Antonio MASTROBERTI
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k NUOVO REGIME FORFETARIOE NOVITA’PER I MINIMIConfronto tra i due regimiRequisiti di accesso e passaggio al nuovo regimeSemplificazioniDeterminazione forfetaria del redditoAgevolazioni contributive
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Cap. 1 ‐ Lo scenario per i contribuenti marginali
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Capitolo 1 Lo scenario per i contribuenti marginali
1.1 Premessa: evoluzione del quadro normativo La storia recente del regime di favore riservato ai contribuenti marginali la dice lunga sulla visione miope del Legislatore domestico, che in circa 8 anni ha modificato a ripetizione i caratteri del regime semplificato in‐trodotto con la Legge finanziaria per il 2008, c.d. dei “minimi”, inciden‐do sia sull’aliquota di imposizione che sui parametri di accesso, fino a trasformare l’originaria versione del beneficio in una sorta di club esclu‐sivo, riservato a pochi, con vere e proprie espulsioni di certuni a favore di altri, ritenuti più meritevoli, con tanti saluti alle esigenze di egua‐glianza e ragionevolezza nell’applicazione dei tributi.
Questa storia, in particolare, si è arricchita, nelle ultime settimane, di nuovi avvincenti capitoli, e per alcuni contribuenti si rinnova anche in questa fase quella sorta di esilio coatto da regime a regime che davvero rende l’idea dell’ipertrofia legislativa degli ultimi anni (ci si riferisce a coloro che applicavano il regime dei “minimi”, che in un primo momen‐to sono stati veicolati verso il regime contabile semplificato di cui al comma 3 dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011, e che oggi sono nuovamente dirottati verso l’applicazione del regime forfetario, salva l’eventuale op‐zione per il regime ordinario).
Con i commi da 54 a 89, articolo unico, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 ‐ Legge di stabilità 2015 (di seguito si faccia riferimento anche al solo comma) si è inteso cambiare completamente lo scenario concer‐nente i regimi di favore applicabili per le attività professionali ed im‐prenditoriali marginali, intendendo per tali le attività esercitate da sog‐getti che nell’ambito della propria impresa o professione presentano un contenuto livello di ricavi e di costi, come di beni strumentali o di spese per il lavoro dipendente.
Nella relazione illustrativa al provvedimento della fine del 2014 veniva evidenziato che il nuovo assetto avrebbe determinato anche la sop‐pressione dei regimi di favore vigenti (regime fiscale di vantaggio c.d. dei “minimi”, regime delle nuove iniziative produttive, regime contabile agevolato) caratterizzati, talvolta, da incoerenze e sovrapposizioni nor‐mative, ferma restando la salvaguardia delle attività già intraprese ap‐
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plicando gli stessi regimi. In pratica in qualche modo si veniva incontro ai soggetti che applicavano, sino al periodo d’imposta 2014, uno dei re‐gimi agevolati, ed in particolare il regime dei “minimi”, che a certe con‐dizioni poteva ancora essere applicato, ma solo dai contribuenti che già erano ammessi allo stesso regime nel corso dell’anno 2014 (per esigen‐ze di sintesi e di comprensibilità e snellezza del testo si faccia riferimen‐to al “regime forfetario” per indicare il regime introdotto dalla Legge di stabilità per il 2015 ed al regime dei “minimi” per indicare il regime di vantaggio regolamentato dall’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, che richiama, come è noto, numerose disposizioni previste dalla Legge finanziaria per l’anno 2008).
Attualmente queste conclusioni risultano vere solo dal periodo d’imposta 2016, poiché sull’onda delle polemiche mediatiche emerse ad inizio dell’anno 2015 la normativa introdotta dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 (Legge n. 190/2014) è stata già modificata, estendendo la possibilità di accedere al regime dei c.d. “minimi” ai soggetti che ini‐ziano la propria attività nel corso del periodo d’imposta 2015. Resta de‐finitiva, invece, la soppressione del regime delle nuove iniziative pro‐duttive, che rimane non applicabile dal 2015.
Con la Legge 27 febbraio 2015, n. 11 (nella G.U. n. 49 del 28 febbraio 2015), di conversione del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (c.d. Millepro‐roghe) è stata prorogata, in deroga a quanto previsto dalla Legge di sta‐bilità per il 2015, per l’anno 2015, la possibilità di avvalersi del regime dei “minimi”, stante che nell’accezione comune le suddette soppressio‐ni dei regimi previgenti sono state intese come portatrici di forti pena‐lizzazioni per i giovani delle partite IVA.
1.2 Gli impegni per il futuro Sul piano programmatico si progetta, ad ogni buon conto, una significa‐tiva revisione delle regole di tassazione dei redditi delle piccole imprese e, in parte, dei lavoratori autonomi, nell’ottica della semplificazione e della razionalizzazione, anche al fine, per quanto possibile, di limitare complessità e incertezze applicative per gli operatori del settore.
L’obiettivo finale è quindi quello di rendere più coerente il sistema di tassazione delle piccole imprese e più semplice l’applicazione delle norme e la determinazione delle basi imponibili, riducendo i costi di adempimento per i contribuenti, ma di certo il quadro normativo in
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esame, cristallizzato a seguito del combinato disposto dei due interventi maturati a cavallo tra il 2014 ed il 2015, non raggiunge nell’immediato questo obiettivo, tant’è che negli stessi atti parlamentari (Atto 2803‐A, del disegno di legge di conversione del Decreto Milleproroghe) si impe‐gna il Governo ad assumere le opportune iniziative legislative:
per innalzare, coerentemente a quanto già autorizzato dal Consiglio dell’Unione Europea, a 30.000 euro di fatturato annuale il limite di reddito per l’accesso al regime dei “minimi”, al fine di mantenere il valore dell’esenzione IVA in termini reali e più aderenti alla realtà economica; è da intendersi che il riferimento al regime dei “mini‐mi” sia al nuovo regime forfetario, poiché dal 2016 solo una parte dei contribuenti applicherà concretamente questo regime, ed in particolare non vi potranno accedere le nuove attività;
per ampliare la fascia di esclusione dagli studi di settore nei primi 3 anni di attività rispetto a quella attualmente prevista dal regime dei minimi (ved. sopra), intervenendo in particolar modo sui para‐metri relativi ad investimenti e spese per il personale;
per introdurre per le PMI forme di tassazione diversificata delle lo‐ro attività e di componenti rappresentative delle varie fasi del ciclo produttivo;
per emanare un’organica normativa di sostegno sociale e fiscale in favore di una categoria di lavoratori, quella dei titolari di partita IVA individuale, altamente professionalizzata e che contribuisce in ma‐niera significativa a mantenere in equilibrio il bilancio dell’INPS.
1.3 Lo scenario e i due regimi a confronto Dalla lettura degli atti parlamentati relativi alla conversione in legge del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (c.d. Milleproroghe), ossia, in particolare, il resoconto della seduta del 19 febbraio 2015 del disegno di legge n. 2803‐A, si evince che in determinate situazioni il nuovo regime forfeta‐rio introdotto dalla Legge di stabilità 2015 è capace di generare un in‐cremento della pressione fiscale rispetto al regime ordinario, annullan‐done, in molti casi, la convenienza.
Questo aspetto è emerso anche da uno studio realizzato dalla direzione politiche fiscali di Confartigianato, secondo cui in base ad analisi effet‐tuate su un campione di piccole imprese solo una percentuale molto modesta delle imprese operanti in regime di contabilità semplificata
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sceglierebbe il nuovo regime forfetario, percentuale che tende ad azze‐rarsi se si considerano le imprese che applicano e possono continuare ad applicare il regime fiscale dei minimi basato sull’applicazione di un’imposta sostitutiva pari al 5%.
Da tale studio, realizzato su un campione di oltre 15.000 imprese, emergerebbe una scarsissima appetibilità del regime forfetario.
È questo quindi lo scenario in cui vanno a collocarsi le nuove misure, almeno nella fase attuale, in cui il regime forfetario può considerarsi ancora in una fase di concreta metabolizzazione da parte degli operato‐ri del settore.
Si tratta di aspetti che erano stati diffusamente posti sotto i riflessioni nei commenti della stampa specializzata.
Questi i considerata emersi dall’analisi parlamentare:
l’IRPEF triplicherà; l’imposta sostitutiva passa, cioè, dal 5 al 15%;
sotto il precedente regime molti contribuenti potevano garantirsi l’accesso al regime agevolato con un fatturato fino a 30.000 euro, mentre con il nuovo regime forfetario in alcuni casi dovranno avere ricavi non superiori a 15.000 euro, tetto, di contro, elevato, per i commercianti da 30.000 a 40.000 euro annui;
il regime forfetario risulta meno conveniente di quello ordinario in virtù delle detrazioni da lavoratore autonomo non contemplate in un regime di tipo forfetario (questo effetto vale anche per il regime dei “minimi”; inoltre, a dire il vero vengono meno anche altre de‐trazioni, come verificheremo in seguito). Si tratta quindi di un aspetto, quello delle detrazioni, che per i con‐tribuenti i quali non possono accedere al regime dei “minimi” può condurre a preferire ad esempio l’adozione del regime di contabili‐tà semplificata (in tal senso, come già segnalato, anche i risultati dello studio di Confartigianato).
Secondo quanto emerso dagli atti parlamentari è quindi paradossale che in una fase in cui il mondo professionale registra un drammatico ca‐lo dei ricavi, soprattutto a carico dei professionisti più giovani e meglio formati, si riducano alcune agevolazioni fiscali proprio per chi è in diffi‐coltà, adottando una politica miope che si dimostra incapace di guarda‐re al mercato del lavoro nella sua interezza; la soglia dei ricavi stabilita a 15.000 euro nell’ambito del regime forfetario viene descritta come
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“bassa ed ingiustificata”, poiché impedisce ab origine l’accesso al re‐gime agevolato, aumentando il rischio di evasione, specie in considera‐zione delle conseguenze gravose di uscita dal regime.
Inoltre, i diversi coefficienti di redditività finiscono con l’equiparare si‐tuazioni che non sono indice della medesima capacità contributiva, sicché anche a parità di attività lavorativa un professionista che durante il periodo di imposta sostiene spese importanti, determinerà l’imposta sulla base dello stesso reddito imponibile di chi invece spese non ne ha sostenuto.
Applicare sulla base di presunzioni, l’accesso differenziato ad un regime fiscale agevolato in funzione dell’attività svolta non è in linea con i prin‐cipi costituzionalmente di eguaglianza (art. 3 Cost.) e di capacità con‐tributiva (art. 53 Cost.).
Si tratta di rilievi importanti, che, proprio per il loro spessore, natural‐mente non vengono in alcun modo scalfiti dalla proroga prevista in sede di conversione in legge del Decreto Milleproroghe (cit. Legge n. 11 del 27 febbraio 2015), per un solo anno, della possibilità di accedere al re‐gime dei “minimi”.
Si aggiunge che, come avremo modo di verificare, queste incongruenze si esasperano, nel sistema forfetario, per i contribuenti che sono davve‐ro in difficoltà, poiché in nessun modo viene concesso a questi contri‐buenti, se in perdita, di riportare la perdita alle annualità successive o di utilizzare la perdita per ridurre eventuali altri redditi prodotti nello stes‐so anno oggetto di tassazione (ossia al di fuori dello schema dell’imposizione sostitutiva).
Imposte sui redditi: comparazione quasi inutile su base soggettiva
In ogni caso, per l’ambito delle imposte sui redditi, anche per contri‐buenti con un alto tasso di incidenza dei costi rispetto al reddito, casi in cui il livello reddituale risente in misura positiva dell’applicazione dei coefficienti di reddito, la sostanziale triplicazione dell’imposta sostituti‐va risulta un effetto che supera di gran lunga il vantaggio emergente sul fronte della determinazione della base imponibile.
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Se si prendono in considerazione ricavi pari a 100 ed il tasso di redditivi‐tà più basso previsto nell’ambito del regime dei forfetario (coefficienti variabili in base ai codici Ateco relativi all’attività esercitata), ossia la percentuale pari al 40% (ma per alcune attività si arriva anche ad una redditività dell’86%), e si pone il caso di un contribuente che abbia un livello quasi inesistente di costi, ad esempio pari a 5 (a fronte di ricavi pari a 100), si perviene comunque ad una situazione favorevole per il regime dei “minimi”, poiché:
nel regime forfetario il contribuente verserebbe un’imposta sostitu‐tiva pari a 6 (15% di 40);
nel regime dei “minimi” il contribuente verserebbe un’imposta so‐stitutiva pari a 4,75 (5% di 95).
Quindi per un contribuente che inizia la propria attività nel corso del periodo d’imposta 2015 sembra esserci poco margine di dubbio rispetto al regime più vantaggioso, ferma restando che il regime forfetario pre‐senta anche alcuni vantaggi contributivi (ved. capitolo V).
Va segnalato, tuttavia, che in molti casi questa scelta non è proprio ac‐cordata al contribuente, che invece è chiamato a scegliere tra applica‐zione del regime forfetario e quello ordinario (ad esempio regime di contabilità semplificata). Ad esempio, non può scegliere di aderire al regime dei minimi con sostitutiva al 5% un contribuente che nel periodo d’imposta 2014 applica il regime semplificato, poiché non siamo in pre‐senza di una nuova attività.
Ma si tratta di una comparazione che non ha molto senso su di un piano generale, poiché in realtà una operazione di politica fiscale può essere meritevole anche se abbassa il livello del piano dei vantaggi attribuiti a pochissimi per estenderlo ad una fascia più ampia di contribuenti. Nel complesso si dovrebbe quindi verificare il gap rispetto alle imposte da versare applicando il regime ordinario, oltre a considerare le indubitabi‐li semplificazioni fiscali applicabili per l’IVA, gli studi di settore, l’IRAP, e le semplificazioni contabili ed amministrative, nonché le specifiche age‐volazioni previste sul piano contributivo.
Vi è poi la questione specifica IVA, ripresa nelle motivazioni degli atti parlamentari già sopra citati: con la decisione n. 2013/678/UE del Con‐
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siglio dell’Unione Europea, in deroga all’art. 285 della Dir. n. 2006/112/CE, l’Italia era già autorizzata ad esentare dall’IVA i soggetti passivi il cui volume d’affari non superi i 65.000 euro annui, e la prece‐dente decisione n. 2010/688/UE del 15 ottobre 2010 del Consiglio dell’Unione Europea autorizzava l’Italia ad applicare il regime dei mini‐mi, mantenendo quale soglia massima, per l’applicazione del regime, i precedenti 30.000 euro di fatturato annuale; analogamente a quanto contenuto nella precedente decisione (n. 2008/737/CE del 15 settem‐bre 2008), lo stesso Consiglio autorizzava l’Italia a conservare la citata soglia di 30.000 euro al fine di mantenere il valore dell’esenzione in termini reali.
Si è poi evidenziato che molte piccole e medie imprese per requisiti reddituali o di spesa per beni strumentali, si posizionano per poco al di sopra del limite minimo reddituale imposto dalla legislazione ai fini dell’esonero dell’applicazione alle stesse degli studi di settore, nono‐stante il persistere degli attuali ed avversi fattori economici di contesto (crisi del mercato produttivo, creditcrunch, calo delle commesse, etc.) che rendono sempre più difficile la sopravvivenza sul mercato.
Pertanto, le stesse, nonostante rappresentino, con una diffusione terri‐toriale che garantisce uno sviluppo geografico equilibrato, la spina dor‐sale del tessuto produttivo italiano, vengono penalizzate da una politica di accertamento fiscale che le sottomette a parametri di congruenza superati o poco rappresentativi della loro realtà imprenditoriale.
Anche questi ultimi rilievi presentano un carattere strutturale, come è appena il caso di sottolineare, sicché la soluzione approntata per il bre‐ve estendendo la possibilità di applicare il regime dei “minimi” alle nuo‐ve attività del 2015 (cit. Legge n. 11/2015) non può certamente consi‐derarsi risolutiva.
Date tali premesse, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 (ossia dal 2015):
1. si introduce il nuovo regime agevolato per gli autonomi di tipo forfe‐tario; gli elementi caratteristici possono essere sintetizzati nell’aliquota dell’imposta sostitutiva fissata al 15% e nelle modalità forfetarie di determinazione del reddito, parametrate ai ricavi; a dif‐ferenza del regime dei “minimi” il regime agevolato non presenta una durata specifica, ma richiede solo il rispetto dei requisiti previsti
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per accedere allo stesso regime; si deve sottolineare che alle start up il regime dei forfetari garantisce l’abbattimento reddituale di 1/3 (ved. cap. III) e che nel complesso non abbiamo una base imponibile sovrapponibile con quella prevista nell’ambito del regime dei “mini‐mi”, in cui il reddito è determinato in modo analitico (ved. anche il cap. IV); su di un piano comune con il regime dei “minimi” possono essere considerate, salvo specifiche eccezioni, le semplificazioni pre‐viste per l’ambito IVA, IRAP, per gli studi di settore, le semplificazioni contabili e amministrative, mentre un elemento di distinguo matura in relazione all’agevolazione prevista in materia contributiva (cfr. ca‐pit. V), che spetta ai soli contribuenti che determinano il reddito a forfait;
2. viene ad essere soppresso il regime delle nuove iniziative produttive (art. 13 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388), che si applicava a chi avvia un’attività imprenditoriale o di lavoro autonomo. Tale regime per il primo periodo d’imposta e i due successivi prevedeva il paga‐mento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 10% e una serie di semplificazioni contabili; la soppressione di questo regime rimane ferma anche a seguito delle recentissime modifiche apportate alla Legge di stabilità 2015 in sede di conversione in legge del Decreto Milleproroghe (cit. Legge n. 11/2015); questo vuol dire che se un contribuente inizia ad esempio nel corso dell’anno 2015 o in annuali‐tà successive una nuova attività non può accedere al suddetto regi‐me;
3. ai soggetti che applicavano il regime delle nuove iniziative produttive è lasciata la possibilità, ricorrendone i presupposti, di transitare nel nuovo regime forfetario, ferma la possibilità di esercitare l’opzione per il regime ordinario; per i soggetti costituiti nel 2013 o nel 2014 è anche prevista la possibilità, se transitano nel regime forfetario, di applicare la riduzione di 1/3 del reddito (ved. cap. IV), in quanto debbono considerarsi ancora alla stregua di start up;
4. rimane in piedi il regime dei “minimi” di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla Leg‐ge 15 luglio 2011, n. 111, e l’art. 1, commi da 96 a 115 e 117, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria per il 2008), per i soggetti, che, presentandone i requisiti, decidono di avvalersene nel corso del periodo d’imposta 2015; si è quindi pensato di lasciare
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aperte le porte del suddetto regime ai contribuenti che iniziano l’attività nel corso dell’anno 2015;
5. viene lasciata la possibilità ai vecchi “minimi” (anche ad esempio ad un soggetto che ha iniziato l’attività nel corso dell’anno 2013) di con‐tinuare ad applicare tale regime fino all’esaurimento dei suoi due vincoli temporali di applicazione, ossia fino al compimento del de‐corso del quinquennio o fino al raggiungimento del 35esimo anno di età; in ogni caso tali “minimi” possono decidere di accedere al nuovo regime forfetario in base ad una libera scelta, che potrebbe dipende‐re da una serie di fattori non necessariamente incentrati sulla sola comparazione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva (rispettivamente 5% o 15% per i “minimi” o i forfetari), ma ad esempio essere influen‐zata dalla volontà di fruire delle agevolazioni contributive che man‐dano in soffitta i minimali previsti per artigiani e commercianti;
6. anche il regime contabile agevolato di cui all’art. 27, comma 3, del D.L. n. 98/2011 (esonero dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, e dagli obblighi di liquidazione e versamenti periodici IVA, nonché esenzione IRAP), ossia il contentino riservato ai soggetti che con le nuove regole del regime dei “minimi” non pote‐vano beneficiare dell’applicazione della sostitutiva al 5%, cessa di avere applicazione a partire dal periodo d’imposta 2015 (comma 85) ed i soggetti che per l’anno 2014 applicavano questo regime si trove‐ranno, se rispettano i requisiti di legge, ad applicare, per il 2015, di‐rettamente il regime forfetario; in particolare, la proroga disposta in sede di conversione in legge del Decreto Milleproroghe (cit. Legge n. 11/2015) non esplica efficacia per il regime contabile agevolato ma solo per il regime dei “minimi”.
L’abrogazione, a partire dall’anno 2016, anche della disciplina prevista dalla Legge finanziaria per il 2008 deriva dalla circostanza che il regime disciplinato dal D.L. n. 98/2011 faceva perno, per molti versi, su tale di‐sciplina, salvo regolare a parte alcuni specifici profili (aliquota dell’imposta sostitutiva, ambito temporale di applicazione, e così via).
Dal periodo d’imposta 2016, infine, non vi sarà più la possibilità di ac‐cedere al regime dei “minimi” e quindi l’unica applicazione di tale regi‐me riguarderà coloro che erano entrati in questo regime prima dell’anno 2015 o nel corso del corrente anno.
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Questi soggetti potranno sempre decidere, in base ad una libera scelta, di accedere al regime ordinario od al regime forfetario introdotto dalla Legge di stabilità per l’anno 2015, ed in ogni caso occorre considerare che il regime dei “minimi” si applica per un lasso temporale limitato.
È noto, infatti, che tale ultimo regime introdotto con il D.L. n. 98/2011 presenta una portata applicativa limitata nel tempo (un quinquennio) o comunque collegata all’età del contribuente (che se under 35 anni può applicare detto regime sino al compimento del 35esimo anno di età), e si basa sull’applicazione di una imposta sostitutiva pari al 5% del reddito imponibile, che viene ad essere determinato facendo riferimento al cri‐terio di imputazione temporale per cassa, ma non in modo forfetario, poiché nel caso specifico valevano le regole di determinazione del red‐dito previste, a seconda dei casi, per le imprese, dall’art. 66 del TUIR (regole dei soggetti in contabilità semplificata) e per i professionisti dall’art. 54 del TUIR, regole che in ogni caso sono basate sulla compara‐zione tra componenti positivi e negativi di reddito.
Anche questo regime presenta, come già evidenziato, numerose sem‐plificazioni fiscali e contabili, a partire dall’ambito IVA e proseguendo con gli studi di settore o l’IRAP.
In pratica, le semplificazioni e le esenzioni sono essenzialmente specu‐lari a quelle previste per il regime forfetario, ragione per cui il raffronto poggia, per molti versi, sull’aliquota e sulle modalità di determinazione del reddito o su qualche favor aggiuntivo previsto sul piano contributivo per i forfetari.
Qualche considerazione a parte richiede l’esame dei meccanismi di ac‐cesso. Nel caso dei forfetari, in particolare, siamo in presenza di un livel‐lo di ricavi che varia a seconda dell’attività esercitata, mente per il re‐gime dei “minimi” il parametro è fissato a 30.000 euro; in entrambi i ca‐si la valutazione concerne l’annualità precedente rispetto a quella og‐getto di tassazione, ma qualche distinguo emerge anche in relazione a questo punto.
Per i “minimi”, ad esempio, la decadenza può determinare effetti nello stesso anno di avvio delle attività se lo scarto rispetto al limite di legge previsto per i ricavi supera il 50% dello stesso limite, ed analoghi effetti maturano nel caso in cui i presupposti della decadenza vengano riscon‐trati in sede di accertamento, ma la differenza sostanziale tra i due re‐
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gimi è dettata dal requisito della novità dell’attività esercitata: il regi‐me dei “minimi” è riservato alle nuove attività di impresa o professiona‐li mentre il regime forfetario può essere applicato da tutti i contribuen‐ti, fermo che in caso di start up scatta un’agevolazione supplementare nella determinazione del reddito.
La situazione che si trova di fronte, pertanto, un contribuente che avvia le proprie attività nel corso dell’anno 2015 è quella che offre una dop‐pia chance applicativa, ossia la possibilità di avvalersi del regime forfe‐tario introdotto con la Legge di stabilità per il 2015 oppure del regime dei “minimi”, ed in diversi casi il contribuente potrebbe ad esempio non presentare i requisiti di accesso al primo regime ma potere accedere a quello dei “minimi”, ad esempio in base al volume dei ricavi maturati nel periodo d’imposta precedente. Ovviamente rimane sempre in piedi la possibilità di applicare il regime ordinario.
Si veda lo schema che segue.
Tavola 1 ‐ Novità per i marginali
L’art. 1, comma 89, della cit. Legge n. 190/2014, prevede, altresì, che con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’Economia e delle Finanze possono essere dettate le disposizioni necessarie per l’attuazione dei commi da 54 a 88. È poi previsto che con provvedimenti
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del direttore dell’Agenzia delle Entrate sono stabilite le modalità appli‐cative del nuovo regime agevolato forfetario.
Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime
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CAPITOLO 2 I requisiti di accesso ed il passaggio
al nuovo regime
2.1 Ambito soggettivo di applicazione del regime forfetario I soggetti interessati al regime forfetario, così come al regime dei “mi‐nimi”, sono persone fisiche con struttura e capacità produttiva di scarsa entità che operano in qualità di fornitori di beni o servizi.
L’ambito soggettivo del regime forfetario, ai sensi del comma 54, è cir‐coscritto alle persone fisiche esercenti attività di impresa, arte o profes‐sione che, nell’anno solare precedente, hanno conseguito ricavi o com‐pensi, ragguagliati ad anno, non superiori a determinate soglie che va‐riano a seconda del codice Ateco che ricomprende l’attività d’impresa o professionale esercitata. Sono previsti specifici requisitivi e fattori di esclusione di cui si dirà al paragrafo successivo, realizzando anche un raffronto con i requisiti di accesso del regime dei “minimi”, che risulta ancora utilizzabile per le nuove attività del 2015.
La prima cosa da segnalare è che nel regime forfetario non costituisce un fattore ostativo lo svolgimento di attività di impresa o di lavoro au‐tonomo in un periodo d’imposta precedente. Pertanto, il contribuente potrebbe iniziare adesso, nel 2015 (o nei periodi d’imposta successivi) la propria attività, ma potrebbe anche avere aperto la partita IVA da di‐versi anni.
A pure titolo esemplificativo, si evidenzia che l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015 ha confermato la possibilità di accedere al nuovo regime per un imbianchino che esercitava la pro‐pria attività di impresa in regime di contabilità semplificata sin dall’anno 1980.
Questa è una prima ed importante distinzione con il regime dei “mini‐mi”, come rivisitato con l’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, che risulta applicabile esclusivamente alle nuove attività (od ai soggetti che l’avevano intrapresa successivamente al 31 dicembre 2007). Si ricorda, infatti, che con il citato D.L. n. 98/2011 fu in qualche modo ristretto l’ambito applicativo del regime dei “minimi” alle sole nuove attività, e che nell’originaria versione di tale regime, introdotta con la Legge n.
Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime
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244/2007 (Legge finanziaria per il 2008), non era preclusiva la circo‐stanza che il contribuente fosse già in attività.
Attenzione: nuove attività 2014 o 2015
Dato che per l’anno 2015 è ancora possibile accedere al regime dei “minimi”, va sottolineato che con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2012, attuativo dei commi 1 e 2 dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011, è stato disposto che per stabilire quale sia il periodo di imposta di inizio di una nuova attività produttiva non si fa riferimento alla mera apertura della partita IVA, bensì all’effettivo esercizio dell’attività, da intendersi come la prima effet‐tuazione di operazioni attive relative all’attività caratteristica ovvero di quelle passive sempre preordinate a tale attività. Sono, a tal fine, consi‐derate rilevanti le attività necessarie all’allestimento dell’attività come l’acquisto di beni strumentali o di beni destinati alla rivendita o da uti‐lizzare per rendere prestazioni di servizi.
Con la circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015 (risposte a quesiti della stampa specializzata) l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di confer‐mare questa impostazione, con particolare riferimento a soggetti che avevano aperto la partita IVA a fine dicembre dell’anno 2014. In quella fase, in particolare, l’attenzione era focalizzata su eventuali aperture della posizione IVA utili ad applicare il regime dei “minimi”, ritenuto più vantaggioso rispetto al regime forfetario, situazione che invece non po‐teva verificarsi se la suddetta apertura della partita IVA si fosse verifica‐ta nel corso dell’anno successivo.
