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L'Amico del Popolo

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L'Amico del Popolo, edizione del 29 marzo 2009
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N. 12 del 29 Marzo 2009 Esce il Venerdì - Euro 1,00 Anno 54 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento 7 L’Arcivescovo incontra i giovani di Ribera Università: sarà vero rilancio? 2 di Franco Pullara Quaresima di fraternità 2009 6 3 Chiesa ed artisti per un rinnovato impegno di LdP di Valerio Landri di Enzo Minio VITA ECCLESIALE SPECIALE CULTURA CITTA’ Chi è il vescovo? Il rito di ordinazione di un Vescovo è certamen- te uno tra i più toccanti e suggestivi. Mercoledì 25 marzo, ho visto non pochi occhi pieni di lacrime di commozione e gioia per l’ordinazione episcopale di mons. Muratore; anche egli visibilmente commosso. Ma chi è il vescovo? Che compito ha nella Chiesa? Basta soffermarsi a medi- tare su tutto il rito dell’ordi- nazione per comprendere il compito che Cristo, Pastore Buono della Chiesa, affida ad ogni Vescovo. Coloro che erano presenti in Cattedrale, per il sacro rito, hanno udito una serie di domande poste a padre Salvatore, e la sua risposta, pronta e generosa; hanno visto anche dei segni: i ve- scovi presenti hanno im- posto le mani sul capo del- l’ordinando, si è prostrato per terra, è stato unto col sacro crisma, gli sono stati consegnati anello, mitria e pastorale. Mons. Carmelo Ferraro, vescovo presidente il rito, gli ha chiesto: “Vuoi, fra- tello carissimo, adempiere fino alla morte il ministero che a noi è stato trasmesso dagli Apostoli e che io, oggi, per mezzo dell’imposizio- ne delle mani, trasmetto a te con il dono dello Spirito Santo? Vuoi annunciare con fedeltà e perseveranza il Vangelo di Cristo? Vuoi custodire puro e integro il deposito della fede, secon- do la tradizione conservata sempre e dovunque nella Chiesa fin dai tempi degli Apostoli? Vuoi prenderti cura, con amore di padre, del popolo santo di Dio? Vuoi, come buon Pastore, andare in cerca delle peco- relle smarrite per riportarle all’ovile di Cristo? Vuoi pre- gare, senza mai stancarti, Dio onnipotente per il suo popolo santo, ed esercitare in modo irreprensibile il ministero del sommo sa- cerdozio? “Si lo voglio”, ha risposto a tutte le domande padre Salvatore Sono segni e domande che tracciano la missione del Vescovo nella Chiesa, e cioè, la missione di conti- nuare l’opera di Nostro Si- gnore, il Pastore eterno che ha effuso il suo Spirito sugli Apostoli e li ha inviati qua- li testimoni e ministri della sua salvezza. Carmelo Petrone continua a pag.7 Agrigento ti ama, Nicosia ti aspetta U n’ordinazione episcopale è un even- to ecclesiale, non solo per l’impor- tanza misterica che riveste per la Chiesa, ma anche per la complessità della mac- china organizzativa che essa smuove. Dal 22 gennaio, data della Bolla pon- tificia di elezione a Vescovo di Nicosia di Mons. Muratore, la Curia di Agrigento ha concentrato le sue energie perché tut- to, il giorno dell’Ordinazione episcopale, fosse perfetto. Dopo due mesi, finalmente, è arriva- to il grande giorno per Mons. Salvatore Muratore che, dopo essere stato a Roma per fare la sua professione di fede e giu- rare fedeltà al Romano Pontefice, ha ri- cevuto ad Agrigento il completo grado dell’Ordine sacerdotale per l’imposizio- ne delle mani di Mons. Carmelo Ferra- ro, Arcivescovo emerito di Agrigento, Mons. Francesco Montenegro, Arcive- scovo di Agrigento, e Mons. Luigi Bom- marito, Arcivescovo emerito di Catania. 17 erano i Vescovi presenti, oltre 200 fra presbiteri e diaconi, circa 800 i fedeli in- tervenuti da Nicosia e altrettanti gli agri- gentini, tutti determinati a non perdersi questo evento. É davvero singolare poter assistere al particolarissimo rito dell’or- dinazione del Vescovo che prevede alcu- ni momenti specifici che si sviluppano al termine della Liturgia della Parola. Se a ciò si aggiunge il profondo affetto che Mons. Muratore ha saputo susci- tare nel cuore di chi lo ha conosciuto, si comprende il carico di emotività che ha riempito le navate della gremitissima Cattedrale di Agrigento. Ha aperto la celebrazione eucaristica una lunga pro- cessione fra la folla di fedeli in tripudio, con un don Salvatore commosso e forse imbarazzato. Dopo il canto del Veni Creator Spiri- tus, l’Amministratore Diocesano di Ni- cosia, Mons. Santo Antonino Proto, ha presentato l’eletto e ha dato lettura del mandato con cui il Pontefice ne ha di- sposto l’ordinazione episcopale. Al ter- mine dell’Omelia l’eletto è stato interro- gato sugli impegni che intende assumersi e, in particolare, quello di predicare il Vangelo, custodire il deposito della fede così come tramandato dalla Tradizione apostolica, riconoscere il primato del Vescovo di Roma, guidare la Chiesa affi- datagli insieme ai presbiteri e ai diaconi, testimoniare la carità verso gli ultimi e gli smarriti e pregare instancabilmente per il Popolo di Dio. Dopo aver invocato l’intercessione dei Santi, segno di unione della Chiesa celeste alla Chiesa terrena, sul capo dell’eletto i Vescovi presen- ti hanno imposto le loro mani e, subito dopo, tenendo il libro dei Vangeli aperto sul Mons. Muratore, hanno pronunciato la preghiera di ordinazione: invocan- do su di lui il dono dello Spirito Santo, hanno chiesto che gli venisse concessa la pienezza del dono di rimettere i peccati e del discernimento nel guidare la Chiesa a lui affidata. Al termine della preghiera di ordina- zione, con i Riti esplicativi si è entrati nel clou del rito attraverso l’unzione crismale e la consegna del Libro dei Vangeli, dell’Anello, della Mitria e del Pa- storale. Sono tutti segni, accompagnati dalle relative preghiere, che esprimono la ricchezza del dono ricevuto dal nuovo Vescovo. L’Unzione è segno della com- partecipazione al sommo sacerdozio del Cristo; la consegna dei Vangeli rap- presenta il mandato dell’annunzio della Parola di Dio “con grandezza d’animo e dottrina”; l’Anello è segno di fedeltà alla Chiesa, sposa di Cristo; la Mitria è segno della corona di gloria del Cristo che risplende nella santità di vita del neo Vescovo; il Pastorale, infine, è segno del ministero di pastore che ha cura del gregge affidatogli. Con indosso le insegne episcopali, Mons. Muratore si è così seduto al fal- distorio, dove ha ricevuto l’abbraccio di pace di tutti i Vescovi presenti, in segno di accoglienza nella fraternità episcopale. Al termine della celebrazione, sulle note del Te Deum, un nuovo bagno di folla, tra sguardi commossi e applausi scroscianti. Prima della Benedizione e del congedo, due brevi interventi: una giovane cresciuta nella parrocchia di don Salvatore lo ha salutato e ringraziato a nome dei giovani agrigentini, mentre una giovane nicosiana lo ha accolto a nome dei suoi coetanei. Valerio Landri Speciale a pagina 4 e 5 Foto Tornatore Foto Tornatore
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Page 1: L'Amico del Popolo

N. 12 del 29 Marzo 2009Esce il Venerdì - Euro 1,00

Anno 54

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

7

L’Arcivescovo incontra i giovani

di Ribera

Università: sarà vero rilancio?

2di Franco Pullara

Quaresima di fraternità 2009

63

Chiesa ed artisti per un rinnovato

impegno

di LdP di Valerio Landri di Enzo Minio

Vita ecclesialespecialeculturacitta’Chi è il

vescovo?Il rito di ordinazione di

un Vescovo è certamen-te uno tra i più toccanti e suggestivi. Mercoledì 25 marzo, ho visto non pochi occhi pieni di lacrime di commozione e gioia per l’ordinazione episcopale di mons. Muratore; anche egli visibilmente commosso.

Ma chi è il vescovo? Che compito ha nella Chiesa? Basta soffermarsi a medi-tare su tutto il rito dell’ordi-nazione per comprendere il compito che Cristo, Pastore Buono della Chiesa, affida ad ogni Vescovo.

Coloro che erano presenti in Cattedrale, per il sacro rito, hanno udito una serie di domande poste a padre Salvatore, e la sua risposta, pronta e generosa; hanno visto anche dei segni: i ve-scovi presenti hanno im-posto le mani sul capo del-l’ordinando, si è prostrato per terra, è stato unto col sacro crisma, gli sono stati consegnati anello, mitria e pastorale.

Mons. Carmelo Ferraro, vescovo presidente il rito, gli ha chiesto: “Vuoi, fra-tello carissimo, adempiere fino alla morte il ministero che a noi è stato trasmesso dagli Apostoli e che io, oggi, per mezzo dell’imposizio-ne delle mani, trasmetto a te con il dono dello Spirito Santo? Vuoi annunciare con fedeltà e perseveranza il Vangelo di Cristo? Vuoi custodire puro e integro il deposito della fede, secon-do la tradizione conservata sempre e dovunque nella Chiesa fin dai tempi degli Apostoli? Vuoi prenderti cura, con amore di padre, del popolo santo di Dio? Vuoi, come buon Pastore, andare in cerca delle peco-relle smarrite per riportarle all’ovile di Cristo? Vuoi pre-gare, senza mai stancarti, Dio onnipotente per il suo popolo santo, ed esercitare in modo irreprensibile il ministero del sommo sa-cerdozio? “Si lo voglio”, ha risposto a tutte le domande padre Salvatore

Sono segni e domande che tracciano la missione del Vescovo nella Chiesa, e cioè, la missione di conti-nuare l’opera di Nostro Si-gnore, il Pastore eterno che ha effuso il suo Spirito sugli Apostoli e li ha inviati qua-li testimoni e ministri della sua salvezza.

Carmelo Petronecontinua a pag.7

agrigento ti ama, Nicosiati aspettaUn’ordinazione episcopale è un even-

to ecclesiale, non solo per l’impor-tanza misterica che riveste per la Chiesa, ma anche per la complessità della mac-china organizzativa che essa smuove.

Dal 22 gennaio, data della Bolla pon-tificia di elezione a Vescovo di Nicosia di Mons. Muratore, la Curia di Agrigento ha concentrato le sue energie perché tut-to, il giorno dell’Ordinazione episcopale, fosse perfetto.

Dopo due mesi, finalmente, è arriva-to il grande giorno per Mons. Salvatore Muratore che, dopo essere stato a Roma per fare la sua professione di fede e giu-rare fedeltà al Romano Pontefice, ha ri-cevuto ad Agrigento il completo grado dell’Ordine sacerdotale per l’imposizio-ne delle mani di Mons. Carmelo Ferra-ro, Arcivescovo emerito di Agrigento, Mons. Francesco Montenegro, Arcive-

scovo di Agrigento, e Mons. Luigi Bom-marito, Arcivescovo emerito di Catania. 17 erano i Vescovi presenti, oltre 200 fra presbiteri e diaconi, circa 800 i fedeli in-tervenuti da Nicosia e altrettanti gli agri-gentini, tutti determinati a non perdersi questo evento. É davvero singolare poter assistere al particolarissimo rito dell’or-dinazione del Vescovo che prevede alcu-ni momenti specifici che si sviluppano al termine della Liturgia della Parola. Se a ciò si aggiunge il profondo affetto che Mons. Muratore ha saputo susci-tare nel cuore di chi lo ha conosciuto, si comprende il carico di emotività che ha riempito le navate della gremitissima Cattedrale di Agrigento. Ha aperto la celebrazione eucaristica una lunga pro-cessione fra la folla di fedeli in tripudio, con un don Salvatore commosso e forse imbarazzato.

Dopo il canto del Veni Creator Spiri-tus, l’Amministratore Diocesano di Ni-cosia, Mons. Santo Antonino Proto, ha presentato l’eletto e ha dato lettura del mandato con cui il Pontefice ne ha di-sposto l’ordinazione episcopale. Al ter-mine dell’Omelia l’eletto è stato interro-gato sugli impegni che intende assumersi e, in particolare, quello di predicare il Vangelo, custodire il deposito della fede così come tramandato dalla Tradizione apostolica, riconoscere il primato del Vescovo di Roma, guidare la Chiesa affi-datagli insieme ai presbiteri e ai diaconi, testimoniare la carità verso gli ultimi e gli smarriti e pregare instancabilmente per il Popolo di Dio. Dopo aver invocato l’intercessione dei Santi, segno di unione della Chiesa celeste alla Chiesa terrena, sul capo dell’eletto i Vescovi presen-ti hanno imposto le loro mani e, subito dopo, tenendo il libro dei Vangeli aperto sul Mons. Muratore, hanno pronunciato la preghiera di ordinazione: invocan-do su di lui il dono dello Spirito Santo, hanno chiesto che gli venisse concessa la pienezza del dono di rimettere i peccati e del discernimento nel guidare la Chiesa a lui affidata.

