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L'Amico del Popolo

Date post: 13-Mar-2016
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edizione del 21 febbraio 2010
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N. 7 del 21 Febbraio 2010 Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net Anno 55 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C ’erano una volta i classici sacrifici, chiamati “fioretti” , quaresimali: non mangiare i dolci, rinunciare ad un giocattolo, accantonare le siga- rette o la piatanza preferita... Piccole rinunce che servivano a mettere da parte qualche soldo per fini benefici ma soprattutto a educare lo spirito. Oggi, che invece questo genere di ascesi spicciola non sembra più di moda. anche se gli esperti la rivalutano. Anche il nostro padre Pirrera nel suo articolo (Sicilianità, vedi pag.3) arriva ad esclamare “c’era una volta la Quaresima” , descrivendoci come negli anni passati veniva vissuto questo tempo forte dell’Anno Liturgico in preparazione alla Pasqua, attraverso l’elemosina, la preghiera e il digiuno, pratiche fondamentali della fede. Ma chiediamoci, i “fioretti” , come un tempo venivano chiamati, sono ormai un’ascesi sor- passata nel terzo millennio? Questa domanda l’ha rivolta una giornalista di Avvenire, Lau- ra Badaracchi, a teologi e religiosi, scrittori e psicoterapeuti (cfr.Avvenire del 14.02.2010) e le risposte, declinate naturalmente in chiave contemporanea, vanno nella direzione di una rivalutazione dell’ascesi e come questa riporti l’uomo a un genuino confronto con se stesso. Rinunce e “mortificazioni” , dunque vanno nella direzione di sfrondare il cuore perchè focalizzi più chiaramente l’essenziale. Sapersi limitare fa bene, indipendentemente dall’essere credente. La Chiesa, in Quaresima, propone questo cam- mino pedagogico, come formazione personale per l’apertura al dono. Come, giustamente, so- stiene il teologo Gennaro Martino, «la natura biblica della rinuncia non è privarsi, ma provarsi in un tempo di deserto per fortificare se stessi e incontrare l’altro». C.P. Continua a pag. 5 Gli abitanti del Rabato scrivono al Prefetto 2 di L.A. 3 I Bambini del Mondo: messaggeri di pace di LdP CULTURA CITTÁ Fondi FAS: la Provincia dovrebbe beneficiarne 4 di Salvatore Pezzino PROVINCIA 7 Ritorno ad Ismani dopo 34 anni di Melchiorre Vutera VITA ECCLESIALE Vincere l’ostentazione Nel Vangelo del giorno delle Ceneri (Mt 6,1-6.16- 18) ritornano alcuni temi e passaggi che costituiscono un invito, quest’anno, a vin- cere l’ostentazione, un male che sembra diffondersi nella nostra società. Il Vangelo ri- corda, infatti, di “praticare la giustizia” come un valore in sé, non strumentale ad alcuni fini da raggiungere. Così pure Matteo richiama il valore dell’elemosina/ca- rità come un gesto che ha in sé la ricompensa, anziché attendere una riconoscenza. Ancora. Matteo applica an- che alla preghiera l’aspetto della riservatezza, non solo nei luoghi e nelle parole, ma anche nei gesti. Infine, l’evangelista parla del digiu- no, della rinuncia come un luogo per recuperare la con- sapevolezza di essere liberi e non di essere lodati. Questi quattro luoghi – la giustizia, il dono, la preghie- ra, il digiuno – sono i luoghi più comuni del vivere nei quali deve emergere uno stile di vita del cristiano, che vin- ce la superbia, l’individua- lismo, lo spettacolarismo. Proprio dalla Quaresima, ricordando che siamo “pol- vere”, viene un invito forte e chiaro a vincere l’ostenta- zione. L’ostentazione emerge tutte le volte che si sposa il formalismo o il narcisismo, nelle relazioni, nelle parole e nei gesti; lo ritroviamo nella politica, quando lo spettaco- lo o l’effetto ha più importan- za rispetto ai problemi, alla verità delle cose; ricompare ogni volta che vince la pre- potenza e l’oppressione; non è distante dai luoghi dell’in- giustizia e dello sfruttamen- to, che si ripetono e si giusti- ficano ogni giorno; cavalca il pregiudizio e la discrimina- zione: cerca dei nemici tra le persone, alimenta lo “stig- ma”; sposa forme “snob” di consumo che si accompagna agli sprechi. Insomma, tutte le volte che si dimenticano il limite,l’alterità, la giustizia nei rapporti con Dio e con l’uomo cresce l’ostentazione, quasi una forma di paura di Dio e dell’altro, la dimen- ticanza del valore delle rela- zioni. Per vincere l’ostentazione occorre anzitutto – è anco- ra il Vangelo a ricordarlo – ritrovare la paternità di Dio, sentirci a casa in mezzo alle persone, costruire la fra- ternità “tra cristiani e non cristiani” (Gaudium et Spes 84). Continua a pag.5 Chi è il Patrono della città e dell’Ar- cidiocesi di Agrigento? Se facessimo in giro questa domanda non so in quanti azzeccherebbero la risposta! Certo è che con il passare degli anni, la devozione a San Gerlando è andata sempre più scen- mando. Probabilmente, il fatto che San Gerlando si sia distinto semplicemente per una fede limpida e coraggiosa, limi- tandosi a riportare la fede cristiana nella nostra terra in un periodo certo non faci- le, non è sufficiente a farcelo sentire come nostro patrono. Nonostante ciò, l’esempio di San Gerlando continua ad essere una luce preziosa alla quale ogni cristiano può guardare nel proprio cammino di fede nella convinzione che, il modo migliore di onorare i santi, è quello di imitarli. Anche quest’anno gli agrigentini festeggeranno il Santo Patrono, momento culmine sarà il Solenne Pontificale di giovedì 25 Febbraio, presieduto dal vescovo di Tunisi. (per il programma vedi pag. 6) L’Arcidiocesi in festa per il Santo Patrono San Gerlando 2010 Richiedi il Cd con la raccolta del 2009 de L’Amico del Popolo Il cd contiene la raccolta 2009 del Settimanale in formato Pdf. Per informazioni chiamare lo 0922/24345 - [email protected] É Quaresima taglia gli sms! CENTRO STORICO Via di fuga: trovata una soluzione C’è l’intesa. Alla fine l’accor- do, sulla tanto discussa “via di fuga” del Centro storico di Agrigento, s’è trovato. Ne ha dato notizia il Prefetto, Umber- to Postiglione, che ha curato il raccordo tra gli Enti prepo- sti, durante una conferenza stampa. LdP - a pag.2 FESTA DEL MANDORLO IN FIORE Domenica l’assegnazione del tempio d’oro Con l’accensione del tripode dell’amicizia, presso il Palacon- gressi di Agrigento, è entrata nel vivo la Festa del Mandorlo in Fiore, che si concluderà Domenica 21 con l’Assegnazione del Tempio d’Oro, davanti il tempio della Concordia.
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Page 1: L'Amico del Popolo

N. 7 del 21 Febbraio 2010Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net

Anno 55

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C’erano una volta i classici sacrifici, chiamati “fioretti”, quaresimali: non mangiare i dolci,

rinunciare ad un giocattolo, accantonare le siga-rette o la piatanza preferita... Piccole rinunce che servivano a mettere da parte qualche soldo per fini benefici ma soprattutto a educare lo spirito.

Oggi, che invece questo genere di ascesi spicciola non sembra più di moda. anche se gli esperti la rivalutano.

Anche il nostro padre Pirrera nel suo articolo (Sicilianità, vedi pag.3) arriva ad esclamare “c’era una volta la Quaresima”, descrivendoci come negli anni passati veniva vissuto questo tempo forte dell’Anno Liturgico in preparazione alla Pasqua, attraverso l’elemosina, la preghiera e il digiuno, pratiche fondamentali della fede.

Ma chiediamoci, i “fioretti”, come un tempo venivano chiamati, sono ormai un’ascesi sor-passata nel terzo millennio? Questa domanda

l’ha rivolta una giornalista di Avvenire, Lau-ra Badaracchi, a teologi e religiosi, scrittori e psicoterapeuti (cfr.Avvenire del 14.02.2010) e le risposte, declinate naturalmente in chiave contemporanea, vanno nella direzione di una rivalutazione dell’ascesi e come questa riporti l’uomo a un genuino confronto con se stesso. Rinunce e “mortificazioni”, dunque vanno nella direzione di sfrondare il cuore perchè focalizzi più chiaramente l’essenziale. Sapersi limitare fa bene, indipendentemente dall’essere credente. La Chiesa, in Quaresima, propone questo cam-mino pedagogico, come formazione personale per l’apertura al dono. Come, giustamente, so-stiene il teologo Gennaro Martino, «la natura biblica della rinuncia non è privarsi, ma provarsi in un tempo di deserto per fortificare se stessi e incontrare l’altro».

C.P. Continua a pag. 5

Gli abitanti del Rabato

scrivono al Prefetto

2di L.A. 3

I Bambini del Mondo:

messaggeri di pace

di LdP

CulturaCittÁ

Fondi FAS: la Provincia dovrebbe

beneficiarne

4di Salvatore Pezzino

ProvinCia

7

Ritorno ad Ismani

dopo 34 anni

di Melchiorre Vutera

vita eCClesialeVincere l’ostentazione

Nel Vangelo del giorno delle Ceneri (Mt 6,1-6.16-18) ritornano alcuni temi e passaggi che costituiscono un invito, quest’anno, a vin-cere l’ostentazione, un male che sembra diffondersi nella nostra società. Il Vangelo ri-corda, infatti, di “praticare la giustizia” come un valore in sé, non strumentale ad alcuni fini da raggiungere. Così pure Matteo richiama il valore dell’elemosina/ca-rità come un gesto che ha in sé la ricompensa, anziché attendere una riconoscenza. Ancora. Matteo applica an-che alla preghiera l’aspetto della riservatezza, non solo nei luoghi e nelle parole, ma anche nei gesti. Infine, l’evangelista parla del digiu-no, della rinuncia come un luogo per recuperare la con-sapevolezza di essere liberi e non di essere lodati.

Questi quattro luoghi – la giustizia, il dono, la preghie-ra, il digiuno – sono i luoghi più comuni del vivere nei quali deve emergere uno stile di vita del cristiano, che vin-ce la superbia, l’individua-lismo, lo spettacolarismo. Proprio dalla Quaresima, ricordando che siamo “pol-vere”, viene un invito forte e chiaro a vincere l’ostenta-zione. L’ostentazione emerge tutte le volte che si sposa il formalismo o il narcisismo, nelle relazioni, nelle parole e nei gesti; lo ritroviamo nella politica, quando lo spettaco-lo o l’effetto ha più importan-za rispetto ai problemi, alla verità delle cose; ricompare ogni volta che vince la pre-potenza e l’oppressione; non è distante dai luoghi dell’in-giustizia e dello sfruttamen-to, che si ripetono e si giusti-ficano ogni giorno; cavalca il pregiudizio e la discrimina-zione: cerca dei nemici tra le persone, alimenta lo “stig-ma”; sposa forme “snob” di consumo che si accompagna agli sprechi. Insomma, tutte le volte che si dimenticano il limite,l’alterità, la giustizia nei rapporti con Dio e con l’uomo cresce l’ostentazione, quasi una forma di paura di Dio e dell’altro, la dimen-ticanza del valore delle rela-zioni.

Per vincere l’ostentazione occorre anzitutto – è anco-ra il Vangelo a ricordarlo – ritrovare la paternità di Dio, sentirci a casa in mezzo alle persone, costruire la fra-ternità “tra cristiani e non cristiani” (Gaudium et Spes 84).

Continua a pag.5

Chi è il Patrono della città e dell’Ar-cidiocesi di Agrigento? Se facessimo in giro questa domanda non so in quanti azzeccherebbero la risposta! Certo è che con il passare degli anni, la devozione a San Gerlando è andata sempre più scen-mando. Probabilmente, il fatto che San Gerlando si sia distinto semplicemente per una fede limpida e coraggiosa, limi-tandosi a riportare la fede cristiana nella nostra terra in un periodo certo non faci-le, non è sufficiente a farcelo sentire come nostro patrono. Nonostante ciò, l’esempio di San Gerlando continua ad essere una luce preziosa alla quale ogni cristiano può guardare nel proprio cammino di fede nella convinzione che, il modo migliore di onorare i santi, è quello di imitarli.

Anche quest’anno gli agrigentini festeggeranno il Santo Patrono, momento culmine sarà il Solenne Pontificale di giovedì 25 Febbraio, presieduto dal vescovo di Tunisi.

(per il programma vedi pag. 6)

L’Arcidiocesi in festa per il Santo Patrono

San Gerlando 2010

Richiedi il Cd con la raccolta del 2009 de L’Amico del Popolo

Il cd contiene la raccolta 2009 del Settimanale in formato Pdf.

Per informazioni chiamare lo 0922/24345 - [email protected]

É Quaresima taglia gli sms!

◆ centro storicoVia di fuga: trovata una soluzione C’è l’intesa. Alla fine l’accor-

do, sulla tanto discussa “via di fuga” del Centro storico di Agrigento, s’è trovato. Ne ha dato notizia il Prefetto, Umber-

to Postiglione, che ha curato il raccordo tra gli Enti prepo-sti, durante una conferenza stampa.

LdP - a pag.2

◆ festa del mandorlo in fioredomenica l’assegnazione del tempio d’oro

Con l’accensione del tripode dell’amicizia, presso il Palacon-gressi di Agrigento, è entrata nel vivo la Festa del Mandorlo in Fiore, che si concluderà Domenica 21 con l’Assegnazione del Tempio d’Oro, davanti il tempio della Concordia.

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� L’Amico del Popolo21 Febbraio 2010CittàIn Breve Centro storiCo Conferenza stampa del Prefetto

“Via di fuga”: trovato l’accordo!

la settimana di Eugenio Cairone

Quando la critica è gratuita

Scrive il presidente della Provincia Eugenio D’Orsi nell’opu-scolo “Informa Sagra 2010”: “Vogliamo impegnarci per fare della Sagra un momento importante della vita della nostra provincia”. Quest’anno, come è noto, la festa è stata messa su in fretta e furia ma tutto procede per il verso sperato.

