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ordinanza 23 gennaio 2001, n. 20 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 31 gennaio 2001, n. 5);Pres. Santosuosso, Est. Neppi Modona; X (Avv. Ripoli); interv. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato Albenzio). Ord. Trib. Roma 26 ottobre 1999 (G.U., 1 a s.s., n. 13 del 2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1455/1456-1457/1458Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196157 .
Accessed: 25/06/2014 01:44
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1455 PARTE PRIMA 1456
che peraltro la ricorrente, nel rilevare che il secondo dei citati
decreti è stato nel frattempo abrogato e sostituito dal d.p.c.m. 4
agosto 2000 (ordinamento delle strutture generali della presi denza del consiglio dei ministri), a sua volta marginalmente modificato dal d.p.c.m. 12 settembre 2000 (modifiche all'art. 6
d.p.c.m. 4 agosto 2000, recante ordinamento delle strutture ge nerali della presidenza del consiglio dei ministri) e che la mate
ria del precedente ricorso per conflitto è da ritenere venuta me
no in parte qua, promuove il presente conflitto, svolgendo ar
gomentazioni e deducendo profili corrispondenti a quelli già contenuti nel ricorso precedente;
che in particolare, circa i presupposti oggettivi e soggettivi del conflitto, la Corte dei conti rinvia per relationem al ricorso
anteriore: per quanto concerne la legittimazione soggettiva, fa
cendo riferimento alla giurisprudenza costituzionale che ha ri
conosciuto alla Corte dei conti, nell'esercizio della funzione di
controllo, la qualità di potere dello Stato (sentenze n. 406 del
1989, Foro it., Rep. 1989, voce Legge, n. 33; n. 466 del 1993,
id., 1994,1, 325; n. 302 del 1995, id., 1996, I, 2674; n. 457 del 1999, id., 2001, I, 436), per quanto concerne i presupposti og
gettivi, richiamando il precedente costituito dalla sentenza n.
457 del 1999 a proposito dell'ammissibilità di conflitti su atti
con forza di legge, non avendo il conflitto «ad oggetto ... l'an
nullamento per illegittimità costituzionale di un determinato atto
legislativo», bensì proponendosi «di ottenere la rimozione di
qualsiasi comportamento, atto o attività cui sia ascrivibile la le
sione delle ... competenze» costituzionalmente riconosciute;
che, nel merito, nel ricorso si rileva che la 1. n. 20 del 1994, nell'introdurre una generale funzione di controllo sulla gestione, ha mantenuto — con il suo art. 3 — in capo alla Corte dei conti
il controllo preventivo di legittimità su alcune categorie di atti
del governo; ma l'art. 9, 7° comma, d.leg. n. 303 del 1999 ha
inciso su tale assetto, sottraendo al controllo i decreti del presi dente del consiglio dei ministri emanati in base all'art. 7 stesso
d.leg., attinenti all'organizzazione delle strutture della presiden za del consiglio dei ministri;
che, inoltre, il d.p.c.m. 4 agosto 2000, come modificato dal
decreto del 12 settembre 2000, costituirebbe il portato della il
legittima abrogazione parziale dell'art. 3 1. n. 20 del 1994 ad
opera dell'art. 9, 7° comma, d.leg. n. 303 del 1999, e pertanto è
impugnato assieme a quest'ultimo; che, ancora, nel ricorso si lamenta da un lato la violazione
dell'art. 76 Cost., per eccesso di delega riguardo all'emanazione
del citato d.leg. n. 303, poiché gli art. 11, 1° comma, lett. a), e
12, 2° comma, 1. n. 59 del 1997, nel conferire al governo la de
lega alla «razionalizzazione» dell'ordinamento della presidenza del consiglio, non lo avrebbero in alcun modo autorizzato ad
emanare una disciplina riduttiva dell'area del controllo preven tivo di legittimità, disciplina che rappresenterebbe dunque una
non consentita «incisione del regime dei controlli sui 'nuovi'
atti amministrativi del governo»; che inoltre, complessivamente, gli atti impugnati violerebbero
le attribuzioni conferite alla Corte dei conti dall'art. 100, 2°
comma, Cost., sottraendo a essa competenze che la ricorrente
ritiene definite da un «quadro costituzionale rigido ed immodi
ficabile» che risulterebbe dal parallelismo inderogabile tra il
complesso degli art. 92-95 Cost, e i termini soggettivi e oggetti vi della funzione di controllo preventivo di legittimità sugli atti
del governo assegnata alla ricorrente.
