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L’evoluzione Dr. Dippy’s Sanitarium · L’ultimo ventennio, infatti, ha prodotto molte...

Date post: 21-Feb-2019
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1 L’evoluzione La rappresentazione dello psichiatra e della psichiatria nel cinema statunitense si modifica in maniera significativa nel corso del secolo. Negli anni degli albori (1906-1934) gli psichiatri appaiono raramente e appartengono quasi tutti alla categoria dei Dr. Dippy: dedicati alla custodia degli alienati e dei lunatici, sono spesso più incompetenti, strambi ed eccentrici di questi ultimi. The escaped lunatic [1904], Dr. Dippy’s Sanitarium [1906]. PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA Vincenzo Manna 2008
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L’evoluzione

La rappresentazione dello psichiatra e della psichiatria nel cinema statunitense si modifica in maniera significativa nel corso del secolo.

Negli anni degli albori (1906-1934) gli psichiatri appaiono raramente e appartengono quasi tutti alla

categoria dei Dr. Dippy: dedicati alla custodia degli alienati e dei lunatici,

sono spesso più incompetenti, strambi ed eccentrici di questi ultimi.

The escaped lunatic [1904],

Dr. Dippy’s Sanitarium [1906].

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Le apparizioni di Dr. Evil

e Dr. Wonderful risalgono

a metà degli anni Trenta,

quando il mondo occidentale

comincia a subire il fascino

della psichiatria.

Tra il 1957 e il 1963 si colloca “l’età dell’oro della psichiatria nel cinema, durante la quale l’efficacia e la positività della psichiatria realizzano pienamente il loro potenziale mitico”.

Secondo Glen e Krim Gabbard, i film di questo breve periodo rispecchiavano una crescente fiducia della cultura americana che la psichiatria e gli psichiatri fossero voci autorevoli della ragione, dell’adattamento e del benessere. P

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Il rapido esaurirsi della "età dell’oro" coincide con il declino della ricerca psichiatrica finanziata dal governo USA, in un momento in cui il popolo americano stava prendendo coscienza dei cambiamenti, non sempre positivi,della società dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Riemergono dunque raffigurazioni negative

degli psichiatri, raffigurazioni che diventano

sempre più frequenti durante e dopo la

Guerra del Vietnam.

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Lo psichiatra viene

frequentemente

rappresentato come:

un rispettabile, educato e folle assassino (Vestito per uccidere [1980])

un repressivo lobotomizzatore

(Frances [1982])

un ciarlatano lussurioso

(Ciao Pussycat [1965])

un criminale (Elettroshock [1965])

In questo periodo di “perdita della grazia” che va dal 1964 fino quasi ai nostri giorni, sono rari, negli Stati Uniti, i film non ostili o quantomeno ambivalenti nei confronti della professione dello psichiatra (I never promised you a rose garden [1977]).

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Le pellicole statunitensi degli ultimi

anni sembrano infine riflettere una

pluralità di vedute che caratterizza l’attuale atteggiamento della società verso la psichiatria.

L’ultimo ventennio, infatti, ha prodotto molte pellicole, hollywoodiane e non, che sembrano appartenere più o meno ufficialmente alla psichiatria:

scenari “paranoidei” apocalittici di fine millennio, alle invasioni, ai complotti, alle esplosioni di violenza seriale, sessuale e di gruppo, agli effetti dei traumi, delle catastrofi; e ancora ai sogni, alle allucinazioni, alle fantasie deliranti che si intrecciano con la realtà senza soluzione di continuo. P

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L’evoluzione A volte è tuttavia possibile

Rintracciare ancora stereotipi:

nel 1991 escono negli USA tre film che

Presentano di nuovo in maniera chiara

Dr. Dippy, Tutte le manie di Bob [1991],

Dr. Evil, Il silenzio degli innocenti [1991],

Dr. Wonderful Il principe delle maree [1991].

Sembrano intramontabili le donne psichiatra

che si innamorano dei loro pazienti

(Hunk [1987], Mr. Jones [1993],

L’esercito delle 12 scimmie [1995]).

Gabbard GO, Gabbard K. Psychiatry and the cinema. Washington and London: American Psychiatric Press 1999.

Greenberg HR. A field guide to cinetherapy: on celluloid psychoanalysis and its practitioners.

Am J Psychoanal 2000; 60:329-39.

