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ordinanza 16 luglio 1999, n. 321 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 21 luglio 1999, n. 29);...

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ordinanza 16 luglio 1999, n. 321 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 luglio 1999, n. 29); Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons. ministri c. Proc. rep. Trib. Bologna. Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 2769/2770-2775/2776 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194880 . Accessed: 25/06/2014 09:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.38 on Wed, 25 Jun 2014 09:51:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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ordinanza 16 luglio 1999, n. 321 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 21 luglio 1999, n. 29);Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons. ministri c. Proc. rep. Trib. Bologna. Conflitto diattribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 10 (OTTOBRE 1999), pp. 2769/2770-2775/2776Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194880 .

Accessed: 25/06/2014 09:51

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2769 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2770

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 luglio 1999, n. 328

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 luglio 1999, n. 30); Pres. Granata, Est. Marini; Soc. Eurocatering c. Soc. Za

netti. Ord. App. Trento 27 gennaio 1998 (G.U., la s.s., n.

24 del 1998).

CORTE COSTITUZIONALE;

Fallimento — Rigetto dell'istanza di fallimento — Reclamo del

debitore alla corte d'appello — Omessa previsione — Incosti

tuzionalità (Cost., art. 3, 24; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, di

sciplina del fallimento, art. 22).

È incostituzionale l'art. 22, 2° comma, l. fall., nella parte in

cui non prevede che avverso il decreto di rigetto dell'istanza

di fallimento possa proporre reclamo alla corte d'appello il

debitore in relazione al mancato accoglimento da parte del

tribunale di domande proposte dallo stesso debitore. (1)

Diritto. — 1. - La Corte d'appello di Trento dubita, con rife

rimento agli art. 3 e 24 Cost., della legittimità costituzionale

dell'art. 22 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e

della liquidazione coatta amministrativa), e più precisamente del

2° comma di tale articolo, nella parte in cui non consente al

debitore di reclamare avverso il decreto di rigetto dell'istanza

di fallimento avanzata nei suoi confronti, per la parte riguar dante il mancato accoglimento della domanda di condanna al

rimborso delle spese processuali ed al risarcimento del danno

per responsabilità aggravata da lui proposta nei confronti del

creditore.

2. - La questione è fondata, nei termini di seguito precisati. 3. - L'art. 22, 2° comma, 1. fall, dispone che avverso il decre

to di rigetto del ricorso per la dichiarazione di fallimento «il

creditore istante può, entro quindici giorni dalla comunicazio

ne, proporre reclamo alla corte d'appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti il creditore istante e il debitore».

Il rimettente, con interpretazione non implausibile fondata

sulla sentenza di questa corte n. 127 del 1975 {Foro it., 1975,

I, 2435), ritiene che, atteso il carattere tassativo della previsione

legislativa, deve escludersi la legittimazione del debitore a pro

porre reclamo avverso il provvedimento negativo di cui alla nor

ma denunciata. Provvedimento che non appare necessariamente

limitato al rigetto del ricorso per la dichiarazione di fallimento, ma può abbracciare anche la statuizione, conseguenziale a detto

rigetto, su eventuali domande proposte dal debitore.

Ed è appunto in relazione a tale più ampio contenuto che

il precludere al debitore la legittimazione al reclamo accordan

dola, invece, al creditore viene a determinare un evidente quan to ingiustificato squilibrio tra le parti in causa.

Il principio sancito dall'art. 3, 1° comma, Cost., posto in

correlazione con quello di cui all'art. 24 Cost., implica necessa

riamente, come affermato da questa corte, «la piena uguaglian za delle parti stesse dinanzi al giudice ed impone al legislatore di disciplinare la distribuzione di poteri, doveri ed oneri proces suali secondo criteri di pieno equilibrio» (sentenza n. 253 del

1994, id., 1994, I, 2005). Considerazioni tutte che non possono non valere anche ri

guardo al procedimento, di natura sostanzialmente contenziosa, introdotto dal ricorso del creditore per la dichiarazione di falli

mento, «essendo indubbia la contrapposizione di posizione ed

interesse tra il creditore istante ed il debitore che resiste all'i

stanza di fallimento» (Cass. 20 novembre 1996, n. 10180, id.,

1997, I, 1537).