Considerato che la Corte dei conti in persona del suo presi dente, sulla base della deliberazione n. 96 del 12 ottobre 2000
della sezione del controllo, ha proposto ricorso per conflitto di
attribuzioni tra poteri dello Stato nei confronti del governo, in
relazione all'art. 9, 7° comma, d.leg. 30 luglio 1999 n. 303 (or dinamento della presidenza del consiglio dei ministri, a norma
dell'art. 11 1. 15 marzo 1997 n. 59), al d.p.c.m. 4 agosto 2000
(ordinamento delle strutture generali della presidenza del consi
glio dei ministri) e al d.p.c.m. 12 settembre 2000 (modifiche al l'art. 6 d.p.c.m. 4 agosto 2000, recante ordinamento delle strut
ture generali della presidenza del consiglio dei ministri), per violazione degli art. 76 e 100, 2° comma, Cost., in relazione alla 1. 14 gennaio 1994 n. 20 (art. 3), e alla 1. 15 marzo 1997 n. 59
(art. 11, 1° comma, lett. a, e 12, 2° comma); che, nella presente fase del giudizio, a norma dell'art. 37, 3° e
4° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, questa corte è chiamata a
deliberare senza contraddittorio sull'ammissibilità del ricorso
sotto il profilo dell'esistenza della «materia di un conflitto la cui
risoluzione spetti alla sua competenza»;
Il Foro Italiano — 2001.
che, dal punto di vista dei presupposti soggettivi, alla Corte
dei conti, nell'esercizio della sua funzione di controllo preven tivo di legittimità sugli atti del governo, spetta la legittimazione a proporre conflitto costituzionale di attribuzioni a norma del
l'art. 134 Cost., in quanto tale funzione, sia pure di natura ausi
liare, è caratterizzata, oltre che dalla sua previsione nell'art.
100, 2° comma, Cost., dalla posizione di piena indipendenza
dell'organo chiamato a esercitarla (sentenze n. 406 del 1989 e n.
302 del 1995, cit.); che, con riferimento ai presupposti, oggettivi, il ricorso è in
dirizzato alla garanzia della sfera di attribuzioni determinata da
norme costituzionali, in quanto la lesione lamentata concerne
competenze della Corte dei conti configurate dalla 1. 14 gennaio 1994 n. 20, riconducibili alla previsione dell'art. 100, 2° com ma, Cost.;
che, circa il profilo dell'idoneità a determinare conflitto di
atti aventi natura legislativa, quali il d.leg. n. 303 del 1999 in
questione, questa corte ha già dato una risposta affermativa
(sentenza n. 457 del 1999, cit.; ordinanze nn. 573, 280 e 23 del
2000 e n. 323 del 1999); che dal ricorso è dato ricavare le ragioni del conflitto e le
norme costituzionali che regolano la materia, secondo quanto
prescrive l'art. 26, 1° comma, delle norme integrative per i giu dizi davanti alla Corte costituzionale;
che pertanto il ricorso deve essere dichiarato ammissibile.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissi
bile, ai sensi dell'art. 37 1. 11 marzo 1953 n. 87, nei confronti
del governo della repubblica, il conflitto di attribuzioni proposto dalla Corte dei conti con il ricorso indicato in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 23 gennaio 2001, n. 20 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 31 gennaio 2001, n.
5); Pres. Santosuosso, Est. Neppi Modona; X (Avv. Ripoli); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Albenzio). Orci.
Trib. Roma 26 ottobre 1999 (G.U., la s.s., n. 13 del 2000).
Stampa ed editoria — Diffamazione a mezzo stampa —
Parlamentare — Immunità — Responsabilità del direttore
e dell'editore — Questione manifestamente inammissibile
di costituzionalità (Cost., art. 68; cod. pen., art. 596 bis; 1. 8 febbraio 1948 n. 47, disposizioni sulla stampa, art. 11, 12).
E manifestamente inammissibile, in quanto relativa esclusiva
mente all'interpretazione del parametro costituzionale, la
questione di legittimità costituzionale degli art. 596 bis c.p., 11 e 12 l. 8 febbraio 1948 n. 47, nella parte in cui, nel caso di
diffamazione a mezzo stampa, stabilirebbero che permanga la
responsabilità del direttore del giornale e dell'editore anche
quando nei confronti del parlamentare, autore della pubbli cazione, sia intervenuta la deliberazione di insindacabilità da
parte della camera di appartenenza, in riferimento all'art.
