CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE
Laurea Magistrale in Governance e Sistema Globale – Corso di Società e
processi globali
Facoltà di Scienze Politiche
Università di Cagliari
New media, Internet e partecipazione politica:
le tre sfide dell’informazione digitale
TESI DI LAUREA
di
Andrea Deidda
Relatore:
Prof.ssa Aide Esu
Anno Accademico 2010-2011
Indice
Introduzione 3
1. New media 5
1.1. Internet e la seconda generazione 9
2. I Social Network 14
2.1. Facebook 15
2.2. Twitter 27
2.3. Il testimone Ushahidi e FrontlineSms 36
3. L‟evoluzione del giornalismo tra mass media e new media 41
3.1. Excursus: il modello del giornalismo italiano nella storia 44
3.2. Carta stampata e new media oggi 51
3.3. Citizen journalism e ruolo del giornalista 56
4. Open source e intelligenza collettiva: il caso di Wikipedia 61
5. Ricerca 69
Conclusione 89
Appendice statistica 93
Bibliografia 110
3
Introduzione
Il giornalista da una parte, il lettore dall‟altra. L‟uno scrive, riporta mentre l‟altro legge,
ascolta, guarda. Il paradigma dell‟informazione nei secoli è sempre stato questo. Tra
lettore e giornale la comunicazione è stata sempre a senso unico: come fosse un
professore il giornale, la radio e la televisione impartivano la propria lezione, dall‟alto
della cattedra dei mass media come consapevoli e forti del fatto di essere gli unici a
poter descrivere e raccontare la realtà alle folle. La presunzione di un soggetto di
raccontare una realtà varia e articolata a tanti. Tradizionalmente inoltre i lettori sono
stati abituati a pensare in termini di testata, a leggere le notizie racchiuse in un unico
mosaico.
Oggi queste concezioni stanno mutando, lasciando spazio a nuovi modelli di
costruzione da un lato e lettura delle news dall‟altro. Le nuove tecnologie, ovvero i
cosiddetti New Media, stanno capovolgendo due ruoli che la stampa nella sua storia
aveva incardinato come lontani e distinti, eccezion fatta per le “lettere della domenica”.
Internet prima con i blog e negli ultimi otto anni con i social network, dando la
possibilità a chiunque di poter comunicare verso moltitudini di persone, li sta mettendo
in discussione tracciando una nuova visione del giornalismo che si configura
maggiormente come conversazione. La possibilità che milioni di persone possano creare
e veicolare informazioni, potendo accedere a numerosissime fonti in tempo reale e siano
in grado (sfruttando cellulari e social network) di parlarne al mondo intero, sta segnando
un cambiamento epocale e al tempo stesso un punto di non ritorno per la professione
giornalistica.
Alla luce di queste considerazione sorgono spontanei alcuni interrogativi. Oggi ci
informiamo o veniamo informati? Quanto ci informiamo? Se è vero che i social network
stanno cambiando la vita di molte persone, soprattutto tra i giovani, in quali termini
avviene? Il loro è un utilizzo costruttivo o potremmo farne a meno? La società in
generale cambierà in meglio oppure no?
Ancora, com‟è cambiato il rapporto tra mass media e lettori con l‟avvento di Internet?
Infine carta stampata, radio e tv hanno ancora un ruolo egemone nell‟indirizzare
4
l‟opinione pubblica, il voto politico dei cittadini/lettori oppure Internet ha il
sopravvento? C‟è ancora spazio per la carta stampata?
In sintesi saranno questi i campi d‟indagine della seguente tesi di laurea. Verrà
dapprima analizzata la nascita e l‟evoluzione di Internet, per poi esaminare nello
specifico le dinamiche di alcuni social network diversi l‟uno dall‟altro. Successivamente
si passerà a esporre i cambiamenti in essere nel mondo del giornalismo.
Infine verranno esposti i risultati di una ricerca sul campo derivanti dalle interviste
effettuate su cento studenti dell‟Università di Cagliari per capire quali siano le
conseguenze reali dell‟avvento dei New Media sul grado di informazione e
partecipazione politica delle nuove generazioni.
5
1. I new media
Negli ultimi sessant‟anni il mondo dei media è stato soggetto a continui cambiamenti,
spesso radicali. Tuttora vive una fase di continua innovazione dovuta principalmente
alla nascita di nuove tecnologie informatiche. L‟avvento della televisione provocò
grandi trasformazione tra i mass media tradizionali come la radio e la carta stampata. Il
computer negli ultimi decenni sta a sua volta introducendo novità alle quali gli altri
mezzi di comunicazione devono e dovranno adeguarsi per non rischiare di rimanere
arretrati e superati nelle gerarchie dell‟universo mass mediatico.
Un termine che oggi fa da padrone nel mondo dell‟informazione e del giornalismo è
quello dei cosiddetti “new media”. Tuttavia non siamo di fronte ad un concetto coniato
nell‟ultimo millennio bensì risalente agli anni Ottanta. È infatti in questi anni che
avvengono importanti innovazioni: per quanto riguarda i giornali cominciano ad essere
redatti e stampati a distanza, si affaccia il telelavoro e le edizioni di uno stesso
quotidiano possono essere adattate alle varie aree territoriali di destinazione (cosa che
avviene soprattutto negli Stati Uniti). Altre novità, che non riguardano necessariamente
i mass media, sono rappresentate dall‟avvento di apparecchi quali il walkman, il
videoregistratore, le videocassette in vhs e la televisione via cavo che ha permesso la
diversificazione dei canali televisivi. Esaminando questi strumenti dall‟alto dei giorni
nostri e con il senno delle tecnologie che ora abbiamo a disposizione si può notare che
rappresentano un punto di rottura, seppur primordiale, con i dispositivi informativi
allora a disposizione. Perché? Senza dubbio il walkman ha permesso a chiunque di
ascoltare, in qualsiasi posto si trovasse, la propria musica preferita magari registrata
prima alla radio e dunque personalmente selezionata; il videoregistratore ha permesso a
tantissimi di creare video( si pensi ai videoclip familiari) e non più di rimanere soltanto
a guardare quello che la Tv ed il cinema trasmettevano; la Tv via cavo ha allargato
enormemente la scelta dei canali a disposizione assecondando le preferenze dei singoli
segnando un confine netto tra televisione generalista e tematica.
Il discrimine fondamentale apportato dai nuovi mezzi sta nel fatto che se prima il mass
media veniva concepito come uno strumento in grado di trasmettere da un unico
emittente una quantità di informazioni uguali ad un pubblico vastissimo, ora le
informazioni, come Francois Sabbah affermò nel 1985, iniziano a segmentarsi:
6
In breve, i nuovi media determinano una audience segmentata, differenziata, che, sebbene
numericamente consistente, non è più audience di massa in termini di simultaneità e uniformità
del messaggio che riceve. I nuovi media non sono più mass media nel senso tradizionale, che
inviano un numero limitato di messaggi a un pubblico di massa omogeneo. A causa della
molteplicità di messaggi e fonti, il pubblico stesso diventa più selettivo. Il pubblico oggetto di
target tende a scegliere i propri messaggi, approfondend la segmentazione e migliorando la
relazione individuale tra emittente e ricevente1.
La descrizione di un passaggio come questo, verificatosi già negli anni ‟80, potrebbe
essere applicata ai new media utilizzati oggi grazie ai quali la differenza con i media
tradizionali si accentua: non tutte le persone guardano la stessa cosa nello stesso
momento e l‟abitudine diffusa dello zapping consente al pubblico di creare i propri
mosaici visivi. Infatti anche se i media trasmettono e pubblicano su scala mondiale ed i
programmi circolano nella rete globale, noi non viviamo in un villaggio globale ma in
villette personalizzate prodotte globalmente e distribuite localmente2.
Tuttavia data la rapida mutevolezza alla quale sono soggetti, in letteratura ai “nuovi
media” non è stata conferita una definizione unanime e precisa. Come afferma
Paccagnella Luciano 3 sul significato del termine incombono due ordini di problemi:
infatti dobbiamo anzitutto chiederci che cosa intendiamo per new media cioè
l‟intensione del concetto, ma anche quali siano i media ai quali possiamo applicare
l‟etichetta di “nuovi”, in quest‟ultimo caso la problematica riguarda l‟estensione del
concetto. Nonostante ciò è possibile catalogarli attraverso alcuni elementi peculiari che
li caratterizzano, senza i quali non potremmo chiamarli tali. Questi sono rispettivamente
la digitalizzazione, la multimedialità, l‟interattività e l‟ipertestualità.
Proseguiamo con ordine: in primo luogo va detto che i nuovi media elaborano dati in
formato digitale. Digitalizzare un‟informazione significa in linguaggio tecnico
rappresentarla attraverso una sequenza di cifre (i bit). Una volta digitalizzata,
l‟informazione può essere elaborata in vari modi e con estrema facilità: un esempio
concreto riguarda la possibilità di inserire o eliminare una frase in un testo scritto al
11
Citato in Manuel Castells 2002, La nascita della società in rete, Ed. Università Bocconi Editore, Milano, pag.392
2 Castells Manuel 2002, La nascita della società in rete, Ed. Università Bocconi Editore, Milano, pag.396
3 Paccagnella Luciano 2004, Sociologia della comunicazione, Ed. Il Mulino, Bologna, pag. 165
7
computer rispetto a un testo dattiloscritto su carta con una vecchia macchina da scrivere.
L‟informazione digitale è altrettanto facilmente archiviabile, ricercabile e trasportabile.
La seconda caratteristica, come detto, è la multimedialità ovvero l‟articolazione del
contenuto attraverso diversi canali sensoriali ed espressivi: suoni, grafici, immagini
fisse o in movimento, testi scritti. La multimedialità dei giorni nostri si esplica per
mezzo di una forte integrazione tra i diversi codici espressivi, così come sottointeso
nello stesso significato del termine: dal latino medium ovvero tramite (nel nostro caso
mezzo di comunicazione) e dall‟aggettivo multus/a/um cioè molti. Si sta dunque
parlando di una integrazione tra diversi supporti utili a veicolare determinate
informazioni e contenuti. Pensiamo ad esempio ai siti web delle testate giornalistiche:
un‟innovazione che hanno introdotto è senza dubbio l‟inserimento di file audio e video
a corredo dei classici articoli testuali, retaggio della carta stampata. Un modello di
questo tipo ha permesso la convergenza di diversi mezzi prima scollegati quali giornali
cartacei, la radio, la televisione. Ma anche quella che Marshall McLuhan ha definito
come rimediazione (“Il contenuto di un medium è sempre un altro medium”). Un altro
esempio di modello multimediale è l‟enciclopedia online Wikipedia che, a differenza di
quelle classiche storicamente esistite, mette insieme non solo informazioni scritte ma
anche fotografie e materiale audiovisivo. In sintesi diversi linguaggi parlano attraverso
uno stesso mezzo sia questo immateriale(e qui si pensi ai social network) oppure fisico.
Grazie alla multimedialità infatti noi siamo in grado di fruire di un‟informazione con
diversi dispositivi, non abbiamo necessariamente bisogno di stare seduti davanti ad un
computer, possiamo tranquillamente utilizzare lettori audio, cellulari o tablet.
La terza caratteristica analizzata per certi versi è la più importante in quanto rappresenta
una rivoluzione rispetto ai mezzi di comunicazione di massa tradizionali. Si tratta
dell‟interattività: senza dubbio non stiamo parlando di un‟interazione uguale a quella
che si sviluppa tra due persone nel corso della quale ciascun soggetto modifica
reiteratamente il suo comportamento in vista del comportamento o dell‟azione
dell‟altro4. Al contrario l‟interattività va intesa come la misura della potenziale
4 Gallino Luciano 1983, Dizionario di Sociologia, Ed. Utet, Torino
8
capacità di un medium di lasciare che l‟utente eserciti un‟influenza sul contenuto e/o
sulla forma della comunicazione mediata5.
All‟interno di questo elemento Paccagnella distingue tre livelli: nel primo l‟utente può
esercitare la possibilità di selezionare quali informazioni ricevere all‟interno di un arco
ampio ma finito di informazioni fisse e codificate in precedenza. A questo primo livello
l‟invio delle informazioni è effettivamente ancora monodirezionale in quanto non
prevede un canale per il feedback da parte dell‟utente. Un secondo livello conosciuto
ormai da tutti prevede un canale di ritorno per ricevere informazioni da parte dell‟utente
che tuttavia usufruisce delle informazioni come se fosse davanti ad un comune
broadcast: niente meno di quello che quotidianamente miliardi di persone fanno su
Internet interrogando i motori di ricerca. Ad una richiesta, ad esempio su Google, di una
determinata informazione i server comunicano rispondendo di conseguenza. In questo
caso si ha un‟inversione del rapporto emittente/ricevente dato che le comunicazioni
avvengono on demand, su richiesta. Nel terzo e più complesso livello che viene
proposto è l‟utente stesso a produrre informazioni che vengono fatte circolare dal
sistema, con una elaborazione continua dei contenuti reciprocamente orientata tra i
partecipanti. Quest‟ultimo è il livello permesso dall‟email e dai sistemi di conferenza
elettronica. Nel caso specifico dei mass media l‟interattività presuppone l‟azione attiva
dell‟utente sia egli un lettore, ascoltatore, telespettatore: si pensi ai programmi
radiofonici o televisivi nei quali è possibile intervenire tramite l‟invio di sms o l‟utilizzo
di chat line.
Infine un altro elemento importante è quello dell‟ipertestualità. L‟ipertesto è un insieme
di informazioni collegate tra loro in forma non lineare attraverso rimandi logici, tali da
poter essere fruite attraverso molteplici percorsi di lettura personalizzati da ogni utente.
L‟ipertestualità rappresenta un cambio di passo nella lettura rispetto alla carta stampata
perché non presuppone la consequenzialità e linearità delle informazioni. Essendo un
insieme di documenti messi in relazione tra loro per mezzo di parole chiave qualsiasi
documento della rete può essere "il successivo", in base alla scelta del lettore di quale
5 J.Jensen 1999, “Interactivity”. Tracking a new concept in media and communication studies, Ed. Oxford University Press, New
York
9
parola chiave usare come collegamento. È possibile, infatti, leggere all'interno di un
ipertesto tutti i documenti collegati dalla medesima parola chiave.
1.1 Internet e la seconda generazione di new media
Alla luce di quanto esposto finora emergono due generazioni di new media: la prima
risalente agli anni ‟80 mentre la seconda rappresentata dall‟universo di Internet. Il
World Wide Web, che prese forma in un laboratorio del Cern nel lontano 1991, oggi è
l‟ambiente grazie al quale può operare la nuova generazione di media.
Benché la nascita di Internet sia relativamente recente in termini storici, siamo infatti
nell‟ordine di un ventennio, le sue radici affondano al tempo della Guerra Fredda
quando ancora sembrava impensabile discorrere di digitalizzazione e reti telematiche.
Per il grande pubblico era appena nata la televisione ma dalla spietata concorrenza
tecnologica e militare in corso tra Unione Sovietica e Stati Uniti nacque un germoglio
che sessant‟anni più tardi avrebbe rivoluzionato la quotidianità di oltre due miliardi di
persone. All‟indomani della seconda guerra mondiale il clima tra le due grandi super
potenze era pesantemente condizionato dall‟importanza della sfida nella superiorità
scientifica sul diretto avversario. Quando, alla fine degli anni sessanta, furono effettuati
i primi esperimenti per collegare tra loro computer remoti gli obiettivi non erano tanto
comunicativi quanto tesi alla possibilità di condividere preziose risorse di calcolo
scientifico. Infatti la prima rete telematica (termine che in sé riassume i concetti di
informatica e telecomunicazione cioè comunicazione a distanza) avviata nel 1969
comprendeva quattro elaboratori elettronici situati in vari centri universitari statunitensi.
Questa prima rete, primordiale, antenata dell‟odierna Internet, è comunemente nota
come Arpanet, dal nome dell‟agenzia del dipartimento della Difesa del Governo
americano che finanziò il progetto (Advanced Research Projects Agency).
Le caratteristiche tecniche sviluppate nel sistema Arpanet ancora oggi sono importanti
per comprendere la natura della Rete. Una di queste è la ridondanza grazie alla quale
due punti qualsiasi della rete possono essere messi in comunicazione tra loro attraverso
percorsi diversi. Un‟altra caratteristica è l‟architettura “policefala”, che non contempla
un unico nodo centrale incaricato di smistare i dati tra tutti gli altri nodi, bensì una
struttura a rete. Questi due elementi, “ridondanza e assenza di un nodo centrale, sono
10
stati talvolta interpretati, a posteriori, come precise richieste dei militari per assicurare la
sopravvivenza della rete anche in occasione di catastrofi naturali o di attacchi bellici da
parte della potenza nucleare sovietica. Una rete policefala come quella che si stava
implementando non presentava punti deboli e poteva sopravvivere anche se fosse stato
distrutto un numero imprecisato dei suoi nodi. È da qui che nasce il mito
(sopravvissuto) di Internet come creatura sfuggita di mano ai militari, indistruttibile ed
incontrollabile per sua stessa natura”6.
Successivamente nei primi anni settanta, pochi anni dopo la nascita di Arpanet, viene
coniato il termine Internet (Inter-Networking ) per sottolineare la capacità della rete di
collegare sistemi informatici eterogenei, cioè con protocolli e linguaggi differenti,
situati anche a grandissima distanza tra loro, addirittura in paesi diversi. Ciò è stato reso
possibile grazie ad un linguaggio di elaborazione comune in grado di essere compreso
dal maggior numero possibile di calcolatori. Questo tecnicamente è un “protocollo di
comunicazione” che ancora oggi è insito nella stessa definizione di internet7. Nel ‟71
con la nascita del primo sistema di posta elettronica si passò dalle reti di calcolo alle reti
di comunicazione: il linguaggio non è più solo numerico ma anche umano e in tal modo
dal mettere in comunicazione due computer si mettono in comunicazione le persone.
Il passo successivo fu l‟unificazione dei protocolli in uno standard comune, senza il
quale anche il semplice invio di una mail risultava essere estremamente complesso e
non immediato visto che si doveva far fronte a comandi di sintassi elettronica molto
diversi tra loro. Infine il passaggio decisivo avvenne in Svizzera nei laboratori del
Cern(Centro Europeo per la Ricerca Nucleare) di Ginevra dove nascono le “tre w” del
World Wide Web, un‟unica ragnatela mondiale basata sullo stesso linguaggio Html
(Hyper Text Markup Language), in grado di essere letto da qualsiasi computer esistente.
Da questo momento in poi con gli anni la rete si orienta sempre di più verso un uso
popolare, con contenuti multimediali e una navigazione semplice ed intuitivi. Dunque
Internet dall‟essere uno strumento riservato a compiti specialisti passa a diventare
un‟enorme patrimonio di conoscenza a disposizione di chiunque.
6 Paccagnella Luciano 2004, Sociologia della comunicazione, Ed. Il Mulino, Bologna, pag.
7 Definizione: insieme complessivo di computer e reti, diffuse su scala mondiale, collegate tra loro attraverso canali trasmissivi
diversi(cavi, onde radio, satelliti) e unite dal gruppo di protocolli denominato Tcp/Ip(Transmissiono Control Protocol).
11
La stessa traduzione del termine, come detto in precedenza, ci riporta alla più “grande
ragnatela del mondo” e aiuta a capire il ruolo svolto dalla Rete. Tra tutti i mezzi di
comunicazione di massa Internet è quello che ha registrato il tasso di penetrazione più
rapido nella storia: negli Stati Uniti, la radio impiegò trent‟anni per raggiungere sessanta
milioni di persone, la televisione ottenne questo livello di diffusione in quindici anni,
Internet ce l‟ha fatta in soli tre anni in seguito allo sviluppo del World Wide Web8. Oggi
la cifra degli utenti “connessi” si assesta intorno ai 2 miliardi e 267 mila, poco meno di
un terzo della popolazione mondiale. Nel 2000, gli utenti erano 360 milioni9. La crescita
dell‟online, in soli dodici anni, ha assunto livelli elevatissimi aumentando del 528,1%.
Analizzando la geografia di Internet è possibile capire l‟importanza che le nuove
tecnologie stanno avendo sulla società: tra i Continenti della terra quelli in cui la
penetrazione è più elevata sono l‟America (si badi, il Nord America) l‟Oceania e
l‟Europa rispettivamente con il 78,6%, il 67,5% ed il 61,3% di popolazione connessa. A
seguire troviamo l‟America Latina (39,5%), il Medio Oriente (35,6%), l‟Asia (26,2%)
infine l‟Africa (13,5%).
8 Castells Manuel 2002, La nascita della società in rete, Ed. Università Bocconi Editore, Milano, pag.403
9 Fonte dati: Internet World Stats –www.internetworldstats.com/stats.htm su base dati pubblicata da Nielsen e International
Telecommunication Union (UN agency for information and communication technologies) e aggiornata al 31 dicembre 2011.
12
Tabella 1
Regioni Popolazione mondiale
Utenti Internet
Diffusione sulla pop. Crescita (2000-2011) 31/12/2000 31/12/2011
Africa 1,037,524,058 4,514,400 139,875,242 13.5 % 2,988.4 %
Asia 3,879,740,877 114,304,000 1,016,799,076 26.2 % 789.6 %
Europe 816,426,346 105,096,093 500,723,686 61.3 % 376.4 %
Medio Oriente 216,258,843 3,284,800 77,020,995 35.6 % 2,244.8 %
Nord America 347,394,870 108,096,800 273,067,546 78.6 % 152.6 %
America Latina 597,283,165 18,068,919 235,819,740 39.5 % 1,205.1 %
Oceania 35,426,995 7,620,480 23,927,457 67.5 % 214.0 %
Totale mondiale 6,930,055,154 360,985,492 2,267,233,742 32.7 % 528.1 %
Fonte dati: Internet World Stats –www.internetworldstats.com/stats.htm
Dunque nel nostro pianeta in media una persona su tre è connessa alla rete ed Internet di
fatto è entrato a far parte dello spazio pubblico: rappresenta un luogo, seppur virtuale,
nel quale sono presenti attori sociali, istituzioni, servizi, mercati. E sono innumerevoli le
operazioni che si svolgono al suo interno. Esemplare a proposito è il caso di Facebook,
il più diffuso e celebre dei social network al quale sono iscritte 799 milioni di persone10
nel quale ogni giorno sostanzialmente, seppur in forme diverse, non si fa altro che
comunicare. Per certi versi per alcuni ha creato un contesto nel quale chattare,
scambiare informazioni, fotografie, video, ma anche portare avanti campagne di
marketing, politiche, elettorali, sociali o ambientali. Qualunque partito, personaggio
pubblico, associazione o comitato delle più svariate tipologie che voglia attirare a sé
l‟attenzione di più persone crea un profilo sui social network oppure più in generale un
blog o microblog( è il caso di Twitter). Ciò sta a significare che Internet è diventato
un‟arena, per meglio dire un contesto che fa da sfondo.
Un recente studio condotto da Cisco11
, una delle più grandi aziende a livello mondiale
per fornitura di apparati di networking, rafforza questa tesi. Lo scopo della ricerca,
10 Dato ufficiale fornito dallo stesso portale
11 Cisco Connected World Technology Report 2011: ricerca condotta da InsightExpress, dall‟8 maggio al 13 giugno 2011 su un
totale di 2853 intervistati in 14 paesi del mondo, tra cui l‟Italia. Sono stati intervistati 1441 studenti universitari (età 18-24 anni):
USA, Canada, Messico, Brasile, UK, Francia, Spagna, Germania, Italia, Russia, India, Cina, Giappone e Australia.
13
improntata, come si legge, sulla “competitività delle aziende in un contesto sempre più
influenzato dagli stili di vita tecnologici”, era quello di capire l‟influenza di internet
sulle relazioni fra i comportamenti umani, e la pervasività della Rete nella vita
quotidiana. È proprio da qui che emergono dati significativi: infatti tra gli studenti
universitari e giovani professionisti fra i 20 e i 30 anni uno su tre ritiene che Internet sia
altrettanto importante di beni primari quali aria, acqua, cibo, e avere un riparo. Circa
metà di loro (49% degli studenti e 47% dei lavoratori) ritiene che la sua importanza si
“avvicini molto” a quella di questi beni essenziali. Complessivamente, quattro persone
su cinque ritengono che Internet abbia una importanza vitale e faccia parte dei “mezzi di
sostentamento” necessari nel quotidiano.
Inoltre nello specifico il 69% dei giovani italiani interpellati -e più della metà degli
intervistati a livello globale(55%)- dichiara che non riuscirebbe a vivere senza il web
che viene definito “una parte integrante delle propria vita”, in alcuni casi più rilevante di
avere un‟auto, di avere una relazione e di divertirsi.
Il 40% degli studenti intervistati ha dichiarato che nella vita quotidiana Internet è più
importante che avere una relazione, uscire con gli amici o ascoltare musica. In Italia il
dato arriva al 46%. Per quanto riguarda la vita sociale se le generazioni precedenti
preferivano socializzare di persona, la nuova generazione inizia a preferire l‟interazione
online. Uno studente su quattro (27%) ha dichiarato che mantenersi aggiornati su
Facebook è più importante che andare alle feste, avere una relazione, ascoltare musica,
andare in giro con gli amici. Per il 38% degli studenti italiani interpellati essere
aggiornati su Facebook è la cosa più importante della giornata, precedendo il tempo
passato con gli amici e altre attività.
