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Le professioni del videogioco

Date post: 26-Mar-2016
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Una guida all’inserimento nel settore videoludico. Oggi i videogiochi sono ben lontani dall’essere dei semplici«giochini», sono un vero e proprio prodotto industriale e tecnologico di eccellenza. Questo testo è una guida ideale per cultori del videogioco e per chiunque sia interessato a scoprire cosa accade nell’industria dell’intrattenimento italiano, soprattutto in vista dei possibili sbocchi occupazionali legati ad essa. Scritto da chi ha fatto del videogioco una professione, il volume ore inoltre molte informazioni in materia di formazione video ludica.
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Marco Accordi Rickards – Paola Frignani Le professioni del videogioco Una guida all’inserimento nel settore videoludico Prefazione di Andrea Pessino
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Page 1: Le professioni del videogioco

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Finalmente il manuale di riferimento per tutti coloro che de-siderino entrare nel settore lavorativo dei videogame!

I videogiochi rappresentano ormai un mercato in costan-te espansione, al quale si accompagna un’abbondante produzione editoriale: libri sugli e�etti – reali e presunti – sui videogiocatori, su storia, linguaggi ed estetiche, non-ché titoli e personaggi più famosi; non mancano diversi manuali tecnici sulla programmazione videoludica. Fino-ra, tuttavia, era assente una guida descrittiva ed esplicati-va sul settore lavorativo del videogioco nel suo comples-so. A realizzarla, con un’enorme competenza maturata di-rettamente sul campo, due riconosciuti nomi del settore, Marco Accordi Rickards e Paola Frignani.Le professioni del videogioco spiega nel dettaglio ogni sin-golo compartimento del mondo lavorativo dei videoga-me e ogni singola �gura professionale che li compone. Fornisce inoltre le esperienze, i pareri e i consigli di molti professionisti a�ermati del settore e presenta in�ne i dati dell’o�erta formativa in Italia: università, scuole specializ-zate, corsi e programmi.

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Marco Accordi Rickards – Paola Frignani

Le professioni del videogioco

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Euro 14,70

Una guida all’inserimento nel settore videoludicoPrefazione di Andrea Pessino

Le professioni del videogiocoUna guida all’inserimento nel settore videoludico

Marco A

ccordi Richards – Paola Frignani

Copertina: Iena Animation Studioswww.ienastudios.comCopyright © Tunué

Carmack e Romero, creatori di Doom, hanno cominciato a programmare in un’autorimes- sa, per poi parcheggiarvi le loro fiammanti Ferrari. Shigeru Miyamoto ha inventato Don-key Kong e ha regalato alla Nintendo Super Mario, proiettandola verso il successo plane-tario. Toru Iwatani, contemplando una pizza mancante di una fetta, ha avuto l’idea per dar vita a Pac-Man… Dal canto suo, l’Italia da tempo sforna anche grandi professionisti dei videogiochi, i quali, però, lavorano per la gran parte all’estero. Ma il settore sta cre-scendo ed è in procinto di vivere un grande boom, fornendo a tante donne e uomini l’occasione della loro vita.

Marco Accordi Rickards (Roma 1974) è giornali-sta e critico videoludico. Ha diretto numerosi periodici, tra cui Cube Magazine, PSW, PC Games World, DVD.it Film Magazine, Xbox World e Game Pro, l’edizione italiana di Edge. Nel 2008 ha co-fondato l’Associazione italiana opere mul-timediali interattive (Aiomi.it), che organizza l’Italian Videogame Developers Conference (Ivd conf.it), del quale è direttore e presidente. Dal 2006 è direttore culturale di GameCon, salone del gioco e del videogioco di Napoli. È docente di «Storia e critica del videogioco» presso lo IED di Roma e di «Giornalismo delle opere multime-diali interattive» presso la IULM di Milano. Dal 2008 è vice presidente del Gruppo di filiera dei produttori italiani di videogiochi presso Confin-dustria, per il quale ricopre anche l’incarico di portavoce e addetto alle pubbliche relazioni.

Paola Frignani (Milano 1977) si interessa di nuo-ve forme di comunicazione legate al linguaggio videoludico. Collabora con la società Leader per lo sviluppo di nuovi canali produttivi legati al videogioco, e si interessa del rapporto tra video-gioco e formazione. Dal 2005 si dedica all’inse- gnamento universitario, sviluppando percorsi formativi mirati al settore videoludico e tiene seminari di Digital entertainment design presso l’Università IULM di Milano. Nel 2008 contribui-sce all’organizzazione, presso la IULM, del primo master universitario focalizzato interamente sul mondo dei videogiochi.

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Carmack e Romero, creatori di Doom, hanno cominciato a programmare in un’autorimes- sa, per poi parcheggiarvi le loro fiammanti Ferrari. Shigeru Miyamoto ha inventato Don-key Kong e ha regalato alla Nintendo Super Mario, proiettandola verso il successo plane-tario. Toru Iwatani, contemplando una pizza mancante di una fetta, ha avuto l’idea per dar vita a Pac-Man… Dal canto suo, l’Italia da tempo sforna anche grandi professionisti dei videogiochi, i quali, però, lavorano per la gran parte all’estero. Ma il settore sta cre-scendo ed è in procinto di vivere un grande boom, fornendo a tante donne e uomini l’occasione della loro vita.

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Marco Accordi Rickards (Roma 1974) è giornali-sta e critico videoludico. Ha diretto numerosi periodici, tra cui Cube Magazine, PSW, PC Games World, DVD.it Film Magazine, Xbox World e Game Pro, l’edizione italiana di Edge. Nel 2008 ha co-fondato l’Associazione italiana opere mul-timediali interattive (Aiomi.it), che organizza l’Italian Videogame Developers Conference (Ivd conf.it), del quale è direttore e presidente. Dal 2006 è direttore culturale di GameCon, salone del gioco e del videogioco di Napoli. È docente di «Storia e critica del videogioco» presso lo IED di Roma e di «Giornalismo delle opere multime-diali interattive» presso la IULM di Milano. Dal 2008 è vice presidente del Gruppo di filiera dei produttori italiani di videogiochi presso Confin-dustria, per il quale ricopre anche l’incarico di portavoce e addetto alle pubbliche relazioni.

Paola Frignani (Milano 1977) si interessa di nuo-ve forme di comunicazione legate al linguaggio videoludico. Collabora con la società Leader per lo sviluppo di nuovi canali produttivi legati al videogioco, e si interessa del rapporto tra video-gioco e formazione. Dal 2005 si dedica all’inse- gnamento universitario, sviluppando percorsi formativi mirati al settore videoludico e tiene seminari di Digital entertainment design presso l’Università IULM di Milano. Nel 2008 contribui-sce all’organizzazione, presso la IULM, del primo master universitario focalizzato interamente sul mondo dei videogiochi.

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Lapilli. Visioni 21

Marco Accordi Rickards – Paola Frignani

Le professioni del videogiocoUna guida all’inserimento nel settore videoludico

Prefazione di Andrea Pessino

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I edizione: aprile 2010

Copyright © Tunué Srl

Via Bramante 32

04100 Latina – Italy

www.tunue.com

[email protected]

Diritti di traduzione, riproduzione

e adattamento riservati per tutti i Paesi.

ISBN-13 gS1 978-88-89613-90-0

Progetto grafico: Daniele Inchingoli

Illustrazione di copertina: Iena Animation

Studios S.r.l. (ienastudios.com)

grafica di copertina: Tunué

© Tunué

Stampa e legatura:

Andersen

Pubblicità e Marketing

Via Brughera IV

28010 Frazione Piano Rosa - Boca (No)

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Indice

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Prefazionedi Andrea Pessino

IntroduzioneRingraziamenti

I Lo scenario attuale dei videogiochiI.1 Le premesseI.2 I videogiochi e il digitale oggiI.3 I videogiochi rendono stupidi?I.4 Il mondo dei videogiochi, questo sconosciutoI.5 Un po’ di storiaI.6 E oggi?I.7 Il mercato dei videogiochi: Italia VS MondoI.8 Conclusioni

II Le professioni del videogioco, dall’ideazione alla distribuzioneII.1 Premessa. I principali agenti del mercatoII.2 Le fasi dello sviluppo

II.2.1 Concept

II.2.2 Macro design

II.2.3 Pre-produzioneII.2.4 ProduzioneII.2.5 Testing e debugging

II.2.6 Approval

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II.2.7 Finalizzazione e chiusuraII.3 La pubblicazione: nella mente del publisherII.4 Il distributore: alla fine della catena

III Le professioni dello sviluppatore

III.1 Il game designer

III.2 Il producer

III.3 L’artist

III.4 Il programmer

III.5 Il tester

III.6 Il sound designer

III.7 Il level designer

IV Le professioni del publisher

IV.1 Il brand manager

IV.3 Il producer

IV.3 L’head of development

IV.4 L’operation manager

IV.5 Il localization manager

IV.6 Il community manager

V Le professioni del distributore

V.1 Il product manager

V.2 Il Pr manager

V.3 Il responsabile del trade marketing

VI Le professioni dell’editoria

VI.1 La stampa specializzata

VI.1.1 Una tipologia delle riviste di settoreVI.1.2 Il pubblico di riferimentoVI.1.3 Come nasce una rivistaVI.1.4 Le figure professionali

dell’editoria videoludicaVI.2 La stampa generalista

VI.3 La stampa trade

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VII Offerta didattica e professionaleVII.1 La formazione al tempo dei videogiochi

1. Master in «Digital Entertainment Media & Design»2. Master in Computer game development3. Master in Virtual design 4. Corso di giornalismo e critica dei prodotti multimediali 5. Principali realtà del settore sul territorio italiano

VII.2 Aspettando nuove opportunità: segnalazioni e progetti in itinere

VIII Testimonianze di successo nel settoreVIII.1 Conversazioni con alcuni professionisti italianiVIII.2 I consigli di chi ce l’ha fatta

GlossarioRiferimenti bibliografici

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Prefazionedi Andrea Pessino1

Avevo quindici anni, mio padre era deceduto l’anno prima, stroncatodal cancro all’età di quarantun anni. Mia mamma, casalinga dal giornodi matrimonio, all’improvviso si era trovata a dover cercare lavoro persostenere mia sorella e me. Le condizioni della famiglia erano dispera-te, finanziariamente e moralmente. Eppure mia mamma decise di soddi-sfare la mia esorbitante richiesta e acquistarmi un computer. Non solouna simile spesa (e risultante debito) era follia al momento, io volevoun computer per usare (e creare) dei giochi! Fu un sacrificio difficile daesprimere con parole, ma la decisione di fornirmi i mezzi per esplorarela mia passione, per quanto inesplicabile e remota sembrasse, diede for-ma al resto della mia vita. Armato del mio nuovo, scintillante Apple II,potente dei suoi 48 Kb di memoria e processore 8 bit 6502 da 1 MHz,passai centinaia di notti insonni imparando tutto quello che potevo perrealizzare il mio sogno: creare videogiochi.

