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PARTE II IL TRATTAMENTO CHIRURGICO INTEGRATO · intestino, intervento di lunga durata, ricorso a...

Date post: 18-Feb-2019
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PARTE II IL TRATTAMENTO CHIRURGICO INTEGRATO
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PARTE II

IL TRATTAMENTO CHIRURGICO

INTEGRATO

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PREPARAZIONE ALL’INTERVENTO

M.Valle, F.Cavaliere, A.Garofalo

Dopo una attenta disamina delle indagini radiografiche,

della stadiazione VLS e quindi del PCI, delle risposte

istopatologiche relative ai prelievi bioptici e del liquido

ascitico, fatta la diagnosi sull’origine della carcinosi, il

paziente viene preparato all’intervento chirurgico. Si

procede ad una valutazione delle condizioni generali e più

precisamente del suo stato nutrizionale, della funzione

cardiocircolatoria, renale e respiratoria. A tale scopo viene

effettuata una valutazione con ECG ed Ecocardiogramma,

vengono espletate le prove di funzionalità respiratoria e

l’Emogasanalisi.

Tra gli esami ematici debbono essere attentamente valutati

l’Azotemia, la Creatininemia, gli Elettroliti ed

Albuminemia. La coagulazione viene routinariamente

testata con INR, Tap e ATIII e Fibrinogeno. E’ poi

necessario conoscere il peso e l’altezza del paziente per

poter calcolare la superficie corporea che servirà per la

quantizzazione degli antiblastici da somministrare durante

la chemioipertermia.

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Almeno 72 h prima dell’intervento viene quindi

posizionato un CVC ed iniziata una NPT centrale da 1800

kcl di base con 14g di azoto. La profilassi antitrombotica

(eparine a basso peso molecolare) si inizia 24 h prima

dell’intervento insieme alla preparazione intestinale con

catartici (Polietilenglicole 4000).

Il giorno precedente all’intervento vengono preparate le

richieste di sangue (standard 4 flaconi), di Plasma fresco

congelato ( 1200 ml), di albumina umana (300 ml) , dei

farmaci antiblastici in soluzione da 100ml, di soluzione da

dialisi di destrosio al 5% in sacca da 2000 cc per la

perfusione intraoperatoria e di almeno 6 sacche da 1000cc

della stessa soluzione per i lavaggi addominali che

verranno effettuati nell’immediato postoperatorio.

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PREVENZIONE DELLE COMPLICANZE

INFETTIVE

M. F. Proietti, M.Valle, N. Petrosillo

Le complicanze infettive rappresentano un grave problema

nei pazienti sottoposti ad intervento combinato di

citoriduzione/peritonectomia e chemioipertermia

intraperitoneale intraoperatoria.

I pazienti sottoposti a questo tipo di intervento, infatti,

hanno molteplici fattori di rischio per l’insorgenza di

infezioni: immunodepressione (correlata alla malattia di

base e/o ad eventuali trattamenti chemioterapici,

corticosteroidei, ecc.), intervento chirurgico, che prevede

in un’alta percentuale di casi l’apertura del grosso

intestino, intervento di lunga durata, ricorso a catetere

venoso centrale, catetere urinario, drenaggi, nutrizione

parenterale totale, ventilazione meccanica, ricovero in

Unità di Terapia Intensiva, terapie antibiotiche prolungate,

lunga ospedalizzazione, ecc.

Le principali infezioni rilevate sono state quelle

addominali e le sepsi, secondarie ad infezione in altro sito

o CVC-correlate. Enterococchi e bacilli Gram negativi

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sono risultati i microrganismi più frequentemente isolati.

Sono stati, inoltre, registrati casi di candidosi disseminata

La corretta profilassi antibiotica preoperatoria, la diagnosi

precoce delle infezioni postoperatorie e l’impostazione di

una adeguata terapia sono passi fondamentali per ridurre

l’incidenza e la mortalità di queste complicanze.

ANTIBIOTICOPROFILASSI CHIRURGICA1

Nell’intervento di peritonectomia, considerato come

intervento chirurgico di elezione pulito-contaminato, vi è

indicazione alla profilassi perioperatoria.

