LEZIONE 11
11.1. Distanze.
Definizione 11.1.1. In Sn sia fissata un’unita di misura u. Se A,B ∈ Sn, definiamodistanza fra A e B, e scriviamo d(A,B), la lunghezza del segmento AB rispetto ad u.
Abbiamo gia precedentemente visto come calcolare la lunghezza del segmento aventecome estremi due punti A,B ∈ S3 di cui si conoscono le coordinate rispetto ad un fissatosistema di riferimento O~ı~~k . Se A = (xA, yA, zA) e B = (xB , yB , zB) allora
d(A,B) = |AB| = | ~AB| =√
(xA − xB)2 + (yA − yB)2 + (zA − zB)2.
(si veda la Formula (7.2.8)).Vogliamo estendere la nozione di distanza ad una qualsiasi coppia di sottoinsiemi X,Y ⊆
Sn. A tale scopo osserviamo che, in generale, X ed Y conterranno piu punti, quindi avremopiu segmenti aventi un estremo in X ed uno in Y .
x
x
x
yy
y
1
122
3 3
X
Y
d(X,Y)
Figura 11.1.2
E possibile percio associare agli insiemi X ed Y un insieme di numeri reali
DX,Y = { d(x, y) | x ∈ X, y ∈ Y }.
Poiche d(x, y) ≥ 0 per ogni coppia di punti x, y ∈ Sn segue che DX,Y ⊆ [0,+∞[. Inparticolare DX,Y e un insieme limitato inferiormente, quindi risulta avere un estermoinferiore per la completezza di R.
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1
2 11.2. DISTANZA DI UN PUNTO DA UNA RETTA O DA UN PIANO
Definizione 11.1.3. In Sn sia fissata un’unita di misura u. Se X,Y ⊆ Sn, definiamodistanza fra X e Y il numero
d(X,Y ) = inf{ d(x, y) | x ∈ X, y ∈ Y }.
Verrebbe naturale pensare alla distanza fra X ed Y come alla “minima” delle distanzefra i punti di X ed i punti di Y . In generale cio non e vero.
Esempio 11.1.4. Si considerino in S2 gli insiemi X = { (−1/n, 0) |n ∈ Z, n > 0 } eY = { (0, 0) }. Allora
d(X,Y ) = inf{ d((−1/n, 0), (0, 0)) | n ∈ Z, n > 0 } = 0
ma, chiaramente,
d((−1/n, 0), (0, 0)) =1n> 0
per ogni n ∈ Z, n > 0.
Chiaramente se X = { A } e Y = { B } allora
d(X,Y ) = d(A,B).
Inoltre sia X ∩ Y 6= ∅. Scelto A ∈ X ∩ Y risulta
0 ≤ d(X,Y ) = inf{ d(x, y) | x ∈ X, y ∈ Y } ≤ d(A,A) = 0,
sicche d(X,Y ) = 0. Il viceversa, cioe se d(X,Y ) = 0 allora X ∩ Y 6= ∅, non e vero (si vedal’Esempio 11.1.4).
11.2. Distanza di un punto da una retta o da un piano.Andiamo ora ad esaminare i vari casi in cui X e un punto fissato P0 ed Y e una retta o un
piano. A tale scopo ci restringeremo al caso di sottoinsiemi dello spazio S3 e supporremo,d’ora innanzi, di aver fissato un sistema di riferimento O~ı~~k : sia P0 = (x0, y0, z0).
Consideriamo come primo caso quello di un piano α di equazione ax+ by + cz = d. Sideve valutare
d(P0, α) = inf{ d(P0, P ) | P ∈ α }.
Si consideri la retta r passante per P0, perpendicolare ad α e sia H il punto di intersezionedi r con α. Allora se P ∈ α il triangolo di vertici P0, H e P risulta essere rettangoloin H. E noto dalla geometria elementare che, in un triangolo rettangolo, la lunghezzadell’ipotenusa e sempre maggiore od eguale alla lunghezza di ogni suo cateto. In particolared(P0, H) ≤ d(P0, P ) per ogni P = (x, y, z) ∈ α. D’altra parte fra i punti che intervengononella definizione di d(P0, α) c’e anche H, quindi risulta
d(P0, H) ≤ d(P0, α) = inf{ d(P0, P ) | P ∈ α } ≤ d(P0, H).