La creazione dei videogiochi all’inizio degli anni ottanta era un affa-re minuscolo e tristemente solitario. Internet era ancora ben lontana, ilmercato insignificante, gli appassionati rari e distanti (specialmente inItalia), i libri e le riviste pochi e superficiali, i giochi costosissimi e dif-ficili da reperire. Il futuro dei giochi stessi non era affatto sicuro, conmoltissimi «esperti» sicuri che non fossero niente di più di una modapasseggera. I giochi si facevano senza struttura, senza molti piani…

1 Nato e cresciuto in Italia e trasferitosi negli USA nel 1990, Andrea Pessino è cofondatore e vice presi-dente della sezione Technology della software house californiana Ready at Dawn Studios, che ha realiz-zato il titolo più di successo per PSP, God of War. È l’autore di tecnologie fondamentali per titoli blockbu-ster pubblicati da Blizzard, per cui è stato senior software engineer (WarCraft III: reign of Chaos, War-Craft III: The Frozen Throne) e ha contribuito alla tecnologia per l’arcinoto MMoRPg World of Warcraft.

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x PREFAZIoNE

non esistevano artisti, se il programmatore non sapeva disegnare facevagiochi senza grafica (o con grafica astratta). Se non sapeva scrivere mu-sica, il gioco non aveva musica, e così via. Il programmatore era tutto:designer, artista, scrittore, e il tempo di sviluppo era calcolato in mesi,al massimo!

Fast forward venticinque e più anni e osserva il nuovo mondo… igiochi oggi sono creati da team che facilmente eccedono il centinaio,senza contare i contributi di gruppi esterni. I tempi di sviluppo si misu-rano in anni, e il mercato è talmente enorme da eclissare tutte le altreforme di intrattenimento! oggi il programmatore è solo una parte di unaequazione complessa e dinamica, governata principalmente da una pe-sante realtà economica: fare giochi costa moltissimo. Con la pressioneeconomica arriva anche la struttura: visto che il prezzo di sviluppo è co-sì alto, l’inefficienza si trasforma in costo.

Il risultato di tutto ciò è la specializzazione. I ruoli nei team sonosempre più specifici: i programmatori possono essere specialisti in gra-fica, simulazione, gameplay, tools, networking ecc. gli artisti sonopainter, concept, character, rigger, texturer, modeler, animatori, lighti-

ning artist, special effects, technical artist, e così via. Al giorno d’oggiavere il desiderio non basta, è necessario anche avere una buona ideadel processo di creazione, così che ci si possa indirizzare verso la disci-plina che più ispira il futuro sviluppatore.

Il sogno è lo stesso, ma il mondo è molto più complicato, e questo li-bro sarà uno strumento di enorme aiuto nel trasformare il vostro sognoin realtà!

Andrea PessinoCofondatore / Vice President of Technology

ready At Dawn Studios LLC

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LE PRoFESSIoNI DEL VIDEogIoCo

A tutti quei professionisti che,

con il loro costante lavoro

fuori dalle luci della ribalta,

stanno rendendo l’industria italiana

dei videogiochi una solida realtà

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AvvertenzaIl glossario in fondo al volume offre ai lettori tutte le informazioni sui termini

tecnici e di settore che verranno incontrati nel corso della trattazione.

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Introduzione

La questione dell’occupazione è un fatto primario della vita di ciascunodi noi, un pensiero di ogni famiglia e, specie in tempo di crisi e recessio-ne economica, un cruccio per ogni giovane che abbia concluso le scuolesuperiori e inizi quindi a pensare alle sue prospettive professionali.

ora, la parola videogioco, sulle prime, mal si associa a tematiche qualil’occupazione, lo studio e il lavoro; chiunque annoveri tra i suoi passa-tempi i videogames avrà almeno un ricordo dei suoi genitori che, facendoirruzione in camera, sbraitavano, quasi fossero il sergente istruttore diFull Metal Jacket: «Smettila di giocare e fa’ i compiti!». Videogioco èuguale a perdita di tempo, giusto?

Sbagliato. Nei suoi brevi e intensi trent’anni di storia l’industria dei vi-deogiochi è cresciuta, si è sviluppata e, nei suoi diversi rami, da tempo –e in particolare oggi – offre concrete possibilità di lavorare al suo interno,per fare del gioco elettronico la fonte di sostentamento della propria vita.Con un po’ di fortuna, anche della propria famiglia. È successo agli auto-ri di questo manuale, a tanti loro colleghi e conoscenti e sempre più acca-drà: non è né una profezia né un giocare d’azzardo, ma un semplice datodi fatto, raccontato dalla storia già vissuta da altre nazioni, europee e non,dove l’industria dei videogiochi è più articolata, vasta e matura.

In Italia, come leggerete nelle pagine che seguono, il mercato dei video-game (software e hardware, cioè giochi e supporti per utilizzarli) ha già as-sunto dimensioni di tutto rilievo, aggirandosi attorno al miliardo e duecen-to milioni di euro annuali complessivi. Una bella cifra, che negli ultimi an-ni è cresciuta rispettivamente del 40% e del 20% circa, stando al RapportoAnnuale sullo Stato dell’Industria Videoludica in Italia di AESVI del 2009,nonostante il mondo sia afflitto dalla più grave crisi economica dai tempidel crollo di Wall Street del 1929. Niente male per dei «giochini elettroni-

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ci»! Il punto è che, in realtà, i videogiochi sono ormai ben altro che sempli-ci «giochini elettronici». Un videogioco di fascia alta, un prodotto cioè ge-neralmente destinato alle home consoles e che non ha nulla da invidiare sulpiano della qualità e dell’accuratezza a un kolossal cinematografico, oggi,è un’opera multimediale interattiva che, per essere realizzata, necessita diun paio d’anni di lavoro da parte di un team che spesso supera le cento per-sone, che si avvale generalmente del contributo di altre società esterne eche, in sostanza, può essere tranquillamente assimilato a quello necessarioappunto a realizzare un film di successo destinato alle sale cinematografi-che. Il videogioco, ormai bene di punta dell’intera industria dell’intratteni-mento (con fatturati superiori alla musica, ai giocattoli, al cinema e all’ho-me video, stando al Rapporto sullo Stato dell’Editoria Audiovisiva in Italiadi Univideo), resta insomma un passatempo, ma è anche un mezzo di co-municazione del pensiero e un prodotto industriale tecnologico di eccellen-za; tutti dati che, parlando di occupazione, si traducono in posti di lavoro.

Piano, però, non allarmatevi. Per lavorare nell’industria videoludica nonoccorre necessariamente essere dei piccoli genii dell’informatica cresciutia pane e linguaggio macchina, e il libro che avete in mano in questo mo-mento è nato proprio per fare luce su queste tematiche. Perché è importan-te capire che un settore ampio e in crescita come quello del videogioco puòessere osservato da molte prospettive diverse, ciascuna delle quali cela(ma neanche troppo, in verità) svariate opportunità di lavoro e di profitto.Per rendere esplicito questo quadro d’insieme, proponiamo un esempio.

Un editore di videogiochi (c.d. publisher) decide di realizzare e com-mercializzare un nuovo gioco d’azione per consoles e si affida a un teamdi sviluppo, cioè un’azienda specializzata nella creazione di videogiochi.Ecco subito un ampio numero di posti di lavoro: occorreranno program-matori, artisti concettuali, grafici bidimensionali e in 3D, animatori, game

designer, musicisti e tante altre figure tecniche necessarie affinché ogniparte che andrà a costituire (e far funzionare) il gioco sia correttamentepensata e prodotta. Ma come coordinare tutto questo lavoro artistico etecnologico? Con persone addette alla produzione, ovviamente; il produ-

cer, per esempio, è proprio colui che si sobbarca il difficile compito di as-sicurare che ogni pezzo vada al suo posto… per tempo, possibilmente!Ma un gioco, come del resto ogni altro prodotto, non può raggiungere il

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successo senza una complessa strategia commerciale e di comunicazione,attività svolte generalmente dall’editore attraverso una serie di figure pro-fessionali che, dal direttore marketing, arrivano fino al product manager,al brand manager e all’addetto stampa e pubbliche relazioni. Quest’ulti-mo ruolo viene spesso delegato, almeno in parte (pensiamo per esempioalla comunicazione sulla stampa generalista), a strutture esterne, vere eproprie agenzie che si occupano di far conoscere il prodotto ai media at-traverso tutta una serie di specifiche attività quali la redazione di comuni-cati stampa o l’organizzazione di press tours, cioè di viaggi per portare igiornalisti a visitare lo studio di realizzazione del gioco. Da queste ultimerighe emerge un’ulteriore figura che attiene all’industria del videogioco,anche se esternamente: quella del giornalista di settore, specializzato ininformazione e critica videoludica, che potrà essere impiegato presso ca-se editrici (su riviste di settore, testate generaliste ecc.), presso società diservizi editoriali o agire da libero professionista, realizzando singoli arti-coli o servizi per una o più testate.

Non è tutto. Un videogioco, oggi, è un prodotto molto costoso, che puòarrivare a richiedere un budget di oltre 100 milioni di dollari (parliamo deicasi eclatanti, prodotti come il recente Grand Theft Auto IV di RockstarNorth, prodotto e distribuito da Rockstar e Take Two Interactive) ma che,comunque, non costa mai meno di qualche milione. Ciò significa che, perrientrare di tali investimenti vertiginosi, l’editore ha la necessità di aggredi-re il mercato globale, non limitandosi certamente alla sua nazione di origi-ne. Questo comporta una complessa e attenta attività di localizzazione delprodotto, che in parole povere significa tradurre e adattare tutti i testi pre-senti sia sui manuali di istruzioni che all’interno del gioco e, nel caso il pro-dotto faccia uso di dialoghi, anche il doppiaggio degli stessi nelle principa-li lingue. Inutile dire che questo lavoro è svolto da professionisti presso lostesso editore o specifiche compagnie di localizzazione. Anche l’effettivadistribuzione, cioè l’attività che porta il prodotto a raggiungere gli scaffalidei negozi, necessita del lavoro di molte persone; sono compiti che, rispet-to ad altri precedentemente trattati, richiedono una minore competenzaspecifica in ambito videoludico ma che, proprio per questa ragione, posso-no offrire valide opportunità lavorative a chi è interessato a questo ambitoda un punto di vista più strettamente economico o amministrativo.

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Questo ovviamente è solo un esempio, senza alcuna pretesa di esausti-vità, eppure rende bene l’idea di un settore stratificato, importante e mul-tiforme, un’area economica e occupazionale in fortissima espansioneche, se l’Italia saprà tenere il passo di altre nazioni che prima di essa han-no visto fiorire l’industria del videogioco (oltre che USA, giappone e Co-rea del Sud, pensiamo a Inghilterra, Francia, germania o Canada), riusci-rà, nei prossimi anni, a offrire posti di lavoro a migliaia di ragazze e ra-gazzi… quegli stessi che, magari, erano stati rimproverati dai proprigenitori di passare troppe ore davanti al proprio computer o alla propriaconsole. Bizzarro, no? Lavorare nel campo che costituisce la propria pas-sione. Certo: bizzarro ma molto bello e appagante, qualcosa che in altriambiti (cinema, teatro ecc.), anche qui in Italia, esiste da decenni, ma cheper i videogiochi è ancora una gradita novità.

