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Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Pavia Dott.ssa Marcella Caputi METACOGNIZIONE
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Dipartimento di Psicologia

Università degli Studi di Pavia

Dott.ssa Marcella Caputi

METACOGNIZIONE

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� METACOGNIZIONE: come si misura?

- Training metacognitivi

- Training di teoria della mente

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INTRODUZIONE TEORICA

La ricerca psicopedagogica sottolinea il ruolo cruciale delle abilità cognitive di base e delle abilità metacognitive.

Gli insegnanti rilevano spesso difficoltàda parte degli alunni nell’organizzare la loro attività di studio.

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METACOGNIZIONE

“Insieme delle attività psichiche che presiedono al funzionamento cognitivo.”

Mετα = andare “al di là – oltre” la cognizione.

Tre ambiti:

1. strategie specifiche;

2. conoscenza (metacognitiva);

3. processi (metacognitivi) di controllo.

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� Strategie = specifici percorsi che una persona decide di seguire per affrontare in maniera finalizzata un compito cognitivo, sono regolate dai processi di controllo e dalle conoscenze metacognitive.

� Conoscenza metacognitiva = idea che un individuo ha sviluppato sul funzionamento mentale relativa a tutto quello che è immagazzinato nella memoria a lungo termine.

� Processi metacognitivi di controllo = insieme dei processi che presiedono ai processi cognitivi durante la loro esecuzione.

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�Flavell (1971) � 3 componenti: conoscenze, esperienze e uso della strategia.

�Flavell & Wellman (1977) � considerare le conoscenze metacognitive: del soggetto su di sé, delle caratteristiche del compito, del tipo di materiale, delle strategie adatte al compito.

�Flavell (1981) � spiega la funzione di monitoringintroducendo 3 componenti metacognitive: conoscenza metacognitiva, esperienze metacognitive e atti metacognitivi.

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�Brown et al. � processi di controllo operazionalizzati in relazione a strategie di: previsione, pianificazione, monitoraggio e valutazione.

�Cornoldi � processi metacognitivi di controllo: automonitoraggio, aggiustamenti del piano implementato, autovalutazione, autorinforzo, previsione, coordinamento dei processi, esame delle alternative, valutazione del feedback...

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�Processi di controllo possono funzionare a livello automatico, senza la consapevolezza del soggetto.

�Alcuni processi hanno funzione di monitoring, altri di previsione ecc.

� I DSA possono dunque essere inquadrati nell’ottica dei disturbi metacognitivi.

� Il lobo frontale è sicuramente implicato in questi processi (lesioni alla corteccia prefrontale causano deficit di inibizione delle risposte, deficit nell’uso delle strategie, perseverazione ecc.).

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METACOGNIZIONE e DSA

�La metacognizione è legata alle difficoltà di lettura/scrittura: bambini con DSA rimangono ancorati al senso letterale della metafora, attenendosi al significato fisico invece che a quello astratto.

�Le operazioni metacognitive sono implicate nella soluzione di problemi: identificazione del problema, definizione e rappresentazione, pianificazione di una strategia.

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E’ fondamentale considerare i DSA in una prospettiva multidimensionale per programmare interventi metacognitiviche prendano in considerazione tutte le diverse variabili associate.

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TITOLO: Avviamento alla metacognizioneAutori: Gianna Friso, Paola Palladino, Cesare Cornoldi

Casa editrice: EricksonAnno di pubblicazione: 2006

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Avviamento alla metacognizione (Friso, Palladino e Cornoldi, 2006)

� Aree:

1. Riflettere sulla mente

2. La mente in azione

3. Controllare la mente

4. Credere nella mente

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Riflettere sulla mente (1)

�Obiettivi: avviare riflessione sul mondo mentale; stimolare collegamenti tra concetto di mente e compiti di memoria e comprensione del testo; promuovere la consapevolezza delle differenze tra le prospettive individuali; stimolare integrazione di un concetto articolato di ToM.

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La mente in azione (2)

�Obiettivi: stimolare conoscenze e atteggiamenti metacognitivi; far conoscere strategie, loro rilevanza e loro applicazione; concentrarsi su situazioni tipiche di apprendimento (leggere, scrivere, contare); sviluppare autonomia.

