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ordinanza 14 febbraio 2001, n. 42 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 febbraio 2001, n. 8);Pres. Santosuosso, Est. Onida; Regione Sicilia (Avv. Carapezza Figlia) c. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato Mandò). Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 6 (GIUGNO 2001), pp. 1785/1786-1801/1802Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197375 .
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1785 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1786
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 14 febbraio 2001, n. 42 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 febbraio 2001, n.
8); Pres. Santosuosso, Est. Onida; Regione Sicilia (Avv. Carapezza Figlia) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Mandò). Conflitto di attribuzione.
CORTE COSTITUZIONALE;
Sicilia — Finanza pubblica — Nuove entrate — Riserva a
favore dello Stato — Attuazione attraverso decreto mini
steriale — Partecipazione della regione — Mancata previ
sione — Questioni non manifestamente infondate di costi
tuzionalità (Statuto della regione siciliana, art. 36; d.p.r. 26
luglio 1965 n. 1074, norme di attuazione dello statuto della
regione siciliana in materia finanziaria, art. 2; d.l. 19 settem
bre 1992 n. 384, misure urgenti in materia di previdenza, di
sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali, art.
13; 1. 14 novembre 1992 n. 438, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 19 settembre 1992 n. 384, art. 1; d.l. 22
maggio 1993 n. 155, misure urgenti per la finanza pubblica, art. 18; 1. 19 luglio 1993 n. 243, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 22 maggio 1993 n. 155, art. 1; 1. 24 di cembre 1993 n. 537, interventi correttivi di finanza pubblica, art. 16; d.l. 30 dicembre 1993 n. 557, ulteriori interventi cor
rettivi di finanza pubblica per l'anno 1994, art. 16; 1. 26 feb
braio 1994 n. 133, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1993 n. 557, art. 1; d.l. 23 febbraio 1995
n. 41, misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica e per l'occupazione nelle aree depresse, art. 47; 1. 22 marzo
1995 n. 85, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.
23 febbraio 1995 n. 41, art. 1; 1. 28 dicembre 1995 n. 549, mi
sure di razionalizzazione della finanza pubblica, art. 3; d.l. 20
giugno 1996 n. 323, disposizioni urgenti per il risanamento
della finanza pubblica, art. 12; 1. 8 agosto 1996 n. 425, con
versione in legge, con modificazioni, del d.l. 20 giugno 1996
n. 323, art. 1).
Non sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli art. 13, 2° comma, d.l. 19 settembre 1992
n. 384, convertito, con modificazioni, in l. 14 novembre 1992
n. 438, 16, 17° comma, secondo periodo, l. 24 dicembre 1993
n. 537, 16, 2° comma, d.l. 30 dicembre 1993 n. 557, conver
tito, con modificazioni, in l. 26 febbraio 1994 n. 133, 47, se
condo periodo, d.l. 23 febbraio 1995 n. 41, convertito, con
modificazioni, in l. 22 marzo 1995 n. 85, 3, comma 241, se
condo periodo, l. 28 dicembre 1995 n. 549, 12, secondo pe riodo, d.l. 20 giugno 1996 n. 323, convertito, con modifica zioni, in l. 8 agosto 1996 n. 425, nella parte in cui, nel preve dere la definizione delle modalità di attuazione delle riserve
all'erario mediante decreti ministeriali, non stabiliscono la
partecipazione della regione siciliana al relativo procedi mento, nonché dell'art. 18, 7° comma, d.l. 22 maggio 1993 n.
155, convertito, con modificazioni, in l. 19 luglio 1993 n. 243, nella parte in cui non prevede che all'attuazione della riserva
di entrate all'erario statale, ivi disposta, si provveda con la
partecipazione della regione siciliana, in riferimento agli art.
36 statuto speciale regione Sicilia, 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n.
1074 ed al principio di leale cooperazione fra Stato e re
gioni. (1)
(1-1 1) Le cinque decisioni in epigrafe discendono a loro volta, come anelli della stessa catena di pronunce, dalle due sentenze con cui la Corte costituzionale, decidendo su alcune eccezioni connesse ormai
mature, aveva stralciato le questioni di costituzionalità degli art. 7 d.l.
669/96, convertito, con modificazioni, in 1. 30/97 e 2, comma 154, 3, comma 216, 1. 662/96, rinviandone l'esame all'esito dell'istruttoria di
sposta dalla stessa corte con ord. 22 febbraio 1999 al fine di acquisire informazioni e documenti utili (v. sent. 25 maggio 1999, n. 186, Foro
it., Rep. 1999, voce Riscossione delle imposte, n. 206, e 2 aprile 1999, n. Ill, id., 1999, I, 2465, con nota di richiami). Tali questioni sono
state poi affrontate nel merito e risolte con la sent. 98/00 (massime 10 ed 11), in cui la corte —- mentre ha dichiarato infondata l'eccezione di
costituzionalità per la parte in cui si riferiva genericamente alla riserva di entrate all'erario, precisando che il carattere di «nuova entrata tribu taria» attribuibile a questo o a quel gettito potrà essere verificato solo in
sede applicativa — ha ritenuto incostituzionale, in quanto contrastante con il principio di leale collaborazione fra Stato e regione, l'esclusione di quest'ultima dalla partecipazione in forme adeguate al procedimento di definizione delle modalità di attuazione della clausola di riserva del
Il Foro Italiano — 2001 — Parte 1-33.
II
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 14 febbraio 2001, n. 41 (Gazzetta ufficiale, 1a serie speciale, 21 febbraio 2001, n.
8); Pres. Santosuosso, Est. Onida; Regione Sicilia (Avv. Carapezza Figlia) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Mandò). Conflitto di attribuzione.
Corte costituzionale — Conflitto di attribuzione tra enti —
Sicilia — Entrate finanziarie — Riserva a favore dello
Stato — Sospensione dell'atto impugnato (L. 11 marzo
1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento
della Corte costituzionale, art. 40).
Va disposta, ai sensi dell'art. 40 l. 11 marzo 1953 n. 87, la so
spensione dell'esecuzione del decreto del ministro delle fi nanze, di concerto con il ministro del tesoro, del 23 dicembre
1997, concernente modalità di attuazione delle riserve all'e
rario dal 1° gennaio 1997 del gettito derivante dagli inter
venti in materia di entrate finanziarie della regione Sicilia, emanati dal 1992. (2)
III
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 25 luglio 2000, n. 348 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 agosto 2000, n.
32); Pres. Mirabelli, Est. Onida; Regione Sicilia (Avv. Ca
staldi, Abbate) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Mandò).
Contabilità e bilancio dello Stato — Sicilia — Finanza pub blica — Nuove entrate — Riserva a favore dello Stato —
Attuazione attraverso decreto ministeriale — Partecipa zione della regione — Mancata previsione — Incostituzio
nalità (Statuto della regione siciliana, art. 36; d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, art. 2; 1. 27 dicembre 1997 n. 449, misure per la
stabilizzazione della finanza pubblica, art. 64). Contabilità e bilancio dello Stato — Sicilia — Finanza pub
blica — Nuove entrate — Riserva a favore dello Stato —
Questione infondata di costituzionalità (Statuto della regio ne siciliana, art. 36; d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, art. 2; 1. 27
dicembre 1997 n. 449, art. 64). Autoveicoli e autoscafi (tassa sugli) — Tasse automobilisti
che — Tariffe — Sicilia — Trasferimento di somme a compensazione
— Esclusione — Questione infondata di
costituzionalità (Statuto della regione siciliana, art. 36; d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, art. 2; 1. 27 dicembre 1997 n. 449, art.
17). Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Sicilia —
Imposta erariale regionale sulle emissioni sonore da traffi
co aereo — Istituzione e destinazione del gettito — Que stione infondata di costituzionalità (Statuto della regione si
ciliana, art. 36; d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, art. 2; 1. 27 di cembre 1997 n. 449, art. 18).
Riscossione delle imposte e delle entrate dello Stato e degli enti pubblici — Sicilia — Versamenti unitari — Modalità di riscossione — Questione infondata di costituzionalità
(Statuto della regione siciliana, art. 36; d.p.r. 26 luglio 1965
n. 1074, art. 2; d.leg. 9 luglio 1997 n. 241, norme di semplifi cazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichia
razione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché
di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazio
ni, art. 21, 22; 1. 27 dicembre 1997 n. 449, art. 26).
È incostituzionale l'art. 64, 1° comma, l. 27 dicembre 1997 n.
449, nella parte in cui, nello stabilire che le modalità di at
tuazione della medesima disposizione sono definite con de
creto ministeriale, non prevede la partecipazione della regio ne siciliana al relativo procedimento. (3)
gettito allo Stato, comportando ciò, specie in alcuni casi, la necessità di
operare complesse valutazioni tecnico-finanziarie. In seguito, ed in ap
plicazione dei principi e delle affermazioni contenuti nella sent. 98/00, la Corte costituzionale ha parimenti ed analogamente dichiarato l'in fondatezza e l'incostituzionalità riguardo a diverse disposizioni caratte rizzate dal medesimo contenuto normativo (sent. 348/00 e 347/00, mas
sime 3, 4 e 8, 9). Infine, decidendo in ordine ad un conflitto di attribu zione tra enti sollevato dalla regione siciliana, con cui veniva impu
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1787 PARTE PRIMA 1788
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
64, 1° comma, I. 27 dicembre 1997 n. 449, nella parte in cui
prevede che le entrate riservate allo Stato non conseguireb bero alla istituzione di nuovi tributi o all'incremento delle
aliquote di tributi esistenti, ma alla rideterminazione della
base imponibile di tributi esistenti di spettanza regionale o
alla istituzione di tributi che sarebbero sostitutivi di altri pre esistenti pure spettanti alla regione, in riferimento agli art. 36
statuto speciale Sicilia e 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074. (4) E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
17, 22° comma, I. 27 dicembre 1997 n. 449, nella parte in cui
stabilisce che le tariffe delle tasse automobilistiche devono
fornire un gettito equivalente a quello delle stesse tasse au
tomobilistiche vigenti al 31 dicembre 1997, maggiorato di un
importo pari a quello delle imposte abolite e delle riduzioni
disposte e che l'insieme dei provvedimenti di cui alla stessa
disposizione deve consentire di realizzare maggiori entrate
nette al bilancio dello Stato per almeno cento miliardi di lire,
senza prevedere, come invece fissato a favore della regione
Sardegna, un trasferimento di somme alla regione Sicilia a
compensazione della perdita di gettito derivante dall'aboli
zione della tassa sulle concessioni governative per le patenti di guida, in riferimento agli art. 36 statuto speciale Sicilia e 2
d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074. (5) E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
18 l. 27 dicembre 1997 n. 449, nella parte in cui istituisce una
imposta erariale regionale sulle emissioni sonore derivanti
dal traffico aereo, demandando ad un regolamento la deter
minazione delle modalità di accertamento nonché della misu
ra dell'aliquota, commisurata alla rumorosità degli aeromo
bili, e stabilendo che il gettito dell'imposta sia assegnato nel
l'anno successivo allo stato di previsione degli assessorati
regionali per essere destinato, con modalità stabilite dagli stessi assessorati, a sovvenzioni ed indennizzi alle ammini
strazioni ed ai soggetti residenti nelle zone limitrofe agli ae
roscali, in riferimento agli art. 36 statuto speciale Sicilia e 2
d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074. (6) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
26, 3° comma, l. 27 dicembre 1997 n. 449, nella parte in cui, attraverso l'indistinto riferimento a tutte le regioni a statuto
speciale e l'omesso richiamo all'art. 21 d.leg. 9 luglio 1997
n. 241 che prevede il versamento delle somme, riscosse a se
guito di versamenti unitari, alla cassa regionale siciliana di
Palermo, limita la potestà di riscossione dei tributi spettante alla regione Sicilia, in riferimento agli art. 36 statuto speciale Sicilia e 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074. (7)
IV
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 25 luglio 2000, n. 347 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 agosto 2000, n.