(1) L'ordinanza di rimessione si può leggere in Foro it., 1998, I, 1604, con nota di richiami; adde, in dottrina, nel senso dell'incostituzionalità,

Figone, Questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 l. fall., in

Fallimento, 1998, 1278; contra, invece, Guglieimucci, Lezioni di dirit

to fallimentare, Torino, 1998, I, 60. Il giudice delle leggi ha richiamato il precedente in tema di reclamabilità dei provvedimenti cautelari di

rigetto (Corte cost. 23 giugno 1994, n. 253, Foro it., 1994, I, 2005), assumendo come la parità delle armi debba essere valutata come uno

dei principi cardine dell'ordinamento processuale (in verità tale princi pio non è stato sempre osservato negli ultimi tempi; cfr. Corte cost.

11 dicembre 1997, n. 385, id., 1998, I, 328, che ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 186 quater c.p.c., nel

la parte in cui non prevede che, in caso di rigetto, il provvedimento possa egualmente contenere la liquidazione delle spese ed essere suscet

tibile di acquistare l'efficacia di sentenza).

Il Foro Italiano — 1999 — Parte 7-51.

Il principio di «parità delle armi» impone, dunque, che la

legittimazione a proporre reclamo avverso il decreto di rigetto del ricorso per la dichiarazione di fallimento sia riconosciuta

al debitore, nei cui confronti l'istanza è proposta, negli stessi

termini in cui è riconosciuta al creditore istante, con conseguen te dichiarazione d'illegittimità costituzionale della norma de

nunciata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale dell'art. 22, 2° comma, r.d. 16 marzo 1942

n. 267 (disciplina del fallimento, del concordato preventivo, del

l'amministrazione controllata e della liquidazione coatta ammi

nistrativa), nella parte in cui non attribuisce al debitore, nei

cui confronti sia stato proposto ricorso per la dichiarazione di

fallimento, la legittimazione a proporre reclamo alla corte d'ap

pello avverso il decreto di rigetto di tale ricorso, in relazione

al mancato accoglimento delle domande proposte dallo stesso

debitore.

I

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 16 luglio 1999, n. 321

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 luglio 1999, n. 29); Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons, ministri c. Proc.

rep. Trib. Bologna. Conflitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato — Se

greto di Stato — Presunta elusione da parte della magistratu ra — Ammissibilità (Cost., art. 1, 5, 52, 87, 94, 95, 102,

126; cod. proc. pen., art. 202, 256, 362, 409; 1. 11 marzo

1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento del

la Corte costituzionale, art. 37; 1. 24 ottobre 1977 n. 801, istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la

sicurezza e disciplina del segreto di Stato, art. 12, 16).

È ammissibile il conflitto di attribuzione proposto dal presiden te del consiglio dei ministri, previa delibera del consiglio dei

ministri, nei confronti del procuratore della repubblica presso il Tribunale di Bologna, il quale, nell'avanzare richiesta di

archiviazione al giudice per le indagini preliminari per l'esi

stenza di un segreto di Stato, avrebbe motivato la stessa in

maniera contraddittoria ed atta a provocare da parte del giu dice il provvedimento di fissazione dell'udienza in camera di

consiglio, ai sensi dell'art. 409, 2° comma, c.p.p. (1)

(1-3) Prosegue, attraverso una serie di conflitti di attribuzione tra

poteri dello Stato, il «braccio di ferro» instaurato fra il governo ed i giudici bolognesi a proposito delle indagini svolte nei confronti di funzionari del Sisde e di funzionari di polizia e dell'acquisizione ed utilizzazione di atti rispetto ai quali il presidente del consiglio dei mini stri ha apposto il segreto di Stato, ai sensi dell'art. 12 1. 24 ottobre 1977 n. 801.

La vicenda ha inizio con un primo ricorso avanzato dal presidente del consiglio dei ministri nei confronti del procuratore della repubblica

presso il Tribunale di Bologna, dichiarato ammissibile da Corte cost., ord. 18 dicembre 1997, n. 426, Foro it., 1998, I, 955, con nota di ri

chiami, e poi deciso con sent. 10 aprile 1998, n. 110, ibid., 2357, con

nota di richiami, la quale ha affermato non spettare al procuratore della repubblica, né acquisire, né utilizzare, sotto alcun profilo, diretta mente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato legalmente

opposto e confermato dal presidente del consiglio dei ministri il segreto di Stato, né trarne comunque occasione d'indagine ai fini del promovi mento dell'azione penale ed ha, conseguentemente, annullato gli atti

di indagine compiuti sulla base di fonti di prova coperte dal segreto di Stato, nonché la sopravvenuta richiesta di rinvio a giudizio.

