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Le Arti 1940-41bollettinodarte.beniculturali.it/opencms/multimedia/BollettinoArteIt... · vese...

Date post: 21-Oct-2020
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------ 180 ---------------------- -- ---- -- ------------ - LE ARTI scolio teocriteo ad un culto di Ninfe presso Si- -bari, un altro in terra messapica, un terzo a Cuma, un quarto ad Ischia. La tradizione raria e figurativa non ricorda un simile culto a Locri; ma a chi ben guardi, non può sfuggire la notizia d'un culto delle Cariti o, più proba- bilmente secondo una congettura del Diehl ,), delle Muse, quale ci è attestato da PIND. , Ol., X, 14 e frg . 1406, 63 sgg. (Diehl). Noi crediamo che la Grotta sacra delle Ninfe e di Pan sia una continuazione ell enistica d'un culto antichis- simo locrese, che getta qualche bagliore di luc e sia su un pinax con Eros ed Mrodite f), sia sulle sporadiche ma frequenti notizie sui /J.OX(!t- e sull'uso della prostituzione sacra. L'abbondanza di queste figurette nude di hie- rodoulai che si son trovate alla Mannella, e che nella nostra stipe si ripetono con uno stanco schema arcaico ormai stereotipato, dimostra che il culto di qu este Ninfe connesso con un culto erotico, panico e dionisiaco, di cui la poe- sia di Stesicoro, di Senocrate, di T eano e di Nossis doveva celebrare la voluttuosa grazia. Lo studio di questa ricchissima stipe sacra, che qui si è adombrato nelle sue idee essenziali, dimostra che Locri, anche in età repubblicana, mantiene vivo il suo carattere ell enico e lo in- fonde in u,na serie di opere fittili che hanno anche carattere originale. Dall'epoca dei pina- kes arcaici in poi, sembrava che le officine fit- tili locresi avessero sempre taciuto. Risorge in- vece l'industria fittile nel II secolo a. C., con motivi geniali che .fanno di Locri una delle cit- italiote · più degne della passione dell'archeo- logo. PAOLO ENRICO ARIAS. VASI ATTICI CON FIGURE ROSSE DEL MUSEO ARCHEOLOGICO DI GENOVA-PEGLI. Nel Museo Civico d'Archeologia Ligure di Pegli esiste una bella raccolta di vasi Greci. Alcuni di essi provengono dagli scavi della ne- ? Si veda PAULY-WISSOVA, Real Encykl. Altertumwiss, XIII, 2, p. 1355, s. v. Lokroi Epizephyrioi (W. Adfather). 8 Q. QUAGLIATI, in Ausonia, 1908, p. 190. NOTA. - Sento il dovere di ringraziare qui pubblicamen- te i professori e colleghi Cons. Naz. G. Q. A. Giglioli della R. Università di Roma, Dott. Martin Robertson del Br. Mus., Dott. Ernst Wedeking c Nicola Mossolow dell'Ist.i- tuto Archeologico Germanico, Prof. Costantino Bulas della R. Università di Cracovia, Dott. Elena Zevi (Roma), c Prof. Nina Sardo (Palermo) che mi furono larghi del loro aiuto fornendomi notizie e fotografie o facendo per me ricerche. cropoli di Genova e sono stati già pubblicati c studiati l); altri, quelli della collezione lasciata alla città di Genova da S. A. R. il Principe Odo- ne di Savoia, sono tutt'ora inediti e per la mas- sima parte quasi ignoti agli studiosi, nonostante vi siano fra essi pezzi di grande interesse. Credo quindi di non fare cosa segnalando qui il gruppo artisticamente più importante, quello cioè dei vasi attici con figure ros·se. Cronologicamente in testa alle serie sta una pelike di stile severo 2 ), nella quale una sola figura per ciascun lato spicca sul fondo intera- mente nero del vaso (figg. 1,2). Nessuna dc- corazione all'infuori di un breve tratto di mean- dro aperto al di sotto delle figure e di una linea rossa un poco più in basso. I personaggi sono due sa tiri , dalle orecchie equine, dalla folta barba e dalle spesse so prac- ciglia, come ama rappresentarli l'arte del prin- cipio del V secolo a. C_ L'uno di essi, stante, itifalIico, ha gettato sulle spalle a guisa di man- tello lo himation, che cade in lungh e pieghe facendo un magnifico sfondo alla figura. Il secondo invece, interamente nudo, siede su una roccia stringendo fra le braccia tese il ginocchio sinistro. E la posizione vivace ed ela- stica che si ritroverà più tardi nell'Ares del fregio di Partenone e nell'Ares Ludovisi . Quanto mai caratteristico è il modo con cui sono indicati i particolari anatomici, espressi con tratti neri o a vernice diluita. Le digita- zioni del gran dentato sono formate da due serie di V contrapposti per il vertice, l'arcata epigas trica è indicata stranamente da una spe- cie di occhiello il cui contorno superiore si pro- lunga in ba sso fin quasi all'anca segna ndo il termine delle costole, la cresta iliaca è a tri- plice curva. È facile riconoscere sia nello stile generale, sia appunto in queste caratteristiche molto personali dell'artista la mano del « Pit- tore di Berlino» 3). Anche il trattamento del panneggio, e spe- cialmente il modo in cui le pieghe del manto del satiro stante tcrminano inferiormente con In particolar modo ringrazio il Comm. Orlando Gros- so Direttore dell'Ufficio di Belle Arti c Storia del Comune di Genova per le grandi agevolazioni che sempre mi concesse. 1) PARIB:ÈNI, in Altsonia, V, 1910, p. 13; RIZZO, NoI. Sc., 1910, p. 157. 2) Alt. m.0,305; diamo alla bocca m.0,142. 3) BEAZLEY, J. H. St., XXXI (1911), p. 76 sg.. e XLII (1922), p. 70 sg.; V. A., p. 31 sg.; A. V., pp. 76-88 e 469-471; Der Bcrliner Maler (1930); Mon. Piot., XXXV (1935-36), p. 64 sg.; RICHTER, Red figured Athenian Vases in the Metropolitan Museum of Art, New York, 1937, I, p.38. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte
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  • ------ 180 ------------------------------------------- LE ARTI

    scolio teocriteo ad un culto di Ninfe presso Si--bari, un altro in terra messapica, un terzo a Cuma, un quarto ad I schia. La tradizione lette~ raria e figurativa non ricorda un simile culto a Locri; ma a chi ben guardi, non può sfuggire la notizia d'un culto delle Cariti o, più proba-bilmente secondo una congettura del Diehl ,), delle Muse, quale ci è attestato da PIND., Ol., X, 14 e frg . 1406, 63 sgg. (Diehl). Noi crediamo che la Grotta sacra delle Ninfe e di Pan sia una continuazione ellenistica d'un culto antichis-simo locrese, che getta qualche bagliore di luce sia su un pinax con Eros ed Mrodite f), sia sulle sporadiche ma frequenti notizie sui /J.OX(!t-xà ~C1p.aT:a e sull'uso della prostituzione sacra. L'abbondanza di queste figurette nude di hie-rodoulai che si son trovate alla Mannella, e che nella nostra stipe si ripetono con uno stanco schema arcaico ormai stereotipato, dimostra che il culto di queste Ninfe ~ra connesso con un culto erotico, panico e dionisiaco, di cui la poe-sia di Stesicoro, di Senocrate, di Teano e di Nossis doveva celebrare la voluttuosa grazia.

