+ All Categories
Home > Documents > Luciano Corradini Andrea Porcarelli - SEI Editrice · A noi pare che questo manuale di bordo esista...

Luciano Corradini Andrea Porcarelli - SEI Editrice · A noi pare che questo manuale di bordo esista...

Date post: 20-Feb-2019
Category:
Upload: ngotruc
View: 220 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
45
NOSTRA SOCIETÀ NELLA Luciano Corradini Andrea Porcarelli CITTADINANZA E COSTITUZIONE
Transcript

NOSTRASOCIETÀ

NELLA

Luciano CorradiniAndrea Porcarelli

CITTADINANZA E COSTITUZIONE

NOSTRASOCIETÀ

NELLA

Luciano CorradiniAndrea Porcarelli

CITTADINANZA E COSTITUZIONE

SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE - TORINO

Coordinamento editoriale: Anna Maria BattagliniProgetto editoriale: Gianluca TarabbiaRedazione: Lucia VaraldaRicerca iconografica: Gianluca TarabbiaCoordinamento tecnico: Michele PomponioProgetto grafico e impaginazione: Bluedit, TorinoCoordinamento tecnico iconografia: Mario MacchiorlattiCopertina: Piergiuseppe AnselmoFoto in copertina: Il palazzo del Quirinale (Marka)Le immagini non citate provengono dall’archivio SEI

© 2012 by SEI - Società Editrice Internazionale - Torinowww.seieditrice.com

Prima edizione: 2012

Ristampa1 2 3 4 5 6 7 8 9 102012 2013 2014 2015 2016

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, compresa stampa, copia fotostatica, microfilm e memorizzazione elettronica, se non espressamente autorizzata per iscritto.

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.

Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di spe-cifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org

L’Editore dichiara la propria disponibilità a regolarizzare errori di attribuzione o eventualiomissioni sui detentori di diritto di copyright non potuti reperire.

Sograte – Città di Castello (PG)

e-978-88-05-22175-2

III

Navigare significa andare per mare o per fiume o per aria o per internet, con apparecchi adatti allo scopo. C’è un’ampia letteratura, scientifica, tecnica e fantastica sulla navigazione in tutti i sensi indicati. Navigando si esplora il mondo, si stabiliscono contatti, s’impara, co-me l’Ulisse di Dante, a “divenir del mondo esperto, degli umani vizi e del valore”. Si rischia anche molto, quando si viaggia in un mare ignoto e burrascoso. Le possibilità aumentano e i rischi si riducono, se si è provveduti, ben informati ed equipaggiati, se si ha una mèta da raggiungere e se si dispone di adeguati strumenti di navigazione, a cominciare dalla bussola. Immaginiamo ora che anche la complessa società nella quale siamo immersi, fin dalla na-scita, sia una sorta di oceano, ricco di fascino e di possibilità, ma anche d’incertezza e di rischi. Quando si esce di casa per la prima volta da soli, si provano sentimenti di ebbrezza, ma anche di paura. Da piccoli ci si attacca al telefonino, per avere indicazioni dai genitori, i quali a loro volta confidano sullo stesso strumento, per aver notizie dei figli. Quando si cre-sce, s’impara che il telefonino è anche una bussola e che può fornire una mappa del luogo in cui ci si trova e addirittura una rappresentazione dell’intero Pianeta. Sul piano tecnico dunque i problemi di orientamento si risolvono con un gruzzolo di euro, con un po’ di abilità digitale, con un call center e una persona disponibile al colloquio. Sul piano umano e sociale la questione è meno semplice, perché una società complessa non è come un mare, talora inquieto, talora tranquillo, ma sempre uguale a se stesso. Gli altri sono come me: il loro insieme non è solo una moltitudine di persone tutte uguali, come le onde, o tutte diverse, come le nuvole. In fondo siamo tutti imbarcati nel nostro Pianeta azzurro, bianco, verde e marrone: una “nave cosmica” la cui rotta è grosso modo sempre la stessa, da miliardi di anni. Quello che cambia di continuo è il rapporto fra noi passeggeri e fra noi e la nave, che negli ultimi tempi rivela segni sempre più inquietanti di logoramento e di squilibrio. Qual è il nostro posto sulla nave-Terra? Esiste un manuale di bordo, che suggerisca regole ragionevoli, seguendo le quali si possa raggiungere, se non la felicità, almeno una vita degna, accettabile e anche bella, nonostante i limiti di spazio e di tempo che ci condizionano?A noi pare che questo manuale di bordo esista e che nel complesso svolga il ruolo di una bus-sola capace di orientare la navigazione, se non della, almeno sulla nave-Terra. Anzi, i manuali sono due. Il primo, valido per l’intero Pianeta, è costituito dai 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il secondo, valido per la nostra piccola penisola, è costituito dai 139 articoli della Costituzione Italiana. I due manuali di navigazione, pensati e scritti duran-te e dopo la seconda Guerra mondiale, sono come due bussole fra loro sincronizzate, come vedremo: in sostanza hanno funzionato e funzionano ancora, nonostante la scarsa conoscen-za e la scarsa capacità di usarle, che gli equipaggi hanno dimostrato nel mezzo secolo scorso. Diversi prestigiosi organismi internazionali, come l’ONU, l’UNESCO, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, in numerosi e autorevoli documenti ci ricordano la preziosità insostituibile di questi strumenti di navigazione: la Di-chiarazione universale è infatti la radice di una pianta, i cui rami sono Patti internazionali, Convenzioni, Dichiarazioni, Carte dei diritti; la Costituzione, che pure ha una parte rigida e immutabile, è stata ed è oggetto di continue modifiche e integrazioni, finalizzate a una navigazione possibilmente più rapida e sicura, nella mutevole società di oggi. Per aiutarci a saper leggere e utilizzare questi strumenti, i citati Organismi raccomandano a tutte le scuo-le di promuovere un’educazione sociale e civica o educazione alla cittadinanza attiva. Nella stessa linea si erano espressi i padri della nostra Repubblica che, subito dopo avere varato la Costituzione, votarono all’unanimità una mozione per chiedere “che la nuova Carta Costi-tuzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano”. Il linguaggio è aulico, ma

Presentazione

IV

esprime la chiara consapevolezza d’aver trovato la bussola necessaria per navigare nel mare libero della società complessa, dopo l’esperienza del totalitarismo e della guerra. L’attuale normativa scolastica prevede l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” (Legge 169/2008), a cui è affidato un ruolo importante per contribuire a formare nei ragazzi le competenze di cittadinanza, fra cui quelle sociali e civiche, necessarie a navigare da cit-tadini consapevoli in questa società globalizzata: una società che comincia sull’uscio di casa e si estende a tutto il Pianeta, dall’ambito locale agli ambiti regionale, nazionale, europeo o continentale e mondiale.Il libro propone una sorta di visita guidata alla “galleria” dei 139 articoli della Costituzione, per metterne in luce le implicazioni di carattere storico, etico, giuridico, economico, politico, in modo da facilitare la scoperta e la valorizzazione del tesoro che i padri costituenti hanno scoperto e codificato intorno alla metà del secolo scorso. Si è inteso, con questa scelta di tipo dialogico, aiutare a mettere la Costituzione e i documenti internazionali sui diritti umani al centro della cultura e della vita scolastica, non come icona da venerare, ma come germe vitale da coltivare. In altre parole il nostro testo si propone di offrire uno strumento utile a orientarsi nella vita e nella cultura contemporanea, nella speranza di portare un contributo alla costruzione dell’identità personale e civile dei giovani, in un tempo d’indebolimento degli ideali e di sfiducia nella scuola e nella politica. Le conoscenze sono presentate in un orizzonte di senso che ne consenta la comprensione e la discussione, in dialogo con tutte le discipline scolastiche.Una scorsa all’indice del libro consente di rendersi conto dell’articolazione del discorso che abbiamo inteso proporre per raggiungere gli obiettivi formativi indicati. Si parte esplorando lo scenario storico (cap. 1) in cui sono maturati i diritti di cittadinanza, a partire dall’età antica, per poi passare (cap. 2) alle idee in cui si concretizza la svolta degli anni Quaranta, e alle fondamenta della Costituzione (cap. 3). La parte centrale del testo (capp. 4-8) presenta in modo sistematico il testo della Costituzione, per fornirne una mappa ragionata, colta nella sua genesi, e nelle sue potenzialità formative, in ordine alla vita culturale, sociale e politica. Il nono capitolo completa il percorso, entrando nella dimensione europea e in quella mondiale.I glossari hanno il compito di accompagnare gli studenti nel corso della lettura, offrendo subito definizioni e spiegazioni dei termini più tecnici. I laboratori, che consentono di fare il punto sui temi trattati al termine di ogni capitolo, contengono due tipologie di esercizi. Vi sono esercizi a schema chiuso, utili per verificare alcune delle conoscenze fondamentali, in una sorta di rapido check up, ed esercizi a schema aperto: questi fanno appello alla col-laborazione e alla creatività, invitando i ragazzi a creare situazioni di dialogo e di attività di gruppo, aiutandoli a tradurre, per quanto possibile, la cultura acquisita in termini di atteg-giamenti e di comportamenti di cittadinanza attiva, dentro e fuori la scuola. Il testo vorrebbe aiutare i giovani a orientarsi nella vita quotidiana e ad aprirsi a un mondo dagli orizzonti sconfinati. S’ipotizzano perciò molti possibili percorsi e itinerari di informa-zione e di approfondimento, sia a livello individuale sia di classe. Si rende inoltre disponibile un più ampio e flessibile materiale di documentazione e di approfondimento on line, che permetterà anche di tenere conto delle sollecitazioni provenienti dall’attualità della vita so-ciale e culturale.

Luciano Corradini – Andrea Porcarelli

Presentazione

V

INDICE

CAPITOLO 1 Alle radici dell’idea di cittadinanza 1

1. Un’idea che viene da lontano .....................................................................22. Origine e significato del termine cittadinanza

nella cultura greco- romana ..........................................................................43. L’uomo e la città nel pensiero cristiano e medievale ...........64. Il pensiero politico moderno ........................................................................85. Le origini del liberalismo e il giusnaturalismo ..........................106. Il difficile passaggio da suddito a cittadino ................................127. Diritto, diritti, uomo e cittadino ................................................................12 LABORATORIO ............................................................................................................15

CAPITOLO 2 La Costituzione italiana: genesi e valori ... 17

1. Introduzione alla Costituzione: metafore, concetti, atteggiamenti ...........................................................................................................18

2. Il clima storico e culturale in cui prende forma la nostra Costituzione ..............................................................................................................19

3. Un richiamo storico alla genesi della Costituzione ............ 204. Il compromesso costituzionale ..............................................................245. Motivi contingenti e motivi universali nella fabbrica

della Costituzione ................................................................................................256. L’intreccio fra idealità e realtà: oltre la retorica

e il cinismo ................................................................................................................ 267. Resistenza, rivoluzione e Costituzione .......................................... 288. Una visione realistica del patto costituzionale e le modifiche finora realizzate .............................................................. 299. La lenta e difficile attuazione della Costituzione ...................3110. Il problema del fondamento e della azionabilità

dei diritti fondamentali ................................................................................... 3211. La memoria storica e la Costituzione nella scuola ............. 3312. La natura del tesoro identificato dalla mappa

della Costituzione ............................................................................................... 3413. Interiorizzare la mappa per trovare il tesoro ............................. 35 LABORATORIO ............................................................................................................37

CAPITOLO 3 La Costituzione: i principi fondamentali ... 39

1. La Costituzione come regola del gioco della società italiana ......................................................................................... 40

2. Dal regnicolo al cittadino: i primi 12 articoli della Costituzione ................................................................................................41

3. Diritti e doveri costituzionali ......................................................................424. L’Italia è una Repubblica democratica parlamentare,

decentrata e pluralistica ............................................................................... 435. I compiti della Repubblica verso le persone,

i cittadini e i lavoratori ..................................................................................... 466. La caratteristica promozionale e programmatica

della Costituzione ............................................................................................... 487. Autonomia e decentramento .................................................................. 49

8. Le minoranze linguistiche ........................................................................... 509. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere

davanti alla legge ...................................................................................................5110. Un rapporto speciale con la Chiesa cattolica .......................... 5211. Cultura, scienza, arte e ambiente ....................................................... 5412. Ripudio della guerra e partecipazione dell’Italia alle norme

di diritto internazionale, in vista della pace ................................ 5513. Gli stranieri in Italia ............................................................................................ 57 LABORATORIO ........................................................................................................... 59

CAPITOLO 4 Persona e comunità: libertà responsabile

e solidarietà consapevole .......................................................................61

Diritti e doveri nella società complessa ............................... 621. I diritti fondamentali nella Costituzione ......................................... 622. Affermazione e interpretazione dei diritti .................................... 623. Quali diritti sono inviolabili? ........................................................................ 634. Diritti umani per tutti o solo per i cittadini? ................................ 64 Diritti civili ............................................................................................................... 655. Libertà inviolabile ................................................................................................ 656. Libertà, conflitti, tribunali e carceri .................................................... 667. Libertà di manifestare il proprio pensiero e di tenerlo

riservato ....................................................................................................................... 688. Le riunioni e le associazioni .......................................................................719. I sindacati e gli interessi delle categorie produttive .......... 7310. I partiti e l’interesse generale ..................................................................7411. Il patriottismo istituzionale ..........................................................................76 Rapporti etico- sociali ................................................................................ 7812. La famiglia come società naturale fondata

sul matrimonio ....................................................................................................... 7813. La scuola e il diritto all’istruzione ........................................................ 8014. La salute, chiave di volta dei rapporti etico- sociali ........... 83 LABORATORIO ........................................................................................................... 87

CAPITOLO 5 Costruire la città e umanizzare

i rapporti economici ...................................................89

Rapporti economici ...................................................................................... 901. Il principio lavoristico e i diritti dei lavoratori ............................ 902. Statuto dei lavoratori e Legge Biagi ..................................................913. Assistenza e previdenza .............................................................................. 924. La proprietà, la sua funzione sociale e la libertà

d’impresa...................................................................................................................... 935. Meriti e limiti dei mercati ............................................................................ 956. Razionale ed equo sfruttamento del suolo ................................ 967. Cooperazione, artigianato, elevazione professionale

dei lavoratori ............................................................................................................ 988. Risparmio e investimenti .............................................................................. 999. Le patologie della finanza e la recessione economica ... 10110. Genesi e sviluppo del debito pubblico ........................................ 102

CCCCCCCAAAAAPPPPPPIITTTTTOOLO

VI

11. La bussola costituzionale per evitare il naufragio ............ 10312. Alle sorgenti della giustizia fiscale e del bene

comune ...................................................................................................................... 104 Rapporti politici .............................................................................................10613. Doveri e responsabilità del cittadino nei confronti dello

Stato .............................................................................................................................106 LABORATORIO ........................................................................................................ 108

CAPITOLO 6 L’ordinamento della Repubblica ...........................109

1. Democrazia rappresentativa ..................................................................1102. Governo presidenziale e governo parlamentare .................. 111 Il parlamento (articoli 55- 82) ..........................................................1123. Parlamento bicamerale ...............................................................................1124. Le Camere e i sistemi elettorali ..........................................................1125. Mattarellum e Porcellum ............................................................................1146. Prerogative parlamentari ...........................................................................1167. La formazione delle leggi ..........................................................................1178. Leggi delega e decreti legge ..................................................................1179. Referendum abrogativo ..............................................................................11810. Amnistia e indulto ............................................................................................11911. Trattati internazionali, stato di guerra

e approvazione dei bilanci ........................................................................11912. Inchieste parlamentari, interpellanze, interrogazioni,

mozioni ....................................................................................................................... 120 Il Presidente della Repubblica (articoli 83- 91) ........... 12013. Il Presidente della Repubblica, 12014. Simbolo, garante, catalizzatore di processi

istituzionali .............................................................................................................. 120 Il Governo (articoli 92- 100) .............................................................. 12215. Il Governo: il Consiglio dei Ministri e la Pubblica

Amministrazione ............................................................................................... 12216. Il Governo: fra Parlamento e Presidenza

della Repubblica ................................................................................................. 12217. Regole della Democrazia e governo del Presidente ..... 12318. Composizione e funzioni del Governo .........................................12419. La Pubblica Amministrazione ...............................................................12520. Gli organi ausiliari ..............................................................................................127 LABORATORIO, 128

CAPITOLO 7 Il potere giudiziario e la giustizia ....................... 129

1. La giustizia e l’indipendenza della Magistratura ................ 1302. Il Consiglio superiore della Magistratura .................................. 1323. Gli organi della giurisdizione .................................................................. 1334. Il giusto processo civile e penale ..................................................... 1345. La Corte Costituzionale ............................................................................. 1356. La giustizia giusta ............................................................................................ 137

7. La cultura della legalità ............................................................................... 138 LABORATORIO ........................................................................................................ 139

CAPITOLO 8 Repubblica, Stato, Regioni, Province,

Comuni .........................................................................43

1. Essere popolo italiano .................................................................................1442. Il profilo della Repubblica, indivisibile e articolata ........... 1453. Le competenze legislative dello Stato

e delle Regioni .................................................................................................... 1464. Stato regionale (o delle autonomie)

e Stato federale ................................................................................................. 1485. Gli statuti regionali e la struttura organizzativa

delle Regioni ......................................................................................................... 1506. Sussidiarietà verticale: Comuni e Province ............................ 1507. Sussidiarietà orizzontale e cittadinanza attiva ..................... 1528. La finanza delle Regioni e degli enti locali .............................. 1539. Il federalismo fiscale ..................................................................................... 15410. La crisi dello Stato e la sua interazione

con la società civile ........................................................................................ 155 LABORATORIO ........................................................................................................ 156

