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ordinanza 12 dicembre 2003, n. 358 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 17 dicembre 2003, n. 50);...

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Page 1: ordinanza 12 dicembre 2003, n. 358 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 17 dicembre 2003, n. 50); Pres. ed est. Chieppa; Tribunale di Treviso c. Camera dei deputati. Conflitto di

ordinanza 12 dicembre 2003, n. 358 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 17 dicembre 2003, n.50); Pres. ed est. Chieppa; Tribunale di Treviso c. Camera dei deputati. Conflitto diattribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 2 (FEBBRAIO 2004), pp. 337/338-341/342Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200439 .

Accessed: 25/06/2014 01:10

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica, ed in ogni caso nella parte in cui non prevede che abbiano im

mediato effetto, ai medesimi fini, le variazioni e le modificazio

ni di indirizzo comunque conosciute dall'amministrazione fi

nanziaria.

Ad avviso del rimettente, la norma impugnata, consentendo

all'amministrazione finanziaria di effettuare la notificazione in

un luogo diverso dall'effettivo indirizzo del destinatario, quale risultante dai registri anagrafici, sarebbe irragionevolmente lesi

va del diritto di difesa del contribuente e contrasterebbe con i

principi di efficienza e buon andamento della pubblica ammini

strazione.

2. - La questione è fondata.

Questa corte ha avuto modo di affermare che un limite inde

rogabile alla discrezionalità del legislatore nella disciplina delle

notificazioni è rappresentato dall'esigenza di garantire al notifi

catario l'effettiva possibilità di una tempestiva conoscenza del

l'atto notificato e, quindi, l'esercizio del suo diritto di difesa

(sentenza n. 346 del 1998, Foro it., 1998,1, 2601). Il legislatore può, dunque, nell'esercizio della sua discrezio

nalità, prevedere che le variazioni di indirizzo, ai fini delle noti

ficazioni da effettuarsi da parte dell'amministrazione finanzia

ria, non abbiano un effetto immediato, agevolando, in tal modo,

l'attività dei relativi uffici ed assicurando una migliore tutela

degli interessi di carattere generale di cui sono portatori. Tale

differimento di efficacia, pur legittimo in linea di principio, va, tuttavia, contenuto entro limiti tali da non pregiudicare, sacrifi

cando l'effettiva possibilità di conoscenza dell'atto da parte del

destinatario, l'esercizio del suo diritto di difesa.

Pregiudizio che certamente si verifica ove l'anzidetto diffe

rimento sia stabilito, come nella previsione di cui alla norma

impugnata, per un periodo di tempo (sessanta giorni) non solo

eccessivamente lungo, ma addirittura pari al termine d'impu

gnazione dell'atto dinanzi alle commissioni tributarie.

Va, dunque, dichiarata l'illegittimità costituzionale della

norma impugnata, restando comunque riservata al legislatore l'individuazione di un diverso e più congruo termine per l'op

ponibilità della variazione anagrafica all'amministrazione fi

nanziaria.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 60, ultimo comma, d.p.r. 29 settem

bre 1973 n. 600 (disposizioni comuni in materia di accertamento

delle imposte sui redditi), nella parte in cui prevede che le va

riazioni e le modificazioni dell'indirizzo del contribuente, non

risultanti dalla dichiarazione annuale, hanno effetto, ai fini delle

notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello della

avvenuta variazione anagrafica.

n. 5105, Foro it., Rep. 1994, voce Registro (imposta), n. 78, per la

quale la variazione anagrafica non rileva ove manchi la prova che la

notifica sia avvenuta dopo il decorso del termine di sessanta giorni pre scritto dalla norma, e Comm. trib. I grado Roma 28 settembre 1985, id.,

