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PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE || Sezioni unite — Udienza 17 febbraio 1880,...

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Sezioni unite —Udienza 17 febbraio 1880, Pres. Ghiglieri P., Est. Bonelli, P. M. De Falco (Concl. conf.) —Finanze c. Mazzarotto Maschi Source: Il Foro Italiano, Vol. 5, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE (1880), pp. 1065/1066-1067/1068 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23087158 . Accessed: 24/06/2014 19:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.208 on Tue, 24 Jun 2014 19:42:47 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite —Udienza 17 febbraio 1880, Pres. Ghiglieri P., Est. Bonelli, P. M. De Falco (Concl.conf.) —Finanze c. Mazzarotto MaschiSource: Il Foro Italiano, Vol. 5, PARTE PRIMA: GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE(1880), pp. 1065/1066-1067/1068Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23087158 .

Accessed: 24/06/2014 19:42

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1065 GIURISPRUDENZA CIVILE E COMMERCIALE 1066

pontifìcie, ed in generale in quelle in dui prevalse il

diritto romano, fu mantenuto fermo il principio della

piena loro revocabilità (Rtcheri, Univ. civil, et crini,

jurisprud., § 6453 e segg.) Però anche in queste Pro

vincie si dubitò se, nelle disposizioni reciproche di te

stamenti congiuntivi, mutata la volontà dell'un testa

tore potesse considerarsi come persistente la volontà

dell'altro, cui si fosse tenuto occulto l'atto di rivoca

zione.

Il quale dubbio, che sorge spontaneo dalla natura

della cosa, dimostra l'esistenza di un vincolo morale, se non giuridico, tra le disposizioni mutue ; ed è vizio

che affetta il contenuto sostanziale del testamento con

giuntivo, colpito nel caso attuale dal divieto dell'ar

ticolo 699 cod. alb., vigente all'apertura della contro

versa successione di Antonio Lenti; Attesoché appunto perchè si tratta di vizio di so

stanza per divieto di ordine pubblico, la nullità della

disposizione avrebbe potuto essere dichiarata di ufficio

dalla Corte di Ancona; ma risulta dagli atti, che nello

sviluppo della difesa in appello anche le parti avevano

accennato a questa nuova "ragione di nullità.

Sul quarto mezzo. — Attesoché non per inferenza

di erronei principi di diritto, ma per estimazione di

fatto ed interpretazione di volontà, ritenne la Corte di

merito esclusi dal legato de' mobili alcuni buoi aratori,

come annessi ai fondi alla cui cultura erano addetti.

Laonde questo giudizio sfugge al sindacato della Corte

di cassazione; Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Sezioni unite — Udienza 17 febbraio 1880, Pres. Ghi

glieri P., Est. Bonelli, P. M. De Falco (Conci, conf.) — Finanze e. Mazzarotto Maschi.

Danni di guerra — Risarcimento — Espropriazione

per p. n. — Forza maggiore (Cod. CÌV. austr.,

art. 365, 1044).

Competenza — Autorità giudiziaria (L. 31 marzo 1877,

art. 3, n. 3).

Dei danni di guerra alcuni sono volontari, conse

guenza cioè di un piano di difesa preordinato, mentre il nemico è assente, altri necessari, ossia

effetto improvviso della guerra già scoppiata; i

primi rientrando nel concetto di espropriazione per causa d'utilità pubblica sono risarcibili, i secondi

invece, rientrando nel concetto di forza maggiore,

non danno azione civile al danneggiato pel risar

cimento. (1)

Una volta impegnata la guerra diventano necessari,

opperò non risarcibili non soltanto i danni arrecati

nel territorio ove è circoscritto il combattimento,

ma altresì quelli che, pur causati fuori del teatro

dell'azione, sieno conseguenza diretta di urgenti

misure difensive od offensive. (2)

A mente del codice austriaco l'autorità giudiziaria

è incompetente a decidere sulla riparazione dei

danni della guerra combattuta.

Tale incompetenza non vien meno sol perchè Vattore,

snaturando l'indole del fatto produttivo dei danni

e la figura giuridica dell' azione, nelle sue conclu

sioni abbia chiesto un compenso per espropriazione

sofferta.

La Corte, ecc. — Considerando che la Corte di Ve

nezia, ritenendo che la perdita dei molini sofferta dalla

Mazzarotto fosse a considerarsi non già come danno di

guerra, ma come una conseguenza di predisposizioni

strategiche prese dalle Autorità militari nel pubblico

interesse, stimò essere applicabile il § 365 del codice

austriaco, il quale dispone « che quando l'utilità pub blica lo esiga, deve ciascun membro dello Stato cedere

anche la sua piena proprietà contro una conveniente

indennizzazione ».

