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Pagliacci mediatici - Opinione › media › 1376356 › 21032017.pdf · Pagliacci mediatici ......

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S abato scorso è andato in onda un dibattito surreale a “Otto e mezzo”, talk-show di approfondi- mento politico e culturale condotto da Lilli Gruber. Principali protagoni- sti di un impari confronto tra il deli- rio e la realtà il sociologo Domenico De Masi, in testa al campionato delle balle spaziali, e l’ottimo economista Mario Seminerio, il quale ha usato molti argomenti ragionevoli per cer- care di riportare sulla terra, senza alcun successo ahinoi, il cattedratico De Masi. L’argomento centrale del conten- dere verteva su una proposta del so- ciologo, da cui egli ha tratto un libro che già nel titolo dispiega tutta la sua energia lunare: “Lavorare gratis, la- vorare tutti”. In sostanza l’idea par- torita dal professor De Masi, probabilmente dopo aver tracannato qualche bicchiere di vino di troppo, sarebbe quella, testualmente, di rom- pere il mercato del lavoro obbli- gando chi è già impiegato a cedere 4 ore. Queste ultime, poi, verranno in- serite in una piattaforma on-line - stile Uber, tanto per intenderci - a cui i disoccupati italiani potranno acce- dere, offrendo gratis le loro compe- tenze. Direttore ARTURO DIACONALE Martedì 21 Marzo 2017 Fondato nel 1847 - Anno XXII N. 55 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIfORME ED I DIRITTI UMANI delle Libertà PENNISI A PAGINA 7 Le tre regine Tudor di Donizetti all’Opera di Roma CULTURA BERNAUDO A PAGINA 2 Il travaglio dei liberali, l’irrilevanza del Pli e le prospettive POLITICA ROTONDO A PAGINA 5 Aumento dell’attività militare nella penisola coreana ESTERI SCHIAVONE A PAGINA 4 Crescita con Trump, lo dice il Financial Times ECONOMIA-ESTERI Grillo come il marchese, io so’ io... di CLAUDIO ROMITI Continua a pagina 2 Pagliacci mediatici È probabile che Beppe Grillo non abbia mai sentito parlare di Co- stantino Mortati, il costituzionalista cattolico che nel corso dell’assemblea costituente aveva invano sollecitato di inserire nella Costituzione la norma destinata a fissare l’applica- zione del metodo democratico all’in- terno di ciascun partito politico. In compenso, però, al leader grillino non manca di sicuro la conoscenza del film di Mario Monicelli dedicato al Marchese del Grillo, in cui l’inter- prete del nobile romano, interpretato da Alberto Sordi, si presenta ai suoi servi e valletti con la frase “io so’ io... e voi non siete un cazzo!”. Questa frase, che non è né di Mo- nicelli e neppure di Sordi ma quella che Giuseppe Gioachino Belli scrisse nel sonetto “Li soprani der monno vecchio” (I sovrani del mondo an- tico) per descrivere come la plebe ro- mana interpretava il rapporto esi- stente con i Papi e con i Re dell’epoca. “C’era una vorta un Re cche ddar palazzo mannò ffora a li popoli st’editto: io sò io, e vvoi nun zete un cazzo, sori vassalli bbuggia- roni, e zzitto”. di ARTURO DIACONALE Continua a pagina 2 Il Papa Re del Movimento Cinque Stelle SOLA A PAGINA 3 Chiuso Ncd: fine di un inganno PRIMO PIANO Il leader del M5S applica all’interno del suo partito il principio caro al personaggio di Alberto Sordi stabilendo che la regola grillina è fondata sul fatto che lui è il garante supremo e gli altri sono nulla
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Sabato scorso è andato in onda undibattito surreale a “Otto e

mezzo”, talk-show di approfondi-mento politico e culturale condottoda Lilli Gruber. Principali protagoni-sti di un impari confronto tra il deli-rio e la realtà il sociologo DomenicoDe Masi, in testa al campionato delleballe spaziali, e l’ottimo economistaMario Seminerio, il quale ha usatomolti argomenti ragionevoli per cer-care di riportare sulla terra, senzaalcun successo ahinoi, il cattedraticoDe Masi.

L’argomento centrale del conten-dere verteva su una proposta del so-ciologo, da cui egli ha tratto un libroche già nel titolo dispiega tutta la suaenergia lunare: “Lavorare gratis, la-vorare tutti”. In sostanza l’idea par-torita dal professor De Masi,probabilmente dopo aver tracannato

qualche bicchiere di vino di troppo,sarebbe quella, testualmente, di rom-pere il mercato del lavoro obbli-gando chi è già impiegato a cedere 4ore. Queste ultime, poi, verranno in-serite in una piattaforma on-line -stile Uber, tanto per intenderci - a cuii disoccupati italiani potranno acce-dere, offrendo gratis le loro compe-tenze.

Direttore ARTURO DIACONALE Martedì 21 Marzo 2017Fondato nel 1847 - Anno XXII N. 55 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIfORME ED I DIRITTI UMANI

delle Libertà

PENNISI A PAGINA 7

Le tre regine Tudor

di Donizetti

all’Opera di Roma

CULTURA

BERNAUDO A PAGINA 2

Il travaglio dei liberali,

l’irrilevanza del Pli

e le prospettive

POLITICA

ROTONDO A PAGINA 5

Aumento dell’attività militare

nella penisola coreana

ESTERI

SCHIAVONE A PAGINA 4

Crescita con Trump,

lo dice il Financial Times

ECONOMIA-ESTERI

Grillo come il marchese, io so’ io...

di CLAUDIO ROMITI

Continua a pagina 2

Pagliacci mediatici

Èprobabile che Beppe Grillo nonabbia mai sentito parlare di Co-

stantino Mortati, il costituzionalistacattolico che nel corso dell’assembleacostituente aveva invano sollecitatodi inserire nella Costituzione lanorma destinata a fissare l’applica-zione del metodo democratico all’in-terno di ciascun partito politico. Incompenso, però, al leader grillinonon manca di sicuro la conoscenzadel film di Mario Monicelli dedicatoal Marchese del Grillo, in cui l’inter-prete del nobile romano, interpretatoda Alberto Sordi, si presenta ai suoiservi e valletti con la frase “io so’ io...e voi non siete un cazzo!”.