Successivamente, il presidente del consiglio ha sollevato nuovamente

analogo conflitto tra poteri, lamentando che il procuratore della repub

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2771 PARTE PRIMA 2772

II

CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 16 luglio 1999, n. 320

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 luglio 1999, n. 29); Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons, ministri c. G.i.p. Trib. Bologna. Conflitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato — Se

greto di Stato — Presunta elusione da parte della magistratu ra — Ammissibilità (Cost., art. 1, 5, 52, 87, 94, 95, 102, 126; cod. proc. pen., art. 202, 256, 362, 409; 1. 11 marzo

1953 n. 87, art. 37; 1. 24 ottobre 1977 n. 801, art. 12, 16).

È ammissibile il conflitto di attribuzione proposto dal presiden te del consiglio dei ministri, previa delibera del consiglio dei ministri, nei confronti del giudice per le indagini preliminari

presso il Tribunale di Bologna, in relazione al decreto di fis sazione dell'udienza in camera di consiglio, a seguito di ri

chiesta del procuratore della repubblica presso lo stesso tribu

nale di non doversi procedere nei confronti di funzionari del

Sisde per essere le fonti di prova incise dal segreto di Stato, in quanto il provvedimento sarebbe stato adottato sulla base

anche di documentazione legittimamente segretata dal presi dente del consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 12 l. 24 otto

bre 1977 n. 801. (2)

III

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 dicembre 1998, n.

410 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 dicembre 1998, n. 51); Pres. Granata, Est. Contri; Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Caramazza) c. Proc. rep. Trib. Bologna. Conflit to di attribuzione.

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici in genere —

Acquisizione e utilizzazione di atti coperti da segreto di Stato — Richiesta di rinvio a giudizio — Annullamento (Cost., art.

1, 5, 52, 87, 94, 95, 126; cod. proc. pen., art. 202, 256, 362; 1. 24 ottobre 1977 n. 801, art. 12, 16).

Non spetta al pubblico ministero, in persona de! procuratore della repubblica presso il Tribunale di Bologna, rinnovare la

richiesta di rinvio a giudizio utilizzando fonti di prova acqui site in violazione del segreto di Stato, già accertata con sen

tenza 110/98 della Corte costituzionale e, conseguentemente, deve essere annullata la richiesta di rinvio a giudizio in data

5 maggio 1998. (3)

I

Ritenuto che con ricorso del 5 luglio 1999, depositato il 6

luglio 1999, il presidente del consiglio dei ministri ha sollevato,

previa la necessaria deliberazione del consiglio dei ministri as sunta in data 30 giugno 1999, conflitto di attribuzione tra pote ri dello Stato nei confronti del p.m., in persona del procuratore della repubblica presso il Tribunale di Bologna, in relazione al

la richiesta, dal medesimo presentata in data 3 maggio 1999

al g.i.p. presso lo stesso tribunale, di non doversi procedere nei confronti di funzionari del Sisde e di funzionari di polizia che con essi avevano collaborato, per l'esistenza di un segreto

blica di Bologna, cui erano stati restituiti gli atti dal g.i.p., ha reiterato la richiesta di rinvio a giudizio, non ottemperando così alla surricordata sentenza della corte ed anzi eludendone il disposto. Tale conflitto è stato dichiarato ammissibile da Corte cost., ord. 15 luglio 1998, n. 266, ibid., 3435, con nota di richiami, e deciso con sent. 410/98, in epigrafe, la quale ha affermato che la procura di Bologna ha nuovamente eserci tato l'azione penale senza indicare differenti elementi indiziami, indi

pendenti dagli atti e documenti coperti da segreto già in suo possesso e senza basarsi su altri ed autonomi atti di indagine.

Concludono, momentaneamente, la serie dei ricorsi per conflitto tra

poteri, i due avanzati nuovamente dal presidente del consiglio dei mini stri (e ritenuti ammissibili da Corte cost. 321 e 320/99, in epigrafe) nei confronti del procuratore della repubblica di Bologna e del G.i.p. presso il Tribunale di Bologna, per avere il primo avanzato, a seguito della sent. 410/98 della Corte costituzionale, richiesta di archiviazione al g.i.p. in maniera contraddittoria, atta a provocare il provvedimento di fissazione dell'udienza in camera di consiglio ed il secondo disposto l'udienza in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 409, 2° comma, c.p.p.

