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30 LATE FOR THE SKY BREVE ENCICLOPEDIA MUSICALE TRE(C)CANI Anni Settanta La battuta sarà scontata, ma dischi da cani ne abbiamo sentiti un po’ tutti quanti nella vita. Con il budget di spe- sa sempre ridotto all’osso, ci si arruffa un po’ il pelo quando l’album che ab- biamo acquistato, magari caldeggiato da “quel” recensore su “quella” rivista così prestigiosa, si rivela poi una vera e propria ciofeca. Ma ovviamente non è di questo che si parla qui. Il primo approccio che ricordo, relativo al connubio cani e musica, è perso nel- la memoria di un adolescente alle pre- se con lo smaltimento della prima sbronza: seduti sulla panchina dei giardinetti, noi amici per la pelle e pri- MAP MUSIC PAGES INTRODUCING THE DOGS C amilla guarda i gatti e i gatti guardano Camilla. Non succede niente, una rincorsa sarebbe poco dignitosa per lei e faticosa per loro. E poi, un Labrador, si sa, glissa. Tommy sente il gatto e scoppia la terza guerra mondiale, partono i convulsi latrati, il rantolio si propaga e gli echi solidali dei colleghi arrivano fin dalla provincia di Cremona. Si sa, un ba- stardino s’incavola solo all’idea. Questa è la nostra vita in campagna, con un cane di città fedele suddito della Corona che in attesa del tea gira per il giar- dino ad annusare le rose come Maggie Smith in “Camera con vista”, e un ris- soso micro cane che qui nella bassa milanese c’è nato, che si è auto svezza- to per strada, fra le ruote di un tir e la pietosa frenata di qualche automobile lanciata verso la Rivoltana. Un cane che un bel giorno, non invitato, è entrato in giardino, si è trovato bene ed è rimasto. Camilla si è limitata ad alzare un sopracciglio, in un luminoso esempio di tolleranza. Ma l’affetto è lo stesso, la riconoscenza anche, l’attrazione per la musica, per entrambi, inesistente. Senza arrivare all’elegia caltagironiana che farebbe impallidire di gelosia Anubis e che potete apprezzare in queste pagine, il mio rapporto con i cani è di natura più semplice ed essenziale. Ma, come Nero Wolfe fa con gli umani, mi preoccupo che abbiano sempre la pancia piena, li vizio q.b., e una carez- za prima di andare a dormire non manca mai. Ma la musica credo che la de- testino. Se sono vicino a me quando siedo nel mio bunker musicale, appena metto un disco avverto sospiri bipartizan e li vedo salire le scale in cerca di silenzio. Sarà anche colpa dei Weather Report, ma ascoltare nefandezze per- ché rimangano con me mi sembra eccessivo. In questa mappa trovate un po’ di tutto: affetto e notizie, ricordi e tenerezza, e poi quel gusto tipico e nobile dei perditempo che si sono messi a sfogliare copertine alla ricerca delle fati- diche quattro zampe che avrebbero caratterizzato il loro contributo. Una mappa come un’altra, ma forse più affettuosa del solito, dedicata a tanti ar- tisti che nelle loro canzoni hanno voluto riservare un pensiero a questi one- sti quadrupedi, dedicata a noi che li trattiamo molto spesso meglio di altri umani, e dedicata anche a loro, perché non sanno cosa significhi tradire, perché trovano sempre il modo di venirti vicino a reclamare affetto per poi restituirtene cento volte tanto, perché ti fregano con gli occhi, perché ti fan- no preoccupare e perché si puliscono il naso nei pantaloni freschi di tintoria, generalmente chiari. Perché in questo mondo così pregno di incertezza, di dubbi, di insicurezza, Camilla e Tommy, ma anche tutti gli altri della band che celebriamo più avanti in queste pagine, sono sempre lì, per farti un po’ di fe- sta quando torni a casa e per cercare di capire se è ora di mangiare, o per cercare di farti capire che, se ci tieni al tappeto, è meglio che spegni quell’o- dioso giradischi e li porti fuori a fare un giretto. Roberto Anghinoni Rock The Dog Mappacani 3-01-2007 11:56 Pagina 30
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30 LATE FOR THE SKY

BBRREEVVEE EENNCCIICCLLOOPPEEDDIIAAMMUUSSIICCAALLEE TTRREE((CC))CCAANNII

Anni SettantaLa battuta sarà scontata, ma dischi dacani ne abbiamo sentiti un po’ tuttiquanti nella vita. Con il budget di spe-sa sempre ridotto all’osso, ci si arruffaun po’ il pelo quando l’album che ab-biamo acquistato, magari caldeggiatoda “quel” recensore su “quella” rivistacosì prestigiosa, si rivela poi una vera epropria ciofeca. Ma ovviamente non èdi questo che si parla qui.Il primo approccio che ricordo, relativoal connubio cani e musica, è perso nel-la memoria di un adolescente alle pre-se con lo smaltimento della primasbronza: seduti sulla panchina deigiardinetti, noi amici per la pelle e pri-

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IINNTTRROODDUUCCIINNGG TTHHEE DDOOGGSS

CCamilla guarda i gatti e i gatti guardano Camilla. Non succede niente,una rincorsa sarebbe poco dignitosa per lei e faticosa per loro. E poi,un Labrador, si sa, glissa. Tommy sente il gatto e scoppia la terzaguerra mondiale, partono i convulsi latrati, il rantolio si propaga e gli