Siamo di fronte al fenomeno dei social network, il cui utilizzo ha indubbiamente
cambiato pratiche e comportamenti non solo degli attori sociali ma anche del mondo
della politica e dell‟informazione. Dal 2006, anno in cui è nato Twitter e Facebook si è
affermato sempre più a livello globale, ad oggi ad esempio il giornalismo ha subìto
grandi sconvolgimenti così come altrettanti li ha registrati il modo di “fare politica”: in
entrambi i casi si è avuta un‟evoluzione sia dal punto di vista dell‟accesso alle fonti sia
da quello riguardante l‟apertura ad un pubblico sempre più vasto ed il coinvolgimento.
Ad esempio, come verrà approfondito nei prossimi capitoli, Twitter e Facebook hanno
14
avuto un ruolo importante nella cosiddetta “Primavera Araba” soprattutto per quanto
riguarda l‟organizzazione delle rivolte: la circolazione di informazioni e notizie che
altrimenti non avrebbero potuto superare il muro della censura messa in atto dai regimi
del nord Africa è invece rimbalzata in numerosi computer e telefoni cellulari che hanno
agito da cassa di risonanza delle proteste.
15
2. I Social Network
In sociologia il concetto di social network, che prende anche il nome di rete sociale o
“reticoli”, fa riferimento alle connessioni esistenti tra diverse persone, siano queste
rapporti di lavoro, vincoli familiari o conoscenze casuali. Ognuno conosce un certo
numero di altre persone, le frequenta o sta a contatto con queste per diversi motivi, in
modo più o meno regolare. A loro volta, queste persone possono conoscersi ed essere in
relazione fra loro oppure no, ma in ogni caso ognuna di loro ha a sua volta altre
conoscenze e frequentazioni.
Un carattere importante delle reti è la densità, cioè la misura in cui gli individui nella
rete sono collegati l'uno all'altro: ci saranno dunque reti sociali a maglie larghe se tutti
gli individui sono collegati a un individuo “focale” e non l'uno all'altro; oppure reti
sociali a maglie strette se tutti o la maggior parte degli individui sono in relazione
reciproca tra loro. Ad esempio una persona che vive in un paese di pochi abitanti ha
verosimilmente un network a maglie strette e lo stesso tenderà a essere vero per tutti gli
abitanti del paese. Gli abitanti di una grande città viceversa hanno in genere reti a
maglie più larghe12
.
I legami fra le persone collegate nelle reti variano per intensità, durata, frequenza,
contenuto. Quanto al contenuto, possono essere limitate a un solo carattere – per
esempio, una persona è frequentata solo per lavoro – o sommare più caratteri: lavoro e
amicizia, per esempio. Queste variabili permettono di individuare e studiare particolari
condizioni nelle quali un individuo si viene a trovare.
Il concetto di rete sembra sovrapporsi a quello di gruppo ma non è così: le persone che
fanno parte di una rete possono infatti neppure conoscersi, e non sapere di farne parte;
d‟altro canto se riferito alla rete personale di un individuo il concetto fa vedere come
questo possa muoversi fra gruppi tessendo relazioni. L‟idea di rete offre dunque un
diverso punto di vista che si rivela particolarmente utile nell‟analisi di società in
12 Bagnasco-Barbagli-Cavalli 2004, Elementi di sociologia, Ed. Il Mulino, Bologna, pag.70
16
mutamento e di situazioni fluide che lasciano importanti margini di iniziativa agli
attori.13
La stessa metodologia che studia le reti sociali( Network Analysis) fonda le spiegazioni
dei fenomeni sociali “all‟interno delle relazioni tra le unità di analisi, piuttosto che nelle
caratteristiche delle unità stesse. In sostanza le relazioni sociali strutturate sono un
mezzo più potente di spiegazione sociologica di quanto non lo siano gli attributi
personali dei membri del sistema”14
.
Con l‟avvento delle nuove tecnologie il concetto di rete sociale è passato dal
considerare relazioni sociali fisiche e dunque materiali ad analizzare invece social
network immateriali e fisicamente intangibili. È il caso dei social media.
2.1 Facebook
In origine fu FaceMash, un sito creato in una sola notte da uno studente di Harvard e
ospitato nei server della stessa Università. Quello studente probabilmente passerà alla
storia con il nome di Mark Zuckerberg mentre FaceMash quasi sicuramente verrà
dimenticato. Ma è da qui che nel 2004 nacque il più celebre dei social network, ossia
Facebook oggi utilizzato da quasi 800 milioni di persone15
. Come scrive Josè van
Dijck16
, facendo riferimento al film The Social Network17
, con FaceMash Zuckerberg
creò un portale dove non si faceva altro che mettere a confronto le ragazze di Harvard e
nel quale gli utenti( cioè gli altri studenti) erano in grado di votare chi fosse più attraente
tra due studentesse scelte casualmente di volta in volta. Il sito quella stessa notte
divenne talmente popolare da intasare e mandare in crash i server dell'università.
Secondo la studiosa olandese con quel tipo di operazione Zuckerberg riuscì a tradurre
un codice sociale all‟interno di un codice tecnico:
13 Bagnasco-Barbagli-Cavalli 2004, Elementi di sociologia, Ed. Il Mulino, Bologna, pag.70
14 Antonio M. Chiesi, voce “Reticoli, analisi dei”, Enciclopedia delle scienze sociali, 1997, Ed. Treccani, Roma, pag 407
15Dati da www.internetworldstats.com/stats.htm (Miniwork Marketing Group) aggiornati al 31/12/2011
16 Van Dijck Josè 2011, Facebook as a Tool for Producing Sociality and Connectivity, in Ed.Sage, Amsterdam, pag 160
17 David Fincher 2010, The Social Network, Columbia Pictures, Usa
17
The scene epitomizes a transforming social realm, a realm that thrives on the exchange of tastes,
feelings, and preferences. In fact, FaceMash literally translated a social code into a technical
one: intuitive judgments prompted by engineered popularity rankings and processed by
algorithms relating individual evaluations to those of others, resulting in a “collective opinion.”
These principles underpinning FaceMash later became the rationale for Facebook, which
initially, like its predecessor, served as a social network for students18
.
In sostanza il successo di Zuckerberg è dovuto all‟aver interpretato i comportamenti
sociali degli studenti all‟interno di algoritmi ed interfacce tecnologiche che
quotidianamente ormai sono al centro della routine delle persone (e dunque di ognunpo
di quegli studenti).
L‟emergere di Facebook si allinea sullo stesso tracciato: un flusso continuo di
comunicazioni informali, idee, interessi, gusti, dicerie, “mi piace”, “non mi piace”,
notizie e mormorìo di fondo vengono generate attraverso una piattaforma digitale che
gradualmente sta diventando un nuovo spazio comunicativo. La sua ascesa, dunque
prima che Facebook diventasse anche un business, non ha avuto bisogno di campagne
pubblicitarie o spot televisivi ma ha preso piede tramite il passa parola online e
colloquiale che ha convito sempre più persone ad iscriversi. Nell‟ambiente del social
network connettività e socialità vanno di pari passo in maniera crescente e,
probabilmente, è proprio per questo che, come afferma van Dijk, i nuovi social media
vanno visti non come prodotti finiti bensì quali motori socio-tecnici di tendenze
comunicative come ad esempio le mode che non sono mai terminate e per questo
evolvono, mutando, costantemente:
Social network sites (SNSs) like Facebook, Twitter, Flickr, Linkedin, as well as user-generated
content (UGC) sites such as YouTube, Wikipedia, Blogger, and MySpace have rapidly conquered
and divided this communication space into specific niches for social networking, microblogging,
exchanging pictures, video sharing, and so on. Rather than being finished products, these
platforms are the sociotechnical engines of trends in communication that, just like fashion, are
never finished and thus constantly evolving.
Per alcuni aspetti l‟attrattività di Facebook può essere ricondotta al fatto che sono gli
utenti stessi ad alimentarlo, a generare i contenuti (non a caso è tra quei siti definiti User
18 Van Dijck Josè 2011, Facebook as a Tool for Producing Sociality and Connectivity, Ed.Sage, Amsterdam , pag 162
18
Generated Content) e dunque a renderlo proprio selezionando ciò che più aggrada:
dall‟aggiornamento sulle news, ai personaggi pubblici, alle citazioni, ai giochi.
Solo in Italia gli iscritti sono 21 milioni, un terzo della popolazione dello stivale.
Indubbiamente nel mondo di internet siamo davanti ad una rivoluzione: prima del 2004,
le attività svolte sul web non tenevano un numero cosi elevato di persone davanti a un
computer senza che queste avessero qualcosa in particolare da fare. Perché, in effetti su
cosa si fa su Facebook?
Nella schermata iniziale si legge Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto
con le persone della tua vita. Vero, da un lato aiuta a tenerci in contatto con i nostri
conoscenti, magari quelli che sono fisicamente lontani da noi o che ci sono vicini ma
vediamo poco a causa degli impegni quotidiani. Ma questo potremmo benissimo farlo
tramite il telefono, le chat line( ad esempio Messenger), le mail, Skype e altri strumenti
presenti in rete. Per un altro verso possiamo condividere informazioni, ma si potrebbe
obbiettare che anche questa attività fosse possibile in precedenza tramite blog o siti
internet. Dunque cosa spinge quasi un miliardo di persone ad aggiornare “status” e
cliccare “mi piace”?
Indubbiamente è complesso arrivare ad una risposta univoca ma è possibile trovare una
risposta a questi interrogativi allargando il campo d‟analisi e seguendo il filo conduttore
degli studi portate avanti da Zygmunt Bauman, in particolare partendo dal concetto di
società liquida per poi indagare le ragioni dei singoli “individui”.
Il sociologo polacco ricollega il successo del pioniere tra i social network ad alcuni
bisogni latenti che gli iscritti di Facebook avrebbero da sempre avuto. Durante il suo
lungo intervento alla festa del libro di Roma19
, Bauman ha chiaramente enucleato due
fattori: “Quelle persone dovevano sentirsi troppo sole, ma per un motivo o per un altro
trovavano troppo difficile sfuggire alla propria solitudine con i mezzi a loro
disposizione”. L‟altra prospettiva degli utenti individuata è che “quelle persone devono
essersi sentite penosamente trascurate, prive dell‟attenzione degli altri, inosservate,
ignorate e variamente dirottate su un binario secondario, esiliate ed escluse, ma anche in
19 Facebook, l'intimità e l'estimità intervento che Bauman ha tenuto a Roma il 9 aprile 2011 nell'ambito di “Libri come” (Festival
casa editrice Laterza)
19
questo caso hanno trovato troppo difficile, se non impossibile, tirarsi fuori dal loro
odioso anonimato con i mezzi a loro disposizione”.
Alla luce di queste affermazioni il successo di Zuckerberg può essere davvero
ricondotto all‟aver fornito gli strumenti grazie ai quali soddisfare determinati bisogni?
Per verificare questa tesi è necessario spiegare gli antefatti, capire il contesto nel quale
ci muoviamo.
“Modernità liquida”. Zygmunt Bauman coniò questo binomio per uscire dall'impasse di
descrivere gli anni successivi a quella che viene definita post-modernità. Negli anni
novanta quest'ultimo termine appariva eccessivamente generico per descrivere le
trasformazioni sociali, era diventato un “termine ombrello” non più in grado di spiegare
il mutamento in corso: una realtà profondamente diversa da quella moderna nella quale
le ideologie erano strutturate e indiscusse e l'agire politico era facilmente accostabile
alla collettività.
Nella nuova società liquido-moderna le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano
prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il carattere
liquido della vita e quello della società si alimentano e si rafforzano a vicenda. La vita liquida,
come la società liquido-moderna non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in
rotta a lungo.20
La metafora della liquidità utilizzata da Bauman tuttavia non è nuova nel campo delle
scienze sociali perchè già introdotta da Karl Marx e Friedrich Engels ne Il manifesto del
partito comunista: qui i due autori volendo descrivere il potere distruttivo del
capitalismo, in grado di minare le fondamenta delle tradizioni, introducono l'espressione
“fusione dei corpi solidi”.
Allo stesso modo nella società liquida si assiste ad una liquefazione dei legami sociali e
di conseguenza all'impossibilità di far confluire le scelte dei singoli attori in azioni e
progetti collettivi. Tuttavia se secondo Marx la liquefazione era il preludio alla
costituzione di nuove fondamenta e dunque di un nuovo ordine ovvero la società
comunista, la stessa cosa non può dirsi per il discorso portato avanti da Bauman per il
quale al disembedding non segue un re-embedding, non vi è un ordine alternativo in
20 Bauman Zygmunt2006, Vita liquida,Ed. Laterza, Roma, Introduzione, pag VII
20
sostituzione di quello precedente ma è presente un'incertezza che permea il mondo
sociale e le esistenze che somiglieranno sempre più agli atomi di una “società
individualizzata”:21
“Il risultato dell'individualizzazione è che tutte le forme di associazione, dalle più formali alle
più radicalmente informali, oggi si modificano e prendono le sembianze di sciami (aggregati
senza struttura, gerarchia, centri e linee di comando) […] Lo sciame si trascina senza meta, in
modo sconclusionato e con scarsa ragione da un prato all'altro, senza mai fermarsi a lungo.”22
La frammentazione di relazioni durature, dei corpi solidi della politica e delle istituzioni
provoca una diffusa provvisorietà che va dalla perdita della stabilità lavorativa (gli
odierni contratti di lavoro flessibili ed a tempo determinato) all'aumento dell'apatia e del
disinteresse dei cittadini nei confronti della politica, come descritto nel saggio Close to
home: the work of avoiding politics di Nina Eliasoph23
. Quell'arena che un tempo era
appannaggio della politica, si svuota per lasciar spazio a un luogo “in cui si rende
pubblica confessione di segreti e intimità privati”, del quale si tratterà in seguito.
Dal mutamento in corso non è sicuramente esente la politica, non più intesa
collettivamente ma rinchiusa nella “life politics” individuale attraverso la quale ognuno
cerca “soluzioni biografiche a problemi di natura sociale/sistemica”24
. Quest'ultimo
approccio non è visto di buon occhio da Bauman il quale connota negativamente la
“politica della vita”: la modernità liquida è il trionfo del privatismo, della de-
responsabilizzazione, della liquefazione dei legami e dell'identificazione del mercato
come fonte di legittimazione dell'agire. Ancora, è la supremazia del narcisismo
personale e della commercializzazione non solo a livello dei consumi ma anche per
quanto riguarda i sentimenti. Come nell'amore, dove si preferisce il superficiale “usa e
getta” ai rapporti duraturi (esemplare qui il riferimento al Don Giovanni descritto da
21 Bauman Zygmunt 2002, La società individualizzata, Il Mulino, Bologna
22 Tester, Keith & Michael Hviid Jacobsen 2005, Bauman Before Postmodernity: Invitation, Conversations and Annotated
Bibliography 1953-1989. Ed. Aalborg University Press, Aalborg
23 Nina Eliasoph 1998, Avoiding politics. Ho w Americans produce apathy in every day life, Ed. Cambridge University Press,
Cambridge
24 Ghisleni-Privitera 2009, Sociologie contemporanee, Utet, pag 19
21
Kierkegaard nel quale il protagonista “non traeva piacere dal possedere una donna ma
dal sedurla”)25
.
Nella modernità liquida un ruolo speciale viene svolto dalla cultura del consumo:
uomini e donne, che vivono in un'atmosfera di costante unsicherheit, una sorta di
disagio esistenziale fatto di insicurezza e incertezza personale sul proprio destino,
incapaci di dare volto autonomamente ad una identità si rifugiano negli oggetti che
comprano e consumano utilizzando lo shopping quale “rito di esorcismo” per scacciare
le paure che li assaltano. L'identità ora acquista significato in base agli oggetti
posseduti, elevati a status symbol e dunque dalla valenza particolarmente pregnante per
gli individui. Il tema del consumo porta con sé quello del mercato, che non ha solo il
sopravvento a livello macro sul potere dell'istituzione Stato (politiche economiche neo-
liberiste) ma oramai è determinante anche per i singoli individui: le scelte di acquisto si
configurano come importante strumento di integrazione sociale26
.
Costruzione dell‟identità, mercato, consumo sono tre elementi caratterizzanti un nuovo
tipo di comunità nascente, ovvero la cosiddetta “comunità estetica”.
Nella nostra epoca […] solo due tipi di autorità sono in grado di permeare i propri giudizi –
espressi o palesati con i fatti- di un ammaliante potere di rassicurazione: l'autorità degli esperti,
persone che ne sanno più di noi(il cui campo di competenze è troppo vasto perchè possiamo
esplorarlo e verificarlo), e l'autorità dei numeri(in base al presupposto che più siano grandi,
minore è la probabilità che siano errati) […] La natura del secondo fa loro sognare la comunità
e dà forma al tipo di comunità dei loro sogni27
.
Una visione della comunità di questo tipo per certi versi è facilmente riscontrabile
all'interno dei social network, passatempo dei giorni nostri che affolla il web. In quanto,
se la comunità dei sogni descritta da Bauman è “una comunità di chi la pensa e si
comporta allo stesso modo fatta dunque di identicità che, se proiettata su un'ampia
gamma di comportamenti replicati/riprodotti, sembra fornire all'identità individuale
prescelta quelle solide fondamenta di cui altrimenti non godrebbe credito”, allora non
può dirsi che siano diversi i comportamenti degli utenti nel popolarissimo Facebook.
25 Bauman Zygmunt2007, Voglia di comunità, Editori Laterza, pag.50
26 Ghisleni-Privitera 2009, Sociologie contemporanee, Utet, pag 31
27 Bauman Zygmunt2007, Voglia di comunità, Editori Laterza, pag. 62
22
Perchè? Senza andare troppo lontano si pensi al meccanismo riguardante i gruppi, i
profili di ciascuna persona ma soprattutto alle “fan page” per accedere alle quali basta
un semplice clic sul tasto “mi piace”: chi utilizza Facebook, oltre a chattare, si muove
all'interno di determinati schemi compiendo sempre gli identici comportamenti.
Gli individui alla propria “nascita” online si trovano soli ma ben presto scelgono di
unirsi ad altri loro pari all'interno di quei “mi piace” che hanno in comune tra loro, siano
essi gusti, personaggi dello spettacolo, noti sportivi, libri, opinioni politiche o qualsiasi
altro argomento venga creato. Oppure “stringono amicizia” tra loro persone che non si
conoscono, semplicemente in virtù di interessi simili. Seppure ognuno di noi possieda,
ovviamente, un‟identità reale, chi popola il web va a costruirne una differente, virtuale,
che comunque in molti casi va ad aumentare quella reale: questo accade in quanto oggi
ad essere messo in discussione è lo stesso concetto di “realtà sociale”, sicuramente non
lo stesso che veniva percepito fino a dieci o venti anni fa.
Sarebbe un azzardo definire per tante persone di oggi la “realtà sociale” come virtuale?
Su questo è utile l‟esempio di Bauman a proposito della Corea del Sud dove
la maggior parte della vita sociale è già abitualmente mediata da apparecchiature elettroniche
(o, piuttosto, dove la vita sociale è già stata trasformata in vita elettronica o cyber-vita, e dove
la vita sociale per buona parte si trascorre principalmente in compagnia di un computer, di un
iPod o di un cellulare e solo secondariamente in compagnia di altri esseri in carne e ossa). Ai
giovani è del tutto evidente che non hanno neanche un briciolo di scelta: là dove vivono, vivere
la vita sociale per via elettronica non è più una scelta ma una necessità, un prendere o lasciare.
La morte sociale attende quei pochi che ancora non si sono collegati a Cyworld, leader del
mercato sudcoreano in fatto di cultura del show-and-tell.28
Lo stesso concetto di “comunità estetica” è ben differente dal significato assunto dal
termine “comunità” nella sociologia classica. Sostanzialmente per comunità si intende
un insieme di individui legati da un elemento di comunione riconosciuto come tale dagli
individui stessi, ovvero la condivisione di uno stesso ambiente (fisico) e la presenza di
particolari dinamiche di relazione.
Ai giorni nostri attraverso la tecnologia si è arrivati a considerare comunità anche un
insieme di individui che pur non condividendo un medesimo ambiente fisico né di
28 Facebook, l'intimità e l'estimità intervento che Bauman ha tenuto a Roma il 9 aprile 2011 nell'ambito di “Libri come” (Festival
casa editrice Laterza)
23
vicinanza geografica abbia sviluppato un'identità comunitaria con comunicazioni
efficienti, comuni obiettivi e norme di comportamento condivise: le comunità virtuali di
internet.
Tuttavia Bauman si guarda bene dal definire i social network quali comunità. Anzi,
traccia una netta distinzione:
La comunità è qualcosa che ci osserva da presso e ci lascia poco margine di manovra: può
metterci al bando e mandarci in esilio, ma non ammette dimissioni volontarie. Invece la rete può
essere poco o per nulla interessata alla nostra ottemperanza alle sue norme (sempre che una
rete abbia norme alle quali ottemperare, il che assai spesso non è), e quindi ci lascia molto più
agio e soprattutto non ci penalizza se ne usciamo. Però sulla comunità si può contare come su
un amico vero, quello che si riconosce nel momento del bisogno. Invece le reti esistono
soprattutto per condividere momenti di svago, e la loro disponibilità a venire in nostro soccorso
in caso di difficoltà non legate ai famosi „interessi condivisi‟ non viene quasi mai messa alla
prova (e qualora lo fosse, la supererebbe ancor più raramente)29
.
Per quanto riguarda i social network, nonostante lo stesso significato del termine indichi
che si è in presenza di reti sociali benchè virtuali, in queste si ripropongono
caratteristiche molto simili a quelle delle comunità estetiche. L‟identità virtuale dei
membri rimane “flessibile” e soprattutto a tempo:
La comunità, la cui principale funzione consiste nel confermare attraverso l‟impressionante
potere dei numeri la validità della scelta attuale e conferire parte della propria solennità
all‟identità ch‟essa contrassegna con il marchio dell‟approvazione sociale […]Deve essere e
restare un tipo di comunità flessibile, sempre e soltanto “a tempo” e durare solo “fino a che
conviene”. La sua creazione e smantellamento devono dipendere dalla decisione di chi ne fa
parte di restarle o meno fedeli, e in nessun caso tale fedeltà, una volta dichiarata, deve diventare
irrevocabile: il legame creato dalle scelte non deve mai ostacolare, né tantomeno precludere,
ulteriori e diverse scelte.30
Non ci sono barriere d‟accesso, ma uno dei tratti distintivi delle comunità estetiche
descritte da Bauman riguarda l‟esempio fatto a proposito dell‟industria dello spettacolo:
Grazie agli immensi sviluppi dell‟elettronica, oggi è possibile realizzare spettacoli che offrono
una possibilità di partecipazione e un unico polarizzatore di attenzione a una sterminata massa
29 Facebook, l'intimità e l'estimità intervento che Bauman ha tenuto a Roma il 9 aprile 2011 nell'ambito di “Libri come” (Festival
casa editrice Laterza)
30Bauman Zygmunt2007, Voglia di comunità, Editori Laterza, pagg. 63-64
24
di spettatori fisicamente disseminata. In virtù dell‟imponenza stessa dell‟audience e
dell‟intensità dell‟attenzione incentrata, l‟individuo finisce col ritrovarsi in presenza di una
forza a lui superiore e dinanzi alla quale si inchina, realizzando così la condizione che Emile
Durkheim riteneva necessaria perché la società potesse elaborare ed esercitare il proprio
rassicurante potere di guida morale. Oggi tale guida ha carattere estetico, anziché etico; suo
principale veicolo non è più l‟autorità morale dei leader con le loro visioni o dei predicatori di
omelie, bensì l‟esempio dei personaggi pubblici(personaggi in quanto pubblici)31
La situazione esposta a proposito dei personaggi dello spettacolo con i cosiddetti new
media viene enormemente amplificata anche per quanto concerne le persone comuni.
Viene da chiedersi il perché, quale sia il motivo. Sicuramente i social network, in questo
caso non solo Facebook ma anche Twitter, contribuiscono a rinvigorire le fila di fan di
determinati vip la cui audience virtuale aumenta vertiginosamente. Qui gioca la sua
parte anche l‟autorità dei numeri (“l‟autorità dei personaggi famosi è il surrogato
dell‟autorità dei numeri, cresce e crolla insieme al numero di spettatori, lettori,
ascoltatori”32
): questo perché conferisce particolare autorevolezza ai personaggi
pubblici e si arriva ad affermare l‟equivalenza per cui se un personaggio è seguito da
così tante persone il suo esempio deve necessariamente essere “superiore a quanto un
singolo spettatore può imparare da solo dalla propria esperienza di vita”.