LEZIONE 11 3
In particolare d(P0, α) = d(P0, H) e, dunque, l’estremo inferiore e, in questo caso, unminimo.
α
P
r
P
P1
2
H
0
Figura 11.2.1
Passiamo ora a determinare una formula esplicita per calcolare d(P0, α). Innanzi tuttoosserviamo che si tratta di calcolare la distanza d(P0, H): questo numero puo esserefacilmente calcolato osservando che coincide con la lunghezza della proiezione del vettore
P0 − P = (x0 − x)~ı + (y0 − y)~ + (z0 − z)~k
lungo una direzione r ortogonale a α.A tale scopo possiamo far uso di quanto visto nell’Osservazione 8.1.9. Si ricordi che,
dato un vettore ~w ed una retta r per l’origine, la proiezione ortogonale ~w‖, di ~w lungo r siottiene come
~w‖ =〈~w,~v〉|~v|
~v
|~v|,
ove ~v e un qualsiasi vettore parallelo a r: dunque
|~w‖| =|〈~w,~v〉||~v|
.
Nel nostro caso a~ı + b~ + c~k e perpendicolare ad α, percio
d(P0, α) = d(P0, H) = |P0 −H| =|a(x0 − x) + b(y0 − y) + c(z0 − z)|√
a2 + b2 + c2=
=|ax0 + by0 + cz0 − ax− by − cz|√
a2 + b2 + c2.
D’altra parte P ∈ α, quindi ax+ by + cz = d, sicche otteniamo
(11.2.2) d(P0, α) =|ax0 + by0 + cz0 − d|√
a2 + b2 + c2.
4 11.2. DISTANZA DI UN PUNTO DA UNA RETTA O DA UN PIANO
Esempio 11.2.3. In S3 sia fissato sistema di riferimento O~ı~~k e si considerino il puntoP0 = (1, 2, 3) e il piano α di equazione cartesiana 3x − 2y − z = 0. Allora, utilizzando laFormula (11.2.2), si ha
d(P0, α) =|3− 4− 3|√
9 + 4 + 1=
4√14.
Ovviamente la distanza d(P0, α) puo anche essere ottenuta calcolando direttamentecome d(P0, H) = |H − P0|. Nel nostro caso la retta r passante per P0 e perpendicolare adα ha equazioni parametriche
x = 1 + 3ty = 2− 2tz = 3− t.
Quindi H = (xH , yH , zH), punto di intersezione di r con α, corrisponde alla soluzionedell’equazione 3(1 + 3t)− 2(2− 2t)− (3− t) = 0, cioe a t = 2/7. In particolare H − P0 =(6~ı − 4~ − 2~k )/7, da cui segue
d(P0, α) = d(P0, H) = |H − P0| =√
87
(si noti che H = (13/7, 10/7, 19/7)).
Come secondo caso consideriamo quello di una retta r. Si deve valutare
d(P0, r) = inf{ d(P0, P ) | P ∈ r }.
Si consideri la retta s passante per P0, perpendicolare ed incidente a r e sia H il punto diintersezione di r con s. Come nel caso precedente deduciamo che d(P0, r) = d(P0, H) e, dinuovo, l’estremo inferiore e un minimo.
r
s
0
P
P
H
Figura 11.2.4
Determiniamo anche in questo caso una formula per determinare d(P0, H). Si noti che ladeterminazione della retta s menzionata sopra puo presentare difficolta. Infatti tale retta
LEZIONE 11 5
deve soddisfare due condizioni: di essere perpendicolare e, simultaneamente, incidente adr. Possiamo aggirare il problema in due modi.