CAPITOLO 9 La grande impresa della costruzione

dell’Europa unita ...................................................... 157

1. Il ponte fra la Costituzione e l’Europa, a partire dai sogni di Mazzini e Spinelli .............................................................. 158

2. Sguardo panoramico sui costi di un europeismo incerto ......................................................................................................................... 160

3. L’Europa allo stato nascente: Churchill, Schuman, Monnet, Adenauer, De Gasperi ........................................................163

4. L’inizio dell’Europa con la CECA e il primo insuccesso con la CED ...............................................................................164

5. Dai Trattati di Roma (1957) ai Trattati di Maastricht (1992) ............................................................................................................................ 165

6. Gli obiettivi e i parametri di Maastricht, per l’Unione e la cittadinanza europea ....................................... 167

7. I criteri da rispettare per entrare e restare nella cordata dell’euro ................................................................................. 169

8. La conquista dell’euro e le sue perduranti difficoltà .....................................................................................................................170

9. Il Trattato di Lisbona (2008- 2009) e l’accordo intergovernativo di Bruxelles (2011) ................................................171

10. Il Consiglio d’Europa ......................................................................................17211. Dove va l’Europa? ............................................................................................ 173 LABORATORIO .........................................................................................................174

Costituzione della Repubblica Italiana .........................................175

1

Alle radici dell’idea di cittadinanza

La stele in basalto su cui è inciso il codice del re

babilonese Hammurabi, una delle

più antiche raccolte di leggi (Museo del

Louvre, Parigi).di le

2

1. Un’idea che viene da lontanoPer cercare le radici dell’importante, mutevole e complesso concetto di cittadinanza, dob-biamo risalire, sia pure con brevi richiami, ad un tempo remoto, quello in cui alle famiglie,

ai clan, alle tribù succedono società dotate di un minimo di organizzazione gerarchica, attraverso l’accettazione di auto-rità, di poteri e di regole di comportamento codificate. Con penetrante sintesi poetica Ugo Foscolo, nel carme I Sepolcri, ha individuato l’origine della civiltà umana nell’epoca in cui “nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di sé stesse e d’altrui”. È con la nascita delle prime forme di religione (altari), di stabilità familiare (nozze) e di giustizia ci-vile e penale (tribunali) che egli vede congiunta l’abitudine di seppellire i morti. Il che implica una sorta di sacralizzazione della vita sociale, e cioè il passaggio da una vita elementare basata sull’istinto, sulla forza e sull’abilità nella costruzione di strumenti per la caccia, la pesca e la pastorizia, a una vita sociale più stabile. Commenta il Foscolo: “e fu sacro su la tomba degli avi il giuramento”.

I filosofi greci, quando affermarono che l’uomo è fatto per vivere in società (l’uomo è un animale sociale scriveva Aristotele), misero in luce una pre-rogativa universale della natura umana. Essi colsero in tal modo, pur non disponendo dei risultati delle moderne scienze antropologiche, il processo con cui l’umanità ha sviluppato le sue potenzialità affettive e razionali, dando vita a diverse forme di strutture sociali, va-riamente organizzate. Talvolta esse si realizzavano in forma collaborativa, talaltra in forma dialettica e conflittuale, ma sempre possiamo considerarle espressione di una socialità che per l’uomo è naturale, ovvero è un terreno in cui può realizzare o sprecare i tratti più nobili della sua natura. Gli stessi poemi omerici, nell’esaltare le virtù eroiche del guerriero o del prode navigatore, hanno di fatto proposto come modello quelle che al tempo potevano essere considerate virtù civiche.

Tra le grandi civiltà del mondo antico possiamo ricordare come le prime città della storia dell’umanità abbiano preso forma, probabilmente in Mesopotamia, nel IV millennio a.C.; tra di esse si trovava Ur, insediamento formatosi verso il 5000 a.C. e divenuto città attorno al 3000 a.C.: essa fu anche la patria di Abramo, patriarca del popolo ebraico. Uno degli insediamenti più antichi sul Nilo è Nekhen (in greco, Hierakompolis). Questa città, sorta intorno al 3500 a.C., si era costituita prima delle dinastie egizie e fu capitale dell’Alto

“L’uomo per natura è sociale non soltanto a causa dei bisogni e delle indigenze della natura umana, in ragione dei quali ciascuno necessita degli altri per la propria vita materiale, intellettuale e morale, ma anche a causa della radicale generosità iscritta nell’essere stesso della persona, a causa di quella attitudine alla comunicazione dell’intelligenza e dell’amo-re, propria dello spirito, che esige di mettersi in relazione con altre persone”

(J. Maritain, I diritti dell’uomo e la legge naturale, cit da P. Viotto, in Jacques Maritain, Dizionario delle opere, Città Nuova, Roma 2003, p. 230).

2

SocializzazioneÈ il processo che, mediante l’acquisizione di conoscenze, capacità e atteggiamenti, mette un individuo in condizione di divenire membro di una società e/o di uno dei suoi sottogruppi (Goslin). Si distingue in primaria e secondaria. La socializzazione primaria si realizza per lo più in età infantile e giovanile, mettendo il ragazzo in grado di acquisire gli elementi che gli consentano di affrontare le principali attività socialmente richieste dalla comunità di appartenenza. La socializzazione secondaria riguarda quelle pratiche che la società mette in atto perché ciascuno possa esercitare i ruoli attivi propri degli adulti.

GLOSSARIO

Alle radici dell’idea di cittadinanza

Alle radici dell’idea di cittadinanza

3

Egitto fino al 3100 a.C. circa. Città di questo tipo svolsero il ruolo fondamentale di centro di raccordo tra i numerosi villaggi della zona: in particolare furono luogo di scambi com-merciali e baricentro politico, in cui le forme di vita associata si venivano progressivamente affinando e codificando.

Tra i grandi documenti legislativi dell’antichità, famoso è quello del re babilonese Hammurabi, che nel lungo periodo di regno (1792-1750 a.C.) estese il suo potere a tutta la bassa Mesopotamia e sul medio Eufrate, promuovendo fra i popoli sotto-messi unità culturale, religiosa e giuridico-amministrativa. Il cosiddetto Codice di Hammurabi è una raccolta di 282 sentenze del sovrano, scolpite su una stele in basalto (una roccia molto resistente): porta esempi delle principali situazioni conflit-tuali che si potevano generare nella civile convivenza del tempo, dai rapporti fami-liari a quelli economici, passando attraverso l’amministrazione della cosa pubblica e l’esercizio della giustizia. Il fatto che la stele fosse esposta nella capitale, consentiva a tutti coloro che sapessero leggere di consultarla e di acquisire consapevolezza delle leggi e dei principi che regolavano la convivenza civile, assumendosi le proprie re-sponsabilità.

AAAlllllleee rrraaadddiiicccccciii dddeeeeeelllllllll’’iiiiiidddeeeeeeaaaaaaaaa ddddddiii ccciiiiiiiiitttttttttaaaaaaaaaddddddiiinnnnnnnnnaaaaaannnnnnzzzzzzaaaaaaaaaaAlle radici dell’idea di cittadinanza

3

Riportiamo alcuni passaggi del Codice di Hammurabi, da cui si può cogliere la logica con cui

numerazione progressiva delle sentenze del codice.

1. Qualora qualcuno accusi un altro, ponendo un bando su di lui, ma non possa provare l’accusa, allora quello che ha accusato sia messo a morte.

prende possesso della sua casa, giardino e campo e lo usa per tre anni: se il primo proprietario ritorna e rivendica la sua casa, giardino e campo, non sia dato a lui, ma continui ad usarlo chi ne prese possesso e lo usò. 109. Qualora cospiratori s’incontrino nella casa di una taverniera tenutaria di taverna, e questi cospi-ratori non sono catturati e consegnati alla corte, la taverniera tenutaria di taverna sia messa a morte.

Codice di Hammurabi

È notevole il fatto che il re si considerò rappresentante del Dio Sole, Marduk, ritenuto fondamento della sacralità del diritto e del potere sovrano, realizzando una grande riforma religiosa. Alla fine del Codice c’è scritto: “l’oppresso che abbia qualche causa venga davanti alla mia immagine come re del diritto, legga l’iscrizione, ascolti le mie preziose parole: l’iscrizione gli spiegherà il suo caso, scoprirà cosa è giusto e il suo cuo-re gioirà”. Le pene previste ispirate anche alla legge del taglione (occhio per occhio), pratica diffusa nel mondo antico, fino all’Editto di Rotari (643 d. C.), re longobardo, non hanno certo un ruolo rieducativo, ma deterrente: sono finalizzate a regolamentare quelle forme di vendetta privata che altrimenti sarebbero state abbandonate all’arbi-trio più totale. Prevedono anche il guidrigildo, una sorta di sanzione pecuniaria che doveva servire a sostituire la vendetta di fronte a fatti di sangue. Si tratta di embrioni del diritto scritto (ius scriptum) che in qualche misura preparano la moderna idea di Stato, a cui appartiene, come nota il sociologo Max Weber, il “monopolio della forza legittima”. È attraverso l’accettazione della sudditanza che si prepara il passaggio alla cittadinanza.

Il codice di Hammurabi

L’Edittodi Rotari

Alle radici dell’idea di cittadinanza

4

i deelll’iideeeaa ddi ciittttadinanzaAAAAAAAAAAAAAAAAAAlllllllllllllllllllllllllllleeeeeeeeeeeeeeeeee rrrrrrrrrrrrrrrrrraaaaaaaaaaaaaaaaddddddiiiiccciiiiiiiiiiiiiAlle radici dell’idea di cittadinanza

4

Tra i grandi codici del mondo antico possiamo ricordare quello indubbiamente più famoso, cioè la Torah ebraica, il cui cuore è rappresentato dalla diretta rivelazione divina dei dieci comandamenti. Essi sono comandi espressi con verbi al futuro, per regolare a un tempo i

rapporti con Dio e tra gli uomini: i comportamenti e i limiti richiesti sono come promesse di vita buona. Nel racconto bi-blico si afferma che tali comandamenti furono scolpiti sulla pietra (come il Codice di Hammurabi), ma parlando di essi il testo del Deuteronomio afferma che devono piuttosto essere “scolpiti nel cuore” e insegnati di generazione in generazione.

Il codice fondamentale della legge coincide con l’identità pro-fonda del popolo ebraico, anche prima del suo insediamento nella terra promessa. Il patto di alleanza fra Dio e il popolo d’Israele istituisce una cittadinanza religiosa, che rappresenta una delle radici della cittadinanza planetaria verso la quale l’umanità si è incamminata, dopo le guerre del secolo scorso.

2. Origine e significato del termine cittadinanza nella cultura greco-romana

L’etimologia della parola, prima che la complessa storia del concetto, ci aiuta a capire an-zitutto le radici dei significati (culturali sociali e politici) dei termini che usiamo: cittadino viene dal latino civis, che vuol dire residente, che ha stabile dimora in un paese: è con-trapposto a peregrinus, che viene da fuori, a nomas che va da un posto all’altro. Dunque il rapporto stabile col territorio è ciò che costituisce la radice originaria della cittadinanza: è perciò un bene posizionale, da cui dipendono altri beni, più o meno pregevoli, in rapporto a quanto abbia saputo fare una determinata civitas, a beneficio dei suoi abitanti. Se risaliamo a etimi ancora più antichi del termine cittadinanza, troviamo in civis una radice kei, che significa insediarsi, verbo che, nel sanscrito ceva, significa caro. Sono le premesse affettive del concetto di patria, terra dei padri.

Per cittadinanza s’intende anzitutto il complesso dei cittadini residenti in un determinato luogo, e ha un significato simile a quello di popolazione: si dice per esempio che la cittadi-nanza è invitata a una manifestazione, senza distinguere fra residenti e non residenti, fra cittadini e stranieri.

Cittadinanza però, oltre che la totalità dei cittadini, indica anche il titolo di appartenenza a un certo gruppo umano e a un certo luogo: questo luogo nella Grecia classica era chiamato pòlis, donde i termini polìtes, che significa cittadino, colui che vive in città e partecipa alla sua vita e alla sua gestione; di qui viene anche il termine politica, che significa attività e scienza del governo della città e più in generale della società organizzata.

Etimologia e genesi

del concetto di cittadinanza

Spesso vissuti e affrontati come nemici (hostes, donde l’aggettivo ostile) gli stranieri sono stati anche accolti come ospiti (hospites, donde i termini osteria, ospizio, ostello). In certe culture antiche l’ospite era sacro. Ce lo ricorda ad esempio l’episodio omerico di Ulisse, giunto stremato

giocava con le amiche. Vincendo disagio e timore, lo accolse, lo rifocillò e lo vestì, sicché anche Ulisse poté dimostrare la sua dignità regale. Notava Omero: “vengono tutti da Zeus gli ospiti e i poveri; e un dono, anche piccolo, è caro” (Odissea, 6).

Nemici e ospiti

TorahTermine ebraico che significa insegnamento o legge, con cui s’indicano i primi 5 libri della Bibbia (Pentateuco), in cui sono narrate le vicende “fon-dative” del patto tra Dio ed il suo popolo.

GLOSSARIO

Alle radici dell’idea di cittadinanza

5

i ciiitttaaaddinnnaannzzaaaAlle rrrrrrrrrrrraaadddddiiiiiiiiiiicccccccccccccccciiiiiiiiiiiiiii dddddddddddddddeeeeeeeeeeeeeeeellllllllllllllllllllllllll’’’’’’’’’’’’iiiiiiiiiiiddddddddddddddddeeeeeeeeeeeeeeeeaaaaaaaaaaaaaa dddddddddddddddAlle radici dell’idea di cittadinanza

5

Nella Roma antica il termine civitas significava insieme res publica, ossia comunità di cittadini organizzata politicamente, Stato, cittadinanza. Essere cives romani significava godere dei diritti che Roma riconosceva ai suoi cittadini. La città di Roma, nucleo centrale e motore di conquista, sviluppo e poi decadenza e trasformazione del più grande impero dell’antichità, si chiamava urbs.

Nel pensiero greco troviamo alcuni grandi testimoni che hanno teorizzato una visione com-plessiva della società, da cui cogliamo qualche suggestione. Platone (428-348 a.C.) nella sua Repubblica vide la società come articolazione gerarchica di tre fondamentali classi, quella di filosofi-governanti, quella dei combattenti-difensori e quella dei lavoratori e commercianti, corrispondenti alle tre anime di ogni uomo: la razionale, la irascibile, la concupiscibile. Tre componenti dell’unità della persona, come della società. Si tratta di una grande teorizzazione utopica, di cui fu consapevole lo stesso Platone. Sul piano empirico egli individuò tre fonda-mentali forme di costituzione: la monarchia, l‘aristocrazia e la democrazia, che significano il governo di uno solo, dei migliori o dei molti. Spesso queste forme sono degenerate rispettiva-mente in tirannide, in oligarchia e in demagogia. Ciò che gli stava a cuore non era tanto un modello perfetto da realizzare nella realtà storica, quanto un ideale di armonia sociale e di giustizia da viversi nella coscienza, come una sorta di “Città interiore”.

Anche per Aristotele (384-322), la politica ha la sua radice e il suo fine nell’etica: il fine dell’uomo, considerando la sua natura di animale sociale, è da un lato la felicità intesa co-me amicizia e come partecipazione alla vita della polis, dall’altro la contemplazione della verità. Lo Stato deve mirare all’incremento dei beni dell’anima, ossia delle virtù. La Città virtuosa sarà anche felice. Ma questo vale solo per la “parte migliore” della società, ossia per i cittadini, che partecipano al governo della pòlis. Essi saranno, da giovani, guerrieri, poi consiglieri e da anziani sacerdoti. Tocca all’educazione renderli virtuosi, e cioè capaci di scegliere la guerra avendo come scopo la pace e il lavoro, le cose necessarie e utili, per poter raggiungere quelle belle, cioè vivere in pace e contemplare.

Nel mondo greco non tutti gli abitanti erano considerati cittadi-ni, perché non tutti potevano partecipare alla vita politica, alle assemblee e all’amministrazione della giustizia. Anche grandi pensatori come Platone e Aristotele, nel concepire la cittadinan-za, restarono ancorati alla cultura dei greci del loro tempo. Gli schiavi erano ritenuti inferiori, lo stesso Aristotele afferma che erano tali per natura. Nel mondo greco erano per lo più barbari, prigionieri di guerra, e vivevano a servizio dei cittadini.

A Roma, oltre alla distinzione tra liberi e schiavi (che è sot-toposta a un regime giuridico che si evolve nel tempo), è in-teressante la distinzione tra patrizi e plebei (specialmente in età repubblicana). Il rapporto dialettico tra questi due ceti sociali è presente nel racconto dello storico Tito Livio e nella memoria collettiva: ricordiamo l’apologo del mitico console Menenio Agrippa (VI sec. a.C.), che, per convincere i plebei a scendere dall’Aventino, paragonò la vita della società a quella di un corpo che vive della collaborazione fra lo stomaco e le membra. Il popolo romano disse in sostanza, non è moltitudine disordinata, ma un’unità gerarchicamente articolata di gentes (gli aristocratici), e di plebs (il popolo comune, non aristocratico), che condividono valori comuni, anche se i loro soggetti hanno dignità, diritti e doveri diversi. La concezione che avevano della società non era individualistica, ma organica, con i valori e i disvalori che questa concezione comporta.