32); Pres. Mirabelu, Est. Capotosti; Regione Sicilia (Avv.
Castaldi, Torre) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Laporta).
Contabilità e bilancio dello Stato — Sicilia — Finanza pub blica — Nuove entrate — Riserva a favore dello Stato —
Attuazione attraverso decreto ministeriale — Partecipa zione della regione — Mancata previsione — Incostituzio
nalità (Statuto della regione siciliana, art. 21, 36; d.p.r. 26 lu
glio 1965 n. 1074, art. 2; d.l. 28 marzo 1997 n. 79, misure ur
genti per il riequilibrio della finanza pubblica, art. 14; 1. 28
maggio 1997 n. 140, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 28 marzo 1997 n. 79, art. 1).
gnato il decreto ministeriale di attuazione delle analoghe disposizioni normative di riserva allo Stato del gettito derivante dalle entrate finan ziarie della regione stessa, la corte ha ritenuto di sollevare, nella veste di giudice a quo, davanti a sé medesima (ord. 42/01. massima 1) la
questione di costituzionalità di una serie di disposizioni le quali, nel di
sciplinare la riserva all'erario delle entrate e nello stabilire che le mo dalità della loro attuazione siano definite con decreto ministeriale, non
prevedono la partecipazione della regione al relativo procedimento, sembrando così affette dallo stesso vizio di costituzionalità fatto valere con le sent. nn. 98, 347 e 348 del 2000. In considerazione del pregiudi zio finanziario che potrebbe derivare alla regione e dell'allungamento dei tempi del giudizio, causato anche dall'aver sollevato davanti a sé la
Il Foro Italiano — 2001.
Contabilità e bilancio dello Stato — Sicilia — Finanza pub blica — Nuove entrate — Riserva a favore dello Stato —
Questione infondata di costituzionalità (Statuto della regio ne siciliana, art. 36; d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, art. 2; d.l.
28 marzo 1997 n. 79, art. 2, 9, 9 bis, 11, 14; 1. 28 maggio 1997 n. 140, art. 1).
E incostituzionale l'art. 14, 1° comma, d.l. 28 marzo 1997 n.
79, convertito nella l. 28 maggio 1997 n. 140, nella parte in
cui, nello stabilire che le modalità di attuazione della mede
sima disposizione sono definite con decreto ministeriale, non
prevede la partecipazione della regione siciliana al relativo
procedimento. (8) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
14, 1° comma, d.l. 28 marzo 1997 n. 79. convertito nella l. 28
maggio 1997 n. 140, nella parte in cui prevede che le entrate
riservate allo Stato non conseguirebbero alla istituzione di
nuovi tributi o all'incremento delle aliquote di tributi esi
stenti, ma alla rideterminazione della base imponibile di tri
buti esistenti di spettanza regionale o alla istituzione di tributi
che sarebbero sostitutivi di altri preesistenti pure spettanti al
la regione, in relazione agli art. 2, 9. 4° comma, 9 bis, 1°, 2°,
6°, 12° comma ss., 11, 1° comma, stesso d.l. 79/97, in rife rimento agli art. 36 statuto speciale Sicilia e 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074. (9)
V
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 aprile 2000, n. 98 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 19 aprile 2000, n. 17); Pres. Mirabelli, Est. Onida; Regione Sicilia (Avv. Castaldi, Lo Bue, Torre) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Mandò).
Contabilità e bilancio dello Stato — Sicilia — Finanza pub blica — Nuove entrate — Riserva a favore dello Stato —
Attuazione attraverso decreto ministeriale — Partecipa zione della regione — Mancata previsione
— Incostituzio
nalità (Statuto della regione siciliana, art. 36; d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, art. 2; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di ra
zionalizzazione della finanza pubblica, art. 2, 3; d.l. 31 di
cembre 1996 n. 669, disposizioni urgenti in materia tributaria,
finanziaria e contabile a completamento della manovra di fi
nanza pubblica per l'anno 1997, art. 7; 1. 28 febbraio 1997 n.
30, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 31 di
cembre 1996 n. 669, art. 1). Contabilità e bilancio dello Stato — Sicilia — Finanza pub
blica — Nuove entrate — Riserva a favore dello Stato —
Questione infondata di costituzionalità (Statuto della regio ne siciliana, art. 36; d.plr. 26 luglio 1965 n. 1074, art. 2; 1. 23
dicembre 1996 n. 662, art. 2, 3; d.l. 31 dicembre 1996 n. 669,
art. 7; 1. 28 febbraio 1997 n. 30, art. 1 ).
Sono incostituzionali gli art. 2, comma 154, 3, comma 216, I. 23
dicembre 1996 n. 662 e 7, 1° comma, d.l. 31 dicembre 1996 n.
669, convertito, con modificazioni, in I. 28 febbraio 1997 n.
30, nella parte in cui, nello stabilire che le modalità di attua
zione della medesima disposizione sono definite con decreto
ministeriale, non prevedono la partecipazione della regione siciliana al relativo procedimento. (10)
questione di costituzionalità, la Corte costituzionale ha ritenuto di ac
cogliere la richiesta di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato, avanzata dalla regione ai sensi dell'art. 40 1. 87/53, il quale stabilisce che «l'esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribu zione fra Stato e regione può essere, in pendenza di giudizio, sospesa per gravi ragioni, con ordinanza motivata della corte». In ordine al po tere di sospensione dell'atto impugnato da parte della Corte costituzio
nale, ai sensi dell'art. 40 1. 87/53, v. Corte cost., ord. 5 aprile 2001, nn. 102 e 101, id., 2001, I, 1423, con nota di richiami, con la prima delle
quali è stata respinta, per mancanza delle necessarie «gravi ragioni», la richiesta del governo di sospendere l'esecuzione della delibera 15 set tembre 2000 della regione Lombardia, recante proposta di indizione di referendum consultivo per il trasferimento delle funzioni statali in ma teria di sanità, istruzione, anche professionale, nonché di polizia locale.
In ordine alla partecipazione del presidente della regione siciliana al
consiglio dei ministri in presenza di un interesse differenziato e pecu
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
2, comma 154, 3, comma 216, l. 23 dicembre 1996 n. 662 e 7,
1° comma, d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, convertito, con mo
dificazioni, in l. 28 febbraio 1997 n. 30, nella parte in cui
prevedono che le entrate riservate allo Stato non consegui rebbero alla istituzione di nuovi tributi o all'incremento delle
aliquote di tributi esistenti, ma alla rideterminazione della
base imponibile di tributi esistenti di spettanza regionale o
alla istituzione di tributi che sarebbero sostitutivi di altri pre esistenti pure spettanti alla regione, in riferimento agli art. 36
statuto speciale Sicilia e 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074. (11)
I
Ritenuto che con ricorso notificato il 15 maggio 1998 e depo sitato il 23 maggio 1998 la regione siciliana ha promosso con
flitto di attribuzione nei confronti del presidente del consiglio dei ministri, in riferimento al decreto del ministro delle finanze,
di concerto con il ministro del tesoro, del 23 dicembre 1997
(modalità di attuazione delle riserve all'erario dal 1° gennaio 1997 del gettito derivante dagli interventi in materia di entrate
finanziarie della regione Sicilia, emanati dal 1992); che la regione ricorrente impugna il predetto decreto ministe
riale ritenendolo lesivo delle attribuzioni regionali in materia fi
nanziaria di cui all'art. 36 dello statuto speciale e all'art. 2 delle
relative norme di attuazione approvate con d.p.r. 26 luglio 1965
n. 1074, chiedendone l'annullamento «nella parte in cui sottrae
alla regione siciliana, con effetto dal 1° gennaio 1997, quote di
gettito tributario arbitrariamente incluse tra le nuove entrate ri
servate all'erario statale, in forza dei provvedimenti normativi
di cui il decreto censurato costituisce attuazione»;
che, secondo la regione siciliana, l'impugnato decreto esten
derebbe indebitamente le previsioni normative alla cui attuazio
ne esso è inteso, e relative alla riserva a favore dell'erario sta
tale delle nuove entrate derivanti da numerosi provvedimenti le
gislativi succedutisi dal 1992 al 1996, e interpreterebbe dette
previsioni in modo contrastante con lo statuto e le norme di at
tuazione, sottraendo così alla regione medesima quote di gettito tributario ad essa spettanti;
che la ricorrente chiede altresì preliminarmente di sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato, ai sensi dell'art. 40 1. 11 mar
zo 1953 n. 87; che si è costituito nel giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, chiedendo che siano rigettati il ricorso e l'istanza di
sospensione; che questa corte, con sentenza n. 98 del 2000 (in questo fasci
colo, I, 1788), pronunciandosi su distinti ricorsi per illegittimità costituzionale promossi dalla regione siciliana, ha dichiarato la
illegittimità costituzionale degli art. 2, comma 154, e 3, comma
216, 1. 23 dicembre 1996 n. 662 (misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), e dell'art. 7, 1° comma, d.l. 31 dicem
bre 1996 n. 669 (disposizioni urgenti in materia tributaria, fi
nanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza
pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, dalla
1. 28 febbraio 1997 n. 30 — disposizioni che stabiliscono la ri serva a favore dell'erario statale delle nuove entrate derivanti
dai provvedimenti legislativi in cui esse sono inserite, e alla cui
attuazione provvede, in uno con altre analoghe clausole di riser
va all'erario, il decreto impugnato nel presente giudizio — «nel
la parte in cui dette disposizioni, nello stabilire che le modalità
della loro attuazione siano definite con decreto ministeriale, non
prevedono la partecipazione della regione siciliana al relativo
procedimento»; che, con ordinanza 13-18 aprile 2000, questa corte, conside
rato che, a seguito delle predetta sentenza n. 98 del 2000, il de
creto impugnato, ancorché non censurato dalla ricorrente sotto
liare della regione nei riguardi del disegno di legge in discussione, v.