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Controllare la mente (3)

�Obiettivi: promuovere attività di controllo e monitoraggio delle attività cognitive; valutare difficoltà del compito, tempi di esecuzione, rilevanza di obiettivi e materiali; facilitare controllo durante l’esecuzione di un compito; imparare a sfruttare feedback; controllare l’interferenza; gerarchizzare gli obiettivi.

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Credere nella mente (4)

�Obiettivi: potenziare la motivazione e la fiducia nella mente; acquisire consapevolezza dei propri interessi e costruirne di nuovi; sviluppare consapevolezza delle proprie capacità e potenzialità e fiducia in esse; far scoprire e consolidare l’importanza dell’impegno.

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COME UTILIZZARE LE SCHEDE

� Possono essere utilizzate dallo studente da solo o in gruppo.

� E’ possibile prevederne l’uso in classe o durante sessioni individuali, sotto la guida dell’insegnante o di un operatore esperto.

� Procedura: si introduce la tematica, si supervisiona costantemente lo svolgimento, si analizza il lavoro e si compie una riflessione finale.

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ESERCITAZIONE

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QUESTIONARIO

“IO E LA MIA MENTE”� Può essere utilizzato per avere una stima del livello di

metacognizione.

� In un’ottica sperimentale o di ricerca può essere somministrato prima e dopo il trattamento, per verificare gli effetti del programma.

� Può essere auto- o etero-somministrato.

� Il punteggio finale si ottiene semplicemente sommando le risposte esatte (range: 0-15).

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LA SCHEDA CRITERIALE

Tratta da De Beni R. e Pazzaglia F. (1991). Lettura e metacognizione. Erickson, Trento. Valuta il livello di abilità metacognitiva applicata alla lettura, è una prova oggettiva, con consegne precise e criteri chiari per l’attribuzione del punteggio. E’ composta da 10 item che valutano i quattro aspetti centrali della metacomprensione.

Scopi: 1 - 2Strategie: 3 - 4 - 5 - 7Controllo: 6 - 8Sensibilità: 9 - 10

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QUESTIONARIO METACOGNITIVO SULLA

SCRITTURA

(Cazzaniga & Cornoldi, 2002)

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DESCRIZIONE E CRITERI DI SCORING� Destinatari: bambini della scuola primaria (dal terzo al quinto

anno).

� Scopo: fornire all’insegnante indicazioni preziose sulle idee metacognitive degli alunni, verificare presenza di idee scorrette o fuorvianti, evidenziare aree di difficoltà .

� Focus sulla stesura del tema.

� Scala likert a 3 passi.

� Somministrazione: individuale o collettiva.

� Correzione: poco importante = 1 punto, abbastanza importante = 2 punti, molto importante = 3 punti; reverse items: 2, 3, 10, 11, 13, 15 e 21.

� Punteggio alto � maturità delle idee metacognitive.

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CLASSE SOGGETTI MEDIA DS PRESTAZIONE ADEGUATA

III 226 59,5 5,16 54-65

IV 278 60,41 5,5 55-66

V 204 61,54 4,54 57-66

Una volta ottenuto il punteggio relativo ad ogni alunno, èpossibile confrontarlo con i punteggi della tabella (campione diriferimento di 708 alunni).

Se il punteggio di colloca nella fascia caratterizzante la prestazione adeguata, significa che il livello di conoscenze metacognitive sulla scrittura di quell’alunno è paragonabile a quello dei bambini frequentanti la sua classe.

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PROVA DIMETACOMPRENSIONE

(Pazzaglia, De Beni, & Cristante)

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PROVA DI VOCABOLARIO METACOGNITIVO(Pelletier & Astington)

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FAVOLA DIMETAMEMORIA

(Cornoldi & Caponi, 1991)

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TAVOLE DIMETAMEMORIA

(Cornoldi & Caponi, 1991)

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TRAINING

METACOGNITIVI

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LA METACOGNIZIONE COME INTERVENTO SULLE DIFFICOLTA’ DI COMPRENSIONE:

I TRAINING METACOGNITIVI

METACOGNIZIONE

> PRESTAZIONE COGNITIVA

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Un training metacognitivo è un programma di intervento volto a favorire nell’alunno la conoscenza, il controllo ed il monitoraggio dei propri processi cognitivi che sono legati ed intervengono nella lettura.

PerchPerchéé un training metacognitivo?un training metacognitivo?

• Perché è utile sia per i bambini “normali” che per quelli con difficoltà della lettura;

• Perché consente di acquisire competenza flessibile;

• Perché è fortemente interiorizzabile e riutilizzabile.