BarbaroIl termine è di origine greca e deriva dalla ripetizione del suffisso “bar” (bar-bar) che allude al parlare incerto, quasi balbuziente, degli stranieri che tentavano di cimentarsi con la lingua greca. Si tratta pertanto di un termine che oltre ad avere un valore semantico tendenzialmente svalutante, ha anche un’origine etimologica che denuncia il costume antico di dileggiare, prendere in giro, i diversi, coloro che non si esprimono bene nella nostra lingua, che non hanno la nostra cultura e i nostri costumi.

GLOSSARIO

6

Alle radici dell’idea di cittadinanza

3. L’uomo e la città nel pensiero cristiano e medievaleLa metafora del corpo fu utilizzata anche da Paolo di Tarso, per giustificare la differenzia-zione delle vocazioni e dei ruoli nella Chiesa, concepita come organismo universale e come corpo mistico di Cristo. La comunità ecclesiale diviene dunque, per i cristiani, il luogo della loro identità sociale più profonda, all’interno della quale “non c’è Giudeo né Greco, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal. 3, 28). L’affermazione ha valore interiore e religioso, ma Paolo non la utilizza per una programma rivoluzionario sul piano politico e giuridico, tanto è vero che si rivolge a Filemone “in nome dell’amore”, invitandolo a ricevere lo schiavo Onesimo “come un fratello”. Di fatto i cristiani, anche in una società pagana e schiavista, si considerano membri leali della società civile, anche se rifiuteranno l’omaggio divino all’Imperatore e molti di loro il servizio militare (si veda E.Butturini, La non violenza nel Cristianesimo dei primi secoli, Paravia, Torino 1986). Gesù di Nazareth, richiesto se fosse giusto pagare le tasse a Roma, aveva risposto con la frase famosa: “rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt. 22, 15-22); e davanti a Pilato avrebbe poi distinto fra i regni di questo mondo e il “Regno che non è di questo mondo” (Gv. 19, 36), senza porli in alternativa, ma ponendo le premesse per lo sviluppo di una cittadinanza plurima e inclusiva.

Nella famosa Lettera a Diogneto l’autore, un Anonimo cristiano del II secolo, parla della para-dossale cittadinanza (paràdoxos politèia) dei cristiani, che sono a pieno diritto cittadini sia dello Stato, sia della loro società spirituale. Essi infatti, si legge nel prezioso documento, “si confor-mano alle usanze locali nel vestire, nel cibo, nel modo di comportarsi. Abitano ciascuno nella propria patria, ma come immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Ogni terra straniera per loro è patria, ma ogni patria è terra straniera. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con la loro condotta vanno ben al di là delle leggi”. È degno di nota il fatto che lo stesso Paolo rivendicò la sua cittadinanza romana e il diritto d’essere giudicato dall’Imperatore, ottenendo dai funzionari romani di essere liberato dal tri-bunale ebraico. La cittadinanza romana era allora un privilegio, che non si concedeva a tutti.

Il Medioevo ereditò le grandi idee della Politica di Aristotele e del Corpus iuris civilis di Giustiniano I, rielaborandole alla luce del Vangelo e della ricca riflessione dei Padri della

Chiesa. Tra questi Agostino Vescovo d’Ippona (354-430) ave-va sostenuto la legittimità dello Stato, impegnandosi però a precisare le qualità morali di chi deve governare per il bene comune. “Se si toglie la giustizia – si chiede nel De Civitate Dei – che altro sono gli Stati se non associazioni a delinque-re?”. Riconobbe che di fatto non esistono al mondo solo uo-mini giusti. La Città terrena e la Città celeste vivono insieme su questa terra, che è in cammino verso la terra promessa, dove sarà decisivo il giudizio di Dio sul bene e sul male com-piuto. Agostino morì nella città di cui era vescovo, mentre questa veniva espugnata dai Vandali di Genserico.

Il pensiero politico medievale cercò, fin dai primi secoli dell’era cristiana di riprendere la te-matica della distinzione e della necessaria armonia fra il potere temporale dell’Imperatore e quello spirituale del Papa. Dante Alighieri (1265-1321), nel De Monarchia, sostiene la legittimità e la necessità dell’impero, per garantire la pace: riconosce l’autonomia del pote-re politico da quello papale, e viceversa. Sostiene, però, che l’Imperatore deve rispondere direttamente a Dio del suo operato: impero e Papato sono entrambi necessari per la sal-vezza degli uomini, ma ciascuno nel suo ordine, non come sole e luna, ma come “due soli”.

Corpus iuris civilisÈ la raccolta di materiale normativo e giurispruden-ziale avviata tra il 529 e il 534 d.C. dall’Imperatore bizantino Giustiniano I, per tentare di mettere ordine nel sistema giuridico. Tale raccolta ha influenzato il pensiero politico di tutto il medioevo e, riscoperta e studiata in modo sistematico dalla scuola giuridica bolognese nel XII sec., è la base del sistema giuridico di molti Stati moderni.

GLOSSARIO

Alle radici dell’idea di cittadinanza

7

Anche Tommaso d’Aquino (1225-1274) nella Summa theologica sostiene la separazione dei poteri politici da quelli religiosi. L’attività politica ha un fine ultimo da raggiungere, che è la pienezza della umanità di ciascuno, la sua perfezione e la beatitudine, frutto dell’incontro con Dio, nella vita eterna. L’uomo, animale razionale, dotato di anima immortale, e redento da Cristo, ha bisogno di un’organizzazione politica. Nel De regimine principum Tommaso riprende la classificazione aristotelica delle tre fondamentali forme di governo (monarchia, aristocrazia e politìa) ed esprime la preferenza per una monarchia dal volto umano. Per lui è “il migliore secondo virtù” colui che deve avere il potere, coadiuvato da funzionari altrettanto virtuosi: tuttavia il governo spetta in certo senso a tutti, sia perché sono tutti eleggibili, sia perché tutti sono elettori. Insomma per Tommaso è desiderabile un ordine politico che uni-sca in sé il meglio della monarchia, dell’oligarchia e della democrazia.

Il sistema politico che prese forma in tale scenario culturale è noto con il nome di feuda-lesimo: si affermò fin dal IX secolo, con l’impero carolingio, traendo le sue origini remote dall’uso proprio delle tribù germaniche per cui il capo si circondava di guerrieri a lui fede-li (fedali) che, in cambio del servizio prestato, ricevevano dei beni o delle terre (beneficium). Consolidatosi nel IX-X secolo, grazie al fenomeno dell’incastellamento, il sistema feudale si caratterizzava per una struttura formale di tipo piramidale (al vertice stava l’Imperatore del Sacro Romano Impero, da cui di-pendevano vassalli e valvassori, e alla base stavano contadini, pastori e artigiani) e una rete assai composita di strutture che progressivamente acquisirono varie forme di indipendenza, come le abbazie, i monasteri, ma soprattutto i comuni. Possiamo considerare le istituzioni comunali da una pluralità di prospettive. Da un lato possono essere considerate come una delle tante forze che, nel contesto di una società feudale, acquisiscono una forma di indipen-

Incastellamento Fenomeno determinato da un periodo di insicurezza politica generale, per cui nasce dal basso l’esigenza di strutture solide (insediamenti fortificati da cinte murarie) a cui fare riferimento in caso di scorrerie.

GLOSSARIO

L’età dei Comuni

Se vogliamo sintetizzare gli elementi che, a livello teorico, caratterizzano il sistema feudale, possiamo focalizzarne tre:

1) vassus (termine di origine celtica che letteralmente indicava il giovane, e in senso più lato un sottoposto) terre date in feudo, perché le coltivasse, anche tramite il lavoro delle persone che vi abitavano;

2) o : l’atto di sottomissione con cui il vassus dichiarava la propria fedeltà al

3) : il vassus

risiedevano).

-rio, nella disponibilità del signore, ma ben presto esso assunse una forma stabile. Nell’877 Carlo il Calvo concesse la possibilità di trasmettere in eredità i grandi feudi e nel 1037, con la Consti-tutio de feudis, l’Imperatore Corrado II la estese anche ai piccoli feudi, ponendo le premesse per la frammentazione degli stati e per lo svuotamento dell’autorità imperiale. Questa società strati-

della Magna Charta (1215) e del Bill of Rightsdella sua forza economica e sociale e degli ingiusti privilegi dei nobili, come in Francia (1789).

Feudalesimo: elementi del sistema vassallatico-beneficiario e ragioni del suo superamento

Alle radici dell’idea di cittadinanza

8

denza dall’autorità imperiale. Ricordiamo in tal senso la lotta che intraprese l’Imperatore Federico I detto il Barbarossa che con le due Diete di Roncaglia (1154 e 1158) aveva formalmente spogliato i comuni delle auto-nomie che questi si erano attribuite. Dopo la battaglia di Legnano (1176) il Barbarossa, sconfitto dalla Lega lombarda, riconobbe (con la Pace di Costanza nel 1183) le autonomie comunali, sul piano politico e giuridico. Dall’altro lato i comuni si configurarono come istituzio-ni di natura collegiale, che affidavano le responsabilità di governo a Consoli scelti tra i cittadini, si dotavano di Statuti che, regolamentando la vita sociale, definivano i confini per altre forme di auto-regolamentazione (come quelle realizzate, per la gestione delle questioni pro-fessionali, dalle Corporazioni delle arti e dei mestieri). Coloro che venivano accolti nel Comune divenivano soggetti ai suoi statuti, ma si liberavano, di fatto, da altre forme di soggezione, come nel caso dei servi della gleba, a cui ci si riferisce con la famosa sentenza: “l’aria del comune rende liberi”. Questa libertà non era però intesa come pacifica fruizione di eguali diritti, perché la contrapposizione e la rissosità tra le fazioni (Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri) legittimava l’esilio e addi-rittura la morte per i vinti. La vita di Dante, costretto ad abbandonare “ogni cosa diletta più caramente”, ne è viva e drammatica testimonianza. Per tutto il Medioevo il potere non è mai stato esercita-to in modo sciolto, senza vincoli normativi (ab-solutus),

dalle reti di relazioni personali e sociali che ne rendevano indubbiamente complesso l’eserci-zio e mutevoli le condizioni.S’inquadra nel sistema di potere feudale, anche se presenta alcune storiche novità, la Ma-gna Charta libertatum, che il re inglese Giovanni senza terra fu costretto a firmare dai suoi feudatari (Baroni del Regno), nel 1215. Novità assolute, che preludono a futuri sviluppi del pensiero liberale, sono il divieto al re di imporre tasse non approvate dal consiglio del regno, il divieto d’imprigionare uomini liberi, senza aver sostenuto un regolare processo da parte di una corte di pari (è il principio dell’habeas corpus integrum), la proporzionalità della pena rispetto al reato, la legittimità della resistenza all’autorità regia, anche con la guerra, nel caso in cui il re venisse meno ai suoi solenni impegni. Questi principi costituiscono la premessa ideologica all’origine del moderno costituzionalismo.

4. Il pensiero politico modernoNell’età moderna si assiste alla crisi del feudalesimo e a quella dei comuni, con lo sviluppo delle signorie e dei principati, a livello regionale, come in Italia, e delle monarchie, a livello nazionale, come in Francia, Spagna e Inghilterra. È questa l’epoca dell’assolutismo, dottrina politica, la cui elaborazio-ne è dovuta a filosofi e politologi, esperti di diritto romano e di teologia, che cercarono di contribuire al superamento dei

La Magna Carta libertatum, concessa ai baroni inglesi nel 1215 dal sovrano Giovanni senza terra (Londra, British Library).

AssolutismoDottrina politica che proclama il potere del sovrano come ab-solutus, ovvero sciolto, slegato da con-suetudini, convenzioni o leggi. Il sovrano stesso è la fonte delle leggi.

GLOSSARIO

Alle radici dell’idea di cittadinanza

9

conflitti del loro tempo, legittimando l’autorità del sovrano, contro ogni possibile disordine politico e sociale.

Una rottura con la tradizione greca e cristiana si trova in Niccolò Machiavelli (1469-1527). Nel trattato Il Principe egli teorizza il primato della politica, nei confronti della religione, della carità, dall’umanità, del rispetto per la dignità umana e per la stessa parola data. Non occorre che il principe sia onesto, ma deve sembrare che lo sia. Il fine che deve perseguire è il potere, non la perfezione morale o quella del suo popolo: questo va governato da un sovrano capace di non venire disarcionato da altri. La Fortuna non dipende dal fato, ma dalla virtù del principe: essa è intesa come capacità di conservare il potere. A giustificazione di questo cinismo, Machiavelli nota che, se gli uomini fossero buoni, il principe dovrebbe rispettare i principi religiosi e morali. Poiché non lo sono, se vuole conquistare e conservare il potere, deve “pigliare la golpe e il lione”, usare cioè l’astuzia e la forza, salvando però la propria repu-tazione di persona buona e giusta. Più che un delinquente, il principe è pensato da lui come una specie di eroe, che riesce a governare un’umanità violenta e cattiva. Anche se non è sua, la frase secondo cui il fine giustifica i mezzi rende bene una parte del suo pensiero.

Alcuni temi machiavelliani si trovano nell’opera di un altro grande teorico dell’assolutismo monarchico, il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679), autore del Leviathan opera che prende il nome da un mostro biblico, che rappresenta metaforicamente il potere assoluto dello Stato. Anche per lui, chi vuole la pace deve volere una monarchia, in cui il Re detenga tutto il potere, senza condizione. Lo stato di natura è per Hobbes caratterizzato da cupidigia e volontà di sopraffazione: abbandonata a se stessa, l’umanità darebbe vita a una sorta di guerra di tutti contro tutti, dal momento che gli uomini si comporterebbero come lupi. L’espressione hobbesiana homo homini lupus (l’uomo è come un lupo per ogni altro uomo) è efficace per esprimere la necessità di un monarca “domatore di belve”. L’autorità del Re non viene da Dio, ma dalla stessa società, nella quale ogni individuo, temendo per la sua vita, si accorda con ogni altro individuo (patto di ogni uomo con ogni uomo) al fine di sottomettersi a un’autorità superiore alla quale obbedire. Si sacrifica insomma parte della propria libertà individuale, per avere la sicurezza della pace. Questa convenzione fra gli individui è detta contratto socia-le: questo è un patto tacito che viene inteso come irrevocabile. È la natura stessa dell’uomo che impone la scelta della vita contro la morte, che sarebbe provocata dalla guerra perma-nente. In base questo patto però, sostiene Hobbes, i sudditi non sono schiacciati dall’arbitrio, ma godono di eguali diritti di fronte al re, che deve rispettare il contratto. “La sicurezza del popolo richiede che la giustizia sia resa egualmente a ogni uomo, qualunque sia il suo rango”. Anche in questo caso l’assoluto potere del sovrano, come già in Machiavelli, ha una funzione protettiva e difensiva, nei riguardi di un’umanità intesa come naturalmente malvagia e inca-pace di autogovernarsi. La libertà fa più paura di un sovrano “legibus solutus”, sciolto dalle leggi e dunque libero di farle e disfarle. Diverso è il modo con cui legittima l’assolutismo il politologo francese Jean Bodin (1529-1596). Qui l’orizzonte della riflessione è chiaramente teologico. Nei suoi Six Livres de la République egli concepisce la res publica come Stato, che non può sussistere se chi lo governa non è inteso come titolare di un potere supremo, perpetuo e assoluto, cioè sciolto da qualun-que vincolo derivante da altri poteri umani. Al re vanno riconosciuti, anche senza il consenso dei sudditi, tutti i poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, perché egli, relativamente al potere temporale, è l’unico rappresentante di Dio sulla terra, e solo a Dio deve rispondere. A questo potere sono però imposti dei limiti: da un lato i principi fondamentali della religione, in cui si compendia la legge naturale, e dall’altro le leggi fondamentali del regno, che riguarda-no il rispetto della territorialità del regno stesso, della proprietà di cui sono titolari i sudditi e della successione monarchica per via ereditaria.

Il Principe e il Leviatano: la natura del potere

Il patto sociale e la legittimazione del potere

Alle radici dell’idea di cittadinanza

10

In conclusione i teorici dell’assolutismo si sforzarono di salvare l’umanità dalla sua stessa natura, immaginando l’irrevocabilità di un potere che doveva essere illimitato, come quello di un soccorritore che stordisce il naufrago, per tirarlo a riva, evitandone l’annegamento. Il diritto a una vita umana viene per così dire trasferito da ogni persona singola alla “persona artificiale” dell’unico Sovrano, detentore e custode della libertà di tutti.

5. Le origini del liberalismo e il giusnaturalismoAlla domanda sull’origine e sul fondamento del potere di chi è chiamato a governare lo Stato, il liberalismo, che in alcuni autori s’intreccia col giusnaturalismo, dà risposte diverse da quelle dei teorici dell’assolutismo. Si tratta di dottrine ancora presenti nella cultura con-temporanea, cui hanno contribuito autori e correnti di pensiero assai diverse: queste hanno avuto origine quando, agli inizi del Cinquecento, si dovettero affrontare le conseguenze delle terribili guerre di religione successive alla Riforma protestante, l’ascesa della borghesia, l’al-largamento degli orizzonti geografici, economici, culturali e i limiti della prassi e del pensiero dell’assolutismo.

