Sezione III civile; udienza 16 maggio 1931; Pres. Padiglione P., Est. Macedonio, P. M. Conforti(concl. conf.); Canelli c. Procuratore generale presso Corte Appello FirenzeSource: Il Foro Italiano, Vol. 56, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1931), pp. 1219/1220-1221/1222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23133818 .
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1219 PARTE PRIMA 1220
avvenuta per colpa della Società, doveva rimanere com
pensato il residuo prezzo col valore della perduta bilancia.
Il Tribunale di Roma con sentenza 28 luglio 1930
riformò l'impugnata sentenza accogliendo l'appello della
Zanelli. Osservò il Tribunale preliminarmente che, come
in primo grado cosi in secondo, la Società non aveva
tornito prove sulla fornitura della bilancia e sull'importo delle rate scadute e che quindi l'appello meritava solo
perciò pieno accoglimento. Aggiunse per altro che, risul
tando da letterali maggio 1929 della Società, prodotta dalla
Zanelli, che costei aveva avvertito la Società della procedura coattiva iniziata da creditori del marito circa la bilancia, la Società, la quale era rimasta proprietaria della bilancia
in forza del patto contrattuale di riservato dominio, col
disinteressarsi dal fare quell'opposizione che solo ad essa
come proprietaria sarebbe stato possibile proporre, aveva
mancato al conseguenziale suo obbligo di tutelare alla
Zanelli il libero godimento dell'oggetto acquistato ; sicché
anche sotto tale riflesso la sentenza appellata non avrebbe
potuto essere confermata.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassa
zione la Società venditrice. (Omissis) Il Tribunale ha riconosciuto inadempiente ed in colpa
la società venditrice, perchè essa, sebbene dalla Zanelli
avvertita dell'esecuzione iniziata dai creditori del marito
di lei sulla bilancia vendutale con patto di riserva di
dominio, non si era curata di esperire l'opposizione per
separazione a termini dell'art. 647 cod. proc. civ. ed in
conseguenza di ciò, in riforma della sentenza di primo
grado, ha respinto la domanda ravvisando fondata l'ecce
zione contrapposta dall'appellante Zanelli.
L'argomentazione della sentenza denunciata poggia su
due presupposti dalla sentenza stessa enunciati. Il primo è che la compratrice Zanelli, semplice posseditrice della
bilancia comprata con riserva di dominio da parte della
Società venditrice, non potesse proporre opposizione e
domanda di separazione a sensi dell'art. 647 cod. proc. civile. L'altro presupposto è che in forza della riserva di
dominio la Società venditrice avesse obbligo contrattuale
di garantire alla compratrice il pieno e libero godimento della bilancia e perciò l'obbligo di agire in separazione contro la pretesa giudizialmente spiegata sulla bilancia
da creditori del marito della Zanelli.
Ambedue questi presupposti sono erronei e contrastano
con i concetti giuridici, cui si informa il contratto di
compra vendita con patto di riservato dominio. Su di essi
inoltre si riverbera una manifesta mancanza di motiva
zione, in quanto la denunciata sentenza non curò di tener
conto della suaccennata terza clausola del contratto di
compra-vendita, che la Società aveva richiamata nella sua
comparsa conclusionale d'appello coordinando ad essa le
proprie argomentazioni difensive.
Il patto di riserva di dominio contenuto in una con
trattazione di compra-vendita si sostanzia in una garanzia a favore del venditore. Sicché, stante tale indole, di quel
patto il venditore può o no avvalersi secondo quel che
meglio conferisce al proprio interesse. Nel caso in esame
a questo concetto anzi la ricorrente sostiene essersi espres samente conformata la suaccennata terza clausola del
contratto.
Nel tempo antecedente al momento in cui il venditore
abbia manifestato il proposito di avvalersi o no della ga ranzia a lui costituita dal patto di riserva di dominio, non
può riconoscersi mancare il compratore, specie di fronte
ai terzi, di un diritto sulla cosa. Egli ha in forza del
contratto un diritto di proprietà, sia pur condizionato
sospensivamente al pagamento integrale del prezzo. Per
tanto non era precluso alla compratrice Zanelli nella
fattispecie in esame di sperimentare il reclamo in separa zione a sensi dell'art. 647 cod. proc. civile. Il reclamo
non avrebbe potuto esser respinto per mancanza d'inte
resse della Zanelli a proporlo dum condicio pendebat. In
fatti, sebbene non sia dubbio che l'interesse ad agire, condizione necessaria a legittimare la proposizione in
giudizio di qualsiasi azione, debba essere attuale, cioè
esistere al momento stesso in cui si propone l'azione,
purtuttavia l'attualità dell'interesse non va confusa con
l'attualità del diritto. L'interesse può essere attuale,
quantunque il diritto cui si riferisce, sia soltanto eventuale.