In breve, i principi generali per una corretta profilassi

riguardano:

1) tempo di somministrazione2

la somministrazione dell’antibiotico deve avvenire,

per via endovenosa, all’induzione dell’anestesia;

nel caso in cui, dopo un periodo di tempo doppio a

quello dell’emivita del farmaco somministrato,

l’intervento sia ancora in corso, si dovrà iniettare 2 Lo scopo è raggiungere la concentrazione battericida del farmaco nei tessuti

e nel siero al momento dell’incisione cutanea e mantenerla durante tutto

l’intervento o, al massimo, per qualche ora dopo il termine di esso.

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un’ulteriore dose di farmaco e così via fino al

termine dell’operazione. Ulteriori dosi

intraoperatorie sono opportune anche nel caso si

verifichi una importante emorragia (1 dose ogni

1.000 ml di sangue perso).

2) durata di somministrazione

La dose perioperatoria e le eventuali dosi intraoperatorie

di antibiotico sono sufficienti a scopo profilattico. In ogni

caso, la somministrazione di antibiotico va effettuata per

non più di 24 ore dopo l’intervento.

3) scelta dell’antibiotico

Il farmaco deve essere efficace in vitro verso i più

probabili contaminanti intraoperatori per lo specifico

intervento. Nella chirurgia addominale di nostro interesse

gli agenti microbici predominanti sono bacilli aerobi Gram

negativi, anaerobi ed enterococchi (oltre ai funghi).

Per il loro spettro d’azione, i farmaci raccomandati sono le

cefalosporine di II generazione (cefoxitina o cefotetan) o,

in alternativa, le aminopenicilline in combinazione con un

inibitore delle beta-lattamasi (Tabella 1).

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In caso di allergia alle beta-lattamine, un aminoglicoside

(gentamicina) in associazione a clindamicina rappresenta

il regime profilattico consigliato.

Tabella 1. Regimi consigliati di antibioticoprofilassi,

dosaggi e tempi di somministrazione dell’eventuale dose

intraoperatori Antibiotico Dosaggio

preoperatorio

Dosaggio

intraoperatorio

Tempo

di

sommini

strazione

della

dose

intraope

ratoria

Commenti

Cefoxitina 2 g 1 g 1,5 ore Possibili ulteriori 1 o 2

dosi postoperatorie ogni 8

ore per non più di 24 ore

Cefotetan 2 g 1 g 6 ore Possibili ulteriori 1 o 2

dosi postoperatorie ogni 8

ore per non più di 24 ore

Amoxicillin

a/clavulanat

o

2,2 g 1.2 g 2,5 ore Possibili ulteriori 2 o 3

dosi postoperatorie ogni 6

ore per non più di 24 ore

Ampicillina 3 g 1.5 g 2,5 ore Possibili ulteriori 2 o 3

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/sulbactam dosi postoperatorie ogni 6

ore per non più di 24 ore

Gentamicin

a +

clindamicin

a

1,7 mg/Kg +

600 mg

1,7 mg/Kg +

600 mg

3,5 ore

Per la chirurgia del colon-retto è inoltre indicata la

profilassi per via orale con neomicina ed eritromicina (o

metronidazolo), 1 g ciascuna, da somministrarsi alle ore

13, 14 e 23 del giorno precedente l’intervento .

D’altra parte, se durante l’intervento insorgono

complicazioni (abbondante contaminazione, errori di

tecnica, ecc.), l’intervento deve essere considerato come

contaminato ed è indicata terapia precoce con antibiotici

diversi e per un tempo più lungo (ceftriaxone, in

associazione a metronidazolo, oppure ureidopenicilline, ad

esempio piperacillina/tazobactam, per almeno 3-5 giorni).

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CONSIDERAZIONI ANESTESIOLOGICHE

Piergiovanni Chiantera

Le tecniche di perfusione addominale ipertermica con

chemioterapici possono comportare delle problematiche

emodinamiche importanti dovute principalmente alla

diminuzione delle resistenze vascolari sistemiche con

diminuzione della diuresi, tachicardia ed ipotensione. La

visita anestesiologica preoperatoria del paziente assume

pertanto notevole importanza per la preparazione e la

conduzione ottimale di questi particolari interventi, che

rappresentano un impegno gravoso per l’anestesista.

Infatti questi pazienti hanno una estesa incisione

addominale con grande perdita insensibile di fluidi e

rimangono in camera operatoria per molte ore.

