+ All Categories
Home > Documents > L'Amico del Popolo

L'Amico del Popolo

Date post: 13-Mar-2016
Category:
Upload: lamico-del-popolo-amico-del-popolo
View: 215 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
Description:
L'Amico del popolo, edizione del 10 maggio 2009
8
N. 17 del 10 Maggio 2009 Esce il Venerdì - Euro 1,00 Anno 54 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento 6 Giovaninfesta... alla fine della festa Rifiuti: sciopero degli addetti alla raccolta 2 di Marilisa Della Monica Il Papa in Terra Santa 4 4 Sciacca: slitta l’apertura del Golf Resort di Filippo Cardinale di Franco Pullara di Daniela Montana VITA ECCLESIALE SOCIETÀ’ PROVINCIA CITTA’ Latitanza politica “I politici snobbano D’Orsi”, così ha titolato il quotidia- no “La Sicilia” il giorno dopo la mancata riunione che, il Presidente della Provincia regionale di Agrigento aveva indetto, invitando ad un ta- volo parlamentari regionali e nazionali agrigentini, insieme agli esponenti dei sindacati e di Confindustria, per discu- tere le emergenze nel settore dei trasporti. Per il “Giornale di Sicilia” del mancato incon- tro, per l’assenza della quasi totalità della deputazione re- gionale e nazionale, nessuna traccia. Erano presenti solo gli onorevoli Di Mauro, Di Bene- detto, Capodicasa. La riunio- ne è stata aggiornata a lunedì prossimo. Apprendendo del fatto non mi sono stupito più di tanto perché, è da oltre 40 anni che, la classe politica regionale e nazionale diserta il tavolo con la gente della nostra terra. Il Presidente D’Orsi non è il solo ad essere indignato lo sono, con lui, tutti gli agrigentini con il carico di problemi mai risolti, sempre gli stessi da qua- rant’anni, sempre al centro di programmi e campagne elet- torali, ma mai risolti. Un’in- dignazione, quella della gente, ormai senza più voce e forza di gridare perché, da troppo tempo, gridano, gridano, gri- dano… ma nessuno li ascolta, nessuno, specie chi è preposto a ciò, riesce ad intercettare i loro bisogni. Lo sa bene nonna Maria, mamma di quattro figli tutti lontani da casa non per scelta ma per necessità, la necessità di vivere in modo dignitoso ed onesto. A 80 anni vive da sola e, a chi va a trovarla a casa, con le lacrime agli occhi, mostra “l’angolo dei ricordi”, una pa- rete tappezzata delle fotografie dei figli e dei nipotini lontani. Lo sa bene nonno Manlio, che vive anche lui da solo, perché non ha più nessuno, nel cen- tro storico di Agrigento, con un pensione di 350 euro al mese. Essere anziani ad Agrigento è difficile, lo è ancora di più nel nostro centro storico non a mi- sura dei suoi bisogni; però lui lì abita, non ha la possibilità di avere un’altra casa. Lo sanno bene Vincenzo e Sara, ma l’elenco è lunghissi- mo, che a 30 anni non hanno un lavoro e dipendono in tut- to dai genitori. Lo sanno bene Carmelo e Gabriele che hanno bussato a mille porte e mille volte hanno avuto solo come risposta una porta sbattuta in faccia. Carmelo Petrone continua a pag.2 Quando i panni sporchi si lavavano in casa SOCIET Pubblico e privato C’era una volta un Paese dove la televisione era educativa ed i politici non diventavano tali solo perché avevano fatto tv o perché erano avvenenti. C’era una volta un’Italia edificata sui valori e sui sani principi, specchio di una società fondata sulla famiglia e sul lavoro. C’era. E tutto questo solo un paio di decenni fa. Poi di colpo tutto è cambiato. Di col- po qualcuno ha fatto zapping e ci ha sintonizzato su dei canali nuovi regalandoci una visione più moderna del mondo. Un mondo dove è più bello e gratifi- cante fare la velina piuttosto che il medico o la poliziotta; dove se vuoi innamorarti devi andare in una trasmissione altrimenti non troverai mai dei corteggia- tori; dove l’intelligenza si misu- ra sulle risposte date ai quiz del preserale. Capita così, in questa Italia “così al passo coi tempi” , che sia normale lavare “i panni sporchi” in piazza, senza pro- vare un benché minimo pudore nel raccontare il proprio vissuto familiare. Basta aprire i quoti- diani di questi giorni o vedere i telegiornali, per sapere tutto ed in tempo reale, su una vicenda privatissima quale quella della crisi matrimoniale Berlusconi- Lario. Come spettatori di una nuova soap, tutta nostrana, ci ritroviamo ad assistere ad una battaglia familiare fatta a colpi di interviste e di foto e di dichiarazio- ni in esclusiva. Come figli di questo tempo, spiamo le mosse dei protagonisti, apriamo forum di discussione e ci schieriamo per l’una e per l’altra. Tutto que- sto, invece, dovrebbe più che travolgerci e prenderci, farci riflette- re. Avvenimenti come questi dovrebbero esse- re discussi nell’intimità della sfera domestica e non avere spettatori e tifo da stadio. Esperien- ze così dolorose, come può essere la fine di un amore e lo sgretolarsi di una stabilità familia- re, dovrebbero essere vissute con un certo riserbo soprattutto per il bene dei figli. Ed invece, tutti ne parlano, persino la stampa estera, inserisce la notizia nella prima pagina. Anna Chiara Della Monica continua a pag 2 M ancano i preti, i paesi dell’agrigentino cambiano aspetto demografico e la suddivisione parrocchiale non corrisponde più alle relazioni e alla mobilità che si sono create all’interno del territorio. Si torna a parlare di Unità Pastorali (UP). Si tratta di raccogliere le sfide indicate precedentemente non solo come fatti negativi, ma come un’op- portunità di crescita della partecipazione e corresponsabilità dei laici e di tutto il popolo di Dio. Ridisegnare il territorio ecclesiasti- co è opera che ha a che fare con il profon- do mutamento culturale in atto nell’intera provincia. Ridisegnare un volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia ha a che fare con una Chiesa che è popolo in “comunione con Dio e fra di loro”. Perciò il modo in cui la Chiesa risponde non è indif- ferente: dice cosa essa percepisce di sé e della sua presenza in Agrigento. Il senso di appar- tenenza alla Chiesa e il senso religioso della vita, già messi fortemente in discussione dal- le scelte pratiche di tutti i giorni della nostra gente, potrebbero ingenerare una “psicologia di non futuro”. Chiudere una parrocchia o anche una semplice “stazione di culto” po- trebbe produrre ulteriore rassegnazione, già fortemente radicata in altri ambiti della vita civile, sociale e politica. Né le UP possono essere risultato di una politica di fatti consu- mati: “morte del prete, giudizio superficiale, inferno per una parrocchia e paradiso per un’altra”. Connesse e in subordine a quanto detto vi sono altre sfide che emergono per la Chiesa dalla vicenda delle UP: la ministeria- lità dei laici e dei diaconi permanenti come figure con specifica identità o copia sbiadita dello stile clericale passato; l’immagine del presbitero come garante della verità o uomo di relazioni di carità a 360 gradi; aiutare i battezzati ad sentirsi, essere e “realizzare” Chiesa in una società dinamica, plurale e “urbana” anche nei contesti modesti dei nostri paesini o Chiesa che da per scontato strutture e stili utili nel passato e ormai su- perati? Mimmo Zambito continua a pag.6 Unità della Pastorale “Ho fatto una vita da cane. Non avevo di che mangiare e spiavo la gente che buttava la spazzatura nei contenitori. Io e mio cugino si litigava per accaparrarsi la pasta e il pane duro trovato tra i rifiu- ti” . Accade a Favara e non nella poverissima Africa. Siamo nella civilissima Europa. É il 19 marzo, i fedeli, davanti l’antica Chiesa di piazza Cavour, stanno organiz- zandosi in processione, quando l’arciprete, don Mimmo Zambito, ci fa conoscere Salvatore Restivo e lo invita a raccontare la sua vita. A trentasette anni Salvatore, ex alco- lizzato, ex drogato, ex detenuto e, ex emarginato parla di se per salva- re gli altri. Lui ce l’ha fatta a uscire dal suo inferno e vuole diventare una sorta di spartiacque per chi ancora ci vive. Adesso, frequenta le scuole serali. In un anno si con- tano solo tre giorni di assenza e ci concede l’intervista a condizione di chiuderla prima delle diciotto: deve andare a scuola. Lo attende la licenza di scuola media e poi il diploma di assistente per gli an- ziani. Ha chiuso con il passato e que- sto con lui, nel senso che la madre e i dieci fratelli non lo hanno mai cercato. E proprio dalla madre è stato spinto a bere. «Non mi piace- va – ci dice – bere vino. La prima volta mi ha promesso diecimila lire se ne avessi bevuto un bicchiere. Dopo è stata la fine». Alcol, sigaret- te, droga li ha avuti per compagni di vita. «Con i pochi soldi in tasca, preferivo il vino al pane. Sono stato ricoverato in psichiatria». Franco Pullara continua a pag 4 «Ho fatto una vita da cani» LA STORIA di Salvatore Restivo foto 8x1000.it Riapre il Museo della Cattedrale Giovedì 7 maggio, è stato riaperto al pubblico il Museo della Cattedrale di Agrigento. pagina 3
Transcript
Page 1: L'Amico del Popolo

N. 17 del 10 Maggio 2009Esce il Venerdì - Euro 1,00

Anno 54

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

6

Giovaninfesta...alla fine

della festa

Rifiuti: sciopero degli addetti alla raccolta

2di Marilisa Della Monica

Il Papa in Terra Santa

44

Sciacca: slitta l’apertura del Golf

Resort

di Filippo Cardinale di Franco Pullara di Daniela Montana

Vita ecclesialesocietà’ProVinciacitta’Latitanza politica

“I politici snobbano D’Orsi”, così ha titolato il quotidia-no “La Sicilia” il giorno dopo la mancata riunione che, il Presidente della Provincia regionale di Agrigento aveva indetto, invitando ad un ta-volo parlamentari regionali e nazionali agrigentini, insieme agli esponenti dei sindacati e di Confindustria, per discu-tere le emergenze nel settore dei trasporti. Per il “Giornale di Sicilia” del mancato incon-tro, per l’assenza della quasi totalità della deputazione re-gionale e nazionale, nessuna traccia. Erano presenti solo gli onorevoli Di Mauro, Di Bene-detto, Capodicasa. La riunio-ne è stata aggiornata a lunedì prossimo.

Apprendendo del fatto non mi sono stupito più di tanto perché, è da oltre 40 anni che, la classe politica regionale e nazionale diserta il tavolo con la gente della nostra terra. Il Presidente D’Orsi non è il solo ad essere indignato lo sono, con lui, tutti gli agrigentini con il carico di problemi mai risolti, sempre gli stessi da qua-rant’anni, sempre al centro di programmi e campagne elet-torali, ma mai risolti. Un’in-dignazione, quella della gente, ormai senza più voce e forza di gridare perché, da troppo tempo, gridano, gridano, gri-dano… ma nessuno li ascolta, nessuno, specie chi è preposto a ciò, riesce ad intercettare i loro bisogni.

Lo sa bene nonna Maria, mamma di quattro figli tutti lontani da casa non per scelta ma per necessità, la necessità di vivere in modo dignitoso ed onesto. A 80 anni vive da sola e, a chi va a trovarla a casa, con le lacrime agli occhi, mostra “l’angolo dei ricordi”, una pa-rete tappezzata delle fotografie dei figli e dei nipotini lontani.Lo sa bene nonno Manlio, che vive anche lui da solo, perché non ha più nessuno, nel cen-tro storico di Agrigento, con un pensione di 350 euro al mese. Essere anziani ad Agrigento è difficile, lo è ancora di più nel nostro centro storico non a mi-sura dei suoi bisogni; però lui lì abita, non ha la possibilità di avere un’altra casa.

Lo sanno bene Vincenzo e Sara, ma l’elenco è lunghissi-mo, che a 30 anni non hanno un lavoro e dipendono in tut-to dai genitori. Lo sanno bene Carmelo e Gabriele che hanno bussato a mille porte e mille volte hanno avuto solo come risposta una porta sbattuta in faccia.

Carmelo Petronecontinua a pag.2

Quando i panni sporchi si lavavano in casa

societÁ� Pubblico e privato

C’era una volta un Paese dove la televisione era educativa ed i politici non diventavano tali solo perché avevano fatto tv o perché erano avvenenti. C’era una volta un’Italia edificata sui valori e sui sani principi, specchio di una società fondata sulla famiglia e sul lavoro. C’era. E tutto questo solo un paio di decenni fa. Poi di colpo tutto è cambiato. Di col-po qualcuno ha fatto zapping e ci ha sintonizzato su dei canali nuovi regalandoci una visione più moderna del mondo. Un mondo dove è più bello e gratifi-cante fare la velina piuttosto che il medico o la poliziotta; dove se vuoi innamorarti devi andare in una trasmissione altrimenti non troverai mai dei corteggia-tori; dove l’intelligenza si misu-ra sulle risposte date ai quiz del preserale. Capita così, in questa Italia “così al passo coi tempi”, che sia normale lavare “i panni sporchi” in piazza, senza pro-vare un benché minimo pudore nel raccontare il proprio vissuto familiare. Basta aprire i quoti-diani di questi giorni o vedere i telegiornali, per sapere tutto ed

in tempo reale, su una vicenda privatissima quale quella della crisi matrimoniale Berlusconi-Lario. Come spettatori di una nuova soap, tutta nostrana, ci ritroviamo ad assistere ad una battaglia familiare fatta a colpi di interviste e di foto e di dichiarazio-ni in esclusiva. Come figli di questo tempo, spiamo le mosse dei protagonisti, apriamo forum di discussione e ci schieriamo per l’una e per l’altra. Tutto que-sto, invece, dovrebbe più che travolgerci e prenderci, farci riflette-re. Avvenimenti come questi dovrebbero esse-re discussi nell’intimità della sfera domestica e non avere spettatori e tifo da stadio. Esperien-ze così dolorose, come può essere la fine di un amore e lo sgretolarsi di una stabilità familia-re, dovrebbero essere vissute con un certo riserbo soprattutto per

il bene dei figli. Ed invece, tutti ne parlano, persino la stampa estera, inserisce la notizia nella prima pagina.