L’idea centrale è che l’uomo, anzitutto come individuo, si salva non rinunciando alla sua libertà, ma esercitandola, e che lo Stato deve rispettare questa libertà, limitando i propri poteri. Per il filosofo inglese John Locke (1632-1704), autore dei Due trattati sul governo (1690), il contratto sociale è un’ipotesi accettabile, ma esso è finalizzato non a consegnare irrevocabilmente la sovranità popolare nelle mani del re, ma a tutelare i diritti dei singoli. Questi infatti vanno difesi anche nei confronti dello stesso potere del Sovrano. La delega in-somma non è definitiva, ma revocabile. Locke rifiuta la concezione materialistica di Hobbes e la monarchia assoluta, come del resto la monarchia di diritto divino. Lo Stato nasce dalla ragione e non dall’istinto selvaggio e dalla paura. E la ragione riconosce e difende i diritti naturali, alla vita, alla libertà, alla proprietà. Alla base della morale sta la legge rivelata, che gli sembra coincidere con la naturalità e la razionalità. I poteri dello Stato sono perciò limi-tati e revocabili dal popolo, anche con la ribellione, se contraddicono le finalità per cui sono nati. Nella famosa Epistola sulla tolleranza Locke ha scritto: “La tolleranza verso coloro che dissentono dagli altri in fatto di religione è cosa talmente consona al Vangelo e alla ragione, che è mostruoso che vi siano uomini ciechi a tanta luce”. Questo contrattualismo moderato è per Locke compatibile sia con la fede cristiana, sia col suo impegno di militante nell’ambito della gloriosa Rivoluzione inglese del 1688, sfociata nel citato Bill of Rights del 1689, che per molti aspetti anticipa la rivoluzione americana del 1776.

Posizioni analoghe troviamo, fra gli altri, anche nell’olandese Ugo Grozio (1583-1645), che sviluppò la teoria del diritto na-turale, che da allora prese il nome di giusnaturalismo: questo considera originari e insopprimibili, per tutti gli uomini, il di-ritto alla vita, alla dignità e alla proprietà. Nel volume De iure belli ac pacis, egli riprende l’idea classico-medievale del diritto naturale (per Tommaso era fondato sulla legge eterna, voluta dal Creatore), sostenendo che ha fondamento ontologico, tan-to che neppure Dio potrebbe cambiarlo, come accade per la logica e la matematica. Il diritto naturale è scolpito non nella pietra, ma nel profondo della natura umana, e cioè nel cuore

di ognuno: vale per tutti, per gli ebrei, i saraceni, gli atei, gli esseri umani che vivono in altri stati e in altre civiltà, come gli indigeni delle Americhe. Anche gli stati devono rispettare questo diritto, che conserverebbe la sua validità anche se Dio non esistesse. E devono farlo

GiusnaturalismoDeriva dall’espressione latina “ius naturale” (diritto naturale o diritto di natura): si tratta di un termine che racchiude, in senso generale, una pluralità di posizioni filosofico-giuridiche che affermano l’esistenza di un diritto naturale su cui fondare il diritto civile. La posizione opposta (positivismo giuridico) afferma che il fondamento di tutte le norme civili è convenzionale e soggetto al mutare delle vicende storiche.

GLOSSARIO

Alle radici dell’idea di cittadinanza

11

sia in pace sia in guerra, dove non si sospende il valore del diritto naturale. Grozio, che è cristiano, cerca di ottenere, attraverso una sorta di esperimento mentale, lo sganciamento del diritto naturale dalla religione e dalla teologia, per superare il clima delle guerre di religione, per salvare la dignità e i diritti degli uomini, senza farli dipendere dalla fede religiosa dalla metafisica o dall’arbitrio del sovrano assoluto o della maggioranza. Riconosce però che al sovrano si deve obbedire anche se ha torto. Un grande impulso alla difesa del diritto naturale era venuto da Francisco da Vitoria (1483-1546), domenicano docente a Salamanca, ritenu-to uno dei fondatori del diritto internazionale, e dall’italiano Alberico Gentili (1552-1608), entrambi citati da Grozio.

Il giusnaturalismo, nelle sue varie formulazioni e interpretazioni, ha dato un notevole con-tributo al riconoscimento della dignità della persona umana e alla elaborazione di un’idea di cittadinanza che consentisse lo sviluppo della libertà, dell’uguaglianza e della democrazia a ogni livello, da quello locale a quello planetario. In sintesi lo ius, e cioè il diritto, verrebbe da iustum (ciò che è giusto) e non da iussum (ciò che è comandato). Grozio ritiene, citando Crisippo, che l’origine etimologica sia da cercarsi in Giove (Jovis), simbolo di autorità e di fonte del diritto. Questa problematica trova una drammatica esemplificazione nel martirio di Thomas Moore, nato nel 1478, decapitato da Enrico VIII nel 1535, per essersi opposto, cattolico, al divorzio del re, che per legittimarsi si era proclamato capo della Chiesa d’In-ghilterra, dando origine all’anglicanesimo. Moro è stato dichiarato santo sia dai cattolici sia dagli anglicani, per aver affermato, a costo della vita, il primato della coscienza sulla ragion di Stato. Nella sua famosa Utopia egli ha instillato nelle coscienze il sogno di una società giusta e razionale, sviluppando, con sensibilità cristiana, i temi della Repubblica di Platone.

Con l’esperienza delle rivoluzioni inglese, americana e francese, fra Sei e Settecento, e in particolare con il secolo dei lumi (il Settecento) si vuol prendere congedo da un passato, ac-cusato un po’ frettolosamente di oscurantismo medievale, per affermare i diritti del cittadino, (termine che indicava in realtà gli appartenenti alla emergente borghesia).

Non poteva scomparire dalle coscienze il terribile ricordo delle guerre di religione fra cat-tolici e protestanti e della loro conclusione con i Trattati di Westfalia (1648): questi avevano risolto il problema della convivenza fra diverse confessioni religiose non con il principio della tolleranza, ma con il principio per cui i cittadini dovevano professare la religione dei rispettivi sovrani (cuius regio eius et religio). In tal modo la religione si poneva a servizio della politica, con un’equivoca “alleanza fra il trono e l’altare”. E la libertà della persona veniva di nuovo sacrificata all’ordine sociale.

Tolleranza e laicità, sia pure con diverse declinazioni, costitu-iscono una conquista dell’età moderna e contemporanea, seb-bene si tratti di idee che si sono formate passando attraverso forme di intolleranza nei confronti di tutte le religioni positive. Anche oggi è opportuno distinguere tra laicità e laicismo.

Altri fondamentali contributi al costituzionalismo moderno si trovano in Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), geniale e complesso pensatore, diversamente interpretato dai movi-menti politici e pedagogici dei secoli successivi, autore fra l’altro dei saggi Il contratto sociale e l’Emilio, politico il primo e pedagogico il secondo; e in Charles Louis de Secondat, barone di Montesquieu (1689-1755), autore di due classici del pensiero illuministico, Lo Spirito delle leggi e Lettere persiane. Precisa e insuperata è la sua distinzione dei poteri entro gli stati, in legislativo, ese-cutivo e giudiziario.

Laicità e laicismoIl termine laicità è polisemico e pone fra l’altro una corretta distinzione, senza escludere qualche forma di collaborazione, tra sfera politica e sfera religiosa. Il termine laicismo allude a una netta separazione, talora polemica, tra società e Stato da una parte e Chiesa e Vaticano dall’altra, come se fosse inevitabile il conflitto fra posizioni clericali e anticlericali.

GLOSSARIO

Alle radici dell’idea di cittadinanza

12

Si può dunque dire, riassumendo, che particolarismo e universalismo da un lato, as-solutismo e liberalismo dall’altro si susseguono e talora convivono in vario modo nelle dinamiche della storia, portando in primo piano la problematica politica dei confini. Sono questi che delimitano gli spazi della Terra e forniscono una qualche legittimità agli stati, intesi come frutto della trasformazione di diverse realtà sociali in comunità politiche. Queste comunità sono dotate di poteri normativi capaci di assicurare appartenenza e identificazione ad alcuni e di escludere gli estranei. Ma i confini non sono barriere naturali (mare, fiumi e monti) o etnico-linguistiche, ma il frutto di decisioni di chi è in grado di imporsi e di pattuire con gli altri la propria sovranità. Naturali sono piuttosto i diritti delle persone, anche se assai lungo e contrastato è il processo che porta a un loro riconoscimento giuridico e pratico.

6. Il difficile passaggio da suddito a cittadinoNell’età moderna il termine cittadino ha avuto il suo massimo fulgore nel periodo dell’Illu-minismo, particolarmente in Francia, dove nel 1789 l’Assemblea nazionale votò la Dichiara-zione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La distinzione tra uomo e cittadino intendeva distinguere fra i diritti innati e quelli acquisiti con la lotta, in certo senso strumentali rispetto ai primi, definiti naturali e imprescrittibili. Si voleva in tal modo rivendicare la sostanziale uguaglianza degli individui: in particolare lo vollero gli appartenenti al terzo stato, inte-ressati a eliminare i privilegi di origine feudale dei nobili e del clero. “Tutti sono cittadini” voleva dire “tutti sono uguali davanti alla legge”. La decapitazione di Luigi XVI, chiamato “cittadino Luigi Capeto”, fu un atto di barbarie ideologica, che però segnò drammaticamente il passaggio dalla condizione di sudditi del sovrano assoluto a quella di cittadini (donde l’inno nazionale francese “Aux armes, citoyens!”). Venivano spazzati via i privilegi delle corporazioni medievali, l’obbedienza al sovrano, tale per diritto divino, e l’alleanza fra il trono e l’altare: questa in realtà si risolveva spesso nella reciproca strumentalizzazione e nella lotta per la su-premazia fra potere temporale e potere spirituale. L’esito della Rivoluzione determinò anche pericolose conseguenze di carattere sociale e politico: i singoli cittadini restavano infatti soli davanti all’onnipotenza della sovranità popolare, identificata con la Nazione francese, che finì per sacralizzare la Dea Ragione e per porre le premesse del cesarismo napoleonico e delle degenerazioni totalitarie del Novecento.

Questa rivoluzione del diritto, della politica e del costume avvenne non solo in nome dei diritti di tutti i cittadini francesi, ma in nome degli uguali diritti di tutti gli uomini. Il primo articolo della Dichiarazione afferma infatti che “Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono che essere fondate sull’uti-lità comune”. Questa Dichiarazione, strutturata 17 articoli, venne poi ripubblicata come preambolo delle tre Costituzioni varate dai francesi durante il periodo rivoluzionario (1791,1793, 1795). I suoi principi fondamentali fanno parte del cosiddetto costituzionali-smo, su cui torneremo.

7. Diritto, diritti, uomo e cittadinoLa realtà socio-politica ci informa che la strada per giungere a porre sullo stesso piano la persona umana e il cittadino è stata ed è ancora lunga, anche se una svolta storica a livello mondiale si è determinata con la Dichiarazione universale del 1948 e con i successivi Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e Patto internazionale sui diritti civili e politici, approvati dall’Assemblea dell’ONU nel 1966. Violenze, guerre, miseria e anche

Alle radici dell’idea di cittadinanza

13

legittimo desiderio di migliorare le proprie condizioni suscitano squilibri fra popoli e stati, provocando migrazioni difficili da governare, nel ragionevole tentativo di conciliare sicurezza e rispetto dei diritti umani.

Oggi per cittadinanza s’intende, in prima istanza, la condizione sociologica e giuridica costituita di status e ruoli, diritti e doveri, che competono ad un soggetto che appartiene alla popolazione di uno Stato. Questa definizione però non basta a indicare la dinamica della società, dell’economia, della tecnologia e della cultura contemporanea, che vanno oltre lo spazio giuridico segnato dai confini della Patria e oltre i poteri dei singoli stati. Si parla di cittadinanze al plurale, relative ad ambiti sempre più vasti, dalla famiglia alla scuola, al quartiere, alla città, alla regione, alla nazione, e, per quanto ci riguarda, all’Europa, all’Occidente, alle Nazioni Unite. Aver diritto di cittadinanza in un ambito territoriale e istituzionale, significa essere accettati, sulla base di certe norme e di certi titoli giuridici, morali e professionali e sentirsi appartenenti a un determinato ambito. Si può dunque parlare di cittadinanza scolastica o studentesca, bresciana, lombarda, italiana, europea, mondiale.

Dentro i singoli stati si esercitano i poteri di tipo politico, giuridico, e in qualche modo anche culturale, economico e religioso. Di fatto però l’attività economica e la fede religiosa hanno sempre tentato di fuggire oltre i confini e di stabilire relazioni con tutti i popoli, in sinergia con le istanze non solo di un’economia sempre più globalizzata e purtroppo non governata, ma anche della scienza e della cultura, che rivendicano libertà e aperture universali. Si pensi alle università, che proclamano orgogliosamente di “ignorare le frontiere”, come si legge nella Magna Charta delle Università Europee.

La moderna concezione di cittadinanza

1. L’università opera all’interno di società diversamente organizzate sulla base di diverse condizioni

cultura mediante la ricerca e l’insegnamento. Per essere aperta alle necessità del mondo contemporaneo deve avere, nel suo sforzo di ricerca

economico.2.

contemporaneamente in grado di seguire l’evolversi dei bisogni e le esigenze sia della società sia

3. Essendo la libertà d’insegnamento, di ricerca e di formazione il principio fondamentale di vita delle università, sia i pubblici poteri sia le università devono garantire e promuovere, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, il rispetto di questa esigenza prioritaria.

-giato d’incontro fra professori, che abbiano la capacità di trasmettere il sapere e i mezzi di farlo progredire attraverso la ricerca e l’innovazione, e studenti che abbiano il diritto, la volontà e la capacità di arricchirsene.

4. Depositaria della tradizione dell’umanesimo europeo, ma con l’impegno costante di raggiungere

politica e afferma la necessità inderogabile della conoscenza reciproca e dell’interazione delle culture.

Magna Charta delle Università Europee

Alle radici dell’idea di cittadinanza

14

È un fatto che la globalizzazione, ossia l’estensione a livello planetario e lo scambio, con inedita velocità, d’ informazioni, d’idee, di tecnologie, di risorse economiche e finanziarie, non riguarda solo i diritti e la solidarietà, ma anche i delitti e la criminalità più o meno or-ganizzata. Ogni forza economica o politica, legale o illegale, istituzionale o volontaria tende a rivendicare spazi e diritti di cittadinanza, nel mondo globalizzato, con conseguenti ingorghi e conflitti di vario tipo, anche militari, che l’autorità universale delle Nazioni Unite non ha molto spesso la forza di risolvere.

Secondo Antonio Papisca “sullo statuto giuridico di persona umana, quindi sulla cittadinan-za universale o primaria, s’innestano per così dire le cittadinanze nazionali e sub-nazionali (anagrafiche, politiche, amministrative). La cittadinanza della persona è come un albero, il cui tronco, insieme con le radici, è costituito dallo statuto giuridico di persona, internazio-nalmente riconosciuto come tale, i cui rami sono costituiti dalle cittadinanze nazionali e sub-nazionali”.

I diritti umani non sono semplici diritti soggettivi da riferirsi a un contesto e a un apprez-zamento soggettivo (esempio: ho diritto di uscire la sera), ma esprimono “bisogni umani fon-damentali, che devono essere soddisfatti perché la persona possa realizzarsi dignitosamente, nella integralità delle sue componenti materiali e spirituali”.

Occorre considerare che qui non si tratta di teorie politiche e di auspici di anime belle, ma di diritto internazionale dei diritti umani, effettivamente praticabile come diritto positivo. Il che non significa che di fatto sia da tutti rispettato, come la storia umana insegna. Il progresso civile è dato proprio dallo sforzo di concepire i valori della realtà e della vita, in particolare quelli della dignità della persona umana, della libertà, dell’uguaglianza, della solidarietà e della giustizia e nel dare loro rilievo giuridico, come norme che riconoscono i diritti e limita-no la libertà di calpestarli, attraverso forme di prevenzione e di sanzione.

Qualcuno si limita a osservare quello che succede, o a disinteressarsi di come va e dove va il mondo, quello di oggi e quello di domani, quello vicino e quello lontano da casa propria; altri cercano di svolgervi un ruolo positivo, nell’ambito delle proprie possibilità, anche nei momenti più bui della vita personale e sociale. I diritti umani costituiscono per molte perso-ne, gruppi, organismi e istituzioni, una sorta di costellazione che, pur con la sua luce fioca, consente di orientarsi e di vedere quella dignità umana che rischia a ogni passo d’essere ignorata e mortificata.

Con altra metafora possiamo immaginare che i diritti umani siano come un’erba tenace, che spunta sia all’interno dei singoli stati, sia nei rapporti internazionali, fino a cercare di trasfor-mare l’intero pianeta in un giardino degno delle persone umane. Che si tratti non solo di un sogno, ma anche di un processo reale, avviato da millenni e aperto al futuro, cercheremo di vederlo nei prossimi capitoli, dedicandoci in particolare all’esame di quella matrice di citta-dinanza plurima che è la Costituzione italiana.

labo

rato

rio

15

Vero o Falso

V F Secondo Foscolo si deve alle prime forme di stabilità familiare (nozze), di giustizia (tribunali) e di religione (are) il passaggio dallo stato “bestiale” a quello “civile”.