Il Foro Italiano — 1999.

di Stato ritualmente opposto dal presidente del consiglio dei

ministri ex art. 12 1. 24 ottobre 1977 n. 801 (istituzione e ordi

namento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e discipli na del segreto di Stato) e «confermato dalla Corte costituziona

le con le sentenze 110/98 (Foro it., 1998, I, 2357) e 410/98

(in epigrafe)»; che il ricorrente, in relazione a tale attività del p.m., consi

stente nella richiesta di archiviazione al g.i.p. per l'esistenza di

un segreto di Stato, solleva l'odierno conflitto, ritenendo la mo

tivazione della richiesta del p.m. contraddittoria e atta a provo

care, da parte del giudice, il provvedimento di fissazione dell'u

dienza in camera di consiglio, ex art. 409, 2° comma, c.p.p.; che il ricorrente lamenta altresì che la detta richiesta è stata

corredata di tutta la documentazione, anche segretata, la quale

accompagnava le precedenti richieste di rinvio a giudizio e che

il procuratore della repubblica invece di restituire i documenti

segretati ai legittimi detentori e di avanzare richiesta di non do

versi procedere, ha in realtà nuovamente violato il segreto, at

tentando alle prerogative del presidente del consiglio dei ministri;

che, in particolare, secondo il presidente del consiglio dei mi

nistri, l'iniziativa della procura di porre nella disponibilità del

giudicante gli atti segretati non solo contrasta con le statuizioni

contenute nelle citate sentenze della corte nn. 110 e 410 del 1998, ma determina anche gli ulteriori effetti di rendere conoscibili

dal g.i.p., in sede di delibazione della menzionata richiesta di

archiviazione, emergenze documentali di cui il medesimo giudi ce non dovrebbe prendere cognizione e di offrire la documenta

zione segreta alla pubblicità dell'udienza;

che, pertanto, il presidente del consiglio dei ministri ha pro

posto nuovo conflitto, deducendo la violazione degli art. 1, 5,

52, 87, 94, 95, 102 e 126 Cost., in relazione agli art. 12 e 16

1. 24 ottobre 1977 n. 801, agli art. 202, 256 e 362 c.p.p., e

con riferimento alle sentenze nn. 110 e 410 del 1998 della Corte

costituzionale, per sentir dichiarare che non spetta al p.m. cor

redare una richiesta di non doversi procedere per l'esistenza di

un segreto di Stato dei documenti che da quel segreto di Stato

sono coperti e che non spetta al p.m. motivare tale richiesta

in modo contraddittorio ed atto, comunque, a provocare da

parte del g.i.p. una richiesta di ulteriori indagini o un'imputa zione coatta, con il conseguente annullamento della richiesta

di non doversi procedere del 3 maggio 1999 e con l'ordine di

restituzione dei documenti coperti da segreto di Stato ai loro

legittimi detentori.

Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.

37, 3° e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, la Corte costituzio

nale è chiamata a delibare senza contraddittorio in ordine al

l'ammissibilità del conflitto di attribuzione, sotto il profilo del

la sussistenza della «materia di un conflitto la cui risoluzione

spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni ulte

riore decisione, anche in punto di ammissibilità; che il presidente del consiglio dei ministri è legittimato a sol

levare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare

definitivamente la volontà del potere cui appartiene in ordine

alla tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto di

Stato, non solo in base alla 1. 24 ottobre 1977 n. 801, ma anche

alla stregua delle norme costituzionali che ne definiscono le at

tribuzioni (sentenze nn. 410 e 110 del 1998, cit.; n. 86 del 1977, id., 1977, I, 1333; ordinanze n. 266 del 1998, id., 1998, I, 3435, e n. 426 del 1997, ibid., 955);

che anche la legittimazione del procuratore della repubblica

presso il Tribunale di Bologna a resistere nel conflitto deve es

sere affermata, in conformità alla giurisprudenza di questa cor

te che riconosce al p.m. la legittimazione ad essere parte di con

flitti di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto, ai sensi

dell'art. 112 Cost., è il titolare diretto gd esclusivo dell'attività di indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione pe nale (sentenze nn. 410 e 110 del 1998; ordinanze n. 266 del

1998 e n. 426 del 1997); che, quanto al profilo oggettivo del conflitto, è lamentata

dal ricorrente la lesione di attribuzioni costituzionalmente ga rantite (v. sentenze nn. 410 e 110 del 1998; n. 86 del 1977; ordinanze n. 266 del 1998 e n. 426 del 1997);

che dal ricorso possono ricavarsi «le ragioni del conflitto» e «le norme costituzionali che regolano la materia», come ri

chiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti

alla Corte costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissibi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

le, ai sensi dell'art. 37 1. 11 marzo 1953 n. 87, il conflitto di

attribuzione proposto dal presidente del consiglio dei ministri

con il ricorso indicato in epigrafe.