    Lo studio di questa ricchissima stipe sacra, che qui si è adombrato nelle sue idee essenziali, dimostra che Locri, anche in età repubblicana, mantiene vivo il suo carattere ellenico e lo in-fonde in u,na serie di opere fittili che hanno anche carattere originale. Dall'epoca dei pina-kes arcaici in poi, sembrava che le officine fit-tili locresi avessero sempre taciuto. Risorge in-vece l'industria fittile nel II secolo a. C., con motivi geniali che .fanno di Locri una delle cit-tà italiote ·più degne della passione dell'archeo-logo.

    PAOLO ENRICO ARIAS.

    VASI ATTICI CON FIGURE ROSSE DEL MUSEO ARCHEOLOGICO DI GENOVA-PEGLI.

    Nel Museo Civico d'Archeologia Ligure di Pegli esiste una bella raccolta di vasi Greci. Alcuni di essi provengono dagli scavi della ne-

    ? Si veda PAULY-WISSOVA, Real Encykl. Altertumwiss, XIII, 2, p. 1355, s. v. Lokroi Epizephyrioi (W. Adfather).

    8 Q. QUAGLIATI, in Ausonia, 1908, p. 190.

    NOTA. - Sento il dovere di ringraziare qui pubblicamen-te i professori e colleghi Cons. Naz. G. Q. A. Giglioli della R. Università di Roma, Dott. Martin Robertson del Br. Mus., Dott. Ernst Wedeking c Nicola Mossolow dell'Ist.i-tuto Archeologico Germanico, Prof. Costantino Bulas della R. Università di Cracovia, Dott. Elena Zevi (Roma), c Prof. Nina Sardo (Palermo) che mi furono larghi del loro aiuto fornendomi notizie e fotografie o facendo per me ricerche.

    cropoli di Genova e sono stati già pubblicati c studiati l); altri, quelli della collezione lasciata alla città di Genova da S. A. R. il Principe Odo-ne di Savoia, sono tutt'ora inediti e per la mas-sima parte quasi ignoti agli studiosi, nonostante vi siano fra essi pezzi di grande interesse. Credo quindi di non fare cosa i~utile segnalando qui il gruppo artisticamente più importante, quello cioè dei vasi attici con figure ros·se.

    Cronologicamente in testa alle serie sta una pelike di stile severo 2), nella quale una sola figura per ciascun lato spicca sul fondo intera-mente nero del vaso (figg. 1,2). Nessuna dc-corazione all'infuori di un breve tratto di mean-dro aperto al di sotto delle figure e di una linea rossa un poco più in basso.

    I personaggi sono due sa tiri , dalle orecchie equine, dalla folta barba e dalle spesse soprac-ciglia, come ama rappresentarli l'arte del prin-cipio del V secolo a. C_ L'uno di essi, stante, itifalIico, ha gettato sulle spalle a guisa di man-tello lo himation, che cade in lunghe pieghe facendo un magnifico sfondo alla figura.

    Il secondo invece, interamente nudo, siede su una roccia stringendo fra le braccia tese il ginocchio sinistro. E la posizione vivace ed ela-stica che si ritroverà più tardi nell'Ares del fregio di Partenone e nell'Ares Ludovisi .

    Quanto mai caratteristico è il modo con cui sono indicati i particolari anatomici, espressi con tratti neri o a vernice diluita. Le digita-zioni del gran dentato sono formate da due serie di V contrapposti per il vertice, l'arcata epigastrica è indicata stranamente da una spe-cie di occhiello il cui contorno superiore si pro-lunga in basso fin quasi all'anca segnando il termine delle costole, la cresta iliaca è a tri-plice curva. È facile riconoscere sia nello stile generale, sia appunto in queste caratteristiche molto personali dell'artista la mano del « Pit-tore di Berlino» 3).

    Anche il trattamento del panneggio, e spe-cialmente il modo in cui le pieghe del manto del satiro stante tcrminano inferiormente con

    In particolar modo ringrazio il Comm. Orlando Gros-so Direttore dell'Ufficio di Belle Arti c Storia del Comune di Genova per le grandi agevolazioni che sempre mi concesse.

    1) PARIB:ÈNI, in Altsonia, V, 1910, p. 13; RIZZO, NoI. Sc., 1910, p. 157.

    2) Alt. m.0,305; diamo alla bocca m.0,142. 3) BEAZLEY, J. H. St., XXXI (1911), p. 76 sg .. e

    XLII (1922), p. 70 sg.; V. A., p. 31 sg.; A. V., pp. 76-88 e 469-471; Der Bcrliner Maler (1930); Mon. Piot., XXXV (1935-36), p. 64 sg.; RICHTER, Red figured Athenian Vases in the Metropolitan Museum of Art, New York, 1937, I, p.38.

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    zig-zag ondulati, trova piena cOlTispondenza nelle opere d i questo pittore. Si confronti la nostra figura con l'athlothetes dell'anfora vati-cana n,o 488 4). Manca ai satiri genovesi la secca snellezza muscolosa , la t esa elasticità quasi fe-lina che caratterizza i satiri n elle migliori opere del maestro : l 'anfora di B erlino e le p r ime pa-natenaich e 5). L e figure si sono fatte più robu-ste, più tarchiate e m eno vivaci, la composi-zione più chiu sa e più raccolta. ìf

    La nobiltà del disegno, che si conserva an-cora m olto fin e ed accurato , ci impedisce d 'al-t ra part e di discendere alla fase più tarda in cui la grande arte del « Pittore di Berlino » de-genera in una produzione abbondante e sempre più scadent e. Questo ci induce a porre la no-stra pelike intorno al 480 a. C.

    Contem p oraneo è un magnifico rhyton a for-ma di test a di ariet e che senza dubbio è da considerarsi fra i capolavori della coroplastica attica arcaica 6) (figg. 3, 4).

    Il Beazley 7) mise in rilievo l'importanza ar-tistica e le caratteristiche di questo vaso, ac-cennandone a proposito di un altro rhyton quasi gemello conservato n ella collezione Czartoryski di Goluchow 8) (fig. 5) ed attribuì la d ecorazio-ne di entrambi al « Pittore di Brygos ».