• Perché la metacognizione distingue i buoni e i cattivi lettori;

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COS’E’ UN TRAINING METACOGNITIVO?

Un training metacognitivo è un programma di intervento articolato in più incontri in cui ci si propone di migliorare ed incrementare le abilità metacognitive degli alunni tramite:

• Riflessione sugli scopi e strategie di lettura.• Somministrazione di schede di esercitazioni.• Discussione di gruppo sui processi cognitivi.• Discutere le possibili varianti delle procedure adottate per risolvere un compito.

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TRATTAMENTOMETACOGNITIVO

MOTIVAZIONE

PRESTAZIONE

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I MODI DELLA DIDATTICA METACOGNITIVA

� focalizzarsi sui processi e non sul risultato

Obiettivi primari della didattica metacognitiva sono:

• rendere l’alunno co-protagonista del processo di apprendimento• sviluppare in lui comportamenti e consapevolezze

Bisogna avere un ATTEGGIAMENTO METACOGNITIVO

�privilegiare l’impegno e la riflessione sia prima che dopo il compito

�usare una tecnica del pensiero ad alta voce

�creare un clima di dialogo

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� Processo di istruzione: porre attenzione durante l’insegnamento ai processi implicati nel leggere e nello studiare e dedicare del tempo per fornire delucidazioni al riguardo.

� Analisi del compito: è essenziale fare un’analisi dettagliata delle strategie che si intendono insegnare.

� Generalizzazione dell’applicazione delle strategie: le strategie vengono insegnate in modo da essere utilizzabili anche in contesti e compiti diversi.

� Durata del training strategico: è necessario dedicare all’insegnamento delle strategie l’intero anno scolastico.

� Insegnamento reciproco tra alunni: è importante creare le situazioni in cui gli alunni possano apprendere le strategie gli uni dagli altri.

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METACOGNITION – PARTE I. SVILUPPARE UN PIANO

• Quali sono le mie conoscenze precedenti su questo compito specifico?• Cosa dovrei fare per prima cosa?• Quanto tempo ho a disposizione per questo compito?

METACOGNITION – PARTE II. MONITORARE IL PIANO

•Come sto andando?•Come dovrei procedere? • Quali sono le informazioni importanti?• Cosa posso fare se non capisco?• Dovrei comportarmi in modo diverso?

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METACOGNITION – PARTE III. VALUTARE IL PIANO

• Quanto ho fatto bene? • Il mio stile di pensiero ha prodotto di meno o di più di quello che mi sarei aspettato? • Avrei potuto fare diversamente? • Posso comportarmi in questo modo anche di fronte ad altri problemi?

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ALCUNI SPUNTI PER UNADIDATTICA METACOGNITIVA

� Descrizione della strategia

� Dimostrazione di come si utilizza una strategia

� Analisi delle circostanze in cui è utile quella strategia

� Osservazione della strategia

� Sperimentazione della strategia

I TEMPI DELLA DIDATTICA METACOGNITIVA

Per essere efficace un training metacognitivo deve essere prolungato nel tempo. Circa 2 volte alla settimana per almeno 2 mesi.

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IL TRAINING METACOGNITIVO

Obiettivi:

� potenziare le capacità attentive, di controllo e di autoregolazione;

�migliorare le abilità e le conoscenze metacognitive di lettura;

� incrementare la capacità di comprensione del testo;

� sviluppare strategie di studio funzionali;

� sostenere la motivazione e prevenire l’insuccesso.

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RIABILITAZIONE e

INTERVENTI METACOGNITIVI

Classificazione in base all’oggetto del trattamento e alle modalità con cui esso viene applicato: trattamento su prestazione deficitaria o sulle sue componenti, trattamento sulle abilità di base e sul controllo degli automatismi e loro integrazione strategica nei comportamenti finalizzati.

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�L’intervento metacognitivo nei DSA è mirato alle strategie cognitive che il soggetto non usa.

�Spesso l’intervento riabilitativo è mirato ad automatizzare i processi per migliorare la prestazione.

�Dweck et al. hanno utilizzato le teorie implicite dell’intelligenza possedute dai bambini individuando due quadri di comportamento: alcuni credono che l’intelligenza si sviluppi e aumenti (motivati e strategici), altri credono che sia immutabile.

