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Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti ... · Non tutta la sua figura però è...

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Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri-Segni Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - [email protected] Anno 3 - numero 7 (22) Luglio 2006 Chiesa Suburbicaria Don Dario V itali Secondo la tradizione, il primo mistero che un iconografo deve rap- presentare è quello del- la Trasfigurazione. Il motivo è che non si può "scrivere" un'icona se non si è un uomo spirituale; se, in altre parole, non si è fatto un cammino interiore che ha trasfigurato la persona, per cui ciò che rappresenta non è solo arte, ma è dis- corso di fede nel modo più vero e profondo. Anche chi si accosta all'i- cona per contemplare il mistero è chiamato a vivere lo stesso passaggio, a lasciarsi trasfigurare dal- la grazia che scende dal Tabor e che illumina il cam- mino di ogni discepolo chia- mato a seguire Gesù fin sul monte. Si tratta di un'a- scesa interiore, che è possibile vivere entrando nell'icona. Il testo che l'iconografo ci consegna ci offre uno spazio che va diviso in due parti: quella superiore e quella inferiore, ciascu- na facilmente divisibile in tre riquadri, occupati ris- pettivamente - andando da sinistra a destra - da Elia, Gesù e Mosé, da Giaco- mo, Giovanni e Pietro. Quella superiore appar- tiene al mondo di Dio. Gesù, "apparso in forma uma- na", il quale "ha spogliato se stesso, assumendo la con- dizione di servo" (così si esprime l'inno della Lettera ai Filippesi: 2,5-7), appa- re qui nella sua "forma di Dio". Egli è al centro del- la scena, vestito di bian- co (segno della gloria di Dio), più bianco anche dei tre cerchi concentrici in cui è iscritto e che sono segno di Dio e di tutti i suoi misteri. Come a dire che Gesù è il mistero di Dio rivelato agli uomini, il compimento della rivelazione, la manifestazione della glo- ria di Dio. Lo dimostra il pentacolo, che rappresenta la nube luminosa, segno nell'Antico Testamento della presenza di Dio che accompagnava Israele nel deserto e che si posò sul tempio al momento della sua dedicazione. Per spiegare questo mistero illustrato attraverso una tale concentrazione di simboli, si può evocare il testo di Col 2, 9: "In Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi ave- te in lui parte alla sua pienezza". Partecipazione resa evidente dal fatto che il Cristo nella mano sinistra tiene il cartiglio, segno delle Scritture ("egli è la pienezza del- la Rivelazione", dice la Dei Verbum, al n. 4) e con la destra benedice. Non tutta la sua figura però è inscritta nel cerchio: come le punte del pentacolo superano la circonferenza, dicendo che la presenza di Dio può uscire dal suo miste- ro, così i piedi di Gesù (che poggiano sul Tabor, monte di Dio, ma di fatto non poggiano su nulla, perché è Lui che sostiene il mondo, non il mondo a sostenere lui) dicono che Egli è venuto in mezzo a noi, esprimendo così il mistero dell'in- carnazione (cfr Gv 1,14). Non sempre i piedi superano la circonferenza del cer- chio: quando questo non avviene, dai piedi si dipartono i raggi della luce divi- na: come a dire che il Verbo eterno di Dio, incarnandosi, ha portato la luce divi- na: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9). Per contro, dentro il cer- chio di luce entrano gene- ralmente due elemen- ti: la mano di Elia che indica Gesù e le tavo- le della Legge recate in mano da Mosé. E si capi- sce: tutto il Primo Testamento - la Legge e i Profeti - prepara a Gesù, il Messia di Dio che deve venire. Le due figure, rivolte verso Gesù e quasi costruite sul cer- chio (quasi a dire che si sono avvicinati e si sono lascia- ti plasmare dalla luce divi- na) poggiano rispettiva- mente sulla cima del mon- te: è così evocato l'incontro con Dio dei due grandi testi- moni del Primo Testamento sul Sinai e sull'Oreb, i qua- li, illuminati dalla luce di Cristo, conversano con lui della sua dipartita a Gerusalemme, secondo il racconto evangelico: il che significa che l'Antico Testamento non solo parla del Messia, ma profetizza anche la sua Passione. In molte icone della Trasfigurazione, dietro Mosè ed Elia sono raffigurati degli angeli, a dire che il mon- do di Dio è tutto presente a questo evento della mani- festazione di Cristo nella sua gloria Nella parte inferiore dell'i- cona, e nella parte più bassa del rispettivo riqua- dro, quasi a rimarcare la distanza dal mistero che si è dispiegato davanti ai loro occhi, stanno i tre discepo- li, riversi a terra, incapaci di stare sulla cima scosce- sa, "atterrati e atterriti dal- la visione folgorante", dice Evdokimov nel suo famoso testo sulle icone (Teologia della bellezza, Paoline), il quale così li inquadra: "Pietro, a destra, inginoc- chiato, alza la mano a proteggersi dalla luce; Giovanni, in mezzo, cade voltando le spalle alla luce; Giacomo, a sinistra, fug- ge e cade all'indietro". Un ultimo elemento, non sempre rappresentato, è la doppia caverna nelle mon- tagne che stanno sotto i piedi di Elia e Mosé. Qui il dinamismo è duplice: i per- sonaggi che stanno sull'Oreb sono rappresentati in un cammino ascendente, qua- si a ripetere l'esperienza di Elia che, dentro nella caverna riconobbe Dio nel ven- to leggero; quelli che stanno sul Sinai ne discendono, quasi a dire che bisogna ricevere da Dio la sua rivelazione, come Israele nel deserto che accolse le tavo- le dell'Alleanza. Peraltro il duplice movimento va verso Cristo e si diparte da Cristo: egli è il centro e il vertice di tutta la storia della salvezza e la pienezza della Rivelazione divina. Per cui, sia che si tratti rispettivamente di Elia e di Mosé (rappresentati con l'aureola davanti agli altri che seguendo, ne ripetono il cammino) o che si tratti di Cristo stesso, che compie la Legge e i Profeti, la sequela dell'uomo pas- sa sempre attraverso l'ascolto della Parola e la preghiera. Le due scene, rappresentate in piccolo, costituiscono quasi i cardini che legano la parte superiore e quella inferiore dell'icona. Non è possibile conoscere il Cristo e seguirlo se non mediante la preghiera (il salire sul monte con Gesù) e l'ascol- to della sua Parola. Un dinamismo così comprensivo di tutti gli elementi dell'e- sperienza cristiana, che attende solo di essere vissuto.
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Page 1: Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti ... · Non tutta la sua figura però è inscritta nel cerchio: come le punte del pentacolo ... egli è il centro e il vertice

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastoraleper la vita della Diocesi di Velletri-Segni

Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica

343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - [email protected]

Anno 3 - numero 7 (22) Luglio 2006Chiesa Suburbicaria

Don Dario Vitali

Secondo la tradizione,il primo mistero che uniconografo deve rap-presentare è quello del-la Trasfigurazione. Ilmotivo è che non si può"scrivere" un'iconase non si è un uomospirituale; se, in altreparole, non si è fatto uncammino interiore che hatrasfigurato la persona,per cui ciò che rappresentanon è solo arte, ma è dis-corso di fede nel modo piùvero e profondo.Anche chi si accosta all'i-cona per contemplare ilmistero è chiamato avivere lo stesso passaggio,a lasciarsi trasfigurare dal-la grazia che scende dalTabor e che illumina il cam-mino di ogni discepolo chia-mato a seguire Gesù finsul monte. Si tratta di un'a-scesa interiore, che èpossibile vivere entrandonell'icona.Il testo che l'iconografoci consegna ci offre unospazio che va diviso in dueparti: quella superiore equella inferiore, ciascu-na facilmente divisibile intre riquadri, occupati ris-pettivamente - andando dasinistra a destra - da Elia,Gesù e Mosé, da Giaco-mo, Giovanni e Pietro. Quella superiore appar-tiene al mondo di Dio. Gesù,"apparso in forma uma-na", il quale "ha spogliatose stesso, assumendo la con-dizione di servo" (così siesprime l'inno della Letteraai Filippesi: 2,5-7), appa-re qui nella sua "forma diDio". Egli è al centro del-la scena, vestito di bian-co (segno della gloria diDio), più bianco anche deitre cerchi concentrici in cuiè iscritto e che sonosegno di Dio e di tutti i suoi misteri. Come a dire che Gesù è il mistero di Diorivelato agli uomini, il compimento della rivelazione, la manifestazione della glo-ria di Dio. Lo dimostra il pentacolo, che rappresenta la nube luminosa, segno nell'AnticoTestamento della presenza di Dio che accompagnava Israele nel deserto e che siposò sul tempio al momento della sua dedicazione. Per spiegare questo misteroillustrato attraverso una tale concentrazione di simboli, si può evocare il testo diCol 2, 9: "In Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi ave-te in lui parte alla sua pienezza". Partecipazione resa evidente dal fatto che il Cristonella mano sinistra tiene il cartiglio, segno delle Scritture ("egli è la pienezza del-la Rivelazione", dice la Dei Verbum, al n. 4) e con la destra benedice.Non tutta la sua figura però è inscritta nel cerchio: come le punte del pentacolosuperano la circonferenza, dicendo che la presenza di Dio può uscire dal suo miste-ro, così i piedi di Gesù (che poggiano sul Tabor, monte di Dio, ma di fatto nonpoggiano su nulla, perché è Lui che sostiene il mondo, non il mondo a sostenerelui) dicono che Egli è venuto in mezzo a noi, esprimendo così il mistero dell'in-carnazione (cfr Gv 1,14). Non sempre i piedi superano la circonferenza del cer-chio: quando questo non avviene, dai piedi si dipartono i raggi della luce divi-na: come a dire che il Verbo eterno di Dio, incarnandosi, ha portato la luce divi-na: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9).

Per contro, dentro il cer-chio di luce entrano gene-ralmente due elemen-ti: la mano di Elia cheindica Gesù e le tavo-le della Legge recate inmano da Mosé. E si capi-sce: tutto il PrimoTestamento - la Leggee i Profeti - prepara aGesù, il Messia di Dioche deve venire. Le

due figure, rivolte versoGesù e quasi costruite sul cer-chio (quasi a dire che si sonoavvicinati e si sono lascia-ti plasmare dalla luce divi-na) poggiano rispettiva-mente sulla cima del mon-te: è così evocato l'incontrocon Dio dei due grandi testi-moni del Primo Testamentosul Sinai e sull'Oreb, i qua-li, illuminati dalla luce di Cristo,conversano con lui della suadipartita a Gerusalemme,secondo il racconto evangelico:il che significa che l'AnticoTestamento non solo parladel Messia, ma profetizza anchela sua Passione.In molte icone dellaTrasfigurazione, dietro Mosèed Elia sono raffiguratidegli angeli, a dire che il mon-do di Dio è tutto presente aquesto evento della mani-festazione di Cristo nella suagloriaNella parte inferiore dell'i-cona, e nella parte piùbassa del rispettivo riqua-dro, quasi a rimarcare ladistanza dal mistero che siè dispiegato davanti ai loroocchi, stanno i tre discepo-li, riversi a terra, incapacidi stare sulla cima scosce-sa, "atterrati e atterriti dal-la visione folgorante", diceEvdokimov nel suo famosotesto sulle icone (Teologiadella bellezza, Paoline), ilquale così li inquadra:"Pietro, a destra, inginoc-chiato, alza la mano aproteggersi dalla luce;

Giovanni, in mezzo, cade voltando le spalle alla luce; Giacomo, a sinistra, fug-ge e cade all'indietro". Un ultimo elemento, non sempre rappresentato, è la doppia caverna nelle mon-tagne che stanno sotto i piedi di Elia e Mosé. Qui il dinamismo è duplice: i per-sonaggi che stanno sull'Oreb sono rappresentati in un cammino ascendente, qua-si a ripetere l'esperienza di Elia che, dentro nella caverna riconobbe Dio nel ven-to leggero; quelli che stanno sul Sinai ne discendono, quasi a dire che bisognaricevere da Dio la sua rivelazione, come Israele nel deserto che accolse le tavo-le dell'Alleanza. Peraltro il duplice movimento va verso Cristo e si diparte da Cristo:egli è il centro e il vertice di tutta la storia della salvezza e la pienezza della Rivelazionedivina. Per cui, sia che si tratti rispettivamente di Elia e di Mosé (rappresentaticon l'aureola davanti agli altri che seguendo, ne ripetono il cammino) o che sitratti di Cristo stesso, che compie la Legge e i Profeti, la sequela dell'uomo pas-sa sempre attraverso l'ascolto della Parola e la preghiera.Le due scene, rappresentate in piccolo, costituiscono quasi i cardini che legano

la parte superiore e quella inferiore dell'icona. Non è possibile conoscere il Cristoe seguirlo se non mediante la preghiera (il salire sul monte con Gesù) e l'ascol-to della sua Parola. Un dinamismo così comprensivo di tutti gli elementi dell'e-sperienza cristiana, che attende solo di essere vissuto.

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Vincenzo Apicella

Da più di 900 anni il Santo Vescovo Bruno veglia sullacittà di Segni, che il prossimo 18 luglio celebra la memo-ria della sua nascita al Cielo, avvenuta nel 1123, quin-di 883 anni fa.Era venuto da lontano, dal natio Piemonte, ma il suo nomerimane legato per sempre alla nostra terra e al nostropopolo, che può giustamente rendere grazie al Signoreripetendo nella Liturgia: "Tu doni alla tua Chiesa la gioiadi celebrare la festa di San Bruno, con i suoi esempi larafforzi, con i suoi insegnamenti l'ammaestri, con la suaintercessione la proteggi".Quali esempi San Bruno ci ha lasciato? Certamente quel-lo di una vita allo stesso tempo straordinariamente atti-va e radicalmente contemplativa. L'ideale monastico l'a-veva accompagnato fin dalla sua giovinezza ed aveva man-tenuto in lui un'attrazione profonda e costante, fino a por-tarlo, quando già da malti anni era Vescovo di Segni, aritirarsi da semplice monaco nell'Abbazia di Montecassino.Ma le sue doti di sapiente equilibrio, di illuminato e sicu-ro governo, di esemplare santità di vita lo portarono pre-sto a diventare Abate di quello che era il più importan-te Monastero dell'Occidente e lo rituffarono in una inces-sante attività. Per molti anni aveva già viaggiato per l'Europae aveva avuto una parte importante in tutte le intricatevicende ecclesiastiche e civili del suo tempo, diventan-do punto di riferimento e indispensabile consigliere di tan-ti Pontefici. Ma l'esempio più importante è forse il suaamore per la verità e la sua passione per la libertà del-la Chiesa, insieme all'umiltà, che lo porta a farsi da par-te quando si accorge di essere diventato, suo malgrado, segno di contrastoinvece che di comunione. Non occorrono molte parole per sottolineare quan-to l'esempio di Bruno sia estremamente attuale e conservi la sua validità nel-la Chiesa di tutti i tempi; compresi quelli di oggi, in cui le forze di questomondo, certo con altri metodi molto più sottili, cercano comunque di rende-re inoffensiva la forza del Vangelo.

Altrettanto importanti sono gli insegnamenti con cui ciammaestra. Anzitutto il suo legame continuo con la Paroladi Dio pregata, meditata e annunciata. La sua prima impor-tante opera fu il Commentario al Salterio Gallicano, cuiseguì quello al Salterio Latino, al Cantico, all'Apocalisse,ai Vangeli, al profeta Isaia: due volumi dell'imponenteraccolta della Patrologia Latina sono dedicati alle sueopere. Una incessante Lettura della Sacra Pagina, ali-mento continua della sua vita di pastore e mensa inesauribileda imbandire per il suo popolo. L'altro polo del suo inse-gnamento, quello che lo rese famoso, fu l'Eucarestia epoi gli altri Sacramenti, tutti all'Eucarestia orientati, poi-ché lì il Signore è sostanzialmente presente ed operantecon il suo Spirito in mezza ai suoi discepoli e costituiscela comunione della sua Chiesa, la Sposa del Cantico deiCantici. L'insegnamento di Bruno ci riporta alla radicedella nostra esistenza cristiana: la Parola, la Celebrazionee il legame della Carità, che ci rende consapevoli di appar-tenere ad un popolo che cammina nella storia. In que-sto Bruno è una di quelle grandi figure di Padri della Chiesa,che diventeranno in seguito sempre più rare, in cui si fon-dono il Pastore, il Dottore e il Santo. Infine l'intercessionedi S. Bruno, su cui la città di Segni sa di poter contare,e non solo per il raccolto dei castagni. Il Vescovo conti-nua per il suo popolo nella Patria celeste la sua funzio-ne sacerdotale di mediatore, a cui fu associato in terradall'Unico Sacerdote e Mediatore, che è Cristo Signore.Nella storia di Segni tanti sono stati i momenti di dolo-re e di pericolo in cui l'invocazione del Santo Patronoha portato speranza e salvezza e il busta argenteo conla reliquia del Santo è il centro ed il punto di riferimen-

to della devozione della gente segnina, la preziosa testimonianza di un lega-me che continua ad essere saldamente sentito anche dopo il volgere di tantisecoli.Con i versi dell'inno liturgico anche noi possiamo concludere: "Consolatoredegli afflitti, ascolta il tuo popolo e mostra al tua gregge il tuo corpo nasco-sto ed aumenta la gioia dei cuori nostri e dei nostri occhi".

2 -3 - 4 - 5 - 6Da più di novecento annidi S.E. Mons. Vincenzo Apicella

L’Eucaristia in Bruno di Segnidi don Dario Vitali

La Festa di San Brunodi mons. Bruno Navarra

Bruno di Segni protagonistadella storia europeadi Stanislao Fioramonti

San Bruno e il commento aisalmidi don Daniele Valenzi

7La Chiesa di Cristo sussistenella Chiesa Cattolicadi don Dario Vitali

8Il quadro della famiglia in Europadi Pier Giorgio Liverani

CONCILIO VATICANO II

15L’acclamazione al Vangelo:l’Allelujadi mons. Franco Fagiolo

16Antiochia: tutti là siamo natidi don Franco Diamante

18L’Archivio Notarile di Montefortinodi Tonino Parmeggiani

19Ero carcerato...di Alessandro Gentili

20 - 21Santa Maria Maddalena ad Ar-tena, le reliquie e il pellegrinaggiodi don SIlvestro Mazzer

CULTURASPECIALE SAN BRUNO DI SEGNI

QUESTO MESE PARLIAMO DI...