Questa frase, che non è né di Mo-nicelli e neppure di Sordi ma quellache Giuseppe Gioachino Belli scrissenel sonetto “Li soprani der monnovecchio” (I sovrani del mondo an-

tico) per descrivere come la plebe ro-mana interpretava il rapporto esi-stente con i Papi e con i Redell’epoca. “C’era una vorta un Recche ddar palazzo mannò ffora a li

popoli st’editto: io sò io, e vvoi nunzete un cazzo, sori vassalli bbuggia-roni, e zzitto”.

di ARTURO DIACONALE

Continua a pagina 2

Il Papa Re del Movimento Cinque Stelle

SOLA A PAGINA 3

Chiuso Ncd:

fine di un inganno

PRIMO PIANO

Il leader del M5S applica all’interno del suo partito il principio caro al personaggio di Alberto Sordi stabilendo che la regola grillina è fondata sul fatto che lui è il garante supremo e gli altri sono nulla

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Caro direttore, affido a te que-sta mia lettera perché sei un

punto di riferimento per i liberaliitaliani e questo giornale è indub-biamente un pezzo della storia delmiglior Partito Liberale, e ne fuorgano ufficiale quando ancora inquesto Paese i liberali avevano unpeso e un ruolo. Vorrei sollecitareuna tua riflessione sull’annosotravaglio dei liberali in questoPaese portando una testimo-nianza personale.Mesi fa, alla ricerca di una casa

politica ove sviluppare con an-cora maggiore incisività la nostraazione a difesa dei contribuentiproduttivi, mi sono avvicinato alPartito Liberale Italiano, ritenen-dolo il luogo naturale dove por-tare avanti le iniziative e leproposte che abbiamo già datempo messo in campo. Mi chie-devo come mai fossimo divenuti ilpiù statalista tra i Paesi occiden-tali, perché i produttori italianifossero trattati da presunti eva-sori e prostrati di fronte a unfisco oppressivo e violento. Per-ché mai la nostra economia fosseferma, col pil che annaspa e conla montagna di debito pubblicoche ci soffoca ogni giorno di più. Con questo spirito ho aderito

al Pli, coinvolgendo tanti amici,pieno di entusiasmo e di speranza,consapevole anche della congiun-tura e del vuoto politico che unpartito liberale, oggi più di ieri,ha l’opportunità (almeno inparte) di colmare. Dopo aver fre-quentato e sostenuto per qualchemese il Partito Liberale Italianoho ricevuto una prima risposta aquesti interrogativi, accompa-gnata, però, dalla bruciante delu-sione di non aver trovato lachiave politica per risolverli, matutt’altro. Ho potuto constatarecome da vent’anni quel che do-veva essere il Partito di tutti i li-berali ha avuto come segretario eoggi ha come presidente semprelui, il signor Stefano de Luca,classe 1942 (nella foto) che, at-traverso la sua lunghissima con-duzione, ha reso inesistentel’azione del partito, oggi ridottoall’irrilevanza politica e istituzio-nale, assente col proprio simboloe con la lista in quasi tutti i co-muni che andranno al voto amaggio, perfino nella sua Pa-lermo. L’assenza di una leadership il-

luminata e aperta del Partito Li-berale ha reso, a sua volta,impossibile dare un’adeguata rap-presentanza parlamentare ai cetiproduttivi italiani e inibito lo svi-

luppo economico del Paese su unapiattaforma di regole liberali e li-beriste. Ho avuto, cioè, la nettasensazione che è proprio sul ver-tice del Partito Liberale Italianodegli ultimi vent’anni che gravauna pesante responsabilità poli-tica e storica per aver dimostratol’incapacità di contrastare, al-meno in parte, lo stato di prostra-zione nel quale noi liberali siamostati ricacciati e con noi le libertàeconomiche e i diritti dei contri-buenti. Il presidente de Luca, in primis,

che è il massimo responsabile diquesta situazione - oggettiva e ri-scontrabile dai numeri e dai datielettorali - dovrebbe finalmenteprendere atto di questa realtà eavere il coraggio, una volta pertutte, di fare un passo indietro;ma invece continua a restare lì ab-barbicato al comando di qualcosache ha ridotto a una piccola asso-ciazione ininfluente. Ho potutoconstatare come, nonostante que-sto sostanziale fallimento poli-tico, egli utilizzi il pugno di ferro,bollando qualsiasi forma di

aperto dissenso come una “opaostile al partito”. Un modo dicontrastare il dissenso - che è in-vece rivolto alla sua linea e non alpartito - aberrante e illiberale, inbase al quale chiunque abbia cer-cato di contrastare l’azione poli-tica del “capo” è stato fattopassare come ostile al Partito Li-berale, mentre invece - lungi dal-l’essere pregiudizialmente ostilea lui e al suo operato - senza ne-anche immaginarlo, rappresen-tava una minaccia per il suoruolo dominante e per la suamiope conduzione, adoperan-dosi, al contrario, come hannofatto in molti, nel nobile tentativodi liberare e rilanciare il PartitoLiberale da questa agonia venten-nale, nell’interesse di tutti i libe-rali italiani.In vista del congresso nazio-

