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Lo Stato italiano sotto la Monarchia 201415 Lezione 1a … · Il re Vittorio Emanuele II assume per...

Date post: 24-May-2020
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a.a. 2014-2015 Corso di Laurea Magistrale Culture moderne comparate Mudolo di Storia contemporanea 2 prof. Mori Lo Stato italiano sotto la Monarchia
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a.a. 2014-2015Corso di Laurea Magistrale

Culture moderne comparateMudolo di Storia contemporanea 2

prof. Mori

Lo Stato italiano sotto la Monarchia

1

La Monarchia costituzionale

Lo Statuto

Cronologia

Concessione di Statuti

a. Ferdinando II re delle Due Sicilie compie il salto e concede uno Statuto [29/1/1848]

b. fanno altrettanto:

- Carlo Alberto re di Sardegna [impegno con Proclama 8 febbraio 1848; Carta 4 marzo]

- Leopoldo II granduca di Toscana [17 febbraio]

- Pio IX papa[14 marzo].

Soltanto lo Statuto albertino resterà in vigore dopo il 1848, mentre gli altri saranno abrogati dopo la repressione dei moti rivoluzionari

Le premesse dello Statuto albertino

- Modelli costituzionali stranieri: Carte octroyée francesi del 1814 e del 1830; costituzione belga 1831; costituzionalismo britannico;

- Redazione dello Statuto: Consiglio di conferenza [ministri e segretari di Stato]

- Influsso di Cavour dall’esterno, tramite stampa e reti relazionali

- Re viene molto sollecitato in quella direzione, supera le proprie resistenze per fare fronte all’emergenza (prospettiva di sollevazioni popolari).

Una costituzione octroyée

Ministro degli interni Borrelli:

“Il faut la donner, non se la laisser imposer; dicter les conditions, non les recevoir”;

“Les événements récents avaient changé la face des choses, en ouvrant la voie à un nouvelordre d’institutions”.

Carlo Alberto, re di Sardegna

Carlo Alberto firma lo Statuto

Testo dello Statuto albertinoStruttura

- Preambolo

- Articoli 1-23: Forma di governo e architettura costituzionale

[organi costituzionali]

- Articoli 24-32: Diritti e doveri dei cittadini

- Articoli 33-38: Camera Alta [Senato]

- Articoli 39-47: Camera Bassa, elettiva [C.d. Deputati]

- Articoli 48-64: Disposizioni comuni alle 2 Camere

- Articoli 65-67: Ministri

- Articoli 68-73: Ordine giudiziario

- Articoli 71-81: Disposizioni generali

- Articoli 82-84: Disposizioni transitorie

Statuto albertino. Istituti di diritto costituzionale qualificanti

Forma di governo: monarchia costituzionale e rappresentativa;

Istituti dello Stato costituzionale: la costituzione come testo scritto che dichiara la forma di governo, definisce i supremi organi dello Stato, riconosce ed elenca diritti e doveri dei cittadini; concepita come legge fondamentale, perpetua e irrevocabile, contenente norma abrogativa delle leggi contrarie.

Statuto albertino. Istituti di diritto costituzionale qualificanti

Istituti dello Stato di diritto recepiti dallo Statuto:- giuridicizzazione (costituzionalizzazione) dei diritti soggettivi deicittadini;-uguaglianza giuridica;- sovraordinazione della costituzione (imperfetta);- separazione e bilanciamento dei poteri;- inamovibilità dei giudici;-precostituzione del giudice (giudice naturale);- partecipazione della rappresentanza dei cittadini alla formazionedelle leggi;- riserve di legge per oggetti e materie attinenti ai diritti;- principio di legalità degli atti amministrativi e giudiziari;- giustiziabilità degli atti amministrativi;- responsabilità politica dei ministri e obbligo di controfirma- responsabilità giuridica dei ministri (messa in stato d’accusa).