V F L’espressione “l’uomo è un animale sociale” si trova nella Repubblica di Platone. V F Le prime grandi città della storia hanno preso forma in Mesopotamia, nel IV millennio a.C. V F Il Codice di Hammurabi è un testo sacro dell’antico Egitto, che risale al III millennio a.C. V F I dieci comandamenti fanno parte della Torah. V F La parola pòlis è un termine greco che significa città.

Ogni parola al suo postoNella colonna di sinistra trovi una sequenza di termini significativi, che hai incontrato in questo capito-lo, nella colonna di destra trovi delle sintetiche definizioni: l’esercizio consiste nell’associare a ciascun termine (identificato con una lettera) una definizione (identificata con un numero).

La comunità idealeFase 1 – Divisi in gruppi gli studenti immagineranno di costituire una libera aggregazione giovanile, in cui tutti i membri del gruppo potrebbero riconoscersi, individuando (nell’ordine): Degli obiettivi da perseguire insieme Un nome Un simbolo Una divisa e/o dei segni di riconoscimento Un saluto particolare I criteri per stabilire chi può farne parte o le ragioni per cui se ne può essere esclusi Delle regole da rispettare

Giusnaturalismo

Barbaro

Platone

Diorite

Grozio

Socializzazione

Assolutismo

Feudalesimo

a.

b.

c.

d.

e.

f.

g.

h.

1. Processo che, mediante l’acquisizione di conoscenze, ca-pacità e atteggiamenti, mette un individuo in condizione di divenire membro di una società e/o di uno dei suoi sot-togruppi.

2. Dottrina politica che proclama il potere del sovrano come slegato da consuetudini, convenzioni o leggi.

3. Linea di pensiero che afferma l’esistenza di un diritto na-turale su cui fondare il diritto civile.

4. Sistema politico caratterizzato da una relazione persona-le di fiducia tra chi attribuisce una responsabilità di tipo politico-amministrativo e chi la esercita.

5. Termine onomatopeico che allude alla parlata balbuziente degli stranieri.

6. Roccia particolarmente dura, utilizzata per incidere testi destinati a durare nel tempo.

7. Filosofo olandese, vissuto in età moderna, che sviluppò la teoria del diritto naturale.

8. Filosofo greco, vissuto tra il V e il IV secolo a.C.

Fase 2 – Ciascun gruppo redige una sorta di statuto da cui emergano, con buon ordine, i punti di cui sopra. A parte si tiene nota dei “nodi problematici” emersi nella discussione, eventuali soluzioni che sono state scartate e relative motivazioni.

Fase 3 – In classe i diversi gruppi espongono il proprio lavoro e mettono a confronto gli statuti che sono stati elaborati, decidendo se è possibile conglobare alcune delle associazioni così costituite ed i relativi statuti.

labo

rato

rio

16

V F L’espressione “rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” si trova in un editto dell’Imperatore Ottaviano Augusto.

V F Il Corpus iuris civilis è stato completato da Giustiniano nel III secolo d.C. V F Dante esprime il suo ideale nei rapporti tra Papato e Impero attraverso la teoria dei due soli. V F Con il termine assolutismo si indicano le prime monarchie costituzionali. V F Per Machiavelli la politica è una parte dell’etica e il principe è chiamato a rispettare le norme

religiose, i diritti umani e la parola data: pena la rottura del patto di fiducia con i suo sudditi. V F Il liberalismo è una concezione politica per cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e

devono godere di libertà individuali. V F Il principale teorico della “divisione dei poteri”, in età moderna è Montesquieu. V F La Rivoluzione francese del 1789 è stata definita una “rivoluzione borghese”.

La Costituzione italiana: genesi

e valori

Copertina della rivista “La Domenica del Corriere” in cui

è raffigurato un intervento del leader democristiano Alcide De Gasperi

durante una seduta dell’Assemblea costituente.

1. Introduzione alla Costituzione: metafore, concetti, atteggiamentiLa bussola è uno strumento che indica la direzione che bisogna seguire, se si vuole rag-giungere la meta che interessa. Come facciamo a sapere che l’ago magnetico ha il potere di indicare il Nord e quindi di fornirci i punti cardinali? Come nel caso della fisica, così anche per la storia dell’umanità è l’esperienza a farci scoprire la bussola, anche se la riflessione storica, filosofica, scientifica e giuridica può aiutarci a capirla, a perfezionarla e a utilizzarla meglio.

Le metafore della bussola, del mare e della navigazione, utilizzate per rappresentare schematicamente un oggetto complesso come la Costituzione italiana, ci servono a pro-porre intuitivamente la funzione che si può riconoscere alla Carta fondativa della Repub-

blica. Si può anche paragonare la Costituzione a una map-pa del tesoro, ossia al disegno schematico della strada da percorrere per trovare il bene prezioso di cui si va in cerca.

Queste immagini suggeriscono da un lato l’idea di una si-tuazione problematica e difficile, che simbolicamente rap-presenta la nostra società complessa e globalizzata, ricca di opportunità, di diritti e di valori, ma anche d’incertezze e di pericoli; dall’altro l’idea della concreta possibilità di muoversi nella direzione giusta, per conquistare un porto sicuro, ossia la vita, la libertà, la giustizia e la pace. Si deve onestamente riconoscere che il 1° gennaio 1948, con l’en-trata in vigore della Costituzione, non siamo entrati nel pa-radiso della libertà e dell’uguaglianza: è però vero, anche se i giovani non ne hanno diretta esperienza, che siamo usciti dall’inferno della dittatura e della guerra e siamo entrati

in una specie di purgatorio, dove si può lavorare ogni giorno, nonostante i guai grandi e piccoli che ci affliggono, per migliorare le cose.

In sintesi vogliamo dire che la Costituzione non è un complesso noioso e burocratico di norme che possono apparire astruse, relative alla struttura di uno Stato, la cui conoscen-za sembra da riservarsi agli addetti ai lavori. Essa è un documento prezioso che, proprio come la mappa di un tesoro, parla a chi sa, o almeno desidera, imparare a interpretarla.Ci sembra quindi che valga, anche per chi si accosta alla Costituzione, l’invito scritto sul frontone del Musée de l’Homme di Parigi, con parole di Paul Valéry: “Dipende da colui che passa che io sia tomba o tesoro. Che io parli o taccia dipende da te, amico. Non entrare senza desiderio”. L’avvertimento serve a ricordare al poco informato turista che non si entra nel Museo dell’Uomo come si entra in un supermercato.

È stato detto che le Costituzioni sono lo strumento che i popoli si danno nel momento della saggezza, a valere per il momento della confusione.

(V. Onida, La costituzione, la legge fondamentale della Repubblica, Il mulino, Bologna 2004, p. 49).

La Costituzione italiana: genesi e valori

18

Carta fondativa All’origine di ogni popolo e di ogni nazione si collocano eroi fondatori o miti di fondazione: si pensi ad esempio ai miti relativi alla città di Ro-ma, con le figure di Romolo e Remo o, addirit-tura, al mito fondativo che ne farebbe risalire le origini a Enea (Virgilio). Parlando di Costituzione come Carta fondativa ci possiamo collocare a due livelli: uno tecnico-giuridico (la nostra è una Repubblica costituzionale) per cui la Costituzio-ne è la legge fondamentale dello Stato; uno di tipo simbolico, per cui i padri costituenti pos-sono essere considerati gli eroi fondatori della Repubblica Italiana.

GLOSSARIO

Così è per la Costituzione: non si tratta di un tempio da venerare, ma di un prodotto storico da capire e da ricordare, magari per poter concorrere a cambiarlo. Per entrare con un minimo di preparazione, occorrono almeno il tempo e la voglia di ascoltare una guida che spieghi di che cosa si tratta. Le sue informazioni avranno tanta maggior probabilità di essere comprese e apprezzate, quanto maggiori saranno le conoscenze e gli interessi culturali maturati nei turisti prima di quella visita.

La Costituzione italiana: genesi e valori

2. Il clima storico e culturale in cui prende forma la nostra Costituzione

Resta una domanda da porsi all’inizio della nostra visita al testo costituzionale: dove hanno trovato, i padri costituenti, l’ispirazione e le idee per costruire la bussola e la mappa di cui abbiamo parlato? Sarebbe interessante studiare le loro biografie, leggere i loro discorsi negli Atti della Costituen-te, per rintracciare i valori e i limiti di quella straordinaria esperienza di ricerca, di confronto, di costruzione comune. In sintesi si può rispondere che, oltre alle loro esperienze personali, alla loro sensibilità e alla loro cultura etica, poli-tica e giuridica, hanno attinto al patrimonio che va sotto il nome di costituzionalismo europeo e americano, sviluppato-si in particolare a partire dal Settecento (si pensi allo scritto di Kant Per la pace perpetua), e giunto a maturazione negli anni Quaranta del secolo scorso. Un particolare significato storico acquista in proposito il celebre discorso pronunciato da Roosevelt al Congresso americano del 1° gennaio 1941, in cui le famose 4 libertà (di espressione e di religione, dal bisogno e dalla paura), ven-nero proclamate non come principi inglesi, americani o francesi, ma come principi universali, validi everywhere in the world: «libertà significa supremazia dei diritti umani ovunque. Il nostro sostegno va a coloro che lottano per conquistare questi diritti o per conservarli».L’ingresso in guerra degli USA, proprio nel dicembre del 1941, dopo l’attacco giappo-nese di Pearl Harbour, ha effettivamente consentito di liberare il mondo dalla dittatura nazifascista, ma solo attraverso il sacrificio di queste libertà, oltre che della vita di circa sessanta milioni di persone. Si sperava che quella fosse l’ultima guerra. Tanto è vero che il 26 giugno del 1945 fu approvato, e il 24 ottobre entrò in vigore, lo Statuto delle Nazioni Unite. Nel giro di tre anni l’Assemblea dell’ONU mise allo studio e approvò la Dichiara-zione universale dei diritti umani (10 dicembre 1948), dando inizio di fatto a una nuova stagione nella storia del diritto internazionale. Al posto degli stati sovrani, arbitri assoluti del diritto di fare la guerra, nell’ordinamento internazionale si è posta la dignità della persona umana, con la dichiarazione che «il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo» (Incipit del Preambolo). Da allora, e poi ancora più chiaramente con il Patto internazionale sui diritti civili e politici e con il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, approvati entrambi dall’Assemblea Generale dell’ONU il 16 dicembre del 1966, i diritti umani sono diventati, oltre che principi etico-politici, anche obblighi giuridici, parte integrante del diritto positivo internazionale.

19

Costituzionalismo Insieme di dottrine politico-giuridiche volte a limita-re il potere e generalmente concepite con funzione garantista. Le sue radici remote possono risalire alle riflessioni di Platone e Aristotele sul governo degli uomini e delle leggi e sulle costituzioni del mondo antico. Il costituzionalismo moderno si collega al- l’adozione di carte scritte. Il primo esempio può essere considerata la Magna Charta libertatum, che il re inglese Giovanni senza terra fu costret-to a concedere il 15 giugno 1215: di fatto si trat-tava di concessioni di privilegi (libertates) non direttamente al popolo, ma ai baroni. Essa ha un importante valore simbolico, perché fissa il prin-cipio della limitazione del potere regio attraverso un documento scritto.

GLOSSARIO

E. KANT, PER LA PACE PERPETUA

IL DISCORSO DELLE 4 LIBERTÀ

ON LINE

20

La Costituzione italiana: genesi e valori

3. Un richiamo storico alla genesi della CostituzioneImmaginiamo ora di guardare i 139 articoli della Costituzione, come se si trattasse di al-trettante parti di una complessiva “mappa etico-giuridica dell’Italia contemporanea”, ospi-tata in quella che Giorgio La Pira chiamava la casa comune. È importante sapere che cosa c’è scritto in ciascuno di questi 139 articoli ma ancora prima è importante cogliere, in una visione unitaria, il significato, il valore e i limiti di questa mappa, alla cui definizione i pa-dri costituenti hanno lavorato insieme per 18 mesi. Questo passaggio storico ha consentito all’Italia di darsi una nuova identità nazionale democratica, dopo le tensioni e i contrasti dell’epoca risorgimentale, dopo la dittatura fascista e la guerra di liberazione.

3.1 Lo Statuto Albertino, progenitore della nostra CostituzioneDopo la Restaurazione realizzatasi in Europa con il Congresso di Vienna (1815) presero

forma diversi movimenti di stampo liberale, che sfociarono in moti insurrezionali contro i regimi assolutisti. Ciò in-dusse diversi sovrani a emanare delle carte costituzionali che limitavano in parte il loro potere: tali costituzioni, che sono state chiamate ottriate, in ogni caso non inficiavano i principi dell’assolutismo, poiché erano appunto concesse dal sovrano. Tra queste costituzioni si ritrova lo Statuto Albertino, con-cesso da Carlo Alberto, nel 1848, ai sudditi del Regno di Sar-degna. Il testo dello Statuto è estremamente sintetico, ma possiamo

riassumere come punti fondamentali: il carattere dinastico della monarchia sabauda (nell’arti-colo 2 si fa riferimento esplicito all’ereditarietà del trono secondo la legge salica); la Religione cattolica come religione di Stato (art. 1); il fatto che il potere legislativo viene collegialmente esercitato dal Re e da un parlamento composto di due camere: il Senato (di nomina regia) e la Camera dei Deputati (eletta a suffragio ristretto maschile); il potere esecutivo è riservato al Re, a cui si riserva anche la nomina dei magistrati e quindi un controllo forte sul potere giudiziario.

Costituzioni ottriate Il vocabolo è una traslitterazione del francese octroyée, che significa letteralmente concessa. Ci si riferisce alle costituzioni concese unilateral-mente dai sovrani, come fece ad esempio Luigi XVIII nel 1814 (una volta restaurato sul trono di Francia), ma si configurano come tali anche le costituzioni concesse da Pio IX, da Ferdinando II di Borbone e Leopoldo II di Toscana nel 1848.

GLOSSARIO

Diritti e doveri dei cittadini nello Statuto Albertino

regnicoli sudditi cittadini

Art. 24. Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle Leggi.Art. 26. La libertà individuale è guarentita.Niuno può essere arrestato, o tradotto in giudizio, se non nei casi previsti dalla legge, e nelle forme ch’essa prescrive.Art. 27. Il domicilio è inviolabile. Niuna visita domiciliare può aver luogo se non in forza della legge, e nelle forme ch’essa prescrive.Art. 30. Nessun tributo può essere imposto o riscosso se non è stato consentito dalle Camere e sanzionato dal Re.

21

La Costituzione italiana: genesi e valori

Con la costituzione, nel 1861, del Regno d’Italia lo Statuto venne semplicemente esteso a tutto il territorio italiano, nel segno di una continuità con il Regno di Sardegna, peraltro sottolineata dal fatto che Vittorio Emanuele II non cambiò nome, ma semplicemente as-sunse l’appellativo di Re d’Italia. Lo Statuto si configurava come una costituzione flessibile (nel senso che poteva essere modificato con legge ordinaria) e breve. Al contrario la Co-stituzione repubblicana è rigida (nel senso che può essere modificata in alcune parti solo con maggioranze qualificate e con procedure più impegnative) ed è lunga, perché non si limita, come lo Statuto, a disciplinare alcuni aspetti della vita dello Stato, ma è completa ed esplicita. Le procedure per il passaggio alla Costituzione in termini di legalità è avvenu-to nell’ambito dello Statuto Albertino, rimasto in vigore fino al 1946.

3.2 Nascita e declino del Fascismo In seguito alla marcia su Roma del 1922, Mussolini, leader del Partito nazionale fascista, ottenne dal Re Vittorio Ema-nuele III l’incarico di formare il governo. Cambiata la legge elettorale, Mussolini ottenne un consenso maggioritario che gli consentì, dal 1924 al 1943, di privare di efficacia lo Sta-tuto Albertino. Sciolti i partiti antifascisti, imprigionati o confinati i loro lea-der con sentenze di tribunali speciali, trasformata la Camera elettiva in Camera dei fasci e delle corporazioni, con-segnati tutti i poteri nelle mani del Duce, accanto a un Re e a un Senato svuotati di poteri reali, il regime fascista non sentì il bisogno di darsi una costituzione, perché impose di fatto una dittatura.

Per legittimarsi, lo Stato-Partito riprese, enfatizzandoli in modo unilaterale, alcuni dei valori risorgimentali, innestandoli in un immaginario aulico, come quello della Roma im-periale: si produsse così un’ipertrofica dilatazione retorica della Patria nazionale, quasi che il mito della grandezza dell’antica Roma potesse rivivere nell’Italia fascista. In tale clima culturale, in cui immaginazione e realtà si mescolavano in modo improprio, l’Italia fu tra-scinata in una spirale di eventi, lanciandosi alla conquista imperiale della così detta quarta sponda, con una guerra coloniale in Etiopia (1935) e con l’occupazione dell’Albania (1939) e della Grecia (1940). Con le leggi razziali del 1938, adottate per compiacere Hitler, e con i campi di concentramento e di sterminio, cui vennero inviati coloro che non fossero di razza pura, il totalitarismo fascista toccò il punto più basso della sua politica.