nale - rinviato di mese in mese esenza un valido motivo - vi è, daparte dell’attuale vertice del Pli,addirittura il tentativo di ricon-fermare l’attuale conduzione econdire il tutto solo con un’ope-razioncina di palazzo, magari in

tinta rosa, in perfetta continuitàcon lo stile della peggior PrimaRepubblica. Ho saputo che sareb-bero in corso perfino provvedi-menti di esclusione di centinaia diiscrizioni e l’avvio di un procedi-mento disciplinare, il tutto ricon-ducibile a un giovane dirigentedel partito, reo, non a caso, diaver provato a sfidare l’attuale di-rigenza esprimendo un forte dis-senso e la volontà di candidarsialla segreteria nazionale.Tutto ciò, pur non sfiorando

minimamente il sottoscritto e co-loro che lo hanno seguito, rendetuttavia opaca la delicata faseprecongressuale e crea un climaper me inaccettabile. Questomodus operandi è l’esatto contra-rio di quello che mi aspettavo eche ritengo debba fare un partitoche si professa liberale e aperto.Una situazione ingessata, asfis-siante divenuta per me insoppor-tabile. A questo punto non hopotuto fare altro che andarmenedal Pli, così come hanno fatto giàtanti liberali in passato, invitandocoloro che ho coinvolto a se-

guirmi per non perdere altrotempo prezioso in un binario po-liticamente morto. Non molle-remo di un centimetro il nostroimpegno, ma ricercheremo altriinterlocutori più credibili e ca-paci. Caro direttore, mi rimanetuttavia una profonda amarezzaper la condizione dei liberali ita-liani, così mortificati, il cui trava-glio sembra non aver mai fine, madi certo non rialzeremo la testacon questo Pli che ha toccato ilpunto più basso della sua storiaed è infilato purtroppo in un vi-colo cieco. Mi rivolgo a te, perché credo sia

il momento di costruire qualcosadi nuovo e dare delle prospettivepolitiche alla frammentata area li-berale italiana. Serve un nuovocontenitore che sappia superare ledelusioni del passato, non soloquella storica dell’ultimo Pli, maanche la più effervescente espe-rienza di “Fare per fermare il de-clino”, la cui forza si è spenta e lamancata rivoluzione liberale diSilvio Berlusconi che non riesce atrovare nuova linfa vitale.

di ANDREA BERNAUDO

2 L’OPINIONE delle Libertà martedì 21 marzo 2017Politica

condo cui quelli che non contano un bena-mato cavolo sono anche dei “vassalli bbug-giaroni” e non hanno alcun diritto di parlare.La vicenda genovese è risultata l’applica-

zione più illuminante della concezione cheGrillo ha di se stesso, garante supremo e in-fallibile della vita interna del movimento, edei militanti che hanno il dovere di stare zittie non protestare se le votazioni per il candi-dato sindaco vengono annullate dal Papa Regrillino.Dice Grillo che questa è la regola e chi non

l’accetta può farsi un altro partito. Congra-tulazioni per i “vassalli bbuggiaroni” che ri-mangono!

ARTURO DIACONALE

...Tutto questo, secondo il pensiero dema-siano, porterebbe a rivoluzionare dalle fon-damenta la nostra economia. Secondo ilsociologo, infatti, “se iniziassero tutti a lavo-rare gratuitamente, nel giro di poco tempotroverebbero un lavoro pagato”.

segue dalla prima

...Nel primo Ottocento, in sostanza, il popolonon contava nulla rispetto al sovrano che in-vece rappresentava il potere assoluto. Da al-lora ad oggi sono passati duecento e passaanni nel corso dei quali i valori della libertà edella democrazia si sono affermati, sia puretra mille contrasti e tragedie, cancellando (al-meno sulla carta) ogni residuo di potere asso-luto. Al punto che un costituente illuminatoavrebbe voluto stabilire nella Carta Costitu-tiva della Repubblica il principio che il me-todo democratico dovesse essere applicatonon solo nella competizione tra i partiti, maanche all’interno di ciascuna forza politica.Grillo, però, ha deciso di infischiarsene

della storia di questi duecento e passa anni eha stabilito che il principio fondante del suomovimento non è solo quello messo in boccaal suo omonimo da Monicelli e Sordi ma è,soprattutto, quello indicato in maniera piùcompleta dal cantore della plebe romana se-

In sostanza, come ha correttamente sotto-lineato Seminerio nel corso del dibattito, ilmodello di un sistema produttivo superfissoprospettato da De Masi, nel quale orari emansioni si possano interscambiare facil-mente, è destinato a sfracellarsi contro la roc-cia durissima di una complessità sistemicache il pallottoliere economico usato dal so-ciologo non è minimamente in grado di ana-lizzare. In realtà i problemi molto italici che sof-

focano non da oggi la nostra propensione acreare vera occupazione, ossia quella che ge-nera valore aggiunto, sono altrove. A comin-ciare dai costi proibitivi che la manopubblica impone a chiunque voglia entrarenel mercato concorrenziale. Costi che, ov-viamente, comprendono pure i ricchi sti-pendi di molti nostri tromboni universitariche, anziché dedicarsi alle cose serie, vannoin giro a pubblicizzare i loro vaneggiamentiintellettuali. Come disse il compianto presi-dente del Catania calcio, Angelo Massimino:“A questo mondo c’è chi può e chi non può.Io può!”.