Quindi l’Amministrazione finanziaria ha ribadito che affinché un’attività si consideri “svolta” ‐ ai fini dell’applicazione del regime fiscale di van‐taggio ‐ non è sufficiente la mera apertura della partita IVA, dovendosi fare riferimento all’effettivo esercizio di un’attività di impresa arte o professione, e quindi maturava l’esigenza, nel caso specifico, che alla data del 31 dicembre 2014 fossero state effettuate operazioni compro‐vanti il concreto esercizio di un’attività d’impresa o professionale. Que‐sto criterio di valutazione potrebbe quindi portare, attualmente, a tra‐sporre di un anno l’ingresso nel regime dei “minimi” con sostitutiva al 5% per i contribuenti che si erano limitati ad aprire la partita IVA senza dare corpo allo svolgimento di nuove attività, con conseguente “allun‐gamento” del complessivo ambito di applicazione del regime (dal 2015
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al 2019 in luogo del quinquennio 2014‐2018, in cui però il 2014 avrebbe assunto un rilievo solo formale poiché con tutta probabilità il contri‐buente non presentava un reddito imponibile).
Nell’ambito del regime forfetario è però previsto un sistema premiale di riduzione del reddito d’impresa riservato alle nuove attività (c.d. start up).
Nella relazione illustrativa al disegno di Legge di stabilità per l’anno 2015 viene precisato che è riconosciuta la possibilità per i soggetti am‐messi a fruire al regime forfetario, di porre in essere operazioni con l’estero, nel presupposto che la peculiare tipologia di operazioni non rappresenta di per sé indice di una struttura organizzativa incompatibile con il regime forfetario.
Non possono accedere al regime forfetario o a quello dei “minimi” le società, di qualsiasi tipo, mentre sono ammessi, oltre agli imprenditori individuali, anche le imprese familiari o coniugali (sempre che tali im‐prese non realizzino una società di fatto). Sono ammessi anche i sogget‐ti che svolgono attività professionale, ma rimangono fuori dal perimetro applicativo coloro che svolgono l’attività professionale in forma associa‐ta. Da questo punto di vista i presupposti soggettivi di accesso sono gli stessi di quelli previsti nell’ambito del regime dei “minimi”.
Vedremo poi che tra i requisiti ostativi all’accesso al regime forfetario, così come al regime dei “minimi”, è prevista anche la partecipazione in un soggetto fiscalmente trasparente, tra i quali vanno annoverate an‐che le associazioni professionali.
Memori di quanto avvenne per il regime dei “minimi” e della correlata procedura di infrazione 2013/2027 (discriminazione del regime imposi‐tivo verso i soggetti UE non residenti in Italia, anche alla luce delle sen‐tenze della Corte di Giustizia Europea: cfr. Corte di Giustizia, Sentenza C‐279/93), si deve mettere in conto la partecipazione nel regime forfe‐tario introdotto con la Legge di stabilità anche per i soggetti non resi‐denti ma che risiedono in uno degli Stati dell’Unione Europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo che assicu‐ra un adeguato scambio di informazioni con l’Italia (quindi anche l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia) e che producono nel territorio italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessi‐vamente prodotto. In tal senso depongono chiaramente anche le indi‐
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cazioni della relazione illustrativa al provvedimento recato dalla Legge di stabilità 2015.
Queste conclusioni valgono, ad ogni buon conto, anche per accedere al regime dei “minimi”, stante le modifiche apportate all’art. 1, comma 99, lett. b), della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, con l’art. 7, comma 3, della Legge 30 ottobre 2014, n. 161 (Legge europea 2013‐bis) a seguito della procedura di infrazione già menzionata.
Di seguito esaminiamo le cause di esclusione (comma 57) ed i requisiti di accesso (comma 54), prima in relazione al regime forfetario e poi per il regime dei “minimi”.
È importante sottolineare sin d’ora che al riguardo se per le cause di esclusione occorre impostare la verifica in relazione al periodo d’imposta per il quale si intende applicare il regime agevolato per i re‐quisiti di accesso detta verifica assorbe, invece, il periodo d’imposta precedente (salvo alcuni requisiti per i “minimi”).
Tuttavia, in relazione alle ipotesi di decadenza il comma 71 prevede, in ogni caso, che il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 (requisiti di accesso) ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57 (cause di esclusione).
Questi riflessi emergono anche per i “minimi”. In entrambi casi è previ‐sta una ulteriore ipotesi di decadenza a seguito dell’attività di controllo.
Tavola 1 ‐ Requisiti di accesso, cause di esclusione e decadenza: i tempi
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2.2 Cause di esclusione dal regime forfetario e dal regime dei “minimi” Per quanto riguarda le cause di esclusione dall’applicazione del regime forfetario va segnalato, innanzi tutto, che esse riguardano la situazione relativa al periodo d’imposta oggetto di tassazione, per il quale il con‐tribuente applica il regime, e non interessano, dunque, il periodo d’imposta precedente, al quale deve essere ricondotta, invece, la verifi‐ca relativa alla sussistenza dei requisiti relativi ai ricavi, alle spese per lavoro ed ai beni strumentali (ved. il paragrafo successivo).
V’è poi da segnalare che le cause di esclusione previste per il regime forfetario sono sostanzialmente speculari a quelle previste nell’ambito al regime dei “minimi”, con qualche distinguo che sarà di volta in volta segnalato. Anche la prassi di riferimento è quella licenziata nel corso del tempo per tale ultimo regime.
Sono escluse, pertanto:
- le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’IVA (vedi tabella di seguito) o di regimi forfetari di determinazione del reddito; sono quindi esclusi dall’applicazione del regime forfetario anche i soggetti che fruiscono di altri regimi forfetari di determina‐zione del reddito. Per i “minimi” la causa di esclusione riguarda esclusivamente l’adozione di un regime speciale IVA. L’esercizio di una attività esclusa dal regime forfetario in quanto soggetta ad un regime speciale IVA ed espressiva ai fini dell’imposta sul reddito del‐le persone fisiche di un reddito d’impresa, preclude l’accesso al re‐gime per le altre attività esercitate non in regime speciale (cfr. citata relazione illustrativa). Nella circolare n. 7/E del 2008 l’Agenzia delle Entrate ha confermato questa impostazione anche in relazione ad ul‐teriori attività di lavoro autonomo eventualmente esercitate; l’Agenzia delle Entrate ha precisato, con la cit. circolare n. 7/E del 2008, che i produttori agricoli, qualora esercitino l’attività nei limiti dell’art. 32 del TUIR, ancorché assoggettati ai fini IVA al regime spe‐ciale di cui agli artt. 34 e 34‐bis, potevano avvalersi del regime de contribuenti minimi con riguardo alle altre attività di impresa arte e professioni eventualmente svolte. Nella menzionata ipotesi, i contri‐buenti assolvono agli adempimenti IVA previsti per i produttori agri‐coli secondo le disposizioni contenute negli artt. 34 e 34‐bis del D.P.R. n. 633/1972 e, ai fini IRPEF, sono tenuti a dichiarare il reddito
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fondiario mentre, relativamente alla ulteriore attività di impresa o di lavoro autonomo, potranno avvalersi del regime dei contribuenti minimi e assolvere ai relativi adempimenti analiticamente descritti nella circolare n. 73/E del 2007. Ad esempio, il soggetto che, in ag‐giunta all’attività agricola assoggettata al regime di cui all’art. 34, eserciti anche attività di riparazione autoveicoli, potrà avvalersi rela‐tivamente a quest’ultima del regime dei contribuenti minimi, qualora ne ricorrano i presupposti. In nessun caso l’attività agricola, sia essa espressiva di reddito fondiario o di reddito d’impresa, potrà rientrare nel regime dei contribuenti minimi qualora sia assoggettata al regi‐me speciale di cui ai più volte citati artt. 34 e 34‐bis.
Quanto ai regimi speciali IVA nella relazione illustrativa alla Legge di stabilità 2015 viene evidenziato che è precluso l’accesso al regime for‐fetario nel caso in cui il contribuente, anche solo marginalmente, si av‐valga delle disposizioni relative alle seguenti attività:
Tabella 1 ‐ Regimi speciali IVA che ostacolano l’accesso al regime forfetario
a) agricoltura e attività connesse e pesca (artt. 34 e 34‐bis del D.P.R. n. 633/1972);
b) vendita sali e tabacchi (art. 74, comma 1, del Decreto IVA);
c) commercio dei fiammiferi (art. 74, comma 1, del Decreto IVA);
d) editoria (art. 74, comma 1, del Decreto IVA);
e) gestione di servizi di telefonia pubblica (art. 74, comma 1, del De‐creto IVA);
f) rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta (art. 74, comma 1, del Decreto IVA);
g) intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al D.P.R. n. 640/1972 (art. 74, comma 6, del Decreto IVA);
h) agenzie di viaggi e turismo (art. 74‐ter del Decreto IVA);
i) agriturismo (art. 5, comma 2, della Legge n. 413/1991);
j) vendite a domicilio (art. 25‐bis, comma 6, del D.P.R. n. 600/1973);
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Tabella 1 ‐ Regimi speciali IVA che ostacolano l’accesso al regime forfetario
k) rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da colle‐zione (art. 36 del D.L. n. 41/1995);
l) agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da colle‐zione (art. 40‐bis del D.L. n. 41/1995).
- i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati Membri dell’UE o in uno Stato aderente all’Accordo sullo SEE che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto (si veda anche il paragrafo precedente); per i “minimi” la causa di esclusione non prevedeva alcun distinguo, ma a seguito della procedura di infrazio‐ne UE con l’art. 7, comma 3, della Legge n. 161/2014 è stato modifi‐cato l’art. 1, comma 99, lett. b), della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, e quindi anche i soggetti non residenti possono accedere al re‐gime di vantaggio se risiedono in uno degli Stati membri dell’UE o in uno Stato aderente all’Accordo sullo SEE che assicuri un adeguato scambio di informazioni, a patto che i redditi siano prodotti nel terri‐torio dello Stato italiano in misura pari almeno al 75% del reddito complessivamente prodotto; per l’individuazione del concetto di re‐sidenza occorre fare riferimento ai criteri generali enunciati all’art. 2, comma 2, del TUIR secondo cui ai fini delle imposte sui redditi si con‐siderano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (cfr. circolare Agenzia delle Entrate n. 7/E del 2008);
i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili (ex art. 10, comma 1, n. 8, del Decreto IVA), o di mezzi di trasporto nuovi (di cui all’art. 53, comma 1, del D.L. n. 331/1993); identica disposizione è prevista per i “minimi”;
coloro che partecipano, contemporaneamente, all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale, a società di persone o
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associazioni in regime di trasparenza ovvero a società a responsabi‐lità limitata in trasparenza per opzione. La disposizione trova appli‐cazione anche per i “minimi”, salvo le distinzioni che seguono.
A questo proposito è stato chiarito, nella più volta citata relazione illu‐strativa alla Legge di stabilità 2015, che il riferimento alla “contempora‐neità” per la verifica della causa ostativa impedisce l’accesso al regime a coloro che detengono partecipazioni in costanza di applicazione del regime forfetario.
Pertanto, emergono i seguenti riflessi fiscali:
è possibile accedere al regime forfetario nelle ipotesi in cui la par‐tecipazione in una società di persone o in una s.r.l. trasparente venga ceduta prima dell’inizio di una nuova attività che dà diritto all’accesso al regime forfetario. Questa regola vale anche se la par‐tecipazione nella società di persone o in una s.r.l. trasparente ven‐ga ceduta nel corso dello stesso periodo di imposta, ma prima dell’accesso al regime forfetario;
Esempio
Potrebbe trattarsi del caso in cui Tizio, persona fisica, detiene una par‐tecipazione nella società Gamma S.n.c., e decide a giugno del 2015 di disfarsene, anche in funzione dell’apertura, a settembre, di una partita IVA per lo svolgimento diretto di attività imprenditoriale, posizione con la quale intende accedere al regime agevolato sin dallo stesso periodo d’imposta 2015.
non è preclusa l’applicazione del regime forfetario nelle ipotesi in cui la partecipazione sia acquisita nel corso dello stesso periodo di imposta, successivamente alla cessazione dell’attività per la quale il regime è stato applicato;
Esempio
Potrebbe trattarsi del caso in cui l’imprenditore Tizio, persona fisica, applichi il regime forfetario dal 2015 ma in cui lo stesso imprenditore cessi l’attività imprenditoriale, ad esempio a settembre dell’anno 2016, per poi acquistare una partecipazione nella società Gamma S.n.c. ad esempio ad ottobre dello stesso anno. In tal caso, ferma restando che
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per una persona fisica il reddito viene ad essere determinato in relazio‐ne ad un unico periodo d’imposta, ossia l’anno 2016, siccome il reddito d’impresa in regime forfetario viene ad essere prodotto prima dell’acquisto della suddetta partecipazione nulla osta a che in relazione a tale reddito vengano applicate le regole previste dalla Legge di stabili‐tà per l’anno 2015 per la parte concernente il reddito di impresa pro‐dotto in regime forfetario.
Ai fini della verifica della causa ostativa riferita alla partecipazione in società di persone, associazioni professionali o s.r.l. trasparenti è irrile‐vante se la partecipazione sia detenuta nell’ambito dell’impresa indivi‐duale ovvero in qualità di persona fisica.
Non costituisce causa ostativa all’accesso al regime il possesso di una partecipazione in società di capitali non trasparenti. Non dovrebbero essere ammessi, pertanto, nemmeno i soci professionisti di una società tra avvocati, cui i relativi redditi vengono ad essere imputati per traspa‐renza, ma si rinvia ai chiarimenti che saranno resi dai competenti Orga‐ni.
Va sottolineato che questo trattamento non sembra del tutto sovrap‐ponibile rispetto a quello applicabile ai contribuenti che intendono ac‐cedere al regime dei “minimi” o che già applicano lo stesso dai periodi d’imposta precedenti al 2015. Con la risoluzione n. 146/E del 9 giugno 2009, dell’Agenzia delle Entrate, fu precisato che la causa di esclusione di cui all’art. 1, comma 99, lett. d), prevista per i “minimi”, operava in tutti i casi in cui il contribuente, nello stesso periodo d’imposta, avesse esercitato in forma individuale un’attività d’impresa, artistica o profes‐sionale ed avesse partecipato a società di persone o associazioni di cui all’art. 5 del TUIR; con la circolare n. 17/E del 30 maggio 2012 l’Agenzia delle Entrate ebbe poi modo di chiarire che questa preclusione operava anche se nel corso del periodo d’imposta, ed in ogni caso prima dell’inizio dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo, la partecipazio‐ne veniva dismessa. In questa occasione l’Amministrazione finanziaria ebbe modo di osservare come fosse evidente la volontà del Legislatore di evitare che redditi appartenenti alla stessa categoria, d’impresa o di lavoro autonomo, conseguiti nello stesso periodo d’imposta ed imputa‐bili al medesimo contribuente fossero assoggettati a due diversi regimi di tassazione.
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C’è da dire che attualmente, in forza della sostanziale uniformità del dettato normativo di riferimento (che però in un caso prevede la conte‐stualità ed in un altro la contemporaneità) dovrebbe essere adottato un criterio ermeneutico uniforme per i due regimi (forfetario e dei “mini‐mi”), poiché diversamente in ipotesi limite il contribuente che ha inizia‐to una nuova attività nel 2015 (ad esempio a giugno) avendo dismesso ad esempio in corso dello stesso anno (ad esempio ad aprile) una parte‐cipazione in una s.n.c. si vedrebbe costretto ad applicare il regime forfe‐tario a discapito del regime dei “minimi”, ma non se ne intravede il mo‐tivo sul piano della concreta razionalità nell’applicazione di determinati istituti, essenzialmente. Si rinvia, ad ogni buon conto, ai chiarimenti che saranno resi dai competenti Organi.
Si ribadisce, infine, che le cause di esclusione vanno riferite al momento di applicazione del regime e non all’anno antecedente all’ingresso nel medesimo; pertanto, il verificarsi di una delle predette cause nell’anno precedente all’accesso non è di impedimento all’applicazione del regi‐me qualora la stessa sia venuta meno prima dell’inizio di tale anno.
2.3 Condizioni di accesso al regime forfetario Va innanzi tutto evidenziato che i requisiti di accesso vanno verificati in relazione all’annualità precedente rispetto a quella per la quale si in‐tende accedere al nuovo regime forfetario. I requisiti di accesso al re‐gime dei “minimi” saranno esaminati nel paragrafo 2.4.
Così, per una società che intende accedere sin dall’anno 2015 al regime forfetario, ad esempio perché opera già da diversi anni, occorrerà veri‐ficare il livello dei ricavi e delle spese sull’annualità 2014.
Sono previsti ben quattro requisiti di accesso, di cui un primo relativo al livello dei ricavi o dei compensi, un secondo relativo alle spese sostenu‐te per il lavoro, il terzo relativo alle spese per beni strumentali ed il quarto concernente la produzione di eventuali altri redditi diversi da quello di impresa o professionale. In alcuni casi abbiamo una sostanzia‐le sovrapposizione dei requisiti con quelli previsti per il regime dei “mi‐nimi”, mentre in altri abbiamo delle sensibili differenze.
Certamente un importante elemento di differenziazione è costituito dal requisito della prevalenza del reddito d’impresa o professionale rispet‐to ad altre manifestazioni reddituali riconducibili alla sfera del lavoro
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dipendente, requisito previsto esclusivamente in relazione al regime forfetario.
Una importante differenza attiene proprio alla posizione dei contri‐buenti che avviano la propria attività, e ricordiamo che anche per i con‐tribuenti che iniziano l’attività nel corso dell’anno 2015 è possibile ac‐cedere al regime dei “minimi”. In particolare, nell’ambito di questo se‐condo regime se in sede di inizio attività si dichiara di presumere il su‐peramento dei requisiti di legge (ad esempio in relazione ai ricavi) ed invece poi gli stessi requisiti non vengono rispettati superando la soglia dei ricavi (30.000 euro da ragguagliare ad anno) per oltre il 50%, l’applicazione del regime dei “minimi” viene meno sin dall’inizio del pe‐riodo d’imposta, ossia nel caso specifico dallo stesso periodo d’imposta 2015 (si veda anche il par. 2.4).
Va osservato che invece questa limitazione non è prevista nell’ambito del regime forfetario, ragione per cui se il contribuente dichiara di rien‐trare nelle condizioni di legge per i ricavi e poi sfora il tetto massimo di ricavi, anche per oltre il 50%, rimane ferma l’applicazione del regime forfetario per l’anno 2015.
Esempio
Si prenda in considerazione il caso di un imprenditore che inizia l’attività a marzo dell’anno 2015 e che intende accedere al regime dei “minimi”, ma che poi a consuntivo realizza, tenendo conto del raggua‐glio ad anno, ricavi di importo corrispondente a 50.000 euro. In questo caso il contribuente ha indicato in fattura e nel Mod. AA9/8 (ove ag‐giornato e secondo le indicazioni che saranno rese dai competenti Or‐gani) la propria volontà di accedere al regime dei “minimi”, ma a fine anno a consuntivo non emergono le condizioni di legge atte a supporta‐re questo regime, e quindi risulta obbligato a riaddebitare l’IVA e a re‐golarsi come se avesse applicato sin dall’inizio il regime ordinario, an‐che ai fini delle imposte sui redditi.
Tenendo conto che questo contribuente al contempo non realizza nemmeno le condizioni per accedere al regime forfetario si dovrebbe poter escludere l’applicazione, per l’anno 2015, oltre che per il 2016, dell’agevolazione introdotta dalla Legge di stabilità 2015, e ciò anche per evitare tutte le complicazioni connaturate al passaggio da regime a
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regime da periodo a periodo, anche se sul piano formale lo sforamento del limite dei ricavi previsti per il regime forfetario (ad esempio 40.000 euro quando il contribuente ha dichiarato 50.000 euro), non determi‐nerebbe l’impossibilità di applicare il regime forfetario per il primo pe‐riodo di attività, regime il quale, peraltro, si pone quale regime naturale per il contribuente, che però ha manifestato una diversa intenzione in sede di comunicazione dell’inizio attività. Si rinvia, ad ogni buon conto, alle precisazioni che saranno rese dai competenti Organi.
Se però il contribuente in questione optasse direttamente per il regime forfetario avrebbe diritto ad applicare questa agevolazione nel Mod. UNICO 2016, e quindi anche questo costituisce un fattore di valutazio‐ne nell’ambito della scelta tra il regime dei “minimi” e quello forfetario, ferma restando le complicazioni di cui si è già fatta segnalazione in or‐dine al passaggio da regime a regime, sia sul fronte IVA che in relazione all’ambito delle imposte sui redditi.
Nel dettaglio, l’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014, stabilisce che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o profes‐sioni applicano il regime forfetario se, al contempo, nell’anno prece‐dente hanno rispettato 4 requisiti, ciascuno dei quali individuato con una lettera da a) a d). Il primo requisito attiene al conseguimento di ri‐cavi ovvero alla percezione di compensi, ragguagliati ad anno, non su‐periori ai limiti indicati nell’allegato n. 4 annesso alla stessa Legge n. 190/2014, diversi a seconda del codice Ateco che contraddistingue l’attività esercitata; al riguardo si veda la Tab. n. 2; per individuare i ri‐cavi o i compensi rilevanti a questi fini occorre fare riferimento a quan‐to previsto, rispettivamente, dagli art. da 57 a 85 del TUIR e 54 del TUIR.
Esempio
Se si considera la posizione di un’impresa che svolge attività dei servizi di alloggio e ristorazione (cod. Ateco 55‐56) si riscontra che il limite di ricavi, riferito all’annualità precedente (per il 2015 rileva il 2014) è pari a 40.000 euro. In questo caso, peraltro, il coefficiente di redditività pre‐suntivo è pari al 40%.
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© Wolters Kluwer ‐ Nuovo regime forfetario e novità per i minimi 25
Tra i ricavi, deve, quindi, essere compreso anche il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore da attribuire in conformità alle disposizioni contenute nell’art. 9, comma 3, del TUIR.
Tale limite deve essere ragguagliato all’anno nel caso di inizio di attività in corso di anno. Non rileva, in ogni caso, l’indennità di maternità sosti‐tutiva del reddito di impresa.
Per l’accesso al regime i ricavi devono essere assunti considerando, per quanto concerne le imprese, la competenza economica. In pratica, si dovrà tener conto, per la verifica del citato limite, anche delle cessioni o prestazioni eventualmente non ancora fatturate per le quali, però, si sono verificati i presupposti previsti dall’art. 109, comma 2, del TUIR.
Questo costituisce certamente un fattore di complicazione, capace di ingenerare, peraltro, confusione applicativa, visto che sul fronte della determinazione del reddito (concernente l’annualità successiva) rileva il criterio di cassa (si veda oltre).
La questione è stata peraltro oggetto di un quesito presentato al tradi‐zionale appuntamento di inizio anno con le risposte dei tecnici dell’Agenzia delle Entrate (c.d. Telefisco del 29 gennaio 2015, cfr. cit. circolare n. 6/E del 2015), cui era stato chiesto come ci si dovesse rego‐lare in relazione alla quantificazione dei ricavi per un soggetto che nel periodo d’imposta 2014 applicava il regime dei “minimi”, come riformu‐lato a seguito del D.L. n. 98/2011, stante che tale regime prevede, co‐munque, l’applicazione del criterio di cassa.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che ai fini in esame si deve tenere conto del regime applicato dal contribuente, ragione per cui se quest’ultimo applicava il regime dei “minimi” non vale, ai fini dell’accesso al regime forfetario, il criterio di competenza, ma invece deve farsi riferimento al criterio di cassa.
Come evidenziato nella relazione illustrativa al provvedimento, i ricavi di competenza dell’anno precedente a quello di accesso al regime rile‐vano anche se relativi ad una attività cessata diversa da quella iniziata nel corso dell’anno successivo e per la quale si intende usufruire del re‐gime forfetario. In sostanza, i ricavi conseguiti nell’anno solare prece‐dente prescindono, totalmente, dall’attività a cui gli stessi si riferiscono,
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pertanto la posizione del contribuente va considerata nel suo insieme e non in relazione alla specifica attività svolta.
Per l’esatta individuazione dei ricavi si deve fare riferimento, per le im‐prese, a quanto previsto dall’art. 85 del TUIR (in virtù del rinvio di cui all’art. 56 del TUIR. Si veda anche quanto previsto dall’art. 57 in materia di ricavi. Per i professionisti si veda l’art. 54 del TUIR, che peraltro an‐novera tra i compensi anche quelli conseguiti sotto forma di partecipa‐zione agli utili), e quindi, a titolo esemplificativo, anche ai contributi in conto esercizio o alle indennità conseguite a titolo di risarcimento, an‐che in forma assicurativa, per la perdita od il danneggiamento di beni quali ad esempio quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.
Senza elencare le numerose ipotesi ivi contemplate, che nella massima parte dei casi non riguardano la posizione dei contribuenti di piccola dimensione interessati dal regime in esame, merita sottolineare quanto previsto dalla lett. c), comma 1, del cit. art. 85, secondo cui rientrano tra i ricavi anche i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di parte‐cipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed en‐ti di cui all’art. 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica la participation exemption, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (è poi previsto che se le partecipazioni sono nelle società o enti di cui all’art. 73, comma 1, lett. d, del TUIR ossia ai soggetti non residenti, si applica il comma 2 dell’art. 44 del TUIR).
Il comma 55 prevede, in completa sintonia con quanto era già previsto per il regime dei “minimi”, che ai fini della determinazione di tale limite non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore ed ai parametri.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 6/E del 2015, ha avuto poi modo di precisare, in risposta ad uno specifico quesito, che all’infuori dei ricavi o compensi derivanti dall’adeguamento agli studi od ai para‐metri ogni altro ricavo o compenso concorre alla formazione delle so‐glie di accesso al regime forfetario, compresi quelli derivanti da cessioni all’esportazioni effettuate con la Città del Vaticano e con San Marino.
Nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da dif‐ferenti codici Ateco, si assume il limite più elevato dei ricavi e dei com‐
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pensi relativi alle diverse attività esercitate. Va ricordato che nel caso del regime dei “minimi” il limite dei ricavi deve essere riferito alla somma dei ricavi e compensi relativi alle singole attività (cfr. circolare n. 73/E del 21 dicembre 2007, Agenzia delle Entrate). Nella Tab. n. 2 sono riportati i limiti dei ricavi utili per accedere al regime forfetario, distinti per tipologia di attività esercitata.