Statuto albertino. Istituti di diritto costituzionale qualificanti

Istituti della rappresentanza politica recepiti dallo Statuto:

- Costituzione di una Camera dei rappresentanti elettiva;

- suffragio individuale per l’elezione dei rappresentanti;

- divieto di mandato imperativo;

- obbligo di convocazione delle Camere da parte del re;

- limiti al potere di scioglimento della Camera da parte del re;

- preminenza della Camera elettiva nella trattazione della materia finanziaria;

- approvazione parlamentare necessaria nel procedimento legislativo;

- elementi di immunità parlamentare.

Statuto albertino: poteri e salvaguardie del re

- Sacralità e inviolabilità;

- irresponsabilità;

- titolarità e esclusivo esercizio del potere esecutivo;

- nomina dei giudici;

- potere di grazia;

- partecipazione all’esercizio del potere legislativo (nomina dei senatori; convocazione, scioglimento e proroga delle Camere; iniziativa legislativa; sanzione delle leggi);

- promulgazione delle leggi;

- competenza esclusiva sugli atti di politica estera e militare.

Statuto albertino: presidi costituzionali

- Impegno del re al rispetto e alla conservazione dello Statuto;

- giuramento allo Statuto contestuale alla intronizzazione;

- inamovibilità dei giudici;

- partecipazione della Camera elettiva alla formazione delle leggi.

La carta non prevede altri presidi

Vigenza dello Statuto

Lo Statuto albertino vige formalmente fino al decreto luogotenenziale 25 giugno 1944

n. 151, che sancisce la convocazione Assemblea costituente; il decreto 151 è considerato dalla storiografia come una

“costituzione provvisoria”, che sostituisce lo Statuto

[F. Bonini, Lezioni di storia delle istituzioni politiche, Torino, Giappichelli, 2002, p. 106]

3

La Monarchia costituzionale

L’applicazione dello Statuto nello Stato liberale

(1848-1896)

Il Regno d’Italia

1861, 17 marzo: legge con cui il re di Sardegna assume il titolo di re d’Italia

nasce lo STATO ITALIANO

Monarchia costituzionale rappresentativa

17 marzo 1861:Legge 4671 del Regno di Sardegna

“Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e

promulghiamo quanto segue:Articolo unico:

Il re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di re d’Italia. Ordiniamo che la

presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli Atti di Governo, mandando a chiunque spetti si osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo

1861”.

L’allargamento della rappresentanza

leggi elettorali:

1848 [elettorato: 77.366 cittadini di sesso maschile = 7,7% della popolazione maschile

maggiorenne 25; elettori: 1 abitante su 62= 2,2% popolazione complessiva Regno di Sardegna]

1882 [elettorato: 2 milioni di uomini = 25% della popolazione maschile maggiorenne21

= 6,6% popolazione complessiva Regno d’Italia]

1912 [maschi almeno maggiori di 21 anni

= 23,2% della popolazione italiana]

1919 [suffragio universale maschile;

elettori: 11 milioni di uomini di almeno 21 anni= 27% della popolazione]

1848: legge elettorale del Regno di Sardegna

Il Regno d’Italia adotta il regio editto del re di Sardegna, 17 marzo 1848 n. 680, che configura un sistema maggioritario uninominale a doppio turno con ballottaggio / il voto è attribuito in ragione del genere, dell’età (25 anni), dell’alfabetizzazione, del censo (almeno 40 lire annue di imposta) e della capacità(ufficiali dell’esercito comunque ammessi) →

Nel 1848 godevano dei diritti politici 77.366 maschi almeno 25enni, su 1 milione circa di cittadini maggiorenni, cioè aventi almeno 21 anni [7,7%]. E’ elettore 1 abitante su 62 [circa 2,2% popolazione complessiva]

[testo in: http://www.dircost.unito.it/root_subalp/docs/1848/1848-680.htm ]

1882: prima riforma elettorale

Testo Unico 24/09/1882 (governo Depretis)Allargamento del suffragio:

a) Abbassamento della soglia d’età a 21 anni;

b) Inclusione di nuove categorie capacitarie:- tutti coloro che abbiano assolto l’obbligo scolastico;

- tutti i contribuenti per almeno 19,80 lire annue;

- gli appartenenti a ulteriori categorie di professione e merito patriottico;

- tutti coloro che manifestino la volontà di essere iscritti alle liste elettorali con una domanda autografa certificata da notaio.

c) integrazione di una quota plurinominale per una parte minoritaria dei collegi (più eletti nello stesso collegio, con abbassamento del quorum necessario).