Rep. 1986, voce Tributi in genere, n. 421, secondo cui il dies a quo de

corre dal momento della comunicazione dell'interessato all'ufficio co

munale e non da quello, posteriore, della sua trascrizione sui relativi

registri. Sulla costituzionalità della disciplina delle notifiche degli avvisi di

accertamento, cfr., per altri aspetti, Corte cost., ord. 18 dicembre 2001, n. 417, id., 2003, I, 429, che ha respinto come manifestamente inam

missibile, per erronea indicazione della norma censurata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 60, 1° comma, lett. f), d.p.r. 600/73, nella parte in cui, senza che sia prevista alcuna forma di notizia

della notificazione o dell'atto, dispone l'inapplicabilità dell'art. 142

c.p.c. per il cittadino italiano che ha trasferito all'estero la propria resi

denza, anche nel caso in cui la residenza di quest'ultimo sia conosciuta

o facilmente conoscibile con l'ordinaria diligenza per essere il medesi

mo iscritto all'anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire), in rife

rimento agli art. 3 e 24 Cost.

Sulle variazioni di domicilio direttamente comunicate dal contri

buente agli uffici finanziari, v. Cass. .12 febbraio 1998, n. 1484, id.,

1998, I, 1482, per la quale è illegittima la notifica degli avvisi di ac

certamento effettuata in luogo diverso da quello indicato nella dichiara

zione fiscale. [M. Annecchino]

Il Foro Italiano — 2004.

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 12 dicembre 2003, n. 358 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 dicembre

2003, n. 50); Pres. ed est. Chieppa; Tribunale di Treviso c.

Camera dei deputati. Conflitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —

Parlamentare — Immunità per voti dati e opinioni espres se — Ricorso dell'autorità giudiziaria dichiarato inam missibile — Riproposizione — Inammissibilità — Fatti

specie (Cost., art. 68; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla co

stituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, art.

37).

E inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato già dichiarato inammissibile e riproposto contro

la stessa delibera della camera dei deputati dall'identico

giudice nell'ambito del medesimo procedimento e grado giu risdizionale (nella specie, da parte del Tribunale di Treviso

nei confronti della delibera 24 febbraio 1999 con cui la ca

mera dei deputati ha dichiarato insindacabili, ai sensi del

l'art. 68, 1° comma, Cost., le opinioni espresse dall'on.

Sgarbi nei confronti della dott. Fasan). (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 15 luglio 2003, n. 247 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 luglio 2003, n.

29); Pres. Chieppa, Est. Onida; Tribunale di Roma c. Camera

dei deputati. Conflitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —

Parlamentare — Immunità per voti dati e opinioni espres se — Ricorso dell'autorità giudiziaria dichiarato impro cedibile — Riproposizione — Inammissibilità — Fattispe cie (Cost., art. 68; 1. 11 marzo 1953 n. 87, art. 37).

E inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato già dichiarato improcedibile per tardività e ripro

posto contro la stessa delibera della camera dei deputati dal

l'identico giudice nell'ambito del medesimo procedimento e

grado giurisdizionale (nella specie, da parte del Tribunale di

Roma nei confronti della delibera 11 novembre 1999 con cui

la camera dei deputati ha dichiarato insindacabili, ai sensi

dell'art. 68, 1° comma, Cost., le opinioni espresse dall'on.

Sgarbi nei confronti del dott. Pennisi). (2)

(1-2) Il ricorso deciso con l'ord. 358/03 era stato dichiarato ammis

sibile da Corte cost., ord. 7 gennaio 2000, n. 3, Foro it., Rep. 2000, vo

ce Parlamento, n. 59, e successivamente inammissibile da Corte cost.

16 novembre 2001, n. 364 (id., 2002, I, 317, con nota di richiami e os

servazioni di Romboli) per assoluta mancanza di indicazione dell'og

getto della domanda.

Il ricorso deciso con l'ord. 247/03 era invece stato dichiarato inam

missibile da Corte cost., ord. 11 luglio 2000, n. 264 (id., 2000,1, 3085, con nota di richiami) per l'assenza di ogni riferimento agli specifici fatti per i quali era in corso il procedimento penale, alla loro qualifica zione giuridica e per la mancanza di una specifica richiesta rivolta alla

corte. Il giudice, rimediato ai vizi evidenziati dalla corte, proponeva

quindi un secondo giudizio, dichiarato ammissibile con ord. 17 luglio 2001, n. 265, id., Rep. 2002, voce Corte costituzionale, n. 79. Il ricorso

veniva però successivamente dichiarato improcedibile per mancato ri

spetto del termine di venti giorni dall'ultima notificazione per il depo sito del ricorso, unitamente alla prova delle avvenute notificazioni, da

