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Ma dove vanno i marinai...“Ma come fanno i marinai”, di Dalla & De Gregori, divenuta un...

Date post: 18-Feb-2021
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Ricorda ancora COZZI che in navigazione a largo della Sardegna, “Una mattina alle 9.15 ero di servizio come vedetta ed è suo- nato l’allarme per un attacco dell’aviazio- ne inglese, che allora era nostra nemica. Era una giornata di cielo coperto. All’im- provviso è uscito dalle nuvole un quadri- motore “Sunderland” inglese. In un primo momento abbiamo tentato un contatto ra- dio per capire di chi si trattava, ma l’aereo non rispondeva”. L’aereo sgancia quattro bombe, fortunata- mente senza esito. E in prossimità del bat- tello impiega anche la mitragliatrice; alcu- ni proiettili purtroppo lo colpiscono: “Io sono stato ferito alle gambe dalla mitra- glia. ‘Comandante sono stato ferito’, ho urlato. E subito sono stato trasportato sot- tocoperta, dove mi hanno curato per cin- que giorni in mare, prima di sbarcare a terra per il ricovero a Cagliari: 90 giorni di convalescenza”. I polpacci e le caviglie mostrano ancora i segni delle schegge conficcate: “All’ospedale di Cagliari han- no dovuto tagliare per estrarre le schegge di piombo che mi avevano perforato le ca- viglie. Ho rischiato di perdere un piede”. Poi a casa, in licenza in attesa del referto definitivo da parte della commissione me- dica, ha incontrato la sua compagna di tutta la vita… Il sommergibilista-cannoniere, convale- scente, fra le rassicuranti mura di casa reagisce bene facendo sì che la sua gua- rigione sia pronta. Intuisce anche, in quel frangente, che il destino lo mette davanti ad una scelta importante, imprevista: con- volare a nozze; era il 1944. Piena guerra! Lui, Santino, è nato il 12 settembre 1920; lei, Vittorina CANDIANI, il 6 giugno 1926 (foto 2). Questo il sunto della loro lunga storia di amore. “Ci siamo sposati nella chiesa di Legnarello. Lei abitava in via Dante, io alla Canazza in via Comasina. Come si usava allora sono andato a piedi a prenderla a casa sua. Era là in mezzo al cortile con tut- ti i parenti e colleghi di lavoro intorno. Poi ci siamo recati in chiesa, lei accompagnata dal papà”. Ma al fatidico momento del “sì” risuona l’allarme aereo; e alla domanda del giornalista di cosa avessero fatto lì per lì, Santino COZZI, serafico, risponde: “Niente, siamo rimasti in chiesa e dopo un po’ è suonata la sirena del cessato pericolo. Pri- ma di tornare a casa abbiamo fatto sosta lungo via Sempione alla chiesetta della Madonnina. Per il pranzo nel cortile, un pa- rente ha cucinato un ottimo risotto”. Un matrimonio che di recente ha celebrato il settantesimo anniversario, con tanto di fe- steggiamenti alla Canazza. Tra i documenti interessanti che il giorna- lista GARAVAGLIA ha notato in casa COZ- ZI c’è anche il brevetto 9573 datato 31 maggio 1942 che il Comando Marittimo del basso Tirreno conferisce al cannoniere COZZI Santino, matricola 522, della stazio- ne sommergibili di Napoli, con cui lo si au- torizza a “fregiarsi del distintivo della guer- ra in corso” nonché “ad applicare sul na- strino numero due stellette”. E natural- mente un posto d’onore sulle pareti di ca- sa per la Croce al valor militare sul campo. Il documento del 7 marzo 1059 reca la se- guente motivazione: “Imbarcato su som- mergibile in missione di guerra attaccato da un aereo nemico accorreva per primo alle armi e iniziava la reazione di fuoco proseguendola con energia e fermezza d’animo, benché gravemente ferito da raf- fiche di mitraglia avversaria, fino all’an- nientamento delle sue forze fisiche (Medi- terraneo occidentale, 13 giugno 1942); de- terminazione del 2 settembre 1942”. Allora il dubbio che mi è rimasto lo passo al lettore che, a questo punto, ha avuto la pazienza o la curiosità di giungere alla chiusura di questo “pezzo”: quanto c’è del marinaio, sommergibilista e cannoniere COZZI nell’altro del duo Dalla-De Gregori? Per me, poco o nulla. nnn 39 Marinai d’Italia Maggio/Giugno 2016 D ovendo raccontarvi del cannonie- re Santino COZZI, classe 1920, im- barcato durante il secondo conflit- to mondiale sul sommergile Otaria, la mente mi è andata alla famosa canzone “Ma come fanno i marinai”, di Dalla & De Gregori, divenuta un successone, non so- lo entro i confini nazionali, soprattutto du- rante il loro tour del 1978 denominato Ba- nana Republic. Nell’intento di voler trova- re una qualche ipotetica analogia tra l’i- dea del “marinaio” nelle strofe dei due cantautori e quella che mi sono fatto leg- gendo del nostro protagonista ho ascolta- to la canzone e letto il testo più volte. Ahimè, ho fatto un buco nell’acqua. Pro- babilmente non sarò bravo, forse non so- no dotato di estro artistico ma il “mari- naio” della canzone lo trovo alquanto ba- nale, frivolo, falsato