E' ovvio infatti che anche un diritto eventuale può essere
leso e la lesione fa sorgere l'interesse legittimo ad otte
nere il riconoscimento di quel diritto. Non esisteva dunque nella Zanelli, in dipendenza del patto di riservato dominio,
quell' impossibilità di proporre l'opposizione in separazione, dalla quale la denunciata sentenza credette argomentare la necessità della proposizione di quell'opposizione da
parte della Società venditrice.
Nè può riconoscersi per altro verso che alla Società
incombesse obbligo di garantire di fronte ai terzi alla com
pratrice il godimento della cosa venduta e perciò di spe rimentare essa l'opposizione in separazione. Tale obbligo sarebbe stato in contrasto con la suaccennata indole di
garanzia, cui s'informa il patto di riserva di dominio, e
con la conseguente facoltà del venditore di avvalersi o no
di quel patto. L'inerzia adunque della Società venditrice dopo la
notizia datale dalla compratrice circa l'iniziata procedura
esecutiva, essendo determinata dall'esercizio di un diritto
non poteva essere riconosciuta costitutiva di colpa e non
poteva dar luogo a quel risarcimento di danni, che fu la
base della compensazione, per la quale dalla denunciata
sentenza venne respinta la domanda di pagamento spiegata dalla Società.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO.
Sezione III civile ; udienza 16 maggio 1931 ; Pres. Pa
diglione P., Est. Macedonio, P. M. Conforti (conci,
conf.) ; Canelli c. Procuratore generale presso Corte
Appello Firenze.
(Sent, denunciata : App. Firenze 27 dicembre 1930)
Notaro — Protesti cambiari — Omessa trascrizione
nel repertorio — Contravvenzione alla legge no
tarile — Penalità — (Cod. comm., art. 306 ; L. 16
febbraio 1913 n. 89, art. 62, 137, 143).
La omessa trascrizione da parte del notaro di ciascun
protesto nell'apposito registro prescritto dall'art. 306
cod. comm., costituisce una contravvenzione per sè
stante, per ogni singolo protesto non trascritto, sog
getta alla pena sancita dall'art. 137 della legge no
tarile 16 febbraio 1913 n. 89. (1)
(1) Sulla questione non ci risultano editi precedenti giuri sprudenziali.
La sentenza cassata, la cui motivazione è sostanzialmente riferita nella decisione del Supremo Collegio, leggesi in Rivista di legislazione fiscale, 1931, fase. 4, pag. 274.
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1221 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1222
La Corte, eco. (Omissis) — I due ricorsi possono es
sere riuniti, perchè diretti (sia pure per motivi diversi), contro la stessa sentenza. La tesi sostenuta in via prin
cipale dal ricorrente non venne neppure prospettata in ap
pello : pertanto, se si dovessero seguire rigorosamente le
norme del procedimento civile, ogni discussione su di essa
sarebbe addirittura interdetta in questa sede di giudizio. Ad ogni modo, l'assunto del notaio Canelli è desti
tuito di qualsiasi fondamento giuridico non solo perchè l'art. 306 del cod. di comm. sancisce l'obbligo di tenere
il registro dei protesti cambiari « nelle forme stabilite per i repertori » sicché sarebbe perciò solo lecito inferirne che
la irregolare tenuta del detto registro importa le stesse
sanzioni comminate dalla legge notarile per la trasgres sione delle norme prescritte per la tenuta dei repertori, ma anche perchè l'art. 143 della legge notarile espressa mente stabilisce che la inosservanza delle disposizioni sulla
tenuta di tutti i registri che il notaio deve tenere per
legge sono punite con le norme dettate dall'art. 137 della
legge stessa, che alla tenuta del repertorio si riferisce.
Egualmente assurde ed inattendibili sono le ragioni ad
dotte dal ricorrente per sostenere che quale che sia il
numero dei protesti non trascritti, si tratti sempre di unica
contravvenzione.
Per vero la legge (art. 306 cod. comm.), esige la tra
scrizione integrale di ogni singolo |rotesto, a garanzia del
ceto commerciale ed a tutela del credito e della buona
fede che costituiscono la base delle contrattazioni tra com
mercianti.
Si tratta quindi di formalità essenziale dettata da fi
nalità riguardanti l'interesse generale, non potendosi di
sconoscere che il commercio costituisce una delle fonti più
cospicue della prosperità economica, e non dovendosi, d'altra parte, escludere che anche i privati cittadini pos sano avere interesse a conoscere i protesti eseguiti in
danno di persone con le quali si trovino in rapporti, siano
esse o meno commercianti.
E poiché ogni protesto non trascritto rappresenta una
violazione della norma legislativa e basta da solo a far
sorgere (per coloro che hanno rapporti di interessi col de
bitore insolvente contro il quale il protesto venne eseguito)
quel pericolo di un pregiudizio economico al quale il le
gislatore ha voluto per lo appunto ovviare con la pub blicità dei protesti ; è ben chiaro che ogni omissione di
tal genere debba essere considerata come una contrav
venzione per sè stante e che non si possa parlare, come
fa il ricorrente, di unica trasgressione qualunque sia il
numero dei protesti non trascritti.