    Rhy ta a forma di t esta d'ariet e si ritrovano già nella cer amica cipriota di età micenea 9) e più tardi in quella ionica arcaica l0); ma n el-l'arte attica 11) sono prodotti forse p er la prima volta n ell 'officina in cui lavora il « Pittore di Brygos » nel decennio che va da Maratona a Salamina e i rhyta di Genova e di Goluchow st anno, com e osserva il B eazley 12), in testa a tutta una serie di vasi di questo tipo che con-tinua n ella ceramica attica p er oltre un secolo.

    ') M useo Gregoriano, n, Tav. 50; J. H . SI. , XLII Tav.3.

    6) BEAZLEY, Der Berliner Maler, pp. 7 e 9. . 6) Alt. m. 0,194, lungh. 0,230. Muso e corna rispar-

    miati, bocca, narici e vello rosso-violacei. Occhio a ver-nice nera, diluita e bianca. Sul lato posteriore intorno al l'ansa sette palmette con germogli. Un orecchio mancante. Bibliografia: HOPPIN, R ed fig. Vases, I, p. 130, n.O 55; BEAZLEY, A . V., p. 181, n.O 79; ID. , Gr. Vases in Poland, p. 24, note. A. A. p. ?

    7) Gr. Vases in Poland, p. 24, nota 4. 8) BEAZLEY, op. ciI., Tavv. 10-11 ; C. V. A. , Goluchow,

    Tav. 23, n.O 4. 9) POULSEN, Zur Zeilbeslimmung der Enkomifunde,

    Jahrb. Inst., XXVI (1911), p. 237, fig. 20 (dalla tomba 86 datata XV-XIV secolo a. C.; ibid. , p.247).

    l0) MAXIMOVA, L es Vases plastiques, II, . Tav. 27, n.O 103; C. V. A., Louvre, III, I c; Tav. 7; n.1 12, 13, 14.

    11) Sui vasi plastici nella ceramica attica: BUSCHOR, Das Krokodil des SOlades, Miinch., Jahrb., 1919. Sui vasi a testa umana in particolare: BEAZLEY, Charinos, in l. H. SI. , XLIX (1929), p. 38 sg. Sulle possibili relazioni della

    Certamente essi sentono l'influenza di quelle t este d 'ariet e che la scultura monumentale del p eriodo pisistrateo aveva creato per la decora-zione dei t empli maggiori dell'Attica , di cui r e-stano a noi esempi n elle due a ssai frammentarie che ornavano la sima del tempio p eriptero di Athena sull'Acropoli 13), in quella magnifica del Telest erion di Eleu si 14) e in quella del San-tuario di Afrodite di Kaisariani sulle pendici dell'Imetto , che fino a poco t empo fa serviva p er getto di fontana 15).

    La seriorità delle due t est e fittili di Genov a · e Goluchow risp etto a quelle marmoree si di-mostra n el più vivace naturalismo che le anima.

    In esse infatti solo il v ello, espresso da bi-torzoletti posti r egolarmente in file curve, è an-cora arcaicamente stilizzato, m entre le forme del muso t endono ad avvicinarsi fortem ente a quelle della r ealtà.

    Un passo ulteriore sulla via delnaturalismo mostra il rhyton di Londra decorato dal (C Pit-tore di Syriskos» 16), in cui il muso è solcato da profonde rughe e il v ello ha ormai acqui-stato una corporeità di massa, p erdendosi quel-la d ei singoli ricci.

    Fra i due rhy ta di Genova e di Goluch ow riguardo alle t est e animali intercedono solo pic-cole differenze, di cui la più notevole è la po-sizione delle orecchie ). Un po' diversa è la forma delle coppe sovrapposte, diversissimo in-vece il piede, che n ell'esemplare polacco è un piede di kylix m entre quello del rhyton geno-v ese basso, largo e spostato in avanti v er so il muso resta senza confronti 17).

    Pare che il cc Pittore di Bry gos» 18) abbia prediletto quest e strane forme di vasi, p erchè n ella sua opera a noi rimasta troviamo, oltre ai

    testa d'ariete nell' arte attica con l'Egitto: FURTWAENGLER, Collo SabouTojf, testo a Tav. 70, n.O 1; RICHARDSON, in A. J. A., n serie, n (1898), p. 223 e Tav. VIII.

    12) Gr. Vases in Poland, loc. cito 13) WIEGAND, Die POTosarchitektur der Akropolis,

    p. 125, fig. 121 a) e b). U) KAvVADIAS, rAvn:ra n.O 58; LEPSIUS, Marmorstu-

    dien, n.O 275 ; RICHARDSON, loc. cito 16) WIEGAND, loc. cit., fig. 122; Ross, Kyllu Pera am

    Hymellos, in Arch. Aufwlze, I Samml. (1855), p. 221. 16) BEAZLEY, A. V. , p. 160, n.O 20; C. V.A. , Br. Mus.,

    III, I c, Tav. 41, n.O 1 a. b. C. 17) Il piede del rhy ton genovese è portato molto in

    avanti tanto che il vaso vuoto ne resta squilibrato. Ma .l'inclinazione della testa faceva sì che l'equilibrio fossc ristabilito appena introdottovi un po' di liquido. I vasi posteriori hanno la testa più orizzontale e il piede por-tato · al centro.

    18) Sul «Pittore di Brygos »: PFUHL, Malerei und Zeichnung d. Griechen, p. 459 (ivi prec. hibliogr.); BEAZ-LEY, V.A. , p. 85; A. V., p.175; RICHTER, R edfig. A,he-nian Vases in the M elropol. Mus. of New York, p. 63 sg.

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    nostri due rhyta a testa d'ariete, tre rhyta a testa di mulo, due a testa di cane e due kan-tharoi a doppia testa femminile 19). E tutti sono fra le opere più accurate della sua produzione. In tutti la sintassi decorativa è identica, ma solo il rhyton a testa di cane di Villa Giulia offre col nostro identità di soggetto: tre banchettanti sdraiati.

    Le figure del nostro rhyton, specialmente il flautista e .l'ubriaco che tende orizzontalmente il braccio, sono fra le più tipiche di questo ar-tista. La guaina del doppio flauto appesa alla parete, i punti neri nel panneggio, le corone e bende rosse nei capelli, ed anche l'iscrizione formata di lettere senza senso sono motivi che ricorrono con molta frequenza nella sua arte. Non è agevole inquadrare i vasi plastici in una determinata fase dell'attività del « Pittore di Brygos», perchè, come è noto, la sua arte si mantiene molto uguale ed è assai difficile distin-guere uno sviluppo nella sua produzione. Re-centemente la Richter 20) tentò con idea felice di dividere la sua opera in due periodi, uno giovanile ed uno più tardo, al quale ultimo as-segnò tutte quelle opere che venivano prima at-tribuite alla sua maniera, e che in genere sono un po' posteriori e artisticamente inferiori alle altre.