persino (tranne in un particolare passaggio ma come fanno i marinai a riconoscersi sempre uguali sempre quelli all’Equatore e al Polo Nord ); distante, insomma, svariate centinaia di miglia, a mio giudizio, dal cannoniere San- tino COZZI. Il 7 febbraio scorso in redazione ricevia- mo una mail del Presidente del Gruppo di Legnano, Sig. Gregorio DALLA COSTA, che, nell’informarci di una intervista rila- sciata alla locale rivista Polis qualche me- se prima dal Signor COZZI, ex-marinaio sommergibilista legnanese di origine, og- gi novantaseienne, in gioventù decorato con la croce al valor militare, ci chiede gentilmente di pubblicare la sua storia sul nostro giornale. Ovvio che sì! Quanto segue è quindi parte dell’articolo comparso sul n. 4 di Polis Legnano – Anno XXVII, a firma del giornalista Piero GARA- VAGLIA, dal titolo “Ferito in guerra e con una croce al valore. Ma ora Santino fe- steggia 70 anni di nozze”. Torniamo allora indietro con la mente; sia- mo a metà del 1940. Subito dopo aver rice- vuto la cartolina di precetto, il marinaio COZZI si presenta presso il centro reclu- tamento della Regia Marina di La Spezia. Ecco il suo ricordo: “Sono rimasto cinque giorni e dopo il giuramento tutti noi giova- ni marinai siamo stati imbarcati su un tra- ghetto per le diverse destinazioni. Io sono stato sbarcato a Napoli nel settembre del 1940, associato alla caserma stazione sommergibili. Intanto era rientrato in por- to il sommergibile Marconi che per trenta giorni è rimasto fermo per la revisione dei motori, prima di affrontare una missione nell’Atlantico”. Alla ricerca di marinai esperti da imbarca- re, egli ricorda in particolare: “Il coman- dante (del Marconi –ndr-) mi ha chiesto se soffrivo il mal di mare, ma io ho rispo- sto che non lo sapevo, perché quella era la prima volta in vita mia che lo vedevo il mare!”; niente imbarco ovviamente ed at- tesa al comando della Marina di Napoli “Navarca” fino al novembre 1942. Poi, fi- nalmente, in licenza. A casa. “Era chiama- ta ‘licenza agricola’. Avrei dovuto stare a casa un mese e invece dopo venti giorni arriva il maresciallo del Carabinieri che mi dice: ‘Devi partire subito, domani mattina alle 9 devi essere a Napoli’. Prendo l’uni- co treno a disposizione che partiva a mez- zanotte e la mattina dopo mi presento al comando. E via, subito imbarcato sul som- mergibile Otaria. Dalla stiva del sommer- gibile ricordo che abbiamo tolto alcuni si- luri per fare spazio e caricare scatolette di carne da consegnare alle truppe sulle co- ste dell’Africa. E così siamo arrivati a Bar- dia, in Libia, con i viveri”. Quindi il ritorno alla base navale di Taran- to per ripristinare la piena efficienza del motore che in precedenza aveva subito un’avaria. Infine tappa a Pola, in Istria, do- ve c’era una scuola di addestramento per i sommergibilisti. E poi ancora Messina e Cagliari. 38 Marinai d’Italia Maggio/Giugno 2016 Testimonianze Ma dove vanno i marinai Angelo Castiglione P.N. - 4° Ufficio Comunicazione e documentazione e socio del Gruppo di Roma Il sommergibile Otaria Collezione Bagnasco
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  • Ricorda ancora COZZI che in navigazionea largo della Sardegna, “Una mattina alle9.15 ero di servizio come vedetta ed è suo-nato l’allarme per un attacco dell’aviazio-ne inglese, che allora era nostra nemica.Era una giornata di cielo coperto. All’im-provviso è uscito dalle nuvole un quadri-motore “Sunderland” inglese. In un primomomento abbiamo tentato un contatto ra-dio per capire di chi si trattava, ma l’aereonon rispondeva”.L’aereo sgancia quattro bombe, fortunata-mente senza esito. E in prossimità del bat-tello impiega anche la mitragliatrice; alcu-ni proiettili purtroppo lo colpiscono: “Iosono stato ferito alle gambe dalla mitra-glia. ‘Comandante sono stato ferito’, hourlato. E subito sono stato trasportato sot-tocoperta, dove mi hanno curato per cin-que giorni in mare, prima di sbarcare aterra per il ricovero a Cagliari: 90 giorni diconvalescenza”. I polpacci e le cavigliemostrano ancora i segni delle scheggeconficcate: “All’ospedale di Cagliari han-no dovuto tagliare per estrarre le scheggedi piombo che mi avevano perforato le ca-viglie. Ho rischiato di perdere un piede”.Poi a casa, in licenza in attesa del refertodefinitivo da parte della commissione me-dica, ha incontrato la sua compagna ditutta la vita…Il sommergibilista-cannoniere, convale-scente, fra le rassicuranti mura di casareagisce bene facendo sì che la sua gua-rigione sia pronta. Intuisce anche, in quelfrangente, che il destino lo mette davantiad una scelta importante, imprevista: con-volare a nozze; era il 1944. Piena guerra!Lui, Santino, è nato il 12 settembre 1920; lei,Vittorina CANDIANI, il 6 giugno 1926 (foto2). Questo il sunto della loro lunga storia diamore. “Ci siamo sposati nella chiesa di