Nè può trovare favorevole accoglimento la tesi inter
media accettata dalla Corte di appello di Firenze con la
sentenza che viene giustamente denunciata dal Procura
tore Generale presso la detta Corte come violatrice delle
disposizioni di legge in esame.
L'avere il legislatore imposto un termine all'adempi mento dell'obbligo della trascrizione di ogni singolo pro
testo, non può considerarsi come elemento favorevole, ma
di maggiore onere per i notai. La trascrizione stessa deve
pur sempre avvenire per ogni singolo atto e per intero ;
quindi la omissione di un solo protesto costituisce sempre una contravvenzione, anche se tutti gli altri protesti ese
guiti nella stessa giornata siano stati regolarmente ed in
tegralmente trascritti. L'aggiunta del termine giorno per
giorno importa un obbligo maggiore, in quanto non basta
la trascrizione integrale di ogni singolo protesto, ma questa deve essere eseguita nella stessa giornata, sicché il solo
ritardo nella trascrizione fa cadere egualmente, il notaio
nelle sanzioni punitive dalla legge dettate all'art. 137.
Questo è l'unico significato che si può attribuire al
termine imposto per la esecuzione dell'obbligo della tra
scrizione. Sarebbe, invece, arbitrario ed erroneo ritenere, come fece la sentenza impugnata, che la omessa trascri
zione di tutti i protesti eseguiti nella stessa giornata deb
bano considerarsi come unica violazione di legge. Ciò equi varrebbe a confondere la norma obiettiva della legge stessa
(obbligo della trascrizione integrale di ogni singolo pro
testo) con il termine stabilito per la sua esecuzione, mentre
si tratta di elementi ben distinti, la violazione dei quali
può portare a distinte e separate contravvenzioni.
Si verrebbe, inoltre, in tal modo a tramutare in un
immediato vantaggio, quello che non può essere interpre tato che come un maggiore aggravio stabilito dalla legge a carico dei notai, l'obbligo cioè della trascrizione giorno
per giorno dei protesti cambiari nell'apposito registro.
L'imposizione di questo brevissimo termine a maggiore e
più ampia garanzia del raggiungimento di quei fini di in
teresse generale, cui la pubblicità dei protesti è ispirata, non muta l'essenza della norma legislativa che, come si
è visto, impone il particolare obbligo della trascrizione
integrale di ogni singolo atto di protesto, sicché la omessa
trascrizione di ogni protesto costituisce una contravven
zione per sè stante e fa incorrere nella pena sancita dalla
legge notarile all'art. 137.
Non sarà, infine, del tutto inutile osservare come la
denunziata sentenza, con la teorica adottata, e con le pene
irrogate, viene a rendere del tutto irrisoria l'applicazione delle sanzioni dalla legge stabilite, giacché, pur avendo
constatato che i protesti non registrati per ogni giornata non festiva, erano in numero abbastanza elevato, di ciò
non tenne conto alcuno nella irrogazione della ammenda
che fissò nel minino di L. B per ogni contravvenzione.
(Omissis). Per questi motivi, cassa, ecc.
CuHTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. *
Sezioni unite ; udienza 15 gennaio 1931 ; Pres. D'Ame
lio P. P., Est. Granello, P. M. Giaquinto (conci,
conf.) ; Barone (Avv. Flores) c. Provveditorato agli studi della Campania (Avv. di Stato Grassia).
(Sent, denunciata : Cons. Stato 12 aprile 1923)
(■iustizia amministrativa — Consiglio di Stalo —
(giudizi» di legittimità — l'rovvediment» II 111 mi Ili
* Nel pubblicare nel Massimario del Foro Italiano la mas sima della sentenza, che ora diamo qui per esteso, si è invo lontariamente incorsi in un errore di stampa. Ove è detto, in fatti : «... il Consiglio di Stato si limiti a contraddire la legitti mità ecc.. .. •, deve invece leggersi (così come del resto é detto testualmente nel corpo della sentenza stessa): • ... il Consiglio di Stato si limiti a controllare la legittimità ecc. . . . >.
Così corretta, la massima corrisponde esattamente a quella formulata dal Massimario interno della Corte di Cassazione.
Questa rettifica — che, trattandosi di errore di stampa fa cilmente rilevabile, tanto più a chi avesse sott'occhio il testo della sentenza, avevamo rimandato a fine d'anno — sembra in vece ora urgente e doverosa da parte nostra, giacché il nostro errore tipografico, riprodotto da altre Raccolte, ha ingenerato involontariamente un equivoco, che ha determinato una nota critica apparsa in una autorevole-e diffusa Rivista (a) — e firmata dallo stesso suo illustre Direttore — nella quale il nostro er
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