Un primo modo e quello di osservare che s e sempre contenuta nel piano α passanteper P0 e perpendicolare a r, sicche r ∩ s = r ∩ α. La determinazione di un’equazione diα e, in generale, semplice, cosı come calcolarne l’intersezione H con r: a questo puntod(P0, r) = d(P0, H).
Un secondo modo puo essere il seguente. Siano P1 e P2 punti arbitrari su r. Allora ilsegmento P0H e esattamente l’altezza di un parallelogramma avente lato obliquo P0P1 ebase P1P2: se A e la misura dell’area di tale parallelogramma allora
d(P0, r) = d(P0, H) = |P0H| =A
|P1P2|.
r
s
2
0
1P
P
P
H
Figura 11.2.5
Ricordiamo quanto visto nell’Osservazione 8.2.6. Se abbiamo un parallelogramma dicui conosciamo tre vertici consecutivi P0, P1, P2 la sua area A si determina come
A = |(P0 − P1)× (P1 − P2)|.
Consideriamo il nostro caso. Se r e data tramite le sue equazioni parametrichex = x1 + lt
y = y1 +mt
z = z1 + nt.
Allora, presi ad esempio P1 e P2 i punti corrispondenti rispettivamente a t = 0 e t = 1,cioe P1 = (x1, y1, z1) e P2 = (x1 + l, y1 +m, z1 + n), segue che
(11.2.6) d(P0, r) =|((x0 − x1)~ı + (y0 − y1)~ + (z0 − z1)~k )× (l~ı +m~ + n~k )|√
l2 +m2 + n2.
6 11.3. DISTANZA DI UN PIANO DA UNA RETTA O DA UN PIANO
Esempio 11.2.7. In S3 sia fissato sistema di riferimento O~ı~~k e si considerino il puntoP0 = (1, 2, 3) e la retta r di equazioni parametriche
x = 3 + t
y = t− 2z = 2t− 3.
Un vettore parallelo a r e ~v =~ı+~+2~k . Allora il piano α passante per P0 e perpendicolarea r ha equazione cartesiana x+y+2z = 9. Quindi il punto d’intersezione H = (xH , yH , zH)di r con α corrisponde alla soluzione dell’equazione
(3 + t) + (t− 2) + 2(2t− 3) = 9
cioe t = 7/3, sicche H = (16/3, 1/3, 5/3). Risulta H − P0 = (13~ı − 5~ − 4~k )/3, da cuisegue
d(P0, r) = d(P0, H) = |H − P0| =√
2109
=
√703.
Procediamo nel secondo modo utilizzando la Formula (11.2.6). Poiche
P0 − P1 = −2~ı + 4~ + 6~k ,
si ha
d(P0, r) =|(−2~ı + 4~ + 6~k )× (~ı + ~ + 2~k )|√
1 + 1 + 4=|2~ı + 10~ − 6~k |√
6=
√1406
=
√703.
11.3. Distanza di un piano da una retta o da un piano.
Andiamo ora ad esaminare il caso in cui X sia un piano. A tale scopo, come al solito,supporremo di aver fissato sistema di riferimento O~ı~~k nello spazio S3 e sia ax+by+cz = dl’equazione di α..
Iniziamo ad esaminare il caso in cui Y sia un secondo piano α′, di equazione cartesianaa′x + b′y + c′z = d′. Se α 6 ‖α′ allora α ∩ α′ 6= ∅, dunque d(α, α′) = 0. Possiamo percioridurci ad esaminare il caso in cui α‖α′.
Per ogni punto A ∈ α sia A′ ∈ α′ l’unico punto tale che
d(A,α′) = d(A,A′).
LEZIONE 11 7
α
A
r
α'
A'
Figura 11.3.1
Come gia osservato nel paragrafo precedente per ogni altro P ∈ α′ si ha d(A,A′) ≤d(A,P ), quindi per ogni A ∈ α
d(α, α′) = inf{ d(A,A′) | A ∈ α,A′ ∈ α′ } =
= inf{ d(A,A′) | A′ ∈ α′ } = d(A,A′) = d(A,α′).