    Legnarello. Lei abitava in via Dante, io allaCanazza in via Comasina. Come si usavaallora sono andato a piedi a prenderla acasa sua. Era là in mezzo al cortile con tut-ti i parenti e colleghi di lavoro intorno. Poi cisiamo recati in chiesa, lei accompagnatadal papà”. Ma al fatidico momento del “sì”risuona l’allarme aereo; e alla domanda delgiornalista di cosa avessero fatto lì per lì,Santino COZZI, serafico, risponde: “Niente,siamo rimasti in chiesa e dopo un po’ èsuonata la sirena del cessato pericolo. Pri-ma di tornare a casa abbiamo fatto sostalungo via Sempione alla chiesetta dellaMadonnina. Per il pranzo nel cortile, un pa-rente ha cucinato un ottimo risotto”. Unmatrimonio che di recente ha celebrato ilsettantesimo anniversario, con tanto di fe-steggiamenti alla Canazza.Tra i documenti interessanti che il giorna-lista GARAVAGLIA ha notato in casa COZ-ZI c’è anche il brevetto 9573 datato 31maggio 1942 che il Comando Marittimo delbasso Tirreno conferisce al cannoniereCOZZI Santino, matricola 522, della stazio-ne sommergibili di Napoli, con cui lo si au-torizza a “fregiarsi del distintivo della guer-ra in corso” nonché “ad applicare sul na-strino numero due stellette”. E natural-mente un posto d’onore sulle pareti di ca-sa per la Croce al valor militare sul campo.Il documento del 7 marzo 1059 reca la se-guente motivazione: “Imbarcato su som-mergibile in missione di guerra attaccatoda un aereo nemico accorreva per primoalle armi e iniziava la reazione di fuocoproseguendola con energia e fermezzad’animo, benché gravemente ferito da raf-fiche di mitraglia avversaria, fino all’an-nientamento delle sue forze fisiche (Medi-terraneo occidentale, 13 giugno 1942); de-terminazione del 2 settembre 1942”.