Trattandosi quindi a suo credere di un'azione fon

data sulla legge, e così dell'esercizio di un diritto ci

vile, non dubitò della competenza dell'Autorità giudi

ziaria a conoscerne ;

Considerando che, mentre non può disconoscersi che

fra le opere di utilità pubblica sono da comprendersi

anche gli apparecchi militari di difesa che lo Stato in

traprende sul proprio territorio, deve però ammettersi

che non qualunque sacrificio imposto forzatamente alla

proprietà d'un privato per necessità di guerra riveste

il carattere di espropriazione nel senso giuridico. Il

criterio per distinguere quando si tratta di veri danni

di guerra, e quando di danni provenienti da espropria

zione per interesse pubblico di militare difesa, con

siste nell'esaminare se il danno fu prodotto da opere

a disegno preordinato, mentre il nemico è ancor lon

tano, e riconosciute preventivamente utili nel caso di

invasione del medesimo, ovvero se fu conseguenza im

(1-2) Questa sentenza della Cassazione di Roma si allontana dalla nota teoria di Vattel, generalmente accettata, sui danni di guerra.

Questa teoria era stata invece accolta dalla Cassazione di Torino nella

sentenza del 6 luglio 1877, Adami c. Ministero della Guerra (Foro it., 1877. I, 938 con nota). In questa sentenza disse infatti la Corte subal

pina non refettibili quei soli danni che siano stati recati nell'atto stesso della guerra guerreggiata, ma refettibili gli altri tuttoché recati dallo Stato in altro territorio, e nella imminenza del pericolo che anche

questo venisse invaso dal nemico « imperocché (sono parole della sen

tenza) fossero pure incominciate le ostilità, fosse pure imminente il

pericolo-d'uno scontro sotto le porte di Pavia, il danno arrecato pro venne in occasione od in causa di guerra, ma non derivo per fatto del nemico nel fervore del combattimento ».

Questa distinzione invece non è ammessa dalla presente sentenza della Cassazione di Roma, sembrando a questa danni di guerra non refettibili tanto quelli recati nella conflagrazione della lotta fra i due eserciti nemici, quanto quelli recati dallo Stato in alfcro territorio, nella imminenza del pericolo che la guerra anche a questo territorio si estenda.

Sulla materia dei danni di guerra consulta poi oltre alla citata sen tenza della Cassazione di Torino, e la nota che l'accompagna, le se

guenti altre decisioni: Cassazione di Firenze 15 dicembre 1879, Fi nanze c. Donà Boldù (Bettini, 1880, 293), e 21 luglio 1878, Finanze c.

Verlengo (Foro it., 1878, I. 715, con nota) ; Cassazione di Torino, 8 gennaio 1876, Adami c. Finanze (Foro it., 1876, I, 220, con nota), e

Appello di Torino, 4 luglio 1876, Adami c. Finanze (Foro it., 1877.

I, 189, con nota dell'avv. Mogliazza). Consulta anche Mogliazza, Del risarcimento dei danni di guerra (2a edizione, Roma, 1876).

Il Foro Italiano. — Volume V. - Parte I. — 68.

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1067 PARTE PRIMA 1068

provvisa della guerra già scoppiata e della necessità

del combattimento: nel primo caso il danno è volon

tario, nel secondo si ha come proveniente da forza

maggiore, e non dà luogo all'esercizio d'un vero diritto

civile in confronto dello Stato;

Considerando che, sebbene la sentenza denunciata

non disconosca in massima siffatto criterio direttivo,

pure non ne fa giusta applicazione al caso concreto,

avuto riguardo alle stesse circostanze di fatto da lei

ritenute. Ed in vero, mentre essa accenna che il tras

porto dei molini da una sponda all'altra dell'Adige fu

eseguito per ordine del Comando militare austriaco nel

18 giugno, prima cioè che incominciassero le ostilità

fra i due eserciti, e che la distruzione dei medesimi non

ebbe luogo che nel giorno 24, nel giorno stesso cioè

che seguì la battaglia di Custoza, in quanto avrebbero,

potuto facilitare il passaggio delle truppe italiane sul

l'Adige, confonde poi questi due ben distinti fatti, e

dal primo che apparisce manifestamente e per la sua

data, e per le circostanze che lo accompagnarono, pre

ordinato a semplice misura di precauzione, argomenta

l'indole parimenti cautelativa del secondo. Ma dove

soprattutto la sentenza si è allontanata dal criterio giu

ridico che doveva guidarla e che credeva di applicare,

egli è nell'avere ritenuto che la distruzione dei molini

non potesse considerarsi come danno di guerra, per

la ragione che « bellica conflagrazione eravi bensi nel

territorio di Custoza e contermini, ma non in quello

di Caverzere, sito alla distanza di 140 chilometri, ed

ove nessun combattimento erasi impegnato, nè avrebbe

potuto impegnarsi in quel giorno ».