→ L’elettorato sale al 25% della popolazione maschile maggiorenne (2 milioni di uomini) e al 6,6% della popolazione complessiva

1912: seconda riforma elettorale

Legge 30/06/1912, n. 665 (governo Giolitti)

Elimina il requisito di censo;

Mantiene un’unica categoria capacitaria: l’alfabetizzazione, attestata dall’assolvimento dell’obbligo scolastico.

Allargamento del suffragio:

a) a tutti i maschi maggiori di 30 anni;

b) ai maschi maggiori di 21 anni che abbiano assolto l’obbligo scolastico.

Con questa riforma ha diritto al voto, alle elezioni politiche del 1913, il 23,2% della popolazione italiana.

Si parla di suffragio maschile quasi universale.

1918-1919: terza riforma elettorale

Testo Unico 02/09/1919, n. 1495 (governo Orlando)Elimina il requisito di scolarizzazione;Prevede un’unica categoria di merito patriottico: gli ex soldati mobilitati per la guerra.

Hanno diritto di voto tutti i maschi di almeno 21 anni e tutti gli ex mobilitati.

→ la riforma realizza il suffragio universale maschile; gli elettori superano gli 11 milioni (27% della popolazione)

Le donne restano escluse, sebbene un progetto di legge per riconoscere loro il diritto di voto sia stato approvato dalla Camera (caduto per scioglimento)

Riforma dei collegi elettorali (54) e ADOZIONE DEL SISTEMA DEL COLLEGIO PLURINOMINALE. In ciascun collegio si eleggono da 5 a 20 deputati.Si instaura dunque un SISTEMA PROPORZIONALE, con liste, voto di preferenza, e metodo d’Hondt per l’assegnazione dei voti.

1921: aumento dei seggi

In virtù dell’ingrandimento territoriale derivato dall’acquisizione del Trentino, dell’alto Adige e di Trieste i seggi alla Camera sono portati a 535.

Conclusioni sulle norme per il suffragio politico

Il sistema elettorale del Regno d’Italia riflette dapprima una concezione censitaria della capacità politica, tipica dello Stato monoclasse quale era quello Italiano dei decenni centrali dell’Ottocento;

Il suffragio molto ristretto affidava le decisioni politiche a rappresentanti dotati di una base elettorale e quindi di una rappresentatività debole.

Prima del 1880 un collegio contava poco meno di 1000 elettori: questa era la base elettorale potenziale di un deputato, il quale poteva essere eletto al primo turno con 330 voti circa.

Conclusioni sulle norme per il suffragio politico

Nell’ultimo quarto del secolo si registrano profonde trasformazioni nella società italiana, per il consolidamento dell’economia industriale-capitalistica; le classi lavoratrici fanno sentire sempre più il loro peso

→ il suffragio viene allargato con quattro successivi interventi di riforma

→ passaggio allo Stato pluriclasse.

La crisi dello Stato liberale

3

Aspetti di fragilità costituzionale

- Debolezza del Parlamento

- Ricattabilità e instabilità del Governo

Debolezza del Parlamento: legislature e potere di scioglimento

Durata prevista dallo Statuto: 5 anni (Martucci, Storia costituzionale, p. 100)