C’è da mostrarsi, quindi, soddisfatti per essere riusciti a far-cela. Un altro evento collaterale è quello previsto per domeni-ca 21 al Palacongressi. Al posto di Pino Insegno, ci sarà Nino Frassica un personaggio graditissimo al grande pubblico. Ma a proposito di eventi collaterali alla 65ª Sagra del Mandorlo, sarebbe emersa qualche critica al “Concerto dell’Amore” di domenica scorsa al teatro Pirandello. Che le critiche facciano parte del nostro essere agrigentini, mai contenti di nulla, lo sa-pevamo già. Come dire che criticare fa parte del nostro quoti-diano. Spesso, però, si tratta di critiche da bar o, semplicemen-

te da supermercato. Come nel nostro caso. L’ingresso al teatro Pirandello è stato gratuito, la scenografia

magnifica, gli artisti indiscutibili, i presentatori ottimi profes-sionisti e il luogo sicuramente unico.

Cosa non ha funzionato, allora? E cosa avrebbe dovuto offri-re di più l’organizzatore? Certamente, niente di più di quanto ha saputo offrire. Tuttavia, si è cercato di svilire il lavoro fatto con impegno e serietà da colui che proprio domenica sera dal palco del teatro, ha rilanciato un altro messaggio d’amore per la sua città. Francesco Bellomo ha, infatti, proposto al sindaco Marco Zambuto di tramutare lo spettacolo di San Valentino in un evento televisivo da mandare in onda tutti gli anni sulle reti nazionali. Che si debba raccogliere al volo l’idea per rilanciare ulteriormente l’immagine di Agrigento, non ci sono dubbi. Ri-mane, però, da chiedersi se sapremo modificare la triste abitu-dine di “sparare” giudizi sempre e comunque dimostrando di non gradire neppure ciò che ci viene regalato.

Verde pubblico depredata la fontana di bonamorone

Neanche il tempo di pulire e recuperare la fon-tana di Bonamorone che già questa mattina, ignoti, hanno trafugato la rubinetteria nuova che il Comu-ne aveva installato. Lo ha constatato con amarezza l’assessore Passarello che sta seguendo i lavori di risanamento della zona dove sono inoltre previsti lavori in economia per il ripristino delle aiuole tra la fontana e la strada.

centro storico Finanziamenti al comune ed ai privati

La Regione ha deciso di finanziare il progetto “Terravecchia di Girgenti”, elaborato nei mesi scor-si dall’Ufficio tecnico comunale che prevede il re-cupero della zona retrostante il palazzo comunale fino alla via Barone. Si tratta di 11 milioni di euro, dei quali 6 milioni verranno erogati dalla Regione, 1 milione verrà messo a disposizione del comune ed il restante ad alcuni imprenditori privati.

edilizia scolastica a Giardina Gallotti protesta degli alunni

I genitori degli alunni che frequentano la scuola media di Giardina Gallotti dicono “basta”. Dato che, ad oggi, non sarebbero stati effettuati interventi ido-nei per risolvere i problemi segnalati la settimana scorsa, circa delle infiltrazioni di acqua all’interno di una classe e circa la mancanza del riscaldamento, hanno deciso all’unanimità di non mandare i propri figli a scuola, protraendo l’astensione, mancando interventi visibili, fino a mercoledì 17 febbraio per poi valutare altre azioni di protesta.

GirGenti acque la soluzione per depurare le acque

Girgenti Acque ha allo studio un progetto per dare una risposta definitiva al problema della de-purazione nella città di Agrigento. “Pensiamo ad un grande depuratore - dice l’Ad, Giuffrida - nella zona di Villaggio Mosè nel quale far confluire i li-quami delle contrade adiacenti, ma anche di Favara. Dovrebbe essere un impianto di grosse dimensio-ni, in grado di soddisfare una domanda abbastanza elevata, che produrrebbe alla fine acqua buona per usi agricoli. Quello del Villaggio Peruzzo può esse-re utile limitatamente alla sua portata. Insomma se non lo sovraccarichiamo può servire alle zone atti-gue”.

polo uniVersitario comune camera di commercio a Mifsud

Il sindaco di Agrigento, e il presidente della Camera di commercio,hanno inviato al presi-dente del Polo universitario della provincia di Agrigento, una lettera con la quale chiedono “un’urgente convocazione dell’assemblea del Consorzio universitario al fine di affrontare, ol-tre ad eventuali altri argomenti ancora non de-finiti, il delicato tema delle modifiche statutarie.

quartiere rabato Gli abitanti scrivono al Prefetto

Costretti a vivere nel degrado

Ecco il vincitore del Tv color Lcd messo in palio tra i nostri abbonati. La fortunata è la signora Zambuto, nella foto con il figlio, durante la con-segna del premio nella sede della redazione.

Sorteggio Tv Lcd

Pubblichiamo la lettera che gli abitanti del quar-tiere Rabato di Agrigento hanno scritto ed inviato al Prefetto, Umberto Po-stiglione, affinchè al più presto si possa trovare una soluzione al degrado nel quale verso l’intero quar-tiere.

Egregio signor prefettosiamo gli abitanti del

centro storico di Agrigen-to, di via Cobaitari, Via Alletto, santa Croce e via Gravano.

Viviamo in uno stato di forte degra-do tra case diroccate, pericolanti.

Nei giorni scorsi dopo l’ennesimo crollo di una casa sita in via Cobaitari abbiamo chiamato i vigili del fuoco, i quali insieme con la protezione civile, assessori e tecnici del comune sono intervenuti. Abbiamo esposto loro, i problemi che affliggono il quartiere chiedendo di abbattere o di mettere in sicurezza le case disabitate e diroccate fonte di pericolo.

La loro soluzione è stata sempli-cemente di transennare queste case senza togliere il pericolo e mandare lo sfratto alle persone che con tanti sa-crifici si sono già sistemate le case per amore del quartiere essendovi nati e

cresciuti e invecchiati.Noi cittadini siamo stanchi di paga-

re le colpe di un comune che dopo la frana è stato sempre assente e disinte-ressato facendo finta di non vedere e sentire i problemi in cui viviamo.

Fino ad oggi il comune non si è di-mostrato in grado di poter risolvere la situazione attuando un’ordinanza che prevede il divieto di transito sia a pe-doni sia ai veicolo, rendendo impossi-bile l’accesso all’abitazione dei residen-ti.

Ci auguriamo che la risposta alla no-stra richiesta sia la demolizione delle case inagibili, il recupero del quartiere

Gli abitanti del quartiere e il parroco

«A breve bisogna predisporre la via d’usci-ta da questa zona del Centro Storico

che possa garantire la sicurezza dei cittadini sia nelle condizioni ordinarie che in condizioni di possibile difficoltà».

Sono le parole che il Sottosegretario alla Pro-tezione Civile, Guido Bertolaso, nella sua ultima visita ad Agrigento, aveva rivolto al “tavolo tec-nico” composto da Comune, Soprintendenza, Protezione Civile, Genio Civile e Vigili del Fuo-co istituito dal Prefetto, Umberto Postiglione, per trovare una soluzione alla viabilità ordinaria e straordinaria del Centro storico di Agrigento.

Dopo tre mesi e dopo una prima ipotesi di “via di fuga” il buon senso ha prevalso ed i partecipanti al tavolo, pur esprimendo i loro pareri, in relazione alle varie ipotesi per indivi-duare una via di uscita dalla P.zza don Minzo-ni, dopo un ampio ed animato dibattito, hanno trovato l’intesa. Ne ha dato notizia il Prefetto, durante una conferenza stampa tenutasi in Pre-fettura il 17 febbraio, alla presenza del Sindaco di Agrigento, dopo che, il giorno prima, i rap-presentanti del “tavolo tacnico” alla presenza del nuovo dirigente generale del Dipartimento Beni Culturali, Gesualdo Campo, e dei vertici della Protezione Civile Regionale sono arrivati ad un accordo, individuando quale via di fuga il tracciato che attraversa la discesa Seminario per raggiungere via Santa Marta e da qui passa-re per l’ex campetto dei Salesiani costeggiando l’Istituto delle Suore Salesiane per scendere fino in via XXV Aprile.

Viene definitivamente abbandonata l’ipotesi di attraversare il quartiere Santa Croce per rag-giungere la via Garibaldi. All’Ordine degli ine-gneri è stato affidato il compito curare i dettagli anche se, l’adempimento più importante, sarà quello di modificare lo strumento urbanistico che non prevede questa ipotesi.

Questa soluzione, a differenza della prece-dente, non prevede alcun abbattimento di im-mobili ma solo, nella parte iniziale, uno “smus-samento” di due massimo tre abitazioni al fine

di rendere la strada più larga per una migliore fruizione da parte dei veicoli.

Il Sindaco, dal canto suo, ha sot-tolineato come il lavoro nel Centro storico continua sul versante del monitoraggio e degli interventi di consolidamento e demolizione di edifici fatiscenti. Il Primo cittadi-no ha inoltre comunicato l’arrivo ad Agrigento di 11 milioni di euro per la realizzazione di edifici ad edilizia sostenibile nella parte del costone che va da Piano Barone alla Cattedrale. Somme queste che serviranno anche per le opere secondarie e di urbanizzazione.

La “via di fuga” era stata solleci-tata da mons. Montenegro, il 3 marzo del 2009, quando scrisse una prima lettera rivolta alle au-torità competenti per sollecitare un interessa-mento affinchè la zona alta del Centro Storico potesse avere un’adeguata “via di fuga”.

In seguito, a questa lettera, presso la sede del-la Protezione Civile di Agrigento, si tenne una conferenza dei servizi tra gli enti preposti volta alla individuazione di una possibile soluzione. Il tavolo, però, venne bloccato dal “no” della Soprintendente la quale difendeva il Centro medievale della città considerato un unicum da non modificare.

L’8 ottobre 2009, in seguito all’alluvione di Giampilieri, mons. Montenegro scrisse una se-conda lettera rivolta alle autorità preposte nella quale affermava: “mi rifiuterò di celebrare i fu-nerali di tragedie annunciate... ogni cittadini ha diritto alla sicurezza le istituzioni hanno dovere di assicurarla”.Questa volta la lettera fu indiriz-zata anche ai cittadini di Agrigento e ripresa da numerosi media locali e nazionali. Il quotidiano Avvenire dedicò una pagina alla vicenda e Tv7, rotocalco di approfondimento del Tg1 un am-pio servizio.

Qualcosa cominciò a muoversi, iniziarono ad

arrivare le prime reazioni (cfr. Amico n 33) da parte di Rino La Mendola, della Soprintenden-te, del Sindaco. Anche l’on. le Fontana presentò un’interpellanza urgente al Presidente del Con-siglio ed al Ministero dell’Interno.

Il 27 ottobre, il Prefetto di Agrigento assun-se la regia del “tavolo tecnico”, riunendo tutti gli enti preposti al fine di trovare una soluzione, dettatando anche l’agenda, e chiedendo la riso-luzione della questione in tempi brevi. Nel frat-tempo l’ordine degli Ingegneri propone e mette a disposizione del tavolo tecnico 4 possibili so-luzioni al problema

Il 31 ottobre, il Sottosegretario alla Prote-zione Civile, arriva ad Agrigento, incontra in arcivescovado, il tavolo tecnico, «a breve - dice - bisogna predisporre la via d’uscita da questa zona del Centro Storico che possa garantire la sicurezza dei cittadini sia nelle condizioni ordi-narie che in condizioni di possibile difficoltà».

I fatti di Favara, probabilmente, danno un’ac-celerazione ulteriore alla vicenda e finalmente oggi (per chi scrive il 17 febbraio 2010) la “via di fuga” diventa una certezza. Almeno lo spe-riamo.

LdP

Qualcosa si muove!Nel numero 5 del 7 febbraio avevamo segnalato la

pericolosità di alcuni fabbricati che insistono sulla via Duomo.

In particolare avevamo fatto notare come il muro dell’ex Chiesa dell’Itria costituisca un grave e forte pericolo non solo per gli abitanti della via Duomo ma per tutti coloro i quali, per diverse ragioni si tro-vino a transitare in essa.

La nostra segnalazione sembra avere avuto effetto, infatti lo scorso 15 febbraio si è svolto un sopral-luogo a cui hanno preso parte i rappresentanti del Comune di Agrigento, della Protezione Civile, della Soprintendenza, del Genio Civile ed i Vigili del Fuo-co per trovare una soluzione al problema venutosi a creare ed a porre in sicurezza tutti gli stabili che si trovano sul lato nord della via Duomo e che ver-sano in uno stato di degrado ed abbandono, anche a causa di una querelle tra i proprietari e la soprin-tendenza.

La soluzione tampone, ci auguriamo momenta-nea, è stata la collocazione di una transennatura in

legno che non fa dimunire il fat-tore pericolo ma evita il passaggio di veicoli pro-prio al di sotto del muro la cui caduta potrebbe causare seri dan-ni e feriti.

Page 3: L'Amico del Popolo

Cultura �L’Amico del Popolo21 Febbraio 2010

Si è aperta con un forte, preciso e chiaro messaggio di pace la Sagra del mandorlo in Fiore che, vedrà la sua conclusione domenica 21 feb-braio.

Dicevamo un forte messaggio di pace che è stato dato proprio da coloro i quali saranno chiamati a costruirla negli anni che verranno: i bambini. Sono stati infatti loro i protagonisti sabato 13 febbraio ai piedi dei Templi dorici della Pas-seggiata della Pace verso la Frater-nità.

Oltre ai bambini dei gruppi in-ternazionali, provenienti da Bul-garia, Croazia, Polonia, Georgia, Spagna e Serbia, anche quelli pro-venienti dalle scuole della Sicilia, Calabria e Basilicata.