CLAUDIO ROMITI

Il Papa Re del Movimento Cinque Stelle

Pagliacci mediatici

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CHIUSO IN REDAZIONE ALLE ORE 19,00

Il travaglio dei liberali, l’irrilevanza del Pli e le prospettive

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Il Nuovo Centrodestra (Ncd) di An-gelino Alfano ha chiuso i battenti.

Al suo posto nasce Alternativa Po-polare. Di là dalle facili ironie, biso-gnerebbe essergli comunque grati peraver posto fine a un fastidioso in-ganno.

Per tre anni il dibattito politico hadato conto della presenza della for-mazione parlamentare, nata da unvoltafaccia a Silvio Berlusconi, chepur definendosi “Nuovo Centrode-stra” del pensiero politico della de-stra non aveva proprionulla. La sua funzione si èrisolta nel fare da stam-pella ai governi di centro-sinistra che si sonoalternati nel corso di que-sta legislatura. Ora che leprevisioni indicano un ri-torno del proporzionale,la pattuglia dei fuoriuscitida Forza Italia in cerca diricollocazione prova adarsi un’identità ricono-scibile. L’idea è di presi-diare il centro del sistemanella convinzione, nean-che tanto peregrina, checomunque vadano le cosealle prossime elezioni nes-suno dei due grandi bloc-chi, di destra e di sinistra,avrà numeri sufficientiper comporre maggio-ranze stabili. Da qui s’im-porrebbe il soccorso dellapattuglia centrista che, intale prospettiva, diver-rebbe l’ago della bilanciadi qualsiasi soluzione digoverno. Alfano non famistero di avere in testaquest’unico obiettivo,tanto da teorizzarlo nelcorso della presentazionedel suo nuovo movi-mento. ”Andiamo avantida soli, saranno gli altri acercarci perché nonavranno i numeri per go-vernare”: questa la suasentenza.

Messa così, al netto di ogni valu-tazione metapolitica sulla qualitàdell’asserzione, non pare proprio cheil nuovo soggetto si sia dato unampio orizzonte ideale. Non è perbanalizzare evocando l’antico mottoitalico: “Franza o Spagna purché semagna”, tuttavia la cifra dell’oppor-tunismo sembra essere la ragione so-ciale della nuova ditta centrista.

Qualcuno pensa che dietro l’opera-zione di riconversione vi sia la spe-ranza di rivivificare l’esperienza dellaDemocrazia Cristiana. Ma si può im-maginare nel contesto attuale unospazio d’agibilità politica per rifarela Dc? Pensiamo francamente che no,ciò non sia possibile e ogni tentativoin tal senso sia quanto meno vellei-tario, se non palesemente fasullo. Per

alcune buone ragioni. In primo luogo, la Dc si reggeva

sull’esistenza di un dogma: l’unitàdei cattolici in politica, che è statocancellato dalla Storia. Inoltre, unquarto di secolo segnato dall’avventoe dal consolidarsi nella coscienzaprofonda degli italiani delle dinami-che connesse al bipolarismo non ètrascorso invano, ma ha lasciato

un’impronta indelebile nell’humusdel Paese. I cittadini, che si sono abi-tuati all’idea di stare da una parte odall’altra, non fremono al pensiero diun ritorno alla palude del centrismodove si sceglie, secondo convenienza,da che parte buttarsi. Negli elettorialberga il desiderio di conoscere conchiarezza le intenzioni dei politici in-vestiti del mandato a rappresentarli.Anche il richiamo, piuttosto gene-rico, che Alfano ha fatto a possibilimatrici liberali e popolari non con-vince. Passi pure la storia dell’appar-tenenza al popolarismo europeo,

visto che le maglie dellagrande famiglia continen-tale sono abbastanza lar-ghe da comprendere tuttoe il suo contrario, dalla si-gnora Angela Merkel al-l’autocrate unghereseViktor Orbán, ma con latradizione liberale il gio-chino non funziona. Per-ché, per essere un minimocredibili, gli enunciati do-vrebbero corrisponderealla prassi. Ora, come sifa a inalberale il guidonedel liberalismo se poi sistruttura un partito, inparticolare nel Meridione,che è fautore di politicheassistenzialiste e di sper-pero delle risorse pubbli-che?

Alfano spera, usandolo specchietto delle pri-marie, di attrarre a sé lagalassia delle micro-for-mazioni che gravitanonell’area moderata. Ma fai conti senza l’oste. E ilpadrone della locanda, inquesto caso, si chiama Sil-vio Berlusconi. Con lui incampo davvero i neo-cen-tristi pensano di diventareun polo attrattivo? Il pro-feta Isaia diceva: “Dio ac-ceca coloro che vuolperdere”. Se potessimosuggerire qualcosa ad Al-fano e ai suoi sarebbe dicercarsi un buon oculista.

3l’oPinione delle libertàPrimo Piano

di Cristofaro sola

martedì 21 marzo 2017

Chiuso Ncd: fine di un inganno

Una caratteristica che sembra ac-comunare tutti i partiti italiani

o quel che ne resta e quel tanto dinuovi che si affaccia sulla scena,pare che sia lo scissionismo, la fran-tumazione. Ora sembra che sia lavolta dei Cinque Stelle che, in realtà,non è che abbiano molte ragioni perstare assieme, salvo, magari, il vin-colo delle carte da bollo, che ne evi-denzia l’assurdità proprio nella suainconcludenza giuridica.