Tabella 2 ‐ Limiti di accesso al regime dei ricavi e compensi
Settore e codice attività ATECO 2007 Limiti ricavi o compensi
Industrie alimentari e delle bevande: (10 ‐ 11) 35.000
Commercio all’ingrosso e al dettaglio: 45 ‐ (da 46.2 a 46.9) ‐ (da 47.1 a 47.7) ‐ 47.9
40.000
Commercio ambulante e di prodotti alimentari e bevan‐de: 47.81
30.000
Commercio ambulante di altri prodotti: 47.82 ‐ 47.89 20.000
Costruzioni e attività immobiliari: (41 ‐ 42 ‐ 43) ‐ (68) 15.000
Intermediari del commercio: 46.1 15.000
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione: (55 ‐ 56) 40.000
Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi: (64 ‐ 65 ‐ 66) ‐ (69 ‐ 70 ‐ 71 ‐ 72 ‐ 73 ‐ 74 ‐ 75) ‐ (85) ‐ (86 ‐ 87 ‐ 88)
15.000
Altre attività economiche: (01 ‐ 02 ‐ 03) ‐ (05 ‐ 06 ‐ 07 ‐ 08 ‐ 09) ‐ (12 ‐ 13 ‐ 14 ‐ 15 ‐ 16 ‐ 17 ‐ 18 ‐ 19 ‐ 20 ‐ 21 ‐ 22 ‐ 23 ‐ 24 ‐ 25 ‐ 26 ‐ 27 ‐ 28 ‐ 29 ‐ 30 ‐ 31 ‐32 ‐ 33) ‐ (35) ‐ (36 ‐ 37 ‐ 38 ‐ 39) ‐ (49 ‐ 50 ‐ 51 ‐ 52 ‐ 53) ‐ (58 ‐ 59 ‐ 60 ‐ 61 ‐ 62 ‐ 63) ‐ (77 ‐ 78 ‐ 79 ‐ 80 ‐ 81 ‐ 82) ‐ (84) ‐ (90 ‐ 91 ‐ 92 ‐ 93) ‐ (94 ‐ 95 ‐ 96) ‐ (97 ‐ 98) ‐ (99)
20.000
Il secondo requisito di accesso al regime forfetario, individuato dalla lett. b) del citato comma 54, stabilisce che i contribuenti applicano il re‐gime forfetario se nell’anno precedente hanno sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore ad euro 5.000 lordi per:
lavoro accessorio di cui all’art. 70 del D.Lgs. n. 276/2003;
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per lavoratori dipendenti (art. 49 del TUIR);
per collaboratori di cui all’art. 50, comma 1, lett. c) e c‐bis), del TUIR, anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto ai sensi degli artt. 61 ss. del cit. D.Lgs. n. 276/2003 (in sostanza, bor‐sisti, collaboratori coordinati e continuativi, contrattisti a progetto);
le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli asso‐ciati in partecipazione che apportano solo lavoro (reddito assimila‐to a quello di lavoro dipendente per chi lo percepisce) di cui all’art. 53, comma 2, lett. c), del TUIR;
le somme erogate dall’imprenditore ai propri familiari per il lavoro prestato (art. 60 del TUIR). Si è già segnalato che l’accesso al regime forfetario spetta anche alle imprese familiari.
Il terzo requisito di accesso, individuato dalla lett. c) del comma 54, at‐tiene al costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, dei beni stru‐mentali, che alla chiusura dell’esercizio non deve superare 20.000 euro. A tal fine rileva quindi il costo al lordo delle quote di ammortamento. Il suddetto costo va computato nel seguente modo:
per i beni in locazione finanziaria rileva il costo sostenuto dal con‐cedente;
per i beni in locazione, noleggio e comodato rileva il valore normale di cui all’art. 9 del TUIR; tale ultima disposizione prevede, al comma 3, che per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condi‐zioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializza‐zione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto pos‐sibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i ser‐vizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di com‐mercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore;
i beni, detenuti in regime di impresa o arte e professione, utilizzati promiscuamente per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o professione
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e per l’uso personale o familiare del contribuente, concorrono nella misura del 50%;
i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro non rilevano;
i beni immobili, comunque acquisiti, ed utilizzati per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione sono irrilevanti; questa esclusione acquista un certo rilievo, oltre che per i requisiti di acces‐so, anche ove si considerino anche le regole concernenti la tassa‐zione delle plusvalenze dei beni dell’impresa, di cui si dirà nel capi‐tolo quarto.
Al Videoforum organizzato da Italia Oggi il 22 gennaio 2015 l’Agenzia delle Entrate ha precisato, in risposta ad uno specifico quesito (queste risposte, così come quelle rese a Telefisco, sono poi state trasfuse nella circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015, dell’Agenzia delle Entrate), che nel valore dei beni strumentali da considerare ai fini dell’accesso al nuove regime forfetario non sono ricompresi anche i beni immateriali (avvia‐mento, spese di impianto, e così via). In particolare, l’Agenzia ha ricor‐dato che in relazione al regime dei “minimi” con la circolare n. 7/E del 2008 ebbe modo di chiarire che il riferimento contenuto nella norma al‐la nozione di strumentalità dei beni da prendere in considerazione in‐duce a ritenere che non rilevino a questi fini taluni costi riferibili ad atti‐vità immateriali, come quello sostenuto per l’avviamento o altri ele‐menti immateriali comunque riferibili all’attività, che non si caratteriz‐zano per il loro concreto utilizzo nell’ambito dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo. Con lo stesso documento di prassi l’Amministrazione finanziaria ha avuto modo di chiarire che al fine di verificare il limite all’acquisto dei beni strumentali si assumono i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate ai sensi dell’art. 6 del Decreto IVA, e che conse‐guentemente occorre far riferimento all’ammontare dei corrispettivi degli acquisti che rilevano in base alle ordinarie regole dell’IVA, secondo cui i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi costi‐tuiscono la base imponibile cui è commisurata l’imposta. Pertanto, co‐me già chiarito con la cit. circolare n. 7/E del 2008, sia in fase di accesso che durante la sua applicazione, il rispetto del limite degli acquisti di beni strumentali va verificato con riferimento al costo sostenuto al net‐to dell’IVA, anche se non è stato esercitato il diritto alla detrazione.
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2.3.1 La prevalenza del reddito La lett. d) del più volte citato comma 54 prevede, quale ultimo requisito di accesso al regime forfetario, che i redditi conseguiti nell’attività d’impresa, dell’arte o della professione debbono essere in misura pre‐valente rispetto a quelli eventualmente percepiti come redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui ri‐spettivamente agli artt. 49 e 50 del TUIR; la verifica della suddetta pre‐valenza non è, comunque, rilevante se il rapporto di lavoro è cessato o la somma dei redditi d’impresa, dell’arte o professione e di lavoro di‐pendente o assimilato non eccede l’importo di 20.000 euro.
Pertanto, per effetto di una modifica che è stata introdotta dalla Com‐missione Bilancio del Senato al Maxiemendamento del d.d.l. Stabilità per il 2015, in caso di presenza di altri redditi di lavoro dipendente ed assimilati (es: da pensione) la lett. d) del comma 54 prevede che per ac‐cedere al regime forfetario i redditi di impresa o di lavoro autonomo debbono essere prevalenti rispetto ai primi.
Attenzione La suddetta condizione non è prevista per il regime dei “minimi”, e quindi molta attenzione va fatta in quei casi in cui un soggetto lascia il proprio lavoro od aveva altri redditi prima di iniziare la nuova attività, perché l’unica chance concretamente praticabile potrebbe essere pro‐prio quella basata sull’applicazione di una imposta sostitutiva del 5%.
Questa regola viene meno in due casi:
1. se la somma di tutti i redditi in questione non eccede il limite di 20.000 euro;
2. se il rapporto di lavoro è cessato. A questo riguardo sembrerebbe che la suddetta interruzione del rapporto di lavoro debba intervenire sempre nell’anno di osservazione (l’anno precedente a quello per il quale si intende accedere al regime), anche se tra una cessazione del rapporto di lavoro, ad esempio a dicembre dell’anno 2014 ed a gen‐naio dell’anno 2015 non si intravedono sostanziali differenze di ordi‐ne pratico. Si rinvia, ad ogni buon conto, ai chiarimenti che saranno resi dai competenti Organi.
Come si diceva, anche la suddetta verifica va realizzata nell’anno prece‐dente a quello di accesso nel regime in esame (ad esempio, per il 2015 la verifica riguarda il 2014).
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Si prendano in considerazione i seguenti esempi:
Caso 1: si supponga che nell’anno 2014 il reddito di impresa sia pari ad 8.000 euro e che il reddito di lavoro dipendente sia pari a 15.000 euro; in questo caso per l’anno 2015 il contribuente non potrà accedere al re‐gime agevolato.
Caso 2: si supponga che nell’anno 2014 reddito di lavoro autonomo sia pari a 7.000 euro e che il reddito di lavoro dipendente sia pari a 12.000 euro; in questo caso per l’anno 2015 il contribuente potrà applicare il regime forfetario, nonostante il fatto che il reddito attratto a sostitutiva non possa considerarsi prevalente.
Caso 3: si supponga che nell’anno 2014 il reddito di impresa corrispon‐da a 16.000 euro e che il reddito di lavoro dipendente sia pari a 12.000 euro; in questo caso per l’anno 2015 il contribuente potrà accedere al regime forfetario. Non scatta, in particolare, il confronto con la soglia pari a 20.000 euro.
Caso n. 4: si supponga che nell’anno 2014 reddito di impresa sia pari a 10.000 euro e che il reddito di lavoro dipendente sia pari a 12.000 euro, ma si supponga anche che il rapporto di lavoro in questione sia cessato a novembre dell’anno 2014; in questo caso, nonostante il reddito d’impresa non sia prevalente e la somma dei due redditi sia di importo eccedente al valore di 20.000 euro, per l’anno 2015 il contribuente po‐trà comunque applicare il regime forfetario perché comunque il rappor‐to di lavoro si è chiuso.
2.4 Requisiti di accesso al regime dei “minimi” Va innanzi tutto sottolineato che il regime dei “minimi” riesumato pro tempore in sede di conversione del Decreto Milleproroghe (cit. Legge n. 11 del 27 febbraio 2015) è quello contemplato dall’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, ragione per cui occorre fare riferimento ai requisiti previsti dall’art. 1, comma 96, della Legge n. 244/2007, come integrati dal suddetto Decreto (entra in gioco anche il requisito della novità, es‐senzialmente), avendo poi a mente l’estensione operata nel corso dell’anno 2015 alle nuove attività proprie di tale ultimo anno.
I soggetti che iniziano l’attività possono applicare il regime dei “minimi” se prevedono di rispettare le condizioni di accesso, tenendo conto, in
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particolare, che il limite dei 30.000 euro di ricavi o compensi deve esse‐re ragguagliato all’anno.
Come già anticipato nei paragrafi precedenti, se in sede di inizio attività si dichiara di presumere il superamento dei requisiti di legge (ad esem‐pio in relazione ai ricavi) ed invece poi gli stessi requisiti non vengono rispettati superando la soglia dei ricavi per oltre il 50%, l’applicazione del regime dei “minimi” viene meno sin dall’inizio del periodo d’imposta, ossia, nel caso specifico, dallo stesso periodo d’imposta 2015.
Con la circolare n. 73/E del 2007 l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di chiarire che se in corso d’anno (nel 2015) i corrispettivi o i ricavi supe‐rano la soglia pari a 30.000 euro incrementata del 50%, è dovuta l’IVA relativa alle operazioni effettuate nel corso dell’intero anno solare. Per la frazione d’anno antecedente al superamento del limite la suddetta IVA sarà determinata mediante scorporo dai corrispettivi, in ogni caso facendo salvo il diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acqui‐sti.
Scattano in questo caso una serie di adempimenti che il contribuente è tenuto ad assolvere fin dall’inizio del periodo d’imposta in corso al mo‐mento del superamento del limite, ossia l’istituzione dei registri IVA en‐tro il termine per l’effettuazione della liquidazione periodica relativa al mese o trimestre in cui è stato superato il limite, vanno rispettati gli obblighi IVA ordinariamente previsti per le operazioni effettuate suc‐cessivamente al superamento del limite, deve essere presentata la co‐municazione dati e la dichiarazione annuale IVA e va versata la relativa IVA a saldo entro i termini ordinari; vanno poi annotati i corrispettivi e gli acquisti effettuati anteriormente al superamento del limite entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale IVA, vanno istituiti i registri e le scritture contabili, e bisogna annotare le operazioni con le modalità e nei termini ivi stabiliti a decorrere dal mese in cui è stato superato il predetto limite, va presentata la comunicazione dati ai fini degli studi di settore e dei parametri e le dichiarazioni dei redditi ed IRAP e vanno versate le imposte sui redditi a saldo, risultanti dalla di‐chiarazione annuale; il reddito va calcolato applicando le regole del TUIR e scatta l’obbligo di applicare l’IRAP, nonché di annotare le opera‐zioni relative alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, nonché agli
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acquisti effettuati anteriormente al superamento del predetto limite entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale.
Per le disposizioni attuative del regime dei “minimi” occorre quindi fare riferimento al Provv. del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 22 dicem‐bre 2011, e in quanto alla prassi il punto di partenza sono le indicazioni della circolare n. 17/E del 2012, dell’Agenzia delle Entrate, che per molti versi fa perno sui chiarimenti resi dalla stessa Amministrazione finanzia‐ria in relazione all’originaria versione del regime dei “minimi”, introdot‐ta con la Legge finanziaria per l’anno 2008 (circolare n. 73/E del 2007, circolare n. 7/E del 2008, circolare n. 13/E del 2008). Resta ferma la du‐rata e l’impostazione del regime dei “minimi”, ragione per cui il regime fiscale di vantaggio può essere applicato esclusivamente per il periodo di imposta in cui l’attività è iniziata e per i quattro periodi di imposta successivi. Coloro che allo scadere del quinquennio non hanno ancora compiuto trentacinque anni, possono prolungare l’applicazione del re‐gime fino al periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età.
Ad esempio Un contribuente di 38 anni che inizia l’attività nel corso dell’anno 2015 potrà applicare la sostitutiva al 5% fino al periodo d’imposta 2019, ri‐correndone i presupposti applicativi.
Ad esempio Un contribuente che inizia nel 2015 la propria attività ed ha 25 anni po‐trà invece continuare ad applicare il regime dei minimi fino al periodo d’imposta 2025, ferma restando la verifica dei requisiti di accesso, da effettuare di anno in anno.
È previsto un doppio ordine di requisiti, di cui un primo riguardante il “peso” dell’attività svolta, ed un secondo da ascrivere all’elemento del‐la novità dell’attività esercitata.
In particolare, sotto il primo profilo, il regime dei contribuenti minimi è riservato alle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato esercen‐ti attività di impresa, arti o professioni, che nell’anno solare precedente hanno conseguito ricavi o compensi in misura non superiore a 30.000 euro. Come sottolineato con la prassi diffusa dall’Agenzia delle Entrate
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(cfr. circolari n. 73/2007, n. 7/2008 e n. 13/2008) ai fini della determi‐nazione di tale limite:
i ricavi e i compensi rilevanti sono quelli richiamati rispettivamente dagli artt. da 57 a 85 (imprese) e 54 del TUIR (professionisti);
rilevano i ricavi di competenza dell’annualità precedente, ad esem‐pio i ricavi relativi all’anno 2014 per i contribuenti che intendono accedere al regime forfetario dal 2015, avvalendosi della proroga approvata in sede di conversione in legge del Decreto Milleproro‐ghe;
non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore e dai parametri;
se sono esercitate contemporaneamente più attività, il limite va ri‐ferito alla somma dei ricavi e compensi relativi alle singole attività (si tratta di un aspetto che nell’ambito del regime forfetario è rego‐lato diversamente: in caso di contemporaneo svolgimento di attività relativi a diversi codici Ateco si assume il limite più elevato dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate);
per i soggetti che svolgono attività di rivendita di generi soggetti ad aggio o a ricavo fisso assume rilievo l’aggio o il ricavo fisso, ferma restando che non possono applicare il regime dei contribuenti “mi‐nimi” coloro che si avvalgono dei regimi speciali IVA;
nel caso di svolgimento di attività occasionale non rientrante in quella oggetto del regime dei “minimi” non rilevano gli eventuali compensi occasionali per prestazioni di consulenza qualificabili co‐me redditi diversi ai sensi dell’art. 67 del TUIR.
Per avvalersi del regime dei “minimi” è poi necessario rispettare ulte‐riori condizioni. Nell’anno solare precedente il contribuente:
non deve aver effettuato cessioni all’esportazione, ovvero opera‐zioni assimilate alle cessioni all’esportazione, servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, operazioni con lo Stato della Cit‐tà del Vaticano o con la Repubblica di San Marino, trattati ed accor‐di internazionali (cfr. artt. 8, 8‐bis, 9, 71 e 72 del D.P.R. n. 633/1972); le prestazioni per le quali non sussiste ai fini dell’IVA il requisito della territorialità non precludono l’accesso al regime dei
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“minimi”, ferma che le stesse rilevano ai fini del limite pari a 30.000 euro previsto per i ricavi (circolare n. 13/2008);
non deve aver sostenuto spese per lavoro dipendente o per colla‐boratori di cui all’art. 50, comma 1, lett. c) e c‐bis), del TUIR, anche assunti con le modalità riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, o fase di esso, ai sensi degli artt. 61 ss. del D.Lgs. 10 settem‐bre 2003 n. 6; tale disposizione vale anche in relazione alle spese per prestazioni di lavoro effettuate dall’imprenditore medesimo o dai suoi familiari, di cui all’art. 60 del TUIR, ad eccezione dei com‐pensi corrisposti ai collaboratori dell’impresa familiare; rilevano an‐che le somme sostenute per il TFR, intendendo per tali le quote ma‐turate nel periodo d’imposta (circolare n. 13/2008);
non deve aver erogato somme sotto forme di utili di partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro di cui all’art. 53, comma 2, lett. c) del TUIR; in caso di attività affidate al raggruppa‐mento temporaneo svolte dai professionisti in modo autonomo e separato non emergono ostacoli all’accesso al regime.
Inoltre, il contribuente non deve aver acquistato, anche mediante con‐tratti di appalto e di locazione, nei tre anni precedenti a quello di in‐gresso nel regime, beni strumentali di valore complessivo superiore a 15.000 euro, considerato al netto dell’IVA.
Il valore dei beni strumentali, sia mobili che immobili, è costituito dall’ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni di acquisto ef‐fettuate anche presso soggetti non titolati di partita IVA. Rileva il corri‐spettivo complessivo del bene strumentale acquisito, a prescindere, quindi, dalle modalità con le quali l’acquisto medesimo è stato finanzia‐to (ad esempio un contributo, cfr. circolare n. 13/2008).
I predetti corrispettivi rilevano, ai fini della determinazione del valore complessivo degli acquisti nel triennio, con riguardo al momento in cui le operazioni si considerano effettuate ai fini IVA (art. 6 del D.P.R. n. 633/1972) e quindi, in genere, al momento della consegna o spedizione per l’acquisto di beni mobili e al momento di stipula dell’atto per beni immobili. I beni strumentali solo in parte utilizzati nell’ambito dell’attività di impresa o di lavoro autonomo rilevano per un valore pari al 50% dei relativi corrispettivi.
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2.5 La condizione della novità per i “minimi”
Su questo aspetto si ritornerà nel capitolo quarto, nel paragrafo in cui si illustrano le condizioni di accesso per l’ulteriore beneficio consistente nella riduzione ad 1/3 del reddito riservato alle start up.
Infatti il Legislatore della Legge di stabilità dell’anno 2015 ha ripreso, essenzialmente, le condizioni che a suo tempo erano previste dal D.L. n. 98/2011, ferma restando che in un caso (“minimi”) si dà riferimento alla soglia di accesso pari a 30.000 euro e che in un secondo caso (regime forfetario) si punta alle soglie di ricavi variabili in base all’attività eserci‐tata. L’aspetto sarà quindi affrontato sinteticamente in questa sede, anche per il fatto che se un contribuente non è al primo anno di attività può determinarsi questo genere di situazioni:
caso 1: già applicava il regime dei “minimi”, caso in cui potrà conti‐nuare ad applicare questo regime fino all’esaurimento del quin‐quennio o al compimento del 35esimo anno di età;
caso 2: si era costituito ad esempio nel corso del 2014 e non aveva deciso di applicare il regime dei “minimi”: attualmente questo con‐tribuente non potrà comunque accedere al regime dei “minimi”, ri‐servato alle nuove attività costituite nel corso dell’anno 2015; con le disposizioni previste in sede di conversione in legge del Decreto Mil‐leproroghe (cit. Legge n. 11/2015) sono state infatti riprese le dispo‐sizioni del D.L. n. 98/2011, che consentivano questa scelta alle sole nuove attività che realizzino i requisiti di legge;
caso 3: non sembra possibile che un contribuente che applicava il regime delle nuove iniziative produttive possa adesso applicare il regime dei “minimi”; al più, in base alle disposizioni recate dal comma 86, art. 1, della Legge n. 190/2014, questo contribuente po‐trà applicare il regime forfetario (ricorrendone i presupposti), ferma restando la possibilità di optare per il regime ordinario (comma 88). A questo contribuente, peraltro, in caso di accesso al regime dei “minimi”, è lasciata anche la possibilità di avvalersi della riduzione di 1/3 del reddito, se ha iniziato l’attività nel corso del 2013 (ma solo fino per l’anno 2015) o nel 2014 (ma solo per gli anni 2015 e 2016).
Ad ogni buon conto, l’art. 27, comma 2, del D.L. n. 98/2011 prevede che l’accesso al regime fiscale di vantaggio (minimi) è ammesso a condizio‐ne che:
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a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività di impresa o professionale, attività artistica, professio‐nale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;
b) l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prose‐cuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di la‐voro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività prece‐dentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
c) qualora venga proseguita un’attività d’impresa svolta in preceden‐za da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predet‐to beneficio, non sia superiore a 30.000 euro.;
d) nella circolare n. 17/E del 2012 l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di sottolineare che tali requisiti sono identici a quelli previsti per l’applicazione del regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, di cui all’art. 13 della Legge n. 388/2000, e che pertanto restavano validi in proposito i chiarimenti forniti con i pre‐cedenti documenti di prassi, salvo quanto precisato nella stessa cir‐colare n. 17/E del 2012 (si rinvia al cap. IV).
2.6 Cause di esclusione dal regime dei “minimi” Ai sensi dell’art. 1, comma 99, della Legge n. 244/2007 (Legge finanzia‐ria per il 2008) sono esclusi dal regime dei “minimi” i soggetti non resi‐denti che svolgono l’attività nel territorio dello Stato (si è già evidenzia‐to che non sono esclusi i soggetti non residenti che risiedono in uno de‐gli Stati dell’Unione Europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo che assicura un adeguato scambio di infor‐mazioni con l’Italia ‐ quindi anche l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia ‐ e che producono nel territorio italiano redditi che costituiscono alme‐no il 75% del reddito complessivamente prodotto) e coloro che si avval‐gono di regimi speciali di determinazione dell’IVA (ved. paragrafi prece‐denti), coloro che, in via esclusiva o prevalente, effettuano operazioni di cessione di fabbricati o porzioni di fabbricato e terreni edificabili (di cui all’art. 10, n. 8, del D.P.R. n. 633/1972), ovvero di mezzi di trasporto nuovi (di cui all’art. 53, comma 1, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, con‐vertito con modificazioni dalla Legge 29 ottobre 1993, n. 427). Non rien‐trano, infine, tra i contribuenti “minimi” coloro che, pur esercitando at‐tività imprenditoriale, artistica o professionale in forma individuale,
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partecipano, nel contempo, a società di persone o ad associazioni pro‐fessionali, costituite in forma associata per l’esercizio della professione, di cui all’art. 5 del TUIR, o a società a responsabilità limitata a ristretta base proprietaria che hanno optato per la trasparenza fiscale, ai sensi dell’art. 116 del TUIR.
Si tratta di situazioni che in buona parte sono del tutto speculari alle cause di esclusione già descritte per il regime forfetario; le concrete dif‐ferenze rispetto a tale ultimo regime sono state evidenziate di volta in volta nei paragrafi precedenti (ad esempio in merito alla questione del‐la partecipazione in un soggetto trasparente). Anche in questo caso, va sottolineato, le cause di esclusione vanno considerate in relazione all’anno di imposizione e non in relazione all’annualità precedente.
2.7 Adempimenti per l’accesso al regime agevolato Occorre distinguere la posizione dei contribuenti già attivi da quelli che iniziano l’attività nel corso dell’anno 2015; questa seconda ipotesi sarà trattata nel paragrafo successivo.
Nella relazione illustrativa alla Legge di stabilità viene ad essere eviden‐ziato che il regime forfetario opera come regime fiscale naturale, nel senso che i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non so‐no tenuti ad esercitare una opzione per l’ingresso nello stesso, salva la facoltà di optare per l’applicazione dell’IVA e delle imposte sui redditi nei modi ordinari. In linea generale, pertanto, l’accesso al regime age‐volato per gli autonomi avviene automaticamente, senza cioè porre in essere alcuna comunicazione all’Amministrazione finanziaria, sia essa preventiva o successiva (nella dichiarazione annuale). In tal senso de‐pone anche la risposta resa dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 6/E del 19 febbraio 2015, la quale non manca di evidenziare, ad ogni buon conto, oltre alla necessità di rispettare i requisiti previsti dall’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014, anche che non deve sussistere alcuna causa di esclusione (prevista dal comma 57). L’ipotesi contem‐plata è ad esempio quella di un contribuente che già era operante ed applicava le regole ordinarie e che entra, in modo naturale per rispetto dei requisiti di accesso, nel regime forfetario.
A questa ipotesi basilare dovrebbe essere associata quella di un contri‐buente che applicava il regime delle nuove iniziative produttive. Sicco‐me questo regime è stato soppresso, dal 2015 questo contribuente, se
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rispetta i requisiti di legge, entra naturalmente nel regime forfetario, ferma restando la possibilità di optare per il regime ordinario.
Questione già più complessa è quella di un contribuente che adottava il regime dei “minimi”, e che come più volte evidenziato può permanere nel suddetto regime fino ad esaurimento del quinquennio o al compi‐mento del 35esimo anno di età (comma 88). Nella Legge n. 190/2014 non sono infatti regolati gli adempimenti a carico del contribuente che intenda permanere nel regime dei “minimi” e non applicare, dal 2015, il regime forfetario, pur realizzando i requisiti applicativi di tale ultimo re‐gime. Questa è quindi la situazione che si era cristallizzata prima delle modifiche intervenute con la Legge n. 11 del 27 febbraio 2014, di con‐versione del Decreto Milleproroghe. Al riguardo dovrebbero emergere indicazioni a breve. Si ritiene, in ogni caso, che il comportamento passi‐vo del contribuente deponga inevitabilmente, in questo caso, per la prosecuzione nell’adozione del regime dei “minimi”.
Altro aspetto da sottolineare è che non è prevista una durata minima di applicazione del regime forfetario, dal che deriva che, essenzialmente, il contribuente potrebbe anche sperimentare per un solo anno, ad esem‐pio per l’anno 2015, i benefici del regime agevolato, per poi decidere, per il 2016, di optare per l’applicazione dell’IVA e delle imposte sui red‐diti con modalità ordinarie, e solo in tale ultimo caso, come vedremo, scatterebbe un obbligo triennale di permanenza in quest’ultimo regi‐me. Va anche sottolineato, peraltro, che come avremo modo di verifica‐re non sono pochi gli adempimenti e gli ingolfamenti procedurali che maturano nel passaggio da un regime all’altro (ad esempio in materia di rettifica dell’IVA), forse il vero nodo applicativo di questi regimi, ragione per cui è sempre da consigliare una scelta oculata e prospettica, ossia una adesione convinta nell’accedere ad un determinato regime, poiché diversamente si rischia di complicare anziché semplificare gli adempi‐menti fiscali/amministrativi.
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Attenzione Al di là del calcolo di convenienza economica, se l’opzione per un regi‐me agevolato, quale può essere il regime forfetario od il regime dei “minimi”, deriva da esigenza di semplificazione, il contribuente do‐vrebbe tenere in conto anche le complicazioni connaturate al passaggio da regime a regime, sia sul piano delle imposte sui redditi che su quello contabile/amministrativo, che in ordine agli obblighi di rettifica dell’IVA. Va quindi consigliata sempre una adeguata analisi di convenienza tra le due opzioni percorribili, anche in senso prospettico.
In realtà, qualche indicazione viene ad essere resa all’Amministrazione finanziaria già nella dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta pre‐cedente a quello di accesso al regime forfetario, anche se queste infor‐mazioni non sono finalizzate all’esercizio dell’opzione (IVA 2015 per l’anno 2014). Nelle istruzioni alla modulistica approvate con provvedi‐mento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 gennaio 2015 vie‐ne precisato, in particolare, che il rigo VA14 deve essere compilato dai contribuenti che a partire dal periodo d’imposta successivo (2015) in‐tendono avvalersi del regime forfetario, barrando la casella 1 per indi‐care che si tratta dell’ultimo anno in cui vengono applicate le regole ordinarie ai fini IVA. Viene al contempo precisato che in tal caso l’eventuale imposta dovuta a seguito delle operazioni di rettifica dell’IVA deve essere indicata nel rigo VF56 riservato alle rettifiche dell’IVA derivanti dall’applicazione dell’art. 19‐bis2.