26 legislature e non 13 secondo la cadenza quinquennale prevista dallo Statuto

VIII 1861/65 - 4 anniIX 1865/67 - 2 anni e mezzoX 1867-70 - 3 anni e mezzoXI 1870/74 - 4 anniXII 1874-76 - 2 anniXIII 1876-80 - 3 anni e mezzoXIV 1880-82 - 2 anni e mezzoXV 1882-86 - 3 anni e mezzoXVI 1886-90 - 4 anniXVII 1890-92 - 2 anniXVIII 1892-1895 - 2 anniXIX 1895-97 - 2 anniXX 1897-1900 - 3 anniXXI 1900-1904 - 4 anni XXII 1904-1909 - 4 anni e 3 mesi [sessione unica]XXIII 1909-1913 - 4 anni e mezzo [sessione unica]XXIV 1913-1919 - 6 anni [sessione unica]XXV 1919-1921 - 1 anno e mezzo [sessione unica]XXVI 1921-1923 - 2 anni e mezzo [sessione unica]

Il potere esecutivo: la debolezza dei ministri (Rebuffa, Martucci)

La mancata articolazione in un Consiglio dei ministri

L’assenza di una presidenza solidamente legittimata della compagine ministeriale

Il rapporto debole e instabile del “primo ministro” con il Parlamento, per l’assenza di dispositivi istituzionali di collegamento

I ministri “ostaggio” del re;

→ FREQUENTI CRISI DI GOVERNO

La “crisi di fine secolo” 1896-1900

- Antiparlamentarismo e ‘ritorno allo Statuto’

- Terrore della rivolta popolare e la repressione

- Regicidio

Vittorio Emanuele IIIre d’Italia

Giovanni Giolitti

“Età giolittiana” (1900-1914)

- Successi e limiti della strategia Giolittiana

- Problemi aperti alla fine dell’età giolittiana

- Contrasti sull’intervento e marginalizzazione istituzionale del Parlamento

- Il Governo Salandra e l’intervento

- Pieni poteri e governi di guerra

Prime campagne di intimidazione

Mentre il governo si prepara all’intervento e la Camera è prorogata gli interventisti più accesi organizzano una campagna intimidatoria nei confronti dei deputati neutralisti.

Sono le cosiddette RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO (1915)

Giolitti si ritira in Piemonte. Rientrato a Roma è minacciato di aggressione.

L’invito è venuto da Gabriele D’Annunzio, che in un comizio ha detto:

«col bastone, col ceffone, con la pedata e col pugno si misurano i manutengoli, i mezzani, i leccapiatti».

Prime campagne di intimidazione

Le squadre irrompono nell’aula di Montecitorio, durante la proroga della Camera.

Il diplomatico e ex prefetto Alessandro Guiccioli si esprime così riguardo a questo atto:

“se domani l’autorità suprema dello Stato sgombrasse a calci l’immonda stalla di Montecitorio, la Nazione intera applaudirebbe”[Guiccioli, Diario di un conservatore, cit. in Martucci, p. 139]

Benito Mussolini partecipa alla campagna attraverso il giornale che dirige, “Il Popolo d’Italia”.

Gli anni di guerra (1915-1918)

Primi ministri: Salandra, Boselli, OrlandoEsteri: Sonnino

- grandissima opportunità per l’industria pesante;- la Corona si avvantaggia della popolarità di Vittorio Emanuele III come re-

soldato;- il governo ottiene dalla Camera pieni poteri (20/05/1915), a causa dello

STATO DI EMERGENZA [407 voti / 74; questa votazione è sanzione aposteriori da parte della Camera all’intervento, già di fatto deciso con gliimpegni assunti segretamente dal governo]; i pieni poteri al governo sonogià stati votati dalla camera in altre contingenze belliche: nel 1848, nel1859, nel 1866, nel 1911; inoltre nel 1896;

- si intensifica la normazione tramite decreto, in forza della delega di poteri;

- la Camera ha una sessione unica dal 27 novembre 1913 al 29 settembre1919 (XXIV legislatura), con 393 sedute totali.