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Di moda le violazioni deontologiche come:

• relazioni con pazienti (Schizoid [1980],

Mariti e mogli [1992], Conflitti del cuore [1996]);

• relazioni con parenti dei pazienti (Analisi finale [1992]);

• figliolette che, in assenza di babysitter, finiscono con l’esser portate dal padre in seduta analitica (Un giorno per caso [1996]);

• falsificazioni di referti (Angel Heart - Ascensore per l’inferno [1987]),

• e di ogni tipo (Sfera [1998]),

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, diviene difficile individuare

stereotipi dominanti e la rappresentazione dello psichiatra

assume spesso maggiore complessità, almeno nelle pellicole

di medio e alto livello (Happiness - Felicità [1998]).

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La rappresentazione della malattia

Anche la rappresentazione della malattia mentale è stata guidata da stereotipi, così:

sino agli anni ‘20 veniva sottintesa una eziologia organica;

dagli anni ’30 agli anni ‘60 prevale l’interpretazione psicoanalitica;

negli anni ’70 e ‘80 i fattori sociali risultano enfatizzati;

successivamente prevale la complessità.

Due errori (ovvero consapevoli o non consapevoli distorsioni della realtà)

ricorrono comunemente nei film:

1) che le persone affette da malattia mentale siano in realtà più “sane” della gente comune;

2) che il disturbo psichiatrico debba sempre avere un significato ed una causa.

Wessely S. Mental illness as metaphor, yet again. BMJ 1997; 314:153.

Tarsitani L, Brugnoli R, Pancheri P. Cinematic clinical psychiatric cases in graduate medical education. Med Educ 2004; 38:1187.

Bhagar HA. Should cinema be used for medical student education in psychiatry? Med Educ 2005; 39:972-3.

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La rappresentazione della malattia

Per quanto riguarda la schizofrenia, alcuni film si dimostrano capaci di dipingere personaggi abbastanza convincenti (La fossa dei serpenti [1948], I never promised you a rose garden [1977], A beautiful mind [2001], Spider [2002]).

Goode E. A rare day: the movies get mental illness right

(a conversation with Glen Gabbard). The New York Times 2002, February 5. P

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La rappresentazione della malattia

In particolare,

in A beautiful mind - pur con alcune

imprecisioni e inesattezze (la scelta di far apparire, per necessità del medium, le allucinazioni uditive come visive e di definire le tematiche deliranti del protagonista con allucinazioni complesse) - vengono descritti in maniera efficace alcuni degli aspetti che caratterizzano i sintomi e il decorso (cronico, invalidante) della schizofrenia.

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La rappresentazione della malattia

Secondo Glen Gabbard, A Beautiful Mind è "uno dei migliori, se non il migliore ritratto della schizofrenia".

La malattia è descritta nel film come una condizione ben poco “romantica”: dopo la proiezione ci appare ancora di più come una patologia devastante, incompatibile con la creatività e la genialità, seppure, almeno in parte, curabile.

Goode E. A rare day: the movies get mental illness right (a conversation with

Glen Gabbard). The New York Times 2002, February 5.

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La rappresentazione della malattia

I disturbi dell’umore vengono

presentati in maniera convincente,

per quanto riguarda:

• mania (Capitan Newman [1963], Mr. Jones [1993])

• depressione (Il settimo velo [1945], La figlia di Caino [1955]).

Cape GS. Addiction, stigma and movies. Acta Psychiatr Scand 2003; 107:163-9.

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La rappresentazione della malattia La filmografia relativa ai disturbi da abuso o da

dipendenza da sostanze prevede un ricorso massiccio agli stereotipi, tanto da permettere, secondo alcuni autori, il riconoscimento di alcune figure caratteristiche:

• l’“eroe tragico”, da sempre in lotta con il desiderio di assunzione di alcol o di stupefacenti (Via da Las Vegas [1995], Requiem for a dream [2000]);

• lo “spirito libero ribelle”, che rifiuta norme di una repressiva società conformista e che fa un uso più “ricreativo” delle sostanze (Harvey [1950], Paura e delirio a Las Vegas [1997]);

• il “dipendente demonizzato/maniaco omicida”, solitamente di genere maschile, in cui l’uso di sostanze, unito ad una sociopatia e/o ad un discontrollo degli impulsi, porta a comportamenti distruttivi e violenti (Il cattivo tenente [1992]);

• l’“utilizzatore umoristico/da commedia”, che spesso fa uso di stupefacenti o alcol in dose massicce senza patire conseguenze negative (Arturo [1981]).

Cape GS. Addiction, stigma and movies. Acta Psychiatr Scand 2003; 107:163-9.

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Un notevole interesse è riservato ai

disturbi dissociativi, che offrono grandi risorse per la trama:

drammaticità certa e possibilità di

una guarigione repentina e completa.