Corte cost. 26 marzo 1999, n. 92, id.. 1999, I, 2466, con nota di richia
mi. Sulla legittimità costituzionale della disciplina statale in materia tri
butaria con riferimento alla regione siciliana ed agli art. 36 dello statuto
speciale e 2 d.p.r. 1074/65, v. Corte cost. 22 aprile 1999, n. 138, id.,
2000, I, 3434, con nota di richiami, che ha escluso qualsiasi profilo di
fondatezza delle questioni di costituzionalità sollevate circa la discipli na dell'Irap, di cui al d.leg. 15 dicembre 1997 n. 446.
Il Foro Italiano — 2001.
questo profilo, risulta, pro parte, in contrasto con le norme legis lative che ne disciplinano il procedimento di formazione, ha di
sposto il rinvio del giudizio ad una nuova udienza, nelle quali le
parti potessero esprimersi in ordine alla permanenza del loro
interesse alla definizione nel merito del giudizio medesimo;
che, con atto depositato il 22 giugno 2000, la regione ricor
rente ha sollevato «in via incidentale» questione di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni legislative, contenenti
clausole di riserva all'erario statale di nuove entrate, alle quali,
pure, il decreto impugnato dà attuazione, affermando che anche
nei confronti di queste varrebbero le stesse censure che hanno
condotto alla dichiarazione di illegittimità costituzionale par ziale delle disposizioni oggetto della sentenza n. 98 del 2000:
— art. 13, 2° comma, d.l. 19 settembre 1992 n. 384 (misure
urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impie
go, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni,
dalla 1. 14 novembre 1992 n. 438; — art. 18, 7° comma, d.l. 22 maggio 1993 n. 155 (misure ur
genti per la finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
dalla 1. 19 luglio 1993 n. 243; — art. 16, 17° comma, 1. 24 dicembre 1993 n. 537 (interventi
correttivi di finanza pubblica); — art. 16, 2° comma, d.l. 30 dicembre 1993 n. 557 (ulteriori
interventi correttivi di finanza pubblica per l'anno 1994), con
vertito, con modificazioni, dalla 1. 26 febbraio 1994 n. 133; — art. 47 d.l. 23 febbraio 1995 n. 41 (misure urgenti per il ri
sanamento della finanza pubblica e per l'occupazione nelle aree
depresse), convertito, con modificazioni, dalla 1. 22 marzo 1995
n. 85; — art. 3, comma 241, 1. 28 dicembre 1995 n. 549 (misure di
razionalizzazione della finanza pubblica); — art. 9 d.l. 30 dicembre 1995 n. 565 (misure di completa
mento della manovra di finanza pubblica), convertito, con modi
ficazioni, dalla 1. 23 dicembre 1996 n. 662 (recte: art. 2, comma
164,1. 23 dicembre 1996 n. 662, nella parte in cui fa salvi gli ef
fetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 9
d.l. 30 dicembre 1995 n. 565, non convertito in legge); — art. 12 d.l. 20 giugno 1996 n. 323 (disposizioni urgenti per
il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modifi
cazioni, dalla 1. 8 agosto 1996 n. 425;
che, in subordine, la regione chiede che questa corte sollevi
d'ufficio, dinanzi a sé, questione incidentale di legittimità co
stituzionale delle citate disposizioni legislative;
che, dalle deduzioni delle parti e dalle acquisizioni do
cumentali effettuate in vista ed in occasione dell'udienza del 23
gennaio 2001, è emerso che l'atto impugnato è tuttora efficace,
pur essendosi avviato, ma non essendo ancora giunto in prossi mità della conclusione, un procedimento tendente all'adozione
di un nuovo decreto destinato a sostituirlo, mentre la regione ha
confermato il proprio interesse alla definizione nel merito del
presente giudizio; che, con separata ordinanza in pari data, questa corte provve
de sulla istanza, avanzata dalla ricorrente, di sospensione del
l'esecuzione dell'atto impugnato. Considerato che il decreto impugnato, tuttora efficace ed ope
rante, è diretto a dare attuazione, a partire dal 1° gennaio 1997,
a numerose disposizioni che riservano all'erario statale le nuove
entrate derivanti dai provvedimenti legislativi in cui esse sono
contenute, e per lo più demandano a decreti ministeriali la defi
nizione delle modalità per la loro attuazione; che alcune fra dette disposizioni (art. 2, comma 154, e art. 3,
comma 216, 1. 23 dicembre 1996 n. 662; art. 7 d.l. 31 dicembre
1996 n. 669) sono state dichiarate, con la sentenza n. 98 del
2000, costituzionalmente illegittime, per violazione dell'art. 36
dello statuto speciale per la regione siciliana e delle relative
norme di attuazione di cui all'art. 2, 1° comma, d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, nella parte in cui, nel prevedere la definizione
delle modalità di attuazione delle riserve di entrate all'erario
statale mediante decreti ministeriali, non contemplavano la par
tecipazione della regione siciliana al relativo procedimento; che sostanzialmente identiche sono le clausole di riserva allo
Stato delle entrate, genericamente indicate, derivanti dagli altri
provvedimenti legislativi cui si è data, sotto questo profilo, at
tuazione con il decreto impugnato; che dette clausole sono accompagnate
— tranne che nel caso
dell'art. 18, 7° comma, d.l. 22 maggio 1993 n. 155, che tace in
proposito — dalla previsione di un decreto ministeriale per la
definizione delle modalità della loro attuazione, senza però che
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PARTE PRIMA 1792
sia contemplata alcuna partecipazione della regione siciliana al
relativo procedimento, come invece ritenuto necessario, anche
in riferimento al principio di leale cooperazione fra Stato e re
gione. dalla sentenza di questa corte n. 98 del 2000, cit. (e cfr.
anche, nello stesso senso, sentenze n. 347 e n. 348 del 2000, in
questo fascicolo. I, 1787 e 1786); che il medesimo problema, concernente la mancata previsione
di una partecipazione della regione al procedimento, si pone nei
riguardi del citato art. 18, 7° comma, d.l. n. 155 del 1993, in
quanto anche in questo caso l'attuazione della clausola di riser
va di entrate allo Stato sembra richiedere l'adozione, ancorché
non prevista espressamente, di provvedimenti amministrativi
(infatti il decreto in questa sede impugnato è volto anche all'at
tuazione di detto art. 18, 7° comma, d.l. n. 155 del 1993), e co
munque si pongono le stesse esigenze di una attuazione alla
quale non resti estranea la regione; che, in definitiva, tutte le disposizioni legislative cui si è inte
so dare attuazione con il decreto impugnato sono, o già dichia
rate costituzionalmente illegittime, ovvero sospette di esserlo
per il medesimo motivo, concernente la mancanza di partecipa zione della regione al procedimento volto alla loro attuazione;
che tale vizio, riguardando le stesse basi legali del pro cedimento di formazione del decreto ministeriale, incide radi
calmente sulla legittimità del decreto medesimo, e in specie sulla sua idoneità a ledere attribuzioni costituzionalmente ga rantite della regione siciliana, comportando, ove accertato, «la
necessità del rinnovo del procedimento di attuazione» (sentenza n. 347 del 2000);
che pertanto questa corte non può esimersi, ai fini della deci
sione del conflitto di attribuzione, che investe il contenuto del
decreto impugnato, dal prospettarsi e risolvere pregiudizial mente il problema della legittimità del procedimento di forma
zione del medesimo, in relazione alla legittimità costituzionale
delle disposizioni legislative che tale procedimento disciplinano in modo esplicito, o che comunque omettono, in ipotesi, di con
figurare un procedimento conforme alle esigenze costituzionali
attinenti al rapporto tra lo Stato e la regione; che, nella presente fattispecie, l'accertamento incidentale
della legittimità costituzionale delle ricordate disposizioni non è
precluso dal fatto che la regione ricorrente non le abbia a suo
tempo impugnate, o non le abbia impugnate sotto questo profilo, con ricorso in via diretta;
che, infatti, nel presente giudizio la regione lamenta una asse
rita lesione di proprie attribuzioni costituzionalmente garantite, derivante dal contenuto del decreto impugnato
— che si assume
avere determinato la indebita sottrazione alla regione di entrate
ad essa spettanti, attraverso una cattiva applicazione delle di
sposizioni legislative che riservano entrate all'erario statale —, e l'accennato vizio di procedimento, che deriverebbe dalla ille
gittimità costituzionale, sotto questo profilo, delle medesime di
sposizioni, riguarda il modo in cui si è giunti a determinare
detto contenuto: così che, se fosse stata prevista la partecipazio ne regionale al procedimento, questa avrebbe consentito un con
fronto preventivo sui sollevati problemi di applicazione delle
leggi, potendo in ipotesi condurre alla composizione dei dissen
si, ovvero a motivate determinazioni da parte degli organi com
petenti, suscettibili di successivo controllo in sede giurisdizio nale;
che, d'altra parte, secondo quanto ha ritenuto questa corte, la
portata del tutto generica delle clausole legislative di riserva di
entrate allo Stato (per di più accompagnata, talora, da una espli cita clausola di salvaguardia concernente l'applicazione di esse
«in quanto non in contrasto» con le norme statutarie e di attua
zione relative alle regioni a statuto speciale: cfr. art. 47, terzo
periodo, d.l. n. 41 del 1995, nonché art. 3, comma 243,1. n. 549 del 1995, e su di esso la sentenza n. 430 del 1996, Foro it.,
1997,1, 3) non lascia spazio ad una definizione degli stessi pro blemi, attinenti alla individuazione delle entrate riservate e ai
criteri della loro determinazione e quantificazione, in sede di
giudizio di legittimità costituzionale delle leggi contenenti dette
clausole, mentre, «ove (...), in sede applicativa, sorgesse con troversia circa il carattere di 'nuova entrata tributaria' attribui bile a questo o a quel gettito, sarà in quella sede, e con gli stru
menti ad essa appropriati — ivi compreso, se del caso, il con
flitto di attribuzioni — che la regione potrà difendere la propria autonomia finanziaria da eventuali illegittime lesioni» (sentenza n. 98 del 2000; e cfr. anche sentenze n. 347 e n. 348 del 2000,
Il Foro Italiano — 2001.