Note di monitoraggio intraoperatorio

Oltre al consueto monitoraggio di base ( ECG, diuresi,

ossimetria transcutanea, anidride carbonica di fine

espirazione, pressione arteriosa non invasiva) assume

particolare rilievo il monitoraggio della pressione venosa

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centrale per le informazioni che da essa si possono

ricavare sullo stato del precarico del ventricolo destro e, in

assenza di asimmetria di funzione tra i due ventricoli, su

quello del ventricolo sinistro. E’ un parametro quindi in

stretta dipendenza dal volume intravascolare che, durante

la fasi di perfusione ipertermica, può subire delle

modificazioni rapide ed importanti dovute essenzialmente

alla vasodilatazione sistemica che si viene ad instaurare.

Nel paziente cardiopatico con ridotta frazione di eiezione,

il monitoraggio più completo delle funzioni

emodinamiche, soprattutto se attuato tramite le moderne

metodiche non invasive quali l’ecocardiogramma

transesofageo, che non espone il paziente ai rischi

traumatici ed infettivi legati al cateterismo dell’arteria

polmonare (catetere di Swan-Ganz), è indispensabile per

la corretta gestione delle problematiche legate alla alterata

funzionalità cardiaca. Il posizionamento di una cannula in

arteria radiale consente il rilievo continuo della pressione

arteriosa ed un facile monitoraggio dei parametri

emogasanalitici.

Non può essere trascurato il monitoraggio della

temperatura corporea centrale tramite sonda rinofaringea,

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rettale o vescicale, sia nelle fasi precedenti la perfusione

per mantenere l’omeostasi termica del paziente con l’uso

del materassino termico e la somministrazione di fluidi ad

adeguata temperatura, sia durante la perfusione per evitare

situazioni di ipertermia.

NOTE DI TECNICA ANESTESIOLOGICA

Oltre al posizionamento di un catetere venoso bi o trilume

in una vena centrale (vena giugulare interna o vena

succlavia), si incannulano almeno due vie venose

periferiche di grosso calibro sulle braccia del paziente, che

consentano la rapida somministrazione di fluidi. La scelta

della specifica tecnica di anestesia generale (bilanciata o

totalmente endovenosa), dipende naturalmente dalla

familiarità dell’anestesista con tale procedura, tranne nei

casi di controindicazioni specifiche per l’una o per l’altra.

Particolare cura si raccomanda nella impostazione di una

efficace copertura analgesica postoperatoria, da attuarsi

con l’infusione continua,tramite pompa elastomerica, di

farmaci analgesici per via endovenosa o peridurale. In

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particolare il posizionamento preoperatorio di un catetere

nello spazio epidurale permette di utilizzare l’analgesia

del blocco centrale combinata ad una anestesia generale

“leggera” a componente prevalentemente ipnotica, e di

avere una efficace copertura analgesica nel postoperatorio.

Il dolore postoperatorio infatti è un fattore di inabilità che

limita le capacità di movimento del paziente, quindi di

tossire e di respirare profondamente, facilitando

l’insorgenza di complicanze polmonari, e che provoca

alterazioni endocrine e metaboliche gravi.

NOTE SULLE PROBLEMATICHE

INTRAOPERATORIE NELLA FASE DI PERFUSIONE

Durante la fase di perfusione addominale ipertermica si

verifica comunemente una importante vasodilatazione

periferica con tachicardia, ipotensione e riduzione della

diuresi. E’ necessario quindi mantenere una adeguata

volemia già durante le fasi precedenti la perfusione, con il

ripristino delle perdite ematiche in base ai valori

dell’ematocrito. Lo stato ipotensivo associato all’uso di

chemioterapici potenzialmente nefrotossici, può indurre

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una situazione di grave sofferenza del parenchima renale.

Il flusso urinario va mantenuto intorno al volume di 100

ml ogni 15 minuti durante la perfusione e per l’ora

successiva, mediante l’infusione generosa di cristalloidi

(circa 1500 ml/h), plasma e albumina, ricorrendo, se

necessario, a piccoli boli di Furosemide. La valutazione

della pressione venosa centrale fornisce indicazioni su un

adeguato volume ematico circolante, mentre il

monitoraggio della funzione cardiaca per mezzo

dell’ecocardiogramma transesofageo può indicare la

necessità di utilizzare farmaci inotropi e/o vasopressori.