Come si è già evidenziato, per accedere al regime forfetario in presenza dei requisiti di legge occorre regolarsi in modo concludente sin dall’inizio dell’anno, con particolare riferimento agli adempimenti IVA. È quindi importante sapere che già dal 1° gennaio 2015 le fatture devono essere emesse senza IVA, apponendo l’annotazione: “operazione effet‐tuata ai sensi dell’art. 1, comma 58, della Legge n. 190/2014”.
2.7.1 Adempimenti in caso di inizio attività Ulteriori profili di interesse emergono per i contribuenti che iniziano un’attività d’impresa, arte o professione; sinora era stato chiarito che se questi contribuenti presumono di avere i requisiti previsti dalla norma per applicare il regime forfetario devono darne comunicazione nella di‐chiarazione di inizio attività (Mod. AA9), da presentare ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972. Il problema però riguardava, fino ad un dato
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momento, la sola possibilità di accedere al regime forfetario, poiché alle nuove attività del 2015 era precluso l’accesso al regime dei “minimi”.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (n. 48 del 28 febbraio 2015) della Legge n. 11 del 27 febbraio 2015, di conversione in legge del De‐creto Milleproroghe, di cui si è ampiamente già argomentato, per l’anno 2015 rientra in gioco, anche se solo per le nuove attività, anche il regime dei “minimi”. Si pone quindi il problema di come distinguere la posizione di coloro che accedono al regime dei “minimi” rispetto a quel‐la dei contribuenti che accedono al regime forfetario.
Peraltro, non si può escludere che per una nuova attività iniziata ad esempio a gennaio del corrente anno il contribuente abbia già espresso la volontà di aderire al regime forfetario, ed è chiaro che a quest’ultimo deve essere concessa la possibilità di ritornare sui proprio passi appli‐cando il regime dei “minimi” a partire dall’annualità 2015. Allo stesso modo, si deve ritenere che chi avesse deciso di applicare il sistema or‐dinario, applicando in fattura l’IVA, possa adesso ritornare sui propri passi decidendo di aderire al regime dei “minimi”.
Questo potrebbe quindi essere un passaggio delicato per i contribuenti interessati, che in ogni caso, essendo, per definizione, contribuenti marginali, potrebbero anche non essere ancora del tutto informati sul nuovo regime e sulle recenti modifiche normative intervenute in corso d’opera, e quindi ad esempio emettere la fattura con IVA in base ad una semplice reiterazione di un processo applicato da sempre. Ricordiamo, su questo punto, che in occasione delle precedenti innovazioni legislati‐ve che comportavano una scelta simile a quella adesso in esame, di per sé tranciante (dentro o fuori al nuovo regime), l’Amministrazione finan‐ziaria ha lasciato al contribuente la possibilità di ritornare sui propri passi anche in caso di emissione della fattura con IVA. In particolare, con la circolare n. 7/E del 2008 (quesito 3.2) l’Agenzia delle Entrate eb‐be modo di sottolineare come l’emissione di fattura con addebito dell’imposta al cessionario o committente poteva essere derivata, nel caso specifico, dalle incertezze applicative inevitabilmente connesse al‐le rilevanti novità introdotte dai commi da 96 a 117 (Legge finanziaria per il 2008) evidenziando come questa circostanza di fatto non risultas‐se di per sé sola espressiva della volontà di non avvalersi del regime dei contribuenti minimi. Con l’occasione fu quindi precisato che i contri‐buenti che intendevano applicare il nuovo regime potevano effettuare
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le opportune rettifiche dei documenti emessi con addebito dell’imposta, e quindi, per il cedente, emettendo nota di variazione (da conservare, ma senza obbligo di registrazione ai fini IVA) per correggere gli errori commessi con la fattura; per il cessionario o committente, che avesse registrato la fattura, emergeva l’obbligo di registrare la nota di variazione, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa.
Al contempo fu precisato che soltanto se unitamente all’emissione della fattura con addebito dell’imposta il contribuente avesse, altresì, eserci‐tato il diritto alla detrazione e proceduto alle liquidazioni periodiche del tributo il comportamento poteva essere considerato inequivocabilmen‐te espressivo dell’opzione per il regime ordinario.
Precisazioni di analogo tenore furono rese, peraltro, con la circolare n. 17/E del 30 maggio 2012, in occasione delle modifiche apportate con l’art. 27, primi due commi, del D.L. n. 98/2011, in relazione alla seconda versione del regime dei “minimi”. In questo caso si era posto, peraltro, anche il problema dell’aggiornamento del Mod. AA9/10. Fu precisato, in sostanza, che a causa delle incertezze applicative inevitabilmente connesse alle rilevanti novità introdotte dall’art. 27 del D.L. n. 98 del 2011:
i soggetti che avevano iniziato l’attività nel 2012 e, nelle more delle istruzioni fornite dall’Amministrazione, avevano già aperto la partita IVA senza effettuare alcuna comunicazione, potevano presentare la dichiarazione di variazione dati entro sessanta giorni dall’emanazione della stessa circolare n. 17/E del 2012, senza incor‐rere in alcuna sanzione per il ritardo;
che per le stesse ragioni l’emissione di fattura con addebito dell’imposta al cessionario o committente nelle more delle istruzio‐ni fornite dall’Amministrazione non doveva essere intesa quale comportamento concludente ai fini dell’opzione per il regime ordi‐nario;
che coloro che intendevano applicare il nuovo regime, potevano ef‐fettuare, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della stessa cir‐colare o entro la prima liquidazione IVA successiva se la stessa sca‐deva dopo il predetto termine, le opportune rettifiche dei docu‐menti emessi con addebito dell’imposta.
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Ulteriori implicazioni emergono, peraltro, sul piano contabile, poiché sono molte le semplificazioni riservate ai contribuenti che decidono di avvalersi del regime agevolato, ma queste semplificazioni vanno adot‐tate sin dall’inizio dell’anno di riferimento, che nella specie potrebbe essere la stessa annualità 2015.
Riassumendo, per coloro che iniziano l’attività nel corso dell’anno, ad esempio nel 2015, è necessario comunicare nella dichiarazione di inizio attività (Mod. AA9) la propria intenzione di accedere al nuovo regime, indicando anche di presumere la sussistenza dei requisiti di legge previ‐sti per applicare il regime. Questo aspetto è stato peraltro oggetto di un comunicato dell’Agenzia delle Entrate, diffuso in data 31 dicembre 2014, con il quale era stato evidenziato che per le nuove attività che in‐tendevano applicare il regime forfetario, fino all’approvazione e pubbli‐cazione del modello aggiornato della dichiarazione di inizio attività, si poteva barrare la casella prevista per l’adesione al precedente “Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, previsto dall’art. 27, commi 1 e 2 del Dl n. 98/2011” (ex regime dei “mi‐nimi”).
Dopo il mutamento dello scenario normativo si pone, attualmente, per il solo anno 2015, un nuovo problema applicativo, poiché il contribuen‐te deve essere messo in condizione di poter indicare se aderisce al re‐gime dei “minimi” oppure al regime forfetario in sede di inizio attività e quindi si ritiene che a breve la modulistica sarà aggiornata con la pos‐sibilità di indicare ciascuno dei due regimi, ferma restando che attual‐mente il Mod. AA9/8 prevede, per vie traverse, già il percorso che do‐vrebbe considerarsi più vantaggioso, ossia l’indicazione dell’adozione del regime dei “minimi”, solo che in base al predetto comunicato que‐sta indicazione assumeva significato ai fini dell’adozione del regime for‐fetario. Nei primi commenti della stampa specializzata è stato eviden‐ziato che per segnalare il regime applicato si può fare riferimento alle indicazioni rese nelle fatture emesse (senza IVA), ragione per cui rileve‐rebbe il comportamento concludente, dato che nel caso dei “minimi” verrebbe inserito il riferimento all’art. 1, comma 100, della Legge n. 244/2007 mentre nel caso del regime forfetario varrebbe il riferimento all’art. 1, comma 58, della Legge n. 190/2014. In realtà è probabile che a breve l’Amministrazione finanziaria diffonda nuove istruzioni, anche
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in merito alla suddetta comunicazione di inizio attività (ad esempio con un nuovo comunicato).
Attualmente si pongono, ad ogni buon conto, una serie di situazioni li‐mite, come quelle esaminate nei casi che seguono:
Caso n. 1: Revirement dal regime forfetario al regime dei minimi Si supponga che un contribuente abbia iniziato la propria attività all’inizio dell’anno ed abbia quindi già comunicato all’Agenzia delle En‐trate la propria intenzione di aderire al regime forfetario introdotto dalla Legge finanziaria per l’anno 2015. Per far ciò il contribuente ha compilato il Mod. AA9 barrando la casella prevista per l’adesione al precedente “Regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, previsto dall’art. 27, commi 1 e 2 del Dl n. 98/2011” (ex regime dei “minimi”). Questa indicazione ha fatto segui‐to alle indicazioni rese dall’Agenzia delle Entrate con il comunicato di cui sopra. Dopo le modifiche approvate con la Legge n. 11/2015 di conversione del Decreto Milleproroghe il contribuente potrebbe o vo‐ler confermare tale scelta oppure decidere di applicare, ricorrendone le condizioni, il regime dei “minimi”.
Si supponga che il contribuente, dopo aver valutato la situazione, de‐cida di aderire al regime dei “minimi”. È chiaro che al contribuente deve essere lasciata questa possibilità, ma vediamo quali sono gli ef‐fetti pratici. Se tale contribuente ha indicato nella fattura il riferimento al regime forfetario di cui alla Legge di stabilità 2015 ma intende ora accedere al regime dei “minimi”, potrà sostituire il vecchio documento emesso con un nuovo documento nel quale indicherà il riferimento al regime di cui all’art. 27 del D.L. n. 98/2011. In questa ipotesi, ad ogni buon conto, il contribuente non aveva applicato l’IVA e continua a non ap‐plicarla, ragione per cui non dovrebbe emergere l’esigenza di applica‐re una nota di variazione ex art. 26 del D.P.R. n. 633/1972. Sul punto saranno probabilmente resi chiarimenti a breve da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Se il contribuente realizza entrambi i requisiti di accesso, come nell’ipotesi in esame, occorre anche capire se lo stesso risulterà chia‐mato a presentare, una volta approvato, un nuovo Mod. AA9/8, nel quale, se del caso, indicare la propria situazione al Fisco. Non è infatti
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obbligatorio né necessario aderire al regime dei “minimi” (essenzial‐mente da considerarsi più conveniente), e quindi in ogni caso il Fisco dovrebbe sapere a quale regime intende accedere il contribuente, an‐che ai fini della verifica del rispetto dei limiti concernenti i ricavi, co‐municato nello stesso Mod. AA9/8.
In ogni caso, laddove la modulistica in esame non fosse aggiornata, va‐le, in questi casi, il comportamento concludente, attestato dall’indicazione in fattura del riferimento normativo, con sigillo, ad ogni buon conto, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2015 (UNICO 2016‐PF), in cui, a seconda dei casi, il contri‐buente dichiarerà i redditi o nel quadro LM (per i “minimi”) o nel nuo‐vo quadro che sarà predisposto per il calcolo a forfait del reddito (per i “forfetari”).
Caso n. 2: se il contribuente realizza i requisiti di accesso per entrambi i regimi ed ha avviato le proprie attività dopo l’entrata in vigore della Legge n. 11 del 27 febbraio 2015 (3 marzo 2015) di conversione del De‐creto Milleproroghe è chiaro che deve indicare a quale dei due regimi intende aderire e che per accedere ad esempio al regime forfetario non può barrare la casella destinata ai soggetti che applicano il regime di vantaggio di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011.
Questa scelta assume un certo rilievo, tra le altre cose, anche ai fini del riscontro dell’ipotesi di decadenza, che nel caso del regime dei “mini‐mi” può determinare una estromissione dal regime agevolato a partire dallo stesso primo periodo d’imposta di attività, se i ricavi dichiarati su‐perano di oltre il 50% il limite pari a 30.000 euro (ragguagliato ad anno).
2.8 Opzione per il regime ordinario Come è già emerso dalla lettura della relazione illustrativa alla Legge n. 190/2014, le disposizioni di riferimento prevedono in realtà un vero e proprio esercizio dell’opzione solo nel caso in cui il contribuente, che presenta i requisiti per applicare il regime forfetario, decida di applicare l’IVA e le imposte sui redditi nei modi ordinari; in tale ipotesi, pur rile‐vando il comportamento concludente posto in essere dal contribuente, è necessario comunicare all’Amministrazione finanziaria il proprio in‐tento con la prima dichiarazione annuale da presentare successiva‐mente alla scelta effettuata, con effetti, in linea generale, per un trien‐
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nio, al termine del quale la scelta fatta resta valida di anno in anno. L’art. 1, comma 110, della Legge n. 244/2007, prevede disposizioni di analogo tenore anche in relazione al regime dei “minimi”.
Attualmente nella modulistica non è prevista alcuna opzione valida nell’ambito del regime forfetario per l’applicazione delle regole ordina‐rie. È noto che l’esercizio ai fini delle imposte dirette e dell’IVA per il re‐gime ordinario viene realizzato, normalmente, nel quadro VO della di‐chiarazione IVA, che attesta, sostanzialmente a consuntivo, il compor‐tamento del contribuente realizzato nell’anno precedente. Se però si prende in considerazione la dichiarazione IVA 2015 per l’anno 2014 si constata che nel quadro VO attualmente è prevista l’opzione per il re‐gime ordinario da parte dei contribuenti ex “minimi” di cui all’art. 27 del D.L. n. 98/2011 (ved. Tavola 2). Per i contribuenti che applicano il regi‐me agevolato introdotto dalla Legge di stabilità per il 2015 è da ritenersi che questa opzione sia concretamente esercitabile a partire dall’anno prossimo, nel Mod. IVA 2016, nel quale il contribuente che per il 2015 applica il regime ordinario (pur presentando i requisiti di accesso al re‐gime forfetario) comunica a posteriori la scelta già esercitata in concre‐to, ossia l’applicazione dell’IVA e delle regole previste nel sistema ordi‐nario.
Tavola 2 ‐ Ritaglio della dichiarazione IVA 2015, quadro VO
Ad esempio, potrebbe trattarsi di un imprenditore che per il 2015 abbia deciso di accedere al regime agevolato e che a partire dall’anno 2016 decida di rientrare nel regime ordinario. In questo caso il contribuente risulta tenuto:
a ripristinare la contabilità (a seconda dei casi il regime semplificato o quello ordinario) ed a regolarsi conseguentemente anche ai fini IVA, ad esempio nell’emissione delle fatture;
a comunicare la propria decisione con la prima dichiarazione utile, che a questo punto dovrebbe essere la dichiarazione IVA 2017 rela‐tiva all’anno 2016.
Cap. 2 ‐ I requisiti di accesso ed il passaggio al nuovo regime
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Dispone infine il citato art. 1, comma 70, della Legge n. 190/2014, che trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando per‐mane la concreta applicazione della scelta operata. Identiche disposi‐zioni sono previste, nell’ambito del regime dei “minimi”, dall’art. 1, comma 110, della Legge n. 244/2007.
Ad esempio La scelta di applicare il regime ordinario per il triennio “2015‐2017” va comunicata con la prima dichiarazione utile nel corso dell’anno 2016. In questo caso a regime, trascorso il triennio “ordinario” (ad esempio, il triennio “2015‐2017”), il regime normale si rende applicabile sino a quando concretamente permane la scelta effettuata, per cui l’ingresso nel regime forfetario è comunque effettuato in modo concludente e na‐turale (ad esempio, dal 2018), senza dover effettuare alcuna comunica‐zione al Fisco (come in sede di accesso diretto, dal 2015).
Cap. 3 ‐ Le semplificazioni
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Capitolo 3 Le semplificazioni
3.1 Semplificazioni IVA
Sono numerose le semplificazioni previste ai fini IVA per i soggetti che applicano il regime forfetario. Si spazia dall’esenzione dall’obbligo di esercitare la rivalsa dell’IVA e dunque di applicare l’IVA in fattura al di‐vieto di detrarre l’IVA sugli acquisti; viene meno l’obbligo di versare l’IVA e di presentare la dichiarazione IVA. Ulteriori semplificazioni sono previste sul piano amministrativo e contabile. I contribuenti che adot‐tano il regime forfetario sono assimilati, dal punto di vista concettuale, per quanto concerne le operazioni passive, ai consumatori finali. Analo‐go trattamento è previsto per i contribuenti “minimi”, ragione per cui le eventuali valutazioni comparative attengono, sostanzialmente, al raf‐fronto con le complicazioni ed il carico di adempimenti connessi all’adozione del regime ordinario. Di seguito si illustreranno le semplifi‐cazioni previste dalla Legge di stabilità 2015 per i contribuenti forfetari.
I benefici sono sensibili, ed in particolare la convenienza, anche sul pia‐no economico, rispetto alla mancata applicazione dell’IVA, si manifesta per i contribuenti che svolgono la propria attività nei confronti di con‐sumatori finali e con un elevato valore aggiunto, poiché in questi casi lo scarto tra l’IVA addebitata sui prodotti o servizi resi e l’IVA non detratta, a parità di prezzi praticati, si traduce in un beneficio diretto per l’operatore del settore, anche se poi, per altri versi, l’IVA potrebbe con‐tribuire al superamento delle soglie di accesso al regime.
In particolare, la disciplina di riferimento è essenzialmente prevista nell’art. 1, comma 58, della Legge n. 190/2014, che diversifica l’applicazione dell’IVA alle operazioni attive e passive poste in essere a seconda che le stesse siano:
operazioni nazionali: in questo caso il contribuente non esercita la rivalsa dell’IVA;
cessioni di beni intracomunitarie: trova applicazione la medesima disciplina delle operazioni interne, stante il richiamo all’art. 41, comma 2‐bis, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modi‐ficazioni, dall’art. 1, comma 1, della Legge 29 ottobre 1993, n. 427;
Cap. 3 ‐ Le semplificazioni
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viene quindi meno il diritto alla rivalsa ed il cedente deve indicare nella fattura emessa all’operatore comunitario che l’operazione non costituisce cessione intracomunitaria; analoghi effetti matura‐no anche per le vendite ai privati comunitari, poiché le cessioni co‐stituiscono in ogni caso operazioni interne senza addebito di impo‐sta, vuoi per le vendite presso punti di vendita localizzati in Italia, vuoi per le vendite a distanza; anche nei casi in cui la cessione de‐termina il superamento della soglia con annessa nomina di un rap‐presentante fiscale o l’identificazione in un altro Paese (casi piutto‐sto circoscritti avendo a mente i contribuenti in esame), la cessione verso la propria sede IVA UE si considera comunque operazione in‐terna, e “viaggia” senza addebito di imposta; non si compila il Mod. INTRASTAT;
acquisti di beni intracomunitari: entro la soglia di 10.000 euro an‐nui sono considerati non soggetti ad IVA nel Paese di destinazione e rimangono assoggettati a tassazione nel Paese di provenienza, conformemente a quanto disposto dall’art. 38, comma 5, lett. c), del cit. D.L. n. 331/1993; per gli acquisti intracomunitari effettuati dai soggetti che, nell’anno precedente, hanno superato il limite di 10.000 euro o per gli acquisti effettuati successivamente al supe‐ramento dello stesso limite nell’anno in corso scatta l’obbligo di as‐solvere l’IVA e ne consegue l’obbligo di integrare la fattura emessa dal cedente intracomunitario con l’indicazione dell’aliquota e della corrispondente imposta; il pagamento dell’imposta va eseguito, come è noto, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di ef‐fettuazione delle operazioni; il fornitore applica le regole dello Sta‐to di appartenenza (emissione fattura ed addebito dell’imposta in loco); se del caso, vanno compilati anche gli elenchi INTRASTAT; questo meccanismo basato sull’applicazione di differenti regimi a seconda del superamento o meno della soglia dei 10.000 euro im‐plica la necessità di segnalare al fornitore estero intra UE che l’operazione deve essere soggetta all’imposta del Paese del fornito‐re, senza sostanzialmente essere trattata come operazione intra‐comunitaria. Tra i primi commenti alle nuove misure si è evidenzia‐to, in particolare, che una soluzione potrebbe consistere in una comunicazione da inviare al fornitore, la quale resterebbe valida si‐no ad eventuali diverse comunicazioni; il punto resta in attesa di chiarimenti ufficiali, ad ogni buon conto;
Cap. 3 ‐ Le semplificazioni
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prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi, che rimangono soggette alle ordinarie regole e trovano la propria disciplina nelle disposizioni previste dagli art. 7‐ter ss. del Decreto IVA; in particolare, le prestazioni di servizi generiche, rice‐vute dai soggetti non residenti, si considerano effettuate nel terri‐torio dello Stato e sono ivi soggette al tributo, con obbligo di inte‐grazione della fattura o di autofatturazione e di versamento entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle ope‐razioni; in caso di servizi prestati l’operazione dovrebbe essere sog‐getta a fatturazione, anche senza applicazione dell’imposta; se la controparte è un soggetto passivo UE dovrebbero essere compilati anche i Modelli INTRASTAT (cfr. circolare Agenzia delle Entrate n. 36/E del 2010), modelli che invece non vanno mai compilati in caso di servizi specifici, per i quali, sostanzialmente si rendono applicabili le regole previste per i casi dei servizi generici;
importazioni, esportazioni ed operazioni ad esse assimilate: si ap‐plicano le regole ordinarie, disciplinate secondo le norme del De‐creto IVA, fermo restando l’impossibilità di avvalersi della facoltà di acquistare senza applicazione dell’imposta ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c) e comma 2 del medesimo Decreto. Va versata l’IVA in Dogana all’atto dell’importazione, mentre in caso di cessio‐ne all’esportazione o di operazioni assimilate non va addebitata l’imposta. Non si realizza mai lo status di esportatore abituale.
Tra le operazioni che determinano l’obbligo di applicare e versare il tri‐buto sono comprese anche le operazioni soggette al regime del reverse charge.
Nella relazione illustrativa alla Legge di stabilità 2015 viene ad essere sottolineato che in ogni caso, per qualunque operazione posta in essere dal contribuente che si avvale del regime forfetario è escluso il diritto alla detrazione dell’IVA assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti. Que‐sta IVA non costituisce un costo deducibile per il contribuente ai fini delle imposte sui redditi, stante il criterio di determinazione forfetario del reddito (cfr. cap. IV).
L’art. 1, comma 59, della Legge n. 190/2014, concerne gli adempimenti ai fini dell’IVA dei contribuenti che applicano il regime forfetario. Questi ultimi sono, in linea generale, esonerati dal versamento dell’imposta e
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da tutti gli altri obblighi previsti dal D.P.R. n. 633/1972, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acqui‐sto delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conser‐vazione dei relativi documenti.
In particolare, secondo quanto previsto dalla Legge di stabilità 2015 detto esonero riguarda:
la registrazione delle fatture emesse;
la registrazione dei corrispettivi;
la registrazione degli acquisti;
la tenuta e conservazione dei registri e documenti, fatta eccezio‐ne, come già sottolineato, per le fatture di acquisto e le bollette doganali di importazione;
la presentazione della dichiarazione IVA e della comunicazione annuale IVA.
È poi previsto l’esonero:
dall’obbligo di effettuare la comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate delle operazioni rilevanti ai fini IVA (c.d. spesometro, ex art. 21, comma 1, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dal‐la Legge 30 luglio 2010, n. 122);
dall’obbligo di inviare la comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate delle operazioni effettuate nei confronti di operatori eco‐nomici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi c.d. black list (art. 1, comma 1, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito dalla Legge 22 maggio 2010, n. 73);
dall’invio della comunicazione delle dichiarazioni d’intento ricevu‐te.
Rimane invece fermo l’obbligo di:
numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali;
certificare i corrispettivi; sulle fatture emesse ai sensi dell’art. 21 del Decreto IVA dovrà essere apposto, in luogo dell’ammontare dell’imposta, l’annotazione “Operazione in franchigia da IVA” con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o naziona‐
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le, e rimane fermo l’obbligo di conservare i relativi documenti; si è già evidenziato che le fatture devono essere emesse senza IVA, ap‐ponendo l’annotazione: “operazione effettuata ai sensi dell’articolo 1, comma 58, della Legge n. 190/2014”;
presentare, ai sensi dell’art. 50, comma 6, del D.L. n. 331/1993, convertito dalla Legge n. 427/1993, gli elenchi riepilogativi delle operazioni di cui al comma 7 per il quale il contribuente risulti debi‐tore d’imposta.
Attenzione
Per quanto riguarda la certificazione dei corrispettivi resta obbligatoria l’emissione della fattura ovvero, per i soggetti esonerati da tale emis‐sione, il rilascio di scontrino o ricevuta fiscale, secondo le regole ordina‐rie.
Le fatture devono essere emesse senza IVA, apponendo l’annotazione: “operazione effettuata ai sensi dell’articolo 1, comma 58, della Legge n. 190/2014”.
L’art. 1, comma 60, della Legge n. 190/2014 prevede che, in ogni caso, i soggetti che applicano il regime forfetario devono assolvere l’IVA per le seguenti tipologie di operazioni:
– per le prestazioni di servizi di cui all’art. 7‐ter del Decreto IVA rice‐vute da soggetti non residenti;
– per gli acquisti intracomunitari che non rientrano nell’art. 38, comma 5, lett. c), del D.L. n. 331/1993, convertito dalla Legge n. 427/1993, vale a dire quelli effettuati dai soggetti che, nell’anno precedente, hanno superato la soglia di 10.000 euro ivi prevista ov‐vero quelli effettuati successivamente al superamento, nell’anno in corso, della medesima soglia, nonché quelli effettuati sotto soglia dai soggetti che hanno optato per l’applicazione dell’IVA in Italia;
– per le altre operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta.
A tale fine, detti soggetti devono emettere la fattura ovvero, per le ope‐razioni interne all’Unione Europea e per le operazioni nazionali cui si applica il regime dell’inversione contabile, integrarla con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta che deve essere versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazio‐ni.
Cap. 3 ‐ Le semplificazioni
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3.1.1 Iscrizione al VIES
I contribuenti forfetari dovrebbero comunque essere iscritti all’archivio Vat Information Exchange System (VIES), che consente ai soggetti IVA di effettuare operazioni intracomunitarie (iscrizione gratuita). Nulla di specifico è stato previsto a questo proposito ma in relazione al regime dei “minimi” le Entrate ebbero modo di chiarire, con la circolare n. 39/E del 1° agosto 2011 che risultava necessaria questa iscrizione.
3.2 Rettifica dell’IVA Come si è già evidenziato, uno dei momenti di complicazione nell’applicazione del nuovo regime semplificato emerge nel passaggio da un regime all’altro, in cui bisogna da un lato sistemare le partite in sospeso sul piano reddituale e, dall’altro, per quanto concerne l’IVA, procedere alla rettifica dell’IVA. Gli effetti emergono nell’annualità pre‐cedente a quella di prima applicazione del regime agevolato.