Non sempre è così, non si vuole certo assurgere un‟affermazione di questo tipo ad unica
verità ma è innegabile che il comportamento descritto non esista. Nell‟esempio
riguardante l‟industria dello spettacolo i social network fungono da cassa di risonanza,
venendo a degli esempi concreti non è raro sentire conduttori radiofonici o televisivi che
citano i “tweet” (cinguettii) o gli status Facebook di personaggi pubblici sui più
disparati argomenti, segno che anch‟essi sono entrati nell‟agenda dei mass media:
Ad esempio il divorzio tra due personaggi dello spettacolo:
31 Bauman Zygmunt 2007, Voglia di comunità, Editori Laterza, Roma pag. 65
32 Facebook, l'intimità e l'estimità intervento che Bauman ha tenuto a Roma il 9 aprile 2011 nell'ambito di “Libri come” (Festival
casa editrice Laterza)
25
“Divorzio Heidi Klum - Seal: cosa significa il tweet del cantante 'La Fine'?”33
; Tweet di
Saviano: “Oggi divento milanese”34
; Totti, come te nessuno mai. I compagni lo esaltano su
Twitter35
Capita che attorno a personaggi dello spettacolo e famosi si formino dei gruppi che
sembrano somigliare ad una comunità. In verità quella che si crea attorno agli “idoli”
(un cantante, un calciatore, un leader politico) è una comunità che sembra reale ma non
lo è: si tratta di comunità prefabbricate, da consumarsi sul posto, nonché del tipo usa e
getta. Sono comunità che non richiedono una lunga storia di lenta e faticosa
costruzione né di sforzi laboriosi per garantirsi il futuro. Tant‟è che basta premere un
tasto per uscirne.
Si affaccia dunque quella che viene definita la cosiddetta “comunità gruccia”, un
appendiabiti che serve alla gente per abbandonare le proprie preoccupazioni
momentanee vissute individualmente, per poi, “riprenderle e accantonarle da qualche
altra parte”.36
Quella che si configura non è una comunità, bensì una “aggregazione di
anime solitarie” il più delle volte volatile.
Tuttavia Facebook è un universo controverso non semplice da interpretare soprattutto
perché è in continua evoluzione. Provando a volgere uno sguardo sinottico sul suo
panorama è evidente cosa mostri ogni giorno il sito di Mark Zuckerberg: sul social
network l‟internauta si muove in un misto di voyeurismo nei confronti delle vite degli
altri e ricerca di un sorta di celebrità personale. Ogni profilo anzi tutto viene messo in
“bacheca”, che per sua stessa definizione è un elemento che mostra e rende pubblici
determinati contenuti, che informa. Le “bacheche” vengono aggiornate continuamente
con nuove foto personali ad indicare che si è andati in un determinato luogo oppure si è
guardato un certo film. Oppure vengono rese pubbliche normalissime e banali azioni
quotidiane, spesso accompagnate da commenti. In un siffatto contesto comportamenti
che fino a dieci anni fa erano parte delle sfere più intime dell‟uomo escono fuori dal
33 http://it.ibtimes.com/articles/26852/20120122/heidi-klum-seal-divorzio-sposati-figli-briatore.htm
34 http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/01/18/foto/tweet_di_saviano_oggi_divento_milanese_-28352249/1/
35 http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=178128
36 Bauman Zygmunt2007, Voglia di comunità, Editori Laterza, pag. 69
26
privato per diventare pubblici, come Bauman ricorda facendo riferimento a quanto detto
dallo psichiatra Serge Tisseron:
I rapporti significativi sono passati dall‟intimità a quella che lui chiama “estimità”. Volendo
fissare un punto si può pensare a metà degli Anni Ottanta, quando in un talk show francese tale
Vivianne dichiarò di non avere mai avuto un orgasmo perché suo marito era affetto da
eiaculazione precoce. Non si trattava solo di rendere pubblici atti privati. Ma anche di farlo in
un‟arena aperta37
.
Quello riportato sopra è senza dubbio un esempio estremo e raro (tra l‟altro datato negli
anni „80) ma a distanza di trent‟anni noi abbiamo esempi simili, cioè fatti privati che
debordano in un ambiente pubblico e vanno in questo modo a eroderne la sfera.
Ecco di cosa ci informa il flusso di aggiornamenti su Facebook in un giorno qualsiasi:
F.L mercoledì 11 gennaio alle 9 e 45 ha scritto: “ho sonno”; sempre F.L il 29 dicembre alle 23
e 30 ha scritto “Latte con nesquik”. M.S domenica 8 gennaio ha scritto: “Buongiorno”; il 3
gennaio ha scritto: “Oggi tolgo il dente del giudizio”. Il 15 gennaio L.S ha scritto: “Ringrazio
chi ha inventato l‟alcol”. A.Z il 16 gennaio alle 16.13 ha scritto: “Oggi a studiareee tutto il
giorno senza tregua”.
Per mezzo degli “aggiornamenti di status” citati sopra, ognuno tiene ad informare i
propri “amici” su quale sia il proprio stato d‟animo, su cosa stia facendo, su quali siano
i propri pensieri anche se questi rasentano il ridicolo (la descrizione delle azioni più
comuni). Gli individui si rifugiano in questo luogo virtuale per le più svariate ragioni
magari spinti alla ricerca di persone con interessi comuni, forse per occupare il tempo
attirati dalla curiosità. Forse anche perché ci si sente soli e per questo si sente la
necessità di esternare qualsiasi cosa. Tuttavia ad osservare con attenzione il dinamico
brulicare di frasi, opinioni e dialoghi che è Facebook ognuno diventa un “personaggio”,
acquisisce una notorietà, affascinato dalla promozione di sé stesso.
Stando a Bauman il successo di Facebook è tale perché è riuscito a far vibrare le corde
giuste, bisogni dormienti insiti negli animi degli uomini, come il desiderio di emergere e
il bisogno di appartenenza. Tuttavia la volontà di mostrarsi agli altri si configura come
se ognuno di noi fosse un prodotto, una merce in vetrina, da esporre nel miglior modo
37 "Se non ti vendi la tua vita è miserabile" intervista a Zygmunt Bauman, La Stampa 27/08/2011
http://www3.lastampa.it/libri/sezioni/news/articolo/lstp/417071/
27
possibile. E infatti stiamo in “bacheca”. Non ci apriamo, ci mostriamo. In questo modo
le differenze tra la sfera pubblica e quella privata cambiano.
L´avvento della società-confessionale ha segnato il trionfo definitivo di quella invenzione
squisitamente moderna che è la privacy – ma ha anche segnato l´inizio delle sue vertiginose
cadute dalla vetta della sua gloria. Trionfo che si è rivelato una vittoria di Pirro, naturalmente,
visto che la privacy ha invaso, conquistato e colonizzato la sfera pubblica, ma al prezzo di
perdere il suo diritto alla segretezza, suo tratto distintivo e privilegio più caro e più gelosamente
difeso […]Quel che ci spaventa al giorno d´oggi non è tanto la possibilità del tradimento o della
violazione della privacy, quanto il suo opposto, cioè la prospettiva che tutte le vie d´uscita
possano venire bloccate. L´area della privacy si trasforma così in un luogo di carcerazione, e il
proprietario dello spazio privato è condannato a cuocere nel suo brodo, costretto in una
condizione contrassegnata dall´assenza di avidi ascoltatori bramosi di estrarre e strappare i
nostri segreti dai bastioni della privacy, di gettarli in pasto al pubblico, di farne una proprietà
condivisa da tutti e che tutti desiderano condividere. A quanto sembra non proviamo più gioia
ad avere segreti, a meno che non si tratti di quel genere di segreti in grado di esaltare il nostro
ego attirando l‟attenzione dei ricercatori e degli autori dei talk show televisivi, delle prime
pagine dei tabloid e delle copertine delle riviste su carta patinata38
.
2.2 Twitter
Seppure sia ritenuto “secondo” rispetto a Facebook nel mondo dei social network,
Twitter si è ritagliato un ruolo molto diverso rispetto al primo sia per quanto riguarda la
diversità del pubblico sia per la differente funzione per la quale è utilizzato.
Fondato nel marzo 2006 a San Francisco, California, è stato presentato al pubblico
nell‟agosto dello stesso anno. Il numero dei suoi utenti è cresciuto notevolmente nel
corso del tempo e l'azienda vanta un aumento del 1382% ogni anno. Nel luglio 2009,
Twitter ha raggiunto oltre 50 milioni di visitatori unici in tutto il mondo.
Sin dal suo debutto alcuni momenti chiave ne hanno circoscritto la reputazione nello
spazio digitale. Uno di questi è stato quando la società ha vinto un premio al 2007 South
by Southwest Interactive Festival di Austin, Texas (South by Southwest, 2007). Ma
soprattutto Twitter ha attirato l'attenzione della stampa per la copertura in diretta delle
38 Bauman Zygmunt, La Repubblica del 9 aprile 2011, pagg 39.40-41 trad. Marina Astrologo
28
notizie riguardanti catastrofi, come il terremoto che ha scosso la provincia del Sichuan
in Cina nel maggio 2008, gli attacchi terroristici a Mumbai nel novembre 2008, lo
schianto del volo US Airways 1549 sul fiume Hudson nel gennaio 2009 e le proteste
dopo le elezioni iraniane nel giugno 2009. Tutte queste storie hanno ottenuto titoli
nazionali ed internazionali grazie al contributo degli utenti su Twitter che hanno fornito
resoconti di prima mano, mappe, immagini e altri bit d'informazione, utilizzando il
servizio come una forma di citizen journalism39
.
Una particolarità rispetto a Facebook è la struttura che permette relazioni unidirezionali
tra i membri. Infatti è possibile decidere quale utente seguire senza che necessariamente
quest‟ultimo faccia la stessa cosa (come accade su Facebook con la “richiesta
d‟amicizia”). Ma la peculiarità più importante sta nella forma della comunicazione,
ovvero brevi messaggi di testo di 140 caratteri, poco meno di quelli di un sms (160).
Questo perché il sistema è nato per adattarsi a piattaforme diverse, cioè per inviare e
ricevere messaggi non soltanto dal Pc ma anche da cellulare, via sms e perfino da
Messenger di Microsoft o Skype.
I 140 caratteri obbligano gli utenti all‟estrema sintesi nello scrivere i propri
aggiornamenti che dovranno fare a meno di perifrasi e di tutto ciò che non è essenziale
comunicare. Per questo viene annoverato tra i siti di microblogging: come un blog
infatti è costituito da singole unità di contenuto (post) ognuna raggiungibile da un link
permanente, raccolte in una unica pagina in cui l‟ordine di pubblicazione privilegia i
contenuti più recenti, evidenti in alto. Tuttavia non ha altre funzioni proprie dei blog,
come le categorie, le pagine o altri elementi standard in tutte le piattaforme. La rapidità
con cui si condividono brevi testi, spesso in risposta a messaggi di altri utenti, lo fa
assomigliare ad una grande chat pubblica, in cui le conversazioni avvengono quasi in
un‟immensa piazza virtuale: la home page infatti si presenta come un flusso continuo(la
time line) di informazioni pubbliche alle quali è in grado di accedere chiunque. Questa
probabilmente è la caratteristica più importante che conferisce a Twitter il carattere di
social network.
39 Noah Arceneaux and Amy Schmitz Weiss 2010, “Seems stupid until you try it: press coverage of Twitter, 2006-9”, Ed. Sage, San
Diego State University, USA pag.1264
29
Twitter infatti è stata una delle prime piattaforme ad aver permesso sul web, in forma
aperta e condivisa, la pubblicazione e lo scambio di messaggi ai quali poter accedere in
tempo reale senza che questi vengano mediati. Lo scorrere delle informazioni, oggi, non
comprende solo i messaggi degli utenti di Twitter ma include contenuti pubblicati su
Facebook e su altri social network. Un insieme di notizie, link, video e fotografie, che,
vengono segnalate nel momento stesso in cui i fatti stanno accadendo. In questo
scenario qualsiasi evento pubblico, sia esso importante solo per pochi amici o di
rilevanza globale, può essere raccontato, documentato, commentato e diffuso,
abbattendo tutti i limiti imposti dallo spazio e dal tempo.
Ciò ha consentito a cittadini (nella maggior parte dei casi dilettanti) testimoni di eventi
in prima persona di raccontare avvenimenti al mondo, prima di qualsiasi altro mezzo di
comunicazione di massa professionale. 40
In tutto il mondo Twitter ha rivelato le sue potenzialità quale piattaforma per veicolare
informazioni velocemente e senza filtri, con le conseguenze in positivo e in negativo
che tutto ciò comporta, a supporto e in simbiosi con l‟informazione prodotta dai media
tradizionali online. Ogni grande avvenimento di rilevanza globale degli ultimissimi anni
– i terremoti, gli attentati terroristici in India e negli Usa, la morte di Michael Jackson,
le proteste di piazza nei regimi autoritari, solo per citarne alcuni – ha visto twitter
alimentare direttamente il flusso dell‟informazione dei giornali online, arrivando spesso
prima delle agenzie di stampa e delle televisioni.
Grazie alla capacità di trasmettere messaggi con grande rapidità ovunque ci sia una
connessione a Internet o una rete mobile, Twitter sta diventando la piattaforma ideale
attraverso la quale i giornalisti possono diffondere notizie dal luogo e nel momento in
cui avvengono. I casi della storia recente in cui giornalisti o semplici cittadini, con un
messaggio su Twitter, hanno diffuso notizie riprese poi dai media internazionali sono
numerosi.
Un chiaro esempio della novità apportata da Twitter in campo giornalistico può essere
trovato mettendo a confronto la copertura di due importanti eventi, diversi tra loro,
40 Luca Conti 2010, Comunicare con Twitter, Ed.Il Sole 24 0RE, Milano, cap “Fare business con i social network”pag. 111
30
accaduti a quasi vent‟anni di distanza l‟uno dall‟altro. Uno riguarda l‟inizio della Prima
Guerra del Golfo nel 1991, mentre il secondo è relativo al terremoto che ha sconvolto
Haiti nel 201041
:
Baghdad, 17 gennaio 1991- Alle 2:38 am la Prima Guerra del Golfo inizia ufficialmente
con una serie di bombardamenti aerei su Baghdad, in Iraq. Nello stesso istante, la CNN
(l'unica rete televisione occidentale presente sul posto) trasmette le immagini
dell‟offensiva militare in diretta. Nelle settimane successive, milioni di telespettatori
hanno potuto guardare la guerra, così come stava avvenendo, in diretta sui propri
teleschermi. La copertura della CNN della prima Guerra del Golfo divenne ben presto
l‟emblema di ciò che diversi esperti hanno definito come l'effetto CNN. Questo descrive
un nuovo tipo di supporto che è di natura differente rispetto al ruolo dei media
tradizionali, perché è rapido nella sua trasmissione, transcontinentale nella sua portata e
qualitativamente più ricco dei formati multimediali del passato. La copertura live della
CNN ha notevolmente accelerato il ciclo di notizie, cominciando a ridefinire il lavoro
dei reporter internazionali.
Haiti, 12 gennaio 2010- Alle 04:53 del pomeriggio un terremoto di magnitudo 7.0
colpisce l‟isola caraibica di Haiti. Il numero totale stimato delle persone colpite era
230.000 morti, 300.000 feriti e 1 milione di senza tetto. Oltre al crollo di migliaia di
case ed edifici, la maggior parte dell'isola rimane senza energia elettrica.
Come in altri casi di catastrofe naturale di questo tipo, in seguito al terremoto di Haiti la
popolazione ha vissuto una crisi nella comunicazione all'interno di una comunità – cioè
la difficoltà per qualcuno di informarsi e di informare le altre persone. Con le stazioni
TV e le radio locali fuori servizio, i telefoni cellulari ed Internet sono stati gli unici
mezzi grazie ai quali migliaia di persone hanno potuto comunicare situazioni di
emergenza, il loro bisogno di acqua e cibo, e riferire che magari erano rimasti
intrappolati.
In questo scenario, le nuovo tecnologie della comunicazione hanno svolto un ruolo
cruciale e tra queste Twitter è stato senza dubbio il più importante: il primo tweet è stato
41 Nicola Bruno 2011, Tweet first verify later? How real time information is changing the coverage of worldwide crisis events, ed.
Reuters Institute for the Study of Journalism-University of Oxford, Cap 1
31
pubblicato sette minuti dopo il terremoto, alle 5 del pomeriggio, da utente che si trovava
sull‟isola, Frederic Dupoux (@FredoDupoux). Successivamente sono seguiti migliaia di
tweet, quando ancora ad Haiti erano presenti soltanto due corrispondenti stranieri:
Jonathan Katz dell‟Associated Press e Giuseppe Guyler Delva corrispondente freelance
per la Reuters. Entrambi tuttavia hanno dovuto preoccuparsi delle proprie emergenze
personali: hanno perso le loro case, e dovevano rintracciare i propri parenti scomparsi.
Il primo giornalista ad arrivare dall‟estero a Porte-au-Prince è stato un giornalista della
CNN, Anderson Cooper. Ha iniziato a trasmettere la sua prima diretta TV da Haiti il 13
gennaio alle ore 10 e 12. Prima che la CNN iniziasse la sua copertura dal vivo e altri
corrispondenti fossero in grado di raggiungere l‟isola, tante grandi testate giornalistiche
hanno dovuto fare i conti con un "vuoto di news" imbarazzante, come sottolineato dalla
Columbia Journalism Review: “Come coprire la notizia del giorno, senza un
corrispondente sul terreno? Una risposta è stata fornita da siti web dei media sociali,
Twitter su tutti, come Ed Fraser, di Channel 4 News, ha detto alla Press Gazette:
„Abbiamo avuto un periodo di 24 ore nelle quali abbiamo dovuto coprire la storia con le
informazioni che abbiamo potuto raccogliere. Per la prima volta, nel campo dell‟online
ma anche delle comunicazioni, Twitter è stato uno di quei mezzi che avevano una vita
propria. Ci ha fornito informazioni in tempo reale su ciò che stava accadendo
sull‟isola‟.”42
Grazie al flusso rapido e facilmente accessibile di informazioni provenienti da Haiti,
diversi media hanno potuto segnalare l'evento grazie a fonti di prima mano, con
testimoni in tempo reale sul luogo, molto prima che i loro corrispondenti fossero stati in
grado di raggiungere l'isola caraibica.
I micro messaggi su Twitter, le immagini su Flickr ed i video amatoriali su YouTube
sono stati utilizzati da grandi giornali e tv in tutto il mondo subito dopo il terremoto,
come evidenziato dal monitoraggio delle BBC
"I mezzi di informazione tradizionali, come i canali televisivi nazionali ed i giornali,
hanno accettato la massa di materiale indispensabile per raccontare la storia nelle sue
prime tappe, nel contesto di una comunicazione gravemente danneggiata così come i
42
Nicola Bruno 2011, Tweet first verify later? How real time information is changing the coverage of worldwide crisis events, ed.
Reuters Institute for the Study of Journalism-University of Oxford, Oxford Cap 1
32
trasporti, le infrastrutture e la cronica mancanza di corrente. Le principali agenzie di
stampa statunitensi come la CNN, il New York Times e il Los Angeles Times erano
occupati ad aggregare, selezionare e presentare i contenuti generati da cittadini
qualunque che erano sul posto”.
Come il giornalista Nik Gowing sostiene, “In un momento di crisi qual è la differenza –
se chiunque - tra il reporter dello staff che osserva, scrive, blogga e poi archivia un
articolo per una determinata testata giornalistica, e il motivato dilettante che fa
esattamente la stessa cosa per un sito web o blog?”43
Non solo organi di informazione, ma anche utenti in tutto il mondo hanno iniziato ad
usare i siti web dei social media per ottenere aggiornamenti sul terremoto e per
sostenere la popolazione locale, come riportato dal servizio di monitoraggio on-line di
Nielsen il 15 gennaio: “l'analisi preliminare dei dati mostra che i messaggi di Twitter
("micro-blog") sono la principale fonte di discussione sul terremoto seguiti da video
online e blog".
Dunque venti anni dopo la prima Guerra del Golfo l‟effetto Twitter e dei social media si
dimostra di gran lunga più rapido, transcontinentale, qualitativamente e
quantitativamente più ricco, soprattutto per quanto riguarda le fonti, rispetto all‟effetto
CNN.
In questo passaggio storico dal mainstream, televisivo, del one-to-many dell‟effetto
CNN al many-to-many di Twitter basato su Internet, sorgono diversi interrogativi
riguardo le testate giornalistiche che, come sostenuto da Nic Newman44
, "stanno già
abbandonando i tentativi di essere prima degli altri sulle ultime notizie, per concentrarsi
nel verificare e curare le informazioni che arrivano".
Ciò che non è ancora chiaro, tuttavia, è come il giornalismo tradizionale, possa integrare
con successo questo flusso continuo di report di prima mano, che a volte è utile, ma che
43
Nicola Bruno 2011, Tweet first verify later? How real time information is changing the coverage of worldwide crisis events, ed.
Reuters Institute for the Study of Journalism, University of Oxford, Oxford Cap 1
44 Nic Newman è stato uno tra i fondatori del sito web della BBC. Insegna al “Reuters Institute for the study of Journalism”
dell‟università di Oxford
33
in altri casi è potenzialmente inaffidabile, a causa della difficoltà nella verifica delle
fonti e per quella che è la "tirannia del real time": si può essere i primi e più veloci a
dare le notizie, ma anche i primi a darle imprecise e non corrette.45
.
Una circostanza particolare che ha portato Twitter alla ribalta internazionale non solo
dal punto di vista giornalistico ma anche sotto il profilo dei risvolti politici sono state le
elezioni presidenziali in Iran nel giugno del 2009: vinte da Mahmud Ahmadinejad,
vennero ampiamente ed aspramente contestate dalla popolazione e successivamente
anche a livello internazionale. Nello specifico vennero portate alla luce irregolarità e
brogli sia prima del voto con l‟ammissione dei candidati che potevano essere votati, sia
successivamente al risultato delle elezioni.
Nacquero movimenti di protesta nelle piazze e numerose manifestazioni pubbliche di
dissenso che riconoscevano come legittimo vincitore Mir-Hosein Musavi. Nonostante il
regime di Ahmadinejad, già in carica, abbia cercato di bloccare le comunicazioni
tramite cellulari e abbia tenuto sotto controllo l‟informazione tradizionale, le
informazioni hanno oltrepassato i confini del paese, soprattutto grazie alle moderne
tecnologie informatiche, su tutte Facebook, Youtube e Twitter.
Per capire l‟effetto che questi new media hanno avuto sull‟opinione pubblica interna e
successivamente sui media internazionali è il caso di citare l‟omicidio di Neda Agha
Soltan. È il 20 giugno 2009 quando, a Teheran, Neda viene uccisa da un colpo d‟arma
da fuoco sparato da un membro del Basij, la milizia iraniana, mentre partecipava a una
manifestazione di protesta contro l‟irregolarità dell‟esito delle elezioni e a favore del
candidato uscito sconfitto (Musavi). La ragazza di 26 anni, secondo le ricostruzioni di
più fonti, era in compagnia di Hamid Panahi, suo insegnante di musica.
Qualcuno dopo lo sparo ha filmato gli ultimi istanti di vita mentre la giovane viene
soccorsa da un medico. Successivamente la registrazione, accompagnata dalle parole
scritte del medico che per primo l‟ha soccorsa, è stata caricata su Youtube e Facebook:
45 Nicola Bruno 2011, Tweet first verify later? How real time information is changing the coverage of worldwide crisis events, ed.
Reuters Institute for the Study of Journalism-University of Oxford, pag. 9
34
Ore 19:05 del 20 giugno località viale Kargar, all'incrocio con via Khosravi e via Salehi. Una
giovane donna che era presente col padre (l'uomo è stato poi identificato come l'insegnante di
musica di Neda) ad osservare le proteste è stata colpita da un proiettile sparato da un membro
dei Baij nascosto sul tetto di una abitazione privata. Ha chiaramente mirato alla ragazza e non
poteva mancarla. Comunque, ha mirato dritto al cuore. Sono un medico, così sono corso a
soccorrerla. Ma l'impatto del proiettile è stato così forte che è esploso dentro il petto della
vittima, che è morta in meno di 2 minuti. I manifestanti erano circa un chilometro avanti nella
strada principale e alcuni manifestanti stavano correndo, per scappare dai gas lacrimogeni
usati contro di loro, verso via Salehi. Il video è stato ripreso da un mio amico, che era lì accanto
a me. Per favore, fate in modo che il mondo sappia.
Così è stato, mentre il regime è intento a cacciare via dal paese i giornalisti stranieri,
oscurare le linee telefoniche e minacciare la chiusura di blog e siti internet, la morte di
Neda fa il giro del mondo grazie a YouTube, Facebook ed il passaparola di Twitter. I
giornali “rincorrono” la notizia, riprendono e citano i tweet lasciati dagli utenti, come ha
fatto la CNN46
riportando le parole di un chitarrista di Nashville nel Tennesee:
“RIP NEDA, The World cries seeing your last breath, you didn't die in vain. We remember you”,
“Riposa in pace. Il mondo piange nel vedere il tuo ultimo respiro. Non sei morta invano, ti
ricordiamo”. Oppure quello postato da uno spagnolo: “Neda, ojala que tu muerte no sea en
vano” “Neda, spero che la tua morte non sia invano”.