Questi piccoli ambasciatori han-no lanciato il loro messaggio di pace e fratellanza tra i popoli. Dopo aver dato lettura di alcuni articoli della dichiarazione dei diritti del fanciullo è stata consegnata al sin-daco della città dei Templi la “Carta di Agrigento dei diritti e delle tute-le dei bambini del mondo” perchè venga inviata a tutti i governanti del mondo.

Il documento delinea quelli che sono i diritti e le tutele di ogni bam-bino ed il suo invio a tutti i governi vuole essere una spinta affinchè venga inserita nelle legislazioni a difese della fascia più debole della nostra società.

Suggestiva la “Preghiera dei Po-poli per la Pace”. I gruppi si sono

incontrati presso la Chiesa della Provvidenza, dove ogni bambino ha pregato nella propria lingua ed in relazione alla propria religione, invocando tutti insieme la Pace

nel mondo.Suggestiva ,

nella giornata di domenica 14 febbraio, la “Preghiera dei Popoli per la Pace” tenu-tasi presso la chiesa B.M.V. della Divina Provvidenza di Agrigento (vedi foto sot-to) dove ogni bambino ha pregato nella pro-pria lingua e in relazione alla propria religione, invocando tutti insieme la Pace nel mondo.

Nella giornata di martedì, 16 febbraio, prima di passare il te-stimone ai gruppi partecipanti alla 65ª Sagra del Mandorlo in Fiore i rappresentati dei grup-pi folkloristici internazionali

partecipanti alla X edizione del Festi-val internazionale “I Bambini del Mon-do” sono stati rice-vuti presso la sede del Comune dal sindaco e dal presi-dente del Consiglio comunale, (vedi foto in alto) oltre che dal presidente della Ca-

mera di Commercio e dal vice sindaco.

“É questo un momento di festa, di aggregazione e di con-fronto – ha detto il sindaco – ma soprattutto di fratellanza, amicizia e pace tra i popoli. Va-lori che hanno valenza doppia perché portati avanti dai bam-bini che riescono a trasmetterli e comunicarli con grande natu-ralezza e spontaneità. Il segno della pace deve guidare, oggi più che mai, i rapporti tra i po-poli».

«Sono proprio i bambini i migliori messaggeri per diffon-dere i nobili concetti della pace e della fratellanza» ha eviden-ziato il presidente del Consiglio comunale.

LdP

Messaggeri di pace e amoresicilianitÁ sagra del Mandorlo I Bambini del Mondo

c’era una voltala Quaresima

appunti É stata inaugurata

giovedì 18 febbraio presso la Scala Reale della provin-cia regionale di Agrigento la mostra “Dal folklore all’arte. Impressioni sulla Sagra del Mandorlo in Fiore nella pit-tura del Novecento”. Curata dalla Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Agrigento la mostra è una raccolta di opere prodotte da artisti del XX secolo che ha per tema il paesaggio della Valle dei Templi in rapporto con la Sagra del Mandorlo in Fiore.

Si terrà il 19 febbario alle ore 17.00 presso l’Aula consi-liare della Provincia regionale di Agrigento il seminario di Studi “Pace, sicurezza e giu-stizia: il dialogo della cultura del Mediterraneo”. RElazio-neranno Abdel Bari Atwan, Franco Rizzi e Stefano Zur-lo concluderà i lavori Ettore Deodato.

Riprendono presso la Sala Zeus del Museo regionale di Agrigento i concerti del Museo quest’anno dal titolo “I giovani Talenti”. Sabato 20 febbraio alle ore 18.00 si esibi-rà il Liber Quartet (Ester Pre-stia, Maria Agnese Augello, Michele Allegro e Antonino Bono) che proporrà colonne musicali da film composte da Morricone, Piovani, Piazzol-la, Portman ed altri.

Dal 14 febbraio al 13 marzo l’ex Collegio Filip-pini ospita “I colori d’Italia”, raccolta di fotografie di Giovanni Pepi, condirettore del Giornale di Sicilia.

Le immagini ritratte da Pepi hanno il merito di ridare forza, passione e valore alla storia del-l’Unità d’Italia.

I tre colori – il verde, il bianco, il rosso – della nostra bandiera nazionale ci richiamano al signi-ficato profondo di unità e amore verso la patria. Un messaggio di straordinaria attualità attraver-so le immagini delle verdi campagne, del bianco delle profonde miniere di salgemma e del rosso dei potenti bolidi della Ferrari e della storica ca-micia dei garibaldini.

Nella esposizione delle sue opere, Giovanni Pepi, ha voluto anche sottolineare il valore fon-dante del nostro Risorgimento, richiamandosi al significato che assumono i colori della bandiera italiana. Malgrado i sé od i vari perché che, nel corso del tempo, tormentano alcune aree del nord o del profondo sud, al punto da innescare,

di volta in volta, inconfessate aspirazioni di rottura territo-riale o di divisione della na-zione, la mostra fotografica ha tutto il merito di riportare essenza e convergenza pro-positiva alla nostra storia di cittadini italiani a prescindere dell’appartenenza regionale. Inoltre, indirettamente, Giovanni Pepi ci induce a ritro-vare ed ad amare la coccarda come simbolo di tutti gli italiani.

Le immagini della mostra, circoscritte al ros-so, danno forte risalto ed incisività alla figura di Giuseppe Garibaldi, artefice principale dell’epo-pea risorgimentale.

Ma, purtroppo, non tutti sono dell’avviso di Pepi riguardo alla figura di Giuseppe Garibaldi e degli altri protagonisti della spedizione dei Mille.

Gianfranco Miccichè, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al CIPE, nel corso di una lezione agli alunni dell’Istituto Comprensivo “Roncalli” di Burgio ha attaccato

pesantemente la figura di Giuseppe Ga-ribaldi, invitando i sindaci a togliere dalla toponomastica cittadina il nome dell’eroe dei due mondi. Secondo l’esponente po-litico Garibaldi svendette il Regno delle due Sicilie al neonato Stato Italiano, che si appropriò di notevoli risorse del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, per far fronte al proprio fabbisogno. Sul Sud, infatti, fu scarica-to l’enorme debito pubblico di Torino. Lo Stato Sabaudo si appropriò, inoltre, della riserva d’ar-gento napoletana. “Alle terre scarsamente pro-duttive” del Sud fu esteso il sistema fiscale pie-montese, il Sud venne considerato una colonia interna.

Per molti (sbagliando) Garibaldi è visto come

la causa di tutti i mali che travagliano ancora oggi la Sicilia. Seppur in presenza di tante possibili at-tenuanti a sostegno dei nostalgici, il vero limite del mancato sviluppo del sud e delle sperequa-zioni dallo stesso subite in 150 anni dall’unità del Paese è solo da ricondurlo all’inesistenza della sua rappresentanza parlamentare e politica (qua-si sempre: ascara, incapace, impotente e servile).

Paolo Cilona

i colori d’italiacollegio dei filippini Mostra fotografica di G. Pepi

Era lu tempu cchiù aspittatu e santu/capaci di cummoviri li genti:/s’inchìa la chiesa, no sulu ogni tantu,/quaranta jorna cu cori cuntenti./Priera, pini-tenza e opri boni,/raccumannava lu pridicaturi,/pi priparari la cunfissioni/e caminari appressu o Reden-turi./Lu Santu Venniri era ‘u cchiù guardatu ,/e tutti si pinsava a la Passioni,/sulu ‘u ‘mbriacu e qualchi dibusciatu/parti ‘un pigliava a la prucissioni.

Con l’arrivo della televisione e il trionfo del denaro, mi sembra che sia sempre e solo carnevale. Alla mia “tenera” età (ottantaquattro anni) forse non è permesso giudicare. Sarei curioso, tuttavia, di sapere a chi spetta farlo e se con-venga. Ma lasciamo andare. Dico solo che, a vedere tutto il putiferio che mi circonda, mi sento male. Chi si accorge, oggi, se siamo o no in Quaresima? Altro se ce ne accor-gevamo, anche noi ragazzi, dell’arrivo della Quaresima! E dire che trovare, allora, un bambino che riuscisse a nu-trirsi a sufficienza era un’eccezione. Eppure, allo svegliarsi di ogni venerdì di Quaresima, non potevamo portare un boccone di pane raffermo in bocca senza sentirci ripete-re, dalla mamma o dalla nonna: “A c’unniuna, e venniri di marzu / ci vennu petri o cozzu, pi chiumazzu”. E non era permesso andare correndo e schiamazzare, mentre Gesù era nel deserto a pregare e digiunare, perché: “A cu, arri-dennu, joca comu un pazzu, / finisci, lacrimannu, senza un lazzu”.

Ricordo che ai maschietti era anche proibito schernire o fare le boccacce alle femminucce, pena la minaccia di restare paralizzati, se la bambina, prontamente, pronun-ciava la formula: “Passa l’angilu e dice amme’ (amen), Cic-ciu (o altro nome) resta accussì com’è”.

Qualche sapientone, oggi, questo lo definirebbe: “terro-rismo religioso”, mentre allora era ingenua e salutare edu-cazione al “timor di Dio”. Ma sappiamo che molti, uomini e donne, digiunavano anche tre volte la settimana, “a pane e acqua”, e qualcuno portava anche il cilicio o condiva la minestra con la cenere. A determinare l’intera atmosfera, tuttavia, erano le particolari preghiere e pratiche di pietà, che si facevano non solo in chiesa, ma anche in casa, per non parlare dell’influenza straordinaria e decisiva che po-teva avere la presenza di un “valente predicatore”, venuto da lontano.

Effettivamente la parola di un bravo predicatore, che sapesse proporre anche nuovi canti e si rendesse dispo-nibile e capace di organizzare gli esercizi spirituali per gli uomini e scuoterne le coscienze, finiva col fare “scasare” (uscire di casa) non solo le donne, ma anche i più riottosi tra gli uomini. Per quaranta giorni, ogni pomeriggio, pri-ma ancora che suonasse la campana, si poteva assistere alla frettolosa, interminabile processione di donne e ra-gazzi, che si recavano in chiesa, portando ognuno la sua sedia. Gli uomini si riunivano la sera, al ritorno dal lavo-ro.

Le donne portavano le sedie da casa perché il centinaio di sedie che si trovavano in chiesa, venivano affittate per qualche centesimo, che non tutte possedevano. Arrivare per primi significava potersi sistemare vicini al pulpito e così ascoltare e seguire meglio ogni movimento ed espres-sione del predicatore. Di questi, già dopo i primi giorni, si conoscevano vita e miracoli: la fama correva e l’assemblea aumentava ogni giorno più, fino ad assiepare la chiesa al-l’inverosimile. Noi piccoli cercavamo di accoccolarci sui gradini degli altari laterali o di farci cedere “’na puntiddra” di sedia dalla nonna, felici di potere partecipare alle “cose di Dio” assieme agli adulti. Venivamo presi da una specie di sindrome – si dice così?– dell’arca di Noè. Trovarci in chiesa, durante quei giorni del tutto particolari, ci dava un senso di sicurezza e di pienezza. E poi, ogni giorno erano verità e conoscenze nuove che si facevano strada nella nostra gente, mentre il cuore si allargava verso affet-ti più grandi e consolanti. E non erano solo le sostanziali verità della Fede, contenute nel Credo, la spiegazione dei Comandamenti, l’azione salvifica dei Sacramenti, la forza della preghiera, che venivano, gradualmente, proposte ed approfondite, ma la loro applicazione pratica, nella vita quotidiana, attraverso l’esercizio delle opere di misericor-dia spirituali e corporali. Si comprendeva, così, che, senza la pratica dell’amore verso il prossimo, la Fede era vuota e priva di significato.

Tutto questo insegnamento dottrinale veniva sapiente-mente accompagnato e lumeggiato dal racconto dei fatti biblici, non solo, ma anche da esempi tratti dalla storia e dalle varie scienze naturali, sicché, per quella gente, in gran parte analfabeta, alla fine, era come aver frequentato un corso universitario, dal quale si apprendeva che il vero significato della nostra vita è conoscere, amare e glorifica-re Dio su questa terra, per poi goderLo eternamente.

Piresse

forMazione Protocollo Curia-ESIEA-Accademia Belle Arti e IRISSIA

adottiamo un bene ecclesiasticoL’ESIEA CPT Ente Formazione e Sicurezza per

l’Industria Edilizia ed Affini svolge una intesa azio-ne di formazione e informazione programmando corsi di qualificazione e specializzazione rivolti a operai, tecnici, liberi professionisti ed imprese dei settori industria, edilizia ed artigianato.

Finalizzare le risorse destinate alla formazione incrociando le esigenze delle imprese con gli allie-vi in fase di formazione rappresenta la direttrice di marcia dell’ente, da essa è nato il corso di Addetto al recupero dei beni culturali ed archeologici con il quale l’ESIEA ha sottoscritto il protocollo dal ti-tolo “Adottiamo un bene ecclesiastico” insieme al direttore dell’ Ufficio BB.CC.EE. della Curia Ve-scovile di Agrigento, al direttore dell’Accademia di Belle Arti “Michelangelo” di Agrigento nonché con l’Istituto Regionale d’Arte “Luigi e Mariano Cascio” di Enna.

Grazie al protocollo, gli allievi hanno fruito di un programma a carattere informativo, formativo e culturale riguardante lo studio della storia dei beni culturali ed ecclesiastici, l’analisi del degrado dei materiali, l’organizzazione delle attività di labo-ratorio, le attrezzature da utilizzare, le modalità di intervento sviluppando quelle conoscenze utili a formare una figura qualificata rispondente al fab-bisogno delle aziende che operano nel settore del-la tutela, recupero e salvaguardia dei centri storici,

dei beni culturali, monumentali ed ecclesiastici della Provincia di Agrigento.

Tali obiettivi si sono concretizzati attraverso lo studio, l’analisi, la pulitura ed il recupero di due scranni vescovili del “tardo ‘700” già resi dispo-nibili in cattedrale, mediante il monitoraggio e la catalogazione dei beni ecclesiastici interessati alle azioni di intervento previste, secondo le indicazio-ni dell’ufficio BB.CC.EE. ed Edilizia di Culto della Curia, il monitoraggio delle criticità strutturali dei beni, la redazione di un programma specifico di studio, di analisi e di intervento in ordine alle prio-rità individuate ed infine il progetto di pulitura e recupero del bene ecclesiastico individuato.