68, 1° comma, Cost. (1)
(1) Ad avviso del giudice a quo — secondo cui l'art. 68, 1° comma, Cost, stabilisce una causa soggettiva di esenzione dalla responsabilità — le disposizioni impugnate, di fatto, renderebbero assai difficile per il
parlamentare di esprimere le proprie opinioni con il mezzo della stam
pa. La Corte costituzionale rileva come il giudice può senz'altro seguire
una diversa interpretazione che gli consenta di superare i dubbi di co stituzionalità paventati e dichiara quindi la manifesta inammissibilità della questione dal momento che questa porrebbe solo un problema di
interpretazione dell'art. 68, 1° comma, Cost, e non di contrasto tra un atto avente forza di legge (ed il significato da attribuire ad esso) ed il
parametro costituzionale. Per un'ipotesi di responsabilità solidale (nella specie da parte di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ritenuto che il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento
all'art. 68, 1° comma, Cost., questione di legittimità costituzio
nale degli art. 11 e 12 1. 8 febbraio 1948 n. 47 (disposizioni sulla stampa) e 596 bis c.p., in quanto interpretati nel senso
«della loro applicabilità nei confronti del direttore ed editore del
giornale, anche ai casi in cui l'autore delle opinioni sia ammes
so alla garanzia dell'art. 68, 1° comma, Cost.»; che il rimettente premette che nella causa civile per risarci
mento dei danni, intentata da persona che si ritiene diffamata da
un articolo apparso sul quotidiano il Manifesto nei confronti
dell'autore della pubblicazione, del direttore responsabile e del
legale rappresentante della società editrice, il tribunale ha di
chiarato con sentenza l'inammissibilità della domanda proposta nei confronti dell'autore dell'articolo, deputato Nicola Vendola, a seguito della delibera di insindacabilità pronunciata dalla ca
mera dei deputati a norma dell'art. 68 Cost.; che il giudice a quo rileva che, per «costante» interpretazione
giurisprudenziale, nei casi di diffamazione a mezzo stampa
permane la responsabilità del direttore e dell'editore del gior nale «anche in presenza della causa di esonero riconosciuta al
parlamentare ex art. 68, 1° comma, Cost.», in quanto la «ogget tività dell'illecito penale ... non consente il venir meno della
responsabilità per omissione, nell'ipotesi in cui l'autore dell'il
lecito non è punito per l'applicabilità della specifica esenzione
soggettiva (e funzionale) prevista dall'art. 68 Cost.»;
che, ad avviso del rimettente, tale indirizzo giurisprudenziale si pone in contrasto con l'art. 68 Cost., in quanto «di fatto tende
ad escludere o a rendere oltremodo difficile la possibilità per il
parlamentare di esprimere le proprie opinioni a mezzo della
stampa»; che ne deriverebbe una evidente contraddizione, perché da un
lato viene prevista una prerogativa per le opinioni espresse in
connessione con l'esercizio della funzione parlamentare, dal
l'altro, affermandosi «la responsabilità dei veicoli di divulga zione» di tali opinioni, si creano ostacoli alla diffusione del pen siero del parlamentare fuori dal contesto del parlamento;
che si è costituito nel giudizio l'attore nel procedimento a
quo, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
infondata; che la parte costituita —
premesso che avverso la sentenza
parziale pronunciata dal giudice rimettente nei confronti del
parlamentare autore dell'articolo diffamatorio è stato proposto
appello, con il quale, tra l'altro, viene contestata la legittimità della deliberazione di insindacabilità votata dalla camera e si
sollecita la corte d'appello a sollevare conflitto di attribuzione — rileva, nel merito, che il sacrificio della giurisdizione deri
vante dalla prerogativa soggettiva dell'art. 68 Cost, non assicu
ra, contrariamente a quanto asserisce il tribunale, «una copertura costituzionale delle opinioni diffamatorie, bensì offre, solo a fa
vore del parlamentare, una astensione dall'intervento sanziona
torio che non elide la illegittimità oggettiva della condotta, né
sopprime il dovere di controllo dei soggetti responsabili ai sensi
delle norme denunciate»; che l'accoglimento della censura estenderebbe inopinatamen
te l'insindacabilità a soggetti estranei all'esercizio delle funzio
un'emittente televisiva) con un parlamentare coperto dall'immunità di cui all'art. 68, 1° comma, Cost., v. Trib. Napoli 10 novembre 1997, Fo ro it., Rep. 1998, voce Stampa ed editorìa, n. 10, secondo cui, per il di ritto di critica a mezzo stampa, esercitato da parlamentare, devono esse re osservati i limiti della verità dei fatti, dell'interesse sociale della no tizia e della continenza, ed il giudice del risarcimento non può trovare ostacolo all'esercizio dei suoi poteri nella mancanza di giudizio di cen
surabilità delle opinioni espresse da parte della camera di appartenenza. Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 11 1. 47/48, che prevede la responsabilità solidale del
l'editore con gli autori dell'illecito commesso col mezzo della stampa, v. Trib. Milano 8 giugno 1987, id., Rep. 1987, voce cit., n. 26.