Nei giorni successivi l‟accaduto, l‟argomento è stato tra i più popolari su Twitter,
identificato con l‟hashtag #neda. Il filmato in poco tempo ha fatto il giro del mondo, ha
avuto un effetto virale ed è stato rilanciato da una piattaforma all‟altra per poi essere
ripreso dalle Tv e dai giornali di qualsiasi paese, eccetto che quelli iraniani tacitati dalla
censura. Neda, il cui nome in persiano significa “voce”, diventerà il simbolo delle
proteste anti regime e la sua morte, filmata senza filtri in tutta la sua crudezza, passerà
nel mainstream mediatico come “la voce dell‟Iran”47
.
46
http://articles.cnn.com/2009-06-21/world/iran.woman.twitter_1_neda-peaceful-protest-cell-phone?_s=PM:WORLD
47 http://www.nydailynews.com/news/world/neda-young-girl-brutally-killed-iran-symbol-rebellion-article-1.375714;
http://threatswatch.org/rapidrecon/2009/06/neda-the-voice-of-iran/
35
Una voce, quella delle proteste, che è stata monitorata da Sysomos, una società
specializzata nell‟analisi di mercato sull‟utilizzo dei social media48
. L‟analisi, effettuata
a giugno 2009 nelle settimane precedenti e successive il voto, da un lato evidenzia
l‟aumento degli utenti iscritti a Twitter in Iran nel periodo elettorale mentre dall‟altro ha
calcolato la quantità di informazioni riguardante le elezioni in Iran circolate su Twitter e
proveniente sia dall‟interno che dall‟esterno del paese49
.
Nelle ultime due settimane dalle elezioni presidenziali iraniane e le successive proteste
in merito ai risultati che hanno visto il presidente in carica Mahmoud Ahmadinejad
attirare il 66% dei voti mentre il rivale Mir-Hossein Mousavi ha ricevuto il 33%,
Twitter è emerso come uno strumento chiave utilizzato da molti iraniani per parlare di
ciò che stava accadendo.
Il valore di Twitter è stato evidente quando il Dipartimento di Stato americano ha
chiesto a Twitter di rinviare la manutenzione programmata50
in modo che gli iraniani
potessero accedere al servizio nel momento in cui migliaia di persone stavano per
scendere in piazza per protestare. Il 21 giugno gli iscritti al portale erano 19235, rispetto
agli 8654 di metà maggio.
Per avere un'idea degli argomenti trattati dagli utenti di Twitter in Iran prima e dopo le
elezioni presidenziali, sono stati presi in considerazione due giorni: l‟11 giugno (il
giorno prima delle elezioni) ed il 19 giugno. L'11 giugno, la maggior parte delle
conversazioni riguardava il candidato Mousavi, associato a termini quali "libertà",
"Iran" e "voto".
Al contrario il 19 giugno, la maggior parte delle conversazioni provenienti da utenti di
Twitter iraniani aveva tra le parole chiave "Iran", "Mousavi", "Teheran" e "Protest". Ciò
riflette il carattere delle proteste dei sostenitori di Mousavi che si stavano svolgendo a
Teheran. Inoltre è stata esaminata la provenienza dei tweet contenenti le parole
"Election Iran". L'11 giugno, il 51,3% dei tweet postati proveniva dall‟ Iran, il 27% da
altri paesi del mondo, mentre il 21,6% dei tweet non includeva una posizione. Il 19
48 http://www.sysomos.com/
49 http://blog.sysomos.com/2009/06/21/a-look-at-twitter-in-iran/
50 http://www.reuters.com/article/2009/06/16/us-iran-election-twitter-usa-idUSWBT01137420090616
36
giugno, il 40,3% dei tweet riguardante l'elezioni proveniva fuori dall'Iran, segno di
come le proteste di Teheran avessero attirato l‟attenzione mondiale di media e blog. Nel
frattempo, la percentuale di tweet dall'Iran era scesa al 23,8%, mentre il restante 35,7%
degli utenti non aveva fornito una posizione.
2.3 Il testimone Ushahidi e FrontlineSMS
A parte i social network più famosi e diffusi, la cultura informatica open source ha
permesso la nascita di tante altre piattaforme meno note ma che si prestano a diversi
utilizzi sia politici sia informativi e che hanno contribuito a far fronte a diverse
situazioni di crisi o emergenze. È il caso di Ushahidi termine che in lingua swahili
significa “testimone”, un Cms( Content Management System) creato da un gruppo di
studiosi durante i disordini verificatisi in Kenya all'indomani delle elezioni del
2007/2008 con l'obiettivo di rendere pubblico ciò che stava accadendo nel paese in un
momento in cui le informazioni ufficiali erano carenti, così come la stampa tradizionale,
e non affidabili. Contando sulla capacità di mettere insieme le diverse funzionalità
dell‟Ict (Information and Communication Technologies), Ushahidi è stato creato come
un software open source in grado non solo di raccogliere informazioni attraverso il
crowdsourcing, ma anche per georeferenziarle su una mappa visiva interattiva.
La caratteristica open source, in base alla quale il codice sorgente di una
programmazione è disponibile a tutti gli utenti i quali in questo modo sono in grado di
interagire con gli sviluppatori e se ne hanno le capacità possono modificare e integrare il
codice, ha fornito un‟adattabilità della piattaforma a scopi diversi. Infatti Ushahidi è
stato utilizzato nelle sue diverse distribuzioni per obiettivi diversi (ad esempio il
monitoraggio della disponibilità farmaceutica), che vanno dai casi di calamità naturali,
alle operazioni di salvataggio al monitoraggio elettorale. Dal 2008 al marzo 2011, ci
sono state oltre undici mila implementazioni di Ushahidi, che può essere definito come
un "piattaforma che combina SMS, Twitter e Google Maps per ottenere dalla folla
(crowdsourcing) informazioni sulle situazioni di emergenze", ma ha inoltre dimostrato
di essere un utile supporto ai metodi tradizionali di analisi e di raccolta dati.
37
Una volta installato su un computer portatile o pc connesso ad Internet, il software è in
grado di ricevere informazioni provenienti da telefoni cellulari, e-mail e social media,
come Twitter, che vengono elaborati e geo-situati su una mappa interattiva e quindi
verificate. Ogni messaggio viene analizzato in modo da essere adattato ad una o più
categorie, utili a identificare i diversi tipi di problemi che appaiono in una data
situazione. Nel caso di utilizzi finalizzate al monitoraggio di un processo elettorale, le
categorie possono fare riferimento a episodi di irregolarità nei seggi elettorali, molestie
da parte dei candidati, discorsi d‟odio o frodi commesse durante il giorno delle elezioni.
Una volta completate le procedure di caricamento, le informazioni passano al team di
verifica e solo dopo se ritenute affidabili, appaiono sulla pagina principale. Il suo uso ha
dimostrato che le persone possono essere una fonte pronta e affidabile di informazioni
in situazioni di crisi, come abbiamo visto nel caso di Youtube in Iran nel 2009 e Twitter
ad Haiti nel 2010.
La piattaforma nata in Kenya si è dimostrata uno strumento utile anche per la ribellione
egiziana, nella quale i cittadini hanno potuto, prima e dopo il blocco totale della rete
imposto dal governo di Mubarak, condividere informazioni sul numero delle vittime,
sugli aiuti necessari ai manifestanti e sul posizionamento dei checkpoint. Il sito “Open
Egypt” ha utilizzato il sistema crowdmap di catalogazione e mappatura fornito da
Ushaidi per monitorare le manifestazioni in Egitto. Attualmente viene utilizzato anche
in Liberia,51
paese recentemente uscito da una guerra civile(2003).
Rimanendo nel campo dell‟open source un software particolare e unico nel suo genere è
invece FrontlineSms,52
creato nel 2005 dall‟antropologo Ken Banks e scaricabile
gratuitamente. L'obiettivo primario dichiarato era quello di aiutare le autorità
sudafricane nel coinvolgere il pubblico nella salvaguardia della fauna selvatica. La sfida
maggiore era quella di pensare ad un sistema che non si affidasse soltanto a Internet,
visto che in quegli anni le infrastrutture web non erano così sviluppate come lo sono
ora. Il sistema funziona anche senza una connessione ad Internet ed è in grado di
inviare, ricevere e organizzare messaggi di testo attraverso un dispositivo mobile(un
51 http://www.ushahidiliberia.com/
52 Stefania Perna 2012, Social media and new technologies in Egypt and Tunisia:two examples of innovative forms of
democratization, Ed. Universidad del País Vasco –Argitalpen Zerbitzua, Bilbao, pag 39
38
cellulare) e un computer portatile. Una volta che il software è stato installato su un
computer portatile, non c'è bisogno di essere sul web, dal momento che il programma
trasforma ogni computer in un hub per la comunicazione e permette ad ogni utente di
comunicare e ricevere messaggi di testo. Tutto quello che serve è un cavo Usb per
collegare un telefono cellulare o modem Gsm con una scheda Sim. Una volta fatto il
collegamento, FronlineSMS permette di creare una rete di contatti e di comunicare con
altre persone attraverso l'invio e la ricezione di messaggi, che appaiono sullo schermo
ed è possibile registrare in un database adeguato.
FrontlineSMS non è mai stato annunciato come uno strumento per uno scopo specifico.
Al contrario, ogni utente è stato lasciato libero di decidere come utilizzarlo e i risultati
sono stati sorprendenti. In tanti infatti hanno dimostrato di avere diverse idee e
iniziative per utilizzare il software secondo i propri obiettivi, adattandolo alle diverse
esigenze. Ad oggi, FrontlineSMS è stato scaricato oltre 16000 volte, viene utilizzato in
oltre 70 paesi e in ogni caso gli utenti lo hanno adattato alle esigenze locali53
.
In particolare ne hanno beneficiato le Ong, poiché è diventato un mezzo attraverso il
quale sono riuscite a tagliare i costi e semplificare le comunicazioni sul campo. L'utilità
di FrontlineSMS è direttamente collegata alla rapida diffusione della tecnologia mobile
nel mondo, specialmente nei paesi in via di sviluppo, dove la connessione Internet non
esiste oppure è presente solo nelle zone urbanizzate.
La situazione attuale vede vaste aree del mondo tagliate fuori dal World Wide Web, e di
conseguenza le persone che abitano queste zone fanno sempre più affidamento sui
telefoni cellulari per comunicare. Secondo il più recente rapporto di International
Telecommunication Union, nel 2011 gli abbonamenti con i telefoni cellulari hanno
raggiunto i 5,9 miliardi, con una penetrazione che va dal 87%, nel mondo sviluppato al
79% in via di sviluppo.
Molte distribuzioni di FrontlineSMS sono state utilizzate in particolare nei settori della
sanità, nei campi dello sviluppo agricolo o umano, ma uno degli usi più comuni
riguarda il monitoraggio delle elezioni. Il primo caso di un impiego di questo genere è
53 Ibidem
39
stato fatto in occasione delle elezioni nigeriane del 2007. Il software venne utilizzato per
ricevere testi da parte di persone che partecipavano alle votazioni e che sono state
testimoni di incoerenze o frodi nel processo elettorale. Queste informazioni sono state
applicate sulle liste del corpo elettorale (cioè su tutti coloro che avevano votato) e
collocate su una mappa di georeferenziazione, dove le segnalazioni venivano
visualizzate tramite punti sulla mappa. Il primo obiettivo di questo progetto, così come
Ushahidi è stato un tentativo di mettere di nuovo la democrazia nelle mani degli elettori,
rendendo loro il potere e fargli riacquisire un ruolo importante nella società.
41
3. L’evoluzione del giornalismo tra mass media e new
media
Nel capitolo precedente abbiamo visto come new media e social network si siano
intromessi in un campo, quello del giornalismo, che storicamente è stato da sempre
appannaggio di una categoria di professionisti, cioè coloro che stabilmente operano
presso una struttura organizzativa il cui principale compito non è altro che quello di
produrre e diffondere notizie. Prima di Internet, carta stampata, radio e Tv detenevano
l‟esclusiva per parlarci dei fatti, erano i soli a svolgere la funzione di medium e proprio
in virtù di ciò hanno preso il nome di mass media: il messaggio parte da una sorgente e
arriva a migliaia o milioni di persone.
L‟avvento di internet, la possibilità che chiunque sia testimone di un fatto e possa
raccontarlo all‟istante senza spendere un centesimo e senza essere retribuito, sta
sconvolgendo un mondo, quello statico dei giornali cartacei (ma anche della radio e
della tv), abituato a concepire il giornalismo come “lezione” e via via sta prenderà piede
una concezione del mestiere quale “conversazione”. Perché? La risposta è articolata,
sicuramente un elemento è rappresentato dalla varietà delle fonti che oggi si presentano
ai giornalisti, un altro è il carattere dinamico delle news. Si pensi ad esempio alla
possibilità che hanno i lettori di commentare le notizie online, potendo smentirle
qualora vengano presentate in maniera non puntuale e scorretta. Con il giornale cartaceo
c‟è sempre stato il giornalista da un lato ed il lettore dall‟altro, con rare possibilità di
conversazione (le lettere della domenica?). Soprattutto in Italia, come si vedrà nel
prossimo paragrafo, dove il giornalismo è nato nei secoli scorsi da elite culturali e partiti
politici il cui scopo primario era quello di “dettare una linea”.
Un altro fattore non trascurabile è la pubblicazione delle news e la loro fruizione a ciclo
continuo senza soluzione di continuità: davanti al mare di Internet il lettore non deve
più aspettare la mattina quando il quotidiano verrà stampato e portato in edicola, non
deve attendere la nuova edizione del Tg oppure l‟ultimo notiziario radiofonico. Ha la
possibilità, magari rimanendo fermo nel luogo in cui si trova, di andare alla ricerca di
informazioni su una determinata notizia che può essere magari approfondita sui siti web
di giornali stranieri.
42
Una delle maggiori innovazioni apportate dal web, nello specifico da new media e
canali sociali, è la possibilità di personalizzare l‟informazione: alcuni ipotizzano che,
con il passare del tempo svanirà la lettura delle notizie secondo il concetto di “testata”54
e all‟orizzonte si delineerà un cambiamento nel mercato dell‟informazione simile a
quello avvenuto oltre dieci anni fa nel mercato discografico con l‟avvento del formato
musicale mp3. La personalizzazione delle notizie porta con sé la frammentazione del
giornalismo: “Immaginare che i lettori digitali pensino in termini di testata è il postumo
di una sbornia di giornali di carta, di media fisici; le unità di sentimento umano non
possono essere tenute insieme dalle graffette della rilegatura”55
. L‟informazione sta
dunque subendo cambiamenti sia dal punto di vista della creazione dei contenuti sia da
quello riguardante la loro fruizione. Ciò negli anni a venire comporterà delle
conseguenze su entrambi i fronti, tuttavia difficili da ipotizzare con univoca certezza.
Non v‟è dubbio però che per la produzione delle notizie, soprattutto per quanto
concerne la stampa e la distribuzione dei quotidiani cartacei, un ruolo non trascurabile
verrà giocato dai fattori economici, soprattutto in un momento di crisi come quello
attuale. Un altro interrogativo riguarda quindi la sopravvivenza o meno dei mass media
tradizionali e la sostenibilità dell‟editoria digitale, come dimostrato da uno studio
condotto dalla Columbia Journalism School56
che ha ampiamente affrontato la
questione nel contesto dell‟editoria negli Stati Uniti. L‟introduzione del report è
emblematica degli anni di cambiamento che l‟informazione “di carta” sta vivendo:
Sono poche le testate in grado di uguagliare la location del Miami Herald. Il quartier generale
del quotidiano, abbarbicato sulla costa della baia di Biscayne, offre un‟ ampia visuale delle
isole che dall‟ Oceano Atlantico circondano la città di Miami. Pellicani e gabbiani planano
attorno all‟edificio; navi da crociera colorate solcano le acque a poche miglia di distanza.
E i dirigenti del giornale, dal quinto piano del quartier generale, hanno goduto a lungo di una
delle più belle visuali della città.
Ma ora non più. L‟Herald, come la maggior parte dei quotidiani Usa, negli ultimi anni ha
affrontato diversi problemi finanziari, subendo pesanti tagli alla redazione e ad altri settori.
54 Jack Riley è responsabile dell‟edizione online della testata The Indipendent
55 http://www.poynter.org/latest-news/media-lab/mobile-media/119604/how-the-independent-uses-facebook-likes-to-push-
specialized-content-to-readers/ .
56 Bill Grueskin-Ava Seave -Lucas Graves 2011, The Story So Far: What We Know About the Business of Digital Journalism, Ed
Columbia Journalism School, Tow Center for Digital Journalism.
43
Così, in uno dei ripetuti tentativi di risollevare le entrate, i dirigenti hanno affisso un cartellone
pubblicitario sul lato est della sede, oscurando completamente il panorama sulla baia per molti
dipendenti del giornale, incluso l‟ editore.
I benefici del cartellone sono ovvi: una entrata a sei cifre da aggiungere ai ricavi annuali,
secondo un dirigente dell‟ Herald, o per pagare gli stipendi a qualche giovane reporter. Ed è
scontata anche l‟ ironia che si può fare sulla vicenda, poiché ad acquistare lo spazio è stata la
Apple – marchio che controlla un sistema di commercializzazione e pubblicazione cruciale per il
futuro del business dell‟ informazione. E il prodotto pubblicizzato sulla facciata della sede dell‟
Herald è l‟iPad, un dispositivo allo stesso tempo deleterio e salvifico per l‟ economia dei media
tradizionali.
Di fatto, i due marchi sono una fotografia del processo di distruzione e di creazione attraversato
dai media nel corso dell‟ultimo decennio. Alla fine del marzo 2001, la Knight-Ridder, società
editoriale a cui faceva capo l‟ Herald, era quotata sul mercato con lo stesso valore di Apple: 3,8
miliardi di dollari. Dieci anni dopo, la valutazione della Apple supera i 300 miliardi di dollari,
mentre la Knight-Ridder non esiste più come società indipendente.
44
3.1 Excursus: il modello del giornalismo italiano prima del Web
Dando un rapido sguardo alla storia del giornalismo italiano è possibile comprendere
meglio la portata di novità introdotta dai nuovi media nel nostro paese. Se in Italia il
sistema d‟informazione presenta determinati caratteri peculiari, ciò non capita
casualmente e in maniera accidentale, al contrario è la fase finale di un processo che ha
sintetizzato empiricamente57
sistemi sociali e sistemi di stampa. In sintesi se la stampa è
di un certo tipo bisogna guardare alla storia dalla quale è derivata, ai rapporti attuali e
trascorsi con la sfera politica e, cosi come affermato da Siebert, Peterson e Schramm in
“Four theories of the press”58
, anche a quelle che sono le supposizioni di base che la
società possiede circa la natura umana, la natura della società e dello stato, la
relazione tra uomo e stato e la natura della conoscenza e della verità.
Tenendo ben saldo un tale presupposto di base, verrà preso in considerazione lo schema
proposto da Hallin e Mancini, che distingue tre diversi modelli di giornalismo aventi
ciascuno propri caratteri: un modello “liberale”, sviluppatosi per lo più in Gran
Bretagna, Irlanda e Nord America; un modello cosi detto “democratico – corporativo”
che prevale nell‟Europa continentale; infine quello che fa al caso nostro, un modello
“pluralista – polarizzato”. Una distinzione di questo tipo risponde a differenze che i tre
modelli presentano in relazione a quattro parametri: a) lo sviluppo dei mercati della
comunicazione; b) il grado di parallelismo politico: integrazione tra èlite politica e
dell‟informazione; c) lo sviluppo della professionalità giornalistica; d) il grado e la
natura dell‟intervento statale59
.
Il mercato della comunicazione
Una delle differenze sostanziali nell‟evoluzione dei mercati della comunicazione sta
nello sviluppo di una stampa più o meno a circolazione di massa, la quale in alcuni
paesi è nata e proseguita tra la fine dell‟800 e l‟inizio del „900 mentre in altri questo
processo non è avvenuto con la medesima intensità. Una differenza storica che ancora
57 Hallin - Mancini 2004, Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 13
58 Siebert, Peterson e Schramm - Four Theories of the press – Ed University of Illinois Press 1956 - in Hallin - Mancini 2004,
Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 1
59 Hallin - Mancini 2004, Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 23
45
oggi permane: si va da un massimo di 720 copie vendute ogni giorno ogni mille abitanti
in Norvegia alle 121 dell‟Italia60
. Dunque circa un italiano su dieci oggi legge un
quotidiano. Quali sono le ragioni di un risultato del genere? Un fattore certamente
determinante va ricercato nella struttura dei quotidiani dell‟Europa meridionale, i quali,
ab origine, rivolgendosi perlopiù a èlite urbane, educate e politicamente attive, si
inseriscono a un livello orizzontale di negoziazione e dibattito tra fazioni elitarie,
lasciando in un cono d‟ombra i restanti cittadini (nel 1870 l‟Italia aveva circa il 60%
della popolazione analfabeta, e nel territorio esisteva una forte eterogeneità
linguistica61
). Ricuperati descrivendo la lettura dei giornali italiani del XIX secolo
afferma:
Troviamo un mondo di letterati, che è un pubblico di eruditi, teologi, professori universitari,
membri di accademie scientifiche: una forte e importante presenza di clericali62
.
Al contrario ad esempio di quanto avviene nei paesi nord europei nei quali la stampa si
pone come intermediario ( a un livello verticale di comunicazione) tra centri del potere
politico e normali cittadini. Ciò accadde in virtù del fatto che nell‟Europa settentrionale
e nel nord America la borghesia commerciale, il cui successo dipendeva dal flusso
costante di informazioni attendibili su commercio, navigazione, tecnologia e politica, ha
svolto un ruolo chiave nella nascita dei primi giornali, che cominciarono a circolare
rapidamente tra classi medie, operaie, agrarie63
. Ovvio dunque che un tipo di
comunicazione verticale si rivolga e raggiunga una ben più ampia fetta di popolazione,
avendo così maggiore diffusione di massa. Non godendo di una simile diffusione
invece, i quotidiani italiani storicamente non hanno dato vita a vere e proprie imprese
economiche ma si sono affidate, e tuttora continuano a farlo, per la maggiore a
sovvenzionamenti di attori politici, fatto questo che ha avuto importanti implicazioni sul
grado di parallelismo politico e di professionalità giornalistica.
60 Fonte: World Association of Newspapers (2001)
61 Vincent, The rise of Mass Literacy: Reading and Writing in Modern Europe, Polity Press, Cambridge,2000, pag 39
62 Ricuperati, I giornalisti italiani fra potere e cultura dalla origini all‟Unità, in Storia d‟Italia. Annali vol.4, Ed Einaudi 1981
Torino, pag 1087
63 Hallin - Mancini 2004, Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 80
46
La bassa circolazione dei quotidiani va fatta risalire anche ad una forte disparità di
genere nei lettori italiani. Secondo uno studio condotto nel 1999 dalla “World
Association of Newspapers” emerge che in Italia la percentuale di maschi che leggono
quotidiani è pari al 50,2% mentre quella femminile si ferma solo al 29,8%. Un tale
risultato riflette peraltro le differenze nelle funzioni dei media che, come citato in
precedenza, nel modello mediterraneo sono strettamente legati al mondo politico e
poiché le donne sono state storicamente escluse da questa sfera, l‟abitudine alla lettura
dei quotidiani non si è mai marcatamente sviluppata64
. Un altro fattore che incide sulla
situazione del mercato della comunicazione può essere individuato tenendo conto di una
variabile economica: il grado di concentrazione dei capitali. Si potrebbe ipotizzare che
laddove il capitale è altamente concentrato, lì esisterà un rapporto più stringente tra
Stato e proprietari dei mezzi di comunicazione, sia sotto forma di regolamenti e sussidi
che sotto forma di alleanze o patti clientelari e, rimanendo inalterati altri fattori, sarà più
facile che i media siano influenzati da interessi esterni ( es. L‟impero di Berlusconi in
Italia)65
.
Il grado di parallelismo politico: l‟integrazione tra èlite politica e dell‟informazione
Lasciando da parte le variabili economiche, un ulteriore carattere di differenziazione dei
diversi modelli di giornalismo va ricercato nel grado di affiliazione dei quotidiani alla
sfera politica, in particolare partitica. Sin dall‟inizio dell‟era della stampa, la
legittimazione politica ha giocato un ruolo cardine tant‟è che nel XVIII e XIX secolo i
giornali emersero come una nuova forza nella vita politica italiana. Il giornalista politico
aveva il compito di influenzare l‟opinione pubblica in nome di una fazione portatrice di
una determinata ideologia. Prova ne sia il fatto che intorno agli inizi dell‟800 in Italia
emerse una vigorosa stampa d‟opinione che esercitò una funzione importante
nell‟istituzione dello Stato liberale durante il Risorgimento. Allora grandi leader quali
Camillo Benso conte di Cavour e Giuseppe Mazzini erano giornalisti politici: usavano i
giornali come strumenti per l‟organizzazione dei movimenti che guidavano66
. Non a
caso il 15 marzo del 1847 nacque, sotto la direzione di Cavour, il quotidiano liberale “Il
64 Ibidem pag 25
65 Ibidem pag 45
66 Hallin - Mancini 2004, Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 83
47
Risorgimento” nella cui testata si definiva giornale politico, economico, scientifico e
letterario67
.