Corte cost. 10 maggio 2002, n. 172, id., 2002, I, 1914, con nota di ri

chiami e osservazioni di Romboli. La Corte costituzionale, dopo molto tempo, si è espressa, e lo ha

fatto negativamente, a proposito della riproponibilità del medesimo

conflitto già dichiarato improcedibile per tardività: v. Corte cost. 10

aprile 2003, n. 116, id., 2003, I, 2526, con nota di richiami e osserva

zioni di Romboli.

Con l'ord. 358/03 in epigrafe (e già precedentemente con ord. 24 lu

glio 2003, nn. 280 e 277, G.U., la s.s., n. 30 del 2003) la corte estende

la medesima conclusione anche nei riguardi dei ricorsi già dichiarati

inammissibili, in quanto ritenuti carenti di qualche elemento necessario.

Nella considerazione che trattavasi sempre di vizi la cui eliminazione

rientrava nella disponibilità del giudice ricorrente, si sarebbe potuto

sperare che la Corte costituzionale avesse potuto in questo caso ritenere

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339 PARTE PRIMA 340

I

Ritenuto che, con ricorso del 18 aprile 2002, notificato il 21

maggio 2002 a mezzo del servizio postale, il Tribunale di Trevi

so, sezione penale, ha sollevato conflitto di attribuzione nei con fronti della camera dei deputati, in relazione alla deliberazione, adottata il 24 febbraio 1999 (doc. IV quater, n. 60), secondo la

quale le dichiarazioni oggetto del procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi per il reato di diffamazione a mez zo stampa, asseritamente offensive della reputazione della dott. Anna Fasan, g.i.p. del Tribunale di Pordenone, costituiscono

opinioni espresse da un membro del parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilità a norma del

l'art. 68, 1° comma, Cost.; che il tribunale espone che lo stesso conflitto, già dichiarato

ammissibile con ordinanza di questa corte n. 3 del 2000 (Foro it., Rep. 2000, voce Parlamento, n. 59), e, poi, dichiarato

inammissibile per difetto del petitum con la sentenza n. 364 del

2001 (id., 2002,1, 317), viene ora riproposto; che il ricorrente premette che i fatti per cui si procede contro

Fon. Sgarbi riguardano le dichiarazioni rilasciate nei confronti del g.i.p. del Tribunale di Pordenone, Anna Fasan, nel corso

delle trasmissioni televisive «Sgarbi quotidiani» del 10, 14, 18

gennaio 1997 e 28 luglio 1997; che nel ricorso si rileva, ancora, che le espressioni utilizzate

dal parlamentare in dette occasioni sono state definite dallo stesso relatore della giunta per le autorizzazioni a procedere «astrattamente diffamatorie» e «caratterizzate da uno stile parti colarmente insinuante», degne di essere «censurate» per gli «ec

cessi verbali»; ciononostante il parere della giunta è stato nel

senso dell'insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato, assumendosi, in particolare, che le dichiarazioni stesse «si ri

collegano ad una generica funzione di informazione e ad un non

meglio precisato esercizio del diritto di satira»; l'assemblea della camera dei deputati ha, quindi, recepito il parere della

giunta, deliberando, in data 24 febbraio 1999, l'insindacabilità delle opinioni espresse dal suo componente;

che, ciò premesso, il tribunale contesta, con ampie argomen tazioni, la sussistenza dei presupposti della deliberazione di in

sindacabilità, osservando, anzitutto, che le espressioni diffama torie oggetto dell'imputazione sarebbero state rese non in sede

istituzionale, né nelle forme tipiche della funzione, bensì nel corso di una trasmissione televisiva «non qualificabile come ti