Al termine della preghiera di ordina-zione, con i Riti esplicativi si è entrati nel clou del rito attraverso l’unzione crismale e la consegna del Libro dei Vangeli, dell’Anello, della Mitria e del Pa-

storale. Sono tutti segni, accompagnati dalle relative preghiere, che esprimono la ricchezza del dono ricevuto dal nuovo Vescovo. L’Unzione è segno della com-partecipazione al sommo sacerdozio del Cristo; la consegna dei Vangeli rap-presenta il mandato dell’annunzio della Parola di Dio “con grandezza d’animo e dottrina”; l’Anello è segno di fedeltà alla Chiesa, sposa di Cristo; la Mitria è segno della corona di gloria del Cristo che risplende nella santità di vita del neo Vescovo; il Pastorale, infine, è segno del ministero di pastore che ha cura del gregge affidatogli.

Con indosso le insegne episcopali, Mons. Muratore si è così seduto al fal-distorio, dove ha ricevuto l’abbraccio di pace di tutti i Vescovi presenti, in segno di accoglienza nella fraternità episcopale.

Al termine della celebrazione, sulle note del Te Deum, un nuovo bagno di folla, tra sguardi commossi e applausi scroscianti. Prima della Benedizione e del congedo, due brevi interventi: una giovane cresciuta nella parrocchia di don Salvatore lo ha salutato e ringraziato a nome dei giovani agrigentini, mentre una giovane nicosiana lo ha accolto a nome dei suoi coetanei.

Valerio Landri

speciale a pagina 4 e 5

Foto Tornatore

Foto Tornatore

Page 2: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo29 Marzo 2009Città

traffico veicolare Nuov o percorso linea verde

A seguito del cedimento stradale che parzialmen-te ha interessato un tratto della via Giovanni XXIII, con conseguente chiusura al traffico veicolare e pe-donale nella citata via, per garantire il servizio pub-blico di trasporti è stato modificato il percorso della linea “verde”. Pertanto, per assicurare ai residenti della zona un servizio temporaneo e sperimentale fino a cessato bisogno, l’Amministrazione comunale ha concordato con i rappresentanti della società che ha la gestione del servizio di trasporto pubblico di istituire alcune cor-se con direzione di marcia dall’ex ospedale verso la via De Gasperi, con conseguente riduzione del per-corso della linea “rossa”. L’autobus partirà ogni due ore, a partire dalle 7.25 e fino alle 19.25, dall’ex ospe-dale, mentre per il ritorno dalla via Atenea, con dire-zione ex ospedale, la corsa parte ogni due ore dalle 8.45 e fino alle 20.45.

proviNcia regioNale Dopo un anno chiude la ludoteca

Era il febbraio del 2008 quando si inau-gurò, con tanto di ceri-monia la ludoteca che la provincia regionale metteva a disposizione dei figli dei dipendenti dell’ente. Ma l’approva-zione del bilancio 2009

pone la parola fine a questo esperimento, infatti, sono stati tagliati i fondi necessari al manteni-mento in vita per questo servizio. Il presidente D’Orsi giustifica tale decisione con il fatto che i bambini fruitori del servizio erano soltanto tre. adesso ci chiediamo ma non si sarebbe potuto estendere il servizio anche ai dipendenti di altri enti pubblici? Adesso gli arredi e tutto quanto acquistato per dar vita a questo spazio che fine faranno?

associazioNismo Uniti contro le carenze del territorio

Si è tenuto un tavolo tecnico con i rappre-sentanti provinciali di CGIL, CILS e UIL e con il Presidente dell’Unione Industriali di Agrigento Giuseppe Catanzaro. Le parti sono state convo-cate dal presidente della Provincia D’Orsi per individuare una serie di interventi strutturali atti a superare la margina-lità territoriale.

In Breve consorzio universitario Le ultime dichiarazione del presidente D’Orsi

la settimana di Eugenio Cairone

Lasciate almeno l’universitàSe si può chiamare conquista, sicuramente lo è il Polo

Universitario di Agrigento. Esso ha dato un grande aiuto alle famiglie agrigentine i cui figli hanno potuto qui fre-quentare i corsi che l’Università ha messo a loro disposi-zione.

E vorrebbero non perderla l’opportunità le nostre fami-glie di avere per i propri figli l’Università sotto casa a costi certamente inferiori rispetto a chi deve addirittura emigra-re al nord.

Non abbiamo mai avuto nulla ad Agrigento, per favore, non ci togliete almeno questa conquista.

Intanto bisogna essere dalla parte del sindaco Marco Zambuto che proprio in queste ore ha scritto al Rettore dell’Università di Palermo Roberto Lagalla perchè ciò non avvenga.

“Riteniamo – scrive il sindaco di Agrigento – che una si

tuazione di disimpegno, un recesso della presenza uni-versitaria sarebbe gravissima e irreparabile iattura per la popolazione tutta, presente e futura, motivo di arretra-mento di tante fondate aspettative”.

Marco Zambuto va oltre ed afferma “Quel che sembra stia accadendo, proprio perché potrebbe accadere per vo-lontà ed azione di chi lo vorrebbe, va assolutamente scon-giurato. Oggi non possiamo che andare avanti e siamo certi del giudizio che verrà dato in futuro su ciò che sta accaden-do in questo nostro presente”.

Il sindaco, conclude la sua lettera al Rettore scrivendo che “centinaia e centinaia di giovani studiosi, valenti e vo-lenterosi sono stati addottorati dal locale Consorzio uni-versitario. Non possiamo occludere o recidere questa im-portante arteria. Indietro, non si torna”.

Nessun taglio ai corsi di laurea, anzi si rilancia l’Università di

Agrigento. D’Orsi un eroe o cosa?É la prima domanda che viene in

mente ascoltando le ultime dichia-razioni rilasciate durante la confe-renza stampa cui temi prioncipali erano il bilancio ed il Cupa.

Siamo abituati a una gerarchia politica, almeno alle apparenze, ben disciplinata, mentre il presi-

dente della Provincia regionale ci coglie quasi di sorpresa mandando in frantumi, ed in diverse occasio-ni, il sistema consolidato. L’ultima, in ordine di tempo, con il taglio di circa 450mila euro di contributo al Cupa ed all’ennesima polemica scoppiata all’interno della maggio-ranza. E, mentre si tagliano i finan-ziamenti, Eugenio D’Orsi pensa «ad una Università di qualità, di livello europeo e che guardi al Me-diterraneo».

Si mantengono gli attuali corsi di laurea e si va oltre con la Provincia «disponibile a dare il contributo straordinario di 450mila euro, solo nel caso che si aggiunga alla didat-tica anche la ricerca».

Non manca il grande annuncio. Il presidente della Provincia dialo-ga «con un grande manager per ri-lanciare l’Università ad Agrigento» pur privilegiando il rapporto con Palermo, che non deve, comun-que, considerarsi esclusivo.

«Le aziende – sostiene D’Or-si – chiedono personale ricco di particolari professionalità, che non trovano nel nostro territorio. Noi dobbiamo dare una risposta occu-pazione specializzando i nostri gio-vani sulle nostre risorse ambientali e culturali. La stessa Europa nel-l’appuntamento del 2011 chiede un rapporto diretto tra le aziende

e l’Universi-tà. Vogliamo corsi che generano oc-cupazione e sto lavoran-do assieme al Sottose-gretario agli Esteri, Scotti, al Presidente della Regione, Lombardo, e all’onorevo-le Cimino, per il raggiungimento degli obiettivi che ci siamo dati.

Hanno detto tante cose sulla mia persona, nessuno dice che sto operando come il buon padre di famiglia. Ricevo attacchi ingiusti-ficati persino da alcuni consiglieri comunali che piuttosto di occu-parsi di Università, dovrebbero darsi pensiero sugli ortaggi. Giu-dicate i fatti. La nostra è la prima Provincia in Italia, ad avere già approvato il bilancio per l’esercizio finanziario in corso. Ed è uno stru-mento finanziario nuovo che pre-vede il risparmio per ottimizzare gli investimenti. So di essere un personaggio scomodo, so di non avere un futuro politico e che dopo questo mandato elettorale, molto probabilmente e senza rammari-chi, tornerò a fare il dirigente sco-lastico, ma voglio dare il massimo alla gente. Io ascolto l’urlo del ter-ritorio. Abbiamo un programma

elettorale ed io lo sto rispettando. Cerco e privilegio l’alleanza con i cittadini».

É un eroe? Abituati alle abili strategie della politica che ci hanno fatto intendere tutto e il suo con-trario, è troppo presto per dirlo. Certamente, ha messo in campo un metodo politico diverso che, pur non portando acqua al suo mulino, può diventare strumenta-le alle diverse anime di Forza Italia e del centro destra, anche a livello regionale, che potrebbero cavalca-re la tigre D’orsi.

Il rischio è che la nostra Provin-cia si trasformi in un quadrato sul quale si gioca un incontro di boxe che non interessa alla gente, ma si consumi a suo danno. Viceversa il vantaggio potrebbe giungere, dal-la riappacificazione della politica rassegnata al metodo D’Orsi e che inizia, senza altri indugi, a rispetta-re il programma elettorale.

Franco Pullara

università: sarà vero rilancio?

il tar ha rigettato il ricorso del comune

rigassificatore si o no?È stato rigettato dal Tribunale amministrati-

vo regionale, sezione di Palermo, il ricorso pre-sentato dal Comune di Agrigento al decreto del ministero dell’Ambiente che aveva espresso parere di compatibilità ambientale favorevole al progetto relativo l’impianto di rigassificazio-ne, che Enel – Nuove Energie intende realiz-zare nella zona ASI del comune di Porto Em-pedocle. In giudizio, opponendosi al ricorso, si era costituito il comune di Porto Empedocle, favorevole all’impianto. Il sindaco di Porto Em-pedocle, Calogero Firetto, commenta favore-volmente la decisione del Tar: «obiettivamente ce lo aspettavamo, anche perchè altrimenti si sarebbe creato un precedente che autorizzava tutti gli altri enti locali vicini ad intromettersi negli iter burocratici e nei progetti del Comu-ne attiguo». Ma della decisione del Tar anche la giunta comunale nella sua ultima riunione ha voluto dire la sua e lo ha fatto deliberando l’indizione di un’apposita consultazione popo-

lare sulla realizzazione del rigassificatore, ai sensi di quanto previsto dallo statuto comunale. La scelta dell’organo cittadino nasce dalla considerazione che, il relativo insediamento, è previsto a poco più di un chilometro dal parco archeologico della Valle dei Templi, riconosciuto dall’UNE-SCO patrimonio dell’umanità, con con-seguente degrado ed impoverimento dei beni culturali di immenso pregio ivi presenti, e che, pertanto, l’opera collide in maniera insanabile con gli interessi turistici di Agrigento sui quali fonda la propria economia ed il proprio mo-dello di sviluppo. «La consultazione popolare, proposta dal Sindaco Zambuto, - si legge in una nota stampa - intende dare una risposta più immediata all’esigenza già manifestata dal Comitato che lo scorso mese aveva depositato la richiesta di indizione di un referendum di iniziativa popolare, ma che si sarebbe potuto svolgere soltanto nel prossimo autunno. L’esi-

genza dell’amministrazio-ne comunale è anche quel-la di conoscere la volontà della popolazione per ca-pire quali altri iniziative legali di opposizione alla realizzazione del rigassifi-catore è opportuno intra-prendere. È stato deciso,

quindi, di sottoporre agli elettori di Agrigento la seguente domanda: “Volete la realizzazione nel Comune di Porto Empedocle, a confine del territorio di Agrigento ed in prossimità del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei templi, di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto e che, pertanto, l’Am-ministrazione comunale interrompa le azio-ni legali già avviate nel merito, a tutela della vocazione turistica della città di Agrigento?”. Adesso il Sindaco, con proprio provvedimen-to, fisserà le modalità di svolgimento della consultazione che, per le manifestate esigen-ze di urgenza, dovrà tenersi entro il prossimo giugno».

Sarebbe anche rispettoso, nei confronti del-la popolazione, venire a conoscenza dei costi che tale referendum comporterà per le casse comunali, se i cittadini di Agrigento sia favo-revoli o meno a questa iniziativa referendaria e soprattutto se ci siano i margini per una possi-bile vittoria in sede legale.