Il contenuto di articoli, servizi, foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degli artefici e non vincola mai innessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione. Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazio-ne, modifica e stampa a propria insindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni. Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubbli-

cati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizzazione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale pergli atti della Curia e pastorale per la vita del-la Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileDon Angelo Mancini

Vicedirettore

Fabio Ciarla

Collaboratori

Stanislao Fioramonti

Tonino Parmeggiani

Proprietà

Diocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n.9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Tipolitografia Edizioni Anselmi s.r.l.- Marigliano (NA)

Stampato il: 4 luglio 2006

Redazione

C.so della Repubblica 343

00049 VELLETRI RM

06.9630051 fax 96100596

[email protected]

A questo numero hanno collaboratoinoltre: S.E. Mons. Vincenzo Apicella, SaraGilotta, Pier Giorgio Liverani, Enrico Mattoccia,mons. Bruno Navarra, diac. Pietro Latini,d. Dario Vitali, don Silvestro Mazzer, Mons.Franco Fagiolo, Alessandro Gentili, Dorinae Nicolino Tartaglione, Guido Di Vito, donFranco Diamante, Mara Della Vecchia, donDaniele Valenzi, Emanuela Ciarla, don CarmeloDi Leonardo, Claudia Colaiacomo e la CaritasDiocesana.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesi.velletri-segni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

2 Luglio 2006

MISSIONE

VITA

SOCIETÀ

9Identità e Obiettivo dell’operatoredi Pastorale Familiaredi Dorina e Nicolino Tartaglione

10I venticinque anni del diacona-to nella Diocesidel diac. Pietro Latini

11Comunicazione paradossaledi Mara Della Vecchia

12 - 13Politiche abitative e Bachecadi Claudia Colaiacomo

14Auschwitz, il sonno della Ragionedella prof.ssa Sara Gilotta

DIACONATO

DIOCESI&STORIA

CARITAS

CONCILIO VATICANO II

FAMIGLIA

SOCIETÀ

CHIESA&DIOCESI

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3 Luglio 2006

Don Dario Vitali*

Nella lettera apostolica Mane nobi-scum Domine, Giovanni Paolo II siaugurava che l'anno dell'Eucarestiafosse per tutti "occasione preziosa peruna rinnovata consapevolezza del teso-ro incomparabile che Cristo ha affi-dato alla sua Chiesa"1. Tra i sugge-rimenti e le proposte che il documentodella Congregazione per il cultodivino e la disciplina dei sacramen-ti indicava per la celebrazione dell'annodell'Eucarestia era indicata anche laricerca storica: "Alle facoltà teologi-che in particolare si suggeriscecome pista significativa di coniuga-re l'approfondimento dei fondamen-ti biblici e della dottrina dell'Eucarestiacon l'approfondimento del vissuto cri-stiano, specie il vissuto dei santi"2.Risponde pienamente a tali indica-zioni il recupero della dottrina euca-ristica di una grande figura delMedioevo, uno dei protagonisti della riforma gregorianaaccanto a Gregorio VII, Vittore III, Urbano II: Brunodi Segni3. Ben due volumi del Migne (164-165) docu-mentano la sua ampia attività di esegeta e di teo-logo, assai divulgato nei secoli successivi, fino allaseconda metà del XIX secolo, quando si verifica unsilenzio pressoché totale, quasi una damnatio memo-riae, forse imputabile alle parole di rimprovero rivol-te da Bruno, allora abate di Montecassino, a PasqualeII per il cedimento all'imperatore Enrico V sul fron-te della lotta per le investiture; parole che risulta-vano perlomeno inopportune a fronte della defini-zione del primato petrino e dell'infallibilità pontificiaesplicitamente dichiarata al concilio Vaticano I.L'interesse a recuperare la dottrina eucaristica di que-sto autore è data dal fatto che nella tradizione del-la chiesa di Segni - la piccola città laziale dove fuvescovo per quarantaquattro anni, dal 1079 al 1123- san Bruno riceve il titolo di "dottore eucaristico".Il titolo è riconnesso dall'Anonimo segnino alla dis-puta con Berengario di Tours al sinodo romano del1079:"In quel tempo doveva essere discussa presso il papaGregorio VII, che risiedeva nel palazzo del Laterano,una grave questione. Si trattava del sacramento delcorpo e del sangue di nostro Signore Gesù Cristo.Un certo maestro Berengario non insegnava que-sto sacramento secondo la fede. Né si trovava alcu-no che osasse discutere con tale maestro sul miste-ro eucaristico: sia perché quel maestro era moltoabile nella discussione, sia perché l'umana ragio-ne, aproposito di questo mistero, non offre alla fedeprove di esperienza.Ma era giunto il tempo in cui la probità e la scien-za di Bruno dovevano risplendere a tutti nella curiaromana. Dal sommo pontefice egli accettò l'incari-co di disputare con quel maestro, e con ragionamentiserrati lo convinse, riportandolo dall'errore alla veri-tà e, per grazia di Dio lo riportò all'unità cattolica"4.Per quanto sia problematico sostenere le afferma-zioni dell'Anonimo segnino, vale la pena di interro-garsi sulla teologia eucaristica di Bruno di Segni, per-ché la sua opera contiene alcune pagine sull'Eucarestiache permettono di fare il punto sulla dottrina nell'XIsecolo, cogliendo il dibattito in atto, anche in rela-zione con le teorie di Berengario di Tours.

ConclusioneSi dovrà aspettare san Tommaso per rispondere, conle stesse categorie aristoteliche, alla questione intro-dotta da Berengario. Prima, la teologia ha dovutopercorrere un lungo cammino di avvicinamento, segna-to anche dalla polemica contro la simonia e il nico-laitismo, che negava la validità dell'Eucarestia cele-brata da un ministro indegno, e perciò anche l'effi-cacia delle parole che pronunciava, dalle quali dipen-deva - secondo la tradizione latina, la trasformazionedel pane e del vino in corpo e sangue del Signore.Si percepisce il travaglio di questa ricerca nel det-tato del concilio Lateranense IV, che afferma:

"Una è la chiesa universale dei fedeli, fuori della qua-le nessuno assolutamente si salva e nella quale lostesso Gesù Cristo è sacerdote e vittima; infatti, ilsuo corpo e il suo sangue sono contenuti veramente(veraciter continentur) nel sacramento dell'altare, sot-to le specie del pane e del vino, poiché il pane e ilvino sono transustanziati (transsubstantiatis) nel cor-po e nel sangue per divino potere; cosicché, per adem-piere il mistero dell'unità, noi riceviamo da lui ciò chelui ha ricevuto da noi. Questo sacramento non puòassolutamente compierlo nessuno, se non il sacer-dote che sia stato validamente ordinato, secondo ipoteri della chiesa che lo stesso Gesù Cristo con-cesse agli apostoli e ai loro successori"5.

Bruno di Segni è un testimone di questo camminoe di questo travaglio. La sua teologia eucaristica river-bera il linguaggio e le idee della patristica latina, soprat-tutto di sant'Agostino, di cui conosceva bene gli scrit-ti, come appare dalle sue opere esegetiche.D'altronde, è lui stesso a dichiarare, nell'Expositioin Leviticum, di non credere alle argomentazioni, maalla fede dei santi e alle auctoritates. Il vescovo diSegni non appare, tuttavia, un mero ripetitore: l'a-nalisi dei testi ha lasciato emergere più volte espres-sioni e termini più attinenti alle problematiche del suotempo. Cade, ad esempio, il nesso dell'Eucarestiacon la comunità che celebra, e la mutua implicazionedei significati che accompagnano la formula "cor-po di Cristo", riferita al Cristo nato dalla Vergine, all'Eucarestiae alla Chiesa, perde forza. Ciò che importa a san

Bruno è ribadire in termini inequivoca-bili l'identità dell'Eucarestia con il Cristoglorificato, al punto da assumere - luiche rifiutava gli argomenta - il terminetipicamente filosofico "essentia", e l'av-verbio parallelo "essentialiter" per direche la benedizione divina in forza del-le parole pronunciate dal sacerdote tra-sforma essenzialmente (essentialiter com-mutantur) il pane e il vino nel corpo esangue di Cristo nato dalla Vergine.

Non stupisce certo che san Bruno con-ferisca un'efficacia tanto grande alla paro-la, sia quella di Cristo come quella delsacerdote, ministro dell'Eucarestia: unaconcezione del genere non soltanto èin linea con la teologia latina, che insi-ste quasi esclusivamente sull'anamnesia scapito dell'epiclesi; può essere inte-sa anche come espressione di colui cheha fatto della frequentazione delleScritture il suo cibo quotidiano edesalta perciò la forza della Parola che

fa quello che dice. La prospettiva è tipicamente cri-stologica: è il Cristo glorioso che pronuncia median-te il celebrante le stesse parole sul pane e sul cali-ce che egli stesso aveva pronunciato nel corso del-l'ultima cena. Al di là della dottrina eucaristica, che non giustificacerto il titolo di "dottore eucaristico", l'elemento dimaggior novità nelle opere di Bruno di Segni è for-se la marcata caratterizzazione biblica: non solo enon tanto perché i suoi testi sono commenti ai pas-si della Scrittura sull'Eucarestia. Più in profondità -e qui si rivela l'esegeta - l'Astense manifesta la ten-denza a stabilire un continuo parallelismo tra le Scritturee la dottrina eucaristica; quasi che, mancando anco-ra un vocabolario appropriato per spiegare il miste-ro eucaristico in sé, la sola possibilità di rendere lagrandezza del sacramento sia l'insistenza sul rap-porto tra Antico e Nuovo Testamento, lettera e Spirito,promessa e compimento. Anche quando si applicaalla spiegazione della dottrina, Bruno di Segni è erimane un esegeta, che parte dalle Scritture non soloper illustrarne il significato, ma anche per spiegaretutta la storia della salvezza sulla base del compi-mento di tutte le promesse in Cristo. La grandezzadell'Eucarestia emerge, così, dalla distanza tra lefigure veterotestamentarie e il loro adempimento inCristo, il quale supera l'antica alleanza, introducendoi discepoli che ricevono il suo corpo e il suo san-gue nella condizione di partecipare al regno di Dio. Non a caso, il registro su cui torna in continuazio-ne il Nostro è la superiorità incomparabiledell'Eucarestia rispetto alla manna. In fondo vale ancheper il pane eucaristico il principio che regola tuttal'esegesi di Bruno: "Si ergo litterae intelligentia tan-tum rutilat, quid facies intelligentia spiritus?" .

Nel prossimo numero di Rassegna di Teologia appa-rirà un contributo di don Dario Vitali sulla dottrinaeucaristica in san Bruno di Segni. Dopo aver dis-cusso l'ipotesi di san Bruno come Dottore eucari-stico, egli commenta i passi biblici e teologici in cuiegli parla della dottrina eucaristica del grande vesco-vo. Ecco l'introduzione e la conclusione dell'artico-lo

* Parroco e teologo

Speciale San Bruno di Segni

1 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica "Manenobiscum Domine", 7 ottobre 2004: Il RegnoDocumenti 49 (2004) 956, 590.2 Congregazione per il culto divino e la disci-plina dei sacramenti, Anno dell'Eucarestia.

Suggerimenti e proposte, Roma, 15 ottobre2004: Il Regno Documenti 49 (2004) 956,600.3 Su Bruno di Segni, cf. R. Grégoire, Brunode Segni. Exégète médieval et théologien

monastique, Spoleto 1965 ; B. Navarra, SanBruno Astense, Vescovo di Segni e avate diMontecassino, Segni 1980; F. Cipollini (cur.),Bruno di Segni (+1123) e la chiesa del suotempo. Giornate di studio (Segni, 4-5

novembre 1999), Venafro 2001.4 Vita S. Bruni seu Brunonis ab Anonimodescripta, Venetia 1651, ripresa nella traduzionedi B. Navarra, riportata in Ibid., 242-245.5 DS 802.

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4 Luglio 2006

Mons. Bruno Navarra*

San Bruno nacque a Solero (Alessandria) ver-so gli anni 1045-1049. Una tradizione viva nelluogo nativo, riportata da scrittori solerini, neassegna la nascita al 1048-1049. A quell'epo-ca Solero era un borgo o una curtis cresciu-ta attorno alla chiesa di S. perpetuo, di per-tinenza della diocesi di Asti, donde Bruno èdetto astense. I comuni della lega lombardanon avevano ancora costruito Alessandria del-la paglia in onore di Alessandro III.I suoi genitori, Andrea e Willa, che erano dimodeste condizioni economiche, l'affidaronoal monastero di S. Perpetuo di Asti ove, in pre-parazione allo stato ecclesiastico, ricevette unasolida formazione culturale. Che di lì lo abbia-no poi inviato a Bologna perché vi apprendessele discipline del Trivio e del Quadrivio sem-bra difficile ammetterlo, sia perché lo Studiodi Bologna diventerà celebre soltanto dopo cheGraziano vi avrà scritto il Decreto nel 1151,sia perché le spese scolastiche e quelle di sog-giorno erano così costose da poter essere soste-nute soltanto dai ricchi e dai chierici provvi-sti di beneficio ecclesiastico. Bruno nonapparteneva né all'una né all'altra di quellecategorie. Infine non sarebbe spiegabile per-ché i suoi genitori lo avrebbero inviato ad unacittà così lontana, non ancora celebre per glistudi, trascurandone altre a loro più vicine.Tutto si spiega però pensando che le fonti, rical-cando le biografie di illustri personaggi, lo voglia-no presentare uomo eccellente per la forma-zione culturale. Le sue opere infatti provanoche egli era imbevuto di cultura classica, madimostrano soprattutto la sua conoscenza bibli-ca sin dalla gioventù.Nessun documento ci parla dell'ordinazionesacerdotale di Bruno. Il Chronicon Cassinesece lo presenta canonico della cattedrale di Asti.Il fatto però è messo in dubbio da qualche sto-rico moderno, perché Bruno non ne fa cennoquando dedica a Ingone, vescovo di Asti, il suoCommento ai Salmi. Egli stesso invece affer-ma di essere stato canonico di Siena durantel'episcopato di Rodolfo (1073-1083). Si igno-rano però le motivazioni del suo trasferimentoda Asti a Siena e poi da Siena a Roma ove s'in-contrò con Berengario di Tours probabilmentedurante l'autunno del 1078 e l'inverno del 1079.E' probabile che il vescovo Rodolfo abbia invi-tato Bruno a Siena per l'insegnamento dellateologia nella sua scuola episcopale e a tale sco-po lo abbia dotato di un beneficio canonica-le. Il suo trasferimento a Roma nell'autunnodel 1078 probabilmente fu richiesto daGregorio VII che in quel periodo, avendo chia-mato a Roma Berengario di Tours per chia-rire la sua dottrina sull'Eucaristia, convocò con-temporaneamente alcuni maestri di teologiaperché su tale argomento discutessero con lui.Alla ricerca di teologi, Gregorio VII, nativodi Soana, si rivolse anche al vescovo di Sienae questi inviò a Roma Bruno, che prese allog-gio presso il cardinale Pietro Igneo, vescovodi Albano. Durante la sua permanenza a Romain occasione della fase preparatoria e in quel-

la celebrativa del sinodo romano del 1079, Brunoo che sia stato notato dal papa stesso per lasua attività teologica in difesa della fede, o chesia stato presentato dal cardinale Pietro, vesco-vo di Albano, o da altri, certo è che tra il feb-braio e il marzo di quell'anno fu eletto vesco-vo di Segni, rimasta "allora" senza pastore perla morte di Erasmo, avvenuta probabilmen-te nel gennaio precedente."Il papa, con il consiglio e il parere dei car-dinali, pregò il cardinale Pietro di recarsi a Segni"affidandogli l'incarico segreto di persuaderei canonici ad eleggere Bruno loro nuovo vesco-vo. Simulando l'intento di fare "una piace-vole passeggiata", il cardinale pregò Bruno diaccompagnarlo. Giunti a Segni, Bruno su invi-to del vescovo di Albano, tenne ai canonici elet-tori un discorso sulle qualità del vescovo. Intantoil cardinale convinceva segretamente i cano-nici che all'unanimità elessero Bruno. Dopotre giorni, terminata la sua missione, Pietrocon Bruno tornò a Roma e contemporanea-mente una commissione di canonici si recò dalpapa per riferirgli l'esito della votazione. InvanoBruno cercò di sottrarsi all'incarico. A con-vincerlo intervenne il papa per mezzo del car-dinale Pietro e, secondo il racconto delChronicon e dell'Anonimo, intervenneroanche visioni e sogni celesti. Convinto final-mente dagli uomini e dalle visioni, Bruno siarrese alla volontà di Dio e ricevette a Romala consacrazione episcopale da Gregorio VII,in giorno e mese imprecisati del 1079.Fino al 1111 egli operò nella curia romana, afianco ai papi, condividendone fatiche, lotte,ideali.Nella primavera del 1082 tornando da Romaa Segni, Bruno fu arrestato dal conte Ainulfoe tenuto prigioniero nel castello di Vicoli pertre mesi. In un documento emanato da Vittore III nel1087 Bruno è qualificato bibliotecario della Chiesa

Romana. Aquell'epoca il bibliotecario era anchecancelliere della curia pontificia.Il 12 marzo 1088 partecipò all'elezione di UrbanoII insieme con cardinali, vescovi e abati riuni-ti a Terracina. Accompagnò il nuovo papa aClermont dove fu bandita la prima crociata.Il continuo viaggiare per assolvere le amba-scerie pontificie mortificava l'aspirazione diBruno alla quiete del monastero. Decise per-tanto di farsi monaco. Nel novembre del 1102entrò a Montecassino e nel 1107 vi fu elettoabate continuando a reggere la Chiesa segni-na. Nel viaggio da Roma a Montecassino, PasqualeII, accompagnato da Bruno, si fermò a Segnie il 4 giugno 1110 canonizzò Pietro, vescovodi Anagni, morto il 3 agosto 1105 del quale Brunoaveva scritto la vita. Stando ai documenti, fuquella la prima volta che un papa mise piedea Segni.Nel 1111 a seguito del privilegio di Sutri con-cesso dal papa a Enrico V, nacquero scontentoe malinteso tra Pasquale II e Bruno che fu costret-to a rinunciare all'abbazia e a ritirarsi a Segni.Dall'ottobre 1111 al 18 luglio 1123, data del-la sua morte, Bruno vive continuamente a Segni.Fu vescovo per 44 anni.Scrisse commenti a molti libri della sacra Scritturadel vecchio e nuovo testamento, omelie, vitedi santi, trattati di liturgia e alcune lettere. Isuoi scritti sono pubblicati nella Patrologia Latinae ne costituiscono i volumi 164 e 165.Il 18 luglio 1183, sessant'anni dopo la morte,fu canonizzato a Segni da Lucio III. Il 16 luglio1223 Onorio III, ricorrendo il primo centenariodella morte di Bruno, venne a Segni per con-sacrargli un altare nella chiesa cattedrale. All'iniziodel XV secolo fu proclamato patrono della cit-tà. E' ritenuto uno dei migliori esegeti del suotempo, apprezzato liturgista e ammirato teo-logo legato alla ecclesiologia.

*Storico e parroco della Concattedrale

Speciale San Bruno di Segni

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5 Luglio 2006

Stanislao Fioramonti

Oddo di Chatillon, originariodella Champagne (Francia),fu monaco benedettino diCluny e cardinale vesco-vo di Ostia prima diessere eletto pontefice, colnome di Urbano II, nel-la chiesa di S. Pietro aTerracina il 12 marzo 1088.In una lettera egli stessoricorda tra i suoi elettoriBruno, vescovo di Segnidal 1080 e apprezzato con-sigliere dei pontefici pre-cedenti, Gregorio VII eVittore III. E benché siastrano trovare un vesco-vo di provincia tra gli elet-tori del papa, la cosa si spie-ga forse col fatto che perl'elezione di Urbano II siammise la delega delvoto, dati i tempi.Era infatti l'epoca della lot-ta per le investiture e, all'in-terno della Chiesa, con-tro deviazioni gravi comela simonia, cioè la prete-sa di acquistare col dena-ro cariche religiose comequella di vescovo o di aba-te; e Bruno di Segni si eradimostrato un intransigentedifensore dei diritti eccle-siastici sia scrivendo ope-re antiereticali (DeSimoniacis), sia sostenendodirettamente l'azione papa-le contro l'imperatoreche voleva nominare personalmente le autori-tà religiose.Anche con il papa francese il vescovo di Segnipartecipò assiduamente all'attività della Curia,firmando i documenti pontifici, viaggiando conlui o per lui e contemporaneamente seguendola sua diocesi, che allora oltre alla civitas signi-na comprendeva i castelli di Collemezzo,Montelanico, Gavignano, Piombinara, Sacco,Valmontone e Montefortino.Dopo il tentativo dell'imperatore Enrico IV disottomettere il papa, fallito a Canossa per la deci-sa resistenza della contessa Matilde, la situazionepolitica volse a favore di Urbano II, che potérientrare a Roma e attuare la sua "controffen-siva" riformistica; nell'autunno del 1094 scomunicòl'imperatore, l'antipapa Clemente III e l'adulte-ro re di Francia Filippo I, quindi nel conciliodi Piacenza (marzo 1095) dettò le regole riguar-do alle ordinazioni da parte di vescovi scisma-tici o simoniaci; iniziò poi un lungo viaggio inFrancia per controllare che le riforme adottatefossero applicate. Bruno di Segni, che aveva partecipa-to all'assise piacentina, fu pure tra i cardinali evescovi del numeroso e qualificato seguito papa-le; da testimonianze scritte o dalla firma dei docu-menti ufficiali sappiamo infatti che prese par-te con Urbano II alla dedicazione della catte-drale di Asti (1° luglio 1095) e alla consacra-zione papale dell'altare maggiore dell'abbaziadi Cluny (25 ottobre 1095). Questa era il farodella vita religiosa altomedievale, accogliendomolte decine di monaci ed avendo più di mil-le monasteri annessi e circa 1500 altre sedi intutta Europa che avevano aderito alla riforma

da essa emanata; la sua chiesa, allora la più gran-de della cristianità, era un imponente e maestosoedificio a cinque navate, con sculture marmo-ree e tanti altari laterali: tre dei quali furono con-sacrati lo stesso giorno dell'altare principale, permano dei vescovi Ugo di Lione, Daimberto diPisa e Bruno di Segni. Questi, dopo la consa-crazione, in un sermone fece l'elogio dell'aba-te Ugo, che nel 1088 aveva dato inizio ai lavo-ri della grande abbazia e l'aveva retta fino a pocoprima con vigorosa saggezza.Dalla Borgogna la comitiva papale si portò inAlvernia e il 18 novembre a Clermont, alla pre-senza di numerosi vescovi e abati soprattuttofrancesi, si tenne un famosissimo concilio rifor-matore (si affermò il divieto dell'investitura lai-ca e il divieto per i chierici di rendere omag-gio ai laici); da lì soprattutto il 25 novembre ilpapa per la prima volta lanciò l'appello alla cro-ciata, che in realtà voleva essere un invito a soc-correre l'imperatore bizantino contro i turchi ea pellegrinare a Gerusalemme con uno scoponon politico né militare, ma religioso (S. Cerrini).La spontanea interpretazione di quell'appello daparte della folla presente e dei successivi pre-dicatori dette invece inizio all'epopea che tan-ta parte ha occupato della storia medievale.E san Bruno quel giorno era a Clermond, accan-to al papa, come era il mese dopo a Limoges,per una nuova assemblea di vescovi, per cele-brare il Natale con il papa e per partecipare, il31 dicembre, alla consacrazione della basilicareale, il 10 gennaio 1096 a quella della chiesa

abbaziale di Charroux e il 10 marzo alla dedi-cazione della chiesa di S. Martino di Marmoutier,presso Tours; dopo questa cerimonia egli, conil vescovo Rangerio di Reggio, benedisse il cimi-tero che era accanto alla chiesa. La permanen-za a Tours si protrasse fino al 30 marzo e neigiorni 16-22 vi si celebrò un ennesimo conci-lio i cui atti risultano firmati da Bruno.Il 28 giugno, ormai sulla via del ritorno, UrbanoII fa il suo ingresso nell'isola di Maguelonne,che una decina d'anni prima era stata infeuda-ta alla Chiesa; il giorno seguente il papa la bene-dice solennemente, mentre il 22 luglio ilvescovo di Segni risulta tra i sottoscrittori di unabolla pontificia che confermava la rinuncia delconte di Tolosa, in partenza per la Palestina, alleterre del monastero di S. Egidio. A quel perio-do deve risalire l'amicizia tra Bruno e il vesco-vo di Maguelonne Galterio, amicizia salda e dure-vole se più di dieci anni dopo il nostro vesco-vo dedicò al collega francese un'opera di con-tenuto liturgico (De Sacramentis Ecclesiae, myste-riis atque ecclesiasticis ritibus). Il lungo viaggio in Francia durò circa un annoe mezzo. Il 29 luglio 1099 papa Urbano II mori-va a Roma, ignaro che i crociati da lui incitatiavessero conquistato alla cristianità Gerusalem-me. Per Bruno invece ci furono ancora tre pon-tefici (Pasquale II, Gelasio II e Callisto II) coni quali collaborare attivamente, altre opere (teo-logiche, esegetiche, liturgiche…) da comporre,l'esperienza di monaco e abate di Montecassi-no da vivere, senza trascurare l'impegno pasto-rale con l'amata diocesi segnina, che governòper 43 anni! E a Segni lo raggiunse la morte,il 18 luglio 1123, all'età di 75 anni.