Utilizzando la Formula (11.2.2) che esprime la distanza di A = (xA, yA, zA) da α′,otteniamo subito
d(α, α′) = d(A,α′) =|a′xA + b′yA + c′zA − d′|√
a′2 + b′2 + c′2.
Poiche α‖α′ possiamo supporre che a = a′, b = b′, c = c′. Inoltre il fatto che A ∈ α implicaaxA + byA + czA = d. Concludiamo allora che
(11.3.2) d(α, α′) =|d− d′|√a2 + b2 + c2
.
Esempio 11.3.3. In S3 sia fissato sistema di riferimento O~ı~~k e si considerino i piani α,α′ e α′′ rispettivamente di equazioni cartesiane
α : x+ y + z = 1, α′ : x− y + 2z = −1, α′′ : y − 2z − x = −1.
Iniziamo a considerare i due piani α e α′. Poiche
rk(
1 1 11 −1 2
)= 2
segue che α 6 ‖α′, dunque d(α, α′) = 0.Consideriamo ora i due piani α′ e α′′. Poiche
rk(−1 1 −21 −1 2
)= 1
8 11.3. DISTANZA DI UN PIANO DA UNA RETTA O DA UN PIANO
segue che α′‖α′′. Per determinare la distanza d(α′, α′′) utilizzando la Formula 11.3.2 sidevono prima modificare le equazioni date di α′ e α′′ in modo che abbiano lo stesso primomembro: possiamo allora supporre che le due equazioni siano rispettivamente
α′ : x− y + 2z = −1, α′′ : x− y + 2z = 1,
sicche la Formula (11.3.2) ci da
d(α′, α′′) =| − 1− 1|√1 + 1 + 4
=2√6.
In maniera simile si puo procedere nel caso in cui si debba calcolare la distanza frauna retta r ed un piano α. Anche in questo caso o r 6 ‖α e d(r, α) = 0 oppure r‖α ed(r, α) = d(P0, α) per un qualsiasi punto P0 ∈ α. Quindi, in questo secondo caso, si puoapplicare la Formula (11.2.2).
Esempio 11.3.4. Si considerino le rette r, r′ rispettivamente di equazioni parametriche
r :
x = 3 + t
y = t− 2z = 2t− 3,
r′ :{x+ y − z = 4x− y = 5
e il piano α di equazione 3x+ y − 2z = 0.Un vettore parallelo a r e ~vr = ~ı + ~ + 2~k mentre un vettore perpendicolare ad α e
~vα = 3~ı + ~ − 2~k . Poiche 〈~vr, ~vα〉 = 0 segue che r‖α. Pertanto, posto P0 = (3,−2,−3),dalla Formula (11.2.2) si ha
d(r, α) = d(P0, α) =13√14.
Un vettore parallelo ad r′ e
~vr′ = (~ı + ~ − ~k )× (~ı − ~ ) = −~ı − ~ − 2~k = ~vr,
quindi r′‖r e, dunque, r′‖α. Per calcolare d(r′, α) possiamo procedere in due modi. Unprimo modo e quello di determinare un punto P0 ∈ r′, per esempio P0 = (5, 0, 1) e poicalcolare d(r′, α) = d(P0, α). Un altro modo e quello di osservare che il piano α′ diequazione 3x+ y − 2z − 13 = 2(x+ y − z − 4) + (x− y − 5) = 0 contiene r′ ed e paralleloa α: percio
d(r′, α) = d(α′, α) =|9− 2 + 6|√
9 + 1 + 4=
13√14.
11.4. Distanza fra due rette.Andiamo ora ad esaminare l’ultimo caso rimanente, cioe il caso in cui X ed Y siano due
rette, diciamo r ed r′. Sia O~ı~~k un sistema di riferimento fissato nello spazio S3.
LEZIONE 11 9
Dobbiamo distinguere due casi principali. Il caso in cui r ed r′ siano complanari ed ilcaso in cui non lo siano, ovvero il caso in cui r ed r′ siano rette sghembe.