Anna Chiara Della Monicacontinua a pag 2

Mancano i preti, i paesi dell’agrigentino cambiano aspetto demografico e la

suddivisione parrocchiale non corrisponde più alle relazioni e alla mobilità che si sono create all’interno del territorio. Si torna a parlare di Unità Pastorali (UP). Si tratta di raccogliere le sfide indicate precedentemente non solo come fatti negativi, ma come un’op-portunità di crescita della partecipazione e corresponsabilità dei laici e di tutto il popolo di Dio. Ridisegnare il territorio ecclesiasti-co è opera che ha a che fare con il profon-do mutamento culturale in atto nell’intera provincia. Ridisegnare un volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia ha a che fare con una Chiesa che è popolo in “comunione con Dio e fra di loro”. Perciò il modo in cui la Chiesa risponde non è indif-ferente: dice cosa essa percepisce di sé e della sua presenza in Agrigento. Il senso di appar-tenenza alla Chiesa e il senso religioso della vita, già messi fortemente in discussione dal-le scelte pratiche di tutti i giorni della nostra gente, potrebbero ingenerare una “psicologia

di non futuro”. Chiudere una parrocchia o anche una semplice “stazione di culto” po-trebbe produrre ulteriore rassegnazione, già fortemente radicata in altri ambiti della vita civile, sociale e politica. Né le UP possono essere risultato di una politica di fatti consu-mati: “morte del prete, giudizio superficiale, inferno per una parrocchia e paradiso per un’altra”. Connesse e in subordine a quanto detto vi sono altre sfide che emergono per la Chiesa dalla vicenda delle UP: la ministeria-lità dei laici e dei diaconi permanenti come figure con specifica identità o copia sbiadita dello stile clericale passato; l’immagine del presbitero come garante della verità o uomo di relazioni di carità a 360 gradi; aiutare i battezzati ad sentirsi, essere e “realizzare” Chiesa in una società dinamica, plurale e “urbana” anche nei contesti modesti dei nostri paesini o Chiesa che da per scontato strutture e stili utili nel passato e ormai su-perati?

Mimmo Zambitocontinua a pag.6

Unità della Pastorale

“Ho fatto una vita da cane. Non avevo di che mangiare e spiavo la gente che buttava la spazzatura nei contenitori. Io e mio cugino si litigava per accaparrarsi la pasta e il pane duro trovato tra i rifiu-ti”. Accade a Favara e non nella poverissima Africa. Siamo nella civilissima Europa. É il 19 marzo, i fedeli, davanti l’antica Chiesa di piazza Cavour, stanno organiz-zandosi in processione, quando l’arciprete, don Mimmo Zambito, ci fa conoscere Salvatore Restivo e lo invita a raccontare la sua vita. A trentasette anni Salvatore, ex alco-lizzato, ex drogato, ex detenuto e, ex emarginato parla di se per salva-re gli altri. Lui ce l’ha fatta a uscire

dal suo inferno e vuole diventare una sorta di spartiacque per chi ancora ci vive. Adesso, frequenta le scuole serali. In un anno si con-tano solo tre giorni di assenza e ci concede l’intervista a condizione di chiuderla prima delle diciotto: deve andare a scuola. Lo attende la licenza di scuola media e poi il diploma di assistente per gli an-ziani.

Ha chiuso con il passato e que-sto con lui, nel senso che la madre e i dieci fratelli non lo hanno mai cercato. E proprio dalla madre è stato spinto a bere. «Non mi piace-va – ci dice – bere vino. La prima volta mi ha promesso diecimila lire se ne avessi bevuto un bicchiere.

Dopo è stata la fine». Alcol, sigaret-te, droga li ha avuti per compagni di vita. «Con i pochi soldi in tasca, preferivo il vino al pane. Sono stato ricoverato in psichiatria».

Franco Pullaracontinua a pag 4

«Ho fatto una vita da cani»la storia di Salvatore Restivo

foto 8x1000.it

riapre il Museo della cattedrale

Giovedì 7 maggio, è stato riaperto al pubblico il Museo della Cattedrale di Agrigento.

pagina 3

Page 2: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo10 Maggio 2009CittàIn Breve rifiuti � Sciopero degli addetti alla raccolta

Niente �di �nuovo... �sotto �il �sole

associzionismo acLi: attivato il Punto famiglia

Le ACLI di Agrigento al fine di aiutare le fa-miglie Agrigentine hanno attivato un punto famiglia con sede in via Dinoloco n°3. L’obiettivo delle Acli non è semplicemente quello di realizzare servizi, ma di favorire nuove forme di aggregazione, affinché le famiglie possano rispondere all’attuale fram-mentazione del tessuto sociale, diventando di-rette protagoniste della costruzione di legami sociali, del proprio benessere e di quello della comunità. É stato istituito, inoltre, ad Agrigento un osservatorio del consumo che avrà funzione di monitoraggio dei consumi e di orientamen-to per le famiglie al fine di provvedere alla tu-tela del loro bilancio, orientare i consumatori nell’acquisto di prodotti che offrano maggiori garanzie di qualità, di sicurezza e di prezzo e sostenere il consumo dei cittadini appartenenti alle categorie sociali bisognose.

san giovanni di dio continua l’inchiesta

La Procura della Re-pubblica di Agrigento ha conferito nuove e più am-pie deleghe alla Guardia di finanza nel contesto dell’inchiesta aperta per accertare come sia sta-

to realizzato l’ospedale San Giovanni di Dio di contrada Consolida. Il Pm Francorsi ed il procuratore Di Natale intendono arricchire il fascicolo con nuovi documenti e testimonian-ze di soggetti indagati o di semplici “persone informate sui fatti”. Nel frattempo si attendono i risultati definitivi della consulenza tecnica ef-fettuata tramite i “carotaggi” effettuati in varie parti dell’edificio.

amministrazione comunaLe Lavori demolizione stabili pericolanti

Sono iniziati, da parte della ditta incaricata dal-l’amministrazione comu-nale di Agrigento, i lavori di demolizione delle parti pericolanti di un immobi-le sito nella nostra città tra le vie Orfane e via Casta-gna nei pressi dell’istituto “Boccone del povero”. L’ intervento fa seguito agli accertamenti eseguiti dall’ufficio tecnico comu-nale ed al conseguente mancato adempimento, da parte dei proprietari, dell’ingiunzione di ese-guire la messa in sicurezza dell’immobile. La de-molizione riguarda tutte le parti pericolanti, con l’esecuzione dello smontaggio a mano dei conci di tufo interessati per evitare danneggiamenti ai muri perimetrali e portanti delle abitazioni adia-centi. Per tutto il periodo dei lavori, per garantire la pubblica e privata incolumità, è stato allestito un sistema provvisorio di transenne.

Niente di nuovo sotto il sole, anzi…

Nella nostra bella città sembra proprio che i problemi, anche quelli più piccoli, debbano ripre-sentarsi ciclicamente e che sia un’impresa titanica riuscire a fare in modo che questi trovino solu-zione.

Se per la carenza dell’acqua c’è il capro espiatorio Girgenti Acque per la questione immondizia che la Gesa Ag2 perché il nuovo vec-chio problema che in questi gior-ni infiamma (solo a parole perché nei fatti l’agrigentino doc aspetta che sia qualcun altro ad agire) la città che soltanto ai tempi di Pin-daro poteva essere appellata “la più bella città dei mortali”, è pro-prio la spazzatura o più in detta-glio la sua mancata raccolta.

Ebbene si, gli operatori addetti al servizio di raccolta hanno deci-so di incrociare le braccia perché di lavorare “a gratis” si sono stan-cati, hanno una famiglia da man-

dare avanti, e non possono atten-dere mesi e mesi prima di ricevere la mensilità spettante.

Il problema è sempre lo stesso, l’Ato non ha i fondi per pagare le imprese che gestiscono la raccol-ta dei rifiuti e queste ultime non hanno più soldi da poter antici-pare e così quelli che ne pagano le conseguenze sono i lavoratori. Il presidente dell’Ato Gesa Ag 2 spiega di aver già predisposto nei confronti delle ditte interessate un mandato di pagamento di un milione di euro, ma questi fondi sembrano non essere sufficienti a riportare alla normalità la situa-zione venutasi a creare, per nor-malizzare il tutto occorrerebbero i soldi del fondo di rotazione della Regione e che i crediti che la Gesa vanta nei confronti della quasi to-talità dei comuni dell’Ato venga incassati.

Comunque gli addetti al ritiro rifiuti non dovrebbero più sciope-rare anche se tra qualche giorno

dovrebbero essere in pagamento le spettan-ze relative al mese di aprile. Quello che fa veramente male in tut-ta questa vicenda è la pessima immagine che abbiamo dato ai turisti che, propizio il ponte del primo maggio, sono stati nostri ospiti e che noi abbiamo accolto nel peggior modo possibile.

Da agrigentina mi sono vergo-gnata quando ho visto i cassonetti della via Duomo (vedi foto) stra-carichi di immondizia ed i turisti, appena usciti dalla Cattedrale, imbattersi in strabordanti casso-netti dai miasmi fetidi. Che bella la nostra vocazione turistica!

E siccome l’erba del vicino è sempre più verde la mia mente è ritornata alla magnifica visio-ne del centro storico di Siracusa, sicuramente tirato a lustro per il G8 ambiente, ma nel quale non

ho visto, con migliaia di turisti in giro, fino a tarda notte, nemmeno un cassonetto, solo cestini e sem-pre prontamente svuotati, ora mi chiedo ma Siracusa, come Taor-mina in che parte della Sicilia si trova? In quella civilizzata?

Che dobbiamo attendere l’arri-vo di un nuovo popolo di conqui-statori per potere diventare anche noi una città civile?

Ma possibile che sia così diffici-le tenere pulita la nostra città?

Marilisa Della Monica

CeNtro �storiCo

Agrigento �città �spersonalizzata

la �settimana di Eugenio Cairone

VERONICA E SILVIOChe sia davvero di sinistra la signora Vero-

nica? Ma la verità è un’altra. La verità è che Silvio Berlusconi l’ha sotto-

valutata, e non è da lui.Che il Presidente stia rischiando molto pro-

prio a causa delle belle fanciulle dal profumo esaltante non sembra un’invenzione.

Intanto, sono pochi quelli che hanno apprez-zato la scelta della signora Lario di comunicare col marito attraverso le agenzie di stampa.

A quanto pare è una sua vecchia abitudine. Le stesse agenzie, hanno diramato la notizia

che forse, a questo punto, ci si aspettava e cioè la richiesta di divorzio.

“E’ una vicenda privata che mi addolora”, ha commentato Berlusconi, ed ha aggiunto che

sarebbe doveroso non parlarne. Ma come fare a non parlarne? Caso mai, non potendo fare a meno di par-

larne, sarebbe il caso di ricordare a chi lo ha dimenticato o neppure lo sa, che la signora Berlusconi è finita sui giornali tempo fa per un sua simpatia nei confronti del filosofo Massi-mo Cacciari, sindaco di Venezia. Come dire che anche lei, che oggi vuole mettere alla go-gna il marito, santa non lo è stata certamente.

Comunque vada a finire, la questione non deve fornire, però, lo spunto per un dibattito parlamentare.

Bisogna avere almeno il buon senso di la-sciare fuori dalla politica una storia che, tutto sommato, merita un rispetto assoluto.

Proprio perché riguarda il privato di un uomo anche se premier.

Ogni città che si rispetti ha una piazza che raccoglie i suoi cittadini negli avvenimenti più importanti e più significativi. Per Agrigento non è così, perché è stata defraudata della sua anima, il Centro Storico.

Se nel passato lontano la piazza della Catte-drale con la via Duomo era il centro ideale del-l’antica Girgenti, oggi non è altro che periferia della periferia.

La bella e spaziosa Cattedrale, che per-correndo la strada di ritorno da Raffadali, di notte, ti fa sognare, apparendoti sospesa tra cielo e terra, è diventata una “Cattedrale nel deserto” per l’abbandono, in cui è stato relega-to il Centro Storico, per l’incuria costante delle amministrazioni succedutesi nel tempo. Quel grande spazio avvolto da soffitti regali e limi-tato da colonne e pilastri, che nel passato, era tutto occupato da folle osannanti di fedeli do-menica per domenica, piange per la solitudine che sperimenta. Qui si svolgevano i grandi av-venimenti agrigentini, qui si respirava l’aria di comunione.