Speciale San Bruno di Segni

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6 Luglio 2006

Don Daniele Valenzi

Spesso il libro dei salmi è stato consideratocome il canto della vita dell'uomo, il raccon-to di quelle vicende che lo investono nella suatotalità e lo pongono dinanzi alle domande disenso della sua esistenza. Allora l'uomo can-tore della sua vita trova come interlocutore ilDio che ama la vita e alla Sua presenza tro-va lo spazio dell'accoglienza e dell'ascolto. Ilpoeta inglese T.S. Eliot chiama il mondo deisalmi "il giardino dei simboli e dell'immagi-nazione", come infatti un giardino ben cura-to con le sue forme ed i suoi colori, così que-sto libro del testo sacro è capace di evocaregioie e amarezze, speranze e paure, e ogni altrafragranza dell'animo umano. In questi forzieriche custodiscono le preziose pagine della vitadell'uomo si delinea il sentiero che conducealla Sua presenza. In perfetta conformità conla tradizione esegetica allegorico-mistica cheha dominato per secoli la lettura dei salmi, Brunodi Segni si pone come punto di confluenza frala grande scuola patristica e quegli aspetti chela riflessione del suo tempo porrano come pri-mi passi dell'esegesi medioevale. Bruno si muo-ve su questo terreno con familiarità e acume,ciò conferisce al suo commento semplicità eal tempo stesso profondità. Ilario di Poitier nel-la sua istruzione sui salmi scrive che questolibro "è simile ad una bella e grande città conmolte e svariate case le cui porte si chiudonocon chiavi appropriate e diverse tra loro … ela persona esperta sceglie subito la chiave bennota " per entrare in casa. Lasciamo allora chesia il nostro Bruno a scegliere per noi la chia-ve giusta che ci permetta di entrare in quel sal-mo che la liturgia ci invita a leggere e prega-re proprio per la festa del nostro patrono.

Commento al salmo XXII

"Il Signore mi conduce, e nulla mi manche-rà, in un luogo erboso li mi ha posto". In que-sto salmo si parla del popolo delle genti nuo-vamente rinato e chiamato alla fede. Questoè quel popolo di cui si è detto al salmo pre-cedente: il popolo che nascerà quello che hafatto il Signore. Dunque si narra che è fattoda Dio, poiché è trasformato dall'antica vec-chiaia in nuova creatura per l'acqua battesi-male. Dice dunque questo popolo: il Signoremi conduce, infatti non temo nulla, ho una gui-da buona e un pastore, che mi pone in un luo-go erboso e ci ha associato alla chiesa dei suoisanti. Ovunque sono i volumi del nuovo e del-l'antico testamento, lì c'è un luogo erboso, lìci sono quei cibi per i quali l'anima è sana-ta, di cui sotto si dice: "Ad una acqua di risto-ro mi ha nutrito, trasforma l'anima mia". Tuttala divina scrittura e la predicazione evange-lica è l'acqua di ristoro. Questa è quell' acquadi cui si dice: "Voi che avete sete venite all'ac-qua". Si chiama infatti acqua di ristoro per-ché chi da quest'acqua sarà colmato, come dicela scrittura "Non avrà sete altra". Questa èl'acqua di tutta la sapienza per cui le animedei fedeli sono nutrite, lavate e sanate. "Miha condotto nel sentiero della giustizia peril suo nome". Quanto bella la successione deldiscorso! Per primo in un luogo erboso, poiall'acqua di ristoro, ed ora sul sentiero dellagiustizia dice di esser condotto. Per il sentierodella giustizia cammina chi non è incline all'er-

rore, e non si allontana dalla verità. Questosentiero non lo conoscono i Giudei, gli ere-tici, e i pagani. Questo è solamente dei cri-stiani poiché questi soli seguono e custodi-scono la verità; questi soli hanno meritato diascoltare il nome di Dio e per tanto degni diessere chiamati da Cristo con il patronimicocristiano. "Infatti se camminassi nell'ombradella morte non temerò alcun male, poichétu sei con me". Perché infatti teme colui cheil Signore conduce e cammina per un similesentiero? L'ombra della morte sono gli ere-tici e tutti gli altri ingannatori. Nell'ombra infat-ti si esprime naturalmente la figura e la simi-litudine di cui è la stessa ombra. Dunque sonoquesti tali l'ombra di morte poiché come lamorte uccide il corpo, così anche questi distrug-gono l'anima. In mezzo a costoro dunque gliuomini santi non temono di camminare poi-ché hanno lo stesso Dio come protettore e nonpermette che siano vinti e sottomessi. La tuaverga e il tuo bastone sono questi stessi chemi consolano. So,dice, che hai una verga eun bastone. E contro quelli che meno sono inerrore, porti il bastone o se anche, poiché inquesta vita tu percuoti con la verga, in quel-la futura in verità non con la verga ma con ilbastone. Questa è dunque la mia consolazio-ne: riconosco che tu sei vendicatore, e nonsopporti che i miei nemici passino senza esse-re puniti. Hai preparato al mio cospetto unamensa davanti a quelli che mi tormentano. Eccodi nuovo un'altra consolazione, che non devitemere i tuoi nemici. Dice che davanti a loroè preparata una mensa di cui i cibi e le bevan-de rendono immortali e difendono da ogni erro-re di eresia quanti ne godono. Questa mensadivina si comprende come la divina scrittu-ra e la conoscienza di entrambi i testamenti,attraverso la quala gli uomini della chiesa rin-novati non temono la malizia degli eretici. "Haicosparso di olio il mio capo". Come se a luiun altro domandasse: cosa ti rende questa men-sa se ne manca la comprensione? A questo pro-posito questo stesso mostra di avere sia la men-sa che la comprensione mentre dice che il suocapo è cosparso di olio. Cosa comprendiamoper capo se non la mente e cosa per l'olio senon la grazia del Spirito? A proposito di taleolio il nostro Salvatore unto diceva: "Lo Spiritodel Signore è su di me, per questo mi ha con-sacrato con l'unzione". E in un altro passo dice"Dio il tuo Dio ti ha consacrato con olio diletizia a preferenza dei tuoi eguali". "E il tuocalice che inebria quanto è magnifico!". Questocalice è preso da questa mensa per questo isanti inebriati dimenticano le cose terrene enon conoscono le opere ingiuste. Meravigliosoè questo calice poiché in se non contiene nul-la di nebuloso, nulla di luminoso se non peril dolce e soave fulgore della verità. "La tuamisericordia mi seguirà tutti i giorni della miavita". E tale è ciò come se dicesse: ecco haifatto per me molte cose buone: mi hai collo-cato in un luogo erboso, ad acque di ristoromi hai nutrito, sul sentiero della giustizia mihai guidato, davanti a me hai posto una men-sa, con il tuo calice mi hai inebriato: una cosasola mi manca se avrò questo mi basta, se nonl'avrò, sarò nulla. Questo è dunque quello chechiedo, che come un pedagogo e un maestro

la tua misericordia mi segua ella che non sop-porta che io devi dal retto cammino, e che ter-minata questa vita io abiti nella casa del Signore,vale a dire in quella Gerusalemme del cieloper la lunghezza dei giorni. Nessuno dunqueconfidi di poter essere salvato dalle sue ope-re senza la misericordia di Dio.

Speciale San Bruno di Segni

A pochi mesi del mio arrivo tra voi un gra-ve momento di sofferenza fisica e spiritua-le, del tutto imprevisto e imprevedibile, haraggiunto me e la mia famiglia. San Paolo,ci dice che tutto concorre al bene di colo-ro che credono e sperano in Dio e certamenteè vero anche in questo caso. Tra i beni chequesta disgrazia mi ha arrecato, penso cheil più importante sia proprio la solidarietà cheho potuto sperimentare da parte di tutti voi.Mi sento vicino tanta gente conosciuta e sco-nosciuta. Con cui ho scoperto di avere unlegame profondo di affetto e di partecipazione,che si è creato in così poco tempo e che lasofferenza ha portato alla luce.Ringrazio anzitutto la comunità cristiana, sacer-doti, religiosi e laici che si sono dati il cam-bio nelle visite e soprattutto si sono uniti ame in una preghiera incessante, ma anchela comunità civile, gli amministratori, le auto-rità militari, gli organi di stampa e di comu-nicazione, che mi hanno manifestato tantaattenzione e amicizia.Confido che tutti continuino ad unirsi nellasupplica al Signore perché questo momen-to possa essere completamente e definitivamentesuperato e possiamo insieme riprendere ilcammino nella pace e nel rendimento di gra-zie.

Ospedale ‘Santa Scolastica’Cassino, 30 giugno 2006

Vincenzo Apicella

San Bruno e il commentoai Salmi

Dopo il pauroso incidentedel 26 giugno

S.E. Mons.VincenzoApicellascrive

alla Diocesi

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7 Luglio 2006

Don Dario Vitali*

Pochi testi contengono passaggi tanto controversicome il n. 8 della Lumen Gentium. Sul fascicoloprecedente di Ecclesia ho commentato il primo capo-verso del paragrafo, che parlava della "non debo-le analogia" tra la Chiesa e il mistero del Verbo incar-nato, e non è stato facile raccogliere in una pagi-na la ricchezza della dottrina. Il secondo capover-so è, per certi versi, ancora più complesso, non perla ricchezza della dottrina, ma per una affermazioneche ha suscitato un dibattito a dir poco incande-scente intorno alla natura della Chiesa di Cristo. Ecco il testo: "Questa è l'unica Chiesa di Cristo,che nel simbolo professiamo una, santa, cattolicae apostolica, e che il Salvatore nostro, dopo la suaresurrezione, diede da pascere a Pietro, affidandonea lui e agli altri apostoli la diffusione e la guida, ecostituì per sempre la colonna e il sostegno dellaverità. Questa Chiesa, in questo mondo costituitae organizzata come una società, sussiste nella Chiesacattolica, governata dal successore di Pietro e daivescovi in comunione con lui, ancorché al di fuo-ri del suo organismo visibile si trovino parecchi ele-menti di santificazione e di verità che, quali donipropri della Chiesa di Cristo, spingono verso l'u-nità cattolica".La domanda sottesa al testo è la seguente: qual èla vera Chiesa? Domanda alla quale i manuali diteologia dal XVI secolo in poi (dopo il concilio diTrento) rispondevano, in polemica con i Protestanti,identificando la Chiesa di Cristo con la Chiesa catto-lica. Il testo conciliare per un verso ribadisce la dot-trina tradizionale, ma inserisce un elemento di novi-tà che oggi costituisce uno dei motivi di maggiorresistenza in coloro che rifiutano il concilio per-ché si sarebbe staccato dalla Tradizione autentica."Questa Chiesa" - dice anzitutto la Lumen Gentium- è anzitutto "unica": quando facciamo la profes-sione di fede, dicendo di credere la Chiesa una, san-ta, cattolica e apostolica, intendiamo la Chiesa, èquesta è unica. Come a dire che non esistono tan-te Chiese, e secondo la dottrina cattolica l'unica Chiesacorrisponde sempre e solo a quella che il SignoreGesù ha affidato a Pietro. Il testo, quindi, disegnatutto l'arco della storia del cristianesimo, affermandoche la Chiesa in piena continuità con le origini, equindi con la volontà di Gesù, è la Chiesa cattoli-ca. Fin qui niente di nuovo: l'affermazione non soloè tradizionale, ma sembra ripetere a tal punto la con-trapposizione con le altre confessioni di fede cherivendicano il titolo di Chiesa, che non ci si stu-pirebbe se ricomparisse la specificazione circa la"vera" Chiesa. Peraltro, è sorprendente come nei rappresentantidell'Ortodossia, tanto teologi che vescovi, le affer-mazioni siano le stesse, con il ribaltamento delleposizioni. Per esempio: "È una verità ovvia che laChiesa ortodossa è ora l'unica Chiesa che è resta-ta fedele agli antichi concili ecumenici e di con-seguenza solo essa rappresenta la vera Chiesa cat-

tolica, che è infallibile". O ancora: "Soltanto la nostraChiesa, la Chiesa ortodossa d'Oriente, avendo custo-dito incorrotto l'antico retaggio di Cristo, è al gior-no d'oggi la Chiesa universale"; "la Chiesa orien-tale è la Chiesa puramente vera, membro fortissi-mo e più sano nel grande Corpo della Chiesa uni-versale. La Chiesa occidentale invece, avendo mesco-lato alla verità divina diverse opinioni umane, è unaChiesa non puramente vera e, secondo il nostro giu-dizio, membro debolissimo e meno sano della Chiesa,corpo di Cristo, ma curato in vari modi dal Signoree Capo". Il motivo di questa debolezza risiederebbenel fatto che, "a partire dal IX secolo, allorché laChiesa occidentale romana sotto il papa fu staccatadalla vera Chiesa cattolica ed ortodossa dei primiotto secoli, a causa delle sue arroganti pretese, inno-vazioni nel dogma, nella liturgia, nella disciplina",mentre le Chiese d'Oriente sarebbero rimaste fede-li alla fede di sempre. Sembrerebbe quindi di tro-varsi davanti a una contrapposizione irriducibile.Ciascuna Chiesa rivendica per sé l'unicità in nomedella fedeltà alle origini.Il testo conciliare sembra irrigidire la contrappo-sizione, ribadendo lo stesso concetto nel periodosuccessivo: "Questa Chiesa, in questo mondo costi-tuita e organizzata come una società, sussiste nel-la Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietroe dai vescovi in comunione con lui". Peraltro quiil testo chiude alla possibilità che si possa pensa-re la Chiesa come la risultante del cammino di uni-tà di tutte le Chiese, per cui nessuna Chiesa qui eora potrebbe rivendicare questo titolo. Eppure, immediatamente a seguire, il testo si aprea un'affermazione di incalcolabile portata: "ancor-ché al di fuori del suo organismo visibile si trovi-no parecchi elementi di santificazione e di veritàche, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spin-gono verso l'unità cattolica". La novità è il riconoscimentodell'esistenza di "molteplici elementi di santifica-zione", cioè sacramenti, ministeri, doni dello Spirito,anche nelle altre Chiese e nelle altre confessionicristiane. Questi elementi sono "doni propri dellaChiesa di Cristo" che sollecitano all'unità cattoli-ca, in quanto provengono dall'unico Spirito, che èSpirito di unità.Si possono capire questi elementi di santificazio-ne con quanto il concilio dice nel capitolo II sulpopolo di Dio. "Tutti gli uomini sono chiamati aformare il nuovo popolo di Dio", si afferma in aper-tura del n. 13; e dopo un'articolata descrizione del-la cattolicità, che tende a ricapitolare tutta l'uma-nità in Cristo, termina in questo modo: "Tutti gliuomini sono chiamati a questa cattolica unità delpopolo di Dio, che prefigura e promuove la paceuniversale, e alla quale in vario modo appartengonoo sono ordinati sia i fedeli cattolici sia gli altri cre-denti in Cristo, sia infine tutti gli uomini che dal-la grazia di Dio sono chiamati alla salvezza". Inutileinsistere sulla trasformazione della prospettiva rispet-to alle posizioni apologetiche pre-conciliari, che riba-divano in maniera pressoché ossessiva che "extra

Ecclesiam nulla salus": fuori della Chiesa non c'èsalvezza.Il segno di questa trasformazione di prospettiva del-la Chiesa cattolica, che passa da una rivendicazionepolemica di essere l'unica Chiesa di Cristo al rico-noscimento dei molteplici elementi di santificazioneal di fuori della Chiesa cattolica è l'abbandono delverbo esse, che implicava ed esigeva l'identifica-zione esclusiva - la Chiesa cattolica è l'unica Chiesadi Cristo, senza che altre lo possano essere - in favo-re dell'espressione subsistit in: l'unica Chiesa di Cristo"sussiste nella" Chiesa cattolica, in quanto questaha la pienezza dei mezzi di salvezza.Ma l'ammissione che esistono elementi di santifi-cazione anche al di fuori della Chiesa - verità incon-testabile, quando si abbandoni una contrapposizionepolemica, che impedisce di vedere l'altro e di veder-ne i doni - ha obbligato a formulare in altro modol'affermazione circa l'identità della Chiesa cattoli-ca con la Chiesa di Cristo. Anzitutto si rovescia l'or-dine dei termini, non affermando più che la Chiesacattolica è la Chiesa di Cristo, ma che la Chiesa diCristo esiste nella Chiesa cattolica. In un primo momen-to il verbo adottato fu adest: con questo compostodel verbo essere il testo avrebbe detto che "la Chiesadi Cristo è presente nella Chiesa cattolica". Ma laminoranza più conservatrice temeva che questa for-mula indebolisse troppo l'affermazione che, per quan-to esitano fuore della Chiesa elementi di santificazione,la Chiesa cattolica è e resta sempre e comunquel'unica Chiesa di Cristo. Il timore era di veder ridurre la Chiesa cattolica auna delle possibili forme di presenza della Chiesadi Cristo, anche se la più piena e perfetta. Per que-sto nella redazione finale si è preferito il verbo sub-sistere, che ribadisce la dottrina tradizionale, sen-za tuttavia escludere l'esistenza dei molteplici ele-menti di santificazione anche fuori della Chiesa cat-tolica, e tuttavia ordinati all'unità cattolica. La scelta è stata decisiva anche per il cammino ecu-menico, perché ha riconosciuto dignità alle altre Chiesee confessioni cristiane. Purtroppo, in nome dellaseconda parte dell'affermazione (che, cioè, esisto-no fuori della Chiesa molteplici elementi di santi-ficazione) molti, anche dentro la Chiesa, hanno inde-bolito la prima parte (che cioè la Chiesa di Cristosussiste nella Chiesa cattolica) fino a negarla. Perquesto il 6 agosto del 2000 la congregazione perla Dottrina della Fede, presiduta dall'allora card. Ratzinger,ha pubblicato la Dichiarazione Dominus Iesus sul-la "unicità e universalità salvifica di Cristo e del-la Chiesa" per ribadire anche questo punto, che è"di fede cattolica", che tanto rumore ha fatto per-chè appariva a molti come la pietra tombale del dia-logo ecumenico. E però il testo di LG 8 continuaad essere lì, come il presupposto e la condizionedi un cammino ecumenico tra le Chiese, da faresenza prendere scorciatoie e senza fare sconti allaverità, in un paziente e aperto confronto tra tuttisotto la luce dello Spirito.