    L'ipotesi è molto verosimile, ma in tal caso i vasi plastici, che sono fra le opere più nobili e più vivaci dell'artista, vanno collocati nel primo periodo, cioè prima del 480 a. C.

    Vi sono nella collezione parecchi altri vasi plastici. Due di essi sono a testa umana; un kantharos a doppia testa di sileno e menade ed una oinochoe a testa femminile. Entrambi ap-partengono a tipi già noti elencati dal Beazl~y nel suo studio fondamentale su questa classe di vasi 21) e non richiedono pertanto una spe-ciale illustrazione. Il kantharos appartiene al gruppo O (Gruppo Sabouroff) datato fra il 480 e il 460; l'oinochoe al gruppo Q (Gruppo di Vien-na) un poco più recente (470-460).

    Più a lungo dobbiamo invece intrattenerci su un interessante ask6s a forma di dente sini-

    19) BEAZLEY, A. V. , pp. 181-182, n.O 77-84. 20) Loc. cito 21) BEAZLEY, Charinos, p. 65, fig. 16, e p. 68, fig. 21. 22) BEAZLEY, An askos by Makron, in A. J. A., XXV

    (1921), p. 326; BUSCHOR, op. cit., p. Il. Accenni in PFUHL, op. cit., p. 408, § 436, e in SCHEURLEER, Grieksche Kera-mik, p. 183.

    23) Misure (prese sull'askos di Genova): alt. m. 0,073, Iargh. 0,070, Iungh. del dente (senza beccuccio) 0,149, Iungh. totale 0,165.

    24) Provo da Vulci. Appartenne alle collezioni Durand, Forman e Sturge. Cat. Coli. Durand, n.O 1306. PANOFKA, Antiq. du Cabinet Pourtalès, p. 122; Cat. Collo Forman, I parte, n.O 365, p. 78; BEAZLEY, A. J. A., XXV, Ioc. cit.;

    stro di aragosta (figg. 6, 7), di un tipo assai raro nella ceramica greca 22). Ad una estremità del dente, sormontato da ansa a nastro, si uni-sce un beccuccio cilindrico.

    La parte interna della tenaglia è rosso-viola_ cea, la decorazione, nella tecnica a figuro! rosse consiste in un kymation ionico alla base dei collo e dell'ansa, in un germoglio con stelo av-volto a spirale sul dente minore, e in due figure di animali, una volpe e un cavallo correnti uno verso l'altro, disegnati in modo sommario ma espressivo, sul dente maggiore.

    Pochi altri esemplari di questa strana forma di askoi sono già noti da tempo. Non credo però inutile riesaminare l'intera serie nella quale si possono riconoscere vari gruppi di vasi identici.

    Quelli del primo.gruppo 23) hanno sul lato po-steriore quattro prominenze coniche appuntite poste su due file. Vi appartengono i seguenti esemplari:

    l) Genova; 2) Toronto 24). Parte interna della tena-

    glia dipinta in bianco. Alla base del collo e dell'ansa kymation ionico. Sul dente maggiore, giovane banchettante sdraiato con torace nudo e himation intorno alla parte inferiore del corpo. Stringe nella sinistra una kotyle e alza la destra all'altezza del capo. Iscrizione: Ho ~at; "aAO,.

    Un secondo gruppo è formato da vasi di forma analoga ai primi, ma di un ovale più regolare, e forniti di cinque anzi eh è di quattro prominenze coniche poste in due file 25). Vi ap-partengono tre esemplari.

    l) Berlino 26) Antiquarium n.O inv. 3405. Parte interna della tenaglia e prominenze

    bianche. Alla base del collo e dell'ansa kyma-tion dorico, sul dente maggiore Nike volante con patera.

    2) New York 27) (fig. 8). Parte inter-na della tenaglia e prominenze bianche. Alla base del collo e dell'ansa kymation dorico, sul dente maggiore, cavallo corrente verso destra e iscrizione: "aAO;.

    3) Londra. Br. Mus., E 765 28). Da Nola.

    ROBINSON, HARCUM, ILIFFE, Gr. Vases at Taranto, n.O 355, C. 367, p. 162; SCHEURLEER, Ioc. cito

    25) Misure (prese sull'askos di Londra): alt. m. 0,070, Iargh. 0,067, Iungh. del dente (senza beccuccio) 0,145, Iungh. totale 0,172.

    26) NEUGEBAUER, Cat. d. Antiquarium, p. 121, Tav. 56; BUSCHOR, Ioc. cit.; BAUR, Cat. Coli. Stoddard, p. 114; BEAZLEY, Ioc. cit.; ROBINSON, HARCUM, ILIFFE, Ioc. cit.; SCHEURLEER, Ioc. cito

    27) RICHTER, Bull. Metr. Mus., XX (1925), p. 130, fig. 5; RICHTER-MILNE, Names and ShapeS', fig. 113; BEAZ-LEY, 101.'. cito

    28) PANOFKA, Cab. Pourtalès, p. 122 e Tav. 30; G~RGIULO, Raccolta dei Monum. del R. Museo Borbomco,

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  • L E ARTI ----~----------------------~~------------- la3 ------

    Parte interna della t enaglia e prominenze bian-che. Sul dente maggiore daino e volpe correnti: sul dente minore un fiore.

    Gli autori del catalogo di Toronto attribui-rono con ragione al « Pittore di Syriskos» la figura di banchettante dell'ask6s di quel museo e osservarono anche quanto all'arte di quel maestro si riavvicini la Nike volante dell'ask6s di Berlino .

    Gli askoi di Genova, New York e Londra, di-pinti certamente tutti e tre dalla stessa mano con figure di animali, differiscono molto per lo stile dai due precedenti, dei quali anzi sembrerebbero un po' post eriori. Tuttavia 'l'identità di forma, che ritengo presupponga anche identità di ma-trice, v ieta di pensare a un serio divario crono-logico . La datazione più probabile per entrambi" i gruppi sarebbe quindi fra il 470 e il 460 a. C.

    E poichè due di questi askoi ci appaiono usciti dall'officina di Syriskos non sarebbe in-verosimile l'ipotesi che l'origine di questa cu-riosa forma sia dovuta proprio a quel bizzarro ceramista che plasmò l'astragalo di Villa Giu-lia 29) il quale quindi ci apparirebbe come uno degli art efici di vasi plastici più fecondi di ori-ginali invenzioni .