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TRAINING METACOGNITIVI

1) Ascoltare per comprendere � l’abilitàmetacognitiva riguarda la consapevolezza che:

- si ascolta per precisi scopi;

- nel discorso orale bisogna seguire parole, gesti ed espressioni;

- è importante usare strategie per ascoltare in modo attivo;

- l’attività deve essere monitorata e sostenuta dalla motivazione all’ascolto.

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TRAINING METACOGNITIVI

2) Leggere per comprendere: sono importanti le conoscenze su noi stessi come lettori, sugli scopi per cui leggiamo, sulle strategie da utilizzare in relazione ai differenti scopi. Lettura esplorativa ≠ lenta e analitica ≠rilettura.

Il lettore competente si rende conto di non capire, coglie incongruenze o omissioni: controlla e monitora il processo di comprensione.

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TRAINING METACOGNITIVI

3) Scrivere � obiettivi:

- divenire consapevoli del significato di scrittura nelle sue diverse funzioni;

- riconoscere la complessità e la varietà dei compiti di scrittura;

- apprendere strategie semplici di scrittura per imparare e ricordare.

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TRAINING METACOGNITIVI

4) Ragionare � le attività di potenziamento riguardano:

- le classificazioni;

- le seriazioni;

- il riconoscimento di legami di vario tipo;

- la soluzione di problemi a più variabili.

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TRAINING METACOGNITIVI

5) Studiare � è importante capire il significato dello studio, le strategie utili, le abilità che si mettono in atto e la motivazione. In particolare ci si focalizza su:

- strategie di prelettura;

- comprensione del contenuto nella fase di lettura;

- elaborazioni successive durante la post-lettura.

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TRAINING DI TOM

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Tenenbaum, Alfieri, Brooks, Dunne

(2008)

93 bambini di età compresa tra i 5 e gli 8 anni (M=82.46 mesi, DS=13.20) hanno partecipato ad un training progettato per migliorare la loro comprensione delle emozioni. I bambini dovevano spiegare o ascoltare la spiegazione dello sperimentatore(due condizioni) circa le cause delle reazioni emotive nascoste e ambivalenti dei protagonisti di 9 diverse storie. Dal confronto con un gruppo di controllo in cui i bambini ascoltavano vignette e rispondevano a domande non legate alle emozioni, emerge che i bambini assegnati a entrambe le condizioni sperimentali al post-test miglioravano nella comprensione di emozioni. Vengono discusse le implicazioni educative delle conversazioni esplicative nel facilitarela comprensione delle emozioni e dei bambini e il loro generalelivello di apprendimento.

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The effects of adding metacognitive language

to story texts (Peskin & Astington, 2004)Questo studio indaga se nei bambini dell’asilo l’esposizione a linguaggio metacognitivo porta ad una maggiore comprensione concettuale degli stati mentali, e ad un incrementonella produzione e nella comprensione di vocabolario metacognitive. Nel corso di un mese, genitori, insegnanti e assistenti laureati hanno letto circa 70 libri figurati a ciascunpartecipante (N = 48, età media 4.6 anni). Al gruppo sperimentale sono stati letti libriricchi di termini metacognitivi espliciti. Al gruppo di controllo sono stati letti gli stessilibri ma senza linguaggio metacognitivo e in cui la maggiorparte delle storie e delle relative illustrazioni richiedevano implicitamente ai bambini di pensare a prospettive alternative. I risultati dal pre- al post-test mostrano innanzitutto che l’esposizione dei bambini a vocabolario metacognitivo esplicito porta ad una significativamente maggiore produzionedi verbi metacognitivi nel racconto di storie ma non porta nessun miglioramento nellacomprensione di linguaggio metacognitivo. Questo dimostra che i bambini usano tale vocabolario prima di comprenderlo del tutto. Un secondo risultato è che i bambini del gruppo di controllo hanno ottenuto prestazioni significativamente migliori rispetto aibambini del gruppo sperimentale in compiti di spiegazione di falsa credenza. Questosuggerisce che ascoltare molti termini metacognitivi nelle storie è meno importante chedover attivamente costruire le proprie spiegazioni mentalistiche a partire da illustrazioni e testi che guidano implicitamente l’attenzione verso stati mentali.