nonché sentenze n. 430 e n. 429 del 1996, ibid., 4, concernenti
rispettivamente la infondatezza della questione di legittimità co
stituzionale di una clausola di riserva di entrate all'erario stata
le, e l'accoglimento del ricorso per conflitto di attribuzione
promosso in riferimento all'attuazione, per un determinato
aspetto, della stessa clausola); che il presente giudizio non potrebbe dunque essere corretta
mente definito, mediante pronunce concernenti singoli aspetti del contenuto del decreto impugnato, senza il previo accerta
mento della legittimità dello stesso sotto il profilo procedimen tale, accertamento condizionato a sua volta dalla risoluzione
delle questioni di legittimità costituzionale, sotto il profilo della
disciplina o della mancata disciplina del procedimento di attua
zione, delle disposizioni legislative su cui il decreto si fonda: ri
sultando dette questioni, per tali ragioni, rilevanti nel presente
giudizio; che dette questioni si palesano altresì non manifestamente in
fondate, in riferimento alle norme statutarie e di attuazione sta
tutaria concernenti l'autonomia finanziaria della regione sicilia
na (art. 36 dello statuto; art. 2 d.p.r. n. 1074 del 1965), nonché
in riferimento al principio di leale cooperazione fra Stato e re
gione, per gli stessi motivi già enunciati da questa corte nelle
sentenze n. 98, n. 347 e n. 348 del 2000, e sopra richiamati; che deve dunque essere sollevata questione incidentale di le
gittimità costituzionale dell'art. 13, 2° comma, d.l. 19 settembre
1992 n. 384 (misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e
di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, dalla 1. 14 novembre 1992 n. 438; dell'art.
16, 17° comma, secondo periodo, 1. 24 dicembre 1993 n. 537
(interventi correttivi di finanza pubblica); dell'art. 16, 2° com
ma, d.l. 30 dicembre 1993 n. 557 (ulteriori interventi correttivi
di finanza pubblica per l'anno 1994), convertito, con modifica
zioni, dalla 1. 26 febbraio 1994 n. 133; dell'art. 47, secondo pe riodo, d.l. 23 febbraio 1995 n. 41 (misure urgenti per il risana
mento della finanza pubblica e per l'occupazione nelle aree de
presse), convertito, con modificazioni, dalla 1. 22 marzo 1995 n.
85; dell'art. 3, comma 241, secondo periodo, 1. 28 dicembre
1995 n. 549 (misure di razionalizzazione della finanza pubbli ca); dell'art. 12, secondo periodo, d.l. 20 giugno 1996 n. 323
(disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla 1. 8 agosto 1996 n. 425, nella parte in cui dette disposizioni, nello stabilire che le moda
lità della loro attuazione siano definite con decreto ministeriale, non prevedono la partecipazione della regione siciliana al relati
vo procedimento; che il d.l. 30 dicembre 1995 n. 565, al cui art. 9 pure il de
creto impugnato afferma di dare attuazione — come del resto i
successivi d.l. 28 febbraio 1996 n. 93; 29 aprile 1996 n. 230; 29
giugno 1996 n. 342; 30 agosto 1996 n. 449; 23 ottobre 1996 n.
547, che ne hanno reiterato il contenuto — non è stato con
vertito in legge e ha perso quindi efficacia sin dall'inizio, ben
ché il medesimo d.l. n. 565 del 1995 sia erroneamente indicato, nelle premesse e nell'art. 1, 1° comma, lett. g), stesso decreto
impugnato, come «convertito in legge, con modificazioni, dalla 1. 23 dicembre 1996 n. 662»: mentre è vero solo che l'art. 2, comma 164, 1. n. 662 del 1996 ha disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti pro dottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del d.l. n. 565 del
1995 e degli altri predetti decreti legge non convertiti; che, peraltro, gli effetti di detti decreti legge, fatti salvi dal
l'art. 2, comma 164, 1. n. 662 del 1996, sono solo quelli prodot tisi nel periodo di provvisoria vigenza degli stessi, e dunque nell'anno 1996, onde il decreto impugnato, che riguarda l'attua
zione delle clausole di riserva di entrate all'erario statale dal
1997 in poi, non può fondarsi sulla menzionata clausola di sa natoria degli effetti dei decreti legge decaduti, ma, per le nuove
entrate prese in considerazione nella tabella intitolata erronea
mente al d.l. n. 565 del 1995, deve ritenersi fondato sull'art. 2, commi da 134 a 153, 1. n. 662 del 1996, che ha riprodotto, con
effetto dal 1997, le stesse misure di incremento dell'entrata già recate dai decreti legge decaduti, accompagnate da nuova clau sola di riserva all'erario statale (art. 2, comma 154, stessa 1. n. 662 del 1996) e deve intendersi come attuativo di quest'ultima
disposizione; che, tuttavia, l'art. 2, comma 154, 1. n. 662 del 1996 è già
stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui
non prevedeva la partecipazione della regione siciliana al pro
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
cedimento per la sua attuazione, con la ricordata sentenza n. 98 del 2000, onde non v'è luogo a sollevare questione di legittimità costituzionale, né dell'art. 9 d.l. n. 565 del 1995 e delle cor
rispondenti disposizioni dei successivi decreti legge, in quanto privi di efficacia, né della clausola di sanatoria degli effetti di detti decreti legge decaduti, in quanto produttiva di effetti solo
per il 1996, né infine dell'art. 2, comma 154, 1. n. 662 del 1996, in quanto già dichiarato costituzionalmente illegittimo;
che, invece, questione di legittimità costituzionale, analoga a
quella di cui sopra, in riferimento agli stessi parametri, deve es sere sollevata nei riguardi dell'art. 18, 7° comma, d.l. 22 mag
gio 1993 n. 155 (misure urgenti per la finanza pubblica), con
vertito, con modificazioni, dalla 1. 19 luglio 1993 n. 243, nella
parte in cui non prevede che all'attuazione della riserva di en
trate all'erario statale, ivi disposta, si proceda con la partecipa zione della regione siciliana.
Visti l'art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, e l'art. 23 1. 11 mar
zo 1953 n. 87.
Per questi motivi, la Corte costituzionale solleva, disponen done la trattazione innanzi a sé, questione di legittimità costitu
zionale, in riferimento all'art. 36 statuto speciale per la regione siciliana, approvato con r.d.leg. 15 maggio 1946 n. 455, all'art. 2 delle norme di attuazione dello stesso statuto, di cui al d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, nonché al principio di leale coo
perazione fra Stato e regioni: a) dell'art. 13, 2° comma, d.l. 19 settembre 1992 n. 384 (mi
sure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico im
piego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazio
ni, dalla 1. 14 novembre 1992 n. 438; dell'art. 16, 17° comma, secondo periodo, 1. 24 dicembre 1993 n. 537 (interventi corret
tivi di finanza pubblica); dell'art. 16, 2° comma, d.l. 30 dicem
bre 1993 n. 557 (ulteriori interventi correttivi di finanza pubbli ca per l'anno 1994), convertito, con modificazioni, dalla 1. 26
febbraio 1994 n. 133; dell'art. 47, secondo periodo, d.l. 23 feb
braio 1995 n. 41 (misure urgenti per il risanamento della finanza
pubblica e per l'occupazione nelle aree depresse), convertito, con modificazioni, dalla 1. 22 marzo 1995 n. 85; dell'art. 3, comma 241, secondo periodo, 1. 28 dicembre 1995 n. 549 (mi sure di razionalizzazione della finanza pubblica); dell'art. 12, secondo periodo, d.l. 20 giugno 1996 n. 323 (disposizioni ur
genti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con
modificazioni, dalla 1. 8 agosto 1996 n. 425, nella parte in cui
dette disposizioni, nello stabilire che le modalità della loro at
tuazione siano definite con decreto ministeriale, non prevedono la partecipazione della regione siciliana al relativo procedi mento;
b) dell'art. 18, 7° comma, d.l. 22 maggio 1993 n. 155 (misure
urgenti per la finanza pubblica), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993 n. 243, nella parte in cui non prevede che all'attuazione della riserva di entrate all'erario statale, ivi
disposta, si provveda con la partecipazione della regione sicilia
na.
II
Ritenuto che con ricorso notificato il 15 maggio 1998 e depo sitato il 23 maggio 1998 la regione siciliana ha promosso con flitto di attribuzione nei confronti del presidente del consiglio dei ministri, in riferimento al decreto del ministro delle finanze, di concerto con il ministro del tesoro, del 23 dicembre 1997
(modalità di attuazione delle riserve all'erario dal 1° gennaio 1997 del gettito derivante dagli interventi in materia di entrate
finanziarie della regione Sicilia, emanati dal 1992); che la regione ricorrente impugna il predetto decreto ministe
riale ritenendolo lesivo delle attribuzioni regionali in materia fi
nanziaria di cui all'art. 36 dello statuto speciale e all'art. 2 delle
relative norme di attuazione approvate con d.p.r. 26 luglio 1965
n. 1074, chiedendone l'annullamento «nella parte in cui sottrae
alla regione siciliana, con effetto dal 1° gennaio 1997, quote di
gettito tributario arbitrariamente incluse tra le nuove entrate ri
servate all'erario statale, in forza dei provvedimenti normativi
di cui il decreto censurato costituisce attuazione»;
che, secondo la regione siciliana, l'impugnato decreto esten
derebbe indebitamente le previsioni normative alla cui attuazio
ne esso è inteso, e relative alla riserva a favore dell'erario sta
tale delle nuove entrate derivanti da numerosi provvedimenti le
gislativi succedutisi dal 1992 al 1996, e interpreterebbe dette
Il Foro Italiano — 2001.
previsioni in modo contrastante con lo statuto e le norme di at
tuazione, sottraendo così alla regione medesima quote di gettito tributario ad essa spettanti;
che la ricorrente chiede altresì preliminarmente di sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato, ai sensi dell'art. 40 1. 11 mar zo 1953 n. 87;
che si è costituito nel giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, chiedendo che siano rigettati il ricorso e l'istanza di
sospensione; che questa corte, con separata ordinanza in pari data (in que
sto fascicolo, I, 1785), provvede a rimettere innanzi a sé que stione di legittimità costituzionale delle disposizioni legislative cui si è data attuazione con il decreto impugnato, nella parte in
cui non prevedono la partecipazione della regione siciliana al
procedimento per la loro attuazione.