La formazione in materia videoludica, del resto, esiste, sebbene al mo-mento attuale sia ancora in una fase di sviluppo non troppo avanzata. Cor-si privati, master, insegnamenti universitari e altre proposte didattiche daparte di strutture pubbliche e private cominciano ad affacciarsi all’oriz-zonte, offrendo percorsi di apprendimento relativi allo sviluppo videoludi-co o alla comunicazione e al marketing di settore. Anche questa è unagiungla fitta nella quale districarsi, perché le rette sono spesso alte e i ri-schi di rimanere delusi e non trovare ciò che si cerca restano tutto somma-to elevati. Nelle pagine di questo libro troverete raccolte le informazionirelative a tutti i principali corsi al momento attivi in Italia, per poter valu-tare con una certa cognizione di causa se intraprenderne uno e con qualicautele. In un campo ancora relativamente nuovo come quello del video-gioco è facile imbattersi in santoni dell’ultima ora, autoproclamatisi gurudel settore, che ben poco hanno da insegnare e che, principalmente, hannoa cuore solo il denaro dei loro incauti studenti. La prima regola, non a ca-so, è sempre chiedere chi siano i docenti di un corso per poter visionare iloro curricula e sapere, in tal modo, quanto profonda, concreta e seria sia laloro immersione nel mondo videoludico nazionale e internazionale.

Il manuale che state leggendo si propone di contribuire a colmare unagrave lacuna nel panorama editoriale italiano, delineando l’industria na-zionale del videogioco dal punto di vista delle figure professionali da es-sa richieste, dando consigli e spunti per i giovani che desiderino intra-

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prendere una carriera in questo settore e riportando le testimonianze ditanti professionisti del videogioco che, chi in un ambito e chi in un altro,sono riusciti a entrare nel mondo da loro amato, facendo del Videogiocoil proprio lavoro.

Avete letto storie di ogni genere, sui videogiochi e il successo: di comeJohn Carmack e John Romero, creatori di Wolfenstein 3D e Doom, abbianocominciato a programmare in un’autorimessa per poi parcheggiarvi le lorofiammanti Ferrari; di come un tal Shigeru Miyamoto, in quel di Kyoto, ab-bia inventato giochi come Donkey Kong e The Legend of Zelda, regalandoalla ditta Nintendo il suo Super Mario e proiettandola verso il successo pla-netario; di come, sempre in giappone, secondo la leggenda Toru Iwatani,contemplando una pizza mancante di una fetta, abbia avuto l’idea per darvita allo stranoto Pac-Man… Insomma, di storie di successo in ambito vi-deoludico sono pieni i libri. Quel che mancava, però, era un testo concepi-to e redatto con in mente il nostro paese, l’Italia, una terra che da sempre èuna straordinaria fucina di talenti e creatività e che, da tempo, sforna anchegrandi professionisti dei videogiochi, i quali, però, al momento lavoranoper la gran parte all’estero. L’Italia del videogioco sta crescendo, è moltomaturata ed è in procinto di vivere un grande boom, fornendo a tante don-ne e uomini l’occasione della loro vita. Conoscere il settore nelle sue formee declinazioni e capire come avvicinarsi a esso nel modo più corretto puòessere la chiave per realizzare i propri sogni ed essere più felici.

Leggere questo libro è solo il primo passo, a cui devono seguire studio,impegno, sacrificio e dedizione. Senza dimenticare, ovviamente, di gioca-re. Non è mica una perdita di tempo, sapete?

Ringraziamenti

Vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno collaborato alla stesura di questolibro e hanno partecipato alla ricerca di dati, informazioni e testimonianze perrendere questo manuale il più completo possibile.

giovanna Vizzaccaro, Andrea Peduzzi ed Eliana Bentivegna per averci aiuta-to a raccogliere i dati, redigere il testo e correggerlo. Il loro contributo è statosemplicemente impagabile.

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Un doveroso e sentito grazie anche a Filippo Zanoli e Vania Saporito, chehanno collaborato con noi per dare una forma ai diversi profili professionali par-tendo da un milione di informazioni e fiumi di parole.

Si ringraziano inoltre pe il gentile supporto AIoMI, AESVI (Thalita Malagò eIlaria Amodeo) e il gruppo di Filiera dei Produttori Italiani di Videogiochi, par-te del settore Assoknowledge di Confindustria (Raoul Carbone, giorgio Becca-ceci, giovanni Caturano e Massimiliano Di Monda).

Un grazie particolare, infine, va a tutti coloro che ci hanno raccontato le lorostorie di vita professionale per rendere vero questo manuale e testimoniare che ilmondo dei videogiochi in Italia esiste ed è più vivo che mai.

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I. Lo scenario attuale dei videogiochi

I.1 Le premesse

oggi parlare in Italia di videogiochi tende ancora ad avere un saporeun po’ sospetto. Quando non sono percepiti in un’accezione completa-mente negativa, vengono al massimo considerati alla stregua di un pas-satempo per bambini, magari una moda passeggera.

Eppure il digital entertainment, per gli addetti ai lavori, è ben lontanodall’essere un semplice passatempo: il videogioco nell’arco di pochedecine di anni è diventato una delle principali realtà del mercato dell’in-trattenimento, arrivando a maturare incassi superiori a quelli di qualun-que altro concorrente, facendo mangiare la polvere a musica, cinema, e– recentemente – persino all’home video.1

L’attivo del mondo del videogioco, in Italia, ha quasi raddoppiato ilproprio valore in tre anni (741,9 milioni di euro nel 2006 e 1262,7 milio-ni di euro nel 2008),2 non risentendo della recente prudenza dei mercatidovuta alla crisi. Ultimamente, il pubblico di riferimento si è decisamen-te allargato: a divertirsi con i «giochini» non sono più soltanto i ragazzi-ni, ma anche giovani professionisti, adulti, talvolta anche over 40.3

La percezione del mezzo, in tutto il mondo, sta subendo sostanzialicambiamenti, soprattutto dopo il lavoro di posizionamento svolto dallaSony sul marchio PlayStation nella seconda metà degli anni Novanta,

1 Cfr. Univideo – Prometeia (a cura di), rapporto sullo stato dell’editoria audiovisiva in Italia –2008, Milano, Univideo, 2009, p. 5.

2 Cfr. AESVI – gFK (a cura di), rapporto annuale sullo stato dell’industria videoludica in Italia –2008, Milano, AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana), 2009, p. 11.

3 Ivi, p. 33.

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che ha contribuito a rendere il videogioco una forma d’intrattenimentomolto attraente.

Nonostante simili cifre, una delle difficoltà principali delle aziende disettore – soprattutto in Italia – è il reperimento di personale adeguata-mente formato da inserire tra le proprie fila. Perché? Tutti questi velocicambiamenti hanno influenzato il mercato, rendendo necessaria la na-scita di nuove professionalità in grado di dialogare con il mondo digita-le, sul piano del marketing, della progettazione e della comunicazione.Le figure coinvolte nella filiera di un videogioco sono tantissime. oltreal game designer (spesso, il ruolo più ambito) esistono moltissime altrepossibilità interessanti e gratificanti – legate magari all’editoria o alladistribuzione – che richiedono creatività e impegno.

Purtroppo, i percorsi didattici espressamente dedicati sono una rarità.I ragazzi più motivati cercano di inserirsi nell’industria avendo allespalle i retroterra più vari, facendosi la cosiddetta «esperienza sul cam-po». In più, molto spesso, anche gli appassionati finiscono con il consi-derare i videogiochi esclusivamente come un passatempo da coltivarenel tempo libero, piuttosto che una seria opportunità professionale.

Il testo che tenete tra le mani, pensato in concerto con alcune delleprincipali realtà didattiche e industriali presenti sul territorio nazionale,si pone l’obiettivo di colmare alcune lacune e, soprattutto, di indirizza-re giovani e professionisti interessati al settore verso il percorso più ap-propriato per realizzare i propri sogni: questo perché, probabilmente,uno dei segreti per la ricerca della felicità consiste nel coniugare consuccesso le proprie passioni con il proprio lavoro.

I.2 I videogiochi e il digitale oggi

Digitale e digitalizzazione sono termini da qualche anno sulla boccadi tutti e vengono spesso usati a sproposito: per sgomberare il campo daogni fraintendimento sarà bene chiarirne il significato.

Brevemente, per «digitalizzazione» s’intende un processo che conver-te un segnale analogico (continuo) in uno frazionato, costituito da unaserie di numeri (discreto). In questo modo abbiamo la possibilità di ma-

10 Lo SCENARIo ATTUALE DEI VIDEogIoCHI

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nipolare e gestire il suddetto elemento in maniera prima impensabile, ar-rivando a interagire con esso. Si perde – in parte – la qualità dell’analo-gico, ma si guadagna enormemente in termini di flessibilità d’utilizzo,come spesso accade secondo il principio di addizione e sottrazione checaratterizza i media, quando questi vedono indebolirsi aspetti in prece-denza peculiari, implementando alcune novità. L’avvento di questa codi-fica, in pochi anni, ha finito con il modificare radicalmente le nostre abi-tudini e l’effetto è sotto gli occhi di tutti: nessuna delle forme di comuni-cazione, legate o meno al mondo dell’entertainment, è rimasta la stessa.Televisione, radio, cinema e musica hanno attraversato notevolissimicambiamenti, influenzandosi reciprocamente e creando una sinergia chespesso ha portato a progetti «crossmediali» di grande impatto.

In TV, per esempio, la possibilità d’interazione ha dato origine a unnuovo fenomeno di mercato, l’on demand, modificando completamen-te il concetto di palinsesto. oggi possiamo adattare la fruizione dei con-tenuti ai nostri ritmi, senza alcuna imposizione. Attraverso la codificadigitale, inoltre, possiamo avere accesso ai programmi in moltissimimodi: il fenomeno delle web TV ne è l’esempio più lampante. Con l’av-vento dell’interattività è cambiato anche l’atteggiamento del pubblico,divenuto sempre più partecipe, e di conseguenza sono mutati (nel beneo nel male) i contenuti televisivi. Un esempio di questa nuova realtà èun tipo di programma fortemente discusso come il reality show, che fi-no a pochi anni fa sarebbe stato di fatto impraticabile.

ovviamente, anche il mercato cinematografico ha risentito del cam-biamento in corso. Dalla sola proiezione nelle sale si è passati, oggi, aconcepire la vita delle pellicole in modo molto più vario: i film vengo-no venduti su DVD, sono accessibili anche in streaming sul personalcomputer o su terminali portatili, scaricati dai negozi on line ecc. Leemittenti americane più lungimiranti mettono a disposizione gratuita-mente le puntate dei loro programmi già poche ore dopo la messa in on-da regolare. Tutta questa «rimediazione»4 ha naturalmente influenzato

11I VIDEogIoCHI E IL DIgITALE oggI

4 Il termine «rimediazione» nasce da un concetto coniato da Jay David Bolter e Richard grusin(legato tuttavia a un’intuizione di Marshall McLuhan): «Il contenuto di un medium è sempre un altromedium». In altre parole indica la rappresentazione di un medium all’interno di un altro. Cfr. JayDavid Bolter – Richard grusin, remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, acura di Alberto Marinelli. Trad. it. di Benedetta gennato, Milano, guerini e Associati, 2002.

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anche il linguaggio e i ritmi narrativi, favorendo la grande diffusionedelle serie TV degli ultimi anni (Lost, 24 ecc.).