echi solidali dei colleghi arrivano fin dalla provincia di Cremona. Si sa, un ba-stardino s’incavola solo all’idea. Questa è la nostra vita in campagna, con uncane di città fedele suddito della Corona che in attesa del tea gira per il giar-dino ad annusare le rose come Maggie Smith in “Camera con vista”, e un ris-soso micro cane che qui nella bassa milanese c’è nato, che si è auto svezza-to per strada, fra le ruote di un tir e la pietosa frenata di qualche automobilelanciata verso la Rivoltana. Un cane che un bel giorno, non invitato, è entratoin giardino, si è trovato bene ed è rimasto. Camilla si è limitata ad alzare unsopracciglio, in un luminoso esempio di tolleranza. Ma l’affetto è lo stesso,la riconoscenza anche, l’attrazione per la musica, per entrambi, inesistente.Senza arrivare all’elegia caltagironiana che farebbe impallidire di gelosiaAnubis e che potete apprezzare in queste pagine, il mio rapporto con i cani èdi natura più semplice ed essenziale. Ma, come Nero Wolfe fa con gli umani,mi preoccupo che abbiano sempre la pancia piena, li vizio q.b., e una carez-za prima di andare a dormire non manca mai. Ma la musica credo che la de-testino. Se sono vicino a me quando siedo nel mio bunker musicale, appenametto un disco avverto sospiri bipartizan e li vedo salire le scale in cerca disilenzio. Sarà anche colpa dei Weather Report, ma ascoltare nefandezze per-ché rimangano con me mi sembra eccessivo. In questa mappa trovate un po’di tutto: affetto e notizie, ricordi e tenerezza, e poi quel gusto tipico e nobiledei perditempo che si sono messi a sfogliare copertine alla ricerca delle fati-diche quattro zampe che avrebbero caratterizzato il loro contributo. Unamappa come un’altra, ma forse più affettuosa del solito, dedicata a tanti ar-tisti che nelle loro canzoni hanno voluto riservare un pensiero a questi one-sti quadrupedi, dedicata a noi che li trattiamo molto spesso meglio di altriumani, e dedicata anche a loro, perché non sanno cosa significhi tradire,perché trovano sempre il modo di venirti vicino a reclamare affetto per poirestituirtene cento volte tanto, perché ti fregano con gli occhi, perché ti fan-no preoccupare e perché si puliscono il naso nei pantaloni freschi di tintoria,generalmente chiari. Perché in questo mondo così pregno di incertezza, didubbi, di insicurezza, Camilla e Tommy, ma anche tutti gli altri della band checelebriamo più avanti in queste pagine, sono sempre lì, per farti un po’ di fe-sta quando torni a casa e per cercare di capire se è ora di mangiare, o percercare di farti capire che, se ci tieni al tappeto, è meglio che spegni quell’o-dioso giradischi e li porti fuori a fare un giretto.

Roberto Anghinoni

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mo embrione di una band che sarà perun breve periodo di culto nella Brianzavelenosa, veniamo raggiunti da un ba-stardino che saltella, gioca e poi si rag-gomitola lì con noi. Nel silenzio uno di-ce: “Cavolo, sembriamo la copertina diMad Dogs And Englishmen”.In quel periodo, metà anni ‘70, ascolta-vo molto James Taylor, che nella cele-bre Carolina On My Mind evoca le“Geese in flight, and dogs that bite…”.L’album che più mi piaceva del vecchioJames era però One Man Dog (1972),così anomalo nel suo flusso di coscien-za stile jam session e avangardia folk.In copertina il baffuto, versione tra-ghettatore, con tanto di pantalone, ca-micia e cravatta, capelli perfettamenteimpomatati, è sulla barchetta col suosimpatico cucciolo. Un gran bel disco,registrato in parte nella casa diMartha’s Vineyard con i Jo Mama diDanny Kootch. Per la cronaca, Jamestornerà alla razza canina sedici annidopo, con il lupo della copertina di Ne-ver Die Young.Di cane in cane, di copertina in brano,quegli anni sono stati contrassegnatida agganci cinofili che dimostranoquanto sia schizofrenico dividere acca-nitamente la musica in generi e com-

partimenti stagni. I miei preferiti eranoi Led Zeppelin di Black Dog (qualcunoli catalogherebbe hard rock), i PinkFloyd di Dogs (rock psichedelico), chepoi scriveranno anche la mitica DogsOf War; la Nitty Gritty Dirt Band di Un-cle Charly And His Dog Teddy (countrytradizionale) e, sul fronte copertine, ilNeil Young di Everybody Knows This IsNowhere (west coast), Music di CarolKing (idem) con quella meraviglosa fo-to nella doppia busta interna, DiamondDogs di Bowie (glam) e Mio Fratello è

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Figlo Unico di Rino Gaetano (rimanen-do in Italia e tornando ai brani, comedimenticare anche Quattro Cani PerStrada di quell’ermetico di De Gregori,tralasciando nel contempo quelli pre-senti nei testi delle canzoni di Guccini eDe Andrè). Unica digressione: The Year Of The Catdi Al Stewart e i dischi di Cat Stevens.

Anni Ottanta e NovantaPassa qualche anno e arriva il ciclonepunk! Molti “cani” sui palchi, comemusicisti intendo, ma pochi sulle co-pertine. Non va meglio nei brani, a par-te l’inno generazionale I Wanna BeYour Dog di Iggy Pop.

Non va meglio nemmeno a me: a due-cento metri da casa mia vive, canta esuona un tale che si fa chiamare GattoPanceri. Nelle varie derive del punk, tra postpunk, grunge e hardcore invece, i no-stri amici a quattro zampe tornano allagrande: una delle copertine più belle inassoluto è quella di Down dei The Je-sus Lizard (album del 1994 uscito perla Touch And Go, ma è da segnalare an-che la cover dello split condiviso coiNirvana del 1992); per irriverenza nonscherza nemmeno quella dei MillionsOf Dead Cops di Dave Dictor del secon-do disco (ma qui vado a memoria), do-ve campeggia la parte meno nobile di

un boxer trasfigurata in un polizziottoamericano, appunto. Nell’area di Seat-tle, complice la campagna, scorazzanoi Temple Of The Dog, versione embrio-nale dei Pearl Jam (ma che animale c’èsulla copertina di Vs?). Sul versantecopertine, la palma d’oro se la pigliaDas Damen degli Earth, ma sono carinianche i cuccioletti su Houdini dei Mel-vins e pure simpatico è il disegno sullacover del debutto degli Sweet 75 di Ch-ris Novoselic e così anche la foto chec’è su Inhaler dei Tad. Più defilati i LosLobos di Hidalgo & C., che cambieran-no marcia proprio citando se stessi(con tanto di copertina) nell’ottimo WillThe Wolf Survive? In Inghilterra, dopo

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WWIILLLLIIAAMM,, FFRREEDD && HHEERRBBEERRTT

A Blek perché si decida se già non l’ha fatto, alla mia dolce Blueche mi tiene d’occhio dal cielo dei cani e a Geordie Geordie che ètutto per me.