Come ognun vede, la sentenza restringendo il con

cetto giuridico dei danni di guerra, ne limita la pos

sibilità al solo luogo in cui sia presente il nemico ed

arda il combattimento; ma tal concetto è inesatto,

perchè quando il nemico ha già invaso una parte del

territorio d'uno Stato, e la lotta è in esso impegnata,

l'azione militare non si -circoscrive alla provincia oc

cupata, ma fa sentire i suoi effetti alle altre parti an

cora del territorio in cui la guerra sta per estendersi,

e questi effetti o si manifestino colle uccisioni e le de

vastazioni, e colla distruzione di ciò che in potere del

nemico potrebbe convertirai in mezzo, di offesa, muo

vono sempre dalla stessa cagione, cioè dalla suprema necessità di guerra; e il sacrifizio della proprietà pri vata che li accompagna non può quindi ritenersi con

seguenza di quelle volontarie misure preventive di di

fesa aventi ir carattere di espropriazione per pubblica ' utilità.

Ciò posto, _ rimanendo esclusa l'applicabilità al caso

del § 365 codice austriaco, con ragione pertanto l'Am

ministrazione dedusse l'incompetenza o mancanza di

giurisdizione del potere giudiziario a porre a carico

dello Stato le conseguenze che la Mazzarotto ebbe a

risentire nella sua proprietà privata per avvenimenti

da annoverarsi fra i danni di guerra, e in ordine ai

quali il § 1044 dello stesso codice austriaco dispone « che la ripartizione dei medesimi viene regolata dalle

autorità politiche dietro norme speciali »;

Che non ha valore alcuno quanto si deduce dalla in

timata contro l'ammissibilità del ricorso avanti le Se

zioni di questa Corte suprema, che cioè non si tratti

di stabilire se sia competente l'Autorità giudiziaria o

l'Autorità amministrativa, ma di sapere se la Mazza

rotto abbia diritto o no a compenso pel danno sofferto,

ciò che costituisce quistione di merito e non di com

petenza; in quanto che escluso una volta il diritto, non

■ne seguirebbe punto che essa dovesse o potesse pro vocare il giudizio dell'Autorità amministrativa. Impe rocché in tal caso dall'esame del merito dipende ap

punto il decidere se sia competente il potere giudiziario.

Posto infatti che si tratti di danni di guerra, materia

su cui è autorizzata a provvedere la sola autorità po

litica, poco importa che da tale dichiarazione rimanga

esclusa ogni via di agire giudizialmente tanto avanti

i Tribunali, quanto avanti l'Autorità amministrativa:

è sempre vero che il giudice, il quale pronuncia sopra una materia in cui la legge non ammette che provve dimenti amministrativi, giudica nullacjente per incom

petenza ed eccesso di potere, e tale nullità è deduci

bile per l'art. 3, n. 3, della legge 31 marzo 1877, avanti

le Sezioni della Cassazione di Roma.

E neppbre giova il dire che avendo la Mazzarotto

chiesto nelle sue conclusioni il compenso dovutole per

Vespropriazione di un molino e di una pila da riso, e dovendosi la competenza determinare dall' oggetto della domanda, ciò doveva bastare per ritenere ra

dicata la competenza dell'Autorità giudiziaria, salvo a

questa il respingere la domanda quando avesse rav

visato non verificarsi il caso di espropriazione. Oggetto della domanda era nella specie il risarcimento dei danni, ma in quanto al fatto produttivo di tali danni, a cui

dovevasi aver riguardo per qualificare l'indole dei me

desimi, non dipendeva dall'arbitrio della Mazzarotto

d'attribuirgli una figura giuridica diversa dalla sua

propria natura. Quindi se ella chiamò espropriazione ciò che secondo i criteri della legge non era che ef

fetto di suprema necessità di guerra, non venne con

ciò a cambiarsi la materia del giudizio, la quale sfug

giva alla cognizione dei Tribunali; Per tali motivi, annulla, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 21 giugno 1880, Pres. Miraglia P. P., Est. Pan

tanetti, P. M. Pascale — De Mari e. Finanze.

{■indizio ili rinvio — Untiti della contestazione —

Appello incidente — Cosa giudicata (Cod. prOC. CÌV., art. 544).

Nel giudizio di rinvio, in seguito a cassazione di sen

tenza, non si può dalle parti'ampliare, o comunque sovvertire il soggetto della contestazione già vertita

innanzi ai primi giudici. (1)

(1) Intorno a questo principio, sul quale la suprema Corte di Roma si è basata per giungere alla risoluzione della controversia sull'am messibilitào meno dell'appello incidente, possono utilmente consultarsi, oltre le varie monografie e le sentenze riassunte nei nostri Repertori

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