II

Ritenuto che con ricorso del 5 luglio 1999, depositato il 6

luglio 1999, il presidente del consiglio dei ministri ha sollevato — previa la necessaria deliberazione del consiglio dei ministri, assunta in data 30 giugno 1999 — conflitto di attribuzione tra

poteri dello Stato nei confronti del G.i.p. presso il Tribunale

di Bologna in relazione al decreto, emesso ai sensi dell'art. 409, 2° comma, c.p.p. in data 31 maggio 1999, con il quale è stata

fissata al 14 luglio 1999 l'udienza in camera di consiglio, a se

guito della richiesta del procuratore della repubblica presso il

Tribunale di Bologna di non doversi procedere nei confronti

di funzionari del Sisde e di polizia, per essere le fonti di prova incise da segreto di Stato ritualmente opposto dal presidente del consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 12 1. 24 ottobre 1977

n. 801 (istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni

e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato), in quanto il

provvedimento è stato adottato sulla base di tutta la documen

tazione, compresa quella segretata, che accompagnava le prece denti richieste di rinvio a giudizio proposte dal p.m. riguardo ai medesimi fatti, e costituisce quindi esercizio di attività giuris dizionale in materie sottratte alla competenza dell'autorità giu

diziaria; che riguardo all'ammissibilità del ricorso il presidente del con

siglio dei ministri richiama le decisioni assunte con le sentenze

n. 110 del 1998 (Foro it., 1998, I, 2357), e n. 410 del 1998 (in epigrafe), e le ordinanze n. 426 del 1997 (ibid., 955), e n. 266 del 1998 (ibid., 3435) di questa corte, ritenendo che a nulla

rilevi, dal punto di vista oggettivo, che tali decisioni riguardas sero la funzione giurisdizionale nel suo aspetto di esercizio del

l'azione penale, «mentre si tratta oggi della manifestazione tipi ca di detta funzione», e, sotto il profilo soggettivo, che si trat

tasse allora del procuratore della repubblica ed oggi del g.i.p., attesa la natura «diffusa» del potere giudiziario;

che anche riguardo al merito il ricorrente si riporta a quanto affermato da questa corte nelle decisioni citate, ed in particola re ai principi secondo i quali i rapporti tra governo ed autorità

giudiziaria debbono essere ispirati a correttezza e lealtà, e l'op

posizione del segreto di Stato non comporta alcuna ipotesi d'im

munità sostanziale e non impedisce l'esercizio dell'azione pena

le, ma ha l'effetto d'inibire all'autorità giudiziaria l'acquisizio

ne, in via diretta o indiretta, degli elementi di conoscenza e

di prova coperti dal segreto al fine di fondare su di essi l'eserci

zio dell'azione penale, che può essere esercitata solo qualora vi siano elementi indiziami del tutto autonomi ed indipendenti;

che secondo il ricorrente l'iniziativa del procuratore della re

pubblica di porre nella disponibilità del g.i.p., con la richiesta

di archiviazione, gli atti segretati, da un lato, si è posta in con

trasto con quanto statuito da questa corte con le sentenze nn.

110 e 410 del 1998, cit., dall'altro, ha posto il giudice nella

posizione di delibare detta richiesta sulla base di emergenze do

cumentali di cui non avrebbe dovuto prendere cognizione; che il presidente del consiglio dei ministri ritiene quindi che

il provvedimento del g.i.p. di fissazione dell'udienza in camera

di consiglio, pronunciato ai sensi dell'art. 409, 2° comma, c.p.p., abbia violato le prerogative del governo nella materia del segre

to di Stato, dal momento che è stato adottato sulla base di

documenti coperti dal segreto di Stato e quindi non conoscibili

dal giudice; che esso è idoneo ad offrire la documentazione se

greta alla pubblicità dell'udienza; e ancora che esso è prodromi

co ad ulteriori attività giurisdizionali — o l'ordinanza con la

quale si indica la necessità di ulteriori indagini o l'ordinanza

con la quale si dispone che il p.m. formuli l'imputazione —

che restano precluse dal segreto di Stato opposto; che pertanto il presidente del consiglio dei ministri ha propo

sto conflitto — deducendo la violazione degli art. 1, 5, 52, 87,

94, 95, 102 e 126 Cost., in relazione agli art. 12 e 16 1. 24

ottobre 1977 n. 801, agli art. 202, 256 e 362 c.p.p. e con riferi

mento alle sentenze nn. 110 e 410 del 1998 della Corte costitu

zionale — per sentir dichiarare che non spetta al G.i.p. presso

il Tribunale di Bologna, né acquisire, né utilizzare sotto alcun

profilo, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali

Il Foro Italiano — 1999.