Ce l’hanno fatta. I miei fantastici cani mi hanno addomesticato.Sono state e sono creature della fantasia, discese sulla terra pertrasmettere amore e saggezza. Amo tutti gli animali, anche le zan-zare e le mosche, i varani di Komodo e i crotali. Li amo tutti e maime ne ciberò. Parlo di filosofia con Geordie, ragioniamo del benee del male, ci perdiamo in lunghe digressioni escatologiche. Ioparlo, lei mi risponde socchiudendo gli occhi, con le orecchie,muovendo la coda. Spesso non abbiamo bisogno di parole, né digestualità canina. Ascoltiamo rock e folk soprattutto e scriviamodi musica. Lei predilige la classica. Se qualcosa non le piace, cam-bia stanza e se ne va sul mio letto. Geordie è la mia musa, senzala sua amorevole sintonia faticherei a scrivere. L’innocenza e lamoralità dei miei cani sono un modello per me. Mi piacerebbeparlare di Buck, di Snoopy e di Barone, l’indimenticabile perso-naggio descritto da Carlo Levi dal soggiorno obbligato di Eboli.Ma su LFTS vi racconterò di Fred e del cane di Herbert Pagani. “William D. Berry vive sulla strada, guarda il mondo attraversola pianta dei piedi, ha portato tutto ciò che gli appartiene su un vecchio copriletto. Il suo unico amico è un cane di nomeFred.” Ho scoperto questa canzone bellissima di Jon Ims, un cantautore americano che non ha mai inciso un disco a suo no-me (credo lavori in una scuola musicale) su The Silverwolf Homeless Project, un’antologia benefica uscita nel 1995, con JohnGorka, Tom Paxton, Greg Brown e molti altri, dedicata ai “senzatetto” americani e qualche volta ai loro fedeli accompagnatori.Questa ballata mi ha toccato per il testo e per la melodia ed è giostrata sull’incrocio di una chitarra acustica e di un’elettrica,fra dolci progressioni e slide. “William e Fred badano l’uno all’altro, William non tratta mai Fred come un cane, lo tratta comeun fratello…” Frugano nella spazzatura dietro il supermercato, un carico pieno di lattine guadagna un dollaro e 42. Fanno la fi-la per la minestra. William si china per sciogliere il collare di Fred e gli dà una pacca sulla schiena.” C’è uno slavo, ha due hu-sky, madre e figlio, dai lunghi capelli grigi nel giardino dove vado con Geordie. Cerchiamo di aiutarlo. L’altro giorno voleva re-galarmi del cibo per cani. William and Fred è una ballata da provare sulla chitarra, ha un piacevole giro che non è ancora unatonalità minore. È un piccolo racconto in musica. William viene aggredito da un compagno di sventura, potrebbe essere un fa-cile bersaglio, Fred lo salva ringhiando e abbaiando. “Fred segue William fino alla griglia del riscaldamento, dividono un pani-

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l’ubriacatura psichedelica dei primi‘80, nasce un altro gruppo che dedicail proprio moniker alla specie canina,per la precisione alla prima cagnettalanciata nello spazio: sono i dignitosis-simi Laika di Guy Fixsen e MargaretFiedler, sorti dalle ceneri dei grandiMoonshake. La cagnetta appare in tutala sua magniloquenza sulla copertinadell’ottimo Good Looking Blues. Un cu-rioso musetto canino campeggia an-che sulla copertina della doppia raccol-ta retrospettiva dedicata all’arte soli-sta di David Sylvian intitolataEverything And Nothing; il disco è in-vece dedicato da David ai suoi genitori.Ma come dimenticare, tra le song, l’in-diavolata Thirsty Dog di Nick Cave pre-sente sul suo bellissimo Let Love In,dove un assatanato Nick (poco prima

di darsi al crooning) ricorda le lotte in-finite col precedente amore, seduto coisuoi sensi di colpa in un pub chiamatoappunto Cane Assetato. Più di tutti c’èun album che è anche una filosofia divita. Racconta Tom Waits che l’ispira-zione al suo stupendo Rain Dogs gli èarrivata appunto osservando alcuni ca-ni di New York. Sentiamolo: “E’ un fe-nomeno che si riscontra soprattuttonel Lower Manhattan. Dopo un tempo-rale, i cani vengono sorpresi lontanoda casa. In qualche modo l’acqua spaz-za via le tracce ed essi non riesconopiù a ritrovare la strada di casa. Così,verso le quattro del mattino, si vedonotutti questi cani bloccati per la stradache vi guardano un po’ smarriti, comeper dirvi: -Per favore, mi aiutereste, si-gnore?”

Nuovo millennioL’attuale decade mi ha colto un po’ disorpresa: non ho molto da segnalare,così su due piedi (quattro zampe, sepreferite). Certo è da consigliare a tuttiil recente film Danny The Dog, che go-de della splendida omonima colonnasonora dei Massive Attack. Ma per il di-sco che più di tutti celebra l’amore peri nostri piccoli amici a quattro zampedobbiamo tornare in area Chicago. Allapiccola Flea, compagna di dieci anni divita, Windy And Carl dedicano un inte-ro e struggente EP intitolato appuntoDedication To Flea (con tanto di biogra-fia accurata e foto di repertorio nelbooklet, perfino quella del cadavere…).Siamo nell’ambito della pura psichede-lia sfibrata di area Kranky, con dronesdi chitarra e riverberi space. Per com-