MDM

sale

scende

la confusioneDobbiamo proprio dirlo, in questi giorni ci hanno fatto confondere e non poco le dichiarazioni di un politico locale che, preso dalla foga del momento, ha sparato a zero su altri suoi colle-ghi. Un uomo politico, che riveste un ruolo abbastanza rilevante nell’ambito delle istituzioni, dovrebbe avere quasi sempre presente che, molto spesso, non parla a titolo personale ma dell’or-gano che rappresenta. Un consiglio: conti fino a 10 prima di aprire bocca!

la sicurezza stradaleContinua la strage di giovani vita. Nei giorni scorsi l’ulima vittima del mancato rispet-to del codice della strada aveva soltranto 15 anni. Una giovane vita spettaza da un incidente stradale del quale ancora non si comprendono le dinamiche ma una cer-tezza c’è: una giovane vita è stata stroncata. Innumerevoli volte abbiamo fatto presen-te come si dimenticano le fondamentali norme del codice della strada, passaggi con il rosso, pedoni falciati. Dovremmo rifare tutti l’esa-me di guida!

Papà Mauro Landri, mam-ma Clara e le sorelline Giulia e Sara annun-ciano la nascita della piccola

Marta Alla famiglia ed allo zio Valerio, nostro collabo-

ratore, gli auguri da parte della redazione.

nascita

Foto www.enel.it

Nella querelle sul Cupa si in-serisce, ultima in ordine tempo-rale, la lettera che il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto ha indirizzato al rettore dell’Uni-versità di Palermo. «Riteniamo e dichiariamo che una situazione di disimpegno, un recesso della presenza universitaria dalla strut-tura consorziale locale - dichiara Zambuto - sarebbe gravissima e irreparabile iattura per la popo-lazione tutta, presente e futura, motivo di arretramento di tante fondate aspettative e sprone alla prostrazione ed alla pubblica sfiducia, e certa causa di declino di ogni speranza spirituale e ma-teriale. Le ripercussioni socio-psicologiche sul corpo collettivo sarebbero irrisarcibili».

Page 3: L'Amico del Popolo

Cultura �L’Amico del Popolo29 Marzo 2009

Il libro ripercorre duemila anni di storia alla luce della presenza delle donne, meglio del-le madri. L’intento di queste pagine è quello di documentare il coraggio, spesso sorpren-dente, di madri che hanno accompagnato, in molti casi pubblicamente, in altri in maniera molto discreta, il cammino dei figli. In nome dell’amore incondizionato e della dedizio-ne più radicale, queste donne hanno lasciato un’impronta nella storia. Con uno stile nar-rativo piano e con grande attenzione ai do-cumenti storici, l’Autrice presenta una lunga serie di donne: dalle donne dei primi secoli alle eroiche madri del Medioevo, del secolo della rivoluzione francese, del risorgimento italia-no fino alle donne dell’olocausto e alle donne

(madri e nonne) di Plaza de Mayo in Argentina.

Viene riportata anche la storia di Betty Mahamody autrice di Mai sen-za mia figlia, come simbolo di mamme che, sposando uomini pro-venienti da Paesi islamici, affrontano molte tra-versie per poter educare liberamente i loro figli. Il filo rosso che le accomuna è la forza del dono senza riserve. Attraverso queste donne è possi-bile leggere la storia, non a partire da equilibri di potere e di dominio, ma a partire dall’amore che rimane la forza positiva più grande.

L’annuncio del Vangelo(La lettera ai Romani )

Dedichiamo gli ultimi contributi di questa rubrica alla lettera ai Romani, autentico compendio del pensiero teo-logico di Paolo. I contenuti di questo scritto hanno segnato le grandi stagioni della Chiesa e l’abbondante utilizzo che ne ha fatto Lutero per l’impianto dottrinale della riforma ha, probabilmente, scoraggiato non pochi lettori e com-mentatori. Attualmente, anche nel dialogo con i fratelli protestanti, il clima sereno ci consente di leggere in modo lineare il testo e di comprenderne i contenuti evitando qualsivoglia polemica. Proviamo a ricostruire la genesi del testo e la sua architettura.

Siamo a metà degli anni cinquanta (intorno al 55 d.C.); Paolo si trova in Acaia (forse Corinto) durante il terzo viaggio missionario; ha già fondato diverse comunità e le ha visitate ripetutamente per annunciare il Vangelo, in-coraggiare di fronte alle difficoltà, correggere in presenza di errori… La sua cittadinanza romana lo aveva più volte spinto ad accarezzare il sogno di spingersi fino a Roma, capitale del mondo allora conosciuto, per portare anche li il Vangelo. In realtà dietro il vivo desiderio di Paolo vi è una precisa intuizione: portare la Buona Novella nel cuore pulsante dell’impero perché da li arrivasse fino ai confini del mondo. A Roma esisteva già una comunità di cristiani anche se non se conosce il fondatore (Paolo e Pietro arrive-ranno dopo); doveva essere una comunità numerosa com-posta da diversi membri del mondo ebraico e del mondo pagano. Paolo scrive questa lettera quasi come un biglietto da visita: vuole recarsi presso la capitale e desidera che i cristiani – prima del suo arrivo – conoscano esattamente il suo pensiero e la sua esperienza di Cristo.

Per questo motivo la lettera si presenta come una sin-tesi ordinata della teologia dell’apostolo; alle spalle non ci sono preoccupazioni particolari o occasioni che richiedo-no l’immediato intervento di Paolo. Niente di tutto quello che abbiamo visto nelle altre lettere. Davanti a Paolo solo il desiderio di far conoscere il Vangelo alla luce di quanto, fin qui, l’autore ha sperimentato. Il risultato è una lette-ra-capolavoro in cui i contenuti vengono offerti in modo chiaro con una progressione che rivela i passaggi fonda-mentali del credere. Questi emergono chiaramente dal-l’architettura della lettera. La tesi che regge tutto l’impianto la troviamo in 1,16 -17: «Io non mi vergogno del Vangelo perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso, infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: il giu-sto vivrà per fede». Il Vangelo è Cristo morto e risorto per la salvezza di tutti; da qui si parte per comprendere tutto il resto: in primis il fatto che Dio rende giusti (giustifica) i peccatori per mezzo della redenzione operata da Cristo; giustificati per mezzo della fede ci affacciamo con fiducia alla salvezza fondata sul fatto che ‘l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori’; il modo concreto per vivere al presente la salvezza e prepararsi a goderne in eterno è la vita nello Spirito; Dio chiama alla salvezza tutti, anche il popolo a cui ha affidato per primo le promesse; la vita mo-rale del credente è il luogo naturale in cui si giocano sal-vezza e santità. Così, nei sedici capitoli del testo, il lettore è come preso per mano e accompagnato a comprendersi alla luce del Vangelo.

È su questo che Paolo costruisce ogni realtà di annuncio e di Chiesa perché è l’autentica forza (dynamis) di Dio, ciò attraverso cui Dio tutto rinnova e redime. Ci piace sotto-lineare questa centralità del Vangelo nel momento in cui come Chiesa ci prepariamo ad ascoltarci sulle cose emer-se nelle diverse letture parrocchiali e foraniali. Ci piace immaginare una Chiesa che ritorni a scommettere non sulle proprie forze ma sulla potenza del Vangelo di cui si impegna a diventarne trasparenza credibile affinché ogni passante sulla terra scorgendo qualsiasi frammento di Chiesa (sacerdoti, laici, parrocchie…) possa intravedere la luce forte del Vangelo, ne rimanga attratto e desideroso di conoscerlo per sentire le note della Salvezza, vera sinfonia dell’anima. Una Chiesa che continua a dire: «Non mi ver-gogno del Vangelo!»

Un anno con Paoloa cura di Baldo ReinaChiesa ed artisti

per un rinnovato impegno

palazzo arCivesCovile Inaugurata la mostra d’Arte contemporanea “Ascuta!”

È stata inaugurata il 24 marzo la mostra “ASCUTA! L’ascolto

tra interiorità e contemplazione. Esperienze d’arte contempora-nea in Sicilia”, curata da Giuseppe Ingaglio, alla presenza di critici, artisti, studiosi di storia dell’arte e giornalisti.

Negli interventi d’apertura è stato fatto notare il valore del-l’iniziativa che apre, per la Chiesa agrigentina, una nuova stagione di rinnovato impegno culturale anche nel fronte delle arti visive, come hanno richiamato nei ri-spettivi interventi don Domenico Zambito, vicario episcopale per la pastorale, e don Nino Gulli, di-rettore del Museo Diocesano. Su questo argomento s’è intrattenu-

to il direttore dell’Accademia di Belle Arti di Catania, prof. Car-melo Nicosia, che ha evidenziato la qualità degli artisti selezionati e lo spessore culturale dell’intera operazione a partire dalla scelta di mettere il titolo in siciliano, colto come un valore etico.

Questo aspetto è stato ribadi-to dalla prof.ssa Ornella Fazzina, che ha inserito il percorso della mostra nel clima culturale che va oltre i confini regionali, no-nostante la scelta di limitarsi a presenza d’artisti siciliani: l’ope-razione infatti sottolinea la ten-sione della Chiesa universale e del panorama artistico italiano ed europeo di un rinnovo impe-gno a valori etici ed estetici oltre che religioso nell’arte contempo-ranea.

Anche l’intervento del dott. Amoroso, direttore dei Musei Civici “Luigi Sturzo” di Caltagi-rone, ha ribadito la necessità di rinnovare il rapporto tra Chiesa ed artisti contemporanei sui fon-damenti etici ed estetici dell’esi-stenza, raccomandando che le esperienze delle arti figurative di qualità non debbano essere riser-vate alle esposizioni ed alle rac-colte museali, ma ritornare nelle

chiese e nel circuito della religio-sità e della devozione diffusa in modo costante e non episodico o sporadico, come adesso avviene.

Nel suo intervento introdut-tivo prima della visita guidata al percorso espositivo, il curatore prof. Giuseppe Ingaglio, ha evi-denziato tra i caratteri comuni delle opere il silenzio, come con-dizione necessaria per l’atteggia-mento dell’ascolto, ed il guardar oltre, sia come capacità sia come tensione: un territorio ed un luo-go, quindi, entro cui continuare

l’esperienza dell’interiorità e della contemplazione che si apre alla speranza. Una speranza che di-viene percorso di amicizia: mons. Francesco Montenegro, infatti ha chiamato “amici” gli artisti che hanno accolto, anzi “ascoltato” la proposta dell’evento espositivo ad Agrigento.

La mostra è aperta tutti i gior-ni, tranne il venerdì e la domeni-ca, dalle 9.30 alle 12.30, fino al 27 maggio: per informazioni e visite 0922.490011.

LdP

appunti Visitabile fino al 27 mag-

gio presso il Palazzo Arci-vescovile di Agrigento, con ingresso dalla Curia Arci-vescovile la mostra “Ascu-ta! L’ascolto tra interiorità e contemplazione - Esperien-ze d’arte contemporanea in Sicilia”.

Presso le Fabbriche Chia-ramontane di Agrigento è ancora possibile visitare la collettiva “Un’altra paro-la, un altro sguardo. Luce, colore, parola, immagine, sonorità, frammenti di vi-sione, rimembranze: don-ne”. Da un’idea di Lia Rocco espongono Olga Brucculeri, Rosalba Mangione, Saman-tha Turrisi e Liliana Zappa-là. Apertura dalle 17 alle 20.

Sabato 28 Marzo alle ore 18.30 presso la ex Chiesa Immacolata Con-cezione di Bivona (piazza G. Cinà) verrà presentato il libro “Il culto di S. Ro-salia a Bivona. La Chiesa e il Fercolo”,del Dott. Sal-vatore Tornatore edito dal Comune di Bivona.

liCia Campi pezzi Edizioni Paoline

Amare

Novi

tà e

dito

riali

“C’era una volta un pastore anziano che amava le sue pecorelle, tutte quan-te, e cercava di tenerle unite”: è questo lo spirito che sta sotto alla recente re-voca della scomunica, pronunciata nel 1988 nei confronti di monsignor Le-febvre e dei quattro vescovi da lui ordi-nati senza il permesso della Santa Sede. La ricucitura tra la Chiesa cattolica e la Fraternità Sacerdotale Pio X ha suscitato polemiche e incomprensioni da più par-ti, e ha rischiato di trasformarsi in uno strappo con gli ebrei a causa di alcune af-fermazioni di monsignor Williamson, uno dei quattro vescovi «perdonati», che poco tempo fa ha negato l’esistenza della Shoah.