I ragazzi italiani, organizzati nell’Opera Nazionale Balilla, giu-ravano in questo modo: «Nel nome di Dio e dell’Italia giuro di seguire senza discutere gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se è necessario col mio sangue, la causa fascista». La formula era stampata sul retro della tessera della Gioventù italiana del Littorio.Il martellamento propagandistico e la limitazione della liber-tà non erano però sempre sgraditi, anzi per diverso tempo produssero un significativo consenso e in alcuni casi entu-siasmo idolatrico per la persona del Duce, anche per alcu-ne politiche popolari che egli seppe adottare. Il crollo del regime dipese soprattutto dalla politica di militarizzazione e di potenza, dallo scontro con la Società delle Nazioni, che

Partito nazionale fascista Il P.N.F è erede del movimento dei Fasci italiani di combattimento, fondato a Milano nel 1919 da Benito Mussolini, nel clima di delusione e rabbia provocato dal mito della cosiddetta “vittoria muti-lata”, con cui si era chiusa – sul piano diplomatico – la prima Guerra mondiale. Il movimento divenne nel 1921 Partito Nazionale Fascista.

GLOSSARIO

Opera Nazionale Balilla (ONB) Si trattava di un organo del Partito Nazionale Fa- scista, con finalità di tipo “educativo” e un carat-tere marcatamente paramilitare. Il nome si ispira alla figura di Giovan Battista Perasso, detto “Balil-la”, il giovane genovese che nel 1746 avrebbe da-to inizio alla rivolta contro gli occupanti austriaci. L’ONB fu fondata nel 1926 come ente autonomo e (assieme ai Fasci giovanili di combattimento) confluì nella Gioventù Italiana del Littorio (GIL) a partire dal 1937.

GLOSSARIO

La Costituzione italiana: genesi e valori

emanò sanzioni contro l’Italia dopo la guerra di Etiopia, dall’adozione dell’autarchia e dal fallimento dello sforzo bellico, per il quale l’Italia era impreparata.

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, iniziata dalla Germania nazista con l’invasione della Polonia nel 1939, Mussolini si alleò con Hitler con il Patto d’acciaio e nel giugno del 1940 entrò in guerra, aggredendo la Francia, nella speranza di partecipare al bottino di una rapida vittoria. Anche questo fu però militarmente un insuccesso.Sbarcati gli Alleati in Sicilia, il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo sfiduciò Musso-lini: il Re lo destituì, nominando al suo posto il maresciallo Pietro Badoglio, che allora dichia-rò: «La guerra continua». L’8 settembre 1943, però, annunciò l’armistizio con gli americani. Ci fu prima esultanza poi disorientamento, sbandamento nell’esercito, incerto fra la lealtà al Re e la responsabilità verso il Paese occupato, grave crisi istituzionale, ma formalmente lo Stato continuò a esistere, retto dal legittimo, ancorché screditato Vittorio Emanuele III.

L’Italia subì nel biennio una doppia occupazione militare: da un lato le truppe angloameri-cane che, alleate col governo Badoglio trasferitosi con il Re a Brindisi, risalivano lentamente la penisola, con dure battaglie e con l’appoggio dei bombardamenti aerei; dall’altro le truppe tedesche, alleate della Repubblica sociale italiana, fondata e insediata a Salò da Mussoli-ni, su richiesta di Hitler, occupavano il Centro-Nord con 7 divisioni. Nel luglio del 1944, per decreto, Mussolini militarizzò i suoi organizzando le brigate nere, per combattere i partigiani.

3.3 Nascita e sviluppo della ResistenzaLa Resistenza, che non fu solo armata, ma anzitutto culturale, da noi come in altri paesi europei, trovò le sue premesse nell’antifascismo: questo sentimento, che fu anche pensiero etico-politico e movimento sviluppatosi in clandestinità, in esilio e nelle carceri, si può dire nato con l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, rivendicato da Mussolini nel 1924, e in particolare con la formazione delle Brigate internazionali, che combatterono, dal 1936 al 1939, nella guerra civile spagnola, contro la destra di Franco, sostenuta ufficial-mente da Hitler e da Mussolini.

La Resistenza si sviluppò prevalentemente al Centro-Nord, ma anche con episodi me-morabili a Bari, Napoli, Roma. Nel complesso durò solo 20 mesi (settembre 1943-aprile 1945), ma vide una grande partecipazione popolare, con circa 250000 combattenti, aiutati da innumerevoli forme di resistenza civile. Tra queste un ruolo notevole ebbe il mondo articolato della Chiesa cattolica, che offrì spazi di protezione e di solidarietà a coloro che soffrivano le vicende della lotta armata. Qualcuno parla in proposito anche di guerra civile, riferendosi agli scontri fra italiani, che si protrassero anche dopo la fine della guerra, con assassini mirati. Questa visione è parsa però riduttiva. La vicenda fu certamente dolorosa e ci furono persone in buona fede, da una parte e dall’altra, così come non mancarono ecces-si e violenze, da ambo le parti. È comunque un dato di fatto che i resistenti combatterono per la libertà del Paese, anche di coloro che combattevano dall’altra parte.

Il rifiuto alla chiamata alle armi ordinata da Mussolini fu espresso da circa il 40% dei giovani italiani del Centro Nord, che fuggirono spontaneamente in montagna, per organizzare la lotta contro tedeschi e militanti della Repubblica di Salò. Notevole fu anche il contributo del nostro esercito, in gran parte passato alla resistenza, anche con ufficiali e soldati del Sud: circa 600 000 di loro resistettero nei lager, per fedeltà al giuramento fatto al re. Complessiva-mente sono caduti in 86 000, mentre i caduti partigiani e patrioti sono 54 700.

Memorabili sono, a questo proposito, i discorsi del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi alle Conferenze della pace di Parigi (10 agosto 1946 e 10 febraio 1947): discorsi

22

La Costituzione italiana: genesi e valori

documentati, attenti, umili, dignitosi, generosamente aperti all’ONU, da costruirsi insie-me, a fianco delle democrazie occidentali, benché l’Italia fascista non fosse stata fra i paesi fondatori delle Nazioni Unite. I generali americani Alexander e Clark manifestarono un chiaro riconoscimento del contributo fondamentale dato dalla Resistenza alla liberazione dell’Italia e alla sconfitta del nazifascismo.

La Resistenza non fu dunque condotta da un esercito militarmente organizzato, ma da gruppi di volontari più o meno armati, in particolare i GAP, che per lo più non accettarono lo scontro diretto, ma si limitarono ad azioni di sabotaggio delle linee telefoniche, telegra-fiche, ferroviarie, con imboscate e fughe, cercando poi anche di difendere il patrimonio di beni e di infrastrutture italiane, quando i tedeschi si ritirarono.

23

Sul piano istituzionale, come s’è detto, ci fu continuità nel passaggio dal crollo del fasci-smo alla Resistenza e alla nuova Costituzione. Se il Governo Badoglio, fatto di militari e funzionari, pensò a liberarsi del fascismo per rimettere in vigore lo Statuto Albertino, la ricostituzione dei partiti antifascisti e di due nuovi partiti, la Democrazia Cristiana e il Partito d’Azione, indussero il Re a formare governi provvisori, aperti alla loro partecipa-zione, in vista di un cambiamento istituzionale.

Nella primavera del 1944 Palmiro Togliatti, leader del Partito Comunista Italiano, fece la cosiddetta svolta di Salerno, che implicava la rinuncia a volere subito la repubblica, e a perseguire la rivoluzione socialista e assunse l’impegno a lavorare nel contesto istituzio-nale esistente. Era la premessa per la costituzione di un comando unitario delle formazioni partigiane, riunite nel CVI (Corpo volontari della libertà).

Il primo Congresso dei CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) tenutosi a Bari decise di accantonare la questione istituzionale, rinviandola a un futuro referendum, insieme alla convocazione dell’Assemblea Costituente. Così avvenne che, con il Decreto luogotenen-ziale n. 98 del 16 marzo 1946 (Il Re aveva abdicato a favore del figlio Umberto), si affidava al referendum la scelta fra monarchia e repubblica e si fissavano dei limiti ai poteri della Costituente. In tal modo l’Italia, senza passare attraverso una rivoluzione e un regicidio, si avviava a elaborare una costituzione che tenesse conto del passato e che s’inserisse nel solco del costituzionalismo moderno, arricchendolo con forti elementi di solidarietà sociale.

3.4 Dalla Monarchia alla RepubblicaIl referendum del 2 giugno 1946 (per il quale votarono il 60% degli uomini e per la prima volta nella storia del nostro paese anche le donne) non fu un plebiscito a favore della repub-blica, perché il centro-sud era in maggioranza monarchico e il centro-nord repubblicano. L’ipotesi repubblicana tuttavia vinse nettamente, con circa 12 milioni e mezzo di voti con-tro 10 milioni e mezzo, senza contare il milione e mezzo di schede bianche o nulle.È in occasione di questo referendum che si cominciò lenta-mente a recuperare quell’idea di patria italiana che era stata prima enfatizzata dal fascismo, poi quasi abbandonata come espressione connotativa del regime. È stato lungo l’impegno per depurarla dagli strascichi di quel nazionalismo ipertrofico che era stato propagandato dalla retorica fascista.Quello stesso 2 giugno fu eletta l’Assemblea Costituente, inca-ricata di scrivere la nuova Costituzione per l’Italia repubbli-cana. Si posero in questo modo le basi per un almeno tem-poraneo e parziale superamento delle tensioni ideologiche,

Assemblea Costituente L’Assemblea Costituente della Repubblica italia- na vide al lavoro 556 deputati costituenti e tenne le sue sedute dal 25 giugno 1946 al 31 gennaio 1948. Il primo presidente dell’Assemblea fu Giusep- pe Saragat (dal 25 giugno 1946 al 6 febbraio 1947) a cui succedette Umberto Terracini (dall’8 febbraio 1947 al 31 gennaio 1948).

GLOSSARIO

IL DISCORSO DI DE GASPERI A PARIGI

ON LINE

24

attraverso l’incontro e la collaborazione, in sede di Costituente, dei rappresentanti delle principali componenti culturali che avevano concordemente resistito al fascismo: la corrente democratico-cristia-na, quella liberal-democratica e quella social-comunista, tutte in una prospettiva più o meno convintamente europea e nella consapevo-lezza di rivestire un ruolo storico epocale. Tale consapevolezza unì uomini di tre diverse epoche e generazioni. Quella dell’Italia liberale prefascista (Vittorio Emanuele Orlando, Enrico De Nicola, France-sco Saverio Nitti, Ivanoe Bonomi, Meuccio Ruini, Luigi Einaudi, Benedetto Croce). Quella dei rappresentanti della lotta antifascista nell’esilio, nelle carceri e nelle isole di confino, nella cospirazione all’interno del paese: tra essi i capi dei tre maggiori partiti, Alcide De Gasperi, che guidò non solo il suo partito ma il governo del paese in tutto il periodo della Costituente, Pietro Nenni, Palmiro Togliatti e, con loro, figure di spicco nell’Assemblea Costituente, Giuseppe Saragat, Umberto Terracini, Umberto Tupini, Lelio Basso e Piero Calamandrei. Infine, la generazione dei più giovani, che apparvero dopo la Liberazione sulla scena politica e diedero alta prova di sé nel confronto sulla Costituzione: Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Giorgio La Pira, Aldo Moro Nilde Iotti e Renzo Laconi. A fianco di

questa schiera di politici eminenti, intervenne la sapienza degli studiosi eletti alla Costi-tuente: Gaspare Ambrosini, Costantino Mortati, Tommaso Perassi, Egidio Tosato.

4. Il compromesso costituzionale Un richiamo alto e forte al valore dell’unità nazionale e alla Patria è stato fatto più volte dai presidenti della Repubblica che si sono succeduti. Citiamo a titolo esemplificativo alcune espressioni degli ultimi anni. Oscar Luigi Scalfaro ha identificato il nucleo centrale del-la Costituzione nella riscoperta della persona umana; Carlo Azeglio Ciampi ha definito la Costituzione come la bibbia laica dell’Italia; Giorgio Napolitano ha parlato di patriottismo

costituzionale, intendendo in tal senso che il valore profondo della Patria italiana si debba cercare non tanto nei fondali del-la storia, nei sogni dei romantici o nelle virtù “della terra e del sangue”, quanto nel testo costituzionale, perché frutto maturo di una sintesi storica di alto livello ideale e pragmatico. Su questa base l’identità nazionale di cui da tempo andiamo in cerca si può definire identità costituzionale. La Costituzione non è solo un generico prodotto della storia, da leggersi in continuità col Risorgimento e con la Resistenza, ma è anche un punto di equilibrio e di riferimento importante.

L’unità non implica l’unanimismo, nel senso che tutti deb-bano per forza essere d’accordo su tutto. Si può costruire un’unità di intenti, specialmente in un’impresa così delica-ta e importante, se si riesce a elaborare una piattaforma di consenso, su cui costruire liberamente e responsabilmente il dissenso. Era stato lo stesso Meuccio Ruini, presidente della Commissione dei 75, a dire che il termine compro-messo costituzionale, frutto del libero convergere di posizio-

La Costituzione italiana: genesi e valori

La prima pagina del “Corriere della Sera” riporta la notizia della nascita della repubblica

italiana dopo il referendum del 2 giugno 1946.

Compromesso costituzionale Si indica con tale espressione il convergere, nel te-sto della Costituzione della Repubblica italiana, di una pluralità di posizioni ideali corrispondenti alle anime culturali delle forze politiche rappresentate nell’Assemblea Costituente. Ci si riferisce alla tradi- zione liberale italiana (che affonda le sue radici nel Risorgimento), alla tradizione socialista espressa dai partiti della sinistra, e alla cultura cattolica, espressa dalla Democrazia Cristiana (che si ispi-rava alla dottrina sociale della Chiesa). I valori de-mocratici maturati durante la lotta antifascista e il desiderio di realizzare una carta costituzionale in cui tutti potessero riconoscersi hanno svolto una funzione di collante che ha guidato la ricerca (articolo per articolo) di formulazioni che fossero quanto più possibile condivise e tali da non esclu-dere nessuna delle tradizioni politico- culturali.

GLOSSARIO

25

La Costituzione italiana: genesi e valori

ni diverse, si rifaceva alla sua più nobile etimologia del promettere insieme. Non aveva dunque sacralizzato la Costituzione, riconoscendo che essa «non è perfetta ed è segnata dal periodo storico in cui è stata approvata. Da ciò discende che la Costituzione non è intangibile e immodificabile, ma che occorre porvi mano col medesimo studio e con lo spirito che animò i padri fondatori della Repubblica». Il che non si verifica facilmente a ogni generazione, tanto più che, come già pensava Aristotele, correggere una costituzio-ne non è impresa meno ardua del costruirla per la prima volta.

Non mancano interpretazioni riduttive del compromesso costituzionale, come se si trat-tasse di un accordo pragmatico fatto per risolvere temporaneamente i conflitti fra le parti. Dalla lettura dei verbali dei lavori dell’Assemblea Costituente non risulta però fondata questa interpretazione. Anche il famoso articolo 7, che costituzionalizza il Concordato fra Stato e Chiesa Cattolica, legittimamente criticato da alcuni e allora contestato dai sociali-sti, fu accettato da Togliatti come segno di pacificazione nazionale e di riconoscimento del ruolo positivo che la Chiesa aveva svolto durante la guerra e poteva svolgere nella neonata Repubblica.

5. Motivi contingenti e motivi universali nella fabbrica della CostituzioneIl successo che si ottenne nella difficile impresa di dar vita a una Costituzione che fosse destinata a durare, si spiega soprattutto con la sollecitazione che veniva da tre eventi formi-dabili, quali li definì, intervenendo tra i primi nel dibattito in Assemblea, l’Onorevole Aldo Bozzi (1909-1987), liberale: disse infatti che allora si usciva dall’incubo profondo della tirannide, da una disfatta militare e da una crisi istituzionale.

Mi domando: donde è nata la Costituzione italiana entrata in vigore il 10 gennaio 1948? Qual è la sua radice più profonda? In realtà la Costituzione italiana è nata ed è stata ispirata - come e più di altre pochissime costituzioni - da un grande fatto globale, cioè i sei anni della seconda guerra mondiale. Questo fatto emergente della storia del XX secolo va considerato, rispetto alla Costitu-zione, in tutte le sue componenti oggettive e al di là di ogni contrapposizione di soggetti, di parti, di schieramenti, come un evento enorme che nessun uomo che oggi vive o anche solo che nasca oggi, può e potrà accantonare o potrà attenuarne le dimensioni, qualunque idea se ne faccia e con qualunque animo lo scruti. Perciò la Costituzione italiana del 1948 si può ben dire nata da questo crogiolo ardente e universale, più che dalle stesse vicende italiane del fascismo e del postfascismo: più che dal confronto scontro di tre ideologie datate, essa porta l’impronta di uno spirito universale e in certo modo trans-temporale

Le ragioni della forza dell’accordo costituzionale secondo Dossetti

26

La Costituzione italiana: genesi e valori

Abbiamo già ricordato che, nello stesso periodo e con la stessa consapevolezza dell’univer-salità del dramma vissuto dall’umanità, in sede ONU si elaborava la Dichiarazione univer-sale dei diritti umani, che sarebbe stata approvata un anno dopo la nostra Costituzione, il 10 dicembre 1948. Costituzione e Dichiarazione segnano una svolta che non è solo storica, ma antropologica: indicano il nuovo assetto di principi, di ideali e di norme partendo dai quali ci si impegnò a ricostruire la società e le istituzioni.