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no freddo su un piatto di carta, arriva unpoliziotto e sferra un calcio a William suldi dietro, batte lo sfollagente sul palmo:‘Non puoi ronzare qui.’ William e Fred tre-mano davanti a una porta, William si tie-ne stretto Fred quando il giorno diventanotte e le ombre scendono sul vicolo.”Ma se è una giornata un cui il cielo sem-bra precipitarvi addosso, se è “una notteda buttarsi giù da un ponte”, ricordateviche c’è un canile, non lontano da casa vo-stra e che qualcuno vi aspetta con fiducia.“Tu che hai fame di uno sguardo e non osichieder fuoco vatti a prendere un bastar-do tiene caldo e costa poco!” Sono versidi una delle più brucianti canzoni del mioprediletto Herbert Pagani, un grandechansonnier, irripetibile poeta e pittore, epiù ancora un uomo che tratteneva unmeraviglioso sogno di pacificazione uni-versale. La sua Concerto per un cane è uncommovente omaggio, corredato di tutta quella teatralità propria dell’autore. “Bisogna avere dei nervi d’acciaio esser killer osordi o dementi bisogna avere vissuto a Dachau per non crepare quando li senti… Erano mille schiumanti di rabbia in un infer-no di ferro e fetore, ognuno urlava incollato alla gabbia: prendi me, no, prendi me, me me!” Dall’album Palcoscenico del 1976questa canzone mi ha trafitto ogni volta che l’ho ascoltata. Pagani era un cantore di “ultimi”, di tagliati fuori. La sua grandeumanità ancora ci consola di una prematura e tragica perdita. Certo amava gli animali per la loro purezza, per quella dignità esenso morale che ci lasciano interdetti. Ha scritto Christopher Morley (non dimenticate i bei volumi pubblicati da Sellerio):“La censura di un cane è una cosa che nessun uomo può sopportare”. Pagani ha parlato dei suoi amici con gioia e rispetto,rendendo immortale una canzone che vedrei bene come spot pubblicità-progresso nelle “estati dei vigliacchi”. “Ed eccoci difuori in mezzo al vento, sei sporco e puzzi peggio di un forzato, ma ci hai negli occhi tanto cioccolato che mi sento come uncretino e son contento! Alla prima curva mi metti una zampa sulla mano…” In questa canzone Herbert canta dei cani con lapassione e l’impeto che vestivano di calore ogni sua composizione. “…il tuo vero amore sono i miei calzini, questa sì che sichiama alta fedeltà…”. Geordie mi guarda fissa dal divano, sbatte gli occhi una volta. Io so che è un segno di approvazione.

Francesco Caltagirone

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pletezza conclusiva, cito i titoli dei duelunghi brani presenti: Ode To a Dog eSketch For Flea. Mi rimetto a cercare,magari qualcosa per un futuro articolosalterà fuori. Mi corre dovere di segna-lare che, durante la stesura di questoarticolo, ho avuto in sottofondo la di-scografia della grande…Cat Power!

PS: Questo articolo è profondamentededicato ai due cani più di tutti paladi-ni del rock and roll: Nerina e Camilla.

PJ Cantù

RRIICCOORRDDII EE AAPPPPUUNNTTII ((DDIISSOORRDDIINNAATTII))IINN CCAAGGNNEESSCCOO

Tranquilli, non ce l’ho con nessuno, maun titolo migliore non mi veniva inmente davvero, e allora eccomi qui, incagnesco e alla rinfusa in cerca di caniimportanti nella mia discografiarockeggiante.Andando parecchio in là col tempo,erano gli anni del ginnasio, a occhio ecroce, e imperversava un quarantacin-que giri degli Wings, il gruppo di PaulMcCartney per intenderci: un tormen-tone folk-rock intitolato Mull Of Kinthy-re. Non so se fosse una mia impressio-ne o fosse vero, ma verso la fine delbrano ho sempre avuto la sensazionedi sentire un cane che abbaia. Comeinizio, mi rendo conto, è un po’ tirato,ma subito dopo, nel ricordo, arrivanoalcune canzoni dedicate ai cani, c’era-no ad esempio tali Kaukonen e Hobsonche su un disco prestatomi dal mioamico Danbar avevano un brano intito-lato a un cane poliziotto, Police DogBlues, molti anni prima del commissa-rio Rex. Il disco, se dovesse servire ri-cordarlo era Quah. Sempre in queglianni scoprivo i Byrds e ne leggevo legesta su un libello firmato da RaffaeleGalli e Pietro Noè, un libro che mi ètutt’oggi assai caro anche perché oracontiene gli autografi di alcuni ex delgruppo. Proprio grazie a quel libro sco-privo che vi erano ben tre brani dedica-ti ai cani nella discografia della band diMcGuinn: Old Blue, Fido e Buglar. Scu-sate se è poco, e se non è amore per i

cani questo… La prima è divenuta unodei classici del gruppo nei live set, laterza è uno dei più bei brani in assolu-to dell’intero repertorio. In tempi moltopiù recenti Tom Russell dedicò un di-sco a cani, cowboys, indiani e cavalli,riprendendo, con arrangiamento rinno-vato la stessa Old Blue cantata daiByrds. Ma tornando indietro al countryrock degli esordi, il cane più famoso ditutta la scena è sicuramente Teddy, ilcane dello zio Charlie, immortalato in-sieme al suo padrone sulla copertinadell’omonimo disco della Nitty GrittyDirt Band. E che dire del cane di Neil

Young, il vecchio Art, a cui fu dedicatoun brano rimasto a tutt’oggi inedito,Love Art Blues. Prima di lasciarvi a benaltri esperti canini vorrei poi citarequalche artista col nome da cane, mabadate bene, si tratta solo del nome, iltalento è ben altro.Negli anfratti del blues penso al vec-chio Hound Dog Taylor, solido blue-sman della prima generazione, giuntoalla sala d’incisione solo all’inizio deglianni ‘70, autentico portento della slideguitar. Un altro signore imparentato,anche se in maniera meno radicale, colblues è Leon Russell, poliedrico ses-sion man e produttore che ha legatoper sempre il suo nome a quello di JoeCocker: nel loro disco dal vivo MadDogs And The Englishmen, posto chegli inglesi erano Cocker e alcuni mem-bri del gruppo, i cani pazzi erano sicu-ramente quella parte di band america-na, quella che faceva capo a Russell. EMad Dog è anche il soprannome del

bluesman nostrano Enrico Micheletti,assai citato nei primi anni ‘80, che conquesto nome ha intitolato anche unsuo disco di studio.Restando in Italia è doveroso citare an-che un gruppo chiamato My Uncle TheDog, titolare di un oscuro CD in cui lamusica punk si intreccia con atmosfereroots. E, per finire, che dire dell’ineditocrosbyano Kids And Dogs, che dopolunga sepoltura negli archivi è stata fi-nalmente sdoganata nel triplo box chela Rhino ha dedicato alla C di CSNY?Un’ultima domanda: Can Your PussyDo The Dog?Paolo Crazy Carnevale