In base a quanto previsto dall’art. 1, comma 61, della Legge n. 190/2014, il passaggio dal regime ordinario al regime forfetario deter‐mina la necessità di rettificare, ai sensi dell’art. 19‐bis.2 del Decreto IVA, la detrazione dell’imposta assolta a monte già operata secondo le rego‐le ordinarie. Il versamento dell’eventuale importo a debito va operato in un’unica soluzione nella dichiarazione IVA dell’ultimo anno di appli‐cazione delle regole ordinarie, e quindi nella dichiarazione IVA 2015 per l’anno 2014, per un soggetto che applica il regime forfetario a parti‐re dall’anno 2015. Ricordiamo che per quest’anno la presentazione de‐ve essere effettuata, esclusivamente per via telematica, nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 settembre 2015 nel caso in cui il con‐tribuente sia tenuto alla presentazione in via autonoma, ovvero entro il 30 settembre 2015 nel caso in cui il contribuente sia tenuto a compren‐dere la dichiarazione IVA nella dichiarazione unificata, ma sul punto si rinvia ai documenti di prassi delle Entrate (circolare n. 1/E del 15 gen‐naio 2010, circolare n. 1/E del 25 gennaio 2011). Da questo punto di vi‐sta emerge una prima importante differenza rispetto a quanto previsto in caso di accesso al regime dei “minimi”, in cui era previsto, con l’art. 1, comma 101, della Legge n. 244/2007, il versamento, oltre che in un’unica soluzione, anche in cinque rate di pari importo senza applica‐zione degli interessi. In entrambi i casi la rettifica della detrazione spet‐
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ta anche a seguito del passaggio dal regime agevolato (forfetario o dei “minimi”) a quello ordinario, anche per opzione.
Nelle istruzioni alla modulistica approvate con provvedimento del diret‐tore dell’Agenzia delle Entrate del 28 gennaio 2015 viene precisato, in particolare, che il rigo VA14 deve essere compilato dai contribuenti che a partire dal periodo d’imposta successivo (2015) intendono avvalersi del regime forfetario, barrando la casella 1 per indicare che si tratta dell’ultimo anno in cui vengono applicate le regole ordinarie ai fini IVA (ved. Tavola 1). Viene al contempo precisato che in tal caso l’eventuale imposta dovuta a seguito delle operazioni di rettifica dell’IVA deve esse‐re indicata nel rigo VF56 riservato alle rettifiche dell’IVA derivanti dall’applicazione dell’art. 19‐bis2.
Tavola 1 ‐ Ritaglio del quadro VA, dichiarazione IVA 2015
In particolare, nella dichiarazione IVA è previsto un apposito prospetto (prospetto D), nel quale riepilogare tutte le rettifiche realizzate, e nel rigo 3 di questo prospetto trovano spazio le rettifiche derivanti dai cambiamenti di regime, concernenti, essenzialmente, i beni non ancora ceduti o non ancora utilizzati (per i beni ammortizzabili, se non sono trascorsi quattro anni dalla loro entrata in funzione).
Nel caso di ingresso nel regime forfetario, l’IVA relativa a beni e servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati deve essere rettificata in un’unica soluzione, senza attendere il materiale impiego degli stessi, fatta eccezione per i beni ammortizzabili, compresi i beni immateriali, la cui rettifica va eseguita soltanto se non siano ancora trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione, ovvero dieci anni dalla da‐ta di acquisto o di ultimazione se trattasi di fabbricati o loro porzioni. La suddetta rettifica non va realizzata:
per i beni strumentali di valore unitario non superiore a 516,46 eu‐ro;
per i beni il cui coefficiente di ammortamento fiscale è superiore al 25%.
In pratica, la rettifica interesserà le rimanenze risultanti al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di accesso nel regime agevolato (ad
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esempio il 2014 per il 2015), i servizi non utilizzati alla stessa data, non‐ché i beni ammortizzabili e gli immobili per i quali non sia decorso il ci‐tato periodo di osservazione (rispettivamente 4 e 10 anni). L’IVA da cal‐colare e versare all’Erario è pari:
al 100% dell’IVA detratta per le rimanenze ed i servizi non ancora uti‐lizzati;
ai quinti residui per i beni strumentali;
ai decimi rimanenti per i beni immobili.
Con la circolare n. 73/E del 2007 l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di precisare che ai fini della rettifica deve essere predisposta un’apposita documentazione nella quale vanno indicate, per categorie omogenee, la quantità e i valori dei beni facenti parte del patrimonio aziendale (se‐condo le modalità illustrate nella C.M. n. 328/E del 24 dicembre 1997). L’IVA derivante dalle operazioni di rettifica deve essere versata in un’unica soluzione, anche tramite lo strumento della compensazione di cui all’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997 (Mod. F24) entro il termine previ‐sto per il versamento del saldo dell’IVA relativa all’anno precedente a quello di applicazione del regime. Per i contribuenti che accedono al re‐gime forfetario, pertanto, questo termine corrisponde con il giorno 16 marzo 2015, scadenza che in particolare va osservata da chi presenta la dichiarazione annuale IVA in forma autonoma. Per chi presenta la di‐chiarazione in forma unificata, invece, è ammesso il differimento del pagamento entro il termine previsto per eseguire il versamento delle imposte sui redditi derivanti dal Mod. UNICO 2015, con l’applicazione della maggiorazione dello 0,4% per ogni mese o frazione di mese che in‐tercorre tra il giorno 16 marzo 2015 ed il pagamento, effettuato, co‐munque, entro la scadenza utile per il versamento delle imposte sui redditi (16 giugno o 16 luglio).
Va sottolineato che in base al cit. comma 61 in caso di passaggio inver‐so, anche per opzione, ossia dal regime forfetario al regime ordinario deve essere operata un’analoga rettifica della detrazione nella dichiara‐zione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie. Con la circo‐lare n. 17/E del 2012 l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di ricordare che nel caso di uscita dal regime fiscale di vantaggio, per legge o per opzio‐ne, l’art. 7, comma 1, lett. f), del D.M. 2 gennaio 2008, richiamato dal Provv. del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2011, che
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dava attuazione ai commi 1 e 2 dell’art. 27 del Decreto, prevedeva il versamento in un’unica soluzione delle rate residue dell’IVA dovuta per effetto della rettifica, al netto dell’eccedenza a credito emergente dalla rettifica di segno opposto eseguita sulle merci in giacenza e sui beni strumentali acquistati da meno di cinque anni. In particolare, le residue rate dovevano essere computate nel primo versamento periodico suc‐cessivo alla fuoriuscita, al netto di tale rettifica.
Ciò significa, in altre parole, che il contribuente poteva recuperare l’eventuale IVA a credito emergente dalla rettifica della detrazione a proprio favore già nel primo versamento periodico successivo alla fuo‐riuscita dal regime senza attendere la presentazione della dichiarazione annuale.
Laddove, infine, il contribuente fosse uscito dal regime in parola per cessazione dell’attività, fu chiarito, con la stessa circolare n. 17/E del 2012, che essendo comunque equiparabile, limitatamente ai debiti ed ai crediti sorti nel periodo di esercizio dell’attività, ad un titolare di par‐tita IVA (cfr. R.M. n. 177 del 26 novembre 1998) ‐ equiparazione valida anche con riferimento ai versamenti dovuti in base alla dichiarazione ‐ lo stesso poteva continuare a pagare il debito IVA scaturente dalla retti‐fica della detrazione, versando le rate residue alle originarie scadenze, fissate dall’art. 1, comma 101, della Legge n. 244/2007.
Un caso pratico
Si supponga che il signor Rossi, imprenditore operante nel settore del commercio al dettaglio, abbia deciso di applicare, ricorrendone i pre‐supposti, il regime di favore introdotto dalla Legge di stabilità 2015 sin dal periodo d’imposta 2015, e che al 31 dicembre 2014 siano presenti rimanenze per un importo pari a 8.000 euro, beni strumentali acquistati nel 2012 per un importo pari a 3.000 euro, e beni ammortizzabili acqui‐stati nel 2013 per un importo pari a 2.500 euro. Si ipotizzi, semplifican‐do, che l’IVA applicata sia sempre pari al 21%. In questo caso dalla retti‐fica dell’IVA sono dovuti:
• per le rimanenze, un importo pari a 1.680 euro;
• per i beni ammortizzabili acquistati nell’anno 2012 rilevano 2 quote residue dell’IVA, che nel complesso è pari a 630 e quindi le quote rile‐vanti sono pari a 252 euro (2/5 di 630);
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• per i beni ammortizzabili acquistati nell’anno 2013 rilevano 3 quote residue dell’IVA, che nel complesso è pari a 525 e quindi le quote rile‐vanti sono pari a 315 euro (3/5 di 525);
• nel complesso il contribuente risulta tenuto a versare in un’unica so‐luzione un importo pari a 2.247 euro (= 1.680 + 252 + 315).
3.3 Rinuncia al differimento dell’esigibilità L’art. 1, comma 62, della Legge n. 190/2014, dispone che nell’ultima li‐quidazione relativa all’anno in cui l’imposta è applicata nei modi ordina‐ri, deve tenersi conto anche dell’imposta relativa alle operazioni per le quali l’esigibilità non si è ancora verificata. È il caso delle operazioni con esigibilità differita effettuate nei confronti dello Stato e degli enti pub‐blici o dell’IVA liquidata secondo il regime di IVA per cassa. In pratica, l’accesso al regime comporta, per il cedente o prestatore che se ne av‐valga, la rinuncia al differimento dell’esigibilità. Per converso, nella stessa liquidazione può essere esercitato, sempreché spettante, il dirit‐to alla detrazione dell’imposta relativa alle operazioni di acquisto sog‐gette agli stessi regimi di IVA per cassa ed i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.
3.4 Eccedenze detraibili Nell’art. 1, comma 63, della Legge n. 190/2014, invece, viene ad essere regolato il trattamento delle eccedenze detraibili che emergono dalla dichiarazione, presentata dai contribuenti che applicano il regime forfe‐tario, relativa all’ultimo anno in cui l’IVA è applicata nei modi ordinari, ad esempio l’IVA che emerge dal Mod. IVA 2015 relativo all’anno 2014 per un contribuente che accede al regime forfetario del 2015. Viene stabilito che in alternativa la suddetta IVA:
può essere chiesta a rimborso;
può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997.
È chiaro che la precisazione deriva dal fatto che nell’anno successivo il contribuente non presenta la dichiarazione IVA, e rimane fermo che la via più immediata per recuperare la suddetta IVA risulta quella dell’utilizzo in compensazione con le altre imposte dovute dal contri‐buente, anche, se del caso, la stessa imposta sostitutiva pari al 15% ap‐
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plicata nell’ambito del regime forfetario. Peraltro, il contribuente in re‐gime forfetario potrebbe recuperare il credito IVA anche a scomputo dell’eventuale sostitutiva dovuta nell’ambito del regime dei “minimi” applicato per il periodo d’imposta 2014.
3.5 Le altre semplificazioni, IRAP, studi di settore, ritenute In base a quanto previsto dal comma 69 per i contribuenti che accedo‐no al nuovo regime forfetario sono previste rilevanti semplificazioni, sia ai fini delle imposte sui redditi ed IRAP che ai fini IVA (ved. i paragrafi precedenti); per quanto riguarda il primo dei due menzionati ambiti, i contribuenti minimi sono esonerati dagli obblighi di registrazione e te‐nuta delle scritture contabili; inoltre, non si rendono applicabili gli studi di settore ed i parametri, ma al riguardo è previsto che con il Provve‐dimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate recante approvazione dei modelli da utilizzare per la dichiarazione dei redditi sono individuati, per i contribuenti che applicano il regime forfetario, specifici obblighi informativi relativamente all’attività svolta (comma 73). Nella moduli‐stica relativa all’annualità 2014, approvata in data 30 gennaio 2015, non sono emerse specifiche indicazioni a questo riguardo, ma si ritiene che le stesse saranno contenute nel Mod. UNICO 2016, relativo al primo anno di applicazione del regime forfetario.
Nella relazione illustrativa alla Legge di stabilità 2015 viene ad essere precisato che pur essendo esclusi dall’accertamento a mezzo studi di settore o parametri, i contribuenti che si avvalgono del regime forfeta‐rio restano soggetti al c.d. redditometro.
Ai sensi del comma 69 rimane fermo l’obbligo:
di conservare i documenti ricevuti ed emessi come previsto dall’art. 22 del D.P.R. n. 600/1973;
di presentare la dichiarazione dei redditi entro i consueti termini e con le ben note modalità di cui al D.P.R. n. 322/1998, ossia, per i soggetti interessati, in via telematica.
Attesa la completa esenzione ai fini IRAP, viene meno anche l’obbligo di presentare la relativa dichiarazione. Analoghe considerazioni valgono, si è già segnalato, per la dichiarazione IVA, per cui v’è da dire che in caso di adozione del nuovo regime la c.d. dichiarazione unificata va concre‐
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tamente riposta nel cassetto. Rimane da presentare, infatti, solo la di‐chiarazione dei redditi.
Tra le semplificazioni fiscali è previsto, peraltro, che i contribuenti forfe‐tari non sono sostituti d’imposta e che quindi non sono tenuti ad ope‐rare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del D.P.R. n. 600/1973, ma sono comunque tenuti ad indicare nella dichiarazione dei redditi il codi‐ce fiscale dei percettori dei redditi che ordinariamente sarebbero as‐soggettati a ritenuta alla fonte e l’ammontare dei redditi stessi (comma 69).
Inoltre, i soggetti che applicano il regime forfetario non subiscono rite‐nute sui compensi percepiti.
3.6 Accertamento, sanzioni, riscossione, contenzioso Per quanto riguarda accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso, l’art. 1, comma 74, della Legge n. 190/2014, statuisce che si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte di‐rette, IVA e IRAP.
Con riferimento all’ipotesi di infedele indicazione dei requisiti e delle condizioni per accedere al regime, che determinano la cessazione del regime medesimo, il comma 74 ha previsto, però, un trattamento san‐zionatorio aggravato. In tali casi, infatti, se il maggior reddito accertato supera del 10% quello dichiarato, le misure delle sanzioni minime e massime applicabili sono aumentate del 10%. Più precisamente, la norma di riferimento stabilisce che in caso di infedele indicazione, da parte dei contribuenti, dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 54 (requisiti di accesso, ricavi, spese, beni strumentali e cosi via) e 57 (cause di esclusione) che determinano la cessazione del regime forfetario nonché le condizioni di cui al comma 65 (disposizioni tese a favorire le start up con l’abbattimento reddituale di 1/3), le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, sono aumentate del 10% se il maggiore reddito accertato supera del 10% quello dichiarato.
3.7 Decadenza Il comma 71, articolo unico, della Legge di stabilità per l’anno 2015, prevede che il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni
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di cui al comma 54 (requisiti di accesso) ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57 (cause di esclusione).
Questa regola si applica anche nell’ambito del regime dei “minimi” di‐sciplinato dalla Legge finanziaria per il 2008: il regime cessa di avere ef‐ficacia dall’anno successivo a quello in cui vengono a mancare le condi‐zioni di cui al comma 96 (requisiti di accesso, ad esempio in merito ai ri‐cavi), ovvero si realizza una delle fattispecie indicate nel comma 99 (cause di esclusione). Tuttavia, nell’ambito del regime dei minimi è pre‐vista una specifica ipotesi di decadenza che si materializza per il primo anno di attività, per il quale il contribuente dichiara di presumere di ri‐spettare il volume dei ricavi previsto dalla legge. Se, nell’ambito del re‐gime dei “minimi”, il contribuente supera di oltre il 50% il limite di 30.000 euro previsto per i ricavi (ragguagliati ad anno), gli effetti della decadenza valgono sin dall’origine, ossia sin dal periodo d’imposta di accesso al regime dei “minimi”. Nel regime forfetario, invece, rimane ferma l’adesione al suddetto regime anche in caso di dichiarazione di ri‐cavi superiori di oltre il 50% rispetto alla soglia prevista con riferimento a ciascuna specifica attività esercitata.
3.8 Decadenza a seguito di accertamento Il regime forfetario cessa poi di avere applicazione dall’anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 (requisiti di accesso) ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57 (cause di esclusione). Si tratta di una disposizione che è prevista anche nell’ambito del regime dei “minimi”, nel comma 111 della Legge n. 244/2007 (Legge finanziaria per il 2008); anche in questo secondo caso è previsto che il regime cessa di avere applicazione dall’anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno una delle condizioni di cui al comma 96, ovvero il realizzarsi di una delle ipotesi elencate nel comma 99. Si tratta quindi di due disposi‐zioni analoghe nei contenuti, ma una specificità del regime dei “minimi” emerge in caso di superamento del limite dei ricavi o compensi oltre la soglia del 50%, circostanza che implica l’applicazione del regime ordina‐rio per i successivi tre anni; ciò significa che il contribuente è tenuto ad applicare le regole del regime ordinario per il periodo d’imposta in cui avviene il superamento e per i tre anni successivi.
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In dottrina è stato evidenziato che le disposizioni che entrano in gioco in caso di accertamento potrebbero risultare di complessa traduzione in pratica. In realtà questa complessità emerge solo se le stesse vengono ad essere intese in senso letterale, poiché l’accertamento viene posto in essere a qualche anno di distanza dall’anno per il quale si pone in esse‐re il controllo, senza trascurare che gli esiti dell’accertamento potreb‐bero considerarsi definitivi solo dopo un ulteriore lasso di tempo conna‐turato all’instaurazione di contenziosi con il Fisco. Ben potrebbe quindi verificarsi il caso in cui gli esiti dell’accertamento da cui emerge l’insussistenza dei requisiti di legge per il periodo d’imposta 2015 di‐vengono definitivi solo nel corso dell’anno 2021, ad esempio, ossia circa 6 anni dopo rispetto all’anno in questione, ma intanto il contribuente potrebbe aver continuato ad applicare il regime, con tutte le conse‐guenze del caso. Ma la norma intende riferirsi all’anno per il quale ven‐gono meno i requisiti di accesso al regime agevolato (nell’esempio il 2015) e non a quello (di molto successivo) in cui l’accertamento diviene definitivo (nell’esempio il 2021), e si occupa, essenzialmente, dell’anno precedente poiché è questo l’anno in cui vengono ad essere fotografati i ricavi (per il 2015 la possibilità di applicare il regime forfetario dipende dal rispetto dei range previsti in materia di ricavi nell’anno 2014, e dun‐que l’accertamento da cui emerge l’incongruenza per il 2015 prende le mosse, in realtà, dai maggiori ricavi non dichiarati nel periodo d’imposta 2014).
La disposizione prevede, letteralmente, che “Il regime forfetario cessa di avere applicazione dall’anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57”. Si tratta quindi di un chiaro riferimento all’anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento definitivo, viene meno il re‐quisito di accesso oppure insorge una causa di esclusione, e sembra, pertanto, che siamo in presenza di una precisazione quasi superflua, poiché è chiaro che se un contribuente sottostima i ricavi per un dato anno (rientrando perciò nel regime forfetario per l’anno successivo) ed è oggetto di accertamento per l’annualità presa a riferimento per l’accesso al regime, gli esiti dello stesso accertamento, come ad esem‐pio l’incremento dei ricavi, incidono in modo naturale sull’efficacia del regime agevolato per tutti gli anni in cui il contribuente ha applicato il regime senza presentare i relativi presupposti applicativi, e questo se‐
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condo le stesse regole di diritto positivo previste in sede dichiarativa, in cui gli effetti del regime agevolato maturano dall’anno successivo a quello in cui il contribuente matura ricavi in linea con quelli previsti ex lege.
In altri termini, in casi come quello in esame l’Amministrazione finanzia‐ria andrà a considerare, a ritroso nel tempo, la posizione del contri‐buente come se il regime in parola non fosse applicato, andando a li‐quidare la differenza tra l’IRPEF teoricamente dovuta e l’imposta sosti‐tutiva liquidata ab origine contra legem. Si tratta però di effetti che ma‐turano in qualsivoglia situazione in cui, in sede di accertamento, si ri‐scontra il venire meno degli effetti di un’opzione per la mancanza degli stessi presupposti di legge (si pensi ai casi di disconoscimento dell’efficacia del consolidato ed alle precisazioni rese con la circolare n. 3/E del 21 febbraio 2014 dell’Agenzia delle Entrate).
La stessa dottrina citata è pervenuta, in definitiva, ad ipotizzare che po‐tremmo essere in presenza di una sanzione accessoria, tesa ad inibire, anche in futuro, l’accesso al regime agevolato, anche in quei casi in cui sono rispettati i requisiti di accesso e non emergano cause di esclusio‐ne. In realtà quest’ultima interpretazione presenta il difetto, per dare un senso ad una norma probabilmente mal scritta (poiché in realtà l’intento sembra essere quello di centrare gli effetti dell’accertamento sul periodo oggetto di controllo), di andare oltre lo stesso dato letterale delle norma di riferimento, che non prevede questi specifici riflessi fi‐scali per il contribuente, che in teoria deve conservare, in un sistema razionale e non illogicamente afflittivo, la possibilità di accedere all’istituto di favore anche nei periodi d’imposta successivi, anche in una logica di competitività economica ed aziendale rispetto alla restan‐te platea dei contribuenti cui invece è consentito avvalersi delle suddet‐te semplificazioni.
In definitiva, gli esiti dell’accertamento si fanno sentire dall’anno suc‐cessivo a quello per il quale si è riscontrato il deficit in termini di ricavi rispetto ai range previsti per legge, a prescindere dal fatto che il con‐trollo viene realizzato successivamente, rimanendo fermo che negli an‐ni successivi in presenza delle stesse condizioni il contribuente potreb‐be rientrare nello stesso regime forfetario poiché realizza i presupposti applicativi del regime di favore.
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Un caso pratico
Tizio effettua attività di commercio ambulante e, avendo dichiarato ri‐cavi per un importo pari a 20.000 euro (limite pari a 30.000 euro) ha applicato il regime forfetario dall’anno 2015 (Mod. UNICO 2016) e così di seguito fino all’anno 2018. Nel corso del 2018 l’Agenzia delle Entrate riscontra in sede di accertamento che il contribuente non ha dichiarato, nell’anno 2014, ricavi per un ammontare pari a 16.000 euro, e quindi, oltre ad applicare il rilievo relativo all’anno 2014 con correlate sanzioni, riscontra che per l’anno 2015 non sono emersi i presupposti applicativi del regime forfetario. Il contribuente risulta quindi tenuto a versare le maggiori imposte sui redditi connesse all’applicazione dell’IRPEF ordina‐ria, a versare l’IVA, l’IRAP, a versare le imposte connesse all’applicazione degli studi di settore, ed a versare le addizionali. Va va‐lutato, peraltro, se al riguardo emergono i presupposti per un accerta‐mento extracontabile, dato che il contribuente non ha tenuto i registri contabili. Ad ogni buon conto, il controllo va effettuato di anno in anno, perché il contribuente, ove realizzasse, dal 2016 al 2018, i presupposti applicativi del regime forfetario in ciascuna annualità precedente (ricavi inferiori alla soglia, oltre agli altri requisiti) sarebbe autorizzato comun‐que ad applicare il suddetto regime, e siccome si è concretamente già regolato in tal senso, dovrebbe conservare a tutti gli effetti le agevola‐zioni, senza cioè andare incontro all’applicazione di ulteriori sanzioni (più il versamento dei correlati tributi).
Cap. 4 ‐ Determinazione del reddito
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Capitolo 4 Determinazione del reddito
4.1 Premessa Tra gli aspetti innovativi del regime di favore introdotto dalla Legge di stabilità 2015 per piccole imprese e professionisti un certo rilievo è as‐sunto dalle modalità forfetarie di determinazione del reddito, basate sull’applicazione di una percentuale sui ricavi o sui compensi variabile in funzione della tipologia di attività esercitata.
Si tratta di una novità che di per sé traccia una netta linea di demarca‐zione rispetto al regime dei c.d. “minimi” previsto dal D.L. n. 98/2011, che è basato, comunque, sulla determinazione analitica del reddito, in‐tendendo per tale il risultato della somma algebrica tra componenti po‐sitivi e negativi di reddito.
Il criterio di determinazione del reddito si pone, pertanto, quale fattore che potenzialmente potrebbe incidere sulla scelta, per l’annualità 2015, tra l’applicazione del regime forfetario e quello di vantaggio previsto dall’art. 27 del D.L. n. 98/2011, ma il fattore determinante a questi fini è costituito dallo scarto di dieci punti percentuali che emerge in relazione all’aliquota dell’imposta sostitutiva: per i “minimi” sul reddito va appli‐cata l’aliquota del 5% mentre per il regime forfetario trova spazio l’applicazione di una aliquota pari al 15%.
Una certa rilevanza ai fini di una corretta valutazione di convenienza è assunta anche dall’incidenza dei costi di gestione rispetto alle percen‐tuali di redditività previste, in relazione a ciascuna attività, dalla Legge di stabilità per l’anno 2015. Prendendo ad esempio in considerazione un’attività con una percentuale di redditività pari al 40%, con ricavi pari a 100 e costi pari a 10, l’analisi porterebbe a questo tipo di risultato:
per il regime dei “minimi” si avrebbe un reddito pari a 90 e quindi imposte versate pari a 4,5 (5% di 90);
per il regime forfetario si avrebbe un reddito pari a 40 e imposte versate pari a 6 (15% di 40).
Si comprende quindi come il nuovo regime forfetario non si mostri mol‐to allettante (come confermato dall’indagine di Confartigianato diffusa ad inizio marzo del 2015).
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Il regime dei “minimi” sembra sempre vantaggioso sul piano delle im‐poste sui redditi, anche se vanno considerati anche altri fattori, come ad esempio le agevolazioni contributive. In particolare il regime dei “minimi” risulta ulteriormente conveniente per un contribuente che presenta alti costi, fino a presentare una perdita d’impresa, la quale, nell’ambito di tale regime, è anche riportabile in avanti e spendibile nelle annualità successive, cosa che non si verifica nel regime forfetario.
Nella relazione illustrativa alla Legge di stabilità per il 2015 si evidenzia che il passaggio ai criteri forfetari di determinazione del reddito rispon‐de all’esigenza di accentuare le semplificazioni destinate ai contribuen‐ti, in aderenza a quanto previsto nei criteri direttivi della Legge delega per la riforma del sistema fiscale.
Avremo modo di verificare che a questi fini non rilevano le spese soste‐nute nell’ambito dell’attività professionale o imprenditoriale, così come le quote di ammortamento e le rimanenze. Il sistema forfetario tende ad assorbire anche la redditività espressa in caso di cessione dei beni strumentali, che, tra le altre cose, se alienati in costanza di applicazione del regime non danno luogo a plusvalenze tassate, anche nell’ipotesi in cui l’acquisto sia anteriore all’adozione del regime.
4.2 Determinazione forfetaria del reddito In base a quanto previsto dall’art. 1, comma 64, della Legge 23 dicem‐bre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015) in caso di adozione del regime fiscale agevolato per imprese e professionisti il reddito imponibile è de‐terminato applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività nella misura indicata nell’allegato n. 4 an‐nesso alla stessa Legge, diversificato a seconda del codice Ateco che contraddistingue l’attività esercitata.
Dette percentuali variano dal 40%, ad esempio per le industrie alimen‐tari e delle bevande (10 ‐ 11) all’86% previsto per costruzioni e attività immobiliari (41 ‐ 42 ‐ 43) ‐ (68).