picamente politica ... ma ricollegabile ad una attività profes sionale di natura giornalistica»; sostiene, ancora, che, nel corso delle trasmissioni televisive, Fon. Sgarbi non avrebbe fatto rife rimento alcuno ad atti parlamentari, né tanto meno all'interpel lanza presentata dall'on. Veneto sulle vicende relative agli uffi ci giudiziari di Pordenone, quale atto richiamato dalla difesa del

deputato soltanto a seguito delle querele presentate dalla perso na offesa;

che il ricorso aggiunge che, a differenza di detta interpellan za, in cui i fatti sarebbero presentati in modo dubitativo, le di chiarazioni televisive darebbero «per scontati i fatti» e su questi innesterebbero «una serie di insinuazioni a carattere personale

ammissibile la riproposizione (come aveva fatto con l'ord. 17 luglio 2001, n. 265, cit., per il ricorso riproposto dal Tribunale di Roma), ma così non è stato e quindi anche i ricorsi già dichiarati inammissibili (al pari di quelli già ritenuti improcedibili) non sono più riproponibili da vanti al giudice costituzionale.

Per l'inammissibilità dei ricorsi per conflitto di attribuzione relativi all'ambito di applicazione dell'immunità parlamentare, a causa della incertezza o carente indicazione del petitum o per assenza di una do manda chiaramente individuabile, v. Corte cost., ord. 20 giugno 2002, n. 26, sent. 14 giugno 2002, n. 237, e 23 maggio 2002, n. 206, Foro it., 2003,1, 988, con nota di richiami.

In ordine ai conflitti di attribuzione aventi ad oggetto le immunità per voti dati e opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare, v. Corte cost. 24 giugno 2003, n. 219, ibid., 2518, con nota di richiami, che ha risolto nel merito il conflitto.

Il Tribunale di Roma (ord. 10 luglio 2003, ibid., II, 704, con nota di richiami) ha rimesso all'esame della Corte costituzionale la questione di costituzionalità dell'art. 3, 1° comma, 1. 20 giugno 2003 n. 140, nella

parte in cui stabilisce che l'immunità per i voti dati e le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, di cui all'art. 68, 1° comma, Cost., debba applicarsi in ogni caso per l'attività di divulga zione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parla mentare, espletata anche fuori del parlamento. [R. Romboli]

Il Foro Italiano — 2004.

... di contenuto pesantemente ingiurioso e lesivo dell'altrui re

putazione», ove «l'aspetto denigratorio» risulterebbe «assolu

tamente prevalente ... rispetto anche ad una ipotizzata funzione

informativa»; ed assume, poi, che il giudizio della giunta, rece

pito dall'assemblea, «non tiene assolutamente conto di questi elementi di fatto, riferendosi ad un presunto diritto di critica, di

cronaca e di satira»; che il tribunale ricorrente sostiene che i limiti posti dai rego

lamenti parlamentari alle modalità e alle forme di esercizio della

relativa funzione dovrebbero reputarsi sussistenti «non solo

nello svolgimento delle attività istituzionali intra moenia ma

anche al di fuori di dette sedi», concretandosi, altrimenti, una

palese disparità di trattamento tra parlamentari e cittadini (con violazione dell'art. 3 Cost.), in quanto soltanto i secondi sareb

bero tenuti al rispetto dei principi e dei limiti imposti al diritto di manifestazione del pensiero;

che in ragione di quanto sopra il Tribunale di Treviso ritiene che la deliberazione di insindacabilità, oggetto di conflitto, lede

rebbe la sfera di attribuzione costituzionalmente garantita a lui

giudice, concretando un illegittimo esercizio del potere spettante alla camera, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost.;

che il ricorrente conclude, pertanto, chiedendo che questa corte voglia dichiarare che non spetta alla camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali è in corso davanti al Tribunale di

Treviso il processo penale nei confronti dell'on. Sgarbi concer nono opinioni espresse da un membro del parlamento nell'eser cizio delle sue funzioni a norma dell'art. 68, 1° comma. Cost., e

che, di conseguenza, venga annullata per incompetenza la deli

berazione in tal senso adottata dalla camera e dichiarato «il po tere al quale spettano le attribuzioni in contestazione, indican

dolo ... nel Tribunale di Treviso».