Una panoramica sugli eventi re-centi, ricordan-do a grandi tratti tutta la vicenda, per trarre moti-vi di riflessione sul fatto che il vero tradizionalismo cat-tolico ha nell’obbedienza della Chie-sa di Roma il suo principio fondante. La professionalità di due vaticanisti della RAI e la loro sensibilità di credenti propo-ne spunti di riflessione alle molte persone, credenti e non, che si sono poste interroga-tivi circa le motivazioni che hanno spinto il Papa a scelte tanto discusse.

a.m. valli - r. lorenzoni Edizioni Paoline

La tradizione tradita

errata corrige

Nell’articolo di pag. 3 n.11 del 22.03.2009 “Viaggio nel-la memoria” si precisa che l’iniziativa è stata fortemente voluta eresa possibile tramite il Patrocinio del Senato della Repubblica.

Sono state presentate presso l’Aula Luca Cre-scente del Polo univer-sitario di Agrigento “Le Giornate di Primavera” promosse annualmente dal FAI (Fondo per l’am-biente italiano) in pro-gramma nei giorni 27, 28 e 29 marzo. In questi tre giorni, infatti, sarà pos-sibile visitare ed a volte scoprire quei monumenti o bellezze paesaggistiche sconosciute o non fruibili durante l’anno. Quest’an-no per Agrigento, unica località FAI partecipante all’evento, si è pensato di rivolgere l’attenzione al centro storico ed in par-ticolare alla via Duomo ed al quartiere connesso con l’iniziativa “Bibbirria e dintorni: il castello, le chiese, i palazzi”. Si partirà dall’Antico Castello arabo, oggi serbatoio comunale Itria in via Car-cere Vecchio per poi incamminarsi per la via Duomo e visitare così la Chiesa dell’Itria (solo esterno), la Chiesa Sant’Alfonso, la Chiesa San-ta Maria dei Greci. Per tutti i beni l’apertura sarà domenica 29, ore 9.00 – 13.00, mentre sabato 28 dalle ore 9.00 alle 13.00 l’ingresso sarà riservato alle sole scuole. Le visite guidate vedranno coin-

volti come apprendisti Cicero-ni gli alunni dell’Ist. Compren-sivo “G. Pascoli”; della Scuola Media “L. Pirandello”; della Scuola Media “V. Reale”; del Liceo Ginnasio “Empedocle”; del Liceo Scientifico “E. Majo-rana”; del Liceo Psico-pedago-gico e Scientifico “R. Politi”; dell’I.T.C. “L. Sciascia”; dell’I.C. “Castagnolo”. Negli stessi giorni sarà possibile visitare il bene FAI, il Giardino della Kolymbetra presso il Parco della Valle dei Templi ed in particolare, sabato 28, dalle ore 9.00 alle 17.00 e domenica 29, dalle ore 10.00 alle 17.00

«La volontà dell’ammini-strazione comunale - ha spiegato l’assessore al turismo ed alla cultura Settimio Biondi, presen-te alla presentazione delle giornate - è quella di valorizzare il centro storico e quei monumenti storici che per mancanza di fondi non sono sta-ti fruiti dal pubblico ed inseriti nel patrimonio storico agrigentino. Proseguirò nella direzione di promuovere parallelamente il turismo in città - conclude - visto che ogni mese perdiamo oltre 1500 visitatori rispetto allo stesso mese dello scorso anno».

MDM

alla riscoperta della BibbirriaFai Ritornano “Le Giornate di Primavera”

Page 4: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo29 Marzo 2009Speciale Ordinazione

Celebrazione euCaristiCa L’Omelia

Mons. Ferraro: «Pieni di grandissima gioia»

I segni episcopali che, durante il rito, sono stati conse-gnati a mons. Muratore sono stati donati, al neo vescovo, dalla parrocchia B.M.V. del Carmelo che ha servito come parroco per oltre un ventennio (pastorale), dalla parrocchia Madonna di Fatima, dove è stato vice parroco (anello) e dai presbiteri della Chiesa agrigentina (la croce pettorale).

i segni episcopali

Il PastoraleLa Parrocchia B.M.V. del Car-

melo di Agrigento, in occasione dell’Ordinazione Episcopale di mons. Salvatore Muratore, indi-menticato parroco, per un ven-tennio, ed amico, ha voluto espri-mere l’affetto e la stima facendo dono al novello vescovo di un pa-storale. L’opera è stata disegnata da Roberto Di Miceli, un giovane artista della nostra provincia e realizzata interamente in argento da una prestigiosa e antica botte-ga orafa palermitana.

Nei simboli ricorda la nostra terra agrigentina: il bastone se-gnato da scanalature, richiama, nella sua semplicità la colonna di un tempio greco su cui si attorci-glia un ramo di mandorlo fiorito. Il riccio è caratterizzato dall’in-treccio di rami, fiori e germogli

di mandorlo, impreziositi da castoni in corallo rosso di Sciac-ca. Al centro del riccio c’è poi la croce interamente cesellata a mano. Attorno al nodo è stato inciso, a bulino, lo stemma episcopale ed un’iscrizione commemorativa.

L’anello pastoraleL’anello pastorale è sta-

to donato dalla parrocchia B.M.V. di Fatima di Agri-gento, dove padre Muratore è stato viceparroco all’inizio del suo ministero presbite-rale. L’anello riproduce la scena biblica della festa liturgica del giorno dell’ordinazione episcopale di mons. Muratore: l’Annunciazione dell’Angelo

La croce pettoraleLa croce è stata dona-

ta a mons. Muratore dai presbiteri della Chiesa agrigentina che hanno con lui condiviso gli anni del ministero presbiterale ed il servizio alla Chiesa come Vicario Generale. Anch’essa è realizzata in-teramente in argento dalla

stessa bottega orafa che ha fatto il pastorale ed ad esso si richiama nei segni: germi di mandorli fioriti.

S.E. mons. Carmelo Ferraro, vescovo presidente della solenne celebrazione di ordinazione episcopale, durante la sua omelia si è rivolto ai presenti utilizzando le parole di paolo nella Lettera Corinzi: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cristo, Padre di Misericor-dia e Dio di ogni Consolazione! [...] È lo stupore della Chiesa Agrigentina, che sa-luto e venero nella persona del Pastore, mandato dal Signore a guidare e a dare la vita per questo popolo santo di Dio! È questa la preghiera della Chiesa che è in Nicosia[...]. Chiesa che tu, amato fratello Salvatore, andrai a servire ed amare con il cuore deldolce e tenero eterno bel Pa-store!

Hai servito ed amato la santa Chiesa Agrigentina, attirando, da insegnante di religione, il cuore dei giovani studenti, con la tua dolcezza e sapienza pastorale, per decine di anni; facendo camminare la Comunità parrocchiale della Beata Maria Vergine del Carmine sulle vie del Concilio, nella gioia della fraternità, del-la corresponsabilità e dell’attiva parteci-pazione missionaria; promuovendo, in maniera nuova ed ideale, il vicariato di Agrigento con amabile sostegno pastra-le, come non mai prima era avvenuto; aiutando da Vicario Generale il Vescovo, in molteplici modi, come Buon Cireneo, a portare la croce non sempre legge-ra; promuovendo, in maniera sapiente, originale il cammino della Chiesa nella storia, in particolare il cammino catecu-menale dei cresiamndi adulti e nubendi: di questo ti sono grato e te ne sarà grata la Chiesa Agrigentina, che hai amato e come poeta e profeta hai fatto intravede-re la sua bellezza e la sua missione. [...]

Oggi, come Chiesa del Signore, siamo pieni di grandissima gioia, perché lo Spi-rito Santo ti consacra successore degli apostoli e ti affida la famiglia dei figli per condurla alla vita divina, filiale, fraterna

ed eterna. Anche a te, come la Vergine, è cambiato il nome («Rallegrati, o Piena di Grazia!») e a te è dato il nome e la mis-sione di successore degli Apostoli: senti-rai la vertigine delle parole del Signore: «Come il Padre ha mandato me, io man-do voi!!!».

Il Vescovo è chiamato in causa come ministro di Dio ed amministratore della Casa del Signore. Nel mistero di Cristo il Vescovo trova la sua identità nell’im-magine di Cristo Signore, Buon Pasto-re (Gv. 10,11). Nell’immagine del Buon Pastore sono comprensibili i tre grandi poteri e doveri del Vescovo: Insegnare, santificare, guidare il Popolo Santo di Dio, che raccoglie in se tutti i figli di Dio, sia pastori che fedeli, uniti intimamente dallo stesso battesimo. [...]

Risuoneranno per sempre nel cuore del Vescovo, ogni giorno le parole del Si-gnore a san Pietro: «Mi ami tu?? Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle!!» (Gv 2 1,15)».

All’inizio della Celebrazione Eucaristica mons. Montenegro ha rivolto a tutti i presen-ti il suo saluto.

«Il nostro carissimo don Salvatore - ha detto l’arcivescovo - oggi verrà ordinato ve-scovo e sarà chiamato a servire la Chiesa di Nicosia.[...] “Dio ama chi dona con gioia” sarà il motto che guiderà l’episcopato di don Salvatore.[...] Riconosco in questa frasecome una carta d’identità di don Salvatore: ci ha sempre edificato la sua fede sincera in Dio alimentata dal desiderio di conoscerLo e di servirLo umilmente; il suo amore alla Chie-sa, al cammino di ogni uomo, alle sfide della storia; per la Chiesa e nella Chiesa ha donato la vita generosamente svolgendo ogni incari-co affidato nella logica del seme, che si dona alla terra affinchè un giorno qualcuno ne raccolga i frutti; ed infine, il suo stile gioioso, incoraggiante, intriso di quella perfetta letizia che fa arrivare a tutti il sorriso di Dio. Per tut-to questo sento il bisogno, insieme alla diletta Chiesa agrigentina, di dire il mio - il nostro - grazie a te, carissimo fratello Salvatore. Gra-zie per il dono della tua vita a questo popolo santo di Dio che hai servito con generosa de-dizione aiutando tutti e ciascuno ad intrave-dere gli orizzonti grandi che Dio ci prepara. Ed insieme al grazie un augurio che ricavo, ancora, dalla tua carta d’identità: possa Dio continuare a benedire i tuoi passi perchè nel dono gioioso della tua vita e la Chiesa di Ni-cosia e tutte le prsone che li servirai, possano scoprire il fascino del credere e dell’amore».

Mons.Montenegro: «Fratello salvatore ti affidiamo alla Chiesa di nicosia»

foto Petrone

foto Petrone

foto Tornatore

foto Tornatore

Page 5: L'Amico del Popolo

�L’Amico del Popolo29 Marzo 2009 Speciale Ordinazione

N e l l a cattedrale di Agrigen-to, gremi-ta in ogni ordine e

grado, alla presenza dei vescovi siciliani, dei pre-sbiteri, diaconi e fedeli delle diocesi di Nicosia e Agrigento viene ordina-to vescovo da S.E. mons. Carmelo Ferraro, vesco-vi conconsacranti sono stati, mons.Bommarito e mons. Montenegro..

le tappe“Il San-

to Padre Benedetto XVI ha no-minato ve-scovo della

Diocesi di Nicosia, mons. Salvatore Muratore”. Con queste parole, alle 12 in punto, in contempora-nea alla diocesi di Nico-sia, mons. Montenegro, presso il Palazzo Arcive-scovile di Agrigento co-municava la notizia della nomina.

22gennaio

2009

Nei lo-cali della Curia di Agrigento, i n c o n t r a una de-

legazione di sacerdoti e laici della sua nuova dio-cesi. È il primo abbraccio con la Chiesa nicosiana. Il 4 febbraio, padre Sal-vatore, si reca in visita privata a Nicosia, dove si reca presso il Seminario, la Curia, la Cattedrale e l’Episcopio.

27gennaio

2009

Inizia il ministero episcopale nella Chie-sa di Nico-sia.

Dopo l’abbraccio con la città e il saluto del sin-daco di Nicosia in p.zza Garibaldi, inizia il suo ministero di Vescovo della Chiesa nicosiana nella Cattedrale con una solenne Concelebrazione alla presenza di presbite-ri e laici.

28marzo2009

25marzo2009

Cenni biograficiS.E. mons. Salvatore Muratore è nato

il 28 dicembre 1946 a Campobello di Licata, in provincia ed Arcidiocesi di Agrigento. Compiuti gli studi ginnasiali presso il Seminario minore di Favara, ha frequentato la filosofia e la teologia nel Seminario maggiore di Agrigento, com-pletando il corso di studi alla Pontificia Facoltà di Posillipo (Napoli).

È stato ordinato sacerdote a Roma da Sua Santità Paolo VI il 17 maggio 1970.

Nel 1971 ha conseguito la licenza in teologia Pastorale presso l’Ignatianum di Messina. Ha svolto sempre il ministero nell’Arcidiocesi di Agrigento, dove è in-cardinato.

Nel 1976 ha conseguito la laurea in Pedagogia presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Palermo.