    Un tipo un po ' diverso ci presenta l'ask6s di Londra, Br. Mus., 1905, 7, lO, 930); anche la decorazione differisce da quella degli altri askoi. Sul dent e maggiore è un gatto selvatico che divora una gallina, sul minore un cagnolino.

    Il tipo dell'askos a forma di dente di arago-sta ebbe un seguito n ella ceramica apula del principio del IV secolo a. C. Sono a mia cono-scenza due esemplari, identici p er forma e d e-corazione, l'uno a Londra, Br. Mus., WT 63, da Ruvo 31) e l'altro al Museo Provinciale di Bari, da Gioia del Colle 32) (fig. 9). La forma è me-no realistica e meno elegante che nei tipi at-tici. Non è più il dente sinistro ma il destro, l'ansa è circolare, la bocca di media grandezza,

    Tav. 99; Cat. Br. Mus., Vases, III, p. 361; BUSCHOR, loc. cit.; BEAZLEY ,loe. cit.; ROBINSON, HA,RCUM, ILIFFE,loc. cito

    29) C. V. A., Villa Giulia, Fase. I-III, I c, Tav. 1 e Tav. 2, n.O l e 2.

    30) Burlinglon Fine Arts CataI. (1903), p. 117 e Tav. 97, n.O 68; BEAZLEY, loc. cito (dà erroneamente questo vaso come pubblicato da GARGIULO, T av. 99); ROBINSON, HARCUM, ILIFFE, loc. cito Misure: alt. m. 0,06, largh. 0,07, lungh. del dente (senza beccu ccio) 0,155, lungh. tota-le 0,160.

    31) BEAZLEY, loc. cit.; ROBINSON, HARCUM, ILIFFE, loc. cito (Gli autori nominano due askoi provenienti da Ruvo al Br. Mus., mentre in realtà ne esiste uno solo). Misure: alt. m. 0,085, largh . 0,075, lungh. del dente (senza beccuccio) 0,152, lungh. totale 0,172.

    32) Le protuberanze sono dipinte in bianco, e dello stesso colore è un piccolo polpo n ell'angolo formato dalla

    5.

    lungo lo spigolo sono tre prominenze coniche, altre quattro sono n ella parte inferiore del vaso, quattro infine nella parte interna della tenaglia; in tutto undici prominenze. La decorazione è composta di due rami ~'alloro sui due denti, da un kymation ionico e da due palmette cir-condate da viticci ai due lati d ell'ansa.

    In un periodo ancora più tardo troviamo la forma del dente di aragosta in una lekythos della collezione Stoddard di Yale appartenente già all'età ellenistica 33).

    In un altro museo genovese, nel Castello De Albertis, si trova una piccola pelike 34) che mi sarà lecito inserire qui fra i vasi della colle-zione Principe Odone. Può appartenere al decen-nio 370-360 a. C.

    Ripete in entrambe le faccie la stessa scena con pochissime varianti: Un satiro nudo che insegue una menade vestita (fig. lO), la quale in un caso al di sopra del chitone porta anche uno himation. È opera artisticamente assai sca-dente che deve essere posta nel « Gruppo del cratere bolognese di Kep4alos » 35). I satiri calvi hanno chiome e barba formati da linee tremo-lanti che si mantengono rigidamente distinte. Sotto arcate sopraccigliari molto curve, gli oc-chi quasi ovali hanno l'iride formata da un grosso punto nell'angolo interno; ai lati della bocca socchiusa sono radi baffi spioventi. L'ana-tomia del corpo è resa con tratti duri, che si incontrano ad angoli acuti in modo quanto mai schematico e privo di vita. I panneggi, sotto cui traspariscono le forme del ' corpo, sono a rade pieghe rigidamente parallele. Sono tutti tratti caratteristici che si ritrovano quasi identici in altri vasi dello stesso gruppo, fra cui più vicini al nostro, anche a causa della somiglianza della scena, sono la kelebe di Palermo 793 (G. E. 541) e quella di Ferrara dalla necropoli di Spina 36).

    Già molto nota è una kalpis-hydria 37) che il Beazley attribuÌ alla maniera del « Pittore della

    . tenaglia. Misure: alt. m. 0,085 , largh. 0,076, lungh. del dente 0,158, lungh. tQtale 0,182.

    33) BAUR, Stoddard Coll., p. 114, n.O 175, fig. 4; WOL-TERS, Miinch. Jahrb., VIII (1913), p. 14 (la attribuisce a fabbrica beotica).

    34) Alt. m. 0,201 , diamo 0,151. Molte scrostature con-coidi della superficie.

    35) BEAZLEY, A. V., p. 307. 36) AURIGEMMA, Il R. Museo di Spina (1935), p. 94

    e Tav. XLVI. (Recens. del BEAZLEY, in J . H. SI., 1936). 37) Alt. m . 0,272, diamo 0,255. Ricostruita da nume-

    rosi frammenti. PETERSEN, Rom. Mitt., XIV (1,899), p. 154, e Tav. VII; JOUBIN, La Sculpture Grecque (1901), p. 205 , fig. 73; HARRISON, Prolegomena to the Study of Greek R e-ligion, p. 311, fig. 88; MAYER, R ev. Arch., 1904, 2, p.lll sg.; STUDNICZKA, Jahrb. Insl., XXVI (1911), p . IlI, fig. 40; GIGLIOLI, Mem. Lincei, serie V, voI. XVI (1920), p. 107,

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  • ------ 184 --------------------------------------------- VE AR TI

    tazza di Bologna 417» 38), grossolano imitatore del « Maestro della P ente silea » nella sua ultima fase artistica, intorno cioè al 460 a. C. È un'ope-ra di scar so valore artistico, dal disegno scorret-to, ma fu spesso ripubblicata per l'interesse che presenta la scena in. essa raffigurata (fig. 12), che fu variamente interpretata come anodos di Pandora 39), come ritorno di Persefone 40) e in-fine con più verisimiglianza come nascita di Afrodite 41).

    Quest'ultima interpretazione è oggi confer-mata dal confronto 'che offre una pisside a fon -do bianco del Museo di Ancona 42), in cui le stesse tre figure (una dea che sorge dal terreno, accolta da un giovane alato che le porge una b enda e da una donna che le porge un drappo), che vi ricompaiono insieme ad altre sono desi-gnate da iscrizioni come Eros, Afrodite e Charis.

    La già supposta derivazione di questa scena da quella che ornava il trono dello Zeus di Fi-dia ad Olimpia trova appoggio nel ripetersi del-le stesse figure su di un altro vaso.