Mutatis mutandis al giorno d‟oggi, si intravede la potente influenza del passato, quella
che North nel 1990 ha definito “dipendenza di sentiero”: in molti casi i giornali italiani
odierni sono stati fondati da partiti politici. Gettando uno sguardo al ventaglio delle
testate italiane ora in circolazione possiamo averne qualche concreto esempio: L‟unità
dal 1921 organo del Partito Comunista Italiano, La Padania della Lega Nord, Il
Manifesto il quale si dichiara apertamente come “quotidiano comunista”, Il giornale
appartenente alla famiglia Berlusconi e apertamente schierato dal punto di vista politico,
Liberazione sotto la direzione del partito di Rifondazione Comunista, Il Popolo
all‟epoca dalla parte della Democrazia Cristiana, Il Secolo d‟Italia dell‟ormai ex Msi, e
per finire L‟Avvenire, quotidiano della Chiesa cattolica. Queste le testate che più
esplicitamente si dichiarano da una parte o dall‟altra dell‟arena politica. Ve ne sono altre
poi che, nonostante non siano formalmente appoggiate ad uno specifico partito, hanno
una loro identità e si fanno portatrici di determinati valori, scansando tutte, in un modo
o nell‟altro, quel dogma, tanto caro al giornalismo anglosassone, che va sotto il nome di
“obiettività”. Lo si legge chiaramente nell‟editoriale che Eugenio Scalfari, fondatore de
“La Repubblica” scrisse il 14 gennaio 1976, giorno d‟uscita del primo numero:
“Questo è un giornale un po‟ diverso dagli altri: è un giornale d‟informazione che non pretende
di inseguire una neutralità politica illusoria, ma dichiara che ha preso posto nella battaglia
politica. È fatto da uomini che appartengono al vasto arco della sinistra italiana”.
Merita attenzione, a proposito, nel novero dei quotidiani citati, il caso dell‟
“Indipendente”, quotidiano nato per essere l‟esempio esportato in Italia dell‟imparzialità
anglosassone: neutrale, con fredde titolazioni e un livello basso di drammatizzazione
delle notizie. Non ebbe successo, il livello di diffusione rimase circoscritto (20.000
copie nel periodo peggiore) e il suo fondatore (Ricardo Franco Levi) fu costretto a
dimettersi per lasciar spazio a Vittorio Feltri, giornalista impetuoso e pronto a prendere
parte alla battaglia politica68
.
67 “Storia d‟Italia - Dal primo settecento all‟unità” vol 3– ed Luigi Einaudi 1973 – pag 695 sezione illustrazioni.
68 Hallin - Mancini 2004, Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 90
48
Presentare un esempio concreto del grado di partigianeria nei giornali italiani non è cosa
ardua. Una notizia di un medesimo fatto viene presentata in maniera totalmente diversa
da due quotidiani di sponda opposta: a seguito della morte dei sei militari italiani il 17
settembre 2009 in Afghanistan, la Padania titola “STRAGE DELL‟ISLAM A
KABUL”, La Repubblica invece “Kabul, la strage degli italiani”.
Soltanto scorgendo l‟affiliazione politica di questi cinque quotidiani, e leggendo i due
esempi sopra citati è facile intuire come si caratterizzi il parallelismo politico (cioè il
rapporto media-politica) italiano: è evidente che le notizie non descrivano fatti isolati,
neutri e oggettivi, al contrario queste incorporano valori ideologici, influenze storico-
culturali, interessi, elementi che assieme forgiano punti di vista sulla realtà. E non è un
caso perché, ritornando all‟influsso che la storia ha sul presente, il modo italiano di fare
giornalismo può essere spiegato anche da un punto di vista giuridico: come spiega
Oliviero Bergamini in “La democrazia della stampa”69
. I costituenti rivelano con
l‟articolo 21, di concepire e tutelare i giornali più come strumenti di opinione che di
diffusione di notizie oggettive e non si preoccupavano di assicurare un quadro
normativo che favorisse l‟indipendenza dai poteri forti70
.
Lo sviluppo della professionalità giornalistica
Come detto precedentemente, nei paesi mediterranei il giornalismo nacque quale
emanazione diretta di politica e letteratura. Accadeva spesso che i giornali
valorizzassero maggiormente politici, scrittori ed intellettuali. Con ciò dunque risultava
difficile che si sviluppasse la figura del “Giornalista”, inteso come professionista
dell‟informare, autonomo da altri scopi. Questo è uno dei motivi per i quali oggi si
afferma che il livello di professionismo nel nostro caso italiano, è più basso rispetto a
quello di altri paesi nord europei e nord americani: questo non vuol dire che i giornalisti
69 Oliviero Bergamini 2006, La democrazia della stampa, Ed. Laterza. Da un‟analisi letterale dell‟articolo 21 della Costituzione
“emerge il retaggio di una stampa concepita come veicolo di opinione prima ancora che di informazione; manca un chiaro
riferimento al diritto - appunto – all‟informazione, cioè a una conoscenza dei fatti in sé, distinti dalle idee e dalle contrapposte
interpretazioni”.
70 Beppe Lopez 2007, La casta dei giornali, Ed. Stampa alternativa, Roma, pag 39/40
49
dei paesi pluralisti – polarizzati siano meno preparati degli altri, ma significa che la
preparazione formale si è delineata abbastanza tardi71
.
Nonostante l‟Italia si sia dotata dal 1963 per legge di un “Ordine dei Giornalisti”,
quest‟ultimo non ha svolto una funzione decisiva nel promuovere standard comuni di
condotta professionale “Per anni è stato possibile diventare giornalisti tramite amicizie o
relazioni familiari72
”. Fatti del genere testimoniano come il giornalismo non si sia
sviluppato quale istituzione autonoma, ma anzi sia stato regolamentato da forze esterne,
su tutti il mondo della politica e degli affari; è così accaduto che le regole del gioco del
giornalismo si siano spesso sovrapposte a quelle della politica del momento, è capitato (
e capita) che siano parte delle trattative intraprese tra i vari attori politici o addirittura
fungano da strumento per l‟azione politica. La forma di strumentalizzazione più
significativa è l‟uso da parte di imprese sia pubbliche che private per intervenire nel
mondo politico. Illustri esempi di questo fenomeno sono il “Corriere della Sera” per
anni di proprietà di gruppi industriali, “La Stampa” molto vicino alla Fiat, “La
Repubblica” e “L‟espresso” della Cir di De Benedetti, “Il Messaggero” appartenente a
una grande impresa edile, “Il Giornale” della famiglia Berlusconi (Fininvest)73
.
Traendo le conclusioni, un corollario di questa “strumentalizzazione” dei quotidiani che
porta ad un basso livello di autonomia professionale, può essere trovato nelle parole di
Giampaolo Pansa in riferimento al giornalista italiano come “un giornalista dimezzato”,
appartenente per metà a se stesso e per l‟altra metà appannaggio dei proprietari dei
media, politici e finanziatori.
Sin qui sono state analizzate sostanzialmente tre caratteristiche del modello di
giornalismo italiano, rimane l‟ultimo che si ricollega per diversi aspetti ai precedenti.
Gli stati con un sistema pluralista – polarizzato presentano un intervento statale sulla
stampa ed in generaliter sui media tradizionali, abbastanza forte. Un mercato che come
abbiamo visto si presenta scarsamente sviluppato ha favorito politiche di sostegno alla
stampa e tentativi di costituire il servizio pubblico televisivo quale arena aperta a tutti i
71 Hallin - Mancini 2004, Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 100
72 Bechelloni 1995, Giornalismo o post-giornalismo? Studi per pensare il modello italiano, Ed. Liguori
73 Hallin - Mancini 2004, Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 103
50
gruppi politici. Dal momento però che lo Stato ha un‟importanza prevalente, molti attori
sociali cercano di influenzarne la linea di condotta e uno dei mezzi principali adottati è
il ricorso ai media – per accedere a contratti statali, sussidi e incentivi74
.
74 Hallin - Mancini 2004, Modelli di giornalismo, Ed Laterza Bari, pag 120
51
3.2 Carta stampata e new media oggi
Il settore della carta stampata, in Italia, soffre da anni una diminuzione di lettori e
abbonati, come sintetizzato dall‟ultimo rapporto annuale del Censis75
: i quotidiani a
pagamento tra il 2009 ed il 2011 hanno perso il 7% di lettori (complessivamente -19,2%
rispetto al 2007). La free press è cresciuta ma di poco (+1,8%, salendo al 37,5%). I
periodici hanno resistito, specie i settimanali, grazie agli sforzi di innovazione e di
marketing, a cominciare dagli allegati venduti unitamente ai rotocalchi.
Un altro studio più approfondito condotto dalla Fieg76
(Federazione Italiana Editori
Giornali) conferma lo stato di crisi del settore editoriale, ma ne individua anche le
cause:
Le ricadute della crisi economica sul settore dell‟editoria giornalistica nel biennio 2008-2009
sono state pesanti. Ai contraccolpi della congiuntura di forte intonazione recessiva che non ha
risparmiato alcun settore merceologico, si sono sommati gli effetti di squilibri strutturali da
lungo tempo presenti e irrisolti, nonché quelli derivanti dalle intense trasformazioni
tecnologiche che hanno profondamente cambiato il sistema dell‟informazione. Nuovi mezzi,
nuovi processi di integrazione multimediale, nuove modalità di fruizione e di condivisione dei
contenuti: tutti fenomeni il cui comune denominatore è rappresentato dall‟impiego esteso delle
tecnologie digitali che hanno alterato gli squilibri preesistenti.
L‟arrivo delle news su nuovi dispositivi digitali, come certificato dal Censis, sta
cambiando il modo in cui le persone si tengono informate.
Anche nella dimensione mediatica si riconosce quel primato della soggettualità individualistica
che ha segnato lo sviluppo sociale italiano degli ultimi cinquant‟anni. Si riconosce nei percorsi
individuali di fruizione dei contenuti e di acquisizione delle informazioni da parte dei singoli, nei
processi orizzontali di utilizzo dei media in base a palinsesti multimediali personali e autogestiti,
basati sulla integrazione di vecchi e nuovi media. È l‟utente a spostarsi all‟interno dell‟ampio e
variegato sistema dei mezzi di comunicazione per scegliere il contenuto che più gli interessa
secondo le modalità e i tempi che più gli sono consoni: ognuno si costruisce una nicchia di
consumi mediatici a misura di se stesso77
.
75
Nono Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione, luglio 2011: “I media personali nell‟era digitale”
76 La Stampa in Italia 2008 – 2010, Roma – 13 aprile 2011. Pag 15
http://www.fieg.it/upload/studi_allegati/La%20Stampa%20in%20Italia%202008-2010.pdf
77 Nono Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione, luglio 2011: “I media personali nell‟era digitale” cap “La personalizzazione dei
palinsesti” pag. 5
52
I dati raccolti infatti evidenziano come sempre più ognuno possa costruirsi palinsesti
“fatti su misura”. Indipendentemente dall‟uso del televisore, il 12,3% della popolazione
attinge ai siti Internet delle emittenti tv per seguire i programmi prescelti, il 22,7%
utilizza YouTube, il 17,5% segue programmi scaricati tramite il web da altre persone.
Tabella 2. Il pubblico che segue programmi televisivi via Internet
Totale Età
14-29 anni 30-64 anni 65-80 anni
Dai siti web delle emittenti tv 12,3 24,7 10,7 3,8
Da Youtube e altri siti web simili 22,7 47,6 20,1 3,3
Ha seguito programmi scaricati da altri 17,5 36,2 14,6 6,1
Fonte: Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione, luglio 2011
Il dato relativo ai giovani (14-29 anni) che cercano i programmi su YouTube sale al
47,6% (il 20,1% lo fa abitualmente). Il 36,2% dei giovani, inoltre, guarda programmi tv
scaricati da altri (per cui si tratta di ragazzi che si scambiano file tra di loro) e il 24,7%
ricorre ai siti web delle emittenti tv.
Un altro dato che indica i cambiamenti nella fruizione dell‟informazione è rappresentato
dalla figura 1: La centralità dei telegiornali pare essere ancora fuori discussione, visto
che l‟80,9% degli italiani vi fa ricorso come fonte. Tra i giovani, però, il dato scende al
69,2%, avvicinandosi molto al 65,7% raggiunto dai motori di ricerca su Internet e al
61,5% di Facebook. A livello generale, al secondo posto si collocano i giornali radio,
complessivamente con il 56,4% delle indicazioni, dato che diventa il il 62,1% tra gli
adulti. Nel campo della carta stampata, si registra il 47,7% di preferenze accordate ai
giornali acquistati in edicola e il 46,5% a favore dei settimanali e dei mensili. Dopo il
televideo (45%), dall‟elenco delle fonti indicate dal pubblico emergono anche i motori
di ricerca come Google (41,4%), i siti web di informazione (29,5%), Facebook (26,8%),
i quotidiani on line (21,8%). Nel caso delle tv all news risultano discriminanti l‟età (il
dato sale al 20,1% tra gli adulti) e il titolo di studio (il 21,7% tra i diplomati e laureati).
Le applicazione per gli smartphone sono al 7,3% di utenza e Twitter al 2,5%.
53
Tabella 3
Per le nuove generazioni la pluralità di fonti informative è un fatto ormai assodato e,
secondo la ricerca del Censis, le nuove tecnologie sono più credibili dei media classici.
In un range che va da 1 (minimo) a 10 (massimo), televisione e carta stampata non
raggiungono il punteggio della sufficienza in termini di reputazione, secondo l‟opinione
degli italiani: 5,74 è il voto medio registrato dalla credibilità delle informazioni tratte
dalla televisione (solo i giovani di 14-29 anni assegnano un punteggio sopra la
sufficienza, pari a 6,12) e 5,95 è il voto dato ai giornali (sono ancora i giovani a salvarli,
54
con un punteggio di 6,65). Maggiormente credibili sono ritenute le informazioni date
alla radio(6,28) e soprattutto quelle pubblicate su Internet (6,55). Ancora una volta sono
i giovani i più fiduciosi, che assegnano un 6,80 alla radio e un 6,78 web, percepito come
un mezzo più libero e “disinteressato”.
Grafico 1
Infine alcuni numeri sui social network: il 67,8% degli italiani conosce almeno un social
network tra quelli più noti (Facebook, Twitter, Messenger, YouTube, fino a Skype). Si
tratta di 33,5 milioni di persone, in crescita rispetto ai 32,9 milioni del 2009.
Stilando una classifica dei social network in base alla popolarità, Facebook (65,3%)
risulta essere il più conosciuto insieme a YouTube (53%); seguono Messenger (41%),
Skype (37,4%) e Twitter (21,3%). Non stupisce che tra i più giovani è quasi impossibile
trovare qualcuno che non sappia a cosa ci si riferisce quando si pronuncia il nome di
uno dei social network più noti (il 91,8% li conosce). Ma anche il 31,8% degli ultra
sessantacinquenni è a conoscenza di tali realtà. È poi esploso il dato che riguarda i veri e
propri utenti dei social network. Facebook è, oltre che il social network più conosciuto,
anche tra quelli più utilizzati (dal 49% degli italiani che accedono a Internet, l‟88,1% tra
i giovani), insieme a YouTube (54,5%, l‟86,5% tra i giovani). L‟incidenza degli
utilizzatori tra quanti conoscono i social network è pari al 93%: conoscere Facebook,
YouTube o qualche altra comunità virtuale determina quasi automaticamente il loro
55
utilizzo. E la tendenza sembra inarrestabile, se si raffronta l‟incidenza del 2011 con
quella del 2009 (60,2%).
Davanti a questo nuovo panorama, le macchine organizzative dell‟Informazione si
stanno adattando? Come?
56
3.3 Citizen journalism e ruolo del giornalista
Il giornalista non esce “distrutto” da questo modello di lavoro, soltanto rinnovato. Il suo ruolo
rimane centrale nel saper mettere insieme i diversi aspetti, fare le adeguate verifiche, scrivere in
modo chiaro, accattivante i propri articoli, ponderare i punti di vista. Ciò che cambia
radicalmente è il riconoscere le rinnovate dimensioni dell‟arena in cui il processo si compie, e
adattarvisi. (…) Il cambio di "paradigma" richiesto è piuttosto l'apertura alla possibilità di
un'interazione vera, influente tra chi scrive e chi abitualmente legge78
.
Il citizen journalism, altrimenti detto giornalismo partecipativo, si sviluppa proprio
grazie all‟interattività dei nuovi media che hanno permesso a una moltitudine di persone
di partecipare alla creazione dell‟informazione. Questo è avvenuto dapprima tramite
blog e siti internet personali attraverso i quali chiunque ha potuto raccontare un fatto di
cui era stato testimone. Successivamente sono nati veri e propri siti ad hoc: le prime
esperienze di tal genere riguardano “L'Echo du village”, tra i pionieri in Francia nato nel
1998, le piattaforme di Indymedia (Indipendent Media Center) apparso per la prima
volta sul web nel 1999 con l‟obbiettivo di supportare i movimenti No Global nei giorni
delle proteste contro il Wto (World Trade Organization) di Seattle. Successivamente
sono arrivati il sudcoreano OhmyNews(2000), Agora Vox nel 2005, Youreporter (dove
è possibile inserire video). Il filo conduttore che unisce tutte queste realtà è il
rovesciamento di chi è autore delle informazioni: non più giornalisti professionisti
pagati per un lavoro, bensì cittadini del mondo, siano essi dilettanti o meno, eruditi o no,
che spontaneamente decidono di mettere a disposizione di tutti ciò a cui assistono. I
numeri sono sorprendenti, basti pensare che in Corea del Sud OhmyNews
quotidianamente è visitato da un milione di persone che si connettono per leggere
notizie inviate da circa 35 mila citizen journalist i quali producono circa il 70%
dell‟informazione del giornale. Il restante è opera della redazione, formata da circa
cinquanta dipendenti. Agora Vox, nato in lingua francese e sviluppatosi poi con una
versione inglese ed una italiana, nel 2009 in Francia poteva contare su 40 mila
volontari, in Italia ad un anno dalla nascita aveva 1500 autori e circa 400 mila lettori.
Quando questi progetti videro luce per la prima volta, i social network muovevano i
primi passi e non erano diffusi quanto lo sono oggi. Il loro avvento non ha fatto altro
78
Ugo Vallauri 2003, Blog, blog, blog. Sembrava una nicchia. Sta cambiando il giornalismo (anche quello tradizionale) in “I
problemi dell‟informazione”, ed. Il Mulino Bologna, pagg. 68-78
57
che accelerare la spinta verso un giornalismo partecipativo, perché sono stati in grado di
dare maggiore velocità nella pubblicazione dei contenuti, forme diverse, feedback
immediati (si pensi ad esempio al “like” di Facebook oppure al “Retweet” di Twitter) e
mettere in contatto istantaneamente le persone. Paradossalmente non è un azzardo
pensare che un fenomeno di questo genere abbia rappresentato una sorta di rivoluzione
copernicana in quanto se classicamente la comunicazione dei media parte da un
ricevente per arrivare alle masse, ora la comunicazione parte dalle moltitudini e si
canalizza in un sito internet per poi essere fruito dalle masse. In sostanza il messaggio
mandato dal citizen journalism è che il news making può fare a meno di una struttura
organizzativa professionale. Di fronte ad un cambiamento simile, a livello mondiale (la
situazione è differente nelle situazioni della cronaca locale) le grandi testate hanno
dovuto fare i conti con questo fenomeno, finendo necessariamente per inglobare alcuni
strumenti promossi dal giornalismo partecipativo.
Alcuni in realtà hanno capito quasi subito l‟opportunità di un cambiamento nel lavoro
delle redazioni. Rupert Murdoch, nel suo discorso all‟American Society of Newspaper
Editors dell‟aprile 2005, ammonì i direttori delle testate: “Dobbiamo incoraggiare i
lettori a pensare al web come il luogo in cui coinvolgere i nostri inviati e redattori in
discussioni più estese sul modo in cui una particolare notizia è stata riportata o costruita
o presentata. Allo stesso tempo dovremmo sperimentare l‟uso dei blogger per integrare
la nostra copertura quotidiana delle notizie su internet”.
Tuttavia sono sorti diversi dubbi per quanto riguarda il ruolo del giornalista e la capacità
di coprire avvenimenti in tempo reale nell‟immediato. In particolare una problematica
ha riguardato l‟affidabilità e la verifica delle fonti: chi garantisce al lettore la veridicità e
correttezza dell‟informazione che riceve nel momento in cui non conosce l‟autore e non
ha elementi per fidarsi di quest‟ultimo? È indubbio infatti che delle “grandi firme” del
giornalismo il lettore si fidi, altrimenti non si spiegherebbe il motivo dell‟affiliazione
dei lettori ai giornali (ad esempio chi compra La Repubblica si suppone non diffidi
dell‟affidabilità dei giornalisti che ci scrivono). Come abbiamo visto nei capitoli
precedenti per la copertura di eventi di crisi (terremoto di Haiti e proteste in Iran), la
velocità dei new media brucia sul tempo la macchina organizzativa di un giornale
tradizionale, sia esso una tv oppure un sito internet. I social network riescono ad avere
la caratteristica dell‟ubiquità. Per questo portali come Twitter vengono incorporati
all‟interno dei siti web delle testate, come l‟esempio che viene riportato di seguito: Il
58
Fatto Quotidiano trasmette in diretta una manifestazione attraverso due riquadri, uno (in
rosso) nel quale scrivono i giornalisti della redazione e un altro (azzurro) a disposizione
dei lettori e di chi segue l‟evento.
Tra le testate all‟avanguardia nell‟utilizzo degli strumenti proprio del citizen journalism
un ruolo di primo piano è svolto senza dubbio dal The Guardian, che negli ultimi mesi
sta investendo le proprie risorse, in termini di capacità finanziarie e capitale umano,
nella ricerca dell‟interazione e del coinvolgimento dei lettori sia nel dibattito sulle
notizie sia nella loro creazione. Basti pensare al fatto che nel sito del giornale è stata
creata un‟apposita sezione intitolata “open journalism”79
. A proposito, per spiegare la
nuova strada intrapresa dal quotidiano britannico, la redazione ha pubblicato un efficace
79 http://www.guardian.co.uk/media/open-journalism
59
videoclip80
che esemplifica il nuovo processo redazionale: per spiegarlo viene rivisitata
una storia radicata e condivisa nell‟immaginario collettivo, ovvero la favola dei tre
porcellini e il lupo.
Nel filmato di due minuti viene interpretata come un fatto di cronaca investigativa nella
quale il lupo cattivo, che con un soffio ha tentato di buttare giù le case dei tre porcellini,
viene catturato e bollito dai tre per difendersi. Ma grazie all‟interazione e al
coinvolgimento dei cittadini, in particolare attraverso i social network (Twitter), la
narrazione della storia si evolve e assume nuovi contorni portando alla luce la verità: il
lupo è innocente e i tre porcellini si sono inventati tutto per truffare l‟assicurazione e
salvarsi dai debiti con le banche.
Un messaggio, quello trasmesso dal video, che mette in luce l‟innovazione e le
potenzialità del nuovo giornalismo: creare una nuova cultura dell‟informazione nella
quale addetti ai lavori (i giornalisti di professione) e cittadini collaborino insieme alla
lettura e alla scrittura di ciò che accade nella società. Ognuno ha il suo ruolo, le sue
conoscenze ed i suoi limiti nell‟interesse del bene comune, di una società migliore, di
un giornalismo meno autoreferenziale e più trasparente.
I due fotogrammi finali, prima dei titoli di coda, sono emblematici del nuovo compito
che si richiede al giornalista: in sovraimpressione appare la scritta “The whole picture”
e nello sfondo il susseguirsi di due immagini.
Nella prima sono rappresentate quattro persone che attraverso mezzi differenti mezzi
(un tablet, il giornale cartaceo, un cellulare, un notebook) leggono la notizia. Nella
seconda invece un mosaico ricostruisce le dinamiche che hanno portato a far venire a
galla la verità. “Get the whole picture”, ovvero riuscire ad ottenere il quadro completo,
mettere assieme i frammenti di storie, gli innumerevoli tasselli che provengono da una
realtà che con i nuovi media si è allargata notevolmente, per poi avere chiaro il disegno
80 http://www.guardian.co.uk/media/video/2012/feb/29/open-journalism-three-little-pigs-advert
60
d‟insieme. E soprattutto avere l‟umiltà, come afferma il direttore del Guardian Alan
Rusbridger81
, di non credere che “i giornalisti non sono gli unici esperti nel mondo”, un
messaggio totalmente opposto a quello classico del giornalismo italiano dove nel corso
del tempo sono state le élite a muovere l‟informazione.