Ha svolto i seguenti ministeri: - dal 1971 al 1979 vicario parrocchiale

della Parrocchia Beata Vergine Maria di Fatima in Agrigento;

- dal 1971 al 1999 insegnante di religio-ne presso il Liceo scientifico “Leonardo”;

- dal 1978 al 1980 insegnante presso il Ginnasio – Magistrale del Seminario ve-scovile di Agrigento;

- dal 1980 al 2001 parroco della Par-rocchia Beata Vergine Maria del Carme-lo in Agrigento;

- dal 1981 consulente provinciale Col-tivatori diretti;

- dal 1984 al 1986 docente di Pedago-gia presso il seminario vescovile di Agri-gento;

- dal 1990 al 1998 Vicario Foraneo e Vicario Episcopale per la Vita consacrata e per la ministerialità dei presbiteri;

- dal 1998 è Vicario generale dell’Ar-cidiocesi di Agrigento e membro del Collegio dei consultori; responsabile del servizio diocesano per il catecumenato; responsabile del servizio diocesano per la formazione permanente dei diaconi.

- dal 2001 Cappellano dell’Istituto “Fi-glie di Maria Ausiliatrice”;

Il 22 Gennaio 2009, il Santo Padre lo nomina vescovo di Nicosia.

Il 25 marzo 2009 viene ordinato vesco-vo della Cattedrale di Agrigento.

Il 28 marzo 2009 inizia il suo ministero nella Chiesa nicosiana.

il ringraziaMento Finale di mons.Muratore

«Dio è come un abbraccio che ci raggiunge»

Al termine della solenne celebrazione Eucaristica, S.E. mons. Salvatore Muratore ha rivolto, non riuscendo in molti punti a trattenere la commo-zione, il suo ringraziamento ai presenti.

«[...] Dio è come un abbrac-cio. Forse non sarà una defini-zione teologicamente perfetta, ma è quello che [...] sento nel mio cuore in questo momento particolarissimo della mia vita.Non so se anche voi sentite questo grande abbraccio che ci raggiunge[...].

Mentre ero prostrato per terra sentivo l’abbraccio di Dio che mi raggiungeva attraverso infiniti rivoli. Mi sentivo av-volto dalla tenerezza del Padre che continua a tenermi per mano, mi sentivo immerso in una compagnia amica, unica e indicibile quella di Gesù che non mi abbandonerà mai; per-cepivo con timore la potenza del fuoco trasformante dello Spirito Santo che mi stava per consacrare.

[...] Questo abbraccio così largamente e generosamente ricevuto adesso lo riverso con sovrabbondanza su tutti voi.

Nel nuovo cammino di ve-scovo mi accompagneranno la fiducia – l’abbandono - e la stella.

La fiducia la traggo dalle parole dell’angelo: “Non te-mere, il Signore è con te”; e se non ardisco paragonarmi alla Madonna, provo a rispec-chiarmi nelle parole che Dio disse a Davide: “Non temere, sono stato con te dovunque sei andato”.

Ogni volta che incomincio il rosario con i misteri della gioia, contemplando l’annun-ciazione mi afferra una fiducia nuova, lo stupore di nuovi ini-zi, quasi una nuova creazione che riparte qui ed ora e rende nuove tutte le cose.

L’abbandono lo imparo da Maria: “Eccomi, Signore, si compia in me la tua parola” abbiamo detto nel salmo. Ec-comi, ripeto anch’io, proverò con tutte le mie forze a lasciar-mi plasmare dalla parola, a praticarla prima e ad annun-ziarla dopo. In Esercizi spiri-tuali non sospetti, perché fatti ad ottobre, avevo meditato sugli scritti di Charles de Fou-cauld, e la frase ricorrente era: “Padre mio, mi abbandono a te”. E ancora aggiungeva che ogni regola, ogni indicazione e ogni norma “deve innanzitutto condurre a Gesù e parlare di Gesù, il nostro tutto e il nostro vero bene”.

La stella è la Madonna. [...] Un ultima parola è il mio

grazie.Ringrazio il Santo Padre

perché mi ha voluto chiamare a questo ministero.

Ringrazio i vescovi qui pre-senti [...]Una parola carica di gratitudine a tutte le autorità civili e militari qui presenti.

Un grazie affettuoso ai pre-sbiteri, ai diaconi, ai seminari-sti, ai religiosi e alle consacrate, ai giovani e ai fedeli laici tutti.

Grazie a Susanna e a Sandro fiori belli delle nostre diocesi.

Alla Chiesa di Agrigento la mia perenne gratitudine.

Alla mia Chiesa di Nicosia e

a tutti i Nicosiani qui presenti un rinnovato abbraccio, affet-tuoso e prolungato: avete già il mio cuore, adesso vedo i vostri volti, e a giorni finalmente sarò con voi… e sarà bello cammi-nare insieme.

A tutti oltre la gratitudine una sovrabbondante bene-dizione che accompagni la vostra vita e... anche il vostro rientro.

il saluto Dei giovani Di agrigento e niCosia

« un dono specialeper le nostre chiese»

Tanti i momenti toccanti che si sono vissuti durante la celebrazione episcopa-le riportiamo alcuni passaggi dei discorsi che i giovani di Nicosia e della parrocchia B.M.V. del Carmelo di Agrigento hanno voluto rivolgere al neovescovo.

«A nome della Diocesi di Nicosia ed in particolare dei giovani – hanno esordito i responsabili della Pastorale giovanile, San-dro, Mauro e Marzia Carrubba – speranza della Chiesa, mentre ringraziamo il Signo-re per l’immenso dono che ha voluto fare alla nostra Chiesa di Nicosia, sentiamo di dover esprimere un sentimento di profon-da gratitudine verso questa Arcidiocesi. […]Leggere negli occhi di questo uomo l’amore che ha per Agrigento non può non dirci quanto sia grande il legame con la sua terra e con le sue persone. Per questo ci sentiamo di dire: Grazie chiesa di Agrigen-to perché hai preparato tutti questi anni il momento in cui avresti donato un tuo figlio prediletto al servizio della chiesa di Nicosia. C’è bastato poco: parole semplici e sguardo amorevole per capire quale sarà

la strada che per-correremo insie-me».

Susanna Ami-co, a nome dei giovani della comunità par-rocchiale B.M.V. del Carmelo, ha ringraziato il vescovo Mu-ratore. « Grazie perché con il tuo esempio ci hai dato dimostrazione del tuo amore verso di noi, ci hai aperto il tuo cuore e noi ci siamo sentiti accolti; ci hai insegna-to che, come Cristo è venuto incontro ad ogni uomo, così noi dobbiamo avere il co-raggio di prendere l’iniziativa e preparare il terreno all’incontro con l’altro; ci sei stato vicino nei momenti di prova, ricordando-ci che Dio ci è sempre accanto e ci vuole bene. Noi caro vescovo Salvatore, ti voglia-mo bene e ti portiamo nel cuore. [...] Ti au-guriamo di essere nella diocesi di Nicosia “uomo di dio che tende alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla mitezza” (1 Tm 6,11).

foto Tornatore foto Tornatore

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6 L’Amico del Popolo29 Marzo 2009Quaresima di Fraternità 2009

«Per chi suona la campana»

Le Chiese ad IsmaniLa funzIone soCIaLe delle parrocchie africane

La campagna di solidarietà avviata quest’anno dal centro Missionario Diocesano ha lo scopo di dare una chiesa agli ultimi villaggi della missione che ne sono ancora sprovvisti, o meglio, che hanno una chie-setta di fango col tetto in paglia, o bene che vada in lamiera, ma non una vera chiesa in mura-tura. Negli anni, con gli sforzi economici di parecchie perso-ne generose (e gli sforzi fisici di alcuni), è stato possibile dotare, uno per uno, quasi tutti i villaggi di questo luogo di aggregazione comunitaria. Perché in Africa la chiesa non è soltanto un luogo esclusivamente di culto come da noi: è bensì il centro pulsante

del villag-gio, il cuo-re della comunità. La chiesa è il luogo fisico che tiene assie-me tutta la comunità; è il po-sto dove al tempo delle piog-ge si può m e t t e r e al riparo il raccolto e dove si possono far giocare al sicuro i bambini più piccoli in “asili nido” gesti-

ti a turno dalle mamme; nella chiesa si ammassa il granturco che serve a sfamare i poveri della comunità; è il luogo dove si tengono le riunioni e si discu-tono i problemi della comunità; dove si riuniscono i laici che mantengono spiritualmente ri-gogliosa la vita del villaggio nel tempo che passa dalla visita del sacerdote per la S. Messa fino alla successiva (in media una al mese). La raccolta di quest’an-no, dunque, potrebbe, con l’aiu-to di tutti, riuscire a completare anche questo servizio alla terra di Ismani, rivolgendo la nostra offerta alla cura pastorale e alla vita sociale di questa comunità sorella.

Roberta Di Rosa

È difficile esprimere in pa-role le molteplici e diverse sensazioni che ho provato nei miei giorni ad Ismani, e ancora più difficile è descrivere quello che poi questa esperienza mi ha lasciato nel cuore.

Quando sono partita pen-savo che, pur nella mia mise-ria, potevo comunque dare qualcosa a “questi africani” più sfortunati di me. Sono ritor-nata grata per tutto quello che questi miei fratelli mi hanno donato gratuitamente. Sicura-mente, in termini economici, siamo noi quelli che portiamo loro la speranza di una quoti-dianità più dignitosa, garan-tendo il minimo indispensabile che di diritto dovrebbe spetta-re a ogni essere umano; ma in realtà bisogna riconoscere che se c’è qualcuno che dona la vera ricchezza a un altro, quelli “forse” non siamo noi!

E non mi riferisco solo ai sorrisi stupendi e ai balletti dei bambini, ai tramonti meravi-gliosi, agli abbracci sinceri e alle strette di mano calorose, o ancora alla festa che c’era al nostro arrivo in ogni singolo villaggio; non penso solo alla gioia di cucinare i cannoli si-ciliani sprovvista degli attrezzi più elementari tra le risate di mama Happy e delle altre, o

al coro che ogni domenica ani-mava la celebra-zione in modo maestrale!

Certo solo questo già mi basterebbe per essere ricono-scente a Dio Padre che ha messo nel mio cuore questo specifico desi-derio di servizio, ma Ismani mi ha regalato molto di più! Mi ha insegnato cosa significhi essere liberi da tante “necessi-tà” che ormai fanno parte della nostra vita, perché l’essenziale non è ciò che hai, ma ciò che sei. Mi ha ricordato che Dio va amato e ringraziato non per quello che ci dona, ma sem-plicemente perché è Dio Padre presente nella nostra vita sem-pre, anche quando tutto ciò che ci circonda è fatica e dolo-re, perché, ora ne sono sicura, Lui è lì a faticare e soffrire con noi! Tutto questo l’ho acquisito giorno dopo giorno, adozione dopo adozione, foto dopo foto. Il mio ruolo di “fotografa” del gruppo adozioni, infatti, mi ha permesso di conoscere ogni singolo bambino e dunque

ogni singola storia. Non metto in dubbio che avrei potuto fare una bella esperienza anche prescindendo dal lavoro delle adozioni, ma c’era un momen-to magico durante il mio “la-voro”. Uno dopo l’altro arriva-vano i watoto (bambini) per la foto, vestiti con la loro camicia migliore. Le mamme li siste-mavano, come solo le mamme sanno fare! Al momento della foto erano tutti inesorabilmen-te seri da far paura. A questo punto li guardavo, sorridevo, e pronunciavo la parolina magi-ca: CHEKA (sorridi). Allora fi-nalmente vedevo i loro splen-didi sorrisi e in quel momento mi dicevo che quello doveva essere il sorriso di Dio!

Loredana Matina

Il sorriso di DiotestImonIanza

Domenica 29 marzo, quinta di Quaresi-ma, per l’Arcidiocesi di Agrigento sarà

“Quaresima di fraternità”. Come ogni anno da ormai più di trent’anni, la Chiesa agrigentina, nel pieno del periodo quaresimale, invita i fe-deli a farsi carico dei bisogni dei fratelli che, in Tanzania, vivono nella nostra missione di Ismani. Le raccolte offertoriali del giorno sa-ranno, infatti, destinate al Centro Missionario Diocesano che provvederà ad impiegarle per i bisogni della Missione. Promotore dell’inizia-tiva, don Luigi Mazzocchio che, dopo essere stato viceparroco di Ismani per cinque anni, adesso dirige il Centro Missionario.

Don Luigi, quando è nata la Quaresima di fraternità e perché?

La prima Quaresima di fraternità è stata nel 1974, l’anno successivo a quello in cui sono partiti i primi missionari agrigentini. La si è voluta per so-stenere le attività della missione.

Qual è il tema scelto per questa edizione?Il tema scelto per quest’anno ha per titolo: “Per

chi suona la campana?” ed ha come scopo la rac-colta di fondi per la costruzione di una chiesa per gli ultimi 4 villaggi che ne sono sprovvisti. Dal 1973 ad oggi sono state costruite 12 chiese che servono 18 villaggi. Il costo previsto per ciascuna chiesa è di 30.000 euro.