    Alla maniera dello stesso artista si deve at-tribuire anche una piccola oinochoe (tipo V) (fig. 11) con due donne in conversazione, l'una seduta che tiene nelle mani una corona, l'altra stante, ammantata 43). Si veda quanto questa snella ed elegante figurina assomiglia a quelle che ornano l'est erno delle tazze di New York 44) e di Philadelphia 45) attribuite a questo pittore. Il piccolo alabastron appeso in alto, come la ben-da che pende al di sopra del capo di Afrodite nella precedente hydria ci ricordano il grande uso che l'artista fa di simili riempitivi.

    Forma assai rara n ella ceramica presenta un'altra piccola oinochoe (tipo VI) biconica con piccolissima base ad echino. Al cono superiore, di profilo leggermente concavo, si unisce diret-

    fig. 11; BEAZLEY, A. V. , p. 281, n .O 4; GUARDUCCI, Mem. Lincei, 1927, serie VI, vol. II, fase. V, p. 450.

    38) BEAZLEY, A. V., p. 280; RICHTER, Attic. red. fig. vases in Metr. Mus., p. 107. Vedi anche per la scuola da cui deriva: DIEPOLDER, Der Penthesileamaler, Leipzig, 1936.

    39) MAYER, loc. cito 40) BEAZLEY, loc. cito 41) PETERSEN, ]OUBIN, HARRISON, STUDNICZKA, GI-

    GLIOLI e GUARDUCCI, locc. citt. 42) Ne devo la conoscenza alla gentilezza del collega

    Dott. R. U. Inglieri che si appresta a pubblicare l'impor-tante vaso. A lui vadano i miei ringraziamenti.

    43) Alt. m . 0,150. 44) RrCHTER, op. cit. , p. 107, e Tav. 80. 45) BATES, Trans. Mus. Science and Art, II (1906-

    1907), p. 151, Tavv. XXXVII-XXXVIII. 46) Vedi gli esemplari di Orvieto, Museo Civico (at-

    tribuiti al «Pittore di Brygos », BEAZLEY, A. V., p. 182, n.O 86; Not. Se., 1887, Tav. 13, fig. 68; PHILIPPARD, Col-lections de Céramique Greque en ltalie, II, p. 97, e Tav. XII, 4); Vienna (attribuito al « Pittore della Centauromachia

    tamente la bocca trilobata con canale allungato. È una forma derivata da prototipi metallici che si ritrova infatti abbastanza frequente nel bronzo.

    È interessante seguirne l'evoluzione n ella ceramica da quando essa vi fa la prima appa-rizione alla fine dello stile severo nella cerchia del « Pittore di Brygos » 46). Allora essa è a ssai espansa con cono superiore alto, cono inferiore basso e schiacciato ed è decorata con grandi figure che giungono fino alla bocca del v aso.

    Nel nostro esemplare, e forse anche in un altro frammentario di New York, attribuito al « Pittore di Harrow » 47), la forma è meno espan-sa e il cono inferiore assai più alto; le figure sono diminuite di proporzioni e di numero: un solo satiro nel vaso di New York, due atleti nel genovese. Il cono inferiore si fa più alto e più tozzo diventando quasi cilindrico intorno al 430 a. C. quando questa forma è in favore presso Aison e la sua cerchia 48).

    Una oinochoe bronzea molto finemente d e-corata uscì dalla tomba populoniese che diede le famose idrie midiache di Adone e Faone 49). In essa lo spigolo è smussato, il profilo arro-tondato, la decorazione figurata ha ceduto il posto alla decorazione ornamentale. Un esem-plare bolognese sembra l'imitazione fittile d el vaso bronzeo di Populonia 50). Altre due oino-choai fittili di tipo simile sono uscite da una medesima tomba della necropoli d i Spina e sono ora a Ferrara 51). Ancora posteriore è forse una piccola oinochoe di WiirzbUl'g, attri-buita dal Langlotz a fabbrica beotica 52). In essa la parte inferiore, mediante una forte spor-genza della base e dello spigolo, assume una forma a rocchetto che la fa assomigliare quasi ad una epichysis.

    di Parigi », BEAZLEY, A. V., p . 193, n.O 66; MAsNER, n.O 330, p. 48), e Berlino n.O 2189 (attribuito al « P ittore di Eriptolemos », BEAZLEY, A. V. , p. 153, n .O 9; RICHTER, A. J. A., XI (1907), p. 424, fig. 6; FURTWAENGLER, Va-sensamml., 2189, forma n.O 207; PFUHL, fig. 792). .

    47) BEAZLEY, J . H. St., 36 (1916), p. 129 e Tav. VII, l ; V. A., p. 56; A. V., p. 121, n.O 49; RrCHTER, Red fig. Ath. vases, n.O 24, p. 48 e Tav. 33.

    48) Vedi gli esemplari di Londra, Br. Mus., E 565 (attribuito alla mauiera di Aison, BEAZLEY, A. V., p. 446, n.O 5; DE WITTE, Coli. Durand, p. 247, n.O 742, Tav. III, forma n .O 48; Cat. Br. Mus. , Vases, III, p. 323), e Lenin-grado, 864 (attribuito ad Aison, BEAZLEY, A. V., p. 445, n.O 4; Compte Rendu Comm. Arch., 1873, p. 90).

    49) MILANI, 111on. scelti del R. Museo Arch. di Firenze, Tav. V, n.O 13, e p. 14, fig. 4.

    50) PELLEGRINI, Vasi Felsinei, p. 175, fig. 107, n.O 355. (Dal Giardino Margherita).

    61) AURIGEMMA, Il Museo di Spina, p. 200 e Tav. CVI; NEGRIOLI, Not. Se., 1927, p. 184, e Tav. XVII b.

    62) LANGLOTZ, Tav. 216, n.O 647.

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  • LE ARTI -------------------------------------------- 185-----

    Tutte queste varietà di forme si ritrovano con molta frequenza in vasi bronzei, special-mente in suolo etrusco .

    L'oinochoe del tipo VI ebbe un certo favore anche nella ceramica italica tarda. Un esempla-re etrusco a decorazione rossa sovrappinta, del-la collezione Castellani a Villa Giulia è interes-sante perchè imita rozzamente un vaso attico del tempo di Aison 53).

    Un esemplare apulo a figure rosse è al Bri-tish Museum 54), uno dello stile di Gnathia al Museo di Compiègne 55). Ma frequenti sono nelle necropoli apule i vasi di questa forma di argilla non dipinta 56). Talvolta si ritrova-no anche nella ceramica detta etrusco-can:-pana 57).

    La oinochoe genovese 58) reca sulla spalla due atleti nudi posti simmetricamente ai lati di una mèta (figg. 14, 16). Quello di sinistra, di pro-spetto, volge il capo verso il suo compagno, gentile figura di apoxyomenos che, nell'atteggia-mento raccolto e quasi religioso, col capo leg-germente reclinato, ricorda le soavi figure del « Pittore di Akestorides» 59) e pare quasi pre-ludere agli accompagnatori degli animali per il sacrificio panatenaico del fregio del Partenone. Entrambi sono fra le figure più caratteristiche del « Pittore di Euaion», e ricompaiono molte volte, variamente associate con altre, nelle opere attribuite a questo artista.