M.C.

Foto Macaluso

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� L’Amico del Popolo21 Febbraio 2010Provincia

Stop alla manifestazione saccenseSciacca Rinviato il Carnevale

L o stop della manife-stazione c a r n a -scialesca deve in-durre ad a l c u n e riflessio-ni utili.

La città nei gior-ni scorsi è appar-

sa “rilassata”, scarica dallo stress che la grande manifestazione carnascialesca inevitabilmente provoca. É risaputo, infatti, che i preparativi dei carri hanno inizio già con l’inizio dell’au-tunno. Ma è la settimana clou che provoca dei sintomi che si riverberano su tutta la collet-tività. Infatti, migliaia di persone sono impe-gnate nello svolgimento della festa. Si tira fino all’alba, con la conseguenza che molte attività praticano un orario ridotto, se non addirittura rimangono chiuse. Insomma, nella settimana di carnevale la città entra in stasi.

Ma la riflessione centrale è rivolta al futu-ro della festa e delle dimensioni con cui deve connotarsi. Le casse comunali, ma anche quel-

le provinciali e regionali, non con-sentono interventi consistenti come avveniva qualche anno addietro.

La festa ha perso di tono, anzi man mano è degradata perdendo la sua vera sostanza. Alcol a fiumi e risse dominano. Ma soprattutto la festa non decolla dal punto di vista turistico. Approda nella città terma-le gente proveniente dalle province limitrofe. Flusso notevole ma che non soggiorna; insomma, toccata e fuga.

La pausa di quest’anno serva a riflettere seriamente sul futuro del-la festa, sulla sua dimensione, ma soprattutto tenendo presente che la stagione turistica vera è quella esti-va. Allora è necessario capire come spalmare le risorse finanziarie nel-l’anno, per evitare che d’estate, quan-do il flusso dei turisti è notevole, la città si presenti spoglia di eventi e di intrattenimenti degni di una città “a forte vocazione turistica”.

Filippo Cardinale

Brevi provincia

Opere strutturali e recuperofOndi faS La provincia dovrebbe beneficiarne

Rubrica a cura dell’Avv. Adele Falcetta

Per ulteriori chiarimenti o per informazioni rivolgersi a:Avv. Adele Falcetta, via S. Francesco n. 15 - 92100 Agrigentoe-mail: [email protected] - tel./fax 0922 556222 - Cell. 338 3971821

L’ANGOLO DEL CONSUMATORE

Mi è arrivata, a mezzo raccomandata, la contestazione di un’infrazione al codice del-la strada commessa più di sei mesi fa. Non avrebbero dovuto inviarmela entro un termi-ne più breve? (R.O., Agrigento)

Il codice della strada stabilisce la regola gene-rale secondo cui la violazione deve essere conte-stata immediatamente da parte dell’autorità che ha avuto modo di constatarla. Ci sono, tuttavia (art. 201), alcuni casi, in cui l’infrazione può es-sere contestata anche in un momento successivo: a) se all’autorità è impossibile raggiungere un vei-colo lanciato ad eccessiva velocità; b) in caso di attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa; c) in caso di sorpasso vie-tato; d) qualora la violazione venga accertata in un momento in cui il conducente del veicolo non è presente; e) nell’ipotesi di accertamento della violazione mediante autovelox. In questi casi, l’organo di polizia deve notificare il verbale entro 150 giorni dall’accertamento. Da quando decorre

il termine dei 150 giorni? Tre sono le ipotesi: a) dal giorno in cui la violazione è stata commessa; b) dal giorno in cui sia stato oggettivamente pos-sibile, per l’organo di polizia, effettuare l’accer-tamento dell’infrazione (come succede quando, essendosi verificato un incidente stradale, occor-re ricostruirne la dinamica); c) dal giorno in cui l’organo accertatore si è trovato nella condizione di conoscere effettivamente i dati dell’automobi-lista per operare la notifica della busta di colore verde. Quindi, può accadere che la contestazio-ne pervenga al contravventore dopo che siano decorsi i 150 giorni dall’infrazione, ma solo per-ché ci sono state difficoltà nella sua identificazio-ne. Può essere, ad esempio, il caso di un veicolo che abbia cambiato proprietario, senza che ciò sia stato annotato al PRA. In casi come questo, la notifica è valida. Se, invece, non ricorre nessuna delle tre ipotesi sopra esposte, e la notifica viene ugualmente effettuata dopo il termine di legge, essa è nulla.

casteltermini allarme frane

Il centro montano rischia di rimanere isolato, per via di una serie di smottamenti del terreno, che si sono verificati proprio in prossimità delle vie d’uscita dal paese. In particolare, il terreno si è mosso nella di-scesa Cozzo Disi - km 5+500 - strada di tornanti, che collega il paese con la statale 189. La strada è quella percorsa, quotidianamante, tanto dagli autobus di li-nea - che collegano studenti, lavoratori e pendolari, al capoluogo - quanto dalla maggior parte degli auto-mobilisti, che dal paese si spostano verso Agrigento.

raffadali azzerata la giunta comunale

Il sindaco Silvio Cuffaro ha annunciato di aver az-zerato la sua giunta. Il vicesindaco Luigi Salvatore Librici e gli assessori Angelo Salemi, Francesco Tut-tolomondo, Stefano Iacono Manno e Salvatore Tut-tolomondo sono stati rimossi dal loro incarico. «Era necessario – ha spiegato il sindaco – intraprendere un’azione forte per cercare di rilanciare l’attività am-ministrativa. Il mio intento è quello di regalare alla città una nuova compagine amministrativa che abbia un più forte rapporto con il consiglio comunale. Fra breve – ha concluso il sindaco Silvio Cuffaro - avvierò le consultazioni con tutte le forze politiche, compre-se quelle che non hanno rappresentanti in consiglio comunale, per avere un quadro completo dell’attuale situazione politica e poter così, in tempi brevi, nomi-nare la nuova giunta.

bivona dal prossimo anno arriva l’istituto alberghiero

Bivona avrà una sede dell’istituto alberghiero. Già dal prossimo anno scolastico, l’istituto tecnico com-merciale per geometri, “Lorenzo Panepinto” ospiterà il primo anno dell’indirizzo di studio per la formazio-ne di personale da impiegare nei servizi di ricezione turistica. «E un traguardo molto importante - afferma il sindaco Giovanni Panepinto – a cui siamo giun-ti grazie ad una sinergia tra amministrazione locale, Regione siciliana, Ministero ed istituzioni scolastiche regionali, provinciali e locali. La nascita del nuovo istituto alberghiero, è da considerare l’ennesimo tas-sello nel piano di sviluppo del territorio dal punto di vista della promozione turistica. Un obiettivo impor-tante così come sono stati, l’istituzione del Parco dei Monti Sicani ed il distretto turistico».

Dopo il via libera del Cipe, la Regione Siciliana investe i primi 590 milioni dei

FAS, i fondi per le aree sottoutilizzate. La giunta regionale ha infatti avviato il Program-ma Attuativo Regionale dei Fondi FAS 2007-2013, suddiviso in due linee di intervento. La prima è indirizzata agli enti locali, la seconda ad altri progetti di “interesse regionale”. Pro-getti che dovrebbero partire a breve.

«Parte dei fondi Fas finanzieranno la rea-lizzazione di opere strutturali in tutti quei comuni siciliani che hanno necessità di inter-venti urgenti per il recupero edilizio. Rientra-no sicuramente tra questi il comune di Favara e tutti quelli che, nell’agrigentino, hanno biso-gno di un sostegno consistente e immediato per la riqualificazione urbana».

Lo ha detto il vicepresidente della Regione con delega all’Economia, Michele Cimino,

nel corso di una conferenza stampa, con il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, per illustrare il programma operativo del Par FAS 2009/2013. I soldi dallo Stato arriveran-no però solo all’inizio del 2012. I 590 milioni, quindi, saranno anticipati dalla Regione e gli enti locali potranno contare su 450 milioni di euro

«A breve sarà finanziata – ha detto Cimino - anche la ristrutturazione del centro storico di Agrigento, tenuto conto dell’emergenza abitativa e della fatiscenza di numerosi edifici che mette a repentaglio la sicurezza dei citta-dini».

Inoltre, le risorse per la provincia di Agri-gento comprendono anche altri 30 milioni assegnati per l’aeroporto.

«Con questi fondi rimetteremo in moto l’economia siciliana in questo momento di

crisi internazionale».Lo ha detto il presi-

dente della Regione si-ciliana, Raffaele Lom-bardo, precisando che «le somme saranno ripartite secondo le priorità definite in sede di giunta e saran-no indirizzate al mi-glioramento della qua-lità della vita nelle aree urbane attraverso la realizzazione di opere strutturali. Da subito saranno attivate i ban-di relativi alle azioni 7.1 e 7.2 del Program-ma attuativo».

Circa 128 milioni di queste risorse saranno utilizzate per siste-mare piazze, scuole; per realizzare nuove aree di verde pubbli-co, giardini e parchi

e strade di tipo sovracomunale; per ripristi-nare edifici comunali di alto valore artistico. Circa 30 milioni di euro, saranno destinati a contributi in conto interesse per interventi di recupero edilizio e di riqualificazione urbana.

Una parte consistente della dotazione fi-nanziaria, circa 222 milioni sarà investita, in-vece, nell’apertura di nuovi cantieri di lavoro per la manutenzione straordinaria di opere di pubblica utilità, dove saranno impegnati i tanti disoccupati. Con 41 milioni saranno aperti nuovi asili nido.

Per quanto riguarda gli altri progetti di in-teresse regionale, invece, sono state destinate risorse per 140 milioni di euro, così ripartiti: 40 milioni per infrastrutture nel settore di-dattico e della ricerca universitaria; 90 milioni saranno messi in campo per le emergenze ambientali, idrogeologiche e per completare le reti di distribuzione di energia; 2 milioni per la produzione e la diffusione di opere cinematografiche e audiovisive che valorizza-no l’immagine della Sicilia all’estero; 8 milioni per infrastrutture destinate alla sicurezza dei cittadini.

Salvatore Pezzino

Piro: «o i soldi o mi dimetto»

cattOlica eraclea Rifiuti e contributi

«A Cattolica Eraclea è scop-piata l’emergenza povertà. Tut-ti i giorni ricevo concittadini disperati in cerca di lavoro e di contributi straordinari per so-pravvivere».

É questo l’amaro sfogo del sindaco di Cattolica Eraclea Cosimo Piro che minaccia di rassegnare le dimissioni se non otterrà un contributo finanzia-rio straordinario di un milione e mezzo di euro per potere sal-dare il credito vantato dalla So-geir ATOAG1 nei confronti del comune per la raccolta e smalti-mento dei rifiuti solidi urbani.

Il comune rischia il dissesto finanziario e nella cittadina addirittura una democratica sommossa popolare contro l’aumento eccessivo della tassa di circa il 450%.

Tale situazione è descritta in una lettera che, il primo citta-

dino cattolicese, ha inviato al Presidente del Consiglio dei mi-nistri, al ministro dell’ambiente, ai presidenti della Regione e dell’ARSiciliana ed al prefetto.

Per pagare la tassa sui rifiuti si è creato, ogni anno, un buco nel bilancio comunale di 400 mila euro, che il paese è più sporco di prima, la raccolta differenzia-ta fatica a partire, la tassa invece aumenta vertiginosamente, se nel 2004 il servizio costava 175 mila euro, oggi il comune deve sborsare 800 mila euro (450% di aumento).

«L’esorbitante aumento, la disorganizzazione gestionale, la pessima qualità del servizio, hanno creato in paese un clima di disagio diffuso – conclude il sindaco Piro – sarebbe auspica-bile ripensare ad affidare nuo-vamente la gestione dei rifiuti ai comuni». (E.M.)

ribera Chiesa S. Francesco d’Assisi

Piove... e non solo dal cielo!Piove abbondantemente in

chiesa e il parroco è costretto ad officiare la messa in mezzo emi-ciclo, perché sul lato opposto i fedeli hanno sistemato secchi, bacinelle e panni per asciugare banchi e pavimento.

Succede a Ribera presso la chiesa San Francesco d’Assisi dove il parroco, don Antonio Nuara, vista l’acqua piovana che, a catinelle, entra periodi-camente dal tetto, fa disporre i fedeli tutti da un lato, spostando calice e vangelo.

Il sacerdote ha segnalato il grave inconveniente all’arcive-scovo ed al commissario straor-dinario del comune per solle-

citare un intervento organico e urgente.

Il luogo di culto del-la via Imbornone ha sempre avuto problemi di infiltrazione piova-ne. Tanto è vero che la cappella laterale, ha il tetto ricoperto da un gran telone di plastica su cade la pioggia che finisce in un conte-nitore.

La chiesa è stata costruita tra fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 e, a seguito di un trom-ba d’aria successiva, dal tetto cominciò a penetrare l’acqua

piovana. Inutili si sono rivelati alcuni interventi di riparazione.

Il parroco don Nuara, ricor-da che da oltre un anno presso l’assessorato regionale ai Lavori Pubblici c’è un progetto di ri-strutturazione.

Enzo Minio

Porto Empedocle: continuano le demolizioni

Ruspe con il mo-tore sempre acceso a Porto Empedo-cle dove nei giorni scorsi sono iniziati i lavori di demolizio-ne di una fatiscente palazzina in via Crispi, ritenuta pe-ricolante e quindi soggetto ad un or-dine di demolizione firmato dal sinda-co Calogero Firetto. É stato anche demolito un chioschetto nei pressi della nuova piazza Sansone. Al suo posto sorgerà un’aiuola. Altre iniziative di demolizione sono già state pro-grammate nei prossimi giorni in via Spinola.

«L’azione di riqualificazione del centro abitato proseguirà – ha spiegato il sindaco Firetto. L’intento è quello di delinea-re una qualificazione urbanistica tipica di una ridente citta-dina marinara mediterranea».