Tornando al primo dei due fotogrammi analizzati è possibile intraprendere il discorso
riguardante i mezzi e dispositivi materiali con i quali oggi e in futuro sarà possibile
accedere all‟informazione. Il dibattito a proposito ai giorni nostri è tra i più accesi e può
essere suddiviso tra coloro che sostengono la morte definitiva dei quotidiani cartacei, e
chi invece è convinto che l‟arrivo dei new media e di Internet non sostituiranno la
stampa bensì saranno complementari a quest‟ultima. In sintesi questa seconda ipotesi è
racchiusa all‟interno del fotogramma di cui parliamo dove vengono rappresentati in un
riquadro un giornale cartaceo, un tablet, un notebook, un telefono cellulare. Il Guardian
oltre a puntare sull‟open journalism (anche sul data journalism ovvero un giornalismo
che si basa sull‟analisi degli open data), è orientato alla convergenza di più mezzi
comunicativi: audio,video e comunicazione online sul sito internet, approfondimenti sul
quotidiano stampato dal lunedì al sabato (domenica viene sostituito dal settimanale The
Observer, del medesimo editore). Tuttavia a parte il modello perseguito dal famoso
quotidiano britannico, uno dei temi aperti è quello della sostenibilità economica della
nuova informazione che, nell‟era di Internet, non tutti sono disposti a pagare. Al
contrario si va facendo strada l‟idea che l‟informazione debba essere gratuita.
81 http://www.guardian.co.uk/media/video/2012/feb/29/alan-rusbridger-open-journalism-guardian-
video?INTCMP=ILCNETTXT3486
61
4. Open Source e intelligenza collettiva: il caso wikipedia
Internet ha già dimostrato come sia possibile mettere assieme conoscenze che prima
erano slegate tra loro come isole in mezzo all'oceano: prima del web si faceva una
grande fatica per passare da un'isola all'altra, a parte la possibilità di viaggiare la
conoscenza per grandi linee era circoscritta ai confini di queste isole. Oggi internet è il
nostro traghetto virtuale che ci permette di approdare in lidi diversi e da ognuno di
questi di cogliere le informazioni che ci servono. Un esempio su tutti è la
programmazione informatica in ambito Open Source.
Pensiamo al saggio scritto dall'informatico statunitense Eric Steven Raymond nel 1998,
La cattedrale e il bazar, da molti considerato il manifesto del movimento open source.
L'argomento trattato riguarda in generale i meccanismi di sviluppo del software libero.
Viene descritto un nuovo modello di sviluppo, attraverso il quale per verificare le
proprie ipotesi, Raymond decide di utilizzare lo sviluppo collaborativo con altri utenti.
Secondo l'autore esisterebbero due modelli di sviluppo: uno chiamato modello "a
Cattedrale", mentre l'altro cosiddetto "a Bazar".
Nel primo caso i software vengono studiati e realizzati da un numero ristretto di esperti
che lavorano in quasi totale "isolamento", le fasi del progetto sono portate avanti tramite
una precisa suddivisione del lavoro come in una catena di montaggio nella quale
ognuno è addetto ad un compito e di conseguenza conoscerà una parte di "codice".
Viene utilizzato per la maggiore dalle imprese commerciali e esempi famosi di questo
approccio possono essere considerati la Microsoft e la Apple.
Viceversa nel "bazar" l'intero codice sorgente è disponibile liberamente, gli utenti
possono interagire con gli sviluppatori e se ne hanno le capacità possono modificare e
integrare il codice. Lo sviluppo è decentralizzato e non esiste una netta suddivisione dei
compiti. In questo modo un programmatore di buona volontà può modificare e integrare
qualsiasi parte del codice. In sostanza lo sviluppo è molto più libero. Si è in
associazione piuttosto che in organizzazione. Questo modello è stato seguito per la
realizzazione del Kernel Linux.
62
Elemento ordinante del Bazar, secondo Raymond, è un aforisma che lui stesso definisce
Legge di Linus (elaborata dall'informatico finlandese Linus Torvalds):
"Dato un numero sufficiente di occhi, tutti i bug (ovvero gli errori nda) vengono a galla".
Dunque se a lavorare su un programma sono più persone, se questo si apre ad un alto
numero di utenti che lo controllano e collaborano tra loro, il risultato sarà sicuramente
migliore perchè si realizzerà “l'intelligenza collettiva”. In concreto? da quello che alcuni
potrebbero definire come disordine da bazar è nato ad esempio il sistema operativo
Ubuntu (totalmente gratuito e competitivo in quanto a prestazioni in confronto a
Windows), oppure OpenOffice il pacchetto di programmi di videoscrittura che al giorno
d'oggi è presente in numerosi computer in concorrenza con Office di Microsoft.
Applicando una concezione di questo tipo in altri campi si è arrivati ad importanti
innovazioni. Lo abbiamo visto nel giornalismo, che sta andando verso forme sempre più
collaborative tra addetti ai lavori e lettori, così come nel settore delle analisi statistiche
tramite gli Open Data cioè il rilascio da parte delle pubbliche amministrazioni delle
banche dati in loro possesso e che per legge sono di pubblico interesse. Lo stesso
discorso vale per la sfera politica: ad esempio il programma politico del 2009 del
movimento Cinque Stelle, fondato da Beppe Grillo, è stato stilato e modificato in Rete
da migliaia di utenti82
. In diverse realtà locali invece, sulla scia di esperienze europee
già consolidate (la più famosa è la piattaforma inglese “fix my street”) stanno
prendendo piede forme di collaborazione e comunicazione tra amministrazione e
cittadini, così come casi di progettazione partecipata online. In Italia il comune di
Venezia dal 2008 ha lanciato “Amministrare 2.0”, un tentativo di applicare le
potenzialità del web 2.0 alla Pubblica Amministrazione con l‟obbiettivo di far diventare
quest‟ultima una rete sociale composta da partecipazione attiva e interattività dei
cittadini. Tra le novità di maggiore interesse c‟è Fixami, una piattaforma aperta con la
quale è possibile segnalare online la necessità di interventi per manutenzioni; VoIp e
chat per mettere in comunicazione i liberi professionisti con i tecnici dello Sportello
Unico, un altro software per visualizzare le entrate e le uscite del bilancio comunale in
modo da garantire trasparenza.
82 http://www.beppegrillo.it/2009/10/il_programma_de/index.html
63
Ultimamente anche a Cagliari si sono sviluppate esperienze simili, anche se non
avvallate dall‟amministrazione comunale o da altre istituzioni locali. All‟indomani delle
elezioni comunali che hanno portato alla vittoria il centrosinistra di Massimo Zedda, è
nato “l‟ideario per Cagliari”, una piattaforma online che punta a raccogliere le idee dei
cittadini per il futuro sviluppo della città, creata grazie a http://ideascale.com/, un
portale che offre in modo assolutamente gratuito un database altamente personalizzabile
dai fruitori. Ideascale è utilizzato tra gli altri anche dal Governo degli Stati Uniti
(http://opengov.ideascale.com/). Chiunque può accedere tramite una registrazione
direttamente al sito oppure mediante il proprio account dai più noti social network
(Facebook, Twitter) oppure dalla propria mail di Google.
Dopo di che può inviare “una nuova idea” e categorizzarla tra i temi presenti. Agli
utenti è inoltre permesso esprimere la propria preferenza su ogni idea posta da altri
tramite un sistema di feedback: “Sono d‟accordo” oppure “Non sono d‟accordo”. È
possibile segnalare abusi ma anche la copiatura di determinate idee.
I temi più sentiti e nei quali i cittadini partecipano più attivamente salgono una scala
gerarchica di importanza costituita da “ranghi”. Spetterà poi agli amministratori fare
sintesi tra le tante opinioni emerse.
In questa comunità puoi scrivere idee, votare idee esistenti, oppure aggiungere commenti. Nota
importante: l‟ideario per cagliari è un‟iniziativa dal basso, nata per creare partecipazione sulla
nostra città dopo l‟elezione del nuovo sindaco, Massimo Zedda.
Nella homepage del sito viene sottolineato come l‟iniziativa nasca dal “basso”, cioè da
comuni cittadini che hanno deciso di mettere a disposizione uno strumento per il
miglioramento della vita nella propria comunità, ovvero la città.
Lo stesso spirito si può ritrovare su Wikipedia, probabilmente il pioniere di un tentativo
di concepire il web come aiuto per la crescita della società. L‟enciclopedia online più
diffusa sembra concretizzare la teorizzazione dell‟intelligenza collettiva del filosofo
francese Pierre Lèvy, messa nero su bianco nel 199483
:
83 Pierre Lèvy 1994, L‟intelligenza collettiva, per un‟antropologia del cyberspazio, Ed. Feltrinelli, Milano, pag. 34
64
Che cos‟è l‟intelligenza collettiva? È un‟intelligenza distribuita ovunque, continuamente
valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle competenze.
Aggiungiamo alla nostra definizione questa precisazione indispensabile: il fondamento e il fine
dell‟intelligenza collettiva sono il riconoscimento e l‟arricchimento reciproco delle persone e
non il culto di comunità feticizzate o ipostatizzate.
Una intelligenza distribuita ovunque: questo è il nostro assioma di partenza. Nessuno sa tutto,
ognuno sa qualcosa, la totalità del sapere risiede nell‟umanità. Non esiste alcuna riserva di
conoscenza trascendente e il sapere non è niente di diverso da quello che sa la gente. La luce
dello spirito brilla anche lì dove si vuol fare credere che non ci sia intelligenza: “insuccesso
scolastico”, “semplice esecuzione”, “sottosviluppo” ecc. Il giudizio globale di ignoranza si
ritorce contro colui che se ne fa portatore. Se foste indotti a pensare che qualcuno è ignorante,
individuate in quale contesto ciò che egli sa può diventare prezioso.
Un‟intelligenza continuamente valorizzata. L‟intelligenza è distribuita ovunque, è un dato di
fatto. Ma è necessario passare dalla constatazione al progetto. Infatti questa intelligenza è
troppo spesso disprezzata, ignorata, inutilizzata, umiliata, non viene correttamente valorizzata.
Mentre ci si preoccupa sempre più di evitare lo sperpero economico ed ecologico, pare si
sprechi allegramente la risorsa più preziosa rifiutandosi di prenderla in considerazione, di
svilupparla e impiegarla ovunque essa sia. […]
Il coordinamento in tempo reale delle intelligenze implica dispositivi di comunicazione che, al di
là di una certa soglia quantitativa, dipendono obbligatoriamente dalle tecnologie digitali
dell‟informazione. I nuovi sistemi di comunicazione dovrebbero offrire ai membri di una
comunità i mezzi per coordinare le loro interazioni nello stesso universo virtuale di conoscenza.
[…] Avvenimenti, decisioni, azioni e persone sarebbero situati sulle carte dinamiche di un
contesto condiviso, e trasformerebbero continuamente l‟universo virtuale all‟interno del quale
acquistano senso.
Giungere a una mobilitazione effettiva delle competenze. Se si vogliono mobilitare le competenze
è necessario almeno identificarle. E per reperirle, bisogna riconoscerle in tutta la loro diversità.
Oggi i saperi ufficialmente riconosciuti rappresentano solo una minima parte di quelli reali. Il
problema del riconoscimento è fondamentale, poiché ha come fine non solo una migliore
gestione delle competenze nelle imprese e nelle collettività in genere, ma implica anche una
dimensione etico-politica. Nell‟era della conoscenza, non riconoscere l‟altro nella sua
intelligenza, significa negargli la sua reale identità sociale, alimentare il suo risentimento e la
sua ostilità, contribuire ad aumentare l‟umiliazione, la frustrazione dalle quali trae origine la
violenza. Al contrario quando si valorizza l‟altro in base al ventaglio diversificato dei suoi
saperi, gli si permette di identificarsi in modo nuovo e positivo, si contribuisce a motivarlo, a
sviluppare in lui, in contraccambio, sentimenti di riconoscenza che facilitano, di conseguenza, il
65
coinvolgimento soggettivo di altre persone in progetti collettivi... […] L‟intelligenza collettiva,
ricordiamolo, è un‟intelligenza distribuita in ogni luogo, permanentemente valorizzata,
coordinata e mobilitata in tempo reale.
La nascita nel 2001 di Wikipedia (termine formato dall‟hawaiano wiki cioè veloce e dal
suffisso greco pedia ovvero “formazione”) può essere interpretata attraverso il
significato delle parole di Pierre Lèvy. Si tratta infatti di un‟enciclopedia accessibile sul
web, gratuita e collaborativa. Contrariamente a quanto avviene per le enciclopedie
tradizionali non viene redatta da esperti, ma viene elaborata da una moltitudine di
volontari, che utilizzano un software chiamato wiki per scrivere gli articoli a più mani
pur trovandosi lontani gli uni dagli altri. Questo sistema di formulazione dei contenuti
risponde a due regole: la prima è che non esistono filtri sugli autori. Chiunque, in
qualsiasi momento, può registrarsi, correggere gli articoli esistenti o scriverne nuovi. La
seconda regola permette di modificare i contenuti senza filtri. Una volta che un autore
ha finito di scrivere e salva, il suo lavoro risulta istantaneamente disponibile sul portale.
Wikipedia è un cantiere perennemente aperto, in divenire: viene aggiorna e arricchita in
continuazione e finchè questo accadrà non sarà mai finita. Tuttavia è possibile, anzi
succede spesso, che i singoli autori commettano errori o anche atti “vandalici”; ma
vengono scoperti e riparati da altri autori in modifiche successive. L‟architettura
informativa così aperta di Wikipedia la rende vulnerabile agli errori, ma ne aumenta
anche la capacità di autoriparazione.
Diversi studi hanno confrontato l‟accuratezza e l‟affidabilità di Wikipedia con quella di
enciclopedie redatte in modo tradizionale – dall‟enciclopedia Britannica a Encarta di
Microsoft84
: tutti hanno riscontrato che gli articoli dell‟una non sono, in media, meno
accurati di quelli delle altre. Semmai, tendono ad essere più completi e aggiornati.
Diversi ricercatori hanno provato a introdurre deliberatamente informazioni false negli
articoli di Wikipedia, scoprendo che la maggior parte viene scoperta e corretta dagli
autori in tempi piuttosto brevi, che variano da pochi minuti a qualche giorno. La causa
vera della capacità di autoriparazione di Wikipedia è che un numero sufficientemente
grande di persone la ama abbastanza da impegnarsi personalmente per la sua integrità.
84 Alberto Cottica 2010, Wikicrazia l‟azione di governo al tempo della rete: capirla, progettarla, viverla da protagonista, Ed. Navarra
Editore, Palermo, pag. 45
66
Clay Shirky, in un articolo scritto sul Guardian in occasione del decimo anniversario di
Wikipedia, afferma: “Grazie all‟impegno collettivo di milioni di persone, basta un clic
per scoprire la definizione di infarto miocardico, la causa della guerra nella striscia di
Agacher o chi era Spangles Muldoon. È un miracolo non programmato, proprio come il
meccanismo in base al quale il mercato decide quanto pane arriva nei negozi.
Wikipedia, però, è più anomala del mercato: il materiale non solo è fornito
gratuitamente, ma è anche reso disponibile gratuitamente. Perfino i server e gli
amministratori di sistema sono pagati grazie alle donazioni. Non era affatto ovvio,
all‟inizio, che avrebbe avuto tutto questo successo”.
Dieci anni fa, Jimmy Wales e Larry Sanger crearono Nupedia, un‟enciclopedia online
con un processo di pubblicazione suddiviso in sette tappe. Dopo un anno di lavoro –
afferma Shirky - non era stato pubblicato neanche un articolo. “Così, il 15 gennaio di
dieci anni fa, Wales e Sanger decisero di snellire il processo, provando a usare un wiki.
Sanger mandò un‟email ai collaboratori di Nupedia spiegando la novità e concludendo:
„Fatemi questo piacere. Andate sul sito e aggiungete un articoletto. Vi ci vorranno
cinque, dieci minuti‟.
Il wiki è un social media allo stato puro. Inventato nel 1995 da Ward Cunningham, alla
base ha un‟unica funzione: quella di modificare. Non è necessaria un‟autorizzazione per
aggiungere, cambiare o cancellare qualcosa, e tanto meno per pubblicare.
“La cosa ancora più significativa, però, è che alla base del wiki c‟è un‟unica condizione
sociale: „ci tengo‟. Chi interviene su una pagina lo fa perché ci tiene. Affidare la
responsabilità dei contenuti a chi ci teneva, anziché a esperti e luminari era un‟idea
davvero radicale. Ma i collaboratori decisero di far andare le cose diversamente. La
possibilità di creare un articolo in cinque minuti e di migliorare quelli esistenti ancora
più rapidamente ebbe un effetto contagioso. Dopo qualche giorno gli articoli sul nuovo
wiki erano più numerosi di quelli di Nupedia. Il wiki era così ben fatto, e così diverso da
Nupedia, che fu ben presto trasferito su un sito a parte. Era nata Wikipedia. Qualche
mese dopo Nupedia fu chiusa, mentre Sanger si ritirò da Wikipedia nel 2002”.
In dieci anni è migliorata perché qualcuno ha deciso di migliorarla: a volte creando un
nuovo articolo, spesso modificando quelli già esistenti, ogni tanto difendendola da
interventi vandalici, e dimostrando sempre di tenerci. La maggior parte degli utenti ci
67
tiene un po‟ e modifica un solo articolo. Un gruppo ristretto cioè gli amministratori,
invece, ci tiene tanto, e negli anni ha fatto centinaia di migliaia di modifiche in migliaia
di articoli.
“Immaginate – conclude - un muro su cui fare dei graffiti sia più difficile che
cancellarli: la quantità di graffiti su quel muro dipenderà dall‟impegno dei suoi
difensori. Lo stesso vale per Wikipedia. Se tutti i suoi utenti più entusiasti smettessero
di tenerci, Wikipedia sparirebbe nel giro di una settimana, travolta da vandali e spam.
Se in questo momento avete accesso a Wikipedia, vuol dire che anche oggi i buoni
hanno vinto.
“Ma Wikipedia non è un‟attività legata solo agli articoli. Dalle modifiche individuali
alla cultura dell‟insieme, è un bene pubblico creato dal pubblico: per questo spetta alle
persone che ci tengono affrontare anche questi problemi. Finché uno dei valori
fondamentali di questa cultura sarà be bold, sii audace, Wikipedia rimarrà uno dei più
grandi atti collettivi di generosità della storia”.85
85 http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/jan/14/wikipedia-unplanned-miracle-10-years traduzione su rivista
Internazionale, numero 881, 21 gennaio 2011
69
5. Ricerca
Al fine di studiare eventuali cambiamenti riguardo il modo di informarsi delle nuove
generazioni rispetto alle precedenti e per considerare i risultati in relazione all‟ultimo
rapporto del Censis che certifica una diversificazione e frammentazione nella fruizione
delle notizie, si è scelto di proporre un questionario agli studenti che frequentano
l‟Università degli Studi di Cagliari. Il questionario, composto da trentuno domande, è
stato sottoposto tramite intervista face to face a cento studenti scelti in quattro diversi
poli dell‟ateneo cagliaritano: il polo giuridico-economico di viale Fra‟ Ignazio
comprendente le facoltà di Scienze Politiche, Economia e Giurisprudenza; il polo
scientifico nelle facoltà di Medicina e Farmacia (cittadella di Monserrato); il polo di Sa
Duchessa alla facoltà di Lettere; infine quello di Ingegneria e Architettura. Al fine di
evitare uno squilibrio a favore di un determinato polo universitario, si è cercato, per
quanto possibile, di omogeneizzare le interviste: sono stati interpellati 25 studenti del
polo giuridico, 35 di Ingegneria-Architettura, 21 del polo di Monserrato, 19 della facoltà
di Lettere.
Lo stesso ragionamento è stato fatto per quanto riguarda il genere degli intervistati: in
totale nelle diverse facoltà hanno risposto 54 femmine e 46 maschi.
Al contrario per quanto riguarda l‟età non è stata fatta una scelta a priori degli
intervistati, in considerazione del fatto che l‟età degli studenti universitari risulta
mediamente circoscritta, eccetto casi estremi. Nella successiva suddivisione degli
intervistati nelle varie classi di età è risultato che il 49% è compreso tra i ventiquattro ed
i trentuno anni, un 15% tra i ventisette ed i ventinove, un altro 15% tra i ventidue e
ventitre, l‟8% ha dai diciotto ai venti anni, il 7% ne ha oltre ventinove, infine il 6% ne
ha ventuno. Le interviste sono state condotte dal lunedì al venerdì per un mese e mezzo,
tra novembre e dicembre, precisamente dal 1 novembre 2011 al 20 dicembre dello
stesso anno.
Sostanzialmente i quesiti sono stati orientati lungo due direttrici tematiche, una
riguardante l‟atteggiamento nei confronti della politica e la partecipazione attiva, l‟altra
invece si è focalizzata sul grado di informazione per capire se e in quale modo oggi si
informano gli studenti universitari (carta stampata, televisione, radio, internet, social
network). La scelta del target di intervistati non è casuale e ricade su uno scopo preciso,
70
ovvero quello di indagare il futuro dell‟informazione sulla base delle giovani
generazioni in un momento dinamico per i mezzi di comunicazione.
Entrando nel merito del questionario, è stato diviso in diverse sezioni: la prima dedicata
alla rilevazione delle caratteristiche socio-demografiche degli intervistati (domande
riguardanti facoltà frequentata, età, comune di nascita e residenza), la seconda intitolata
“Partecipazione ed esperienza politica”, la terza riguardante il consumo
dell‟informazione.
Tracciando un breve quadro socio demografico degli intervistati la maggior parte di loro
è risultata essere nata a Cagliari (90%) e residente nel capoluogo (70%). Il 3% risulta
essere nata e residente a Iglesias, il 2% è di origini sassaresi. Il 6% risiede a Quartu
Sant‟Elena, il 5% a Selargius, 4% a Capoterra. I restanti risiedono ad Assemini,
Carbonia, Decimoputzu, Elmas, Nuraminis, Olbia, Quartucciu, Samatzai, San Sperate,
Sarroch, Sinnai, Tuili. Inoltre il 91% ha dichiarato di aver sempre vissuto in Sardegna.
Politica e partecipazione
In linea generale per ciò che riguarda il campo della politica emerge un dato
inconfutabile: gli universitari si considerano informati e al corrente di quanto avviene
sulla scena politica ma di norma in modo passivo, ovvero non prendono parte
direttamente, non partecipano. Una minoranza invece si considera impegnata. Dunque
politica e partecipazione giovanile viaggiano su binari paralleli, non si incontrano.
Tabella 4. Atteggiamento nei confronti della politica (val. %)
%
Mi tengo al corrente della politica, ma di norma senza parteciparvi personalmente 76
La politica mi disgusta 3
Mi considero politicamente impegnato 16
Penso che bisogna lasciare la politica a persone che hanno più competenza di me 4
Non so 1
Totale 100,0
Fonte: ns elaborazione su indagine
L‟evidenza si ha riflettendo su un quesito specifico riguardante gli strumenti della
partecipazione politica attiva, ossia il tempo dedicato al lavoro in un partito o
71
movimento, la partecipazione ad un corteo di partito oppure a uno sciopero, l‟aver
firmato per un referendum/iniziativa legislativa popolare. A colpo d‟occhio emergono
valori estremi che potrebbero essere particolarmente significativi. Ad esempio per
quanto riguarda il “tempo e lavoro dedicato ad un partito o movimento” il 44% degli
intervistati dice di non aver mai speso il proprio tempo in questo modo, segno che il
prendere parte alla politica non rientra affatto nelle loro vite. Il 39% dice di non averlo
fatto nell‟ultimo anno: ciò vuol dire che in passato sono stati politicamente coinvolti.
Questo elemento potrebbe essere letto sotto forma di un segno di disaffezione,
considerando anche l‟attuale scenario di difficoltà dei partiti italiani, lontani anni luce
dai partiti di massa di vent‟anni fa.
Il secondo quesito invece riguarda specifiche occasioni che non necessariamente
implicano un impegno costante nella politica: il 53% dice di non aver partecipato ad un
corteo nell‟ultimo anno, il 10% non l‟ha mai fatto e il 35% è la somma di chi l‟ha fatto
almeno una volta nell‟ultimo anno. Per quanto riguarda una forma di partecipazione
differente, cioè l‟aver assistito ad un “dibattito politico in tv” c‟è da dire che questo è
elevato in quanto l‟81% degli intervistati risponde positivamente. La tendenza di questo
dato è la stessa della rilevazione della tab.4 dalla quale emerge che il 76% degli studenti
afferma di “tenersi al corrente della politica”.
Tabella 5– Frequenza con la quale l’intervistato svolge attività politica (val. %)
Ded
icato
tem
po
e
lavo
ro p
er u
n
pa
rtit
o/m
ovi
men
to
Pa
rtec
ipato
ad
un
cort
eo
Ass
isti
to a
d u
n
dib
att
ito
po
liti
co i
n
tv
Fir
mato
per
un
refe
rendu
m o
un
‟iniz
iati
va
popo
lare
Pa
rtec
ipato
ad
un
a
ma
nif
esta
zion
e d
i
pa
rtit
o/c
oa
lizi
one
Mai 44,0 10,0 4,0 3,0 48,0
Non nell‟ultimo anno 39,0 53,0 9,0 16,0 31,0
Non so / Non risp. 2,0 2,0 1,0 2,0 4,0
Più di una volta nell‟ultimo anno 11,0 13,0 81,0 40,0 6,0
Una volta nell‟ultimo anno 4,0 22,0 5,0 39,0 11,0
Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: ns elaborazione su indagine
Gli intervistati non partecipano attivamente alla politica, ma utilizzano gli strumenti
istituzionali di cosiddetta “democrazia diretta”: ben il 79% nell‟ultimo anno almeno una
72
volta ha firmato per referendum o iniziative legislative popolari (il 40% più di una volta,
il 39% almeno una volta). Il 16% dice di averlo fatto nella sua vita anche se non nel
corso dell‟ultimo anno. Questo dato tuttavia va rapportato all‟attualità contingente,
infatti non bisogna dimenticare che l‟anno appena trascorso è stato caratterizzato da
diversi eventi referendari (a giugno ci sono stati quelli per acqua pubblica, “nucleare” a
livello sia regionale che nazionale, legittimo impedimento nei quali si è registrata
un‟affluenza di votanti di circa il 54,8%).