Si veda la Tabella 1, che segue:
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Tabella 1 ‐ Coefficienti di redditività distinti per tipologia di attività
Settore e codice attività ATECO 2007 Coefficiente redditività
Industrie alimentari e delle bevande (10 ‐ 11) 40%
Commercio all’ingrosso e al dettaglio 45 ‐ (da 46.2 a 46.9) ‐ (da 47.1 a 47.7) ‐ 47.9
40%
Commercio ambulante e di prodotti alimentari e be‐vande 47.81
40%
Commercio ambulante di altri prodotti 47.82 ‐ 47.89 54%
Costruzioni e attività immobiliari (41 ‐ 42 ‐ 43) ‐ (68) 86%
Intermediari del commercio 46.1 62%
Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (55 ‐ 56) 40%
Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi (64 ‐ 65 ‐ 66) ‐ (69 ‐ 70 ‐ 71 ‐ 72 ‐ 73 ‐ 74 ‐ 75) ‐ (85) ‐ (86 ‐ 87 ‐ 88)
78%
Altre attività economiche (01 ‐ 02 ‐ 03) ‐ (05 ‐ 06 ‐ 07 ‐08 ‐ 09) ‐ (12 ‐ 13 ‐ 14 ‐ 15 ‐ 16 ‐ 17 ‐ 18 ‐ 19 ‐ 20 ‐ 21 ‐ 22 ‐ 23 ‐ 24 ‐ 25 ‐ 26 ‐ 27 ‐ 28 ‐ 29 ‐ 30 ‐ 31 ‐32 ‐ 33) ‐ (35) ‐ (36 ‐ 37 ‐ 38 ‐ 39) ‐ (49 ‐ 50 ‐ 51 ‐ 52 ‐ 53) ‐ (58 ‐ 59 ‐ 60 ‐ 61 ‐ 62 ‐ 63) ‐ (77 ‐ 78 ‐ 79 ‐ 80 ‐ 81 ‐ 82) ‐ (84) ‐ (90 ‐ 91 ‐ 92 ‐ 93) ‐ (94 ‐ 95 ‐ 96) ‐ (97 ‐ 98) ‐ (99)
67%
Ad esempio
Per un’impresa che svolge attività di ristorazione e che nell’anno 2015 ha incassato ricavi per un importo pari a 30.000 euro (ricordiamo che in questo caso il limite di ricavi è pari a 40.000 euro) il reddito determina‐to in via forfetaria sarà pari a 12.000 euro (40% di 30.000 euro) e quin‐di, ipotizzando per semplicità che non sussistano né contributi previ‐denziali né perdite pregresse prodotte ante opzione (si veda oltre) l’imposta sostitutiva da versare all’Erario sarebbe di importo pari a 1.800 euro (15% di 12.000 euro).
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Per quanto concerne l’imputazione temporale dei componenti di reddi‐to il riferimento di legge ai ricavi o compensi percepiti implica l’adozione del criterio di cassa, in linea con quanto è già previsto per il regime dei “minimi”. In entrambi i casi, pertanto, i componenti di reddi‐to rilevano nel momento in cui si ha la concreta manifestazione finan‐ziaria, ad esempio la percezione del corrispettivo concernente la pre‐stazione resa. Ovviamente, nell’ambito del regime forfetario questo cri‐terio trova spazio solo sul lato dei ricavi o dei compensi, poiché viene meno completamente l’esigenza di seguire la struttura e l’imputazione temporale dei costi, salvo ben determinate eccezioni.
Per le imprese l’accantonamento del criterio di competenza ha deter‐minato l’esigenza di introdurre specifiche disposizioni atte ad evitare duplicazioni o salti di imposizione nella fase del passaggio dal regime ordinario a quello agevolato, nonché nell’ipotesi opposta (si veda oltre). Sappiamo invece che per i professionisti non si determinano problema‐tiche del genere, visto che normalmente, ossia anche senza applicare alcun regime di favore, si applica il criterio di cassa. Allo stesso modo, anche i soggetti che sino al periodo d’imposta 2014 hanno fruito del re‐gime dei “minimi” e che passano al regime forfetario ad esempio dal 2015, non vanno incontro a questo genere di problematica poiché già applicano il criterio di cassa nella determinazione del reddito.
L’adozione di un criterio di determinazione del reddito parametrato ai ricavi od ai compensi implica:
l’accantonamento dei normali meccanismi di deduzione delle spese inerenti l’attività esercitata, di qualsiasi tipo, anche ad esempio le eventuali spese sostenute per interessi passivi o per i fattori della produzione; si tratta di componenti di reddito che idealmente sono assorbiti e sostituiti in toto dall’abbattimento che viene predetermi‐nato su base presuntiva; non assume rilevanza nemmeno l’IVA non detratta dal contribuente a seguito del meccanismo di esenzione, IVA che normalmente costituisce un costo per l’impresa;
che non rilevano gli ammortamenti sui beni strumentali; non rileva, cioè, né la spesa sostenuta per l’acquisto né la deduzione normal‐mente accordata a fronte della maturazione delle quote di ammor‐tamento fiscale;
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che non incidono le rimanenze, sia di fine che di inizio anno. Qualche dubbio potrebbe maturare in relazione alle rimanenze finali in caso di passaggio al nuovo regime agevolato; se in questa fase alle rima‐nenze non si attribuisce alcun rilievo da un certo punto di vista il contribuente perde la possibilità di dedurre dei costi che normal‐mente vengono stornati in virtù dell’applicazione del criterio di com‐petenza, costi sostenuti fino al periodo che precede l’accesso al nuo‐vo regime. In realtà, a ben guardare, sui ricavi realizzati in corso di opzione, concernenti di fatto anche le suddette rimanenze, viene comunque applicata la percentuale di defalcazione forfetaria, e quindi, in definitiva, la deduzione a fronte delle rimanenze finali apri‐rebbe il fianco ad una doppia deduzione non ammessa dal sistema.
Per le imprese l’intera redditività viene dunque ricondotta alla gestione ordinaria, alla gestione caratteristica, a cui sono da ricollegarsi, perlo‐più, i ricavi (o i compensi per le attività professionali), unici elementi at‐ti ad ingenerare il presupposto della produzione del reddito. Perdono quindi rilevanza, quasi completamente, i componenti straordinari di reddito, quali le sopravvenienze e le plusvalenze e/o minusvalenze pa‐trimoniali (ma ved. oltre).
4.3 Deduzione per contributi previdenziali Per effetto di quanto previsto dal cit. comma 64 nell’ambito del regime forfetario l’unica deduzione applicabile sul reddito determinato in via forfetaria è costituita dai contributi previdenziali versati in ottemperan‐za a disposizioni di legge. I predetti contributi sono deducibili allo stesso modo anche nell’ambito del regime dei “minimi”, dove però entrano in gioco anche le altre spese sostenute dall’imprenditore o dal professio‐nista.
Sono compresi anche i contributi corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico, ai sensi dell’art. 12 del TUIR, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia eserci‐tato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi. Si è già evidenziato che anche le imprese familiari possono accedere al regime agevolato (sia a quello forfetario che al regime dei “minimi”).
I contributi previdenziali possono però al più azzerare il reddito da as‐soggettare all’imposizione sostitutiva del 15%, così che l’eventuale ec‐cedenza risulta deducibile dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10
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del TUIR (disposizione che consente la deduzione dal reddito comples‐sivo se l’onere non risulta deducibile nell’ambito della determinazione analitica del reddito, in questo caso reddito d’impresa o professionale), a riduzione, cioè, di altri redditi che non vanno soggetti a sostitutiva, come ad esempio i redditi di lavoro dipendente. Si tratta dello stesso meccanismo già applicato il regime dei “minimi”, introdotto ab origine con la Legge finanziaria per il 2008 (cfr. circolare Agenzia delle Entrate n. 7/E del 2008).
Attenzione: altri fattori nella scelta del regime forfetario
L’aspetto sarà approfondito nel capitolo V, ma è bene sottolineare sin d’ora che in relazione ai contributi previdenziali versati dai soggetti che aderiscono al regime agevolato è possibile anche optare per l’applicazione di un regime agevolato sul piano contributivo, che so‐stanzialmente mette in stand by le soglie di contribuzione fissa previste per artigiani e commercianti, i quali potranno applicare esclusivamente la contribuzione connaturata al calcolo variabile sul reddito determina‐to a forfait. Da questo calcolo, peraltro, in caso di reddito abbastanza contenuto, potrebbe emergere una sensibile riduzione contributiva, a fronte della quale, però, il contribuente deve mettere in conto due aspetti:
1. la riduzione della deduzione accordata nell’ambito della determina‐zione del reddito sul quale applicare l’imposizione sostitutiva;
2. il fatto che i minori contributi versati non concorrono ai fini previ‐denziali, come specificato anche dall’INPS con la circolare n. 29 del 10 febbraio 2015 (si rinvia, nello specifico, al capitolo V).
4.4 Nuove attività e riduzione reddituale per le start up Con l’art. 1, comma 65, della Legge n. 190/2014, viene previsto uno specifico regime di favore all’interno del nuovo regime forfetario, desti‐nato alle nuove attività per il periodo d’imposta in cui l’attività è inizia‐ta e per i due successivi; ciò attraverso una riduzione del reddito impo‐nibile in misura di un terzo. Il reddito da prendere in considerazione è quindi pari ai 2/3 di quello determinato in via forfetaria, applicando i coefficienti presuntivi di reddito ai ricavi od ai compensi (comma 64).
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Questa agevolazione spetta alle nuove attività (nei successivi paragrafi saranno analizzati i requisiti previsti per stabilire quali siano le nuove at‐tività), criterio per il quale si è inteso per molti versi fare riferimento al requisito di accesso previsto dall’art. 27 del D.L. n. 98/2011 per la se‐conda versione del regime dei “minimi”, con qualche distinguo, ad ogni buon conto.
Il requisito della nuova attività assume nuovamente centralità anche nell’ambito del regime dei “minimi”, dato che in base alle previsioni del‐la Legge n. 11 del 27 febbraio di conversione del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (c.d. Milleproroghe) il regime di vantaggio previsto dai primi due commi dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011 risulta applicabile anche in rela‐zione al periodo d’imposta 2015. Dal combinato disposto delle due normative, pertanto, emerge che il regime dei “minimi” risulta applica‐bile anche alle nuove attività targate 2015.
In base a quanto previsto dall’art. 1, comma 87, della Legge n. 190/2014, è prevista una estensione anche a soggetti che, avendo a mente l’anno 2015 quale primo anno di operatività del nuovo regime forfetario, hanno iniziato l’attività da meno di tre anni, anche se in tale caso la riduzione trova spazio solo per il periodo che residua al comple‐tamento del triennio, ed a condizione che gli stessi soggetti applicasse‐ro già un regime agevolato.
È infatti concesso di applicare la riduzione reddituale in parola ai sog‐getti che nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avval‐gono del regime fiscale agevolato delle nuove iniziative produttive di cui all’art. 13 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388, o del regime fiscale di vantaggio dei nuovi “minimi”, di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, laddove in possesso dei requisiti previsti dalla legge. In questi casi il regime di cui al comma 65 (riduzione ai 2/3 del reddito determinato a forfait) potrà essere applicato per i soli periodi d’imposta che residuano al completamento del triennio agevolato.
Questa specifica agevolazione è riservata, pertanto, ai soggetti che ap‐plicavano il regime delle nuove iniziative produttive od il regime dei “minimi” e che decidono di avvalersi dal 2015 del regime forfetario, ov‐viamente in presenza dei requisiti previsti per applicare tale regime. Va sottolineato, però, che per i “minimi” è consentito continuare ad appli‐care tale ultimo regime anche per il periodo d’imposta 2015 e comun‐que fino a completamento del quinquennio o del compimento del
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35esimo anno di età. L’estensione operata in sede di conversione in legge del D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (Decreto Milleproroghe) non sembra incidere sui contenuti di quanto previsto dall’art. 1, comma 87, della Legge di stabilità, poiché la stessa si rivolge a chi al 1° gennaio 2015 aveva già iniziato l’attività ed applicava o il regime delle nuove ini‐ziative produttive o il regime dei “minimi”.
Ad esempio
Potrebbe trattarsi di un’impresa che era stata costituita nell’anno 2014 e che aveva deciso di applicare il regime delle nuove iniziative produtti‐ve basato sull’applicazione di una sostitutiva pari al 10%. In questo caso il contribuente a partire dall’anno 2015 non potrà più applicare il regi‐me disciplinato dalla Legge n. 388/2000 e quindi, se realizza i requisiti di accesso al regime forfetario, ha dinanzi a sé un bivio:
1. applica il regime ordinario (per far ciò è tenuta ad esercitare l’opzione);
2. applica il regime agevolato forfetario; in questo caso dato che il con‐tribuente ha iniziato l’attività solo dal 2014 potrà applicare la riduzione del reddito di 1/3 per due anni, ossia il 2015 ed il 2016.
Vale la pena di sottolineare che anche in base alla recentissima novella approvata con la Legge n. 11 del 17 febbraio 2015 a questo contribuen‐te non è lasciata la possibilità di accedere al regime dei “minimi”, poi‐ché non siamo in presenza di una nuova attività dell’anno 2015.
Attenzione
Siccome ai contribuenti che nel periodo d’imposta 2014 applicavano il regime dei “minimi” è concessa anche la possibilità di continuare ad applicare tale regime (art. 1, comma 88, della Legge n. 190/2014), è be‐ne sottolineare che la riduzione pari ad 1/3 del reddito non trova spazio nel caso in cui il contribuente non scelga di applicare il regime forfetario introdotto dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 ma decida di conti‐nuare ad applicare il regime dei c.d. “minimi”. Anche questo fattore co‐stituisce, pertanto, un importante elemento di valutazione ai fini della scelta di applicare, in questo caso, il regime forfetario, anche se, va ri‐cordato, la riduzione reddituale in parola può essere applicata al mas‐simo per uno (attività iniziata nel 2013) o due anni (attività iniziata nel 2014).
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Nel caso delle start up il reddito determinato a forfait viene ad essere ridotto di un terzo, derivandone che l’imposta sostitutiva va applicata su una base imponibile pari ai 2/3 del reddito determinato in via forfe‐taria. L’agevolazione spetta, oltre che alle imprese, anche ai professio‐nisti.
È da ritenersi che il predetto abbattimento reddituale di 1/3 debba es‐sere applicato sul forfait al netto della deduzione per contributi previ‐denziali, poiché il comma 65, articolo unico, della Legge n. 190/2014 rinvia pedissequamente al reddito determinato ai sensi del comma 64, che contempla anche la predetta deduzione.
Ad esempio
Si consideri la posizione di un’impresa start up che nell’anno 2016, in regime forfetario, produce un reddito pari a 2.000 euro e presenta con‐tributi previdenziali pari a 200 euro. Si prospettano due diverse soluzio‐ni:
1. si potrebbe applicare prima la deduzione da contributi (reddito = 2.000‐200), pervenendo ad un reddito pari a 1.200 (ossia i 2/3 di 1.800); questa soluzione ci sembra quella che meglio risponde al dato letterale della norma di riferimento;
2. si potrebbe applicare prima la riduzione ai 2/3 del reddito (= 2/3 di 2.000 = 1.333) e solo in un secondo momento applicare la deduzione (reddito = 1.333 ‐ 200), pervenendo ad un importo di 1.133 euro.
Come è agevole constatare, si tratta di due risultati non sovrapponibili, ragione per cui sul punto probabilmente saranno rese delle indicazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il contribuente viene considerato meritevole di applicare il regime di fa‐vore previsto per le nuove attività se:
a) non ha esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività di cui al comma 54, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, an‐che in forma associata o familiare;
b) l’attività da esercitare non costituisce, in nessun modo, mera prose‐cuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di la‐voro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività prece‐dentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
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c) viene proseguita un’attività d’impresa svolta in precedenza da altro soggetto, ma l’ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto benefi‐cio non è superiore ai limiti di cui al comma 54 (limiti di ricavi che variano in base all’attività esercitata, si rinvia al capitolo secondo).
Nella relazione illustrativa al provvedimento viene ad essere evidenzia‐to che rispetto a tali condizioni valgono, in quanto compatibili, i chiari‐menti dell’Agenzia delle Entrate già forniti in merito al regime fiscale di vantaggio dei “minimi”, di cui all’art. 27 del D.L. n. 98/2011, che sostan‐zialmente, salvo determinate eccezioni, era riservato proprio alle nuove attività e prevedeva requisiti speculari a quelli adesso previsti dalla Leg‐ge di stabilità per l’anno 2015. Al riguardo, peraltro, nella circolare n. 17/E del 2012 veniva precisato che i suddetti requisiti previsti dal D.L. n. 98/2011 a loro volta erano identici a quelli previsti per l’applicazione del regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo, di cui all’art. 13 della Legge n. 388/2000, e che restano validi in proposi‐to i chiarimenti forniti con i precedenti documenti di prassi, salvo quan‐to precisato nella stessa circolare n. 17/E. Di seguito saranno esaminati nel dettaglio i tre requisiti di legge.
4.4.1 Esercizio di attività nei tre anni precedenti Rispetto a quanto previsto dalla lett. a) dell’art. 27 del D.L. n. 98/2011, speculare a quanto previsto dalla lett. a), comma 65, della Legge di sta‐bilità per il 2015, l’Agenzia delle Entrate ha precisato, con la circolare n. 17/E del 2012, che la disposizione secondo cui possono avvalersi del nuovo regime solo i soggetti che nel triennio precedente quello di inizio della nuova attività non abbiano svolto attività di lavoro autonomo o di impresa in generale, anche se in qualità di socio di società di persone ovvero di collaboratore di impresa familiare di cui all’art. 5, comma 4, del TUIR, va intesa nel seguente modo: con riguardo al limite temporale dei “tre anni precedenti”, tenuto conto della lettera della norma, occor‐re fare riferimento non al periodo di imposta ma alla data a partire dal‐la quale si vuole accedere al nuovo regime, verificando che eventuali precedenti attività siano cessate anteriormente all’inizio del triennio (calcolato secondo il calendario comune) che precede l’inizio della nuo‐va attività.
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Ad esempio
Nel caso di un soggetto che aveva cessato la precedente attività il 31 maggio del 2009, l’Amministrazione finanziaria ebbe modo di precisare che quest’ultimo poteva senz’altro intraprendere una nuova attività uti‐lizzando il regime dei “minimi”, ad esempio nel mese di luglio del 2012, senza dover attendere che fossero trascorsi (dal 31 maggio 2009) alme‐no tre periodi d’imposta completi (ossia non era necessario attendere il 1° gennaio 2013).
Si deve quindi ritenere che analoghe conclusioni valgano, ad esempio, per un contribuente che abbia cessato la propria attività a febbraio dell’anno 2012 e che intenda avviare la nuova attività imprenditoriale ad aprile dell’anno 2015 applicando il regime forfetario. In questo caso, infatti, il triennio di legge, avendo a mente il calendario, risulta esaurito a tutti gli effetti a febbraio dell’anno 2015, e non bisogna attendere che siano trascorsi i tre periodi d’imposta inclusi nel triennio “2013‐2015”.
Sempre con la cit. circolare n. 17/E del 2012 fu poi chiarito che:
poiché il presupposto per l’esclusione è lo svolgimento effettivo di un’attività, nell’ipotesi di un socio accomandante che decida, suc‐cessivamente, di intraprendere un’attività, andrà riscontrato se nei tre anni precedenti lo stesso abbia svolto o meno un’attività di ge‐stione all’interno della società, ovvero si sia limitato a conferire il solo capitale;
nel caso di partecipazione a società inattiva, il predetto limite non opera poiché manca un’attività di gestione da parte dei soci;
non è escluso l’associato in partecipazione di solo lavoro, atteso che il suo reddito non è qualificabile come reddito derivante dallo svolgimento di una attività artistica o professionale come definita dall’art. 53, comma 1, del TUIR. Secondo quanto precisato dalle En‐trate la disciplina doveva essere coordinata con quella prevista dall’art. 1, comma 99, lett. d), della Legge n. 244/2007, ossia con l’esclusione prevista in caso di partecipazione a società di persone o associazioni di cui all’art. 5 del TUIR, ovvero a s.r.l. trasparenti ex art. 116 del TUIR. Tale esclusione attiene, fu precisato, alle attività svolte nel periodo agevolato e non in riferimento a quanto avvenu‐to nel triennio precedente;
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non è esclusa l’impresa familiare nel caso in cui l’attività svolta co‐stituisca il proseguimento dell’attività esercitata dal collaboratore dell’impresa familiare.
4.4.2 Prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto for‐ma di lavoro dipendente o autonomo Per quanto riguarda il requisito previsto dalla lett. b), comma 65, se‐condo cui l’attività intrapresa non deve costituire in alcun modo mera prosecuzione dell’attività già svolta precedentemente sotto forma di lavoro dipendente o di lavoro autonomo, nella circolare n. 17/E del 2012 l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di richiamare i contenuti della circolare n. 8/E del 2001 (regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo), ed in particolare il chiarimento secondo cui l’indagine diretta ad accertare la novità dell’impresa va effettuata caso per caso con riguardo al contesto generale in cui la nuova attività viene esercitata.
La preclusione presenta infatti finalità antielusive ed è volta ad evitare che si continui, di fatto, ad esercitare una precedente attività, modifi‐candone unicamente la veste giuridica in impresa o lavoro autonomo, al solo fine di godere delle agevolazioni tributarie previste dal nuovo re‐gime.
Si ha una mera prosecuzione della stessa attività in precedenza eserci‐tata quando quella intrapresa presenta il carattere della novità unica‐mente sotto l’aspetto formale ma viene svolta in sostanziale continuità, ad esempio nello stesso luogo, nei confronti degli stessi clienti ed utiliz‐zando gli stessi beni dell’attività precedente.
Ad esempio
Con la cit. circolare n. 17/E del 2012 delle Entrate venne evidenziato che realizza una ipotesi di sostanziale continuità quella di un lavoratore dipendente con qualifica di falegname che intenda iniziare l’attività di imprenditore rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento (ad esem‐pio nel caso in cui l’ex datore di lavoro o i clienti dello stesso siano di fatto la parte prevalente dei suoi clienti).
L’esistenza del requisito in esame va sempre verificata in presenza di at‐tività di lavoro dipendente svolte in base ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato mentre non precludono l’applicazione del regime forme di lavoro precario come ad esempio i contratti di collaborazione
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coordinata e continuativa o quelli di lavoro a tempo determinato che si caratterizzano per la loro marginalità economica e sociale.
Per esigenze di certezza e di semplificazione si è ritenuto, con la mede‐sima prassi, che tale condizione di marginalità sussista tutte le volte che l’attività di lavoro dipendente a tempo determinato o l’attività di colla‐borazione coordinata e continuativa sia stata svolta per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio antecedente l’inizio dell’attività, prendendo così quale parametro di riferimento lo stesso periodo di osservazione previsto dalla previsione contenuta nella lett. a), attualmente contemplata dal cit. comma 65.
Perciò, se il rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato o il rapporto di lavoro a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa si è protratto oltre tale lasso temporale, va verificato che la nuova attività non sia svolta in sostanziale continuità con la prece‐dente.
In ogni caso, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto di escludere la prosecutio nel caso in cui le due attività da porre a confronto vengano svolte in ambiti che richiedono competenze non omogenee.
Ad esempio
Si è escluso l’animus elusivo nel caso di un medico neurologo lavoratore dipendente che intenda avviare una attività di musicista.
Non è, invece, consentito l’accesso al regime se si intende avviare l’attività nello stesso ambito professionale e rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento.
Ad esempio
Potrebbe essere il caso di un medico lavoratore dipendente specializza‐to in ortopedia che voglia avviare una attività di medico libero profes‐sionista anche in altra branca della medicina che, però, abbia come ba‐cino di utenza quello in precedenza coperto dalla attività svolta sotto forma di lavoro dipendente e considerando come clienti anche i pazien‐ti che in precedenza curava nell’ambito della attività di lavoro dipen‐dente.
In realtà, con specifico riferimento al regime dei “minimi” disciplinato dall’art. 27 del D.L. n. 98/2011 è intervenuto anche il Provv. 22 dicem‐
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bre 2011, che ha dato attuazione ai primi due commi di tale disposizio‐ne, prevedendo che la condizione in esame non opera laddove il contri‐buente dia prova di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause indipendenti dalla propria volontà. È da ritenersi, in particolare, che questa esimente possa trovare spazio anche per la riduzione reddituale prevista nell’ambito del regime forfetario introdotto dalla Legge di sta‐bilità per l’anno 2015.
Come segnalato dall’Amministrazione finanziaria con la circolare n. 17/E del 2012, in casi come questi, infatti, è evidente che non viene lesa la finalità antielusiva della norma. L’applicazione rigida del suddetto limite renderebbe difficilmente fruibile il regime stesso da parte di lavoratori in mobilità o che hanno perso il lavoro per cause indipendenti dalla propria volontà, che utilizzano la professionalità acquisita per avviare un’attività di impresa, arte o professione, disattendendo, quindi, la ra‐tio che ha ispirato le novità introdotte dall’art. 27 del D.L. n. 98/2011 (e, si aggiunge, la stessa ratio cui sono informate le disposizioni previste dal citato comma 65).
Ne dovrebbe conseguire, pertanto, che anche per accedere alle agevo‐lazioni supplementari previste per le start up nell’ambito regime forfe‐tario un ingegnere idraulico lavoratore dipendente che abbia perso il lavoro o sia stato collocato in mobilità per cause indipendenti dalla pro‐pria volontà si candida ad avvalersi dell’incremento del bonus redditua‐le (riduzione del reddito ai 2/3), anche se esercita l’attività di ingegnere idraulico sotto forma di lavoro autonomo.
Allo stesso modo, non dovrebbero ricorrere finalità elusive e quindi ostacoli al bonus per start up nelle ipotesi:
in cui un lavoratore dipendente, dopo essere andato in pensione, svolga la stessa attività in forma di lavoro autonomo;
in cui il contribuente abbia svolto, nell’anno precedente, prestazio‐ni occasionali, perché le stesse, costituendo redditi diversi ai sensi dell’art. 67 del TUIR, non sono produttive di reddito di lavoro auto‐nomo o d’impresa di cui, rispettivamente, agli artt. 55 e 53 del TUIR.
In relazione all’esimente prevista espressamente nel corpo di entrambe le disposizioni esaminate, secondo cui il limite in parola non rileva lad‐dove l’attività in precedenza svolta consista nel periodo di pratica ob‐
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bligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni, l’Agenzia delle Entra‐te ha avuto modo di chiarire, con la cit. circolare n. 17/E del 2012, che alla pratica obbligatoria prevista per alcune attività professionali posso‐no essere assimilate tutte le attività il cui svolgimento è previsto obbli‐gatoriamente da specifiche disposizioni normative al fine di poter ope‐rare in un determinato settore economico‐produttivo, come ad esem‐pio la pratica obbligatoria richiesta in alcuni settori dell’artigianato.
È stato preso in considerazione anche il caso particolare in cui l’attività di praticante avvocato venga svolta non in qualità di collaboratore coordinato e continuativo ma aprendo una partita IVA. Secondo quan‐to chiarito dall’Agenzia delle Entrate il praticante avvocato può accede‐re al regime (nel caso specifico al surplus del bonus previsto per le start up) già al momento della apertura della partita IVA (e non dopo il supe‐ramento dell’esame di abilitazione), non potendo essere considerato ininfluente ai fini del computo del triennio il periodo di lavoro autono‐mo svolto da praticante.
Fu infine chiarito (circolare n. 17/E del 2012):
che è consentito continuare ad applicare il regime fiscale di vantag‐gio ai soggetti che iniziano una attività di lavoro dipendente anche in ambiti omogenei a quelli che caratterizzano l’attività di lavoro autonomo o di impresa non essendo ravvisabile in tal caso alcuno spostamento di imponibile ad un regime più favorevole per il con‐tribuente. Venne prospettato il caso di un geometra che svolga at‐tività libero‐professionale in regime agevolato assunto come lavo‐ratore dipendente per il medesimo profilo professionale;
che resta ugualmente ininfluente la circostanza che un contribuen‐te che si avvale del regime agevolato abbia avviato altre attività produttive di redditi diversi da quelli di lavoro autonomo di cui all’art. 53, comma 1, o di impresa di cui all’art. 55 del TUIR.
4.4.3 Proseguimento di un’attività svolta in precedenza da altro sog‐getto In relazione al requisito di cui alla citata lett. c) dell’art. 1, comma 65, della Legge n. 190/2014, che fissa il rispetto dei limiti quantitativi lad‐dove vi sia proseguimento dell’attività precedentemente esercitata da un terzo, per verificare la sussistenza dei requisiti di accesso al regime forfetario va accertato che l’ammontare dei ricavi conseguiti dal ceden‐
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te o dal de cuius non sia superiore ai limiti di ricavi previsti per ciascuna attività economica (ved. Tab. n. 1, capitolo secondo). Identiche conside‐razioni valgono per i contribuenti “minimi”, dove però la soglia è fissa (30.000 euro) e non mobile, come ben noto.