* Parroco e teologo

Chiesa

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8 Luglio 2006

Pier Giorgio Liverani

Insieme con la partecipazione del Papa,un congresso internazionale dei non-ni, uno analogo dei giovani e un ter-zo di carattere teologico-pastoralehanno caratterizzato il quinto IncontroMondiale delle Famiglie che, lancia-to l'anno scorso da Giovanni Paolo II,si è svolto, con molte altre manifestazioni(vi hanno partecipato anche delegazionidelle Chiese ortodosse russa, rumenae greca), dall'1 al 9 luglio a Valencia,sulla costa mediterranea della Spagna.Dal punto di vista giornalistico que-sta non è nemmeno più una notizia,avendo i giornali già riferito almenodella presenza di Benedetto XVI nel-la Spagna di Zapatero. D'altra partei tempi tecnici di Ecclesìa in Camminonon ci consentono una riflessionepuntuale su come l'incontro si è svol-to. L'occasione, tuttavia, in conside-razione anche della recente nuova e inac-cettabile legislazione spagnola sulla fami-glia e sull'aborto, è utile per qualcheriflessione in apparenza marginale, inrealtà degna del primo piano.Proprio l'Istituto spagnolo di PoliticaFamiliare, che ha sede a Madrid, ave-va diffuso, in maggio, una serie di datiabbastanza allarmanti sulla 'evoluzione'della famiglia in Europa che, da soli,avrebbero potuto giustificare l'Incontrodi Valencia. Mi limito a considerazioninumeriche, ma eloquenti. Negli annidal 1980 al 2004, nei 25 paesi mem-bri dell'Unione Europea il numero deimatrimoni è calato di più di 663.600unità, nonostante un aumento dioltre 31 milioni di abitanti. Ci si spo-sa meno, dunque, e più tardi: nel 2003l'età media del matrimonio per gli uomi-ni era di 30 anni, mentre per le don-ne di 27,7. Nel 1980 gli uomini si spo-savano, in media, a 26 anni e le don-ne a 23,3.Al calo dei matrimoni corrisponde unforte aumento del numero dei figli nati

fuori dalla famiglia. Anche se un para-gone corretto non è possibile tra i 25attuali Paesi della UE, perché dieci diquesti sono entrati di recente nell'Unione,tuttavia nei 15 Paesi 'storici' dell'Europaunita, mentre nel 1980 soltanto il 9,6%dei figli era nato da donne single o dacoppie non sposate, nel 2004 il dato èschizzato al 32,8%. Il fatto, però, chela media del 2004 per tutti i 25 Paesimembri è del 31,6 dimostra che il feno-meno delle nascite che un tempo si defi-nivano 'illegittime' è diffuso ovunque,anche se con forti differenze tra i diver-si Paesi. In Svezia, per esempio, le nasci-te fuori dal matrimonio si attestano sul55,4%, in Danimarca sul 45,4, in Franciasul 45,2 e nel Regno Unito sul 42,3 percento.Consoliamoci: Grecia ed Italia fannoregistrare dati relativamente bassi: rispet-tivamente sul 4,9 e sul 14,9 per cen-to.I divorzi, nel contempo, sono aumen-tati di circa la metà nel corso dell'ul-timo quindicennio. Dal 1990 al 2004,in 15 Paesi dell'Unione Europea, i matri-moni falliti sono più di 10 milioni conil coinvolgimento di oltre 16 milioni dibambini: le v3ere vittime del disordinefamiliare.Quali le cause di questa frana così gra-ve e diffusa nelle famiglie? L'Istitutospagnolo non ne parla. Nel numero scor-so di Ecclesìa in Cammino si è parla-to dell'"inverno demografico" mon-diale. E' chiaro che, nonostante l'au-mento delle nascite fuori del matrimonio,la crisi della famiglia e quella demo-grafica sono legate tra loro. Non è quipossibile un'analisi di queste cause, chepotranno essere l'oggetto di un pros-simo articolo, ma non si può dimen-ticate che Benedetto XVI, in un dis-

corso rivolto l'11 maggio scorso ai mem-bri dell'Istituto Giovanni Paolo II perstudi sul matrimonio e famiglia(Università Lateranense di Roma), haaffermato che "il matrimonio e la fami-glia sono radicati nel nucleo più inti-mo della verità sull'uomo e sul suo desti-no". Ed ha proseguito: "La comunionedi vita e di amore che è il matrimo-nio si configura così come un auten-tico bene per la società".Nella medesima occasione e con unanota di grande attualità valida anchee soprattutto per la Spagna diZapatero, il Papa ha sottolineato cheoccorre evitare di confondere il matri-monio con altri tipi di unioni basatesu un amore più debole: "Solo la roc-cia dell'amore totale e irrevocabile trauomo e donna è capace di fondare lacostruzione di una società che diven-ti casa per tutti gli uomini". E due gior-ni dopo, rivolto al Pontificio Consiglioper la Famiglia, ha detto: "L'unità ela saldezza delle famiglie aiuta la socie-tà a respirare i valori umani autenti-ci e ad aprirsi al Vangelo (…) Questefamiglie danno anche ottimismo allesocietà contemporanee (…) Le fami-glie appaiono talora insidiate dalla pau-ra per la vita, per la paternità e la mater-nità. Occorre ridare loro fiducia,perché possano continuare a compierela loro nobile missione di procreare nel-l'amore". Ma, "Grazie a Dio, non pochi,specialmente, tra i giovani, vanno risco-prendo il valore della castità, che appa-re sempre più come sicura garanziadell'amore autentico". E a Valencia,così come si è accennato all'inizio, igiovani non sono mancati: solo ivolontari addetti ai vari servizi era-no 9.300 spagnoli e di altri 43 Paesi,in grande maggioranza giovani.

Vita

E’ chiaro che,nonostante l’aumento delle nascite

fuori del matrimonio, la crisi della famigliae quella demografica sono legate tra loro

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9 Luglio 2006Famiglia

Dorina e Nicolino Tartaglione

Fare pastorale familiare non può pre-scindere dal crescere la propriafamiglia, perché se è la famiglia che èdestinata a questa ricchezza, questa tra-smissione di grazia, logicamente saràla famiglia che è soggetto con tutta sestessa.Chi è lo Sposo della Chiesa?È Cristo Sposo della Chiesa Sposa. Ilpresbitero ha la funzione di Cristo Sposo.Il presbitero quindi attualizza CristoSposo, la Chiesa è la comunità sposa.Se il presbitero attualizza il Cristo Sposo,: devo attualizzare anche il rapportocon la Chiesa.Il sacramento del matrimonio attua-lizza nella Chiesa il rapporto sponsa-le di Cristo Sposo con la Chiesa. Il sacra-mento del matrimonio attualizza la moda-lità relazionale che Cristo stabilisce conla Chiesa.Chi deve dare il volto alla comu-nità sposa, se non chi vive lo sposali-zio?Gli sposi attualizzano questo volto, que-sta natura di Chiesa sponsale.In questa prospettiva il termine pasto-rale familiare appare improprio, per-ché conserva la vecchia pastorale fat-

ta di settori: ci sono i bambini, i ragaz-zi, gli adolescenti, i giovani, gli adul-ti, le famiglie, le vedove.La famiglia ha una soggettività nel costrui-re Chiesa, che è sacramentale: cioè agi-sce per grazia ricevuta, sul mandatodel presbitero. E l'obiettivo qual è?Lo scopo della pastorale familiare è faredelle famiglie soggetto costitutivo del-la Chiesa e della società. L'obiettivoè che ogni famiglia scopra il suo ruo-lo, per natura e per Grazia, nei con-fronti della Chiesa. È una pastorale che,quando è fatta con la famiglia, finiscesui banchi di scuola, dalla parrucchiera,al supermercato.. finisce nella via, nelcondominio…Naturalmente tutto ciò richiede ope-ratori di pastorale familiare che col-tivino nella propria famiglia la santi-tà coniugale,.che puntano alla cresci-ta dell'amore verso il proprio coniu-ge: si è chiamati ad esportare ciò chesi vive, rafforzati poi da tutta una pre-parazione biblica, teologica, pastora-le, E una pastorale per contagio anzi-tutto, è una pastorale per testimonianza.L'obiettivo dell'operatore di pastora-le familiare è che ogni famiglia sia a

suo modo soggetto di pastorale, cioèche sia un sacramento funzionante secon-do le sue caratteristiche .Il lavoro dell'operatore di pastorale fami-liare è finalizzato alla missione cheha ogni matrimonio e ogni famiglia:coltiva un'identità non per se stessa,ma per la missione che essa ha.Non esiste la famiglia per se stessa nel-la Chiesa: per natura è fiorita dal cuo-re di Dio e rimanda a Dio. Per graziaha ricevuto la missione di ridire al mon-do, di contagiare il mondo con l'amoreche Cristo ha per la Chiesa.Se la pastorale familiare non dà aglisposi consapevolezza che il matrimo-nio esiste per mostrare il volto di Diotrinità, esiste per attualizzare, per mostra-re l'amore di Cristo per la Chiesa, per-de la sua vera natura.Nella quotidianità gli sposi incontra-no soprattutto persone che non credonoo che credono poco… che si veda checredano! È qui che deve scattare ilVangelo, quello che senti dentro e cheti fa venire la voglia di dirlo agli altri. Chi fa un percorso formativo familiaredeve aver voglia di dire qualche cosaagli altri, ma non dire, piuttosto di con-tagiare!

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Luglio 200610Diaconato

Diacono Pietro Latini

Quest'anno i diaconi festeggiano il 25°anno delle prime ordinazioni dall'in-troduzione del Diaconato nella nostraDiocesi. Furono ordinati diaconi,per le mani del vescovo Mons. DanteBernini, Vito Cataldi il 7/12/80 nel-la Parrocchia S. Barbara in Colleferro;Pietro Latini l'8/12/80 nella ParrocchiaS. Anna in Valmontone; Antonio Ritail 22/12/80 nella Parrocchia di S. Clementein Velletri; Angelo Amendola l'11/4/81nella Parrocchia S. Maria Intemeratain Lariano. Il diacono Antonio Ritanel 1984 ci ha preceduti nella casa delPadre. Le prime quattro ordinazionidiaconali sono tutte ravvicinate nel tem-po e tutte appartenenti allo stesso cam-mino di preparazione ed allo stessoatto di decisione del Vescovo, distan-ziate tra loro solo per ragioni pasto-rali. Dovettero passare in seguito varianni prima che si procedesse con nuo-ve ordinazioni. Oggi i diaconi sonododici, costituiti in Collegio perricordare la loro unità d'intenti ed ilvincolo quasi giuridico che li racco-glie insieme. Essi verificano il cam-mino di fede proprio e comunitarioe cercano di portare avanti gli impe-gni affidati loro dal vescovo, soste-nendosi reciprocamente per supera-re le difficoltà. Approfondiscono le ragio-ni teologiche e pastorali del diaconato,guardano ai nuovi bisogni dellasocietà e cercano le risposte più appro-priate. Sono con loro le mogli ed i figli.Le mogli, vere compagne di viaggionel cammino del diaconato, condivi-dono con i mariti lo slancio ideale del-la vocazione e le pene della quotidianità;seguono lo stesso cammino di formazionee sono il loro sostegno prezioso. I figli,cresciuti nel cammino diaconale dei geni-tori, ne condividono in certa misura il per-corso di vita, regalando l'entusiasmo tipi-co dei giovani e di cui i genitori e la stes-sa Comunità talvolta hanno grande biso-gno. I parroci spesso si rivolgono ai dia-coni per le loro competenze professionalirivestite, per la cura di uffici particola-ri o per lo slancio missionario che li carat-terizza per la stessa natura del diacona-to. I fedeli li conoscono uno ad uno e inloro ripongono fiducia, anche se la loropresenza può rimanere spesso incompresae a volte disattesa. Nel Collegio hannoincominciato la preparazione al sacramentodell'Ordine i sacerdoti don Luigi Palamàe don Nando Brusca. Lo stesso Collegioha provveduto poi per qualche borsa distudio per la formazione di futuri sacer-doti. Anima della Comunità dei diaconie Padre spirituale amorevole e sicuro èMons. Fernando De Mei. Studioso di scien-za e scrittore esimio nella letteratura loca-le, come provano le sue innumerevoli ter-zine e ricerche storiche, è sacerdote umi-le, di grande capacità di ascolto e profondoconoscitore delle anime. Incaricato per ildiaconato nel 1978, si è votato a questacausa con entusiasmo e determinazionegiovanili. Grazie a lui i diaconi non si sono

dispersi ed hanno conservato l'unità. Eglili chiama uno ad uno e li raccoglie tuttiinsieme più volte, soprattutto quando c'èbisogno, come fa il pastore con il suo greg-ge; li conforta nelle avversità e li spingea proseguire se accusano stanchezza, oli aiuta a riprendere il volo. Nello svol-gimento dei loro impegni i diaconi sonoal servizio delle Comunità in cammino.Il diaconato non attecchisce in acque sta-gnanti, né cresce in comunità sterili e pri-ve di slancio. I diaconi nascono perchéle Comunità sono effervescenti e aumen-tano di numero. Comunità ripiegate in sestesse e chiuse al vento dello Spirito nonhanno bisogno del diaconato e non san-no cosa affidare ai diaconi; senza saper-lo, rischiano di uccidere la propria cre-scita e morire. L'istituzione del diacona-to nel libro degli Atti - cap. 6 - è raccontatadentro due momenti di forte crescita del-la comunità cristiana: uno, in apertura delbrano "In quei giorni, mentre aumenta-va il numero dei discepoli…"; e l'altro inchiusura "Intanto la parola di Dio si dif-fondeva e si moltiplicava grandemente ilnumero dei discepoli a Gerusalemme; ancheun gran numero di sacerdoti aderiva allafede". Tra le due crescite ne irrompe un'al-tra: l'apertura degli Apostoli alle esigen-

ze spirituali dei cristiani di altra culturaed il cammino verso la universalizzazionedel Cristianesimo. Così il Diaconato è pre-sentato come frutto e fonte di crescita inun circolo virtuoso di grazia che spingela Chiesa ad andare oltre i confini geo-grafici e ideologici del Giudaismo in cuiè nata. Questa è la missione che la Chiesadegli inizi ha testimoniato anche con ilmartirio, questa è la missione che la Chiesadel Concilio ha riscoperto e che le nostreComunità sentono; questa è la missionecui i nostri diaconi si sono votati.Presenza feconda di vocazioni e segno effi-cace della Comunione della nuova Chiesaquesto diaconato. Presenza e segno chela comunità cristiana non sempre riescea cogliere nei nuovi carismi, scambian-do spesso il diaconato come surrogato delpresbiterato o di altri ministeri laicali. Idiaconi ringraziano il vescovo mons. DanteBernini che ha creduto nel segno e li hareintrodotti in Velletri-Segni e Mons. FernandoDe Mei che li ha seguiti ed incoraggiatisempre. Essi inneggiano allo Spirito cheha soffiato nella nostra Chiesa particolare,ma soprattutto guardano al futuro per l'at-tuazione di iniziative affinché la novitàdi questo ministero sacramentale sia cor-rettamente recepita da tutti.

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11 Luglio 2006Società

Mara Della Vecchia

Il panorama culturalein Italia e nel mondoè costellato di grandieventi: manifestazio-ni, festival, rassegneche utilizzano gli stes-si strumenti dellospettacolo di massa perdivulgare e diffon-dere le idee, le dis-cussioni, le nuove teo-rie, che animano ilmondo della scienza,della filosofia, della let-teratura e via dicen-do.Il fenomeno è, senzadubbio, una cosa mol-to buona perché faci-lita a tante persone inte-ressate e appassio-nate, la conoscenza diargomenti e rifles-sioni che sarebbero lorodifficilmente acces-sibili, così come avvi-cina al dibattito cul-turale, altrettante per-sone altrimenti dis-interessate.Questa forma di divul-gazione, in modo particolare per la scien-za, libera gli studiosi dei vari campi, daquel fastidioso alone di incomprensibi-litàNel maggio scorso, il più grande e famo-so fisico vivente Stephen Hawking,invitato dall'Università e dal Comunedi Padova, ha tenuto una conferenza all'in-terno del palazzetto dello Sport, nellaquale ha esposto la sua ultima teoria sul-l'origine e la storia dell'universo.Un incontro entusiasmante per i 4000studenti che hanno partecipato alla con-ferenza, i quali, come riportano i cro-nisti, con uno sguardo fisso sul palco,non hanno perso una parola di quantoveniva detto, nonostante non ci fosse-ro suoni amplificati o effetti luminosoa catturarne l'attenzione, ma solo un uomoimmobile sulla sua sedia a rotelle chesi esprimeva grazie a un sintetizzatorevocale (Stephen Hawking è affetto datempo di sclerosi laterale amiotrofica).Naturalmente la fama dello scienziatonon è in discussione e ciò che ha espo-sto è stato particolarmente interessan-te e sorprendente, tale da non lasciar spa-zio alla distrazione, inoltre, è incorag-giante sapere che così tanti ragazzi sia-no interessati allo sviluppo della scien-za.Tuttavia non posso fare a meno di osser-

vare, come al moltiplicarsi di tali ini-ziative culturali, non corrisponda, nelnostro paese, una reale crescita cultu-rale, in particolare in campo scientifi-co.Infatti, in Italia, il numero degli iscrit-ti alle facoltà scientifiche è in netta dimi-nuzione; gli studenti italiani risultanoagli ultimi posti, in Europa, in quantoa competenze matematiche e com-prensione linguistica e, purtroppo, la ricer-ca in Italia spesso sopravvive grazie alleiniziative di varie associazioni, che

reperiscono fondiattraverso la venditanelle piazze di varioggetti (piante, frut-ti, dolci…). Da dovenasce questa con-traddizione? Da un latomasse di gente accor-rono ad ascoltare pro-fessori che riferisco-no del frutto dei loroanni di studio, dall'altrosi evita ogni sforzo diapprofondimento eimpegno personale.C'è forse un equivo-co sotteso al mostromodello di sviluppo;tutte le grandi mani-festazioni a carattereculturale sono un evi-dente successo dellacomunicazione, idolodei nostri tempi, al dilà dei contenuti, chepure sono rilevanti. Puòallora succedere cheil contenitore diven-ti più importante o perlo meno più appari-scente del contenutoe la spinta culturale chedovrebbero produrre

simile eventi forse non è ben mirata nelsuscitare il desiderio di studiare o for-se i nostri riferimenti culturali imperantici hanno convinto che impegnarsi in stu-di lunghi e complicati non è conveniente,senza rendersene conto stiamo delegandoad altri il compito di lavorare per il nostrofuturo.Il paradosso che stiamo rischiando, èquello di diventare un popolo di esper-ti comunicatori, ma che non hanno piùniente da comunicare.