Ma c’è un partito che non mostracrepe e contrasti. Non ne mostra enon può mostrarle e, soprattutto,non può far nulla per combatterli,appianarli e superarli, perché nonpuò “apparire”: è il Partito dei Ma-gistrati (Pdm), un’istituzione-par-tito, come tale abusiva eprevaricatoria. Non v’è dubbio cheproprio nel momento in cui il Par-tito dei Magistrati diventò tale dacoinvolgere l’intera corporazione(piaccia o non piaccia a Silvio Ber-lusconi la storia di “alcuni pm co-munisti”) si manifestaronodifferenze e contrapposizioni assairilevanti nel suo seno. Una frangia(se si tratta solo di una frangia) ol-tranzista, con una ideologia tantovaga e rozza quanto estremizzante efanatica, sta affermandosi soprat-tutto in talune zone attorno ad al-cune “stars” della lotta alla mafia,ma con propaggini che si manife-stano un po’ dovunque.

Nessuno può ragionevolmente

sostenere che il Partito dei Magi-strati si identifichi in certi perso-naggi, in certe operazioni assurde(come il processo per la “trattativaStato-Mafia”). Certo è che questefrange, questi personaggi, questebaggianate, così come un estremi-

smo giudiziario di facile presa, sonoperò parte e caratteristiche non se-condarie del Pdm. Non saprei direse oggi è più pericolosa la parte an-cora maggioritaria di quest’ab-norme partito, oppure la suaporzione pressoché apertamente

eversiva.Piuttosto mi sembra evidente che

il Partito dei Magistrati non è incondizione di controllare quella suaminoranza oltranzista e dichiarata-mente eversiva, la frangia calabresee palermitana dei visionari che si di-

rebbe vogliano perseguire chi rap-presenta e serve lo Stato come se sitrattasse di un’associazione a delin-quere.

Non lo possono fare perché essistessi, quelli della maggioranza, percosì dire, corporativa, in quanto co-stituiti in partito-istituzione, sono inposizioni implicitamente eversive.Non solo ma, negando di essere unpartito, magari non rendendosiconto di esserlo, non possono im-porre a nessuno di loro di rispettareuna linea comune meno oltranzista,né imporre una qualsiasi “disci-plina” di partito negando di esserepartito. Del resto la magistraturanon riesce nemmeno a realizzareuna decente funzione disciplinareistituzionale al proprio interno.

Non so se ciò rappresenti un ele-mento di debolezza per il Partito deiMagistrati o se implichi solo cheesso sia destinato a portarsi inevita-bilmente su posizioni le più oltran-ziste. Certo le speranze di quelli checontano su di una svolta moderatadel Pdm, come pare in questo mo-mento sia di moda nel Partito De-mocratico, si direbbe siano affetteda un malsano e pericoloso ottimi-smo. È pure certo che, da quando ilPdm ha realizzato il massimo deisuoi successi, riuscendo a disarcio-nare Silvio Berlusconi, la sua poli-tica e la sua stessa esistenza, si sonofatte più complesse e problematiche.Il che non è una buona ragione perrimanere mesti ad aspettare che dilà venga qualcosa di buono.

Partito dei Magistrati: frange incontrollabilidi Mauro Mellini

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Otto anni di crescita piena con lericette anticrisi di Donald

Trump. Due giorni fa era la notiziadi apertura del Financial Times, manaturalmente sui giornali italiani enello pseudo-dibattito televisivo deitalk-show non ce ne era traccia. Tuttitroppo occupati nell’esegesi dellamancata stretta di mano con AngelaMerkel dopo il bilaterale Usa-Ger-mania, conclusosi con un nulla difatto.

La ricetta meno tasse per tutti, so-prattutto per chi produce lavoro inAmerica, sembra convincere tutti. Al-meno negli States. A cominciare dairicchi, tanto odiati da noi e tantococcolati da loro. Cosa che fa poi ladifferenza quando si tratta di inve-stire e creare nuovi posti di lavoro. Ein un periodo in cui i piani quin-quennali non li fa più neanche laCina, sapere che in America si pre-vede un “forecast” positivo per iprossimi otto anni - cosa che darebbeper scontata una riconferma dellostesso Trump per un secondo man-dato - non era notizia da far passareinosservata.

Ma tant’è: l’Europa ha un teo-rema da dimostrare, quello che “TheDonald” sia brutto, sporco e soprat-tutto cattivo, e la verità deve esseresacrificata alla bufala. Cosicché,mentre nel Vecchio Continente siparla ancora di sacrifici, austerity epatrimoniale, tre paroline magicheche appena enunciate produconofughe di capitali di massa, a Washin-

gton e dintorni se ne fregano di similicontorcimenti mentali e mediatici epuntano al sodo: America first. E laricetta, che poi è quella di RonaldReagan riveduta e scorretta, sembrafunzionare: non solo continua il rallydi Wall Street, ma si fanno piani peril futuro.

I dati del Financial Times diconodi una ricerca sulle 200 maggioricorporates americane con un indicedi positività che non si registrava dal2009: sono tutti fiduciosi che leprime manovre fiscali di Trump, che

poi consistono nel to-gliere tasse alle impresee nel mettere dazi ai ci-nesi, e nel chiudere al-l’immigrazione illegaledal Messico, produr-ranno un’esplosione dinuovi posti di lavoro,anche e soprattuttonella profonda Americadella provincia. E si co-mincia dal 2017: gliexecutives chiefs preve-dono una crescita del

2,2 per cento giàdall’anno in corso.Con uno 0,2 in piùrispetto alle prece-denti prospettive.Trump però diceche la crescita siassesterà addirit-tura al 3 per centodel prodotto in-

terno lordo su base annua e sono inmolti a crederci. O a volerlo fare.