    La posizione del « Pittore di Euaion» nella pittura vascolare attica fu stabilita magistral-mente dagli studi del Beazley 60) e della Rich-ter 61). Egli sta al culmine di quella tendenza accademica che discende da Douris attraverso i « Pittori di Akestorides » e « della tazza di Mo-naco 2260». A differenza dei suoi contempo-ranei che seguono lo stesso indirizzo classicheg-giante, quali il « Pittore di Villa Giulia» e il

    53) PLAOUTINE, An Etruscan imitation of an Attic cup., in J. H. St., LVII (1937), p. 26.

    M) C. V. A., Br. Mus., IV, E. a., Tav. 4, n.O 6. 55) C. V. A., Compiègne, Tav. 24, n .o 2. 56) MAYER, Apulien p. 301 e 302 Nota 1. - BAUR,

    Stoddard Collo pp. 180-181, fig. 74, N. 305-303 . . 57) Vedi per es. Villa Giulia, Collezione Castellani ,

    n.O 50.686. 58) Alt. m. 0,153. Ricomposta da numerosi frammenti

    con ritocchi moderni. 59) Si veda per es. la oinochoe VIII di Cambridge,

    C. V. A., II, III, I k, Tav. 16, n.O l (Atleta con strigile) o l'interno della kylix di Oxford, C. V. A., I, III, I, Tav. 3, n.O 9, e Tav. 47, n.O 4.

    60) V. A., p . 157; A. V., p . 355; Gr. Vases in Poland, pp. 35 e 46-47.

    61) Attic. Red fig. Vases, n.O 107, p. 138. 62) Alt. m. 0,270, diamo alla bocca 0,303. Superficie

    molto deteriorata e in alcuni punti ridipinta. MINERVINI,

    « Pittore di Chicago » che decorano a preferenza grandi vasi, egli rivolge la sua attività quasi esclusivamente alla decorazione di tazze e di piccoli vasi nei quali ultimi specialmente rag-giunge un alto grado di grazia e di piacevolez-za, pur cadendo nel complesso della sua produ-zione in una certa monotonia.

    Un cratere a campana proveniente da Ruvo è un vaso ben noto agli archeologi attraverso vecchi disegni spesso riprodotti per l'interesse che offre dal punto di vista mitologico la scena del lato principale (fig. 13) ma da quasi un se-colo ritenuto scomparso 62).

    È in esso illustrato il momento della leg-genda di Argo e di lo in cui H ermes uccide il vigile custode che la gelosia di ' Hera aveva po-sto a guardia della fanciulla amata da Zeu s, da lei trasformata in vacca. Episodio che con diversità di schemi e con varianti di tradizione è ripetuto anche altre volte nella pittura vasco-lare attica 63). È nota l'incertezza della tradi-zione antica nei riguardi di questa leggenda, di cui Bacchilide riferisce le varie versioni correnti al suo tempo 64). Nel nostro vaso lo è raffigu-rata come fanciulla: della sua natura bovina non resta altro segno che le piccole corna sulla fronte, ed Hermes uccide in violento combat-timento Argo, che è rappresentato bifronte con un volto raso e l'altro barbato, ed ha sparsi per tutto il corpo i molti occhi attribuitigli dal-la leggenda. Impugna un nodoso randello e por-ta annodata intorno al collo a guisa di clamide, una pelle ferina, forse quella del toro d'Arcadia da lui ucciso. Sul lato posteriore tre giovani ammantati.

    È opera di un pittore del gruppo di Poly-gnotos, databile intorno al 440 a. C. ma non saprei attribuirlo con certezza a nessuna delle personalità fin ora individuate 65). Vi si ritro-

    Bull. Arch. Nap., 1845, pp. 72-76, e Tav. IV; VINET, Rev. Arch., III (1846), p. 309 e fig.; LENoRMANT et DE WITTE, Èlite Céram., III (1858), p. 266; SCHOENE, Ann. Inst. , 1865, p. 150 F.; FIORELLI, Scoperte di antichità in Italia dal 1846 al 1866, p. 21; ENGELMANN, De Ione, p. 24 M. ; OVERBECK, Kunstmythologie, I, p. 479; DAREMBERG et SAGLIO, Dict. des Ant. , I, p. 419, fig. 508; REINACH, Ré· pertoire des Vases, I , p. 469, l e 2.

    63) Sul mito di lo e monumenti che ad esso si riferi-scono: ENGELMANN, loc. cit., e in ROSCHER, Lexikon d. Mythol., II, col. 263 sg.; EITREM, Observationes Mytholo-gicae maxime ad Ovidium spectantes : I. De Ius fabula, PhiloI. 58. N. F. 12 (1899), p. 451 sg.; DEuBNER, Zur Iosage, PhiloI. 64, N. F . 18 (1905), p. 481 sg.

    64) Ode XVIII. 65) Su Polygnotos e gli artisti ' del suo gruppo : BEAZ-

    LEY, V. A., p. 17; A. V., p. 391 sg., e 478.; Gr. Vases in Poland, p. 53 sg. ; RICHTER, op. cit. , I , p. 147 e p. 158 sg.

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  • ------ 186 ----------------------------------------------- LE ARTI

    vano tutti i motivi caratteristici degli artisti di questo gruppo, sia nel panneggio (si veda il chitone a fini pieghe di H ermes, il modo come esso termina a lince arricciate, il peplo di lo a linee sottili e quasi rette) sia nei tratti dei volti, nei profili, nel rendimento dell'occhio, sia infine nello schema della composizione, che seb-bene di origine assai più antica ricorre infinite volte nelle opere di questo gruppo adattato a scene diversissime.

    Ricorderemo infine un altro bel cratere a campana in cui è rappresentato il mito di Eos a Kephalos (fig. 15), proveniente da un piccolo scavo che il Principe Odone compì nella necro-poli di Capua nel 1863 sotto la direzione del Senatore Giuseppe Fiorelli 66). Al centro della scena principale domina la bella figura dell'Au-rora alata, dinanzi a cui Kephalos fugge te-nendo ancora in mano l'eptacorde su cui era in-tento a suonare quando la dea lo ha sorpreso, mentre in direzione opposta fugge uno dei com-pagni di Kephalos in abito ed armamento di cacciatore 67).