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Luglio 2006

Claudia Colaiacomo

Sabato 27 maggio 2006, presso il Centrodella Caritas diocesana in Velletri, si è tenu-to un incontro sul tema delle politiche abi-tative in Italia con particolare attenzioneal Comune di Velletri. Di seguito vengo-no riproposte alcune riflessioni emerse duran-te l'incontro, nella convinzione che la casacontinua ad essere elemento fondamen-tale di ogni processo di integrazione, percui essa rappresenta una tappa obbliga-ta di chiunque a vario titolo, dal volonta-

riato alle istituzioni, si occupa di politichesociali.Partendo dall'analisi dei processi legati almercato immobiliare si sono individuate lecause che hanno determinato l'attuale situa-zione di crisi, tra una domanda sociale sem-pre più ampia e insoddisfatta e le difficoltàdelle amministrazioni pubbliche di dare rispo-ste adeguate con l'attuale quadro normativoe in una sostanziale assenza di politichesia a livello nazionale che regionale. In modopiù analitico si è messo in evidenza:- il disimpegno pubblico, il quale ha vistoil progressivo contenimento dell'interven-to sulla realizzazione di edilizia residen-ziale;- la dismissione del patrimonio pubblicoche, in molti casi, ha prodotto "nuovi sfrat-ti";- il boom del mercato immobiliare, favo-rito anche dalla "corsa alla proprietà" ini-

ziata alla fine degli anni '80, la quale seda un verso appare "tranquillizzante" dal-l'altra apre dei varchi a diverse e nuoveforme di disagio. La dinamica all'accessodella proprietà, spesso forzoso, ha gene-rato non pochi squilibri. Oltre alla "resi-dualizzazione"dell'affitto, si pensi, adesempio, al livello di indebitamento dellefamiglie in parallelo ad un processo di pre-carizzazione occupazionale. Infatti, il bas-so costo dei mutui ha determinato una dina-mica di indebitamento delle famiglie sen-za precedenti, confermando il mercato immo-

biliare unico collettore dei risparmi, dei capi-tali, degli investimenti;- la crescita dei prezzi degli affitti avvenutaspesso in un quadro speculativo. Nel corso della riflessione si è analizza-ta la situazione degli alloggi di edilizia resi-denziale esistenti. L'andamento piattodei canoni di locazione dell'edilizia residenzialepubblica ha determinato una particolare con-figurazione del rapporto tra canoni dell'e-dilizia residenziale pubblica e prezzi di affit-to del settore privato. Da un punto di vistaridistribuivo (o di solidarietà sociale) que-sto assetto del rapporto tra i due differenticanoni deve essere considerato positiva-mente, ma determina tre condizioni criti-che che l' amministrazione pubblica devefronteggiare in maniera "convinta" per con-trastare l'innescarsi di un circolo viziosotra degrado e morosità:o una forte resistenza ad abbandonare l'a-

bitazione sociale anche quando non sus-sistano più i motivi e le ragioni per la per-manenza del nucleo;o la tendenziale resistenza delle famigliealla mobilità abitativa determina un progressivoallontanamento della composizione socia-le dei nuclei familiari che abitano negli allog-gi di edilizia residenziale pubblica dalle fascesociali alle quali l'edilizia residenziale socia-le in affitto è dedicata;o la situazione che ne consegue tende arendere più difficile la gestione e la valo-rizzazione del patrimonio residenzialesia rispetto ad obiettivi di solidarietàsociale, sia rispetto ad obiettivi di efficienzaeconomica.A concorrere maggiormente allo sviluppodella povertà abitativa, oltre al rilancio delmercato della proprietà, la riduzione del-l'offerta accessibile, la crisi dell'edilizia socia-le e le politiche di privatizzazione, sono daconsiderare altre variabili importanti le qua-li caratterizzano e ripropongono una "nuo-va povertà abitativa": le trasformazioni demo-grafiche e culturali della domanda, la cre-scita dell'area della precarietà lavorativae i movimenti delle popolazioni (le nuoveimmigrazioni). Cornice, drammatica, del-la nuova questione è la condizione di mar-ginalità sociale e politica del disagio. Edè proprio questo processo di marginaliz-zazione della domanda abitativa insoddi-sfatta che identifica maggiormente l'attualegravità del problema. Venti o trent'anni fail disagio abitativo racchiudeva ed espri-meva forti istanze di cambiamento dellapropria condizione. Si trattava di una doman-da diversa perché compresa in una fasciasociale di elevata omogeneità. Lungo gliultimi vent'anni la povertà abitativa è anda-ta radicalmente modificandosi fino ad assu-mere svariate e numerose caratteristiche,in altre parole, una sorta di disagio pluri-dimensionale. In siffatta situazione le poli-tiche abitative necessitano di un cambia-mento d'approccio rispetto al passato, ovve-ro di quell'approccio categoriale particola-ristico, ed insieme " a pioggia" che ha carat-terizzato il modello di welfare italiano. Nella parte conclusiva dell'incontro han-no trovato attenzione alcune proposte dipolitiche della casa attuate dalle Caritasdiocesane in Italia le quali, da un lato ricon-siderano strumenti esistenti, dall'altraindicano strade nuove. In questa ultima par-te dell'incontro è stato messo in eviden-za come le azioni concrete non possononon confrontarsi con una lettura dei biso-gni e delle risorse il più possibile a livel-lo locale, rimandando proprio al livello comu-nale una responsabilizzazione rilevante.Le politiche sociali sono politiche di svi-luppo fortemente ancorate ai territori, per-ché questi siano recettivi ai nuovi bisogniè necessario considerare i sistemi territorialiintesi come pluralità di soggetti: istituzio-ni, terzo settore, ecc., che interagisconoin un disegno di sviluppo e di crescita dicui le politiche di welfare sono parte inte-grante.

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14 Luglio 2006

Prof.ssa Sara Gilotta

Nel canto XVI del Purgatorio, Dantefa dire a Marco Lombardo:" Frate, lomondo è cieco, e tu vien ben da lui.Voi che vivete ogne cagion recate pursuso in cielo, pur come se tuttomovesse seco di necessitate. Secosì fosse, in voi fora distrutto liberoarbitrio, e non fora giustizia per benletizia, e per male aver lutto. …….Amaggior forza e a miglior natura libe-ri soggiacete; e quella cria la mentein voi, che'l ciel non ha in sua cura. "Queste parole, chiarissime, nel loro signi-ficato profondo, sono, secondo me, ilmodo più semplice per tentare di spie-gare il male della storia, compresa, pur-troppo, la tragedia della shoah. Dante,infatti, cristiano e teologo impartisceagli uomini di tutti i tempi, una lezio-ne che nulla ha perso della sua vali-dità, nella quale ricorda, anzi, affermacon estremo rigore che Dio ha concessoall'umanità un dono magnifico e ter-ribile, il libero arbitrio ed è solo ad essoche si devono ricondurre le responsabilitàdel bene e del male che ciascuno dinoi commette. Diversamente perderebbeogni significato la ricompensa per il benecompiuto e, prima ancora, scelto, ela punizione per il male scelto e per-petrato. Fin qui tutto sembra chiaro efacile da comprendere e da accetta-re, ma poi intervengono i fatti, gli even-ti, gli uomini e una densa nebbia sem-bra calare a mostrare come il mon-do sia il peggiore dei mondi possibi-li, dove esseri tormentati e angoscia-ti esistono solo a patto di divorarsi l'unl'altro, dove, per dirla con Schopenha-uer,, ogni animale carnivoro è ilsepolcro vivente di mille altri. Homohomini lupus, dunque, giacché sulla ragio-ne continuamente ha la meglio l'egoismoe il desiderio illimitato di affermare sestessi contro gli altri, perseguitando-li, offendendone la dignità, uccidendolie sterminandoli senza pietà , anzi conla più assoluta indifferenza. Ma allo-ra non è Dio che tace, è la malvagi-tà dell'uomo che, uccisa la ragione edimenticata la fede, qualunque formadi fede, diventa capace di compiere leazioni le più aberranti, quelle capa-ci di uccidere l'uomo nell'uomo e conlui i suoi simili. Come spiegare, diver-samente, anche i più semplici tra i ritua-li che accompagnavano la vita dei depor-tati nei campi di concentramento, comela rasatura, già di per sé un'umiliazione,come gli zoccoli pesanti, una frustra-zione e una sofferenza incredibile perchi non l'abbia provata, i pidocchi qua-li "compagni fedeli" di interminabili gior-nate trascorse continuamente neltentativo di riuscire, nonostante tutto,ad evitare la morte. Di esempi se nepotrebbero proporre migliaia, ma pen-so che, se per la morte o la tortura di

nessuno non possa essere in nessunmodo giustificata, è l'innocenza dei bam-bini rinchiusi ad Auschwitz, a Dachau,a Mathausen o in qualunque altro luo-go di morte , che fa da vero e propriodiscrimine del bene e del male, del giu-sto e dell'ingiusto. A loro spetta un par-ticolare posto nella storia della shoah,a loro, che, kapò senza cuore e sen-za pietà, hanno perseguitato orribilmentecon frustate, con la fame e, forse soprat-tutto, con i terribili spettacoli che era-no ripetuti volutamente dinanzi ai loroocchi, perché comprendessero chi erache comandava, chi era l'arbitro del-la vita e della morte di ognuno. Cosìdinanzi ai bambini schierati, ricordaun libro emblematico, intitolato "L'erbanon cresceva ad Auschwitz" Ariannaracconta che un nazista arrivò con unsacco dentro il quale c'era un neona-to, che la madre non era riuscita a nascon-dere,e quasi in una gara di tiro al ber-saglio, il bambino fu gettato in alto eucciso, come se facessero il tiro al pic-cione. Si deve aggiungere altro, perdimostrare che chiunque si sia fatto irre-tire dal male e da quel male, abbia ces-sato di essere un uomo, e sia diven-tato un mostro? E, purtroppo, non misembra che la follia del male abbia ces-

sato di insozzare il mondo, se è veroche il genocidio degli ebrei non è ilsolo che abbia macchiato il secolo XXe se è vero che, mentre scrivo in trop-pi luoghi del mondo si continua a tor-turare e ad uccidere , continuando adimenticare Dio e a far un uso abnor-me della proprio libero arbitrio, che sitratti di ideatori o di esecutori del male,tutti, secondo me, egualmente respon-sabili dinanzi al tribunale dell'uomo ea quello di Dio. E' per tutto questo cheper nessun motivo il dolore patito neicampi di sterminio, come in qualunquealtro luogo in cui l'uomo perseguita l'uo-mo, potrà mai essere davvero dimen-ticato, e, purtroppo, mai davvero per-donato e accettato. Del resto chi abbiaavuto la ventura di visitare quei luo-ghi di morte, ieri come oggi, non puònon avvertire un gelo che irrigidisceil corpo e la mente, che fa tremare anco-ra di angoscia, che, forse, come in nes-sun altro punto del globo fa sentire tut-ta la miseria della condizione umana,se ad essa è negata la luce della ragio-ne, prima ancor che quella dellafede. Perché Dio non è assente,semmai piange per i suoi figli che sof-frono e per coloro, che si dibattono nel-la furiosa tempesta del male.

Mondo

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15 Luglio 2006

Don Carmelo Di Leonardo

Credo si debba fare uno sforzo per por-tare i contenuti dell'ecumenismo nel tes-suto del quotidiano della vita cristiana dei fedeli. Intempi di flessibilità del mercato del lavoro forse nonè inopportuno un parallelo per chi si occupa di curadelle anime e quindi pensare a una flessibilità dimetodi e proposte, anche se leggo in chi scrive diecumenismo della necessità di una vera e propriarivoluzione copernicana. Personalmente ne sono con-vinto: o quello che facciamo tende esplicitamenteall'unità a tutti i livelli della vita o semplicemente nonè, non possiede valore, vero valore cristiano. E' sta-to ripreso sicuramente da molti, il pensiero espres-so da Benedetto XVI a Colonia che il miglior ecu-menismo è una vita secondo il vangelo, non mi èdifficile farlo mio. E' vero però che questa tensioneall'unità, applicata e vissuta in ogni aspetto della vita,è in qualche modo una perfezione dell'impegno cri-stiano, non a caso il vangelo di Giovanni fa parla-re così Gesù solo alla fine del Vangelo e dice ancheche vi sono cose di cui i discepoli non possono por-tare il peso senza l'aiuto dello Spirito Santo. Sembraproprio che la vita cristiana sia incompleta col soloGesù, è necessario lo Spirito di Gesù e del Padre.Come mettere d'accordo queste alte esigenze e ladivulgazione dell'ecumenismo, per niente popolare?

Come agire senza finire nel banale? Credo che i gran-di dell'ecumenismo non abbiano semplificato e nonsi siano sottratti a questa tensione. Hanno tenutoalto il loro livello di impegno nell'approfondimentoteologico, nei contatti con i vertici delle rispettive comu-nità confessionali, ma hanno anche saputo inven-tare iniziative semplici, nate dalla loro passione edal loro cuore per interessare, senza scadere, la gen-te povera e comune, i dotti e gli indotti. A questo sti-le è necessaria una vera conversione dei pastori ditutte le chiese, col coraggio, se è il caso, di abban-donare cose fatte da sempre e che continuiamo afare forse perché la nostra fantasia non riesce a ela-borare altro. Per non rimanere nel vago pongo e mipongo delle domande, senza voler dare giudizi sunessuno e ringraziando Dio dove questo si realiz-za, godendo nella communio sanctorum e secon-do l'insegnamento di San Giovanni della Croce di

tutto il bene che lo Spirito opera nella chie-sa senza di me, perché anch'esso mi appar-tiene. Pertanto mi chiedo se…1. …sia ancora opportuna una iniziazio-

ne cristiana che …finisce nei ristoranti!2. …se non sia opportuno allungare le liturgie consimbologie che possano parlare al cuore del popo-lo.3. …l'eucaristia non debba essere maggiormente espo-sta e adorata al di fuori della santa messa.

Per un ecumenismo spirituale

e popolare

A conclusione del pensiero di Padre Carmelo,si potrebbe iniziare a sensibilizzare le nostre comu-nità parrocchiali, proponendo l'iniziativa di MonsMaria Penitenti, fondatore della CittadellaEcumenica TADDEIDE. Mons. Penitenti suggerivaa tutte le anime sensibili all'ecumenismo spiri-tuale di "tenere acceso in casa, fino alla consumazione,un cero tutti i giovedì, in ricordo dell'istituzionedell'Eucarestia, che è il sacramento e il vincolodell'Unione", offrendo a Dio le preghiere e le sof-ferenze di quella giornata per contribuire efficacementea promuovere l'Unità dei Cristiani.

Per sensibilizzarela comunità

Mons. Franco Fagiolo*

“Alla seconda lettura segue l'Alleluiao un altro canto, a seconda del tem-po liturgico. L'Alleluia si canta in qual-siasi Tempo, tranne che in Quaresima”(n. 37).“L'Alleluia e il versetto prima del Vangelo,se non si cantano, si possono tralasciare”(n. 39).Con queste precise parole il MessaleRomano esprime tutta l'importanza ela solennità di questa acclamazione.E' un canto rituale, cioè uno di queicanti che accompagnano un rito e dura-no quanto il rito; nel nostro caso duratutto il tempo della processione del Vangelo.Ed è chiaro, è evidente che sel'Alleluia non viene cantato non ha piùnessun significato. Pronunciare piat-tamente queste parole diventa un non-senso, non produce l'effetto desiderato.L'Alleluia è un grido di lode a Dio,usato come grido di gioia per noi: lagloria di Dio è la nostra gioia. E noinon abbiamo nessun termine che pos-sa contenere tutta la carica di questa espressio-ne, per cui l'Alleluia non viene tradotto. Il can-to dell'Alleluia spetta necessariamente a tutta l'as-semblea. Pertanto il popolo di Dio deve esseremesso in condizione di poter partecipare a que-sto canto. Non può essere il gruppetto del can-to o il grande coro polifonico il "padrone" del-l'alleluia! Il Coro può benissimo, anzi, dovreb-be, abbellire il canto dell'assemblea con la poli-fonia, estendendo e solennizzando la melodia can-tata da tutti. L’acclamazione al Vangelo non hala funzione di proclamare la Parola di Dio, maè appunto un'acclamazione al Vangelo, a Cristoche viene nel Vangelo. L'Alleluia è una acclamazione antichissima cheviene a noi dall'Antico Testamento e che signi-fica "date lode a Dio". Probabilmente questa accla-mazione faceva parte anche dei canti della cenarituale degli ebrei a Pasqua, e quindi, con mol-ta probabilità, fu pronunciata da Gesù stesso altermine della sua ultima cena. Essa è passata nel-le liturgie cristiane come un'espressione di gioia,

di letizia, di forza riservata specialmente al tem-po pasquale, come quello caratterizzato dal gau-dio per la celebrazione della risurrezione del Signore. Quale Alleluia cantare? La prima regola da rispet-tare è quella di non ripetere sempre, tutti i gior-ni, feriali e festivi il "solito alleluia" e con la "soli-ta" melodia trita e ritrita, buona per tutte le occa-sioni. Spesso si sentono cantare Alleluia pesan-ti, trascinati, con una tonalità molto bassa chesembra un …. mortorio! Il canto dell'Alleluia,direi il "grido dell'Alleluia", ci deve far scatta-re in piedi, quasi come fanno i tifosi più scal-manati al goal segnato dalla Nazionale! E poi,c'è un'ampia gamma di scelta tra le tante melo-die belle, brevi, incisive che esprimono tutta lanostra gioia nell'accogliere Cristo che viene a noicon il suo Vangelo. È importante scegliere rispet-tando la comunità e il tempo liturgico. E nep-pure ci si può far prendere dalla frenesia di can-tare l'alleuia "all'ultimo grido" che abbiamo sen-tito non si sa bene dove o l'alleluia che occupai primi posti della speciale hit parade. Prima di

tutto, la nuova melodia dell'alleluia vainsegnata all'assemblea e soltanto quan-do tutti la conoscono la si può canta-re nella celebrazione. Anche se le for-mule musicali degli alleluia vengonomemorizzate in fretta, non si può lan-ciarne uno nuovo ogni domenica! Lacomunità cristiana dovrà impadronirsidi diversi Alleluia che saranno scel-ti, di volta in volta, in funzione dei diver-si tempi liturgici e del carattere più omeno solenne che si vuol dare a cer-te celebrazioni. L'alleluia della nottedi Pasqua, che potrà essere ripetutoper tutto il tempo pasquale, dovrà perforza di cose essere più festoso di quel-lo di una domenica del tempo ordi-nario. Gli alleluia scelti entreranno afar parte della "memoria" della comu-nità parrocchiale.E il versetto racchiuso tra gli Alleluia?È quasi indispensabile cantarlo. La sem-plice lettura del versetto provoca untale caduta del clima sonoro che nonsi ha più voglia di ripartire con l'Alleluiacantato. Si potrebbe almeno recitar-

lo su fondo d'organo o cantillarlo su una sola nota.Ma chi ha la fortuna di avere a disposizione un"cantore" o un bel coro, allora veramente si puòsbizzarrire in tanti modi per tenere alta la ten-sione dell'acclamazione al Vangelo! Anche l'or-ganista e gli altri strumentisti possono contribuirea questo, annunciando il canto con una bella intro-duzione festosa, così da suscitare il desiderio del-l'assemblea di acclamare alla Parola che sta peressere proclamata. Il grande Joseph Gelineau sin-tetizza il tutto con questa bella immagine: "L'Alleluia,il dialogo di apertura e l'acclamazione conclu-siva dovrebbero essere percepiti come lo scri-gno della parola evangelica".E per concludere, preghiamo con l'Orazione del-la Messa Votiva di S. Cecilia: "O Signore, Dionostro, fonte e culmine di ogni grazia, fa che, arden-ti di amore, ti possiamo lodare ed acclamare colcuore, con la voce e con le opere con un peren-ne ed esultante Alleluia".

* Responsabile per la musica nella Liturgia

Chiesa

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16 Luglio 2006Missione

Don Franco Diamante*

Una delle perledel tempo di Pasqua èla lettura continua degliAtti degli Apostoli nel-la celebrazione eucari-stica quotidiana. Giornoper giorno si ripercor-rono le strade e le loca-lità della prima diffusionecristiana, si incontranoi pionieri dell'evange-lizzazione, si rivivonoi problemi e le apertu-re della Chiesa nascen-te, si è contagiati dal dina-mismo geografico e mentale, dall'effervescenzadi giovinezza ecclesiale, di slancio missiona-rio, di fiducia previa e rallegramento comu-nitario per i risultati della predicazione.

La festa di Pentecoste è il vertice diquesta manifestazione della Chiesa giovane,lieta, frizzante e, quindi, incapace di star fer-ma. La Chiesa degli inizi avverte le scosse sismi-che dello Spirito Santo ed è sospinta dal suovento impetuoso fino agli estremi confini del-la terra.

Un brano tra tanti, emblematico:Quelli che erano stati dispersi per la persecuzioneavvenuta a causa di Stefano, andarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, annunziando la Parola solo ai Giudei, e a nes-sun altro.Ma alcuni di loro, che erano Ciprioti e Cirenei,giunti ad Antiochia,si misero a parlare anche ai Greci, portandoil lieto messaggio del Signore Gesù.La mano del Signore era con loro; e grande fu il numero di coloro che credette-ro e si convertirono al Signore.La notizia giunse alle orecchie della chiesa cheera in Gerusalemme,la quale mandò Barnaba fino ad Antiochia.

Quand'egli giunse e vide la grazia di Dio, sirallegrò,e li esortò tutti ad attenersi al Signore con cuo-

re risoluto,perché egli era un uomo buono, pieno di SpiritoSanto e di fede. E una folla molto numerosa fu aggiunta al Signore.Poi Barnaba partì verso Tarso, a cercare Saulo;e, dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia. Essi parteciparono per un anno intero alle riunio-ni della chiesa, e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia, per la prima volta, i discepolifurono chiamati cristiani. (Atti 11,19-26)

Quanti nomi di località in pochi ver-setti, quanti protagonisti tutti in movimento,quanto sviluppo ecclesiale prodotto da tantadinamicità! La persecuzione si trasforma in occa-sione di diffusione missionaria, sono raggiuntiil Libano, l'isola di Cipro e la Siria (Antiochia),la Turchia (Tarso) e persino il nordAfrica (Cirene).