In America l’ottimismo della vo-lontà non è ancora morto come pur-troppo deve registrarsi qui da noi: inItalia e in Europa. La battuta che cir-cola a Wall Street è semplice: inAmerica l’evasione fiscale viene com-battuta abbassando le tasse non al-zando le pene.

4 L’oPinione delle Libertà Economia - Esteri martedì 21 marzo 2017

Crescita con Trump, lo dice il Financial Times

di Rocco Schiavone

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Circa 3600 membri delle forze ar-mate statunitensi sono stati

schierati in aggiunta ai 28mila sol-dati già di stanza in Corea del Sudper l’esercitazione annuale “FoalEagle”, che durerà fino al 30 aprile.Si tratta di una serie di esercitazionicongiunte e combinate - terrestri,aeree, navali e operazioni speciali sulcampo - progettate nello spirito deltrattato di difesa reciproca del 1953tra Stati Uniti e Corea del Sud.

Il portavoce del Pentagono, JeffDavis, ha descritto queste attivitàcome difensive, svolte regolarmenteda quarant’anni, “condotte comeuna chiara dimostrazione dell’impe-gno degli Stati Uniti per l’alleanza”.La “Foal Eagle 2017” è stata proget-tata per aumentare la prontezza didifesa della Corea del Sud, per pro-teggere la regione e per mantenere lastabilità nella penisola coreana. Il 15marzo è giunta in Corea del Sud, perpartecipare all’esercitazioni militaricongiunte, anche una portaerei degliStati Uniti la Uss Carl Vinson, a pro-pulsione nucleare, con un equipaggiodi circa 5500 persone. La portaerei,usualmente di stanza a San Diego, èarrivata nella base navale nella cittàmeridionale sudcoreana di Busan. LaCarl Vinson trasporta anche decinedi elicotteri e di aerei, compresi i cac-cia F-18 e aerei di “early warning”.

Le esercitazioni congiunte, comeogni anno, hanno provocato unadura risposta da parte della Coreadel Nord, che ha lanciato 4 missilibalistici (6 marzo) quasi simultanea-mente, tre dei quali sono caduti nellazona economica esclusiva del Giap-pone. Le esercitazioni congiunte sulterritorio sudcoreano sono semprestate usate da Pyongyang come pre-

testo per alzare il livello dello scon-tro nella regione. I militari degli StatiUniti e della Corea del Sud stannoaumentando la vigilanza contro ulte-riori provocazioni di Pyongyang.

Nel frattempo, Stati Uniti, Coreadel Sud e Giappone hanno iniziatoun’esercitazione di rilevamento mis-sili nel Mar del Giappone per raffor-zare la cooperazione a tre in caso dilancio di missili balistici da partedella Corea del Nord. Il capo delladivisione affari pubblici del mini-stero della Difesa sudcoreano, LeeJin-woo, ha riferito, il 14 marzo, chei cacciatorpediniere dei tre Paesi,equipaggiati con sistema Aegis, sonostati dispiegati, per due giorni, du-rante l’esercitazione.

Il primo ministro sudcoreano,Hwang Kyo-ahn, che ha assunto i

compiti del presidente destituito,Park Geun-hye, durante la visita alloStato Maggiore della Difesa di Seoul,il 14 marzo scorso, ha chiesto ai mi-litari di intensificare l’allerta controle provocazioni sconsiderate da partedi Pyongyang, in un momento in cuiil Paese affronta una crisi politica na-zionale. L’esercito americano ha in-tanto annunciato di voler dispiegare,il prossimo anno, i droni d’attacco,Gray Eagle, presso la base dell’avia-zione di Kunsan, nel sud-ovest delPaese, allo scopo di rinforzare la ca-pacità di intelligence di sorveglianzae di ricognizione.

La scorsa settimana, l’esercitodegli Stati Uniti ha consegnato allaCorea del Sud i primi elementi del si-stema del Terminal High AltitudeArea Defense (Thaad). Pechino ha

però sollevato obiezioni, sostenendoche il sistema ha un radar in gradodi penetrare il territorio cinese. Il si-stema è progettato per intercettare edistruggere missili balistici a corto emedio raggio all’interno o all’esternodell’atmosfera, durante la fase divolo finale.

La situazione nel nord-est asiaticoappare alquanto complessa, si assistead una progressiva escalation dellatensione nell’area per le ripetute mi-nacce da parte di Pyongyang che nes-suno sembra essere in grado dicontrollare, neppure la Cina. LaCorea del Nord ha effettuato cinquetest nucleari e decine di lanci di mis-sili, nonostante le sanzioni delle Na-zioni Unite imposte già dopo ilprimo test nucleare, nel 2006. LaCina è il principale alleato della

Corea del Nord, oltre ad essere il suopiù grande partner commerciale edonatore, nonostante ciò Pechinonon ha nascosto la sua opposizionealle ambizioni nucleari di Pyon-gyang. Il mese scorso, la Cina avevaannunciato la sospensione di tutte leimportazioni di carbone fino alla finedell’anno, privando così Pyongyangdi un’importante fonte di valutaestera. Ma secondo quanto riportatodalla Reuters, almeno dieci navi nor-dcoreane sono arrivate in questigiorni in un porto cinese (Longkou)dopo essere state bloccate per le ul-time tre settimane a seguito del di-vieto cinese sulle importazioni dicarbone.