La stessa cosa vale per la radio. oggi abbiamo la possibilità di scari-care sui nostri lettori MP3 (la cui enorme diffusione non è casuale) tutti icontenuti che desideriamo, per ascoltarli comodamente mentre faccia-mo sport o mentre viaggiamo. Sempre più spesso un programma nascedirettamente come podcast,5 altro segno dei tempi che cambiano.

In campo discografico, poi, l’avvento del digitale ha modificato sen-sibilmente l’intera industria a livello di mercato, d’ideazione e sviluppodel prodotto, arrivando a influenzare persino le abitudini d’ascolto. Sefino all’altro ieri un autore era portato a concepire la propria arte in ter-mini di «album», lavorando di conseguenza su una serie organica ditracce stilisticamente affini, oggi siamo catapultati nel regno del singo-lo. La maggior parte dei musicisti (soprattutto le nuove leve, in cerca disuccesso o di una maggiore affermazione) lavorano su pezzi godibiliautonomamente, trasformando il concetto di album (organizzazione ri-gida) in quello di playlist (divisione tematica decisa dall’utente). Que-sto è principalmente dovuto all’avvento e alla larga diffusione del digi-tal delivery6 (lo store, cioè il negozio/archivio, di iTunes ne è forsel’esempio più noto), che permette al cliente di acquistare per pochi euroanche una singola traccia. I tradizionalisti probabilmente storceranno ilnaso. I più attenti, invece, cercheranno di cogliere i frutti del cambia-mento lavorando sulle opportunità, piuttosto che farsi frenare dai vinco-li. ogni smottamento del mercato è gravido di problemi e opportunità,il discrimine sta nell’intelligenza delle risorse umane in gioco.

Detto ciò, sarà bene considerare che il campo dell’entertainment nonè il solo in cui il linguaggio digitale ha dato i suoi frutti: ogni aspettodella società contemporanea ne ha assaggiato le conseguenze, dall’in-formazione al modo di fare pubblicità, dalla cultura fino alla politica.Parla da sé il recente caso del successo elettorale di Barack obama, che

12 Lo SCENARIo ATTUALE DEI VIDEogIoCHI

5 Il podcast è un documento (generalmente audio o video) scaricato da internet in modo automaticoutilizzando un programma generalmente gratuito chiamato aggregatore o feed reader.

6 Il digital delivery è un sistema di vendita e distribuzione basato sull’acquisto e il download diret-to dei prodotti (ovviamente digitali) direttamente dal web. L’esempio più noto è appunto lo store i-Tunes di Apple.

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probabilmente non sarà ricordato solo come il primo presidente afroa-mericano della storia degli Stati Uniti, ma anche come l’uomo che hasaputo servirsi in maniera più efficace delle possibilità offerte dai newmedia. obama è riuscito a sconfiggere i suoi avversari piegando alleproprie esigenze ogni declinazione possibile della moderna comunica-zione: siti internet, blog, podcast, persino i videogiochi (ha utilizzato ilcosiddetto in-game advertising inserendo dei cartelli pubblicitari all’in-terno del videogioco di racing Burnout Paradise); si è servito dell’inte-rattività per ottenere in qualsiasi momento delle risposte e reazioni datutto il suo elettorato. È riuscito ad accorciare le distanze con i sosteni-tori, mettendosi sullo stesso piano della gente comune, creando la sen-sazione di un vero dialogo. Non è stato un caso che obama abbia brin-dato alla propria vittoria proprio in questo contesto, anzi è un fatto par-ticolarmente rilevante sul piano simbolico, che ci permette di constatare(non senza una certa poesia) come il digitale stia cambiando davvero lenostre vite e il nostro modo di pensare.

E in tutto questo il videogioco come s’inserisce? Come una sempliceforma d’intrattenimento? Assolutamente no. Il videogioco è probabil-mente il frutto più interessante scaturito da questo scenario, quello che– più di ogni altro – ha saputo sfruttare le potenzialità del digitale, arri-vando a narrare attraverso l’interattività e dando potere al libero arbitriodel giocatore. Il videogame, a differenza degli altri media, non è statosemplicemente influenzato e modificato dal digitale, è nato con il digi-tale, ne è il figlio legittimo e primogenito, quello di cui i videogiocatoriodierni si divertiranno a osservare la crescita.

I.3 I videogiochi rendono stupidi?

Una delle principali ragioni dello scollamento tra alcuni segmentidella società e i videogiochi si è sempre poggiata sulla considerazione –spesso al limite della leggenda metropolitana – che «i videogiochi fan-no male». Per anni i canali d’informazione generalista, a cicli più o me-no regolari, si sono scagliati contro il mezzo, alimentando le loro tesitecnofobiche con teorie o ricerche formulate da sociologi o psicologi in

13I VIDEogIoCHI RENDoNo STUPIDI?

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cerca delle luci della ribalta, dimostrando una certa miopia, soprattuttoin relazione alle cifre del mercato.

Il fenomeno non rappresenta certo una novità. È capitata la stessa co-sa con l’avvento di ogni nuova forma di comunicazione o di intratteni-mento; la gente, semplicemente, teme ciò che ancora non conosce e, so-litamente, passano diversi anni prima che un medium venga legittimatoculturalmente.

oggigiorno non siamo ancora riusciti a liberarci del tutto della visio-ne negativa della televisione che fa di tutta l’erba un fascio. Anche in-ternet, nonostante sia un servizio ormai estremamente diffuso e che hadimostrato la sua enorme utilità in moltissimi settori, è ancora sotto ac-cusa. I videogiochi sono stati percepiti per diversi anni come appannag-gio di una nicchia di appassionati (similmente ai fumetti o ai giochi diruolo da tavolo). Eppure, se la televisione, in Italia, ha avuto un ruolochiave nel combattere l’analfabetismo e nell’unificare la lingua nazio-nale, analogamente i ragazzi cresciuti con i videogiochi hanno impara-to precocemente l’utilizzo del computer, ricavandone anche un’infari-natura della lingua inglese.

Nonostante ciò, dagli anni ottanta hanno preso il via numerosi studiche si sono concentrati nel cercare tutta una serie di nessi tra il mediumvideoludico e i comportamenti aggressivi. Secondo non pochi studiosi ivideogiochi spingerebbero i ragazzi alla pratica della violenza, riducen-do la sensibilità e l’empatia verso i loro simili, e – confondendo il giococon la realtà – a cercare addirittura una sorta di gratificazione nella vio-lenza. Da anni, associazioni come il Parents Television Council si bat-tono per l’abolizione o la rigida regolamentazione dei contenuti nei vi-deogiochi,7 attribuendo loro un ruolo propedeutico verso l’alcolismo, ilconsumo di droghe e l’allontanamento dalla scuola.

Negli ultimi anni la maggior parte di queste accuse sta subendo unadecisa revisione: lo studioso James Paul gee (illustre membro della Na-tional Academy of Education, che danni si dedica all’esplorazione del-le implicazioni educative dei nuovi media), con molti suoi lavori si èadoperato per dimostrare che, sul piano dell’induzione alla violenza, il

14 Lo SCENARIo ATTUALE DEI VIDEogIoCHI

7 Cfr. Parentstv.org/ptc/videogame/main.asp.

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videogioco in sé non riveste un ruolo né positivo né negativo, dal mo-mento che tutto dipende principalmente dalle inclinazioni dell’indivi-duo e dal contesto in cui è inserito.8 Anche il celebre «test dell’aggressi-vità»,9 utilizzato dai detrattori per molti anni, è stato recentemente con-siderato irrilevante e inappropriato dalle analisi dei ricercatoriLawrence Kutner e Cheryl K. olson, autori del noto testo Grand Theft

Childhood, che indaga sul rapporto tra videogiocatori e violenza.10

Inoltre esiste da qualche anno in Europa un efficace strumento di au-toregolamentazione chiamato PEgI,11 costituito proprio per aiutare i ge-nitori a «tenere d’occhio» i prodotti destinati ai figli. Il sistema si basasu una classificazione in base all’età ed è curato principalmente dacommissioni vicine al settore che «sanno quello che dicono», limitandogli errori di valutazione, che rischierebbero di danneggiare il mercato.

Negli ultimi anni diversi studi condotti in ambienti accademici (so-prattutto quelli legati allo studio delle neuroscienze), piuttosto che con-centrarsi sulla decostruzione del mezzo, preferiscono più saggiamenteindagarne i possibili benefici, e i risultati visti finora sono stati più cheincoraggianti. Un recente lavoro presentato alla 58a conferenza annualedella International Communication Association da Shyam Sundar, diret-tore del laboratorio multimediale della Penn State University12 e basatosull’osservazione di cento soggetti, ha dimostrato che i videogiochi fa-voriscono nei giovani giocatori la creatività e il cosiddetto «approcciolaterale» ai problemi. In giappone sono stati condotti degli esperimenti

15I VIDEogIoCHI RENDoNo STUPIDI?

8 Cfr. James Paul gee, What Video Games Have to Teach Us About Learning and Literacy, NewYork, Palgrave Macmillan, 2003.

9 I «test dell’aggressività», come l’Hand Test (in cui si lascia immaginare al soggetto l’azione chesta per essere compiuta da una mano vista in un’immagine) e il Thematic Apperception Test (dove,similmente al test di Rorschach, viene richiesta al soggetto la libera interpretazione di alcune immagi-ni) sono test di valutazione della personalità, generalmente di tipo proiettivo, tra i più usati al mondo,ma che godono di un sistema non globalmente accettato. Cfr. Lucia Boncori, Teoria e tecniche dei test,Torino, Bollati Boringhieri, 1993.

10 Cfr. Lawrence Kutner – Cheryl K. olson, Grand Theft Childhood: The Surprising Truth AboutViolent Video Games and What Parents Can Do, New York, Simon & Schuster, 2008.

11 Il PEgI (Pan-European game Information) è un sistema di classificazione basato sul rapporto trafasce d’età dell’utenza e i contenuti del prodotto. Il metodo è utilizzato su tutto il territorio europeo,eccetto il Regno Unito.

12 Per maggiori informazioni: Psu.edu/dept/medialab/researchpage/newabstracts/emotcreate.html.L’intero studio è reperibile su Allacademic.com//meta/p_mla_apa_research_citation/2/3/2/5/6/pages232569/p232569-1.php.

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introducendo alcuni semplici mini-giochi nel programma didattico delleclassi, e i benefici si sono visti sia tra gli studenti sia tra gli insegnanti,che hanno finito con l’accogliere positivamente l’iniziativa. L’Europanon è da meno: secondo il rapporto conclusivo del progetto «games inSchools», presentato il 5 maggio 2009 a Strasburgo presso il Consigliod’Europa e realizzato da European Schoolnet, l’80% degli insegnanti sisono detti molto interessati alle implicazioni educative del videogioco emolti di loro hanno ammesso di avere già introdotto con successo il mez-zo (attraverso prodotti di tipo «educational») all’interno di alcuni pro-grammi didattici, sempre con il consenso dei genitori degli alunni.