Considerato che in questa fase la corte è chiamata, a norma dell'art. 37, 3° e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, a delibare se il ricorso sia ammissibile;

che, in via preliminare, occorre osservare che il Tribunale di

Treviso, in riferimento alla delibera della camera dei deputati del 24 febbraio 1999 (doc. IV quater, n. 60), ripropone il con flitto di attribuzione che questa corte ha, una prima volta, di chiarato inammissibile, ritenendo del tutto prioritario il rilievo della «necessaria indicazione del petitum» e quindi del mancato

adempimento da parte del ricorrente dell'onere «di precisare nell'atto di promovimento del conflitto, l'oggetto della doman

da» (sentenze n. 364, cit., e n. 363 del 2001, ibid., 318); che acquista rilevanza decisiva la circostanza che il conflitto

contro la stessa delibera della camera venga proposto per la se conda volta nel medesimo procedimento e grado giurisdizionale dall'identico giudice, cosicché si pone in essere una situazione

processuale che appare in oggettivo contrasto con quanto stabi lito da questa corte nella sentenza n. 116 del 2003 (id., 2003, I, 2526), secondo cui le finalità e la particolarità dell'oggetto del conflitto di attribuzione tra poteri fanno emergere, nel quadro della disciplina della 1. 11 marzo 1953 n. 87, «l'esigenza costi tuzionale che il giudizio, una volta instaurato, sia concluso in termini certi non rimessi alle parti confliggenti»;

che non è quindi ammissibile mantenere indefinitamente in sede processuale una situazione di conflittualità tra poteri, pro traendo così ad libitum il ristabilimento della «certezza e defi nitività di rapporti», essenziale ai fini di un regolare svolgi mento delle funzioni costituzionali (cfr. sentenza n. 116, cit., e ordinanze n. 153 e n. 188 del 2003);

che pertanto deve essere esclusa, sulla base delle argomenta zioni già svolte da questa corte e che qui si ribadiscono, la ri

proponibilità (dopo una dichiarazione di inammissibilità) del conflitto in esame, e, conseguentemente, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile (ordinanze n. 214 e n. 277 del 2003).

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi bile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

proposto dal Tribunale di Treviso, nei confronti della camera dei deputati, con l'atto indicato in epigrafe.

II

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale a carico del

deputato Vittorio Sgarbi per il reato di diffamazione aggravata, il Tribunale di Roma, sezione IV penale, con ricorso del 13 di cembre 2002, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della camera dei deputati in relazione alla deliberazione adottata

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

in data 11 novembre 1999 (doc. IV quater, n. 86), con la quale è stato dichiarato che i fatti per i quali è in corso detto procedi mento riguardano opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni

parlamentari, come tali insindacabili a norma dell'art. 68, 1°

comma, Cost.; che i fatti attribuiti al deputato Sgarbi consistevano in alcune

dichiarazioni ritenute offensive della reputazione del magistrato Roberto Pennisi, diffuse tramite un comunicato stampa Ansa e

pubblicate sul quotidiano II Giornale di Calabria in data 31

maggio 1994; che la camera dei deputati aveva approvato la predetta delibe

ra dell'11 novembre 1999 in conformità della proposta della

giunta per le autorizzazioni a procedere, la quale aveva osser

vato che «le frasi pronunziate dal collega Sgarbi erano in stretta

ed immediata connessione con l'esito di un procedimento pe nale che, all'epoca del suo inizio, aveva gravemente leso la re

putazione degli indagati, alcuni ex membri del parlamento, sot

toposti ad una lunga custodia cautelare ed esposti con grande enfasi alla pubblica berlina. Si trattava, dunque, di una critica

tutta politica sulla conduzione, da parte dell'accusa, di un pro cedimento penale nel quale le tesi della medesima si erano ri