L’agenzia di stampa ufficiale ci-nese, Xinhua, ha esortato Cina,Giappone, Corea del Nord, Russia,Corea del Sud e Stati Uniti “a tornareal tavolo dei negoziati, in stallo, perporre fine alle dispute e riaprire i col-loqui a sei per arrivare a una solu-zione accettabile per tutti”.

Da parte americana, il Segretariodi Stato, Rex Tillerson, durante la vi-sita in Corea del Sud del 17 marzo, hariferito che l’azione militare contro laCorea del Nord è “un’opzione sul ta-volo“, aggiungendo che la politicadella “pazienza strategica” è finita eche l’amministrazione Trump po-trebbe intraprendere un’azione pre-ventiva se la minaccia nucleare dellaCorea del Nord dovesse raggiungerelivelli inaccettabili. Il Segretario diStato ha respinto esplicitamente laproposta cinese che prevedeva dicongelare i test nordcoreani in cam-bio della sospensione di tutte le eser-citazioni militari congiunte annuali.

(*) Country analyst del think tank di studi geopolitici “Il Nodo di Gordio”

5l’oPinionE delle libertàmartedì 21 marzo 2017

Aumento dell’attività militare nella penisola coreanadi Elvio rotondo (*)

Esteri

Tra le colline verdi che separanoTel Aviv e Gerusalemme, sorge un

palazzo speciale, guidato dai principidella tolleranza, della libertà e del-l’impegno verso l’individuo. Si trattadell’Alyn Hospital, primo centro diriabilitazione pediatrico di Israele,fondato sul principio della libertà eautonomia dei giovani pazienti.

“Lo scopo dell’ospedale - spiegaBrenda Hirsch - direttore dello Svi-luppo Risorse - è quello di rendere ilpaziente pediatrico il più autonomopossibile. Vi è purtroppo il pregiudi-zio, tra famiglie, ed enti pubblici, cheil malato debba rappresentare sem-pre un peso, che non possa muoversi,che non possa vivere a casa, invececon una riabilitazione adeguata,molti pazienti pediatrici possonoriacquisire una relativa indipendenzae una maggiore autostima e consa-pevolezza”.

L’ospedale è strutturato in ma-niera completamente diversa dallestrutture che siamo abituati a vederein Italia. Ad affiancare le sale di ria-bilitazione “classiche” con macchi-nari, respiratori e strumenti

diagnostici, ci sono infatti campettida calcio, aule per l’arte, un piccolozoo/fattoria, una sala per la musicacon tastiere, batterie, e persino unorto e una piscina coperta. Si penseràche queste strutture aiutino il pa-ziente pediatrico a “distrarsi” dallamalattia. Invece lo scopo è comple-tamente diverso. Ognuna di questefacility è funzionale alla riabilita-zione del bambino. Gli animali, peresempio, non sono utilizzati solo perfare compagnia ai bambini, ma rap-presentano dei veri e propri stru-menti per promuovere esercizi diriabilitazione.

“Se chiedi a un bambino di 8 annidi muovere il braccio su e giù peresercitare i muscoli, dopo poco sistuferà e svolgerà l’esercizio contro-voglia. Se sul braccio avvolgi un ser-pente o appoggi un pappagallino

l’esercizio improvvisamente diven-terà divertente ed efficace” - spiegaChava, israelo-americana assistentealla direzione dell’ospedale. Anchel’orto svolge la stessa funzione.L’idea venne ad un membro del set-tore amministrativo dell’ospedale,(in Israele la cultura è completa-mente a-gerarchica), piantare e tra-sportare fiori è un esercizio fisico epsicologico molto utile ai piccoli pa-zienti, e ogni pratica viene seguita dafisioterapisti specializzati in riabilita-zione motoria. Anche la tecnologiasvolge un ruolo importante all’in-terno dell’ospedale: Alyn è uno deipochi ospedali in Europa ad avereuna stampante 3D per stampare pro-tesi per i bambini. L’area “tecnolo-gica” è gestita da molti volontari cheprovengono dalla Silicon Valleyisraeliana, che si occupano anche diadattare le carrozzine alle diverse esi-genze dei piccoli pazienti.

Piccole cose che si trasformano ingrandi idee e grandi progetti per que-sti bambini, colpiti da patologie o dadanni post-incidenti o traumatolo-gici. L’ospedale di Alyn ha un ulte-riore pregio: quello di esseresostenuto quasi interamente da fondiprivati e donazioni, e di essere orien-tato a tutte le religioni e tutte le etnie.“Siamo stati tra i primi ad avere unamoschea e una sinagoga nello stessoedificio - spiega orgogliosa Chava,che da anni lavora per una maggioreintegrazione tra le popolazioni arabee quelle israeliane - e il nostro perso-nale parla sia arabo che ebraico, vo-

gliamo che tutti si sentano integrati,soprattutto i genitori”.

L’ospedale può contare anche suun filo diretto con l’Italia, grazie al-l’iniziativa “Sostieni Alyn” di Rosana

Rosatti, che ieri sera ha promossouno spettacolo di beneficenza all’in-terno del Teatro “Franco Parenti” diMilano. L’amicizia italo-israeliana,passa anche dal mondo umanitario.