AACC//DDCCGGIIVVEENN TTHHEE DDOOGG AA BBOONNEELa musica degli Ac/Dc, specialmentenei primi anni, esprimeva una furia sel-vaggia, quasi animalesca, in particola-re nei concerti infuocati del quintettodi Sidney. Let The Be Rock (Atlantic1977) è il quarto album della band, ilprimo pubblicato in tutto il mondo edevidenzia la grande energia di un grup-po affamato di successo. Dog Eat Dogè un rock serrato ed incisivo, cantatocon rabbia da Bon Scott, non il branomigliore di un disco formidabile checomprende la title track, Bad Boy Boo-gie, Hell Ain’t A Bad Place To Be e lastrepitosa Whole Lotta Rosie. Nel feb-braio del 1980, proprio nel momentodell’esplosione mondiale, il cantanteBon Scott muore soffocato dal suo vo-mito. Come sempre le morti nel rockportano popolarità, così Back In Black,

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primo album con Brian Johnson alla vo-ce, diventa il disco più venduto dellaband, anzi il più venduto della storiadell’hard rock (negli Usa ha superato iventi milioni di copie). Un album note-vole, tosto, massiccio, con almeno unpaio di classici come Hells Bells eShoot To Thrill, ma privo dei guizzi deiprimi tempi e nel complesso troppomonocorde. Given The Dog A Bone èun esempio perfetto del nuovo corsodegli Ac/Dc, un brano potente nel qua-le si può notare come Johnson sia inapparenza uguale a Scott, ma in realtàprivo della profondità, del calore e del-l’anima del suo predecessore.

Paolo Baiotti

AAEERROOSSMMIITTHHSSIICCKK AASS AA DDOOGGLanciati negli States come la rispostaamericana ai Rolling Stones, gli Aero-smith si sono ispirati al rock inglesedegli anni ‘60 (Yardbirds, Animals, Sto-nes) e al rhythm and blues, aggiungen-do un po’ di decibel e un paio di chitar-re molto aggressive. Così il cantanteSteven Tyler e il chitarrista Joe Perry so-no stati soprannominati i toxic twins incontrapposizione a Jagger e Richards(glimmer twins), visto il loro intensorapporto con la droga che per un certoperiodo ha compromesso i rapporti al-l’interno della band. Nel loro primoomonimo album, uscito nel 1973 e pas-sato inizialmente inosservato, ma poiesploso dopo il tardivo successo delsingolo Dream On, ci sono altri classicicome Mama Kin e One Way Street euna cover negroide di Walking TheDog, famoso brano di Rufus Thomas.

L’album simbolo della band è Rocks(Cbs 1976) che contiene la potenteSick As A Dog, un up-tempo trascinan-te nella migliore tradizione della bandcon un cambio di tempo nella partestrumentale che culmina con un note-vole crescendo chitarristico, ripropostoanche nel brillante doppio dal vivo LiveBootleg.

Paolo Baiotti

BBLLUUEE OOYYSSTTEERR CCUULLTTTTHHEE DDOOGG CCOONNNNEECCTTIIOONNNella storia della grande band di LongIsland non mancano i riferimenti, so-prattutto grafici, agli amici a quattrozampe. Tiranny And Mutation, splendi-do secondo album del quintetto, è divi-so in due facciate chiamate The Black eThe Red. Il primo lato è una sequenzasuperba di brani hard rock trascinanti edi grande impatto, mentre la seconda èpiù misteriosa, rarefatta e inquietante.The Red si apre con Baby Ice Dog, mu-sica composta dal batterista AlbertBouchard e dal cantante Eric Bloom etesto della poetessa Patti Smith, all’e-poca compagna del tastierista AllenLanier e non ancora conosciuta in am-bito rock. Un brano misterioso che siapre e chiude con un ululato (cane olupo?), con un ritmo spezzato di matri-ce jazz decisamente inconsueto e untesto metaforico di difficile interpreta-zione. L’album successivo Secret Trea-ties, considerato da molti il capolavorodella band e una delle vette del rockamericano degli anni ‘70, ha in coperti-na un disegno di Ron Lesser che rap-presenta un aereo ME 262 dal qualesono scesi i cinque musicisti accompa-

gnati da quattro pastori tedeschi che,nella busta interna, sono a terra, mas-sacrati, a fianco dell’aereo. Una coper-tina criptica come i contenuti del disco,affascinante e complesso. Alcuni annidopo il disegnatore Greg Scott, colla-boratore di Rolling Stone, realizza alcu-ne copertine per i Boc, a partire da FireOf Unknown Origin, dove vengono rap-presentati i membri di una società se-greta con il simbolo della band dise-gnato sui loro mantelli, ognuno conun’ostrica blu in mano. Nel doppio Ex-traterrestrial Live uno di questi monacimisteriosi scende da un’astronave e,alla base della scaletta, ci sono duedobberman. Nella busta interna delsuccessivo album The Revolution ByNight, Scott raffigura un dobbermanappoggiato su un forziere ispirato alladivinità egizia Anubis (un cane con latesta di sciacallo) e lo stesso disegnoverrà ripreso per la copertina delladoppia raccolta Workshop Of The Tele-scopes, pubblicata nel 1995, la miglio-re tra le numerose antologie uscite ne-gli ultimi anni.

Paolo Baiotti

BBLLUURRPPAARRKKLLIIFFEE Una delle tre pietre miliari della fugacestagione del Brit Pop (le altre sono Dif-ferent Class dei Pulp e Definitely May-be degli Oasis), ha l’onore di ospitarein copertina due esemplari “da corsa”della specie animale che celebriamo inqueste pagine. Nel disco invece sonoospitate alcune tra le più belle canzoniuscite dalla penna e dal pentagrammamentale di quel genio di Damon Al-

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barn. Tema che attraversa tutto il discoè la socialità adolescenziale londinesedella metà anni ’90, vissuta tra vitalitàe angosce in una città destinata a cam-biare rapidamente (in peggio). Molti gliumori musicali presenti, che vanno dascintillanti melodie eightees (Girls andBoys) a escursioni psycho-rock doveemerge l’eclettismo chitarristico diGraham Coxon (Bank Holiday, TracyJacks); fanno capolino perfino tramerap ante litteram (nella title track). Iltutto spruzzato da un delizioso accen-to “cockney” che mette trasversalmen-te d’accordo il quartiere di nascita diAlbarn (Whitechapel, nell’east end)con quello da lui prediletto e scelto co-me dimora al rientro dopo l’adolescen-za passata a Colchester (il più fighettowest end di Ladbroke Grove).