velate del tutto infondate, non senza aver arrecato, tuttavia, un

grave vulnus non solo alla reputazione degli interessati, ma an

che al rapporto tra opinione pubblica e classe politica. Ciò sia

pure in assenza di un collegamento specifico con atti o docu

menti parlamentari, che comunque deve ritenersi implicito, atte

sa l'ampiezza e la diffusione che ebbe a suo tempo la discussio

ne tanto sugli organi di stampa quanto, in generale, nel dibattito

politico. Inoltre, le frasi vanno inquadrate nel contesto della co

stante ed intensa battaglia politica che il collega Sgarbi svolge, in parlamento e al di fuori di esso, contro l'uso distorto degli strumenti giudiziari»;

che il Tribunale di Roma, con una prima ordinanza del 14 di

cembre 1999, aveva già sollevato conflitto di attribuzione, il

quale era stato tuttavia dichiarato dalla corte inammissibile con

ordinanza n. 264 del 2000 (Foro it., 2000, I, 3085), in conside razione della mancanza nell'atto introduttivo dello stesso di

qualsiasi riferimento agli specifici fatti per cui si procedeva e

alla loro esatta qualificazione giuridica, nonché del difetto, sia

nel dispositivo sia nella motivazione, del petitum; che il Tribunale di Roma proponeva quindi un secondo con

flitto con ricorso in data 10 ottobre 2000: la corte, con ordinan

za n. 265 del 17 luglio 2001 (id., Rep. 2002, voce Corte costitu

zionale, n. 79), lo dichiarava ammissibile, «impregiudicata ogni ulteriore decisione definitiva (a contraddittorio integro) anche in

ordine alla ammissibilità del ricorso», ma, con sentenza n. 172

del 2002 (id., 2002,1, 1914), dichiarava improcedibile il ricorso per tardività del relativo deposito nella cancelleria della corte, avvenuto oltre il termine di venti giorni dall'ultima notificazio

ne; che con il presente ricorso, sulla cui ammissibilità questa

corte è ora chiamata a pronunciarsi, lo stesso tribunale, dopo aver dato atto delle pregresse vicende, ripropone il medesimo

conflitto, ritenendo, in via preliminare, che non si sarebbe for

mata alcuna preclusione o decadenza; e sostenendo, nel merito,

l'illegittimità della deliberazione della camera dei deputati, con

conseguente lesione delle attribuzioni dell'organo giurisdizio nale investito del giudizio sulla responsabilità penale del depu tato Sgarbi, perché

— si assume — adottata in palese carenza di

specifici profili di collegamento tra l'espletamento della funzio

ne parlamentare e le opinioni espresse da Vittorio Sgarbi. Considerato che questa corte ha di recente statuito (sentenza

n. 116 del 2003, id., 2003, I, 2526, seguita dalle ordinanze nn.

153, 188, 189 e 214 del 2003) che non è consentita la riproposi zione del conflitto dichiarato improcedibile a seguito del man

cato rispetto dei termini processuali imposti per la notifica e il

deposito del ricorso, e ciò per la «esigenza costituzionale che il

giudizio, una volta instaurato, sia concluso in termini certi non

rimessi alle parti confliggenti»; che, pertanto, l'attuale ricorso per conflitto di attribuzione tra

poteri dello Stato, con cui il Tribunale di Roma ripropone nei confronti della camera dei deputati un conflitto di attribuzione

già dichiarato improcedibile per tardività del deposito degli atti, va dichiarato inammissibile.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara inammissi

bile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

proposto dal Tribunale di Roma, sezione IV penale, nei con

fronti della camera dei deputati, con l'atto indicato in epigrafe.

Il Foro Italiano — 2004.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 12 dicembre 2003, n.

353 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 17 dicembre 2003, n. 50); Pres. Chieppa, Est. Capotosti; Pres. cons, ministri

(Avv. dello Stato Laporta) c. Regione Piemonte (Avv. Ro

manelli).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Piemonte — Pratiche terapeutiche «non convenzionali» — Discipli na delle professioni

— Incostituzionalità (Cost., art. 117; 1.

reg. Piemonte 24 ottobre 2002 n. 25, regolamentazione delle

pratiche terapeutiche e delle discipline non convenzionali).