Come dopo un violento temporale si vede talora l’arcobaleno, e l’aria tersa consente di vedere le montagne in lontananza, come se fossero vicinissime, così, dopo l’immensa tra-gedia, i sopravvissuti videro le linee fondamentali di una società di liberi ed eguali, capace di vivere nel rispetto di certe fondamentali regole capaci di ispirare e di guidare il Paese, secondo la loro difficile scommessa. Costruirono perciò un edificio di principi e di norme che si reggesse non sull’onnipotenza dello Stato, ma sulla dignità della persona umana, sul lavoro, sulla libertà, sulla giustizia, sulla laicità, sul pluralismo, sulla democrazia. Queste sono parole, naturalmente, ma dette nei lager e sulle montagne, e ripetute nelle aule del Parlamento e dei consigli comunali, nei tribunali e nelle pubbliche amministrazioni, nei partiti e nei sindacati, nelle associazioni, nelle chiese e nelle famiglie, sono state messaggi di vittoria e di speranza, che andavano fissate sul pennone più alto della Repubblica, ap-punto fra i principi fondamentali della nuova Costituzione.

6. L’intreccio fra idealità e realtà: oltre la retorica e il cinismoNella ricerca storica si trova un po’ di tutto. C’è chi fruga fra i delitti, le meschinità, gli insuccessi, che caratterizzano ogni epoca, per dire che non cambia niente e che nessun evento è importante e al di sopra d’ogni sospetto; e c’è chi cerca di capire come mai, nono-stante questi limiti e questi conflitti, si siano raggiunti e si raggiungano ancora conquiste formidabili, di cui siamo beneficiari e di cui non si possono ignorare la provenienza e gli autori. Fioriscono, per il Risorgimento e per la Resistenza, libri con intenti revisionistici, allo scopo di squalificare le versioni ufficiali di questi eventi. Il vertice di questi lavori, nei

La testimonianza di un giovane di 19 anni condannato a morte

Tutto noi dobbiamo rifare. Tutto, dalle case alle ferrovie, dai porti alle centrali elettriche, dall’indu-stria ai campi di grano. Ma soprattutto, vedete, dobbiamo rifare noi stessi: è la premessa di tutto il resto. (…) Può bastare, sapete, che con calma cominciamo a guardare in noi e ad esprimere deside-ri. Come vorremmo vivere domani?. Avete mai pensato che nei prossimi mesi si deciderà il destino del nostro paese, di noi stessi: quale peso decisivo avrà la nostra volontà se sapremo farla valere? Provate a chiedervi un giorno quale stato, per l’idea che avete voi stessi della vera vita, vi pare ben ordinato: per questo informatevi a giusti giudizi. (…) Dovete convincervi e prepararvi a convincere: non a sopraffare gli altri, ma neppure a rinunciare. Oggi bisogna combattere contro l’oppressore. Questo è il primo dovere di tutti noi. Ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi in modo dura-turo, che eviti il risorgere di essi e il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su di noi.

MALVEZZI PIRELLI Lettere dei condannati a morte della Resistenza,

27

La Costituzione italiana: genesi e valori

quali si trovano anche fatti e interpretazioni degni di atten-zione, è rappresentato dal negazionismo riferito alla Shoah, ossia alla persecuzione e al massacro dei ebrei e zingari nei campi di concentramento tedeschi: come se si trattasse di cose inventate e come se l’enorme documentazione anche fotografica disponibile non esistesse.

Si è parlato, a proposito della Costituzione, di mito fondatore della Repubblica, allo scopo di sminuirne il significato: si può essere d’accordo con l’espressione, se non s’intende il mito come frutto di fantasia, ma come racconto di un avve-nimento importante accaduto, come ricordo e come visione di un passato che valorizza il presente e il futuro. Chi ha pro-dotto il documento fondativo della Repubblica, ha inteso co-struire un’alternativa alla terribile realtà di un mondo fallito. L’ideale insomma, in Italia come in altre parti di un mondo traumatizzato da una guerra che ha prodotto tra i cinquanta e i sessanta milioni di morti, è apparso più realistico della realtà storica vissuta nella prima metà del Novecento: realtà basata, quella sì, sul mito della violenza, della razza e sulla pretesa di cancellare la dignità umana e la pluralità delle fedi e delle culture, con la divinizzazione degli Stati-partito totalizzanti.

Scorrendo i discorsi di insediamento dei diversi Presidenti della Repubblica si nota come il richiamo alla Costituzione sia sempre presente in posizione di grande rilievo, non solo perché il Presidente della Repubblica e il Governo, nell’assumere il loro alto ufficio, giura-no sulla Costituzione, ma perché in essa si riconosce la fonte della fedeltà alla Repubblica che deve animare tutti coloro che svolgono un pubblico ufficio.

Negazionismo (o revisionismo) Il termine allude all’idea di rivedere, ovvero guar-dare con maggiore attenzione, sottintendendo che in certi casi può esserci stato un difetto di at-tenzione. In ambito storiografico esso può avere un’accezione positiva (ma in tal caso si può utiliz-zare il termine revisione) nel senso di rivedere al-cuni luoghi comuni di tipo storiografico (ad esem-pio il pregiudizio illuministico per cui il periodo medievale era qualificato genericamente come secoli bui). Per lo più viene usato con accezione negativa, a fronte di illegittime manipolazioni del-la storia, per scopi politici o ideologici, come ad esempio a proposito della negazione della Shoah, operata da gruppi neonazisti o da storici alla ricer-ca di un certo sensazionalismo.

GLOSSARIO

Ho giurato fedeltà alla Costituzione repubblicana, che ci è sacra non solo perché espressione della

secondo Risorgimento combatterono e morirono per ridare all’Italia libertà, indipendenza e giusti-zia. Il giuramento che ho prestato mi impegna, nel più intimo e profondo della mia coscienza, in un compito che chiede l’assunzione di gravi responsabilità e doveri per interpretare i supremi interessi di tutta la comunità italiana e per difenderne i valori essenziali: la libertà, la pace, l’unità, il continuo e ordinato progresso verso una sempre maggiore giustizia ed un più elevato benessere spirituale e materiale: compito che mi sgomenta e per adempiere il quale spero nella solidarietà e nel conforto del popolo italiano e di voi che lo rappresentate.

Dal discorso di insediamento del Presidente Antonio Segni

La Costituzione italiana: genesi e valori

28

7. Resistenza, rivoluzione e CostituzioneFascismo, nazismo e comunismo leninista erano nati da rivoluzioni, come il radicalismo francese, poi sfociato nella dittatura giacobina e nel cesarismo napoleonico.

Sembrava, nei primi tempi di questi processi rivoluzionari, che si realizzassero gli aspetti positivi contenuti nelle teorie dei filosofi dell’assolutismo: la fine del disordine sociale e dell’inconcludenza della democrazia plutocratica, instaurazione di regimi presentati come fonti di razionalità, di giustizia e di benessere, sostenuti da dottrine e da superuomini capaci di liberare i loro popoli dai nemici, dagli errori e dalle verità scomode. Si veniva a realizzare una sorta di “circolo perverso” che si è più volte verificato nel corso della storia, e che si può rappresentare come passaggio fra questi momenti:

a) libertà diffusa in modo diseguale;b) conflitti e caos;c) dittatura liberatrice;d) senso di unità e di potenza dei vincitori, impegnati a con-vincere che il male è stato sconfitto e che si vincerà contro tutti i nemici, interni ed esterni;e) logoramento della dittatura, avvertita sempre più come op-pressione soffocante e distruttiva;

f) aspirazione a una nuova rivoluzione liberatrice. Secondo questa concezione fatalistica, che trova però riscontri nell’osservazione storica, le società umane, incapaci di esercitare la libertà, cadrebbero nel caos e poi nella rivoluzione e nella dittatura rivoluzionaria, in attesa di una nuova rivoluzione liberatrice.

La Costituente scelse invece la via del dialogo e dello sviluppo da assicurare al Paese, dopo tante distruzioni, fatte in nome della grandezza e della dignità dell’Italia. Nell’articolo 3 è scrit-to che la Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il «pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Sviluppo e partecipazione sono l’alternativa alla rivoluzione.

Democrazia plutocratica L’espressione è utilizzata in ambito sociologico (ricorre, per esempio, nelle opere di Vilfredo Pa-reto) per indicare una società formalmente de-mocratica, in cui, di fatto, il potere sia nelle mani di coloro che gestiscono il potere economico.

GLOSSARIO

Una riflessione dello storico Pietro Scoppola

La tradizione liberal-democratica è radicata nella concezione ebraico-cristiana del male che nasce nella coscienza stessa dell’uomo come rischio della libertà, un male che proprio nell’esercizio del potere ha un suo campo privilegiato di espressione: di qui l’esigenza, da un lato, dell’affermazione dei diritti civili, come garanzia contro il potere politico – fosse anche quello espresso da una mag-

garantirlo dalle degenerazioni alle quali spontaneamente è esposto e di assicurare un suo rapporto dialettico con la società.

SCOPPOLA, 25 aprile. Liberazione

I costituenti credettero che fosse giunto il momento di interrompere il circolo perverso di cui si è detto, rendendo possibile il cambiamento per via democratica, ossia nella libertà, purché rispettosa di diritti e di regole. Solo che la libertà regolata ha un costo, che nessuna

La Costituzione italiana: genesi e valori

29

generazione può integralmente pagare per tutte le generazioni future. Il costo si esprime nella fatica di comportarsi onestamente in un contesto di furbi, e di partecipare a promuo-vere con metodo democratico il cambiamento delle norme esistenti e dei comportamenti, sopportando le frustrazioni dovute alla complessità e talora alla contraddittorietà degli ideali, delle culture e degli interessi che si affermano nel tempo in cui viviamo.

Fra gli anni Sessanta e Settanta è ricomparso, nelle università, nelle scuole, nelle fabbri-che, il mito della rivoluzione. In molti casi si limitò ad una energica contestazione, che svolse anche un ruolo positivo di svecchiamento e di accelerazione del cambiamento. Poi però la contestazione divenne globale, contro il sistema capitalistico ritenuto in sé perver-so e irreformabile, e sfociò nella lotta armata, o meglio nel terrorismo di brigate clande-stine, che uccidevano vigliaccamente coloro che più s’impegnavano per un produttivo dialogo sociale e politico. Questi giovani rivoluzionari non conoscevano la Costituzione o ritenevano mistificante il suo disegno di democrazia garantistica e programmatica. E questo perché leggevano la società italiana e in genere occidentale, nell’ottica di un’ide-ologia marxista (o fascista) manichea, che divideva con un taglio netto il bene e il male e che demonizzava come indegno di vivere tutto ciò che non corrispondesse alla propria visione della società.

Altre forme di terrorismo e di criminalità si vanno diffondendo nel mondo: si pensi solo al terrorismo di Al- Quaeda, che ha provocato la distruzione suicida delle Torri Gemelle di New York (11 settembre 2001), e alle numerose stragi compiute da squilibrati, che quasi sempre dichiarano d’ispirarsi a qualche matrice ideale.

8. Una visione realistica del patto costituzionale e le modifiche finora realizzate

Il Ministero per la Costituente aveva messo a disposizione dei deputati tutto il materiale relativo alle costituzioni allora note. Dopo che un Comitato ristretto di 18 membri ebbe assemblato il lavoro delle sottocommissioni, l’Assemblea discusse pubblicamente il testo per 8 mesi, dal 4 marzo al 22 dicembre 1947. La nostra Costituzione doveva essere logi-ca, quadrata e semplice e, secondo molti costituzionalisti, il testo del 1947 merita questi aggettivi.

un’architettura da Michelangelo o da Bramante; è una cosa modesta. Ma io voglio rivolgere un invi-to ai colleghi della nostra Assemblea. Mi dicano una costituzione straniera che abbia una struttura più logica, più quadrata, più semplice di quella che è nel testo che vi abbiamo presentato.

UINI, La nostra e le cento Costituzioni del mondo. Come si è formata la Costituzione

Una Costituzione logica, quadrata e semplice

La Costituzione italiana: genesi e valori

Secondo un’altra autorevole guida, il presidente emerito della Corte Costituzionale Fran-co Casavola, gli anni e le esperienze di funzionamento quotidiano della Costituzione ne hanno dimostrato la vitalità e l’attitudine evolutiva. A proposito del lavorio di questo lungo periodo storico che ci separa dal 1948, Casavola parla non della contrapposizione, frequen-temente proposta in sede critica, fra costituzione formale e costituzione materiale, ma di una «coppia in evoluzione dialettica, racchiusa nell’endiadi Spirito e Lettera», che implica la fedeltà ai principi, così come sono enunciati nel testo, e insieme il rispetto delle sempre

diverse condizioni storiche in cui questi vengono applicati. Sostiene anche che c’è coerenza e non insanabile contrasto fra la prima parte dedicata ai principi (artt. 1-12) e ai diritti (artt.13-54), e la seconda parte dedicata agli ordinamenti. (F. Casavola, L’architettura costituzionale: i raccordi tra prin-cipi, diritti e ordinamento, in aavv, Le risorse inesplorate della Costituzione, Città dell’uomo, In dialogo, Milano 1994).

In realtà, dal 1948 a oggi sono state introdotte nel testo di-verse modifiche, col varo di 35 leggi costituzionali, approvate con le modalità previste dall’articolo 138: sono state votate sempre con maggioranze superiori ai due terzi, in entrambe le Camere, a eccezione della Legge 3/2001, che è stata ap-provata dal centro sinistra (con soli quattro voti di maggio-ranza in parlamento) e ratificata poi con ampia maggioranza in sede di referendum: questa legge ridisegna il Titolo V del-la seconda parte della Costituzione, dando fra l’altro nuovi poteri alle Regioni.

Tra le modifiche fatte nel sessantennio repubblicano, due sole riguardano la prima parte, in particolare gli articoli 48 (dove si estende il diritto di voto anche a cittadini residenti all’estero), e 51 (dove s’impegna la Repubblica a promuovere «con appositi provvedimenti le pari opportunità fra donne e uomini»). Un tentativo di modifica decisamente più ampia del testo costituzionale è stato fatto nel 2005 dal centro destra: essa riguarda modifiche della composizione del Parlamento, in particolare del Senato in senso federalistico, la modifica della Corte costituzionale, il premierato e la devolution: con questo termine s’intende l’at-tribuzione esclusiva alle Regioni di aspetti rilevanti di materie come la sanità, la sicurezza, l’istruzione. Il successivo referendum ha però bocciato questa proposta.

In ogni caso le modifiche non hanno mai toccato i principi che, secondo una Sentenza della Corte Costituzionale del 1988, non possono essere «sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale». La convinzione diffusa è che procedere, in materia costituzionale, a colpi di maggioranza, sia contrario allo spirito con cui sono state pensate le norme relative alle modifiche costituzionali. Il dibattito in proposito è aperto.

Costituzione formale e Costituzione materiale La distinzione ha campo in ambito giuridico ma, più ancora, sul piano storico e storiografico. In tale prospettiva si può distinguere una Costituzio-ne formale, che indica in modo preciso principi e regole (e in essa comprendiamo sia la lettera che lo spirito di tali indicazioni), a cui non sempre cor-risponde una concreta attuazione sul piano delle leggi e del costume. In tal caso si afferma che la Costituzione materiale (cioè la sua concreta at-tuazione nella società) non corrisponde a quella formale. Un esempio può essere lo scarto che vi era in età fascista tra la costituzione formale (Statuto albertino) e la costituzione materiale (il regime fascista).

GLOSSARIO

La Costituzione dopo sessant’anni: una riflessione del Presidente Napolitano

30

La Costituzione italiana: genesi e valori

9. La lenta e difficile attuazione della CostituzioneLe forze politiche presenti nell’Assemblea Costituente, dopo l’esperienza del ventennio fascista, hanno indubbiamente dedicato attenzione più alla rappresentatività e al ruolo del Parlamento, con la previsione del sistema bicamerale e del metodo proporzionale, che alla funzionalità e all’efficienza dell’apparato democratico.

La logica della concorrenza fra i partiti appariva certo una prospettiva più auspicabile rispet-to a quella del partito unico, ma forse allora non ci si cautelò abbastanza dal rischio di quella che poi è stata chiamata partitocrazia, un regime politico in cui il potere effettivo è nelle mani dei partiti e non degli organi previsti dalla Costituzione. Di fatto alcuni, prima che ita-liani ed europei, si sentivano comunisti filosovietici o democristiani filoamericani, mentre altri non nascondeva la nostalgia per il passato regime. È in sostanza per questo che le feste del 25 aprile e del 2 giugno non hanno da noi il significato unitario che ha per la Francia il 14 luglio, che ricorda la presa della Bastiglia nel 1789. Tuttavia si può dire che la campagna elettorale, accesissima, ma sostanzialmente rispettosa delle regole, che si concluse con le elezioni al Parlamento del 18 aprile 1948, non sarebbe stata possibile senza la Costituzione.