Su questo tema controverso esiste un testo cruciale: Everything Bad

is Good for You, tradotto anche in italiano come Tutto quello che fa ma-

le ti fa bene. Perché la televisione, i videogiochi e il cinema ci rendono

intelligenti.13 La tesi principale dell’autore è che i videogiochi (ma lostudio prende in esame anche i fumetti, le serie TV e altre rappresenta-zioni della cultura pop considerate negative) stimolerebbero il cervelloalla soluzione di problemi complessi proponendo la risoluzione di unasfida, in maniera simile a quanto avviene – per esempio – negli scacchi.In particolare, gran parte dei benefici derivati sarebbero collegati almeccanismo di ricerca delle ricompense presente nella mente umana, ilcui funzionamento si basa sull’esplorazione e sulla conquista. Di frontea uno scenario fittizio, nel videogiocatore scattano automaticamente deimeccanismi analitici e deduttivi che stimolano enormemente l’attivitàcerebrale adibita alla risoluzione dei problemi: nessun’altra forma d’in-trattenimento solleciterebbe tanto la mente, per via della fruizione atti-va. Insomma: i giovani cresciuti con i videogiochi partono per alcuniaspetti avvantaggiati, dal momento che sono stati coinvolti fin da picco-li in attività molto sofisticate e nel riconoscimento di forme narrativenon sequenziali, permettendo alla mente di sviluppare una forte attitu-dine alla decodifica degli schemi, alla flessibilità e al multi-tasking,cioè la capacità di compiere contemporaneamente più azioni che coin-volgano diverse aree cognitive.

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13 Cfr. Steven Johnson, Tutto quello che fa male ti fa bene. Perché la televisione, i videogiochi e ilcinema ci rendono intelligenti, Milano, Mondadori, 2006.

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Chi non ha potuto divertirsi con le console da ragazzo farebbe bene anon perdersi d’animo e a recuperare il tempo perduto. Mettersi alla pro-va con i videogame può costituire per adulti e anziani un’ottima occa-sione per avvicinarsi a figli e nipoti e relazionarsi più serenamente conil loro mondo, favorendo la comprensione reciproca. Inoltre i riflessi ela prontezza non possono che trarre giovamento da prodotti come Wii-Fit e Brain Training. Non è un caso se le più recenti interfacce di gioco(come il Wiimote della Nintendo, di cui si parla anche più sotto) abbia-no abbracciato la strada della semplificazione, conquistando anche tar-get maturi ma non avvezzi alla tecnologia. Questo va anche a dispettodi tutte quelle teorie che additano il videogioco come uno strumentoche condurrebbe all’isolamento. In realtà, nel mercato trovano spaziosia le esperienze di gioco single player (che non rendono asociali piùdella lettura di un buon libro) sia quelle multi-player, che possono esse-re a loro volta on line (giocati su internet con altri utenti collegati) op-pure off line (giocati con altre persone in presenza fisica). Anzi, uno deiprincipali richiami per la sfera di giocatori casuali (ma anche per i co-siddetti hardcore, i giocatori assidui) è la possibilità di condividere ilgioco con amici e parenti, magari passando una divertente serata con unbuon party game, o cantando a squarciagola una canzone mimando unritornello con il noto gioco rock Band.

Insomma, giocare non solo non danneggia, ma porta degli evidentivantaggi. Non a caso, il settore dell’edutainment (neologismo che fon-de le parole educational ed entertainment, ‘educativo’ e ‘intrattenimen-to’) sta raccogliendo le adesioni di molti pedagogisti. E, forse, se lastrada della piena legittimazione è ancora lontana, sembra che ci si stiamuovendo nella giusta direzione.

I.4 Il mondo dei videogiochi, questo sconosciuto

Dopo aver dato una rapida occhiata alle cifre di un mercato in costan-te ascesa, all’innegabile importanza rivestita dal digital entertainmentall’interno della comunicazione, dell’arte, del business, e ai suoi effettipositivi, una domanda potrebbe sorgere: perché il videogioco non gode

17IL MoNDo DEI VIDEogIoCHI, QUESTo SCoNoSCIUTo

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della fama degli altri media? Perché l’uomo della strada, spesso, nonconosce nulla di questo mondo?

Le risposte possibili sono diverse, ma una delle più evidenti circo-stanze che mettono i videogiochi in difetto rispetto al cinema o al mon-do discografico risiede nella mancanza di uno star-system. Il videogio-co, semplicemente, non ha bisogno di attori. Un personaggio digitale ècreato ex novo direttamente dagli autori e, per quanto si possa lavoraresulla caratterizzazione fisica e sul carisma, raramente riuscirà a rubarela scena a una star in carne ed ossa, che gode del fascino di una vita ve-ra e che fa parlare di sé anche fuori del set, creando sempre notizia e ali-mentando interi settori dell’informazione.

In più, il personaggio di un videogioco raramente è spendibile al difuori della saga d’appartenenza (o al massimo in qualche prodotto deri-vato): non può semplicemente smettere i propri panni e «interpretare»qualcun altro, sarebbe un’operazione poco credibile, su cui non varreb-be la pena investire risorse. Alcuni sviluppatori, nel tentativo di aggira-re il problema, hanno deciso di fornire ai protagonisti dei loro titoli del-le voci illustri (come avviene da tempo nel cinema d’animazione): an-che l’Italia si è adeguata, coinvolgendo nel doppiaggio di videogiochi ilnoto deejay Linus (Halo 3), l’attrice Asia Argento (Mirror’s Edge) o ilregista Dario Argento (Dead Space). Purtroppo, al di là del richiamopubblicitario successivo al lancio, l’«effetto cinema» è ancora un mi-raggio e i risultati non sempre sono stati all’altezza, considerando che letecniche di doppiaggio previste per un prodotto interattivo sono difficil-mente intercambiabili con quelle classiche.

In tutti questi anni, solo alcuni personaggi dei videogiochi sono riu-sciti a imporsi nell’immaginario collettivo, al punto da divenire la chia-ve del successo del prodotto, ma sono casi molto rari. Pac-Man, Mario,Lara Croft, hanno fatto parlare di sé anche sui media generalisti, diven-tando dei fenomeni di costume. Tuttavia il resto dei personaggi, perquanto ben fatti, è destinato all’oblio, a essere notato solo dagli appas-sionati, strappando qualche copertina alle riviste specializzate.

Si consideri anche che talvolta la caratterizzazione dei personaggi nonrientra nemmeno nelle scelte di design. Mentre il giappone tradizional-mente ha sempre investito nella creazione di trame avvincenti sorrette da

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personaggi interessanti, nel tentativo di trascinare il giocatore nella sto-ria, optando per una narrazione «in terza persona» (i lavori dei game de-signer Hideo Kojima14 o Hironobu Sakaguchi15 ne sono la prova più lam-pante), l’America ha preso una strada completamente diversa. giochicome Halo, Gears of Wars o Unreal Tournament preferiscono investiresulla confezione di stereotipi o «involucri vuoti» destinati a essere riem-piti dall’utente stesso: non è un caso che il mercato statunitense sia pre-valentemente orientato verso il genere FPS (first person shooter, ‘spara-tutto in soggettiva’), in cui la dinamica del gioco, di norma basato susparatorie, è ripresa dal punto di vista del protagonista, di cui raramentevediamo il volto, il che consente peraltro una maggiore identificazioneda parte del giocatore stesso. Anche nel campo dei gDR (giochi di ruolo)le differenze sono nette: mentre in giappone, come detto, il protagonistaè precostituito (un esempio per tutti è la serie Final Fantasy), i titoliamericani (Oblivion, Mass Effect e il recente Fallout 3, che permette digestire il personaggio fin dai suoi primi vagiti) offrono la libera persona-lizzazione dell’avatar (l’alter ego digitale del giocatore), sia sul piano fi-sico che psicologico. Di conseguenza anche l’approccio alla narrazionegode di un respiro più ampio, spingendosi – con i prodotti di tipo san-dbox16 – fino alle conseguenze più estreme.

Insomma, prima che un personaggio dei videogiochi possa attraver-sare un tappeto rosso passerà ancora parecchio. Quali possibili soluzio-ni? Una strada intelligente, ma ancora raramente percorsa, per creareuno star-system videoludico, potrebbe essere quella di investire sugliautori dei giochi. Il progettista di un videogame incarna moltissime del-le funzioni che, nel cinema, competono al regista. Il game designer la-vora sull’idea principale, coordina il lavoro del team e deve essere ingrado di dialogare con le diverse professionalità che concorrono allosviluppo del titolo. Deve avere apertura mentale, flessibilità, una cultu-ra piuttosto ampia, uno sviluppato senso artistico (in campo grafico,

19IL MoNDo DEI VIDEogIoCHI, QUESTo SCoNoSCIUTo

14 Si veda il personaggio Solid Snake, protagonista della serie Metal Gear.15 Si vedano i personaggi Clod Strife e Sephirot, della serie Final Fantasy.16 Per sandbox, in ambito videoludico, si intende una meccanica di gioco che consente all’utente di

interagire liberamente con l’ambiente circostante senza necessariamente avanzare lungo i binariprestabiliti. gli esempi più significativi sono la serie Grand Theft Auto e il recente Infamous.

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musicale e narrativo) e un’adeguata competenza tecnica. Inoltre, per te-nere a galla il suo concept, l’idea alla base del progetto, non deve maiperdere di vista le necessità del mercato. I grandi designer del calibro diPeter Molineux (Populous, Fable I e II, The Movie) o Shigeru Miyamo-to (Super Mario Bros, la serie Zelda) sono personaggi eclettici e inte-ressanti, che hanno contribuito con il loro lavoro a generare il linguag-gio dei videogiochi, a definirne i generi e i confini, come hanno fatto asuo tempo i grandi registi cinematografici: un’immagine ben lontanadallo «smanettone» che arrangia i giochi in garage. Le novità introdotteda molti pionieri hanno varcato i confini del semplice gioco, influen-zando moltissimi altri campi sul piano della narrazione, delle interfac-ce, persino della grafica e del design. oggi lo stile di certe pellicole ci-nematografiche o di molti prodotti televisivi è debitore del videogiocopiù di quanto si sarebbe disposti ad ammettere.

E non è solo il designer a rivestire importanza, anche altre figure po-trebbero essere messe in evidenza: un grande artist (ovvero la personache cura a vari livelli gli elementi grafici del gioco, come l’ambienta-zione o il design dei personaggi), per esempio, o un grande sound desi-

gner. Pensate: poter aprire la pagina degli spettacoli di una qualsiasi ri-vista e leggere dell’uscita del prossimo gioco di Will Wright (il brillan-te game designer autore di autentici capolavori, come il classico Sim

City, o il recente Spore), o del nuovo lavoro che ha visto la partecipazio-ne di Nick oroc (artista specializzato nella realizzazione di personaggie sfondi per videogiochi, come Prince of Persia o Splinter Cell).

Al momento invece l’industria, come unico riconoscimento per il du-ro lavoro di un intero team e del suo lead (coordinatore), concede almassimo qualche riga nei titoli. Certo, le cose stanno un pochino cam-biando, molto autori spingono per ottenere il riconoscimento che meri-tano. Sid Meyer (autore di Civilization) è stato uno dei primi, al pari diorson Welles, a pretendere il proprio nome prima del titolo del prodot-to, e altri cercano di seguire la sua strada. Ma siamo di fronte a casi spo-radici, che riguardano solo designer ormai arrivati che dispongono diun buon potere contrattuale con gli editori. Per tutti gli altri c’è ancoral’oblio. Eppure, l’industria del digital entertainment farebbe bene a ini-ziare a scommettere maggiormente sui propri nomi, ne trarrebbe grande

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vantaggio. Conferirebbe maggiore prestigio al prodotto, soprattutto allancio, e contribuirebbe ad avvicinare maggiormente al settore il suopubblico, creandone anche di nuovo.