PJ Cantù

CCAARRAAVVAANNTTHHEE DDOOGG……AATT SSTT.. DDUUNNSSTTAANN’’SSSe penso ai Caravan me li immaginonella campagna inglese, ovviamentenei dintorni di Canterbury, mentre pas-seggiano con un paio di cagnoni, diquelli belli pelosi, placidi e festosi. Nonpotevano mancare richiami canini nelpercorso della grande band britannica.For Girls Who Grow Plump In The Night(Decca 1973) è il loro quinto album erappresenta un ritorno ad alti livelli do-po la parziale delusione del jazzatoWaterloo Lily. Il disco è interamentecomposto dal chitarrista e cantantePye Hastings e comprende interessanti

esperimenti orchestrali e classici lun-ghi brani nello stile rilassato e fluidodella band come The Dog, The Dog,He’s At It Again, con il determinantecontributo strumentale di Dave Sinclairalle tastiere e della viola del nuovo ar-rivato Geoffrey Richardson. Questobrano sarà ripreso nel successivo con-troverso live con l’orchestra Caravan &The New Symphonia e nello splendidopostumo Live At The Fairfield Halls1974 (Decca 2002). Dopo la chiusuradel rapporto con la Decca, e anche acausa di frequenti cambi di formazio-ne, i Caravan non riescono più a ritro-varsi e per capirlo basta ascoltareBlind Dog at St. Dunstan’s (Btm 1976),un album confuso, privo dell’eterea de-licatezza e della fragilità che avevanoreso indimenticabili i primi dischi.

Paolo Baiotti

HHOOUUNNDD DDOOGG TTAAYYLLOORRAA TTRRIIBBUUTTEELa storia di Hound Dog Taylor è incredi-bile ma in fondo simile a quella di moltialtri bluesmen neri. Per più di trent’an-ni ha suonato il suo blues del Missis-sippi in locali sconosciuti e malfamatidi Chicago con gli Houserockers, mafuori Chicago nessuno conosceva TheHound (il segugio). Un blues semplice,scarno, ballabile, aspro e ipnotico e deiconcerti leggendari, senza scaletta,pieni di grinta e improvvisazione. PoiBruce Iglauer (un vero segugio) lo sco-prì nel 1971 e lo fece incidere per la suaAlligator, quattro anni di fama e ricono-

scimenti prima della morte a soli 59anni per un tumore ai polmoni. I suoipochi dischi sono apprezzati e studiatidai chitarristi e la sua influenza è indi-scutibile. Nel 1997 Iglauer ha organiz-zato uno splendido tributo a HoundDog con musicisti di grande livello co-me Gov’t Mule, Son Seals, Luther Alli-son, Sonny Landreth, Bob Margolin,George Thorogood, Magic Slim, VernonReid e Ronnie Earl. Un album magnifi-co, pieno di blues elettrico, entusia-smante e brillante che il vecchio HoundDog ha sicuramente apprezzato dalsuo angolo di paradiso.

Paolo Baiotti

LLEEDD ZZEEPPPPEELLIINNBBLLAACCKK DDOOGGIl terzo album dei Led Zeppelin non eraandato bene come il predecessore,Jimmy Page e compagnia si buttarono acapofitto nel lavoro per un pronto ri-scatto. Le atmosfere bucoliche del IIInon avevano fatto breccia e da li a pocoil connubio tra acustico e metallicoavrebbe generato il capolavoro. BlackDog è la nemesi di Stairway To Heaven,è la quintessenza di una canzone deiLed, con quel riff assassino posto giu-sto in apertura e che ti si pianta in testaper non mollarti più. Quante ne avetesentite di canzoni fatte in quel modo daquel giorno in poi? Centinaia, ma quellafu la partenza, il colpo di starter per ge-nerazioni di rocker che ancora oggi os-sequiosi omaggiano i grandi vecchi.

Daniele Ghiro

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JJOOHHNN MMAAYYAALLLLRROOAADD DDOOGGSSRoad Dogs è uno dei più recenti albumdei Bluesbreakers di John Mayall, inos-sidabile icona del blues inglese che do-po oltre quarant’anni di carriera, riescea pubblicare compact sempre di livellosuperiore alla media, incurante dell’etàe degli acciacchi. La title track è un ma-nifesto della visione della vita del gran-de bluesman, un inno a un modo sem-plice di viaggiare per suonare senzainutili comodità, aerei personali e affi-ni, ma con pochi roadies e un paio diauto in affitto. Questa è la vita di musi-cisti veri, non di rock star fuori dalmondo. Road Dogs è l’ennesimo tas-sello di una storia gloriosa culminatacon la concessione di un’onorificenzada parte della Corona britannica in oc-casione del settantesimo compleannodi Mayall. Ascoltate la raffinata FortyDays, l’aspra To Heal The Pain con untesto di condanna della violenza impe-rante e lo slow Beyond Control che evi-denzia le doti dell’ennesimo grandechitarrista scoperto da Mayall, il corpu-lento Buddy Whittington. È stato il pa-dre del blues inglese e resta un mae-stro per tutti.

Paolo Baiotti

SSTTEEPPPPEENNWWOOLLFFSSTTEEPPPPEENNWWOOLLFF LLIIVVEE Gruppo pioniere dell’hard rock psiche-delico, si forma dalle ceneri dei cana-desi Sparrow con John Kay, leader indi-scusso della band, i fratelli Dennis eJerry Edmonton e Nick St. Nicholas, chedopo essersi imposti nella zona di To-ronto come grande band di blues, sitrasferiscono prima a New York, poi aLos Angeles dove cambiano il nomeprima in John Kay & The Sparrow, poiin Steppenwolf (dal libro “Il lupo dellasteppa” di Herman Hesse) per poi rifu-giarsi definitivamente a San Franciscodove entrano nel giro psichedelico mu-sicale che stava nascendo. Dopo alcunicambiamenti di formazione, il gruppofirma per la Dunhill e ottiene un incre-dibile successo con la seminale BornTo Be Wild, brano scritto dal chitarristaDennis Edmonton sotto lo pseudonimodi Mars Bonfire, una canzone che conThe Pusher scritta da Hoyt Axton di-venta il simbolo dei giovani di quel pe-