In verità la città antica periodicamente ha

sperimentato i dissesti geologici, ma gli agri-gentini, amanti del sito esposto come una terrazza sul mare, l’hanno fatta sempre risor-gere. Dopo la frana del 1966 è stata decretata la morte di Agrigento antica, la medievale e ri-nascimentale con i suoi palazzi e le sue chiese, creando dei quartieri satelliti anonimi, dispersi in un territorio metropolitano che ha creato dissesto economico nelle casse del comune e abbandono ovunque per i cattivi servizi.

Ma perché questo scempio? La risposta c’è: Questa operazione non è stata fatta per il bene della città, ma per il bene delle tasche di alcuni furbi o furbastri, affiancati da amministratori compiacenti.

Fontanelle, il nome è tutta una rivelazione, è stato costruito in buona parte su terreno frea-tico. Villaseta è stato edificato subito dopo la frana, forse con un progetto preesistente per una città del nord e realizzato qui ad Agri-gento. Infatti una parte delle sue case non co-municano l’una con l’altra, come le celle di un carcere di isolamento.

Monserrato è più vicino a Porto Empedocle

che ad Agrigento. E poi Villaggio Mosè, S. Mi-chele che si sono aggiunti alle antiche borgate di Montaperto e Giardina Gallotti.

Non parliamo dei palazzi isolati e dissemi-nati per ogni dove.

Giustamente la via Duomo, che una volta era il polmone della città, ora è diventata un deserto.

Episodicamente gli agrigentini salgono an-cora la collina, come chi viene a celebrare i matrimoni in Cattedrale, in S. Maria dei Gre-ci e in S. Alfonso, o convocati dall’arcivescovo per celebrazioni comunitarie. Questo affluire sporadicamente crea una certa vivacità pas-seggera con qualche ingorgo.

Per quanto tempo ancora questo salire il colle di S. Gerlando durerà?

Molti agrigentini non conoscono la Catte-drale o la chiesa S. Alfonso.

In questo contesto senza memoria che cosa trasmettiamo ai nostri ragazzi? È necessario recuperare il Centro Storico per restituire la sua anima alla nostra città.

Giuseppe Russo.

Lo sanno bene le tante famiglie, non solo di immigrati, che quotidianamente bussano alle porte delle nostre par-rocchie, e quelli che trovano ristoro presso la Mensa della Solidarietà e della Caritas. Quanta indignazione leggo nei volti di Emanuele che per potere rimanere nella sua terra accanto ai suoi cari, è rassegnato e costretto ad accettare un lavoro in nero a rischio di salute e dignità del quale non avrà la certez-za della stabilità. Lo sanno bene Concetta e Francesca, entrambe laureate e con dei master in tasca, giovani pro-fessioniste che sognano un futuro migliore nella nostra terra, ma a cui una politica miope e clientelare tarpa le ali e i sogni. Lo sanno bene i tanti volti delusi di chi è co-stretto a barattare i suoi diritti come se fossero “concessio-ni di magnanimità” che gli vengono concessi dal potente o dal burocrate di turno. Lo sanno bene mamma Angela e papà Pietro, costretti per la loro piccola Elena ai viaggi della speranza perché qui nella nostra terrà il diritto alla salute è sancito solo sulla carta. Lo sa bene mamma Piera, che piange i suoi due figli, morti sulla ss189 di ritorno da Palermo… Con-tinui, il Presidente, a rinvitare attorno ad un tavolo tutti coloro che hanno responsabilità politiche precise per lo stato delle cose, ma non dimentichi il Presidente e tutti gli attori sociali e politici la delusione della gente, la rabbia delle gente, i bisogni della gente. Tradire ulteriormente le attese sarebbe un’ulteriore sconfitta di una classe politica che si ricorda della popolazione e dei suoi bisogni solo in campagna elettorale dimenticandosene il giorno dopo le elezioni.

Carmelo Petrone

Dalla prima

Il privato si fa pubblico ed il pub-blico, con questa classe politica che ci ritroviamo ed abbiamo eletto, si fa pri-vato. La fine di una vita coniugale di-venta così pretesto e strumento di di-battito per l’opposizione. La destra di contro, sfodera portavoci e si accapar-ra spazi nei tg per affermare che esiste una sottile strumentalizzazione politi-ca per indebolire il loro schieramento. Che dire: questa è pura fanta-politica! Come vada a finire il duello Berlusco-ni- Lario, e su cui auspichiamo scenda presto il silenzio, a noi non deve inte-ressare. Ciò che veramente dovrebbe stare a cuore a tutti noi italiani è che, Berlusconi ed in genere tutti i poli-tici, indipendentemente dallo schie-ramento di appartenenza, prendano coscienza dell’importanza del ruolo, anche sociale, assunto col loro man-dato istituzionale. Creare una società migliore, più vivibile e più sana; co-struire una realtà i cui valori fondanti siano la famiglia, il lavoro, l’onestà, il rispetto, la tolleranza, è questo che vogliamo che la nostra classe politica realizzi. E ciò non potrà mai avvenire se essi stessi non se ne faranno carico anche nella loro realtà personale.

Anna Chiara Della Monica

Latitanza politica Quando i panni sporchi... La Tv cattolica della città

e della provincia di Agrigento

Page 3: L'Amico del Popolo

Cultura �L’Amico del Popolo10 Maggio 2009

Arte e fede��l’istallazione�di�Paul�Fryer�esposta�nella�Cattedrale�di�Gap

appunti L’Archivio di Stato in

via Mazzini ospita la mo-stra docuemntaria e foto-grafica intitolata Viaggia anche tu sul treno della cultura. Visitabile ogni giorno, tranne la dome-nica, dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 18.

Si intitola 25 aprile 1945: dalla dittatura alla democrazia la mostra fo-tografica e documentaria allestita all’istituto tecnico commerciale Foderà. Tra le foto alcuni scatti che ritraggono Benito Musso-lini durante la sua visita al lido balneare di San Leo-ne. Ingresso la mattina dalle 9 alle 13.

Le Fabbriche Chia-ramontane di piazza s. Francesco ad Agrigento ospitano la mostra sul Futurismo, a cura dell’As-sociazione Amici della Pittura Siciliana dell’Ot-tocento. In vetrina 17 opere di altrettanti artisti. Visite ogni giorno, tranne il lunedì, dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 21. Fino al 21 giugno.

Arte ��La�quadreria�storica�e�il�tesoro

Cattedrale: riapre il museo

Foto Tornatore

Paul Fryer artista di fama mondiale, ha rappresentato, attraverso un’installazione scultorea, un Cristo morto volutamente fuori da riscontri storici ed iconografici: non deposto dalla croce, bensì su una se-dia elettrica. L’opera, del 2006, appartiene a François Pinault, proprietario di Palazzo Grassi a Venezia; e le polemiche non sono mancate, anche perché non è stata ospitata in una qualsiasi Mostra d’Arte, bensì addirit-tura nella Cattedrale della Diocesi francese di Gap, il cui Vescovo, Mons. Jean-Michel Di Falco, ha promosso e portato a termine, durante la scorsa Settimana Santa, questa scelta espositiva che ha “choccato” fedeli e visitatori, laici ed ecclesiastici, ricevendo, però, consensi di gran lunga superiori ad alcune critiche, sia dirette che sulla stampa e sul web.

«Quest’opera non lascia indifferenti, ma parlare di polemica è falso»: se Gesù «fosse condannato a morte oggi, lo sarebbe trami-te la sedia elettrica o altri metodi barbari in vigore in molti Paesi», ha dichiarato Mons. Di Falco; e “lo scandalo non è il Cristo se-duto su di una sedia elettrica” ma “la nostra indifferenza di fronte alla croce di Cristo!”.

Una realtà sconfortante ma constatabile in questa tristezza dell’oggi che, quindi, aveva assoluto bisogno di un vero e proprio “scos-sone” al fine di ridare valenza a due riferi-menti (Gesù Cristo, che s’immola come Dio e come Uomo al fine di morire e risorgere per la salvezza del genere umano, e la cro-ce, che di questo supremo “scandalo” – si ricordi San Paolo – diviene non solo crude-le strumento ma segno, monito e memoria imperitura) ai quali ci siamo, purtroppo, “abituati”, per devozionismo “meccanico” e consuetudine di visione del traslato icono-grafico. Ed infatti, commenta uno dei tanti fedeli sul sito della Diocesi di Gap, “oggi entriamo in una chiesa senza neanche guar-dare Cristo sulla croce. Allora dico grazie a Mons. Di Falco per averci svegliati”. Come dargli torto? E come dar torto o, per stare in tema, perché “buttare la croce addosso” ad un Artista fra i più “cult” di oggi ma tut-t’altro che aduso a “performances” triviali e blasfeme, e soprattutto a questo Vescovo che proprio da prestigioso esponente della Chiesa nonché da intellettuale, scrittore e cultore d’Arte, amatissimo in Francia e ri-nomato nel mondo, ha intuito che per riac-

costarci con rinnovata emozione e rinvigo-rita consapevolezza di Fede allo “scandalo della croce” poteva rivelarsi sommamente utile la mediazione di uno “scandalo della sedia elettrica” solo in apparenza grottesco e “disturbante”? Dovrebbero scandalizzare molto di più, le croci deprivate della loro sa-cralità dalle immorali logiche del “business” e riadattate a monili o a robaccia più o meno “artistica” piuttosto che questo Cristo con-dannato alla sedia elettrica che ha almeno il merito di scuoterci dalla nostra indifferenza! La “Pietà” di Fryer continuerà, certamente, a far discutere o, peggio, a far giudicare prima di capire: però riuscirà senz’altro anche a riportare il calore e la Luce di Dio in molte anime intorpidite e spente.

Nuccio Mula

dallo “scandalo della Croce” allo “choc” della sedia elettrica

Paolo e la vita nello SpiritoRiprendiamo il nostro itinerario illuminati dalle lettere

paoline a poche settimane dalla chiusura dell’anno dedi-cato all’apostolo delle genti. Prima della pausa pasquale avevamo introdotto lo scritto ai Romani e avviato qualche riflessione sul tema della giustificazione. Ci soffermiamo, adesso, ad analizzare il capitolo ottavo in cui l’apostolo pre-senta la vita nello Spirito. Dopo aver mostrato che il cristia-no non è più schiavo del peccato essendo stato resto giu-sto dal sacrificio di Cristo (primi quattro capitoli) ed aver disegnato la strada che conduce alla salvezza (dal capitolo quinto fino al capitolo settimo) adesso Paolo illustra il pre-sente del cristiano. Questo è racchiuso dentro la possibilità dello Spirito. Il cristiano si porta dentro – come dna – la nuova identità di essere spirituale. Di cosa si tratta?

Lo Spirito ci esonera dalle fatiche della terra proiettan-doci in una dimensione celestiale, sospesi per aria, senza nessuno sforzo? Paolo, forte anche della tradizione giudai-ca, sposa una visione dinamica dello Spirito.

È la forza di Dio che ci è donata per affrontare la ‘buo-na battaglia della fede’. In questa prospettiva è importante sapere alcune cose che Paolo ci ricorda puntualmente. La prima è che il cristiano – immerso totalmente nel mistero trinitario – è liberato dalla legge del peccato; il peccato non è più una condizione imprescindibile per lui, quasi a non poterne fare a meno. Cristo ci ha liberato da questo pesan-te fardello per cui possiamo camminare seguendo un’altra legge: quella della grazia. Se il passato – di tutti e di ciascu-no – era dipinto dalle tinte fosche del peccato il presente è illuminato dalla luce del Risorto. In questo presente ricco e complesso il cristiano non è lasciato da solo ma è soste-nuto dallo stesso Spirito del Figlio creando continuità fra i figli di donna e Colui che, essendo nato da donna, ci ha resi figli di Dio.

Tutto questo è posto davanti alla libertà del credente. Alla fine è lui a decidere se camminare secondo il peccato o secondo lo Spirito, se assecondare i desideri dell’uomo vecchio o ascoltare attentamente la novità di Dio che è iniziata a germogliare a partire dal giorno del nostro bat-tesimo. Ed è a questo punto che Paolo disegna la nuova antropologia, mostrando le conseguenze delle due scelte: la morte se si vive nel peccato, la pienezza della vita se si accoglie il dono dello Spirito. Ma vivere secondo la carne è un anacronismo, un ritorno al passato, un’assurdità. Sa-rebbe normale, per il credente vivere in modo spirituale, cioè animato dallo Spirito. Sappiamo bene, tuttavia, che se questi contenuti non diventano patrimonio di fede e di intelligenza difficilmente si fanno vita vissuta. E qui, forse, la sfida affascinante della vita spirituale. La contempliamo non come miraggio illusorio, ma come possibilità concre-ta che vive dell’intreccio del dono di Dio e della nostra li-bertà responsabile. Il progetto di una vita spirituale che sa affrontare a piene mani le contraddizioni della terra senza perdere neanche un briciolo della ricchezza del cielo; che è fatica, lotta, strada, sudore, pianto, fallimento, rialzata…ma sempre animati dalla certezza che c’è Dio dentro di noi, c’è lo Spirito, c’è il Figlio.

Una vita spirituale che segna anche la differenza del cri-stiano più che la sua distanza, che sa guardare alla gloria futura mentre in tanti si sentono schiacciati dalle sofferen-ze del tempo presente. Ritengo che anche questo tassello nel grande mosaico paolino sia estremamente importante per rivedere alcune delle nostre categorie teologiche. An-che nella prospettiva ecclesiale dell’anno dell’ascolto credo, affascini tutti l’idea di una Chiesa più spirituale, più anima-ta dallo Spirito. A volte ci lasciamo prendere semplicemen-te dalle logiche del mondo identificando il nostro essere Chiesa con qualche attività più o meno riuscita, con qual-che struttura o con qualche successo di numeri. Seguendo la prospettiva paolina dovremmo, invece, lasciarci affasci-nare dal vento dello Spirito, dalla sua freschezza e dalla sua forza per andare oltre l’ovvio, per seminare il profumo di Dio, per inseguire le tracce di eternità nascoste fra le buche dei nostri asfalti. Chiesa animata dallo Spirito che sa canta-re l’alleluia perché celebra il Risorto, lo attende nella gioia e, nel frattempo si adopera perché a tutti arrivi la Sua luce.