Cosa si è realizzato con le precedenti edizio-ni?

Nel corso degli anni sono state portate avanti diverse iniziative. Abbiamo contribuito alla costru-zione delle prime chiese, della scuola di falegname-ria e di sartoria, degli asili e dei dispensari. Dal 2001 abbiamo sostenuto la costruzione di Nyumba Yetu e, in particolare, l’allestimento dell’impianto elettri-co e del parco giochi: sappiamo quanto sia impor-tante il gioco per i bambini, soprattutto per quelli che, per le loro condizioni di salute (molti sono sieropositivi) e familiari (sono quasi tutti orfani e, comunque, lontani dai loro parenti) vivono una particolare sofferenza.

Com’è stata, negli anni, la risposta delle par-rocchie della diocesi?

A dire il vero, l’interesse è andato scemando nel corso degli anni: passato l’entusiasmo iniziale, adesso non tutte le parrocchie della nostra Dioce-si sono sensibili. Laddove il parroco è sensibile alla missionarietà ad gentes, allora anche i parrocchia-ni si mostrano più generosi e solleciti nei confronti dei fratelli africani. Tuttavia, sono ancora tante le parrocchie che non rispondono alle nostre solleci-tazioni: l’anno scorso solo 91 parrocchie su 194 si sono mostrate sensibili, per un importo comples-sivo pari a poco più del 10% delle entrate comples-sive.

Come fare perché tutta la diocesi senta maggiormente come propria la parroc-chia di Ismani?

I volontari del Centro Missionario Dioce-sano sono sempre pronti a promuovere lo spirito missionario attraverso una pluralità di iniziative: incontri con gli studenti, allesti-mento di mostre di artigianato africano, con-fezionamento di bomboniere, organizzazio-ne del convegno missionario, testimonianze nelle parrocchie che ne facciano richiesta, l’organizzazione dei viaggi in Missione … Tutte queste iniziative ci consentono di raci-molare quasi il 90% degli introiti complessivi. Vorrei che si capisse che la Missione di Isma-ni è stata una scelta diocesana: le parrocchie dovrebbero sentire Ismani come un’altra parrocchia della Diocesi, con cui interagire anche al di là della semplice raccolta di fondi.

A gennaio sei stato ad Ismani. Che si-tuazione hai trovato?

È stata un’esperienza breve, ma intensa. Durante la mia permanenza ho incontrato circa 400 stu-denti che rientrano nel nostro progetto di adozioni, mentre altri 50 hanno fatto richiesta di entrarvi. Ho constatato che la situazione economica della gente è peggiorata, anche per il forte aumento delle tas-se scolastiche e dei prezzi. Lo spirito di solidarietà

che caratterizza la gente della Tanzania è sempre vivo: quel poco che si ha lo si condivide. I vincoli di comunione che uniscono la gente dei villaggi sono una speranza sempre viva. L’avere un luogo in cui riunirsi per pregare e discutere, come le chiese che vogliamo costruire, è di grande aiuto in tal senso.

Valerio Landri

Pronti... partenza!IL Corso Per I voLontarI

Anche quest’anno l’ufficio missionario propone un’espe-rienza estiva. Hanno già con-tattato l’ufficio ragazzi, uomini e donne di tutte le età e prove-nienti da diverse Diocesi sici-liane, accomunati dal desiderio di andare a testimoniare, con la loro presenza ad Ismani, che quella parrocchia situata nel cuore dell’altopiano di Iringa è legata a noi da un vincolo di solidarietà che dura da più di 30 anni, è presente nei nostri pensieri e partecipa dei nostri progetti.

Tra i partenti alcuni “veterani” che hanno già visitato più volte la nostra parrocchia africana e chi si prepara a “trasferirsi” ad Ismani per un periodo di 5 mesi; a loro spetterà il compito di gui-dare coloro che non hanno mai fatto un’esperienza nella nostra Ismani, per evitare che il nostro arrivo porti troppo scompiglio nella vita di quella comunità. Nel gruppo, infatti, sono pre-senti anche alcuni “novellini” animati dal desiderio di vivere un’esperienza di volontariato, di conoscere un pezzo di Africa in-contaminato e di “realizzare un sogno nel cassetto”.

Pertanto sono molto diver-sificate le proposte dell’Ufficio Missionario: un gruppo, infatti, si assumerà l’impegno di incon-

trare i bambini del programma adozioni, scattare foto, acquisi-re informazioni da trasmettere, una volta rientrati a casa, agli adottanti. A chi non volesse as-sumersi un incarico così gravo-so si offre la possibilità di met-tersi alla prova in condizioni di vita ‘scomode’, offrire le proprie mani e le proprie braccia a ser-vizio della comunità di Isma-ni, arricchire il proprio cuore nell’incontro con un popolo ed una cultura fondata sui valori della solidarietà familiare e so-ciale e della Fede più semplice e sincera; per tutti l’occasione di vivere un’esperienza di Missio-ne, di vedere con i propri occhi una realtà così ‘diversa’ eppure così ‘uguale’ nell’esperienza di un’unica Chiesa.

“Parto per l’Africa – confessa Alice, che in agosto andrà ad Ismani per la prima volta – per-ché l’ho conosciuta pochi anni fa da turista e, rapita dalla gioia che la gente trasmette pur nel-l’assoluta povertà, mi sono ripro-messa di tornare da missionaria. La cosa che più mi ha colpita è stato il vedere come, nonostante abbiano poco, sono felici: il sorri-so non manca a nessuno! La ce-lebrazione eucaristica domeni-cale, poi, è un’esplosione di gioia. Non vedo l’ora di partire.”

Vicky Lipari

Dopo quindici anni di at-tività sono ormai più di 1700 le famiglie africane che hanno ricevuto un sostegno econo-mico attraverso il programma delle adozioni a distanza.

Nei nostri archivi, tra le foto e le notizie degli anni passati, si possono trovare le foto di bambinetti che oggi ad Ismani incontriamo adulti e respon-sabili e che adesso hanno figli beneficiari del programma. Queste piccole gioie ripagano di tutta la fatica ed il lavoro ‘oscuro’ che decine di volon-tari hanno fatto negli anni e continuano a fare perché il programma possa andare avanti. Ma da qualche anno a

questa parte si registra un nuovo fenome-no, nel quale le adozioni hanno certamente avuto una certa influenza, dal momento che uno degli scopi che da sempre si prefigge il programma adozioni è proprio quello di far passare il messaggio dell’importan-za dell’istruzione e della formazione come strumento di emancipazione dalla povertà e dall’arretratezza. Sempre più numerosi sono stati, infatti, negli ultimi anni coloro che, terminata la scuola primaria (elementare) intendono proseguire gli studi, frequentan-do le scuole professionali o anche la scuola secondaria, corrispondente ai nostri licei. Numerosissimi anche coloro che chiedono di entrare nel programma adozioni proprio per essere aiutati nelle spese delle scuole superiori. Quest’anno, poi, il gruppo che è partito a gennaio è tornato con la meravi-gliosa notizia che ben due nostri studenti

hanno completato il sesto anno di scuola secondaria, sostenuto e superato gli esami finali e manifestano il desiderio di frequen-tare l’università. Tutto ciò non può non co-stituire motivo di vera gioia per tutti i geni-tori adottivi e tutti coloro che al programma adozioni prestano il loro impegno e la loro collaborazione, ma questi futuri dottori ci spronano anche ad un maggiore impegno di solidarietà.

V.L.

QUOTE ANNUE ADOZIONI:

bambino € 230 studente € 200 seminarista € 250 universitario € 1000c.c.p. n. 12416921 intestato a Missione Agrigentina di Ismani

«Io voglio studiare»

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QuaresIma DI fraternItà Intervista con il direttore dell’Ufficio Missionario

Page 7: L'Amico del Popolo

Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo29 Marzo 2009

“Amate la vita, rispettate-la perché vivere è bello.

Non lasciatevi trascinare dalla corsa in macchina, dalla serata al pub, dal bicchiere di alcool e dal consumo di sostanze stupefacen-ti pericolosi per la vostra esisten-za. Siate fiduciosi e coraggiosi perché la vita è tutta da vivere”. È stato questo in sintesi l’accorato appello che l’arcivescovo di Agri-gento Francesco Montenegro ha fatto nei giorni scorsi ai giovani di Ribera durante una veglia di preghiera in una chiesa madre gremita, soprattutto da tanti gio-vani appositamente accorsi per pregare, riflettere e meditare, alla luce degli ultimi dolorosi eventi che hanno portato alla scompar-sa, a causa di incidenti stradali, di alcuni giovani che hanno gettato nel lutto non solo le famiglie, ma l’intera città che ha accusato pe-santemente il colpo delle trage-die, una dietro l’altra.

“Ricordando le ultime vittime, Giuseppe, Elisa e Maria Carme-la, con i suoi due gemellini che portava in grembo - ha detto ai giovani con tanta sensibilità ed umanità l’arcivescovo – più che parlare di morte abbiamo biso-gno di parlare di vita. Voi gio-vani portate dentro uno spirito rivoluzionario, tenetelo acceso e state in prima linea. E’ proprio a questo spirito che vorrei sugge-rire la più rivoluzionaria chiave

di lettura della storia sul senso della vita: Cristo crocifisso”.

Il presule ha intrattenu-to i giovani per una venti-na di minuti, indirizzando anche il suo messaggio ai fedeli, a tutte le autorità amministrative, militari e civili e ai cittadini i quali hanno accolto, in un af-flato generale, le toccanti parole dell’arcivescovo che ha citato soltanto i nomi delle ultime vittime della strada per non fare un lun-go elenco di quanti negli ultimi decenni, soprattutto giovani, hanno perso la vita nei sinistri stradali.

Mai tanti giovani si erano visti in chiesa, interessati alle paro-le dell’arcivescovo, commossi e in preghiera. E nei banchi della prima fila, seduti, con gli occhi bagnati dalle lacrime, durante l’intera funzione religiosa, tanti genitori e tante famiglie riberesi al gran completo, per ricordare i loro cari scomparsi tragicamente e per essere di testimonianza a quanti, centinaia di altri giovani, continuano ad uscire sempre di notte nei fine settimana, metten-do a rischio la propria e l’altrui vita.Il consiglio pastorale della chiesa madre di Ribera ha orga-nizzato la veglia di preghiera per coinvolgere e sensibilizzare i gio-

vani. Lo scopo è stato raggiunto se a molti sono spuntate copiose le lacrime quando mons. Monte-negro si è recato davanti ai primi banchi a baciare, uno per uno, i componenti delle famiglie delle vittime della strada. I giovani ri-beresi sono stati ancora protago-nisti durante la veglia con i canti della creazione, del salmo 8, della preghiera di Madre Teresa di Cal-cutta, della lettera di don Tonino Bello, del Vangelo di Matteo che presenta Gesù che cammina sul-le acque e di tre ragazze danzanti che accendono una lampada.

È stata ritenuta interessante la proposta di Ignazio Matinella del consiglio pastorale riberese che ha parlato di un concorso di idee per la creazione di un parco

pubblico dove mettere a dimora piante secolari con i nomi dei giovani, a monito di riflessione sulla vita.

“Non si può vivere consuman-do la vita così come si fuma una sigaretta: un po’ di fumo e di ce-nere - ha concluso l’arcivescovo Montenegro – sarà triste se sulla bancarella della nostra vita non ci sarà niente da mettere: ci deve essere posto per la freschezza, fatica, impegno, gioia, speranza, grinta, fuoco, la nostra gioia di vivere. Vivere senza lasciare il se-gno del proprio passaggio è la più grande sconfitta. Facciamo sì che Giuseppe, Elisa e Maria Carmela continuino a parlarci. Gli alberi muoiono all’impiedi”.

Enzo Minio

L’episo-dio che ci viene nar-rato oggi nel vangelo (Gv 12,20-33) defini-to anche come il “Getsema-ni giovan-neo” pre-senta una particolare

immagine di Gesù, quella del chicco di grano che produce molto frutto solo a condizione di essere prima sotterrato. Risultano inutili le precauzioni e i tentativi dei capi del popolo e dei farisei di impedire l’attività pubblica di Gesù. La folla a Gerusalemme lo acclama e lo riconosce come il Messia. In questo contesto l’evan-gelista introduce la richiesta di al-cuni Greci di vedere Gesù. Il testo non ci permette di sapere se Gesù di fatto li abbia incontrati, perché inserisce un insegnamento sul de-stino del Figlio dell’Uomo seguito

dalle reazioni della folla piuttosto perplessa e incredula. L’imma-gine che Gesù offre di sé non è quella del filosofo, del saggio, ma di colui che rinuncia alla propria vita per offrirla a servizio di tutti. A somiglianza del chicco di grano che sviluppa tutta la sua poten-zialità e la sua vita solo morendo, così anche Gesù mostrerà tutto il suo amore per gli uomini mo-rendo sulla croce. «Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli domandarono: “Signore, voglia-mo vedere Gesù”». In occasione della Pasqua sono davvero nume-rosi i pellegrini a Gerusalemme e tra questi ci sono anche alcuni Greci, cioè non Giudei, timorati di Dio, simpatizzanti per la reli-gione d’Israele. Costoro rivolgono una esplicita richiesta a Filippo di potere incontrare il Signore. Non sono mossi dalla curiosità per ve-dere un personaggio famoso, per un autografo, per un contatto, sull’onda di un evidente successo

popolare: “Tutto il mondo gli è andato dietro” commentavano amaramente prima i farisei. Sono piuttosto mossi dal profondo de-siderio di vivere un’esperienza col Maestro, per potere credere in Lui. Filippo e Andrea nel vangelo di Giovanni sono i discepoli che presentano a Gesù le necessità dell’umanità e qui in questo con-testo rappresentano la comunità aperta all’accoglienza dei non cre-denti.