I.5 Un po’ di storia

Come spesso succede, la nascita della tecnologia di un mezzo prece-de quella dei suoi contenuti. Nel nostro caso la leggenda vuole che nel1962 l’informatico del MIT (Massachusetts Institute of Technology, aBoston) Steve «Slug» Russell, nel tentativo di creare un buon softwareper mostrare al pubblico le capacità dell’allora pionieristico elaboratorePDP-1, abbia creato quello che viene tecnicamente considerato come ilprimo vero videogioco della storia: Spacewar!.17 Diciamo «tecnicamen-te» perché pochi anni prima, nel 1958, il fisico William Higginbotham,pure alla ricerca di un’attrazione da mostrare durante la giornata diapertura al pubblico dei laboratori Brookhaven a Long Island, creò undivertente giochino chiamato Tennis for Two, visualizzato su un oscillo-scopio.18 Quello che importa è che la nascita del videogioco non è statapoi così programmatica: l’intento non era creare un nuovo intratteni-mento o una nuova forma d’arte. Si voleva semplicemente trovare unaqualche applicazione d’effetto che mostrasse alla gente i muscoli deiprimi calcolatori. A suo tempo, alla radio, al cinema e alla televisionenon era andata tanto diversamente.

Nel 1971 il giovane universitario Nolan Bushnell, insieme all’amicoTed Dabney, decise di buttarsi negli affari, commercializzando una ver-sione modificata di Spacewar! chiamata Computer Space: fu un mezzofiasco, ma i due soci non si persero d’animo e poco tempo dopo, fonda-ta una società chiamata Atari, misero sul mercato una sorta di simula-zione di tennis, dalla grafica decisamente spartana: Pong. Fu un succes-so. Lo stesso Bushnell dichiarò: «Dopo aver installato la prima macchi-

21UN Po’ DI SToRIA

17 Cfr. Matteo Bittanti, Per una cultura del videogame. Teorie e prassi del videogiocare, Milano,Unicopli, 2002.

18 Cfr. Rusel De María – Johnny L. Wilson, High Score! La historia ilustrada de los videojuegos,Madrid, Mcgraw Hill – Interamericana de España SAU, 2002.

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na sono andato di corsa a casa. Un paio d’ore più tardi […] le monetineda 25 centesimi non entravano più nella macchina. Il mio Pong era cosìpieno di soldi che rischiava di scoppiare!».19 Nel giro di poco Atari de-cise di portare i videogiochi dalle cosiddette sale arcade alle case deiragazzi, prima appoggiandosi alla piattaforma casalinga Magnavoxodyssey, successivamente lanciando la console Atari 2600, la prima disuccesso della storia (circa 30 milioni di pezzi venduti). ormai la stradaera spianata e in poco tempo il mercato esplose: furono lanciate moltis-sime macchine da gioco (alcune furono dei veri e propri fiaschi). Intereaziende di giocattoli cercarono di riciclarsi nel nuovo business e nessu-no voleva rinunciare alla sua fetta: si arrivò limite della saturazione.20

Se in occidente si faceva festa, in oriente non stavano certo a guarda-re. Nel 1978 Taito lanciò il futuro classico degli shoot’em up (‘spara atutti’, genere noto in italiano, nel gergo, come «sparatutto») Space Inva-

ders, che conquistò presto anche gli Stati Uniti. Nel 1980 la Namco (na-ta come produttrice di giocattoli), dopo aver acquisito la locale divisionedi Atari, creò la prima vera star del mondo dei videogiochi: Pac-Man.

Pochi anni dopo, nel 1984, mente in America si stava registrando uncrollo del mercato arcade (ovvero delle postazioni video ludiche da salagiochi o da bar), una compagnia di nome Nintendo lanciò sul mercato unasofisticata console chiamata Famicom, assieme a un gioco realizzato daun giovane designer di nome Shigeru Miyamoto, già autore della versio-ne coin-op (‘funzionante a moneta’, cioè da sala): Donkey Kong. Il prota-gonista era un buffo idraulico italiano con i baffi, impegnato a farsi inquattro nel tentativo di salvare l’amata principessa. Mario Bros divennein poco tempo la mascotte della casa di Kyoto, nonché una delle maggio-ri icone videoludiche di tutti i tempi.

E così, mentre in campo console si passava in pochi anni dalla genera-zione 8 bit a quella più sofisticata, a 16 bit (Super Famicom, Sega Mega-drive), in Europa e in America si giocava volentieri anche sui PC, in parti-colare quelli della famosa ditta Commodore (Vic20, C64 e poi la fortuna-

22 Lo SCENARIo ATTUALE DEI VIDEogIoCHI

19 Cfr. Steven Kent, And Then There Was Pong. Ultimate History of Video Games, New York, ThreeRivers Press, 2001.

20 Cfr. Matteo Bittanti, L’innovazione tecnoludica. L’era dei videogiochi simbolici (1958-1984),Milano, Jackson Libri, 1999.

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ta serie Amiga). La Nintendo prese poi la decisione di buttarsi nel merca-to dei dispositivi portatili, lanciando la console portatile game Boy(1989). Apparentemente, non una gran macchina: con un hardware appe-na soddisfacente e lo schermo monocromatico non poteva competere coni rivali a colori Atari Lynx e Sega game gear. Eppure il game Boy consu-mava poco, era decisamente piccolo e fu affiancato all’uscita da una seriedi killer application, cioè di giochini semplici ma irresistibili. In particola-re era venduto in abbinamento a Tetris, un puzzle game a scorrimento ver-ticale (creato pochi anni prima da un geniale designer sovietico di nomeAlexey Pajitnov). Fu un successo senza precedenti. La lungimirante capa-cità di interpretare correttamente il mercato permise alla Nintendo di do-minare il mondo del gaming portatile, mantenendo il primato fino a oggi.21

Con l’introduzione di tutte queste novità, il mezzo era ormai abbastanzamaturo da riflettere su sé stesso. Era l’età dell’oro dei grandi pionieri deldesign, personalità che, con la loro capacità di dialogare con l’industriasenza rinunciare all’estro creativo e alla loro visione, hanno saputo defini-re i parametri dei videogiochi. Per celebrarli tutti non basterebbero pagineintere, ma vale la pena almeno ricordare, oltre ai già citati Miyamoto e Pa-jitnov, Peter Molyneux, papà di Bullfrog e dei cosiddetti god game sul ge-nere Populous; David Crane, teorico del virtuale, con le sue Little Compu-

ter People; Richard «Lord British» garriot, che con la serie Ultima ha im-postato i gDR all’occidentale; Will Wright, il «Primo Cittadino» di Sim

City; L’eclettico Ron gilbert, che con lo humour e gli enigmi di Maniac

Mansion e Monkey Island ha fatto passare notti insonni a milioni di avven-turieri; Jon Hare, designer di Sensible Soccer e altri indimenticabili suc-cessi dell’epoca di Amiga; I ragazzi del Team17, con il loro difficilissimosparatutto ProjectX; John Carmack, l’inventore di Doom e degli FPS cosìcome li conosciamo oggi; I fratelli Robyn e Rand Miller, creatori del sug-gestivo Myst; il già menzionato Hideo Kojima, con la sua vocazione da re-gista di film di guerra. E la lista potrebbe continuare per parecchio.

Tutta questa differenziazione dell’offerta contribuì anche alla nascita eal consolidamento dei generi: platform, picchiaduro, sparatutto, simula-tori, sportivi, puzzle, gestionali, manageriali, strategici, giochi di ruolo,

23UN Po’ DI SToRIA

21 Cfr. Fabrizio Vagliasindi, L’Arte del Digital Design, Milano, FrancoAngeli, 2003.

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avventure grafiche. ognuno (comprese le ibridazioni) trovava e trova ladeclinazione più adatta su un formato piuttosto che su un altro, contri-buendo alla segmentazione dei giocatori. Nel videogioco, a differenza delcinema, un genere non viene definito dall’ambientazione o dalla trama,quanto dalle meccaniche di gioco adottate (dette gameplay) nel rispettodella caratteristica principale del mezzo: l’interattività.

A metà degli anni Novanta, con lo scenario console dominato dallaNintendo e dalla Sega, una nuova e imprevista variabile decise di entra-re nei giochi e rimescolare le carte. Dopo una fallita trattativa con laNintendo, il gigante giapponese Sony crea una sua macchina da gioco:è l’alba della PlayStation.

La neonata console presentava una serie di caratteristiche molto inte-ressanti. oltre all’hardware di tutto rispetto (basato su un’architettura a32 bit), era evidente la cura riposta nel design, lontano dall’aspetto«giocattoloso» dei concorrenti. Ma soprattutto, la PlayStation rinuncia-va alla presenza delle cartucce in favore del più capiente, economico eflessibile supporto CD-RoM, permettendo anche l’ascolto di normali CD

audio. Tutte queste scelte permisero alla Sony di posizionare intelligen-temente il marchio PlayStation, andando a coinvolgere la fascia di gio-vani adulti, contribuendo (anche grazie a un parco titoli più maturo) arendere il videogioco qualcosa di cool.

Risultato: dalla PlayStation in avanti la console non è più destinata al-la cameretta dei figli, bensì a fare bella mostra di sé nel salotto buono,accanto a stereo e lettore DVD. I numeri hanno hanno dato alla Sony: ol-tre 40 milioni di unità vendute nel mondo in soli tre anni e un parco ti-toli enorme, al punto che la parola stessa PlayStation è diventata coltempo un vero e proprio sinonimo di videogioco.

I.6 E oggi?

Dopo la direzione indicata dalla Sony con la sua generazione di con-sole, i videogiochi hanno letteralmente bruciato le tappe. All’alba delnuovo secolo, alla prima PlayStation è seguita la seconda, molto più po-tente. La Sega e la Nintendo hanno lanciato rispettivamente le sfortuna-

24 Lo SCENARIo ATTUALE DEI VIDEogIoCHI

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te console Dreamcast e game Cube; persino MicroSoft, fiutando il girod’affari ormai miliardario, ha fatto il suo ingresso nel mercato con laprima xbox.

oggi lo scenario appare enormemente arricchito grazie all’introdu-zione dell’on line gaming, delle piattaforme di digital delivery e dellagrafica in HD (high definition). A spartirsi il mercato delle console do-mestiche sono la xbox 360 (erede della prima console MicroSoft), laPlayStation 3 (ormai non più unica padrona del mercato) e, soprattutto,il Nintendo Wii.