Un anno con Paoloa cura di Baldo Reina

Il progetto di riapertura del Mu-seo della Cattedrale di Agrigen-

to, curato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Agrigento, con la direzione scien-tifica di Gabriella Costantino, finanziato dall’Assessorato Re-gionale ai Beni Culturali e reso possibile grazie alla disponibilità di S.E. L’Arcivescovo Mons. Fran-cesco Montenegro e del Capitolo Metropolitano della Cattedrale, si pone come un importante mo-mento culturale e scientifico di cui da tempo si attendeva una concre-ta realizzazione. A distanza di più di quarant’anni dalla chiusura del Museo Diocesano, sito nella piaz-

za Don Minzoni nell’edificio pro-gettato dall’architetto museografo Franco Minissi, che ospitava il Te-soro della Cattedrale, oggi questo Museo ricostruisce in parte quella dimensione museale, accanto alla quadreria storica, unendo così le due anime del collezionismo ve-scovile agrigentino, rivolto da una parte ai paramenti sacri e alle sup-pellettili liturgiche, e, dall’altra, ai dipinti di storie sacre, che col tem-po andarono a costituire una nu-trita quanto prestigiosa quadreria.

Questa comprende dipinti ri-feribili ai secoli fra la fine del XVI e il XIX a testimoniare un lungo periodo di vivacità culturale age-volato anche in Sicilia dal fenome-no del collezionismo, cui pure le istituzioni ecclesiastiche diedero incremento. Dal tardo manieri-smo al naturalismo e classicismo barocco alle grazie rococò fino al ritorno al classico, si compie l’iti-nerario espositivo, aperto da due opere emblematiche della salda-tura fra arti visive e diffusione del messaggio religioso che caratteriz-zò gli anni fra la fine del Cinque e i primi del Seicento, investiti dalla Riforma cattolica. Guido Reni è senz’altro il maestro le cui ope-re compaiono in considerevole numero. Ai suoi modelli è da ri-condurre la celebre Madonna col Bambino dormiente (vedi foto), la cui fama è testimoniata dalle nu-merose copie ottocentesche che di frequente è dato incontrare in Sicilia. A far risaltare l’importanza del dipinto concorre la preziosa e monumentale cornice lignea la-stronata in tartaruga e intarsiata con motivi floreali in madreperla che, con identiche caratteristiche, completa anche il dipinto raffigu-rante Cristo Bambino dormiente sulla Croce. Oltre a vari dipinti di Nunzio Magro, epigono del No-velli, vi sono due dipinti raffigu-ranti San Giovanni Evangelista e San Paolo, opere di Giuseppe Vin-ci, pittore che si firma “Eques Vin-ci”, datando 1763 la serie completa di quattro tele da cui provengono le due esposte.

La pittura palermitana del Set-tecento è dominata da Vito D’An-na (1718 – 1769).Ai suoi modi, peraltro diffusi da nutrita schiera di imitatori, si rifanno L’Angelo cu-stode e il San Francesco di Paola, pur riferibili ad autori diversi, ma

entrambi attenti alla re s t i tu-zione pla-stica delle forme e a un lumi-nismo dai contrasti netti che definisce i volumi, così come r i s a l t a sulla spal-la dell’An-gelo del p r i m o dei due dipinti nonché sulle mani possenti che stringono il bastone dell’altro, che inoltre presenta un differente e più corposo impasto materico.

L’Ottocento è dominato ad Agrigento dalla vivace figura di Raffaello Politi ( 1783 – 1870) che nella sua lunga vita e sui diversi fronti di cultore dell’antico, pole-mista, letterato, incisore e pittore, diede forza alla svolta in senso classico e neoclassico della cultura locale. Ancora a modelli reniani, ma interpretati con gusto neo-classico, è riferibile la tela con La Madonna col Bambino, mentre nel Adamo ed Eva piangono Abele morto. Il Tesoro, invece, intrinse-camente legato alle vicende della Cattedrale stessa, annovera capo-lavori di arte decorativa siciliana, quali paramenti sacri (pianete, piviali, borse, stole), manufatti di oreficeria e argenteria (paliotti, re-liquiari, croci, pastorali, ostensori, pissidi, calici) e altre suppellettili d’uso liturgico. Tra i capolavori dell’oreficeria medievale, donati probabilmente dal vescovo Fran-cesco Maria Rhini (1676-1696), spiccano i due esemplari analoghi di Casse reliquiarie a transetto, di manifatture limosine del XIII secolo, recanti una le reliquie del Beato Matteo, e l’altra quelle dei santi martiri Epifanio e Urbano, realizzate con la tecnica di decora-zione a smalto champlevé, giocate sul contrasto oro-azzurro con l’ap-plicazione di elementi a rilievo fusi a parte e poi saldati alle lamine di rame. Alla cultura tardomanierista appartiene il Bastone pastorale in avorio del XVI secolo, donato alla fine del Seicento dal Vicerè di Sici-

lia Comes de Olivares al vescovo Rhini, opera minuziosa di Stefa-no Rizzo, interamente istoriato con scene veterotestamentarie e con l’agiografia di alcuni santi. Ricca anche la presenza di calici, quasi tutti usciti dal Consolato degli Argentieri di Palermo del XVII e XVIII secolo, tra cui si distingue il Calice dell’argentiere palermitano Pietro Guriale del 1674. L’interesse per i materiali preziosi nella cultura barocca è testimoniato da alcuni paramenti sacri di manifatture siciliane, di cui la più antica è la Pianeta con motivi floreali stilizzati sul taffe-tas bianco laminato e ricamata in oro e minuscoli grani di corallo, della prima metà del XVII secolo. Per quanto concerne il Settecen-to, è da segnalare il Reliquiario della Vergine, datato 1711, finis-simo capolavoro di argenteria realizzato dal palermitano Fran-cesco Mancino, caratterizzato da un gusto classicheggiante che recupera il naturalismo barocco, come dimostra il ricco e frasta-gliato motivo fitomorfico, che riproduce un albero stilizzato al-ludente al simbolismo dell’albero della vita, caratterizzato in basso da un Angelo alato che sostie-ne un vaso, e in alto, da una fine statuetta in ambra raffigurante la Vergine.

La riapertura di questo museo, ricomponendo in un percorso esaustivo buona parte della storia collezionistica della Cattedrale di Agrigento, si pone come veicolo di fruizione e di valorizzazione storica di questo prestigioso pa-trimonio artistico.

Gabriella Costantino

Page 4: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo10 Maggio 2009Provincia

Come era prevedibile, conside-rata la mole di lavoro ancora

da completare e le immancabili lungaggini della burocrazia, l’aper-tura del golf resort del Verdura è slittata al mese di luglio. La com-pagnia inglese di sir Rocco Forte ha modificato il sito ufficiale sul quale da mesi era annunciata l’inaugurazione per il prossimo 29 maggio. Una data, in verità, appar-sa sin dal giorno del suo annuncio ufficiale, lo scorso 13 marzo, avve-nuta a Milano e comunicata urbi et orbi, molto risicata rispetto an-che alle condizioni del tempo che, come si sa, da noi i mesi di marzo e di aprile non sono certamente sinonimo d’estate. I lavori relativi

alla messa in sicurezza della Torre del Verdura sono appena iniziati e il cantiere è in piena attività (vedi foto). Non c’è dubbio che lo slit-tamento dell’apertura è il risultato di una lungaggine nel rilascio delle autorizzazioni, ma anche dell’in-clemenza meteorologica. I tempi della burocrazia, come si sa, non sono quelli di un imprenditore. Forse la filiera burocratica non ha compreso bene, ma questo è un discorso che ha caratterizzato tutta la vicenda del golf resort del Verdura, le grida di allarme che di volta in volta venivano lanciate dal management della compagnia inglese. Molto probabilmente, sul-la decisione di rinviare l’apertura

della struttura golfistica ha pesato anche la questione non risolta dello svincolo sulla Ss 115. Un vero pro-blema che si trascina da oltre un anno senza che vi sia ancora una so-luzione. Il soli-to meccanismo perverso che trova il suo fondamento tra carte che mancano, firme che tardano ad essere apposte sui documenti. La vera sconfitta è del territorio che

tarda a svilupparsi, oltre ai danni di immagine ed economici che un imprenditore leader internazio-nale del turismo di lusso, quale sir Rocco Forte, è costretto a subire.

Filippo Cardinale

Brevi provinciaSlitta l’inaugurazione del Golf ResortSciacca Resort Rocco Forte

porto empedocle recupero del teatro empedocle

Ha preso il via, con i lavo-ri per il rifacimento del tetto dell’edificio, il primo stralcio delle opere per il consoli-damento e il definitivo re-cupero del glorioso Teatro Empedocle, assurto a sim-bolo della rinascita culturale della cittadina marinara. L’iniziativa, attivata dal sindaco Calogero Firetto con la Questura di Agrigento e la Consulta Studentesca Pro-vinciale, si avvale della collaborazione scientifica della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo e di una serie di fondi finanziari messi a disposizione dal Comune di Porto Empedocle, dalla Provincia Regio-nale e dalla Regione Siciliana.

ribera - raffadali il tar rigetta il ricorso dei due comuni

I Comuni non sono legittimati ad entrare nel meri-to della nomina dei commissari, da parte dell’Agenzia Regionale dei Rifiuti e delle Acque, finalizzata a con-sentire la consegna delle condotte e di tutti gli altri im-pianti connessi con il servizio di distribuzione idrica all’utenza. Lo ha stabilito il Tar di Palermo che ha in tal modo respinto il ricorso che era stato proposto dai comuni di Ribera e di Raffadali avverso la nomina dei commissari. I Comuni, in pratica, avendo aderito al-l’Ato idrico, approvandone piani e decisioni, non han-no più diritto di intervento sulla materia. Il 5 giugno, il Cga si pronuncerà, in sede di appello, sul ricorso che i sindaci “ribelli” hanno proposto sul commissaria-mento disposto dall’Arra per la consegna del servizio a Girgenti Acque dopo che quest’ultima aveva vinto la gara d’appalto e dopo che l’Ato idrico non aveva anco-ra provveduto a definire la vicenda. In primo grado il Tar ha dato torto a questi sindaci.

elezioni amministrative cinque comuni al voto

Durante le prossime elezioni europee del 6 e 7 giugno nella nostra provincia saranno cinque i co-muni interessati al rinnovo delle amministrazioni comunali. I cittadini di Caltabellota, Campobello di Licata, Naro, Santa Elisabetta, Sciacca, saranno chiamati a rinnovare i consigli comunali ed i sindaci. Ancora indecisione sui nomi dei candidati anche se già siamo in campagna elettorale stentano a mettersi d’accordo le varie componenti politiche per le varie e possibili coalizioni.

imprenditoria continua l’attivita dello sportello s.i.

Procedono le attività dello sportello di Sviluppo Ita-lia, attivo tutti giorni nei locali di Via Esseneto n.68 ad Agrigento. Tra i servizi erogati i prestiti d’onore, l’im-prenditoria giovanile, l’orientamento al lavoro, aiuti al-l’impresa e all’imprenditoria femminile. Gli interessati ai servizi erogati dallo sportello possono telefonare allo 0922/25369 o agli uffici della provincia per fissare un appuntamento con i referenti di Sviluppo Italia.

Rubrica a cura dell’Avv. Adele Falcetta

L’ANGOLO DEL CONSUMATORE

Ho disdetto un viaggio in Messico, preoccupato per il virus influenzale di cui tanto si parla in questi giorni. L’agenzia viag-gi afferma che non ho diritto ad alcun rimborso. E’ così? (U.M., Agrigento).

Il “Codice del Consumo”, agli articoli 90 e 91, prevede la possibilità che il viaggiatore receda dal contratto stipulato con l’Agenzia viaggi, ma in ipotesi completamente diverse da quella che ci interessa. In breve, si tratta del caso che il prezzo del viaggio aumenti in modo significativo dopo la stipula del contratto, oppure che l’operatore tu-ristico apporti al pacchetto delle modifiche essenziali. Nulla si dice per situazioni come quella che stanno vivendo in questi giorni molte persone, che avevano prenotato viaggi in Messico o negli Stati Uni-ti. Tuttavia, il buon senso ci fa intuire che non è possibile obbligare costoro a recarsi in una zona a rischio, né appare equo far ricadere

su queste persone l’onere del pagamento del prezzo del viaggio. A tal proposito, in un recente comunicato stampa, il Codacons, nota asso-ciazione di difesa dei consumatori, ha dichiarato:”Dopo l’invito della Farnesina a rinviare i viaggi in Messico a causa dell’allarme febbre dei suini, i viaggiatori italiani devono poter disdire i contratti di viaggio senza alcuna penale a loro carico”, aggiungendo che “è palese come vi siano cause di forza maggiore che obbligano i cittadini a recedere dai contratti di viaggio già stipulati”. Potrebbero soccorrere, a tal fine (anche se …non calzano a pennello), le norme del codice civile che prevedono la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenu-ta o per eccessiva onerosità sopravvenuta. Sicuramente la questione avrà una risposta certa in tempi brevi. A tal fine è possibile chiamare il numero verde del Codacons: 800-911911.