Come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate con la cit. circolare n. 17/E del 2012, l’indagine doveva (e deve oggi) essere effettuata in relazione al periodo di imposta precedente a quello del riconoscimento del pre‐detto beneficio.
Ad esempio
Per il regime dei “minimi” se l’azienda veniva acquistata nel corso del 2012 era necessario fare riferimento ai ricavi conseguiti nel 2011.
Allo stesso modo, pertanto, per l’applicazione del bonus start up da par‐te dei contribuenti forfetari se l’azienda viene acquistata nel corso dell’anno 2015 occorre fare riferimento ai ricavi conseguiti nell’anno 2014.
Ne consegue che, in caso di prosecuzione dell’attività, il cessionario o l’erede possono applicare il regime fiscale di vantaggio solo se in quell’anno il cedente o il de cuius avevano conseguito ricavi in misura inferiore o pari al limite imposto dalla norma in esame.
Con lo stesso documento di prassi l’Amministrazione finanziaria ebbe modo di precisare che se l’acquisto dell’impresa avveniva nel corso dell’anno oggetto di tassazione, oltre al rispetto del requisito in esame centrato sull’annualità precedente, era necessario anche che, nel corso dell’anno di acquisto, non venisse superato l’ulteriore limite di ricavi di 30.000 euro fissato dall’art. 1, comma 96, lett. a) della Legge n. 244/2007. A tale fine, i ricavi riferibili al dante causa e quelli riferibili all’avente causa, relativi all’anno di cessione dell’attività, dovevano es‐sere considerati cumulativamente per la verifica del superamento del richiamato limite, con la postilla che qualora al momento dell’acquisto i ricavi del dante causa avessero già superato il limite di 30.000 euro in misura superiore al 50%, l’avente causa non poteva applicare, già dall’anno dell’acquisto, il regime fiscale di vantaggio.
Anche in relazione al regime previsto dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 il comma 56 prevede che possono accedere al regime forfetario le persone fisiche, residenti nel territorio dello Stato, esercenti attività di
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impresa, arti o professioni, che nell’anno di inizio della propria attività presumono di realizzare i requisiti di cui al comma 54 e quindi anche i requisiti concernenti i ricavi diversificati a seconda dell’attività esercita‐ta (in caso di inizio di attività in corso d’anno, il limite dei ricavi o com‐pensi deve essere ragguagliato all’anno).
L’ipotesi in esame è quindi quella in cui ad esempio nell’anno 2015 il contribuente acquisti un’azienda di proprietà di altro soggetto persona fisica, azienda che in relazione all’anno 2014 rientra, quanto a ricavi, nei limiti previsti dal citato comma 65. In questa ipotesi i ricavi riferibili al dante causa e quelli riferibili all’avente causa, relativi all’anno di cessio‐ne dell’attività (2015, ad esempio), devono essere considerati cumulati‐vamente per la verifica del superamento del richiamato limite.
4.5 Scomputo delle perdite pregresse Un altro fattore da tenere in considerazione, anche ai fini della scelta tra l’applicazione del regime forfetario o quello dei “minimi”, è il trat‐tamento delle perdite maturate in costanza di applicazione del regime agevolato. Nel caso del regime forfetario, in particolare, il problema nemmeno si pone poiché sostanzialmente il contribuente non dovrebbe produrre mai una perdita, mentre nel regime dei “minimi”, dato che il reddito viene ad essere calcolato in via analitica, viene da sé che il con‐tribuente potrebbe anche presentare una perdita, la quale è scomputa‐bile dal reddito conseguito nell’esercizio d’impresa, arte o professione, nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero im‐porto che trova capienza in essi (cfr. art. 1, comma 108, Legge n. 244/2007, secondo cui, peraltro, si applicano, ove ricorrano le relative condizioni, le disposizioni dell’ultimo periodo dell’art. 8, comma 3, del TUIR, e vale, pertanto, anche il discorso del riporto senza limiti tempo‐rali nei casi delle nuove attività).
Con i sistemi di determinazione forfetaria del reddito quasi non avrebbe senso affrontare la questione della presenza di perdite d’impresa o pro‐fessionali, poiché vale la scelta di fondo per la quale il reddito assume giocoforza una dimensione positiva.
Si potrebbe porre la questione dell’eventuale assorbimento di agevola‐zioni che incidono sulla base imponibile a titolo di deduzione, le quali non attengono all’erosione del reddito calcolata a forfait e quindi pre‐senterebbero i presupposti per riversarsi concettualmente in una perdi‐
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ta. Attualmente non si intravedono norme di questo tipo (come ad es. la c.d. Tremonti‐ter; l’ultima agevolazione di questo tipo sui beni stru‐mentali si traduce in un credito d’imposta) ma l’introduzione di agevo‐lazioni che si basano su decurtazioni della base imponibile è un fatto ri‐corrente nel sistema tributario. Anche la stessa deduzione connessa ad investimenti in start up spetta ai soli soggetti IRES, mentre ai soggetti IRPEF spetta una detrazione dall’imposta lorda (IRPEF).
In un periodo di protratta crisi economica questo effetto si pone però in rotta di collisione con principi del nostro sistema tributario tesi a tutela‐re la posizione di un soggetto in difficoltà economica vuoi in un ottica pluriennale attraverso il riporto in avanti, vuoi assicurando lo scomputo infrareddito delle perdite (soggetti in contabilità semplificata), ma rap‐presenta l’altra faccia di una medaglia che attribuisce al contribuente la possibilità di applicare l’imposta sostitutiva al 15% con annesso manca‐to concorso del reddito agevolato alla curva delle aliquote applicata sui restanti redditi.
Per le start up, in particolare, l’abbattimento di 1/3 del reddito potreb‐be non rivelarsi sufficiente ed anzi risultare sostanzialmente evanescen‐te, tenendo conto, peraltro, dell’impossibilità di far valere le quote rela‐tive al processo dell’ammortamento, ferma restando l’attrattiva delle numerose semplificazioni previste dal regime (IRAP, studi di settore, IVA, semplificazioni contabili), semplificazioni che ad ogni buon conto valgono anche in caso di scelta per il regime dei “minimi”.
In corso di adozione del regime agevolato il contribuente può però scomputare dal reddito determinato forfetariamente, ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, comma 68, della Legge n. 190/2014, le perdite ma‐turate in periodi d’imposta precedenti rispetto a quello in cui applica il regime agevolato. Al riguardo rimangono ferme le regole previste per le persone fisiche in contabilità ordinaria (art. 8 del TUIR), con riporto a seconda dei casi o in cinque anni o senza particolari limiti di tempo, e scomputo “necessario”, per l’intero importo delle perdite. Potrebbe pe‐raltro trattarsi anche delle perdite emerse nel Mod. UNICO 2015‐PF per il periodo d’imposta 2014 o delle stesse perdite memorizzate nel qua‐dro LM per i soggetti che applicano il regime dei “minimi” di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, e che decidono di adottare, dal 2015, il nuovo regime agevolato, anche ad esempio per esaurimento del quinquennio previsto da tale ultima disposizione (questi contribuen‐
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ti possono comunque applicare il regime ordinario, su specifica opzio‐ne). Anche le perdite pregresse, ad ogni buon conto, si prestano ad es‐sere scomputate dal reddito come determinato nel comma 64, e quindi già al netto dei contributi previdenziali. Questa specificazione assume un certo rilievo, poiché in assenza di altri redditi mentre le perdite pre‐gresse all’ingresso nel regime forfetario sono riportabili in avanti (per cinque anni o senza limiti di tempo), i contributi previdenziali esauri‐scono la propria portata sulla redditività espressa nel periodo d’imposta oggetto di tassazione.
Ad esempio
Il signor Rossi, imprenditore, svolge attività di commercio al dettaglio ed applica il regime forfetario per l’anno 2016. I ricavi sono pari a 16.000 euro e sono stati versati contributi previdenziali per un importo pari a 3.400 euro. Il contribuente dispone, peraltro, di perdite pregresse maturate in regime di contabilità ordinaria, applicato sino all’anno 2014, per un importo pari a 4.000 euro. In questo caso emergono i se‐guenti effetti fiscali:
il reddito d’impresa lordo risulta pari a 6.400 euro, ed è calcolato applicando il coefficiente di redditività pari al 40% sul volume dei ri‐cavi (16.000 x 40%);
vanno prima scomputati i contributi previdenziali, ragione per cui il reddito al netto dei contributi (3.400 euro) è pari a 3.000 euro;
vanno, inoltre, scomputate le perdite pregresse, ragione per cui il reddito da assoggettare ad imposta sostitutiva si azzera; va ricorda‐to che nell’ambito della disciplina IRPEF delle perdite d’impresa non vigono le regole di scomputo parziale delle perdite pregresse previ‐ste dall’art. 84, comma 1, del TUIR, ma le perdite si scomputano sempre integralmente, salvo avere una portata, in termini tempora‐li, limitata al quinquennio successivo a quello di formazione, eccetto le ipotesi delle perdite prodotte nei primi tre anni di vita dal sogget‐to IRPEF (riportabili senza limiti di tempo);
le perdite residue, pari a 1.000 euro (4.000 ‐ 3.000), potranno esse‐re scomputate dal reddito prodotto dal contribuente nei periodi d’imposta successivi fino al quinto (anno 2019), ai sensi di quanto previsto dall’art. 8 del TUIR e dal comma 68, articolo unico, della Legge di stabilità 2015.
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Avendo a mente anche quanto detto nei paragrafi precedenti, emerge che per un soggetto che si avvale anche del beneficio della riduzione reddituale di 1/3 è questa la scansione con la quale si giunge a quantificare la base imponibile sulla quale applicare l’imposta sostitutiva:
1. individuazione e quantificazione dei ricavi o dei compensi rilevanti (vale il criterio di cassa);
2. determinazione del reddito (applicando le percentuali di legge); 3. scomputo dei contributi previdenziali; 4. eventuale defalcazione del reddito di 1/3 (solo per le start up); 5. scomputo delle eventuali perdite pregresse.
Tavola 1 ‐ Le fasi per il calcolo del reddito e la liquidazione della sosti‐tutiva
4.6 Ricavi inclusi nel forfait e redditi da partecipazioni Per l’individuazione dei ricavi su cui applicare i coefficienti di determi‐nazione del reddito si deve fare riferimento, per le imprese, a quanto previsto dall’art. 85 del TUIR (in virtù del rinvio di cui all’art. 56 del TUIR. Si veda anche quanto previsto dall’art. 57 in materia di ricavi. Per i pro‐fessionisti si veda l’art. 54 del TUIR, che peraltro annovera tra i com‐
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pensi anche quelli conseguiti sotto forma di partecipazione agli utili), e quindi, a titolo esemplificativo, anche ai contributi in conto esercizio o alle indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicu‐rativa, per la perdita od il danneggiamento di beni quali ad esempio quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.
Senza elencare le numerose ipotesi ivi contemplate, che nella massima parte dei casi non riguardano la posizione dei contribuenti di piccola dimensione interessati dal regime in esame, merita sottolineare quanto previsto dalla lett. c), comma 1, del cit. art. 85, secondo cui rientrano tra i ricavi anche i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di parte‐cipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed en‐ti di cui all’art. 73, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica la participation exemption, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (è poi previsto che se le partecipazioni sono nelle società o enti di cui all’art. 73, comma 1, lett. d, del TUIR ossia ai soggetti non residenti, si applica il comma 2 dell’art. 44 del TUIR).
Normalmente a tal fine siamo in presenza di immobilizzazioni finanzia‐rie se le partecipazioni sono iscritte come tali in bilancio. Appare natu‐rale che ai fini in esame se del caso rilevino, comunque, a prescindere dalla semplificazioni contabili adottate, le classificazioni ed indicazioni rese dai principi contabili nazionali.
Pertanto, nei casi in cui le partecipazioni siano suscettibili di produrre ricavi esse rilevano, ai fini in esame, nel momento dell’alienazione e per l’intero importo pari al relativo corrispettivo, importo sul quale sarà applicata la percentuale di determinazione forfetaria del reddito previ‐sta ex lege. Diversa questione attiene alle partecipazioni in società di capitali (non in regime di trasparenza) che non presentano i presupposti per essere classificate tra i ricavi. In questo caso siamo in presenza di beni che normalmente producono reddito sotto forma di utili, sebbene pro quota in virtù delle disposizioni tese ad evitare la doppia imposizio‐ne, ma che nel caso specifico non concorrono al forfait, in quanto i sud‐detti utili percepiti in regime di impresa non rientrano nella sfera dei ri‐cavi, così come le relative cessioni in corso di adozione del regime di queste partecipazioni non rientrano nella sfera delle cessioni che gene‐rano ricavi.
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Al di là del trattamento delle plusvalenze, che richiede un esame più ampio (ved. oltre), se la partecipazione è essenzialmente detenuta nell’impresa ma come vero e proprio investimento produttivo di “frutti” normalmente riconducibili ai proventi finanziari (OIC, documento inter‐pretativo n. 1 del Principio contabile n. 12), qualche perplessità matura per il fatto che a fronte della redditività di questi beni, di per sé non col‐legati direttamente all’attività aziendale (e quindi ai ricavi), non emerga una corrispondente tassazione per il contribuente che aderisce al regi‐me agevolato.
4.7 Componenti rinviati da esercizi precedenti Nell’art. 1, comma 66, della Legge n. 190/2014 è previsto che i compo‐nenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che dispongono o consentono il rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime, e che analoghe disposizioni si applicano ai fini della determinazione del valore della produzione netta.
Come evidenziato nella relazione illustrativa al provvedimento di legge, potrebbe trattarsi delle plusvalenze realizzate e la cui tassazione risulta differita ai sensi dell’art. 86, comma 4, del TUIR, o delle spese di pubbli‐cità la cui deducibilità risulta frazionata in più esercizi ai sensi dell’art. 108, comma 1, del TUIR, ma la casistica è ampia. Per i soggetti che ac‐cedono al regime agevolato sin dal periodo d’imposta 2015 questi com‐ponenti di reddito trovano spazio nel Mod. UNICO 2015, a seconda dei casi nel quadro RF o nel quadro RG.
In particolare, se si prende a riferimento il quadro RF del Mod. UNICO 2015‐PF (approvato con Provv. del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 30 gennaio 2015 e disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate), emer‐gono i seguenti riflessi dichiarativi:
nel rigo RF31, tra le altre variazioni in aumento diverse da quelle sopra elencate, occorre indicare, inserendo codice 9, per i contri‐buenti che nel periodo d’imposta successivo intendono avvalersi del regime forfetario di cui all’art. 1, commi da 54 a 75, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190, la somma algebrica delle quote residue dei componenti positivi e negativi di reddito relativi ad esercizi pre‐
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cedenti a quello da cui ha effetto il nuovo regime, ove sia di segno positivo, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del TUIR;
nel rigo RF55, invece, tra le altre variazioni in diminuzione (codice 10), va indicato l’ammontare della somma algebrica delle quote re‐sidue dei componenti positivi e negativi di reddito relativi ad eser‐cizi precedenti a quello da cui ha effetto il nuovo regime, ove sia di segno negativo, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del D.P.R. n. 917/1986.
Una rilevante distinzione rispetto a quanto disposto per i “minimi” è co‐stituita dal fatto che in caso di adozione del regime forfetario la somma algebrica dei componenti positivi e negativi di reddito rileva per intero, mentre l’art. 1, comma 106, della Legge n. 244/2007 (Legge finanziaria per il 2008) prevede il concorso alla formazione del reddito dell’annualità precedente a quella di accesso per l’importo della somma algebrica delle predette quote eccedente l’ammontare di 5.000 euro (in caso di ammontare non eccedente la soglia di 5.000 euro le quote si consideravano azzerate e non partecipavano alla formazione del reddi‐to del suddetto esercizio, mentre in caso di importo negativo della somma algebrica, lo stesso concorreva integralmente alla formazione del predetto reddito).
Dall’analisi della modulistica concernente il periodo d’imposta 2014 si evince che la disposizione recata dal citato art. 1, comma 66, della Leg‐ge n. 190/2014 esplica effetti anche nella dichiarazione IRAP per i sog‐getti che a partire dal corrente anno applicano il regime forfetario, sog‐getti che conseguentemente saranno esenti da IRAP per le annualità successive e non presenteranno la corrispondente dichiarazione. Va ri‐cordato che in relazione al regime dei “minimi” con la risoluzione n. 132/E del 27 maggio 2009, l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di preci‐sare che sebbene la norma prevista dall’art. 1, comma 106, della Legge n. 244/2007 facesse esclusivo riferimento alla “formazione del reddito dell’esercizio precedente”, la stessa esplicava efficacia anche ai fini del‐la determinazione della base imponibile IRAP. Analoghe conclusioni val‐gono, alla luce della modulistica approvata nel corso del corrente anno, in relazione alla normativa prevista dall’art. 1, comma 66, della Legge n. 190/2014, che ripropone, sostanzialmente i medesimi contenuti, anche se in realtà nella norma più recente si è materializzato anche un espres‐
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so riferimento all’applicazione delle relative disposizioni ai fini della de‐terminazione del valore della produzione netta. L’Agenzia delle Entrate, nel sostenere che avrebbero trovato applicazione anche ai fini IRAP i chiarimenti forniti nella circolare del 21 dicembre 2007 n. 73/E (parag. 4.2) ebbe modo di evidenziare, tra le altre cose, come non fosse di ostacolo a tale soluzione la circostanza in base alla quale in costanza di regime i contribuenti sono esentati dall’IRAP, poiché si tratta di compo‐nenti di reddito il cui presupposto di tassazione si è realizzato in periodi d’imposta antecedenti l’ingresso nel regime medesimo.
Nella sezione I del quadro IQ della dichiarazione IRAP sono state inseri‐te due nuove colonne (ved. Tavola 2), nelle quali vanno indicati i com‐ponenti rinviati da esercizi precedenti a quello da cui ha effetto il nuovo regime:
in colonna 1 del rigo RQ4, l’ammontare dei componenti positivi re‐lativi ad esercizi precedenti, la cui tassazione è stata rinviata in con‐formità alle disposizioni del TUIR;
in colonna 1 del rigo RG10, l’ammontare dei componenti negativi relativi ad esercizi precedenti, la cui tassazione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del TUIR.
Tavola 2 ‐ Ritaglio della sezione I quadro IQ, Dichiarazione IRAP 2015
4.8 Irrilevanza di componenti già tassati o dedotti L’art. 1, comma 72, della cit. Legge n. 190/2014 prende in considerazio‐ne le problematiche che maturano allorquando il contribuente, in virtù del passaggio ad un nuovo regime, adotta un diverso criterio di imputa‐zione delle componenti reddituali ed il fine è quello di evitare salti o duplicazioni di imposizione.
In massima parte le ipotesi previste riguardano il contribuente che esercita attività imprenditoriale, poiché nel caso del professionista va‐
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leva anche prima (o dopo la fuoriuscita dal regime) il criterio di cassa, ed analoghe conclusioni valgono per il caso in cui l’imprenditore appli‐cava il regime dei “minimi” previsto dal D.L. n. 98/2011. La norma pren‐de quindi in considerazione i seguenti casi:
ingresso, ad esempio dall’anno 2015, nel regime forfetario, con passaggio dal criterio della competenza (regime ordinario) a quello che segue l’evoluzione finanziaria (regime forfetario); viene previ‐sto che se i ricavi sono già stati tassati, ad esempio nel corso dell’anno 2014 in applicazione del criterio di competenza, questi stessi non concorreranno all’applicazione delle percentuali di red‐dito previste nell’ambito del regime forfetario allorquando, nel cor‐so dell’anno 2015, gli stessi ricavi saranno concretamente incassati;
caso del passaggio da un periodo d’imposta soggetto al regime for‐fetario a un periodo d’imposta soggetto a regime ordinario: i ricavi e i compensi che, in base alle regole del regime forfetario, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella de‐terminazione del reddito degli anni successivi ancorché di compe‐tenza di tali periodi; viceversa i ricavi e i compensi che, ancorché di competenza del periodo in cui il reddito è stato determinato in ba‐se alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo, assumono rilevanza nei periodi di imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime forfetario.
È previsto, infine, che in caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto al regime forfetario a un periodo di imposta soggetto a un di‐verso regime, le spese sostenute nel periodo di applicazione del regime forfetario non assumono rilevanza nella determinazione del reddito de‐gli anni successivi (si evita così la doppia deduzione).
Analoghi criteri sono previsti, essenzialmente, nell’ambito dell’accesso al regime dei “minimi” o della fuoriuscita dallo stesso regime, ma in realtà merita segnalare che per l’anno 2015 gli unici contribuenti che accedono a tale regime non erano operativi in precedenza, ragione per cui occorrerà verificare, semmai, i riflessi che maturano in caso di fuo‐riuscita dal regime dei “minimi”, e quindi in caso di passaggio dall’adozione del criterio di cassa a quello di competenza previsto per le imprese, avendo a mente sempre la regola che in nessun caso sono
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ammessi salti o duplicazioni di imposizione. Nel passaggio dal regime dei “minimi” a quello forfetario, peraltro, rimane fermo, comunque, il criterio di imputazione temporale per cassa, il che non favorisce il de‐terminarsi delle ipotesi previste dal Legislatore.
4.9 Cessione di beni “plusvalenti” Il sistema semplificato previsto dalla Legge di stabilità 2015, basato su determinazioni forfetarie del reddito, prende in considerazione solo i componenti ordinari, riconducibili ai ricavi, e la normativa in esame sembra trascurare a piè pari il tema dell’eventuale imposizione dei componenti di reddito relativi alla cessione di beni tendenzialmente plusvalenti (o minusvalenti), beni, cioè, dalla cui cessione non derivano ricavi, come i beni strumentali utilizzati nell’ambito dell’attività di im‐presa o comunque i beni relativi all’impresa previsti dall’art. 86 del TUIR.
Tendenzialmente dalla cessione di questi beni non derivano componen‐ti di reddito attratti a tassazione nel regime forfetario. Le uniche dispo‐sizioni si rinvengono nell’ambito delle misure recate dall’art. 1, comma 72, della Legge n. 190/2014, al fine di evitare salti o duplicazioni di im‐posizione nel passaggio dal regime ordinario a quello agevolato o nell’ipotesi opposta, e riguardano i soli beni strumentali. In particolare, l’ipotesi contemplata attiene al caso della cessione, dopo la fuoriuscita dal regime forfetario, di beni strumentali acquisiti in esercizi precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario.
In questo caso si assume come costo non ammortizzato quello risultan‐te alla fine dell’esercizio precedente a quello dal quale decorre il regi‐me. È poi previsto che se la cessione (avvenuta sempre dopo la fuoriu‐scita dal regime) concerne beni strumentali acquisiti nel corso del regi‐me forfetario, si assume come costo non ammortizzabile il prezzo di acquisto.
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Attenzione
Ne consegue che per i beni acquistati in corso di applicazione del regi‐me agevolato e poi alienati sempre in costanza dello stesso regime, e non suscettibili di ingenerare ricavi a seguito della cessione, non matura alcuna imposizione supplementare, poiché il corrispettivo di vendita non rileva in alcun modo ai fini della determinazione del reddito.
Considerazioni a parte merita il caso in cui l’alienazione avviene in corso di adozione del regime ma concerne beni acquisiti in epoca anteriore all’accesso nello stesso regime. Anche questa ipotesi non risulta espres‐samente contemplata, ragione per cui si dovrebbe concludere che il predetto componente di reddito non assuma alcun rilievo ai fini imposi‐tivi, dato che la plusvalenza non incide sul reddito determinato in via forfetaria.
Si riscontra, peraltro, che nell’ambito della determinazione del reddito delle società in regime di Tonnage tax (regime di determinazione forfe‐taria del reddito che collega l’imposizione al tonnellaggio delle navi) l’art. 158, comma 1, del TUIR, prevede espressamente l’assoggettamento ad imposizione dei componenti di reddito rivenienti dall’alienazione in corso di opzione della nave acquistata prima dell’opzione.
A commento di questa disposizione l’Agenzia delle Entrate ebbe modo di osservare, con la risoluzione n. 465/E del 3 dicembre 2008, che la stessa, nella parte in cui esclude la tassazione delle plusvalenze e minu‐svalenze da cessione delle navi, risponde alla ratio di includere nella de‐terminazione forfetaria del reddito attribuibile alle navi tutte le compo‐nenti analitiche del reddito medesimo, con la conseguenza che quest’ultime ‐ in quanto assorbite nel forfait ‐ non rilevano autonoma‐mente né ai fini della deducibilità del costo di acquisto né ai fini del trattamento delle plusvalenze e delle minusvalenze da realizzo.
Venne però precisato che il senso delle anzidette disposizioni è destina‐to a venire meno nell’eventualità in cui il contribuente abbia fatto con‐correre alla formazione del reddito le componenti analitiche, come av‐viene appunto per le navi già di proprietà dell’armatore in periodi ante‐cedenti l’applicazione della Tonnage tax (in tali casi, pertanto, anche le componenti reddituali da realizzo ‐ plusvalenze e minusvalenze ‐ sono
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comprese nel reddito in aggiunta a quello forfetario derivante dalla ge‐stione della nave).
Nel complesso, in caso di cessione dei beni strumentali la normativa in‐trodotta dalla Legge di stabilità 2015 fa trasparire una impostazione per la quale vi è tassazione solo se l’alienazione avviene dopo la fuoriuscita dal regime agevolato. Non scatta alcuna forma di tassazione supple‐mentare se la cessione riguarda un bene acquistato e poi alienato in corso di applicazione del regime agevolato, ed analoghe conclusioni valgono per i beni strumentali acquisiti prima e ceduti in corso di ado‐zione del regime, anche se in questo caso matura qualche perplessità sul piano della razionalità complessiva di questa impostazione, e si sono evidenziate, ad esempio, le conclusioni valse per il caso della Tonnage tax, in cui, in realtà, il rapporto tra il forfait ed il bene produttivo di red‐dito è molto accentuato (l’opzione riguarda proprio la redditività della nave e quindi del bene tendenzialmente plusvalente).
Ad ogni buon conto, la normativa di riferimento nulla prevede riguardo a questa specifica questione. Si rinvia, pertanto, alle eventuali determi‐nazioni dei decreti attuativi previsti dall’art. 1, comma 88, della Legge n. 190/2014, od ai chiarimenti dei competenti Organi.
A dire il vero la più volte richiamata normativa presenta ulteriori incon‐gruenze. Prima di tutto, essa si occupa dei soli beni strumentali, la‐sciando a se stessi i beni patrimoniali non produttivi di ricavi in caso di cessione. Se le cessioni di questi beni determinano plusvalenze o minu‐svalenze da aggiungere al forfait questo risvolto fiscale andrebbe preci‐sato nella normativa di riferimento. In secondo luogo, per i beni stru‐mentali acquisiti ante regime la normativa appare contraddittoria nella misura in cui tassa per intero le predette plusvalenze nel momento del‐la fuoriuscita dal regime agevolato, senza mandare esente la parte di plusvalenza formatasi in costanza di applicazione del regime, “esenzio‐ne” che invece matura a pieno titolo se la cessione è realizzata in corso di opzione.
Tutto ciò vuol dire che il carico fiscale può variare in misura sensibile a seconda che la cessione sia effettuata l’anno prima o quello immedia‐tamente successivo, senza una precisa logica poiché in realtà si parla anche di valori cristallizzati in diversi anni sotto forma di plusvalenza. Anche in relazione ai beni acquisiti e ceduti in corso di adozione del re‐gime agevolato, va osservato che, in definitiva, l’imposizione sul livello
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dei ricavi assorbe solo in senso molto “laterale” le plusvalenze conse‐guite su beni patrimoniali che nulla o poco hanno a che vedere con l’attività tipica, ma di certo viene incontro ad esigenze di semplificazio‐ne. Nel complesso si ha la sensazione che in questi schemi possano in‐sinuarsi beneficiari i quali vengono alfine “premiati” in relazione a mo‐vimenti ed attività che poco hanno a che vedere con le embrionali atti‐vità economiche che si intende agevolare. Si consideri, a questo propo‐sito, che il possesso di beni patrimoniali (non strumentali) non sembra ostacolare l’accesso al regime agevolato, e che gli stessi immobili dove viene esercitata l’attività imprenditoriale o professionale vengono esclusi a piè pari dai range di accesso parametrati sull’annualità prece‐dente a quella di applicazione del regime.