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The influence of language on theory of mind: a

training study (Hale & Tager-Flusberg, 2003)

Questo studio si focalizza sul ruolo del linguaggio nello sviluppo della ToM. Era stato ipotizzato che l’acquisizione delle proprietà sintattiche e semantiche dellafrase avrebbero facilitato lo sviluppo di una ToM rappresentazionale. 60 bambini della scuola dell’infanzia che non superavano la prova di falsa credenza e pretest sulle sentential complements sono stati assegnati a training di falsa credenza, sentential complements o frasi relative (come gruppo di controllo). Tutti i bambini sono stati testati in seguito su una batteria di diversi compiti di ToM, sentential complements e frasi relative. I risultati principali mostrano che ilgruppo allenato sulle sentential complements non solo ha acquisito la conoscenzalinguistica promossa dal training, ma è anche migliorato significativamente neicompiti di ToM. D’altro canto, il training di falsa credenza ha portatomiglioramenti solo nella ToM, senza alcuna influenza sul linguaggio. Il gruppo dicontrollo, allenato su frasi relative, non ha mostrato miglioramenti nei post-test diToM. Questi risultati indicano che l’acquisizione di sentential complements contribuisce allo sviluppo della ToM nei bambini di età prescolare.

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The Role of Language in the Development of False Belief

Understanding: A Training Study (Lohmann & Tomasello, 2003)

Questo studio si è avvalso di un training per verificare se diversi generidi interazione linguistica giocano un ruolo causale nello sviluppo dellacomprensione della FB nei bambini. Dopo 3 sessioni di training, bambini di 3 anni hanno migliorato la comprensione della FB sia in unacondizione di training che prevedeva il discorso di perspective-shifting circa oggetti ingannevoli (senza termini di lessico psicologico) sia in una condizione in cui veniva usata una sintassi di sentential complement (senza oggetti ingannevoli). I bambini non sonomigliorati nella condizione in cui erano esposti ad oggetti ingannevolisenza lessico di accompagnamento. I bambini hanno mostratomiglioramento significativo nella condizione che usava sia discorso diperspective-shifting che sintassi di sentential complement, suggerendoche ognuno di questi tipi di esperienza linguistica gioca un ruoloindependente nella genesi della comprensione di FB.

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Theory of mind: is training contagious?

(Melot & Angeard, 2003)

In questo studio, bambini di età prescolare hanno attuato con successo un training di ToM, ovvero inferenza di FB e distinzioneapparenza-realtà. I risultati mostrano che entrambi i tipi di training hanno un effetto diretto, misurato attraverso il miglioramentonelle prestazioni post-test di FB e AR. Entrambi i tipi di training hanno anche un effetto indiretto, misurato attraverso il transfer deibenefici del training al compito che non era contemplato daltraining. Infine, entrambi i tipi di training erano efficaci anchequando i bambini venivano allenati in un compito che avevano giàpadroneggiato.

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“La comprensione della mente nei bambini”

(Ornaghi e Grazzani Gavazzi, Erickson, 2009)

Un laboratorio linguistico con storie per la scuola dell’infanzia.

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La ricerca-intervento

Due obiettivi:

1) Verificare se allenare b.ni di età prescolare tramite training sull’uso del LP favorisce comprensione del vocabolario mentalistico e influisce su competenze linguistiche e comunicative.

2) Indagare se tale training migliora significativamente la comprensione di stati mentali propri e altrui (con prove di ToM).

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�Partecipanti: 102 b.ni (34 di 3 anni; 36 di 4 anni; 32 di 5 anni).

�Ciascun gruppo è stato suddiviso in 2 sottogruppi (controllo e sperimentale).

�Esclusi b.ni con deficit linguistici e b.ni stranieri con difficoltà nella produzione e comprensione della lingua italiana.

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Strumenti e procedura

�3 fasi: pre-test; training; post-test.

�Strumenti: test di valutazione di comprensione del linguaggio; prova di vocabolario metacognitivo; compiti di ToM.

� Intervento: b.ni divisi in piccoli gruppi, 2 volte alla settimana per 2 mesi (incontri di 20 minuti). Lettura + gioco linguistico.

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Risultati

�B.ni gruppo sperimentale: incremento significativo nella comprensione del vocabolario metacognitivo, nel test di linguaggio, nella comprensione di emozioni e di falsa credenza.

�B.ni gruppo di controllo: incremento significativo nella comprensione di emozioni e di falsa credenza.

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Conclusioni

�Stimolare e allenare b.ni di età prescolare a usare il LP influisce positivamente sullo sviluppo della loro capacità di comprensione della mente, e questo può comportare ricadute positive sulle attivitàe sulle relazioni che hanno nella vita quotidiana.