Per ulteriori chiarimenti o per informazioni rivolgersi a:Avv. Adele Falcetta, via S. Francesco n. 15 - 92100 Agrigentoe-mail: [email protected] - tel./fax 0922 556222 - Cell. 338 3971821

Preg.mo Sig. Direttore,da anni sono un puntuale ed affezionato letto-re de “L’Amico del Popolo”, del quale ho sempre apprezzato, la tenacia, l’equilibrio e la combattività.Ho letto sul n. 15 del 26 Aprile 2009 di codesto settimanale, l’articolo titolato “Caro Presidente” in cui vengono riportate al-cune mie espressioni virgolettate, le quali però decontestualiz-zate, potrebbero lasciare spazio a equivoche interpretazioni.Desidero innanzitutto premettere che uno degli obiettivi che Amministrazione da me presieduta si è posta sin dal suo in-sediamento è stato quello della razionalizzazione della spesa pubblica: un atto di doveroso rispetto nei confronti di chi non ha lavoro, e quindi necessita di un gesto di solidarietà in più; ed anche per coloro che il lavoro continuano ad averlo, e con i loro contributi alimentano la spesa pubblica, che l’apparato “politico” è chiamata ad amministrare.Quando dico che “si può fare di più” mi riferisco al fatto che le emergenze sociali impongono a ciascuno di noi, privati, as-sociazioni, amministrazioni pubbliche, ecc, di tendere a dare il massimo del proprio impegno: come l’arciere il quale sa che soltanto tendendo al massimo il proprio arco riuscirà a rag-giungere il bersaglio più lontano ed ambizioso.Non credo poi sia un mistero che nella programmazione degli interventi sul territorio, non sempre la politica abbia privile-giato l’interesse generale della collettività a vantaggio di pochi: probabilmente è tempo di riflettere e cercare, se possibile di ri-mediare.Probabilmente meno “polverizzazione” della spesa sul territo-rio consentirà interventi più incisivi in favore di giovani, svan-taggiati, centri di aggregazione, emarginati, parrocchie, ecc.Chi ha avuto modo di frequentare il mio studio, sa che tengo sempre sulla scrivania una copia della Bibbia.Da qualche tempo, purtroppo, non riesco più a dedicarle il tempo che vorrei: ma in ogni mio gesto cerco sempre di ispirar-mi ai suoi contenuti ed ai suoi valori.Ho la consapevolezza che non tentare di fare qualcosa di utile per questa terra sarebbe il più grave dei peccati che un Cristia-no potrebbe commettere: l’ignavia.Valuti, se lo riterrà opportuno, di dedicare un pò di spazio sul Suo giornale anche a questa mia lettera.Mi ricordi nelle Sue preghiere.Con sincera stima e grande affetto.

Eugenio D’OrsiEgregio Presidente,La ringrazio per le parole di stima rivolte al settimana-le che dirigo ed anche per la sua lettera. La sua con-sapevolezza di dover fare qualcosa per questa nostra terra che, molto spesso e da molte parti, non è stata mai aiutata a decollare per, come diceva lei, l’interes-se di pochi sulla collettività, è per noi un barlume di speranza che ci auguriamo riesca a trovare totale rea-lizzazione.

Carmelo Petrone

aleSSandRia della Rocca

concerto pro abruzzoSensibilizzati dalla tragedia del ter-

remoto in Abruzzo, le Associazioni Culturali e Musicali di Alessandria della Rocca si mobilitano per organizzare, domenica 10 maggio, un concerto per raccogliere fondi da inviare alle vittime del terremoto.

L’iniziativa, proposta dall’Associa-zione “Cantores Dei” nella persona del suo presidente, Anna Maria Ligamma-ri, condivisa in pieno dalla Comunità Ecclesiale, si terrà nella Chiesa Madre e vedrà coinvolte, oltre ai “Cantores Dei”, le Associazioni “L. Ingo”, “V. Bellini”, “Esperanto”, “Frau Musika”, e piccoli e grandi artisti della piccola cittadina.

La serata, presentata da Daniela Montana, prevede, oltre alla perfor-mance di questi artisti, l’esibizione della Corale Polifonica “Cantores Dei”, dei Complessi Bandistici “L. Ingo” e “V. Bellini” e dei ragazzi della Scuola di Canto “Bruna Bennardo”.

La musica, principio fondante delle associazioni presenti, sarà il linguaggio

attraverso cui arriverà agli abruzzesi la voce della nostra solidarietà, manife-stazione dell’amore per il prossimo che deve sempre essere il principio fonda-mentale del nostro essere cristiani.

Sonia Costa

I miei non mi volevano a casa e dormivo in piazza Commentatore Giglia, sotto i cartoni e con un materasso di buste di rifiuti. Quando al-l’alba arrivano i netturbini dovevo alzarmi con la stessa fame della sera prima”. Per fare una doc-cia doveva ricoverarsi in psichiatria. Rubava per procurasi droga e alcol. Non poteva procurarsi l’affetto, ché si dona e ti salva. L’affetto arriva e a donarglielo è un’assistente sociale con la voca-zione a fare la sua professione. Si inverte la rot-ta di Salvatore, da circa dieci anni è ospitato in una casa di accoglienza, frequenta la scuola e va a mangiare la pizza con l’arciprete e i suoi nuovi amici. Ha un solo desiderio, quello di diplomar-

si e di “incontrare una brava ragazza e andare via da Favara, dove c’è tanta brutta gente”. E ce n’è davvero tanta se un bambino, prima, un ra-gazzo, dopo, e, infine, un giovane hanno potuto vivere l’esistenza di Salvatore nell’indifferenza delle persone. Quanti come il protagonista della nostra storia, si trovano ancora nel loro inferno? Sono tanti che hanno bisogno di aiuto e di af-fetto. C’è un popolo dentro ad un altro popolo che lo ignora e lo calpesta da secoli. Due mondi separati che non si sono mai incrociati. Noi at-traverso il racconto, in vari episodi, della vita di Salvatore cercheremo di farli incontrare.

Franco Pullara

Continua dalla prima

Azione sociale della chiesa locale per il recu-pero di tanti giovani nei quartieri più degrada-ti. Ben 20 squadre di calcio pienamente coin-volte e circa 200 ragazzi, tra i 14 e i 20 anni, impegnati nel campionato di calcio giovanile amatoriale, il “Torneo di Primavera”, in uno dei quartieri più a rischio-devianze di Ribera. A promuovere l’iniziativa è stata la parrocchia di San Domenico Savio e la chiesa di San France-sco d’Assisi con l’animatore della pastorale gio-vanile Francesco Montalbano e con il parroco don Antonio Nuara, collaborati attivamente da alcuni giovani sportivi locali come Alessandro Manfrè, Antonino Lanza, Pietro Pennica e Mi-chelangelo Miceli che hanno curato l’organiz-zazione.Il torneo è durato circa due mesi, con i quarti di finale e le semifinali svoltesi prima delle festività pasquali.

La gara finale del torneo si svolgerà lunedì 11 maggio, alle ore 21 tra le due squadre fi-naliste: Bronx e Villasabella. I preni saranno assegnati alle prime tre squadre classificate, al miglior portiere, al miglior giocatore e alla squadra rivelazione. “Il torneo si è svolto – ci don Antonio Nuara, parroco della chiesa di San Francesco – in un quartiere a forte rischio dove i giovani sono dediti all’uso dell’al-cool e anche di sostanze stupefacen-ti. Essere riusciti ad avvicinarli alle attività sportive, per impiegare posi-tivamente il loro tempo libero, ci ha procurato il sincero apprezzamento di tante famiglie che hanno visto i

ragazzi impegnati per alcune settima-ne con lo sport che

li ha tenuti lontani

da eventuali devianze giovanili. Continueremo a lavorare in tal senso, con manifestazioni di cultura e di spettacolo”.

Enzo Minio

RibeRa

Recupero sociale con lo Sport

Page 5: L'Amico del Popolo

Società �L’Amico del Popolo10 Maggio 2009

diario multimedi@le«Viva la mamma!»

Caro diario,sarà che mia madre mi morì fra le braccia (come papà: fu per

due volte un dolore disumano ma, al tempo, anche un indicibile privilegio, pur nella crudeltà dell’estremo distacco, essere scelto io dal Signore della Vita e della Morte per accogliere proprio sul mio volto l’ultimo respiro delle due persone che m’avevano donato quel primo respiro con cui venni al mondo) ma ogni anno, quando ri-tornano Festa del Papà e Festa della Mamma, ti lascio immaginare come mi sento, e soprattutto in questa circostanza di maggio (la mamma è sempre la mamma, lo sappiamo tutti, non me ne voglia papà dall’alto dei cieli: ma lì, per fortuna, vedono e capiscono tutto meglio di noi).

Mamma. La prima parola che impariamo (con qualche eccezio-ne, però: vedasi mia figlia Federica che, fregandosene altamente di Manuela, inaugurò l’arte del dire con un sussurrato ma chiaro e limpido “Buba”, dedicato alla nostra dolcissima, microscopica bar-boncina di casa, ormai tornata anche lei a far capricci & capriole dal Padreterno).Mamma. La nostra colonna. Colei che ci tiene per mano anche dopo la morte (e sento ancora la tua mano, Mariù, che mi carezza questo cuore di vetro difendendolo dai cuori di pietra della disumanità). Mamma. Per condurmi, / Madre, sino al Signo-re, / Come una volta mi darai la mano (ricordi il grande Ungaretti?). Mamma. Solo per te la mia canzone vola. La mia canzone più bel-la sei tu. Son tutte belle le mamme del mondo. Mamma. Mamma Buona, Mamma Sorella, Mamma Festa, Mamma Consolazione, Mamma Tutto. Mamma. Immagine della Madonna, Supremo Amore e Supremo Dolore. Mamma. Mamma di tutti i figli. Mam-ma mia (Quando mi lasciasti, Mariù, Ti dedicai un libro di poesie, ed in una scrissi: “Da quando non ci sei / Appartengo al mondo / Sono figlio / Di tutte le madri”). Mamma. Viva la Mamma. Basta, e scusa le lacrime, caro diario. Anche perché in una Festa così bella dobbiamo tirarci su, e l’argomento “Mamma” non prevede solo ri-cordi e rimpianti.

E siccome voglio consolare anche mia figlia, che mentre scrivo mi viene dietro con la commozione assieme a sua madre, concludo con un po’ di buonumore in tema. Poiché sono sicuro che tutte le mamme che mi leggono apprezzeranno senz’altro, al di là di ogni prevedibile parola di circostanza, dei fiori che appassiscono dopo neanche un giorno e dei cioccolatini che vengono fatti fuori subito conto terzi, cioè soprattutto da mariti & figli, questo “identikit” che Federica ha appeso, anni fa, in cucina.

“La mamma è quella che ti insegna a rispettare il lavoro degli al-tri: - Se dovete ammazzarvi, fatelo fuori di qui, che ho appena puli-to! La mamma è quella che ti insegna la religione: - Prega Dio che il caffè non ti sia caduto sul tappeto! La mamma è quella che ti inse-gna a rispettare le tempistiche di lavoro: - Se non pulisci la tua ca-mera entro domenica, ti faccio pulire l’intera casa per un mese! La mamma è quella che ti insegna la logica filosofica ed i fondamenti della democrazia: - Perché lo dico io, ecco perché! La mamma è quella che ti insegna ad essere previdente: - Assicurati di avere le mutande pulite, non sia mai fai un incidente e ti devono visitare! La mamma è quella che ti insegna l’ironia: - Prova a ridere e ti faccio piangere io! La mamma è quella che ti insegna la tecnica dell’osmo-si: - Chiudi la bocca e mangia! La mamma è quella che ti insegna l’arte del contorsionismo: - Guarda che sei sporco dietro, sul collo! La mamma è quella che ti insegna la resistenza: - Non ti alzi finché non hai finito quello che hai nel piatto! La mamma è quella che ti insegna il ciclo della Natura: - Comu ti fici, ti sfazzu! La mamma è quella che ti insegna le metodologie di comportamento: - Smettila di comportarti come tuo padre! La mamma è quella che ti insegna cos’è l’invidia: - Ci sono milioni di poveri bambini che non hanno genitori meravigliosi come noi! “.