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Società �L’Amico del Popolo21 Febbraio 2010

protezione civile Soffia la bufera

il giudizio mediatico prima di quello giudiziario?

Nonostante il Festival di Sanremo, le Olimpiadi inver-nali di Vancouver e la corsa alle candidature per le elezio-ni regionali, a tenere banco in questi giorni sulle cronache nazionali è evidentemente la vicenda che coinvolge i ver-tici della Protezione Civile, a partire da Guido Bertolaso, con alcuni dirigenti pubblici e qualche imprenditore per presunti episodi di corruzio-ne nell’assegnazione di certi appalti, tra cui quelli in vista del recente G8.

L’argomento è di quelli che non possono non fare notizia, trattandosi di appalti pubblici avvolti dal sospetto che non tutto sia stato gestito secondo le regole. Ma, immancabil-mente, l’attenzione dei media si concentra sui particolari più a effetto, più spettacolari e anche più scabrosi. Basta leg-gere le molte pagine dedicate dai quotidiani all’argomento o assistere al taglio dato alla vicenda dai principali notizia-ri televisivi.

Le frequentazioni leggere e disinvolte sembrano essere diventate da un lato uno tra i comportamenti preferiti dai massimi rappresentanti isti-tuzionali, dall’altro un tema che ormai ha conquistato un posto stabile sul palcosceni-co dell’attualità quotidiana. E anche le altrettanto disinvol-te chiacchierate fra i vertici istituzionali su questioni di portata nazionale, come se si parlasse di calcio o di noccio-line, sono pressoché all’ordine del giorno.

Ne rendono conto puntual-mente le intercettazioni, le cui trascrizioni sono tornate a occupare prepotentemente i principali spazi dell’infor-mazione di attualità. Come lettori, trovandoci di fronte al resoconto di un dialogo “so-spetto”, siamo inevitabilmente attratti dal contenuto, oltre che dall’identità dei personag-gi coinvolti. E soprattutto an-diamo subito a cercare le frasi compromettenti per cogliere, a nostra volta, i diretti inte-

ressati con le mani nel sacco.Ma ad attirare insistente-

mente la nostra attenzione - non nascondiamolo - sono soprattutto le chiacchierate in cui gli interlocutori fanno ri-ferimento a una serie di even-ti speciali e di appuntamenti che secondo gli inquirenti null’altro sarebbero se non in-contri a base di prestazioni sessuali. Anche queste, a pa-rere dell’accusa, rientrereb-bero nella contropartita che, insieme a ingenti somme di denaro, avrebbe indotto chi di competenza ad assegnare gli appalti agli imprenditori “preferiti”.

Fa scalpore che sia diret-tamente coinvolto un uomo come Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile italia-na, il cui nome finora è sem-pre stato associato a una se-rie di efficaci operazioni per gestire alcune fra le ultime emergenze nazionali. Trova-tosi sotto i riflettori mediatici per tutt’altre ragioni, lui non si è certo nascosto, né ha esibito dichiarazioni di circostanza.

Anzi, ha cercato proprio nei media spazi per un’autodi-fesa, non sottraendosi nem-meno alle ormai abituali “10 domande” che un quotidiano nazionale gli ha rivolto sulla vicenda.

Ribadito ancora una volta che sarà il lavoro dei magistra-ti a chiarire le responsabilità e ad attribuire eventuali patenti di colpevolezza o innocenza, resta la tendenza dei media a trasformare e invocare il giu-dizio del pubblico come una sorta di giudice super partes. Molte testate giornalistiche, soprattutto attraverso il web e la radio, prima ancora di preoccuparsi di presentare i fatti in maniera esaustiva, si sono premurate di lanciare il solito sondaggio della se-rie, chiedendo “Secondo voi, Bertolaso è colpevole o inno-cente?”. Quanta attendibilità e quale utilità informativa pos-sa avere l’idea di chiamare i destinatari a rispondere a una simile questione lo si intuisce immediatamente.

Marco Deriu

Pubblichiamo la lettera inviataci da don Lillo Argento Vicario giudiziale dell’Arcidiocesi di Agrigento e Giudice del Tribunale regionale siculo, a seguito di un articolo pubblicato su un quotidiano locale in merito ai costi da sostenere in un procedimento di richiesta di nullità del matrimonio religioso.

Carissimo direttore,ho letto l’articolo, pubblicato nel Giornale di Sicilia, edizione di Agrigento di martedì 8 febbraio u. s., riguardante i Tribu-nali ecclesiastici, dal titolo “matrimoni annullati. Sacra Rota: nel 2009 sono stati quattordici”.In questo articolo si riscontrano diverse imprecisazioni che inducono il lettore in errore. Anzitutto bisogna ribadire il con-cetto che il Tribunale Ecclesiastico tratta di nullità del matri-monio e mai di annullamento anche se, alla fine dell’articolo in questione, si fa una velata precisazione. Bisogna precisa-re che i matrimoni dichiarati nulli nell’anno 2009 e che ri-guardano la diocesi di Agrigento sono stati dichiarati nulli con sentenza del tribunale ecclesiastico regionale siculo e non dalla Sacra Rota, che è tribunale superiore e di ultima istanza. Anche le statistiche riportate circa gli anni precedenti, sono assolutamente inverosimili, così come sono inverosimili i mo-tivi per chiedere “l’annullamento” presentati dall’autore del-l’articolo, in verità solo due di questi motivi corrispondono a capi di nullità previsti nella legislazione canonica. Non cor-risponde a nessuna verità che esistano tempi per richiedere la nullità e non si capisce da quali fonti l’autore dell’articolo abbia appreso tali cose. Infine non si riesce a capire da dove l’autore dell’articolo apprende che il costo per una causa di nullità si aggiri sulle cifre da lui presentate. Il costo di una causa di nullità è previ-sto e determinato dalle Norme CEI e ha un costo lungamente inferiore di quello descritto nell’articolo, a parte il fatto che il Tribunale può concedere il gratuito patrocinio e che ogni fedele ha il diritto di accedere all’ausilio del patrono stabile che vi è in ogni tribunale ecclesiastico dove si tratta di nullità matrimoniale.

d. Lillo Argento

Caro don Lillo,ti ringrazio per la tua preziosa ed accurata precisazione. Molto spesso, accade che autori di articoli non approfondendo bene le tematiche in esame nei loro articoli arrechino più confusio-ne che altro. La tua lettera permette di chiarire alcuni punti riguardanti la dichiarazione di nullità del vincolo matrimonia-le ma soprattutto chiarisce che i costi, sono inferiori a quelli di una comune causa civile.

Carmelo Petrone

La fraternità cresce quando cresce l’universalismo dei di-ritti, quando cresce la ricerca del superamento delle disugua-glianze, quando non si accetta lo sfruttamento, quando si ama la città, facendo nostre “le atte-se della povera gente” (Giorgio La Pira). La fraternità cresce nel dono, nella condivisione che aiuta a superare le differenze, le distanze e accompagna l’in-contro, spesso difficile, con chi è nuovo o viene da lontano, con chi fa fatica, con chi soffre, con chi è solo. La fraternità cresce nella preghiera semplice, anche distante dai grandi eventi, con “i mezzi poveri”, con gesti sem-plici (Vittorio Bachelet).

Nel documento dopo Palermo – “Con il dono della carità den-tro la storia” (1996) – i vescovi italiani, delineando un’imma-gine esemplare di Chiesa, ri-cordavano, tra i diversi tratti, quello di “una Chiesa che cele-bra la liturgia con canti festosi e gesti semplici, ma significa-tivi” (n. 2). La fraternità cresce

nel sacrificio, nella capacità di rinunciare come il gesto di chi sa attendere, di chi sa non dare valore assoluto alle cose, di chi conosce il valore della povertà e della gratuità, da costruire con fatica ogni giorno.

La Quaresima di quest’anno diventa allora un percorso, un cammino educativo per rico-struire la fraternità ai piedi del-la croce, con Maria e Giovanni, ogni venerdì, e che si conclude nella Veglia pasquale, nell’Exul-tet, nella gioia di aver saputo ritrovare il senso e il valore di ogni cosa, insieme. È un percor-so che dalla paura e dalla dif-fidenza porta all’incontro; è un percorso di nuova “advocacy”, di tutela dei diritti di tutti; è un percorso di lotta alla povertà e di condivisione. È un percorso di carità, sostenuto dalla verità di una Storia guidata, la storia di Gesù, che ritrova il suo valore anche nella contemporaneità. Oggi come ieri. In questa Qua-resima.

Giancarlo Perego

Continua dalla Prima

fiction rai Il caso Bachelet

così muore la memoria comune

Qualche giorno fa ho appre-so dalla viva voce di Giovanni Bachelet che la puntata di “A sua immagine” di sabato 13 febbraio dedicata al ricordo di suo padre Vittorio, a 30 anni dalla scomparsa, veniva rimos-sa dal palinsesto di RAI Uno per decisione dei vertici del-l’azienda, in applicazione del regolamento vigente in materia di Par condicio, in vista delle prossime elezioni regionali.

Il mio sentimento è stato un misto di stupore (negativo) e di disappunto: ho subito pensato a quanto la nostra democrazia sia diventata fredda e formale, miope e insensibile rispetto ai doveri di riconoscenza per quanti, come Vittorio Bachelet, hanno perso la vita svolgendo un servizio allo Stato. Proprio così, l’annullamento di quella trasmissione ha un valore sim-bolico davvero preoccupante: ci parla del deterioramento dei legami e dei valori condivisi; di un imbarbarimento della con-tesa politica; di un bipolarismo militaresco che tutto pare stri-tolare nella logica delle appar-tenenze di parte.

Giovanni, pur essendo un deputato del PD, è stato invi-tato a quella trasmissione per parlare della vita e della tragica scomparsa del padre, ucciso dalle Brigate Rosse il 12 feb-braio del 1980 all’Università “La Sapienza” di Roma. Era in

quel momento al vertice del Consiglio Superiore della Ma-gistratura. Subì la stessa sorte del’amico Aldo Moro. Ma oggi la memoria viene ancora una volta uccisa da gesti errati.

In modo opportuno il co-municato stampa fatto dalle Presidenza nazionale dell’Azio-ne Cattolica, di cui Vittorio Bachelet è stato presidente dal 1964 al ’73, sottolinea: «Ci sembra che la decisione privi l’opinione pubblica e il mondo cattolico di una testimonian-za che certamente non aveva alcun valore politico-partiti-co, ma che voleva essere solo un’occasione per riconsegnare al nostro Paese e alla Chiesa italiana la figura di Vittorio Ba-chelet, definito unanimamente “martire laico”, servitore fedele dello Stato, mai uomo di parte ma testimone di un impegno teso a costruire nel dialogo il bene comune».

Non resta che augurarsi che il buon senso superi sempre le tensioni della politica, e che i regolamenti guardino prima ai contenuti e poi pensino a imporre divieti. Apprendiamo che i vertici RAI trasmetteran-no, dopo le critiche di questi giorni e il tam tam delle testate nazionali, la trasmissione sa-bato 20. Ma è stata comunque una sconfitta della nostra stra-na democrazia.

Fabio Mazzocchio

Se vogliamo declinare con un esempio attuale possiamo dire che «Se ho l’ossessione della comunicazione virtuale, che mi porta fuori dal dialogo attivo con le persone, pos-so staccarmi dal pc». Forse quello telematico, oggi, è uno degli ambiti più gettonati per i «nuovi fioretti», se lo scor-so anno la diocesi di Trento aveva suggerito di digiunare da Facebook e quella di Modena – seguita da Bari e Pesaro – aveva proposto di rinunciare agli sms. Sempre nel 2009, un sondaggio del settimanale Donna Moderna evidenziava che il 46% degli intervistati era disposto a non accedere al social network, mentre il 18% affermava di poter dire no ai messaggini. Ma c’è chi, come Francesco Gesualdi, ex allievo di don Milani, ritiene che i “firetti” sono «sono un’esigenza imposta dalla sopravvivenza dell’umanità. Il nostro ecces-so di consumo sta portando il pianeta al collasso. Solo un fioretto permanente, inteso come ridimensionamento del nostro tenore di vita, può garantire un avvenire al mondo... Dobbiamo recuperare - continua - il senso di sazietà, di-stinguendo il necessario dal superfluo» Dei cosigli pratici per questi che potremmo chiamare “fioretti sostenibili”? «Meno automobile, più mezzo pubblico; meno prodotti globalizzati, più locali; meno merendine, più dolcetti fatti in casa... meno usa e getta, più riciclaggio». E monsignor Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana,continua: «Ri-nunciare a un regalo e fare una donazione; parlare di po-vertà in classe e con gli amici; aiutare con un gesto concreto un vicino in difficoltà; ridurre sprechi di energia e d’acqua; riciclare il telefonino». Azioni consapevolmente volute e, allo stesso tempo, «segni personali, espressione della gioia di incamminarsi verso un veroincontro con Dio – sottoli-nea la suora benedettina Benedetta Zorzi -. Ciascuno sa se sarà utile privarsi di un po’ di cibo, vino, sonno, chiacchiere inutili e troppe distrazioni, per aiutare le nostre potenze vi-tali a essere più toniche e armoniose in modo che, invece di disgregarci, ci conducano al vero fine per cui sono fatte. L’allenamento, l’ascesi, il freno, rientrano nella pedagogia di qualsiasi desiderio».

«Chissà se qualche parroco coraggioso, se qualche grup-po di cattolici magari giovani e intelligenti, - si chiede Fran-co Cardini nella stessa pagina di Avvenire - se la sentiran-no di riscoprire il gusto del «fioretto»: la piccola rinunzia accompagnata da un’altrettanto piccola opera di bene e da una rapida preghiera mentale. Se la strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni, può darsi che quella per il Paradiso sia un acciottolato di piccole cose, di piccoli gesti concreti. In fondo, sta scritto che quel giorno nessuno ci chiederà quanta teologia sappiamo o quante messe abbia-mo ascoltato, ma se abbiamo mai offerto un bicchier d’ac-qua a un assetato, se abbiamo mai perduto un pomeriggio visitando un ammalato o un carcerato.