Infine nell‟ultimo quesito viene presa in considerazione la partecipazione a
manifestazioni di partito: il 48% afferma di non aver mai preso parte (mentre chi non ha
mai partecipato ad un corteo come abbiamo visto è il 10%), il 31% l‟ha fatto ma non
nell‟ultimo anno. La percentuale di coloro che nell‟ultimo anno ha partecipato (11%) è
la metà di coloro che hanno preso parte ad un corteo (22%).
Si può dunque dedurre che la partecipazione politica si mantiene a livelli contenuti,
ancora di più se si considera il grado di partigianeria: risulta più difficile che gli studenti
partecipino a cortei e manifestazioni apertamente schierati verso una parte politica.
Questo anche alla luce del dato relativo al voto referendario.
Contrariamente alla partecipazione, il discorso sulla politica fa parte dei dialoghi degli
studenti: la maggior parte, ovvero il 55%, dichiara di trattare a livello colloquiale
argomenti politici quotidianamente, mentre il 37% li affronta almeno una volta alla
settimana. Complessivamente, sommando ambedue le risposte si ottiene una
percentuale del 92%.
Tabella 23 – Parlare di politica (val.%)
%
Mai 3
Qualche volta al mese 4
Qualche volta all‟anno 1
Qualche volta alla settimana 37
Tutti i giorni 55
Totale 100,0
Fonte: ns elaborazione su indagine
73
La lettura di notizie a contenuto politico su quotidiani e periodici conferma quanto gli
intervistati siano (o meglio si ritengano) informati: il 45% dichiara che quasi sempre
legge notizie di genere politico, inoltre il 48% dichiara di farlo abbastanza spesso. Il
numero totale è molto elevato 93%. Così come lo è quello relativo a news apprese
tramite Internet dove le cifre sulla lettura sono molto simili: il 47% quasi sempre, il
48% abbastanza spesso. (Tab 17-18). Un‟altra conferma arriva dall‟ascolto dei dibattiti
politici alla radio (la domanda è Con quale frequenze ascolti il giornale radio o segui
dibattiti politici alla radio?): il 24% 3-4 volte durante la settimana, il 23% tutti i giorni,
un altro 24% meno di una volta alla settimana.
Tabella 34 – Lettura settimanale d’opinione (val.%)
%
Due-tre volte al mese 33
Mai o quasi mai 32
Tutte le settimane 25
Una volta al mese 10
Totale 100
Fonte: ns elaborazione su indagine
Tabella 35 – Generi di notizia letti (val.%)
PO
LIT
ICA
CR
ON
AC
A
INF
O.
LO
CA
LI
SP
OR
T
CU
LT
UR
A
SP
ET
TA
CO
L
O E
TV
EC
ON
OM
IA
E F
INA
NZ
A
SC
IEN
ZA
CR
ON
AC
A
RO
SA
Abbastanza spesso 48 50 41 34 54 44 17 36 9
Di rado 4 9 26 19 28 37 49 54 47
Mai 3 3 4 19 5 14 24 7 40
Non sa / non risponde 0 0 0 0 0 0 1 0 0
Quasi sempre 45 38 29 28 13 5 9 3 4
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100
Fonte: ns elaborazione su indagine
L‟81% degli intervistati dice di riconoscersi all‟interno di una scala di valori che va
dall‟estrema sinistra all‟estrema destra, mentre solo l‟11% afferma il contrario (l‟8%
74
preferisce non rispondere). Il profilo degli studenti, che hanno dichiarato di riconoscersi
tra i valori della destra e della sinistra, risulta così composto: il 6,2% appartiene
all‟estrema sinistra, il 58% è vicino al centrosinistra, l‟8,6% si dichiara al centro, il
27,2% al centrodestra. Più in dettaglio alle ultime elezioni (intendendo l‟ultima volta
che ci si è recati alle urne) il 46% ha votato per il Partito Democratico, il 22% per il
Popolo delle Libertà, il 15% ha votato scheda bianca oppure non ha votato, il 6%
Sinistra Ecologia e Libertà, mentre i restanti si suddividono tra Italia dei Valori, Unione
di Centro, Radicali e La Destra di Storace (tutti assieme arrivano al 7%). Il restante 4%
afferma di non saper rispondere alla domanda.
Giornali e settimanali cartacei
Secondo le ultime indagini dell‟Istat86
in Italia nel 2011 ogni settimana le persone che
hanno letto un quotidiano almeno cinque giorni sono state il 39%. In Sardegna la
percentuale è più alta e arriva al 52,8%. Coloro che invece hanno letto un quotidiano
almeno una volta alla settimana sono stati in Italia il 54%, in Sardegna il 68,4%.
Tra gli studenti dell‟ateneo cagliaritano intervistati il 46% “tutti i giorni o quasi” legge
un quotidiano sia nazionale che locale (la percentuale è identica), il 40% dice di
leggerne uno nazionale da “2 a 5 volte durante la settimana” (37% chi legge solo quello
locale), il 7% una volta in sette giorni, un altro 7% non legge mai, o quasi. (Tab.7)
Confrontando queste due fotografie emerge che gli universitari del capoluogo sardo
leggono il giornale cartaceo con meno frequenza rispetto al resto della Sardegna.
Tra tutti i quotidiani più letti (assieme nazionali e locali) oltre Repubblica (41%) ed Il
Corriere della Sera (27,3%) ci sono Il Fatto Quotidiano (11,5%) ed il quotidiano più
diffuso in Sardegna, cioè L‟Unione Sarda (8,4%). L‟orientamento politico dei primi tre
quotidiani maggiormente letti rispecchia il profilo politico degli intervistati che, come
abbiamo visto sono in maggioranza vicini al centrosinistra: La Repubblica è un giornale
che fin dalla sua nascita si colloca nelle idee della sinistra italiana, mentre il Corriere
della Sera recentemente(soprattutto nell‟ultimo anno) ha assunto posizioni più vicine al
86 Istat, Annuario statistico italiano, 2011 (Indagine multiscopo sulle famiglie “aspetti della vita quotidiana”). Interviste fatte su 100
persone “dalle stesse caratteristiche”.
75
centrosinistra piuttosto che al centrodestra. Il Fatto Quotidiano per sua stessa natura si
pone come un giornale più d‟inchiesta e “giustizialista” rispetto agli altri. (Tab. 8)
Tra i quotidiani locali sardi (Tab. 9) il più letto è L‟Unione Sarda (64%) che, va
ricordato, per la maggior parte vende copie nel sud Sardegna e tratta maggiormente temi
riguardanti quest‟area, soprattutto cronaca di Cagliari. Considerando che le interviste
sono state effettuate tra gli studenti dell‟Università di Cagliari si spiega anche il
bassissimo grado di lettura de La Nuova Sardegna (6%), quotidiano che dedica
maggiore copertura ai territori del centro e nord dell‟isola (si pensi al fatto che
mediamente alla copertura della cronaca cittadina il quotidiano del gruppo Espresso
dedica una o due pagine contro le sei dell‟Unione Sarda).
Grafico 2: quotidiani locali letti con maggiore frequenza
Per certi aspetti risulta inaspettato il risultato riguardante il quotidiano free press Metro
(19%), pubblicato dal lunedì al venerdì e distribuito gratuitamente in diversi punti della
città. Presente presso stazioni e bar è un quotidiano di facile e veloce lettura destinato ad
un target giovanile (i temi maggiormente trattati sono università, giovani, ambiente-
trasporti e pochissima cronaca nera). Senza dubbio il fatto che sia gratuito (e affermato
a livello internazionale) spiega l‟alta percentuale di lettura tra i giovani. Va peggio per
gli ultimi quotidiani editi nell‟isola ovvero Sardegna 24 e Sardegna Quotidiano: il primo
letto dal 5% degli intervistati ha cessato le pubblicazioni a gennaio, fino ad allora si
presentava con una linea fortemente orientata a livello politico ma con poche notizie
locali. Il secondo letto dal 6% degli intervistati viene sia venduto in edicola (al costo di
76
80 centesimi) sia distribuito gratuitamente: probabilmente il nome simile a Sardegna 24
e la stessa data di uscita (tra giugno e luglio) ha confuso i lettori.
Rimanendo nell‟ambito della carta stampata ma concentrandosi sulla lettura di
settimanali d‟opinione (Tab. 16), quali ad esempio Panorama e L‟espresso, si nota come
il grado di lettura rimanga elevato anche in rapporto ai quotidiani. Il 33% dichiara di
leggere un settimanale due/tre volte al mese, il 25% tutte le settimane, il 10% una volta
al mese, mentre il 32% mai o quasi mai. Nonostante un terzo dica di non leggere
settimanali, sommando il numero di coloro che li legge 2/3 volte al mese con quello di
coloro che è lettore abituale si arriva al 58%, cioè il numero di chi lo fa “quasi sempre”.
Tv, radio, Internet
La televisione si conferma tra i media più utilizzati: è seguita dal 30% degli intervistati
dalle due alle cinque volte a settimana, dal 61% tutti i giorni o quasi. Dunque la quasi
totalità degli intervistati (91%) la guarda assiduamente (Tab. 10). Per quanto riguarda i
telegiornali seguiti con maggiore frequenza le percentuali più elevate si registrano per
l‟edizione nazionale del TG3 (31%) e per quella di LA7 (29%) diretta da Enrico
Mentana. A seguire il Tg di Canale 5 (18%), il telegiornale di Sky (10%), infine Tg2
(3%), Videolina (3%), Studio Aperto(2%), Tg1(2%), Tg3 regionale(1%). (Tab.24).
Inoltre la Tv ha avuto una notevole influenza nella formazione delle scelte di voto degli
intervistati: il 59% ritiene che influisca “abbastanza” sull‟orientamento dell‟opinione
politica.
Se la televisione dopo decenni si è radicata nelle abitudini degli italiani, Internet
rappresenta il nuovo che avanza. Soprattutto per quanto riguarda la lettura di notizie
tramite i siti internet dei maggiori quotidiani e social network, seppur a diverse
dimensioni. Gli studenti si rivelano essere una generazione “sempre connessa”: infatti il
96% conferma di connettersi al web tutti i giorni. Inoltre il 91% si collega per tenersi
informato quotidianamente, mentre un altro 6% dalle due alle cinque volte durante la
settimana. Se considera il dato della tabella 7 secondo il quale il 46% legge tutti i giorni
i quotidiani, si nota una differenza enorme: quasi il doppio. Solo il 2% degli studenti
non utilizza mai internet per tenersi informato.
77
Per comprendere il grado di penetrazione delle testate giornalistiche sul web è stato
chiesto agli intervistati di indicare da una lista quale fosse il sito web delle rispettive
testate visitato più abitualmente. Così come per la lettura su carta stampata La
Repubblica si è confermata essere la testata letta online con maggiore frequenza (56%).
A sorpresa sul web il secondo posto è occupato da Il Giornale (18%) seguito dal
Corriere della Sera e dal Fatto Quotidiano (entrambi con un seguito pari al 10%).
Ma cosa viene letto online? I generi di notizie più letti sui quotidiani cartacei sono gli
stessi che ricevono più audience sulle edizioni online? Per spiegare le differenze è
d‟aiuto dare uno sguardo alle tabelle 17 e 18.
Sommando le risposte “abbastanza spesso” e “quasi sempre” è possibile stilare una
classifica dei generi più seguiti: il dato che appare importante è la pressoché identica
specularità dei generi letti, caratteristica che indica come la lettura online sia in grado di
sostituire quella tradizionale, anche in virtù dei numeri riguardanti gli studenti che
leggono i quotidiani tutti i giorni (46%) e coloro che si informano su internet (91%).
Grafico 3 - Frequenza lettura generi di notizie che si trovano online e sui quotidiani (val.%)
0 20 40 60 80 100
Politica
Cronaca
Informazione locale
Sport
Cultura
Spettacolo e Tv
Economia e Finanza
Scienza
Cronaca rosa -…
Generi di notizie più letti
Online Stampa
Fonte: ns elaborazione su indagine
Dal grafico si nota come i generi più letti siano politica, cronaca, notizie locali, sport e
cultura. Tuttavia il dato da sottolineare è quello relativo all‟informazione locale e allo
sport, unici due generi di notizie nei quali prevale la lettura della carta stampata. Questo
78
risultato è riferibile al mercato giornalistico isolano nel quale le testate online sono
poche, poco sviluppate e soprattutto non hanno un‟organizzazione tale da fornire una
copertura delle notizie equiparabile a quella dei colossi Unione Sarda e Nuova
Sardegna.
La lettura dell‟informazione online passa non soltanto attraverso l‟utilizzo di personal
computer, notebook e netbook. Parallelamente a questi dispositivi, definibili “classici”,
come confermato da diverse ricerche a livello nazionale ed internazionale, sta
prendendo piede il consumo dell‟informazione tramite dispositivi cosiddetti “mobili”,
quali ad esempio telefoni cellulari di ultima generazione (smartphone) e tablet. Gli
ultimi due quesiti presentati agli studenti avevano il preciso scopo di sondare l‟utilizzo
dei nuovi strumenti. Alla domanda “Utilizzi i dispositivi mobili come tablet e cellulari
per connetterti a Internet?” l‟84% ha risposto positivamente e tra questi il 78,6% ha
detto di utilizzare smartphone e tablet per leggere le notizie online. A proposito il dato è
tendenzialmente vicino a quello rilevato in uno studio condotto da Google a fine aprile
2011 insieme a Ipsos OTX sull‟utilizzo degli smartphone negli USA e sul
comportamento d‟acquisto degli utenti mobile87
. Qui alla domanda “Per che tipo di
attività utilizzi internet da smartphone?” l‟82% risponde “per fare ricerche e leggere
notizie”.
Social network
Capitolo a parte i social network, sempre più diffusi nella vita delle nuove generazioni.
Il 92% degli universitari interpellati afferma di utilizzarli tutti i giorni, il 5% dalle due
alle cinque volte durante la settimana, solo il 2% mai o quasi mai e l‟1% una volta alla
settimana. La maggior parte di loro (58%) si connette su Facebook e Twitter per passare
il “tempo libero” mentre solo il 3% li utilizza per lavoro o studio. Ma il dato
interessante arriva dal rimanente 39% che dichiara di utilizzare le nuove piattaforme per
tenersi informato: si affaccia dunque un nuovo fenomeno nella fruizione delle notizie,
non solo attraverso i siti e le testate online ma anche tramite le reti sociali. Non si tratta
di un dato circoscritto agli studenti cagliaritani in quanto è confortato anche da altre
ricerche. Come quella realizzata a ottobre 2011 dall‟istituto britannico Lightspeed
87 http://www.gstatic.com/ads/research/en/2011_TheMobileMovement.pdf
79
Research88
, secondo la quale Facebook nel Regno Unito sta diventando una
destinazione per l‟informazione: il 15% di tutti gli intervistati (che sale al 30% dei
giovani di 18-34 anni) durante la settimana utilizza Facebook per informarsi.
Grafico 4 – Fonte di informazione mediatica (val.%)
69
52
43
2722
30
124
83
5455
3024
8 4 3
89
4553
38
19
3 2 2
0
20
40
60
80
100
Tv Quotidiano online
Radio Stampa Freepress Facebook Twitter Altri social network
Durante la settimana da quali media ti informi?
18-34 35-54 55-64
Fonte: dati Lightspeed Research (campione di 1000 utenti, val. %)
A ottobre ”Lightspeed Research” ha intervistato online tramite il proprio sito mille
persone per capire quale fosse il loro consumo di notizie. I risultati hanno mostrato che
le fonti di notizie variano a seconda del momento della giornata: la TV domina la
mattina, mentre la radio viene ascoltata maggiormente durante gli spostamenti casa-
lavoro e viceversa. La televisione domina anche la sera soprattutto nelle case mentre
Facebook, nello stesso periodo della giornata, ormai è quasi alla pari con la radio (10%
vs 11%).
A parte questo il dato interessante è che Facebook, secondo i risultati della ricerca, sta
iniziando a diventare una fonte di notizie per chi vuole tenersi informato on-line. Al
momento i “consumatori d‟informazione” più giovani, nella fascia d‟età compresa tra i
18 ed i 34 anni, sono i più propensi a rivolgersi ai social network per le notizie(non solo
Facebook ma anche Twitter e altri con minor successo), ma non sono soli.
88 Light Speed Research 2011, Hold the Facebook page: 15% logging on to the social networking site for news,
http://www.lightspeedresearch.com/press-releases/hold-the-facebook-page-15-logging-on-to-the-social-networking-site-for-news/
80
Grafico 5 – Principale fonte di informazione (val.%)
38
29
12
59
4 3 1
53
17 16
9
1 3 1 0
53
1319
14
0 1 0 00
10
20
30
40
50
60
Tv Quotidiano online
Radio Stampa Freepress Facebook Twitter Altri social network
Qual è la tua principale fonte di informazione
18-34 35-54 55-64
Fonte: dati Lightspeed Research (campione di 1000 utenti, val. %)
La mattina il 3% sul totale degli intervistati per prima cosa legge le proprie notizie su
Facebook, la cifra sale al 9% tra i giovani (18-34 anni). Il 4% legge notizie su Facebook
durante gli spostamenti (11% dei giovani di 18-34 anni), e il 10% di tutti gli intervistati
utilizza Facebook come fonte di notizie la sera, una volta tornati a casa (tra i giovani la
percentuale sale al 23%).
La miriade di nuovi dispositivi mobili (netbook, tablet, smartphone. nda), con i quali ai giorni
nostri si può accedere alle notizie ha alterato le abitudini di consumo, con più persone che
utilizzano computer portatili, telefoni cellulari e tablet per ottenere gli aggiornamenti tempestivi
per tutta la giornata, anche in viaggio89
.
Le giovani generazioni tra i 18 e 34 anni si stanno allontanando sempre di più dai media
„tradizionali‟ come fonte primaria di notizie. Secondo i dati dello studio solo il 38%
dice di utilizzare la televisione come principale fonte d‟informazione, il 29% invece
utilizza internet. Per uno su dieci Facebook è la principale fonte di notizie. La ricerca
inoltre evidenzia anche come i diversi canali di comunicazione vengano integrati tra
loro: il 74% degli intervistati dopo aver sentito una notizia alla Tv oppure alla radio va a
online per saperne di più e approfondire.
I giovani dell‟università di Cagliari intervistati si informano su internet e social
network, tuttavia, come avviene per la loro partecipazione politica reale, non si
89 Ralph Risk, direttore marketing di Lightspeed Research Europe
81
impegnano in discussioni sul web (social network e forum). Solo il 20% dichiara di
partecipare a questo genere di attività, l‟80% no.
Genere, politica e media
Per quanto riguarda la politica il genere femminile si mostra meno propenso alla
partecipazione rispetto a quello maschile. In particolare, come mostrato dalla tabella …
l‟81,4% delle intervistate dichiara di tenersi al corrente degli avvenimenti politici ma
non partecipa. Soltanto l‟11,1% si considera politicamente impegnato. Al contrario tra
gli uomini chi afferma di essere impegnato in campo politico è il 17,3%, un numero in
aumento rispetto alla media generale (16%) ma comunque basso.
Tabella 6 -Atteggiamento verso la politica
Femmine Maschi
Mi tengo al corrente della politica, ma senza partecipare personalmente 81,4 71,7
La politica mi disgusta 0 6,5
Mi considero politicamente impegnato 11,1 17,3
Penso che bisogna lasciare la politica a persone che hanno più competenza di me 5,5 4,3
Non so 1,8 0
Totale 100 100
Fonte: ns elaborazione su indagine
Il discorso sulla politica riguarda maggiormente gli uomini, infatti quasi il 59% dice di
parlarne tutti i giorni, le donne si fermano ad una percentuale più bassa (48%), infatti tra
queste aumenta il numero di coloro che trattano l‟argomento solo qualche volta alla
settimana (42,6%).
Nella lettura dei quotidiani nazionali l‟andamento a tra uomini e donne non si discosta
di tanto, anche se in prevalenza chi li legge con maggiore frequenza sono gli uomini. La
differenza invece appare notevole nella lettura dei quotidiani locali: la forbice tra
uomini e donne nella lettura quotidiana arriva ad una distanza dell‟11,5% (52,2% contro
40,7%). Se si considerano unitamente le risposte “2-5 volte la settimana” e “tutti i giorni
o quasi” la differenza sale ancora al 17,3% (91,3% contro 74%). Da questo si deduce
che gli uomini sono più interessati all‟informazione locale rispetto alle donne.
82
Tabella 7 – Lettura quotidiani locali (val.%)
Femmina Maschio
2-5 volte la settimana 33,3% 39,1%
Mai o quasi mai 13,0% 8,7%
Tutti i giorni o quasi 40,7% 52,2%
Una volta la settimana 13,0% 0,0%
Totale 100,0 100,0
Fonte: ns elaborazione su indagine
Anche tra gli spettatori tv il primato spetta agli uomini che settimanalmente stanno più
davanti allo schermo rispetto alle donne: nonostante siano in maggioranza (63% contro
60,9%) le donne che guardano la televisione tutti i giorni, coloro che la guardano dalle 2
alle cinque volte a settimana sono rispettivamente il 32,6% degli uomini ed il 25,9%
delle donne.
I più connessi alla Rete sono ancora una volta gli uomini, seppur si parli di uno scarto
percentuale molto basso (3,8%) considerando l‟altissima percentuale di giovani(maschi
e femmine) che utilizza internet tutti i giorni ovvero il 96% degli intervistati. Dunque la
percentuale dei giovani che si informa tramite internet è altissima: il 93,5% dei maschi e
l‟87% delle femmine lo fa tutti i giorni. Percentuali simili si possono notare nell‟utilizzo
dei social network (Facebook e Twitter) frequentati in prevalenza dai maschi, con uno
scarto del 6,8% ma in generale da quasi tutti (92%). Va considerato inoltre che c‟è un
3,7% delle universitarie che afferma di non utilizzare mai i social network contro lo 0%
degli universitari. Le differenze di genere nel grado di informazione tra universitari si
notano anche passando da un mezzo all‟altro. È evidente soprattutto nel tipo di uso che
viene fatto dei social network: i ragazzi si informano maggiormente tramite Facebook e
Twitter (ben il 43,5% di loro afferma di utilizzarli per “informazione”) contro il 35,25
delle donne. Queste ultime prediligono l‟uso delle reti sociali quale momento di svago,
infatti il 62,1% dice di utilizzarli nel “tempo libero” contro il 54,3% degli uomini.
Tuttavia, seppur si tratti di percentuali molto basse, le donne che li utilizzano a fini
lavorativi sono più rispetto uomini.
83
Tabella 8 – Frequenza utilizzo social network (val.%)
Femmina Maschio
2-5 volte la settimana 5,6% 4,3%
Mai o quasi mai 3,7% 0,0%
Tutti i giorni o quasi 88,9% 95,7%
Una volta la settimana 1,9% 0,0%
Totale 100,0 100,0
Fonte: ns elaborazione su indagine
Tabella 9 – Genere di attività sui social network (val.%)
Femmina Maschio
Tempo libero 61,1% 54,3%
Informazione 35,2% 43,5%
Lavoro 3,7% 2,2%
Totale 100,0 100,0
Fonte: ns elaborazione su indagine
Come abbiamo visto in precedenza la partecipazione alle discussioni sul web (su forum,
blog, social network) è bassa, solo un quinto degli intervistati dichiara di partecipare:
ma tra questi ancora una volta ad essere in maggioranza sono gli studenti maschi. Infatti
il 28% ha risposto positivamente, le donne si fermano al 13%. Sotto il profilo delle
nuove tecnologie 84 universitari su 100 dichiarano di navigare sul Web tramite telefoni
cellulari e tablet: tra questi il 79% sono femmine mentre l‟89% maschi.
Tabella 10 – Partecipazione a discussioni sul web (val.%)
Femmina Maschio
No 87,0% 71,7%
Si 13,0% 28,3%
Totale 100,0 100,0
Fonte: ns elaborazione su indagine
Ordinamento universitario, politica e media
Per quanto riguarda l‟attenzione verso la politica, chi si tiene più al corrente (ma senza
partecipare) sono gli studenti delle facoltà di Lettere (17,2%), Ingegneria e Medicina
(entrambe al 15,2%), Scienze Politiche e Architettura (12,1%). Percentuali molto basse
invece per le facoltà di Giurisprudenza e Economia , rispettivamente al 4% e 1%. Tra
gli studenti maggiormente impegnati in politica, pur essendo le percentuali basse, il
84
primo posto va alla facoltà di Scienze Politiche (5,1%), seguita da Architettura e
Medicina (3%).