è stato legalmente opposto e confermato dal presidente del con

siglio dei ministri il segreto di Stato; che non spetta allo stesso

giudice, a fronte di una richiesta del p.m. di non doversi proce dere per l'esistenza di un segreto di Stato, corredata dei docu

menti che da quel segreto di Stato sono coperti, prendere cogni zione degli stessi e, su tale base, fissare l'udienza in camera

di consiglio prevista dall'art. 409, 2° comma, c.p.p., così of

frendo tali documenti alla pubblicità ed in particolare alla co

noscenza della parte offesa; con il conseguente annullamento

del decreto di fissazione dell'udienza in camera di consiglio del

31 maggio 1999, ordinando la restituzione dei documenti coper ti dal segreto di Stato ai legittimi detentori.

Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell'art.

37, 3° e 4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, la Corte costituzio

nale è chiamata a delibare senza contraddittorio in ordine al

l'ammissibilità del conflitto di attribuzione, sotto il profilo del

la sussistenza della «materia di un conflitto la cui risoluzione

spetti alla sua competenza», restando impregiudicata ogni ulte

riore decisione, anche in punto d'ammissibilità; che il presidente del consiglio dei ministri è legittimato a sol

levare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare

definitivamente la volontà del potere cui appartiene in ordine

alla tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto di

Stato, non solo in base alla 1. 24 ottobre 1977 n. 801, ma anche

alla stregua delle norme costituzionali che ne definiscono le at

tribuzioni (sentenze nn. 410 e 110 del 1998, cit.; n. 86 del 1977,

id., 1977, I, 1333; ordinanze n. 266 del 1998, cit., e n. 426

del 1997, cit.); che anche la legittimazione del G.i.p. presso il Tribunale di

Bologna a resistere nel conflitto deve essere affermata, in con

formità alla giurisprudenza di questa corte che riconosce ai sin

goli organi giurisdizionali la legittimazione ad essere parti di

conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto, in po sizione di piena indipendenza garantita dalla Costituzione, com

petenti a dichiarare definitivamente, nell'esercizio delle relative

funzioni, la volontà del potere cui appartengono (ex plurimis, sentenze nn. 50 e 35 del 1999, id., 1999, I, 1107; n. 375 del

1997, id., 1998, I, 342; ordinanze n. 471 del 1998, e n. 261

del 1998, ibid., 3025, e n. 250 del 1998, ibid., 3026; n. 269 del 1996, id., 1997, I, 370);

che, quanto al profilo oggettivo del conflitto, è lamentata

dal ricorrente la lesione di attribuzioni costituzionalmente ga rantite (v. sentenze nn. 410 e 110 del 1998, cit.; n. 86 del 1977,

cit.; ordinanze n. 266 del 1998, cit., e n. 426 del 1997, cit.); che dal ricorso possono ricavarsi «le ragioni del conflitto»

e «le norme costituzionali che regolano la materia», come ri

chiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti

alla Corte costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissibi

le, ai sensi dell'art. 37 1. 11 marzo 1953 n. 87, il conflitto di

attribuzione proposto dal presidente del consiglio dei ministri

con il ricorso indicato in epigrafe.

Ili

Diritto. — 1. - Con il ricorso indicato in epigrafe, il presiden te del consiglio dei ministri ha sollevato, previa la necessaria

deliberazione del consiglio dei ministri assunta in data 26 giu

gno 1998, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei

confronti del p.m., in persona del procuratore della repubblica

presso il Tribunale di Bologna, in relazione alla richiesta di rin

vio a giudizio formulata in data 5 maggio 1998 nei confronti

di funzionari del Sisde e di funzionari di polizia che con i primi

avevano collaborato, e che si assume basata su fonti di prova

incise dal segreto di Stato opposto dal presidente del consiglio

dei ministri ex art. 12 1. 24 ottobre 1977 n. 801 (istituzione e

ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e di

sciplina del segreto di Stato). Il ricorrente lamenta — in seguito alla reiterazione della pre

detta richiesta di rinvio a giudizio — la lesione della propria sfera di attribuzioni, come delimitata dagli art. 1, 5, 52, 87,

94, 95 e 126 Cost., dagli art. 12 e 16 1. 24 ottobre 1977 n.

801, e dagli art. 202, 256 e 362 c.p.p., e chiede che questa corte

dichiari che non spetta al p.m. avvalersi, per formulare la ri

chiesta di rinvio a giudizio, di atti di indagine compiuti sulla base di fonti di prova coperte dal segreto di Stato e comunque

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2775 PARTE PRIMA 2776

già annullati dalla corte. Con il ricorso in epigrafe, il presidente del consiglio dei ministri chiede altresì l'annullamento della ri

chiesta di rinvio a giudizio del 5 maggio 1998.