Il «fioretto» è un’invenzione della bistrattata Chiesa con-troriformistica, quella di gente come Filippo Neri e Alfonso de’ Liguori. Gente che parlava semplice ma che possedeva una grande saggezza. Il «fioretto» è anzitutto una preziosa scuola di libertà, quella vera. La libertà di chi sa dire di no ai piccoli stizzosi comandi del peggiore e più tirannico padro-ne che ciascuno di noi debba sopportare: se stesso. Sacri-ficare un frammento della nostra superbia individualistica a Dio: questo sarebbe un bel modo di ricordare che anche nel 2010 c’è la Quaresima e che l’attualità di quei quaranta giorni passati da Gesù nel deserto non si è mai esaurita.

Continua dalla Prima

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� L’Amico del Popolo21 Febbraio 2010Vita Ecclesiale

Il 20 febbraio ricorre il trigesimo dell’indimen-ticabile dott. Vincenzo D’Angelo, medico gineco-logo, molto stimato non solo come professionista ma anche come cristiano.

Ha saputo testimoniare la sua fede nell’ambien-te sanitario, accogliendo con molta attenzione i pazienti, facendo notare il grande rispetto per la vita nascente, sempre disponibile e sorridente.

Era motivo di gioia incontrarsi con lui, dall’at-teggiamento affabile e disponibile.

Egli dalla fine degli anni ’70, per parecchi anni, oltre a svolgere il suo lavoro di medico ospedalie-ro, collaborò al nascente consultorio familiare di Agrigento, gestito dal CIF; è lì che introdusse per primo il corso di psicoprofilassi al parto (RAT) ri-conosciuto molto valido dalle stesse mamme par-tecipanti. É stato per di-versi anni responsabile della Consulta Diocesa-na per la Pastorale della Salute. Durante questo lungo periodo, organiz-zò dei corsi di forma-zione per operatori del campo sanitario.

Ci ha lasciato un grande vuoto. La sua presenza umana, vissu-ta con serenità profes-sionale e fede sincera, era di grande conforto e stimolo per tutti quanti lo conoscevano.

Ci consola soltanto la speranza cristiana che certamente lo accompagnò durante la sua malattia, che accettò con grande spirito di fede e di-gnità umana. Ha rag-giunto così l’amata consorte, che lo ha preceduto di pochi mesi nello stesso cammino di dolore.

Il suo ricordo ci incoraggia a continuare a la-vorare con impegno professionale cristianamente vissuto.

Giuseppe Matraxia

Il mondo di San Gerlando, quello cioè della Besançon dell’XI-XII secolo, presenta molte

rassomiglianze al nostro. Il farne memoria in ri-correnza della sua festa non può lasciarci indiffe-renti; anzi una pur rapida incursione in quel tem-po ci sprona per un discernimento della nostra storia locale.

Per quel mondo, sono tre le parole da tene-re presente: pace, mobilitazione delle masse e progresso. Il medioevo fu un secolo violento, at-traversato, dopo la cessazione delle grandi e de-

vastanti migrazioni dei popoli, da guerre locali, scaramucce tra signorotti e assassinii impuniti. A farne le spese, per la maggior parte delle volte, erano i chierici. Ma è proprio da essi che parte un vasto movimento pacifista, che cerca di dirimere le avversità tra i feudatari e prova a far regnare la pace in grandi feudi, che più tardi diverranno sta-ti nazionali.

Nel tentativo di porre dei limiti alle imposture e alle guerre private dei potenti, vescovi e supe-riori delle grandi abbazie mobilitano il popolo.

Grandi masse popolari si coalizzano con i chierici per portare alla ragione i vari si-gnorotti e, specie al sud della Francia, si promuovono le «assemblee della pace», che stilano dei minuziosi codici di compor-tamento civico, che tutti avrebbero dovuto osservare attraverso un giuramento. Questi codici sono indicativi del grado di disu-manizzazione della società di quel tempo («Non assalirò il chierico o il monaco che non portano armi; […]Non fermerò il con-tadino o la contadina; non prenderò a nes-suno il mulo, il cavallo o altra bestia; non ucciderò, non taglierò, non colpirò; etc.» Assemblea di Verdun-sur-le-Doubs).

Questo tentativo pacificatore ha portato i suoi frutti a livelli più ampi, quando poi l’esperimento pacifista si estese ai conflitti più seri, i quali dovevano essere sospesi se si protraevano durante i tempi liturgici for-ti («La Tregua di Dio»).

La terza parola che connota il tempo di Gerlando è «progresso», inteso proprio in senso tecnico. Per quanto limitate e molto lontane da quelle attuali, alcune scoperte tecniche nel campo dell’agricoltura e della meccanica migliorarono notevolmente lo stato economico europeo. Di conseguenza, in pochi decenni, si assiste a un prodigioso incremento demografico dell’Europa e alla nascita di esigenze personali nuove.

È in tale contesto che si è formato e si è mosso San Gerlando. Insieme ai canonici regolari del Capitolo di Besançon, di cui era membro, si è trovato a dover riflettere sul ruolo della Chiesa nel mondo e sulle neces-

sità di rinno-v a r l o d a l -l ’ i n -terno. Sotto t a l e punto

di vista, la Chiesa dell’XI-XII se-colo appare pienamente riusci-ta, poiché si potrebbe asserire che il mondo si è perfettamente instaurato sulla Chiesa oppure, viceversa, che la Chiesa ha ri-vestito delle sue vesti il mondo, quel mondo, si badi bene, inte-so in senso giovanneo e riotto-so all’evento Cristo.

Ora, ciò che ci appare inte-ressante è che San Gerlando si è servito anche delle tecniche del mondo per formare nel po-polo una coscienza cristiana. Nel suo tempo, l’uomo riuscito era ancora, come ai tempi del-l’Impero, colui che sapeva ben parlare e persuadere. Per rea-lizzare tale ideale, si dovevano conoscere alla perfezione tre discipline: la grammatica, la dialettica e la retorica (il «tri-vio»). Ebbene, tra le opere di San Gerlando, che era un magi-ster in patria quando Ruggero I lo scelse come ve-scovo di Agrigento, si conta anche un manuale di «Dialettica». Essa era una disciplina non propria-mente religiosa, ma molto importante appunto per la formazione dell’uomo «politico». Già a suo tempo, San Agostino l’aveva definita la «scienza del discutere correttamente» e in pratica, come l’avrebbe definita un altro famoso maestro me-dievale: «il razionale e l’uso della ragione».

Sappiamo che San Gerlando ebbe successo nell’evangelizzazione delle nostre terre, frutto certo della sua notoria santità. Tuttavia dobbia-mo pensare che nella formazione di chierici e laici agrigentini una notevole importanza sarà stata data alla «ragione», per il suo corretto uso nella predicazione e nei dibattiti religiosi che cer-tamente non mancarono con i dotti dell’Islam, presenti nel territorio di Girgenti.

Tutto ciò rimbalza provocatoriamente nel no-stro tempo. Trascinato in un vortice tecnologico e soggettivo esasperato, l’uomo di oggi non riesce più a progettarsi. Ne è prova lo stato di perenne crisi di cui soffre tutta la nostra società, a partire dall’incapacità di alzare la testa dalla crisi econo-mica e sociale per una seria e radicale riforma del sistema. Non sarà forse vero che tale crisi è figlia di una progressiva abiura della ragione o delle sue potenzialità, qualora essa è fecondata da un solido appoggio alla Verità? Certo la Chiesa, può fornire le coordinate giuste all’uopo e da tempo lo fa, ma ancor prima è tutta la società che do-

vrebbe vagliare seriamente quanto l’allora cardi-nal Ratzinger, in occasione della pubblicazione della Fides et Ratio, affermava: «Il clima culturale e filosofico generale nega oggi la capacità della ragione umana di conoscere la verità e riduce la razionalità ad essere semplicemente strumenta-le».

Come agrigentini, in cerca di un riscatto mo-rale, sociale ed economico, non dovremmo la-sciar cadere a vuoto l’insegnamento e l’esempio di San Gerlando. Chiamato a reggere la diocesi da un «politico», ha saputo formare l’uomo e il cristiano. È tempo dunque in cui, ognuno per la sua parte, si mobiliti per un’azione congiunta in vista della formazione «politica» (intesa nel sen-so più largo possibile) degli agrigentini del futuro. Sull’esempio di questo grande santo, si dovrebbe proporre ai giovani una formazione che riscopra la vocazione all’umanesimo classico e cristiano della nostra città, privilegiando in tutti i modi un loro incontro con i vari saperi umanistici e in particolare con la letteratura. Quest’ultima, a det-ta di Sant’Agostino, ha la capacità di rendere più umani tutti, anche coloro che cristiani lo sono già. Solo in questo progetto di recupero auten-tico della ragione, specie se fecondata dalla fede, gli aneliti di pace, di giustizia e di progresso, a cui tutti oggi aspiriamo, potranno avere un risultato reale e duraturo, come appunto al tempo di San Gerlando.

Vincenzo Lombino

25 febbraio� Solennità del Patrono della diocesi

S.Gerlando: maestro in un mondo in progresso

ad un meSe dalla Sua Sco�mparSa

ricordando il dott. d’angelo

Brevi cenni storici sulla vita di San Gerlando

Cessata la dominazione araba in Sicilia (1086-88), San Gerlando ricostituì nell’Isola una diocesi latina con un vasto territorio e con sede episcopale ad Agrigento. Gli Arabi avevano tollerato il cristia-nesimo dell’Isola, ma privandolo del rinnovamento delle strutture, ne avevano bloccato gli sviluppi. Per risollevarlo dal suo destino di morte per vecchiaia, il normanno Gran Conte Ruggero pensò bene di ristrutturarne capillarmente il tessuto ecclesiale e di ristabilire le antiche diocesi. Per la sede episcopale agrigentina, scelse Gerlando, già noto magister del Capitolo di San Paolo di Besançon, che si era fatto conoscere per la buona produzione teologica e per l’elevata spiritualità, ricevendo perfino l’incarico pre-stigioso di guida dell’unica scuola teologica del Sud, la schola cantorum di Mileto (Cz). Ritornato in Francia, ma poi richiamato, fu consacrato vescovo da Urbano II e prese possesso della sede agrigentina nel 1093, anno in cui iniziò la difficile opera di ricostruzione della diocesi, tra innumerevoli difficoltà di una socie-tà multiculturale. Morto il 25 febbraio del 1100, gli fu tributato subito dopo un culto presso la sua tomba, allocata poi nella cattedrale da lui costruita. Nei mo-saici di Monreale (1176 ca.) l’arte ha fissato per i secoli la chiave di lettura del suo episcopato e della sua san-tità. Raffigurato di fronte a S. Marciano, che secondo la tradizione è il primo vescovo-fondatore apostolico della Chiesa di Sicilia, San Gerlando ne è un perfetto emulo, perché rifondatore della Chiesa agrigentina.

Agrigento 25 Febbraio 2010

ProgrammaLunedì 22 Febbraioore 17.30: Pellegrinaggio Unità Pastorale di San Pio X, San Leone, San Gregorio, Santa Rosa da Viterbo e Cuore Immacolato di Maria. S. Messa: presiede don Baldo Reina

Martedì 23 Febbraioore 17.00: Pellegrinaggio dell’Unità Pastorale della Cattedrale, San Michele e Madonna degli Angeli. S. Messa: presiede don N. Ciotta

Mercoledì 24 Febbraioore 18.00: Primi Vespri di San Gerlando, presiede l’Arcivescovo, mons. Francesco Montenegro, alla presenza del Capitolo, del Seminario e delle Parrocchie

Giovedì 25 Febbraio Festa di S.Gerlandoore 9.00: S. Messa in Cattedrale (presiede mons. Salvatore Russotto, parroco della Cattedrale) ore 11.00: S. Messa in Cattedrale (presiede mons. Lucio Li Gregni, Pres. del Capitolo della Cattedrale)ore 18.00: Solenne Pontificale presieduto dal Vescovo di Tunisi, Mons. Mazoun Elias Nimeh Lahham Offerta dell’Olio per la lampada votiva del Santo: Comune di Comitini Preghiera al Santo compatrono: Corpo di Polizia Municipale di Agrigento

Festa diSan Gerlando

Statua argentea dell’Urna di San GerlandoCattedrale di Agrigento

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Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo21 Febbraio 2010

a cura di Gino FaragoneI Domenica di Quaresima

La divina Presenza nel silenzio del deserto

«Resta con noi

Signore

nell’ora della

prova»

la Parola

La prima domenica di Qua-resima, ogni anno, è caratteriz-zata dal racconto delle tenta-zioni di Gesù nel deserto. Dopo il battesimo al Giordano, che rievoca il passaggio del Mar dei Giunchi, Gesù condotto dallo Spirito Santo, va nel deserto per riproporre un cammino nuovo verso la terra promessa. E a dif-ferenza di Israele che non riesce a superare le prove, Egli esce vittorioso dalla lotta contro Satana e riporta nel paradiso l’uomo peccatore (cfr Lc 23,43). Egli è il nuovo Adamo, l’Unto del Signore, venuto sulla terra a tracciare una strada nuova, segnata dalla sofferenza della Croce in vista del Regno. Per tale motivo rifiuta la logica del potere politico e la spettacola-rizzazione dei segni prodigiosi.

Egli non soddisfa le aspettative di quelli che attendevano un Messia apocalittico che avreb-be fatto ricorso ai miracoli per catturare il consenso della folla ed essere un dominatore. Prefe-risce presentarsi semplicemen-te come il Messia sofferente, l’agnello sacrificale per la sal-vezza dell’umanità.

Anche in Luca (4,1-13) il rac-conto è posto all’inizio del mi-nistero di Gesù e ha un valore programmatico, quasi un com-pendio delle numerose prove che anche il Signore avrebbe subito nella sua vita fino alla sua morte in croce. L’evangelista alla fine del racconto sottolinea che il diavolo si allontana da Gesù per ritornare nel tempo fissato. Nelle tentazioni si manifesta pienamente l’umanità di Gesù

e la sua completa solidarietà al-l’uomo.