31

passato storico. Ma la data del 1° gennaio 1948 è altro: perché ha segnato la nascita di qualcosa che ha continuato a vivere, è vivo e ha un futuro - una tavola di principi e di valori, di diritti e di doveri, di regole e di equilibri, che costituisce la base del nostro stare insieme, animando una competizione democratica senza mettere a repentaglio il bene comune. Il processo risorgimentale, il movimento per l’unità d’Italia, ebbe per compimento lo Stato nazionale, che assunse i lineamenti di uno Stato liberale ma senza il presidio di una Costituzione votata dai rappresentanti del popolo che prendesse il posto dello Statuto albertino concesso “per volontà sovrana”. Fu – dopo la rottura autoritaria del ventennio fascista – con il voto e con la scelta repubblicana del 2 giugno 1946, che l’Italia unita giunse all’approdo del costituzionalismo. Da allora si può ben dire – mi sia consentito di richiamare quest’espressione del messaggio da me rivolto al Parlamento nel giorno del giuramento – che “l’u-nità costituzionale” si è fatta “sostrato dell’unità nazionale”. […] Già a sessant’anni dal voto del 2 giugno 1946, abbiamo avuto modo di rievocare “l’età della Co-stituente”, che si snodò attraverso le tappe importanti della Consulta nazionale e dell’attività del Ministero della Costituente per sfociare negli intensi lavori dell’Assemblea Costituente eletta il 2 giu-

larghissima maggioranza – della Costituzione. Fu quella una delle stagioni più altamente costruttive e creative della nostra storia nazionale.Il risultato cui si giunse fu possibile grazie a un confronto eccezionalmente ricco e approfondito

mancarono – tra le diverse correnti storico-culturali e politiche rappresentate nell’Assemblea Costi-

“compromesso”, con ciò intendendo l’accordarsi su un’ibrida composizione di orientamenti diver-genti e inconciliabili, non si coglie quel che nella Costituente vi fu di ascolto reciproco, di scambio e di avvicinamento sul piano ideale, di riconoscimento di istanze e sensibilità comuni ; quel che vi fu di paziente ricerca di punti d’incontro e di soluzioni condivisibili, di accettazione degli esiti alterni della prova del voto su materie controverse, e dunque di spirito di moderazione e di senso della missione.[…]

La Costituzione italiana: genesi e valori

32

Il Parlamento della Repubblica non fu sollecito nell’attuare il complesso disegno costitu-zionale, con le leggi che questo richiedeva, sicché le delusioni non mancarono, a destra come a sinistra e in una consistente area qualunquista, scettica nei confronti del valore programmatico della Costituzione. La difficoltà di superare il vecchio regime si mani-festò da un lato con tensioni ideologiche, idealizzate dalla benevola ironia di Guareschi, nella serie dei suoi articoli su Don Camillo e Peppone, dall’altro col rinforzarsi dell’ap-parato centralistico dello Stato e con la spartizione partitocratica dei posti di potere. A proposito dei ritardi, la Corte Costituzionale fu istituita solo nel 1956, il Consiglio Superiore della Magistratura solo nel 1958, le Regioni, a eccezione di quelle a statuto speciale, nel 1970.

La contrapposizione geopolitica fra USA e URSS e le posizioni filosovietiche dei comunisti convinsero i partiti dell’area di centro e poi di centro sinistra, che il PCI dovesse essere escluso dalla partecipazione alle maggioranze governative, sicché si realizzò una sorta di democrazia bloccata, tanto più che a destra il Movimento sociale italiano si proclamava erede del disciolto partito fascista. In queste condizioni le riforme istituzionali e sociali si compirono con ritardi, lunghe mediazioni per la difficoltà da un lato di governare e dall’al-tro di riconoscere la legittimità e il valore della politica. Si può dire che le difficoltà e il malessere sociale che si sperimentano oggi, nella cosiddetta seconda Repubblica, abbiano le radici in un clima che cominciò a logorarsi già negli anni Cinquanta, all’indomani della stagione costituzionale.

10. Il problema del fondamento e della azionabilità dei diritti fondamentali

È comprensibile che molti si chiedano se la Costituzione italiana, che ha assunto a valore di riferimento la dignità della persona umana, come del resto la Dichiarazione universale dei diritti umani, sia in grado di guidare ciascuno di noi e il nostro Paese, fuori del mare burrascoso degli egoismi contrapposti e della guerra, verso la terra ferma della giustizia, in un mondo di cooperazione e di pace. Gli esempi moderni di barbarie che sono stati compiuti nonostante le solenni dichiarazioni dei diritti umani e nonostante la saldezza dei principi costituzionali non si contano. Dobbiamo concludere che la bussola è impazzita o che noi abbiamo perduto la capacità di leggerla?Il diritto naturale non coincide con la consapevolezza che se ne ha: questa si fa strada lentamente nella cultura, e nel dibattuto tra filosofi e giuristi. Già nel quinto secolo avanti Cristo Sofocle approfondì il dramma di Antigone, che rifiutò di obbedire alla legge e alla forza di Creonte, re di Tebe. Questi, in nome della legge scritta, le vietò di seppellire il fratello Polinice; lei disobbedì in nome della natura, con questo ragionamento: «Io seguo le leggi sacre e incrollabili degli dei, leggi non scritte, di quelle io dovrò un giorno subire il giudizio».

Dunque l’umanità non viene cancellata dalla forza della legge. Anzi si presenta come una forza interiore capace di provocare il potere e promuovere una legge migliore. Tuttavia non basta conoscere ciò che è giusto per comportarsi con giustizia. Anche quando una persona sia convinta del valore della legalità e più profondamente del diritto naturale, può sempre usare la libertà per fare il contrario di ciò che legge e coscienza prescrivono. Aristotele, San Paolo, Petrarca hanno mostrato amara consapevolezza di questo dramma, che Foscolo riassume in questo modo nel sonetto A se stesso: “Conosco il meglio ed al peggior mi ap-piglio”. Non scompare la conoscenza del meglio: anzi, si riconosce il proprio errore proprio perché si ha l’idea del bene.

La Costituzione Italiana: genesi e valori

33

Jacques Maritain, illustre filosofo francese del Novecento, un altro dei saggi a cui si deve la Dichiarazione universale, ritiene che questi principi costituiscano una sorta di carta indi-spensabile a un’azione comune efficace. A suo parere si trattava di mettersi d’accordo a livello mondiale, non su chi è l’uomo, quale ne è l’origine e quale il fine, su che cosa in sostanza sono fondati i diritti umani, dato che l’accordo in proposito è assai difficile, ma su una medesima concezione pratica dell’uomo e della vita. Antonio Papisca riassume in questo modo il discor-so sulle verità pratiche relative ai diritti umani: “il diritto alla vita è il bisogno vitale di vivere, il diritto al lavoro è il bisogno vitale di lavorare, il diritto alla salute è il bisogno di godere di benessere fisico e psichico, e così via: si dia dunque il nome di diritti fondamentali ai bisogni vitali della persona”. (Il diritto della dignità umana, Marsilio, Venezia 2011, p. 61). In realtà il discorso filosofico di Maritain è anche più rigoroso, quando egli lo affronta sulla base della sua visione metafisica della realtà. Il principio comune a tutti, dice, è questo: “Bisogna fare il bene ed evitare il male”. Da questo principio deriva il diritto naturale: esso è “l’insieme delle cose da fare e da non fare che derivano di là in modo necessario e per il solo fatto che l’uomo è uomo, in assenza di ogni altra considerazione” (J. Maritain, I diritti dell’uomo e la legge naturale, in P. Viotto (a cura di), J. Maritain, Dizionario delle opere, Città Nuova, Roma 2003, p. 232) . Se l’uomo è moralmente obbligato a raggiungere i suoi fini, ha diritto a ciò che è necessario per rispettare l’obbligazione. In altri termini abbiamo il diritto di esercitare i nostri doveri: tra cui c’è quello di rispettare i diritti degli altri.

Alle domande sulla possibilità di sconfiggere il male con la politica e col diritto si può ri-spondere, per esempio, ricordando il premio Nobel Amartya Sen, per cui “La contingente non realizzabilità di un diritto fondamentale non ne fa un non diritto: al contrario, postula ulteriore azione sociale per la sua realizzazione”. (A. Papisca, Il diritto della dignità uma-na, p.25) In altri termini: non si butta via uno strumento di navigazione, solo perché non sempre funziona bene, o perché noi non siamo capaci di utilizzarlo, fintanto che non si trovi qualcosa che funzioni meglio. Le risposte ai dubbi relativi alla fondazione dei diritti si possono trovare in ultima analisi nella coscienza informata di ciascuno di noi: informata con lo studio, la riflessione, la discussione.

11. La memoria storica e la Costituzione nella scuolaDell’importanza del ruolo della scuola, in ordine alla rigenerazione di una coscienza so-ciale e civile, avevano chiara consapevolezza gli stessi padri costituenti, che subito dopo aver varato la Costituzione votarono l’ordine del giorno di Moro e altri, in cui si chiedeva “che la nuova Carta Costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano”. Nel 1958 lo stesso Moro introdusse nelle scuole secondarie l’Educazione civica, affidandola per due ore al mese all’insegnante di storia. Il posto dell’educazione civica è stato preso nel 2008 da Cittadinanza e Costituzione, una tematica affidata agli insegnanti di area storico-geografica e storico-sociale, senza orario prestabilito per legge e di fatto proposta alla buona volontà dei docenti di tutte le discipline.

La Costituzione italiana: genesi e valori

34

12. La natura del tesoro identificato dalla mappa della CostituzioneAbbiamo già utilizzato la metafora del tesoro a cui ci può guidare quella mappa che è rap-presentata dalla nostra Costituzione. Tale tesoro è costituito dal riconoscimento (senza se e senza ma) della dignità della persona umana, anche se si tratta di un tesoro che talvolta rimane decisamente nascosto. Si pensi alla Creazione dell’uomo, dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina e alla Scuola di Atene, dipinta da Raffaello nella Stanza della Segna-tura: esse rappresentano l’uomo nella sua dignità originaria e nella sua maturità filosofica e scientifica. Talora, come negli incubi notturni, questo dio nascosto si trasforma in una specie di demonio distruttivo, come l’ha dipinto Picasso nel grande quadro Guernica.

Michelangelo Buonarroti, La creazione di Adamo,

particolare della volta della Cappella Sistina,

1508-1512 (Città del Vaticano, volta

della Cappella Sistina).

La scuola come luogo di rigenerazione della coscienza civica

La Costituzione non è una macchina che, una volta messa in moto va avanti da sé…: perché si muo-va occorre ogni giorno metterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. […]. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati in questi articoli; e, a saper intendere, dietro questi articoli si sentono delle voci lontane […]. Quando leggo nell’art. 2 “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”; o quando leggo nell’art. 11 “L’Italia ripudia a guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! O quando o leggo nell’art. 8: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davan-ti alla legge”, ma questo è Cavour! O quando leggo nell’art.5: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo, a proposito delle forze armate: “l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico

ammessa la pena di morte”, ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani…ma ci sono anche umili voci, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costi-tuzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta….no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti.

La Costituzione italiana: genesi e valori

35

Chi, negli anni Quaranta, avesse guardato da un altro pianeta i campi di battaglia, i campi di sterminio e i bombardamenti su città inermi, ne avrebbe ricavato una terribile e ripu-gnante carta d’identità della specie umana. Chi ha vissuto da vicino queste tragedie non ha però ritenuto che quella fosse la vera immagine dell’uomo, ma ha cercato una verità più profonda e più bella. L’ha detto bene Albert Camus, nel romanzo La peste. Alla fine del drammatico racconto conclude che “quello che s’impara in mezzo ai flagelli è che ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare”. Il male non è vinto per sem-pre, ma ci sono armi per combatterlo. Il valore ultimo, che resta comunque, è quello della simpatia o della compassione. Essa consiste nella capacità di mettersi dal punto di vista degli altri e di sentire come propri i loro bisogni e le loro difficoltà. In fondo è la riscoperta della cosiddetta Regola d’oro, principio di etica universale, “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”, che ha trovato nel tempo innumerevoli formulazioni.

13. Interiorizzare la mappa per trovare il tesoroIdentificato il valore del tesoro, non resta che iniziare il viaggio per cercarlo e, soprattutto, fare in modo che prenda dimora nel luogo che gli è proprio, che non è un forziere di me-tallo, ma la coscienza di ciascuna persona che si mette alla ricerca.

Il Rapporto Delors all’UNESCO (Parigi, 1996) dice che nell’educazione c’è un tesoro, e che questo inizia con un viaggio interiore. Questa metafora fa pensare al “conosci te stesso” di So-

Pablo Picasso, Guernica,

1937 (Madrid, Museo

Nacional Centro de Arte

Reina Sofía).

Raffaello Sanzio, La scuola di Atene,

1509-1510, (Città del Vaticano,

Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura).

La Costituzione italiana: genesi e valori

36

crate e al “rientra in te stesso” di Agostino. Questi autori hanno indagato sul senso e sul valore della vita umana, risalendo, come lungo un fiume, alle origini dell’etica, della religione, della politica e del diritto: e l’hanno trovata nell’interiorità della coscienza.

L’etica o morale e l’educazione non si identificano con la religione, con la politica e col di-ritto, ma in queste diverse dimensioni della vita personale e sociale ci sono aspetti comuni, che talora configgono o si strumentalizzano a vicenda, e talora cooperano. I romani distin-guevano fra mos (costume), ius (diritto) e fas (sacro), ma in concreto intrecciavano i piani, ritenendo la religione come imprescindibile fondamento della vita sociale e quindi consi-deravano l’empietà come reato. È relativamente recente la distinzione fra reato e peccato, fra l’ambito del diritto, quello della politica, quello della morale e quello della religione.

La Costituzione ha concluso positivamente un lungo tragitto di polemiche e di separazioni fra religione, morale, politica e diritto, disegnando laicamente il profilo essenziale della carta d’identità della Repubblica, nei suoi primi 12 articoli, che sono parte integrante del testo (e non un semplice preambolo, come qualcuno ebbe a proporre), ma soprattutto of-frono, come si vedrà nel prossimo capitolo, le vie per un’interiorizzazione sapiente di tutto l’articolato della Costituzione stessa.

La “regola d’oro” dell’etica e della convivenza civile

Non fare a nessuno ciò che non piace a te. [Tobia, 4, 15]

Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge

E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. [Luca, 6, 31]

In realtà il testo evangelico si spinge oltre, come si può vedere proseguendo nella lettura del testo di Luca:

Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? (…) Ama-te invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà

solo come mezzo. KANT, Critica della ragion pratica

labo

rato

rio

37

La Costituzione italiana: genesi e valori

Le anime culturali della CostituzioneScorrendo il testo della Costituzione individua alcuni passi o “parole chiave” che, a tuo avviso, siano rappresentativi delle tre anime culturali che in esso si possono ritrovare e che sono indicate nella griglia che segue.

Fase 3 – Le proposte di emendamento così formulate vengono trasmesse al Dirigente Scolastico, af-finché le integri con altre proposte eventualmente pervenute da altre componenti (come ad esempio la componente genitori: potrebbero essere gli stessi studenti a sensibilizzare i loro genitori perché si attivino in tal senso) e lo porti all’approvazione degli organi competenti.

Le regole della cittadinanza scolasticaFase 1 – Ciascuno degli studenti legge con attenzione il regolamento di Istituto, confrontandolo con alcune fonti normative (come ad es. lo Statuto delle studentesse e degli studenti – DPR 249/1998 e DPR 235/2007) e con il testo della Costituzione. Accanto a ogni articolo del regolamento di istituto ciascuno si appunti:

Fase 2 – Riuniti in assemblea gli studenti rileggono, articolo per articolo, il regolamento di Istituto, discutendo i punti dubbi e raccogliendo eventuali proposte di emendamenti, armonizzandole tra loro in modo che anche il testo emendato risulti fluido e leggibile.

Se ci sono passaggi oscuri, che meritano di essere chiariti Se ci sono norme che si ritengono essenziali e irrinunciabili Se ci sono norme o regole che si vorrebbero cambiare (tenendo conto dei vincoli normativi)

Tradizione liberale

Tradizione socialista

Tradizione cattolica

Vero o Falso V F Il “discorso sulle quattro libertà”, pronunciato da Roosevelt nel 1941, riguardava: la libertà di

stampa, di fissare la propria dimora, dalla guerra e dall’oppressione.

V F La Costituzione della Repubblica italiana entrò in vigore nel dicembre del 1947.

V F Lo Statuto delle Nazioni Unite fu approvato nel 1945.

V F Il Partito Nazionale Fascista fu fondato a Roma, da Mussolini, nel 1922.

V F Lo Statuto albertino, del 1848, può essere definito una Costituzione ottriata.

V F Le leggi razziali furono approvate in Italia nel 1938, per compiacere Hitler.

V F L’Opera Nazionale Balilla era una formazione clandestina di dissidenti antifascisti.

V F Mussolini fu sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943.

V F La Resistenza si sviluppò prevalentemente nel Sud Italia, per un tempo di oltre 3 anni.

V F La “svolta di Salerno” rappresenta la scelta con cui il PCI (nella persona di Palmiro Togliatti) rinuncia alla rivoluzione socialista e si impegna a lavorare nel contesto istituzionale esistente.

V F Il 2 giugno 1946 si tenne il referendum istituzionale per scegliere tra Monarchia e Repubblica e fu eletta l’Assemblea Costituente.

labo

rato

rio

38

V F Con il termine Compromesso costituzionale si indica il convergere – nel testo della Costitu-zione – di una pluralità di posizioni ideali: la tradizione liberale, la cultura cattolica, la tradizione socialista.

V F Tra i “padri costituenti” ha un ruolo di rilievo Giuseppe Dossetti, rappresentante della tradizione laica e liberale.

V F Il Presidente della Repubblica giura sulla Costituzione.

V F Con l’espressione Costituzione materiale (distinta da Costituzione formale) si indica la concreta attuazione della Costituzione nelle leggi dello Stato e nella società.

V F Lo studio della Costituzione, nelle scuole della Repubblica italiana, è previsto fin dal 1948, tramite un Decreto che introdusse l’Educazione civica.

V F L’espressione “non fare a nessuno ciò che non piace a te” si trova nella Bibbia.


Recommended