Considerato che sussistono le gravi ragioni che giustificano la
sospensione, ai sensi dell'art. 40 1. 11 marzo 1953 n. 87, del
l'esecuzione dell'atto che ha dato luogo al conflitto di attribu
zione fra Stato e regione, in pendenza del relativo giudizio: ciò in considerazione del fatto che il decreto impugnato, tuttora
operante, estende i suoi effetti anche alle riscossioni di tributi
«per gli anni 2000 e seguenti», disponendo che in detti anni gli incaricati della riscossione versino all'erario statale, per i tributi
indicati, la percentuale prevista dal medesimo decreto per l'an
no 1999 (art. 3 d.m. 23 dicembre 1997), e tenendo conto sia del
l'entità del pregiudizio finanziario lamentato dalla regione ri
corrente, sia delle ulteriori more del giudizio derivanti dalla so
spensione del medesimo a seguito dell'ordinanza di questa corte
che rimette innanzi a sé questione di legittimità costituzionale
delle disposizioni legislative cui l'atto impugnato dà attuazione.
Visti l'art. 40 1. 11 marzo 1953 n. 87 e l'art. 28 delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale sospende l'esecu
zione del decreto del ministro delle finanze, di concerto con il
ministro del tesoro, 23 dicembre 1997 (modalità di attuazione
delle riserve all'erario dal 1° gennaio 1997 del gettito derivante
dagli interventi in materia di entrate finanziarie della regione Sicilia, emanati dal 1992), impugnato dalla regione siciliana con
il ricorso in epigrafe.
Ili
Diritto. — 1. - La regione siciliana ha impugnato quattro di
sposizioni contenute nella 1. 27 dicembre 1997 n. 449 (misure
per la stabilizzazione della finanza pubblica), per contrasto con
l'art. 36 dello statuto speciale e con le norme di attuazione di
cui all'art. 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074.
Conviene prendere le mosse dalle censure sollevate nei con
fronti dell'art. 64, e più precisamente del 1° comma. Esso di
spone che «le entrate derivanti» dalla medesima legge «sono ri
servate all'erario» e sono destinate a finalità — identificate con
formula consueta — di copertura degli oneri del debito pubblico e di riequilibrio del bilancio; e che le modalità di attuazione del
medesimo articolo sono stabilite, ove necessario, con decreto
del ministro delle finanze, di concerto con il ministro del tesoro.
Secondo la regione ricorrente, la disposizione sarebbe lesiva
dell'autonomia finanziaria ad essa spettante, in primo luogo in
quanto le entrate derivanti dalla legge impugnata non consegui rebbero alla istituzione di nuovi tributi o all'incremento delle
aliquote di tributi esistenti, ma alla rideterminazione della base
imponibile di tributi esistenti, di spettanza regionale, o alla isti
tuzione di tributi che sarebbero sostitutivi di altri preesistenti
pure spettanti alla regione. In secondo luogo, l'illegittimità della
disposizione discenderebbe dal fatto che essa non precisa i crite
ri di distinzione fra nuove entrate riservate allo Stato e ciò che
non è nuovo, ma rinvia ad un decreto ministeriale, che potrebbe determinare discrezionalmente l'entità delle entrate riservate, senza alcuna partecipazione della regione, con ciò causando in
certezza per la regione e violando il principio di leale coopera zione.
2. - La questione è fondata nei limiti di seguito precisati.
Questa corte ha già avuto occasione di chiarire che clausole
legislative generiche come quella in esame, che si limitano a ri
servare all'erario le entrate «derivanti» da altre disposizioni contenute negli stessi provvedimenti legislativi in cui sono
contenute, e cioè le entrate che trovano in essi la loro fonte, non
comportano che si considerino come nuove entrate tributarie, ri
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PARTE PRIMA 1796
servate allo Stato, entrate cui non si debba invece riconoscere
tale carattere, perché non sono «nuove» nel senso ora detto: on
de è in sede di applicazione concreta di tali clausole che la re
gione, ove riscontri che lo Stato pretende di avocare a sé entrate
prive di detto carattere, potrà difendere la propria autonomia fi
nanziaria dalla lesione che ne deriverebbe, attraverso gli stru
menti appropriati, ivi compreso, se del caso, il conflitto di attri
buzioni (sentenza n. 98 del 2000, in questo fascicolo, I, 1788). Si può qui aggiungere che, quando la legge comprenda sia
misure accrescitive delle entrate (e così introduzione di nuovi
tributi, aumento di aliquote o estensione delle basi imponibili di
tributi preesistenti), sia misure destinate invece a ridurre le en
trate (e così soppressione di tributi esistenti, riduzione di ali
quote o restrizioni di basi imponibili di tributi), per nuove en
trate riservate allo Stato devono intendersi, nel silenzio della
legge, solo le maggiori entrate nette derivanti dalla legge, e
dunque solo le maggiori entrate che eccedono le minori entrate
contemporaneamente derivanti dallo stesso provvedimento. Di
versamente, all'aumento delle entrate per lo Stato farebbe ri
scontro non già — come è conforme alla ratio delle clausole di
riserva di nuove entrate all'erario — l'invarianza del gettito a
favore della regione, ma una diminuzione di quest'ultimo: il che
andrebbe al di là di ciò che prevede la norma di attuazione,
quando consente di sottrarre alla regione, per riservarlo a fina
lità specifiche dello Stato, il gettito aggiuntivo di entrate tributa
rie altrimenti spettanti alla regione (cfr. sentenza n. 198 del
1999, Foro it., Rep. 1999, voce Contabilità dello Stato, n. 35, nonché sentenza n. 49 del 1972, id., 1972,1, 1178).
3. - Mentre, dunque, sotto questo profilo la questione non è
fondata, è invece fondata sotto il profilo della mancata previsio ne di una partecipazione della regione nel procedimento previ sto per l'attuazione della clausola di riserva. Come la corte ha
affermato a proposito di clausole legislative identiche a quella
qui in esame, contenute nella 1. n. 662 del 1996 e nel d.l. n. 669
del 1996, la riserva allo Stato di nuove entrate tributarie rappre senta un meccanismo derogatorio, rispetto al principio della at
tribuzione alla regione del gettito dei tributi erariali riscossi nel
suo territorio, la cui attuazione incide direttamente sulla effetti
va garanzia della autonomia finanziaria della stessa regione: on
de il principio di leale cooperazione esige che tale meccanismo, in particolare quando esso comporti stime e valutazioni tecni
camente complesse in vista della ripartizione fra Stato e regione del gettito dei medesimi tributi, si attui mediante procedimenti non unilaterali, ma che contemplino una partecipazione della
regione (sentenza n. 98 del 2000). La disposizione impugnata, al pari di quelle già dichiarate co
stituzionalmente illegittime dalla corte nella citata sentenza n.
98 del 2000, rinvia invece, per stabilire, ove necessario, le mo
dalità di attuazione della riserva di nuove entrate allo Stato, ad
un decreto del ministro delle finanze di concerto con quello del
tesoro, senza alcuna partecipazione della regione. In questa
parte, dunque, la norma impugnata incorre nello stesso vizio di
legittimità costituzionale già accertato con riguardo alle analo
ghe disposizioni ora ricordate.
4. - La ricorrente censura, in secondo luogo, l'art. 17, 22°
comma, della legge impugnata. L'art. 17 contiene una serie di
disposizioni in materia tributaria, per lo più, ma non sempre, concernenti i veicoli. Alcune si riferiscono al sistema delle tasse
automobilistiche, con soppressione di alcune specifiche voci
impositive (4°, 6°, 7°, 8° comma), riduzione delle tasse per al
cuni veicoli (5° comma), nuova disciplina della riscossione
(commi da 10 a 14), nuovi criteri per la determinazione delle ta
riffe (15° e 16° comma); altre riguardano i criteri di determina
zione dell'imposta di registro sugli atti e formalità relativi ai
veicoli a motore (17° comma) e la soppressione della tassa sulle
concessioni governative per le patenti di guida (21° comma); altre ancora riguardano la istituzione della tassa sulle emissioni
di anidride solforosa e di ossidi di azoto dei grandi impianti di combustione (commi da 29 a 33), e altre materie anche non tri
butarie.
Il 22° comma stabilisce che «le tariffe delle tasse au
tomobilistiche devono fornire un gettito equivalente a quello delle stesse tasse automobilistiche vigenti al 31 dicembre
1997», maggiorato di un importo pari a quello delle imposte abolite e delle riduzioni disposte; riduce la quota dell'accisa
sulla benzina spettante alle regioni a statuto ordinario; e dispone
(terzo periodo) che «l'insieme dei provvedimenti di cui al pre
II Foro Italiano — 2001.
sente articolo deve consentire di realizzare maggiori entrate
nette al bilancio dello Stato per almeno cento miliardi di lire».
A sua volta il 23° comma prevede un trasferimento di somme
a favore della regione Sardegna a compensazione della perdita di gettito derivante dall'abolizione della tassa sulle concessioni
governative per le patenti di guida. La regione ricorrente lamenta che il citato 22° comma preve
da una riserva di entrata a favore dello Stato, che non sarebbe
legittima in quanto non si tratterebbe di nuovi tributi né di au
mento di aliquote, bensì di rideterminazione di base imponibile o di riduzione di entrate per soppressione di preesistenti tributi
di spettanza regionale; e che non sia prevista alcuna forma di
compensazione per la perdita di gettito a favore della regione si
ciliana, analoga a quella prevista a favore della regione Sarde
gna dal 23° comma.