    Allora il dubbio che mi è rimasto lo passoal lettore che, a questo punto, ha avuto lapazienza o la curiosità di giungere allachiusura di questo “pezzo”: quanto c’è delmarinaio, sommergibilista e cannoniereCOZZI nell’altro del duo Dalla-De Gregori?Per me, poco o nulla.

    nnn

    39Marinai d’Italia Maggio/Giugno 2016

    Dovendo raccontarvi del cannonie-re Santino COZZI, classe 1920, im-barcato durante il secondo conflit-

    to mondiale sul sommergile Otaria, lamente mi è andata alla famosa canzone“Ma come fanno i marinai”, di Dalla & DeGregori, divenuta un successone, non so-lo entro i confini nazionali, soprattutto du-rante il loro tour del 1978 denominato Ba-nana Republic. Nell’intento di voler trova-re una qualche ipotetica analogia tra l’i-dea del “marinaio” nelle strofe dei duecantautori e quella che mi sono fatto leg-gendo del nostro protagonista ho ascolta-to la canzone e letto il testo più volte.Ahimè, ho fatto un buco nell’acqua. Pro-babilmente non sarò bravo, forse non so-no dotato di estro artistico ma il “mari-naio” della canzone lo trovo alquanto ba-nale, frivolo, falsato persino (tranne in unparticolare passaggio ma come fanno imarinai a riconoscersi sempre uguali

    sempre quelli all’Equatore e al Polo Nord );distante, insomma, svariate centinaia dimiglia, a mio giudizio, dal cannoniere San-tino COZZI.Il 7 febbraio scorso in redazione ricevia-mo una mail del Presidente del Gruppo diLegnano, Sig. Gregorio DALLA COSTA,che, nell’informarci di una intervista rila-sciata alla locale rivista Polis qualche me-se prima dal Signor COZZI, ex-marinaiosommergibilista legnanese di origine, og-gi novantaseienne, in gioventù decoratocon la croce al valor militare, ci chiedegentilmente di pubblicare la sua storia sulnostro giornale. Ovvio che sì!Quanto segue è quindi parte dell’articolocomparso sul n. 4 di Polis Legnano – AnnoXXVII, a firma del giornalista Piero GARA-VAGLIA, dal titolo “Ferito in guerra e conuna croce al valore. Ma ora Santino fe-steggia 70 anni di nozze”.Torniamo allora indietro con la mente; sia-mo a metà del 1940. Subito dopo aver rice-vuto la cartolina di precetto, il marinaioCOZZI si presenta presso il centro reclu-tamento della Regia Marina di La Spezia.Ecco il suo ricordo: “Sono rimasto cinquegiorni e dopo il giuramento tutti noi giova-ni marinai siamo stati imbarcati su un tra-ghetto per le diverse destinazioni. Io sonostato sbarcato a Napoli nel settembre del1940, associato alla caserma stazionesommergibili. Intanto era rientrato in por-to il sommergibile Marconi che per trentagiorni è rimasto fermo per la revisione deimotori, prima di affrontare una missionenell’Atlantico”.

    Alla ricerca di marinai esperti da imbarca-re, egli ricorda in particolare: “Il coman-dante (del Marconi –ndr-) mi ha chiestose soffrivo il mal di mare, ma io ho rispo-sto che non lo sapevo, perché quella erala prima volta in vita mia che lo vedevo ilmare!”; niente imbarco ovviamente ed at-tesa al comando della Marina di Napoli“Navarca” fino al novembre 1942. Poi, fi-nalmente, in licenza. A casa. “Era chiama-ta ‘licenza agricola’. Avrei dovuto stare acasa un mese e invece dopo venti giorniarriva il maresciallo del Carabinieri che midice: ‘Devi partire subito, domani mattinaalle 9 devi essere a Napoli’. Prendo l’uni-co treno a disposizione che partiva a mez-zanotte e la mattina dopo mi presento alcomando. E via, subito imbarcato sul som-mergibile Otaria. Dalla stiva del sommer-gibile ricordo che abbiamo tolto alcuni si-luri per fare spazio e caricare scatolette dicarne da consegnare alle truppe sulle co-ste dell’Africa. E così siamo arrivati a Bar-dia, in Libia, con i viveri”.Quindi il ritorno alla base navale di Taran-to per ripristinare la piena efficienza delmotore che in precedenza aveva subitoun’avaria. Infine tappa a Pola, in Istria, do-ve c’era una scuola di addestramento peri sommergibilisti.E poi ancora Messina e Cagliari.

    38 Marinai d’Italia Maggio/Giugno 2016

    Testimonianze

    Ma dove vanno i marinaiAngelo CastiglioneP.N. - 4° Ufficio Comunicazione e documentazione e socio del Gruppo di Roma

    Il sommergibile OtariaCollezione Bagnasco


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