«Era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo». Il luogo e il tempo richiamano l’esodo d’Israele, segnato dalle tentazio-ni del diavolo. Allora come oggi, egli vuole separarci dall’amore di Dio e dal compimento della sua volontà. Assai significativa è l’espressione che troviamo nel testo del Siracide: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione“ (2,1). E dalle insidie dell’ingannatore non è risparmiato neppure il Figlio di Dio. Il diavolo infatti è colui che insinua, come già con Adamo, il sospetto di un Dio invidioso dell’uomo, e la possi-bilità anche di poter vivere sen-za di Lui. Le conseguenze di tali

tentazioni e relative cadute le conosciamo bene e vanno dalla separazione da Dio a quella dei fratelli, dalla lotta tra il bene e il male che avvertiamo dentro di noi allo scisma nei confronti della natura. Le tentazioni ri-guardano i tre bisogni fonda-mentali dell’uomo: il cibo, il po-tere sulle persone, il fascino del mistero di essere come Dio.

«Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Il pane è il primo bisogno del-l’uomo ed a Gesù basterebbe davvero poco per compiere il miracolo e soddisfare così que-sto bisogno. Egli al Battesimo è stato dichiarato Figlio di Dio e qui non si pone in questione questa identità. Si ha l’impres-sione di assistere ad una disputa teologica sulla base dei testi sa-

cri. Gesù, proprio perchè Figlio, non intende vivere questa sua relazione con Dio suo Padre, cercando di piegarlo alla sua vo-lontà. Egli compirà il miracolo del pane, e non a proprio van-taggio, ma come segno di soli-darietà nei confronti della folla che lo ha seguito per ascoltare la sua parola. E anche in questo contesto il rimando è ad un al-tro cibo di cui l’uomo non può fare a meno, la Parola di Dio. Gesù, egli stesso Parola, si farà cibo non con un miracolo, ma sacrificandosi per noi. E così ot-terrà il Regno, non prostrandosi davanti al diavolo, ma accettan-do di essere innalzato in croce per attirare tutti gli uomini a sè. Se non ti pieghi davanti a Dio, certamente sei prostrato davan-ti ad altri dei.

Ritorno ad IsmaniDopo trentaquattro anni, il 12 gennaio

scorso, sono ritornato nella nostra parrocchia di Isimani in Tanzania, insieme ad un gruppo di amici.

Ad accoglierci, all’aeroporto di Dar es Sa-lam, l’infaticabile don Angelo Burgio, con la sua fluente barba brizzolata ed un sorriso di compiacimento per gli ospiti che arrivava-no.

Una fugace sosta nella Sicily house per ritemprarci dalle fatiche del viaggio ed av-viarci, l’indomani, alla volta di Ismani, per-correndo i 600 km di distanza con un pul-mino allietati dall’incantevole paesaggio dei villaggi africani, degli enormi baobab, degli animali incontrati al Mikumi park. Arrivia-mo alla missione a tarda sera, impolverati, stanchi ma contenti. Ad accoglierci festo-samente le suore Teresine, il vice-parroco don Vitalis e alcune persone del luogo. Ero finalmente in quel luogo che trentaquattro anni fa mi aveva incantato e affascinato a tal punto da pensare di rimanervi come mis-sionario.

Isimani: una missione dalle molteplici facce. All’avanguardia rispetto ad altre mis-sioni della zona per la realizzazione di alcu-ni progetti ma ancora bisognosa di aiuti e di attenzione per altri problemi di povertà, miseria, malattie che interessano la popola-zione e la zona.

La parrocchia, abbastanza grande (40.000 abitanti), ha il suo centro nella missione di Isimani e ben 25 villaggi distanti dal centro sino a 60 Km collegati tra loro da strade sterrate e polverose che diventano pantani e pozzanghere nel periodo delle piogge, ren-dendo difficile il transito anche alle jeep.

Negli anni di nostra presenza e gemellag-gio, i missionari, con gli aiuti ricevuti dalla diocesi e da fuori diocesi, hanno costruito diverse strutture tra cui la Vecchia Missione e Nyumba Yetu.

La Vecchia Missione è costituita da una grande Chiesa di forma esagonale, capace di contenere diverse centinaia di persone, dalla casa dei padri, degli ospiti e delle suore

teresine, dalla casa-scuola di taglio e cucito e di falegnameria, dall’asilo, dal centro cul-turale (scuola di musica, sala computer e biblioteca), da un’officina meccanica, da un mulino e poi gli allevamenti di maiali, capre, polli, un orto, alcuni magazzini-deposito per i vari materiali e un gruppo generatore a diesel per fornire energia elettrica dalle 19,00 alle 22,00.

Diverse sono le persone indigene che col-laborano il missionario per la gestione delle strutture. A dirigere tutti i lavori del centro missione l’infaticabile don Angelo e quattro suore teresine.

Negli ultimi anni è sorto il complesso denominato Nyumba Yetu, un insieme di strutture modernissime ed esteticamente molto belle per la prevenzione e cura dei bambini sieropositivi ma anche per la pre-venzione e terapia degli adulti oltre a sup-porto extra.

Tutto il complesso è racchiuso da un muro di cinta, un lungo, ampio e alberato viale permette l’accesso ai diversi padiglio-ni in muratura dai colori vivaci e variopinti, con tetto di lamiera le cui stanze ammat-tonate sono fornite di bagni (con riserve idriche). Dieci padiglioni sono destinati ad ospitare i bambini affetti da AIDS con le mamme assistenti, mentre gli altri ospitano le suore AMI, l’amministratore logista, il re-fettorio, la sala teatro, il dispensario, le cure per l’AIDS, il personale maschile, il persona-le femminile, l’officina, e tre per gli ospiti ed i volontari. Non mancano gli ambienti de-stinati all’allevamento di mucche e galline, oltre ad un inceneritore, una sala mortuaria e un magazzino, con un altro generatore diesel per fornire luce a Nyumba Yetu, e decine e decine di recipienti per l’acqua. Al centro tra i padiglioni sorge un chiosco a forma circolare, con tetto di frasche in puro stile africano attorno al quale sorge il parco giochi per i bambini.

Per quanto concerne la gestione ed am-ministrazione Nyumba Yetu è autonoma rispetto alla Missione. A dirigere il centro

come amministratore-logista, a nome e per conto della nostra diocesi è Augusto, un volontario. Mentre ad amministrare il centro sanitario ed a curare i 30 bambini attualmente ospiti sono le AMI, Angela (pediatra), Sheela (operatrice sociale), una volontaria aggregata alle AMI, Luciana (aiu-tante e puericultrice) oltre ad altro persona-le retribuito (guardiani, autista, infermiere, mamme per badare ai bambini, cuoche, giardiniere, lavandaia, tubista ecc.).

In questo viaggio ho potuto constata-re come la Vecchia Missione necessiti di una ristrutturazione delle strutture le qua-li, risentono dell’usura del tempo e di una mancata manutenzione. Bisognosi di ri-strutturazione anche alcuni immobili (la casa dei padri, degli ospiti, dei falegnami e delle ragazze, il mulino e l’officina) e di ma-nutenzione altre strutture (la Chiesa, l’asilo, la casa delle suore, ed altri saloni e locali). Sarebbe opportuna la figura di un laico am-ministratore-logista, per una più razionale gestione delle strutture e delle persone, che permetta di sgravare il missionario dal peso e dalla responsabilità della manutenzione e dell’ordinaria amministrazione.

Seguendo da vicino la vita del missiona-rio e l’intensa attività spirituale e pastora-le che svolge mi sono accorto con quanto amore, dedizione, sacrificio, rinunzia don Angelo, da diversi anni, svolga da solo que-sto ministero. Ho trovato una comunità viva, pastoralmente ben organizzata, con i suoi organismi di partecipazione, con un nutrito gruppo di catechisti che animano i centri pastorali dei villaggi, con una forte animazione vocazionale.

Recarmi con don Angelo in alcuni villag-gi dell’estrema periferia della missione, mi ha permesso di constatare i disagi che tale viaggio comporta: la schiena a pezzi per-ché si cammina su terra battuta, la polvere che ti incipria le membra e ti secca la gola, il rischio di rimanere bloccati per l’acqua o di ribaltarsi con l’auto nell’attraversare il fiume. Ed all’arrivo a destinazione nessun

momento di ristoro, ma subito accogliere le persone, risolvere i problemi di tanti, chiedere notizie al catechista sulla vita del-la comunità, confessare per ore sotto l’om-bra di un baobab, e poi la messa in anguste cappelle piene di mosche ma allietate dai canti e dalle danze dei piccoli e dei grandi per fare poi ritorno al centro missione nel tardo pomeriggio, a volte anche a digiuno, per presiedere i vespri o l’adorazione.

Credo che dovremmo essere tutti ri-conoscenti a don Angelo per il prezioso lavoro che svolge da tanti anni ad Isimani. La missione di Isimani ha ancora bisogno della nostra presenza, per cui è tempo di rilanciare il nostro impegno diocesano non solo in termini di aiuti economici, ma di presenze sacerdotali e volontari laici per continuare a portare a quei nostri fratelli l’annuncio di salvezza e liberazione di Cri-sto.

Melchiorre VuteraVicario Generale

IRInga-tanzanIa La testimonianza del Vicario Generale di ritorno dal viaggio

Le attività per IsmaniADOZIONI A DISTANZA L’adozione a distanza è un impegno che consente a chi lo as-

sume di prendere in carico, in prima per-sona, un bambino o un ragazzo africano, provvedendo con un modesto impegno economico, ai suoi bisogni. L’adozione a distanza ha molte-plici scopi. Il primo è quello di promuovere la scolarizzazione; poi provvedere alle neces-sità di tipo sanitario; infine dare anche un sostegno di tipo econo-mico alla famiglia.

È possibile adottare a distanza un bambino (scuola primaria), uno studente (scuola secondaria o a indirizzo professionale), un seminarista. La quota annua per l’adozione è di € 230,00 per il bambino, € 200,00 per lo studente, € 250,00 per il seminarista. Per fare una donazione al Progetto Adozioni Missione Agrigentina di Ismani usare: c.c.p. 12416921 o fare bonifico intestato a Diocesi di Agrigento Banca Prossima causale ISMANI adozione (BAMB/STUD/SEM) IBAN IT09C0335901600100000006841.

MOSTRE Durante l’anno vengono organizzate, a richiesta di gruppi o

parrocchie e in collaborazione con varie realtà comunitarie, mo-stre di artigianato, nelle quali vengono esposti e messi in vendita manufatti africani (oggetti in ebano, dipinti, etc…). Il ricavato viene devoluto interamente alla Missione. L’attività delle mostre è spesso affiancata da incontri dedicati alla informazione e alla sensibilizza-zione attraverso le testimonianze dei volontari.

BOMBONIERE SOLIDALIPer vivere i momenti più importanti della vita (matrimonio, na-

scita, laurea) con il pensiero rivolto a Ismani, vengono confeziona-te bomboniere, realizzate con stoffe africane ed oggettini di arti-gianato locale, il cui ricavato va interamente alla missione. Durante il Natale e la Pasqua i volontari preparano dolci, uova di pasqua ed agnellini solidali.

CALENDARIOOgni anno, viene realizzato un calendario corredato da im-

magini, prese direttamente dalla realtà quotidiana di Ismani, e da pensieri, espressivi della cultura africana. L’iniziativa vuol rendere presente ogni giorno dell’anno la realtà di Ismani e portare in sem-pre più case un segno di condivisione con la vita della Missione. La vendita del calendario concorre, infatti, con gli altri progetti, al suo mantenimento.

PROGETTI PER LE SCUOLE “Una giornata da bambino a Ismani” per le Scuole Primarie e

Secondarie di I grado; “L’altra faccia del mondo” per le Scuole Se-condarie di II grado.

Quaresima di Fraternità 2010La raccolta per la Quaresima di Fraternità (21

marzo) sarà dedicata a progetti finalizzati alla pro-mozione dello sviluppo locale dei nostri fratelli di Ismani:

· Borsa per studi universitari - € 2.000,00· Borsa lavoro per artigiani - € 5.000,00· Microcredito per avviamento lavoro - € 1.000,00· Macchina da cucire per sarti - € 250,00· Kit di strumenti per falegnami - € 300,00· Corsi di formazione e aggiornamento per il per-

sonale locale della Missione - € 500,00· Lavori nei campi: - Manutenzione e carburante

per il trattore comunitario - € 1.500,00; - Aratro € 100,00; - Attrezzi e sementi per un nucleo familiare € 250,00

· Costruzione di una chiesa - € 30.000,00· Costruzione di un oratorio - € 20.000,00

Puoi contribuire anche tu ai progetti:• Borse di studio per università e 2.000,00 • Borse lavoro per artigiani e 3.000,00• Formazione per gruppi di donne agricoltrici e 5.000,00• Microcredito per avviamento al lavoro e 1.000,00 • Macchine da cucire per sarti e 250,00• Strumenti lavoro per falegnami e 300,00• Corsi di formazione e aggiornamento per il personale dei servizi della missione e 500,00• Lavori nei campi: - Manutenzione e carburante per il trattore comunitario e 1.500,00- Aratri e 100,00 - Attrezzi e sementi per un nucleo familiare e 250,00• Costruzione Chiesa e 30.000,00• Costruzione Oratorio e 20.000,00

Francesca e Lucia

ARCIDIOCESI DI AGRIGENTODelegazione Diocesana per la Missione Agrigentina di Ismani

Via Duomo 106 - 92100 Agrigento - Tel. e Fax 0922 490033 - Cell. 320 1145893e-mail: [email protected] - www.ismani.org

0922

602

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Page 8: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo21 Febbraio 2010Attualità

diario multimedi@le«Quella canzone

stonata per Eluana»Caro diario,come da copione di laicismo “doc” sempre più cini-

camente ed oscenamente modaiolo, anche stavolta, per un recente fatto di cronaca, solo una minoranza media-tica tutt’oggi fortunatamente non allineata e coperta fra i megatrupponi della disinformazione mercenaria ha ri-tenuto doveroso dare ascolto non agli strepitanti “diktat” dell’omologazione alla menzogna ma all’imperativa voce d’una coscienza che, in quanto tale, a qualunque costo deve rapportarsi sempre a quella verità che altri, per le ormai notorie e meschine strategie di manipolazione del credibile, disgustosamente sono impegnati a mistificare 24 ore su 24 con prestidigitazioni di riletture, riscritture e rilanci all’opinione pubblica. Un condannato a morte (sebbene ipocritamente “dolce”: leggasi “eutanasia”), ri-spondendo con un battito di ciglia al quesito di un in-tervistatore tv, ha voluto coscientemente ribadire ed in-vocare, dinanzi ai suoi premurosi carnefici quasi mai in buonafede, il suo diritto alla vita, sempre e comunque: e cioè malgrado gli artigli e le indicibili sofferenze d’una malattia senza, purtroppo, alternative di reversibilità. Ed in egual modo, le stesse milizie d’assalto di Catoni e servi mediatici hanno ritenuto inopportuno e con-troproducente per i loro ignobili disegni dare il dovuto risalto anche all’altrettanto fresca scoperta scientifica (e quindi non di parte, non oscurantista, non reazionaria, non clericale) della persistenza, pur nello stato di coma, del pensiero (e quindi della certificazione inequivocabile d’un dato di fatto, la Vita): una conquista del sapere che, in tutta evidenza, smaschera tante bugiarde manovre.

