. Una stessa società può operare in più di un’area.

Questa suddivisione di aree corrisponde grosso modo alle fasi di un intervento di controllo ambientale di un sito, per verificare se è contaminato da sostanze inquinanti e in tal caso disporre il piano di bonifica. Il controllo ambientale ha inizio tramite un “Piano di caratte-rizzazione” ovvero, in base al Codice ambientale, il docu-mento che, a partire dalla ricostruzione della storia di un sito potenzialmente contaminato, definisce un piano di indagini con l’obiettivo di accertare il tipo, l’entità e l’e-stensione della contaminazione, in modo da ottenere le informazioni su cui prendere decisioni per la bonifica. In questa fase si collocano le società di ingegneria ambien-tale e/o di consulenza.successivamente vengono svolte indagini nel suolo e nell’acqua sotterranea che rappresentano la realizzazio-ne effettiva del piano di caratterizzazione. In quest’area operano le società di geologia (effettuano i sondaggi) o di ingegneria ambientale.Vengono poi effettuate le analisi dei campioni e viene fat-to il confronto con i limiti di bonifica stabiliti dalla legge, ovvero con le CsC, le Concentrazioni soglia di Conta-minazione, da parte dei laboratori di analisi ambientali.A questa fase segue l’elaborazione dell’analisi di rischio, che mette in correlazione sorgenti di inquinamento, per-corsi di diffusione e bersagli dell’impatto e che accerta se le concentrazioni in sito siano superiori o no alle CsR (Concentrazioni soglia di Rischio, in caso affermativo il sito è contaminato), da parte della società di consulenza e ingegneria ambientale. se il sito risulta contaminato, si avvia la progettazione ed ese-cuzione dell’intervento di bonifica vero e proprio con l’inter-vento della società d’ingegneria ambientale e/o di bonifica.

Comune a tutte queste aziende è l’esigenza di crea-re maggior certezza ed equilibrio nel campo delle anali-si ambientali, in particolare quelle effettuate dai laborato-ri. Da quest’esigenza è nata la pubblicazione da parte di serchim della “Guida alla scelta del laboratorio di analisi”, che indica ai committenti una serie di criteri per effettua-re una scelta corretta del laboratorio cui affidare i cam-pioni prelevati dai siti da indagare, scelta che garantisce risultati certi e affidabili. Questa certezza dei dati analiti-ci è fondamentale perché da essa dipende la qualifica-zione del sito.

Le motivazioni principali che hanno spinto alla realizzazio-ne della Guida nascono dal presupposto che nel nostro Paese molte società committenti (obbligate dalla legge ad effettuare le analisi) hanno riscontrato in questi anni risultati diversi affidando lo stesso campione a laborato-ri diversi. Queste difformità si riscontravano sovente (e si riscontrano tuttora) anche rispetto ai risultati delle stesse analisi effettuate dagli enti pubblici di controllo (le Arpa).

L’obiettivo della Guida è perciò quello di favorire l’armo-nizzazione delle procedure utilizzate, in un ottica di pre-venzione di possibili contenziosi con gli organi di controllo. La pubblicazione, presentata al Remtech, il salone delle Bonifiche nel settembre del 2011, è un documento mol-to pratico, scritto con il contributo degli esperti e distribu-ito gratuitamente da Federchimica. Una nuova versione terrà conto dell’imponente novità legislativa rappresentata dal D.Lgs. 121/2011, di recepi-mento della Direttiva europea 2008/99 sulla tutela penale dell’ambiente. Il decreto ha infatti esteso il campo di appli-cazione del D.Lgs. 231/01 (Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche) ai reati ambientali; in tal modo è stata introdotta nel nostro ordinamento la responsabilità di enti e società per i reati ambientali commessi nel loro interesse o a loro vantaggio.tra questi reati rientra anche la non ottemperanza agli obblighi di bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente. ma non solo, all’interno della Guida sono contemplate anche altre fattispecie di reato introdotte dal Decreto, tra cui: lo scarico di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose oltre i limiti di concentrazione consentiti e l’utilizzo del certificato di ana-lisi dei rifiuti falso, o contenente false indicazioni sulla loro natura e caratteristiche chimico-fisiche. temi che sono ulteriormente approfonditi nella nuova edizione.

www.aispec.it

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