5. - La questione non è fondata.
L'art. 17 della legge contiene una serie di misure, alcune
delle quali comportano maggiori entrate, altre comportano mi
nori entrate. Per quanto riguarda in particolare le entrate deri
vanti dalle tasse automobilistiche (il cui gettito riscosso nella
regione siciliana è di spettanza di quest'ultima), la stessa dispo sizione impone di configurarne le nuove tariffe, ai sensi del 16°
comma, in modo tale da fornire «un gettito equivalente» a
quello delle stesse tasse vigenti al 31 dicembre 1997, maggio rato di un importo pari a quello delle soppressioni e riduzioni di
tributi previste dalla medesima disposizione. Non sono previste nuove entrate nette derivanti dalle tasse automobilistiche, e non
opera dunque, in proposito —
per le ragioni sopra esposte al n.
2 — la riserva di entrate a favore dell'erario di cui all'art. 64
della legge.
Quanto poi al disposto dell'ultimo periodo del 22° comma, secondo cui «l'insieme dei provvedimenti di cui al presente ar
ticolo deve consentire di realizzare maggiori entrate nette al bi
lancio dello Stato per almeno cento miliardi di lire», esso non
può riferirsi al gettito delle tasse automobilistiche, di spettanza
regionale, perché ciò sarebbe in contraddizione con il criterio di
invarianza del gettito stabilito nella prima parte del medesimo
22° comma. Le maggiori entrate attese sono dunque quelle deri
vanti da misure incidenti su oggetti diversi dalle tasse automo
bilistiche devolute alla regione. E poiché si prevede la rea
lizzazione a favore del bilancio dello Stato di maggiori entrate
nette, l'ipotesi della riserva all'erario si realizza in conformità
alle norme di attuazione dello statuto, secondo quanto si è più
sopra precisato. Né vi sarebbe stato luogo per operare compensazioni a favore
della regione siciliana, analoghe a quella prevista a favore della
regione Sardegna dal 23° comma. Quest'ultima, infatti, non
usufruisce, a differenza della regione siciliana, del gettito delle
tasse automobilistiche riscosse nel suo territorio, onde la sop
pressione della tassa sulle concessioni governative per le patenti
(già devoluta pro quota, invece, alla regione) avrebbe prodotto, senza la compensazione prevista, una diminuzione di gettito. Tale effetto non si produce invece per la regione siciliana, ga rantita dal criterio di invarianza del gettito delle tasse automo
bilistiche (riscosse dalla regione) previsto dallo stesso 22°
comma, e la cui applicazione tiene conto anche, come è stabilito
espressamente sempre dal 22° comma, della abolizione della
tassa di concessione governativa sulle patenti. 6. - La terza censura mossa col ricorso riguarda l'art. 18 della
legge impugnata, che istituisce una «imposta erariale regionale» sulle emissioni sonore derivanti dal traffico aereo, demandando
ad un regolamento la determinazione delle modalità di accerta
mento nonché della misura dell'aliquota, commisurata alla ru
morosità degli aeromobili, e stabilendo che il gettito dell'impo sta sia assegnato nell'anno successivo «allo stato di previsione
degli assessorati regionali per essere destinato, con modalità sta
bilite dagli stessi assessorati, a sovvenzioni ed indennizzi alle
amministrazioni ed ai soggetti residenti nelle zone limitrofe agli aeroscali».
La ricorrente lamenta che la norma non tenga conto della pe culiarità della finanza della regione siciliana, in forza della
quale la istituzione di siffatto tributo spetterebbe alla regione, nei limiti dei principi individuati dalla legislazione statale.
7. - La questione non è fondata.
La nuova imposta, pur definita «erariale regionale», è un tri
buto istituito dallo Stato in tutto il territorio nazionale, fra l'al
tro in connessione con materia, come il traffico aereo, di com
petenza statale, e disciplinato dallo Stato come gli altri tributi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
erariali. È solo il suo gettito che è devoluto alle regioni, e dun
que anche alla regione siciliana, per un utilizzo vincolato alle finalità precisate dallo stesso art. 18, 3° comma: salva la possi bilità per la regione, nei limiti in cui la materia lo consenta, di esercitare a sua volta la competenza legislativa di cui essa gode in relazione alla disciplina dei tributi erariali il cui gettito è de voluto alla stessa regione.
8. - Da ultimo, la regione impugna l'art. 26, 3° comma, della
legge in esame. L'art. 26 riapre, a determinate condizioni, i ter mini per gli adempimenti dei soggetti incaricati della riscossio ne. Il 3° comma stabilisce che «la devoluzione delle quote dei
proventi erariali spettanti alle regioni a statuto speciale e alle
province autonome ai sensi dei rispettivi statuti e relative norme di attuazione è effettuata considerando anche le somme oggetto di versamento unificato e di compensazione nell'ambito territo riale della regione o provincia autonoma medesima, affluite al
l'apposita contabilità speciale intestata al ministero delle finan
ze, dipartimento delle entrate, direzione centrale della riscossio
ne, determinate e ripartite dalla struttura di gestione di cui al l'art. 22, 1° comma, d.leg. 9 luglio 1997 n. 241».
La ricorrente lamenta che, operando un indistinto riferimento a tutte le regioni a statuto speciale, e omettendo il richiamo alla
disposizione di cui all'art. 21 d.leg. n. 241 del 1997, che preve de il versamento delle somme, riscosse a seguito dei versamenti
unitari, alla Cassa regionale siciliana di Palermo, il legislatore avrebbe limitato arbitrariamente la potestà di riscossione dei tri buti spettante alla regione medesima.
9. - La questione non è fondata.
La disposizione impugnata non innova in nulla quanto alla di
sciplina generale dei rapporti fra Stato e regione siciliana in or dine alla riscossione dei tributi, ma si riferisce alle ipotesi in cui il gettito di determinati tributi è ripartito per quote fra Stato e
regione, limitandosi a precisare che la devoluzione alle regioni delle quote di loro spettanza deve tener conto delle somme og getto di versamento unificato e di compensazione, secondo le nuove norme che consentono ai contribuenti di versare unita riamente le imposte, i contributi dovuti all'Inps e le altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, relativi allo stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti (art. 1 d.leg. 8 luglio 1997 n. 241).
Il richiamo all'art. 22 d.leg. n. 241 del 1997 riguarda la già prevista struttura di gestione incaricata della suddivisione delle somme fra gli enti destinatari, e non tocca in alcun modo la per durante applicabilità della diversa disposizione di cui all'art. 21 dello stesso decreto legislativo, che disciplina gli adempimenti delle banche, delegate dai contribuenti per i pagamenti delle
imposte, in tema di versamento delle somme riscosse alla teso reria dello Stato o alla Cassa regionale siciliana di Palermo.
Nessuna lesione dell'autonomia della regione siciliana, per tanto, deriva dalla disposizione denunciata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale:
a) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 64, 1° com
ma, 1. 27 dicembre 1997 n. 449 (misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui, nello stabilire che le modalità di attuazione dello stesso art. 64 sono definite con de creto ministeriale, non prevede la partecipazione della regione siciliana al relativo procedimento;
b) dichiara non fondata, per la parte non compresa nel prece dente capo a), la questione di legittimità costituzionale dell'art. 64 predetta 1. n. 449 del 1997, sollevata, in riferimento all'art. 36 dello statuto speciale e alle relative norme di attuazione in materia finanziaria, di cui all'art. 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n.
1074, dalla regione siciliana con il ricorso in epigrafe; c) dichiara non fondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 17, 22° comma, predetta 1. n. 449 del 1997, sollevata, in riferimento all'art. 36 dello statuto speciale e alle relative norme di attuazione in materia finanziaria, di cui all'art. 2 d.p.r. n. 1074 del 1965, dalla regione siciliana con il ricorso in
epigrafe;
d) dichiara non fondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 18 predetta 1. n. 449 del 1997, sollevata, in rife
rimento all'art. 36 dello statuto speciale e alle relative norme di
attuazione in materia finanziaria, di cui all'art. 2 d.p.r. n. 1074 del 1965, dalla regione siciliana con il ricorso in epigrafe;
e) dichiara non fondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 26 predetta 1. n. 449 del 1997, sollevata, in
riferimento all'art. 36 dello statuto speciale e alle relative norme
Il Foro Italiano — 2001.
di attuazione in materia finanziaria, di cui all'art. 2 d.p.r. n. 1074 del 1965, dalla regione siciliana con il ricorso in epigrafe.
IV
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale solle vata dalla regione siciliana riguarda l'art. 14, 1° comma, d.l. 28 marzo 1997 n. 79 (misure urgenti per il riequilibrio della finan za pubblica) convertito nella 1. 28 maggio 1997 n. 140, in rela zione agli art. 2, 9, 4° comma, 9 bis, 1°, 2°, 6°, 12° comma ss., ed 11, 1° comma.
La disposizione impugnata, che prescrive che le entrate tri butarie derivanti dal d.l. n. 79 del 1997 «sono riservate all'era rio» e che con «decreto del ministro delle finanze, di concerto con il ministro del tesoro (...), sono stabilite, ove necessario, le modalità di attuazione», viene censurata in riferimento agli art. 36 dello statuto e 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, che sta biliscono presupposti e modalità della riserva allo Stato delle entrate tributarie erariali riscosse nel territorio regionale sicilia no. La regione ricorrente, muovendo dalla premessa che nel d.l. n. 79 manca l'indicazione dei «criteri per la selezione del pro vento nuovo da quello che nuovo non è» e che la norma censu rata ne rinvia l'individuazione ad un successivo decreto ministe
riale, sostiene infatti che la disposizione denunciata impedirebbe il controllo sul corretto esercizio della riserva allo Stato delle suddette entrate, rendendo così imprevedibile ogni decisione al
riguardo, in contrasto con il principio della certezza del diritto, con l'esigenza che sia assicurata l'effettiva tutela delle preroga tive statutarie e con il principio di leale cooperazione. In parti colare sarebbe violato quest'ultimo principio, secondo la regio ne ricorrente, in quanto il censurato art. 14, 1° comma, non pre vede nessuna forma di partecipazione e consultazione della re
gione stessa nella determinazione dei maggiori proventi deri vanti dagli interventi realizzati con il citato decreto n. 79 del 1997.