Ed è di questi giorni, per l’anniversario della morte anche il ritorno al caso di Eluana Englaro, con la solita ridda di chiacchiere e litigi, e pure l’immancabile libro in cui il padre ha difeso, peraltro con dignitosa compostez-za, le proprie scelte (rispettabili punti di vista, qualcuno “democraticamente” andrà a sentenziare: però, e come tutti sappiamo, non s’è trattato, purtroppo, solo di pun-ti di vista). Qualche lettore m’ha chiesto un commen-to specifico, dopo diverse rubriche scritte “a caldo” in tema, anche su Povia, l’autore ed interprete di successi come “Quando i bambini fanno oh!” e di brani corag-giosi e “fuori dal coro” (come quel “Luca era gay” accu-sato di omofobia solo perché aveva osato non esaltare l’omofilia come moda comanda e popolo bue assecon-da), il quale ha dedicato al caso Englaro una canzone che i lettori ascolteranno in questo “week-end” targato Sanremo. Povia, dunque. A chi credeva (o insinuava) che, visto l’aggancio più o meno esplicito alla vicenda, la Chiesa dovesse fargli un tifo “da Festival”, ecco il Car-dinale Tonini: “É una vera e propria profanazione... É un’operazione di pessimo gusto: c’é di mezzo il dramma di una giovane donna, dei suoi genitori ed un Paese che su questa vicenda si é diviso duramente. E tutto questo viene usato per una canzone da portare a Sanremo? Qui si punta a fare del ‘caso Englaro’ un facile richiamo me-diatico”. E non solo, direi, visto che anche con Sanremo si fanno pur sempre soldi a palate: e ciò, ripensando ad Eluana, non mi sembra poi tanto etico. Ma il problema è anche un altro. Ho letto il testo di Povia. Non mi con-vince, è ambiguo, costruito. E mentre sembra “pro Elua-na” (“Chiedo solamente di volare, sopra le parole, sopra tutte le persone, sopra quella convinzione di avere la ve-rità”) per il resto appare saturo di giustificazionismi su chi ritenne “normale” esautorare Dio e toglierle la vita (“Ora posso amare, ora posso correre e giocare…Che ne sanno del dolore, di quello che si può provare per una disperata decisione”). Boh, che dirti, caro diario? Ah, se anche da quegli “amabili resti”, prima d’essere costretti a diventare tali, un solo battito di ciglia avesse aperto gli occhi a chi aveva deciso di chiuderli e farli chiudere per sempre!

Nuccio Mula

Su di un campo di giuoco ai limite della pra-ticabilità, l‘Akragas, con merito, ma anche con un po’ d’affanno, ha conquistato una vittoria importante che le permette di portarsi a ridos-so delle comprimarie Favara e Marsala 1912, costrette la prima al pareggio dal Bagheria e la seconda al riposo forzato. Il manto erboso dell’Esseneto, ridotto ad un acquitrino per la pioggia caduta in questi giorni, ha costretto il tecnico Leo Pellegrino a rivedere la formazio-ne dell’Akragas, che lascia a riposo Conciadi, Castiglione, Sciacca e Flamia, preferendo gio-catori più adatti alla situazione ambientale. La partita si mette subito bene per i bianco azzurri che, al quinto minuto, sbloccano il ri-sultato con Bonfatto che, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, batte, con un colpo di testa, l’estremo difensore della ospite. La Folgore di Castelvetrano reagisce con energia, ma crea pochi pericoli alla porta agrigentina. Una sola volta, nel corso del primo tempo, rischia di pareggiare causa il pallone viscido, che arriva tra i piedi di Abbene che sorpreso manda, tut-to solo, sopra la traversa. Molto equilibrata la partita nel secondo tempo, con la Folgore che cerca di pareggiare, ma ci riesce in fuori gioco, con l’arbitro Rotolo di Palermo, che annulla su segnalazione di un suo collaboratore. Il gran cuore degli agrigentini permette loro di vin-cere una partita fortemente voluta. E di rice-vere scroscianti applausi al termine della gara, dagli spettatori, giunti numerosi allo stadio. I tre punti conquistati permettono ai dirigen-ti, ai giocatori e agli sportivi di credere nella

possibilità di un salto di categoria, da tempo, da tutti, agognato. Il Favara, contro il Baghe-ria, le ha tentate tutte per vincere la gara, ma le condizione ambientali non hanno permes-so a Bennardo e compagni di portare a casa l’intera posta in palio, per i favaresi il campio-nato è alla loro portata e restano pur sempre tra le favorite per il successo finale. Brillante affermazione casalinga del Kamarat, che con il classico punteggio di 2 a 0, liquida la Sancataldese di Lirio Torregrossa. La squadra di Renato Maggio non fa mistero di puntare ai play off, per giocarsi, fino in fondo, la possibilità di sorprendere ancora, conside-rata la bontà dell’organico e di un pubblico alquanto maturo. La Gat-topardo, che in questa domenica ha liquidato il forte Villabate, ha gli stessi obiettivi di Akragas, Kamarat e Favara considerato lo stato di sa-lute della squadra di Balsamo, tutto è possibile. Giornata positiva anche per il Campobello di Licata, che rie-sce ad ottenere un pari sul campo di Custonaci. La squadra Licatese ha intatte tutte le possibilità di salvarsi senza passare dai play out.

Nel campionato di calcio di Promozione,irone A. Larga vittoria del Ribera dell’ex akragantino Anto-nio Montalbano, che rifila un poker di rete al Castellammare. Con i tre punti conquistati la squadra Cri-

spina torna in vetta agganciando il Valderice fermato in casa dall’Isola delle Femmine. Buon pareggio esterno, ottenuto sul campo del Ca-rini, da parte del Cianciana. Disco rosso per il Canicattì , battuto dal Campobello di Mazza-ra e per il Gemini a Terrasini. In piena crisi lo Sciacca costretto a rinunciare alla trasferta di Raffadali

Salvatore Sciascia

Panorama Calcistico

CLASSIFICA CALCIO DILETTANTISTICO

ECCELLENZA A PROMOZIONE GIR.A

Favara 41 Ribera 1954 48SC Marsala 40 Valderice 48Akragas 38 Castellammare 38Gattopardo P. 38 Favignana 38Kamarat 36 Campofranco 35Marsala Asd 32 Atl. Alcamo 31Parmonval 30 C. Terrasini 31Folgore S. 29 Raffadali 31Sancataldese 24 Cianciana 30Riviera Marmi 23 Campobello 29C. Villabate 22 Canicattì 26S. Arenella P. 20 Isola delle Femmine 25Bagheria 19 Strasatti 23Campobello di L. 18 S. Giovanni Gemini 22Enna 17 Carini 15Licata ritirato Sciacca 11

L’Akragas vince e spera nella vetta

Nella terra delle grandi emergenze chiacchierate, resta silenziata la più

grande: quella di un Paese che, ovunque, frana; quella di una comunità civile anco-ra oggi incapace di mettere in atto, se non una vera propria difesa, almeno un’ordina-ria manutenzione del suolo nazionale.

Seria, come quella che Guido Bertolaso – gliene va dato atto oggi che si trova preso nella bufera più furiosa – invoca inascoltato da anni. Ieri Giampilieri e Favara, oggi San Fratello. Per ogni tragedia, vissuta o semplicemente sfiora-ta, il prevedibile accularsi di polemiche che la pioggia porterà via.

Il problema del dissesto idrogeologico è nell’agenda di tutti i governi italiani dal dopo-guerra a oggi. E la nuova frana, un’autentica spada di Damocle sul Messinese, ricorda un altro gigantesco smottamento, quello di Agri-gento... Era il 1966. In mezzo secolo, poco o nulla è cambiato. Secondo l’Agenzia europea

per l’ambiente, negli ultimi anni si è assistito a un brusco aumento di catastrofi naturali che rischia di proseguire in futuro. Nel mirino ci sono in particolar modo Toscana, Emilia Ro-magna e praticamente tutto il Mezzogiorno. Il 38% delle vittime delle inondazioni e delle alluvioni in Europa sono italiane e i disastri “naturali” spazzano via ogni anno lo 0,2% del nostro Pil. È una contabilità macabra e indi-gesta, che solitamente preferiamo ignorare. E quando proprio non possiamo girarci dall’altra parte – perché abbiamo approvato noi stessi le leggi che ci vincolano, nelle autorizzazioni edi-lizie, ai più elementari criteri di prevenzione – provvediamo ad aggirare l’ostacolo. Se si è arrivati al punto di progettare una società per azioni per gestire le emergenze nazionali, pro-babilmente è anche perché continua a franare anche il senso dello Stato inteso come corpus di diritto e di relazioni istituzionali che regola-no la nostra vita.

Il dissesto cui assistiamo impotenti è la conseguen-za di decenni di espansione urbanistica incontrollata, di cementificazione selvaggia e di artificializzazione dei corsi d’acqua. Governo inte-grato delle risorse di bacino, uso sostenibile delle risorse, solidarietà territoriale (e in-tergenerazionale) sono crite-ri acquisiti nella legislazione italiana, ma generalmente inapplicati quando si passa dai programmi alla prassi amministrativa. Non è raro, quando la terra si mangia le persone, assistere a solle-vazioni di sindaci e ammi-nistratori inviperiti, che ac-cusano lo Stato di non dare loro gli strumenti necessari. Pochi ricordano che la ri-forma “federale” dello Stato ha trasferito ogni controllo in materia di difesa del suolo agli enti locali: dopo le leggi Bassanini e la Riforma del Titolo V della Costituzione le Regioni hanno compe-tenze specifiche nel governo del territorio e delle risorse

che servono ad assicurarlo, mentre lo Stato centrale conserva il compito di programmare e finanziare gli interventi di difesa del suolo: è evidente che solo dalla leale collaborazione tra Stato e Regioni può venire una soluzione.

Più concretamente, per tornare ai casi si-ciliani (e non solo), se si escludono i controlli sui piani paesistici e quelli sui piani di assetto idrogeologico, il governo nazionale non ha strumenti per condizionare la scelta delle aree su cui costruire. E nessuno può sostenere che manchi l’informazione per costruire bene e al posto giusto: il monitoraggio del rischio idro-geologico realizzato dal Ministero dell’Am-biente e dai Carabinieri copre ormai oltre il 90% del territorio nazionale.

Lo ripetiamo: nessuno può dire di non sa-pere. E nessuno può affermare di non dovere. Lo Stato e le Regioni, che continuano a non dialogare eppure invocano la programmazio-ne. I Comuni, che deliberano autorizzazioni edilizie e piani urbanistici spesso a prescindere dai piani di assetto idrogeologico (le fotografie del rischio che restano nei cassetti delle Regio-ni, le quali, dopo averli redatti e approvati, do-vrebbero controllarne il rispetto). Incombono quindi cento, mille San Fratello. E non possia-mo continuare ad affidarci alla speranza che non piova mai.

Paolo Viana

EMERGENZA GRAvE Come le omissioni

Non basta più sperare che non piova

I paradossi del dissesto nella regione

Per anni si è costruito troppo e male, tollerando scem-pi sulla natura e abusi edilizi, mentre suonavano inascoltati i campanelli d’allarme. La morale è sempre la stessa, ma leggere ancora una volta i numeri di una possibile tragedia annuncia-ta è purtroppo istruttivo. Nella sola Sicilia sono 300 i Comuni a rischio idrogeologico «molto elevato»: circa 8 su 10, per un totale di 2.030 chilometri quadrati considerati «pericolosi». Il caso di San Fratello, ben noto agli addetti ai lavori da decenni, è solo l’ultimo di una serie recente che ha coinvolto in pochi mesi città e paesi, da Messina a Ischia a Massaciuccoli. Solo per l’iso-la di Scilla e Cariddi, sarebbe stato necessario un investimento quantificato, tra il 1998 e il 2003 (periodo a cui risalgono gli ul-timi dati disponibili) pari a 1,8 miliardi di euro. Sapete quanto è stato invece stanziato? Meno di 50 milioni di euro. Si fa poco o nulla, dunque, per la messa in sicurezza dei territori e delle case e a poco servono le denunce di comitati civici e associazioni ambientaliste.

Nel frattempo, cosa se possibile ancora peggiore, i consorzi di bonifica, cui spetta la manutenzione di dighe e canali, sono ormai commissariati da 18 anni: è la conferma di uno stato d’emergenza permanente, che però non è riuscito a risolvere problemi strutturali di malagestione e ha finito, secondo i ma-ligni, per esautorare di competenze i veri esperti e per moltipli-care spese e poltrone a favore della classe politica locale.

Diego Motta foto www.haisentito.it


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