Emblematici sono:

Io ti salverò [1945], dove il dottor Edwardes (Gregory Peck), affetto da una grave amnesia dissociativa, riuscirà a guarire in maniera catartica, grazie all’amore della dottoressa Petersen (Ingrid Bergman),

La donna dai tre volti [1957], in cui la poco realistica Eva White/Eva Black (Joanne Woodward, premio Oscar come migliore attrice protagonista), affetta da un disturbo di personalità multipla, guarirà grazie alla rievocazione di un ricordo infantile traumatico.

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La rappresentazione della malattia

I disturbi d’ansia, tanto frequenti nella pratica psichiatrica reale, sembrano invece essere poco rappresentati nel cinema americano; alcune eccezioni sono degne di nota.

In La donna che visse due volte [1958],

il protagonista (James Stewart) soffre di una invalidante, quanto strumentale per la trama del film, fobia dell’altezza (acrofobia).

In Safe [1995] una fobica Julianne Moore è affetta da crisi d’ansia e attacchi di panico.

In Qualcosa è cambiato [1997] Jack Nicholson fa la parte di uno scrittore affetto da disturbo ossessivo-compulsivo.

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La rappresentazione della malattia

I disturbi di personalità

sono abbastanza frequenti nella

descrizione cinematografica.

Tra i film più noti ricordiamo:

Arancia meccanica [1971]

(disturbo antisociale di personalità),

Alice’s Restaurant [1969],

In cerca di Mr. Goodbar [1977]

(disturbo borderline di personalità),

American gigolò [1980]

(tratti narcisistici di personalità),

L’ammutinamento del Caine [1954]

(disturbo paranoide di personalità). PS

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La rappresentazione della malattia La rappresentazione del DISTURBO PARANOIDE DI

PERSONALITA’ trova nel film “L’Ammutinamento del

Caine” (1954) una sua memorabile espressione

cinematografica.

Il capitano Queeg, comandante di un dragamine, soffre di esaurimento nervoso e di fobie nevrotiche e durante una burrasca perde la testa.

Istigato da un collega, l'ufficiale in seconda lo obbliga a lasciare il comando. Corte marziale.

L'eccellente Bogart

(memorabile, durante il processo, la scena con

le biglie di ferro) ebbe una delle 7 designazioni all'Oscar, ma non vinse

la statuetta. Goode E. A rare day: the movies get mental illness right

(a conversation with Glen Gabbard). The New York Times

2002, February 5.

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La rappresentazione della malattia Non si può infine tralasciare un imponente numero di film

dove i sintomi dei protagonisti

(comportamento disorganizzato con deliri più o meno sistematizzati), che potrebbero far pensare a disturbi psichiatrici, sono in realtà “non-disturbi”, causati da altri tipi di problematiche, come:

• possessione diabolica (L’esorcista [1973]),

• convivenza con entità sovrannaturali (Entity [1981], Poltergeist: demoniache presenze [1982]),

• minaccia di un futuro apocalittico (L’esercito delle dodici scimmie [1995], Terminator [1984]),

• complotti perpetrati dai servizi segreti (Ipotesi di complotto [1997])

• adorazione del diavolo (Rosemary’s Baby [1968]).

Hyler SE. DSM-III at the cinema: madness in the movies. Compr Psychiatry 1988; 29:195-206. PS

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La rappresentazione della terapia Raffigurazioni stereotipate

degli psichiatri e della malattia mentale

portano a

raffigurazioni stereotipate

del trattamento psichiatrico.

Secondo Glen e Krin Gabbard, la costante

demedicalizzazione della psichiatria

sullo schermo ha portato ad una

sovra - rappresentazione delle psicoterapie

(solitamente di orientamento dinamico),

unita ad una sottorappresentazione

degli altri trattamenti.

Gabbard GO, Gabbard K. Psychiatry and the cinema. Washington and London: American Psychiatric Press 1999.

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La rappresentazione della terapia

La terapia elettroconvulsivante presentata nei film è sempre stata rivestita di un’aura a dir poco sinistra.

Nella maggior parte delle pellicole, il ricorso all’elettroshock assume valenze coercitive.

Basti citare due film esemplari:

nel primo, Qualcuno volò sul nido del cuculo [1975], l’elettroshock viene usato in modo punitivo per correggere un comportamento socialmente inappropriato,

nel secondo, La fossa dei serpenti [1948], l’utilizzo dell’angolatura della cinepresa, il primo piano sulla contrazione tonica della mandibola della paziente che lo subisce da sveglia, e un crescendo orchestrale nella colonna sonora, fanno apparire l’atto oltremodo grottesco. P

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