Problemi del dopoguerra

a. Problema dei reduci e del reinserimento dei quadri e deidirigenti militari - 5.000.000 di combattenti smobilitati;

b. Problema della riconversione dell’apparato produttivo;c. Caro-vita e disoccupazione;d. Nuova violentissima ondata di scioperi nel 1919-1920 (biennio

rosso);e. Paura del padronato e anche della piccola borghesia, aggravata

dal fatto che intanto, ottobre 1917, c’è stata la Rivoluzione deisoviet in Russia; spinte repressive;

f. Ridimensionamento ruolo italiano sulla scena internazionale;problema politico dell’Adriatico (Fiume e Dalmazia); impresa diFiume [12/9/1919 – 01/1920]; nazionalismo violento eantiparlamentare.

Benito Mussolini

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

- Incapacità degli ultimi governi liberali [Nitti (3 governi), Giolitti (2), Bonomi, Facta (2)] di fronteggiare la crisi del dopoguerra (scioperi nelle fabbriche e nelle campagne da un lato; istanze repressive del padronato agrario e industriale dall’altro; aspirazioni revanchiste dei nazionalisti e della piccola borghesia);

- Inadeguatezza del partito liberale in conseguenza al nuovo sistema elettorale del 1919 a sistema proporzionale

- si rafforzano i partiti di massa, ma non si coalizzano / partito socialista si divide 2 volte nel 1921 [PCI, PSU]

Elezioni 1919:

156/509 seggi ai socialisti

100/509 seggi ai popolari [Partito popolare è presente per la prima volta]

- Emergono nuove forze politiche: Partito nazionalista e Fasci di combattimento

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Fasci di combattimento – fondati da Benito Mussolini nel marzo 1919, a Milano; con sostegno di settori industria pesante;

Programma: difesa della guerra e dell’intervento; tutela e valorizzazione dell’esperienza dei reduci; sostegno a ceti popolari; repressione del sindacalismo rosso; attacco alla classe dirigente liberale, accusata di incapacità; richiesta di una costituente

Organizzazione: territoriale, localizzata;

Attività: organizzazione dei reduci in forme militari; propaganda; allestimento di squadre armate che compiono atti intimidatori o violenti.

pubblicato su “Il Popolo d’Italia”

Fasci di combattimento: il fascio di Lissone

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Elezioni maggio 1921:

Per contrastare l’avanzamento dei partiti popolari, si forma un blocco conservatore guidato dai liberali e sostenuto dagli industriali;

In questa lista sono inseriti anche i candidati fascisti e nazionalisti.

Esiti: Socialisti: 122

Popolari: 107

blocco conservatore: 275

(di cui: 35 fascisti; 10 nazionalisti)

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Roma, 9 novembre 1921

NASCITA DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA (PNF)

I Fasci vengono trasformati in una organizzazione paramilitare a base territoriale, diretta da un “quadrumvirato” composto da Italo Balbo,

Cesare Maria De Vecchi, Emilio De Bono, Michele Bianchi

1923

PNF ingloba il Partito nazionalista

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

24 ottobre 1922 a Napoli Mussolini dichiara pubblicamente l’intenzione delle “milizie” fasciste concentrate nella città di occupare la capitale; la minaccia del colpo di Stato intende smuovere il re; Mussolini lascia poi agire i suoi luogotenenti, che si installano a Perugia per dirigere l’insurrezione; M si ritira a Milano

Contemporaneamente Mussolini aveva preso contatti con i maggiori esponenti del partito liberale (Giolitti, Facta, Orlando) per formare una coalizione di governo; utilizza la mediazione del prefetto di Milano Alfredo Lusignoli;

27 ottobre 1922 le milizie fasciste inscenano la “MARCIA SU ROMA”; in realtà non raggiungono la capitale, che è presidiata da un reparto militare;Facta presenta le dimissioni; il re le rifiuta;

28 ottobre 1922 Facta prepara un decreto di stato di assedio;29 ottobre 1922 il re non firma il decreto; decide di adottare una linea di

cooperazione con Mussolini; accetta le dimissioni di Facta e affida l’incarico di formare il governo a Mussolini stesso.

http://www.cinquantamila.it/sfogliatore/sfogliatore.html?sfogliatore.php&inizio=5&subject=1922-10-28


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