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Le avventure di Jack e

Teo

Introduzione: vengono presentati i protagonisti e viene descritta la situazione iniziale.

Svolgimento: la vicenda si sviluppa attraverso il superamento di prove e avventure (evento precipitante), la comparsa di altri personaggi e l’eventuale presenza dell’antagonista.

Conclusione: lieto fine.

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Titolo della storia Termine mentalistico target

1 La mappa del tesoro SPAVENTARSI

2 Il pallone di Teo ARRABBIARSI

3 La festa a sorpresa DESIDERARE

4 Un regalo speciale RICORDARE

5 La pallina da tennis SAPERE

6 La festa dei gamberetti PENSARE

7 Il messaggio nella bottiglia CREDERE

8 La tartaruga Sara DECIDERE

9 Un grande rischio SPAVENTARSI

10 La rabbia di Jack ARRABBIARSI

11 La letterina di Natale DESIDERARE

12 La sciarpa di Diego RICORDARE

13 Uno strano incontro SAPERE

14 Arrivano i pescatori! PENSARE

15 Il polipo Giacomino CREDERE

16 Un pomeriggio avventuroso DECIDERE

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Recognition of Faux Pas by Normally Developing Children and Children with Asperger Syndrome or High-Functioning Autism (Baron-Cohen et al., 1999)

� La maggiorparte dei test di ToM è somministrabile a bambini di età compresa tra i 4 e i 6 anni.

� L’abilità di leggere la mente altrui tuttavia continua a svilupparsi anche oltre questa fascia di età, perciò c’è bisogno di test avanzati di ToM.

� Le strange stories della Happè (1994) valutano la comprensione di sarcasmo, ironia, bluff e doppio bluff, ma non vengono comprese prima degli 8 anni.

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� Si tratta di una misura avanzata di ToM perché richiede di capire che vi è differenza tra le credenze dei personaggi, ma anche che vi è un impatto emotivo sull’interlocutore.

� Altri 2 esempi: Mary dice “Non penso di aver mai incontrato questo bel bambino prima d’ora” alla madre di una bambina; Tim è al ristorante e rovescia del caffè. Si gira verso il cameriere e dice: “Ho rovesciato del caffè. Potrebbe venire a pulire?” Si scopre che la persona a cui si è rivolto non è un cameriere ma semplicemente un altro cliente.

� In tutti i casi l’insulto è involontario, non vi è malizia, nè cattive intenzioni, chi parla viene frainteso. Setting sociale naturalistico.

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Procedura studio 1� 56 soggetti (7-11 anni) che avessero superato prove di FB di primo e

secondo ordine e domande di comprensione.

� 10 storie di faux pas (oltre a linguaggio e intelligenza non verbale).� Domande alla fine di ogni storia: 1) Faux pas detection – Nella storia

qualcuno ha detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire? 2) Identification Question – Cosa? 3) Comprehensive Question –diversa per ogni storia 4) False Belief Question – Lo sapeva/si ricordava?

� La prima domanda valuta se il soggetto identifica il faux pas. La seconda valuta se il soggetto ha identificato la frase giusta come fauxpas. La terza serve a capire se il soggetto ha compreso la storia, in modo da non poter attribuire la mancanza di identificazione del fauxpas a problemi di comprensione verbale o distrazione. L’ultima domanda serve a controllare che il soggetto ha capito che il faux pas èstato un conseguenza della falsa credenza del parlante piuttosto che un’azione con intento malizioso.

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Procedura studio 2 e 3� Studio 2: 16 bambini normododati e 12 soggetti con sindrome di

Asperger o autismo ad alto funzionamento che avessero superato FB di primo e secondo ordine e domande di comprensione; stesse prove studio 1.

� Studio 3: 15 soggetti con sindrome di Asperger o autismo ad altofunzionamento e 15 controlli; 10 storie con faux pas e 10 storie senza faux pas.

� Sia nello studio 2 che nello studio 3 la popolazione clinica non riesce ad individuare il faux pas.

� Deficit di coerenza centrale? Identificazione stati mentali ma difficoltà ad avere quadro completo e coerente di FP e sue possibili conseguenze (Frith, 1989).