«É venuta l’ora che il Figlio del-l’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muo-re, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Gesù non parla direttamente con i Greci, ma si rivolge ai suoi discepoli, alla sua comunità, che poi avrà il compito di annunciare ai pagani la missione del Figlio dell’uomo. Tutti devono sapere che la mor-te di Gesù non è una sterile fine, ma un fecondo nuovo inizio, che l’Ora annunciata fin dal princi-pio (2,4) è arrivata e che in essa si manifesterà la gloria del Signore,

il momento in cui svelerà la sua vera identità, in cui esprimerà l’amore fedele fino al dono della vita. Quest’Ora non dipende dalla volontà degli uomini, ma da quel-la del Padre.

La missione della nuova co-munità non sarà la proposta di una ideologia, una dottrina, ma la testimonianza del progetto di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvi e si riconoscano nel se-gno dell’amore. In questo campo davvero sono abbattute tutte le barriere e gli ostacoli che rendo-no sempre più difficili le relazioni umane. Il discepolo di Gesù sa che è chiamato come il Maestro a morire come il seme, a presta-re un servizio libero e generoso, a spendersi in maniera disinteres-sata per gli altri. «Essere attaccati alla propria vita è distruggersi, di-sprezzare la propria vita in questo ordinamento è conservarsi per una vita definitiva». La misura più alta dell’amore è la capacità di darsi non temendo la morte, sa-pendo che in essa si nasconde un presupposto di fecondità.

V Domenica di QuaresimaGesù: il chicco di grano che muore e produce molto frutto

la Parola

ribera �Mons. Francesco Montenegro incontra i giovani

«amate �la �vita, �sempre»

a cura di Gino Faragone

L’attesa La fragilità psichica e spirituale dei nostri ragaz-

zi – da decenni, ormai – nasce dalla mancata educa-zione a sapere coltivare il desiderio, a sapere attendere, motivando l’attesa. È stato sempre detto che: “si ama quel che costa”, e più sono le difficoltà superate per rag-giungere un bene desiderato e maggiormente quel bene è caro.

La possibilità di soddisfare con estrema facilità non solo bisogni ed esigenze, ma anche capricci immotivati e, a volte, insensati, impedisce a piccoli e grandi di “gu-stare l’attesa”, che è il tempo più dolce, capace di nutrire l’anima, pur nel lontano futuro, solo richiamandone il ricordo. Si dimentica che l’attesa è una dimensione fon-damentale dell’esistenza terrena. Già la Fede cristiana comprende il significato della storia umana nell’arco di due attese: l’attesa della prima venuta del suo Redento-re, e l’attesa della seconda venuta, alla fine dei tempi. Ma anche la grande poesia, da Omero ad oggi, ha sempre sottolineato che la gioia della vigilia si gode più intensa-mente di quella della festa.

Fino agli anni Sessanta, la gioia di vivere, anche dei ragazzi, era alimentata dal perseguimento dei beni ne-cessari: pane quotidiano, vestito, casa, lavoro, sicurezza degli affetti familiari, conforto dell’amicizia.

Di questo erano felici le mamme che avevano un figlio studente in Seminario, e l’attesa di poterlo rive-dere, almeno una volta al mese, illuminava e riscaldava pensieri e sentimenti, mentre preparavano il cambio di biancheria, il pane bianco, i biscotti fatti in casa, le scar-pe vecchie (riparate) per giocare, qualche uovo, la farina e l’olio per integrare la retta. Roba da portare a mano e tanta strada da fare a piedi. Erano le mamme dei paesi più vicini e i figli erano ai primi anni. Non era accettabi-le lasciar passare il mese senza un incontro. Il cuore non avrebbe resistito e i ragazzi avrebbero dormito male, chi sa per quante notti.

Sì, avrebbero fatto brutti sogni. Perché, guai se du-rante l’adolescenza – anche allora – ci si convince, o si è rosi dal dubbio, di non essere amati.

Le mamme arrivavano in Seminario stremate. Su-perare la salita “baiata”, resa fangosa d’inverno e pol-verosa d’estate, esauriva le forze, dopo 15 Km a piedi. Il portinaio, ormai, le conosceva tutte. Faceva trovare qualche bottiglia d’acqua nell’aula adibita a parlatorio, e cominciava a scrivere ancor prima che, chi non aveva più fiato, riuscisse a parlare.

Intanto, i ragazzi scalpitavano trepidando, sotto la finestra che dava sul giardino. Aspettando che il vec-chio portinaio si affacciasse con l’elenco in mano. Era il suo momento di gloria. Non mancava il battimano e l’urrà, seguito da liturgico silenzio, mentre il buon vec-chio sistemava le lenti malferme. I più piccoli, teste in aria, collo stirato all’inverosimile e bocca socchiusa, vi-sti dalla finestra, sembravano strani uccelli in attesa del cibo che scendesse dall’alto.

Bastava che risuonassero le prime sillabe del cogno-me, e il fortunato detentore già saettava per il corridoio che immetteva nel maestoso atrio, ove la grande cister-na, da sempre, sorvegliava rassicurante.

Le mamme occhieggiano, dal portone socchiuso, e, avvistando il figlio, alzano la voce. I piccoli, zigzagando, sembrano scoiattoli tonacati e, all’invito della mamma, non resistono dal saltarle in braccio e lasciarsi sbaciuc-chiare. Ma il tempo scorre, bisogna dirsi tante cose, chiedere della salute e della scuola, raccomandare l’ub-bidienza e non litigare con i compagni, non fare lo schi-filtoso nel mangiare. Ma, ecco, sta passando il Rettore. Meglio informarsi da lui, circa lo studio e la condotta. Strano ma vero: quell’uomo, che tutti dicono rigoroso, sorride, posa la mano sulla testa del piccolo e rassicura.

Sono le 12. Le mamme si sono rifocillate e non solo perché hanno gustato le buone cose, preparate a casa, e hanno gioito nel vedere i loro ragazzi mangiare con appetito, portando più volte l’indice alla guancia, ma anche perché sentono dentro il canto della vita ripren-dere maggior vigore. Ora si può rifare la strada, tornare a casa e partecipare ai familiari la gioia che il più picco-lo dei figli non deluderà la fiducia che genitori e fratelli hanno posto in lui.

Lungo la via di ritorno, alleggerite dai fardelli, le mamme mostrano il bisogno di mettere in comune la tanta gioia di sapere i figli “al sicuro”, lontani dai peri-coli e con buona volontà di continuare. Ma ora è anche tempo di ricordarsi e preoccuparsi dei mariti e degli al-tri figli, che non si può dire siano del tutto al “sicuro” col lavoro e qualcuno anche con la salute. E, tuttavia, c’è sempre da ringraziare la Provvidenza. “Siamo nelle mani di Dio. Egli è Padre di misericordia e non ci farà mancare il necessario”.

La più anziana di quelle sante mamme – sorri-dono ora tutte dal Cielo – non dimenticava, dopo che ognuna aveva partecipato all’agape di fiducia, speranza e buoni propositi, di esortare alla recita del Santo Ro-sario. Arrivando a casa, c’era da preparare le cena, e la stanchezza avrebbe impedito di pregare.

Anni verdi in Seminarioa cura di Stefano Pirrera

Continua �dalla �prima(dalla prima) Consapevoli che la Chiesa

ha una responsabilità universale, gli Apo-stoli, a loro volta, avvertirono il bisogno di trasmettere ad altri presbiteri, mediante l’imposizione delle mani, il medesimo Spirito perché mai venissero a mancare nella Chie-sa Pastori, sino alla consumazione dei secoli. Pastori come Cristo, che imitandolo nella santità della vita, fossero disposti a spendere generosamente la loro esistenza per la Chie-sa, annunciando i misteri del regno dei cieli, dispensando i doni della salvezza. Essi sono infatti Maestri, Pastori e Sacerdoti: è questa triplice missione che Cristo stesso ha esercita-to e che continua ad esercitare per il suo po-polo, mediante gli Apostoli e i loro successori.

Il Vescovo è pastore: fin dall’inizio è sta-ta questa l’immagine con la quale si è voluto rappresentare il Signore Gesù, prima anco-ra di mostrarlo crocifisso; il Vescovo è colui che edifica la Chiesa che di Cristo è il corpo

è colui che deve custodire “puro ed integro il deposito della fede”; egli è guida del popolo che gli è stato. L’anello e il pastorale che sono stati consegnati a mons. Muratore questo vogliono simboleggiare, la fedeltà alla Chie-sa (anello) e il “ministero di pascere il gregge di Dio” (il pastorale).

Il Vescovo è Maestro, cioè colui che inse-gna. Sostanza dell’insegnamento di ogni Ve-scovo è proclamare il Vangelo del Regno.

Il Vescovo condivide lo stesso Sacerdo-zio di Cristo Sommo ed eterno Sacerdote. “I Vescovi - insegna la Lumen Gentium al n 26 - con la preghiera e il lavoro per il popolo, in varie forme effondono abbondantemente la pienezza della santità di Cristo”. Nell’eser-cizio del proprio ministero, ispirato all’imi-tazione della carità del Buon Pastore, egli è invitato a santificarsi e a santificare.

Lo scrittore francese Georges Bernanos scriveva che la santità è un’avventura, forse

l’unica che ci sia. Chi l’ha capito dimostra di penetrare fin nel cuore della fede cattolica. Se la santità è vocazione universale di ogni bat-tezzato lo è, in special modo del Vescovi conformato, con l’Ordinazione episcopale, a Cristo, il tutto Santo.

Caro fratello Salvatore, vescovo di Nico-sia, grande è la missione che ti attende. Non mancheranno certo le difficoltà. Sia anche tuo, oltre a quello che hai scelto per il tuo episcopato (“Dio ama ci dona con gioia”), il motto di S. Paolo, in quest’anno a lui dedi-cato, “Caritas Christi urget nos” “L’amore di Cristo ci sospinge” (2 Cor 5, 14). Sia l’amore di Cristo a spingerti a lavorare per la diffu-sione del suo Regno. Che tu possa sempre essere animato dal suo grande ardore apo-stolico! Noi ti accompagneremo con la nostra costante preghiera e con la nostra fraterna solidarietà..

Carmelo Petrone

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� L’Amico del Popolo29 Marzo 2009Attualità

Il candore della verità diario multimedi@le«28 marzo: un’ora di buio

per dare nuova luce alla Terra»Caro diario,da sempre il buio è stato sinonimo di pregiudizi e di

paure. Un salto nel buio è una roba da matti, un appun-tamento al buio è sempre a rischio, il buio è quasi sempre l’anticamera del peccato e/o del reato; ed ancora, al buio si tessono drammi e tragedie, il buio è padre dell’incubo, nel buio c’imbattiamo in quel nostro Io denudante e impietoso che la luce del giorno o dell’energia elettrica ci aiuta ad in-gannare e a depistare, dentro il buio ci si smarrisce, fuori e “dentro”, al buio sgorgano sussurri, è vero, ma soprattutto grida e lacrime, il buio dell’anima fa perdere la luce della Fede, nel buio congiura sempre il Male.

A conferma, e come se non bastasse, “buio” ha persino etimi di fuoco fosco, di tenebre ustionate e brucianti ma anche, pensa un po’, per una sorta di paradossale coinci-denza degli opposti, di Sole e di Luce: un po’ come il termi-ne “colore” che, pur rimandandoci immediatamente a ful-gori sgargianti, in etimologia ha, invece, proprio radici di buio, macchia, inchiostro nero e persino di fiele (“cromia”, invece, appare come “veste”, del corpo e d’altro, abilitata a ricevere ed a trasmettere spettri, flussi e tracce di tonalità, irradiazioni, splendori e luminescenze).