Nel primo caso o r 6 ‖r′, sicche r ∩ r′ 6= ∅ e, dunque d(r, r′) = 0, oppure r‖r′, nel qualcaso d(r, r′) = d(P0, r
′) per un qualsiasi punto P0 ∈ r.
r
0
r'
P
Figura 11.4.1
Esempio 11.4.2. In S3 sia fissato sistema di riferimento O~ı~~k e si considerino le duerette r ed r′ di equazioni parametriche
r :
x = 3 + t
y = t− 2z = 2t− 3,
r′ :
x = 1 + t
y = 2 + t
z = 3 + 2t.
Le rette r e r′ sono entrambe parallele al vettore ~v =~ı + ~ + 2~k , quindi sono parallele fraloro. Poiche P0 = (1, 2, 3) ∈ r′ segue dall’Esempio 11.2.7 che
d(r, r′) = d(r, P0) =
√703.
Passiamo ora ad esaminare il caso piu interessante in cui le due rette r e r′ sono sghembe.In questo caso esiste un unico piano α contenente r e parallelo a r′. Infatti siano ~vr e ~vr′vettori non nulli paralleli a r ed r′ rispettivamente. Poiche r 6 ‖r′ segue che ~vr 6 ‖~vr′ , siccheil vettore ~w = ~vr × ~vr′ e non nullo. Ogni piano contenente r e parallelo ad r′ deve essereparallelo sia a ~vr che a ~vr′ , quindi deve essere perpendicolare a ~w: dovendo intersecare rtale piano e univocamente determinato.
In modo simile si dimostra l’esistenza e l’unicita di un piano α′ contenente r′ e paralleloa r. Poiche, per definizione, r ⊆ α e r′ ⊆ α′ si ha
d(α, α′) ≤ d(r, r′).
Vedremo nel seguito che, di fatto, vale l’uguaglianza e, quindi, il calcolo della distanzad(r, r′) si riduce al piu semplice calcolo della distanza fra i due piani paralleli α e α′.
10 11.4. DISTANZA FRA DUE RETTE
Proposizione 11.4.3. Siano r, r′ rette sghembe. Esiste un’unica retta s incidente eperpendicolare sia a r che ad r′.
Dimostrazione. Fissiamo un sistema di riferimento O~ı~~k in S3 avente r′ come asse delleascisse. Allora dei sistemi di equazioni parametriche per r e r′ sono
x = x0 + lt
y = y0 +mt
z = z0 + nt,
x = t
y = 0z = 0.
Poiche r 6 ‖r′ segue che m ed n non sono simultaneamente nulli.Vogliamo dimostrare che esistono due punti R ∈ r e R′ ∈ r′ univocamente determinati
tali che R−R′ ⊥ r e R−R′ ⊥ r′. Poiche
(11.4.3.1) R−R′ = (x0 + lt− t′) + (y0 +mt) + (z0 + nt),
r e parallela a l~ı +m~ +n~k e r′ e parallela a ~ı segue che i punti cercati corrispondono alleeventuali soluzioni del sistema
(11.4.3.2){ 〈R−R′,~ı 〉 = 0
〈R−R′, l~ı +m~ + n~k 〉 = 0.
Si noti che allora R−R′ e parallelo al vettore ~w =~ı × (l~ı +m~ +n~k ) che e perpendicolaread ogni piano parallelo sia a r che ad r′.
Sostituendo l’espressione di R−R′ data dalla Formula (11.4.3.1) nel Sistema (11.4.3.2),si ottiene il sistema esplicito{
lt− t′ = −x0
(l2 +m2 + n2)t− lt′ = −x0l − y0m− z0n.
Poiche ∣∣∣∣ l −1l2 +m2 + n2 −l
∣∣∣∣ = −l2 + l2 +m2 + n2 = m2 + n2
che e diverso da zero perche m ed n non sono simultaneamente nulli, segue l’esistenza el’unicita dei punti R ed R′ cercati e, di conseguena, della retta s. �
La retta s definita nell’enunciato della Proposizione 11.4.3 viene detta retta di minimadistanza fra r ed r′. Tale retta e perpendicolare ad ogni piano simultaneamente parallelosia a r che ad r′.