La console della casa di Kyoto rappresenta una novità interessante:mentre le più potenti sorelle maggiori combattevano mostrando i mu-scoli, a colpi di grafica al limite del fotorealismo e potenza di calcolo, laNintendo, un po’ per ragioni economiche, un po’ per vocazione azien-dale, ha deciso di percorrere una via tutta sua, puntando sulle interfacce.Dopo il fortunatissimo portatile Nintendo DS (successore del gameBoy e munito di touch screen), ha messo in vendita il Wii, sorta di riedi-zione del game Cube aggiornato con un nuovo e intuitivo sistema dicontrollo. grazie al controller Wiimote, è possibile semplicemente mi-mare un comando per vederlo eseguito dall’avatar: certo, in manieranon precisissima, ma quello che conta è la sensazione. Il successo è sta-to enorme: la Nintendo ha avvicinato nuove fasce d’utenza (tra cui lacategoria femminile e quella degli over 50), contribuendo ad allargare iltarget anche ai cosiddetti casual gamer, i videogiocatori non abituali.Con Nintendo Wii possiamo giocare a tennis o a bowling in salotto e,grazie all’introduzione della Balance Board (la periferica della Ninten-do che permette di «leggere» i movimenti e l’equilibrio del nostro cor-po) persino mantenerci in forma.

Da quanto visto alla recente rassegna del settore E3 2009,22 le cifre del-la Nintendo hanno fatto sobbalzare sulla poltrona i concorrenti, che han-no raccolto la sfida delle interfacce annunciando succose novità: il Mo-tion Controller della Sony e, soprattutto, l’avveniristico Project Natal di

25E oggI?

22 La E³ (Electronic Entertainment Expo) è la fiera di videogiochi annuale più importante del mon-do che si tiene dal 1995 a Los Angeles. ogni estate non solo vengono presentati nuovi videogiochi e n-uovi hardware, ma si tengono dei veri e propri meeting e forum riguardo il mondo videoludico e la suaevoluzione.

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MicroSoft, che permetterebbe addirittura la rinuncia ai controller, rile-vando gli input direttamente dal movimento del corpo. Con tutte questerivoluzioni, tuttavia, difficilmente scompariranno i generi e i controllitradizionali: il mercato lavora su fasce diverse e c’è spazio per tutti. Ildialogo tra vecchio e nuovo sarà gravido di conseguenze interessanti.

I.7 Il mercato dei videogiochi: Italia Vs Mondo

Il mercato dell’home entertainment mondiale nel 2008 ha realizzato 61miliardi di dollari, con un incremento del 6% rispetto all’anno preceden-te. I videogiochi rivestono il 57% dell’intero mercato. Il fatturato 2008 re-lativo al software si aggira nel settore videoludico intorno ai 32 miliardidi dollari, con un incremento del + 20%. Nel 2008 si è sviluppato per levendite di hardware e software un giro d’affari complessivo pari a 1262,7milioni di euro, contro i 741,9 milioni totalizzati nel 2006; e si registra ri-spetto al 2007 un trend di crescita pari al 21,6%. Un apporto significativoalla crescita proviene soprattutto dalle vendite legate all’hardware: con-sole casalinghe e portatili. La Sony, la MicroSoft e la Nintendo hannoconquistato il mondo dell’intrattenimento digitale e hanno una considere-vole «base installata» (cioè il numero di console vendute e quindi, presu-mibilmente, installate in casa). Si parla, infatti, di circa 300 milioni diconsole presenti negli USA, in Canada, in giappone e in Europa.23

Se invece analizziamo le preferenze dei giocatori per le singole con-sole, notiamo che la PlayStation 2, lanciata nel corso del 2000, ha ven-duto a oggi più di 100 milioni di pezzi. La macchina ha acquisito gran-de popolarità con il tempo grazie al costante aumento di titoli disponibi-li e alla crescente qualità. In Italia ci sono più di 4,5 milioni di PS2 e laconsole continua ad avere un forte impatto sulla società, soprattutto sucoloro che si sono avvicinati solo ultimamente ai videogiochi, facendo-si traghettare in questo mondo dalla storica console Sony, molto appeti-bile sia sul piano economico sia su quello della line-up.

26 Lo SCENARIo ATTUALE DEI VIDEogIoCHI

23 Cfr. Top Global Markets report, retail Tracking Service, Port Washington (NY), The NPD group,Inc., 2008 (Npd.com).

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Tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002 esce sul mercato xbox, la ri-sposta di MicroSoft al monopolio della Sony. Dopo un debutto non al-l’altezza delle aspettative, MicroSoft lancia il servizio di on line ga-ming, xbox Live, che rende possibile ai giocatori di tutto il mondo sfi-darsi tra loro; nel luglio 2004 annuncia il raggiungimento del milione diutenti. Lo stesso anno vengono presentate le console portatili, che ren-dono il giocatore libero di portarsi dovunque il divertimento. La Play-Station Portable (PSP) presentata nel 2004 alla E3 viene resa disponibileal pubblico nel 2005. L’offerta è varia e articolata: offre la possibilità digiocare con i videogiochi, vedere video, ascoltare musica, visualizzareimmagini, fornendo anche (nelle versioni più recenti) la possibilità diutilizzare un browser per internet apposito. Il parco titoli della PSP risul-ta a oggi molto simile a quello PlayStation 2, riproponendo di fatto lamaggior parte dei marchi più famosi e conosciuti in versione portatile.La PSP in questi anni ha raggiunto un installato di più di 30 milioni diunità nel mondo, ma l’opinione per questa console non è la stessa pertutti giocatori; alcuni non hanno apprezzato i problemi ergonomici, lascelta di orientare gran parte della line-up sui porting24 da altre console,e le limitazioni legate alla presenza dell’ingombrante supporto UMD lacui sigla sta per universal media disc, un supporto ottico creato apposi-tamente dalla Sony per PSP. Tuttavia pare che molti di questi problemisaranno superati da PSP go (annunciata nel corso dell’E3 2009 e previ-sta per ottobre), che promette una nuova esperienza di gioco portatile.In Italia, comunque, la piccolina di casa Sony ha centrato il bersaglio,ottenendo – secondo la compagnia di ricerche International Data group– un incremento di vendite, nel 2008, del 46% rispetto all’anno prece-dente, grazie anche all’introduzione del nuovo formato Slim e Lite e deinumerosi abbinamenti con alcuni tra i titoli più importanti.

Tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005 il Nintendo DS (cioè il Ninten-do Double Screen) arriva in tutto il mondo, presentandosi con una rivo-luzionaria interfaccia basata sul touch screen. Un piccola console dal

27IL MERCATo DEI VIDEogIoCHI: ITALIA VS MoNDo

24 Porting è il termine con cui si indica la versione di un videogioco per una piattaforma diversa daquella per cui era stato inizialmente realizzato. La connotazione negativa spesso associata a questascelta risiede nel fatto che molte volte i porting sono delle semplici copie del gioco, senza gli adatta-menti necessari alle caratteristiche delle console, sia sul piano del gameplay sia della tecnologia.

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design a conchiglia, con due schermi a cristalli liquidi, uno dei quali tat-tile, dotata di un microfono incorporato per il riconoscimento vocale edella tecnologia wi-fi per la modalità multigiocatore (per il servizio digaming on line Nintendo Wi-fi Connection e il gioco in LAN nel raggiodi trenta metri circa, fino a otto giocatori).

Con più di 96 milioni di vendite e realizzata in tre modelli (Lite e DSi),è attualmente la console più popolare e venduta, superando anche il suopredecessore, il game Boy Advance, che si è fermato a quota 81 milioni.I prodotti sviluppati per questa console puntano a nuovi e inediti target.Il successo della strategia adottata dalla Nintendo l’ha portata a venderenel corso del solo 2008 quasi 150 milioni di pezzi, un numero impressio-nante rispetto al resto delle console presenti sul mercato.

I videogiochi per DS godono di un ciclo di vita più lungo degli altri,non essendo indirizzati a un pubblico specializzato che ricerca il marchioimportante o il retrogaming.25 Il Nintendo DS, nel 2008, è cresciuto mol-to di più in Italia (85%) rispetto al resto dell’Europa (12%), godendo diun buon impatto sia sui giovanissimi che sulle donne, che vedono nellapiccola console nipponica un passatempo congeniale alle loro esigenze eai loro gusti, come non avveniva da anni sul mercato dei videogiochi.

Alla fine del 2005 fa la sua comparsa la xbox 360, nuova console Mi-croSoft potenziata rispetto al predecessore e che cerca di venire incon-tro alle esigenze del pubblico che aveva storto il naso giocando con laprecedente versione. Migliorato il design e le componenti tecnologiche,questa console garantisce ai giocatori una più coinvolgente esperienzanel gioco on line multi-player e un potenziamento dei servizi offerti aigiocatori, con l’introduzione di Windows Live, Arcade (sezione on linein cui si possono trovare, acquistare e provare gratuitamente i mini gio-chi per la console) e Marketplace (un mercato virtuale on line dal qualeè possibile scaricare contenuti come trailer, video, espansioni di giochi,demo, giochi xbox Live Arcade, immagini e aggiornamenti per il siste-ma). Nel corso del 2008 la console della MicroSoft ha installato più di23 milioni di macchine nel mondo e, dopo essersi concentrata su un tar-

28 Lo SCENARIo ATTUALE DEI VIDEogIoCHI

25 Il retrogaming è una fetta del mercato dei videogame che privilegia l’utilizzo di vecchi titoli, at-traverso l’emulazione e il recupero di hardware e software oggi obsoleti.

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get di giocatori prevalentemente assidui (detti in gergo hardcore ga-mer), con giochi di culto come la serie di Halo, Gears Of War, Forza

Moto Sport e Bioshock, si è avvicinata a un pubblico non specializzatoe più casual, con party game sul genere di Lips o Buzz il gruppo di Billgates ha venduto nel mondo più di 80 milioni di videogiochi, per un va-lore superiore ai 4,7 miliardi di dollari.

Infine, non ci si può certo dimenticare della Sony e della lunga storiadi successi che da sempre contraddistinguono il colosso nipponico.Sbancato il mercato con PS2, la Sony non si è certo adagiata sugli allorie, con l’arrivo sul mercato di xbox 360, ha preparato il suo contrattaccocon PS3. Arrivata sul mercato mondiale tra la fine del 2006 e l’inizio del2007, il monolite nero è diventato subito l’oggetto del desiderio di milio-ni di videogiocatori, per la componentistica che la caratterizza e soprat-tutto per la presenza del lettore di dischi Blu-Ray che garantisce la me-morizzazione di una grande quantità di contenuti multimediali e gestiscel’alta definizione in Full HD. Tra i tanti servizi offerti da PlayStation 3 so-no presenti, similmente a quanto accade nell’ambiente della xbox 360,anche un programma per navigare in internet, un sistema di chat e di e-mail, la possibilità di giocare on line, un negozio virtuale dove acquista-re video, trailer, immagini, sfondi, temi, giochi (gratuiti o a pagamento),demo gratuite, accessori virtuali e un servizio di chat situato in un am-biente 3D e denominato PlayStation Home. La scalata di PS3, nel corsodel 2007, è stata veloce e ha raggiunto un installato mondiale di più di 16milioni di pezzi contro i 23 milioni della xbox 360. Il successo dellanuova console di casa Sony è merito non solo dell’attaccamento degliappassionati ma anche di una line-up interessante, della tecnologia Blu-ray (che offre un dispositivo innovativo a un prezzo concorrenziale) edella comunicazione e marketing che la Sony ha condotto prima, duran-te e dopo il lancio della console. I titoli usciti per il lancio della PS3 sonostati pochi e non all’altezza della potenza della macchina, ma oggi ilmercato software della macchina conta più di 60 milioni copie di video-giochi vendute, per un valore di 4 miliardi di dollari. In Italia la PS3, conl’introduzione dei nuovi modelli della macchina e con i contenuti prepa-gati inseriti, ha permesso dei tassi di crescita molto più invitanti che inaltri paesi europei, con un incremento del 9% rispetto al 2008.