Eppure, a volte, dobbiamo proprio chiedere l’aiuto del buio, ed il buio, per fortuna, ci viene prontamente incon-tro, a soccorso di inadempienze ed a risoluzione di nefan-dezze. Come nel caso di questo 28 marzo, in cui gli umani più previdenti ed “illuminati” (è proprio il caso di dirlo) chiederanno a tutto il mondo un’ora di buio, per ricorda-re alla Terra che la luce si sta esaurendo. Le attuali risorse energetiche non bastano, e il riscaldamento globale è una minaccia di fronte alla quale servono provvedimenti seri e urgenti. I sessanta minuti scatteranno, appunto, sabato 28 marzo, dalle 20,30 alle 21,30, e sono quelli dell’ “Earth Hour”, l’Ora della Terra; e questo buio, profetico, precau-zionale e provvidenziale, attraverserà 25 fusi orari diversi mirando a coinvolgere addirittura un miliardo di persone per un’ immensa “ola” mondiale senza luce. La campagna, lanciata dal WWF e partita 2 anni fa da Sydney, è diventata un fenomeno globale; e l’Italia è il quinto Paese al mondo con il maggior numero di Comuni partecipanti, circa 80 (ma chiunque può spegnere il contatore, a prescindere dalle adesioni istituzionali). All’iniziativa hanno aderito i Premi Nobel Rita Levi Montalcini e Desmond Tutu, l’astrofisica Margherita Hack, il Premio Oscar Cate Blanchett, l’astro-nauta Roberto Vittori e numerose altre personalità in tutto il mondo. Michele Candotti, direttore generale del WWF Italia, ha però ricordato anche tutte le migliaia di persone comuni che hanno già fatto avere al sito della benemeri-ta Associazione foto, video e commenti, disseminando il web con un messaggio finale, semplice e chiaro che si può riassumere in ‘spegni la luce per un’ora il 28 marzo, fai la cosa giusta per l’unico Pianeta che abbiamo a disposizione’. Spegnere la luce per accendere la fantasia, quindi, per mo-bilitarci a favore di politiche climatiche in grado di scon-giurare i drammatici cambiamenti legati all’effetto serra, ma anche per qualcosa di più che schiacciare un semplice interruttore.

Spegnere la luce non è, infatti, solo un gesto simbolico dell’importanza di consumare energia in modo efficiente e responsabile, ma può riaprire porte ingiustamente inchio-date. E allora riscopriamolo volentieri, questo buio diventa-to risorsa sempre più rara e preziosa. Al buio si può tornare ad ammirare in tutta la sua bellezza un cielo stellato, si può cenare romanticamente a lume di candela, si può mandare a quel paese la tv, ci si può riunire dinanzi alla magia di un falò, si può tornare a parlare insieme, in famiglia e fuori, ci si può riabituare a pensare, a sognare… e pure a pregare. Perché Dio c’è anche al buio, caro diario: e non dimenti-chiamocelo mai.

Nuccio Mula

L’atteso derby tra l’Akragas ed il Favara, giocato all’Esseneto di Agrigento, ha ri-chiamato il pubblico delle grandi occasio-ni, stimato intorno alle duemila presenze, un record per una partita di Eccellenza, anche se di grande importanza ai fini della classifica finale. Le due squadre separate da un solo punto in classifica, speravano di vincere l’incontro per ottenere la salvezza diretta, senza passare nella fase dei play out.Encomiabile il comportamento delle due tifoserie, così come quello dei giocatori in campo, che mai hanno espresso cattiverie od ostruzionismi dannosi. Il risultato finale è stato fissato sull’1-1, che in altre circostan-ze avrebbe accontentato tutti, ma alla luce di quanto è successo negli altri campi, il punto è ottimo per il Favara, che domenica affron-teranno il Gattopardo ormai in salvo, men-tre per la squadra di Gioacchino Sferrazza, che nell’ultima di campionato dovrà rendere visita al quotatissimo Licata, lo spettro degli spareggi, anche se la posizione dei bianco azzurri, consente loro di avere il vantaggio del doppio risultato, nel confronto con l’av-versario, che la sorte assegnerà, in partita unica, in campo neutro. Turno favorevole anche per il Kamarat, che affronterà in casa un Villabate deluso dopo la promozione, con una giornata d’anticipo, del Mazzara. Il Ribera, infine, che con il pareggio casalingo con il Licata si è complicata la vita, trasferta

insidiosa sul campo del Bagheria di Mimmo Bellomo.

Nel campionato di Promozione, giro-ne A, capitombolo casalingo del Raffadali, battuto dal lanciatissimo Alcamo, che lotta con la Sancataldese per il salto di categoria. Per la squadra di Gaetano Longo, la coda

dei play off per la promozione. Il Cianciana di Matteo Clucci ed il Racalmuto di Basilio Foti vincono in campo esterno rispettiva-mente con il Campobello ed il Pro Favara, mentre lo Sciacca liquida il Canicattì con il risultato di 3 -0.

Totò Sciascia

Panorama Calcistico

RISULTATI E CLASSIFICA CALCIO DILETTANTISTICO

ECCELLENZA GIR. A ECCELLENZA A PROMOZIONE GIR.A

CAMPOBELLO - AGROERICINO 5-1MONREALE - BAGHERIA 2-4AKRAGAS - FAVARA 1-1CARINI - FOLGORE 1-0GATT.PALMA - KAMARAT 3-1RIBERA - LICATA 1-1MAZARA - MARSALA 4-0VILLABATE - PARMONVAL 1-2

P P

Mazara 1946 59 Sancataldese 63S. Villabate 53 Alcamo 65Licata 52 Marsala 59Bagheria 46 Raffadali 56Marsala A.S.D. 43 Valderice 56Agroericino 41 Campobello 50Gattopardo 41 Canicattì 40Parmonval 40 Castellammare 37

PROMOZIONE GIR. ARAFFADALI - ALCAMO 1-3PETR.MARSALA - BUSETO 0-3SCIACCA - CANICATTI’ 3-0CAMPOBELLO - CIANCIANA 1-2MARSALA_1912 - FAVIGNANA 0-0PRO_FAVARA - RACALMUTO 0-1CASTELLAMMARE - SANCATALDESE 0-1FULGATORE - VALDERICE (rinv.)

Kamarat 40 Favignana 37Favara 39 Racalmuto 37Akragas 38 Cianciana 36Ribera 37 Sciacca 31Carini 34 Buseto 29Campobello 28 Fulgatore 24Folgore S. 27 Pro Favara 18A. Monreale 15 Petrosino 4

CONSIgLIO pERmANENTE CEI La prolusione del Card. Bagnasco

Come un abile mago, il ministro Brunetta non smetterà mai di stupirci per le sue pro-poste innovative ed al tempo stesso incon-suete.

Dopo la lotta ai fannulloni della Pubbli-ca Amministrazione, ecco uscire dal suo cilindro una nuova idea: giudicare gli uffici pubblici, e l’operato dei suoi addetti, con gli emoticon, le faccine utilizzate negli sms so-prattutto dai più giovani.

La proposta, già annunciata alla stampa lo scorso novembre, da oggi è realtà. In alcuni uffici pubblici italiani, infatti, dal 23 marzo, il cittadino può giudicare la qualità del servizio offerto dalla Pubblica Amministrazione sce-gliendo su un monitor una faccina diversa in relazione al grado di soddisfazione. L’inizia-tiva, che rientra nel progetto “Mettiamoci la faccia”, al momento riguarda gli sportelli del Comune di Roma, di Milano e di Par-ma, della Provincia di Vicenza. In seguito, coinvolgerà l’Enpals, l’Inps, l’Aci, le poste e Cciaa (ad Agrigento arriverà presso la sede

dell’ACI dal primo aprile).Una piccola, grande rivoluzione culturale

– come sottolineato dallo stesso ministro Brunetta – che servirà a premiare i dipen-denti più meritevoli e non a criminalizzare l’impiegato allo sportello. L’idea così nuova poi non è. Il metodo è già stato utilizzato in passato in Cina in occasione delle ultime Olimpiadi. E poi nel nostro Paese, era già possibile per i cittadini esprimere il proprio parere in merito ai servizi erogati dalle Pub-bliche Amministrazioni. La trovata innova-tiva, se così possiamo definirla, è l’aver sosti-tuito il vecchio modulo da compilare e, per cui ci voleva tempo e pazienza, con un me-todo immediato e sintetico, frutto dei nostri tempi. Al solo tocco dei monitor, posizionati vicino agli sportelli, infatti, il cittadino-utente potrà dire la sua: faccina verde che ride per esprimere un giudizio positivo; faccina gialla per quello sufficiente, faccina rossa per quel-lo negativo. In quest’ultimo caso potrà esse-re specificato nel dettaglio il motivo del di-

sappunto. Le infor-mazioni raccolte saranno poi trasferite ad un elaboratore e, utilizzate per migliorare gli standard qualitativi offer-ti. Tutti i cittadini italiani insomma, grazie al ministro per l’innovazione, potranno adesso sentirsi dei Collina. Basterà sfoderare la fac-cina rossa o gialla, a mò di cartellino arbi-trale, per espellere od ammonire l’impiegato allo sportello. Giustissimo se la persona è in-competente o lavativa, ma... Ma chi control-lerà che il giudizio dei tanti e nuovi arbitri sia davvero imparziale e non dettato da simpa-tie-antipatie e da altri fattori esterni?

Chi garantirà la neutralità del giudizio?Forse, il ministro-mago ha già previsto

l’introduzione della moviola o del quarto uomo! Forse, a breve, continuerà a sorpren-derci.

Anna Chiara Della Monica

“Stare con il Papa, sempre e incondizionatamen-

te”: riferendosi a quella “che è la migliore tradizione del nostro cattolicesimo”, il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha scelto tale pensiero di soli-darietà con Benedetto XVI per sintetizzare l’argomento posto in apertura della prolusione al Consiglio episcopale permanen-te (Roma, 23/26 marzo).

Dopo aver richiamato la “re-missione della scomunica ai quattro vescovi consacrati da monsignor Lefebvre nel 1988”, e il “caso Williamson”, Bagnasco ha precisato che lo stesso Ponte-fice ha messo “un punto fermo con l’ammirevole Lettera del 10 marzo 2009, indirizzata ai ve-scovi della Chiesa cattolica”.

«La sua disanima, per certi versi conturbante, degli ultimi episodi... ha fatto emergere come per contrasto – ha aggiunto Ba-gnasco – il candore di chi non ha nulla da nascondere circa le proprie reali intenzioni».

Pensieri analoghi sono stati poi espressi sul viaggio in Africa di Benedetto XVI e sui temi af-

frontati, per i quali – ha notato – “si è arrivati ad un ostracismo che esula dagli stessi canoni lai-ci”.

Soffermandosi sulle difficol-tà vissute da vari Paesi africani, Bagnasco ha richiamato le po-lemiche sorte sulle dichiarazioni del Papa circa i sistemi di con-trollo delle nascite e ha espres-so l’esigenza di continuare gli aiuti specie in campo sanitario “finanziando la distribuzione di medicinali accessibili a tutti”. Si è occupato poi del tema del “seco-larismo”, parlando del confronto in atto nella nostra società “tra due diverse, per molti aspetti an-titetiche visioni antropologiche”. Nel confronto tra la concezione trascendente e quella immanen-te della natura umana, Bagnasco ha evidenziato che emerge “una diversa concezione di libertà... per i cristiani essa è addirittura dono di Dio creatore”. Sull’altro versante, invece, “l’individuo fi-nisce schiacciato dalla propria libertà”. Il rischio insito in questa visione è “scivolare inevitabil-mente verso un nichilismo di senso e di valori che induce alla

disgregazione dell’uomo e ad una società individualista fino all’ingiustizia e alla violenza”.

Nella parte centrale della prolusione, il card. Bagnasco ha parlato ampiamente di Eluana Englaro. Ha così descritto il suo caso come “una operazione tesa ad affermare un «diritto» di li-bertà inedito quanto raccapric-ciante, il diritto a morire, cioè a darsi e a dare la morte in talune situazioni da definire”. Ha poi posto la domanda che deriva dal caso-Englaro: «Non stiamo attribuendo al «sistema» un di-ritto all’eliminazione dei soggetti inabili, quasi che costoro possa-no configurarsi come cittadini di serie B? E questo «diritto», che

per ora si affaccia appena, una volta immesso nel corpus giu-ridico e nel costume pubblico, non è forse destinato a diventare col tempo più incalzante e spie-tato?»

Il presidente della Cei si è an-che occupato della crisi econo-mica e finanziaria, ha affermato che «l’impressione è che pur-troppo non si sia ancora tocca-to il fondo, o quanto meno che non ci sia nessuno in grado di dire con certezza a che punto si è della perigliosa traversata”. Ha quindi esortato, citando recenti interventi del Papa, “a riscoprire l’anima etica della finanza e del-l’economia».

Sir

mINISTERO DELLA FUNzIONE pUbbLICA

Una faccina per giudicare


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