    Sul lato posteriore sono tre giovani amman-tati. È un'opera elegante ed accurata, di forte intonazione classica dovuta al « Pittore Chri-stie » 68) uno degli artisti della cerchia poligno-tea che mostra personalità più indipendente e che risente molto della corrente classicheggiante derivata dal « Pittore di Villa Giulia » e dai maestri a lui associati.

    La sua opera pur senza raggiungere un al-tissimo livello artistico è sempre nobile, elegante e decorativa. Si conoscono dì lui solo crateri e qualche hydria. Nelle sue figure piuttosto al-lungate questo artista predilige panneggi a sot-tili pieghe rettilinee quasi sempre ornate da uno stretto bordo nero. Caratteristico è il profilo dei volti incorniciati da leggeri riccioli di capelli che scendono sulle tempie e sul collo. Le figure ammantate dei rovesci si ripetono con frequenza nei vasi da lui dipinti. Quasi identico al nostro è un cratere della collezione Robinson di Balti-more 69) dovuto allo stesso maestro, in cui la stessa scena del ratto di Kephalos si ripete identica fino nei minimi particolari con la sola variante della figura del giovinetto, che, anzi-chè quale suonato re vestito di himation, è rap-

    66) Alt. m. 0,293, diamo m. 0,315. Conservazione per-fetta. TOLA, Atti Soc. Ligure di Storia Patria, IV, p. XXI, nota l; VARNI, Gazzetta di Genova, 1863, 23 ottobre, n.O 250.

    67) Sulle rappresentazioni del mito di Eos e Kephalos nella p~ttura vaseolare: SORRENTINO, Memorie Ace. Nap ., III (1918), II, pp. 1-23.

    68) BEAZLEY, A. V., pp. 400-401. 69) C. V. A., Robinson Coli., fa se. II, Tav. 44.

    presentato come cacciatore con clamide e pe-tasos, armato di due aste come il suo com-

    pagno. LUIGI BERNABÒ BREA.

    CODICILLO ARNOLFIANO.

    Il prof. Gèza de Francovich, nell'iniziare su questa Rivista una sua assai personale rassegna degli Studi recenti sulla scultura gotica toscana ' ), ha pres.o in esame - fra varì altri - anche un mio saggio di qualche anno fa, nel quale cerca-vo di stabilire qualche dato e formulavo alcune ipotesi a chiarimento di uno dei più oscuri pro-blemi della nostra arte medievale : quello del-la formazione e degli inizi artistici di Arnolfo di Cambio :). Assumendo come punti di par-tenza la possibilità, già intuita da Adolfo Ven-turi e in seguito organicamente sviluppata da altri, di una distinzione di mani nell'ineguale complesso scultorico del secondo pulpito di Ni-cola, nonchè l'avvenuto riconoscimento di un'am-pia partecipazione arnolfiana alla decorazione dell'arca di S. Domenico a Bologna, il mio stu-dio mirava principalmente a ricostruire una pri-ma fase, sconosciuta e giovanile, dell'attività plastica di Arnolfo: attività che, sul fondamento di non trascurabili richiami stilistici suffragati da sicure referenze cronologiche, io vedevo de-linearsi nel cantiere della Cattedrale senese, par-ticolarmente fervido d'opere n egli anni in cui i monaci cisterciensi di S. Galgano cominciarono ad esserne gli amministratori. L'aver identifi-cato Arnolfo di Cambio come probabile autore di alcune originali figurazioni ricorrenti intorno a qualche capitello della grande navata ante-riore del Duomo di Siena non parve - PUI' nel-l'arditezza della tesi che d'altra parte m'indu-striavo di documentare con minuti e copiosi raffronti - solo estroso capriccio di un troppo giovane alunno delle Muse storico-artistiche in caccia di attribuzioni sorprendenti: ed il mio modesto studio, quando venne reso noto, fu confortato dal consenso dei pochi ai quali esso si rivolgeva e di cui ero portato a temere, piut-tosto che a sperare, il giudizio. Ma di ciò na-turalmente nulla poteva nè doveva importare al prof. Francovich il quale oggi, con garbo spietato, dichiara di non essere stato affatto persuaso dalle mie argomentazioni e conclusioni. Se dovessi mantenermi sul piano - in verità

    l) G. DE FRANCOVICH, Studi recenti sulla scultura go-tica toscana: Arnolfo di Cambio, in Le Arti, a. II, fase. IV (aprile-maggio 1940-XVIII), p. 236 sgg.

    2) E. CARLI, La giovinezza di Arnolfo di Cambio, ed. Giardini, Pisa, 1936-XV.

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  • Fig. 1. GE OVA: Museo Civico d 'Archeologia Ligure P elike attribuita al {( Pittore di Berlino >l.

    F ig. 3:GENOVA: Mnseo Civico d'Archeologia Ligure - Rhy ton a tes ta d 'ariete altri-buito al {( Pittore di Brygos >l.

    TAV. L VII.

    F ig. 2. GE OVA: Museo Civico d'Archeologia Ligure - Lato po teriore del vaso prec~dente.

    Fig. 5. GOLucnow: Museo Czas toryski _ Rhyton a testa di ariete a ttribuito al {( Pittore di Brygos >l .

    Fig. 4. GE OVA: fnseo Civico d'Archeologia Ligure - II vaso precedente visto di fronte.

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  • Fig. 6. GENOVA: Museo Civico d'Archeologia Ligure -Askos attico a dente di aragosta.

    Fig. 8. NEW YORK: Metropolitan Museum a dente di aragosta.

    skos attico

    Fig. lO. GENOVA: Castello d'Alberti s - Pelike appartenente al « Gruppo del cratere bolognese di Kephalos».

    TAV. LXVIII.

    Fig. 7. GE OVA: Museo Civico d'Archeologia Ligure -Lato posteriore dell'Askos precedente.

    Fig. 9. BARi: Museo Provinciale - Askos apulo a dente di aragosta.

    Fig. Il. GENOVA: Museo Civico d'Archeologia Li-gure - Oinochoe V - Maniera del « Pittore della tazza di Bologna 417».

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  • Fig. 12. GENOVA: Museo Civico d'Arcbeo logia Ligure - H ydria attica a ttribuita a ll a Maniera del « Pittore della tazza di Bologna 417» rappresentante la nasc ita di M rodite. F ig. 13. GENOVA: Museo Civico d 'Arcbeologia Ligure _ Cralere a ca mpana

    con figurazione del rito di Jo e Argo.

    Fig. 14. GENOVA: Museo Civico d'Ar-cheologia Lir,ure - Oinoeho.. V l aUri. '-lu. al • 'PlUoR. d.l _IO Fig. 15. GENOVA: Mu ..... Civico d'Archeol.,.ia Ligure _ Cratere a cam-pa_ aUribuito al «Plu-.o CIoriatie ». _ ...... --. del Mito .1 ___ ... _ .... _1_ d'A.--

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