Auguri a tutte, care Mamme!Nuccio Mula

In Turchia con L’Amico del PopoloSulle orme dell’Apostolo Paolo - dal 22 al 29 Luglio

1°giorno Ag-CT - Tarso - Adana Riunione dei partecipanti ad Agrigento. Trasferimento in bus riservato in aero-porto a Catania Formalità d’imbarco e partenza per Adana, con volo diretto. Arrivo, incontro con la guida e inizio della visita di Tarso, città i natale di Pao-lo della cui casa rimane un pozzo roma-no identificato come “pozzo di S. Paolo” nel quartiere ebraico. Sosta all’Arco det-to di Cleopatra e visita alla chiesa di S. Paolo, oggi museo, ma aperta al culto cattolico. Rientro ad Adana in albergo. Sistemazione, cena e pernottamento2° giorno Adana – Cappadocia Dopo la prima colazione partenza per la Cappadocia. Arrivo per il pranzo in ristorante. Visita alla città sotterranea di Kaymakli, e villaggi ecc. Sistemazione in

albergo. Cena e pernottamento in hotel .3° giorno Cappadocia Pensione completa. Giornata dedicata alla visita di questa regione posta sull’altopiano Anatolico, uno dei luoghi più affascinanti del Paese, paesaggio lunare, abitazioni troglodite, chiese rupestri ricche di opere d’arte bizanti-

na, dove fiorì la spiritualità dei Padri Cappadoci. Visita alla Valle di Goreme con il suo Museo all’aperto e so-sta nei punti maggiormente panoramici. Sosta a Zelve e ai villaggi di Avcilar ed Uchisar.4° giorno Cappadocia – Konya – Pamukkale Colazione e partenza per una lunga tappa di trasferi-mento con pranzo lungo strada. Sosta a Konya per la visita del mausoleo di Mevlana, figura della spiritualità musulmana e sosta alla chiesa di San Paolo, che ricor-da le visite e le predicazioni alla comunità di Ikonio. Proseguimento per Pamukkale. Arrivo in albergo cena e pernottamento.5° giorno Pamukkale – Efeso – Kusadasi Prima colazione e mattinata presto visita alle “casca-te pietrificate” ed alle imponenti rovine di Hierapolis con i resti della chiesa che ricorda il martirio di San Filippo. Proseguimento per Efeso, alla cui comunità Paolo si indirizzò con toni vivaci. Visita ai monumenti dell’antica città romana tra cui la biblioteca di Celso, il

teatro, il tempio di Adriano, la basilica dell’omonimo Concilio che proclamò la divina maternità di Maria. Visita alla basilica di S.Giovanni e salita alla collina de-gli Usignoli dove si trova il santuario della “Casa della Madonna”. Pranzo in ristorante. Cena e pernottamen-to in hotel. 6° giorno: Kusadasi – Pergamo - Balıkesir - Istanbul Dopo la prima colazione partenza per Istanbul via Bergama, l’antica città di Pergamo, visita agli scavi del-l’acropoli e la città di Esculapio. Proseguimento per il traghetto per attraversare il mar di Marmara, pranzo lungo il percorso. Arrivo ad Istanbul, sistemazione nelle camere, cena e pernottamento in hotel.7° giorno: Istanbul Pensione completa. Giornata dedicata alla visita della città posta in posizione dominante sul Corno d’Oro ed il Bosforo, punto di incontro tra Asia ed Europa. Dell̀ antica Costantinopoli si visita S. Sofia, l’Ippodro-mo, la chiesa bizantina di S.Salvatore in Chora con preziosi mosaici. Nel pomeriggio visita alla Moschea Blu, e al Gran Bazaar. 8° giorno: Istanbul – CataniaColazione in hotel e trasferimento all’aeroporto di Istanbul. Disbrigo delle formalità d’imbarco e parten-za del volo speciale per il rientro Catania. Arrivo e fine dei ns. servizi.

Quota di partecipazione eur 1.220,00La quota comprende: trasferimenti in bus riservato da Ag in aeroporto e viceversa. Trasporto aereo con voli ITC Catania/Adana e Istanbul/Catania; Sistema-zione hotel 4 stelle durante il tour; Trattamento di pensione completa dalla cena del primo giorno fino la prima colazione delll’ultimo; Guida/accompagnatore parlante italiano per tutto il tour; Pullman per tutto il tour; Ingressi musei come da programma; Assicura-zione medico no-stop e bagaglio; Set da viaggio;.facoltativo: assicurazione contro le pen di annulla-mento eur 20.La quota non comprende: Bevande ai pasti, i facchi-naggi ed eventuali extra personali, Tutto ciò che non è specificato sotto la voce “la quota comprende”N.B.Il tour potrebbe svolgersi anche in senso inverso.

Prenotazioni con acconto di eur 300,00 pp entro il 20 maggio

Per informazioni e prenotazioni chiamare l’Agenzia Travel Gate

tel 0922/[email protected]

“Testimoniare la verità del Vangelo, e cioè che la storia di Gesù di Nazareth non è un mito da demitizzare, o un messaggio in codice da decifrare, ma un evento da riconoscere, quello dell’ingresso dell’Eterno Verbo nella storia degli uomini, quindi del suo essersi fatto carne, essere nato, vissuto, sofferto e risorto, nel tempo e nello spazio. Non potendo ritornare indietro nel tempo, possiamo però viaggiare indietro nello spa-zio, e dire hic, qui, nel celebrare i misteri nei rispettivi santuari”. È questo per padre David M.Jaeger, tra i massimi esperti delle relazioni tra Santa Sede e Israele, il signifi-cato autentico del prossimo viaggio in Ter-ra Santa di Benedetto XVI (8-15 maggio). “Il Papa – spiega Jaeger – va sempre in Ter-ra Santa per confermare questa confessio-ne della verità della Buona Novella. Poi ci sono le circostanze contingenti che variano da un pellegrinaggio pontificio ad un altro”.

Nel programma di questa visita c’è qualcosa che ha il sapore della novità ri-spetto alle precedenti di Paolo VI e Gio-vanni Paolo II?

“Ci sono variazioni nel programma ma non attribuirei un particolare significato ad essi, perché necessariamente non è pos-sibile prolungare il soggiorno del Sommo Pontefice in Terra Santa per tutto il pe-riodo che sarebbe necessario per visitare ogni volta tutto ed incontrare tutti. Così vedrei i programmi come reciprocamente complementari piuttosto che diversi. Pur sempre in quest’ottica, può apparire ancor p i ù accentuata di prima l’at-

tenzione agli incontri ad extra, con i cristiani separati, ma anche e

con i ministri delle r e l i g i o n i

ebraica e musul-mana. C’era-no anche prima ma questa volta risultano ulterior-mente evidenziati, tutto in linea con l’intenzione espressa dal Papa nel suo primo annuncio del viaggio di essere testimone di pace in questa regione lacerata da conflitti nazio-nali ma anche dal sapore religioso”.

Anche se lo stesso Benedetto XVI ha definito questa visita “un pellegrinag-gio”, è indubbio che questa giunge in un momento difficile, dopo la guerra di Gaza, in una regione difficile. Se esi-ste, allora, una lettura politica di questo viaggio, qual è?

“Non si può costringere il pellegrinaggio del Papa in una camicia di forza, facen-done una lettura che gli è impropria. La «politica» della Chiesa è sempre la stessa: annunciare la buona novella di Gesù Cri-sto il Figlio di Dio. Cambiano le circostan-ze contingenti del mondo, non l’annuncio della Chiesa. È certo che la presenza del Papa e le sue parole hanno una risonanza specifica nel momento particolare che sta vivendo la Terra Santa, dove le attese di pace, alimentate e tenute in vita, comun-que, a partire dal 13 settembre 1993, data del riconoscimento reciproco delle Nazio-ni israeliana e palestinese, sono divenute alquanto incerte. In questo contesto, fatto di delusioni e preoccupazioni gravi, la te-stimonianza del Papa sarebbe più confor-tante che mai, per tutti, credo”.

Sul piano dei rapporti con lo Stato di Israele che prospettive si possono im-maginare per il futuro?

“Tutti nella Chiesa sperano molto che la visita del Santo Padre, che incontrerà anche il capo dello Stato e quello del Go-verno, giovi molto per stimolare all’inseri-mento integrale dei due Trattati già firmati e ratificati nella legislazione israeliana per-ché la Chiesa possa far riferimento ad essi nei contatti di ogni giorno con le pubbli-che autorità, enti ed uffici, e nell’occorren-za, far valere i suoi diritti pattizi anche nei tribunali, come è normale in casi analoghi. Ma che giovi anche a far sì che si arrivi in tempi rapidi a concludere il terzo Trattato, che dovrebbe confermare le tradiziona- li esenzioni fiscali del- la Chiesa e tutelare le sue pro-prietà , s oprat-t u t t o quelle a carattere

sa-

cro. Non meno sarebbe la speranza per-ché la visita del Santo Padre abbia l’effetto di portare all’accelerazione dei tempi per definire gli altri capitoli essenziali del rap-porto Chiesa-Stato in Israele, come previ-sto nell’Accordo fondamentale del 1993. Si tratterebbe innanzitutto della necessità di norme pattizie per le richieste e il rilascio dei permessi di ingresso e di soggiorno per clero e religiosi, un campo in cui negli ulti-mi anni si avverte sempre più la necessità di poter contare su una normativa stabile e soprattutto trasparente, che rispetti ugual-mente il diritto della Chiesa di disporre del proprio personale laddove ne ha bisogno e il diritto dello Stato di controllare il proprio territorio nell’interesse di tutti”.

Il Papa spesso ricorda nei suoi discor-si la Terra Santa ed i suoi cristiani. Una delle preoccupazioni della Santa Sede è proprio la fuga dei cristiani dal Medio Oriente. Su questo punto cosa ci si può realisticamente attendere da questo viaggio?

“Non parlerei di fuga eccetto in un de-terminato momento quando veramente moltissimi cristiani erano in fuga dal peg-gio della crisi irachena. Ma è indubbio che, specialmente da certi luoghi, molti cristiani che hanno la possibilità di farlo emigrano per trovare per le loro famiglie un ambien-te più sicuro e più sereno. Ora il Papa cer-tamente conforterà chi resta, confermando che «vale la pena» tale scelta di continuare ad essere testimoni di Cristo nella sua pa-tria terrena. Ma per fermare la tendenza ad emi- g r a r e , bisogna, a mio av- v i s o , che intervenga la pace, che le condizioni di vita di tutti diven- t i n o t a l i da dare

alle famiglie e ai singoli la fondata spe-ranza di quella

qualità di vita che giustamente tutti si at-

tendono”.

Quanto è importante que-sta visita per i pellegrinaggi?

“Tutti in Terra Santa sperano che il pellegrinaggio del Papa in-

coraggi maggiormente i pellegrini cri-stiani da tutte le parti del mondo. La loro venuta in Terra Santa non è soltanto una risorsa economica per molti cristiani lo-

cali, ma anche e soprattutto un’espres-sione di solidarietà e sostegno mora-

le, davvero insostituibili”. Sir

Messaggero della VeritàIl PaPa In terra santa Intervista con padre Jaeger

Page 6: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo10 Maggio 2009Vita Ecclesiale

“Il Visitatore Apostolico”Dover ricevere, inviato dalla Santa Sede, un Visitatore

Apostolico, perché si renda conto dell’andamento disci-plinare del Seminario, in genere, non fa piacere a nessun Vescovo, a meno che non ci si aspetti solo plauso e appro-vazione.

Prima dell’arrivo del Vescovo Peruzzo, il nostro Semina-rio era stato oggetto di tre severe Visite Apostoliche: 1906 – 1918 – 1928, con esito disastroso e la chiusura alla ter-za visita. Così si spiega il rigore imposto da Peruzzo (1932 – 63), eseguito dal Rettore Jacolino, perché voluto dalla Santa Sede… pena altre ispezioni.

L’elezione a Vescovo di Trapani (1947) di Mons. Jacolino fu, pertanto, vista anche come gratificante approvazione dell’opera risanatrice, oltre che correttiva, portata avan-ti sia dal Vescovo Peruzzo che dal Rettore Jacolino. Ma, allora, come spiegare la nuova inattesa Visita Apostolica dell’arcigno Mons. I. Alcini, nel marzo 1949, appena due anni dopo? Semplice: i delusi, scalpitanti concorrenti, spe-dirono lettere di fuoco alla Santa Sede contro la scelta del Lauricella: quel fuoco era alimentato anche da uomini po-litici. Il Vescovo Peruzzo lo sapeva e, a suo tempo, non si trattenne dall’estromettere dall’Episcopio il già potente suo segretario (ex Passionista secolarizzato), che si riteneva il più “defraudato”, perché il più meritevole e degno di svetta-re ancor più in alto.

La venuta del Visitatore Apostolico, tuttavia, non pareva che preoccupasse più di tanto il Vescovo Peruzzo. La sua personalità e la stima che godeva presso tutto l’Episcopato in Italia e ancor più presso la Santa Sede, erano tali da far sì che si concludesse… con un elogio. Meno sicuro, inve-ce, e certo in imbarazzo, doveva sentirsi il nuovo Rettore. Temeva il malumore di tanti politici sostenitori di “preti più meritevoli” (anche perché più anziani) e soffriva, nella convinzione di aver perduto la loro stima ed amicizia.

Nella vita di un giovane Prete – che si proponga di lavo-rare nella Vigna del Signore per la Sua maggior Gloria ed il bene del Prossimo – queste sono scelte e situazioni che possono risultare angoscianti e segnare l’intera esistenza. Con sofferenza, infatti, dovette piegarsi alla perentoria vo-lontà del “suo Vescovo” Peruzzo, e seguire il consiglio del “suo Direttore Spirituale” Jacolino.

Ma il vero problema era: non deludere le attese dei Se-minaristi. Questi: sia i “grandi” di Liceo – Teologia, che i “piccoli” del Ginnasio, continuavano a chiedersi se, oltre all’atteggiamento esterno antitetico, tra il “vecchio” ed il “giovane” Rettore, fosse cambiato qualcosa di più… inte-ressante. Certo la giovanile e gioviale presenza del “nuovo”, anche pronto alla battuta confidenziale, e magari all’esplo-siva risata liberatrice, apparivano note solari e danzanti – impensabili da parte del “vecchio” . Si notava anche – con sollievo da parte dei “grandi” – che il “nuovo”, raramente, si vedeva agli angoli dei corridoi o in Cappella ad osservare il loro comportamento. E perché non si faceva vedere? Spes-so non lo si trovava per intere giornate. Questo sì, diso-rientava i ragazzi: “grandi” e “piccoli”. Induceva a riflettere sia i “bravi e buoni”, inclini alla disciplina, che – pur ripe-tendosi dentro: “osserva la Regola, c’è l’Occhio di Dio che ti guarda” – malinconici osservavano: “È chiaro: “il “nuovo” ha altro da fare, c’è altro che lo interessa più del Semina-rio”; sia i meno disciplinati e immaturi (non importa se già in Teologia), facili a lasciarsi vincere da impulsi trasgressivi – appartarsi per fumare una sigaretta, leggere un giornale, bere o mangiare fuori i pasti – convinti di farla franca.