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Children’s understanding of faux pas: Associations with peer relations (Banerjee & Watling, 2005)

� Versione computerizzata di 4 storie contenenti insulti involontari, con domande chiuse. Campione di 308 bambini: la prestazione al faux pasdei bambini di 5 e 6 anni significativamente peggiore di quella dei bambini di 8 e 9 anni, come atteso. Nonostante i bambini capissero che i sentimenti erano stati urtati e nonostante rispondessero correttamente alle domande di comprensione, hanno trovato 3 domande relativamente difficili: identificare il faux pas, capire che l’insulto non era voluto, e riconoscere l’ignoranza che aveva portato al faux pas. Le risposte esatte alle domande chiave del compito di fauxpas correlano negativamente col rifiuto dei pari. I bambini rifiutati e controversi, che ricevono un alto numero di nomine negative da parte dei compagni, hanno una prestazione significativamente peggiore in questo compito. Questo pattern si evidenzia solo nel secondo gruppo (8-9 anni).

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� DETECTION – In the story, did someone say something they should not have said? (Yes or No)

� IDENTIFICATION – What was said that should not have been said? ([insult by insulting character] or [neutral statement by insulted character])

� FEELINGS – How does [insulted character] feel now? (Happy/Pleased or Sad/Upset)

� INTENTION – Did [insulting character] want to make [insulted character] upset? (Yes or No)

� COMPREHENSION – [question regarding target object] (Correct answer or Incorrect answer)

� IGNORANCE – Did [insulting character] know [insulted character’s relationship with the target object]? (Yes or No)

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� Questo studio mostra che le risposte al test del faux passono effettivamente un indice utile di comprensione sociale che si riferisce a eventi della vita reale. In ogni casosono necessarie analisi longitudinali per capire la direzione causale delle associazioni tra il faux pas e gli outcomesociali. Tali analisi consentirebbero di capire precisamente il ruolo giocato dalle abilità sociocognitive nelle traiettorie evolutive della vita quotidiana dei bambini.

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A new ‘advanced’ test of ToM: evidence from children and

adolescents with Asperger syndrome (Kaland et al., 2002)Scopo: valutare capacità di bambini e adolescenti con sindrome di Asperger (N=21) di inferire stati mentali VS fisicicon un nuovo test di ‘advanced’ ToM– Stories from Everyday Life. I partecipanti con AS hanno intelligenza nella normae sono stati appaiati a un gruppo di controllo (N=20) di bambini e adolescenti normodotati.

Metodo: il test comprende 26 brevi storie. Questa batteria complessa di ToM misura la capacità di fare inferenze sustati fisici e mentali. La prima parte di ogni storia descrive un evento fisico o meccanico e la domanda chiave valuta la capacità di fare inferenze su uno stato fisico. La seconda parte delle storie contiene due domande che valutano la capacità di inferire uno staato mentale dal contesto della storia, es. comprendere mezzi di comunicazione sociale come la bugia, la bugia bianca, la figura retorica, il fraintendimento, il doppio bluff, l’ironi, la persuasione, emozionicontrastanti, dimenticanze, gelosia, intenzioni, empatia e gaffe. Vengono registrati anche i tempi di reazione deipartecipanti.

Risultati: i partecipanti del gruppo AS mostrano più problemi nell’inferire stati mentali rispetto al gruppo di controllo. La loro performance è migliore nei compiti che richiedono inferenza di stati fisici, ma ottengono in ogni caso prestazioniinferiori rispetto al gruppo di controllo. Hanno la tendenza ad interpretare comportamenti e frasi alla lettera, senzaconsiderare il contesto, e a scegliere spiegazioni fisiche quando invece sarebbe più appropriata una risposta di tipomentale. Necessitanto anche di un numero di indizi maggiore e impiegano più tempo a rispondere rispetto al gruppo dicontrollo per completare il compito, specialmente nei compiti che richiedono inferenza di stati mentali.

Conclusioni: questo studio conferma risultati precedenti che avevano coinvolto individui con AS/HFA e che avevanomostrato difficoltà nell’attribuire stati mentali in contesti precisi, ma sembra che abbiano meno difficoltà nell’inferirestati fisici. Il fatto che il gruppo clinico abbia tempi di reazione più lunghi e necessiti di indizi per risolvere il compitopuò essere legato ad un problema di comprensione di stati mentali. In ogni caso rimane aperta la possibilità che questedifficoltà possano rappresentare un fattore separato – o uno stile cognitivo particolare– suggerendo che almeno alcuniindividui con AS possano essere lenti in generale nel risolvere compiti cognitivi.


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