In questa fase va attentamente monitorizzata la

temperatura centrale, interrompendo l’eventuale infusione

di soluzioni calde spengendo il materassino termico e

raffreddando nel contempo la camera operatoria. Uno stato

di ipertermia grave, che persiste anche dopo il termine

della perfusione, va prontamente trattato con

l’applicazione di ghiaccio intorno la testa del paziente, con

il lavaggio della cavità addominale con soluzioni saline

fredde e la somministrazione abbondante di fluidi.

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Bibliografia

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PREPARAZIONE AL TAVOLO OPERATORIO

A.Garofalo, M.Valle, F.Cavaliere

Dopo aver praticato l’anestesia generale si procede alla

preparazione dell’intervento.

Riteniamo utile la detersione preventiva della cute del

torace dell’addome estesa fino a 2/3 di coscia con

idrossivinilpirrolidone-iodio saponato che viene rimosso

totalmente con laparotomiche sterili dal personale di sala,

si procede quindi al posizionamento del catetere vescicale

collegato ad un urinometro per la valutazione della diuresi

oraria, alla contenzione degli arti inferiori con

massaggiatore ad aria o calze elastiche, per la prevenzione

della stasi venosa degli arti inferiori vista la lunga durata

dell’intervento. Il paziente viene posizionato sul tavolo

operatorio in leggero Trendelemburg a gambe semiflesse

su cosciali. ( fig.)

Per il mantenimento della temperatura corporea viene

utilizzato un riscaldatore posto a mantella sul torace o il

materassino termico. Si prosegue quindi ad ulteriore

disinfezione della cute con idrossivinilpirrolidone-iodio

che deve comunque essere estesa al torace, all’addome ad

ai due terzi superiori di coscia. La delimitazione del

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campo operatorio si effettua con telini sterili monouso e

sovrapposizione di steridrape.

L’operatore si pone alla destra del malato, almeno per la

prima parte dell’intervento, l’aiuto a sinistra, l’assistente

tra le gambe, la strumentista a destra dell’operatore. Nello

strumentario riteniamo indispensabile: il divaricatore di

Tompson, un elettrobisturi ad alta potenza con possibilità

di funzione spray ed elettrodo a sfera da 2mm, due

aspiratori per liquidi organici, e di un aspiratore di gas.

Negli ultimi anni abbiamo verificato l’efficacia, per alcune

dissezioni ( stomaco, linfectomia iliaca etc.), delle forbici

bipolari.

E’ utile avere a disposizione ferri per emostasi vascolare

Satinsky, Buldog pinze e portaghi vascolari e vessell

loops.

LA TECNICA CHIRURGICA

Nel’intervento di peritonectomia il chirurgo tende

all’asportazione,mediante “stripping peritoneale”, di tutta

la neoplasia visibile cercando sempre di raggiungere una

citoriduzione completa CC0. ( P.Sugarbaker )

Nella nostra esperienza dividiamo l’intervento in 8 fasi:

1. Laparotomia e peritonectomia parietale

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2. Peritonectomia pelvica con omentectomia,

resezione colica o colectomia.

3. Peritonectomia del quadrante superiore sinistro e

splenectomia

4. Peritonectomia del piccolo omento,

colecistectomia ed eventuale resezione gastrica o

gastrectomia .

5. Peritonectomia del quadrante superiore destro e

asportazione della glissoniana

6.

7. Vaporizzazione delle lesioni del margine

antimesenterico del tenue e del suo meso.

8. Preparazione ed esecuzione della

chemioipertermia

9. Controllo dell’emostasi e ricostruzione della

continuita’ del tubo digerente

1-Laparotomia e peritonectomia parietale

Si pratica una laparotomia mediana totale lasciando

integro il peritoneo parietale, che viene dissecato con

elettrodo a sfera, dalla linea mediana verso la periferia fino

alle docce parietocoliche e in basso fino al peritoneo

prevescicale.

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2- Peritonectomia pelvica con omentectomia, resezione

colica o colectomia. Si procede alla dissezione del

peritoneo prevescicale sulla linea mediana proseguendo

verso il basso e lateralmente fino ad incontrare nel

maschio il dotto deferente ( che verrà preparato e

risparmiato) e nella femmina il legamento rotondo (che

verrà sezionato). Portando ancora la dissezione verso il

basso incontreremo l’uretete che verrà preparato e montato

su vessel loop e proseguiremo la dissezione, nel maschio,

fino al recesso rettovescicale, risparmiando le vescichette

seminali. Nella femmina, la dissezione si porterà fino al

recesso vescicouterino riconoscendo la parete vaginale

anteriore dove,

lateralmente, verranno

identificate e interrotte le

AA.Uterine per via

extraperitoneale.