In ordine alla responsabilità del direttore responsabile e dell'editore, unitamente all'autore di articolo o altra pubblicazione apparsa sulla
stampa, v. Trib. Roma 10 febbraio 1993, id., Rep. 1995, voce Respon sabilità civile, n. 187; 23 maggio 1988, id., Rep. 1990, voce Stampa ed
editoria, n. 27, commentata da Ricciuto, in Dir. informazione e infor matica, 1989, 919; 6 aprile 1988, Foro it., Rep. 1988, voce Responsa bilità civile, n. 83; App. Milano 10 novembre 1983, id., 1984, II, 185, con nota di richiami; Cass. 16 giugno 1981, Cederna, id., 1982, II, 313, con nota di richiami.
In dottrina, v. Savorani, Giornalista, direttore ed editore: responsa bilità e regressi, in Danno e resp., 1996, 94.
Il Foro Italiano — 2001.
ni che costituiscono il fondamento della prerogativa stessa, con
evidente «degrado della dialettica politica», poiché la libera di
vulgazione di espressioni o concetti diffamatori «non può co
stituire materia di alcuna garanzia costituzionale»;
che, sotto il profilo della rilevanza della questione, la parte conclude che, ove la corte d'appello sollevasse il conflitto di
attribuzione, la deliberazione della camera non potrebbe sfuggi re all'annullamento da parte della Corte costituzionale, essendo
in palese contrasto con i principi enunciati in materia dalla corte
stessa circa il nesso funzionale tra le opinioni espresse e la fun
zione parlamentare; che sussiste, pertanto, un profilo di pregiudizialità, in quanto
l'annullamento della deliberazione della camera determinerebbe
l'irrilevanza della questione di costituzionalità sollevata dal tri
bunale; che è intervenuto nel giudizio il presidente del consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissi
bile, o, in subordine, infondata;
che, secondo l'avvocatura, le censure prospettate dal giudice rimettente «non discendono dal diritto vivente formatosi in rife
rimento ad una normativa ordinaria, che si porrebbe, perciò, in
contrasto con la norma costituzionale», ma si fondano «sulla ri
conduzione della guarentigia costituzionale al novero delle im
munità ed alla riconduzione di queste ultime (secondo un
orientamento prevalente, seppur non unitario) alle cause perso nali di esclusione della pena (perciò facenti eccezione all'art. 3
c.p.)»: di conseguenza, la questione sarebbe inammissibile per ché tendente a un «intervento sul parametro valutativo piuttosto che sulla disposizione secondaria»;
che in sede di discussione il difensore della parte privata co
stituita e l'avvocato dello Stato hanno ulteriormente sviluppato le ragioni a sostegno della inammissibilità e dell'infondatezza
della questione di legittimità costituzionale.
Considerato che il giudice a quo rileva che, per «costante»
interpretazione giurisprudenziale, in caso di diffamazione a
mezzo stampa permane la responsabilità del direttore del gior nale e dell'editore anche quando nei confronti del parlamentare autore della pubblicazione sia intervenuta la deliberazione di in
sindacabilità della camera di appartenenza a norma dell'art. 68, 1° comma, Cost., e lamenta che tale indirizzo giurisprudenziale, basato sul presupposto che l'insindacabilità sia una causa sog
gettiva di esenzione dalla responsabilità, si pone in contrasto
con l'art. 68 Cost., in quanto di fatto inciderebbe sulla possibi lità del parlamentare di esprimere le sue opinioni a mezzo della
stampa; che il rimettente vorrebbe quindi estendere l'esonero dalla re
sponsabilità al direttore del giornale e all'editore, ma non trae le
conseguenze applicative dell'interpretazione che egli stesso
considera conforme al parametro costituzionale evocato, a causa
dell'esistenza della «costante» giurisprudenza che segue l'inter
pretazione da lui non condivisa;
che, contrariamente a quanto il rimettente mostra di ritenere, nulla osta a che il giudice a quo adotti egli stesso quella inter
pretazione che, a suo avviso, gli consentirebbe di superare i pro
spettati dubbi di costituzionalità;
che, in definitiva, il rimettente ha sottoposto a questa corte
esclusivamente una questione di interpretazione dell'art. 68, 1°
comma, Cost., e non già una questione concernente il contrasto
tra il significato da attribuire alle norme ordinarie da applicare nel giudizio a quo e il parametro costituzionale evocato;
che la questione deve pertanto essere dichiarata manifesta
mente inammissibile.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
degli art. 11 e 12 1. 8 febbraio 1948 n. 47 (disposizioni sulla stampa) e 596 bis c.p., sollevata, in riferimento all'art. 68, 1°
comma, Cost., dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza in epi
grafe.
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