Cuore pulsante di tutta questa vitalitàmissionaria è la città di Antiochia di Siria.

Mentre la comunità gerosolimitana eraattenta e preoccupata a non mortificare la con-tinuità con l'alveo giudaico, e si preoccupa-va di dirigersi anzitutto ai Giudei, la comu-nità di Antiochia rompe gli ormeggi e si diri-ge ai lontani, ai non circoncisi, ai greci, ai paga-ni. E' una Chiesa dinamica e aperta, piccolanelle dimensioni ma sconfinata negli orizzonti:è una chiesa missionaria, cristiana in senso tota-

le. Da questa cittàpartono Barnaba ei primi compagni,questa è la baselogistica e motiva-zionale di Saulo; diqui è Luca, com-pagno indivisibile diPaolo; qui fu vesco-vo e mandato ad gen-tes lo stesso Pietro.Antiochia dà, ma nonsi ritrova impoveritadall'invio dei mis-sionari, anzi vedeentrare nuovi fratelliinimmaginati che

credono e si convertono, mentre il persecu-tore Saulo diventa il più grande missionario.

Non per nulla è qui ad Antiochia chei cristiani sono riconosciuti nella loro speci-ficità metagiudaica, come realtà nuova ed ori-ginale, perché è proprio la dimensione mis-sionaria che completa l'identità del cristianofino a renderla evidente. Non solo "credenti",tanto meno "circoncisi", ma discepoli di Cristo,il primo Inviato, e quindi globetrotters per voca-zione e missione.

Tra i quattro patriarcati antichi, seGerusalemme rappresenta la santità, Roma ilgoverno e Alessandria l'insegnamento, Antiochiarappresenta certamente lo zelo missionario, atestimonianza che il triplice munus sanctifi-candi, docendi et pascendi della Chiesa è com-pletato dal compito della propagazione dellafede ad gentes.

Siamo nati tutti da Antiochia e appar-tiene alla nostra identità cristiana l'attitudinea partireper la causa del Vangelo. La Chiesa di Velletri-Segni ha spirito antiocheno che chiede di esse-re valorizzato nella realizzazione di sempre nuo-ve partenze missionarie. Esperienze molto bel-le sono già in atto: la collaborazione di Colleferrocon Padre Angelo Ferrazza in Zambia e quel-la di Valmontone con Anna Maria Taglientein Camerun, il gran darsi da fare di Artena peril Congo e di Velletri per l'Angola, ecc… E'una grande ricchezza per la Diocesi ma nonesaurisce tutta la sua potenzialità. Antiochiamanda anche risorse per gli affamati (Atti 11,27-30) ma soprattutto manda persone, susci-ta e invia missionari.

La venuta del nuovo Vescovo ha aggiun-to olio in molte lampade ecclesiali, anche inquella di chi si occupa dell'animazione mis-sionaria della Diocesi. Auspichiamo che la pos-sibilità di partecipare in modo più antioche-no all'attività missionaria della Chiesa, attra-verso una nostra missione diocesana, diven-ti una vera priorità pastorale.

*Direttore Ufficio Missionario Diocesano

A P P U N TA M E N T I D A N O N D I M E N T I C A R E

SABATO30 SETTEMBRENella vigilia della memoria di Santa Teresa del B.G., patrona delle Missioni:2a CONVENTION DEI GRUPPI MISSIONARI DELLADIOCESIParrocchia di Landi, ore 18.30 - Celebrazione eucaristica e agape fraterna.

SABATO21 OTTOBRENella vigilia della Giornata missionaria Mondiale:VEGLIA MISSIONARIA DIOCESANACattedrale di San Clemente, ore 20.30

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Luglio 2006

Emanuela Ciarla*

La storia del profumo, come tante altre, comin-cia proprio con i primi fuochi accesi dall'uomo,fuochi che all'inizio erano accesi con legnettiposti casualmente, poi dopo una scelta accura-ta. Tutte le prime società umane , anche moltodistanti tra loro territorialmente e cronologica-mente, utilizzarono le volute di fumo profumatecome messaggio per gli dei e come offerta voti-va, per poi passare ad utilizzarle nel culto deidefunti e nelle celebrazioni di eventi importanti. Naturalmente sorsero dei veri e propri labora-tori che si occupavano di essenze nelle vicinanzedei templi, in cui i sacerdoti stessi si occupa-vano della preparazione dei profumi destinatiagli dei, ma anche dei balsami utilizzati per pre-servare i corpi dei defunti e di unguenti medi-camentosi per curare le diverse patologie cheaffliggevano gli uomini di quei tempi. Gli Egizifurono i primi a penetrare nel misterioso mon-do delle essenze, a rielaborarle e ad utilizzar-le, inizialmente solo per il culto, poi estesen-dendo l'utilizzo a tutti gli ambienti e a tutte leclassi sociali. Grazie ai geroglifici, alle narra-zioni e ai ritrovamenti archeologici, sappiamooggi che questo popolo faceva abbondante usodi resine e profumi. Nella tomba di Tutankhamon,per citare un esempio, è stato ritrovato uno deiprofumi più ricercati : il Kuphy, che veniva con-siderato il profumo più gradito agli dei.Anche i Greci e gli Ebrei impararono l'arte diprodurre gli aromi dagli Egizi. Gli Ebreidurante il periodo di schiavitù, caratterizzato daun grande contatto con la cultura dei domina-tori, divennero particolarmente abili in quantoa tecnica e, tornando in Palestina, furono favo-riti dalla posizione geografica per l'importazionedi sostanze odorose tra le più rare, Il loro ter-ritorio era crocevia di scambi commerciali tral'Oriente e il Mediterraneo. Si narra che gli Ebreiportassero sempre dei profumi sul corpo anche

sotto forma di pacchettini, in granuli o in pic-cole fiale legate al collo, in cui l'essenza era disciol-ta nell'olio. Addirittura il commercio divennetalmente fiorente che i produttori di profumo fon-darono nella stessa Gerusalemme una corporazione

e crearono una stra-da intera riservataalle botteghe.Anche i Greci ebbe-ro come maestri gliEgizi e anche per loroil profumo entrò in tut-te le manifestazioni del-la vita quotidiana.Utilizzavano profumiin gran quantità, giun-gendo persino a met-tere erbe e spezie nelvino e a passare que-sta usanza ai Romani.Infatti nei primi seco-li dell'Impero si nar-ra che ne facesseroun uso spropositato.I prodotti miglioriprovenivano dallecolonie orientali,dall'Arabia e persinodalla Campania dovesi coltivavano diste-se di fiori, che gli arti-giani provvedevano adistillare in laboratoripoco distanti, preci-samente a Capua, aNapoli e a Pozzuoli.Riguardo ai metodi perl'estrazione sappia-mo che gli Egizi uti-lizzavano la spremi-tura a sacco, checonsisteva nel collo-

care tutte le parti odorose di una pianta, tritu-rate e pestate, in un sacco di lino provvisto didue anelli alle estremità. Per estrarre il succobastava infilare due bastoni negli anelli e ruo-tarli in senso inverso per arrivare a strizzare ilsacco stesso. Successivamente si operava unadecantazione che durava qualche giorno, per poipassare il liquido in appositi flaconi accurata-mente sigillati. I Greci e i Romani operavanoinvece attraverso una spremitura effettuata conil torchio a trave o a vite.Se pensiamo alla Bibbia ci rendiamo conto chespesso la lettura si muove intorno alle parole,al massimo noi possiamo arrivare a percepirei colori e le immagini che il testo ci suscita. Inveceraramente ci siamo soffermati sui profumi e sul-la straordinaria mole di sostanze aromatiche cheinebriano noi comuni lettori esalando da ognipagina. Pensiamo, per citarne alcuni, all'incen-so, alla mirra, alla cassia, al nardo, al balsamodi Giudea, al galbano, al cinnamomo, all'aloee tanti altri ancora.Sicuramente il libro più citato, quando si par-la dei profumi nel testo biblico è il "Cantico deicantici", in cui i due innamorati si cercano "soprai monti degli aromi" ed esalano essi stessi pro-fumi di ogni genere. Non a caso abitano in unacasa dove le travi sono i cedri, i soffitti i cipres-si e il loro letto è verdeggiante.Leggiamo al capitolo 5 :“Son venuto nel mio giardino, sorella mia, spo-sa,e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo…”

*(docente di materie letterarie e sommelier)

17Cultura

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18 Luglio 2006

Tonino Parmeggiani

Nella Sala Tersicore del Palazzo Comunale diVelletri, lo scorso 10 aprile, presenti molte autorità ecultori di storia provenienti pressoché da tutta la nostraDiocesi e fuori, si è svolta l'attesa presentazione delQuaderno n.3 della Biblioteca comunale veliterna "L'ArchivioNotarile di Montefortino (Artena). Notai e società pri-ma e dopo la sua istituzione alla fine del sec. XVI.Inventario", di cui sono autori Alfredo Serangeli, Direttoredell'Archivio Storico Diocesano "Innocenzo III", sezio-ne di Segni e Rita Agostini, paleografa e storica del-lo stesso archivio, e pubblicato dal Comune di Velletricon la collaborazione ed il contributo del Comune diArtena. In quanto da tempo, l'archivio notarile man-damentale di Velletri, contenente anche quello di Montefortino(l'attuale Artena), è conservato presso la Biblioteca Comunaledi Velletri, i due comuni hanno convenuto la realizzazione di questa ope-ra, importante riferimento per studi futuri.L'archivio di Montefortino fu iniziato ad essere studiatodal Serangeli, alcuni anni orsono, in occasione della ste-sura di un volume sulla figura poliedrica di un notaio arte-nese, Stefano Serangeli (1654-1730); in seguito allargandol'orizzonte degli studi, in previsione di altre pubblicazioni(una, sulla Chiesa di S. Maria delle Letizie, è in proget-to per il prossimo anno) si addivenne all'inventariazionesistematica di tutto il fondo. Si tratta di 150 volumi di protocolli, che coprono all'in-circa 230 anni (1597-1830), periodo importante perchéè quello che ha dato origine all'Artena dell'oggi; il mate-riale archivistico è ancor più prezioso per il comune arte-nese, che ha un proprio archivio storico di ridotte dimen-sioni, per cui di certo verranno alla luce molti altri aspet-ti finora indefiniti o sconosciuti. Anzi, due lunghi saggidegli stessi autori: "Notai a Montefortino nei secc. XIV-XVII: strumenti e attori di una comunità" (Serangeli),e"L'Archivum Terrae Montis Fortini: i notai nei secc. XVIIIe XIX" (Agostini), ricchi di un lungo apparato di note, spessoriferite a documenti inediti, sono un po' lo spaccato di sei seco-li di storia non solo dell'archivio ma delle stesse istituzioni cit-tadine, insomma della storia del feudo.Il volume che si presenta con una bella e curata veste editoria-le, consta di 256 pagine ed, oltre a contenere l'elenco dei volu-mi in archivio, contiene un'aggiornata bibliografia su Artena, dueutili Indice dei nomi ed un Indice onomastico dei notai i cui attisono in archivio ed infine vi sono riprodotti ben 73 Signa dei notai,i sigilli che venivano apposti dagli stessi alla fine di ogni protocolloda loro stipulato. Corredato di bellissime foto di documenti inediti edi scorci di Artena, il volume contiene una prefazione del Sindaco diVelletri Dott. Bruno Cesaroni ed una presentazione del Dott. AugustoPompeo, dell'Archivio di Stato di Roma. Alla presentazione sono inter-venute molte autorità, il Vescovo di Velletri-Segni Mons. VincenzoApicella, P.re Emiliano Fabbricatore, Archimandrita Esarca dell'Abbazia

di Grottaferrata, P.re Marco Petta, direttore della Bibliotecae P.re Antonio Costanza, direttore del Laboratorio di Restaurodel Libro Antico dell'Abbazia; i sindaci di Velletri, di ArtenaProf. Maria Luisa Pecorari e di Segni, Renato Cicciotti,ed altresì il consigliere provinciale Erminio Latini (ex sin-daco di Artena), e molte personalità del mondo cultura-le tra cui, con gradita sorpresa, Padre Attilio Cadderi deiMinori Francescani, illustre storico francescano ed auto-re di alcune pubblicazioni sulla storia artenese. Dopo unaintroduzione da parte del Dott. Filippo Alivernini, CapoUfficio Biblioteca Museo Archivio Storico, coordinato-re di tutta l' iniziativa, e del Dott. Vincenzo Ciccotti, stu-dioso dell'archivio notarile veliterno, la presentazione scien-tifica è stata tenuta dal Dott. Luigi Londei e dal Dott. AugustoPompeo, rispettivamente Direttore dell'Archivio di Statodi Roma e Direttore della sala di studio, i quali hanno trat-tato, con dovizia di particolari, della nascita ed evoluzione

della storia degli archivi notarili nello Stato ecclesiastico. E' doveroso ringraziare i due autori ed i due comuni, perla realizzazione di questo nuovo strumento di ricerca checertamente darà adito ad una molteplicità di nuovi studi edulteriori approfondimenti, sulla storia di Artena, sia civileche religiosa. Dopo l'apertura dell'archivio diocesanosegnino (giugno 1998), un altro fondo archivistico si ponea disposizione del mondo della ricerca storica.

Diocesi&Storia

L’Archivio Notarile di MontefortinoIl volume presentato a Velletri raccoglie duecentotrenta anni

della storia di Artena tratti da 150 volumi di protocolli

Il tavolo dei relatori, (da sinistra ): Augusto Pompeo,Luigi Londei, Vincenzo Ciccotti, Alfredo Serangeli, RitaAgostini ed il sindaco di Artena, Maria Luisa Pecorari

Signa del notaioMele -Tra i tantiSigna, si è sceltoquesto del notaioClaudio Mele (1774)che ha, tra gli ele-menti componenti,tre api, come ilnostro Vescovo.

Il Vescovo Apicellae il sindaco Cesaronitra il pubblico intervenuto

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19 Luglio 2006Società

Il 23 settembre dello scorso annoveniva ufficialmente inaugurata laCasa di Accoglienza San Lorenzo.Nei mesi trascorsi, volontari, ope-ratori e amici di questo progetto del-la CEI preso in carica dalla Caritasdiocesana, hanno lavorato nel-l'accoglienza e nell'accompagnamentoai reclusi, nel sostegno alle loro fami-glie, nell'animazione della pasto-rale carceraria, nella sensibilizza-zione delle comunità parrocchialidella nostra diocesi. Ogni attivitàa fianco dei volontari dell'AssociazioneVOL.A.RE (VOLontari AssistenzaReclusi), che da più tempo operanel settore.Il convegno del 29 Giugno rientraa pieno titolo nel campo della sen-sibilizzazione della comunità civi-le, altro compito specifico delle ope-re-segno della Caritas. Renderemoconto più nel dettaglio dei conte-nuti dell'incontro, nel prossimo nume-ro. Lasciamo ora ad alcune parole di EnzoBianchi, priore del monastero di Bose,di spiegare il tema del convegno: per-ché lo abbiamo scelto ed in quale mododesidereremmo accompagnare ogni cit-tadino e la comunità tutta ad affronta-re "la paura dell'altro"."Quali sono allora gli autentici atteggiamentirichiesti a un cristiano di fronte a que-sto problema? Innanzitutto cogliere e affer-

mare la differenza dell'altro: l'altronon è uguale e la sua differenza deveessere rispettata e accolta come tale. […]era lontano e ora mi è vicino, era sco-nosciuto e ora è davanti a me. Ed è quiche nasce la paura dell'altro, sentimen-to che non va né deriso né minimizza-to, ma piuttosto esaminato seriamente:è importante affrontare e non rimuove-re la paura, altrimenti si rischia o di negar-

la fino ad abdicare alla propria culturae colpevolizzarla, oppure di esorcizza-re la paura assolutizzando la propria iden-tità come esclusiva ed escludente. No,si tratta invece di assumere la paura del-l'altro, di leggere le proprie pulsioni difen-sive e di intraprendere la strada dell'e-laborazione dei nostri sentimenti e del-le nostre emozioni attraverso la ragio-ne e l'esperienza".

Alessandro Gentili

Pietro, il novizio del Don Orione, mi lascia nella stanza dasolo con un ragazzo che deve ricevere il battesimo. Non per-do molto tempo." Perché ti vuoi convertire?".Allora lui inizia il racconto, partendo dalla storia politicadel suo paese, la Serbia: i turchi, l'impero Ottamano, la pri-ma guerra mondiale, il Kossovo, la pulizia etnica…L'argomento poi scivola sulla mia esperienza ("Perché sonoqui?" e cito Matteo, capitolo 25)."Sai pregare?", chiedo."No""Conosci il Rosario?""Ah sì, me lo ha regalato Pietro, ma non so come si fa""Vai a prenderlo."Esce. Io guardo due disegni di Gesù e Maria appesi al muro.

Non sono riproduzioni. La Vergine piange. Sotto, un posterdi nudo. Lo strappo via.Torna con la Corona. Gli spiego tutto. Poi… "Ho una pena nel cuore - gli dico - ed è questa: un'a-mica di mia figlia, di sedici anni, ha la fibrosi cistica enon sta bene. Entra ed esce dall'ospedale. Vuoi comin-ciare ad usarlo? (indico il Rosario) Perché non uniamole nostre preghiere?""Ah, d'accordo …ma Dio accetta le preghiere di uno comeme? ". Vedo che si è emozionato. Ci guardiamo negliocchi." Come ti chiami? Il tuo nome … "Mi dice il nome e mi tremano le gambe, anche se sonoseduto.Con un filo di voce gli dico: " Il tuo nome è lo stessodel cognome di questa ragazza … "Promette di dire la Corona. Ci salutiamo. Ora ci uniscequalcosa in più di quella mezz'ora di catechismo.

Il carcere? Una fila di celle che si aprono su un corri-doio, voci, urla, strepiti, odori (di varecchina e di cuci-

nato), porte che sbattono, metallo, marmo, cemento, passiche si perdono in lontananza, freddo, appelli, tempo di atte-se e tempo di memorie, tempo di rimpianti e tempo di spe-ranze, tempo del vuoto e tempo che fatica a riempirsi, tem-po di parole e tempo di silenzi, tempo di luce e tempo dibuio, tempo di giorni e tempo di notti, tempo di mesi e tem-po di anni, tempo di fughe e tempo di rientri.Il carcere? Sogno una cella vuota e un edificio che invecedi detenuti si riempie di bambini e al posto del cemento edi mura prati fioriti e sopra le nostre teste un cielo che siallarga e si restringe dentro l'anima.Il carcere è lì, come l'impressione che genera il Cimitero:a ricordarci questo la vanità della vita (pulvis et umbrae sumus)e quello la maledizione che grava sui figli di Adamo, di Abelee di Caino…"Dov'è tuo fratello Abele?", chiede Dio a Caino."Alessandro, dov'è tuo fratello Caino?", chiede Dio a me.

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20 Luglio 2006Chiesa&Diocesi

Don Silvestro Mazzer*

Per antica tradizione, le reli-quie di Santa MariaMaddalena sono custoditenell'Abbazia provenzale diSaint-Maximin (Var Francia).

A180 km da Ventimiglia,e trenta prima di Marsiglia,chi percorre l'autostradavede innalzarsi sulla sinistraal centro di una piccolissi-ma città (appunto "Saint-Maximin) una grande chie-sa. Innalzata in puro stile goti-co a partire dal 1295, è lamaggior cattedrale gotica delSud-Est della Francia.

Nella minuta cripta del-la chiesa, artistici reliquia-ri d'oro mostrano al pelle-grino le reliquie dellaMaddalena: il teschio, un lem-bo di carne della fronte (det-to "Noli me tangere", per-ché Gesù avrebbe lì sfiora-to con la sua mano la fron-te di Maria il mattino diPasqua), ed altre pocheossa.

In questo povero teschio,due occhi vivissimi hannovisto davvero Gesù, due occhiliberati "da sette demoni",due occhi che hanno pian-to sotto la Croce, due occhigioiosi e radiosi quando Luile disse: "Maria!", e a lei perprima si mostrò risorto, e leiGli si gettò davanti:"Maestro!", e Lui le ripose:"Non mi trattenere, non c'èfretta, mi fermerò ancora unpo' con voi. Ma ora va dai fratelli, e dì loroche sono risorto, e che salgo al Padre mio ePadre vostro, Dio mio e Dio vostro".

A poca distanza, una ventina di chilome-tri, s'innalza il "Massiccio della Santa Grot-ta" ("Massif de la Sainte Baume"), una mon-tagna visibile dal lato mare anche per chi vaa Lourdes in treno.