Tabella 11 - Atteggiamento nei confronti della politica (val.%)
Facoltà
Polticamente
impegnato
Mi tengo al corrente della
politica, ma non partecipare
Lascio la politica a persone
con più competenza di me
La politica mi
disgusta
Non
so
Architettura 3,0% 12,1% 0,0% 2,0% 0,0%
Ingegneria 0,0% 15,2% 3,0% 0,0% 0,0%
Scienze Politiche 5,1% 12,1% 0,0% 0,0% 0,0%
Economia 2,0% 1,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Giurisprudenza 0,0% 4,0% 0,0% 0,0% 1,0%
Lettere 1,0% 17,2% 1,0% 0,0% 0,0%
Medicina 3,0% 15,2% 1,0% 1,0% 0,0%
Totale 14,1% 76,8% 5,1% 3,0% 1,0%
Fonte: ns elaborazione su indagine
Chi affronta maggiormente discorsi riguardanti la politica tutti i giorni sono gli studenti
di Lettere (18%), seguiti da quelli di Architettura (13,1%). Sorprende che solo il 9,1%
degli studenti di Scienze Politiche affronti l‟argomento tutti i giorni, alla luce soprattutto
di quelli che sono gli indirizzi e le materie trattate nei corsi di laurea della facoltà. Infine
la facoltà di Medicina con il 7,1%.
Tabella 12 - Parlare di politica (val.%)
Facoltà Tutti i giorni Qualche volta alla settimana Qualche volta al mese Qualche volta all'anno Mai
Architettura 13,1% 3,0% 0,0% 1,0% 0,0%
Ingegneria 1,0% 14,1% 1,0% 0,0% 2,0%
Scienze Politiche 9,1% 8,1% 0,0% 0,0% 0,0%
Economia 3,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Giurisprudenza 2,0% 2,0% 0,0% 0,0% 1,0%
Lettere 18,2% 0,0% 0,0% 0,0% 1,0%
Medicina 7,1% 10,1% 3,0% 0,0% 0,0%
Totale 53,5% 37,4% 4,0% 1,0% 4,0%
Fonte: ns elaborazione su indagine
Per quanto riguarda i quotidiani, i lettori più assidui si trovano ancora una volta nel polo
di Sa Duchessa: nella facoltà di Lettere la percentuale di chi sfoglia i giornali cartacei
tutti i giorni è del 18,2%. Seconda Scienze Politiche (10,1%), poi arrivano Medicina e
Ingegneria (ambedue 5,1%). Nelle facoltà scientifiche crescono i lettori definibili
saltuari cioè coloro che leggono il giornale dalle due alle cinque volte settimanalmente:
85
13,1% in Architettura, 11,1% in Ingegneria, 12,1% Medicina. Il quadro cambia nella
lettura dei giornali locali sardi: assieme agli studenti di Lettere (16,2%), i lettori dei
quotidiani isolani tutti i giorni sono il 12,1% nella facoltà di Ingegneria 12,1% seguita
da Scienze Politiche (8,1%), Medicina e Architettura (3%).
Tabella 13 - Lettura quotidiano d'informazione nazionale (val.%)
Facoltà Tutti i giorni o quasi 2-5 volte la settimana Una volta la settimana Mai o quasi mai
Architettura 2,0% 13,1% 0,0% 2,0%
Ingegneria 5,1% 11,1% 1,0% 1,0%
Scienze Politiche 10,1% 3,0% 3,0% 1,0%
Economia 2,0% 1,0% 0,0% 0,0%
Giurisprudenza 3,0% 0,0% 1,0% 1,0%
Lettere 18,2% 0,0% 0,0% 1,0%
Medicina 5,1% 12,1% 1,0% 2,0%
Totale 45,5% 40,4% 6,1% 8,1%
Fonte: ns elaborazione su indagine
La televisione viene guardata tutti i giorni per la maggior parte dagli studenti di Lettere
(19,2%) e Ingegneria (17,2%), meno da quelli di Medicina (10,1%) e Scienze Politiche
(8,1%). Quelli di Architettura invece saltuariamente (12,1%).
Per quanto riguarda l‟utilizzo di Internet, le percentuali tra le facoltà sembrano
distribuirsi equamente ad eccezione di Economia e Giurisprudenza. Infatti a fronte del
fatto che rispettivamente solo il 3% e 4% degli studenti di queste facoltà tutti i giorni si
connette alla Rete, per le altre il discorso cambia: i più connessi sono gli studenti di
Lettere (19,2), poco dopo Medicina e Ingegneria(18,2%), Architettura (17,2%), Scienze
Politiche (16,2%). La stessa tendenza si registra per il grado d‟informazione online: chi
si informa maggiormente davanti a un computer sono gli studenti di Medicina (19,2%) e
Lettere (18,2%), a scalare arrivano le altre facoltà.
Al quesito “Per cosa utilizzi i social network?” le risposte si diversificano: premesso che
la maggior parte in generale utilizza i social network per trascorrere il tempo libero
(58%), un‟altra parte per informarsi (39%) e solo una minima percentuale (3%) per
scopi lavorativi, dall‟incrocio dei dati relativi alle tre variabili prese in considerazione
con le singole facoltà emerge che non tutti gli studenti delle sette facoltà fanno un uso
omogeneo dei social network: esemplificando si nota che mediamente il 14,47% degli
86
studenti che utilizza i social network nel tempo libero appartiene alle facoltà di
Architettura, Ingegneria e Medicina. In Scienze Politiche gli universitari che li
utilizzano per il tempo libero si limitano al 5,1%, infine a Economia, Giurisprudenza e
Lettere la percentuale è del 3% per ogni facoltà. Al contrario per quanto riguarda
l‟informazione tramite social network il 16,2% degli studenti appartiene alla facoltà di
Lettere, l‟11,1% a quella di Scienze Politiche infine il 5,1% a Medicina, il 3% a
Ingegneria il 4% si divide tra Architettura e Giurisprudenza.
Tabella 14 - Con quale frequenza utilizzi Internet (val.%)
Facoltà Tutti i giorni o quasi 2-5 volte a settimana Una volta la settimana
Architettura 17,2% 0,0% 0,0%
Ingegneria 18,2% 0,0% 0,0%
Scienze Politiche 16,2% 1,0% 0,0%
Economia 3,0% 0,0% 0,0%
Giurisprudenza 4,0% 0,0% 1,0%
Lettere 19,2% 0,0% 0,0%
Medicina 18,2% 1,0% 1,0%
Totale 96,0% 2,0% 2,0%
Fonte: ns elaborazione su indagine
Tabella 15 - Genere d’uso dei social network (val.%)
Facoltà Lavoro Tempo libero Informazione
Architettura 1,0% 14,1% 2,0%
Ingegneria 0,0% 15,2% 3,0%
Scienze Politiche 1,0% 5,1% 11,1%
Economia 0,0% 3,0% 0,0%
Giurisprudenza 0,0% 3,0% 2,0%
Lettere 0,0% 3,0% 16,2%
Medicina 1,0% 14,1% 5,1%
Totale 3,0% 57,6% 39,4%
Fonte: ns elaborazione su indagine
Questi i risultati invece per i quesiti relativi all‟utilizzo dei più moderni dispositivi
tecnologici “mobile”: il 17,2% di chi utilizza smartphone e tablet per connettersi ad
Internet, studia in Ingegneria, altrettanti in Lettere, il 15,2% in architettura ed il 12,1%
in Scienze Politiche. Tra tutti questi l‟84% li utilizza per informarsi e leggere news: in
prima linea gli studenti di Lettere, Architettura, Medicina rispettivamente con il 19,3%,
il 18,1% ed il 16,9%.
87
Tabella 16 - Utilizzo dispositivi mobile (telefoni cellulari o tablet) per connessione a Internet (val.%)
Facoltà Sì No
Architettura 15,2% 2,0%
Ingegneria 17,2% 1,0%
Scienze Politiche 12,1% 5,1%
Economia 2,0% 1,0%
Giurisprudenza 4,0% 1,0%
Lettere 17,2% 2,0%
Medicina 16,2% 4,0%
Totale 83,8% 16,2%
Fonte: ns elaborazione su indagine
Tabella 17 –Utilizzo per informazione (val.%)
Facoltà Sì No
Architettura 18,1% 0,0%
Ingegneria 9,6% 10,8%
Scienze Politiche 9,6% 4,8%
Economia 2,4% 0,0%
Giurisprudenza 2,4% 2,4%
Lettere 19,3% 1,2%
Medicina 16,9% 2,4%
Totale 78,3% 21,7%
Fonte: ns elaborazione su indagine
89
Conclusione
Quanto esposto finora conferma come attualmente il mondo dell‟informazione stia
subendo una trasformazione epocale. Sotto diversi aspetti: il modo di informarsi dei
lettori non è più lo stesso di dieci anni fa, così come l‟approccio al lavoro giornalistico
dei professionisti i quali saranno costretti ad adeguarsi all‟avanzare del modello cross
mediale dell‟informazione. Saranno ormai obbligati ad aprire il proprio lavoro alle
istanze che arrivano dall‟ubiquità del citizen journalism, pur mantenendo saldamente tra
le mani il fondamentale precetto della verifica delle fonti. La pluralità sempre più
elevata di fonti di informazione che arrivano alle redazioni giornalistiche, la velocità dei
social network che spinge a cercare di essere “primi” sulla notizia porta con sé la facilità
all‟errore, le cui conseguenze (gravi o meno che siano) andranno a danno dei lettori. A
proposito Indro Montanelli nell‟ormai lontano 199790
, vista la tematica in
considerazione, ammoniva
Il giornalismo dovrebbe trasformarsi completamente, in un senso che non so prevedere. Sono
attaccato a dei ricordi e provengo da una certa scuola, e a quest‟età mi è molto difficile pensare
a qualcosa di diverso. Spero per voi(studenti nda.) che abbia luogo una trasformazione
completa, che tenga conto dei fatti gravi accaduti nel tempo - tra cui molte colpe e deviazioni dei
giornalisti -, dell‟ingresso di tecnologie nuove, di tutto un ribaltamento del costume. Il
giornalismo classico, dal quale non mi saprei mai distaccare, è impossibile che si possa
adeguare.
[…]L‟Italia, oltre ad aver sempre mescolato il serio con il futile, ha sempre preso il futile come
l'unica cosa seria. E noi non facciamo che adeguarci, portando agli eccessi questa perversione
del nostro costume. Ma c‟è di peggio. La televisione insegna ed apre la strada al protagonismo,
che portato nel giornalismo ha effetti catastrofici. La televisione aizza quel pessimo incentivo
tipico dei cattivi giornalisti, la ricerca a tutti i costi dello scoop. Se qualcuno di voi vorrà fare
questo mestiere, sfuggite alla tentazione dello scoop! Ricordate che esso è la scorciatoia dei
somari. Consente di arrivare prima, ma male. Il pubblico è uno strano animale, sembra uno che
capisce poco ma si ricorda, e se vi giocate la sua fiducia siete perduti. Questa fiducia bisogna
conquistarsela seriamente e faticosamente, giorno per giorno. Questo non ci mette al riparo
dall‟errore, ma impone l‟obbligo di denunziare noi stessi, quando ci accorgiamo dell‟errore, e
di chiedere scusa al lettore. Se volete fare questo mestiere, ricordatevelo bene. È un mestiere che
richiede molta umiltà, molta, e il protagonismo è in contrasto con questa legge fondamentale.
90 Discorso dell'ultima lezione di giornalismo di Indro Montanelli. Università di Torino, 12 maggio 1997
90
Dunque rimangono le regole base da seguire ma cambiano i mezzi che, come tutti gli
strumenti, rispondono all‟uso che si fa di essi. Attualmente l‟esperienza e i dati
dimostrano come non sembra esserci una via chiara su quale sia il medium che prenderà
il sopravvento su tutti e quale invece sia destinato a scomparire: i giornali sono
sopravvissuti all‟avvento di radio e televisione, lo stesso ha fatto la radio quando è nata
la Tv e quest‟ultima sta resistendo all‟avvento di Internet. Ciascuno di questi ha saputo
adattarsi, mutare per resistere ed evolversi. Seguendo questo filo logico la carta
stampata per non perire dovrà essere in grado di recepire i cambiamenti apportati dai
New Media: battuta sul tempo nel fornire le notizie in tempo reale può prediligere
l‟approfondimento come linea base. Quello che si prospetta nell‟immediato per le
aziende editoriali è infatti un modello “convergente” composto da diversi mezzi di
comunicazione. Nel Regno Unito su questo il Guardian è un felice esempio da seguire:
un quotidiano cartaceo in edicola dal lunedì al sabato, un settimanale (The Observer)
per i lettori della domenica, un sito web multimediale(con approfondimenti video e
audio) che integra Twitter e Facebook per le notizie in tempo reale e si apre al
cosiddetto “open journalism”, giornalismo partecipativo. Ovviamente non può essere
trascurato il discorso economico, perno fondamentale per ogni testata giornalistica che
pur sempre rimane un‟azienda che come tale deve essere sostenibile.
Discorso a parte invece per quanto riguarda i lettori di oggi e quelli di domani. La
ricerca sul campo ha mostrato come gli studenti universitari, e dunque le nuove
generazioni, abbiano necessità e voglia di essere informati. Leggono i quotidiani
cartacei con frequenza giornaliera (il 46%) o quasi (il 40% da due a cinque volte la
settimana), ma la novità principale è la fruizione dell‟informazione su Internet, social
network e dispositivi mobili cioè tablet e smartphone: il 96% tutti i giorni utilizza
Internet e nove universitari su dieci si informano(cioè leggono notizie) sulla Rete
quotidianamente. Il 91% poi sta sui social network tutti i giorni e sebbene questi ultimi
vengano utilizzati per trascorrere il “tempo libero”, un‟alta percentuale (39%) li utilizza
per tenersi informato. Infine un segnale importante arriva da coloro che affermano di
utilizzare tablet e telefoni cellulari per connettersi al web, 84 studenti su 100. Tra questi
ben il 79% li utilizza per “leggere notizie”.
91
I risultati della ricerca sono in sintonia con altri studi citati nei capitoli precedenti, in
ordine quello condotto da Cisco, Google, Lightspeed Research e testimoniano la portata
del cambiamento in atto.
Ora nell‟immediato futuro per il giornalismo si delineano tre sfide, due vanno sotto il
nome di New Media e Internet. Le abbiamo viste con Wikipedia, l‟enciclopedia online
“collaborativa” che ogni giorno si arricchisce e vive grazie al contributo volontario e
gratuito di migliaia di cittadini di tutto il mondo. Le abbiamo viste con la cultura open
source che ha permesso la creazione di sistemi operativi gratuiti e la nascita di social
network quali Twitter e Ushahidi, oppure di software come Frontline Sms, grazie ai
quali vengono veicolate notizie, denunciati crimini di guerra, brogli elettorali, aiutati i
contadini nei paesi in via di sviluppo, in sintesi viene migliorata la vita delle persone. Le
abbiamo viste nel citizen journalism in Iran e ad Haiti.
Infine la terza va sotto il nome di partecipazione, probabilmente la vera novità apportata
da Internet e nuovi media. È questo l‟elemento che, se sfruttato, marcherà la differenza
tra il vecchio ed il nuovo modo di concepire l‟informazione ed il giornalismo:ovvero
creare partecipazione e valore civico trasformando il capitale tecnico, cioè i nuovi
dispositivi mobili e le avanzate tecnologie informatiche, in capitale sociale capace di
migliorare nel suo insieme la conoscenza di una realtà che appare sempre più complessa
e articolata. Solo così quello che il Guardian ha definito“the whole picture”, ovvero il
quadro d‟insieme degli avvenimenti, sarà più chiaro e migliorerà la fiducia dei lettori
verso i giornali. Il cui compito sarà maggiormente responsabilizzato, ma pur sempre lo
stesso. Un‟attività indipendente di ricerca dei fatti a beneficio delle comunità di
cittadini.
93
Appendice statistica
Tabella 18 – Intervistati per genere
Sesso
Intervistati
n %
Femmina 54 54,00
Maschio 46 46,00
Totale 100 100,00
Tabella 19 – Intervistati per facoltà
Facoltà
Intervistati
n %
Architettura 17 17,0
Economia 3 3,0
Giurisprudenza 5 5,0
Ingegneria 18 18,0
Lettere 19 19,0
Medicina 20 20,0
Scienze Politiche 17 17,0
Altro (farmacia) 1 1,0
Totale 100 100,00
Tabella 20 – Intervistati per classi d’età
Classi di età
Intervistati
n %
fino a 20 8 8,0
da 20 21 6 6,0
da 22 23 15 15,0
da 24 26 49 49,0
da 27 a 29 15 15,0
oltre 29 7 7,0
Totale 100 100,0
94
Tabella 21 - Atteggiamento verso la politica (val.%)
%
Mi tengo al corrente della politica, ma di norma senza parteciparvi personalmente 76
La politica mi disgusta 3
Mi considero politicamente impegnato 16
Penso che bisogna lasciare la politica a persone che hanno più competenza di me 4
Non so 1
Totale 100,0
Tabella 22 – Svolgimento attività politica (val.%)
Ded
icat
o t
empo
e
lav
oro
per
un
par
tito
/mov
imen
to
Par
teci
pat
o a
d u
n
cort
eo
Ass
isti
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d u
n
dib
atti
to p
oli
tico
in
tv
Fir
mat
o p
er u
n
refe
rendu
m o
un
‟iniz
iati
va
popo
lare
Par
teci
pat
o a
d u
na
man
ifes
tazi
on
e di
par
tito
/co
aliz
ion
e
Mai 44 10 4 3 48
Non nell‟ultimo anno 39 53 9 16 31
Non so / Non risp. 2 2 1 2 4
Più di una volta nell‟ultimo anno 11 13 81 40 6
Una volta nell‟ultimo anno 4 22 5 39 11
Totale 100 100 100 100 100
Tabella 23 - Parlare di politica (val.%)
%
Mai 3
Qualche volta al mese 4
Qualche volta all‟anno 1
Qualche volta alla settimana 37
Tutti i giorni 55
Totale 100,0
95
Tabella 24 - Lettura quotidiani (val.%)
Informazione
nazionale
Informazione
locale
2-5 volte la settimana 40 37
Mai o quasi mai 7 10
Tutti i giorni o quasi 46 46
Una volta la settimana 7 7
Totale 100 100,0
Tabella 25 – Quotidiano più letto (val.%)
Tabella 26 – Quotidiano locale più letto (val.%)
%
Repubblica 41
Corriere della Sera 27,3
Il fatto quotidiano 11,5
Unione Sarda 8,4
Altro 4,2
Metro 2,1
Sardegna Quotidiano 2,1
Unità 1,05
Sardegna 24 1,05
Il Giornale 1,05
Totale 100,0
%
Unione Sarda 64
Metro 19
Sardegna Quotidiano 6
La Nuova Sardegna 6
Sardegna 24 5
Totale 100,0
96
Tabella 27 – Frequenza utilizzo Tv e Internet (val.%)
Guardo la Tv Utilizzo Internet
2-5 volte la settimana 30 2
Mai o quasi mai 5 0
Non so / Non risponde 3 0
Tutti i giorni o quasi 61 96
Una volta la settimana 1 2
Totale 100,0 100,0
Tabella 28 – Lettura notizie tramite Internet (val.%)
%
2-5 volte la settimana 6
Mai o quasi mai 2
Tutti i giorni o quasi 91
Una volta la settimana 1
Totale 100,0
Tabella 29 – Utilizzo social network (val.%)
Su internet con quale frequenza utilizzi i social network? %
2-5 volte la settimana 5
Mai o quasi mai 2
Tutti i giorni o quasi 92
Una volta la settimana 1
Totale 100,0
97
Tabella 30 – Sito web più visitato (val.%)
Tabella 31 – Utilizzo dei social network (val.%)
%
Tempo libero 58
Informazione 39
Lavoro 3
Totale 100,0
Tabella 32 – Partecipazione a discussioni sul web (val.%)
%
No 80
Si 20
Totale 100,0
Tabella 33 – Lettura settimanali d’opinione (val.%)
%
Due-tre volte al mese 33
Mai o quasi mai 32
Tutte le settimane 25
Una volta al mese 10
%
Repubblica.it 56
Ilgiornale.it 18
Ilfattoquotidiano.it 10
Corriere.it 10
Beppegrillo.it 1
Altro 5
Totale 100,0
98
Tabella 34 – Frequenza lettura genere di notizie su quotidiani e periodici
PO
LIT
ICA
CR
ON
AC
A
INF
O.
LO
CA
LI
SP
OR
T
CU
LT
UR
A
SP
ET
TA
CO
L
O E
TV
EC
ON
OM
IA
E F
INA
NZ
A
SC
IEN
ZA
CR
ON
AC
A
RO
SA
Abbastanza spesso 48 50 41 34 54 44 17 36 9
Di rado 4 9 26 19 28 37 49 54 47
Mai 3 3 4 19 5 14 24 7 40
Non sa / non risponde 0 0 0 0 0 0 1 0 0
Quasi sempre 45 38 29 28 13 5 9 3 4
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100
Tabella 35 - Frequenza lettura genere di notizie online
Con quale frequenza ti capita di leggere i seguenti generi di notizie online?
PO
LIT
ICA
CR
ON
AC
A
INF
O.
LO
CA
LI
SP
OR
T
CU
LT
UR
A
SP
ET
TA
CO
LO
E T
V
EC
ON
OM
IA
E F
INA
NZ
A
SC
IEN
ZA
CR
ON
AC
A
RO
SA
-
GO
SS
IP
Abbastanza spesso 48 50 36 30 63 47 16 42 14
Di rado 4 9 28 25 22 35 43 47 42
Mai 1 3 5 14 5 12 11 10 40
Non sa / non risponde 0 0 1 0 0 0 18 0 0
Quasi sempre 47 38 30 31 10 6 12 1 4
Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100
99
Tabella 36 – Tg più visto
Tabella 37 – Frequenza ascolto giornale radio e dibattiti politici alla radio
%
3-4 volte la settimana 24
Mai 28
Meno di una volta alla settimana 24
Non risponde 1
Tutti i giorni 23
Totale 100,0
%
TG 3 NAZIONALE 31
TG LA 7 29
TG 5 18
SKY TG 24 10
TG2 3
TG VIDEOLINA 3
STUDIO APERTO (ITALIA 1) 2
TG 1 2
TG3 REGIONALE 1
Non guardo TG 1
Totale 100,0
100
Tabella 38 – Voto alle ultime elezioni
%
PD 46
PDL 22
Non ho votato/scheda bianca 15
SEL 6
Non sa / Non risponde 4
IDV 4
UDC 1
RADICALI 1
LA DESTRA DI STORACE 1
Totale 100,0
Tabella 38 – Utilizzo dispositivi mobile per connessione a Internet
n %
SI 84 84
NO 16 16
Totale 100,0 100,0
Tabella 39 – Utilizzo dispositivi mobili per lettura notizie
n %
SI 66 78,6
NO 18 21,4
Totale 84 100,0
101
Fig 1 Suddivisione studenti per facoltà frequentata
Fig 2 Suddivisione studenti intervistati nei quatto poli universitari
Fig 3 Suddivisione studenti intervistati per genere
102
Fig 4 Suddivisione studenti intervistati per classi d‟età
Fig 5 Atteggiamento nei confronti della politica
Fig6 Tempo e lavoro dedicati a un partito/movimento?(val.%)
103
Fig 7 Partecipazione a un corteo(val.%)
Fig 8 Assistito ad un dibattito politico in Tv(val.%)
Fig 9 Firmato per un referendum o iniziativa popolare(val.%)
104
Fig 10 Partecipato ad una manifestazione di partito (val.%)
Fig 11 Frequenza con la quale ti capita di parlare di politica (val.%)
Fig 12 Frequenza con la quale sfogli o leggi un quotidiano di informazione nazionale (val.%)
105
Fig 13 Frequenza con la quale sfogli o leggi un quotidiano di informazione locale (val.%)
Fig 14 Quotidiano locale più letto (val.%)
Fig. 17 Con quale frequenza guardi la televisione? (val.%)
106
Fig 18 Con quale frequenza utilizzi internet? (val.%)
Fig 19 Utilizzi internet per tenerti informato? Se sì, con quale frequenza? (val.%)
Fig 20 Su internet con quale frequenza utilizzi i social network? (val.%)
107
Fig 21 Sul web quale sito tra questi visiti abitualmente? (val.%)
Fig 22 Per cosa utilizzi i social network?
Fig 23 Partecipi a discussioni su forum o social network?
108
Fig 24 Con quale frequenza leggi settimanali d‟opinione? (Espresso, Panorama etc..)
Fig 25 Generi di notizie più letti
Fig 26 Telegiornale maggiormente seguito
109
Fig 27 Con quale frequenza ascolti il giornale radio o ascolti dibattiti politici alla radio?
Fig 28 Quale di questi schieramenti hai votato alle scorse elezioni?
Fig 29 Utilizzi dispositivi mobile per connetterti ad Internet (tablet, smartphone)?
111
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