Effettuata la legatura

delle AA.Uterine verrà sezionata la parete vaginale

anteriore e posteriore, suturata la vagina e quindi

evidenziata la fascia prerettale subito al di sotto del

recesso peritoneale rettouterino. Nei casi in cui vi sia un

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interessamento del rettosigma, sia nel maschio che nella

femmina, per effettuare l’asportazione del retto en block,

ci si porterà lateralmente aprendo la porzione superiore del

mesoretto da destra a

sinistra che permetterà

l’affondamento del

retto con suturatrice

tipo TA 60. Questa

dell’intervento,

permette l’asportazione in blocco degli organi pelvici e del

sacco peritoneale che li contiene. Procedendo, quindi, la

dissezione verso l’alto nel retroperitoneo incontreremo la

biforcazione dei vasi iliaci, l’A.Aorta e la la V.Cava,

ancora più in alto l’arteria mesenterica inferiore che verrà

sezionata sempre per via extraperitoneale. Questa

dissezione è facilitata se si procede tra lamina di Told e

fascia di Gerota dal basso verso l’alto. Per questo motivo

preferiamo repertare gli ureteri a ridosso della vescica

infatti l’interruzione del Gerota al livello dell’incrocio

dell’uretere con l’iliaca omolaterale potrebbe provocare

prima fase

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uno sconfinamento della dissezione e di conseguenza un

più difficile reperimento dei piani anatomici.

In presenza di carcinosi della sierosa di tutto il colon, sarà

necessario procedere ad una colectomia totale en bloc con

gli organi pelvici già dissecati, completando la dissezione

da destra a sinistra, sempre tra Told e Gerota per la

rimozione del colon dx, mentre, una volta scollato

l’angolo colico dx, verrà aperta la retrocavità che

permetterà l’asportazione en block del trasverso

comprendente l’omento.

Quando il colon prossimale è indenne, può essere

risparmiato. Nei casi in cui il colon sinistro ed il retto

risultino liberi da malattia, è possibile evitare la legatura

dell’arteria mesenterica inferiore, limitando la dissezione

alla rimozione del Douglas ovvero all’asportazione del

recesso vescicouterino nella femmina e del recesso

vescicorettale nel maschio. Questo secondo tempo

dell’intervento viene comunque completato con

l’asportazione del grande epiploon.

3-Peritonectomia del quadrante superiore sinistro

Partendo dal peritoneo parietale si procede nella

dissezione del quadrante di sinistra dall’alto in basso

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asportando il peritoneo diaframmatico fino a raggiungere

posterioremente il surrene di sinistra e medialmente la

sovraepatica sinistra e il pilastro sinistro del diaframma.

Se necessario, si asporta in blocco anche la milza facendo

molta attenzione alla dissezione della coda pancreatica.

4-Peritonectomia del piccolo omento, colecistectomia

ed eventuale resezione gastrica o gastrectomia

Il quarto tempo della peritonectomia prevede due fasi:

a-L’asportazione della borsa omentale racchiusa

anteriormente dal piccolo omento che deve essere

sempre effettuata insieme alla dissezione del

peduncolo epatico ed alla colecistectomia.

b-La gastroresezione o la gastrectomia totale vengono

riservate solo ai casi in cui lo stomaco sia coinvolto da

carcinosi .

L’asportazione della borsa omentale inizia con la legatura

dei vasi provenienti dalla gastroepiploica a raso della

grande curva gastrica proseguendo la dissezione

posteriormente fino alla faccia anteriore del pancreas. Con

eguale cura si dovrà asportare il legamento gastroepatico

facendo attenzione a non ledere il ramo discendente

dell’A.Gastrica sinistra. Si procederà in questo caso

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dall’alto in basso effettuando, se necessario, la dissezione

del tessuto linfograsso posto al di sopra dell’arteria epatica

e proseguendo verso l’ilo epatico che verrà anch’esso

espoliato del peritoneo che lo ricopre . Risalendo verso

l’alto si giunge al triangolo di Calot che darà accesso al

dotto cistico e all’arteria cistica terminando questa fase

con la colecistectomia.