Sulla roccia viva, v'è la "Grotta" ("Baume")dove la Maddalena avrebbe passato i suoi ulti-mi anni in preghiera e penitenza. Salendo daSaint-Maximin, si giunge ad un altopiano bosco-so e silenzioso. La, in una vecchia Trappa,le Suore oggi ospitano i pellegrini (Hôtelleriede la Sainte-Baume, 83640 Plan d'Aups; tel.0442 04 54 84). E proprio là sopra, sulla roc-cia, si notano delle costruzioni: è un conventinodomenicano, che introduce alla grotta. È comequando da Vallepietra guardi su alla SantissimaTrinità. Vi si sale a piedi per il "sentiero deire", largo, quasi carrozzabile fin dove iniziala roccia; alcune gradinate s'aggrappano poisu e portano a un ripiano.

La Grotta è una caverna grandissima a varilivelli. In basso una bellissima statua dellaMaddalena. Più sopra, l'altare. In un reliquiariod'oro, un frammento osseo della Santa.

Il Padre Lacordaire (grande restauratore diquesti luoghi maddaleniani), scrive in un suolibretto: "La Sainte Baume (la Santa Grotta)è stata il Tabor di santa Maria Maddalena…

Ella vi è vissuta solitaria, fra penitenze e rapi-menti… Ella non aveva più che un pensie-ro: rivedere l'amico divino perduto… Se unoha visto vite che appassiscono sulla tomba diun figlio o di una sposa, cosa doveva essereper Maria Maddalena che aveva stretto i pie-di del Figlio di Dio, e che l'aveva amato aldi là di ogni amicizia terrena e di ogni unzio-ne della grazia?".

Dalla Grotta si può salire in vetta al roc-cione sovrastante (il "Saint Pilon, 998 m. s.m; mezz'ora per il "sentiero della capra"); sidice che lassù salisse ogni giorno Maria Maddalenaper le sue èstasi. C'è lassù - dicono - un mera-viglioso panorama sul mare; forse laMaddalena vi sognava, oltre il mare, la Palestinalontana.

Sono autentiche le reliquie della Maddalena?

La tradizione antica racconta che Lazzaro, lesue sorelle (Marta e Maria), Maria diGiacomo e Salomé, con Massimino e Siduino,siano pervenuti via mare alle foci delRodano, ed abbiano predicato il Vangelo inProvenza.

Ecco il testo della "legenda":"A causa delle persecuzioni degli ebrei

contro i primi cristiani, Maria soprannomi-nata la Maddalena fu imbarcata su una bar-ca senza vela né remi con suo fratello Lazzaro,sua sorella Marta, le sante donne Maria Jacobé

e Salomé, Massimino, uno dei72 discepoli, e qualche altro.Il fragile battello sotto la pro-tezione del Signore arriva sen-za danni alla foce del Rodano,nel luogo che oggi si chiama"le Sante Marie del Mare"…Il gruppo di esiliati fu accol-to da una donna di nome Sara,egiziana e gitana. Sara si con-vertì e ricevette il battesimo,e diventò patrona dei gitani.Maria Jacobé e Salomé resta-rono presso Sara; Marta si fer-mò a Tarascona; Lazzaro ela Maddalena andarono aMarsiglia dove predicaronoil vangelo sul sagrato del tem-pio di Diana. La Maddalenasi recò poi da Massimino, vesco-vo ad Aix. Poi, risalendo ilcorso del fiume Huveaune arri-vò alla Santa Grotta perpassarvi gli ultimi anni del-la sua vita. Sentendosi venirmeno, scese a valle per rag-giungere Massimino e morìfra le sue braccia, dopo averricevuto il Pane consacrato.Fu seppellita a San Massimino".La plausibilità sostanziale diquesta "tradizione" ha alcu-ni validi appoggi:- dal 122 avanti Cristo laProvenza era "provincia"romana;- l'imperatore Tiberio (sottoil cui regno predicò e morìin croce Gesù), era unClaudio, e, prima di essere impe-ratore, soggiornò a Lione; la"gens Claudia" fece fortunain Gallia e vi si installò;

- Pilato sposò Claudia Procla, che era certodella famiglia di Tiberio. Sappiamo dai Vangeliche la moglie di Pilato, nel processo a Gesù,mandò a dire a suo marito che salvasse Gesù(Matteo 27, 19); i "Ponzii" sono nominati inmolte anfore e pietre dei Musei provenzali;il nome in "ato" era tipico della valle del Rodano;- Nel Vescovado di Carcassona fu rinvenu-ta circa un secolo fa una lettera di Cladia Proclaad una certa Fulvia Hersila: "Non ti parlerò- scrive - dei miei primi anni passati a Narbonasotto la protezione di mia padre e sotto la tute-la della tua amicizia. Tu sai che, compiuti imiei sedici anni, fui unita a Ponzio… Tu saiche incontrai il centurione che presiedette all'e-secuzione di Gesù, un veterano delle guerrecontro i Parti e i Germani…".- Germanico, che negli anni 18-19 d.C. sot-tomise definitivamente la Giudea, era nato aLione;- negli anni 24-25 troviamo in Palestina quat-tro legioni provenienti tutte dalla Provenzae dalla Gallia: la settima "Ferrata", la deci-ma "Fretensis", la dodicesima "Fulminata" ela terza "Gallica".- una stele funeraria trovata nel 1837 a Marsiglia,databile al 60 d. C., loda i martiri Volusianoe Fortunato, e quindi già nel 60 d. C. la fedecristiana era da tempo impiantata a Marsiglia;

(continua a pag. 21)

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21 Luglio 2006Chiesa&Diocesi

(segue da pag. 20)

- pur essendo il Vescovo di Arles il prima-te di Provenza, egli riconosce la priorità diMarsiglia, Aix, e Avignone; è il Vescovo diMarsiglia che consacra tutti i Vescovi dellaProvenza;- questa priorità è dalla tradizione attribui-ta al fatto che quelle chiese ora dette veni-vano dette fondate dal "santo gruppo di Betania";

È quindi probabile che soldati semplici,provenienti dalla Palestina, neo-cristiani, abbia-no per primi diffuso in Provenza la "buonanotizia". Ed è appunto plausibile che, per-seguitato dai Farisei e da Erode, anche il "grup-po di Betania" si sia diretto lassù, quando anchePietro si dirige verso Roma.

I pellegrinaggi e le traslazioni.

Durante tutto l'alto e basso Medioevo sifanno pellegrinaggi da tutta la Cristianità allatomba provenzale di Maria Maddalena. Siricordano vari papi altomedievali, molti re,santi e poeti (Tetrarca, dopo un pellegrinaggio,dedicò alla Maddalena una famosa lirica).

Nell'anno 710, sotto il regno di Eudes, pertimore degli invasori saraceni, il corpo di san-ta Maria Maddalena fu trasferito dal preziososepolcro d'alabastro (proveniente dal Mar diMarmara, IV secolo, e ricoperto di altorilieviriferentisi alla santa, sarcofago ancor oggi visi-bile ma privo dei rilievi, grattati dai pelle-grini) nel sarcofago di marmo semplice incui giaceva il corpo di san Siduino (il cie-co nato di Gv 9, unitosi al "gruppo di Betania,e poi successore di Massimino come vesco-vo di Aix). Questa "traslazione" è testifica-ta da un documento rinvenuto nel 1279 daCarlo di Salerno.

Carlo di Salerno fece personalmente sca-vi accurati al di sotto del livello dei sarco-fagi romani, e trovò appunto le ossa e il teschio,sovrapposti alla rinfusa, con accanto testi anti-chissimi, come quello riferentesi al citato anno710, in cui si diceva della traslazione in sar-cofago più anonimo e protetto.

In nessun altro luogo si mostrano reliquiedi Santa Maria Maddalena. L'unico proble-ma viene dalla straordinaria Basilica di Vézelay,nei pressi di Auxerre. AVezeley, infatti, i mona-ci sostenevano di aver portato via da Saint-Maximin - per sottrarle alle incursioni sara-cene - le reliquie della Maddalena, così comeera effettivamente successo per le reliquie diLazzaro, traslate da Marsiglia ad Autun nel1147. Vézelay diventò allora una capitale reli-giosa d'Europa; ad esempio, fu dalla colli-na di Vézelay che san Bernardo predicò laSeconda Crociata! Ma il vescovo del luogosi mostrò piuttosto scettico sulle reliquie. Néi monaci mostrarono mai alcunché.

Carlo di Salerno, dubbioso, scavò - comedetto - sotto la cripta, e trovò - come detto- le vere reliquie e, divenuto Carlo II di Sicilia,le portò a Roma per farle vedere a BonifacioVIII nel 1295; il papa si ricordò che a S. Giovanniin Laterano si venerava - oltre alle reliquiedi Pietro e Paolo - anche una reliquia dellaSanta, e se la fece portare: era una "mandi-bola", che, avvicinata al cranio portato dal-la Provenza, combaciava perfettamente(NB.: il cranio infatti a Saint-Maximin è sen-za mandibola).

la Rivoluzione Francese - dopo il 1789 -sequestrò, distrusse, bruciò, ma il sagresta-no di Saint-Maximin, Giuseppe Bastide, riuscìa nascondere parte delle reliquie (il cranio,il "Noli me tangere" , una parte dei capelli,le ossa di un braccio); Giuseppe Bonaparteriuscì poi a salvare la Chiesa e l'organo, facen-dovi suonare per le truppe rivoluzionarie laMarsigliese (un organo celeberrimo, a quat-tro tastiere).

Il Padre Lacordaire O.P., con grandi cure,fece di San Massimino e della Santa Grottaun Centro di cultura domenicano (oggi SanMassimino è tenuto dai padri Paolini polac-chi; i Domenicani stanno solo alla Sainte Baume).

Conclusione: non si tratta di fede, o di cer-tezze dogmatiche. Ma, per la sua - tutto som-mato -apprezzabile credibilità storico-criti-ca, per la grande riverenza che meritano letradizioni e i simboli dei secoli cristiani, perla fiducia filiale che dobbiamo avere nelladivina Provvidenza, che può sì permetteretante cose ma che anche ci conforta e gui-da, per tutto questo e altro ancora, la tradi-zione provenzale merita di essere accolta condevozione.

Maria Maddalena è la stessa persona che Maria di Betania, sorella di Lazzaro?

Nella tradizione delle chiese orientali si trat-ta di donne diverse. Ma già san Gregorio Magno(fine sesto secolo) le identificava. Dato chela Maddalena è stata liberata da "sette demoni";dato che è certo Maria di Betania colei che,nella casa di Simone il lebbroso, sparge profu-mi sul capo o sui piedi di Gesù (comparareMatteo 26 e Marco 14 con Giovanni 12); datoche ai piedi della Croce non c'è Maria di Betania;dato che sembra ugualmente strano che nean-che nei racconti di Resurrezione vi sia cen-no alcuno a Maria di Betania mentre si dà mol-to spazio a Maria Maddalena; dato soprattuttoche lo slancio d'amore mostrato nei vari casiè proprio lo stesso, dato tutto questo, si puòforse dire che è probabile che le due Marie(e la peccatrice piangente di Luca 7) sianola stessa persona. O forse invece la peccatrice-piangente di Luca 7, colei "cui è molto per-donato perché ha molto amato" è tutt'altra per-sona dall'innocentissima Maria di Betania (che"ha scelto la parte migliore") come pure dal-la Maddalena della Passione e della Pasqua?Il parere degli esegeti sembra al riguardo tut-t'altro che concorde. Forse alla foce del Rodano(alle "Tre Marie", "Trois Maries"), con Laz-zaro, Marta, Massimino e Siduino, sbarcaro-no davvero tre Marie: 1. Maria di Cleofa, madredi Giacomo, 2. Maria di Betania, sorella diLazzaro, e 3. Maria Maddalena (che si sareb-be quindi per qualche tempo unita nell'apo-stolato al "gruppo di Betania"). La tradizioneprovenzale avrebbe poi unito figure diverse.

Comunque, la Maddalena non sarebbe affat-to la donna dei profumi "per la mia sepol-tura" (che certo è Maria di Betania, totalmentealtra dalla piangente di Luca 7), e tanto menosarebbe la peccatrice piangente. E i "sette demo-ni" della Maddalena non significherebberoaffatto una vita cattiva, ma semplicementeuna gravissima malattia (ogni malattia a queltempo si attribuiva al demonio) o una pos-sessione diabolica. E dovrebbe allora finirela "leggenda" (con due "g") dei capelli sciol-ti, della "peccatrice penitente", ecc. ecc. Rimarrebbeuna figura limpida, che segue Gesù fin sot-to la croce, che vede per prima Gesù, che pre-dica Gesù in Provenza, e che passa i suoi ulti-mi anni in estasi e in preghiera alla Santa Grotta.

Ma perché proprio in Provenza? Perchénon a Roma o ad Artena?

Scrive Lacordaire: "I luoghi santi sono nelmondo ciò che gli astri sono nel firmamen-to, una sorgente di luce, di calore e di vita,e quando uno si domanda perché mai Dioha consacrato tale montagna o tale valle, tan-to varrebbe domandarsi perché Egli ha get-tato nell'alto dei cieli la stella immobile cheguida i nostri figli e i nostri fratelli sulle ondedell'Oceano. Oh, piacesse a Dio che essi fos-sero meno rari, questi luoghi dove l'amoreha vissuto! Piacesse a Dio che i nostri cuo-ri trovassero più frequentemente su questafredda terra una cenere dove riscaldarsi. Maè di ciò che è santo come è di ciò che è gran-de, e se la grazia è economa come la natu-ra, sappiamo almeno riconoscere le sue ope-re, e non ripudiare i suoi miracoli".

*parroco di S. Croce in Artena

don Silvestro Mazzer

Maggio è stressante: la Festa della Madonna, lePrime Comunioni... E tanti arretrati di stanchezza….Un parroco può ben sentire il bisogno di respi-rare un po' d'aria pura…Metto in borsa un po' di prediche registrate (Comastri,Forte, ecc.), e domenica 11 giugno, dopo la Messaserale a Santa Maria, parto, con la mia vecchiaPanda. Roma, Stazione Termini: il treno per laFrancia è a mezzanotte! Non mi va d'aspettare;farò un primo pezzo in macchina, magari finoa Genova; tanto, costa quasi uguale. Imbocco l'Aurelia…In Maremma mi fermo a salutare un amico pit-tore, che mi promette una "Pala" per Santa Maria.A mezzanotte, nei pressi del Santuario diMontenero, abbasso il sedile, e cerco di dormi-re un pò.Al primo chiarore la Panda riparte! Alle nove,a Lavagna, concelebro e saluto un prete amico,malato. A Genova: bivio!!! Vado a Oropa? O a LaSalette? O qui a destra sul colle alla Madonnadella Guardia? O giù a prendere il treno per Lourdes?Ma dove lascio la macchina? La Panda dice: nonlasciarmi, vai dritto… Vado dritto!Ed eccomi in Francia! La mia Pandina ce la farà?Mmm, mi sento stanco; forse è meglio che escoqui a Nizza e prendo un treno per Lourdes. Maperché non vado invece a Santa Maria Maddalena?E così, a 180 km da Ventimiglia, trenta prima diMarsiglia - e precisamente a "Saint-Maximin" -esco (finalmente!) dall'autostrada.E subito la Cattedrale! È davvero grande, dav-vero stupenda questa antica chiesa, innalzata inpuro stile gotico a partire dal 1295. Domina solen-ne la piccolissima città di "Saint-Maximin". Civoleva, sì, una chiesa così bella, così grande, percustodire degnamente un grande tesoro: le reli-quie di Maria Maddalena.Nella minuta cripta della chiesa, artistici reli-quiari d'oro mostrano al pellegrino le reliquiedella Maddalena: il teschio, un lembo di carnedella fronte (detto "Noli me tangere", perché Gesùavrebbe lì sfiorato con la sua mano la fronte diMaria il mattino di Pasqua), ed altre poche ossa.Mi inginocchio. Prego. Prego per Artena, per unagiovane mamma di Artena che sta male, per me.Io spero… Io spero di tornare ancora, pellegrino,a quel Monte, a quella Grotta, a quelle reliquiebenedette.Sia benedetto Dio! Viva santa Maria Maddalena!

Pellegrino alle reliquiedi S. Maria Maddalena

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22 Luglio 2006

L’eccidio di Pratolungo, una tragica rappresaglianazista che uccise una dozzina dicivili veliter-ni nel febbraio del 1944, da qualche settimananon è più un eccidio ‘dimenticato’. In tanti ciavevano provato a ricordarlo, tra questi sicura-mente Renato Rossetti fino alla sua scomparsaera stato il più intraprendente, ma anche GuidoDi Vito, dalle pagine del settimanale storico diVelletri aveva ripreso le fila diquei fatti e li ave-va fatti raccontare, prima che scomparissero, aiprotagonisti. A chi c’era, a chi aveva visto, a chiaveva pianto sui corpi trucidati nel fosso di Pratolungo.E allora proprio a Guido Di Vito, che insiemealla giovane Ilaria Orsolini (che di questo epi-sodio ha fatto una Tesi di Laurea) è l’autore del-la pubblicazione presentata alcuni giorni fa, con-segnamo l’onore e l’onere di raccontare cosa c’èneidue volumetti editi dalla Blitri.“Debbo ringraziare la brava Ilaria Orsolini che,grazie alla sua tesi di laurea, dopo 23 anni hariportato alla luce la mia inchiesta giornalisti-ca sui tragici fatti di Pratolungo. Ilaria ha beninserito e ampliato, nel contesto storico dello sbar-co di Anzio, - spiega Di Vito - l'atroce fine diquelle innocenti vittime della rappresaglia na-zista. Quasi tutti nostri concittadini rifugiatisicon le loro famiglie, nelle vigne e nelle grottedei nostri ospitali contadini, miracolosamentescampati appena un mese prima bombardamentiche distrussero Velletri per i1 75%. Fui spintoalla ricerca, dal singolare fatto che, sia padreItalo Laracca che Renato Guidi, nei loro libridiari sui tragici accadimenti di Velletri, dedicarononon più di 10 righe sulla feroce rappresaglia Pra-tolungo. Sempre accompagnato dai compiantoRenato Rossetti del luogo, (che riuscì nel tem-

po a costituire un Comitato Martiri di Pratolungoe con le Amministrazioni del periodo ad orga-nizzare un premio letterario e grafico per alun-ni delle scuole medie e un nuovo monumento piùaccessibile dell'altro), mi misi al lavoro con unobiettivo preciso, intervistare l'uccisore del sol-dato tedesco. 'Ipso facto'. Malgrado la voglia diparlare di Amedeo Moretti, da 39 anni rinchiuso

nella sua vigna, schiacciato dai rimorsi ad unavita da eremita, nessuno dei testimoni ancorain vita, né dai parenti che a distanza ravvicinatavissero la dolorosa tragedia, pronunciarono durigiudizi nei suoi riguardi. Rimasi colpito anchedal fatto che le famiglie delle vittime, partico-larmente quelle 'vignarole', erano piuttosto reti-centi a parlare di questa storia, come se provasserovergogna. Finalmente è arrivato, anche se conritardo, il tempo che questa tragedia venga fat-ta conoscere alla cittadinanza. Il merito va sicu-ramente alle associazioni culturali 'Gian MariaVolonté' e 'Velletri nella memoria' che sono riusci-te a pubblicare l'opera realizzata dalla editoria'Blitri' di Velletri. Anche se triste, questo episo-dio fa ormai parte della nostra storia e quindiera giusto condensarlo in un libro. La storia diVelletri affonda le radici nei millenni, radici chedebbono essere continuamente irrorate soprat-tutto dalle nuove generazioni. Specialmente inquesto periodo di epocali cambiamenti dovutiall'inserimento continuo di migliaia e migliaiad'immigrati, popoli di disperati che fuggono dal-la miseria, dalla guerra, dalle persecuzioni poli-tiche, gente diversa da noi per razza, lingua, reli-gione, cultura e tradizioni. Dobbiamo fare in modoche conoscano la nostra storia, la nostra lingua,le nostre tradizioni, e le rispettino, come rispet-tiamo le loro. Sarà questa la strada giusta, a mioparere, per una serena integrazione. In questocontesto voglio ricordare al sindaco Bruno Cesaroni- conclude Guido Di Vito - di mantenere la promes-sa, fatta pubblicamente a suo tempo, di ricostitu-ire le Contrade con i suoi nomi, ridonando a Velletriun'opera di valore incomparabile, strappata ignoran-temente alla storia della città ed ai cittadini”.