riodo, brani divenuti immortali grazieal successo del film “Easy Ryder” dellacui colonna sonora facevano parte eche li fece diventar famosi in tutto ilmondo. Dopo un nuovo hit single conla stupenda Magic Carpet Ride e il suc-cesso dei primi due album Step-penwolf e The Second Album, a finedecennio iniziano le prime difficoltàper il gruppo con nuovicambi di formazione, conBonfire che inciderà duesplendidi album solisti.Ma il 1970 porterà allaproduzione di tre album,tra cui questo strepitosoLive, che contiene tutti lo-ro maggiori successi, regi-strati in interminabili tourin tutto il paese. Da ascoltare a tuttovolume la voce di Kay, il chitarrismo diBonfire, blues, rock, psichedelia unitein un suono che nessuno sarà in gradodi ripetere. Born To Be Wild, The Pu-sher, Rock Me (che fu nella colonna so-

nora del film “Candy”, è un concentra-to di sensazioni uniche, di atmosfereora dure, ora sognanti, ed è bello con-tinuare a sognare ascoltando questamusica. Ma, purtroppo, la realtà ripor-ta il gruppo allo scarso successo deglialbum di studio, alla poca originalità, auna certa staticità che porterà nel 1972allo scioglimento della band Kay inci-derà due album solisti di grande spes-sore, poi via al walzer delle reunion.Ma il lupo della steppa non ulula più.

Daniele Ghisoni

TTEEDD NNUUGGEENNTTDDOOGG EEAATT DDOOGGNel 1976 la stella di Ted Nugent brilladi luce propria. Dopo l’omonimo albumche ottiene un ottimo riscontro infiam-mando gli appassionati di hard degliStates, lo scatenato chitarrista di De-troit pubblica Free For All. e ottiene ilsuo primo disco di platino. A causa deirapporti poco brillanti con il vocalist esecondo chitarrista Derek St. Holmes

chiama in studio uno sco-nosciuto giovane cantan-te, tale Meat Loaf, che ilproduttore Tom Wermanaveva visto in una produ-zione teatrale di Hair. Aparte l’esplosiva titletrack, Dog Eat Dog è forseil brano più convincentedell’album. Un hard rock

trascinante con un testo che utilizza lametafora del cane mangia cane in rife-rimento ai gravi disordini del 1967 aDetroit, durante i quali Nugent lavora-va in un negozio di strumenti musicalie si era chiuso in magazzino con un fu-cile per proteggere la merce di produ-zione giapponese. È sempre stato unpazzoide il buon Ted, ma un chitarristacon le palle e la versione dal vivo diDog Eat Dog, bonus track della ristam-pa di Free For All, è strepitosa.

Paolo Baiotti

TTEEMMPPLLEE OOFF TTHHEE DDOOGGNe abbiamo già parlato molte volte diquesto disco, ma non potevamo la-sciarlo fuori dalla mappa sui cani e al-lora rispolveriamo solo la memoria:Cornell e Cameron dei Soundgarden,Gossard, Ament, Vedder, McReady deiPearl Jam si uniscono per ricordare la M

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scomparsa di Andrew Wood, cantantedei Mother Love Bone e fatalmentesfornano forse il più bel disco di tuttal’era grunge. La violenza è tutta in Pu-shin Forward Back, il resto è un delica-tissimo e struggente hard blues cheraggiunge apici strepitosi. Say hello toHeaven, Call Me aDog e Hunger Strikedanno la paga a tutta la musica del ge-nere uscita in quel momento. Da ricor-dare che anche Warren Haynes con iGov’t Mule nel concerto di Milano haricordato questo disco riproponendouna lunga e jammata versione di Hun-ger Strike, a riprova di quanto ancoraattuale suoni quel disco. Purtropponon ci fù un seguito.

TTHHEE RROODDSS WWIILLDD DDOOGGSSGruppo dedito al più grezzo rock’n’roll,non certo uno dei migliori esponentidel genere ma comunque onesto e vi-brante. Ammetto che il loro disco WildDogs lo comprai solo ed esclusivamen-te per la fantastica copertina. Il dise-gno del rabbioso cane a tre teste li raf-figurato mi affascinò da subito. Quellacopertina la replicai su svariati albumda disegno e di una di quelle copie nevado particolarmente orgoglioso e an-cora oggi la conservo gelosamente (lapotete vedere qui sotto…)

Daniele Ghiro

TTHHEE SSTTOOOOGGEESSII WWAANNNNAA BBEE YYOOUURR DDOOGGAspri, violenti, dissennati, estremisti,cattivi, incompresi, questi sono alcunidegli aggettivi riferiti agli Stooges, laband di Detroit che ottenne un contrat-to con l’Elektra grazie agli MC5 nell’e-state del 1968. L’omonimo album d’e-sordio è decisamente troppo originaleper l’epoca. La produzione di John Calefa pensare ai Velvet Underground, inparticolare nella lenta e sofferta WeWill Fall, con la viola del produttore checi riporta alle atmosfere orientaleg-gianti della New York dei Velvet e nellaperversa Ann. Ma il simbolo del disco èil riff immortale di I Wanna Be YourDog, un inno alla sottomissione cheanticipa il punk, reso con maestria dal-la voce aspra e malata di Iggy Pop edalla chitarra mefitica di Ron Asheton.

No Fun, Real Cool Time, Little Doll e1969 sono altri pugni in faccia al perbe-nismo dell’epoca, scanditi dai riff me-tallici di Asheton e declamati più checantati da un Iggy corrosivo. Gli Stoo-ges non potevano né avere successoné durare, ma come molte vecchieband si sono riformati nel nuovo mil-lennio e dal vivo sono ancora deva-stanti. Un mito.

Paolo Baiotti

WWIILLDD DDOOGGSSIn pieno boom metallaro, nella primametà degli anni ottanta, i Wild Dogsdebuttarono con l’omonimo album e,seppur semisconosciuto, quello erauna gran bel disco. Gli ingredienti c’e-rano tutti: borchie a volontà, energiada vendere e una discreta dose di ori-ginalità (ai tempi era ancora possibile).Brani quali Life is Just a game e TwoWrong erano duri e potenti rock deriva-ti dei Judas Priest, che si facevano benascoltare per la loro scorrevolezza. Mail top dell’album si toccava con TakeAnother Prisoner uno dei più bei pezziheavy metal di quel periodo, duro, epi-co, ben costruito. Il successivo albumMan’s Best Friend (che raffigurava undobermann ben poco amichevole) e ilterzo e ultimo Reign Of Terror non si di-mostrarono all’altezza di questo folgo-rante debutto.