2. - Occorre, innanzitutto, confermare l'ammissibilità del con

flitto di attribuzione in questione, che questa corte ha già di

chiarato, in linea di prima e sommaria delibazione, con l'ordi

nanza n. 266 del 1998 (Foro it., 1998, I, 3435). Sotto il profilo soggettivo, il presidente del consiglio dei mi

nistri è legittimato a sollevare il conflitto, in quanto organo

competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene in ordine alla tutela, apposizione, opposizione e conferma del segreto di Stato, non solo in base alla 1. n. 801

del 1977, ma, come questa corte ha già avuto occasione di chia

rire, anche alla stregua delle disposizioni costituzionali — invo

cate nel ricorso — che ne delimitano le attribuzioni (sentenze n. 110 del 1998, ibid., 2357, e n. 86 del 1977, id., 1977, I, 1333; ordinanza n. 426 del 1997, id., 1998, I, 955).

Sotto il medesimo profilo, anche la legittimazione del procu ratore della repubblica presso il Tribunale di Bologna a resiste

re nel conflitto deve essere affermata in conformità alla giuris

prudenza di questa corte, che riconosce al p.m. la legittimazio ne ad essere parte di conflitti di attribuzione tra poteri dello

Stato, in quanto, ai sensi dell'art. 112 Cost., è il titolare diretto

ed esclusivo dell'azione penale obbligatoria e dell'attività di in

dagine a questa finalizzata (sentenze n. 110 del 1998, cit.; n.

420 del 1995, id., 1996, I, 3307, e nn. 464, 463 e 462 del 1993,

id., 1994, I, 974; ordinanze n. 426 del 1997, cit., e n. 269 del 1996, id., 1997, I, 370).

Quanto al profilo oggettivo, il conflitto riguarda attribuzioni

costituzionalmente garantite inerenti all'esercizio dell'azione pe nale da parte del p.m. ed alla salvaguardia della sicurezza dello

Stato anche attraverso lo strumento del segreto, la cui opposi zione è attribuita alla responsabilità del presidente del consiglio ed al controllo del parlamento.

3. - Nel merito, il ricorso deve essere accolto.

4. - Con la sentenza n. 110 del 1998 questa corte ha chiarito

che l'opposizione del segreto di Stato da parte del presidente del consiglio dei ministri ha non già l'effetto di impedire in

via assoluta al p.m. di compiere atti di indagine e di esercitare

l'azione penale rispetto a fatti oggetto di una notitia criminis, bensì l'effetto di inibire all'autorità giudiziaria di acquisire e

conseguentemente di utilizzare gli elementi di conoscenza e di

prova coperti dal segreto. La corte, nella medesima pronuncia, ha precisato che tale

divieto riguarda l'utilizzazione degli atti e documenti coperti da

segreto di Stato sia in via diretta, per fondare su di essi l'eserci zio dell'azione penale, sia in via indiretta, per trarne spunto ai fini di ulteriori atti di indagine, in quanto le eventuali risul

tanze sarebbero a loro volta viziate dall'illegittimità della loro

origine.

Questa corte ha altresì specificato che i doveri di correttezza e lealtà ai quali i rapporti tra governo ed autorità giudiziaria devono ispirarsi, nel senso dell'effettivo rispetto delle attribu

zioni a ciascuno spettanti, escludono, in particolare, che l'auto rità giudiziaria possa aggirare surrettiziamente il segreto oppo sto dal presidente del consiglio, inoltrando ad altri organi ri

chieste di esibizione di documenti dei quali sia nota la segretezza. Sulla base delle richiamate premesse, la corte accolse il primo

ricorso del presidente del consiglio ed annullò gli atti di indagi ne compiuti sulla base di fonti di prova coperte dal segreto di

Stato, unitamente alla prima richiesta di rinvio a giudizio pre sentata dalla procura di Bologna, in data 19 novembre 1997.

Dall'esame della seconda richiesta di rinvio a giudizio, in da ta 5 maggio 1998, impugnata dal ricorrente, risulta che la pro cura di Bologna ha nuovamente esercitato l'azione penale senza indicare differenti elementi indiziami, indipendenti dagli atti e documenti coperti da segreto già in suo possesso, e senza che essa si basi su altri ed autonomi atti di indagine, legittimamente diretti ad acquisire tali nuovi elementi.