Libri&Diocesi

Pratolungo, un eccidio ora non piø dimenticatoAnche grazie all inchiesta giornalistica di Guido Di Vito, ora raccolta in un volume

La copertina della pubblicazione volu-ta dalle associazioni ‘Gian MariaVolonté e ‘Velletri nella memoria’

Tonino Parmeggiani

E' stato presentato, una settima orsono presso la Provinciadi Roma, l'instant book, "Licenziato…. per sicurezza"con sottotitolo "Breve storia di diritti distorti", scrittodalla giornalista Alessandra Valentini; erano presen-ti Gloria Malaspina, Assessore alle politiche del Lavorodella Provincia ed il Sen. Dino Ribaldi.Nel volumetto si ripercorre la vicenda del ferroviereveliterno Dante De Angelis, ex assessore comuna-le, licenziato per essersi rifiutato di azionare, il gior-no 4 febbraio, alla stazione di Bologna, mentre eraalla guida di un treno Eurostar proveniente da Bolzano,il pedale VACMA, che consiste nel tenere sempre pigia-to un pedale, posto nella cabina di guida e nel rila-sciarlo, ogni 55 secondi, pena il rallentamento ed ilfermo del treno nell'ipotesi (da parte dell'azienda) checiò stia a significare che il macchinista sia deceduto(il vacma si chiama, non a caso, anche dell'uomo mor-to!) o in gravi condizioni fisiche e che quindi il prov-vedimento di fermo del treno vada a garantire la sal-vaguardia dei passeggeri. L'episodio, e tutto quello che ne è derivato, è appar-so più volte sulla stampa nazionale ed è stato ancheil motivo di scioperi nazionali da parte dei ferrovieri,con adesioni molto alte.Il VACMA, tecnologia dell'anno 1939, ha da sempreincontrato l'avversione dei macchinisti, dei sindacati,di ASL e Preture che ritengono questa cosa obsole-

ta e del tut-to contro-producen-te, in quan-to non fache disto-gliere unmacchini-sta dall'at-tenz ionenella gui-da, anchevisuale, delproprio tre-no: l'unicovero obiet-t ivo rag-giunto, daparte del-l'azienda, èstato di

"risparmio", in quanto con l'adozione del VACMA si ècolta l'occasione per togliere il secondo macchinista!Fatto sta che, invece, i mac-chinisti deceduti in incidenti sonoaumentati di molto e non peri casuali "errori umani". E pen-sare che il De Angelis è unR.L.S., Responsabile per la sicu-rezza dei lavoratori, che da tem-po si stava battendo, ancheper la riassunzione dei quat-tro ferrovieri che, nella tra-smissione televisiva "Report",sbugiardarono l'azienda in

tema di sicurezza e, per tale motivo, vennero licen-ziati.Rifiuti dei macchinisti, in tal senso, sono stati negli anniabbastanza frequenti, tanto che si è andata quasi con-solidando, negli anni, una prassi ben definita per cuiil macchinista fermava il treno e manifestava il suo rifiu-to nell'usare il VACMA, l'azienda ribadiva il suo ordi-ne, il macchinista ribadiva il suo diniego ed allora l'a-zienda proponeva il cambio del locomotore o del mac-chinista, solo che per decidere quest'ultimo passag-gio occorre la firma di un dirigente.Nel caso che questi sia nella disponibilità, il tutto puòrisolversi in 10 minuti ma, se non si trova, il treno rima-ne fermo fin tanto che non arrivi una firma sul modu-lo: questo è quanto è successo il 4 febbraio quan-do, per trovare un dirigente, è occorso un'ora e mez-za. Un primo riconoscimento dei fatti, in tal senso, èstato fatto dal GIP del Tribunale di Bologna che, conordinanza dell'11 maggio, ha archiviato la procedurapenale a carico del De Angelis riconoscendo che il ritar-do era da imputarsi all'azienda. La soluzione del pro-seguo del caso è devoluta ora al Tribunale del lavo-ro di Roma.

“Licenziato...per sicurezza”

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23 Luglio 2006

Enrico Mattoccia

Secondo la dottrina cattolica, "i membri del regnodi Dio, santificati dalla grazia redentrice del Cris-to, sulla terra e nell'aldilà, hanno una comunione divita soprannaturale con Cristo, il capo, e fra di lo-ro". E' questa la "comunione dei Santi". Se ben siriflette, si tratta di una estensione e precisazione delconcetto di Chiesa, formata da tutti coloro che sonoredenti e santificati dalla grazia di Cristo e che pos-sono trovarsi, a seconda delle condizioni personali,sulla terra, in purgatorio o in paradiso: viandanti edancora deboli i primi, ormai salvi gli altri. La veri-tà della "comunione dei Santi" è professata nel "sim-bolo apostolico" ("Credo la comunione dei Santi")ed è fondata sul Vangelo (cfr. Gv. 15, 1-8; Mt. 6,9)e sull'insegnamento di S. Paolo (cfr. I Cor. 12,25.27;Rom. 12,4). La liturgia, fin dall'inizio delCristianesimo, nella celebrazione eucaristica, inter-cede per i viventi e per i defunti; gli antichi dice-vano: "Lex credendi lex orandi". In Dante non tro-viamo una definizione tecnica ma la presentazionepratica ed efficace del fatto che i membri della Chiesahanno tutti la possibilità di comunicare con gli altri,di aiutarsi e di intercedere gli uni per gli altri, pur-chè tale preghiera "surga su di cuor che in graziaviva" (Pg. 4, 135), cioè non ci sia l'ostacolo di unacolpa grave. Il Poeta ci presenta il regno del demo-nio sulla terra e nell'inferno: il regno dell'odio, a cuicontrappone il regno di Dio dove è l'amore, la giu-stizia, la fratellanza, la benedizione e la carità. Ciònon si verifica solo in cielo, ma anche nella terra enel purgatorio, dove le anime sono esenti da invi-die, ambizioni, superbie, desiderano ardentementeil bene degli altri e ne partecipano (Pg. 33,145; 21,58-60). Le anime che salgono a Dio sono tanto piùfelici quanto più vedono altre anime felici; tutti esul-tano per un'anima che ascende all'eterna felicità. Quando

Stazio, che ormai ha portato a termine la sua puri-ficazione, si alza e si accompagna a Dante e Virgilio,tutto il Purgatorio si scuote e palpita ed esulta: "Tremaciquando alcuna anima monda/ sentesi, sì che surgao che si muova/ per salir su; e tal grido seconda"(Pg.21, 58-60). In Purgatorio le anime o domandano oringraziano o ricambiano i suffragi. Alla fine del can-to V Dante incontra Pia de' Tolomei, la quale glichiede suffragi, ma con una straordinaria delicatezza,perché al proprio bene ella antepone quello del "pel-legrino", al quale augura un meritato riposo dopoil viaggio; solo allora spera da lui un ricordo e unsuffragio: "Deh, quando tu sarai tornato al mondo/e riposato de la lunga via…/ricordati di me che sonla Pia"(Pg. 5, 130-132). All'inizio del canto VI, una

turba di anime si affolla attorno a Dante per chie-dere a lui suffragi e pregarlo che li chieda per loroai parenti ancora vivi: "…quell'ombre pregar pur ch'al-tri prieghi/ sì che s'avacci lor divenir sante.."(Pg. 6,26-27). Marco Lombardo, a sua volta, chiede pre-ghiere supplicando. "I' ti prego/ che per me prieghiquando su sarai…"; Dante promette solennemen-te: "Per fede mi ti lego di far ciò che mi chiedi" (Pg.16, 52-53). Dietro queste richieste c'è la fede nellaverità cristiana che nel Purgatorio si progredisce nel-la via della purificazione e quindi si affretta la libe-razione verso il cielo per mezzo dei suffragi dei vivi."…qui per quei di là molto s'avanza"(Pg. 3, 145)afferma Manfredi, condannato ad attendere a lun-go nell'antipurgatorio l'inizio della sua purificazio-ne. Tale attesa può esser accorciata "per buoni prie-ghi" (Pg. 3,141), difatti, più avanti affermerà che "lospirito ch' attende/…qua su non ascende,/ se buo-na orazion lui non aita" (Pg. 11, 126-130). Ciò è acca-duto a Forese Donati, grazie alle preghiere dellamoglie Nella, la quale "con suo pianger dirotto/ consuoi prieghi devoti e con sospiri/ tratto m'ha de lacosta ove s'aspetta", cioè l'antipurgatorio (Pg. 23,87-89). Meno fortunato è stato Buonconte da Montefeltro,che non ha avuto l'aiuto della moglie o dei parentie perciò sta tra i compagni triste e vergognoso, "conbassa fronte"(Pg. 5, 90). E' evidente che le stesseanime che si stanno purificando si rivolgono diret-tamente a Dio con suppliche fereventi, ma si trat-ta di una preghiera corale che supera il gretto e meschi-no individualismo: "Udia gridar: Maria, òra per noi;gridar: Michele e Pietro e tutti santi" (Pg. 13, 50-51). Come vedremo, queste stesse anime che anco-ra si purificano, pregano anche per i cristiani chesono sulla terra; quelle che già godono la beatitu-dine celeste, proprio in nome dell'amore, non dimen-ticano chi ancora lotta in vita e chi, in Purgatorio,sospira il momento della liberazione.

Cultura/Libri

"Noi diciamo oggi: Gesù, Maria, Giuseppe. Un tem-po a Nazaret si diceva: Giuseppe, Maria, Gesù.O, in modo ancora più familiare: Giuseppe, Mariae il piccolo".Così inizia questo straordinario libro di Lucien Deiss,della Congregazione dello Spirito Santo (uno deipionieri del rinnovamento biblico e liturgico, so-prattutto in Francia), San Paolo edizioni, euro die-

ci e trentatrè. Il sottotitolo reca scrit-to: "La formazione umana di Gesùdi Nazaret". Così continua l'autore:"Egli domina i secoli eterni, ma Gi-useppe e Maria lo hanno contem-plato neonato e adagiato in una man-giatoia".Il lettore avrà capito, forse, dove sia-mo capitati: in uno di quei fortuna-ti incontri in cui tra scrittore e letto-re, appunto, si crea una simpatia istan-tanea, suggerita e amplificata nonsolo dal tema svolto, ma dallagrande capacità di sintetizzare in unoscritto un apparato formativo epedagogico di grande spessore. Sirimane pressochè allibiti di fronte acerte parole: "Giuseppe fu una per-sona di una bontà solare tanto daessere agli occhi del bambino Gesùl'immagine della tenerezza delPadre celeste! Abbà Giuseppe fu perlui l'icona dell'Abbà celeste. Lascoperta della tenerezza umana dicui Giuseppe lo circondava fu la viache permise la scoperta della tene-rezza infinita di cui lo circondava ilPadre del cielo".In uno dei capitoli centrali, poi, Deiss

si sofferma a parlare volentieri del ruolo, ingra-to, della donna ai tempi di Gesù. Si dimentica volen-tieri che a crocifiggere il Signore sono stati SOLOuomini, mentre le donne lo seguivano senza faretante domande. A questa osservazione si suolerispondere che, in fondo, SOLO gli uomini ave-vano il potere… Magra e sciropposa risposta pereludere il problema. Torniamo a Deiss. Dicevamo

di un passo, a proposi-to del ruolo della donna.Ecco qui: "Esse dovevanotacere nelle assemblee,ma dialogavano con Dioa proposito della sal-vezza del mondo!" Qui l'autore parla dell'Annun-ciazione. Più avanti, commentando Luca 8, 1-3(le donne che lo seguivano, come dicevo poc'an-zi…): "Queste donne avevano dei beni alla lucedel sole. Gesù accetta senza complesso il loroaiuto. Esse gli offrono la loro diaconia. Lui pian-ta il Vangelo nel loro cuore. In mezzo alle discussioni,poi alle opposizioni e all'odio di certi farisei e scri-bi, le "sante donne" offrivano a Gesù un'oasi dipace e d'amicizia": Così, nel corso della lettura, il lettore viene alfi-ne condotto per mano attraverso gli anni silen-ziosi di Gesù a Nazareth, tempo in cui Giuseppee Maria lo hanno aiutato in una crescita umanae spirituale: "Per quanto ci riguarda, basta al nostrostupore e alla nostre lode verso Dio sapere chela tenerezza di un uomo e una donna, vissuta nel-la semplicità di Nazaret, ha contribuito a costrui-re la personalità di colui che la nostra fede accla-ma come Signore dell'eternità."La bellezza di questo libro rivela, come in una fon-te, la bellezza della famiglia, quella famiglia che,oggi, viene ripetutamente attaccata dal mondo.Sì, il mondo odia la famiglia cristiana ma Dio nesa più del mondo se una sera, attorno ad un foco-lare domestico, due adulti e due bambini si riuni-scono, con la televisione rigorosamente spenta,a celebrare la Provvidenza divina.

Il libro del mesea cura di

Alessandro Gentili

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24 Luglio 2006

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Velletri - Centro S. Maria dell'Acero- Cursillo donne: Ritiro- Anniversario di OrdinazionePresbiterale di Don Fabrizio Marchetti(16.07.2005)

lunedì - S. AlessioSegni, Festa di San Bruno ep. patro-no della città e compatrono della dio-cesi, processione.Velletri - Suore Serve di Maria Riparatrici:Incontro di formazione dell'Ass. "B.V. Addolorata".- Anniversario di OrdinazionePresbiterale di S.E. Mons. LorenzoLoppa (17.07.1971)- Anniversario di OrdinazionePresbiterale di Don Alberto Raviglia,(17.07.1972)- Anniversario di OrdinazionePresbiterale di Don Daniele Valenzi,(17.07.2002)

martedì - S. Bruno di Segni,Vescovo ed ab.Segni, Festa di San Bruno ep., Patronodella città e compatrono della diocesi.In Segni (s), in Diocesi (f)Segni, Istituto del Verbo Incarnato:San Bruno, Vescovo di Segni. Festadella Casa Generalizia e della Casad'Alti Studi dell'IVEColleferro, Parr. S. Bruno, Festa deltitolare

giovedì - S. Apollinare v.m. (mf)- memoria della B. Maria De

Mattias:Velletri, Festa nella Comunità del-le Suore Adoratrici del Sangue di Cristo

venerdì - S. Lorenzo da Brindisi (mf)Velletri - Parr. S. Maria del Carmine:Itinerario di formazione al matrimo-nio cristiano (ore 20.30)

sabato - S. Maria Maddalena (m)Artena, Festa di S. M. Maddalena,Patrona della città

domenica - XVI Domenica T.O. BIV sett.Artena, Festa di S. M. Maddalena,Patrona della città

martedì - S. Giacomo (f) PSegni - Parr. S. Maria degli Angeli:LEGIO MARIAE Riunione con S.Rosario (ore 15,30)

mercoledì - Ss. Gioacchino e Anna,genitori della Beata Vergine Maria(m)Colleferro - Parr. S. Barbara: Fes-ta Messa e Processione per S. Anna

Valmontone, Parr. S. Anna: festa pa-tronaleColleferro, Parr. S. Gioacchino:festa nell'omonima parrocchia

giovedì - B. Raimondo Palmerio- Anniversario di OrdinazionePresbiterale di Don Gaetano Zaralli,(27.07.1958)

venerdì - Ss. Nazario e CelsoSegni - Parr. S. Maria degli Angeli:Caritas Catechesi e cena di solida-rietà

sabato - Santa Marta (m)Velletri: Festa nelle due comunità del-le Suore di S. Marta

domenica - XVII Domenica T.O. B Isett.

lunedì - S. Ignazio di Loyola (m)

martedì- S. Alfonso Maria de' Liguori,Vescovo e Dottore della Chiesa (m)Segni - Parr. S. Maria degli Angeli:LEGIO MARIAE Riunione con S.Rosario (ore 15,30)

venerdì - S.Giovanni Maria Vianney(m)Primo venerdì del meseMonastero invisibileColleferro - Istituto Pie Operaie e Casadi riposo "Maria Lilia": Ora di adorazioneper tutte le vocazioni

sabato - Ded.Bas. S.Maria Maggiore(mf)

domenica - Trasfigurazione delSignore B (f) PVelletri, Parrocchia del SS.moSalvatore: festa del titolare

lunedì - Ss. Sisto II e c. (mf) II sett.XVIII sett. T.O.Velletri- Suore Serve di Maria Riparatrici:Ora di preghiera mariana

martedì - S. Domenico (m)Segni - Parr. S. Maria degli Angeli:LEGIO MARIAE Riunione con S.Rosario (ore 15,30)

mercoledì - S. Teresa Ben. della Croce,v.m., Patrona d'Europa (f) P

domenica - XIX Domenica T.O. BIII sett.Velletri - Parr. S. Clemente I: S. PonzianoCompatrono di Velletri

lunedì - S. Massimiliano M. Kolbe (m)Gavignano - Parr. S. Maria Assunta:

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Processione in onore Ss SalvatoreAssunta e S. Rocco (ore 21.00)Velletri - Suore Serve di Maria Ri-paratrici: Ora di preghiera marianariparatrice ed Eucaristia- Anniversario di Ordinazione Pres-biterale di Mons. Bruno Navarra,(14.08.1948)

martedì - ASSUNZIONE della B.V.M.(s) P- Parr. S. Maria Assunta: Festa del-la Titolare nelle parrocchie:Velletri, S. Maria in TrivioSegni, S. Maria Assunta (Concattedrale)Valmontone, S. Maria Maggiore Gavignano, S. Maria Assunta

mercoledì - S. Rocco (mf)- Gavignano: Festa del Patrono del-la Città- Velletri - Centro S. Maria dell'Acero:Corso di esercizi spirituali per giovani(Inizio)

sabato - S. Giovanni Eudes (mf)

domenica - XX Domenica T.O. B IVsett.Velletri - Centro S. Maria dell'Acero:Corso di esercizi spirituali per giovani(Fine)

lunedì - S. Pio X (m)Velletri - Suore Serve di MariaRiparatrici: Incontro di formazione dell'Ass."B. V. Addolorata".

martedì - Beata Vergine MariaRegina (m)Segni - Parr. S. Maria degli Angeli:LEGIO MARIAE Riunione con S.Rosario (ore 15,30)

mercoledì - S. Rosa da Lima (mf)

giovedì - S. Bartolomeo (f) P

venerdì - S. Ludovico (mf)Segni - Parr. S. Maria degli Angeli:Caritas Catechesi e cena di solida-rietà

sabato - S. ZefirinoFesta del Patrocinio della Madonnadelle GraziePatrona di Velletri e della Diocesi, Velletri,

Cattedrale S. Clemente I in Velletri

(s), in Diocesi (f)

domenica - XXI DomenicaT.O. B I sett.

lunedì - S. Agostino (m)

Velletri - Centro S. Maria dell'Acero:

Corso di esercizi spirituali per adul-

ti

sabato - Ss. Aquila e PriscillaCentro Diocesano Vocazioni - S.Maria dell'Acero: fine Campo scuo-la giovanissimi

domenica - XIV Domenica T.O. BII settEz 2,2-5; Sal 122,1-4; 2Cor 12,7-10;Mc 6,1-6Gavignano - S. Rocco: Memoria delMovimento degli occhi della imma-gine della Madonna (ore 20.00)

lunedì - Ss. Rufina e SecondaVelletri - Suore Serve di Maria Riparatrici:Ora di preghiera mariana riparatriceed eucaristia

martedì - S. Benedetto, ab., Patronod'Europa (f) PSegni - Parr. S. Maria degli Angeli:LEGIO MARIAE Riunione con S.Rosario (ore 15,30)

mercoledì - S. Giovanni Gualberto Velletri - Suore Serve di MariaRiparatrici: Anniversario di fondazionedella Congregazione - Anniversario di OrdinazionePresbiterale di Mons. FernandoCalennne (12.07.1942)

giovedì - S. Enrico (mf)Velletri - Cattedrale S. Clemente I:Festa della Dedicazione della BasilicaCattedrale di S. Clemente I, P. M. -in Cattedrale (s), in diocesi (f)Velletri - Centro S. Maria dell'Acero- Cursillo donne: Ritiro

venerdì - S. Camillo de Lellis (mf)Velletri - Centro S. Maria dell'Acero- Cursillo donne: RitiroVelletri - Parr. S. Maria del Carmine:Itinerario di formazione al matrimo-nio cristiano (ore 20.30)- Anniversario di OrdinazionePresbiterale di Mons. Franco Fagiolo,(14.07.1973)

sabato - S. Bonaventura, vescovo edottore della Chiesa (m)Velletri - Centro S. Maria dell'Acero- Cursillo donne: Ritiro

domenica - XV Domenica T.O. BIII settVelletri, Festa della B. Vergine delCarmelo, Processione nella Parr. S.Maria del CarmineValmontone - Parr. S.Sebastiano m.:Festa di Sant'Antonio di Padova

AGOSTO


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