I punti R ed R′ rispettivamente intersezione di r ed r′ con s soddisfano evidentementela condizione d(r, r′) ≤ d(R,R′). Poiche si ha anche che la retta s e perpendicolare sia aα che a α′ risulta anche d(R,R′) = d(R,α′) = d(α, α′). Anche in questo caso l’estremoinferiore che definisce la distanza d(r, r′) e, quindi, un minimo.
LEZIONE 11 11
α
R
rα'
R'r'
s
Figura 11.4.4
Esempio 11.4.5. In S3 sia fissato sistema di riferimento O~ı~~k e si considerino le rette red r′ rispettivamente di equazioni parametriche
r :
x = 3 + t
y = t− 2z = 2t− 3,
r′ :
x = −ty = t− 2z = 2t+ 1.
La retta r e parallela al vettore ~vr = ~ı + ~ + 2~k , mentre la retta r′ e parallela la vettore~vr′ = −~ı + ~ + 2~k , quindi r 6 ‖r′. Inoltre il sistema
3 + t = −t′
t− 2 = t′ − 22t− 3 = 2t′ + 1,
non ha soluzione. Concludiamo che r ed r′ sono sghembe.Vogliamo determinare d(r, r′). A tale scopo procediamo come nella dimostrazione della
Proposizione 11.4.2, determinando due punti R ∈ r ed R′ ∈ r′ tali che R−R′ ⊥ ~vr, ~vr′ . Siha
R−R′ = (3 + t+ t′)~ı + (t− t′)~ + (2t− 2t′ − 4)~k ,
dunque le condizioni R−R′ ⊥ ~vr, ~vr′ si traducono nel sistema{6t− 4t′ = 54t− 6t′ = 11
la cui unica soluzione e data da t = −7/10 e t′ = −23/10 corrispondente ai due punti
R = (23/10,−27/10,−44/10), R′ = (23/10,−43/10,−36/10).
12 11.5. ANGOLI
Segue che
d(r, r′) = d(R,R′) =√
0 + 256 + 6410
=4√10
Per completezza osserviamo che la retta s di minima distanza fra r ed r′, che e la rettapassante per R e R′, ha equazioni parametriche
x = 23/10y = −27/10− 16tz = −44/10 + 8t.
11.5. Angoli.In questo paragrafo vogliamo introdurre le nozioni di angolo fra due rette, due piani, una
retta e un piano e spiegare come calcolarli. Tali nozioni, al pari della nozione di distanza,sono utili per descrivere la posizione relativa degli oggetti geometrici con cui lavoriamo.
Definizione 11.5.1. Sia O ∈ S3 e siano r, r′ ⊆ S3 rette. Diciamo che r e r′ formano unangolo ϕ ∈ [0, π] se esistono due vettori ~vr, ~vr′ ∈ V3(O), paralleli a r e r′ rispettivamente,tali che vrvr′ = ϕ.
Osserviamo che se r e r′ formano l’angolo ϕ allora esse formano anche l’angolo π − ϕ.Infatti se ~vr‖r allora anche −~vr‖r e si ha
−vrvr′ = π − vrvr′ .Ricordando quanto visto nella Lezione 7 in merito al significato geometrico del prodottoscalare si ha allora che gli angolo formati dalle due rette sono
arccos(〈vr, vr′〉|vr||vr′ |
), π − arccos
(〈vr, vr′〉|vr||vr′ |
).
Si noti che non e richiesto dalla definizione che le rette siano incidenti. In particolare sipuo parlare di angoli fra rette parallele o sghembe.
α
O
rα'
r'
vrv
-vr'
r'
Figura 11.5.2
LEZIONE 11 13
Esempio 11.5.3. Siano date le rette
r :
x = 3 + t
y = t− 2z = 2t− 3,
r′ :{x+ 3z = 0y − z = −2.