Daniele Ghiro

Illustrazione di Daniele Ghiro

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QQUUEELL CCHHEE RREESSTTAA NNEELLLLAA CCIIOOTTOOLLAA

In questa disordinatissima mappa,dove ognuno ha seguito come al soli-to le sue inclinazioni musicali, riman-gono fuori centinaia di titoli e di can-zoni. Provo, sempre in ossequio al ri-goroso caso, a grattare il fondo dellaciotola o, se preferite, il sacco del-l’Eukanuba, per riempire qualche bu-co più iconografico che altro, e mette-re qualche toppa a questa coperta di-laniata. Per esempio, Joni Mitchell e ilsuo Dog Eat Dog (Geffen, 1985), al-bum dell’epoca a mio parere più evo-luta dell’artista, anche se nonil migliore degli anni’80, con James Taylor,Michael McDonald,ma soprattutto WayneShorter, a condire lasontuosa contamina-zione di un jazz all’ac-qua di rose con le so-norità tipiche della Mit-chell di quei tempi. Lacopertina la mostra incompagnia di lupi fame-lici. Un altro bell’esem-plare di cane attaccabri-ghe campeggia minac-cioso sulla copertina (eun altro sul retro) diPampered Menial deiPavlov’s Dog (Cbs, 1975)disco che Blek ci ha giàraccontato tempo fa suqueste pagine. Un albumrock davvero raffinato. Sal-tando qua e là, passiamo

ai Blur e al loro Parklife(Food, 1994), dove due le-vrieri in primo piano sonoalla testa di una corsa di ca-ni (detestabile sport, imma-gino) e se ne occupa PJ,mentre davvero tremenda èla copertina dell’omonimoalbum degli Alice In Chains(Columbia, 1995) che mostra un deso-lato e inquietante cane a tre zampe.Di ben altro tono è la copertina diMongrel, firmato dalla Bob Seger Sy-stem (Capitol, 1970), dove una leggia-dra bambina fa co-

lazione chiacchierando conil suo cane, cui fa il giustocontrappeso il teppistellofotografato con il suo cane,altrettanto poco affidabile,sulla copertina del discoomonimo di The LaughingDogs (Columbia, 1979). An-che sull’epica copertina di

4 Way Street (Atlantic, 1970) campeg-gia qualcosa che somiglia a un lupo,così come cani di diverse razze fannocompagnia all’allegra brigata dei Je-

trho Tull di This Was (Repri-me, 1969). Mi sento comeun accalappiacani, peròsenza retina, mentre scrutofra i vicoli scuri della disco-grafia rock. L’icona in-confondibile che mi capitafra le mani è quella degliAtlanta Rhythm Section:l’accaldato cane confede-rato della copertina diDog Days (Polydor, 1975),il disegno di un cane“boss” sul retro coperti-na di Quinella (Cbs,1981), i l bastardinosmargiasso che precedela band su Underdog(Polydor, 1979). Ma ilSambernardo che ci pia-ce veder correre trafela-to nella neve è quelloche fa compagnia aHoyt Axton sull’albumSnowblind Friend(Mca, 1977). Un similSnoopy siede su un M

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trono circondato da un corodi angeli sella cover di Uh-Oh di David Byrne (Warner,1992). Anche Bruce Cock-burn dedica un momento dicelebrità al suo cane e lo fasul retro copertina del suoalbum omonimo (Columbia,1969). Un micro cane abba-stanza famoso è quello che si ritagliaun posto in primo piano sulla coperti-na di The Basement Tapes di Dylan &Co. (Cbs, 1975). L’amore per i cani di Deadly Earnest èpiù che evidente nel bellissimo dise-gno di copertina di Deady Earnest AndThe Honky Tonk Heroes (The PacificArts, 1979), con i quattro cani cowboye il dog barman che mesce allegro alleloro spalle. Un cane, non meglio iden-tificabile, dorme beato sulla copertinadi Paradise Bar And Grill dei Mad Ri-

ver (Capitol, 1969 – ho solola ristampa della Edsel, mail cane è sempre lì), mentreJim Messina abbraccia ilsuo cane sul retro copertinadi So Fine, con Kenny Log-gins (Cbs, 1975). Un tocco di noblesse per ilcane salsiccia che si dà un

tono sulla cover di Diamanti-na Cocktail della Little RiverBand (Harvest, 1976), men-tre un pastore tedesco si la-scia disegnare un paio dicorna da cervo su Hoy-Hoy!Dei Little Feat (Warner, 1981).Un particolare curioso che ri-guarda sempre i Little Feat, èche sulla copertina di The Last RecordAlbum (Warner, 1975) le corna tocca-no a una lepre. Ma torniamo ai cani, prima che a qual-

cuno venga in mente di fare una map-pa sulle lepri, e segnaliamo il cagnoli-no tenuto al guinzaglio da un bambi-no sulla splendida copertina di Live InEurope di Curtis Mayfield (Curtom,1988), e qui chi non ha il doppio vinilesi perde davvero qualcosa. Riallac-ciandomi al pezzo di Caltagirone e deisuoi “cani da hobo”, il fedele quadru-

pede non poteva mancaresul retro copertina diStreet Singer di David Lan-nan (San Francisco Re-cords, 1970), Leo Kottkecelebra il suo cane sul re-tro di Regards From ChuckPink (Private, 1988), men-tre ha un muso chiara-

mente folk, seppure innovativo, il ca-ne che appare sulla copertina di TheHangman’s Beautiful Daughter dellaIncredible String Band (Elektra, 1976).Deliziosa è invece la complicità diJohn Prine con il suo cane sul retro co-pertina di Aimless Love (Oh Boy,1986), mentre sembra felice di esserciil cane di Mason Williams sul retro diFresh Fish (Flying Fish, 1978). Losplendido disegno della copertina delprimo disco degli Old & In The Way(Round Records, 1975) mostra sulladestra un vane addormentato, machiudo in bellezza con la copertina diFantasia Lindum degli Amazing Blon-del (Island, 1971) perché quell’alanoche sembra un cavallo regala ulterioredignità a tutta la categoria.

Roberto Anghinoni

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