4.10 Liquidazione dell’imposta sostitutiva Nel sistema forfetario introdotto dalla Legge di stabilità per l’anno 2015 una volta determinato il reddito, sulla base imponibile va applicata un’imposta sostitutiva pari al 15%. La nuova imposta sostitutiva, al pari di quanto previsto nell’ambito del regime dei “minimi” (in cui la sostitu‐tiva era pari al 5%), prende il posto delle imposte sui redditi (IRPEF), delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP. È necessario, anche per i soggetti che applicano il regime forfetario od il regime dei “mini‐mi”, provvedere al calcolo ed al versamento degli acconti. Per il regime forfetario non è prevista una disposizione che obblighi a rideterminare le imposte da versare in sede di acconto nel primo anno di applicazione del regime. Va ricordato che in caso di accesso al regime dei “minimi” era prevista una disposizione per la quale i contribuenti calcolavano l’acconto dell’IRPEF da corrispondere nell’anno in cui avviene il passag‐gio dal regime ordinario senza tener conto delle disposizioni che disci‐plinano il regime dei “minimi”. Ad esempio, il soggetto che si avvaleva del regime dei contribuenti “minimi” a decorrere dal periodo d’imposta 2008, calcolava gli acconti da versare nel corso dello stesso anno 2008, avendo riguardo all’imposta dovuta evidenziata nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2007.
Sembra quindi che nel caso di accesso dal 2015 al regime forfetario il contribuente possa regolarsi anche applicando il criterio previsionale.
Vale la pena di sottolineare che nella misura in cui la base imponibile concorre all’applicazione dell’imposta sostitutiva matura anche un se‐condo effetto positivo, in caso di presenza di altri redditi, poiché il red‐
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dito complessivo diminuisce e questo influisce sulle aliquote ordinarie applicate ai fini IRPEF, con un tendenziale minore aggravio impositivo anche sui restanti redditi tassati in via ordinaria. Come si è già eviden‐ziato, in caso di contributi previdenziali eccedenti rispetto al reddito di impresa o professionale soggetto a sostitutiva i predetti contributi, per la parte eccedente, possono essere scomputati dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10 del TUIR.
Nel caso di imprese familiari, l’imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, è dovuta dall’imprenditore (cit. art. 1, comma 64, della Legge n. 190/2014). Per i “minimi”, regime in cui è prevista una disposizione di analogo tenore, è stato chiarito che poiché l’imposta è assolta intera‐mente dall’imprenditore, per evitare una doppia tassazione dello stesso reddito, i collaboratori familiari sono esonerati dagli obblighi dichiara‐tivi e di versamento riferibili al reddito assoggettato a sostitutiva (circo‐lare Agenzia delle Entrate n. 7/2008). Questo meccanismo si presta ad essere applicato anche per il regime forfetario. Tale esonero riguarda anche il versamento degli acconti d’imposta IRPEF per la parte riferibile al reddito derivante dalla partecipazione all’impresa familiare.
Va sottolineato che, conseguentemente, tra i contributi previdenziali deducibili in caso di impresa familiare possono essere scomputati, dall’imprenditore, anche quelli versati per conto dei collaboratori dell’impresa familiare i quali risultino fiscalmente a carico ai sensi dell’art. 12 del TUIR, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il col‐laboratore non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stes‐si.
Come è noto, per la sostitutiva prevista nell’ambito del regime dei “mi‐nimi” è stato approntato uno specifico quadro (quadro LM) del Mod. UNICO PF, III fascicolo. Le concrete modalità applicative delle due sosti‐tutive sono le stesse. Per il versamento sono previsti specifici codici tri‐buto. All’epoca erano stati diversificati anche i nuovi “minimi” di cui al D.L. n. 98/2011 (codici: 1793‐1794‐1795) rispetto ai “minimi” disciplina‐ti dalla Legge finanziaria per il 2008 (codici: 1798‐1799‐1800). I codici tributo per il regime forfetario non sono ancora stati diffusi. Si veda la Tavola 3.
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Tavola 3 ‐ Ritaglio del quadro LM, Mod. UNICO 2015‐PF (contribuenti minimi)
La prima parte del quadro LM è riservata all’indicazione dei componenti positivi e negativi di reddito, e ciò deriva dal fatto che per la determina‐zione del reddito nell’ambito del regime dei “minimi” si applicano le re‐gole previste per il regime della contabilità semplificata (art. 66 del TUIR) o quelle previste per la determinazione del reddito di lavoro au‐tonomo (art. 54 del TUIR). È ragionevole prevedere che a partire dai prossimi dichiarativi (UNICO 2016) anche per il regime forfetario sarà predisposto un prospetto ad hoc, oppure anche solo una specifica se‐zione dello stesso quadro LM, utile per determinare in modo forfetario il reddito da assoggettare alla sostitutiva pari al 15%.
Come è agevole constatare dalla sostitutiva si scomputano, se spettanti, una serie di crediti di imposta, come il credito di imposta previsto per il riacquisto della prima casa od il credito per i redditi prodotti all’estero. In relazione ai “minimi” fu precisato (circolare Agenzia delle Entrate n. 7/E del 2008) che dall’imposta sostitutiva possono essere detratti even‐tuali crediti d’imposta (ad esempio per l’esercizio dell’attività di tassi‐sta) con le ordinarie modalità, e che può essere utilizzato, se previsto dalla norma che disciplina lo specifico credito d’imposta, anche l’istituto della compensazione ex art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997.
Ovviamente, nella misura in cui non vi sia completa capienza per tali crediti e il contribuente presenti un’IRPEF a debito l’eccedenza può co‐munque essere scomputata nel quadro RN. È importante sottolineare che il contribuente potrebbe presentare anche una eccedenza risultan‐te dalla precedente dichiarazione, eccedenza che si genera per il ver‐samento di acconti maggiori all’imposta dovuta a saldo, e che può esse‐re recuperata in sede di liquidazione dell’imposta dovuta in relazione all’annualità successiva.
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Ovviamente si tratta di regole applicative che si prestano ad essere tra‐sfuse anche per la sostitutiva pari al 15% prevista nell’ambito del regi‐me forfetario.
Per entrambi i regimi, peraltro, dall’imposta sostitutiva non sono scom‐putabili le comuni detrazioni, ad esempio accordate per il sostenimento di spese sanitarie o per il sostenimento di spese di ristrutturazione o per spese di riqualificazione energetica, e questo rappresenta forse l’aspetto più rilevante da prendere in considerazione rispetto all’alternativa connessa all’applicazione del regime ordinario (avendo sempre a mente anche le altre semplificazioni ed agevolazioni in mate‐ria di IVA, studi di settore, IRAP). Ovviamente, in caso di presenza di al‐tri redditi diversi da quelli soggetti a sostitutiva il contribuente potrà scomputare le detrazioni spettanti fino a concorrenza dell’IRPEF a debi‐to. Nel caso particolare di un contribuente che sostenga spese di ristrut‐turazione, ad esempio, in cui l’utilizzo delle detrazioni è spalmato in un arco temporale decennale (o quinquennale), è da ritenersi che in cia‐scun anno di competenza della quota vada effettuata la verifica rispetto all’esistenza di un’IRPEF a debito, e che in particolare il contribuente possa applicare la deduzione delle quote residue negli anni in cui even‐tualmente fuoriesca dal regime forfetario di favore.
Anche nell’ambito del regime forfetario è previsto, infine, che ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia ai sensi dell’art. 12, comma 2, del TUIR, rileva anche il reddito determinato ai sensi del comma 64, ossia il reddito imponibile della sostitutiva. Questo vuol dire che in presenza di redditi soggetti ad IRPEF ordinaria e di redditi sogget‐ti a sostitutiva ai fini del calcolo delle suddette detrazioni rileva la som‐ma dei due redditi, con effetto sull’importo della detrazione (che tende a ridursi).
Il reddito attratto a sostitutiva non rileva, invece, ai fini dell’applicazione dell’art. 13 del TUIR, ossia ai fini della quantificazione delle altre detrazioni previste in caso di redditi di lavoro dipendente ed assimilati.
Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive
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Capitolo 5 Agevolazioni contributive
5.1 Carattere facoltativo dell’agevolazione contributiva
Tra i vari fattori di attrattiva del regime forfetario vanno annoverate al‐cune agevolazioni contributive, che, seppure non eclatanti, possono in qualche modo incidere sull’appetibilità complessiva dell’istituto, essen‐do noto che per le piccole imprese ed in particolare le nuove imprese il peso contributivo costituisce talvolta un vero e proprio fattore discrimi‐nante sia rispetto all’apertura della partita IVA sia rispetto al prosegui‐mento delle stesse attività d’impresa. Siamo in presenza, in sostanza, di una delle principali voci di spesa connessa all’attività imprenditoriale esercitata.
Con il comma 76, articolo unico, della Legge n. 190/2014, si riconosce, ai soli titolari di reddito d’impresa che rispettano i requisiti di cui al comma 54, la possibilità applicare un regime contributivo agevolato, di‐sciplinato dai commi da 77 a 84. Al di là dell’incerta formulazione della norma l’assunto è che per applicare il regime contributivo agevolato il contribuente deve prima scegliere di applicare il regime forfetario sul fronte fiscale, ma questa scelta è libera, nel senso che non risulta in al‐cun modo obbligatorio, per un’impresa che applica il regime fiscale ba‐sato sul forfait, avvalersi anche delle agevolazioni contributive (ved. an‐che circolare INPS n. 29 del 10 febbraio 2015).
In pratica, viene lasciata la facoltà (e quindi non v’è alcun obbligo) di usufruire di un sistema di maggior favore anche in ambito previdenzia‐le, scegliendo di adottare una modalità di determinazione del contribu‐to dovuto a percentuale sul reddito dichiarato. Come specificato nella relazione illustrativa, la previsione opzionale del regime contributivo agevolato nasce dall’esigenza di tutelare il contribuente. Infatti, in ap‐plicazione del regime di cui alla Legge n. 335/1995, la contribuzione ac‐creditata sarà proporzionale al versamento effettuato. Sostanzialmen‐te, si può versare di meno rispetto agli standard ma se la quota calcola‐ta applicando i coefficienti variabili è di importo minore a quella fissa si determina una potenziale riduzione dell’anzianità contributiva ai fini pensionistici.
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5.2 Struttura dell’agevolazione contributiva Dato il riferimento ai soli soggetti che esercitano attività di impresa, il nuovo regime può essere applicato da parte dei contribuenti obbligati al versamento previdenziale presso le gestioni speciali artigiani e com‐mercianti. Rimangono fuori dal perimetro applicativo di questa agevo‐lazione i professionisti, i quali, come è noto, presentano una gestione contributiva organizzata con specifiche casse di previdenza che fanno capo ai diversi ordini ed organizzazioni professionali (in ipotesi specifi‐che è comunque previsto il pagamento alla gestione separata dell’INPS).
Viene previsto che, ferma restando la modalità di determinazione del reddito imponibile sul quale calcolare la contribuzione dovuta (ai sensi dell’art. 3‐bis del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modifi‐cazioni in Legge 14 novembre 1992, n. 438), può essere applicato un si‐stema di calcolo contributivo nel quale non trova rilievo il livello mini‐mo imponibile previsto ai fini del versamento dei contributi previden‐ziali dall’art. 1, comma 3, della Legge 2 agosto 1990, n. 233. Si tratta, come è noto, di soglie fisse che attualmente sono pari a 3.451,99 euro per gli artigiani ed a 3.465,96 euro per i commercianti.
Vale in ogni caso, pertanto, l’applicazione delle seguenti percentuali:
per gli artigiani, il contributo variabile si determina applicando la percentuale pari al 22,65%;
per i commercianti, il contributo variabile si determina applicando la percentuale pari al 22,74%.
Viene, invece utilizzato, indipendentemente dall’anzianità contributiva posseduta, il sistema di calcolo contributivo di cui all’art. 1 della Legge 8 agosto 1995, n. 335.
Rimane fermo che i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovu‐ti agli enti previdenziali da parte dei soggetti che decidono di comunica‐re la propria adesione all’INPS sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi. Come precisato dall’INPS con la circolare n. 29 del 10 feb‐braio 2015 alle scadenze previste per il pagamento degli acconti, i sog‐getti obbligati provvederanno anche al versamento della contribuzione di maternità, che è pari ad euro 7,44 annui e che viene ad essere corri‐sposta in due rate uguali pari ad euro 3,72.
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Ai fini dell’accredito della contribuzione versata si applica l’art. 2, com‐ma 29, della Legge 8 agosto 1995, n. 335. Ciò significa, secondo quanto precisato dall’INPS con la cit. circolare n. 29/2015, che il pagamento di un importo pari al contributo calcolato sul minimale di reddito attribui‐sce il diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a cia‐scun anno solare cui si riferisce il versamento. Al contrario, nel caso di versamento di un contributo inferiore a quello corrispondente a detto minimale, i mesi accreditati saranno proporzionalmente ridotti. Nell’ipotesi di impresa già esistente, i contributi sono attribuiti tempo‐ralmente dall’inizio dell’anno solare, mentre nell’ipotesi di nuova im‐presa la decorrenza coinciderà naturalmente con il mese di inizio di im‐posizione contributiva.
In presenza di reddito forfetario superiore al minimale, il regime agevo‐lato prevede che il versamento di contribuzione di importo inferiore a quanto dovuto, ma almeno pari all’importo calcolato sul minimale, fac‐cia nascere il diritto all’accredito dell’intero anno.
Con riferimento alla posizione di eventuali coadiuvanti o coadiutori, anch’essi compresi nel regime previdenziale agevolato cui abbia deciso di aderire il titolare d’impresa, si applica la disposizione di cui all’art. 3‐bis del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modificazioni dal‐la Legge 14 novembre 1992, n. 438. Pertanto, la base imponibile su cui il titolare dovrà calcolare la contribuzione dovuta è data dalla quota di reddito determinato forfetariamente ed attribuito al collaboratore me‐desimo sino ad un massimo del 49%, oltre a tutti gli altri redditi d’impresa che il collaboratore abbia eventualmente percepito nel pe‐riodo d’imposta.
In caso di impresa familiare il regime applicabile ad eventuali collabora‐tori familiari è coerente con quello scelto dal titolare d’impresa. Anche i singoli collaboratori familiari assolvono pertanto i contributi previden‐ziali assistenziali sulla quota di reddito a loro attribuita dal titolare nella misura massima del 49%.
Vi sono poi disposizioni tese ad evitare la sovrapposizione di diversi be‐nefici contributivi:
ai soggetti che applicano il nuovo regime previdenziale in quanto aderiscono al regime forfetario e ai loro familiari collaboratori, già pensionati presso le gestioni dell’INPS e con più di 65 anni di età,
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non si applicano le disposizioni di cui all’art. 59, comma 15, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449. Ne consegue che i soggetti titolari di trattamento pensionistico presso le gestioni INPS e con più di 65 anni di età, che intendono avvalersi del regime agevolato, non po‐tranno contestualmente beneficiare della riduzione contributiva del 50% prevista dalla citata disposizione. Tale beneficio rientra in gioco nell’ipotesi in cui il contribuente esca dal regime agevolato e con decorrenza dalla data di ripristino del regime ordinario, previa presentazione di nuova domanda;
ai familiari collaboratori di età inferiore ai 21 anni dell’imprenditore che fruisce del regime agevolato non si applica la riduzione contributiva di tre punti percentuali, prevista dall’art. 1, comma 2, della Legge 2 agosto 1990, n. 233.
5.3 Comunicazione all’INPS Al fine di intercettare e gestire i soggetti che scelgono di uscire, volon‐tariamente, dal regime ordinario per confluire in quello agevolato di cui alla norma in parola, è prevista l’implementazione, in capo all’INPS, di un nuovo canale di comunicazione, parallelo a quello attualmente esi‐stente. Al riguardo la normativa primaria ha previsto che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della Legge n. 190/2014, ossia dal 1° gennaio 2015, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS sono chiamati a stabili‐re nello specifico le modalità operative e i termini per la trasmissione dei dati necessari all’attuazione del regime contributivo agevolato. Al riguardo l’INPS ha indicato, con la circolare n. 29 del 10 febbraio 2015, il percorso da seguire da parte dei soggetti interessati.
Detto canale deve essere attivato solo a seguito di dichiarazione dell’utente interessato che, ove scelga di avvalersi del regime agevola‐to, compilerà l’apposito format reso disponibile on line dall’Istituto e che dovrà essere inviato all’Istituto stesso, entro il 28 febbraio di ogni anno. Con la cit. circolare n. 29/2015 l’INPS ha precisato che l’onere di compilare il modello telematico appositamente predisposto all’interno del Cassetto per Artigiani e Commercianti deve essere realizzato colle‐gandosi al seguente indirizzo internet: ww.inps.it ‐ Servizi Online ‐ Elen‐co di tutti i servizi ‐ Cassetto Previdenziale per Artigiani e Commercianti ‐ Sezione Domande telematizzate: Regime agevolato ex Art. 1, commi 76‐84 L. 190/2014 ‐ Adesione.
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In particolare, al fine di fruire del regime contributivo agevolato:
i soggetti che realizzano i requisiti di accesso al regime forfetario che intraprendono l’esercizio di un’attività d’impresa presentano, mediante comunicazione telematica, apposita dichiarazione messa a disposizione dall’INPS; detta dichiarazione di adesione va presen‐tata, evidenzia l’INPS (cit. circolare n. 29/2015) con la massima tempestività rispetto alla data di ricezione della delibera di avvenu‐ta iscrizione alla gestione previdenziale. Ci sono due diverse situa‐zioni: se la dichiarazione di adesione perviene all’Istituto entro la
data di avvio della prima elaborazione utile, ordinaria o in‐fra‐anno, ai fini della richiesta di versamento, al richiedente sarà applicata immediatamente la tariffazione agevolata e nel Cassetto Previdenziale saranno disponibili i Mod. F24 precompilati con i Codici INPS e le scadenze relative al nuovo regime, da utilizzare per i versamenti;
se, invece, la dichiarazione di adesione al regime agevolato perviene in una data in cui la posizione del richiedente è sta‐ta già oggetto di imposizione contributiva, la dichiarazione medesima verrà trasferita per l’istruttoria alla sede di com‐petenza;
i soggetti che già esercitano attività di d’impresa presentano, entro il termine di decadenza del 28 febbraio di ciascun anno, la suddetta dichiarazione. Ove la dichiarazione sia presentata oltre il termine stabilito, nelle modalità indicate, l’accesso al regime agevolato può avvenire a decorrere dall’anno successivo, presentando nuovamen‐te la dichiarazione stessa entro il termine stabilito, sempre a patto che sussistano i requisiti di accesso al regime forfetario. Inoltre, è stato precisato che il termine decadenziale del 28 febbraio vale an‐che per coloro che, pur esercitando attività d’impresa prima dell’entrata in vigore della novella, non risultino ancora titolari di posizione attiva presso le gestioni autonome. In tali casi andrà com‐pilato l’apposito modello cartaceo il cui fac simile è stato allegato al‐la stessa circolare, specificando l’attività esercitata attraverso l’indicazione del codice REA; in questo caso l’istanza deve essere consegnata in sede.
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In realtà, i contorni applicativi del nuovo regime forfetario sono stati in‐certi almeno fino a buona parte del mese di febbraio, anche in ragione della possibile estensione dell’ambito applicativo di altri istituti alterna‐tivi come i “minimi”, poi concretamente realizzata con la Legge n. 11 del 27 febbraio 2015, di conversione in legge del Decreto Milleproroghe. Sarebbe quindi ragionevole prevedere che in relazione agli adempimen‐ti concernenti il primo anno di attuazione del nuovo regime, ossia il 2015, sia concesso un adeguato lasso temporale per provvedere ai sud‐detti adempimenti. Si rinvia alle precisazioni che saranno rese dai com‐petenti Organi, anche ai fini previdenziali.
5.4 Decadenza A seguito della comunicazione di entrata nel regime agevolato, i sogget‐ti interessati dal nuovo calcolo vengono incanalati in un regime contri‐butivo a sola percentuale (escludendo il contributo fisso), in cui hanno diritto di rimanere fino al mantenimento delle condizioni di entrata, os‐sia la presenza dei requisiti di accesso al regime forfetario.
Una volta venuti meno i requisiti di legge, viene meno anche il regime contributivo agevolato, al quale non sarà più possibile accedere.
In particolare, il comma 82 prevede che il regime contributivo agevolato cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 (ossia i requisiti di accesso) ovvero si verifica taluna delle fattispecie di cui al comma 57 (cause di esclusione). La cessazione determina, ai fini previdenziali, l’applicazione del regime ordinario di determinazione e di versamento del contributo dovuto.
Nel caso in cui emerga che tali requisiti, pur essendo stati dichiarati, non siano mai esistiti in capo al dichiarante, il regime previdenziale age‐volato cesserà ab origine e verrà ripristinata l’imposizione contributiva ordinaria sin dall’anno nel quale era stata inizialmente registrata l’adesione al regime agevolato.
Secondo il quadro di sintesi prospettato dall’INPS con la cit. circolare n. 29 del 2015 l’uscita dal regime agevolato si può verificare, pertanto, in tre ipotesi:
1. vengono meno i requisiti che hanno consentito l’applicazione del beneficio;
Cap. 5 ‐ Agevolazioni contributive
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2. scelta del contribuente, a prescindere da qualsivoglia motivazione, di abbandonare il regime agevolato;
3. comunicazione all’Istituto da parte dell’Agenzia delle Entrate in or‐dine al fatto che il contribuente non ha mai aderito al regime fiscale agevolato, oppure non ha mai avuto i requisiti per aderire.
Nei primi due casi il regime ordinario verrà ripristinato dal 1° gennaio dell’anno successivo alla presentazione della dichiarazione di perdita dei requisiti o della domanda di uscita. Con successivo messaggio verrà comunicato il rilascio dell’applicazione per la dichiarazione di recesso dal regime agevolato, da compilarsi on line tramite accesso al Cassetto Previdenziale per Artigiani e Commercianti.
Nel terzo caso, sottolinea ancora l’INPS, il regime ordinario verrà impo‐sto retroattivamente, con la stessa decorrenza che era stata fissata per il regime agevolato.
Esempio n. 1
Un contribuente che esercita attività di impresa può accedere al regi‐me contributivo agevolato dal 2015 se rispetta i requisiti di accesso per il 2014 e non realizza le cause di esclusione in relazione all’anno 2015. Se nel corso dell’anno 2016 vengono meno i requisiti di accesso, ad esempio per il superamento della soglia dei ricavi, il contribuente fuo‐riesce dal regime forfetario agevolato e dal regime contributivo agevo‐lato a partire dall’anno 2017.
Esempio n. 2
Se invece l’Agenzia delle Entrate in sede di controllo accerta che i sud‐detti requisiti non si sono mai materializzati, poiché ad esempio il con‐tribuente presentava nell’anno 2014 ricavi superiori a quelli previsti dal citato comma 54, ai fini previdenziali l’INPS provvederà a recuperare gli eventuali maggiori contributi dovuti dal contribuente rispetto a quelli versati a seguito dell’applicazione dell’agevolazione contributiva, che nel caso specifico non poteva essere applicata in toto.
Occorre far di cenno alle ulteriori complicazioni che emergono, peral‐tro, in relazione alla maturazione dei presupposti previsti in materia di decadenza in caso di accertamento. Ai fini fiscali l’art. 1, comma 74, della Legge n. 190/2014, prevede, infatti, che il regime forfetario cessa
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di avere applicazione dall’anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57, e si sono già evidenziate le complicazioni che questa dispo‐sizione favorisce sotto il profilo pratico. Infatti, in realtà il regime agevo‐lato fiscale dovrebbe venire meno sin dal principio, come lascia inten‐dere anche l’INPS nella circolare sopra citata.
Tendenzialmente, ad ogni buon conto, si deve ritenere che il maturare degli effetti della decadenza ai fini fiscali per il riscontro dell’insussistenza delle condizioni di cui al comma 54 o della presenza delle cause di esclusione di cui al comma 57 determini il venire meno anche dell’agevolazione contributiva, ed anche in questo caso il pro‐blema reale è che la situazione presa a riferimento dal comma 74 può verificarsi molto tempo dopo la concreta fruizione dei benefici di legge e stando alla stessa disposizione il regime rimarrebbe in piedi fino al pe‐riodo d’imposta successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto de‐finitivo, con effetti del tutto irrazionali sul piano applicativo. Adottando un criterio logico ermeneutico improntato alla razionalità, perciò, la di‐sposizione dovrebbe trovare applicazione a partire dall’anno per il qua‐le viene accertata la mancanza dei requisiti di legge. Si rinvia, ad ogni buon conto, ai chiarimenti che saranno resi dai competenti Organi.
È da intendersi, ed è stato chiarito dalla stessa INPS con la circolare n. 29/2015, peraltro, che il riferimento presente nel comma 76 (ai fini dell’applicazione del regime contributivo agevolato) al solo comma 54 sia pertinente, in realtà, non ai soggetti che astrattamente presentano le condizioni di accesso al regime ma ai soggetti che concretamente applicano il regime forfetario, anche in base all’insussistenza delle cau‐se di esclusione previste dal comma 57 per l’anno oggetto di tassazione.
Una certa importanza è assunta anche dal blocco definitivo al rientro nel regime contributivo agevolato in caso di fuoriuscita, sia volontaria che per effetto del maturare dei presupposti della decadenza: il passag‐gio al regime previdenziale ordinario, in ogni caso, determina l’impossibilità di fruire nuovamente del regime contributivo agevolato, anche laddove sussistano le condizioni di cui al comma 54. È questa una sostanziale differenza rispetto agli effetti che maturano sul piano fisca‐le, dove ricorrendone i presupposti, è possibile rientrare nel regime agevolato.
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È previsto, tra le altre cose, che non possono accedere al regime contri‐butivo agevolato neanche i soggetti che ne facciano richiesta, ma per i quali si verifichi il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 54 nell’anno della richiesta stessa. Sembra che tale disposizione interessi il solo anno in cui il contribuente ne fa richiesta poiché in quell’anno ha iniziato l’attività.
5.5 Comunicazione INPS ‐ Agenzia Nella relazione illustrativa alla Legge di stabilità 2015 veniva ad essere precisato che a causa delle peculiarità relative alla possibilità di entrata ‐ ed uscita ‐ dal regime fiscale agevolato, i contribuenti devono essere necessariamente assistiti, anche a livello previdenziale, da una proce‐dura sempre aggiornata a consuntivo, per la quale è previsto un flusso di informazioni costante e tempestivo da Agenzia delle Entrate ad INPS, in modo da confermare o annullare le posizioni individuali oggetto della norma, in base alla relativa coerenza con le informazioni fiscali.
Con la circolare n. 29 del 10 febbraio 2015 l’INPS ha evidenziato che l’applicazione del regime previdenziale agevolato, in quanto subordina‐ta alla sussistenza dei requisiti stabiliti dalla legge ai fini fiscali, implica la necessità di una costante trasmissione all’Istituto, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dei dati fiscali relativi ai soggetti che hanno dichiarato di volerne beneficiare, in modo da poterne controllare la ve‐ridicità e dar luogo alla conferma, ovvero alla negazione del beneficio.
Ne consegue, continua l’Istituto di previdenza, che sono stati avviati gli adempimenti finalizzati al raggiungimento delle intese necessarie alla tempestiva trasmissione dei dati. Infine, l’INPS sottolinea che il control‐lo di tali dati verrà effettuato a livello centralizzato, con conseguente gestione sulle posizioni dei soggetti interessati.