Risulta r∩r′ = ∅. Infatti gli eventuali punti d’intersezione corrisponderebbero ai valori delparametro t che soddisfano simultaneamente le due equazioni 7t − 6 = t − 3 = 0. Inoltrei vettori ~vr = ~ı + ~ + 2~k e ~vr′ = (~ı + 3~k ) × (~ − ~k ) = −3~ı + ~ + ~k sono rispettivamenteparalleli alle rette r e r′. Poiche
〈~vr, ~vr′〉 = 0
segue che le due rette r e r′ formano un angolo di π/2 radianti: si dice anche che le retter e r′ sono ortogonali.
Sia poi r′′ la retta di equazioni parametriche
r′′ :
x = t
y = t
z = t.
Si ha ~vr′′‖r′′, quindi gli angoli formati da r e r′ sono
arccos(
4√18
), π − arccos
(4√18
).
Definizione 11.5.4. Sia O ∈ S3 e siano r, α ⊆ S3 una retta e un piano rispettivamente.Diciamo che r e α formano un angolo ϕ ∈ [0, π] se esistono due vettori ~vr, ~vα ∈ V3(O), ilprimo parallelo a r e il secondo perpendicolare a α, tali che vrvα = π/2− ϕ.
La ragione per cui si da la definizione sopra e che l’angolo fra r e α puo essere pensatocome l’angolo formato dalla retta r con la sua proiezione ortogonale r′ sul piano α.
Osserviamo che, anche in questo caso, se r e α formano l’angolo ϕ allora essi formanoanche l’angolo π − ϕ. Sempre per il significato geometrico del prodotto scalare, tenendoconto che cos(π/2 − ϕ) = sinϕ, si ha allora che gli angolo formati dalla retta e dal pianosono
arcsin(〈vr, vα〉|vr||vα|
), π − arcsin
(〈vr, vα〉|vr||vα|
).
14 11.5. ANGOLI
O
r
α
r'
v
rv
vr'
α
Figura 11.5.5
Esempio 11.5.6. Sia data la retta
r :
x = 3 + t
y = t− 2z = 2t− 3,
ed il piano α di equazione x+y+z = 0. Si noti che un vettore parallelo a r e ~vr =~ı+~+2~k ,mentre un vettore perpendicolare a α e ~vα =~ı + ~ + ~k . Poiche
〈~vr, ~vα〉 = 4
segue che r e α formano gli angoli
arcsin(
4√18
), π − arcsin
(4√18
).
Definizione 11.5.7. Sia O ∈ S3 e siano α, α′ ⊆ S3 piani. Diciamo che α e α′ formanoun angolo ϕ ∈ [0, π] se esistono due vettori ~vα, ~vα′ ∈ V3(O), perpendicolari a α e α′
rispettivamente, tali che vαvα′ = ϕ.
Se α‖α′ e facile verificare che gli angoli formati da α e α′ sono 0 e π. Supponiamo cheα 6 ‖α′, sicche s = α ∩ α′ e una retta: allora gli angoli fra α e α′ sono gli angoli formatidalle rette r = α ∩ β e r′ = α′ ∩ β per ogni piano β perpendicolare a s.
Anche in questo caso, se α e α′ formano l’angolo ϕ allora essi formano anche l’angoloπ − ϕ. Per il significato geometrico del prodotto scalare gli angolo formati dai due pianisono
arccos(〈vα, vα′〉|vα||vα′ |
), π − arccos
(〈vα, vα′〉|vα||vα′ |
).
LEZIONE 11 15
β
O
α
s
α'
v
v
α
α'
Figura 11.5.8
Esempio 11.5.9. Siano dati i piani α e α′ rispettivamente di equazioni cartesiane
α : x+ 2y − z = 1, α′ : 3x− y + z = 0.
I vettori ~αr =~ı + 2~ − ~k e ~vα′ = 3~ı − ~ − ~k sono perpendicolari rispettivamente a α e α′.Poiche
〈~vα, ~vα′〉 = 2
segue che α e α′ i due angoli
arccos(
2√66
), π − arccos
(2√66
).