Pericolosa malinconia, quella dei “buoni, bravi e discipli-nati”, che “soffrivano” e si sentivano come impoveriti per la mancata vigilanza e presenza del Rettore, ma non meno, anzi, più pericolosa l’azione trasgressiva, che, da “singola di un singolo, poteva contagiare altri e divenire vizio di mol-ti”.

Sì, era vero. Il nuovo Rettore, costretto dal suo impegno di Assistente di Azione Cattolica, si recava fuori, per riu-nioni varie. Assenza pericolosa. Ben se ne avvidero i due prefetti dei “grandi”, incaricati da lui a svolgere una sorve-glianza più attenta, ma discreta e intelligente. Questi, non si curavano tanto della stima e della fiducia del Rettore, quanto di poter fare leva sul prestigio, rispetto ed autore-volezza, che godevano presso grandi e piccoli. Essendosi accorti, infatti, di alcune marachelle avvenute tra i grandi – che avrebbero potuto “scoraggiare” e indurre a un giro di vite il Superiore – riuscirono a convincere i trasgressori non solo a chiedere scusa, ma a promettere di collabora-re… all’autogestione.

Questa azione persuasiva tra i compagni, portata avan-ti dai due in quegli anni (1947 – 49) – sulla base di valo-ri quali: amicizia, lealtà, fiducia, sincerità, conoscenza e conquista della vera libertà, attraverso studio e preghiera -- doveva produrre i suoi frutti, anche in occasione della Visita Apostolica.

Fu così che il Visitatore non ebbe modo di ascoltare le lamentele dei nostalgici del “vecchio regime”, e neppure si sentì in dovere di redarguire qualcuno per comportamen-to o abitudini “secolaresche”, com’era avvenuto in passato.

Alla vigilia della sua partenza, un’accademia musico – letteraria – filosofica –teologica, in onore del Visitatore, convinse questi, fino alla commozione, dell’ottima forma-zione dei Seminaristi di Agrigento.

Anni verdi in Seminarioa cura di Stefano Pirrera

Alla fine della festagIOVANINFESTA 2009

La ragazze hanno calzoni a vita bassa e l’ombelico sco-perto. I giovanotti indossano occhialoni firmati e scarpette da ginnastica di marca. Sono uguali a quelli che vediamo tutti i giorni, anche in Romagna. Gli adolescenti del 2009 sono tutti omologati e non potrebbe es-sere altrimenti, visto che sono omologati anche i loro genitori, ben inseriti nell’era della globa-lizzazione.

Ad Agrigento, il primo giorno di maggio, questi stessi giovani, fotocopia dei loro coetanei del nord, hanno riempito la piazza della stazione. Non erano meno di cinquemila, per il 25esimo appuntamento con il “Giova-ninfesta” organizzato dalla Dio-cesi, a due passi dalla stupenda

Valle dei templi, dove nel

1993 Giovanni Paolo II tuonò contro la mafia.

Canti, balletti, letture, medi-tazioni e molta musica leggera con le cover di Claudio Baglio-ni, Renato Zero, Elisa, Marco Carta, Biagio Antonacci e i Ne-gramaro. Si sono scatenati per tutto il pomeriggio e si sono di-vertiti, come è giusto che sia per dei giovani che vanno dai 14 ai 25 anni. Si sono ritrovati attor-no al loro vescovo, don Franco, e ai loro sacerdoti che li hanno portati nel capoluogo da tutta la provincia che conta mezzo milione di abitanti. Con la loro presenza gioiosa hanno dato significato pieno a un giorno di festa, senza sciuparlo. Hanno anche ascoltato, con non poca fatica, alcuni testimoni prove-nienti da esperienze diverse e

un po’ da tutta Italia. Qualcuno ha anche raccolto qualche mes-saggio positivo.

Sono i giovani di oggi, quelli che hanno sempre in mano il cellulare e inviano decine di sms al giorno. Quelli che mettono il loro bel sorriso su Facebook e tengono stretta la ragazza, e, come hanno fatto intere gene-razioni, si baciano e si guardano negli occhi. Hanno nel cuore le domande di tutti: che fare della vita a 18-19 anni? Perché studia-re? L’amore è ancora per sem-pre? Gli amici sono veri?

Nella giornata agrigentina, un messaggio è parso chiaro a tutti quanti: ragazzi, andate contro-corrente. Trasgredite, mi ver-rebbe da dire andando in pre-stito da don Oreste Benzi. Non seguite le mode. Anche il diver-timento c’entra con l’esperienza cristiana, eccome. Gesù Cristo è la pienezza dell’umano, dà senso e compimento al nostro agire. E poi ci si ritrova in compagnia, non si è più soli, si condividono gioie e dolori in un’avventura talmente coinvolgente da essere vissuta tutta d’un fiato, senza ri-sparmiarsi mai.

In questo mio nuovo viaggio in Sicilia,il sud mi ha riservato l’ennesima sorpresa. Ho trovato i giovani che non mi sarei mai aspettato, sintetizzati nel fra-terno abbraccio di una 19enne, universitaria a Palermo, che a fine giornata mi si è avvicinata e, con i goccioloni agli occhi, mi ha chiesto scusa per chi non aveva prestato la dovuta attenzione ai testimoni. Una lezione che vale più delle mie parole.

Francesco Zanotti

giovani sbalorditivi

Anche per quest’anno il tan-to atteso Giovaninfesta è passa-to e ha travolto, con la sua onda di giovani, l’intera città di Agri-gento dalla sua periferia al cen-tro. Alla fine di tutto, quando è tempo di critiche, verifiche e di bilanci certo emergono tutti gli aspetti che una manifestazione del genere porta con sé, aspet-ti positivi e negativi, momenti più o meno coinvolgenti, cose che potevano andare meglio e altre ben riuscite,… ma lascian-do agli addetti ai lavori le ve-rifiche tecniche delle varie fasi della giornata, certi che tutti gli aspetti saranno sottoposti ad una attenta disamina, vorrem-

mo soffermarci su quello che è rimasto tra i ricordi dei ragazzi che, al GIF, hanno partecipato con l’entusiasmo e la vitalità che contraddistingue il mondo gio-vanile (come ho potuto consta-tare leggendo alcuni commenti su facebook ).

Alla fine dei giochi rimane il gioioso ricordo di una piaz-za strabordante di giovani che hanno voglia di vivere, che han-no il desiderio di incontrarsi e di camminare insieme, che non hanno paura di “essere di Cri-sto”; rimane il ricordo dei tanti volti dei volontari, stanchi ma felici, per la grande avventura preparata, attesa, vissuta con la voglia di spendersi e di farlo nella comunione della Chiesa; dell’attenta cura e preparazione della città di Agrigento e delle parrocchie che, nella mattina, hanno accolto i giovani della Diocesi; della paterna e affet-tuosa presenza di don Franco, il nostro Vescovo, che è stato in mezzo a noi e, come uno di noi, si è seduto a terra, ha can-tato, ha ballato e soprattutto ha saputo darci parole di speran-za, che ci fanno credere che «vale la pena di essere della taglia di Dio». Don Franco ci ha preso per mano e ci ha guidato nella riflessione e nella preghiera. Insieme ab-biamo vissuto un momento particolare, ci siamo messi in ascolto e attraverso la Parola, la preghiera, i segni, la musica e la danza abbiamo provato a fare silenzio e a lasciare spa-zio alla voce di Dio.

Certo non dobbiamo na-sconderci dietro un dito, ci sono stati dei momenti che

forse potevano essere preparati in modo diverso e vissuti con più partecipazione, ma questo è parte della normale organiz-zazione di un evento che ogni anno cerca di sperimentare for-mule nuove.

Ogni Giovaninfesta ha solle-vato e solleverà critiche e po-lemiche, ma l’invito è quello di puntare sulle cose positive, una fra tutte che la chiesa agrigenti-na può contare su tanti giovani, come hanno dimostrato i vo-lontari delle parrocchie di Agri-gento, che si sono messi all’ope-ra in questi mesi e che hanno dato il loro meglio in questa esperienza. Ai giovani volon-tari diciamo di continuare ad avere il coraggio di mettersi in gioco, di continuare ad avere la gioia di camminare insieme, di mettere insieme i sogni, perché voi siete e potrete essere, anche in futuro, un talento prezioso per la città di Agrigento. Non lasciate che il Giovaninfesta passi invano, mettetevi all’ope-ra e buon lavoro!

Daniela Montana

L’UP è questione di Unità della Pastorale: un’orientamento organico e pianificato dell’in-tera Diocesi.

Le domande potrebbero proseguire e sono come delle opzioni fondamentali e previe ad ogni discussione sulle UP. Ad esempio: le par-rocchie di integrano per fondarne un’altra o raggrupparle in modo che ciascuna conservi la sua identità? E la comunità dei battezzati, oltre alla richiesta di avere un prete, ha doni e solu-zioni da offrire? E la decisione di raggruppare le parrocchie è opera di ingegneria ecclesiastica ed amministrativa che cala dall’alto (e dai soli presbiteri) o mediante un processo di consenso e maturazione da parte delle comunità interes-sate? Ed infine si costituiscono UP una dopo l’altra o insieme come avvenimento ecclesiale parte di uno stile di vita di Chiesa che si vuole infondere?

In ragione della “visione di Chiesa” - Chiesa partecipativa, dialogale; Chiesa dei battezzati

tutti; Chiesa che si arricchisce del consiglio de-gli uomini di buona volontà; Chiesa che riesce a formare integralmente alla ministerialità sia i preti che i laici – la realizzazione delle UP non sarà solo questione amministrativa e giuridica che dovrà fare il Vescovo, ma frutto dello spiri-to di comunione e a servizio della comunione, a conclusione di un processo partecipativo e dialogale. E senza scherzare sulla necessità che nel processo di creazione delle UP si trasmetta una “immagine di Chiesa” che determini for-temente i processi ecclesiali di rinnovamento, che sono d’ordine spirituale. Saranno soprat-tutto i più deboli ad essere scossi dalle alchimie che realizzeremo. Il rispetto delle persone, della storia religiosa e di valori evangelici trasmessi e che hanno dato loro unità, ci impongono di raccogliere la sfida e di interpretarla come un segno di Dio. Interpretare il segno al modo specifico della Chiesa: che è comunione.

Mimmo Zambito

Continua dalla prima

Di seguito alcuni stralci del messaggio che S.E. mons. Mon-tenegro ha rivolto ai giovani du-rante il momento di preghiera pomeridiano.

Il Vangelo del buon Samari-tano non ci parla solo di altrui-smo ma anche di coraggio.[...]

Per essere come il samarita-no biso-gna es-sere dei temera-ri. L’indi-gnazio-ne faccia parte del v o s t r o equipag-giamen-to. Indi-gnatevi quando

la giustizia è esclusa, quando la menzogna diventa norma di vita, quando il sistema econo-mico sacrifica oltre un miliardo di persone, ed immola, solo per far tornare i conti dei potenti, quaranta milioni di vittime al-l’anno. L’amore quando c’è ed è vero s’indigna. [...] Percorre la strada del samaritano è rifiutare perciò la mediocrità, i compro-messi e il conformismo. É pun-tare sui grandi ideali, avere in orrore l’anonimato, rifiutare il “lo fanno tutti”. [...] É menzogna credere che sia giusto ottenere il proprio vantaggio a danno degli altri; che la propria felicità può costruirsi sull’infelicità del-l’altro; che si possono salvare i propri diritti calpestando quelli dell’altro… La vera forza non ci viene dall’affermazione dei no-stri egoismi, ma dall’amore con cui sappiamo nutrire ogni no-stra scelta. È una straordinaria avventura che non possiamo, però, vivere da soli. Per questo Gesù ha voluto la Chiesa, ci vuole insieme. L’uno con l’altro, l’uno per l’altro. Insieme con gli altri, insieme per gli altri.

I TESTImONI Il racconto del direttore de Il Corriere Cesenate

Page 7: L'Amico del Popolo

Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo10 Maggio 2009

a cura di Gino FaragoneV Domenica di Pasqua

La vite vera per la gioia della vita vera«A te la mia

lode, Signore,

nella grande

assemblea»

la Parola

Dopo l’autorivelazione di Gesù come il “Pastore bello”, oggi la liturgia presenta un’immagine altamente suggestiva del Signo-re come “vite vera” ( Gv 15,1-8 ). Rileviamo subito che la vigna e il suo frutto, il vino, non sono elementi strettamente necessari per vivere: si può vivere infat-ti ricorrendo solo all’acqua, al pane e a qualche altro alimento per sostentarsi, come purtrop-po avviene per tanti uomini nel mondo. Eppure il vino è un ele-mento assai considerevole nella vita, come segno di gioia e di festa. Dopo il diluvio, Noè pian-ta una vigna ad indicare la gioia della vita ( Gen 9,20 ). Il primo segno di Gesù a Cana di Galilea è la trasformazione dell’acqua in vino, per la gioia e la serenità degli sposi e dei partecipanti al

convito nuziale. Alcune religio-ni proibiscono il vino, a motivo del rischio della ubriachezza; la nostra ci invita al buon uso di questa bevanda, godendo e ringraziando insieme il Signore per il dono della vita. E’ proprio molto bello che Gesù si sia mo-strato come “vite vera”, che si of-fre per la gioia e la felicità di tutti gli uomini.