In caso di interessamento dello stomaco nella sua porzione

distale o nella sua totalità, sarà necessario procedere a

resezione gastrica o a gastrectomia totale. E’

indispensabile ricordare che nei casi in cui sia stata

effettuata la splenectomia, e quindi sezionati i vasi brevi e

dissecata la grande curva con frequente sacrificio

dell’A.Gastroepiploica, una resezione parziale di stomaco

sarà attuabile solo quando vi sia una clearence gastrica tale

da permettere la resezione al di sotto del ramo ascendente

dell’A.gastrica sinistra necessaria per la vascolarizzazione

del moncone gastrico e quindi non sezionabile all’origine.

In tutti i casi in cui sia presente un interessamento

linfonodale completiamo questo tempo con la linfectomia

del tripode.

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Quando la carcinosi a carico dello stomaco si presenti

come pochi noduli sparsi che non superano i 5mm, visto

l’aumento della morbilità dovuta alla demolizione

gastrica preferiamo trattare questa carcinosi con

elettrovaporizazione.

5-Peritonectomia del quadrante superiore destro e

asportazione della glissoniana

Risalendo dalla doccia parietocolica e dal margine

superiore destro dell’incisione addominale si inizia la

dissezione del peritoneo del quadrante superiore che si

porta posterioremente fino al peritoneo diaframmatico

raggiungendo medialmente i vasi sovraepatici,

posteriormente la zona nuda del fegato ed in basso la cava

ed il surrene di destra.

In presenza di lesioni

neoplastiche sulla

glissoniana, si effettuerà

la vaporizzazione della

stessa, con bisturi

elettrico ad alta potenza,

con elettrodo angolato a

“mazza da golf”

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procedendo dall’alto verso il basso fino alla faccia

inferiore del fegato. In assenza di una vera e propria

cotenna neoplastica della glissoniana sarà sufficiente

vaporizzarla con elettrodo a sfera.

6-Vaporizzazione delle lesioni del margine

antimesenterico del tenue e del suo meso

La presenza di lesioni di piccole e medie dimensioni

2<>7mm sul margine antimesenterico del tenue o sulla

superficie del suo meso debbono essere trattate con

vaporizzazione. Mentre le lesioni del mesotenue non

necessitano di particolari accortezze, le elettrofolgorazioni

del margine libero debbono essere ben ponderate poiché

possono esitare in perforazioni e fistole a seguito

dell’azione della chemioipertermia.In alcuni casi, può

essere utile apporre dei punti di sutura sulla sierosa al

termine del trattamento.

7-Preparazione alla chemioipertermia

Completato l’intervento demolitivo, verranno posizionati i

drenaggi addominali: uno per l’in flow del chemioterapico

che sarà domiciliato nella sede della neoplasia primitiva o

nella sede più colpita dalla carcinosi e tre di out flow, che

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di norma posizioniamo rispettivamente in sede sotto

diaframmatica destra e sinistra e nello scavo pelvico.

Due sonde termometriche si associano all’ingresso dell’in

flow e sul raccordo dei 3 drenaggi di out flow. La

temperatura del paziente verrà memorizzata con altre due

sonde di cui una di superficie ( timpanica – cutanea) e

l’altra endocavitaria (rettale- vescicale-esofagea).

8-Controllo dell’emostasi e ricostruzione della

continuita’ del tubo digerente

A fine perfusione si procederà al controllo accurato

dell’emostasi e si confezioneranno le anastomosi.

Riteniamo utile l’esplorazione meticolosa di tutti i settori

addominali cruentati posizionando pezze laparotomiche in

ogni settore e rimuovendole solo dopo aver effettuato

l’emostasi settore per settore.

Si deciderà a secondo dei casi se effettuare l’anastomosi

ileo o colorettale o confezionare una ileo o colostomia

provvisoria. Quando si decide per l’anastomosi questa

viene confezionata con tecnica di Knight e Griffen.

Se l’intervento è stato esteso allo stomaco sarà necessario

procedere alla ricostruzione che prevede sempre l’utilizzo

di un ansa alla Roux con piede d’ansa ad almeno 40 cm sia

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che si tratti di una ricostruzione dopo gastroresezione che

dopo gastrectomia totale.Verrà sempre posizionato un

sondino nasogastrico o nasodigiunale. Non condiviso da

tutti il confezionamento di una digiunostomia sulla prima

ansa dopo il Treitz da utilizzarsi come decompressione nel

primo postoperatorio e per nutrizione entererale alla

ripresa della peristalsi.