29IL MERCATo DEI VIDEogIoCHI: ITALIA VS MoNDo

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Ancora oggi, la diatriba tra gli appassionati della PS3 e della xbox 360continua, dopo le ultime novità presentate alla recente fiera E3, che pro-mettono una nuova esperienza di gioco ancora più coinvolgente. Durantela fiera la MicroSoft ha presentato una novità sostanziale, che cambierà ilmodo di concepire la console e avvicinerà target più casual. grazie allacollaborazione con Steven Spielberg il colosso statunitense ha messo apunto una nuova modalità di gioco senza controller, Project Natal: «oggi,grazie all’aiuto di talenti dell’innovazione, personalità visionarie e al ga-ming senza controller in arrivo, xbox 360 ha scritto una nuova paginanella storia dell’home entertainment», ha dichiarato Don Mattrick, vicepresidente senior della Interactive Entertainment Business di MicroSoft.«Per noi questa E3 significa rompere le barriere tra generazioni, tra giochie intrattenimento, e soprattutto tra videogiocatori e quelli che invece ingenere non lo sono, come solo xbox può fare».26 Project Natal traccia tut-ti i movimenti del proprio corpo in 3D, rispondendo al tempo stesso ai co-mandi, alle direzioni e persino al cambiamento nel tono della voce.

In risposta a Project Natal, la Sony ha invece presentato il prototipodel suo motion controller denominato Wand, dal design simile a un mi-crofono. Vero fulcro del nuovo controller è la sfera luminosa intergrata,completamente tracciabile dalla PlayStation Eye, la fotocamera digitaleper PS3. Attraverso questo meccanismo i movimenti del controller ven-gono subito convertiti in sequenze a schermo, rendendo l’interazionecon il gioco molto più naturale e intuitiva.

ora resta solo da chiedersi chi proporrà la killer application del futu-ro, nel mondo dei videogiochi. Per ora le tecnologie presentate alla E3

sono solo prototipi, ma i designer più lungimiranti sono già all’operaper trasformare queste succose anteprime in un prodotto inscatolato damettere sotto l’albero di Natale.

Attualmente l’unica console che permette al nostro corpo di dialogarecon il mondo virtuale è ancora quella della Nintendo: Wii, la vera rivolu-zione di cui tutti hanno parlato e che fa ancora parlare di sé all’uscita diogni nuovo prodotto. Immessa sul mercato nel 2006, si distingue da subi-to per l’assenza di un joypad tradizionale, sostituito da un controller senza

30 Lo SCENARIo ATTUALE DEI VIDEogIoCHI

26 Comunicato stampa distribuito da MicroSoft Corporation in occasione dell’ E3. Los Angeles, 2009.

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fili a forma di telecomando, il Wiimote (crasi di Wii e Remote). Questo èsimile a un telecomando e reagisce alle forze vettrici e all’orientamento ri-spetto allo spazio tridimensionale, attraverso un sistema di accelerometrie giroscopi presente al suo interno; inoltre, tramite un dispositivo otticoposto a una delle sue estremità, interagisce con la barra sensore rendendoanche possibile il suo utilizzo come sistema puntatore sullo schermo TV.Muoversi nello spazio e simulare le reali movenze che abitualmente l’uo-mo utilizza per interagire con il mondo esterno permettono a Wii di abbat-tere le barriere create dai pad e dalla coordinazione occhio-mano. L’usodel controller e la libertà di muoversi nello spazio hanno liberato la fanta-sia dei creativi, portando all’ideazione di giochi sempre più innovativi ecasual. La creatività e l’innovazione hanno portato la Nintendo a suppor-tare la console con accessori nuovi, rispondenti a delle esigenze semprepiù articolate di gioco; così nascono la Wii Balance Board per Wii Fit, chepermette di utilizzare gli spostamenti del corpo per controllare le azioni digioco, il Wii Wheel, che ha la forma di un volante e può essere utilizzataallo scopo di guidare una moto o un’auto, e ancora la Wii Zapper, un gu-scio di plastica simile a una pistola. Nel 2008, nel mondo, la Nintendo havenduto più di 40 milioni di Wii, aprendo un mercato nuovo e reinventan-do il concetto di videogioco. A tutt’oggi, nel mondo, sono stati venduti piùdi 130 milioni di videogiochi per questa piattaforma, per un valore che siaggira intorno ai 7 miliardi di dollari. In Italia Wii ha venduto nel 2008 il48% in più della PS3 e il 52% della xbox 360, arrivando a un installato diquasi 800 mila pezzi, con 2 milioni di esemplari venduti.27

I.8 Conclusioni

Il mercato dei videogiochi ha sicuramente ricevuto un’accelerazionenotevole in questi ultimi anni, ed è evidente soprattutto nel nostro pae-se, che sta sviluppando un apparato produttivo più solido e strutturato.Installato e produzioni di buon livello contraddistinguono da qualcheanno il mercato italiano e si stanno creando notevoli opportunità, che

31CoNCLUSIoNI

27 Nintendo Company, Ltd, Annual Financial report 2008.

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permetteranno a questa neo-industria di essere riconosciuta nel mondo.Nuove società e figure professionali faranno quindi l’ingresso nel no-stro paese ed è importante che la società e il mercato del lavoro le cono-scano in nome dello sviluppo di questo settore.

Perché nonostante quanto sopra elencato e dimostrato, dati e numerialla mano, l’industria dei videogiochi resta spesso agli occhi dei profa-ni un blocco monolitico di aziende, persone, contenuti e contenitori,piuttosto che il vasto, poliedrico e complesso agglomerato industrialeed economico che è, e che peraltro estende i suoi tentacoli nella sferadella cultura, dell’immaginario collettivo e della dimensione artistica. Ifatturati aumentano, i mercati si espandono, le utenze si moltiplicano estratificano… e sì che parliamo ancora di un’industria giovanissima, inuna scala di anni, nella nostra nazione! Cresciuta velocemente in senoal vertiginoso incremento mondiale, in Italia è diventata grande così infretta da surclassare la velocità di adeguamento dei mezzi che doveva-no supportarla, insieme con la loro preparazione in materia: informa-zione in testa, ammortizzatori sociali e politici poi, e infine l’accoglien-za critica. Non quella dell’utenza (i videogiocatori non si fanno attende-re per dare il loro punto di vista, positivo o negativo che sia), bensìquella della stampa e dell’opinione pubblica più in generale.

Non foss’altro che per le cifre, l’industria dei videogiochi merita tut-to il credito che si deve alle multinazionali consolidate che sopravvivo-no alla crisi negli ideali comuni (i videogiochi la crisi non l’hanno qua-si sentita); gli approfondimenti che seguono tracceranno una sorta didiagramma di flusso nelle realtà che compongono l’industria. Ciascunblocco di questa struttura, dagli sviluppatori agli editori (publisher), fi-no ai distributori, richiede interventi, strumenti e strategie peculiari; aimargini di questa filiera produttiva si muovono moltissimi altri sogget-ti, e tutti impiegano una vasta e articolata gamma di professionalità uni-che, che nel mondo costituiscono da anni per i giovani il polo d’attra-zione forse più potente nel settore delle nuove carriere.

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®

Finalmente il manuale di riferimento per tutti coloro che de-siderino entrare nel settore lavorativo dei videogame!

I videogiochi rappresentano ormai un mercato in costan-te espansione, al quale si accompagna un’abbondante produzione editoriale: libri sugli e�etti – reali e presunti – sui videogiocatori, su storia, linguaggi ed estetiche, non-ché titoli e personaggi più famosi; non mancano diversi manuali tecnici sulla programmazione videoludica. Fino-ra, tuttavia, era assente una guida descrittiva ed esplicati-va sul settore lavorativo del videogioco nel suo comples-so. A realizzarla, con un’enorme competenza maturata di-rettamente sul campo, due riconosciuti nomi del settore, Marco Accordi Rickards e Paola Frignani.Le professioni del videogioco spiega nel dettaglio ogni sin-golo compartimento del mondo lavorativo dei videoga-me e ogni singola �gura professionale che li compone. Fornisce inoltre le esperienze, i pareri e i consigli di molti professionisti a�ermati del settore e presenta in�ne i dati dell’o�erta formativa in Italia: università, scuole specializ-zate, corsi e programmi.

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Marco Accordi Rickards – Paola Frignani

Le professioni del videogioco

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Euro 14,70

Una guida all’inserimento nel settore videoludicoPrefazione di Andrea Pessino

Le professioni del videogiocoUna guida all’inserimento nel settore videoludico

Marco A

ccordi Richards – Paola Frignani

Copertina: Iena Animation Studioswww.ienastudios.comCopyright © Tunué

Carmack e Romero, creatori di Doom, hanno cominciato a programmare in un’autorimes- sa, per poi parcheggiarvi le loro fiammanti Ferrari. Shigeru Miyamoto ha inventato Don-key Kong e ha regalato alla Nintendo Super Mario, proiettandola verso il successo plane-tario. Toru Iwatani, contemplando una pizza mancante di una fetta, ha avuto l’idea per dar vita a Pac-Man… Dal canto suo, l’Italia da tempo sforna anche grandi professionisti dei videogiochi, i quali, però, lavorano per la gran parte all’estero. Ma il settore sta cre-scendo ed è in procinto di vivere un grande boom, fornendo a tante donne e uomini l’occasione della loro vita.

Marco Accordi Rickards (Roma 1974) è giornali-sta e critico videoludico. Ha diretto numerosi periodici, tra cui Cube Magazine, PSW, PC Games World, DVD.it Film Magazine, Xbox World e Game Pro, l’edizione italiana di Edge. Nel 2008 ha co-fondato l’Associazione italiana opere mul-timediali interattive (Aiomi.it), che organizza l’Italian Videogame Developers Conference (Ivd conf.it), del quale è direttore e presidente. Dal 2006 è direttore culturale di GameCon, salone del gioco e del videogioco di Napoli. È docente di «Storia e critica del videogioco» presso lo IED di Roma e di «Giornalismo delle opere multime-diali interattive» presso la IULM di Milano. Dal 2008 è vice presidente del Gruppo di filiera dei produttori italiani di videogiochi presso Confin-dustria, per il quale ricopre anche l’incarico di portavoce e addetto alle pubbliche relazioni.

Paola Frignani (Milano 1977) si interessa di nuo-ve forme di comunicazione legate al linguaggio videoludico. Collabora con la società Leader per lo sviluppo di nuovi canali produttivi legati al videogioco, e si interessa del rapporto tra video-gioco e formazione. Dal 2005 si dedica all’inse- gnamento universitario, sviluppando percorsi formativi mirati al settore videoludico e tiene seminari di Digital entertainment design presso l’Università IULM di Milano. Nel 2008 contribui-sce all’organizzazione, presso la IULM, del primo master universitario focalizzato interamente sul mondo dei videogiochi.


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