Nel Primo Testamento si ricorre parecchie volte all’alle-goria della vigna per indicare il rapporto tra Dio e il suo popolo. Particolarmente struggente è il cantico che troviamo nel cap. 5 di Isaia, che così inizia: “Canterò per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna”. Dio è paragonato ad un agricoltore che ama la sua terra: possie-de una vigna in un colle fertile,

compie con attenzione, intelli-genza e passione tutto ciò che è necessario per ottenere un buon frutto. E invece ottiene solo uva selvatica. Che tristezza per l’in-namorato deluso! A questo pun-to gli spettatori sono chiamati a pronunciarsi sul comportamen-to della vigna. E il padrone fa conoscere il severo giudizio nei confronti della vigna. Ma atten-zione, perché siamo proprio noi quella vigna ingrata. Il Padrone si aspettava giustizia, ed ecco invece grido dell’oppresso, si aspettava diritto ed ecco invece spargimento di sangue. Anche in Geremia rinveniamo la stessa delusione e lo stesso rimprovero: “Io ti avevo piantata come vite feconda e tutta genuina. Come mai sei diventata una vite aspra, selvatica e bastarda?” (2,21). E’

la storia di Israele, ma anche la nostra, che troviamo di nuovo ripresentata da Gesù nell’immi-nenza della sua passione nella parabola dei vignaioli omicidi ( Mc 12,1-11 ).

«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto». Gesù si identifica chia-ramente con la vite e i tralci sono i discepoli, cioè la Chiesa. Egli è la vite vera, in contrasto con le vigne false, che impon-gono, dominano e spogliano l’uomo da ciò che gli spetta di diritto. Oggi si corre il rischio di essere ubriacati da una cultu-ra che illude l’uomo facendogli inseguire sogni che non riuscirà mai a realizzare. Il vino nuovo

è lo stesso Gesù che i cristiani sono chiamati a portare a tutti gli uomini in attesa di vera vita. Nelle parole di Gesù si fa riferi-mento ad una operazione amara ma assolutamente necessaria. Attraverso l’intervento delicato e faticoso della potatura si può arrivare ad avere la certezza di un buon frutto. Solo chi rimane in Gesù porta molto frutto. Noi, popolo di Dio, siamo chiamati a diffondere il buon vino dell’amo-re, della gioia, dell’amicizia, della solidarietà. Il portar frutto è un impegno che chiama in causa ogni credente e il frutto più bel-lo non è necessariamente quello più appariscente. Sono molti in-fatti quelli che nel nascondimen-to e senza chiasso distribuiscono il pane della vita e il vino della gioia.

Favara �Ricordato don Giuseppe Seggio

a �40 �anni �dall’assassinio

Agenda dell’Arcivescovosabato 9 maggio

10.00 Agrigento Partecipa alla Festa della Polizia12.00 Palazzo Vescovile Conclude l’incontro per il XXV di attività ad Agrigento dell’AMCI

domenica 10 maggio

10.00 Agrigento - Caritas diocesana Partecipa al raduno Scout della zona Concordia18.30 S.Giovanni G. - Cappuccini Incontra la fraternità francescana e celebra la S.Messa

martedì 12 maggio

19.00 Sciacca - Madonna di Fatima Presiede i vespri in occasione della festa della Madonna

mercoledì 13 maggio

12.00 Agrigento - Villa Genuardi Visita docenti e studenti dell’Università17.00 Canicattì - Ospedale Celebra la S.Messa in occasione del 125° di fondazione

mercoledì 13 maggio

16.30 Agrigento - Palazzo Vescovile Partecipa al coord.regionale immigrazione della Caritas

giovedì 14 maggio

18.00 Favara - Parr. San Giuseppe Celebra la S.Messa in occasione del 50° di fondazione della parrocchia

Sono trascorsi tanti anni ma Favara, non ha mai dimenticato il parroco don Seg-

gio, lo ha ricordato con una commemora-zione al castello Chiaramontano, organiz-zata dal sindaco Russello, che ha consegnato una targa di riconoscenza, alla memoria, ai familiari venuti da Ravanusa con il sindaco, Savarino. Tra le testimonianze al castello, particolarmente interessanti quella del par-roco Acquisto, amico e successore del de-funto nel servizio alla parrocchia S. Vito, e quella di Angelo La Russa, sindaco di Favara nel 1969, quando si verificò l’assurdo fatto di sangue. A seguire, una solenne concele-brazione dei Parroci della città nella Chiesa di S. Vito, presieduta da Mons. Giuseppe Di Marco, delegato dall’Arcivescovo don Fran-co, che non ha potuto partecipare per impe-gni pastorali indifferibili.

Alla fine il Sindaco ha scoperto una lapide

collocata all’interno della Chiesa con la scrit-ta: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, pro-duce molto frutto.” (Gv. 12,24) “Dobbiamo amarci! Siamo fatti per il cielo!” (Dall’ultima predica del Venerdì Santo 1969 al Calvario, di P. Seggio). Un’iniziativa lodevole quella di commemorare il parroco don Giuseppe Seggio, figura indimenticabile di sacerdote e di uomo, apostolo dei giovani, vivacemente inserito nel contesto socio-culturale citta-dino, dal cuore amabile e generoso, sempre pronto e disponibile con tutti, morto all’età di 47 anni, dopo 22 anni di servizio al popolo di Favara. Come ha ricordato padre Acqui-sto nella sua testimonianza, «padre Seggio, per tanti versi era un parroco che esercitava il suo ministero pastorale al di fuori ed oltre il clichè ordinario del suo tempo. Esuberante ed estroverso, oltre che in Chiesa era par-roco “della strada”, nel senso dichiarato dai pastoralisti di oggi. Esercitava il suo mini-stero fuori le mura della Chiesa, presente nei circoli, nella sede della ACLI e dei Comitato Civici che, sul finire degli anni ’40 e nella pri-

ma metà degli anni ’50 tanti meriti si sono conquistati nella difesa del prezioso valore della democrazia, dopo il ventennio fascista. Dalla sua scuola sono usciti tanti giovani che si sono bene inseriti nella società, con spirito di servizio, senso di maturità ed equilibrio, tanti giovani impegnati nel campo sociale e politico, che hanno occupato ed alcuni anco-ra occupano posti di rilevante responsabilità. Ancora, come docente di religione apostolo dei giovani, che seguiva anche nei luoghi di ritrovo, come i bar, o nei momenti di svago come allo stadio. Per la strada la sua pre-senza veniva sempre avvertita, se non altro per il timbro forte della sua voce. Uomo di relazione, sempre disponibile con tutti, an-che per venire incontro ai bisogni materiali, recandosi a braccetto di quanti andavano a supplicarlo, dal sindaco o dal maresciallo, condividendo difficoltà e gioie per eventuali traguardi positivi raggiunti. Un prete, dav-vero uomo di Dio, ma anche a servizio degli uomini, sempre dalla parte della gente, tra la gente e per la gente».

D.A.

Festeggiamenti �in �onore �di �Maria

agrigento� B.M.V. di Fatima

“Il 13 maggio apparve Ma-ria…”, così intona un canto che ricorda le apparizioni della Madonna a Fatima ai pasto-relli Lucia de Jesus e Francisco e Jacinta Marto, che avevano all’epoca rispettivamente 10, 9 e 7 anni. Essi abitavano ad Aljustrel, piccola frazione vi-cino a Fatima. Le apparizioni invece avvennero a Cova da Iria sulla strada per Leira nella proprietà dei genitori di Lu-cia. La Madonna si mostrava su un piccolo elce. Lucia ve-deva, sentiva e parlava con la Santissima Vergine, Giacinta poteva solo vederla e sentir-la, mentre Francesco riusciva solo a vederla. Le apparizioni avvennero a più riprese sem-pre intorno a mezzogiorno e a volte accompagnate da segni straordinari.

Nel mese di maggio la par-rocchia B.M.V. di Fatima di Agrigento è in grande fermen-to in vista della celebrazione della prossima ricorrenza. In preparazione, il 13 di ogni mese, come è ormai consuetu-dine, molti fedeli si riuniscono in preghiera ai piedi dell’effige della Madonna. La tradizio-nale processione per le vie del territorio parrocchiale è prevista per domenica 17 con inizio alle ore 16, mentre la S. Messa delle ore 11 dello stes-so giorno sarà presieduta da S.E. Mons. Francesco Monte-

negro. Il nuovo fercolo con il simulacro della Madonna sarà portato a spalla.

Il programma dei festeggia-menti prevede ogni giorno: ore 17.30 Rosario biblico e ore 18 S. Messa.

Dall’11 al 16 maggio, nelle liturgie saranno proposte ri-flessioni sui seguenti temi: - La storia delle apparizioni della Vergine a Fatima. I messaggi degli angeli che precedono le apparizioni della Madonna, Padre Calogero Terrasi; – Lo stupore dell’annuncio è per tutto il popolo, Marika Gatto.; – Lo stupore dell’annuncio è per lodare Dio, Liliana Du-rante; – Dio parla agli uomini con segni umili, Tonino Baio; – L’annuncio partito dal Cielo, attraversa la terra stupefatta e trasformata, unifica tutto ciò che il peccato aveva diviso, Caterina Baio

Salvatore Di Vincenzo

Si è concluso il convegno di Letteratura e Teologia, svolto-si nella Chiesa Madonna del Carmelo, nei giorni 29 e 30 aprile scorso, due giornate di studi, organizzate dalla rivista Oltre il muro, ed alle quali hanno partecipato gli studenti delle scuole della provincia di Agrigento che per la terza volta hanno par-tecipato ad un convegno di letteratura e teologia con degli ela-borati-ricerca sulla figura di San Paolo, in particolare, le Lettere dell’apostolo delle genti (una per ogni scuola).

Totò Arancio

A conclusione della 25ª edizione del Giovaninfe-sta”, il direttore dell’Ufficio di Pastorale Giovanile, don Gerlando Montana Lam-po, ha annunciato, alle migliaia di giovani riuniti in Piazza Marconi, che la 26° edizione del coinvol-gente evento si celebrerà sempre ad Agrigento, ma con tre importanti novità. La prima è che il “Giovaninfesta” sarà l’occasione per riunire ad Agrigento gli Uffici di Pastorale Giovanile dell’intera Regione Ecclesiastica Sicula; la se-conda è che l’evento si svolgerà non più in un solo giorno (il 1° maggio, come di consueto), ma in due giorni, e cioè l’uno e due maggio.

La terza è che il tema scelto per l’anno prossimo è la legalità, e come testimone è stato scelto il giudice Rosario Livatino, figlio di questa terra, credibile testimone del Van-gelo e irreprensibile professionista.

Proprio nel 2010, tra l’altro, ricorrerà il 20° anniversario del sacrificio del “giudice ragaz-zino”. Un altro importante riconoscimento per il “martire della giustizia e, indiretta-mente, della fede” (come lo definì il Papa Giovanni Paolo II in occasione del Viaggio Apostolico ad Agrigento), che con la sua te-stimonianza continua, a 19 anni dalla morte, ad edificare spiritualmente migliaia di giova-ni in tutta la Penisola e non solo.

Quello del 1° maggio è solo l’ultimo rico-noscimento, in termini temporali, attribuito al magistrato Livatino. Già all’inizio di que-st’anno, il 22 gennaio, il quartiere “Reno” del Comune di Bologna, per volontà del Pre-

sidente del Consiglio di quartiere e dei Cittadini ha intitolato la Sala Consi-liare a Rosario Livatino, “al fine di onorarne la memo-ria e creare un momento di riflessione ed approfon-dimento”. Alla manifesta-zione sono intervenuti il Sindaco di Bologna Sergio Cofferati, il Procuratore

aggiunto di Palermo Antonio Ingoia e l’As-sessore comunale Libero Mancuso. Il 15 febbraio, al “Teatro 3” di Palermo, per inizia-tiva de “Association Européenne des Chemi-nots”, d’intesa con il Presidente del Consiglio Provinciale di Palermo, sono stati consegna-ti gli Encomi ai Giudici Popolari della Corte del Primo Maxi Processo alla mafia, con tar-ga dedicata al Giudice Rosario Livatino. Il 21 marzo, a Ferrara, con il patrocinio del Co-mune, della Fondazione Forense e del Con-siglio dell’Ordine degli Avvocati di Ferrara, è stata intitolata un’aula del palazzo di Giu-stizia alla memoria del giovane Livatino. Lo stesso giorno, ad Avola (Siracusa), al Martire della Giustizia è stato intitolato l’Auditorium del I° Istituto Comprensivo “Elio Vittorini”. L’Associazione “Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino” prosegue intanto gli incon-tri di approfondimento mensili sui temi della giustizia e della legalità: il 7 febbraio è stato invitato il regista Salvatore Presti; il 7 marzo Dario Caroniti è intervenuto per presentare il Magistero di Benedetto XVI e il 4 aprile don Baldo Reina ha presentato il tema: “La compagnia del Risorto”.

Giuseppe Livatino

gio�vaninFesta �2010 Scelto il tema della giornata

il �martire �rosario �Livatino

Page 8: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo10 Maggio 2009

,

.


Recommended