I drenaggi addominali vengono lasciati in sede e collegati

a buste di raccolta. In tutti i casi di dissezione del

peritoneo diaframmatico, si posizionano due drenaggi

pleurici declivi, poiché il versamento pleurico

postoperatorio in questi pazienti è la regola.

LA TECNICA DELLA PERFUSIONE

PERITONEALE IPERTERMICO ANTIBLASTICA

Esistono due tecniche di chemioipertermia intraoperatoria,

la tecnica chiusa e quella aperta.

Nella prima, dopo aver effettuato una peritonectomia con

citoriduzione, aver posizionato i drenaggi e confezionato

le anastomosi, la parete addominale viene chiusa e iniziata

la perfusione .

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Nella seconda, alla fine della fase demolitiva, si sospende

la parete addominale al divaricatore di Thompson con

punti apposti sulla cute e la breccia addominale viene

coperta con un telo in plastica suturato anch’esso alla cute,

in modo da creare una camera chiusa artificiale: attraverso

una incisione sul telo l’operatore inserisce una mano e

rimescola il perfusato con l’intento di far venire a contatto

di esso tutti gli organi addominali ed in modo precipuo le

anse del tenue ed i mesi.

Entrambe le metodiche presentano vantaggi e svantaggi: la

tecnica chiusa permette sicuramente una minor perdita di

calore del perfusato, con maggiore stabilità termica,

evitando temperature elevate in entrata per mantenere una

temperatura intraddominale media di 42°. La tecnica

aperta permette invece un più omogeneo contatto delle

anse intestinali con il chemioterapico e consente di

effettuare le anastomosi dopo la chemioterapia,

diminuendo notevolmente l’incidenza di recidive

anastomotiche, poiché il chemioterapico può agire anche

sui margini d’affondamento.

Nell’immediato postoperatorio si effettuano lavaggi con

soluzione di destrosio al 5% allo scopo di rimuovere

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fibrina, cellule in apoptosi post chemioterapia e residui

ematici. Lo scopo di questi lavaggi è di evitare che cellule

neoplastiche non in apoptosi, quindi vitali, vengano

imbrigliate dalla fibrina e possano dare esito a quelle che

vengono chiamate da Sugarbaker “le cattedrali del cancro”

che potrebbero nel tempo dare esito a ripresa della

malattia.

La tecnica del lavaggio addominale postoperatorio si base

su tre tempi :

1) Chiusura con clamp di tutti i drenaggi addominali

tranne quello usato come in flow durante la

perfusione.

2) Infusione rapida di 1000 cc di soluzione di

destrosio dal drenaggio di inflow

3) Riapertura di tutti i drenaggi

I lavaggi postoperatori vengono effettuati ogni ora fino ad

avere un liquido limpido o a lavatura di carne durante

l’outflow, si proseguono poi ogni 2 ore per le prime 12h

postoperatorie.

CHEMIOTERAPIA POSTOPERATORIA PRECOCE

Al termine della prima ora postoperatoria, ogni ora per le

prime sei ore e quindi ogni quattro ore sino all’inizio della

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chemioterapia, si pratica il lavaggio della cavità

addominale a drenaggi aperti ed alta velocità di infusione

con 1 litro di soluzione iso-osmotica alla temperatura di

37°C. Il lavaggio ha la funzione di prevenire aderenze

precoci che compromettano l’esposizione delle superfici

oltreché quella di detersione meccanica della cavità

addominale.

Entro le 24 ore successive all’intervento, dopo avere

escluso la presenza di versamento libero endoaddominale,

si chiudono i drenaggi e si infonde 1 litro di soluzione iso-

osmotica a temperatura corporea arricchita dei farmaci

antineoplastici.I drenaggi rimangono chiusi sino all’inizio

della successiva infusione e le infusioni si ripetono ogni

24 ore per 5 giorni.

Al termine il liquido di lavaggio può venire utilizzato per

la ricerca di cellule neoplastiche, con citologia

convenzionale e pannelli di anticorpi monoclinali specifici

per la neoplasia in esame.


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