L’ospedale di Gerusalemme che sostiene i bambini israeliani e palestinesi

di Elisa sErafini

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Domani, al Teatro dell’Opera diRoma, va in scena una delle tre

opere di quella che viene, a giusto ti-tolo, chiamata la “Trilogia delle re-gine Tudor” di Gaetano Donizetti,Maria Stuarda. La “Trilogia Tudor”è un unico nella fertile produzionedel compositore (74 opere tra com-piute e incompiute). Escludiamo dalcomputo della trilogia “Elisabetta alCastello di Kenilworth” del 1829 inquanto, pur classificato come “melo-dramma serio”, è un lavoro semi-serio con lieto fine, segue tutte leconvenzioni del genere e, nonostanteuna buona registrazione di alcunianni fa, non ha mai avuto una vera epropria “renaissance” in tempi mo-derni. “Anna Bolena”, “MariaStuarda” e “Roberto Devereux”(composte tra il 1830 ed il 1837)hanno un filo conduttore comune:tragedie (più che drammi) tutte alfemminile, imperniate non tantosugli intrighi di potere tra i Tudor e i“cugini” Stuart per il controllo delpiù grande impero del mondo, masulla passione delle tre protagonisteper un uomo: tre amori impossibiliin cui l’eros è contrastato dalla ra-gion di Stato.

Sparite dai palcoscenici nella se-conda metà dell’Ottocento, quandotrionfava il melodramma verdiano,le tre “regine” sono riapparse versola metà del Novecento, soprattuttodopo la Seconda guerra mondiale. Le“regine” donizettiane hanno trion-fato prima sui palcoscenici anglosas-soni che su quelli italiani. Se nericorda una bellissima edizione, allafine degli anni Sessanta, costruita sue per Beverly Sills alla New YorkCity Opera e registrata in studio

per la Emi. In Italia,“Maria Stuarda” in par-ticolare venne riscopertaal “Maggio Musicale”del 1970; ricordo unabuona rappresentazione di“Roberto Devereux” (al-lora ancora sconosciuto algrande pubblico italiano)in Corea, in un cinema-tea-tro di Seul, nel lontano1973.

Riascoltate in sequenza,l’una dopo l’altra, le tre“regine” hanno una grandepresa, anche e soprattuttose la stessa cantante deci-desse di calarsi in un vero eproprio tour de force(siamo ancora ancorati al

“bel canto” belliniano intriso, però,dal gusto allora nuovo per lo sfoggiodegli acuti). L’effetto diminuisce, in-vece, se le tre opere vengono rappre-sentate separatamente. In questosenso andrebbe rivolto un invito alFestival Donizetti di Bergamo: predi-sporre nel tempo un mini-festival nelquale le tre “regine” possano esseregustate una dopo l’altra nell’arco diuna o due settimane.

La partitura e il libretto di “MariaStuarda” sono quelli che hanno su-bito maggiori rimaneggiamenti acausa sia della censura (Napoli nevietò la messa in scena e Milano im-pose cambiamenti al testo), sia delmutamento di convenzioni nellastruttura del melodramma (tra cuiil passaggio dalla suddivisione da

due a tre atti). “MariaStuarda”, tra le “re-gine”, è anche la piùbreve e più compatta:poco più di due ore dimusica rispetto alletre richieste da “AnnaBolena” e “RobertoDevereux”.

Nella produzionedel Teatro dell’Opera,in collaborazione conil San Carlo di Napoli,viene seguita l’edi-zione critica in dueatti curata da AndersWiklund che cerca, almeglio, di proporrequella che avrebbedovuto essere la ver-sione destinata a es-sere rappresentata alSan Carlo nel 1834 (eche venne ascoltataunicamente alla provagenerale). L’edizionecritica accentua ancora di più ildramma a due voci femminili: un so-prano in grado di passare dalle vettedella coloratura al declamato nelruolo della regina di Scozia e unmezzo o soprano “spinto” in quellodella regina d’Inghilterra. Le due so-vrane si contendono un tenore digrazia (il cui ruolo è peraltro limi-tato): è per il possesso del bel Leice-ster che Maria Stuarda viene inviataal capestro da Elisabetta. Questa èl’edizione ormai corrente: unica-mente facendo riferimento ai teatri

italiani, si è vista nel 2006 a Roma,nel 2007 a Macerata e alla Scala enel 2009 al Massimo Bellini di Cata-nia, alla Fenice, al Verdi ed Trieste edal Massimo di Palermo. L’operaverrà trasmessa in diretta sulle fre-quenze di Rai Tre.

Si tratta di un titolo tanto raro perRoma da essere stato messo in scenasolo in altre tre occasioni: nel1969/70, nel 1997 e nel 2006. Dalpodio dirige l’Orchestra del Teatrodell’Opera di Roma il Maestro PaoloArrivabeni. Il nuovo allestimento

vede la regia di Andrea DeRosa, le scene di Sergio Tra-monti, i costumi di Ursula Pat-zak e le luci di Pasquale Mari.Vede il ritorno al Teatro del-l’Opera di Marina Rebeka(Maria Stuarda, Regina di Sco-zia) e Carmela Remigio (Elisa-betta, Regina d’Inghilterra).Con loro nel cast anche PaoloFanale (Roberto, conte di Lei-cester), Carlo Cigni (GiorgioTalbot), Alessandro Luongo(Lord Guglielmo Cecil) e Va-lentina Varriale (Anna Ken-nedy). Quest’ultima fa partedel progetto “Fabbrica” –Young Artist Program del Tea-tro dell’Opera di Roma, comeRoberta Mantegna ed ErikaBeretti che, il 4 aprile (ultimareplica), canteranno rispettiva-mente nei ruoli di MariaStuarda ed Elisabetta. Maestrodel Coro dell’Opera di Roma,Roberto Gabbiani.

(*) Foto per gentile concessione del Teatro dell’Opera di Roma

7L’OpiniOne delle Libertà

di Giuseppe pennisi

martedì 21 marzo 2017 Cultura

Le tre regine Tudor di Donizetti all’Opera di Roma

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