2. - La questione è fondata, nei limiti di seguito precisati. La norma impugnata del citato art. 14, 1° comma, riserva al
l'erario statale le entrate tributarie derivanti dal d.l. n. 79 del
1997, che si caratterizza per la complessità e la varietà del suo
oggetto, preordinato a realizzare misure finanziarie urgenti in funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti in se de comunitaria.
Questa corte, nell'esaminare, in una vicenda analoga alla pre sente, alcune clausole legislative di contenuto pressoché iden tico a quella ora sottoposta a scrutinio — censurate dalla re
gione ricorrente con argomentazioni in larga misura riprodotte nel presente giudizio
— ha concluso per l'infondatezza, affer mando che «da siffatte clausole non si desume affatto che il le
gislatore statale abbia considerato come 'nuove entrate tributa rie' (...) entrate cui invece non si possa riconoscere tale caratte re» (sentenza n. 98 del 2000, in questo fascicolo, I, 1788). Sotto lo stesso profilo, va pertanto respinta l'attuale eccezione di in costituzionalità prospettata dalla ricorrente riguardo alla clau sola di devoluzione delle entrate prevista dal citato art. 14, 1° comma.
Sotto altro profilo, va osservato che la disposizione che attri buisce ad un decreto ministeriale le «modalità di attuazione» della riserva allo Stato di determinate entrate implica la fissa zione dei criteri tecnici, strumentali alla determinazione «del
gettito aggiuntivo derivante dalle altre disposizioni della legge, per definirne l'entità in ciascun esercizio finanziario, e per divi dere operativamente il gettito riservato allo Stato da quello che resta attribuito alla regione» (sentenza n. 98 del 2000). La fissa zione di tali criteri tecnici, tanto più impegnativa e suscettibile di valutazioni erronee, quanto più la legge, come nel caso di
specie, sia carente sul piano della indicazione di precisi e chiari canoni di ripartizione tra Stato e regione del gettito delle entrate
localmente riscosse, non costituisce affatto esercizio di una po testà discrezionale da parte dei ministri interessati circa l'indi
viduazione delle entrate riservate, ma molto spesso richiede lo
svolgimento di operazioni particolarmente complesse di stima e di valutazione della provenienza del gettito, soprattutto nel casi nei quali le nuove entrate derivino dalla modificazione delle ali
quote di tributi esistenti, ovvero da interventi sulla base imponi bile e siano previste da disposizioni le quali, benché contenute
in uno stesso atto normativo, incidano su molteplici aspetti della
disciplina tributaria. La diretta incidenza di dette operazioni sull'autonomia finan
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PARTE PRIMA 1800
ziaria della regione direttamente interessata postula pertanto la
necessità di procedimenti che assicurino una doverosa forma di
partecipazione e consultazione della regione stessa, in attuazio
ne del principio di leale cooperazione. Tale forma di partecipa zione, peraltro, non poteva certo consistere — come invece ri
tiene la ricorrente — nella presenza del presidente della regione siciliana alla seduta del consiglio dei ministri, in cui si delibera va l'adozione del decreto legge in questione. Ed invero, a tacere
della considerazione che, nella specie, trattandosi di un atto le
gislativo produttivo di effetti sull'intero territorio nazionale, di
fettava «un interesse giuridicamente differenziato della regione Sicilia» (sentenza n. 92 del 1999, Foro it., 1999, I, 2466), resta
il fatto che in sede consiliare si discuteva sulle entrate oggetto del decreto legge e non già sui criteri tecnici di ripartizione del
relativo gettito. Altre sono dunque le forme di partecipazione regionale per
assicurare il rispetto del principio di leale cooperazione, giacché la titolarità in capo allo Stato di un determinato potere
— nella
specie, di identificare i casi di riserva a sé di specifiche entrate — non è sufficiente a fare escludere la necessità di un coordi
namento con la regione interessata in tutti i casi nei quali esso
collida con poteri spettanti a quest'ultima (sentenza n. 398 del
1998, ibid., 5), determinando, come nell'ipotesi in esame, un'interferenza tra i rispettivi ambiti finanziari.
Nella ricorrenza di tali casi, questa corte ha già affermato che
è necessario che l'attuazione del meccanismo di deroga al prin
cipio di attribuzione del gettito dei tributi erariali riservati alla
regione avvenga attraverso un procedimento non unilaterale, af
finché sia garantita alla regione stessa la possibilità di interlo
quire in vista della tutela dei propri diritti (sentenza n. 98 del
2000). In difetto di tale modulo procedimentale, la norma impu
gnata è costituzionalmente illegittima, dato che essa non assi
cura alla regione siciliana la suddetta possibilità di intervento; il
che peraltro non esclude che spetta poi allo Stato di adottare le
determinazioni finali, restando naturalmente salva la facoltà
della stessa regione di avvalersi dei rimedi giurisdizionali per contestare la eventuale violazione della propria autonomia fi
nanziaria.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale — fondata sul
difetto di previsione del procedimento di necessaria concerta
zione — della norma che dispone che con successivo decreto ministeriale si provveda all'individuazione dei criteri e delle
modalità di selezione del gettito delle entrate tributarie previste dal decreto n. 79 del 1997 comporta pertanto la necessità del
rinnovo del procedimento di attuazione, da cui derivano i criteri
tecnici di ripartizione delle entrate localmente riscosse.
Per questi motivi, la Corte costituzionale:
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, 1° com
ma, d.l. 28 marzo 1997 n. 79 (misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica) convertito nella 1. 28 maggio 1997 n.
140, nella parte in cui, nel disporre che le modalità di attuazione
dello stesso articolo sono stabilite con decreto ministeriale, non
prevede che al relativo procedimento partecipi la regione sici
liana;
b) dichiara non fondata, per la parte non compresa nel prece dente capo a), la questione di legittimità costituzionale dell'art.
14, 1° comma, predetto d.l. 28 marzo 1997 n. 79, sollevata, in riferimento all'art. 36 dello statuto speciale della regione sici liana e alle relative norme di attuazione in materia finanziaria, di cui all'art. 2 d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, dalla regione sici liana con il ricorso in epigrafe.
V
Diritto. — 1. -1 giudizi, aventi ad oggetto disposizioni di con
tenuto analogo, impugnate in relazione agli stessi parametri co
stituzionali, possono essere riuniti per essere decisi con unica
pronunzia. 2. - Le questioni, ancora non decise, proposte con i due ricor
si della regione siciliana investono, rispettivamente, l'art. 2, comma 154, e l'art. 3, comma 216, 1. n. 662 del 1996 (reg. ric. n. 18 del 1997), e l'art. 7 d.l. n. 669 del 1996, convertito, con
modificazioni, dalla 1. n. 30 del 1997 (reg. ric. n. 32 del 1997): tutte e tre le norme dispongono la riserva a favore dell'erario delle entrate derivanti da altre disposizioni degli stessi provve dimenti legislativi impugnati, e vengono censurate in relazione all'art. 36 dello statuto speciale e alle norme di attuazione dello
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stesso, e in particolare all'art. 2, 1° comma, seconda parte, d.p.r. 26 luglio 1965 n. 1074, a tenore del quale fanno eccezione, ri
spetto alla regola della devoluzione alla regione delle entrate
tributarie erariali riscosse nell'ambito del territorio regionale, le
«nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite
leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari fina
lità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime».
Le censure mosse dalla ricorrente fanno leva, da un lato, sul
l'assunto secondo cui potrebbero essere riservate allo Stato solo le nuove entrate conseguenti alla istituzione di nuovi tributi o
all'aumento di aliquote di tributi esistenti, ma non le entrate de
rivanti da altri interventi legislativi incidenti sulla base imponi bile e quindi sul gettito di tributi esistenti, onde sarebbero ille
gittime le norme impugnate che riservano all'erario, generica mente, le entrate derivanti dai due provvedimenti legislativi (art. 3, comma 216, 1. n. 662 del 1996; art. 7 d.l. n. 669 del 1996), o
quelle derivanti da un gruppo di altre disposizioni della stessa
legge (art. 2, comma 154, 1. n. 662 del 1996). Dall'altro lato, la
ricorrente lamenta che le norme in questione, non precisando
quali siano le entrate riservate, ma rinviando ad un decreto mi
nisteriale, espongono la regione ad incertezza circa le entrate ad
essa spettanti, e contrastano altresì con il principio di leale col
laborazione.
3. - Sotto il primo profilo, le questioni non sono fondate.
La regione impugna le norme che dispongono la riserva di
entrate all'erario, nella loro portata generale o generica, senza
coinvolgere nell'impugnativa alcuna delle singole disposizioni delle stesse leggi, relative ad entrate che, secondo l'assunto
della ricorrente, non potrebbero essere legittimamente riservate
allo Stato. Ma le norme impugnate si limitano a riservare all'e
rario le entrate «derivanti» dalle altre disposizioni contenute ne
gli stessi provvedimenti legislativi, cioè le entrate che trovano
in essi la loro fonte (cfr. sentenza n. 198 del 1999, Foro it., Rep. 1999, voce Contabilità dello Stato, n. 35), senza discostarsi in
ciò da quanto appunto prevede l'art. 2, 1° comma, seconda par te, d.p.r. n. 1074 del 1965, a tenore del quale le singole leggi statali possono appunto destinare il gettito di «nuove entrate tri
butarie» a finalità contingenti o continuative dello Stato specifi cate nelle stesse leggi. E non vi è dubbio che, come ammette la
stessa ricorrente, i due provvedimenti legislativi siano volti pro prio a procurare incrementi di entrate da destinare allo scopo di
risanamento del bilancio statale. Da siffatte clausole non si de
sume affatto che il legislatore statale abbia considerato come
«nuove entrate tributarie», derivanti dalle stesse leggi, entrate cui invece non si possa riconoscere tale carattere. Esse, d'altra
parte, non potrebbero che essere applicate in senso conforme a
ciò che prevede la normativa di attuazione statutaria. Ove poi, in
sede applicativa, sorgesse controversia circa il carattere di
«nuova entrata tributaria» attribuibile a questo o a quel gettito, sarà in quella sede, e con gli strumenti ad essa appropriati
— ivi
compreso, se del caso, il conflitto di attribuzioni — che la re
gione potrà difendere la propria autonomia finanziaria da even tuali illegittime lesioni.