E incostituzionale la l. reg. Piemonte 24 ottobre 2002 n. 25, nella parte in cui disciplina professioni sanitarie aventi ad

oggetto l'esercizio di pratiche terapeutiche «non convenzio nali» (quali agopuntura, fitoterapia, omeopatia, omotossico

logia), non ancora previste ed istituite dalle norme statali. (1)

II

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 novembre 2003, n.

338 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 novembre 2003,

(1) A giudizio della Corte costituzionale l'oggetto della questione deve essere ricondotto alla materia delle professioni sanitarie, la quale era riservata, nell'ambito della materia «assistenza sanitaria» alla com

petenza statale (art. 117 Cost.) e, a seguito della revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione, rientra nell'ambito della com

petenza concorrente nella materia «professioni», di cui al nuovo art.

117, 3° comma. Cost. La 1. reg. piemontese viene pertanto dichiarata incostituzionale in

quanto si poneva in contrasto con il principio secondo cui l'individua zione delle figure professionali, con i relativi profili e ordinamenti di

dattici, deve essere riservata allo Stato. Secondo Cons. Stato, ad. gen., 11 aprile 2002, n. 1/02, Foro it., Rep.

2002, voce Sanità pubblica, n. 477, le norme attributive di competenza regolamentare al ministro della sanità (attualmente ministro della salu

te) in tema di professioni sanitarie (art. 6, 3° comma, d.leg. 30 dicem bre 1992 n. 502, nel testo sostituito dall'art. 7 d.leg. 7 dicembre 1993 n. 517 e art. 1 1. 26 febbraio 1999 n. 42) sono divenute inefficaci a seguito della modifica dell'art. 117 Cost. (1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3), il qua le, nel testo modificato, dispone che le materie «salute» e «professioni» sono oggetto di competenza concorrente, precludendo allo Stato l'inte ra disciplina delle stesse materie e per giunta con fonti regolamentari.

In tema di competenza regionale nella materia delle professioni sa

nitarie, v. Tar Lazio, sez. I, 30 gennaio 2001, n. 740, id., Rep. 2001, voce Professioni intellettuali, n. 105, secondo cui, ai sensi dell'art. 1 1. n. 42 del 1999, il campo proprio di attività e di responsabilità delle pro fessioni sanitarie di cui all'art. 6, 3° comma, d.leg. 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni e integrazioni è determinato dai conte nuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e

degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le

altre professioni del ruolo sanitario per l'accesso alle quali è richiesto il

possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali; Corte cost. 15 febbraio 2000. n. 63, id., 2000, I, 1361, con nota di richiami e osservazioni di Dalfino, com

mentata da Santinello, in Regioni. 2000, 699; 9 ottobre 1998, n. 352, Foro it., 1999, I, 53, con nota di richiami, secondo cui, a norma del l'art. 3, n. 9, d.p.r. 28 marzo 1975 n. 474, restano ferme le competenze degli organi statali in ordine alle professioni sanitarie, agli ordini e

collegi professionali ed agli esami di idoneità per l'esercizio della pro fessione medica negli ospedali, ma la stessa norma (così come modifi cata dall'art. 1 d.leg. 16 marzo 1992 n. 267) prevede che per la provin cia di Bolzano tali esami possono essere effettuati, ai fini di tutela della

minoranza di lingua tedesca, osservando l'art. 5 d.p.r. 26 gennaio 1990

n. 197 (che consente che la disciplina degli esami sia dettata con legge

provinciale, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi statali), per cui

è illegittimo l'art. 28 d.m. 16 maggio 1996 n. 413, col quale il ministro

della sanità ha inteso regolamentare gli esami di idoneità all'esercizio

delle funzioni di direzione nelle strutture sanitarie dislocate sul territo

rio provinciale, ivi compreso quello della provincia autonoma di Bol

zano; 3 aprile 1997, n. 82, id., 1997, I, 1322, con nota di richiami, che

ha dichiarato incostituzionali gli art. 1,2,3 della legge approvata dal

l'assemblea regionale siciliana il 24 marzo 1996, nella parte in cui di

sciplinavano un'attività di formazione diretta al conseguimento di titoli

abilitanti o attestati inerenti alla figura professionale dei tecnici di diali

si, al momento non prevista dalla legislazione statale.

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