L'unica differenza che è possibile riscontrare attraverso un

raffronto tra le due richieste di rinvio a giudizio (la prima delle

quali annullata da questa corte) consiste nell'omessa menzione, nella seconda, dei documenti acquisiti dalla questura di Bolo

gna. Senonché, con la sentenza n. 110 del 1998, cit., questa corte ha riconosciuto l'illegittimità non solo della richiesta di

esibizione rivolta al questore di Bologna — in quanto diretta ad acquisire documentazione, riguardante le indagini svolte a

li Foro Italiano — 1999.

suo tempo dalla polizia e dai servizi, della quale era nota la

segretezza formalmente opposta già agli inquirenti della procu ra di Roma — ma anche dell'attività di indagine susseguente mente svolta avvalendosi di quelle conoscenze, già poste a base

della prima richiesta di rinvio a giudizio. Da quanto precede — al di là della parziale, ma indubbia

mente significativa, coincidenza riscontrata tra i documenti ac

quisiti dalla questura di Bologna e quelli trasmessi dal procura tore della repubblica di Roma — consegue che l'utilizzo, da

parte del p.m. resistente, della documentazione già in possesso della procura romana, al fine di motivare la nuova, quasi iden

tica, richiesta di rinvio a giudizio, si appalesa illegittimo. La rinnovata richiesta del p.m. risulta infatti inficiata dall'utilizza

zione dei documenti — provenienti dalla questura di Bologna — che questa corte ha ritenuto illegittimamente acquisiti. Tale

illegittima utilizzazione documentale rende la nuova richiesta di

rinvio a giudizio lesiva delle attribuzioni costituzionalmente ri

conosciute al presidente del consiglio dei ministri in tema di

tutela del segreto di Stato. Il ricorso deve pertanto essere accolto.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non

spetta al p.m., in persona del procuratore della repubblica pres so il Tribunale di Bologna, rinnovare la richiesta di rinvio a

giudizio utilizzando fonti di prova acquisite in violazione del

segreto di Stato già accertata con sentenza della Corte costitu

zionale, e conseguentemente annulla la richiesta di rinvio a giu dizio in data 5 maggio 1998.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 luglio 1999, n. 309 ('Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 luglio 1999, n. 29) Pres. Granata, Est. Mezzanotte; interv. Pres. cons, mini

stri. Ord. Pret. Venezia 14 novembre 1997 (G.U., la s.s., n. 6 del 1998).

Sanità pubblica — Cittadini italiani in disagiate condizioni eco nomiche — Soggiorno all'estero per motivi diversi dal lavoro 0 dalla fruizione di borse di studio — Assistenza sanitaria

gratuita a carico dello Stato — Omessa previsione — Incosti

tuzionalità (Cost., art. 32; 1. 23 dicembre 1978 n. 833, istitu zione del servizio sanitario nazionale, art. 37; d.p.r. 31 luglio 1980 n. 618, assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero, art. 1, 2).

Sono incostituzionali gli art. 37 l. 23 dicembre 1978 n. 833 e 1 e 2 d.p.r. 31 luglio 1980 n. 618, nella parte in cui non

prevedono forme di assistenza sanitaria gratuita, da stabilirsi dal legislatore, a favore dei cittadini italiani che si trovano

temporaneamente all'estero, non appartengono alle categorie indicate nell'art. 2 del medesimo decreto e versano in disagia te condizioni economiche. (1)

(1) I. - La questione sottoposta alla Corte costituzionale dal Pretore di Venezia aveva ad oggetto la legittimità costituzionale dell'art. 37 1. 833/78 e del d.p.r. 618/80 (secondo la corte, presumibilmente degli art. 1 e 2, dato che il giudice rimettente aveva denunciato per intero l'illegit timità del decreto), nella parte in cui non prevedono alcuna forma di assistenza sanitaria in favore dei cittadini italiani che si trovano all'este ro per motivi diversi dal lavoro o dalla fruizione di borse di studio.

La corte ha precisato preliminarmente che la questione non si riferiva: — né all'assistenza sanitaria garantita ai cittadini, iscritti al servizio

sanitario nazionale, il cui stato di salute necessiti di prestazioni imme diate durante il soggiorno nel territorio di uno Stato membro della Co munità europea o appartenente allo spazio economico europeo, in quanto in tali ipotesi la copertura è assicurata sia dal diritto comunitario (v. regolamento Cee 1408/71 del consiglio del 14 giugno 1971) sia dal dirit to interno (v. art. 1, 9° comma, d.l. 382/89, convertito, con modifica

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