4. - Sotto il secondo dei profili indicati, concernente il rinvio
operato dalle disposizioni denunciate, per la definizione delle modalità della loro attuazione, ad un decreto interministeriale, la questione è invece fondata, nei limiti e nei termini di seguito specificati.
Le norme denunciate non possono intendersi — come vor rebbe la ricorrente — nel senso che esse attribuiscano ai ministri la potestà di stabilire con discrezionalità quali fra le entrate de
rivanti dai provvedimenti legislativi vengono riservate all'era
rio: quasi che il legislatore avesse affidato al provvedimento amministrativo il compito di determinare l'ambito delle entrate riservate all'erario, ciò che invece solo la legge, secondo
l'espressa previsione dell'art. 2 d.p.r. n. 1074 del 1965, può fa
re, destinando il gettito di tali entrate alle finalità specificate nella legge medesima.
In realtà il rinvio ad un decreto ministeriale concerne solo la definizione delle «modalità di attuazione» della clausola di ri serva: cioè la statuizione dei criteri tecnici da adottare per de terminare il gettito aggiuntivo derivante dalle altre disposizioni della legge, per definirne l'entità in ciascun esercizio finanzia
rio, e per dividere operativamente il gettito riservato allo Stato da quello che resta attribuito alla regione. Non a caso, le stesse norme impugnate rinviano al decreto per stabilire tali modalità solo «ove necessarie»: cioè in quanto il gettito aggiuntivo e ri
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
servato allo Stato non risulti già in base alle ordinarie emergen ze contabili dei bilanci dello Stato e della regione.
La determinazione del gettito riservato e l'applicazione della
clausola di riserva sono agevoli quando si tratti di un tributo di nuova istituzione; e possono essere relativamente agevoli anche nel caso di semplici aumenti di aliquota di un tributo esistente, almeno quando l'aliquota prevista sia di tipo proporzionale. Quando invece le nuove entrate derivino da più complesse ma novre sulle aliquote tributarie (per esempio, attraverso aumenti
di alcune e contestuali diminuzioni di altre aliquote, o attraverso la ridefinizione della «curva» di aliquote di tipo progressivo, come avviene per l'Irpef), ovvero da modifiche legislative inci
denti, anziché sulle aliquote, sulla estensione della base imponi bile dei tributi, la determinazione in concreto del gettito deri
vante dalle nuove norme, in ciascuno degli esercizi finanziari
interessati, può non essere affatto agevole, e richiedere opera zioni tecnicamente complesse di stima e di valutazione della
provenienza del gettito medesimo.
La complessità tecnica di tali operazioni risulta confermata
dalle relazioni dell'amministrazione finanziaria statale acquisite in via istruttoria, e dalla relativa documentazione allegata, non
ché dalla analitica trattazione contenuta nello «Studio prelimi nare alla definizione dei pregressi rapporti finanziari tra lo Stato
e la regione siciliana», redatto dal presidente dell'apposito
gruppo di lavoro costituito dal governo, e pure acquisito agli atti
a seguito dell'istruttoria. Essa risulta accresciuta quando le mi
sure produttive di nuovo gettito siano previste da una moltepli cità di provvedimenti legislativi e da una molteplicità di dispo sizioni contenute nella stessa legge che dispone la riserva delle
entrate all'erario, incidenti su vari aspetti della normativa tri
butaria, secondo la tecnica, non priva di inconvenienti, delle
leggi finanziarie o collegate che riuniscono in uno stesso testo
legislativo un gran numero di norme unificate solo dalla finalità
della «manovra» finanziaria attraverso di esse perseguita. Non è in discussione la possibilità di ricorrere — in via gene
rale, e salve le specificità delle singole fattispecie — a criteri
presuntivi ragionevoli, fondati su stime attendibili, per l'attua
zione pratica di siffatte previsioni (cfr. sentenza n. 253 del 1996, id., Rep. 1996, voce Sicilia, n. 131). Ma proprio la necessità di
operare complesse valutazioni tecnico-finanziarie per la corretta
applicazione della riserva pone, dal punto di vista costituziona
le, l'esigenza di un procedimento che non escluda la partecipa zione della regione, in forme adeguate al caso.
Le clausole di riserva di nuove entrate all'erario costituiscono
infatti un meccanismo derogatorio, consentito al legislatore sta
tale, rispetto al principio, sancito dalla norma di attuazione dello
statuto, della attribuzione alla regione dell'intero gettito dei tri
buti erariali (eccettuati alcuni) riscossi nell'ambito del territorio
regionale; la loro attuazione incide pertanto direttamente sulla
effettiva garanzia dell'autonomia finanziaria della regione, oltre
che sugli interessi attinenti alle specifiche finalità statali, alle
quali sono destinate per legge le maggiori entrate. Il principio,
dunque, di leale cooperazione fra Stato e regione, che domina le
relazioni fra i livelli di governo là dove si verifichino, come in
queste ipotesi accade, interferenze fra le rispettive sfere e i ri
spettivi ambiti finanziari, esige che si attui tale meccanismo
mediante procedimenti non unilaterali, ma che contemplino una
partecipazione della regione direttamente interessata.
Sono espressioni significative di tale esigenza le norme di
attuazione di altri statuti speciali, le quali, a tal proposito, con
templano procedimenti cui sono chiamate a partecipare le re
gioni (cfr. art. 4, 1° e 2° comma, lett. a, d.p.r. 23 gennaio 1965
n. 114, recante «norme di attuazione dello statuto speciale della
regione Friuli-Venezia Giulia, in materia di finanza regionale», come sostituito dall'art. 2 d.leg. 2 gennaio 1997 n. 8; art. 9, 10,
1°, 6° e 7° comma, lett. a, 10 bis, 1° comma, lett. a, d.leg. 16
marzo 1992 n. 268, recante «norme di attuazione dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regio nale e provinciale», come modificati dagli art. 4, 5 e 6 d.leg. 24
luglio 1996 n. 432; e cfr. pure l'art. 8 ì. 26 novembre 1981 n.
690, recante «revisione dell'ordinamento finanziario della re
gione Valle d'Aosta»). Né basterebbe, ad escludere siffatta esigenza, riferirsi alla
presenza, nei provvedimenti applicativi adottati dal governo, di
meccanismi di conguaglio ex post delle entrate attribuite rispet tivamente alla regione e allo Stato, operanti sulla base dei dati
di consuntivo (come prevede l'art. 4, 3° comma, del decreto 23
Il Foro Italiano — 2001.
dicembre 1997, acquisito in via istruttoria, che ha dato applica zione anche alle norme in questa sede impugnate). Infatti, da un
lato, un conguaglio che intervenga a distanza di anni può non
essere sufficiente a salvaguardare tempestivamente i diritti della
regione; dall'altro lato, anche la valutazione ex post dei gettiti che si debbano considerare derivanti da singole modifiche della normativa tributaria può presentare aspetti di complessità tecni
ca, non dissimilmente dalle valutazioni presuntive ex ante.
5. - Sono dunque costituzionalmente illegittime le disposizio ni denunciate, nella parte in cui non prevedono, ai fini della loro
attuazione, un procedimento che contempli la partecipazione della regione interessata, la quale deve essere posta in grado di
interloquire sulle scelte tecniche e sulle stime da effettuare, e di
rappresentare il proprio punto di vista. Al termine del proce dimento, com'è naturale, una decisione finale deve comunque intervenire, ad opera degli organi centrali, anche se vi sia dis senso da parte della regione: fermo restando che quest'ultima conserva la facoltà di avvalersi degli ordinari rimedi giurisdi zionali previsti dall'ordinamento, nel caso essa ritenga che
l'attuazione delle norme di riserva sia avvenuta in violazione
della legalità, ovvero di ricorrere a questa corte con lo stru mento del conflitto di attribuzioni, ove insorga controversia sul l'ambito delle rispettive sfere presidiate da norme costituzionali
o di attuazione dello statuto.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: a) dichiara l'illegittimità costituzionale degli art. 2, comma
154, e 3, comma 216, 1. 23 dicembre 1996 n. 662 (misure di ra
zionalizzazione della finanza pubblica), e dell'art. 7, 1° comma, d.l. 31 dicembre 1996 n. 669 (disposizioni urgenti in materia tri butaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), convertito, con modifica
zioni, dalla 1. 28 febbraio 1997 n. 30, nella parte in cui dette di
sposizioni, nello stabilire che le modalità della loro attuazione
siano definite con decreto ministeriale, non prevedono la parte
cipazione della regione siciliana al relativo procedimento; b) dichiara non fondate, per la parte non compresa nel prece
dente capo a), le questioni di legittimità costituzionale degli art.
2, comma 154, e 3, comma 216, predetta 1. n. 662 del 1996, e
dell'art. 7 predetto d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, sollevate, in ri
ferimento all'art. 36 statuto speciale della regione siciliana e alle relative norme di attuazione in materia finanziaria, di cui
all'art. 2 d.p.r. 26 luglio 1965, n. 1074, dalla regione siciliana
con i ricorsi in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 21 dicembre 2000, n. 571 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 dicembre
2000, n. 53); Pres. Santosuosso, Est. Capotosti; G.A.; in
terv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. mil. Verona 14 aprile 2000 (G.U., la s.s., n. 25 del 2000).
Tribunale militare — Collegio giudicante — Composizione
— Giudice militare non professionale — Sostituzione —
Criteri — Questione manifestamente infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 3, 25; 1. 7 maggio 1981 n. 180, modifi che all'ordinamento giudiziario militare di pace, art. 2; d.l. 23
ottobre 1996 n. 553, disposizioni in tema di incompatibilità dei magistrati e di proroga dell'utilizzazione per finalità di
detenzione degli istituti penitenziari di Pianosa e dell'Asinara,
art. 5 bis-, 1. 23 dicembre 1996 n. 652, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 ottobre 1996 n. 553, art. 1).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 2, 3° comma, l. 7 maggio 1981 il. 180, nella
parte in cui non disciplina l'ipotesi che, a causa della man
canza nella circoscrizione territoriale del tribunale militare
di ufficiali in servizio di grado almeno pari a quello dell'im
putato, non sia possibile provvedere alla sostituzione del giù
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